Lo Spazio Architettonico Da Roma a Bisanzio

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Lo Spazio Architettonico Da Roma a Bisanzio

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  • (O 1978 Dedalo libri, BariStampato in Bari dalla Dedalo

    SERGIO BETTINI

    LO SPAZIO ARCHITETTONICODA ROMA A BISANZTO

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    litostampa DEDALO LIBRI

  • CAI'ITOLO PRIMO

    ARCHITETTURA ROMANAARCHITETTURA ELLENISTICA

    Pseudocupole e rudimentali raccordi esisteva-no, si pu dire da millenni, nella pratica dell'uma-nit. Non poterono dunque nascere a Roma, per-ch preesistevano alla stessa nascita di questa.Ma fu Roma a fare di questi elementi antichissi-mi, secolarmente spregiati, negletti dalla civiltgreca, il cardine di un nuovo linguaggio architet-lonico, atto ad esprimere la sua peculiare volottdi lorma.

    l. - Questa non va considerata sotanto comeeredit e sviluppo della civilt; in realt, nell'ar-chitettura

    -

    come, con forse minor evidenza, nel-l'altre arti

    -

    la civilt romana port alla sua mas-sima maturazionc cd alla sua pir piena espressio-ne un senso della forrna sostanzialmente diversoda quello greco, pur incorporando anche questo,tra gli altri, nella complessa unit della sua com-pagine imperiale. Sebben esagerata, non sarebbedel tutto inso,stenibile l'idea ,che Roma, in certaguisa, rappresent,i la rivincita della

    " barbarie

    ":vale a dire accolga, potenzii, e dia dignit di for-ma artistica a tendenze di gusto n mediterranee

    "che la classicit ellenica aveva, se non totalmen-te escluso, almeno respinto ai margini del propri

  • prattutto la Grecia insegn a Roma, Iu I'iclca sto-rica dell'uomo, la chiara e concrcta ct.rscicnzadella humanitas, di contro alla mitica instabilit,all'inconscio ( preistorico

    " della labile coscienza

    extraellenica. Ma codesla chiarezza < storica > ser-v a Roma a tendenze e risultati diversi, persinoopposti a quelli greci. Non ad affermare un pro-prio genio purista opponendosi alla barbarie erespingendola; ma al contrario, ad includere an-che la barbarie in un'illuminazione sempre pilarga. Con l'impero di Roma tutto quell'immensclmondo, che l'Ellade aveva allontanato da s man-tenendolo in un limbo d,i

    " preisto,ria

    ", irruppe

    entro gli argini della cultura -

    prese posto nellastoria

    -, con un grandioso processo che duro

    poi per tutto il Medioevo.Nell'architettura dell'Impero, si videro dunque

    affermarsi e potenziarsi pratiche tecniche. comequella del cemento, e schemi costruttivi, comequelli de,ll'arco, della volta e della cupola: mor-fologie insomma e sintassi costruttiv, per l'in-nanzi rimaste in margine alla storia dell'arte; eper tale via si vide costituirsi un linguaggio ar-.chitettonico nuovo, del tutto non clasiico-l sen-so greco, e di vitait e coerenza non ancora esau-rite. E' chiaro che quel che con tale linguaggros'esprime, un senso formale che risponde adun'esigenza opposta alle regole del limite visibilegreco: l'esigenza, anzi, di tendere e d'ampliare glispazi interni degli edifici; la quale ha appuntocome suo risultato di pir eiementare evidenzal'adozione di schemi non rcttilinei come quellidella Grecia classica, ma curvilinei. Fin dalle ori-gini l'intero organismo dell'edificio romano si vie-ne configurando, anche nei riguardi delle plani-metrie, in schemi dove prevalgono le linee curve,in costruzioni dove la copertura a voltA usatacon una prevalenza, che divien quasi una regola.E' per rispondere a questo senso formale che Ro-ma, invece d'assumere e di potenzialg il sistemadelia struttura trilitica, tanto pir alla portata

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    l0 LO SPAZIO ARCHITETTONICO DA ROMA A BISANZIO

    stato in essa alcun progresso tra le opere del se-condo mille,nnio a. C. in Egitto e quelle dellamet del 2o sec. a. C. Allora, o gli architettj, ob-bligati, dalla subitanea trasformazione di Romanel secondo secolo a. C. in un'importante capi-tale ellenistica, a guardarsi attorno per trovare uilmeto'do di costruzione soiido ed economico, de-cisero di fare un uso pir esteso del cemento, chefino a quel tenpo era stato ben poco impiegatcl.in occidente, quantunque vi fosse conosciuto daparecchio tempo in tema di fortificazjoni , 1- Manon sarebbe stata certo sufficiente codesta ne-cessit a fare dell'opera cementizia 1l mezzo ma'gnifico per le immnse costruzioni imperiali, s.enon vi fosse stato quello che in ogni arte il

    . orimum.'e ci che in ultima analisi determina''il valoreg lo stesso impiego di ogni tecnica: valea dire un senso della forma che la mettesse invalore: nel nostro caso, la caratteristica volontromana di espansione spaziale. Giacch quella tec-ica era conosciuta da millenni, e probabilmentein ogni paese (anche a Ninive e a Babilonia s'era-no legati i muri con bitume), ed altre citt era-no state fondate e costruite rapidamente, ed ilcemento era rimasto pur sempre ai margini del-le pratiche costruttive, come cosa di impiego iimitato e fortuito. Fu l'impulso ad innalzare mura,a girare archi, a voltare cupole, che indusse i Ro-mni ad adottare e a pe.rfezionare la tecnica delcemento; e fu la volont di dar forma a spazi in-terni in tensione ci che li spinse ad accoglieree a maturare gli archi, le volte e le cupole. Ogng-na di coteste ,< scelte > strettamente legata allealtre, e queste reciprocamente si condizionano, etutte insieme configurano la coeretrza d'un lin-guaggio costruttivo secolarmente articolato allocop ai esprimere una forma spaziale che solale iegittima, e che caratteristica della civiltromana sola, tra tutte le civilt antiche.

    1 Dsreniicr, Hellenistische Baulclt in Lutiutn, Il, pp. 85-91.

    ARCnTTETTURA RoMANA E ARcHTTETTUT llrursrrcl 112. - Ecco perch abbiamo tanto insistito su

    precisioni, che potranno essere sembrate e,cces-sive, o estranee al nostro argomento. E sono in-vece del tutto pertinenti; perch non si compren-de l'architettura bizantina del VI secolo, n quin-di S. Marco, senza aver chiarito le idee su que-sto punto. S. Marco formata, essenzialmente,dalla fusione di cinque elementi spaziali compo-sti ciascuno da un vano accentrato, coperto dauna cupola su pennacchi e circondato da un am-bulacro. Non indiffe.rente alla critica concretadella chiesa, cio all'analisi di quel ch'essa arti-sticamente esprime attraverso il linguaggio degli.spazi, l'aver determinato che coteste unit spazialisi son venute tecnicamente e costruttivamente ma-turando nell'ambito della civilt romana e nonaltrove. E' una tale

    " storia >, o, se si preferisce,

    filologia, che spiega il loro caratteristico sensoformale. Su di che torneremo piir puntualmente;per ora basti, per averne un'idea, confrontare edi-fici romani dove quel nucleo spaziale appare for-mato, come S. Costanza o il Battistero Latera-nense, con edifici delle province orientali press'apoco conternporanei e, ad un'osservazione somma-ria, di planimetria analoga, quali la rotonda delSanto Sepolcro a Gerusalemme, o le pir tarde chie-se di Bosra, del Garizim, o l'ottagono di Wiran-shehir, ecc. Al confronto salter subito agli occhila divergenza rrorr soltanto figurativa, ma anchedi senso semantico e storico, a cui port l'usodella cupola vera, voltata in muratura a concre-zione, a Roma e in Occidente, e l'uso invece deltetto ligneo, copertura imperfetta e non struttiva, in Oriente.

    Anzitutto, una differenza di proporlioni nellesingole parti. In S. Costanza e in gene,re neimonumenti romani occidentali < l'ambiente cen-trale non domina tutta la costruzione, ma sicoordina alle altre parti, diventa parte delloinsieme. L'ambularo, che originariamente erauno stretto passaggio dinnanzi alla parete, un dem-plice sfondo per l'ordine delle colonne, si trasfor-

  • Fig. 1 S.Fig. 2 S.

    Coslrmla, interno.Coslanz.a, sezione. Fig. 3 SFig. 4 S

    Costanza, pianta.Costanz.a, interno.

  • ARCIITETTURA ROMANA E ARCHITETTI]RA ELI,ENISTTCA 15

    ma in una perfetta navata laterale. Viene copertocon una volta anulare,, che gira strettamente in-torno alla cupola dell'ambiente centrale; e non pir illuminato, mentre attraverso le finestre,sotto la cupola irrompe la piena luce nell'internodell'ambiente centrale, ecc.

    -

    Nei monumenti del-la parte 'orientale'dell'Impero, nvece, u il rappor-to fra ambiente centrale e ambulacro semprequello di un vano principale di fronte a vani se-

    . condari e subordinati. Pare che il tipo originarioda Roma e adottato in seguito in Oriente, chesotto alcuni riguardi era pir conservatore delieparti occidentali deti'Impero, si mantenga qui pita lungo che nell'Occidente

    ". Sul che non saprem-

    rrro decidere; non potendo stabilire con cerlezzase cotesto ampliarsi delle dimensioni e allentarsiclei nessi sia

    " eredit ellenistica dell'oriente del-

    l'Impero, oppure una nuova trasformazione deltipo pervenuto da Roma >; ci che a noi sembracomullque sicuro che I'uso della cupoa roma-na o del tetto ligneo ellenistico sono determinatiper l'una o per l'altra forma. Lo schema primitivo lndifferenziato si va diversamente articolando ap-, ,ipunto in relazione alla differenza di copeltura.' li.Questa in Oriente rimane immobilmente la vec-chia tettoa ellenistica: e qui dunque si mantienequella inerte ampiezz,a dello spazio centrale, chea Roma invece, sotto I'azione dell'evolvente co-pertura a cupola, si_c_gnt14g e si artiqo,laL talchnon da meravigliarsi se

    " il tipo romano-occi

    dentale della piccola costruzione centrale a voltasi mantiene nell'occidente dell'Impero anche neicentri grandissimi come a Roma stessa clal IIfino al VI secolo >. Tornando al confronto tra idue monumenti costantiniani prescelti {S- 9g_stan-za a Roma-e S._$epolcro a Gerusalemme); i qua:-

    -Ti in certo"modo < fanii-l punto-tt 'd una faseimportante e caratteristica di questo pro,cesso, no-tiamo ancora col .Krautheimef Che

    " la chiesa del

    Santo Sepolcro quale mausoleo legata alla tra-dizione del mausoleo romano nel medesimo mododi Santa Costanza... Isono]... ostruzioni affini maFig. 5 S. Costanza, particoltre interno.

    1

  • 16 Lo sp^zro ^RcHttETToNrco

    DA RoNfA A BrsANZtO

    sviluppatesi in modo differente; cio Santa' Co-stanza s'informa alla concezione architettonica ro-

    .__mana-ogntale; la chiesa del Santo Sepolcro'--s'is pira alla tr adiziorre architettoni ca romana-orien-tale. Sebbene la traclizione del monumento sepol-crale romano sia stata la base tanto dela chiesadi Santa Costanza quanto della chiesa del SantoSepolcro, questa tradizione stata notevolmenternodificata a Gerusalemme: giacch, mcntre l'am-bulacro che gira intorno all'ambiente centrale angusto e stretto come lo ancora in Santa Co-sfanza rimane nell'Oriente, anche durante lo svi-iuppo ulteriore, l'ambiente centrale stessc e conesso tutto l'interno si estende. Gli ntancano levolte e perci quel concentrantento dello spazict,che rimane tanto caratteristico per l'ambiente cen-trale in tutto l'Occidente dell'Impero. ManccLquella forma rotonda, chiara e decisa, che distitt-tue Santa Costanza

    ". -

    E non si insister maiabbastanza nel ripetere che negli edifici romani-orientali, rispetto ai moduli originarii dell'Urbe,< si tratta non soltanto di misure ingrandite, madi una concezione dello spazio del tutto diffe-rente: la grandezza non accessoria; un ele-mento essenziale della manifestazione architet-tonica; l'ampiezza e l'estensione dello spazio nonsignifica soltanto l'ingrandimento d'un tipo adot-tato... >. Cos Krautheimer 3, con una giusta con-statazione; ma con un'interpretazione che noi vor-remmo modificare: nel senso, che le dimensionirelativamente maggiori, in Oriente, del vano in-terno, non sono per noi da intendere come fruttoclell'ingrandimento d'un tipo romano-occidentaleimportato, ma piuttosto come effetto della persi-stenza d'un modulo anteriore all'influsso romano,ancor ellenistico: persistenza resa possibile daliocale tradizionalismo che continua ad usare ilsistema della copertura a tettoia, Ia quale nonagisce per nulla sule dimensioni, sulle propor-zioni e articolazioni del vano sottostante e nem-meno, in fondo, sulla forma, potendo vcnir so-vrapposta, per cos dire

    " a cose fatte >, su edi-

    I

    I - ARcHTTETTITRA RoMANA E ARcHIIElTL;nn I't_l_lNIstrcl 17

    fici di qualunque forma (per es., ovviamente, sullebasiliche). A Roma, invece, proprio la presenzadelle cupole a determinare non gi un restringi-mento (ch anzi, la piir ampia dilatazione spa-ziale caratteristica del gusto architettonico ro-mano) ma una connessione, una articolazione dispazi.

    3. - Si tatla comunque di due concezioni spa-ziali, quindi di due realt artistiche, diverse. Ed proprio per la cognizione vera di tale diversit-

    cognizione, cui legata la nostra possibilit dicaralterizzazione, quindi di individuazione criticadei dati artistici

    -

    che il fatto, apparentementesoltanto tecnico, della presenza o dell'assenza dellevolte e delle cupole strutturali in muratura, havalcrre determinante. Santa Cosfanza, e in generegi cdifici di Roma e dell'Occidente (fino al pienoMedioevo, fino all'arte romanica compresa) hancodesto carattere di organicit spaziale, perchsono il diretto risultato dell'energica risoluzionefinale d'un ininterrotto processo costruttivo, ilcui elemento

    " critico , pre,cisamente I'uso delle

    volte e delle cupole. la presenza della cupola,che portando seco, costruttivamente, il complessoproblema dell'articolato sostegno e de.l contraf-fortamento (problema quasi inesistente, o almenosenza controllo pir semplice, l dove si usanole coperture a tettoia lignea) conduce alla ne,ces-cit che le membrature dell'inte,ro edificio si di-spongano e si articolino in rapporto alla solu-zione. Alla costruzione propriamente romana avano cupolato centrale circondato da ambulacroanulare, come S. Costanza, per esempio, si giungeappunto per questa via. Il punto di partenza l'elemento edificio romano primitivo composto daun grosso muro cilindrico che regge un cupolascmisferica. Da questo si passa alla

    " rotonda

    "(ma potrebbe essere anche a base poligonale) an-cora semplice, ma con nicchie ricavate all'internonello spessore del perimetro: il Pantheon, percsompio dove la parete liscia e continua (di

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    Fig. Fig. 7

    Pantheon, seTione.Pantheon, pianta.

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    P antheon, as sonometria.

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    lrr'. ll Pantheon, interno.25m

    Fig. 9 Ptmlheon, parle clellacttpola col ltrcarnurkt.

    Fig. 10 Pantheon, sezione.

  • II

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    I ARCTIITETTURA ROMANA E NRCHITIITTURA ELLENISTICA 23

    ul-ro spessore che raggiunge c'irca 7 metri) manon pir massiccia, bens scavata all'internorlzr csedre e da nicchie alternativamente semicir-coari: le quali hanno lo scopo evidente di al-lcggerire I'eccessivo spessore dcl perimetro sen-za indebolirne il valore di sostegno ,della cu-pola, giacch esse costitlriscono, tra loro, de',contrafforti interni. Quel sistema rimane a lun-go in uso

    -

    s da poter esserc co'nsideratctquasi la forma nor,male di edificio centrale incpoca mcdioromana

    -

    poich rappresenta gi, asuo modo, un raggiungimento perfetto: la suc-cessione ritmica delte nicchie, articolando Io spa-zio interno prirrra indifierenziato, clilatando que-slo spazio quanto possibile con la tensione, manon con la rottura clelle pareti (il che corrispondead un momento ben chiaro, e attestato anche dallealtre ar-ti, del concctto figurativo romano dellr-lspazio 2) ravviva. il

    '"'alore architettonico dell'ec1i-ficio e contemporaneamente ne rende pir saldae pir elegante la soluzione costruttiva, giacchaumenta il momento d'inerzia del piedrit[o conl'allargarne, senza appesantirla, la base, per rnezzodi quei tratti di pareti trasversali che si stabili-scono tra nicchia e nicchia. Dall'accentuarsi diquesta essenziale disposizione, dallo svilupparsidi tali nicchie in veri ambicnti, nascono soluzionigrandiose, di cui ci interessa particolarrnente, peril momento, una, cos precisata dal Giovannoni:( una plopaggine. della disposizione planimetricae statica del Pantheon si avuta quanclo i co-struttori hanno avuto l'ardimento di portare lecsedre dall'interno de nucleo murario all'esterno,sfondando, per cos dire, la continuit dell'internaparete. Ed ecco i padiglioni di Villa Adriana;ecco la sala centrale delle Terme di Costantinosul Quirinale e il grandioso triclinio triabsidatodr Treviri; ecco sopra tutto il Ninfeo degi OrtiLiciniani, noto sotto il nome di Tcmpio, di MinervaN{eclica. I-'incontro delle absidi (con una soluzionc

    I Clr. Br:rrllr, Pirttrru tlcllt, oripitti cri-stiata, Novara,1940.12 Pantlrcort, yedutq esterna.

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    Fig. 13Fie. 14

    Minerva Medica, interno.Minerva Mcdica, sezione.

    Fig.Fig.

    1516

    Minerva Medca, pianta.Minerya Medica, assonometria.

  • I - ARCHITETTURA ROMANA E ARCIIITTITI'T]RA ts-LTJNISTICA 29

    compiementare a quella vista per le voltine internenei tumuli o per le nicchie nella parete de,i mauso-lei) costituiva i nodi essenziali di resistenza allaspinta ivi concentrata dalla volta principae o dagliarchi disposti nel perimetro. E lo schema murariointanto si assottigliava nello spessore delle voltee dei muri, sostituendo al concetto della esube-rante resistenza della grande massa pesante quellodella sollecitazione razionalmente rispondente allaresistenza

    "

    3. Da questa soluzione, il passaggiuallo schema della costruzione centrale a soste-gni interni e con ambulacro anulare abbastanzachiaro: I'embrione figurativo dato dagli anti-chi mausolei romani formati da camera centraleinterna, talora cupolata, .e da corridoio anularecoperto da volta a botte; ma, costruttivamente, iltipo di Santa Costanza viene raggiunto solcquando le sezioni di muro poste tra le lricchieo le esedre del perimetro negli edifici precostan-iiniani si staccano dall'ambito continuo di qucllolrasformandosi in sostegni liberi; e, in tal inoclosi stabilisce un passaggio tra il muro esterno ei sostegni: radice del vero e proprio ambulacros-eparato

    .dall'ambiente centrale cupolato a rnezzod'un ordine interno di supporti. -

    Ma ovvioche questa evoluzione rimarrebbe costruttiva-mente immotivata, incomprensibile, se non te-nessimo presente che ad una disposizione plani-metrica e statica cos matura cm' quella diSanta Costanza, si potuti arrivare softanto inseguito ad un interrotto, secolare lavoro, com-piuto sopra tutto in relazione al problema, sem-pre essenziale nell'architettura romana, della co-pertura, e precisamente della copertura a cupola:"

    centrale ",

    se altre ve ne furono. Tutti gli ele-menti della costruzione: mura, pilastri e clonne,absidi, archi e volte hanno, in questa secolareelaborazione, lo scopo di concorrere a sostenerearmoniosamente il fastigio terminale della cupola.Il problema fondamentale dell'equilibrio ragginte,

    3 GrovlroNoNr, La tecnica dellu costruziutc pr(.tso i Rontturi.pp.58-9.

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    Fig. 17 Minerya Medica,Cl'toisy.

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    assonometritt, disegno di A.

  • 30 LO SPAZIO ARCHITETTONICO DA ROMA A BISANZIO

    che la cupola porta seco, risolto eliminandole spinte radicali mediante il mutuo contrastodegli elementi della costruzione, i quali si dispon-gono, anzi propriamente si formano anche inseriso figurativo, non gi in obbedienza a pr:edi-sposti moduli plastici, quali potevan essere lecolonne della tradizione ellenica, ma in rapportoa codesta necessit statica. La grandissima va-riet dei nuclei portanti (pilastri variamente con-figurati e articolati, sostegni, contrafforti, archietc.: sui quali la sovrapposizione degli ordiniclassici non che una semplice bardatura deco-rativa) dell'architettura romana, sarebbe, senzatener conto d'una tale profonda sollecitazione,immotivatai e cos la disposizione delle masse edegli spazi nell'intero organismo architettonico.A determinati valori, a determinate spinte dellevolte sopra tutto della cupola, corrispondono ne-cessariamente determinate,soluzioni in tutto co-dest'organismo; sicch possiamo dire che persinoil perimetro basale

    -

    la stessa pianta -

    d'unafabbrica di tal tipo viene articolato e configu-rato in stretta relazione con la presenza e la por-tata delle volte e della cupola. Si comprende, per,tale via, come in Santa Costanza e negli altriedifici romani del tipo, il Krautheimer abbia po-futo notare

    " quel Concentramento dello spa2io,

    che rimane caratteristico per l'ambiente centralein tutto l'occidente dell'Impero "

    e che mancainvece negli edifici orientali, pure di planimetriaamne, ma privi, di regola, fino al VI secolo, dicupola. In questi infatti il problema di concen-trare il vano articolato del centro e di coordinarestrettamente, organicamente intorno ad esso ivani periferici, non esiste. L dove rnancano ler,lte e le cupole i vani non si sviluppano comenecessaria irradiazione de centro, ma si giustap-pongono all'ambiente centrale: ciascun ele,mentospaziale in sostanza rimane a s, con la propnaelementare copertura a tettoia; moltiplicabilequindi, teoricamente, all'infinito, per ge.mmazione.

    Infine, il problema statico d'uno di codesti

    ARcHITETTURA RoMANA E ARcHtrETTUna EllExrsrrca 3l

    I

    II

    cdifici centrali ellenistici coperti di tetto a ca-priate lon diverso da quelo d'una basilica pa-lcocristiana: la forma del vano da coprire , o-struttivamente., indifferente. Dal che si pu ca-pire facilmente perch tali tipi di edifici entrali:rrticolati e coperti da cupola non possano sor-gcre e maturarsi che nell'ambito d'una tradizionecostruttiva che abbia quale costante tecnica l'usodelle vlte; e di qui diffondersi: da Roma, cioe,passare nelle province orientali, le quali tuttavia,pur mantenendo grosso modo lo schema formaledei tipi, ne accetteranno in fondo soltanto la disposizione generica (nel caso sopra esemplificato,il modello per una costruzione centrale con ol:-dine interno di sostegni, ambulacro e corridoioesterno). Ma avviene, ripeto, che nel passaggioall'Oriente, lo spazio perde I'originaria unit ro-nana, qui divenuta senza necessit. Il vano in-terno si amplia, si frammenta in una pluralitdisorganica: il modello romano, adeguandosi allatradizione locale degli edifici centrali ellenisticia vano largo indifferenziato coperto da tettoia(e talora forse anche con ambulacro colonnareesterno; ma, questo, applicato al di fuori del-l'edificio vero e proprio, con parte costruttiva-mente organica di esso) si discioglie in una va-sta.ma inerte espansione spaziale, a cui possonve.nire aggregati ambienti periferici quanti si vo-gliano (donde i moduli intressanti, ma pc,co crr-ganici, e caratteristici dell'arte romana-orientale,degli ottagoni sviluppati a croce, come quello diIconlg progettato da Gregorio di Nissa, la qua-druplice basilica di S. Simeone Stilita, ecc. ec.).

    4. - Che ci sia avvenuto , del resto, tutt'al-tro che inspiegabile, al semplice lume del buonsenso; sarebbe anzi assai strano che le cose fos-sero andate diversamente. Nelle province orien-tali profondamente intrise di cultura ellenistica,non pensabile che la penetrazione dell'architet-tura romana, di gusto e d'espressione co.s an-tiellenici, awenisse senza incontrare resistenza.

  • 32 t-{) SPAZIO ARCHITE'|TONTCO DA ROI,TA A BISANZIO I ARCHITETTURA ROMANA E ARCHITETTURA ELLENISTICA 33

    strutture ottenendo cos un primo risultato "

    ir-lazionale >; aveva poi ofluscato la stessa evidenzaI'unzionale dBl significato delle membrature co-struttive, di cui venne sempre pir occultando ilpeso, la massa, la resistenza, che scaric anch'essaal di luori del centro dell'immagine spaziaie perfftezzo d'una catena di contrafforti sempre pitrcsterni. E la decorazione dello spazio interno,clalle placcature marmoree al mosaico, segu coe-fentemente ed accentu questa progressiva dimi-nuzione di plasticit e di razionalit, questa cre-scente sntateriahzzazione dello spazio.. percilutt'altro che strano che I'architettura llenistica,dall'ultimo, baluardo delle province d'oriente incui s'era rifugiata, cercasse disperatamente d'op-porsi a tale tendenza all'intimit,, all'irrazionalit,alla smate.rializzazione dello spazio, e quindi airtezzi tecnici e costruttivi con cui questa si espri-meva nell'architettura romana. Perci si spiegano:la repugnanza ad accettare la tecnica del cemento,a cui continu ad essere preferita la vecchia strut-tura di pietre squadrate

    -

    che dichiaravano ra-zionalmente la loro materia e il loro < peso >

    -;la tendenza a rinunciare persino agli aichi, o adinterpretarli nela loro funzione piir videntementetettonica di mensole; la mancanza di vere cupole;13

    _gi notata immaturit, rispetto all,occidnte,della forma degli spazi. Infatti, ci che t,architet-tura siriana, e anatolica, accettano da Roma, laforma primordiale dello spazio romano: il bioccospaziale semplice, massicio, indifferenziato delleorigini, poich questo appunto, per il suo carat-tere di obbiettivit, pu aderir alla tradizioneelienisti:a. Ma pur in questi edifici, (Isaura, Mi-rayeh, Esra, Bosra, Wiransheir e,cc.) che accol-gono il piano rotondo o. accentrato romano, lamancanza di nicchie e di volte, modifica intera-mente l'effetto dell'interno. L'assenza dell'inquieta,ondulante corona di nicchie toglie al vano internoquell'effetto di soluzione ottica della parete ch'eratipico dell'arte medioromana, e attesta che l,ar-

    La rcsistenza vi fu; c fu, logicamente, piir forteirr qtrcllc tcrrc dove la tradizione ellenistica avevaposto raclici profoncle: d'onde l'apparente para-(lr)sso

    -

    tnnto sfruttato ai Joro scopi dagli ze-luloli clcllc origini oricntali -

    che I'architetturar'onlrrlt si:.r stuta accolta con qualche maggiorel'rrerlittr irr tclr-itor-ii pir interni, (per es. l'alto-pirrrro :rrratolico o la Mesopotamia), pcrch eranruu:rsti c1r-r:-rsi vcrgini cli cultura e assai poco el-It'rrizzati; e invccc sia penetrata con maggiorerlilcolta in zone pir vicine a Roma, e apparen-tcrrcntc assai piir facili da colonizzare, come so-pra tultc la Siria settentrionale. Ma in nessunaprovincia quanto in Siria dominava da secoli, pro-fc.rnclamentc raclicata, la tradizione ellenistica: quindi naturale che, anche in periodo tardoro-rllno e paleocristiano, la Siria abbia reagito con-rro gii ultimi risultati dell'architettura romanaclcllo spazio e delle volte, e ne abbia sempreLrascurato il vero problema. La tradizione elleni-stica infatti, ultima erede della civilt artisticagreca, aveva conservato corne sua legge espres-siva fondamentale la rappresentazione plasticad'uno spazio razionalmente definito (evidenza delrapporto tra il peso dei materiali da costruzionec la resistenza dei sostegni, ecc.); e a chi fosse,da secoli, in posscsso d'una tae obbiettiva, chiara,cosmica lingua, l'inquieto surrealismo spaziale deilinguaggio architettonico tardoromano doveva ap-parire, nella sua tendenza alf irrazionalit, torbido,ir-icongruc,, inaccettabile. L'architettura romanacra bens partita da premesse in qualche modonnaloghe: dall'obbiettiva constatazione del datocli fatto spaziale;

    -

    ma poi via via, includendoscmpre pir l'esigenza del < soggettivo > e deln temporale

    " nella sua espressione, era giunta a

    dar forma ad uno spazio irreale, illusivo, varia-bile nel tempo: non, cio, rappresentato comeentit immobile, ma ricreato come apparizionemutevole; e perci era venuta dissimulando, conIa tecnica a cemento, la materiale evidenza delle

  • 34 I,O SPAZTO ARCHTTETTONICO DA ROMI^ A BISANZIO ARCHITETTURA .,:OMANA E ARCHITETTTIRA BLLENISTICA 35

    chitettura siriana conserv flno al VI sec. unaforma arcaica, ormai del tutto superata in occi-dente.

    -5. - L'assenza di volte e di cupole ancorapir determinante. Nell'arte romana le volte elc, cupole hanno Ia funzione figurativa fo.ndamen-talc di raccogliere e unificare gli spazi, di otte-nere quell'efftto caratteristico di totalit dellospazio, a cui vengono subordinate anche tutte lefrme particolari. questa totalit spaziale, ap-punto, che determina il significato propriamenterchitettonico degli edifici romani, e costituisceil punto di partnza per l'esatta comprensioneanhe delle forme particolari che in essa vengonoassorbite; non sono le forme singolarmente prese,o un accostamento, di forme singole. Gi dagliinizi, dalla stcssa adozione della tecnica cemen-lrzia, I'accento dell'architettura romana posto,non sull'elemento, alla maniera greca, ma sulIegantento, cio sull'unit complessiva della fab-brica. La costruzione u classica > greca a blocchidi pietra, non legati da mezzo coesivo, ma obbe-dienti, e insieme resistenti, alla legge di gravitda essi pienamente dichiarata nella loro formaplastica nello schema costruttivo del loro in-sieme, aveva fondato il proprio linguaggio ar-chitettonico appunto sul significato plastico-sta-tico dell'elemento singolo. La costruzione romana,capovolgendo la tecnica della struttura,. sosti.-tundo -all'uso dei grandi massi reggentisi sulproprio singolo peso, l'uso delle picc,ole pietre oinaftoni tegti aa un forte coesivo che quasi neannullava insieme la forma plastica e il peso,cre un linguaggio architettonico il cui accentoera posto non piir sull'elemento singolo, ma sulness sintattico, che garantiva l'unit comples-siva degli elementi. L'edificio veniva pensato dairomani-non pir in relazione al valore tettonicoo figurativo dei particolari, ma in rapporto al le-game coesivo unitario. su questa base che tuttala pratica costruttiva ed il linguaggio architetto-

    nico romani s'innalzano, rispondendo, con la con-gruenza unitaria d.ella tecnica, al- senso unitarioiteilo spazio. Al contrario, I'arte.ellenistica rimatlet"-p. aggrappata all'originario particolarismo,rinio deliiGiecia in ogni-sua espressione cultu-.dl"

    " politca; cos come l'universalismo unita-

    lio tipico della ntens romana in ognr sua espres-,ion". tale divergenza permane anche nelle.pir-nature e piir n romanizzale " delle costruzronl sl'i'i."h", q.tti t. rotonde citate. La mancanza dir"ii" i upole in esse, distrugge l'effetto spazialeclcll'architeitura romana. Esse appaiono contra-aiitt";;' mentre la disposizione fondamentale delpiano annuncerebbe una coerente impressione spa-z.iale, la mancatlza delle volte nega tale. impres-sione in elevato. Sembra che questi edifici nortsiano stati pensati coerentemente sino alla fine:pare che abbiano distrattamente accettato un con-cetto costruttivo, senza poi portarlo alla necessa-ria conclusione. Manca ad essi il senso di con-nessa totalit dell'intero spazio: le forme parti-colari vi s'oppongono, ostentando

    .singolarmenteil loro signifiato-tettonico o plastico, e addizio-nandosi, "non fondendosi. Questo prevalere delleforme singole si tradisce in mille modi: nella pre-itiiezione "per il disegno ottagonale delle corniciinterne di sostegno, alle quli sorgono linee di-sgiuntive nella loluzione degli angoli, nell'accen-tazione, non dei profili fondenti e armonizzantt,rna delle linee di contorno nette, isolanti; nel-I'accusata definizione del rapporto tettonico trapesi e sostegni, opposta all'atettonico- assorbi-ilento di essi nell'unitaria massa murale, che aloma conferiva allo spazio un'unit otticamentechiusa. La mancanza di volte e di cupole riportait significato della costruzione all'antico schemacllenico dei membri orizzontali e verticali, con-tlapposti per ottenere la piena evidenza del giococlclie parti pesanti e reggenti; mentr.e negli esem-plari iomani questo principio lettonico viene per-iettanrente ocultato- dal fondersi di ogni parti-colare definizione rettilinea nellfunit della su-

    Il.I

    {

  • 36 Lo spAzro ARcHrTETToNrco DA ROMA A BrsANZro

    pcrficie murale, sviluppata in un continuo susse-guirsi di volte, raccolte nel volo conclusivo dellacupola. L'unit spaziale degli esemplari romaniviene dunque de tutto fraintesa in queste deri-vazione siriache, che la traducono nella tradizio-nalc, ellenistica pluralit di timitati spazi par-licolari, seppure plasticamente mossi e ondulatisccondo il gusto de1

    " barqcco

    " ellenistico. Se-

    conclo ques gusto, Ia iTftb non produce f illu-sivo effetto di superficie tardoromana, su cuiporte, finestre, architravi ecc. non costituisconoche un rar,'vivamento cromatico (ottico-ritmico);ma, al contrario, la parete serve da sfondo alle ri-levate espressioni plastiche (accentuato profilodelle finestre, degli archi, degli stipiti delle porte)d'una realt tettonica; la parete dunque sopratutto parte dell'organismo struttivo, concepito ra-zionalmente alla maniera greca, dell'edificio.

    Codesto travisamento ellenistico dei tipi ro-mani evidente non soltanto nelle costruzionisiriache, ma anche in quelle dell'architettura ar-mena, che ne derivano. o Come l'edificio a voltedel tipo di S. Lorenzo a Milano abbia preso piedetardi in Oriente, dimostrato dalla chiesa diZvartnotz presso Ecmiazin, sorta nella prirna metdel VII sec. In essa possiamo nuovamente misu-rare la grande distanza che separa un monumentoorientale da uno occidentale. Le esedre non spor-gono all'esterno ma sono inglobate nel mur.o ci-lindrico. All'esterno, un effetto di rigida sostan-zialitt, ottenuto con una modellazione ellenisticadella parete, distacca a primo sguardo la chesadall'effetto di blocco unitario delle costruzioni ro-rane. E lo stesso da dire dell'impressione in-terna. I massicci pilastri angolari, i taglienti pro-fili, la plastica articolazione delle pareti, la formacompatta e corporea che, ad onta dell'influenzabizantina, hanno assunto i capitelli, destano innoi, malgrado la soluzione delle esedre, il sensodi una compatta sostanzialt, che fa apparireZvartnotz come una copia grossolanamente elle-nizzata dal modello costruttivo tardoromano che

    r - ARCHITETTURA RoMANA E ARcHTTETTURa el_rgNrsrrcl 37

    aveva trovato espressione in S. Lorenzo. Se allachiesa armena parago,niamo chiese, pur anteriori,come S. Vitale a Ravenna, o anche come S. Ser-gio e Bacco a Costantinopoli, dobbiamo conclu-clere. che in quella non rimasta traccia di que-sto indef,nito spazio interno espresso con mzziottici, che fu il fine pir alto della tendenza o-ana a smatcrializzare lo spazio corporeo )r,

    . - Una tale relazione tra occidente ed elleni-smo ancor pi chiarita dal diverso carattereche, in una zona e nell'altra, assumono le deco-lazioni scultoree e pittoriche dell'architettura. Inambito ellenistico (cos detto Oriente), non sol-tzrnto le maggiori membrature degli edifici (pilastri, archivo,lti, capitelli, fregi, ecc.) sono rilevateplasticamente e rese evidenti per il loro valoref-ur-rzionale, ma i loro stessi partiti decorativi sot-tolineano questo valore; mentre negli esemplariromani essi non sporgono dal fondo chiuso dellaparete, ma agiscono come traforate orlature disuperfici immateriali, traforate anch'esse: hannc,rcluindi perduto il loro effetto tettonico e s,inse-liscono, accentuandolo, nel significato ottico, cro-rnatico dello sfondo. Basta paragonare la formatlcl capitello, in oriente grae, massiccio, tetto-rrico, in occidente completamente tradotto inn rlacchia

    " di colore. Anche di ci facile ren-

    tlersi ragione. Il capitello, nell'arte greca, era unnodo struttivo, un ganglio, nel gioco tettonicorlclle forze, plasticamente accentuato. Ma nell'ar--c{ritettura romana il rapporto tra peso e sostegnoIrr trasferito, dal nesso architrave-colonna, luirnr-rri d'ambito, perci anche il capitello perdetteil suo antico valore. Esso dovette adeguarsi al-['impressione complessiva, totale dello spazio, ri-rrunciando alla sua plastica accentuazione,. L'evo-Irrzione fu completa nell'arte tardoromana, chelrrrrt la secolare tendenza spaziale romana al-l'cspressione pir piena e coerente. In essa, dun-11trc, s'ebbe un'interpretazione del capitetlo dcllLrlto nuova rispetto alla classicit: s'ebbe un ca-

    t.

    )

  • 38 Lo spAzro ARcHrrETToNrco DA RoMA A BrsANzropitello < adattato allo spazio

    "; sempre pir disciolto dalle coerenze struttive, tradotto in colore,fuso nella nuova parete ottica delo spazio. Edanche il vecchio acanto della sua decoraziones'adegu perfettamente a questo nuovo signifi-cato: fu trattato a trapano, scomposto in pic-cole foglie frastagliate, appiattito, ridotto ad untrina senza spessore. Qqest'evoluzione, stato no-tato pir volte, ha inizio in Occidente, e qui portata, com' logico, alla sua forma pi ma-tura; viene accettata anche da Costantinopoli conqualche ritardo (nessun capitello di S. Sofia "

    smaterializzato >> al grado di quelli di S. Vitalea Ravenna); ma non dalle provincie orientali. Quila decorazione ad acanto, sebbene si faccia sche-matica e astratta, rimane ancor plastica, elleni-stica, isolata quindi alla singola forma, non di-sciolta cromaticamente, n perci legata allo spa-zio. Mentre negli edifici Occidentali (basiliche, ra-'r'ennati, Parenzo, ecc.) e di riflesso in quelii giu-stinianei di Bisanzio 15. Sergio e Bacco, S. Sofia,.ecc.) l'acanto dei capitelli e delle, cornici appareotticamente fuso col fondo; la sua sostanza stac-cata dalla materia, fluttuante, immersa nella to-talit dell'illusione spaziale, in edifici orientali(S. Sepolcro a Gerusalemme, Kal'at-Siman, KalbLauzeh, ecc.) si mantiene, anche dopo I'influssobizantino, il modellato denso e netto della fo-glia, ancorata al duro sfbndo del rilievo, che nellasua piena stesura plastica, corpore,a, non illusiva,d spicco alla forma singola, non la discioglie rnvalori ottici ma ne conserva il significato di ar-ticolazione plastica, di parte in un gioco di forzetettoniche.

    V', insomma, anche qui, quel netto contra-sto, piir volte indicato, tra gusto romano, chesempre pir priva ogni singola forma del suo si-gnificato tettonico e plastico per ridurla a merafunzione dell'effetto totale dello spazio, e gustoellenistico, che continua a proporsi un efietto ter-tonico valendosi per esso, come di suo punto diparte.nza, della forma particolare, che quindi ri-

    | - ARcHTTETTURA RoMANA tt ARcHrrETTLrna gi-r-pursrrca 39Iugge dallo sciogliere otticamente, ma anzi pre-scnta alla vista nella plastica evidenza della suaI rrrrzione strutlurale.

    7. - I\ contrasto riscontrabile per ogni par-ticolare sia pur minimo

    -

    in cui d una spie-gazione criticamente concreta. Perch, per esem-pio, l'architettura delle provincie orientali, ha cospoca simpatia per il pulvino, che nasce nell'arter'omana (dove si trova in stele funerarie del 2"scc., c nell'architettura monumentale, gi an-nunciato in quei tratti d'architrave che in edificir'ome le Terme di Caracalla o la Basilica di Mas-scnzio si interpongono, isolati, tra colonne ed ar-r'hi) e raggiunge Ia sua piena malurit a Ravenna?r\ppunto perch il pulvino permette alla tendenza|omana a tradurre le forme singole in mctivi diun'ottica trasfigurazione dello spaz-lg d'esplimersicon maggiore coerenza.

    " Basterebbe questo ad

    inclicare-la sua origine romana occidentale r. n Ilpulvino, segnando una cesura proprio all'incon-tlo del peso e della resistenza, interrompe lae ontinuit funzionale degli elementi costruttivi(' pcrmette loro di risolversi in valore di pura de-r.'orazione: le colonne, meno rigorosamente contlizionate ad un compito di sostegno, possoiro al-llrare, con la loro successione, un puro ritmo 1-ncare nello spazio, le pareti possono trasfigurarsipittoricamente nella stcsura cromatica della de-tcrrazione musiva, i capitelli si allontanano dailastruttura plastica che avevano nell'arte classicar, attraverso un graduale sviluppo, assumonolorme sempre pir semplici... pir adatte e metterirr rilievo il valore della superficie tralorata dallitto intrico linearc dclla decorazione. Cosi i va-lori luminosi e cromalici si organizzano e si com-l)ongono con un rigore di coerenze non inferiorel quello della struttura plastica del classicismo;rlzrl particolare all'insieme la ricerca dell'artistat: a determinazione di un ritmo cromatico sem-pre pir alto e disteso. Come analoghe ricerche, inpittura, conducono all'appiattimento della forna

  • 40 Lo spAzro ARcHrrETToNrco lA RoNrA A tsTSANzr{)

    e al disarticolarsi dei raccordi plastici per ri-durre ogni valore formale a un valore di- limitetra zone cromatiche, cos in architettura, al rigoredelle merrlbrature classiche succede la ricerc didisarticolare le membrature stesse per ridurre laproftrnclit spaziale alla superficie cromatica... o 4.Ecl bcn naturale che anche il pulvino raggiungalu sua f orma pir perfetta ed il suo significato prir;;icno a Ravenna, dove le tendenze tardorornancsr,'rro portate al massimo, e sia invece, dal gustozrncor cllcnistico delle province orientali, I,rccet-iztto solo fortuitamente, e subito appesantito, aL;-nodato al capitello, cclndotto insomma, non a ri-solvere cromaticamente, ma ad accentuare plasti-camente il valore tettonico de1 capitello stesso.

    8. - Sorti analoghe ha la decorazione a mo-saico, che porta alla massima intensit la trasfi.-gurazione tardoromana dello spazio, disciogliendolc pareti, che lo definiscono, in puro colore. perrnezzo del mosaico lo spazio non appare pir li-mitato da. pareti sia pur traforate, da superficisia pure illusorie, ma trasformato nel denso,cangiante fluttuare, sotto le tensioni piir o menoforti della luce, di un'irreale, favolosa, illimitatadimensione. La decorazione musiva raggiunge per-ci anch'essa la sua piena maturita - Ravenna,mentre in Oriente, anteriormente alle dirette rn-serzioni bizantine dopo il VI sec., non esiste. Lacausa sempre la ste.ssa. Nell'architettu.na orien-tale, ellenisticamente condizionata, la parete con-serva una funzione nettamente diversa che nel-i'architettura romana: la funzione, gi lo disse,cli limite tattile, di chiuso appoggio al gioco pla-stico delle articolazioni tettoniche. In una aieparete severamente massiccia, dipie tra squadrata,ornata di sporgenti rilievi, \a decorazione a mo-saico, ovvio, non poteva trovar apphcazio-re;n in edifici che avessero coperture di pietra o

    .

    a -Arc'tx, L'erchitetlure protocristiana, prerotnatticu e rornu-

    rica. Fircnze 193. pp. ll-12.

    r - ARCHTTETTURA RoMAN^ E ARcHrrETTUna gt-rnr'{rsrrce 4l

    rr tettoie su capriate, che cos nettamente con-lraddicevano la tendenza all'illimitata illusionespaziale, che era il fondamento stesso della deco-luzione musiva. A riprova sta il fatto che que-star viene applicata alle cupole, prima che altrove,l Roma, dove, agli esempi da tempo noti, darrggiungere quello recentemente scoperto del Tem-pio di Minerva Medica, la cui cupola appunto eratlccorata a mosaico.

    tI

    II

  • CAPITOLO SECONDO

    L'ARCHITETTURA BIZANTINA

    Costantinopoli, in questa antite,si tra Ronra eil persistente e_llenismo, si tiene fino al VI se-colo in una posiiionq internaedia, di instabric uqui-librio. Soltanto nel VI secolo,'con le grancii operegiustinianee, Bisanzio accoglie, 'sebbene con qual-chc ritardo, come vedremo, il senso spaziale tar-cloromano, e ne d una propria interpretazione.Cotest'adesione , per l'arte bizantina, definitiva'Ma ad una tale constatazione possiamo giungeresoltanto dopo avere, come s' cercato, chiaritospregiudicatamente i caratteri autentici, costrut-tivi e figurativi, delle due grandi zone, occiden-tale ed orientale, dell'impero romano. Soltantocos si pu sperare d'essere usciti dal vecchiocquivoco, e di affrontare il problema delle ori-gini e del significato dell'arte bizantina con qual-che possibilit di riuscita.

    1. - Infatti soprattutto a proposito di artebizantina, che le opposte posizioni degli studiosicli diversa tendenza si fanno pir rigide e peren-tcrrie. I'arte bizantina, per le sue origini, ro-mana, come vorrebbe il senso comune, o la ri-llessione sul fatto che Costantinopoli fu costr-uitapressoch dal nulla e come diretta propaggine diRoma e si chiam Nuova Roma, e i suoi abitantisi disser e pretesero d'essere chiamati romani(considerando I'etnico di greci come una sangu-

  • LO SPAZIO ARCHITETTONICO DA ROMA A BISANZIO

    nosa oflesar), ereditarono ii diritto, l'amministra.zione, ed ogni altra sostanziale espressione dellacultura romana? O l'arte bizantina di origineellenistica, come sostennero l'Ainalov e poi altristucliosi moltissimi, appoggiandosi a dati gcogra-f it'i c Iirrgrristici; agli cvidcnti tentativi di riesu-rrurziorrcr clell'arrtica cultura, anche, per qualchet'lt'rrrt'rrlo, Igrrrativa, clcll'Ellade, nella Bisanzio delu sccorr(lo pcr-ioclo aurco >, ecc.? O infine le sueorigirri sorro ot'icntali, come pretese, sopra tutti.Sllzygowski (c vi Iu un momento che ben pochislrrrlirrsi rirrrascro immuni dalle sue teorie, cherrlrlivrrrrrr rruovi allascinanti orizzonfi) postulandorrrr irrrlr:tclr-r-rirrato, c da lui stesso inafferrabile,u orit'rrtc o artistico, fabbricato

    -

    col mezzo cheil lr.orrclakov aveva denunziato come un ( giocolrlc'lrctrlogic(J )>

    -

    per via d'una nebulosa e com-plicata srie di petizioni di principio: consistenti,irr sostanza, nell'estrarre dalle culture artisticheno[c: tardoromana, bizantina, meclievale, ccrti co-modi elementi ed aspetti, e con essi costruire aposteriori un

  • Fig. 18Fig. 19

    SantaSanta

    Sofia, sezione.Sofia, pianta. lrirr. 20 Santa Sofia, interno.

  • II - L,ARCHITETTURA BIZANTINA 49

    con mczzi ottico-superficiali; all'intcrno, il dominio d'uno spazio chiuso da volte ottenuto conmezzi illusionistici. La formazione di S. Sofiacome opera d'arte architettonica pu essere chia-rita dalla conoscenza delle universali basi di svi-luppo dell'architettura tardoromana. A questo ri-guardo, essa,differisce fondamentalmente tantodall'antica architettura orientale dello spazio ri-soto in massa opprimente, quanto dall'architet-lLrra greca senza volte, risolta in esterni peristilii.

    Quando alla concreta derivazione, sia dellal'orma totale che dell'applicazione delle forme par-ticolari, queste derivano dalla generale forma spa-ziale medio e tardoromana. Noi possiamo, nellastoria. dell'architettura romana a blocchi spaziali,seguire passo passo la successiva maturazioneclella forma costruttiva di S. Sofia. La formazioneovale dello spazio, lo spazio centrale coperto dacupola, la resa del movimento dinamico dellospazio per mezzo di esedre, l'illusionistico mezzorlcll'immaterialit della parete, I'occultamento deirnezzi cc-rstruttivi negli ambulacri, il sistema disostegno

    -

    sono tutti elementi che si sono for-rnati nell'architettura romana, sopra tutto nel-I'architettura romana profana delle terme e deiytalazzi.

    L'appartenenza di S. Sofia all'architettura ro-rnana mediterranea delle volte risulta anche dalsuo rapporto con l'architettura dell'Asia Minoreer della Siria. L'Asia Minore e la Siria eran ter-litorii di diffusione dell'arte costruttiva greco-c:llenistica della copertura senza volta e dei pe-listilii. L'architettura a volte blocco-massiccia pe-rrctr qui soltanto attraverso l'architettura rct-rrana, e questa, giunta pir tardi e trovando unatladizione gi fondata, non pot mettere profondelir clici.

    Non troviamo infatti nessun precedente nern-rrrcno indiretto di S. Sofia in Asia Minore e inSiria: qui le massime, monumentali fabbriche ditlricse, che dovrebbero valere come precedenti,( r'rno senza volte, e una attiva adozione dellaFig. 21 Santu Sofia, interno.

  • 50 Lo spAzro ARCiIrrETToNrco DA R0MA A BISANZT0

    costruzione a volta si ebbe soltanto sotto I'in-fluenza della capitale bizantina. Anche la chiesadi S. Giovanni ad Efeso, che stata consideratacome precorrimento dello sviluppo dell'arte dellacapitale, e come modcllo sopra tutto della chiesagiustinianea degli Apostoli, sorta invece efiet-tivamcnte come sua imitazione. L'espressione for-malc rozza, massiccia, solida, assai poco calco-lerta su effetti illusionistici, della chiesa di S. Gio-vanni ad Efeso

    -

    se la si paragona con S. Sofiaa Costantinopoli

    -

    dimostra, ch'essa non puessere conside,rata quale modello delle costruzioniciella capitale. Se i due costruttori di S. Sofia de-rivano dall'Asia Minore, ci non dimostra ancorach'essi abbian portato a Costantinopoli ancheforme costruttive dell'Asia Minore, perch il luogodi nascita d'un architetto per s non dice nulladella sua scuola artistica e del suo indirizzo.

    Come in tutta l'architettura tardoromana, cosanche in S. Sofia la forma particolare sacrifi-cata all'impressione complessiva dell'effetto ot"tico-illusionistico delo spazio. La forma singola determinata sopra-tutto dall'impre,ssione totalee per la maggior parte non ha alcuna funzionetettonica... Gli ottici lavori traforati si propaganoda Costantinopoli all'Asia Minore ed a tutti i ter-ritorli' mediterranei orientali, dove essi anzituttoarrivan in ritardo, in secondo luogo non si ra-dicano come in occidente, perch la forma srn-gola conserva il su

  • 52 Lo spAzro ARcHrrETToNrco DA R0MA A tsrsANzroEssa agisce pir fortemente nel territorio occiden-tale

    -dell'impero. Qui nel V secolo il sostegno prin-cipale dell'arte romana antica, I'impero romano,va in rovina. Ma tanto pir liberamente vi si pusviluppare la penetrazione spirituale dell'inieravita da parte dell'idea cristiana. Nei paesi occi-clcntali clell'impero romano nel V-VI seC. il mondoantico-romano sembra abbassarsi sempre, pir adun'csistenza nell'ombra. Ma questo tramontoclcl mondo antico che vi prepara il medioevo oc-cidentale.

    Tutt'altro avviene nell'impero romano orien-tale. L'antica istituzione dell'impero nomano vi mantenuta integralmente e senza soluzioni dicontinuit; di conseguenza anche il cristianesimonon pu penetrare nella stessa misura come nelteritorio occidentale. Tra il concetto imperialee la concezione cristiana del mondo si trova uncompromesso. Dobbiamo appunto a questo com-promesso se I'arte antica, per t'ultim volta nel-l'epoca giustinianea, ebbe una ricca fioritura au-tunnale, che fu in grado di fe,condare ia culturaartistica bizantina durante l'intero medioevo. Nel-l'epoca giustinianea l'impero romano ha un esal-tato ravvivamento. La rinnovata unione politicacon la madre patria, l'Italia, il riaccendersi delpensiero romano imperiale nell'universit del po-tere temporae, la unificazione e la codificazionedelle leggi romane, indicano che nella nuova Romasi attuava inflessibilmente la continuit della vitade.l mondo antico. La differenza ta l,antico im-pero romano e il nuovo stava sopra tutto in ci,che il nuovo impero era romano, ma anche cri-stiano. Ma il cristianizzarsi, a Costantinopoli, furivolto pir alla forma che al contenuto. Rtigionedi stato, regolamentazione di molte faccend"e ec-clesiastiche attraverso l'imperatore, un cerimo-nale liturgico che invadeva la chiesa come un ce-rimoniale di corte ed aveva come conseguenza unrigido regolamento delle funzioni del ulto, tra-smissione di formole diventate abitudinarie perandazzo nella vita religiosa, tutto attesta he

    I I I-'ARCHTTETTURA BTZANTTNA 53

    il cristianesimo restava inglobato nell'involucro(:stcrno dell'antico sistema statale, senza poterepcr il momento pene,trare interamente Ia vita.Specchio fedeie di questo rapporto tra l'an-

    tico impero e il cristianesimo s'innalza la chiesatli Santa Sofia.Una chiesa di palazzo giustinianea, nella quale

    I'architettura cristiana raggiunge un accresci-rrre'nto fin allora inaudito del monumentale.

    Quesla monumentalit ottenuta per mezzorlclla forma costruttiva dell'architettura romana.L:r'romanit attenuata da una immaterialit pa-lcocristiana, ma non per in modo che la sua;rrevalente azione vada perduta.In tutta l'arte costruttiva dell'impero romanotl'oriente, poi, le tendenze paleocristiane non rie-scono a penetrare interamente l'antica architet-lLrra romana e a risolverla.

    A questo problema di storia universale il bi-zantino con tutta la sua forza rimasto fedele1;cr secoli, porseverando, seppure con effetto at-lcnuato, nella romanit fino al suo tramonto >.

    3. - Non a dire tuttavia, che anche la tradi-zione ellenistica non abbia avuto, sugli adatta-rnenti e sviluppi bizantini degli schemi romani,rrna reale azione; la quale va per purgata dalleirrconsistenze e dalle genericit dell'archeologialardoromanica, c riportata alla concretezza deilatti veramente storicizzab|li. Che nela culturalgurativa bizantina entrassero, nel secondo e nellcrzo periodo aureo sopra tutto, ma anchs gi in,.1]oga. giustiniana, molti elementi iconog-raficitl'origine greca, cosa di immediata evicnza:rlucl che.-non legittimo

    -

    o, a dir meglio, non rLccettabile in una concreta storia del -linguaggiofgurativo bizantino

    -

    il dedurre da lali-p-lrorti una sostanziale ellenizzazione di quell,art. ovvio infatti che cotesti sono puri e-sempliciirnprestiti lessicali, che hanno peiduto ogni iororlriginario signif,cato perch sono stati iinervatirla tutt'altra sintassi. Questa , appunto, la sin-

    d,

    J.

  • 54 Lo spAzro ARcHrrETToNrco DA RoMA A BrsANzrotassi dello spazio smaterializzato, illimitato, illu-sivo, la quale si matura attraverso l'esperienza,sopra tutto architettonica, romana. Una figura amosaico di Dafni, un rilievo di cofanetto eburneomcdiobizantino possono anche ricordare nel lororncrrbido e,donismo formale lontani esemplari el-lcnici. Ma la decorazione a mosaico in se stessa,con la sua particolare sintassi anche figurativa,che non pu originarsi dalla tradizione greca, anzipresuppone, necessariamente, un completo rivo'l-gimento di tutta la concezione greca dello spazioe della forma. Poich la decorazione musiva, s'visto, si determina come ultimo e pir maturoe coerente risultato della trasformazione delle pa-reti in superlci di valore cromatico; e tale ul-tirna trasfbrmazione pu avvenire soltanto nei-l'ambito d'una tradizine architettonica, la qualesi sia distaccata dal sistema trilitico greco, o daquello peristilio ellenistico, ed abbia trasferito,appunto, sulla parete integralme,nte chiusa anchein alto per mezzo della cupola, l'intera respon-sabiit della definizione degli spazi interni. Ciodella tradizione romana. La quale, quando riducecotesta parete, per rispondere al nuovo sensodello spazio, ad un illusivo diaframma di colore,non soltanto condotta a ricercare nelle rive-stiture marmoree e nelle decorazioni a mosaicoun pir ricco efTetto cromatico, ma poich tale ri-ccrca risponde al bisogno di dare alla pareteun significato di spazialit immateriale, porta ne-cessariamente a ridurre le stesse u figure

    " su-

    perfici cromatiche senza spessore, con I'identicoprocedimento che, s' visto, trasforma gli antichicapitelli plastici in preziose macchie cromatichefuse nell'illimitato spazio. dunque un nuovolinguaggio, antitetico a quello plastico dell'anticaGrecia, che si vien maturando,a Roma, ed que-sto, che viene accolto da Bisanzio; perci owio,che gli svaporati residui di schemi figurativi el-lenici, che vi possono confluire, insieme con altridi dive,rsa origine orientale e occidentale, nonhanno alcun reale signif,icato per una critica e

    rr - L'ancgrtrlrrrRA BIz.ANTTNA 55

    pcr una storia veramente concrete. Un contributoclella tradizione ellenistica all'arte bizantina ef-l'cttivamente vi fu; ma ravvisabile altrove.

    Ora, perch il nostro discorso possa farsi pipuntuale e spedito, e perch risulti piir fermat'idea di quella particolare forma spaziale bizantilra che vediamo, oggi, realizzata in San Marco,giover riassumere e dichiarar meglio quanto s'vcnuto finora accennando, e, particolarmente, ve-clere come si maturi e s'esprima il concetto ro-rnano dello spazio; in qual rrtisura questo vengaissunto dall'arte di Antcmio di Tralle; qual parte,rrclle grandi opere bizantine del VI secolo abbiala tradizione architettonica ellenistica, e qualeruzione l'esperienza paleocristiana delle basiliche.

  • CAPITOLO TERZO

    IL SENSO ROMANO DELLO SPAZIO

    Ogni evoluzione costruttiva , dicemmo, soi-lccitata e determinata dall'evoluzione del linguag-gio propriamente architettonico: vale a dire, dal-l'evoluzione delle forme spaziali, che sono il le.s-sico di cui I'architettura si vale per esprimersiartisticamente.

    1. - "

    Siamo debitori di Roma dell'assunzioneartistica dello spazio nell'architettura

    " scrive Za-

    loziecky:, la vq{a e propria architettura come Ul-guaggio spaziale .*asee a. Roma. Oggi, dopo due-rnila anni di esperienza architettonica compiutanella sca di Roma, ci riesce facile affermareche lo spazio il mezzo di espressione specificoclell'architettura e soltanto di essa; ci sembrarl'elementare evidenza che, sebbene si possa ri-l rovare spazio anche nelle altre arti fi.gurative,in pittura esso risolve in colore, nella sculturairr volume e soltanto nell'architettura l'elementof'ondamentale, il

    " verbo , del linguaggio artistico,

    tluello che sulordina a s il significato d'ogni altrorlL'mento. M non fu cos ovvio fin da prin,cipio.Come, ad sprimersi propriamente col colore, lapittura giunse soltanto tardi, cos ad esprimersiclawero con lo spazio l'architettura arrivo soocon la civilt di Roma. Non si pu dire, infatti,che le architetture antecedenti alla romana ab-lriano raggiunto cotesta piena concretezza di lin-guaggio. Non si pu dire che le costruzioni del-l'antico Egitto s'esprimono davvero con Io spa-

  • 58 I,O SPAZIO ARCIIITETTONTCO DA ROMA A BTSANZTO

    zio. Esse danno forma alla strana concezronedella vita dcgli egiziani, alla loro ossessione dellamorte, a loro bisogno di vincerla con una dispe-rata immutabilit. per questo che gli egizianinon scntono lo spazio come una dimensione con-tir-rr-rzrmcntc artic,olata dal desiderio, dalla volont,clall'nzionc di noi esseri viventi, e perci mortali,nra col-c qualcosa di immutabilmente esteso inr-rrur climc,nsione che vinca la morte. Perci l'archi-

    - tcttura cgiziana rintmcia allo spazio: la piramideegiziana, per es., una forma geometrica asso-Iuta, astratta dalle contaminazioni dello spaziovivo: l'immagine della piir deserta assqnza. eintenlporalit.

    I greci, fondatori del nostro concetto d'uma-niLa, r'iportano l*o spazio a scala umana,.lo sen-tono sempre, non in s, ma come veste dell'uomo,cio plasticamente. Come la fantasia creatrice dimiti e d'immagini dei greci csscnzialmente an-tropomorfca, cos la loro fantasia creatrice dispazi essenzialmente plastica: la massa pla-sticamente tatlata che, ccln l'articolarsi e pro-tendersi in superficie, con lo sbocciare dei volumiofferti alla luce, con la mobilit ondeggiante deipiani intrisi dall'atmLosfera, crea intorno a s ilsuo guscio di spazio. Che soltanto (< esterno >.Anche il tempio greco , pir che vera archite,t-lura, una magnifica scultura: un blo'cco marmo-reo plasticamente modulato all'esterno come ungrandioso altorilievo, ma dentro il quale non siVIVC.

    A Roma il supremo equilibrio ellenico, nonpir contenuto nei suoi imiti, si spezza: non pitr I'uomo come misura spirituale e come pla-stico modello dell'universo,la ragione del mondo,ma l'uorno come tensione, forza chq e9..Lca_..qn

    . fulcro, energia fisica e polenza morale, volitiva.Quindi il romano concepisce 1o spazio non cometermine di armoniosa contemplazione, ma comeluogo della sua azione, della sua insaziabile espe-rienza e conquista; e perci si circonda di spa-zio, e ne' suoi edif,ci allarga, tende i vani interni,

    II, SENSO ROMANO DELLO SPAZIO

    li volta in absidi, in cupole; infine Ii fa quasiesplodere in una dilatazione immen,sa: chi entrincl Pantheon, o tra i ruderi delle Terme o de,llabasilica di Massenzio, si sente subito avvolto dalsenso d'una straordinaria enormit di spazio. Unospazio che semprc pir s'allarga, ma che sempresi riporta unitariamente al suo centro, come I'im-pero dei romanir. L'architettura romana dun-que il primo linguaggio costruttivo propriamentespaziale che le civilt antiche ci abbiano dato: la prima architettura, nel suo vero senso.

    Forse taluno osserver, che anche gli edificicgiziani o ellenici hanno spazio, giacch anche inessi si pu entrare, camminare, stare. Ma qui la radice d'un facile equivoco, quello che fa con-londere lo spazio fisico, nel quale si agisce, conlo spazio artistico, lo spazio cio divenuto formacl'una immagine artistica. L'equivoco corrente,ci si cade di continuo, sta alla base di molte teo-ric sull'architettura (anche di quelia

    " funziona-

    lista "), ed responsabile della pir volte sotto-lineata diflcolt d'intendcre questa, a paragone

    dell'altre arti figurative. Ma si spiega: perch,a differenza che nell'altre arti, in architetturaIo spazio dove si vive e ci si muove, si agisceinsomma praticamente, coincide con lo spaziochc I'architetto ha creato per dar forma al suosentimento; ci che non vvicne in scultura, etanto meno in pitiura. Senza dubbio, in un tem-pio greco e persino in una piramide egiziana sipu materialmente entrare, perch esiste un vanointerno. Ma se vogliamo intenderc l'architetturacome arfe, ,lo spazio va considerato, o meglioscntito, ncn come una realt fisica, rna comeuna crcazione fantastica: di carattere teorico, nonpratico: esso non pir solo il luogo del nostrosoggiorno o della nostra curiosit. turistica, ma ia poesia dell'architetto, la forma in cui I'ar-chitetto ha espresso se stesso. E l'architetto egi-

    lUn csamc piir approlonclito dclla spiritualitr tomrnr tteisuoi rappori con 1'ar1e si potra tro\are ncl mio libro Pitttiraletle oiigiri cristane, gi jitato, al qualc rimant.lo il lettorc.

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  • 64 Lo spAzro ARcHrrETToNrco DA Rol{A A BrsANzIopotente superficie continua dei muri perimetrali a"ttu cupola, che ne la pit coerente conclu-sione, muve dunque la piu genuina architetturalornana, sollecitata in qucsto moto dalla tendenzache informa tutta la ltoria romana e che nellafattispecic architettonica si chiarisce come gustocli clilatare, e poi via via di supcrare, ma con-servandone seripre I'unit, quel senso sostanzialeclello spazio (il ^quale era

    " lassica

    ' obbiettivit

    cli rappresentazione), fin9 a raggiungere uno spa-zio smpre meno maferiale, e'sempre piir u spi-rjtualizzto o, cio immediatamente agito dal sen-timento di chi dentro vi vive 2.-- if Uto."o spaziale comncia perci a. tendersi

    verso l'estern, a premere sulle pareti del ci-li;d;o -massiccio ce lo chiude, ingemmandosi,per cos dire, in nicchie. Il rapporto tra, cupola cilindrormurario di sostegno rimane il mede-simo; ma alla base del cilindro, in quella zonadello spazio che direttamente respirata dal-,'uomo,^ il blocco spaziale comincia a muoversi.La chiusa omogeneit della parete viene scalfitadalle nicchie, che sono dapprima soltanto quat-tro (Terme di Pompei), poi divengono una fittacompleta corona (es. Terme di Lambesi) dovespesio s'alternano piante rettangolari con piantesmicircolari (Mausbleo di Diocleziano a Spalato)'Lo spazio interno, qui, non

    " sfonda >' non per-

    fora la parete, ma soltanto la articola torno torno; .e nicchie non disciolgono ma modulano il muro;esse agiscono includendo e formando spazio,senza distruggere la sostanzialit della parete.Questo spazio quindi, malgrado il gioco dei curviprofili delle nicchie cominci a variare otticamentela superficie che lo dcfnisce, conserva ancoratutto il suo carattere sostanziale. tuttavia gichiaro che la tendenza verso la dilatazione dellospazio procede in accordo con la tendenza allasluzione cromatica della parete; sgb!-ene il le-

    2 C[r. per rnaggiori spicgazoni il mio citato Pittura dellcorigitti crisiane.

    I I r - rL sENSo RoM^No DELLO spAzro 65itime con l'unit . centrale " dello spazio sia sem-l)re mantenuto. In questa fase l'architettura ro-rnana accetta anche nei suoi interni il sistemarli sostegno ellenico, ma senza alcun significatol'unzionale. Colonne ed architravi infatti, addos-sati alla parete, valgono soltanto a ravvivarla de-( ()rativamente, accentuandone la modulazione gi()ttenuta col gioco delle nicchie; oppure, situan-rlosi dinanzi al vano delle nicchie (Pantheon),rnirano a ricostituire otticamente la minacciatairrtegrit della superficie del blocco spaziale ci-lindrico.

    4. - Sulla fine del periodo medioromano e 1nquello tardoromano, la compattezza del murocl'ambito va sempre piir sgretolandosi. Nel ve-slibolo della Piazza d'Oro della-villa di Adriano a'l'ivoli, nel cosiddetto Te.mpio di Minerva Medica oirr altri edifici analoghi,,le nicchie non sono pir ri-t'rrvate nell'omogenea compattezza della parete, mat orninciano a costituire elementi di spazio per sestanti, co4 muri d'ambito proprii, che sporgonorrl cii fuo_ri. Quella parete che in origine, con Iastra continua unit, definiva la sostanzialit dello.puzio centrale, ora si va disciogliendo in vaniirrrlipendenti, che rompono l'effetto di massa,lurrsa c dcfinita dello spazio di mezzo. Paraile-rirente, si pronuncia un'alterazione nel rapporto

    I i r .upola e muro ciiindricct sottostante: la cu-rrr,i;i non forma pir unit con cotesto muro, non, i ;r'ava pitr con tutto il suo peso, ma si staccatl.r csso, appogiandosi sulle sporgenze esterne deller(iirie. Tra muro e cupola s'inserisce, semprelrirr snodato, il tamburo, che toglie alla cupola' \L'uso diretto e preciso del peso, il quale viene

    rglavato al di fuori dello spazio centrale, ci cher)rrre contribuisce a disciogliere ancor pi il, ('()rpo > sostanziale dello spazio. Questo, sia inprano (nicchie) che in elevato (cupola) non ap-prrrc pir concluso e definito da una parete mu-lrrria massiccia e unita, ma da un'alternanza dipicni e di vuoti, di masse e di spazi, cio da

  • Fig. 22Fig. 23

    V ilta Adriana, Tittoli. Planimetria.VIta Adriana, Tivoli. Teatro marittimo.

    S'*"q*-$qT*#:i** {S

    * '* r5;:-1*'*i$'*#1 lru{*

    Frg. 24 Vi.Ia Adriana, Tivoli. IId'oro.

    Vestibolo yerso la piaz.z.u

  • Fig.Fig.

    2526

    Villa Adriana, Tiyoli.Vilta Adriana, Tivoli.

    Teatro marittimoIl Canopo.

    III- SENSO ROMANO DELLO SPAZIO

    nna parete forrnata otticcLmente. Un tale efiettovicng accentuato dal trasforarsi delle nicchieslcsse (Tempio di Minerva Medica, Terme di Co-slantino a Roma) che portano la visuale ve,rsoI'aperta atmosfera, creando un secondo velo ot-Iico a chiusura della complessa forma spaziale.- In monumenti corne il Battistero Lateranen-

    st-, S. Costanza o S. Maria Maggiore a Noce-ll dei Pagani la cupola 'si emancipa completa-rrrcnte dat mu,ro perimetrale e viene appo:11iata su un anello cntrale isolato, retto da archi,' cla colonne. In altre parole: quelle pareti mas-sicce, che in origine definivano la sostanzialittlcl corpo dello spazio, ora si sono disciolte: lospazio centrale non pir racchiuso da una pa-lcte continua, ma da un cerchio pur esso dispazio; ha quindi perduto il suo carattere ccr-poreo, e viene limitato soltanto da un mantorrtrnosferico di penombra. Giacch anche il si-slcma d'illuminazione, di cui abbiamo poco in-rranzi seguito l'evoluzione costr-uttiva, sempreirr accordo con cotesto mutarsi del senso spa-ziale. In S. Costanza, la luce, piovente dal tam-Iruro della cupola, s'accentra nel vano di mezzorlcfnendolo otticamente; l'ambulacro invece ri-rrrane in ombra e con ci accentua il suo signi-licato di involucro. La luce, radendo i profilirlclle trabeazioni e delle interne colonne, ricosti-Itrisce l'unit, ma un'unit puramente ottica, dellaparete dello spazio interno; mentre il valore ii-limitato di questo sottolineato dalle indicazionilrlosp,ettiche delle trabeazioni, che irraggiano versoI'csterno, perdendosi nella penombra indeflnitat lc l1'ambulacro.

    In edifici piir maturi, e pir vicini ai nucleislraziali di S. Marco a Venezia, l'emancipazionerlclla cupola dalla massa del muro sottostante portata ancora piir innanzi. Nel 'sacello di S. Giu-sto a Trieste, per es., o in quello di Hossios David:r Salonicco, la cupola non appoggia pir su unalrase circolare, nemmeno liberamente sostenutarla colonne come in S. Costanza, ma su un qua-

  • Fig. 27 Trieste, S. Giusto, piatrta. Hossios, Salonicco, piatlta.

    IL SENSO ROMANO DELLO SPAZIO

    rlllito cleterminato da quattro sostegni isolati col-It'gati da archi: il trapasso avviene per: mezzo,li pcnnacchi. L'antico cilindrc murario omoge-rrco, che reggeva la cupola, addirittura scom-l)urso, anche corne ,ricordo formale o come sug-gerimento ottico: il corpo centrale dcllo spaziosi cliscioglie nei vani laterali e la cupola sem-lrlu erigersi U.bera cia ogni materiae legame,t'cla ogni nesso struttivo, col r,ano sottostante,giacch il coerente rapporto tra il suo peso edil sostegno dei muri d'ambito appare distrutto. qui scomparso anche l'ultimo senso di so-stanzialit dello spazio centrale, che rimaneva,sia pure in forma soltanto ottica, illusiva, in edi-lci come S. Costanza, dove la sua era assicu-rrrta dal blocco luminoso dj mezzo. Qui cadutarrnche I'ultima < parete ottica

    " di divisione; lo

    spazio si libera in tutte le dirczioni e non hapiL alcuna defininizione che non sia chiaroscu-r llc, cromatica. Qui non esiste pi lo spazio come:ostanza, cornre dato di fatto obbiettivamente con-stutato; non esiste piir nemmeno come rappresen-l:rzione, come spettacolo contemplato; ma vive, orne cangiante ( illusione

    " di colui che vi s'ag-giri e immediatamente partecipi, col moto de,l

    grlclprio sentimento, alla sua inafferrabile forma.-5. - All'effetto

    -

    forse il pir sorprenclente inIrrtta Ia storia dell'architettura -

    di progressiva,, srnaterializzazjone" dello spazio interno, con-,,rr-re, oltre al traforo dela parete ed all'eman-, iltazione della cupola, e costruttivamente con-rr'sso con questi, il trasferimento progressivo deisrrstegni dall'interno all'esterno, cio il loro pro-;'r'cssivo occultamento. Nell'architettura greca,f iu. lo si not pir volte, il rapporto tettonicorlci pesi e delle resistenze non soltanto era aper-lrrrrente dichiarato dale men-rbrature degli edilici, ma costituiva la ragione stessa del loro si-lnifcato: la colonna, il capitelo, l'alchitrave cl-It'rrici davano plastica al razionale equilibrio dellclolzc pesanti e reggenti, che determinava l'incro

    7l

  • 72 LO SPAZTO ARCHTTETTONICO DA ROMA A BISANZIO

    significato della costruzione. L'architettura ro-mana invece elimin colonne ed architravi perdefinire i suoi spazi soltanto con i muri d'am-bito e con le vlte, e queste costrusse non a pie-tre ma a cemento

    -

    dissimulandone cos lzr "

    fun-zionalit >

    -; e poi le trafor fino a trasformarlein sili diafrarnmi ottici, senza sostanza. Ma nem-meno di questa irrazionalit si tenne paga: volletogliere alla rappresentazione spaziale anche l'ul-timo sospetto di struttiva coerenza, allontanandosempre pir dal vano centrale cupolato ogni in-dicaZione di sostegno, s da rendere l'immaginefunzionalm,ente immotivata. In edifici come Mi-nerva Medica o S. CosLanza, gi embrional-mente applicato il raffinato e calcolato sistemadi trasmissioni laterali del peso e di contraf-{orti, per mezzo deJ quale il rapportr-r tra ilpeso de,lla copertura e i relativi sostegni vienetrasferito fuori dello spazio centrale, sulle nic-chie o sull'ambulacro. Con ci i sostegni sonosottratti allo sguardo dell'osservatore, il qualenell'interno dello spazio non ha una precisa n ra-gione

    " della connessione tettonica della costru-

    zione che lo definisce: poich le pareti, su cuiIe vlte appoggiano, sono traforate, smaterializ-zate, ridofte a leggeri diaframmi, esse non ap-paiono tali da poterle sostenere, e d'altronde nonv' null'altro di visibile che legittimi il sostegnodi volte, le quali sembrano, cos disancorate, reg-gersi da sole nel vuoto. Cotesto diviene possibilesoltanto dopo che, attraverso una serie facilmentericostruibile di tentativi, il sistema reggente del-l'edificio romano, per mezzo dell'enucleaziondalla massa murale dei gangli di resistenza, s'trasformato in un sisterna di punti isolati d'ap-poggio, cio in un telaio di piloni isolati, tra iquali le leggere e traforate pareti s'inserisconocome semplici diaframmi di riempimento.

    Nelle Terme di Diocleziano, per es., o nellabasilica di Massenzio, il peso delle volte nongrava sulle pareti della

    " navata centrale

    " ma

    sui piloni; la parete risulta quindi quasi total-

    IIL SENSO ROMANO DEI,LO SPAZIO

    rnente scaricata. Inoltre, lo stesso gravare dellavolta sui piloni viene dissimulato agli occhi del-l'osservatore, perch essi sono mascherati da co-Ionne addossate, le quali, in realt, non potreb-bero sostene,re quell'enorme peso. Questo in-vcce trasferito sulle controstrutture che stannoal di fuori dello spazio centrale, sopra le < na-rrate > minori: i piloni sono contraffortati da ar-chi che trasferiscono il peso sugli spazi laterali.Ma pure in questi spazi secondari i sostegni sonodissimulati. I contrafforti si trovano sugli am-bulacri; ma poich essi ricevono il peso da unacatena di arhi rampanti che traversano lateral-rnente al di sopra e al di fuori della loro coper-tura, nemmeno qui l'osservatore conscio chequeste membrature

    -

    in origine dissimulate dalastre marmoree

    -

    sono, costruttivamente, laparte principale dell'edificio. Infine, sempre aliti fuoii anChe di queste ohavate lateralil chela spinta della grande, volta mediana flnisce discaricarsi, poich tale spnta, per mezzo dei gra-rluati contrafforti scendenti obliquamente, va arnorire nelle torreggianti sopraelevazioni dellepilasirate esterne.

    Ouesto sistema, gi cos maturo in edifici ro-rnani come le terrne di Diocleziano o la basilicadi Massenzio, , evidentemente, il sistema cheviene direttamente ereditato dall'architettura pa-lcocristiana dell'occidente, che lo perfeziona (S.Lorenzo a Milano, S. Vitale a Ravenna) e infiner,iene assunto con nuova grandiosit

    " imperiale

    "

    clalle costruzioni giustinianee di Antemio di Tralle(S. Sergio e Bacco, S. Sofia, SS. Apostoli a Co-stantinopoli). Esso risponde chiaramente all'uni-laria e gi tante volte notata tendenza tardoro-rnana a smaterializzare gli spazi; ed ovvio cheuno spazio cos irreale, illimitato, sia accolto conpena parte,cipazione dalla spiritualit cristiana.Srgnifica infatti anch'esso, questo sistema, un pro-gressivo allontanare, trasferir fuori dalla direttaimmediala visione tutto ci che pu dare I'im-lrressione d'uno spazio razi

  • bFig. 29 S. Lorenzo, Milano'Fig. 28 S. Lorertzo a Milano. Ricostrtftione e pianta'

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  • IO SPAZIO ARCHITETTONICO DA ROMA A BISANZIO

    sostanza allo spa-immagini spaziali

    significa anch'esso un toglierezio, un dar modo di costruireillusive.

    . 6. - Il primo edificio, quello che apre la se-rie clei grndi tempii cristiani piir diretti erediclella trdizione aichitettonica tardoromana iuogni suo aspe,tto, , oggi, il S. Lorenzo di Milanocli cui non - impossibile ,ritrovare la forma originale al di sott delle ricostruzioni: opera

    .ch.e,cl suo complcsso, possiamo considerarc indi-ce del gusto architettonico romano occidenta-Ie, del periodo di Teodosio (fine,.del IV se-coio), olire che della cultura o aulica " medio-

    'lanense, ch'ebbe in quel tempo una splendidafioritura. evidentemente un edificio, il qualesi trova alquanto piir innanzi sulla linea di evo-luzione, tracciata poco fa, che partendo dagli an-tichi mausolei a tumulo giunge alle rotonde cir-condate da ambulacro, del tipo di S. Costanza,e agli ancor pir maturi sacelli con cupola suquaitro appoggi isolati, quali S. Giusto a Triesteo Hossios David a Saloncco. S. Lorenzo, anzr,fonde in qualche modo insieme questi due ul-

    ' timi moduli. In esso, a poco meno d'un secolodi distanza da S. CostanZa, I'immaterialit dellospazio appare straordinariamente accentuata. In

    - S. Costairia la parete del vano cupolato centraleera rotta dai clonnati soltanto nella parte infe-riore,; in S. Lorenzo anche tutta la parte supe-riore si discioglie nei matronei. In S. Costanzal:r forma rotonda dell'edifcio conservava ancoraun criaro legame tra cupola e sostcgno, e quindsostanzialit allo spazio; in S. Lorenzo Ia cupolaappoggia (probabilmente in origine attraversopnnacchi) su piloni isolati legati da esedre, chesi aprono sugli ambulacri, i quali alla loro voltas'inCurvano in grandi nicchie che sporgono dalperimetro. Ma il peso della cupola non si sca-iica sui pilastri visibili dal vano centrale: tra-smesso sugli ambulacri e va infine a cadere nellequattro grndi torri angolari esterne. Tuttavia la

    I I f - L SENSO ROMANO DELLO SPAZIO 79

    cupola sembra sorretta dall'involucro del vanoccntrale ch'essa corona, e poich quest'involucroc ridotto ad un traforo, ad un ritmico, continuoscguirsi di aperture, di larghi intervalli, di apertivalichi, essa sembra staccarsi e liberarsi: assumeun'immagine d'una leggerezza fin allora non rag-giunta, acentuata dal sislema d'illuminazione chela taglia, per cos dire, alla base.

    Dovunque sosti o si volga, I'osservatore nonriceve l'impressione di una forma di spazio de-fnita, ma spansa, senza precisi limiti materiali.A quest'effetfo contribuiscono fortemente gli am-bulcri, sopra tutto quelli dei matronei, dei qu-a]i'clal vano Centrale, sf hanno soltanto visuali obli-c1ue, sfuggenti su spazi indeterminati, complicaticlal moltiplicarsi degli appoggi per il gi notatotrasferimento su di essi del peso della cupola.

    Qui dunque si pu aver chiara I'idea di quantoq.uest'architettura sia, nel suo pcrfetto calcolo co-sLruttivo, spazialme,nte illusiva, quanto lontanarlal classico. L'accentuazione ellenica, o anche lascmplice dichiarazione protoromana delle coe-lcnze dei sostegni entro Io spazio centrale., neincorava I'immagine ad uno schcletro geometricoecl alle razionali neccssit tettoniche, rendendocos cotesta immagine obbiettiva. Col trasferi-nento del sistema dei sostegni sugli ambulacrilatcrali, lo spazio mediano viene sganciato dataii dichiarazioni razionali, e si pu risolvere inuna immagine colorata, ignara di necessit sta-tiche e priva di obbiettivi appigli plastici. Ma an-che 1o spazio degli ambulacri ve.duto come im-rnagine (ci che non avveniva ancora a S. Co-stanza), tanto in se stesso, quanto come spetta-colo contemplato dal vano centrale: e ci per-c:h anche quello spazio, dove Io scheletro co-struttivo non pu e,ssere abolito, viene in altrornodo irrazionalizzato. Ci si ottiene, sia trasfe-rendo sui grandi piloni esterni le spinte dellevolte, sia, all'interno, moltiplicando agli appoggiclele volte minori al piano terra e nei matronei,n modo da diluirli e disperderli, e disponendoi

  • 80 LO SPAZIO ARCIIITETTONICO DA ROMA A BISANZIO

    in maniera, che non diano visuale nettamente pro-spettica

    -

    che accennercbbe ancora ad un ca-rattere fisico dello spazio

    -

    ma incerta, inter-calare, varia di assi e di direzioni. Cos, quelsenso d'irrazionale e d'indelinito, che nel vanocentrale s' ottenuto con la liquida, espansa unitci'uno spazio immensurabile perch immotivatocostruttivamente, negli ambulacri si ottiene conla frammentata molteplicit di spazii minori. Essaconsente che non se ne scorga chiara la fine;che il nostro sguardo si perda, non nell'immen-sit della dilatazione luminosa, ma nel['incertafluttuazione della penombra; che, comunque, ilimiti vengano anche qui dissimulati ed anchequesto spazio si risolva o ad infinitum >. ,Ancorpir coerente , in quest'ordine, il significato de-g1i ambulacri veduti dal vano centrale. Qui, ilvisitatore si vede intorno, non una parete chiusa,ma una corona di ondulanti esedre trasforate;e attraverso i loro valichi, ed oltre questi, scorgenella penombra frammenti di vlte obliqr"re, eparti di colonne, ed archi interrotti, sicch hal'impressione che in qualche luogo d'un invisi-bile spazio pendano disancorate misteriose vlteche si perdono lontano nella profondit e tra-sferiscono la loro reale definizione dello spazioin un'irraggiungibile lontananza, oltre il dia-framma otiico he chiuclc il vano in cui egli sitrova.

    7. - Tuttavia, in S. Lorenzo, la grande dilata-zione dello spazio centrale rispetto agli ambula-cri, la posata ampiezza delle esedre che raccol-gono nel loro giro una calma atmosfera, il fortearchitrave che divide il piano terra clai matro-nei e cir.conda orizzonlalmente,,come una continuacintola, il libero vano di t:':'ezzo, dnno il senso diuno spazio esteso, fermo, che conserva ancora mol-to'della severa e sicura gravit romana. Questc sen-so invece scomparso,in S. Vitale di Ravenna, che,

    ir d'un secolo dopo, porta I'architetturana alla sua espressione piir matura, piu

    Fig. 30 S.Fig. 31 S.

    Vitale, Rayenna.Vitale, Rayenna.

    Interno.Pianta.

  • IFig. 32 S.Fig. 33 S. Vitalc, Ravt'nttu. Sc:iuneViralc, Ravenna. i ntcrno.

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    f rig. 34 S. Vitale, Rayettnq. Veduta aerea.

  • 84 Lo spAzro ARcHrrETToNrco DA RoMA A tsrsANzrosorprendente, piir immediatamente premedievale.In S. Vitale, nessun architrave ferma orizzontal-mente l'innalzarsi dei pilastri, che s,elevano atis.simi sino al volo della cupola. L,equilibrio an-tico de' due assi fondamentali della-costruzione-

    l'orizzontale e il verticale -

    che in S. Lorenzosi manteneva ancora, assicurando una calma po-satezza allo spazio, in S. Vitale decisameitespezzato a favore dell'asse, verticale. L'impressioned'uno_ spazio fermo e riposante risult quindiannullata, e sostituita da un senso di viva in-quietudine spaziale, che include una dinarnicaspinta verso l'alto. L'effetto accentuato da unaquantit di mezzi e di espedienti costruttivi. Laposizione obliqua dell'ardica, pe,r esempio: es-sa fa s che chi entra in chiesa, riceva ,subitoimpressioni di spazio trasversali, tangenti, tug-gitive, e sia perci subito sottoposto ad unainquieta tensione. Procedendo, smpre por lasingolare posizione dell'atrio, l'osservaiore si trovad'un tratto e senza preparazione alcuna al cen-tro di uno s-pazio agitato, variabile, che, per l,im-minenza delle pareti_ che incombono, non si purisolvere che verso l'alto: la posizione dell,airio dunque un espediente di pir per accentuare ilmovimento verticale dello spazi. La forma e laposizione delle esedre, accrescono il significato dinamico di questo spazio: esse non sono le lar-ghe e basse conch accoglienti una tranquillaatmosfera di S. Lorenzo, ma sono aperture assaipiir strette e-profonde, protese, irggianti, chednno su ambulacri molio pir sviiup'pati e arti-colati; il loro

    -significato d,impulso ivergente sottolineato nella maniera pir splicita daila stra-ordinaria profondit del bema, che s,inseriscenella loro corona, e finisce di distr-uggere ogni ef-fetto accentratore del vano di melo. Allfmmo-bile, definito e ancora in certo senso sostanziale(sebbene espresso

    .

    con rnezzi illusivi) spazio diS. L._orenzo, si sostituisce in S. Vitale un inquietooscillare tra due impulsi divergenti, I'uno eter-minato dal risucchio verso I'alta cupola, I'altro

    III . IL SENSO ROMANO DELLO SPAZIO

    tlall'irraggiare verso indefinite lontananze attra-vcrso le fonde esedre,; e questa risacca, in cui.si attua il definitivo disciogliersi di quanto an-cora rimaneva degli antichi blocchi spaziali, an-rrienta ogn senso di corporeit e lo sostituisceLr()n una piena immaterialit.

    A ci s'accorda il modificarsi degli e.lementicostruttivi e dello stesso schema planimetrico. Laparete, in S. Vitale, appare assai pir disciolta;Ic esedre, pir slegate dai nuclei portanti

    -

    glialtissimi pilastri

    -

    che ne risultano isolati; icontrafforti, resi quasi completamente invisibilic trasfer-iti addirittura all'esterno. Gli ambulacri,assai pir sviluppati, girano tutt'intorno allo spa-zio centrale, determinando una serie continua drcangianti punti d'osservazione su questo spazio.l1 bema s' fatto straordinariamente prolondo. Aciflerenza dalle esedre, che s'aprono su una pe-rror-nbra variata da lontar-ri passaggi trasvctsali clihLce, la conca del bema ha tre grandi fineslrr:arcuate, intorno alle quali si raccoglie un alonecli uce, che ha innanzitutto la funzione di au-rnentare la profondit, perch, contrastando cona penombra delle esedre, e con la tenue, uni-Iorme illuminazione piovente dala cupola nellospazio centrale, attira di colpo ia conca del bemali lontananze insondabili. Ci accresce il sensoprofondamentc crepuscoiare-mistico della chiesa,intensificato dai mosaici, il cui scintillamento ric-camente colorato appare, secondo i varii e mu-tcvoli giochi di lucc, ora sommesso e rem,oto,ora immediato e vivo, dando cos una mobilitincor maggiore ai riferimenti di questo spazioclcl tutto ilusorio. E la pare.te non appare solotraforata da archi ed arcate; ma addirittura tra-sformata in zone cangianti d'un'immateriale ste-sura cromatica: le parti piene fatte di marmi daicolori ricchi e preziosi (colonne), o trattate atral'oro (capitelli) o coperte di lastre marmoreec di mosaici (pilastri) perdono non solo ogni so-stanzialit, ma anche il senso della loro u posi-zione, precisa, fluttuano nel'atrnosfera densa di

  • r-LO SPAT,IO ARCHITETTONICO DA ROMA A BISANZIO

    colore, paiono avvicinarsi o allontanarsi secondoi giochi della luce, le vice,nde delle ore e dellestagioni, i punti in cui I'osservatore si sposta;e le parti vuote, cio i valichi sul bema e sugliambulacri, diventano (pcr l'assai aumentata am-piezza, rispetto a S. Lorenzo, di questi spazi),non piir aperture su spazii chiusi, ma immaginicii profondi strati di spazio, i cui limiti riman-gono invisibili. Cos il vano centrale di S. Vitaleappar:e circondato non da pareti, ma da zone dispazio immerse nella penombra estendentesi ol-tre ogni sensibile limite. In S. Vitae, dunque,

    ' assai pir che in S. Lorenzo, e, piir, anche, chein qualunque altro monumento d'ogni tempo, ed'ogni civilt, noi assistiamo ai compiersi sottoi nostri occhi di quella

    " distruzione della mate-

    riale totalit dello spazio, che uno dei pir sor-prendenti raggiungimenti dell'archite.ttura tardo-antica >.

    E giustamente Zaloziecky, dopo-un accuratis-simo, esauriente confronto tra i monumcnti bi-zantini contemporanei, tra la stessa S. Sofi.a, eS. Vitale, pu concludere che < questa chiesa ra-vennate segna un grado di evoluzione piir avan-zafo, nel senso della tendenza all'immaterialit

    . ctela forma spaziale. L'edificio piir intimo e piirlontano dal sensc-r sostanziale dello spazio: in quc-slo esso ha superato non soltanto S. Sofia, maforse anche tutto quanto l'architcttura tardoanticasia. stata in grado di produrre nel suo impulso avincere la materialit con mezzi ottico-illusivi. Daun lato dunque l'edificio ravennate segna una tappapiu avanzata, rispetto a S. Sofia, nel camminodirettamente determinato dall'intera tcndenza del-I'architettura tardoantica; rrra d'altro iato f impor-anza di S. Sofia risiede nell'applicazione dellostesso nezzo smate.rializzante alle gigantesche mo-numentali dimensioni della costruzione a blocchicli masse, le quali in questo tempo in clccidenteerano gi state abbandonate in conseguenza dellacaduta dell'impero romano; mentre nela capi-tale dell'impero romano d'oriente poteron essere

    lr - rL sENSo RoMANo DELI-o sPAZro 87

    accolte e messe a frutto nell'ambito delf inin-lerrotta tradizione di un'arte romana profana,propriamente imperiale, non ancora venuta meno.bodbiamo perci ammettere che, dal punto divista d'una-superiore valutazione storica di que-sto problema, 1'avvenire dell'architettura occiden-l.ale non ora affidato alla monumentale, impo-nente architettura a blocchi bizantina, la qualein definitiva, nell'accettazione della tendenza a7-'immaterialit, si ferma a mezza strada e l'in-terpreta alquanto superficialmente e con signifi-cato arnbiguo; ma piuttosto all'architettura ro-mana occidentale, la quale risolve assai pir ra-clicalmente il problema artistico del suo tempo,e in tal modo fa gi vivamente presentire quelletendenze, che pir tardi prenderanno forma e ma-tureranno entro I'architettura del medioevo d'oc-cidente

    ".

  • CAPITOLO OU.{RTOIL SENSO BIZANTINO DELLO SPAZIO

    Infatti, non tanto la spazialit bizantina diS. Sofia, quanto quella tardoromana di S. Vitale,t lrc sta alla base dell'architettura < nuova

    ", cio

    tli quella occidentale del medioevo: preromanica,lornanica e gotica. Nell'arte bizantina non si ar'-liva fino in fondo: non si compie cio l'ultimo,rir:finitivo passo verso l'annullamento del senso

    luntico "

    dello spazio. Come nella pittura e nella.,t'ultura bizantina rirnane sempre, irrigidito e im-lnlsamato, il concetto della co