Il restauro architettonico

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Storia del restauro architettonico Francesco Morante

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Storia del restauroarchitettonico

Francesco Morante

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Premesse

L’architettura è fatta di edifici che spessodurano secoli e millenni.

L’uso prolungato nel tempo comporta spessovariazioni di destinazioni d’uso, che siriflettono anche sull’assetto complessivodell’edificio.

Le modifiche apportate agli edifici negli scorsisecoli erano anche aggiornamenti stilisticiche modificavano a volte radicalmentel’aspetto di un edificio.

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Premesse

Solo nel corso del XIX secolo si sviluppa unacoscienza storica legata all’architettura, e aisuoi valori di arte e civiltà.

In questo periodo si vengono a definireanche le prime idee teoriche legate alrestauro, dovute in particolare a EugeneViollet-le-Duc e a John Ruskin.

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Eugene Viollet-le-Duc

Viollet-le-Duc (1814-1879), architetto francese, hateorizzato il cosiddetto “restauro stilistico”, checonsiste nel riportare un edificio nella sua unitarietàstilistica, dandogli un aspetto che può anche nonaver mai avuto nel passato (“restaurare un edificiosignifica ristabilirlo in uno stato di integrità che puònon essere mai esistito”).

In questo restauro si tende a cancellare la storiasuccessiva di un edificio, demolendo le parti chenon sono coerenti con il suo stile originario, erifacendo le parti mancanti o demolite nello stileoriginario dell’edificio.

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John Ruskin

John Ruskin (1819-1900) è stato un intellettualeinglese che si oppose radicalmente al restaurostilistico fatto dai francesi, accusando questo tipo direstauro di “menzogna”. Secondo lui restauraresignifica sempre fare un falso, per cui l’unicaoperazione consentita è di curare il più possibile gliedifici, ma di non far nulla se questi vanno in rovina.

Questa posizione è stata anche definita “restauroromantico”.

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Il restauro in Italia: Luca Beltrami

Luca Beltrami (1854-1933), alla finedell’Ottocento, teorizzò una nuova ideachiamata “restauro storico”.

Questo restauro non si differenziava molto daquello stilistico di Viollet-le-Duc, ma soloammetteva che eventuali integrazioni edaggiunte dovevano essere fatte non per unastratto criterio di coerenza stilistica, ma inbase a documentate fonti archivistiche estoriche.

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Il restauro in Italia: Camillo Boito

Camillo Boito (1836-1914), nel Congressodegli ingegneri e architetti italiani tenutosi aRoma nel 1883, definì i primi criteri di unrestauro inteso in senso più moderno.

Questa posizione venne definita “restaurofilologico” e definì la via italiana al restauro, ametà tra la posizione inglese di Ruskin e quellafrancese di Viollet-le-Duc.

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Il restauro in Italia: Camillo Boito

Secondo Camillo Boito: i monumenti devono essere “piuttosto consolidati

che riparati, piuttosto riparati che restaurati”. bisogna rispettare tutte le parti di un edificio,

anche quelle aggiunte nel corso della sua storia se si deve aggiungere all’edificio una parte nuova,

questa si deve differenziare per materiali ecaratteri, ma senza alterare l’aspetto complessivodel monumento.

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Le carte del restauro

Nel corso del Novecento si è avvertita sempre piùl’esigenza di condividere principi univoci circa ilrestauro, così che questa attività divenisse semprepiù scientifica e sempre meno empirica.

Le formulazioni teoriche dei principi del restaurosono avvenute sempre in conferenze internazionali,nei quali studiosi e professionisti di diversi paesihanno portato il loro contributo, poi raccolto indocumenti di sintesi chiamate “carte del restauro”.

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La carta di Atene del 1931

La prima carta del restauro venne scritta nel 1931dalla Conferenza Internazionale degli Architettiriunita ad Atene.

Essa si compone di 10 punti che più che stabilire deiveri e propri principi, detta delle raccomandazioni,rivolte ai governi degli Stati: di curare il proprio patrimonio architettonico, di uniformare le legislazioni così da non far prevalere

l’interesse privato su quello pubblico di ampliare lo studio dell’arte così da inculcare nelle

popolazioni l’amore e il rispetto per il proprio patrimonioarchitettonico.

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La carta di Atene del 1931

Da un punto di vista tecnico la “Carta diAtene”: auspica un restauro di tipo filologico, rifiutando

quello stilistico ammette l’uso di materiali moderni per il

consolidamento, quali il cemento armato ammette nel caso di restauro archeologico solo

l’anastilosi.

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La Carta italiana del restauro del 1932

Nel 1932 il Consiglio Superiore per le Antichità e le BelleArti, presso il Ministero della Pubblica Istruzione, emanòuna “Carta del restauro” che può essere considerata laprima direttiva ufficiale dello Stato Italiano in materia direstauro.

In esso si affermavano principi analoghi a quelli della“Carta di Atene”, ma con in più la posizione espressa inquegli anni da Gustavo Giovannoni (1873-1947), definitacome “restauro scientifico”.

Il Giovannoni fu il primo che suggerì che in ogniintervento bisogna sfruttare tutte le più modernetecnologie per poter giungere a interventi scientifici direstauro.

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La Seconda Guerra Mondiale

La Seconda Guerra Mondiale, con tutte le distruzionianche fisiche portate al patrimonio architettonicoeuropeo, riportò di grande attualità il problema delrestauro architettonico.

In questo frangente particolare, anche per gli effettipsicologici di cancellare le distruzioni della guerra, siestese quasi sempre una pratica di ripristino,ricostruendo il preesistente anche a rischio dicommettere dei veri falsi storici.

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La Carta di Venezia

Esaurita la fase della ricostruzione post-bellica, lacultura architettonica internazionale si interrogònuovamente sulle corrette pratiche del restauro e,nel Secondo Congresso Internazionale degliArchitetti e Tecnici dei Monumenti, riunitosi aVenezia dal 25 al 31 maggio 1964, si definì unanuova carta del restauro definita “Carta di Venezia”.

A questa “Carta di Venezia” diedero un contributofondamentale soprattutto gli studiosi italiani qualiRoberto Pane, Pietro Gazzola e Cesare Brandi.

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La Carta di Venezia

La carta si compone di 16 articoli e riassumein maniera mirabile i principi che possonoessere considerati immutabili dellametodologia del restauro architettonico.

Questa carta sottolinea soprattuttol’importanza dell’aspetto storico di un edificio,e introduce per la prima volta il concetto diconservazione anche dell’ambiente urbanoche circonda gli edifici monumentali.

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Carta italiana del 1972

Lo Stato italiano nel 1972, emanava il testodella Carta italiana del restauro, con unarelazione introduttiva e quattro allegaticoncernenti l’esecuzione di restauriarcheologici, architettonici, pittorici e scultoreioltre che la tutela dei centri storici.

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Carta italiana del 1972

Nei dodici articoli della Carta sono definiti gli oggettiinteressati da azioni di salvaguardia e restauro: taliazioni si estendono dalle singole opere d’arte aicomplessi di edifici d’interesse monumentale, storicoo ambientale, ai centri storici, alle collezioniartistiche, agli arredamenti, ai giardini, ai parchi e airesti antichi scoperti in ricerche terrestri esubacquee.

In questo caso si teorizza in maniera più precisa lacorrispondenza tra “restauro” e “beni culturali”.

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Carta di Cracovia del 2000

In occasione dell’anno internazionaledell’architettura, la Comunità europeapromulgò una nuova carta del restauro daltitolo: “Principi per la conservazione ed ilrestauro del patrimonio costruito”.

Questo documento è anche noto come“Carta di Cracovia”, dal nome della cittàpolacca dove avvenne la conferenza finaledegli estensori del documento.

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Carta di Cracovia del 2000

Questa carta dichiara esplicitamente di rifarsiai principi già contenuti nella Carta diVenezia.

La grande novità è che in questo documentosi parla di “patrimonio” e non più di“monumento” architettonico.

Ciò sta a significare che i principi del restauronon deve essere applicati solo agli edifici piùimportanti ma agli interi centri storici.

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Carta di Cracovia del 2000

In realtà, nei suoi articoli la Carta di Cracoviasi pone l’obiettivo di sensibilizzare allaconservazione e manutenzione l’interoterritorio, compreso le aree paesaggistichenon costruite, in quanto è l’intero territorio acustodire elementi molto importanti dellastoria e della cultura umana.

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Codice dei Beni Culturali

In Italia non esiste una normativa legislativaspecificamente dedicata al restauro.

Tuttavia alcuni principi e norme proceduralisono contenute nell’attuale legislazione, inparticolare nel “Codice dei Beni Culturali” del2004.

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Codice dei Beni Culturali

Nel Codice si stabilisce che ogni intervento direstauro deve ottenere la preventivaapprovazione della Soprintendenzacompetente per territorio.

Inoltre dà potere al Ministero di imporre aiprivati interventi conservativi o di restauro, enel caso di loro inadempienza, di eseguirli inloro vece, ma sempre a spese dei proprietari.

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Codice dei Beni Culturali

Nessuna indicazione viene invece fornita dalCodice sui principi teorici e metodologici daseguirsi nelle operazioni di restauro,demandando ogni problematica di questosettore all’organo del Ministero preposto, cheè l’ISTITUTO CENTRALE PER ILRESTAURO.