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IL DOLORE AL FEMMINILE: oncologico, cronico e da parto IL DOLORE AL FEMMINILE: oncologico, cronico e da parto In ricordo di Anna Merzagora A cura di Francesca Morelli interno A5 dolore:interno A5 dolore 28-05-2010 17:20 Pagina 1

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IL DOLOREAL FEMMINILE:oncologico, cronico e da partoIL DOLOREAL FEMMINILE:oncologico, cronico e da parto

In ricordo di Anna Merzagora

A cura di Francesca Morelli

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L’Organizzazione Mondiale della sanità (O.M.S.) nel 1947ha definito la salute come “stato di benessere fisico, psichicoe relazionale”, di conseguenza nel momento in cui uno diquesti tre elementi è alterato o viene a mancare, si puòrilevare lo stato di malattia.A partire da questa definizione, risulta astratto e quantomenolimitativo considerare il dolore solo puramente fisico. Essoinfatti abbraccia una molteplicità di componenti, le piùimportanti sono di ordine psicologico-emotivo il cui pesovaria da persona a persona. Il dolore, nella nostra cultura,va dunque affrontato tenendo presenti tre dimensionifondamentali. La prima, di tipo sensitivo, porta a valutaregrazie agli studi sul dolore finora attuati, che esistonoimportanti differenze nella percezione del dolore fra uominie donne dove, nella maggior parte dei casi, sono questeultime a denunciarne livelli più severi, più frequenti e dimaggior durata. Le ragioni vanno ricercate nelle diversitàanatomiche, ormonali e fisiologiche che caratterizzano idue sessi. Basti pensare al dolore correlato alla gravidanza,al ciclo mestruale, alle emicranie quotidiane, alla maggiorelongevità della donna che la espone a malattie degenerativee patologie croniche, per comprendere come il dolorepossa trasformarsi in un vero e proprio dramma per chi lovive.Il dolore, dunque, fin dal suo apparire non va sottovalutato:è il primo campanello di allarme che il corpo invia, unasorta di meccanismo protettivo che può e deve contribuirea sviluppare attenzione al mantenimento della salute.Rispondere sensibilmente al dolore, come avviene conmaggiore facilità nella donna, non diventa quindi unadebolezza bensì una forza adattiva, un monito che avvisasulla necessità di fare qualcosa per evitare che un semplicedolore diventi sintomo prolungato e lesivo del benesseredella persona.La seconda dimensione da considerare è di tipo emotivo.Nella donna il dolore è vissuto più intensamente rispettoall’uomo poiché esiste un rapporto molto stretto con lostato più intimo, condizionato dal fatto che essa è spessochiamata dalla vita ad occuparsi anche del dolore deglialtri, ad accettare situazioni precostituite che l’hannoportata ad affrontare, se non a subire, il dolore e ariconoscerlo. È quindi più probabile che nella donna aldolore fisico si aggiunga un dolore mentale e dell’animache le fa vivere questo stato con maggiore empatia.Ed infine una terza dimensione di tipo sociale, che da unlato pone attenzione all'evidenza che le donne nonricevono trattamenti adeguati alle proprie caratteristiche di

FrancescaMerzagora

Presidente,Osservatorio Nazionalesulla salute della Donna,

Milano

O.N.Da

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genere, e dall'altro fa emergere la necessità di riconoscerecome il dolore possa generare uno stato fisico epsicologico tale da essere definito una malattia a tutti glieffetti, con condizioni di depressione e di distacco dallavita quotidiana.

Forti delle ripercussioni che il dolore può avere sul naturaleandamento e sulla qualità della vita, diventa un impegnodominante combattere il dolore “inutile”. I mezzi di cuioggi disponiamo per alleviare la sofferenza innanzituttofisica sono molteplici, ma essi devono tener conto del tipodi dolore di fronte al quale ci troviamo. È vero comunqueche il dolore deve essere lenito, senza ritardo, senza posae senza tregua ed in qualunque tipo di malattia.Esistono dolori che cessano quando è possibile curarebene la causa che li provoca ed altri in cui le molteplicimodalità terapeutiche antidolorifiche, non arrivano o nonpossono eliminare la causa del dolore ma che, comunque,si prefiggono di ridurre o abolire il dolore stesso.Le energie e gli sforzi vanno incentrati in questa direzionepoiché non vi è confine di fronte al rispetto della vita, nonvi è confine che freni la scienza nell’obiettivo di spostare ilfuoco dal “curare” il dolore a “prendersene cura”, perchéseppure esso faccia parte del naturale ciclo vitale, nondeve diventare esperienza mortificante e avvilente per ladignità di ogni creatura umana. Ma ancora oggi, a volte, ècosì.Non disponiamo di indagini epidemiologiche esaurienti alivello paneuropeo in grado di definire la portata delproblema del dolore. Tuttavia un numero di ricerche svoltein un raggio ben più limitato è stato sufficiente perdimostrare, oltre ogni dubbio, che in Europa il dolore è unodei principali problemi sanitari.Il nostro impegno vuole partire da qui, cominciando asensibilizzare sul tema del dolore con azioni concrete.Questa pubblicazione è dedicata al ricordo di una personaa me molto cara, Anna Merzagora, una zia che ci ha lasciatomolto presto combattendo il dolore per anni e trovandofinalmente un po’ di sollievo grazie al Prof. Cesare Bonezzia cui va il ringraziamento di tutta la mia famiglia.

Perchèuna pubblicazione

sul dolore

Perchèuna pubblicazione

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Giugno 1994 in visita a Roma: mia moglie ha un’occlusioneintestinale improvvisa, un tumore all’intestino; salvata conuna laparatomia in urgenza; poi in una via crucis di cinqueanni, metastasi al fegato, altre occlusioni, altre seilaparatomie, infinite chemioterapie, sofferenze, speranze,delusioni; tutte o quasi le cliniche di Milano, e poi Bolzanod’urgenza, in New Jersey e così via.Il cancro è stato curato benissimo, sia con la molteplicechirurgia sia con una terapia d’avanguardia, praticata congrande umanità dal dott. Giovanni Paganelli dello IEO, gliAnticorpi Monoclonali, che portano molecole radioattivesulle cellule malate e solo su di loro.Lei una forza incredibile: sempre pronta a combattere e asperare; appena sta un poco meglio corre al suo lavoro, peraiutare gli altri, anche se quasi non sta in piedi; segue inogni momento i figli lontani e ha la forza di mantenere icontatti con i veri amici, che le saranno vicino finoall’ultimo.Nel gennaio del 1999, dopo sette laparatomie, sta un po’meglio; andiamo in montagna e decide di rimettersi gli sci:un paio d’ore di felicità, come una bambina, andando su egiù con lo skilift baby, lei che sciava bene su qualsiasi pista.Dopo due mesi la metastasi al fegato si espande fino alcostato: arriva un dolore atroce e senza tregua.I dolori del post-operatorio erano forti ma potevano esserecontrollati e duravano solo qualche giorno; adesso bisognaandare a dosi sempre crescenti di morfina, che toglie ildolore ma intontisce completamente, spegne ogni forza ein più blocca l’intestino; Anna è disperata e non accetta dinon essere più se stessa.Nel grande istituto che sta curando benissimo il cancro, leparole Terapia del Dolore e Ospedale Senza Dolorevogliono dire prescrivere e fare iniezioni di morfina … ebasta.Io non so cosa fare, ma ne parlo in giro e finalmente ilchirurgo che l’aveva operata due o tre laparatomie primami dice di portarla a Pavia, dal Prof. Bonezzi: la sua edanche la mia vita cambiano.Bonezzi dirige il reparto di Terapia del Dolorenell’ospedale della Fondazione Maugeri di Pavia: la prendein cura con intelligente dolcezza e pochi giorni dopo leapplica, sotto la cute, una micro-pompa che invia nellaspina dorsale una quantità infinitesima di morfina: è laPeridurale, da anni usata anche per il parto indolore.Il dolore e il rintontimento sono finiti, Anna ritorna sestessa ed è felice, anche se la prognosi non cambia.A quel punto sono felice anch’io e nello stesso tempoarrabbiato, anzi furioso (avrebbe reso meglio il concettouna parolaccia, ma non sta bene): ma com’è possibile, inun Paese civile e per di più a Milano, che quasi nessunospedale pratichi le terapie del dolore che in altri paesivicini e lontani sono normali? Perché Anna, insieme a

La FondazioneAnna MerzagoraLa Fondazione

Anna Merzagora

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migliaia di altre persone, avrebbe dovuto soffrire finoall’ultimo, se il dolore fisico si può combattere e senzaumiliare la persona?Eppure i nostri medici sono preparati, vanno ai congressi,leggono le grandi riviste mediche, vanno in stage in tantipaesi, applicano ogni giorno nuove terapie: perché per ilDolore no? Perché siamo cattolici e Cristo ha tanto soffertosulla croce? No, una risposta così non è possibile: Cristonon avrebbe risposto così.Nei primi giorni di gennaio del 2000 l’ultima occlusioneintestinale, inoperabile: dobbiamo solo attendere.Anna è stanca, ha capito tutto e teme per il percorso cheha davanti, ma quasi non sente alcun dolore fisico; inclinica può e vuole ricevere amici, figli e i quattro nipotiniche nel frattempo sono arrivati.Anna muore il 19 maggio 2000, coperta di baci e carezze,ascoltando le Variazioni Goldberg e senza alcun dolorefisico.Dopo un paio di mesi, in uno stato d’animo che nonoccorre descrivere, sento il bisogno di fare ancoraqualcosa per lei e nello stesso tempo sento crescere,insieme alla gratitudine per il Prof. Bonezzi, lo sdegno peril dolore che lei ha dovuto sopportare e che altri malatineppure sanno che potrebbero evitare.Anna ha lasciato dei gioielli, alcuni normalissimi e altri, difamiglia, di grande valore, che lei per altro non metteva: ioe i figli decidiamo di vendere i gioielli più importanti e didestinare il ricavato a un fine coerente con la vita di Anna,sempre concretamente vicina a chi soffre e non solo didolore fisico.Vado a trovare il Prof. Bonezzi che mi dice del suo sognonel cassetto: istituire un corso di Terapia del Dolore,ovviamente per medici già avviati nella professione, masenza una certezza di pareggio economico il suo ospedalenon può far partire nulla.Alla fine del 2002 e in pochi mesi la Fondazione ècostituita mentre noi vendiamo i gioielli di Anna conun’asta da Sotheby’s.I nostri obiettivi erano:• Diffondere la conoscenza generica della Terapia del

Dolore tra i medici specialisti di tutti i tipi.• Dare un’iniziale preparazione di Terapia del Dolore ai

giovani specializzandi in Anestesiologia o Oncologia,orientandoli, verso una carriera di terapisti del dolore.

• Informare malati e parenti dell’esistenza della Terapia delDolore, dando una semplice idea di come e dove sicurano i diversi dolori.

• Spingere, a livello regionale e nazionale, i politici perchéla Terapia del Dolore fosse riconosciuta dalle rispettiveASL e quindi rimborsata.

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Non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti o raggiunti inpieno, però qualcosa è stato fatto:• Abbiamo reso possibile una prima formazione in Terapia

del Dolore di 65 medici già specializzati e 156 medicispecializzandi, un terzo dei quali ultimi ha scelto dilavorare nel settore dolore.

• Abbiamo realizzato, insieme all’Associazione Amici diAnna Merzagora Onlus, una brochure d’informazioneper malati e familiari, comprensibile per chiunque,distribuita dalle farmacie di Milano e Pavia e poi inseritain un sito specializzato nel dolore.

• Abbiamo acquistato per la scuola del Prof. Bonezziattrezzature didattiche e un prezioso apparato per laricerca, unico in Italia.

• Tra il 2003 e il 2004 abbiamo finanziato soggiorni distudio in Svizzera, Germania, Belgio, Spagna e U.S.A.per tre medici italiani, che praticano e studiano laTerapia del Dolore ad un elevato livello scientifico eprofessionale.

Adesso i soldi iniziali e i pochi altri che siamo riusciti atirar su negli otto anni di vita della Fondazione stanno perfinire e quindi liquidiamo la Fondazione, ma siamoabbastanza sereni perché crediamo che le risorse e illavoro che abbiamo messo nella Fondazione siano serviti aqualcosa.Il problema dolore c’è ancora, ma qualche cosa si è mossae continua a muoversi, forse anche un po’ per meritonostro: siamo stati in tanti a spingere e adesso la gente e igiornali ne parlano e sta per uscire una nuova legge chericonosce l’esistenza della Terapia del Dolore e ne prevedel’insegnamento con una super-specializzazione successivaalla specializzazione in Anastesiologia; piano pianocominceranno ad arrivare medici competenti in materia etutto si metterà in moto, perché il problema è vero egrande: prima si moriva presto e adesso si muore più tardi,ma alcuni sfortunati devono pagare un prezzo altissimo,soffrire ferocemente durante tutta la vita in più che gli èstata donata o imposta.Ovviamente Anna Merzagora non ha avuto nessunbeneficio da tutto quello che abbiamo fatto in suo nome;lei è morta, non ha saputo nulla del nostro impegno eormai è solo un nome: chi lei è stata lo sanno e loricordano solo i pochi che l’hanno conosciuta e quantoprima tutto sarà dimenticato, come tutto e tutti.Forse, oltre ai malati che soffriranno di meno e ai medici aiquali abbiamo dato una mano, l’unico altro che ha avutoun beneficio sono stato io, perché per qualche anno l’hosentita quasi viva, mentre ero impegnato per la Fondazionee nello stesso tempo cercavo di ricostruire il pezzo di vitache mi è rimasto.

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Comunque si va avanti: la Fondazione chiude, ma ilricordo di Anna rimane vivo dentro di me e nello stessotempo, per gli altri, passa nelle mani di FrancescaMerzagora Tedeschi, la “nipotina” adorata di Anna, figliadella sorella di Anna, Nicoletta che, anche lei, ci halasciato troppo presto.Francesca, dopo la Bocconi e dopo quindici anni didirigenza alla Fondazione Balzan, si è occupata solo dinon profit, presso l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO)fondando Sottovoce, poi presiedendo per 10 anni il ForumItaliano di Europa Donna e fondando e gestendol’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna(O.N.Da) e sul suo sito sta organizzando un settorededicato al Dolore, anche degli uomini, nel quale saràricordata la zia Anna.

Io sono sicuro che la mia “nipotina” Francesca faràbenissimo, prima di tutto per informare e aiutare chi habisogno di una guida per uscire dal Dolore e poi per farrivivere, per qualche attimo, il ricordo della zia.

Sergio Cesa

Anna Merzagora

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L’Ingegner Cesa ha già descritto nei particolari la nascitadella Fondazione e tutte le iniziative che sono state attuate.Tutto è nato grazie alla decisa volontà, maturata durante lasua triste e diretta esperienza, di portare alla gente comunela conoscenza della possibilità di non soffrire grazie allaterapia del dolore e ai medici il sapere per poter affrontarei differenti tipi di dolore. Si è messo vicino a noi e ci haaiutato in questi due ambiziosi progetti, dimostrando tuttala sua voglia di impedire che altri malati potessero soffrire,come sua moglie aveva sofferto. Molto è stato fatto ecertamente di più di quanto lui abbia percepito eraccontato. Attorno alla scuola si è creato un gruppo dimedici che continua a frequentare il centro, si aggiorna epratica la terapia del dolore in modo sempre più modernoed efficace. Molti di questi medici devono alla Fondazionela possibilità di essere quello che oggi sono.La Fondazione ha vissuto i momenti cruciali della nascitae della diffusione di un nuovo sapere scientifico portandoun contributo veramente importante. Abbiamo vistodiffondersi la conoscenza della diagnosi e della cura deldolore, abbiamo visto nascere i primi centri di terapia deldolore in Italia, abbiamo visto negli ospedali crescere lasensibilità al soffrire e registrare nella cartella clinical’entità del dolore come segno vitale, abbiamo vistoscrivere una legge che sta seguendo l’iter parlamentare eche definirà i modi e criteri per la costruzione di una retenazionale di centri dediti alla lotta al dolore inutile. Egli hasempre capito i momenti critici e i successi ottenuti; hagioito con noi e ci ha consolato nei momenti di delusione.Ma il vero obiettivo dell’Ingegnere è sempre stato quello dilottare contro una mediocre conoscenza delle cure daadottare. Egli voleva far sapere che si può e si deve nonsoffrire senza vivere in uno stato di sonnolenza e diinattività. Aveva vissuto vicino a sua moglie il bisogno dicomunicare, di vivere e di condividere gli ultimi mesi edodiava la confusione e l’isolamento in cui la moglie avevavissuto a causa dei farmaci che assumeva per combattere ildolore.A lui, che ha sempre avuto il dubbio di non avere fattoabbastanza, dico grazie. Lo dovrebbero dire i pazienticurati per gli aiuti che ci ha dato, i medici che hacontribuito a formare, le Istituzioni che poco hanno fattoper diffondere la cultura della lotta al dolore.

Cesare BonezziPrimario, Unità di

Medicina del Dolore,Fondazione SalvatoreMaugeri IRCCS Pavia

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Il dolore è un segnale di allarme finalizzato ad allertare ilcorpo sulla presenza di stimoli pericolosi, opotenzialmente tali, nell’ambiente o nell’organismo stesso.Esso per la sua funzionalità può essere dunque un alleatoo un nemico. La sua insorgenza è comunemente dovuta alesioni dei tessuti oppure a qualche tipo di malattia e la cuiintensità è solitamente commisurata al tipo di problema.

Il dolore di origine neoplastica rappresenta un problema dienorme importanza sanitaria e sociale. Esso, infatti, è ilsintomo più frequente, si può dire quasi costante, di ognitipo di malattia neoplastica. Nonostante i progressidell’oncologia ed i moderni metodi di cura dei tumori,spesso nella sua evoluzione il cancro si accompagna adolori severi con punte più elevate nei tumori ossei, delpolmone e del pancreas, e in tutte le forme chedeterminano formazioni di metastasi ossea. Il dolore èpresente nel 20-50% dei pazienti con cancro in faseiniziale (alla diagnosi) ed in più del 70% di quelli in faseavanzata e terminale.Eppure il dolore da cancro può essere efficacementecontrollato nella grande maggioranza dei pazienti con unprogramma integrato fra trattamenti farmacologici perl’analgesia e terapie anti-cancro (radio-chemio edormonoterapia). Il dolore non è un sintomo isolato: nausea,vomito, astenia e deterioramento delle facoltà cognitivecontribuiscono ad aggravare la sofferenza globale delmalato. La terapia farmacologica è il cardine deltrattamento, riuscendo a controllare il dolore in almeno il90% dei pazienti; solo una piccola minoranza ha bisognodi misure più invasive (terapie spinali, neurolitiche eneuroablative). Malgrado ciò, il dolore è sottostimato etrattato inadeguatamente. In Italia solamente il 20% deipazienti che ne avrebbero bisogno riesce ad accedere acure antalgiche efficaci.

Cos’è il dolore da cancro?Il dolore da cancro può essere considerato come unfenomeno duplice: la percezione della sensazione e lareazione emozionale che da essa scaturisce.L’interpretazione e la risposta che il malato di cancro ha inconseguenza dello stimolo doloroso varia con la cultura,con la morale, con l’umore, con le precedenti esperienzedolorose, con l’aspettativa di guarigione e con il significatoche viene attribuito al dolore.Il dolore oncologico ha delle caratteristiche moltopeculiari rispetto a tutti gli altri dolori anche gravi.Generalmente cresce con l’evolvere della malattia ed haun totale coinvolgimento della personalità del malato e del

Il doloreIl dolore

Il dolore oncologicoIl dolore oncologico

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contesto sociale in cui vive. Si presenta in svariati modi:localizzato o generalizzato, puntorio, gravativo, urente, econ caratteristiche particolari secondo la struttura colpita(ossea, viscerale, muscolare, tendinea e altro). Gli espertidistinguono un dolore nocicettivo (dovuto alla trasmissionedel trauma al sistema nervoso centrale da parte di nervinormali), uno neuropatico (determinato da una lesioneprimitiva o disfunzione del sistema nervoso e può essereperiferico e centrale), uno psicogeno, ognuno dei quali sicura in modo diverso.Sebbene il nostro organismo sia capace di riconoscere ilsegnale doloroso, purtroppo non è preparatogeneticamente, se non in piccola misura, a cessarne lostimolo dopo che ha avvertito il danno in cui si è incappati.Da qui nasce il dovere morale per il medico di potenziarei processi endogeni di protezione dell’organismo contro ildolore, in modo che:

• il minore dolore permetta di partecipare alla vita socialee familiare;

• tutte le energie siano concentrate nella cura della malattia;

• sia possibile una qualità di vita dignitosa e più serenapossibile.

Le cause del dolore oncologicoIl dolore da cancro può essere dovuto a diversi meccanismiin grado di produrre dolore che, variamente combinatinelle differenti situazioni cliniche, possono condurre aquadri clinici complessi. Le ragioni di questa complessitàdipendono dal fatto che il dolore da cancro può esseredovuto a:

1. l’invasione tumorale della pelle, dei muscoli, delle ossae delle articolazioni. La crescita del tumore in questesedi può comportarne la compressione o l’infiltrazionecon sostituzione del tessuto normale con quellopatologico;10

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2. l’invasione tumorale dei visceri. Nel caso dei viscericavi è possibile che vi sia la compressione di un canaleche trasporta un liquido organico, per esempio le viebiliari o l’uretere, mentre nei visceri pieni, come ilfegato, l’invasione tumorale può comportarne l’aumentodi volume con dolore da distensione della capsula dirivestimento;

3. l’invasione tumorale dei nervi. La crescita di un tumorein prossimità dei nervi può produrre un dolore dainfiammazione o da distruzione del nervo.

Le cause organiche del dolore oncologico, inoltre, possonoessere dovute al coinvolgimento diretto da parte dellaneoplasia, alle complicanze della terapia antineoplastica,alle complicanze della terapia antalgica, alle alterazionibiochimiche e fisiologiche legate alla neoplasia, apatologie dolorose non legate al cancro o alla terapia e allacombinazione dei diversi fattori.Riconosciuto il meccanismo che produce il dolore, essopuò essere controllato, con una adeguata terapia. Lapossibilità di applicare tecniche antalgiche specialistichein grado di controllare il dolore è compito dell’algologoche valuterà la situazione in base:

1. al meccanismo che produce il dolore,

2. alla distribuzione del dolore,

3. alla fase di malattia, all’aspettativa di vita del paziente,al suo atteggiamento psicologico, alle sue preferenzeterapeutiche, alle sue abitudini di vita e di lavoro ed allasue reali aspettative.

Metodi per curare il dolore da cancroEsistono delle scale e dei questionari per quantificare ildolore che possono aiutare a valutarne l’intensità. La piùdiffusa è la Scala Analogica Visiva (VAS) in cui il malato èinvitato ad identificare il dolore con un numero il cuimassimo è 10. I valori compresi tra 1-3 identificano dolorilievi, tra 3-4 dolori medi e tra 5-10 dolori gravi.

Le principali metodiche per controllare il dolore da cancroconsistono in:

1. trattamenti farmacologici, preferibilmente per via orale,con gli analgesici (anti-infiammatori e morfinici) se ildolore dipende dall’invasione tumorale della pelle, deimuscoli, delle ossa, delle articolazioni e dei visceri o

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con i farmaci per il dolore neuropatico se il doloredipende dall’invasione tumorale dei nervi;

2. trattamenti farmacologici per via spinale.

In Italia l’attenzione rivolta al tema del dolore cronico èancora molto scarsa e nonostante il riconoscimentogeneralizzato del Diritto di accesso alla terapia del doloreper tutti i cittadini malati, nel nostro Paese il dolore vieneancora sottovalutato e trattato in maniera inadeguata.

I cittadini segnalano ostacoli di vario genere nell’accessoalla terapia del dolore cronico ma soprattutto nelmantenimento di uno stadio di dolore tale da permettereuna vita quotidiana di qualità.Secondo uno studio condotto dalle Associazioni Europee(EFIC) facenti capo all’Associazione Internazionale per loStudio del Dolore (IASP), il dolore cronico colpisce inprevalenza le donne. In Occidente a soffrirne sono ben 12milioni: il 39,6% lo sperimenta nel proprio quotidiano,contro il 31% degli uomini.

Che cos’è il dolore cronico?Se un dolore perdura da più di sei mesi senza che le curemediche o chirurgiche, rivolte alla malattia responsabile,abbiano apportato sollievo, può essere definito cronico.Diventa così un indesiderato compagno di viaggio che nonabbandona mai e che rende estremamente più difficilecondurre una vita quotidiana normale. Il dolore, a questostadio, diviene un sintomo inutile che va trattato nel modopiù tempestivo e completo possibile.

Quali sono le cause del dolore cronico?Il dolore cronico è il più delle volte riconducibile a:• Una malattia degenerativa (come nelle artrosi, primarie o

secondarie a traumi o a lavori usuranti) o una patologiainfiammatoria (artriti, spondiliti).

• Una patologia del sistema nervoso periferico o centrale(da compressione di nervi o loro radici, da strappamentodelle radici, da ictus).

• Una malattia che ha provocato un danno del nostrosistema di percezione del dolore e che, seppur eliminata,lascia come tragica conseguenza il dolore (dolore daamputazione, da interventi chirurgici ecc).

Il dolore cronicoIl dolore cronico

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Il dolore cronico può essere influenzato anche dallo stile divita, da scompensi alimentari, fumo, abuso di alcol odroghe, da inattività fisica.

Chi ne può essere colpitoIl dolore cronico colpisce in prevalenza le donne, glianziani, i soggetti con altre malattie croniche (diabete,artrite o problemi alla schiena) o interessati da disturbid’ansia o depressione. Non è sempre possibile prevenire ildolore cronico, ma se si interviene in modo tempestivo emirato possiamo impedire che al dolore si associno tutte lealtre conseguenze che esso è in grado di generare e quindila possibilità che insorga uno stato vero e proprio di“malattia dolore”.

Perché sensibilizzare alla prevenzione e cura del dolorecronico?Se trascurato, le conseguenze del dolore cronico possonodiventare importanti e condurre in forma progressiva aduna “malattia-dolore” caratterizzata da:• Immobilità con conseguente deperimento dei muscoli,

delle articolazioni, ecc.• Depressione del sistema immunitario e aumentata

suscettibilità alle malattie• Disturbi del sonno• Inappetenza e malnutrizione• Dipendenza da farmaci• Eccessiva dipendenza dalla famiglia o da altri addetti

all’assistenza• Abuso o uso non appropriato dei servizi sanitari• Scarso rendimento sul lavoro, invalidità• Isolamento da società e famiglia, chiusura in se stessi• Ansia, paura, frustrazione, depressione, suicidio

Le forme di dolore cronicoDa vari anni, nel mondo scientifico, sta assumendocrescente evidenza l’osservazione che molte dellepatologie che comportano dolori cronici tendono ad avereuna maggiore incidenza nel sesso femminile. Si sta cosìampliando la lista delle patologie caratterizzate dalsintomo dolore per le quali la donna sembrerebbepresentare una particolare suscettibilità. Tra queste hannouna particolare rilevanza:• La lombalgia e cervicoalgia: un dolore che colpisce la

regione lombare o cervicale (protrusioni o ernie discali,spondiliti, spondiloartrosi, crolli vertebrali daosteoporosi, metastasi tumorali).

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• Le vasculopatie periferiche che causano la riduzione delcalibro o l’infiammazione dei vasi sanguigni perifericicon una possibile evoluzione verso la trombosi.

• Le neuropatie dolorose, generate da compressioni deinervi, scompensi nutrizionali, diabete, alcolismo,infezioni e patologie autoimmuni, insufficienza renale ocancro.

• La cefalea ed emicrania nelle sue diverse forme(vasomotoria, muscolo tensiva, ecc).

• La fibromialgia una forma di dolore muscolo-scheletricodiffuso, accompagnato da affaticamento moderato osevero e da una ridotta resistenza alla fatica.

• L’artrosi, una malattia cronica degenerativa che interessale cartilagini articolari.

La diagnosiNell’affrontare questo tipo di patologie è molto importanteavvalersi di un approccio specialistico in quanto occorreconsiderare i disturbi correlati al dolore cronico nei loromolteplici fattori ed aspetti, che sempre coinvolgono lasfera somatica e psicologica. Per questo è necessariorivolgersi a centri e strutture specializzate dove è possibilericorrere a un lavoro di équipe, garantito dalla presenza didifferenti e specifiche figure professionali, in grado divalutare tutte le svariate sfumature che la complessità diquesti disturbi tende a generare.

Le opportunità di cura

La scelta della terapia dipende dal tipo specifico di dolore,dalla sua gravità e dal successo delle terapie precedenti. Leopportunità per il controllo del dolore sono costituite da:

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� Farmaci analgesici oppiodi e anti-infiammatori per viaorale, rettale, transdermica e per iniezione (intramuscolare,endovenosa, sottocutanea).

� Farmaci antipilettici e antidepressivi per il controllo deldolore da lesione nervosa.

� Farmaci cortisonici assunti generalmente per bocca almattino.

� Neurostimolazione: stimolazione elettrica che va dallastimolazione della cute alla più complessa stimolazionedei cordoni midollari o dei nervi periferici.

� Blocchi delle vie nervose: applicazione di un anesteticolocale e/o farmaci steroidei mediante un’iniezionenell’area dolorosa.

� Interventi percutanei minivasivi sulla colonna vertebrale,a livello delle faccette articolari, dei dischiintervertebrali.

� Termolesioni a radiofrequenza delle afferenze sensitivealle strutture sofferenti.

� Interventi di chirurgia in caso di problemi strutturali allaschiena o di ernia del disco.

� Altre terapie: chiropratica con manipolazione dellearticolazioni, agopuntura.

� Fisio-chinesiterapia che aiuta a ripristinare la funzionalitàdi articolazioni e muscoli irrigiditi.

� Sostegno psicologico e terapia cognitivo-comportamentale.

Il dolore è l’aspetto del parto che più preoccupa la maggiorparte delle donne, almeno nella nostra cultura. Infatti essoviene classificato come uno dei dolori di intensità piùelevata che l’organismo umano possa percepire. Sicomprende pertanto come l’uomo sin dall’antichità abbiacercato di alleviare “le doglie” ricorrendo a varie soluzionidisponibili per quelle epoche: bevande soporifere a base dialcool, sostanze morfino simili, estratti da radici e piante ecosì via. Ma è solo con l’avvento dell’anestesia modernache il trattamento del dolore durante il parto ha avuto unasua applicazione clinica. La prima descrizione dell’usodell’etere durante il parto risale al 1847 (Edimburgo –Scozia), mentre la prima applicazione dell’anestesiaregionale risale agli inizi del 1900 (Basilea – Svizzera). Daallora di tempo ne è passato e grazie all’aumento delleconoscenze ma soprattutto alla disponibilità di nuovifarmaci sicuri, efficaci e potenti il ricorso alle tecniche dianalgesia durante il travaglio da parto ha avuto unprogressivo sviluppo ed una sempre più vasta applicazione.15

Il dolore da partoIl dolore da parto

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…dove siamo arrivatiOggi il controllo farmacologico del dolore da parto, è alcentro di un acceso dibattito che riporta in primo piano ilsignificato fisiologico di tale dolore che, in questo caso, halo scopo di guidare le azioni della madre durante iltravaglio e il parto. Infatti la donna assume istintivamentele posizioni più antalgiche in cui ci sono minore resistenzae minore compressione, al fine di proteggersi da possibilidanni al bacino, al collo dell’utero e al perineo e, nellostesso tempo, proteggere il bambino da un’eccessivacompressione. Non solo, il dolore ha anche un’azione distimolo alla produzione di ossitocina, necessaria per ilcorretto svolgimento del travaglio e del parto, e diendorfine, che aumentano nella madre e nel bambino lostato di benessere e la capacità di tollerare il dolore.

Il controllo del dolore da partoPer far fronte al dolore del travaglio e del parto oggi sonopercorribili due vie distinte di analgesia: quella fisiologicae quella farmacologica.

L’analgesia fisiologica si basa su diverse tecniche naturaliche hanno lo scopo di mettere la donna nelle condizioni diaffrontare e reagire attivamente al dolore che non vieneannullato, ma mantenuto ai minimi fisiologici.

Le principali tecniche di analgesia naturale ricorrono a:• Tecniche di respirazione: il respiro è la prima funzione

vitale, in grado di favorire l’eliminazione dello stress,sciogliere le tensioni muscolari e migliorarel’ossigenazione del feto e della placenta.

• Tecniche di visualizzazione che facilitano l’interazionetra mente e corpo favorendo lo svolgimento di tutte lefasi del travaglio e del parto e il legame con il propriobambino.

• Il lavoro corporeo che ha lo scopo di preparare il fisicoal parto attraverso lo scioglimento delle tensionimuscolari, la mobilizzazione del bacino e della colonnae una maggiore percezione del proprio corpo.

• Gli impacchi, i massaggi e la musica che aiutano ilrilassamento, riducono l’ansia, lo stress, la tensionemuscolare e alleviano il dolore.

L’analgesia farmacologica, invece, si basa sulla somministrazionedi analgesici, anestetici o narcotici, e può essere effettuata adue livelli: con la somministrazione intramuscolare,endovenosa o inalatoria di sedativi e narcotici o, piùfrequentemente, con l’analgesia epidurale (o peridurale).16

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Qualunque tecnica si decida di utilizzare, fattori essenzialisono un’adeguata informazione e una giusta preparazione,anche psicologica, in modo che il dolore non vengaamplificato dalla paura e dalla tensione.

L’analgesia epiduraleL’epidurale è una analgesia di tipo medico. Si tratta di unatecnica anestesiologica che consente di operare in salaoperatoria tenendo sveglio il paziente. Si praticaintroducendo un ago attraverso due vertebre fino araggiungere lo spazio epidurale che è posizionato fra ladura madre (una delle tre meningi che avvolgono ilmidollo spinale) e la colonna vertebrale. Una voltaraggiunto lo spazio epidurale si può iniettare l’anesteticolocale direttamente in un’unica soluzione o, piùfrequentemente, attraverso un piccolo catetere. Lasomministrazione di farmaci viene modulata a secondadell’intensità del dolore nei vari momenti del travaglio,restando tuttavia sempre in concentrazioni molto bassepoiché l’effetto vuole essere analgesico e non anestetico(cioè si elimina il dolore del travaglio, ma non la possibilitàdi muoversi). L’analgesia epidurale va sempre e soloeseguita da un medico anestesista esperto in questatecnica.La peridurale può essere associata nello stesso momento,senza praticare altre punture, alla spinale. Questa tecnica,chiamata CSE (Combined Spinal Epidural) è di recenteintroduzione nell’analgesia per il parto. Ha il vantaggio diindurre una analgesia in tempi brevissimi, cioè la latenza,che con la peridurale si aggira intorno ai 10-15 minuti,mentre è quasi immediata con la CSE.17

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Quali i benefici?Usata nel corso di molte prestazioni chirurgiche, trasferitain sala parto l’analgesia epidurale ha molteplici vantaggi:permette alla gestante di mantenere uno stato di coscienzavigile e una respirazione spontanea, ma soprattutto dicontenere in maniera importante il dolore e l’uso difarmaci. Al momento del parto e della fase espulsival’epidurale non ridurrà la forza muscolare e permetterà dimantenere integra la capacità di spingere adeguatamentefino al momento dell’espulsione. Il parto avviene quindicon piena ed attiva partecipazione e senza alcunapercezione dolorosa. Anche in caso di episiotomia(incisione chirurgica in prossimità della vagina chefavorisce l’estrazione del feto), l’analgesia periduraleconsentirà di non avvertire dolore né durante l’esecuzionedell’intervento né, successivamente, durante la sutura.

Quali le controindicazioni?L’analgesia epidurale può essere praticata nellagrandissima maggioranza delle partorienti. Vi sono peròalcune condizioni nelle quali non è possibile eseguirla,come in presenza di gravi malattie emorragiche o di terapieanticoagulanti, di infezioni nella zona di introduzione delcatetere, di gravi malformazioni della colonna vertebrale edi gravi malattie del sistema nervoso periferico.

Quali gli effetti collaterali per la mamma?Se correttamente eseguita, l’analgesia epidurale è unatecnica sicura e non ha effetti collaterali spiacevoli. Lacomplicanza più frequente è il:• Mal di testa (<1%) che in genere insorge a distanza di

24-48 ore dal parto. Tipicamente è un mal di testa che siesacerba assumendo la stazione eretta e si esaurisce inalcuni giorni. Può essere controllato con semplicianalgesici e assumendo abbondanti liquidi.

In rari casi possono presentarsi:• Brividi: è un fenomeno abbastanza comune durante il

travaglio anche in assenza di una analgesiafarmacologica praticata con la peridurale.

• Riduzione della pressione arteriosa: è facilmentecontrollabile con la somministrazione di liquidi per viaendovenosa e/o con l’utilizzo di farmaci appropriati.

• Prurito: può essere la conseguenza dell’uso di alcunifarmaci per controllare il dolore. In genere è in formalieve, tollerata e non frequente. In alcune forme insistentipuò essere trattato adeguatamente con farmaci specifici.18

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• Persistenza del dolore in alcune aree: raramentel’anestetico non si distribuisce in modo omogeneo e nonriesce a coprire tutta l’area interessata al quale si puòovviare con una serie di procedure per limitare ocontenere questo fenomeno.

Quali gli effetti collaterali per il feto?Sono piuttosto rari i rischi per il nascituro. Tra i possibili,vanno annoverate:- Variazioni del battito fetale: occasionalmente entro 10-15

minuti dall’inizio di una peridurale, cioè quando sicominciano ad avvertire i benefici di questa procedura,si potrebbero osservare delle variazioni del battito fetale(rallentamenti o alterazione della variabilità temporale)che sono comunque di breve durata (3-4 minuti) e deltutto benigne.

Anestesia epidurale per il parto cesareoIn caso di parto cesareo, l’anestesia epidurale permette diaffrontare l’intervento chirurgico abolendo totalmente lasensibilità nell’area interessata e controllando in modoefficace il dolore acuto postoperatorio.

L’analgesia epidurale rientra nei LEA?In Italia l’analgesia del parto mediante peridurale continuaè una pratica poco diffusa rispetto ad altre nazioni constandard sanitari simili. Ciò è dovuto soprattutto a motiviculturali e di politica sanitaria, da cui discendono gravicarenze organizzative e gestionali. L’analgesia epidurale èstata recentemente inserita nei LEA ma solo il 16% degliOspedali italiani la offre alle pazienti. Tale opportunitàquando è prevista viene richiesta dal 90% delle partorienti.19

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Dolori post-partumCirca il 20-40% delle donne che hanno partorito lamentadi soffrire di mal di testa, dolori al perineo e altri fastidi divaria natura che fanno sentire la neomamma in unacondizione di lieve malessere generale.Dolore al perineo: spesso per lo sforzo il perineo si lacerao viene inciso per poter permettere la migliore fuoriuscitadel bambino. Per riabilitare il perineo occorre fare esercizispecifici di contrazione e rilassamento alternato checoinvolgano i muscoli dell’ano e della zona perineale. Peralleviare il dolore anche all’atto del defecare, può servirecospargere di crema l’orifizio anale prima di andare inbagno ed alimentarsi in modo che le feci siano molto piùmorbide. È possibile ricorrere ad antidolorifici locali, inspray o in gel, a base di ibuprofene o all’utilizzo di unaciambella di gomma o a un cuscino di gommapiuma su cuisedersi che allevia e favorisce la guarigione.Cefalea da sforzo: compare a causa dell’intenso sforzo acui è sottoposta tutta la muscolatura del corpo durante ilparto. Uno dei rimedi principali è quello dell’utilizzo diantidolorifici a base di paracetamolo che può essereassunto anche durante l’allattamento.Emicrania: l’emicrania colpisce solo un lato della testa, adifferenza della cefalea da sforzo. Il dolore è molto intensoaccompagnato da sensazione di vomito, intolleranza allaluce e al rumore. Anche il tal caso, se il mal di testa èinteso, è consigliato il paracetamolo come antidolorifico.In caso di nausea e vomito sarà il medico a prescrivere ilmedicinale specifico.

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Nel corso degli ultimi mesi il Governo ha varato un nuovotesto di legge, costituito da 12 articoli atti a garantirel’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. Aconclusione del nostro breve percorso su alcuni tra i piùcomuni ed intensi dolori della donna, vorremmo citarealcuni punti che ci sembrano tra i più salienti:

Art. 1 – Finalità3 – (…) le strutture sanitarie che erogano cure palliative eterapia del dolore assicurano un programma di curaindividuale per il malato e la sua famiglia, nel rispetto deiseguenti principi fondamentali:a) tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senzaalcuna discriminazione;b) tutela e promozione della qualità della vita fino al suotermine;c) adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale dellapersona malata e della famiglia.

Art. 3 – Competenze del Ministero della Salute e dellaConferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, leregioni e le province autonome di Trento e BolzanoLe cure palliative e la terapia del dolore costituisconoobiettivi prioritari del Piano nazionale (…)

Art. 4 – Campagne di informazione2. - Le campagne (…) promuovono e diffondononell’opinione pubblica la consapevolezza della rilevanzadelle cure palliative, anche delle cure pediatriche e dellaterapia del dolore, al fine di promuovere la cultura dellalotta contro il dolore e il superamento del pregiudiziorelativo all’utilizzazione dei farmaci per il trattamento deldolore, illustrandone il fondamentale contributo alla tuteladella dignità della persona umana e al supporto per i lorofamiliari.

Art. 9 – Monitoraggio ministeriale per le cure palliative eper la terapia del dolore1. Presso il Ministero della Salute è attivato, eventualmenteanche attraverso l’istituzione di una commissionenazionale, avvalendosi delle risorse umane disponibili alegislazioni vigente, il monitoraggio per le cure palliative eper la terapia del dolore connesso alle malattieneoplastiche e a patologie croniche e degenerative. (…). IlMinistero provvede a monitorare in particolare:a) i dati relativi alla prescrizione e all’utilizzo dei farmacinella terapia del dolore e in particolare dei farmacianalgesici oppiacei;

Legge15 marzo 2010,

n. 38(Estratto)

Legge15 marzo 2010,

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b) le attività di formazione a livello nazionale e regionale;c) le attività di ricerca; (…)

Art. 10 – Semplificazione delle procedure di accesso aimedicinali impiegati nella terapia del dolore3 (…) e) (…) per la prescrizione, nell’ambito del ServizioSanitario Nazionale, di farmaci previsti dall’allegato III-bis[oppioidi] per il trattamento di pazienti affetti da doloresevero (…) può essere utilizzato il ricettario del ServizioSanitario Nazionale (…)

Art. 11 – Relazione annuale al ParlamentoIl Ministero della salute, entro il 31 dicembre di ogni anno,presenta una relazione al Parlamento sullo stato diattuazione della presente legge, riferendo anche in meritoalle informazioni e ai dati raccolti con il monitoraggio dicui all’art.9.

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O.N.Da Pag. 2Osservatorio Nazionale sulla salute della DonnaFrancesca Merzagora

Perché una pubblicazione sul dolore Pag. 3

La Fondazione Anna Merzagora Pag. 4Sergio Cesa

Introduzione Pag. 8Cesare Bonezzi

Il dolore oncologico Pag. 9

Il dolore cronico Pag. 12

Il dolore da parto Pag. 15

Legge 15 marzo 2010, n. 38 (Estratto) Pag. 21

IndiceIndice

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