Lo sguardo perso nel vuoto del povero elettore. E' ora di tornare a vivere nella realtà

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Lo sguardo perso nel vuoto del povero elettore. E' ora di tornare a vivere nella realtà Come molti italiani che vivono fuori dalla zona di residenza per le motivazioni più disparate, anche questa volta ho fatto la mia bella valigetta e sono salita sull'aereo per Cagliari con l'intenzione di assolvere il mio dovere di onesta cittadina. L'ultima volta, sperando nei finti sconti Tirrenia per gli elettori, affrontai un viaggio estenuante dormendo sul pavimento del ponte nave perchè non riuscii a trovare un posto letto disponibile. Andai a votare con il mal di schiena e un raffreddore devastante, nervosa e arrabbiata con il sistema, e mentre disegnavo la mia bella croce nella scheda, già costruivo mentalmente l'infuocata lettera di protesta da indirizzare a Repubblica... che infatti fu pubblicata il giorno successivo. E anche questa volta mi sono arrabbiata, ma per altri motivi. Le difficoltà e l'assenza di agevolazioni per chi, come i cittadini sardi, non hanno la possibilità di spostarsi in treno, e la mancanza di rispetto per gli elettori, che vengono costantemente raggirati, presi in giro e maltrattati dalla classe politica il cui interesse primario riguarda esclusivamente l'ocupazione di una sedia a Palazzo, sono solo la punta di un iceberg che va ad intaccare quella che è la dignità e l'intelligenza del popolo italiano. E questo si è visto in tutte le fasi di questa snervante, patetica campagna elettorale, costruita totalmente sul pressapochismo, sulle facili promesse e sulle contraddizioni nelle proposte e nei programmi. Roba da cadere dalla sedia, come quando ho letto dei poveri pensionati in fila per ritirare il rimborso dell'Imu. E tutto questo ha avuto un'immediata ed evidente ripercussione sul senso di coerenza dell'elettore che ha vagato spaesato, chiedendo consigli e pareri a destra e a manca on e offline, fino all'ultimo minuto prima di entrare nel seggio. Le ho viste e le ho osservate le facce della gente che, davanti alla porta di ingresso del proprio seggio elettorale, fissavano con sguardo perso i simboletti colorati appositamente affissi per ricordare all'elettore le possibilità di scelta. Facce impaurite che si chiedevano "e mò a chi lo do sto voto", facce incerte intente a votare "il meno peggio" ma di fatto poco convinte su chi realmente fosse questo "meno peggio". Scenari davvero inquietanti, surreali come i quadri di Salvador Dalì, contorti come le tavole di Escher, come quelle scale che da qualsiasi parte le prendi non ti portano da nessuna parte. Totalmente fuori dalla realtà. Ho seguito il movimento degli elettori su Facebook e Twitter e devo dire che, anzichè assistere a una sana riflessione sulla situazione politica e sulle opzioni di scelta, ha prevalso lo sdegno, la stanchezza generalizzata verso una situazione che da troppo tempo ci tiene in ostaggio, costringendoci a sacrifici quotidiani e austerity, mentre dall'altra parte, quella dove risiedono i potenti, feste di palazzo e benefit rappresentano solo una parte dello spreco che ha caratterizzato l'Italia di questi decenni. Io stessa ho deciso all'ultimo secondo, tappandomi il naso e lasciando fare anche un pò all'istinto primordiale di sopravvivenza, ma in un paese civile e democratico non dovrebbe funzionare così, perchè i programmi dovrebbero essere chiari e le persone oneste, cosa che nel nostro paese sembra ormai pura utopia. E i titoli della stampa straniera di questi giorni rendono bene l'idea della situazione vista dall'esterno. E adesso che abbiamo i risultati, ora che si parla di alleanze improbabili e di mosse strategiche per rendere finalmente governabile l'Italia, l'elettore continua a manifestare la propria stanchezza e il proprio disprezzo verso una classe politica che non sa dove sbattere la testa. E mentre in Rete si diffondono a macchia d'olio i movimenti #emigriamo e #viadallItalia, assieme ad un generalizzato senso di frustrazione, chi resta non può far altro che accettare a testa bassa ciò che sta accadendo e stare a guardare, assistendo così al lento e inesorabile declino del nostro, ormai andato, senso della realtà.

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elezioni 2013

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Lo sguardo perso nel vuoto del povero elettore. E' ora di tornare a vivere nella realtà

Come molti italiani che vivono fuori dalla zona di residenza per le motivazioni più disparate, anche questa volta ho fatto la mia

bella valigetta e sono salita sull'aereo per Cagliari con l'intenzione di assolvere il mio dovere di onesta cittadina. L'ultima volta,

sperando nei finti sconti Tirrenia per gli elettori, affrontai un viaggio estenuante dormendo sul pavimento del ponte nave perchè

non riuscii a trovare un posto letto disponibile.

Andai a votare con il mal di schiena e un raffreddore devastante, nervosa e arrabbiata con il sistema, e mentre disegnavo la mia

bella croce nella scheda, già costruivo mentalmente l'infuocata lettera di protesta da indirizzare a Repubblica... che infatti fu

pubblicata il giorno successivo.

E anche questa volta mi sono arrabbiata, ma per altri motivi. Le difficoltà e l'assenza di agevolazioni per chi, come i cittadini

sardi, non hanno la possibilità di spostarsi in treno, e la mancanza di rispetto per gli elettori, che vengono costantemente

raggirati, presi in giro e maltrattati dalla classe politica il cui interesse primario riguarda esclusivamente l'ocupazione di una

sedia a Palazzo, sono solo la punta di un iceberg che va ad intaccare quella che è la dignità e l'intelligenza del popolo italiano.

E questo si è visto in tutte le fasi di questa snervante, patetica campagna elettorale, costruita totalmente sul pressapochismo,

sulle facili promesse e sulle contraddizioni nelle proposte e nei programmi. Roba da cadere dalla sedia, come quando ho letto dei

poveri pensionati in fila per ritirare il rimborso dell'Imu. E tutto questo ha avuto un'immediata ed evidente ripercussione sul

senso di coerenza dell'elettore che ha vagato spaesato, chiedendo consigli e pareri a destra e a manca on e offline, fino all'ultimo

minuto prima di entrare nel seggio.

Le ho viste e le ho osservate le facce della gente che, davanti alla porta di ingresso del proprio seggio elettorale, fissavano con

sguardo perso i simboletti colorati appositamente affissi per ricordare all'elettore le possibilità di scelta. Facce impaurite che si

chiedevano "e mò a chi lo do sto voto", facce incerte intente a votare "il meno peggio" ma di fatto poco convinte su chi realmente

fosse questo "meno peggio". Scenari davvero inquietanti, surreali come i quadri di Salvador Dalì, contorti come le tavole di

Escher, come quelle scale che da qualsiasi parte le prendi non ti portano da nessuna parte. Totalmente fuori dalla realtà.

Ho seguito il movimento degli elettori su Facebook e Twitter e devo dire che, anzichè assistere a una sana riflessione sulla

situazione politica e sulle opzioni di scelta, ha prevalso lo sdegno, la stanchezza generalizzata verso una situazione che da troppo

tempo ci tiene in ostaggio, costringendoci a sacrifici quotidiani e austerity, mentre dall'altra parte, quella dove risiedono i

potenti, feste di palazzo e benefit rappresentano solo una parte dello spreco che ha caratterizzato l'Italia di questi decenni.

Io stessa ho deciso all'ultimo secondo, tappandomi il naso e lasciando fare anche un pò all'istinto primordiale di sopravvivenza,

ma in un paese civile e democratico non dovrebbe funzionare così, perchè i programmi dovrebbero essere chiari e le persone

oneste, cosa che nel nostro paese sembra ormai pura utopia. E i titoli della stampa straniera di questi giorni rendono bene l'idea

della situazione vista dall'esterno.

E adesso che abbiamo i risultati, ora che si parla di alleanze improbabili e di mosse strategiche per rendere finalmente

governabile l'Italia, l'elettore continua a manifestare la propria stanchezza e il proprio disprezzo verso una classe politica che

non sa dove sbattere la testa. E mentre in Rete si diffondono a macchia d'olio i movimenti #emigriamo e #viadallItalia, assieme

ad un generalizzato senso di frustrazione, chi resta non può far altro che accettare a testa bassa ciò che sta accadendo e stare a

guardare, assistendo così al lento e inesorabile declino del nostro, ormai andato, senso della realtà.