Lo Stato Vetroso

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1 Stati della materia e forze intermolecolari I corpi sono composti da molecole, atomi e ioni che interagendo fra loro esercitano forze uno sull’altro. Generalmente queste forze si chiamano forze intermolecolari. Gli stati di aggregazione fondamentali della materia dipendono dall’intensità di queste forze e dall’energia cinetica dei singoli componenti poiché le forze intermolecolari di coesione tendono a mantenere le molecole vicine tra loro, mentre l’agitazione termica tende ad allontanarle una dall’altra. Esistono principalmente quattro stati di aggregazione della materia: stato solido, liquido, gassoso, plasma (composto da ioni ed elettroni liberi). La suddivisione è comunque ideale perché esistono un certo numero di stati intermedi, dovuti alla combinazione dei primi tre (detti appunto fondamentali), come ad esempio: solido solido soluzione solida solido liquido sospensione solido gas fumo liquido solido emulsione solida, gel liquido liquido emulsione liquido gas nebbia, aerosol gas solido corpi porosi (es. pomice) gas liquido schiuma

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Stati della materia e forze intermolecolari

I corpi sono composti da molecole, atomi e ioni che interagendo fra loro esercitano forze

uno sull’altro. Generalmente queste forze si chiamano forze intermolecolari.

Gli stati di aggregazione fondamentali della materia dipendono dall’intensità di queste

forze e dall’energia cinetica dei singoli componenti poiché le forze intermolecolari di

coesione tendono a mantenere le molecole vicine tra loro, mentre l’agitazione termica

tende ad allontanarle una dall’altra.

Esistono principalmente quattro stati di aggregazione della materia:

stato solido, liquido, gassoso, plasma (composto da ioni ed elettroni liberi).

La suddivisione è comunque ideale perché esistono un certo numero di stati intermedi,

dovuti alla combinazione dei primi tre (detti appunto fondamentali), come ad esempio:

solido – solido soluzione solida

solido – liquido sospensione

solido – gas fumo

liquido – solido emulsione solida, gel

liquido – liquido emulsione

liquido – gas nebbia, aerosol

gas – solido corpi porosi (es. pomice)

gas – liquido schiuma

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Stati fondamentali della materia.

Si possono distinguere sulla base della tendenza a mantenere forma e volume (solidi), solo

il volume (liquidi), né forma né volume (gas).

STATO GASSOSO L’energia cinetica media delle molecole è molto elevata e le forze

di coesione intermolecolari sono molto piccole. La distanza fra le molecole è molto

grande e la loro distribuzione complessiva è casuale cioè è una distribuzione statisticamente omogenea. Si usano le leggi dei gas per definire questo stato.

PV=nRT (gas perfetti) Equazione di Van Der Waals P(V+a/V2) (V-b)=nRT (gas reali)

a/V2 termine che tiene conto delle forze di attrazione fra le molecole

b termine che tiene conto del volume reale delle molecole.

STATO LIQUIDO Le distanze intermolecolari sono molto piccole, dell’ordine delle

dimensioni delle molecole stesse, l’energia cinetica delle particelle è confrontabile, ma

non superiore, alle forze di attrazione intermolecolari e si ha la coesione caratteristica

delle molecole allo stato liquido.

(L’equazione di Van Der Waals è valida anche per i liquidi, solo che il termine a/V2 è molto più grande.)

Le particelle possono facilmente spostarsi scorrendo una contro l’altra, anche se la loro

reciproca distanza media rimane costante: la distribuzione complessiva è ancora una

volta casuale e statisticamente omogenea , come in un gas, anche se vi sono zone di

ordine locale riconoscibili (ordine a corto raggio).

STATO SOLIDO Le forze attrattive fra le particelle sono molto maggiori della loro

energia cinetica media e la libertà di movimento delle particelle è quasi completamente

soppressa: sono possibili solo oscillazioni (moti vibrazionali) attorno ad una posizione

fissa nello spazio. Esistono SOLIDI A STRUTTURA ORDINATA (detti anche solidi cristallini),

che possiedono una distribuzione con un ordine periodicamente omogeneo (ordine a

lungo raggio), e SOLIDI A STRUTTURA DISORDINATA (detti anche amorfi o non cristallini),

la cui distribuzione è paragonabile a quella presente nei liquidi.

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Lo ststo cristallino e lo stato vetroso

STATO CRISTALLINO

Dalle prime osservazioni di Keplero (1611) sulla forma dei cristalli di neve, da quelle

successive di Hooke (1665) riguardanti la relazione esistente fra la forma esterna dei

cristalli e il diverso modo di impacchettamento di sfere o globuli di base (la teoria

atomica di Dalton arriverà agli inizi del 1800) con cui si possono riprodurre le forme

macroscopiche dei cristalli, nasce l’ipotesi che un corpo cristallino, esternamente

ordinato, sia caratterizzato anche da un ordine interno.

A temperature sufficientemente basse tutti i solidi tendono a cristallizzare e, in effetti,

molti solidi hanno una struttura interna cristallina, dove le molecole sono disposte

secondo un reticolo regolare ed hanno un ordine che si dice periodicamente omogeneo

(ordine a lungo raggio).

Da questo fatto deriva che le caratteristiche fisiche di questi solidi cristallini sono

dipendenti dalla direzione di osservazione , sono cioè anisotrope mentre nei gas, nei

liquidi e nei solidi non cristallini o amorfi esse sono isotrope.

Se scaldiamo in un punto un

cristallo di gesso (CaSO4.2H2O)

si nota che il fronte di fusione

non è circolare ma ellissoidale

perché la conducibilità termica è

una grandezza vettoriale.

Un cristallo è un corpo anisotropo, omogeneo, formato da una disposizione

periodica di atomi, ioni o molecole.

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STATO VETROSO

Riscaldando un solido cristallino le sue molecole vibrano sempre più attorno alla loro

posizione nel reticolo fino al cosiddetto punto di fusione, quando l’ordine cristallino si

distrugge e le molecole iniziano a scorrere le une sulle altre.

C’è una distinzione molto netta fra lo stato solido e quello liquido perché essi sono

separati da una transizione termodinamica di primo ordine in cui vi è un cambio brusco

e discontinuo delle proprietà del materiale (ad es.: la densità o il volume specifico, la

capacità termica…). Il passaggio inverso, la cristallizzazione, è altrettanto ben separato

ed è accompagnato dal rilascio nel sistema del calore latente di fusione.

La viscosità di un liquido è una misura della sua resistenza a scorrere.

La viscosità dell’acqua è di 0.01 poise, quella del miele liquido 1-2 x102 poise.

Quando si raffredda un liquido la sua viscosità cresce, ma la viscosità ha anche la

tendenza ad ostacolare la cristallizzazione. Alcuni liquidi rimangono tali anche al

disotto del loro punto di congelamento perché la viscosità cresce troppo rapidamente. In

questo stato il liquido si dice sottoraffreddato.

Continuando a raffreddarsi il materiale non raggiunge mai lo stato cristallino ma diventa

un solido amorfo. Le molecole hanno una disposizione fissa ma disordinata. In questo

stato il materiale si può chiamare vetro.

La transizione dallo stato di liquido sottoraffreddato a quello vetroso non è così

drammatica come quella da liquido a cristallo, infatti, è una transizione di secondo

ordine, senza evoluzione del calore latente di fusione e con cambio graduale e non

brusco e discontinuo delle sue proprietà.

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La transizione liquido – cristallo è di tipo termodinamico mentre quella liquido

sottoraffreddato – vetro è strettamente cinetica: semplicemente le molecole del vetro

non hanno sufficiente energia cinetica per superare la barriera di energia potenziale

richiesta per lo scorrimento viscoso. La temperatura alla quale ha luogo la transizione

vetrosa Tg può variare: se il raffreddamento è lento c’è più tempo per rilassare le

tensioni e per contrarsi, la transizione avviene ad una temperatura inferiore ed il vetro

che si forma è più denso. Se il raffreddamento fosse estremamente lento il materiale

cristallizzerebbe pertanto esiste un limite minimo alla temperatura di transizione Tg.

Tutte i materiali vetrosi hanno una viscosità prossima a 1013

poise in corrispondenza

della loro Tg qualunque essa sia. A temperature superiori a Tg si comportano come

fluidi viscosi, mentre al di sotto di Tg si comportano come solidi elastici.

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Il vetro: definizione, struttura e proprietà

Spesso si prende il vetro come esempio tipico di un materiale amorfo ed isotropo ma

non è possibile dire che tutti i materiali amorfi sono vetri.

Per non fare confusione fra materiali amorfi e vetri occorre legare la definizione di vetro

alla sua struttura interna e quindi alle proprietà che questa struttura genera.

La definizione di stato vetroso è andata evolvendosi nel tempo con il migliorare della

conoscenza della sua struttura interna, vediamone alcune:

“Il vetro è un solido amorfo senza struttura” – 1920 Univ. di Sheffield

“Il vetro è un materiale inorganico che si trova in una condizione analoga a quella del

suo stato liquido. Come risultato di un cambio reversibile della sua viscosità, il vetro ha

raggiunto un valore così alto di viscosità da poter essere considerato solido a tutti gli

effetti pratici.” – 1938 G.W. Morey

“Il vetro è un prodotto inorganico, ottenuto per fusione, che è stato raffreddato fino alla

condizione di rigidità senza che sia avvenuta la cristallizzazione.” – 1949 ASTM

“Il vetro è un solido non cristallino.” – J.D. MacKenzie

“Il vetro è un materiale non cristallino che presenta il fenomeno della transizione

vetrosa, cioè quella temperatura, o campo di temperature, dove le proprietà del materiale

cambiano continuamente e senza discontinuità, da quelle di un solido a quelle di un

liquido.” – 1991 J. Zarzyki

Una corretta definizione di vetro potrebbe essere questa:

“Il vetro è un materiale elastico non cristallino che 1) non presenta picchi quando

sottoposto a diffrazione di raggi X e che 2) se riscaldato presenta il fenomeno della

transizione vetrosa.”

Quando un materiale rispetta solo la prima condizione, cioè non presenta picchi di

diffrazione di raggi X, ma al riscaldamento non esibisce la transizione vetrosa allora è

semplicemente un materiale amorfo, se le rispetta tutte e due è un vetro.

Un esempio di materiale amorfo è il nerofumo.

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Le teorie

Il modello di GOLDSCHMIDT (1926)

Goldschmidt si rifà alle regole di Pauling sulla dipendenza del numero di coordinazione

degli ioni nei cristalli con il rapporto fra raggio ionico del catione e raggio dell’anione.

Goldschmidt studiò l’abilità di formare vetro di sistemi semplici di formula AmOn .

Requisito essenziale per la formazione dello stato vetroso è che il catione possa

coordinarsi in modo tetraedrico con l’ossigeno e cioè sono ossidi vetro-formatori quelli

per cui il rapporto Rcatione/Rossigeno è compreso fra 0.2 e 0.4

Ad esempio : RSi4+

/RO2-

= 0.41/1.4 =0.293

Il modello presenta varie eccezioni (es. BeO dove RBe2+

/RO2-

=0.221 e tuttavia non forma

vetro) ma all’epoca era una buona base di partenza per lo studio dei vetri di ossidi.

La teoria dei domini cristallini. – LEBEDEV – PORAI-KOSHITS

La struttura del vetro potrebbe essere descritta come qualcosa di intermedio fra due

situazioni estreme: I materiali amorfi ed i cristalli.

La scuola Russa per il vetro ipotizzò (1921 Lebedev e Porai–Koshits successivamente)

la presenza di zone piccolissime, da 10 a 20 Å, in cui esiste un certo grado di ordine ,

unite da zone più disordinate: è la cosiddetta teoria dei domini cristallini o cristalliti. Le

caratteristiche di omogeneità e di isotropia del vetro verrebbero rispettate a causa

dell’orientamento casuale dei cristalliti.

Rc/Ra N.C. Poliedro

≥0.155 3 Triangolo planare

≥0.225 4 Tetraedro

≥0.415 6 Ottaedro

≥0.732 8 Cubo

≥1.0 12 Max impacc. sfere

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La teoria CRN del reticolo disordinato. – ZACHARIASEN

La teoria che ha riscosso per anni la maggiore fama è quella del reticolo continuo

disordinato CRN appartenente al cristallografo norvegese Zachariasen (1932).

Egli notò che molte proprietà di una stessa sostanza allo stato cristallino ed allo stato di

vetro sono simili (modulo di elasticità, ecc.) e ipotizzò pertanto energie di struttura

simili (cioè tipo di legame chimico) ed unità strutturali simili (poliedri cationici).

Le indagini effettuate con la tecnica della diffrazione di raggi X indicavano nei vetri una

struttura non ordinata ma tridimensionale (una specie di cella unitaria infinita) nella

quale erano presenti gli stessi blocchi costruttivi della specie cristallina corrispondente,

ma disposti secondo schemi diversi (calcolò ad esempio che la distanza di legame e

l’angolo di legame possono variare in modo continuo entro un certo intervallo ± 17%)

Zachariasen riconobbe che le regole della cristallochimica erano applicabili anche ai

vetri e che alcuni poliedri hanno maggiore probabilità di distorcersi e formare un

reticolo disordinato.

Una struttura continua e con un certo grado di disordine spiega bene anche il

comportamento termico dei vetri:

dato che i legami chimici presenti non sono tutti uguali (lunghezze ed angoli di legame

variabili) essi hanno un contenuto energetico variabile e quindi durante il riscaldamento

si rompono progressivamente producendo solo una graduale diminuzione della viscosità

senza una precisa temperatura di fusione.

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Le regole di ZACHARIASEN

Ma perché ossidi come SiO2 – B2O3 – GeO2 – P2O5 formano vetro

ed altri come MgO – Al2O3 – Na2O – CaO no?

A questo scopo Zachariasen propose una serie di regole empiriche per prevedere la

capacità di un ossido a formare vetro e riuscì a dividere gli ossidi formatori di reticolo,

da quelli non formatori o modificatori.

1- Nessun atomo di ossigeno deve essere legato a più di due cationi metallici

2- Il numero di coordinazione del catione metallico deve essere piccolo: 3 oppure 4.

3- I poliedri, componenti base del reticolo, condividono solo spigoli e non lati o facce.

4- Ogni poliedro deve condividere almeno tre spigoli.

Per un vetro monocomponente ogni poliedro è legato almeno ad altri tre poliedri in

modo da formare un reticolo tridimensionale.

Dalla regola numero 1 e dalla regola numero 3 si deduce che gli atomi di ossigeno sono

disposti a ponte fra un poliedro e l’altro (ossigeni pontanti).

Per vetri multicomponenti i cationi aggiuntivi sono distribuiti negli interstizi del reticolo

tridimensionale del primo componente (mentre gli ossigeni aggiuntivi introdotti

diventano ossigeni non pontanti, sono cioè legati ad un solo poliedro dell’ossido

formatore ed interrompono la struttura tridimensionale continua del vetro).

rosso – ossigeno a ponte

arancio – ossigeno non a ponte

giallo – silicio viola – sodio

rosso – ossigeno

giallo – silicio

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La teoria di DIETZEL (teoria della forza di campo)

Dopo Zachariasen molti altri ricercatori hanno applicato i principi della cristallochimica

per definire la struttura del vetro ed i ruoli dei diversi ossidi.

Il più conosciuto è certamente Dietzel che nel 1942 tentò di unificare le considerazioni di

Zachariasen e quelle di Goldschmidt basandosi sui concetti di Coulomb di interazione fra

due cariche elettriche di segno opposto (nel nostro caso un catione di raggio rc ed un

anione di raggio ra sistemati alla distanza a = (rc+ ra)

2

'

a

QQP 2

')(

)(

)()(

2

2

2

a

ZKK c

a

eZZ

rr

eZeZ ac

ac

ac

Per gli ossidi Za=-2 sempre e così Dietzel classificò i cationi secondo Zc/a2

che chiamò Fs

cioè field strenght o forza di campo e li divise in tre gruppi.

Fs

Vetro formatori ≥1.3

Intermedi 0.4<FS<1.3

Vetro modificatori ≤0.4

c

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Modello del vetro di silice: (è il prototipo della teoria di Zachariasen)

Il silicio ha configurazione Ne[3s23p

2] e forma una ibridizzazione sp

3 che ha forma

tetraedrica. Gli ossigeni sono coordinati a due atomi di silicio (tutti gli ossigeni sono a

ponte) Gli spigoli dei tetraedri sono condivisi nelle tre dimensioni.

La Tg del vetro è molto alta (circa 1200°C) e la viscosità del fuso è altissima.

Effetto degli ossidi modificatori.

Quando si aggiunge un ossido modificatore alcalino del tipo R2O si può notare che essi si

comportano come “fondenti” infatti: la viscosità del fuso diminuisce (di diversi ordini di

grandezza), la Tg diminuisce, aumenta la densità, l’indice di rifrazione, il coefficiente di

dilatazione, aumenta la conducibilità elettrica…

Come si spiegano questi cambiamenti basandosi sui concetti visti fino ad ora?

Gli alcali sono modificatori di struttura ed ogni atomo alcalino crea un nuovo ossigeno

non pontante. Ogni molecola ne crea due. La struttura tridimensionale si smembra e si

depolimerizza, le unità diventano meno complesse ed interconnesse provocando una

riduzione della Tg, e della viscosità.

La densità aumenta perché gli ioni alcalini occupano gli interstizi già presenti nel vetro di

silice.

Gli ossidi dei metalli alcalino terrosi hanno lo stesso effetto ma ogni ione è in grado di

creare due ossigeni non pontanti invece che uno solo.

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Gli effetti sulle proprietà dipendono dal valore della forza di campo del catione

modificatore perché è questo parametro che determina l’intensità del legame del gruppo

ONP–R–ONP. (in altre parole quanto forte è l’attrazione dell’ossigeno da parte di R).

Il Li+ (FS=0.23) ha una attrazione più forte del Na

+ (FS=0.19) e del K

+ (FS=0.13) pertanto

il miglior fondente è il potassio ( su base molare)

Mg2+

(FS=0.45) attrae gli ONP più fortemente di Li+

pertanto i vetri magnesiaci sono più

refrattari rispetto a quelli alcalini.

Si può avere un’idea della complessità tridimensionale delle catene di tetraedri di SiO2 ,

cioè di quanto il reticolo continuo e disordinato della silice è stato modificato, calcolando

il rapporto [O]/[Si] .

Ad esempio un vetro 25 Na2O–75 SiO2 ed un vetro 15 Na2O–10 CaO–75 SiO2 (in moli

non in peso!) hanno lo stesso valore [O]/[Si] = 2.33 e quindi hanno lo stesso numero di

ossigeni a ponte e di ossigeni non a ponte, ma le loro proprietà sono molto diverse.(il

vetro sodocalcico è più refrattario e più resistente chimicamente).

Effetto degli ossidi intermedi.

Vediamo cosa succede aggiungendo ad un vetro modificato con R2O un ossido

intermedio, sulla base della forza di campo, come Al2O3:

Al3+

ha raggio ionico simile a quello di Si4+

e può sostituirlo in posizione tetraedrica.

Si crea uno sbilanciamento di carica, per cui uno ione alcalino (o alcalino terroso) viene

mantenuto in posizione interstiziale nelle vicinanze da attrazione elettrostatica.

L’aggiunta di Al2O3 ad un vetro con ossidi modificatori fa aumentare la tridimensionalità

del reticolo (connettività) sostituendo ossigeni non pontanti con ossigeni a ponte.

Proprietà: la viscosità torna a crescere, la dilatazione termica cala.

Si noti che questo avviene fino a quando [Al2O3] = [ R2O] cioè fino a che il numero di

atomi alcalini è sufficiente a neutralizzare ogni AlO4- , ulteriori aggiunte hanno effetto

differente sulle proprietà perchè l’Alluminio passa in coordinazione ottaedrica e funziona

come modificatore di reticolo.

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Il caso dei vetri borici.

Il Boro è un formatore di vetro (la sua forza di campo è alta: FS=1.63) avente una struttura

elettronica del tipo 1s2 2s

2 2p

1 e gli è possibile quindi una ibridizzazione sp

2

corrispondente a triangoli planari tipo BO3.

Le unità strutturali BO3 possono legarsi formando anelli planari di struttura complessa

chiamati anelli Boroxol che sono le unità base del vetro borico B2O3 la cui presenza è

stata confermata specialmente da studi di spettroscopia.

Il boro può assumere anche coordinazione tetraedrica (specialmente a bassa temperatura).

Il boro rispetto all’aggiunta di modificatori di reticolo, ha un comportamento più

complesso del Si.

Gli alcali possono provocare sia la formazione di ossigeni non a ponte, come nel caso dei

vetri alcali-silicati, ma possono anche causare il passaggio dalla coordinazione 3 alla 4 e

conseguente aumento del numero di ossigeni a ponte: la cosa dipende dal contenuto di

modificatore presente: le aggiunte iniziali causano ad esempio un aumento della viscosità,

al contrario di quanto succede nei vetri silicati (anomalia del boro).

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Proprietà fondamentali: La viscosità

La viscosità è la misura della resistenza allo scorrimento interno di un materiale non

cristallino (liquido o vetro).

Fluidi di alta viscosità scorrono difficilmente

Fluidi di bassa viscosità scorrono facilmente

La facilità con cui le molecole di uno strato del fluido trascinano e mettono in movimento

le molecole degli strati adiacenti determina la sua viscosità.

La viscosità si misura in Pa-s oppure in Poises (P) 10 P = 1 Pa-s

Viscosità dell’acqua a temperatura ambiente 0.01-0.001 P

Viscosità di un olio molto denso 1x103 P

Viscosità del vetro a temp. ambiente >>1016

P oltre 1x1020

P

Lo scorrimento viscoso è un processo cinetico termicamente attivato perciò la sua

dipendenza dalla temperatura si può esprimere con la relazione esponenziale

RT

Q

eA dove A = costante, Q = energia di attivazione dello scorrimento viscoso

Passando ai logaritmi si ottiene logη = logA + Q/RT

Riportando logη contro 1/T si ottiene il grafico quasi lineare dove è possibile osservare e

confrontare il comportamento dei vari tipi di vetri.

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Temperature di riferimento del vetro.

Le più importanti temperature di riferimento del vetro sono solitamente espresse in

termini di viscosità

logη = 2 100P temperatura di fusione

il vetro è sufficientemente liquido per essere fuso ed affinato

logη = 4 104P temperatura di lavorazione

il vetro può essere preso soffiato, formato e manipolato come un fluido viscoso

logη = 7.6 107.6

P temperatura di rammollimento di Littleton

il vetro si deforma sotto il proprio peso

logη = 11.3 1011.3

P temperatura di rammollimento dilatometrico

termina l’espansione nel diagramma dilatometrico

logη = 13.5 1013.5

P temperatura di ricottura

le tensioni interne vengono rilassate in pochi minuti

logη = 14.5 1014.5

P temperatura di tensionamento

le tensioni interne vengono rilassate in molte ore (al di sotto di questa temperatura

si verifica la frattura prima di qualunque fenomeno di deformazione plastica)

Tutte le operazioni di formatura devono avvenire entro un certo ΔTw in cui 104< η <10

7.6

chiamato anche intervallo di lavorazione.

Intervallo ΔTw grande vetri lunghi

Intervallo ΔTw piccolo vetri corti

Il campo di viscosità presente nei vetri copre molti ordini di grandezza: la misurazione è

difficile pertanto si usano metodi di calcolo sostitutivi di buona approssimazione.

Es.: Equazione VFT (Vogel – Fulcher – Tamman) )( 0log

TTBA

Dove A, B, T0 sono tre costanti calcolabili misurando tre coppie di η ,T

Anche per fritte e smalti ceramici sono validi gli stessi concetti.

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Relazione fra viscosità e composizione

La viscosità dipende principalmente dal grado di interconnessione strutturale del reticolo

vetroso. In generale si può affermare che:

Ridurre il numero di ossigeni a ponte riduce la viscosità.

Ad alta temperatura la concentrazione degli atomi alcalini ha un effetto maggiore sulla

viscosità che non il loro tipo: il numero di ossigeni non a ponte è più importante del valore

della forza di campo dello ione modificatore.

A temperatura bassa invece è più importante il valore della forza di campo che non il

numero di ossigeni non a ponte.

Il valore di FS del Ca è maggiore di quello del Na : si instaura un legame ionico più forte

con gli ossigeni non a ponte e questo fa aumentare la viscosità (solo a temperatura bassa,

perché quando l’energia termica sale rimane solo l’effetto di rottura dei ponti di ossigeno.

Sostituendo una parte del Na2O con il CaO in un vetro di silice non si cambia il numero di

ossigeni non a ponte ma la viscosità a bassa temperatura aumenta, mentre quella ad alta

temperatura diminuisce.

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Proprietà fondamentali: La dilatazione termica

Quasi tutti i corpi si dilatano, quando sono riscaldati. Nei solidi gli atomi si trovano

vincolati in posizioni fisse, chiamate buche di energia potenziale, e possono solo vibrare,

secondo il loro contenuto energetico, attorno alla loro posizione di equilibrio (distanza di

legame). La forma della buca di potenziale dipende da molti fattori e non è quasi mai

simmetrica perciò all’aumentare dell’energia di vibrazione, corrispondente all’aumento

della temperatura, si verifica un allontanamento degli atomi con conseguente aumento

della distanza di legame su scala microscopica, mentre si osserva il fenomeno della

dilatazione termica su scala macroscopica.

In generale si può dire che atomi con legami più forti hanno buche più profonde e

simmetriche e quindi un aumento di temperatura provoca oscillazioni più contenute

attorno alla distanza di equilibrio e cioè dilatazioni inferiori.

Al contrario atomi con legami più deboli hanno buche di forma meno profonda, più aperta

ed asimmetrica e quindi, a parità di energia termica, possono compiere oscillazioni

maggiori e cioè hanno dilatazione maggiore.

Nei liquidi abbiamo legami ancora più deboli ed oltre alle oscillazioni attorno alle

posizioni di equilibrio l’agitazione termica provoca anche uno scorrimento delle sue unità

costitutive (atomi, ioni, molecole o gruppi molecolari).

Se ne deduce che la dilatazione termica di un corpo deve aumentare passando dallo stato

solido a quello liquido e così infatti avviene anche per i vetri che hanno un coefficiente di

dilatazione al di sotto di Tg che vale circa un terzo di quello che presentano al di sopra di

questa temperatura.

P

VT

V

V

0

1

P

V

T

V

V

0

1

P

l

T

L

L

0

1 LV 3

La misura più comune è

quella del coefficiente di

dilatazione medio in un certo

intervallo di temperatura.

E’ più difficile misurare

cambiamenti di volume che

non di lunghezza perciò i

coefficienti di dilatazione

tipici si ottengono misurando

aumenti di lunghezza.

Dato che i vetri sono isotropi

si può dire che LV 3

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Relazione fra composizione e dilatazione termica.

La formazione di ossigeni non a ponte ha una influenza molto forte sulla forma della buca

di potenziale pertanto l’aggiunta di alcali, che trasformano i forti legami Si-O-Si in legami

più deboli Si-O- R

+ , farà certamente aumentare il coefficiente di dilatazione del vetro.

Quanto minore è il valore della forza di campo tanto maggiore sarà l’effetto di aumento

sulla dilatazione.

Anche per i metalli alcalino-terrosi tutto dipende dalla forza di campo, mentre per

l’allumina, ancora una volta, tutto dipende dalla presenza di altri ioni modificatori.

L’aggiunta di allumina ad un vetro alcalino provoca una diminuzione della dilatazione

termica perché lo ione Al entra nel vetro in coordinazione tetraedrica.

Introducendo Boro in un vetro a base di silice ed alcali si osserva un netto calo di

dilatazione perché il boro è anche lui formatore di reticolo ed inoltre la sua forza di campo

è maggiore di quella del silicio .

I metodi di calcolo della dilatazione, al contrario di quanto avviene per la viscosità,

esistono ma sono validi solo per ristretti campi di composizione per i quali sono stati

ricavati i coefficienti (αi) che compaiono nelle formule.

Le formule di calcolo sono quasi tutte del tipo additivo come:

100

i

ii p

dove pi sono le percentuali di ogni singolo ossido (in peso per i

coefficienti di W.S. ed in moli per quelli di Appen).

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19

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Proprietà fondamentali: La resistenza chimica

I vetri silicatici non sono insolubili ma generalmente hanno una buona resistenza a quasi

tutti i prodotti chimici: questo non significa che il vetro sia inattaccabile ma piuttosto che la

velocità dell’aggressione è generalmente molto bassa e per di più è decrescente nel tempo

(vetro comune sodocalcico).

Esistono diversi meccanismi di corrosione:

scambio ionico (ambiente acido)

gli ioni alcalini altamente mobili (es. Na+) vengono scambiati con gli H3O

+ delle

soluzioni acide o neutre Na+(vetro) + H2O H

+(vetro) + NaOH (lisciviazione)

La velocità dell’attacco dipende dalla velocità della rimozione degli ioni alcalini

dalle posizioni interstiziali degli strati superficiali. Si può aumentare la durabilità

chimica riducendo la velocità di diffusione degli ioni alcalini aggiungendo al vetro

degli ioni alcalino terrosi che, in virtù della loro maggiore forza di campo,

impegnano stabilmente un certo numero di posizioni interstiziali rendendole non

disponibili agli alcali. L’attacco acido, essendo legato alla velocità di diffusione

degli ioni, diminuisce in funzione della radice quadrata del tempo.

dissoluzione completa (ambiente basico)

SiHOOSiOHSiOSi (degradazione)

L’attacco alcalino è una vera e propria reazione chimica perciò è tanto più forte

quanto maggiore è il pH della soluzione ed è anche funzione lineare del tempo.

L’attacco alcalino è ben più distruttivo perché provoca una dissoluzione completa

rompendo legami Si-O-Si che sono la struttura vera e propria del vetro.

attacco dell’acqua (ambiente neutro)

Inizialmente il meccanismo è di scambio fra gli ioni alcalini del vetro e gli H+

presenti nell’acqua. Dopo un certo tempo il pH dell’acqua aumenta, per la mancanza

di H+ e per il rilascio di Na

+, ed il meccanismo diventa di tipo alcalino. La

prevalenza di un meccanismo o dell’altro è in funzione della composizione e della

temperatura.

Al3+

, B3+

, Zr4+

, Ti4+

, quando sono in

posizione di formatori, rafforzano il

reticolo del vetro e di conseguenza

ne migliorano la durabilità chimica.