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  • S O M M A R I O

    N.44 – giugno/luglio 2011

    IN COPERTINA

    Ingresso del Circolo tennis Monza in via Boccaccio Foto di Mauro Martignano

    7 EDITORIALE Dalle Br alle Pr

    8 fOCuS •Decisionifinanziarieeapproccio imprenditoriale •L’I-commercialistatraondeeombrelloni

    16 LA VOCE DELLA PROVINCIA •Ilmercatodellavoroversolaripresa •ParlaEnricoElli,assessoreaibeni culturalieformazioneprofessionale

    22 PROMOS MERCATO GLOBALE Lebarrierealcommercioconimercati

    extra-Ue

    26 NON PROfIT Supportareladisabilitàcontutteleenergie

    28 COMITATO ADR Tutti i segreti del mediatore

    32 VITA DELL’ORDINE Unanuovasedeperlanostraprofessione 34 DALL’ASSOCIAZIONE CuLTuRALE Lanuovasquadrasubitoallavoro

    36 NEWS38 LIONS CLuB Sogno,delittoepena:applausi ascenaaperta

    40 ROTARY INTERNATIONAL ConBrianzaperilcuoreinsiemeperlavita

    42 SPORTING CLuB MONZAUnarinascitaatempodirecord

    44 ARTE E CuLTuRA Metti una sera a cena con il re

    48 ITINERARI DI VIAGGIO AbordodiMariner of the Seas,l’ammiragliadiRoyalCaribbeanInternationalinItalia

    52 MOTORI MaseratiGranCabrioSport e GranTurismo Mc Stradale

    55 GLI ISCRITTI ALL’ORDINE66 CHI RICEVE BRIANZA BuSINESS

    EDITOREACTION GROUP S.R.L.Redazione e Amministrazione Via Londonio 22, 20154 MilanoTel. 02 3453.3086 - fax 02 3493.7691info@actiongroupeditore.comwww.actiongroupeditore.comwww.brianzabusiness.com

    DIRETTORE EDITORIALEGilberto GelosaPresidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Monza e della Brianza

    DIRETTORE RESPONSABILEAlfonso Giambelli [email protected]

    COMITATO DI REDAZIONEOrdine dei dottori commercialisti e degli esperti contabilidi Monza e della Brianza

    Rosanna [email protected] [email protected] V. [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] Meago [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] Isa [email protected]

    AREA ECONOMICAAntonio Sonziniufficio.stampa@ odcecmonzabrianza.it

    IN REDAZIONECaterina [email protected] De [email protected] [email protected] [email protected]

    GRAfICAAction Group

    COORDINAMENTO PUBBLICITÁfilippo [email protected]

    PUBBLICITÁRiccardo [email protected] Schiattone

    STAMPAArti Grafiche G. Vertemati SrlVia Bergamo 2 - 20871 Vimercate MBRegistrazione Tribunaledi Milano n.126 dell’8 marzo 2004

    La rivista dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Monza e della Brianza

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    Da Br a Pr: un minimo cambio di consonante può apparire concet-tualmente un abisso. In realtà, va-lutando meglio tutti gli elementi, i punti di contatto potrebbero essere

    maggiori dei punti di divergenza. È vero che le Br (Brigate rosse, che hanno occupato le prime pagine dei giornali negli anni ‘70 e primissimi ‘80) sono ap-parse come un fenomeno duro, hard; al contrario le Pr (Pubbliche relazioni) come sono vissute oggi ap-paiono più un fenomeno soap. Ciò premesso, affin-ché non vi siano fraintendimenti di base, una grezza analisi sociologica mi porta a ritenere che il bacino di utenza dei due fenomeni sia il medesimo: la scuo-la, il gruppo. Si è spesso dibattuto nel secolo scor-so dei “cervelli catturati a scuola” ovvero di quegli estremisti divenuti tali in forza di un forte lavaggio del cervello subito sui banchi, e da insegnanti e da compagni. Se riflettiamo un pochino, l’abnorme ne-cessità di Pr, che è divenuto attuale modello esisten-ziale, non nasce in luoghi diversi: scherzo ma non troppo, abbiamo dei corsi universitari dedicati alla scienza delle comunicazioni, pietra angolare di ogni Pr che si rispetti. Non dimentichiamoci poi che qual-siasi soggetto che riveste un ruolo pubblico, anche minimo, ha necessità di qualcuno che gli faccia “le Pr”. In tutti e due i casi mi sembra che ci siano del-le forzature il cui fine primario è l’apparire, la forma sopra la sostanza (con conseguenze drammatiche, e quindi hard nel primo caso; con conseguenze da com-media nel secondo, e quindi soap, naturalmente). Ma in entrambi i casi mi sembra che l’elemento comune sia la violenza. È possibile che un sindaco in gamba possa essere considerato molto meno in gamba se non appare in grande misura e non abbia un abile Pr-man alle spalle? Viviamo di comunicazione e informazio-ne, laddove le notizie non si danno ma si creano: e non è questa una forma di violenza che spinge a di-fendersi? Come? Con un’eccellente Pr-woman, per le pari opportunità. Ho vissuto gli anni di piombo (dove per piombo si intendeva quello vero e che Tex Willer usa per riempire i vari nemici che ogni mese incro-cia nel suo fumetto) e sto vivendo questi anni che mi sembrano pieni di piombo (un altro piombo, quello

    che deriva dal peso del mondo in cui viviamo e che, nostro malgrado, ci affossa): allora sulle pagine dei giornali campeggiavano le Br, oggi sulle pagine dei giornali campeggiano certe Pr. Per me il prodotto non cambia nel senso che né giustifico le prime né sono contento delle seconde. Mi sento assediato, non è vi-vere, come detto cambia solo il tipo di piombo che si rischia: fisico o dell’animo, in ogni caso un senso di pericolo e di qualcosa che non funziona come do-vrebbe. Penso che dovremmo tutti riscoprire un valo-re proprio dell’uomo: l’umiltà, che lascia vivere tutto ciò che è dissimile (se le Br fossero state umili mai e poi mai avrebbero fatto ciò che hanno fatto) e non arrogante (se le Pr fossero umili, forse non avrebbe-ro lavoro, ma non “impiomberebbero”con invadenza chi o cosa è diverso: leggasi alle voci “fa tendenza”, è un “talk show”ecc.). Il Grande Fratello, per sua stes-sa natura, non è umile, perché guarda nelle vite degli altri; il Grande Fratello serve a crearsi Pr per il futu-ro, ad apparire invece che a essere. Piombo allo stato puro. Ci sono i corsi e i ricorsi storici (ricordiamoci della spirale di Vico, in cui la storia si ripete allargata): siamo ricaduti nuovamente in anni di piombo, recu-periamo l’essenza dell’essere e abbandoniamo quella dell’apparire. Pensiamo a tutto il piombo che viene sparato, magari non fuori casa, ma in ogni dove nel mondo. Così facendo possiamo essere utili a superare la crisi che stiamo vivendo perché i valori, anche nella spirale di Vico, sono immodificabili e può sembrare che scompaiano, ma non è così, è solo la nebbia di un momento più o meno lungo: quando riappaiono sono più forti di prima, la Storia lo insegna. Da ultimo i va-lori, quali l’umiltà, ignota alle Br e alle Pr, può essere d’aiuto anche in quel progetto di Big Society che tiene banco da mesi su queste pagine: passare dal pubblico al privato le Br avrebbero sparato contro, le Pr stanno sparando a favore. Ma non c’è bisogno né dell’uno né dell’altro, solo di un po’ di umiltà che avvalori un per-corso non più prorogabile (se mancano i soldi, e i soldi non sono nel pubblico, bisogna prenderli dal privato: tutto qui, con umiltà). n

    *presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Monza e della Brianza

    EditorialE

    Dalle Br alle Prdi GILBERTO GELOSA*

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    Focus

    Decisioni finanziariee approccio imprenditoriale

    La cultura specifica come supporto indispensabile alla scelta

    un’idea si traduce in un business di successo anche grazie a una solida cultura economico-finanziaria: ecco come la finanza comportamentalepuò dare un valido contributo alle decisioni di investimentodi KATIA GRESSANI

    Durante la presenta-zione di una società che in pochi anni è riuscita a raggiunge-re importanti risultati

    economici, l’imprenditore ha affermato «siamo arrivati a 25 milioni di euro di fatturato e bisognava strutturare l’a-zienda. Così abbiamo deciso di prende-re con noi un responsabile finanziario». Capita abbastanza di frequente di vede-re realtà industriali complesse, guidate da imprenditori vulcanici, che lasciano come ultima priorità nella organizza-zione delle loro aziende l’aspetto della gestione finanziaria. Il contesto economico attuale rende sempre più urgente porre attenzione anche alla formazione finanziaria. Al pari dell’investimento in beni durevoli, anche questa cultura va considerata una forma di investimento. Tra le tante espressioni, infatti, la cul-tura finanziaria è senza dubbio quella che prima o poi nella vita ciascuno di noi sente il bisogno di possedere, per far fronte a determinate urgenze prati-che. Non va poi dimenticato che, al di là del beneficio per il singolo di posse-

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    dere competenze per compiere le proprie scelte di investimento (ciò vale per gli imprenditori come per i semplici cittadini) esiste anche un beneficio a livello collettivo. Un’adeguata cultura finanzia-ria serve anche a ridurre i costi sociali a livello macroeconomico, si pensi ai recenti interventi dei governi nel salvataggio di istituzioni finanziarie. The European House – Ambrosetti ha misurato con uno studio il livello di cultura economico-finanziaria nel nostro paese: il risultato è 3,5, su una scala da 1 a 10, contro i 5,18 della Germania, i 4,68 del Regno Unito e i 3,87 della Francia. Questo fenomeno prende il nome di financialilli-teracy ed è globale, nonostante i dati siano un po’ più confortanti per alcuni paesi rispetto al nostro. Anche il Consorzio PattiChiari, che ha elaborato un indice della cultura finanziaria denominato ICF PattiChiari, conferma questa posizione. L’ultima indagine del 2010 rileva che l’indicatore del livel-lo medio di cultura finanziaria degli italiani vale 4,3 su una scala crescente da 0 a 10 (dove 0 signi-fica totale assenza di qualsiasi concetto o idea cor-relata al mondo finanziario, mentre 10 indica una conoscenza ottimale di nozioni, termini e concetti finanziari di base). Rispetto al dato riscontrato nel 2008 (3,5) l’indice è aumentato del 23%, tuttavia, se si assume come valore soglia della sufficienza un valore pari a 5, gli italiani mostrano un livello ancora insufficiente

    Percentuale di laureati in Business & Finance

    L’Italia possiede un numero di laureati specializzati in ambito finanziario che è la metà rispetto agli Stati uniti, un terzo rispetto all’Australia e comunque meno di altri paesi limitrofi.

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    LIVELLO DI PREPARAZIONE FINANZIARIA

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    LIVELLO DI INFORMAZIONE

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    SCELTE COMPORTAMENTALI

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    INDICE CULTURA FINANZIARIA (ICF)

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    fasce d’età dato medio

    Italiani insufficienti in finanza

    Australia 30Nuova Zelanda 25,2Stati uniti 21,6Paesi Bassi 19,8francia 19,6Canada 19,1Svizzera 18,8Regno unito 15,6Spagna 15,2Portogallo 15,2Germania 14,7Italia 11,7Svezia 11,2Norvegia 10

    fonte: Statistiche OCSE, 2006

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    Focus

    della sua azienda e si struttura in modo tale che i suoi stessi collaboratori siano allenati su questa specifica cultura di impresa. L’imprenditore è un utilizzatore e organizzatore dei fattori di produzione. Il fatto che la sua cono-scenza diretta e specialistica di alcune fattispecie finanziarie non sia specificatamente sviluppata non è un fattore di insuccesso, se l’imprenditore è in grado di organizzare le competenze per espri-mere le massime utilità per l’azienda. Se spostiamo l’attenzione sulla cultura connessa al mercato finanziario, il discorso cambia e diventa sistemico». «La preparazione finanziaria per l’imprenditore», continua Cerioli, «è certamente molto importante e ci sono dei gap di competenze in questo campo che devono essere senza dubbio colmati. Un aspet-to su cui sarebbe importante lavorare è la necessità di uno scatto culturale, un cambiamento nell’ap-proccio delle imprese e degli imprenditori verso la finanza e i suoi nuovi strumenti, che vanno intesi e utilizzati non più solo come semplici possibilità di finanziamento ma come strumenti strategici per la

    Quando ci si trova nella condizione di valutare rischi e prendere delle decisioni con impatti economici e finanziari, la sola alfabetizzazione economica non è sufficiente. Entra in gioco anche il funzionamento della nostra mente. Noi non sempre agiamo come dovremmo, e questo la psicologia ce lo ha spiegato. In ambito finanziario a volte possono generarsi erro-ri anche molto costosi. Occorre allora capire come certi comportamenti possono influenzare certe deci-sioni di natura finanziaria. Esistono particolari feno-meni psicologici che spingono i manager a prendere decisioni sbagliate. La finanza comportamentale è una disciplina che cerca di portare alla luce queste trappole, mettendo in relazione i modi di pensare da economisti (che si esprimono ad esempio nei princi-pi dei “costi sommersi” e dei”costi opportunità”) e il funzionamento della mente umana. Si tratta di com-prendere come mai questi principi siano talvolta in contrasto con i modi consueti di affrontare le scelte di vita. Ci spiega tutto Paolo Legrenzi, professore straordinario presso l’università Ca’ foscari di Vene-zia, dove fa ricerca come psicologo economico.

    D. In che cosa consiste il principio dei costi som-mersi e come reagisce a questo la mente umana?R. L’avversione alle perdite, la conseguente diffi-coltà nell’andare avanti senza rimpianto influenza-no non solo le nostre emozioni e i nostri affetti ma anche la più fredda e razionale vita degli affari. Per la mente umana risulta difficile accettare come plausibile il “principio dei costi sommersi”, ovvero la capacità di abbandonare un progetto, che ha ri-chiesto risorse nel momento in cui sono disponibili progetti più promettenti. È meglio dirottare lì le ri-sorse perché i fondi investiti nel programma meno conveniente sono oramai irrecuperabili (sommer-si, per l’appunto). Gli imprenditori riescono a sfuggire dalla trappola dei costi sommersi più facilmente se sono all’inizio del programma intrapreso e non prossimi alla fine, perché in quest’ultimo caso si sentono più vulnera-bili di fronte a un’accusa di spreco. Altre variabili rilevanti sono la percentuale del budget speso e la previsione del tempo che resta per finire l’opera. Solo i grandi uomini d’affari sono

    Finanza comportamentale e decisioni di investimento:la trappola dei costi sommersi e dei costi opportunità

    di cultura finanziaria, sia nell’indicatore comples-sivo che in ciascuna delle sue componenti. I risultati sembrano indicare che gli italiani pos-siedono mediamente un livello di preparazione verso concetti, nozioni e terminologia finanziaria che, seppur non totalmente sufficiente, è maggio-re rispetto al livello di informazione finanziaria ed effettuano scelte comportamentali che sembrano essere poco allineate a comportamenti razionali dal punto di vista finanziario. A livello di segmentazione per fasce d’età, i giova-ni sono in media i soggetti col più basso livello di cultura finanziaria e di informazione. Col passare degli anni la preparazione migliora, forse grazie alle esperienze vissute. Non ci sono indagini specifiche a livello imprendi-toriale che possano esprimere il livello di cultura finanziaria. Abbiamo chiesto in che misura conti la prepara-zione finanziaria per un imprenditore a Renato Ce-rioli, presidente di Confindustria Monza e Brianza. «Un imprenditore di successo ha, come dicono gli americani, “in control” tutti gli aggregati “finance”

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    capaci di sottrarsi alla forza di queste variabili e guardare al futuro senza rimpianti. A proposito dei costi sommersi ricordo che quan-do ero adolescente andavo al cinema a Pisa con i miei genitori. Se il film era scadente mio padre diceva: «Tornia-mo a casa, abbiamo già pagato il biglietto, meglio evitare il danno di un brutto film» come dire che un “costo” a serata bastava. Mia madre diceva invece: «Può darsi che miglio-ri, aspettiamo la fine». Avevano ragione entram-bi? Sì, mio padre, dirigente industriale, voleva educarci alla nozione di costi sommersi, mia ma-dre voleva educarci alla tenacia, alla sopporta-zione e alla speranza. Il nucleo di tale insegna-mento era che non tutto è monetizzabile e quindi comparabile.D. E cosa ci dice della trappola nell’ignorare i costi opportunità?R. Quando decidiamo di fare qualcosa dobbiamo pensare alle alternative a quell’azione e confron-tarne costi e benefici.

    Noi facilmente trascuriamo le informazioni insite nelle cose che non succedono o che non sono state fatte. Più precisamente, ci capita spesso di non badare ai costi impliciti delle possibile azioni che sono state, più o meno consapevolmente, trascurate e quindi non fatte. Ogni volta che mi trovo di fronte alla scelta “fac-cio l’azione X oppure no?” dovrei analizzare i co-sti e benefici non solo di X ma di tutte le altre azio-ni possibili in quelle date circostanze, di tutti gli altri modi per raggiungere l’obiettivo. un concorrente che studia meglio di noi un dato scenario di mercato può trovare un modo più eco-nomico e fruttuoso di realizzare un dato bene o servizio, portandoci via potenziali clienti.D. Qual è il consiglio più importante che si sente di dare all’imprenditore nelle sue decisioni di investimento?R. Gli consiglio di fare solo le cose che capisce. Non si affidi a trovare soluzioni strane, esperti ecc. faccia le cose che realmente comprende.

    capitalizzazione e la crescita. Proprio in quest’otti-ca, come associazione confindustriale abbiamo an-che noi recentemente presentato con un convegno dedicato, il Fondo italiano di investimento, una importante iniziativa voluta dal ministro Tremon-ti e dalla presidente Marcegaglia per il sostegno alle Pmi». Non è certamente un sostenitore della financialilliteracyneppure Paolo Preti, docente di organizzazione delle piccole e medie imprese alla Bocconi. A suo avviso «non è vero che la capaci-tà imprenditoriale non trova realizzazione né per mancanza di liquidità né per carente cultura finan-ziari». A tal proposito porta un esempio concreto a cui ha lavorato: una decina d’anni fa «era sta-ta varata una legge a sostegno dell’imprenditoria giovanile al Sud Italia, in molti sono partiti, non veniva richiesta una cultura finanziaria specifica. Su 100 progetti partiti, solo due o tre sono soprav-vissuti una volta terminati i fondi». Secondo Preti «con soldi e con cultura finanzia-ria, ma senza idee, non si fa impresa, mentre con buone idee si riesce a far crescere un progetto, an-che se senza sufficienti capitali. Guardando i dati

    2010», continua Preti, «siamo secondi in Europa per capacità di export e quinti a livello mondiale per capacità manifatturiera; il sistema paese, pur con i suoi limiti in casi singoli, sta quindi in piedi». Riguardo al rapporto dei professionisti con le Pmi, Preti sottolinea come l’imprenditore, che certa-mente necessita di servizi tagliati sulle sue esi-genze, mal si rapporta con un consulente che lo guarda “dall’alto al basso”, per cui serve un ap-proccio comportamentale che lo metta in grado di farsi accettare. A suo avviso «i dottori commercialisti godono del-la fiducia degli imprenditori ma la sfruttano poco. Potrebbero diventare punti di riferimento per svi-luppare l’impresa, per far evolvere l’impresa, per farla crescere (si pensi alle operazioni straordina-rie)». Facendo un paragone con la categoria dei medici, Preti paragona un buon responsabile amministra-tivo al medico di base: «È utile averlo all’interno quando si raggiunge un certo livello di fatturato (20-30 milioni, 40-50 dipendenti). Lo specialista invece lo si chiama quando serve!». n

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    Siamo nel 1868. Alla Cà Fo-scari di Venezia viene istituita la prima scuola superiore di commercio dando vita, a ca-scata, ad altri atenei che nel

    resto del nostro paese formeranno i pionieri di quella professione che verrà definita come “commercialista”. Tempi duri per queste fi-gure professionali che si ritrovano a dover affrontare un mestiere fatto tutto di numeri e conti, armati solo di carta, penna … e pallot-tolieri. Siamo nel 1957. Dopo un secolo di penne, carta, inchiostro e palline colorate i nostri contabili si ritrovano per le mani uno stru-mento che cambierà per sempre il loro lavo-ro: la calcolatrice. Ovvio, dall’invenzione alla applicazione nel mondo del lavoro passerà an-cora qualche anno ma questo fantastico stru-mento si dimostra già una rivoluzione vista la quantità di tempo risparmiata nei calcoli. Siamo agli inizi degli anni Settanta e quella che prima era semplicemente una macchina per fare i conti diventa … un computer! Al-tra rivoluzione. Le potenziali applicazioni au-mentano in modo esponenziale con gli anni e

    Focus

    L’I-commercialistatra onde e ombrelloni

    Professionisti in movimento … con alcuni caveat!

    Da carta e penna alla connessione ubiquitaria: tanto è successo in un secolo e mezzo. Infatti, al giorno d’oggi al professionista è richiesto un impegno in un luogo di lavoro che è diventato virtuale, con la conseguente necessità di modificare il proprio rapporto con il lavoro. Ma talvolta è anche sano staccare, parola di psicologo

    di STEfANO SALA E KATIA GRESSANI

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    Se l’essere in contatto costante con il proprio studio e i propri clienti può essere un vantaggio ai fini lavo-rativi, esso può anche diventare una fonte di stress. Per esaminare la problematica sotto un aspetto scientifico abbiamo posto alcune domande a due psicologi del lavoro. Il quadro emerso è di un cambia-mento fisiologico in atto, che genera conseguenze di tipo psicosociali che possono produrre disagi, peg-gioramenti della qualità della vita e anche patologie. Secondo Giuseppe Scaratti, docente di psicologia del lavoro presso la facoltà di economia dell’universi-tà Cattolica del Sacro Cuore di Milano, «siamo di fronte a uno scenario di lavoro professionale che sta velocemente trasformandosi attraverso anche l’utilizzo di sistemi di informazione di ultima generazione 2.0. Ad esempio, il fatto che le email arrivino sul proprio desktop di lavoro anche in remoto, quando si è fuori, ha una serie di vantaggi in termini di obiettivi di business (accesso immediato, possibilità di risposta veloce e del tutto tempestiva alle richieste). Tuttavia ciò mette l’individuo in una situazione di “limbo tem-porale”, nel senso che non si stacca mai e il luogo fisico di lavoro diventa in realtà un luogo virtuale che si espande anche oltre i confini abituali dell’attività professionale. È questa una nuova condizione», con-tinua Scaratti, «che da un lato è in qualche modo fisiologica ed è connessa a un cambiamento forte che sta vivendo l’esperienza lavorativa di ognuno. I nuovi scenari lavorativi di società fluida chiedono a ognu-no di noi di costruirsi una postazione lavorativa non solo esterna ma anche interna: devi avere in testa alcuni problemi ed è inevitabile che li si porti fuori dalla tua postazione lavorativa fisica; hai in testa delle cose e ci pensi sul tram, sul treno in auto, anche se hai già finito l’orario di lavoro, anche se sei in qualche modo fuori dalla postazione, perché è una postazione interna». Questo fenomeno può assumere anche dei tratti patologici, come evidenzia Cristian Balducci, ricercatore di psicologia del lavoro e delle organizzazioni presso la facoltà di scienze politiche dell’università di Bo-logna. «Esiste un fenomeno di dipendenza da lavoro, che nella letteratura prende il nome di work alcholi-sm. Si concretizza in due aspetti: il lavorare “eccessivamente”, per molte ore, sette giorni su sette e il lavorare “compulsivamente”, ovvero la difficoltà a staccare dal lavoro, anche quando uno è lontano dal luogo fisico di lavoro. Se un soggetto ha queste tendenze e l’ambiente mette a disposizione gli strumenti per non staccarsi mai dal lavoro - come è oggi, soprattutto per i liberi professionisti - queste tendenze possono da latenti divenire operative. È facile che la persona non riesca più a staccarsi, con delle conse-guenze su altre sfere della vita. La sfera lavorativa diventa ipertrofica e la sfera extralavorativa ne risen-te. In prima istanza ne risentono i rapporti familiari, il ruolo extralavorativo e tutti gli altri ruoli che la per-sona interpreta e che non conciliano con quello lavorativo». Secondo Scaratti «c’è una concreta capacità da consolidare che è legata a porsi dei limiti» e cita a tal proposito un esempio concreto: «i giapponesi sono abituati per cultura in pubblico a non usare il cellulare (poi smanettano sulla tastiera…) però quantomeno si impongono come cultura diffusa di non parlare ad alta voce al telefono. Possiamo cercare di tradurre anche noi questo nelle micro-culture organizzative lavorative». Scaratti evidenzia la fisiologicità di questa situazione: «Ci sono anche rischi psicosociali che sono legati a fattori stressogeni, che però sono fisiologici nella vita lavorativa. Da qui, quindi, la necessità è da un lato di modificare il proprio equilibrio, il proprio rapporto con il lavoro, anche lavorando diversamente e di più, con più qualità, e dall’altro “staccare la spina”, pena il rischio di eccessiva esposizione lavorativa». La raccomandazione è, ad esempio, di usare il vibracall o di non rispondere al cellulare sempre. «Suona ma non rispondo, creo queste “abitudini” che sono sia sociali sia individuali, sane, proprio per tutelarmi, per prevenire», prosegue Scaratti. «Penso che la soluzione sia proprio invitare le persone a misurarsi con le nuove sollecitazioni ma anche aiutarle a costruire questo nuovo equilibrio». Secondo Calducci poi «la persona dovrebbe fare una autodiagnosi – se non si affida a qualcuno per fare una diagnosi assistita – della propria situazione. Sentinelle di allarme sono episodi del tipo: la situazione famigliare inizia a risentirne in qualche modo, programma le vacanze ma poi le rimanda o le annulla con-tinuamente e costantemente non riesce a staccare. Altro sintomo potrebbe essere quello di rendersi

    Stress vs efficienza: quando l’equilibrio è tutto

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    Focus

    conto che non si è più lucidi come prima. Allora è il caso di stoppare, staccarsi, perché c’è bisogno di recupero, di dedicarsi ad altre attività per poter diventare nuovamente produttivi. Altrimenti alla lunga lo stesso rendimento lavorativo ne risen-te». Prosegue Balducci: «Se la manifestazione di que-sta dipendenza diviene clinica, quindi le interfe-renze con le altre sfere della vita arrivano a mina-re il funzionamento della persona, lì dovrebbe intervenire un clinico, che potrebbe essere un medico oppure uno psicologo clinico, per cerca-re di far rielaborare e restituire il suo peso alla sfera lavorativa». Balducci si sofferma poi sulla situazione del libe-ro professionista «che lavora molto più spesso del dipendente per obiettivi / progetti / incarichi e quindi è esposto a maggiori fattori di rischio. Quando c’è una scadenza uno tende a “tirare”, anche la sera, per portare a termine il lavoro. Mentre per chi lavora alle dipendenze questo non è sempre la norma o quantomeno è meno fre-quente. A ciò va aggiunto il fatto che il libero pro-fessionista tende necessariamente a procacciar-si il lavoro. Qui bisogna sempre trovare la misura giusta tra cercare di tendere ad assumere nuovi incarichi, nuovi progetti, e dire per un momento basta. Ovviamente anche le condizioni del mer-cato del lavoro attuale contribuiscono a creare il contesto per cui queste tendenze possono ancor di più manifestarsi. Tutto ciò diventa un ulteriore fattore di rischio». Ma esiste un rimedio a que-sto? Secondo Balducci «c’è bisogno, per essere produttivi, di staccare dal lavoro e quindi è il caso di riuscire a farlo per qualche giorno, è il caso di chiudere, piuttosto che trascinarsi dietro il lavo-ro, approfittando della possibilità di rimanere connessi 24 ore su 24. C’è bisogno di staccare, perché questo aiuta poi a tornare a essere pro-duttivi come prima. Di contro, non staccare fa sì che andando avanti si continui ad accumulare e a farne le spese è la produttività. Non c’è quindi solo un fattore di rischio per la salute ma c’è an-che un fattore di rischio per la produttività». An-che Scaratti conferma che «è sano ogni tanto staccare» e ci invita ad «accettare qualche limi-te, altrimenti psicologicamente si funziona male».

    il contabile che nel frattempo si è elevato al rango di “commercialista” ha a disposizione strumenti che, oltre a fare i conti, gli permettono di scrivere, salvare dati e conservarli. Siamo nel 1991. Cosa appare come per magia? In-ternet. Un’invenzione, se così si può chiamare, che rimpicciolisce il mondo, collega tutto e tutti, e nel mondo del lavoro si dimostra essere una risorsa ineguagliabile. Ora al posto di quello che era un semplice conta-bile che organizzava il proprio lavoro dividendolo a metà tra i conti e il girovagare tra i clienti per portare documenti, prendere documenti, conse-gnare fatture ecc. troviamo un professionista che, seduto dietro alla propria scrivania, può collegar-si con ogni persona o istituzione solamente pre-mendo una serie di tasti. Ma non è finita qui. Oggi non basta più collegarsi con gli altri da dietro una scrivania. Ora è necessario farlo mentre siamo in macchina, in metro, in treno, in spiaggia, qualcuno anche al cinema, insomma ovunque la parola d’or-dine è: “rimanere connessi”. Siamo nel 2011. In questi anni abbiamo visto entrare nelle nostre vite vocaboli come tablet, smartphone, iPad, iPhone. Esiste quindi anche un I-commercialista? Certo, perché in una professione dove l’aggiorna-mento deve essere costante e in cui il cliente pre-tende una rintracciabilità continua cosa può fare un commercialista se non dotarsi dei più moderni strumenti per rimanere in contatto con il proprio studio, i propri clienti e il proprio lavoro? I tablet, di qualsiasi marca presente sul mercato, sono dotati di tutte quelle applicazioni e funzioni che servono per tenersi in contatto con l’ufficio e i clienti: email, connessione wireless, bluetooth, possibilità di leggere documenti in formati che vanno dal word al pdf, messaggistica ecc. Grazie alla tecnologia miniaturizzata moderna riescono a sopperire quasi in toto alle funzioni che può offrire il computer sulla nostra scrivania in ufficio e anche il panorama software può dirsi completo. Per tanti versi sembra proprio che l’unica differen-za che distingue uno smartphone da un computer siano solo le dimensioni. Anche dal telefonino riusciamo a mandare mail, scrivere messaggi, collegarci a internet, leggere le più importanti novità fiscali sui siti dedicati e addirittura, iscrivendoci alla newsletter del caso, ricevere gli aggiornamenti senza nemmeno affati-carci a cercarli sul web. n

  • 15Auto AutoConcessionaria Ufficiale di Vendita Mercedes-Benz

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    la vocE dElla Provincia

    La piena consapevolezza della nostra realtà socio-economica è un tassello fondamentale per indirizzare le scel-te in tema di lavoro, sicurezza e so-stegno all’occupazione anche per le

    categorie svantaggiate. Da questo rapporto riferito al 2010 cogliamo i primi segnali di ripresa con un aumento degli avviamenti ma siamo consapevoli che la crisi non è ancora finita: lo testimoniano i dati sulla tipologia contrattuale che sono ancora lontani da quel quadro auspicato di maggior stabilità occu-pazionale».È questo il commento espresso dal presidente Da-rio Allevi a margine della presentazione, lo scorso aprile, presso la sede della Provincia di Monza e Brianza, del secondo rapporto relativo ai flussi del mercato del lavoro 2010. Le informazioni, elabora-te dall’Osservatorio mercato del lavoro della nuova

    Il mercato del lavoroverso la ripresa

    Presentati in aprile i dati relativi alla nostra realtà provinciale 2010

    Ci sono segnali confortanti nell’industria, ma non solo, con la richiesta di figure qualificate, anche se aumentano i contratti flessibili

    provincia e dal Crisp, Centro di ricerca interuniver-sitario per i servizi di pubblica utilità dell’Univer-sità di Milano Bicocca, consentono di individuare le dinamiche in atto nel mercato del lavoro provin-ciale e il loro impatto sull’occupazione; si possono osservare gli andamenti sia per le ricadute che han-no sui lavoratori (assunzioni per contratti utilizzati, durate, lavoratori coinvolti, cessazioni, trasforma-zioni e proroghe contrattuali), sia per le aziende che operano in provincia, opportunamente classificate nei settori di attività economica. Il Rapporto 2010 permette di individuare alcuni se-gnali di ripresa, seppur deboli, con un incremento di avviamenti soprattutto nel settore industriale, au-mento però di forme contrattuali flessibili con una richiesta di skill di medio livello. Delle 194mila comunicazioni obbligatorie raccolte da parte di aziende con sede operativa in Brianza

    Percorsi di orientamento, formazione e tirocinio: sono questi gli obiettivi dello Sportello servizi al lavoro per favorire il reinserimento dei detenuti nel mercato del lavoro, dal 2 maggio scorso attivo presso la Casa circondariale di Monza. Lo sportello, realizzato dalla Provincia di Monza e Brian-za in collaborazione con Afol Monza e Brianza, offrirà ai detenuti i servizi normalmente erogati dai centri per l’im-piego del territorio con percorsi di orientamento, servizi di incontro tra domanda e offerta, tirocini formativi e an-

    che consulenza informativa e normativa alle imprese. I servizi saranno erogati in sinergia con la rete territoriale già esistente nell’ambito delle politiche e dei servizi per il lavoro che coinvolge la provincia, i comuni, le cooperati-ve qualificate nell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, l’Asl e le imprese che si trovano in Brianza. Allo sportello potranno accedere i detenuti con pena de-tentiva residua non superiore ai 12 mesi e i detenuti in regime di semi libertà. Il numero delle persone coinvolte sarà stabilito in seguito alla valutazione dei profili poten-

    Uno sportello-lavoro per i detenuti del carcere di Monza

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    Presentati in aprile i dati relativi alla nostra realtà provinciale 2010 il 47% è rela-tivo ad avvia-menti (pari a oltre 91mila), il 41% a ces-sazioni (pari a oltre 79mila), la quota rima-nente, pari al 12%, riguar-da proroghe e trasformazioni cont ra t tua l i . Per quanto ri-guarda la tipo-logia contrat-tuale emerge che il 65% degli avviamenti nel 2010 è stato effettuato con l’uso di forme contrattuali flessibili (tempo determinato, somministrazione, la-voro a progetto e altre comunicazioni), mentre nel 2009 la quota percentuale era pari al 58%. Rispetto al 2009 diminuisce la quota degli avvia-menti per il settore commercio e servizi, che passa dal 74% al 71% mentre l’industria registra una ten-denza inversa con quote che passano dal 17% del 2009 al 20% nel 2010. Di rilievo anche il dato relativo alle qualifiche pro-fessionali inerenti gli avviamenti: in Brianza il 48% degli avviamenti complessivi avviene per il me-dium skill level, segue il low skill level con il 26% e infine l’high skill level con il 24%. Un quadro interessante emerge anche nell’analisi di genere in cui si evidenzia che il 45% degli avvia-menti, il 42% delle cessazioni e il 13% delle pro-roghe e trasformazioni riguarda gli uomini mentre per le donne si osserva una quota del 49% relativa ad avviamenti, del 39% relativa a cessazioni e il re-

    stante 11% riguar-da proroghe e t rasformazioni . Dunque l’universo femminile eviden-zia quattro punti percentuali in più negli avviamenti rispetto al mon-do maschile e tre punti percentuali in meno per le ces-sazioni di rapporto di lavoro. Infine nel Rap-porto sono raccol-

    ti dati interessanti che riguardano la presenza di stranieri: sono 41mila le comunicazioni obbliga-torie riferite all’anno 2010, di cui il 50% è rela-tivo ad avviamenti (pari a oltre 20mila), il 38% a cessazioni (pari a oltre 15mila) mentre il 12%, riguarda proroghe e trasformazioni contrattuali. Secondo Giuliana Colombo, assessore al Lavoro della provincia di Monza e Brianza, «i segnali di ripresa indicano una continuità con i dati prece-denti e chiedono pertanto di essere attentamente analizzati nella prospettiva di una loro evoluzione sempre più decisa. Ci attendiamo che dall’esame di questo rapporto, il primo che coglie un’intera annualità per la Pro-vincia di Monza e Brianza, si traggano anche ul-teriori elementi di riflessione e strumenti di azione per correlare il mondo del lavoro a quello dell’i-struzione e della formazione: settori basilari per il mantenimento e l’ampliamento delle opportunità lavorative, a salvaguardia della stabilità economi-ca e sociale del nostro territorio». n

    in collaborazione con

    Uno sportello-lavoro per i detenuti del carcere di Monzazialmente occupabili. Da una stima del 18 aprile 2011 sono 851 i detenuti, donne e uomini, attualmente in Istituto: tra questi, 20 fruiscono del beneficio della semilibertà, men-tre 163 hanno una pena residua non superiore a 12 mesi. Presso lo sportello sarà rilasciata la dichiarazione di di-sponibilità al lavoro (dichiarazione sostitutiva di certifica-zione dello stato di disoccupazione ai sensi del dpr 28 di-cembre 2000 n. 445). Il personale di Afol che gestirà lo sportello, infatti, seguirà ogni fase dei colloqui individuali con i candidati per acquisire tutte le informazioni utili a

    compilare una scheda anagrafica e, contestualmente, una scheda professionale con tutti i dati relativi alle espe-rienze formative e lavorative, alla disponibilità del lavora-tore, alle competenze e attitudini. L’utente potrà così ottenere un supporto nella definizione dei propri obiettivi professionali e dell’eventuale fabbiso-gno di interventi orientativi o formativi. Potrà, inoltre, ac-quisire informazioni specifiche sui servizi per il lavoro of-ferti dai centri per l’impiego idonei alle proprie caratteristiche.

    I rappresentanti della provincia Dario Allevi e Giuliana Colombo con Massimo Parisi Direttore della Casa Circondariale di Monza e Marco Tognini Amministratore unico di Afol Monza e Brianza

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    la vocE dElla Provincia

    Il patrimonio culturaletra tutela e promozione

    Valorizzare beni culturali e territorio, facendo rete e senza dimenticare le esigenze di conservazione: è questa la sfida imprescindibile per l’immagine e l’economia della provincia

    di MATTEO DE DONATIS

    Parla Enrico Elli, assessore ai beni culturali e formazione professionale

  • Stiamo preparando una scuola di for-mazione per addetti all’installazio-ne di pannelli solari, che riteniamo tecnologie ormai acquisite, e stiamo pensando a qualcosa che possa coin-

    volgere le nuove tecnologie, soprattutto le grandi no-vità nel campo del digitale: software e 3D»: è questo lo sguardo al futuro di Enrico Elli, assessore ai beni culturali, cultura, formazione professionale, sicurez-za e polizia della Provincia di Monza e Brianza.D. Partiamo dalla sua delega ai beni cultura-li: quali sono le competenze specifiche della provincia?R. L’intera attività culturale in generale. Per quanto riguarda i beni culturali soprattutto quelli che rientra-no nel patrimonio culturale della provincia, beni ma-teriali e immateriali. I beni materiali sono facilmente identificabili: ville, parchi, il paesaggio, il panorama del territorio. I beni immateriali sono più difficili da definire, ma l’obiettivo è quello di cercare di rivi-talizzare lo spirito dell’uomo brianzolo, che è stato soffocato nel tempo anche in ragione del rapporto di dipendenza da Milano. Oggi con l’esistenza della Provincia di Monza e Brianza le due cose devono es-sere riprese e valorizzate al meglio.D. E per valorizzare le ville e i beni sparsi sul no-stro territorio quali azioni avete messo in atto?R. Noi stiamo lavorando in modo da mettere in rete le potenzialità del territorio, grazie a progetti di am-pio respiro volti a far emergere e dare visibilità alle numerose eccellenze presenti in Brianza. Ad esempio, abbiamo messo in rete alcune ammini-strazioni che possiedono le più belle ville di delizia presenti nel territorio brianzolo e, grazie a un bando Cariplo da 8 milioni di euro, a cui abbiamo parteci-pato vincendo, stiamo realizzando un circuito di ec-cellenza per la loro valorizzazione. Una valorizzazione che avviene sia attraverso il recu-pero fisico degli edifici, sia promuovendo iniziative volte al rilancio del beni artistici da un punto di vista immateriale come centri propulsori della cultura. Abbiamo inoltre partecipato e vinto, assieme ad al-cune ville, attualmente nel territorio di competenza di Milano, un secondo bando Cariplo da 1 milione di euro, sempre con lo stesso obiettivo: attuare concre-tamente un percorso culturale e turistico alla risco-perta delle ville di delizia. Non dimentichiamo che la cultura deve stimolare e muovere il territorio anche da un punto di vista eco-nomico. La cultura è un motore di sviluppo e di ric-chezza. Ritengo che non ci siano in Brianza validi motivi che impediscono la creazione di un circuito

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    la vocE dElla Provincia

    culturale simile a quello sviluppato per le Ville ve-nete o i Castelli della Loira. Devono essere questi i nostri modelli.D. Riguardo alla Villa Reale e la vostra presenza nel consorzio di gestione, quale presente e quale futuro? R. La Villa Reale è il baricentro del discorso che ho appena esposto. Come Provincia siamo entrati uf-ficialmente nel Consorzio di gestione della villa e, aggiungo, mi sono impegnato personalmente, con il dottor Petraroia, responsabile del Consorzio, per av-viare un progetto di rivalutazione delle ville. Stiamo programmando, proprio in Villa Reale, in collabora-zione con Enea, un centro studi di alta professionalità per l’applicazione delle tecnologie più avanzate nella conservazione dei beni culturali.D. Quali eventi avete in programma per valo-rizzare il patrimonio delle ville brianzole? E per quanto riguarda la formazione di personale capa-ce di conservare questi beni?R. Tutti conoscono Ville aperte, un evento ormai consolidato sul territorio che si svolge in settembre.

    «Da un punto di vista professionale sono un fisico, sono stato re-sponsabile di ricerca e sviluppo in campo elet-tromeccanico e chimi-co. Ho concluso l’attivi-tà nel ruolo di direttore di corporate, ricerca e sviluppo. Sono dunque una persona natural-

    mente sensibile alle istanze innovative, alle tecnologie e idee nuove. Credo che il ruolo della cultura sia princi-palmente quello di interpretare il futuro e trasferire il mondo delle idee in un ambito di concretezza: un obiet-tivo stimolante e interessante. Sono stato fino a poco tempo fa subcommissario di Enea. Sono entrato in poli-tica, dieci anni fa, nella Lega Nord. Credo fortemente nelle tradizioni e condivido appieno l’idea che identifica nelle radici e nell’identità la ricchezza di una persona: se non si hanno radici non si va da nessuna parte. Solo le culture forti, consce di esserlo, non temono nulla. Chi ha paura del futuro è perché non ha radici. E noi, oggi più che mai, abbiamo bisogno di riscoprire e rafforzare la nostra storia per affrontare le sfide della globalizza-zione, che altrimenti disarticola territori interi».

    Chi è Enrico Elli

    Quest’anno abbiamo voluto realizzare un nuovo pro-getto, la creazione di un evento capace di offrire un più ampio impulso alla manifestazione. Con l’iniziativa AspettandoVille aperte assistiamo all’apertura straordinaria di alcune ville, le più belle, che fanno parte tradizionalmente del circuito. Mi spiego meglio: Villeaperte è un evento che, sul-la scia del modello Fai, offre al pubblico l’accesso a dimore storiche di grande valore culturale ma limita-tamente a una giornata. Dato il grande successo ottenuto dall’iniziativa ab-biamo deciso, di comune accordo con alcune ammi-nistrazioni locali, di creare l’evento AspettandoVilleaperte: a partire da aprile alcune ville aprono le loro porte al pubblico e accolgono eventi e iniziative cultu-rali. Il nostro modo di procedere è chiaro: sviluppare sinergie tra i vari comuni del territorio attraverso la creazioni di reti al fine di garantire iniziative culturali di elevata qualità. Riguardo alla seconda parte della domanda, abbiamo messo in rete tutti gli enti di formazione professio-nale per accertare quale sia l’esigenza di formazio-ne professionale del territorio. Personalmente credo che la formazione professionale sia stata svilita nel tempo, considerata come scuola di serie C. Invece, se guardiamo bene, formazione significa alta cultura e alta manualità, che è il meglio dell’eccellenza e della storia italiana; senza arrivare a Leonardo o Miche-langelo penso alle eccellenti botteghe artigianali del passato e del presente. Con Afol, Agenzia della provincia per la formazione, abbiamo fatto un accordo triennale con Brera, che è già dislocata in parte a Meda come scuola di restauro fino a 19 anni, con specificità nel restauro ligneo, e adesso faremo alta formazione di tipo universitario, nell’ambito del design e del restauro. Un altro distac-camento di Brera si trova anche ad Arcore con un corso di tipo universitario. Si tratta, come è evidente, di azioni concrete: laboratorio in Villa Reale, forma-zione di qualità a Meda e Arcore.D. In tema di formazione professionale, a quale evoluzione state assistendo, sia per la formazione continua che per quella di riqualificazione?R. Io credo che la formazione permanente e continua del lavoratore sia diventata a tutti gli effetti una prassi consolidata per le aziende e i professionisti. Tornan-do alla qualificazione delle figure professionali dette prima, oltre alle collaborazioni con Brera, stiamo per siglare degli accordi affinché i nostri ragazzi abbiano la possibilità di affiancare alla formazione scolastica momenti di attività lavorativa, come succede nei pa-esi più evoluti. In Germania questa integrazione tra

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    cultura e professionalizzazione lavorativa è un dato acquisito; noi l’abbiamo smarrita ma oggi sussisto-no i presupposti sociali ed economici per riproporre questo modello di complementarietà tra scuola e la-voro. Alcuni dei ragazzi che studiano a Meda sono ora nello Yemen per dei recuperi lignei, altri a Palaz-zo Ducale a Venezia: la cultura si esprime al meglio quando si completa attraverso l’esperienza. Le azien-de lo hanno capito e insieme a scuole e formazione il triangolo è completo. La nostra progettualità non si ferma e darà uno sguardo verso l’internazionaliz-zazione.D. A distanza di quasi due anni dalla nascita della provincia, quale bilancio di attività? E qual è lo stato della struttura operativa (risorse, organico ecc.)?R. Il mio primo bilancio è positivo. Abbiamo parteci-pato a 2 bandi, vincendoli entrambi. Questo significa che la struttura, pur piccola, è stata capace di elabo-rare e produrre idee e progetti di alta qualità e profes-sionalità. Tornando al bando da 8 milioni di euro, il

    nostro progetto ha conquistato il podio sul totale dei 44 progetti presentati, provenienti da tutte le provin-ce lombarde. Adesso il nostro obiettivo deve essere quello di guardare all’Europa, per trovare fondi e dare impulso alle idee. Occorre però una grande con-sapevolezza da parte delle amministrazioni comuna-li, che devono lavorare sempre più in rete, rispettan-do tempi e costi. Formare delle squadre, collaborare in gruppo, nel rispetto delle reciproche autonomie, non sempre è agevole ma se sussistono volontà e im-pegno si possono raggiungere ottimi risultati. Dal punto di vista delle risorse disponibili le difficol-tà sussistono. È noto che la nuova Provincia è nata con un deficit elevato, mutuato da Milano; non bastasse, siamo nati nel mezzo di una crisi economica globale. Se è vero che nelle difficoltà si tempra il carattere, spero che ciò possa accadere in breve tempo. Dal punto di vista dell’organico operiamo con solo quattro persone fisse, il resto viene compensato attra-verso incarichi ad hoc. n

    Villa Stanga a Costa Lambro

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    Promos - mErcato GlobalE

    Il Rapporto Trade and investment barriers 2011

    Che l’Unione europea sia contro il protezionismo e favorevole all’apertura commerciale non è un mistero: anche perché dal 2015 il 90% della crescita degli scambi avverrà nei paesi extra-Ue (in particolare in Asia).

    L’analisi evidenziata nel TradeandInvestmentBarriersReport2011 conferma che non sono tanto i dazi il vero ostacolo da su-perare, ma la burocrazia doganale, i balzelli e le norme restrittive che di fatto impediscono la libera esportazione dei beni europei. Per la loro importanza in termini di interscambio commerciale e di investimenti diretti esteri il report si focalizza su alcuni part-ner strategici per l’Ue: • Cina• India• Giappone• Mercosur: Brasile e Argentina • Russia• UsaCinaLa Cina, secondo partner commerciale dell’Ue, rappresenta non solo una fonte importante di beni di consumo a prezzi ridotti e di input fondamentali per il sistema produttivo europeo, ma anche un vitale mercato di destinazione per l’export europeo (cresciuto del 4% nel 2009 rispetto al 2008 e raddoppiato dal 2005 al 2010). Dieci anni dopo l’ingresso nella Wto, la Cina non è ancora oggi in grado di garantire il rispetto di parametri fondamentali quali la trasparenza, la libera concorrenza e la non discriminazione delle imprese straniere:

    di ENRICO fORZATO

    Dazi, burocrazia doganale e aspetti legislativi: la Commissione ue ha pubblicato un report sugli ostacoli tariffari e burocratici che devono fronteggiare le imprese europee per fare business nei mercati extra–ue

    Le barriere al commerciocon i mercati extra-Ue

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    tro alcuni prodotti cinesi: nel 2006 per contrastare l’invasione di scarpe (i dazi non sono più in vigore dal 1° aprile 2011); il 18 marzo 2011 contro l’im-portazione di piastrelle cinesi.

    IndiaL’India sta crescendo con un tasso annuale supe-riore all’8% e negli ultimi 4 anni l’interscambio commerciale con l’Ue è cresciuto del 31%. Il con-testo commerciale è comunque restrittivo: alle alte barriere tariffarie si aggiungono numerose barrie-re non tariffarie (restrizioni quantitative, licenze di importazione, certificazioni varie) e procedure doganali complesse e burocratizzate. Anche la tutela della proprietà intellettuale non è

    sempre garantita e sono numerosi i casi di con-traffazione e pirateria. Così pure le norme su-

    gli appalti internazionali non rispettano, a volte, gli standard internazionali.

    Il governo indiano non consente alle aziende straniere della grande di-

    stribuzione di operare nel merca-to multi-brand locale, richiede

    alle aziende del settore IT di impiegare anche ingegneri indiani, introduce restri-zioni alle esportazioni di cotone che ne aumenta-no il prezzo, pretende più certificati sanitari di quelli normalmente richiesti per consenti-re l’importazione di carne, frutta e ortaggi.

    GiapponeIl Giappone è il setti-mo mercato per l’ex-port dell’Ue. Mentre le tariffe sono general-mente basse, gli osta-

    coli e le restrizioni alla libera circolazione dei

    beni e servizi stranieri permangono alte. Questi i

    tre esempi riportati:• gli operatori stranieri hanno

    un accesso molto limitato alle gare d’appalto giapponesi;

    • l’introduzione di medical device è particolarmente difficile (solo la

    metà di questi prodotti europei e statu-

    • esistono norme tecniche e standard di difficile comprensione per gli esportatori europei;• nel procurement non vengono sempre rispettati gli standard internazionali;• esistono sussidi all’export, prestiti pubblici a tas-si agevolati, energia a costi ridotti per le imprese locali che falsano il quadro competitivo;• la tutela della proprietà intellettuale non è suffi-cientemente garantita.Non è un caso se l’Unione europea ha introdotto

    dei dazi antidumping proprio con-

    Le barriere al commerciocon i mercati extra-Ue

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    Promos - mErcato GlobalE

    nitensi sono utilizzati in Giappone;• nel settore assicurativo c’è spazio unicamente per le imprese locali.

    Mercosur: Brasile e ArgentinaL’Ue è il principale partner commerciale del Bra-sile che è il primo fornitore di prodotti agricoli dell’Ue. Brasile e Argentina fanno parte del Mer-cosur che sta trattando un accordo di libero com-mercio con l’Ue. In Brasile il procurement privilegia i prodotti e i servizi locali a danno dei fornitori stranieri.

    L’Argentina, a seguito della crisi del 2008, ha inse-rito diverse misure restrittive a favore del tessile–ab-bigliamento, calzaturiero, giocattoli, macchine, food. Brasile e Argentina hanno siglato accordi di tra-sporto commerciale che di fatto impediscono alle imprese europee di operare nei traffici commercia-li tra i due paesi.

    RussiaLa Russia per proteggere il proprio sistema indu-striale dalla crisi internazionale ha introdotto nel 2008 una serie di misure unilaterali di riduzione degli scambi che si sono aggiunte agli alti dazi all’esportazione su legname, ferro e metalli non ferrosi. Le pratiche doganali sono sempre più complicate (la situazione è peggiorata dall’1º gennaio 2011 per l’entrata in vigore dell’unione tariffaria e do-ganale con Kazakhstan e Bielorussia). Anche la tutela della proprietà intellettuale e indu-striale non è sempre garantita e la contraffazione piuttosto diffusa. Il report sottolinea infine la spinosa questione dei certificati fitosanitari che continuano a bloccare, senza una reale giustificazione scientifica, ingenti quantitativi di prodotti agricoli europei.

    Stati UnitiIl più importante partner dell’Ue sia a livello commerciale che finanziario sono gli Stati Uniti, che attraggono il 20% dell’export totale Ue. I bue blocchi danno vita al più integrato sistema di rela-zioni economico finanziarie al mondo. Ciononostante esiste una serie di misure non tarif-farie che rendono difficoltose le relazioni econo-miche bilaterali. Il mercato del procurement pubblico statunitense è praticamente in mano all’imprenditoria locale. Ma preoccupa soprattutto la nuova norma anti-terrorismo che prevede la “scansione” di tutto il traffico container in arrivo negli Usa che entrerà in vigore il 1º luglio 2012. Sono attese pesanti ripercussioni sui tempi di ge-stione dello sdoganamento. Dopo la panoramica sui più importanti partner com-merciali, il report presenta le più ricorrenti barriere che ostacolano l’internazionalizzazione delle im-prese europee: leggi sul procurement, protezione effettiva dei diritti di proprietà intellettuale, restri-zioni all’export di materie prime, restrizioni agli investimenti, barriere tecniche e di certificazione (da www.mglobale.it). n

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    non ProFit

    Supportare la disabilitàcon tutte le energie

    Tanti anni di impegno, dal centro diurno al fondo Alessandra

    Lo sport, i laboratori artistici, artigianali e musicali. Come cambia il sostegno alla disabilità a Lissone e nel territorio circostante

    di ISA SuANNO

    La Fondazione Stefania onlus, nata il 2 novembre 2006 a opera dell’As-sociazione Stefania per separare le attività di volontariato da quelle di gestione dei servizi in convenzione

    con le amministrazioni pubbliche, ha iniziato la sua attività il 1º gennaio 2008. Le sue finalità di solida-rietà sociale si sviluppano attraverso il centro diur-no di Lissone, sorto nel 1988, che offre una serie di servizi di tipo educativo / formativo / ricreativo per adolescenti disabili in uscita dalla scuola dell’ob-

    bligo e per adulti disabili a rischio di isolamento ed emarginazione. Nel centro diurno hanno sede il centro socio educativo giovani e il centro socio edu-cativo adulti e altre attività sociali svolte dall’Asso-ciazione Stefania. Quest’ultima, nata nel 1971 per iniziativa di un gruppo di genitori, ha lo scopo di sensibilizzare sia i cittadini che la pubblica ammi-nistrazione ai problemi della disabilità. L’obiettivo fondamentale è quello di migliorare la qualità della vita delle persone disabili attraverso attività di sen-sibilizzazione dell’opinione pubblica, il sostegno

  • Supportare la disabilitàcon tutte le energie

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    alle famiglie mediante servizi erogati gratuitamente e la collaborazione con i servizi pubblici di base. Grazie all’esperienza e con la necessità di risponde-re a nuove esigenze, l’associazione ha creato nuovi servizi in collaborazione con le pubbliche ammini-strazioni quali il laboratorio sociale Luciano Don-ghi per le persone affette da patologia psichiatrica, il centro diurno di Lissone, il centro residenziale di Muggiò, la cooperativa sociale La Bottega per inserire nel settore dell’artigianato i disabili e le persone con problemi psichiatrici, la cooperativa sociale L’Azalea per l’inserimento nel settore di manutenzione del verde dei disabili e la cooperativa sociale A. Donghi per la gestione del centro diurno psichiatrico. Nel concreto l’associazione con il centro socio edu-cativo adulti, istituito nel centro diurno di Lissone, condotto da una equipe di educatori coadiuvati da uno psicologo clinico, realizza un piano di atti-vità individuali e di gruppo, manuali, di carattere espressivo e cognitivo per evitare l’impoverimento degli interessi, delle capacità e delle abilità del sog-getto disabile. Il centro socio educativo giovani, anch’esso istitu-ito all’interno del centro diurno di Lissone, attra-verso il servizio formazione, rivolto ai ragazzi tra i 15 e i 18 anni con disabilità intellettiva o psico-fisica di grado medio, realizza una serie di labora-tori per esercitare le abilità scolastiche, artistiche, pratiche e sportive. Tramite il servizio autonomia, rivolto ai giovani tra i 14 e i 18 anni con disabilità psico-intellettiva molto grave e difficoltà motorie, l’associazione si prefigge l’obiettivo di insegnare ai soggetti disabili a stare con gli altri, a usare le proprie risorse con laboratori pratici, musicali, tea-trali, la danza o i giochi a squadre e le gite. Il centro diurno offre sostegno anche ai giovani disabili tra i 18 e i 30 anni attraverso il servizio di formazione all’autonomia che mira a far acquisire competenze sociali, i requisiti per un inserimento lavorativo e a emanciparsi dalla famiglia o a defi-nire il proprio ruolo nella stessa. L’Associazione Stefania tramite lo sportello tem-po libero, creato nel 2002, fornisce la necessaria consulenza per organizzare il tempo libero o le vacanze dei disabili e ha anche un gruppo giovani volontari costituitosi nel 1986. L’associazione svolge la sua attività anche presso la residenza sanitaria disabili di Muggiò, nata nel 1991; la struttura (24 posti letto) si occupa delle necessità quotidiane dei suoi ospiti, da un punto di vista sia dei bisogni sanitari e riabilitativi che edu-

    Per sostenere l’Associazione e la fondazione Stefania e il fondo Alessandra nel loro lavoro quotidiano sul territorio è possibile effettuare un versamento a:Banca ProssimaIban: IT 43 N 03359 01600 100000004305

    Per maggiori informazioni:www.associazionestefania.org

    fondazione Stefaniavia fabio filzi, 2 - Lissonetel. 0392457165 - fax 0392453802

    Associazione Stefaniavia fabio filzi, 2 - Lissonetel. 0392456003 - fax 0392453802

    Come dare il proprio contributo

    cativi, ludici e di integrazione sociale. Nell’ambito dell’Associazione Stefania è stato creato anche il Fondo Alessandra, in memoria di una bimba di-sabile morta nel 2009 a 13 anni a causa del virus H1N1 che, tramite i fondi prevalentemente privati che le pervengono, ha come obiettivo quello di or-ganizzare iniziative volte a smantellare le barriere tra il mondo dei disabili e quello delle persone de-finite normali. Tra le iniziative che hanno visto coinvolta l’Asso-ciazione Stefania, il Fondo Alessandra e il Rotary club di Monza vi è stata la creazione della Poli-sportiva Brianza Olympics per disabili e non, volta a promuovere la pratica sportiva e gli allenamen-ti attraverso la creazione di squadre sportive in ogni disciplina per dare opportunità di svilup-po fisico e psichico alle persone con disabilità fisico-intellettive. n

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    comitato adr

    Analisi, riflessioni e approfondimenti sul d.lgs. 28/2010

    La figura, gli obblighi, il rapporto con l’organismo che eroga il servizio di mediazione, la formazione di base e quella di aggiornamento continuo

    di fEDERICA INVERNIZZI

    Tutti i segretidel mediatore

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    Tutti i segretidel mediatore

    Con l’entrata in vigore della me-diazione obbligatoria prevista dal decreto legislativo 28/2010, è cre-sciuto l’interesse per la figura del mediatore civile e commerciale

    che non è un giudice né un arbitro, e quindi non decide la controversia delle parti, ma che, alla fine, ha pur sempre il compito di dirimerla. Pare utile allora soffermarsi qui proprio sulla figura del mediatore per individuarne il ruolo, gli obbli-ghi, il rapporto con l’organismo che eroga il servi-zio di mediazione, nonché la formazione che gli è richiesta dalla legge unitamente a capacità e attitu-dini personali che, a mio avviso, un mediatore deve avere innate. La definizione di mediatore si trova nel d.lgs. 28/2010 all’art. 1, lett. b) ove si legge che «è media-

    tore la persona fisica o le persone fisiche che, indi-vidualmente o collegialmente, svolgono la media-zione rimanendo prive del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo». Se la lettera b) inquadra la persona, è nella defini-zione di cui alla lett. a) del medesimo articolo che si evince «l’attività del mediatore, terzo imparziale, il quale assiste due o più parti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa». L’attività del mediatore è poi ulteriormente precisa-ta all’art. 8, comma 3, ove si dice che «il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia». È chiaro dunque che il mediatore ha il precipuo compito di far raggiungere un accordo alle parti. E ciò appare perfettamente in linea con lo scopo de-flattivo del carico di lavoro giudiziario che il legi-slatore vuole raggiungere attraverso la mediazione. Scorporando la definizione di mediatore si possono evincere due momenti della sua attività: la ricerca di un accordo amichevole e, come fase successiva ed eventuale, la formulazione di una proposta; entram-bi i momenti presuppongono l’assistenza delle parti a opera del mediatore. Il legislatore privilegia la fase facilitativa, come si evince dalla stessa relazione illustrativa al d.lgs. 28/2010, cionondimeno, ove non sia stato possibile raggiungere l’accordo, al mediatore è demandata in ultima istanza la formulazione di una proposta sua sponte o su concorde richiesta delle parti.

    Il rapporto tra il mediatore e l’organismoI mediatori conducono il procedimento per conto dell’organismo che presta il servizio di mediazione. È l’organismo, infatti, a designare il mediatore per il singolo procedimento di mediazione ed è l’orga-nismo a erogargli il compenso per l’attività prestata, posto che è esplicitamente fatto divieto al mediatore di percepire compensi direttamente dalle parti (art. 14, comma 1, d.lgs. 28/2010). La normativa è lacunosa per quel che riguarda i contenuti del rapporto giuridico che si instaura tra mediatori e organismo.Pare opportuno che tale lacuna sia colmata dall’or-ganismo, il quale deve preoccuparsi di disciplinare più compiutamente il suo rapporto con i propri me-diatori, ivi comprese le condizioni di accesso alla propria lista di mediatori, nonché anche le ragioni di incompatibilità alla nomina dei mediatori.

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    comitato adr

    Obblighi del mediatore - artt. 9, 11 e 14 del d.lgs. 28/2010Il mediatore è tenuto al rispetto dell’obbligo di riser-vatezza, come previsto dall’art. 9 del d.lgs. 28/2010 ove all’ultimo comma si dispone che il mediatore è vincolato alla riservatezza anche di ciò di cui sia venuto a conoscenza durante le sessioni che con-duce separatamente con le parti, con una ulteriore specifica rispetto all’obbligo di riservatezza di cui al precedente comma, avente a oggetto le dichiara-zioni rese o le informazioni acquisite durante il pro-cedimento e gravante su tutti coloro, a vario titolo, coinvolti nel procedimento di mediazione. Tra gli obblighi del mediatore rientra anche quello di formulare una proposta di soluzione del conflitto, quando le parti gliene facciano concorde richiesta.

    Connesso a tale obbligo è quello di informare le parti delle eventuali conseguenze processuali della proposta (art. 11, primo comma). Va da sé, sempre con riferimento alla proposta, l’ob-bligo in capo al mediatore di formularla nel rispetto del limite dell’ordine pubblico e delle norme impe-rative, come previsto dall’art. 14 del d.lgs. 28/2010. Altri obblighi sono contenuti sempre nell’articolo 14 e riguardano l’imparzialità del mediatore che deve essere garantita attraverso la sottoscrizione di apposita dichiarazione e che naturalmente deve per-durare per tutto lo svolgimento della mediazione, come si evince dall’obbligo che il mediatore infor-mi immediatamente l’organismo e le parti di ragio-ni di pregiudizio alla sua imparzialità sopravvenute nel corso della mediazione.

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    L’incontro di mediazioneDopo che è stata esperita dall’organismo la prelimi-nare attività di ricezione della domanda di media-zione, di convocazione delle parti e organizzazione dell’incontro e dopo che il responsabile dell’organi-smo ha designato il mediatore per il singolo proce-dimento, le parti vengono convocate per l’incontro di mediazione che, in linea di massima, avviene in 15 giorni dal deposito della domanda. Il mediatore dirige l’incontro che avviene senza for-malità. L’organismo, nel proprio regolamento, sta-bilisce le regole del procedimento che, come noto, è caratterizzato per lo più da informalità e flessibilità. Il mediatore conduce l’incontro avvalendosi delle tecniche di mediazione ovvero di quelle tecniche che sono parte del suo bagaglio di formazione e che devono (o dovrebbero) essere state acquisite nel corso base che lo accredita come mediatore.

    La formazione del mediatoreI requisiti per diventare mediatori di cui ai d.m. 222 e 223 del 2004, attuativi dell’abrogata disciplina della conciliazione societaria, lasciano il posto alle previsioni del d.m. 18 ottobre 2010, n. 180, il qua-le, escludendo la possibilità per talune categorie di soggetti di diventare conciliatori di diritto, equipara tutti i candidati mediatori stabilendone un uguale percorso formativo. Ai mediatori viene così richie-sta la frequenza a un corso base di durata non infe-riore a 50 ore oltre a una prova finale di valutazione di durata non inferiore a 4 ore. Il corso deve consta-re di una parte teorica avente a oggetto tra l’altro la normativa nazionale, comunitaria e internazionale in materia di mediazione e conciliazione, e di una parte pratica comprensiva di sessioni simulate dai discenti. Devono, inoltre, essere affrontate la me-todologia delle procedure facilitative e aggiudica-tive di negoziazione e di mediazione e le relative tecniche di gestione del conflitto e di interazione comunicativa. Accanto al corso base, il mediatore deve aggiornare la propria formazione frequentando corsi teorici e pratici avanzati aventi a oggetto sempre approfon-dimenti relativi ai predetti argomenti. L’aggiornamento formativo non può essere inferio-re a 18 ore biennali. Il mediatore opera essenzialmente su tre piani: quello della comunicazione, quello della gestione del conflitto nonché della negoziazione. Per quel che riguarda la comunicazione, il più delle volte il mediatore deve ripristinarla fra le parti non essendo più efficace ai fini del raggiungimento di una solu-

    zione della lite. Il mediatore si servirà ad esempio della tecnica della riformulazione che prevede la parafrasi di concetti espressi dalle parti allo scopo di spingerle a confrontare la propria comprensione con quella del conciliatore e dell’altra parte. Attra-verso la riformulazione il mediatore potrà anche dare un nuovo orientamento al dibattito (per esem-pio, riportando le parti su elementi sui quali sono d’accordo). Con riferimento al piano della negoziazione, il me-diatore influisce, tra l’altro, cercando di separare le persone dal problema. Il conflitto viene vissuto molto spesso, soprattutto dai privati, quasi come un affronto alla persona. Il mediatore cerca di scindere il conflitto dalla persona al fine di agevolare la ne-goziazione. Per negoziare in modo efficace, secondo William Ury e Roger Fischer, si deve inoltre prima creare valore e poi dividerselo. Compito del mediatore è allora anche aiutare le parti a produrre più soluzioni possibili del conflitto, “allargare la torta”, come si usa dire. La tecnica utile in questo caso è quella del brainstorming. Da ultimo, il mediatore deve gestire il conflitto.Il mediatore deve saper fronteggiare situazioni complesse anche dal punto di vista emotivo. So-prattutto nelle sessioni separate, le parti, confidan-do nella riservatezza cui è obbligato il mediatore, abbandonano ogni reticenza per cercare la solida-rietà del mediatore. Il mediatore deve saper gestire tutto questo, cer-cando l’equilibrio tra il mostrarsi compartecipe e il non “farsi manipolare” dalle parti sino a perdere l’imparzialità. Occorre che il mediatore cerchi di creare empatia perché ciascuna parte partecipi in modo attivo al ragionamento dell’altra, senza per questo aderirvi. Trovare l’accordo nel disaccordo aiuta a ridimensionare i conflitti che talvolta supe-rano quanto a reciproche pretese, limiti di ragione-volezza. A conclusione di questi cenni all’attività del media-tore si può affermare che mediare, ovvero, ripren-dendo il significato etimologico della parola, stare in mezzo ai conflitti degli altri non è certamente facile. Il compito del mediatore è arduo; bisogna che egli sia preparato a un grandissimo sforzo di concentrazione e attenzione per saper cogliere tutto quanto può essere utile ai fini di progredire nella negoziazione. Tutti si è abituati dinanzi al giudice a udienze brevi e caotiche, non così la mediazione che richiede di essere gestita con pazienza e senza fretta. n

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    vita dEll’ordinE

    L’azione dell’Ordine nel 2010 e i progetti in fase di realizzazione

    Nel corso dell’assemblea degli iscritti, lo scorso 9 maggio, il presidente Gelosa ha indicato le priorità: scelta e inizio dei lavori per la nuova sede definitiva, prosecuzione delle collaborazioni con enti e istituzioni del territorio, promozione e valorizzazione costante della professione

    Il 2010 è stato l’anno del consolidamento, ma anche l’anno in cui si sono gettate le basi per una importante evoluzione organizzativa del nostro Ordine, in primis per quanto ri-guarda proprio la sede […]. Come esposto a

    novembre in sede di relazione programmatica, con rammarico abbiamo dovuto constatare che se alcu-ni percorsi si sono realizzati l’obiettivo primario di una rapida individuazione di una sede definitiva e comune per gli Ordini aderenti a Alpi Emmebi non

    Una nuova sedeper la nostra professione

    di GILBERTO GELOSA

    è stato raggiunto. Su pressioni del nostro Ordine, come sapete, è stata avviata la sede transitoria di via Borgazzi, che oggi ci ospita e che non è più la sede del solo Ordine ma è anche la sede dell’Associazione delle libere professioni di Monza e della Brianza, di Ellepi srl, società detenuta al 100% da Alpi Emmebi e dell’Ordine dei Consulenti del lavoro. Il mancato uti-lizzo effettivo delle strutture da parte degli altri ordini aderenti ad Alpi Emmebi e la sostanziale paralisi di ogni decisione relativa all’individuazione della sede

    Un momento della premiazione I rappresentanti dell’Ordine: da sin. Stefano Gandini, tesoriere, Carlo Luigi Brambilla, vicepresidente, Gilberto Gelosa, presidente, Maurizio Oggioni, segretario

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    definitiva ha convinto questo Consiglio a procedere in autonomia. Sulla base del mandato conferito con l’Assemblea di novembre, già a fine dicembre sono state aperte trattative su più fronti che dovrebbero condurci entro il 2011 all’inaugurazione della nuova sede. Come prima conseguenza di tali decisioni, sia-mo stati costretti a chiudere la sede di via Ticino e fino al raggiungimento della piena funzionalità della nuova struttura saremo talvolta ospiti di istituzioni e banche del territorio, soprattutto per gli eventi forma-tivi di maggior richiamo, non sostenibili dalla sola sala convegni di via Borgazzi […]. Attività centrale del 2010 è stato l’impegno di questo Consiglio sul fronte della tutela e della valorizzazione della nostra figura professionale sia essa declinata quale dottore commercialista, ragioniere commercialista o esper-to contabile. Siamo profondamente convinti che la professione debba fare un salto culturale importante assumendo nelle dinamiche economiche un ruolo di garanzia. Ciò di cui la società civile ed economica ha bisogno sono professionisti che individuino e cer-tifichino le informazioni utili per il fisco, con un ri-conoscimento pubblicistico della professione, che se ne assume la conseguente responsabilità. Va in questa direzione, ad esempio, la convenzione promossa in ambito Codis, Coordinamento degli ordini lombardi, con la Direzione Regionale delle entrate, per gli sgra-vi sopra i 500mila euro, da poco firmata. In questo particolare momento, poi, riteniamo importante con-tribuire a rimuovere ogni ostacolo che impedisca ai colleghi di competere ad armi pari sullo scenario eco-nomico locale e internazionale. In questo contesto ri-tengo fondamentale il ruolo e l’impegno personale di

    tante colleghe e colleghi che attraverso l’istituzione ordinistica si stanno impegnando a favore della pro-fessione. Mi riferisco, ad esempio, al Comitato pari opportunità, da poco costituito, inteso come effettivo strumento di analisi e di promozione delle politiche di sostegno agli iscritti, qualunque sia la loro situazione personale e non solo di genere […]. Come ogni anno in chiusura della mia relazione, per tradizione, lancio un messaggio a tutti i partecipanti di questa assem-blea e quest’anno, citando Gandhi, è il seguente: “la forza non deriva dalle capacità fisiche, ma da una vo-lontà indomita” e “è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”. Mentre per il primo messaggio mi sembra che non ci sia bisogno di ulteriori spiegazioni o delucidazioni in quanto questo Consiglio, i colleghi dottori e ragionieri commercialisti ed esperti contabili nulla hanno da temere o da provare per quanto con-cerne lo spirito e la loro indomita volontà di esercitare una professione difficile ma nello stesso tempo ricca di soddisfazioni, mi devo brevemente soffermare sul secondo poiché spesso, in diversi ambiti, anche istitu-zionali, vi sono dei pregiudizi nei confronti della no-stra categoria senza una reale sottostante situazione di fatto. Costantemente, il Consiglio dell’Ordine da me presieduto cerca di combattere questo preconcetto, ma purtroppo di pregiudizi devo parlare anche all’in-terno della categoria in quanto le attività che vengono poste in essere da questo Consiglio e dall’Associa-zione culturale spesso non sono considerate nella loro giusta dimensione ma con dei preconcetti per i quali invito i partecipanti e i colleghi che avranno il tempo di leggere questa relazione a tralasciare e su questo vorrei lanciare un ulteriore invito personale: valutate per le opere che facciamo e non per gli scopi presunti delle stesse attività che poniamo in essere. n

    Nel corso dell’Assemblea degli iscritti per l’approva-zione del consuntivo 2010, il bilancio è stato approvato a maggioranza, da tutti i presenti con un solo voto con-trario. Anche il progetto per la nuova sede è stato approvato a maggioranza, con delega al Consiglio per la scelta fra le due proposte. Nel corso dell’Assemblea sono inoltre stati consegnati i premi agli iscritti che risultano aver maturato il mag-gior numero di crediti formativi per le annualità dal 2006 al 2010.

    I responsi dell’Assemblea: bilancio, sede e premiazioni

  • dall’associazionE culturalE

    È stato eletto lo scorso 27 aprile in assemblea il nuovo Consiglio

    Tra conferme e rinnovamenti ecco quale sarà il gruppo al vertice dell’Associazione culturale per i prossimi 3 anni

    Sei cambiamenti e cinque conferme: è questo il risultato delle elezioni che hanno portato al rinnovo del Consiglio dell’Associazione culturale, lo scorso 27 aprile. In particolare, 7 elementi

    sono stati scelti o confermati dal Consiglio dell’Ordi-ne, mentre 4 (Daniele Corno, Stefania Bonando, Anna De Toni e Maria Isa Suanno) eletti direttamente in sede di assemblea. Dato interessante, inoltre, che 3 dei 6 nuovi consiglieri siano donne: segno che l’Associa-zione culturale sta dimostrando grande attenzione alla partecipazione femminile. n

    La nuova squadra subito al lavoro

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    Riccardo Luigi Tofani (presidente)Alessandro Beretta (vice presidente)Marco francesco Pirovano (tesoriere)Daniele Corno (segretario)Giuseppe Nicosia (delegato Consiglio Ordine)Giorgio Maria Sala (delegato Consiglio Ordine)Stefania Bonando (consigliere)fabio Antonio Carzaniga (consigliere)Anna De Toni (consigliere)Maria Isa Suanno (consigliere)Antonio Vetrano (consigliere)

    La formazione in campo

    Il nuovo Consiglio dell’Associazione culturale

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    di

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    nEws

    Circa 2,7 miliardi di euro: è questa la somma incassata dall’Agenzia delle entrate in Lom-bardia nel 2010 dall’attività di contrasto all’e-vasione (oltre il 25% delle somme entrate nelle casse dell’Erario a livello nazionale). Sul totale riscosso, 1,8 miliardi derivano da versamenti diretti (il 28% del totale naziona-le) e circa 854 milioni di euro da ruoli (oltre il

    In Lombardia contrasto continuo all’evasione

    La giunta provinciale ha approvato la delibera di com-patibilità con il Piano territoriale di coordinamento provinciale per l’intervento di recupero della ex Falck, un’area di 89.000 mq nel Comune di Arcore, un tem-po utilizzata come tubificio, sulla quale verrà insediata una volumetria di 115.000 mc, in gran parte destinata ad abitazioni e a un albergo. La Provincia ha conside-rato il progetto di riqualificazione di un’area dismessa un esempio virtuoso di imprenditoria, perché costru-ire sul già costruito è più difficile e costoso. «Il re-cupero dell’area ex Falck», hanno commentato Dario Allevi, presidente della Provincia di Monza e Brianza, e Antonino Brambilla, vicepresidente e assessore alla pianificazione territoriale e parchi, «è la prova provata che è possibile coniugare sviluppo economico e tute-la dell’ambiente riqualificando aree degradate senza compromettere i pochi spazi ancora liberi».

    Due auto per disabili finanziate dalle aziende: è questo l’obiettivo dell’assessorato alle po-litiche sociali e servizi alla famiglia del Comu-ne di Seregno. L’accordo con Mgg Italia s.r.l. (Mobilità garantita gratuitamente) prevede l’uso in comodato gratuito per quattro anni di due Fiat Doblò per il trasporto dei disabili. Il meccanismo è chiaro: le aziende del territo-rio finanziano il veicolo apponendo sulla car-rozzeria il loro marchio o messaggio pubbli-citario. Sui veicoli saranno identificati precisi spazi, in coincidenza del fronte, retro e delle fiancate, dove le aziende potranno inserire loghi e pubblicità. I mezzi potranno traspor-tare fino a 5 passeggeri (disabili o anziani) e saranno attrezzati con un elevatore omo-logato a norma di legge, per il trasporto di persone diversamente abili in sedia a rotelle. «Questa iniziativa, che attraverso una part-nership con i privati continuerà e amplierà un progetto di sostegno alla persona avviato in passato», spiega il vicesindaco e assessore alle politiche sociali e servizi alla famiglia At-tilio Gavazzi, «è un esempio concreto di ‘go-vernance’ del territorio, in ambito sociale».

    Seregno supporta i disabili

    Via libera al programma integrato sull’area ex falck di Arcore

    Tutti giù per terra: ecco il nome del primo Farmer market della Brianza inaugurato a Monza lo scorso 14 maggio alla presenza di Giulio De Capitani, asses-sore all’agricoltura della Regione Lombardia, Daniele Petrucci, delegato del presidente della Provincia di Monza e Brianza, Andrea Monti, assessore provin-ciale al turismo e Fabio Dadati, assessore all’agricol-tura della Provincia di Lecco. Ogni secondo sabato del mese una ventina circa di agricoltori della Grande Brianza (Monza, Como e Lecco) si incontrano sull’a-rea dell’ex macello di Monza per vendere diretta-mente dal produttore al consumatore, frutta, verdu-ra, pane, salumi, dolci vini e birra, tutti ovviamente Made in Brianza. «Vogliamo far riscoprire i prodotti tipici del territorio», ha affermato Giulio De Capitani, «coltivati con passione e caratterizzati dall’elevata qualità. L’agricoltura lom