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LITURGIA E SPIRITUALITA'
La liturgia cristiana difficilmente nutre l’esistente e il quotidiano; i libri di
spiritualità più letti non annoverano, come loro fonte primaria, i testi li-
turgici ed eucaristici; gli studi teologici marcano una netta separazione
tra spiritualità, liturgia e pastorale; nei convegni di spiritualità il posto
occupato dalla liturgia è scarso o inesistente; le pubblicazioni sul rappor-
to spiritualità e liturgia, dopo il Vaticano II sono praticamente scompar-
se». A qualche decennio di distanza dal giudizio netto e aspro dei liturgi-
sti radunati ad Assisi nel 1986 per celebrare l’evento del celebre Con-
gresso internazionale di liturgia pastorale del 1956, possiamo affermare
che le cose siano cambiate? Uno sguardo alle più recenti pubblicazioni sul
tema mostra la questione del rapporto tra liturgia e spiritualità come un
campo della riflessione teologica ancora bisognoso di approfondimento,
tanto da parte della teologia spirituale quanto da parte della teologia li-
turgica.
1. Rassegne bibliografiche sul tema
Proseguendo la rassegna dei precedenti «Orientamenti bibliografici» de-
dicati al tema (28/2006; 16/1998), segnaliamo anzitutto uno studio di
Mario Torcivia, che distribuisce su due articoli apparsi nella rivista «Tere-
sianum» una rassegna bibliografica ragionata sul tema: M. TORCIVIA, Spi-
ritualità e liturgia. La riflessione post-conciliare (1a parte), «Teresianum»
60 (2009) 217-253; ID., Spiritualità e liturgia. La riflessione
post-conciliare (2a parte), «Teresianum» 61 (2010) 59-102. In dialogo
con i principali autori che nel postconcilio si sono occupati, in ambito
spagnolo e italiano, del rapporto tra liturgia e spiritualità (J. Castellano
Cervera, P. Farnés, D. De Pablo Maroto, P. Fernàndez Rodriguez, C. Gar-
cia, per la Spagna; M. Augé, M. Paternoster, S. Marsili, L. Artuso, F.
Brovelli, A.M. Triacca, A. Donghi, B. Secondin, A. Grillo), si rileva, a
fronte di una discreta produzione di articoli e volumi, una certa mancanza
di dialogo tra le due discipline. Se unanime è l’invito a passare dalla scis-
sione all’unità nella considerazione del rapporto tra spiritualità e liturgia,
diversi sono gli appunti che gli studiosi delle rispettive discipline si rivol-
gono reciprocamente. Ai liturgisti, gli studiosi di teologia spirituale rim-
proverano di aver fatto della spiritualità liturgica l’unica spiritualità possi-
bile, oppure di aver fatto della spiritualità liturgica uno specifico settore
della spiritualità cristiana, mentre tutte le spiritualità cristiane dovrebbero
essere liturgiche. Agli studiosi di teologia spirituale, i liturgisti rimprove-
rano di non aver assunto sino in fondo la svolta liturgica impressa dal
Movimento Liturgico, così che la dimensione rituale della fede è ancora
troppo spesso accostata (quando va bene) all’approfondimento dei dina-
mismi della vita spirituale. Ai liturgisti, che invitano a valorizzare la sin-
golare capacità della “differenza” rituale di collegare l’Evento della sal-
vezza e la vita, rispondono i teologi della spiritualità (ma pure certi litur-
gisti), che invitano a valorizzare la “continuità” tra la liturgia e la vita: se
la liturgia non riesce a costituire – come invece dovrebbe – il centro, la
sorgente e il culmine della vita spirituale, non è per colpa della teologia,
ma di una celebrazione ancora troppo distante dalla vita, e dunque dalla
vita spirituale. Al termine della lunga e puntigliosa disamina, le conside-
razioni sintetiche conclusive confermano di una certa fatica nell’integrare
il rapporto tra liturgia e spiritualità nel quadro di una adeguata fondazio-
ne teologica e antropologica, che permetta di pensare in modo equilibra-
to la relazione tra il Mistero della salvezza e la celebrazione, e tra il mo-
mento rituale e il momento esistenziale del culto spirituale. Al rischio
della riduzione (tipico della teologia spirituale), che tende a forzare la di-
stinzione tra il mistero liturgico (che è culmine e fonte) e la celebrazione
liturgica (che ne costituirebbe semplicemente l’espressione), e tra il mo-
mento rituale del culto spirituale e il momento esistenziale (più ampio e
più importante), corrisponde il rischio della sovradeterminazione (tipico
dei liturgisti), che invece tende a risolvere il Mistero nella celebrazione, e
il culto spirituale nel rito.
Segnaliamo ora alcuni tra i contributi più recenti e significativi, nella du-
plice prospettiva dell’integrazione liturgica da parte della teologia spiri-
tuale e dell’integrazione della spiritualità da parte della teologia liturgica.
2. Teologia spirituale e liturgia
Sul versante della teologia spirituale, occorre sinceramente notare come
la riconquista del legame profondo che sussiste tra liturgia e spiritualità,
operata dal Movimento liturgico e “canonizzata” dal Vaticano II (SC 10),
appaia in modo ancora troppo intermittente: tanto nella manualistica
quanto nella saggistica più recente, si oscilla tra una sostanziale rimo-
zione del tema e una timida integrazione, spesso avvertita come
un’esigenza, più che come un’evidenza.
È il caso, ad esempio, dello studio pur ricco di suggestioni e meritevole di
lettura di B. SECONDIN, Inquieti desideri di spiritualità. Esperienze,
linguaggi, stile, Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 2012, pp. 288, €
25,00. Nonostante il proposito dell’autore di «includere nella proposta il
percorso mistagogico-liturgico», la liturgia e più in generale l’ambito della
ritualità non compaiono tra quegli «ultrasuoni dell’anima», «scintille per-
dute di una dimensione altra», tra quel «fruscio delle stelle del mattino»
e quelle «fessure della storia» che aprono una breccia verso il cielo. E
questo nonostante l’attenzione a tematiche affini al mondo liturgico, quali
il sacro, il tempo liberato, il corpo, e nonostante il riferimento ad autori e
correnti di pensiero che proprio nella riserva simbolica della ritualità ri-
conoscono una singolare sorgente di spiritualità.
Esemplificativo, a questo proposito, è il riferimento al saggio del pensa-
tore ebreo anglo-elvetico A. DE BOTTON, Del buon uso della religione.
Una guida per i non credenti, Guanda, Milano 2011 (or. 2011), pp.
288, € 17,50. Non si tratta di un libro di teologia spirituale, né di un testo
di liturgia, ma di uno dei numerosi tentativi di riappropriarsi dei grandi
temi della spiritualità cristiana in prospettiva laica e in questo caso di-
chiaratamente atea. Nella descrizione della Messa cattolica quale antidoto
alla solitudine, dei riti nuziali, penitenziali e di elaborazione della perdita,
colpisce la sensibilità con cui si coglie la valenza “spirituale” dei principali
linguaggi rituali coinvolti nella liturgia (cantare, stare insieme, mangiare,
pregare con il corpo…): una sensibilità che è raro trovare nei trattati di
teologia spirituale.
Altrove assistiamo ad una timida integrazione, anche se ancora insuffi-
ciente, come appare nei più recenti manuali di spiritualità. Nel volumino-
so manuale del carmelitano K. WAAIJMAN, La spiritualità. Forme,
fondamenti, metodi (Biblioteca di teologia contemporanea 137), Queri-
niana, Brescia 2007 (or. 2000), pp. 1152, € 98,50, il tema è sì presente
(167-182): tuttavia, nella prospettiva generale che orienta la trattazione
(la spiritualità come “processo stratificato di trasformazione”), è confina-
to nell’ambito ristretto di una “scuola di spiritualità”, ignorando total-
mente il modo/momento liturgico della trasformazione spirituale. La spi-
ritualità liturgica è in effetti presentata in modo sommario e ambiguo
come una tra le diverse “scuole di spiritualità istituzionali”, legate al clero
(a differenza della spiritualità laicale e dei contro-movimenti tipica dei re-
ligiosi). Anche il riferimento alla liturgia a proposito della spiritualità lai-
cale non è assente (dove si parla dei tempi e dei luoghi della vita: na-
scere, educare, vivere nella casa e nella città, amarsi e sposarsi, perdo-
narsi, morire), ma denuncia l’assenza di una integrazione effettiva e so-
stanziale (in funzione cioè non semplicemente espressiva). A cosa adde-
bitare tale settorializzazione? Probabilmente ad un insieme di fattori che
vanno dalla mancata assimilazione del rinnovamento liturgico in teologia,
alla prospettiva soggiacente di tipo più sociologico e descrittivo che de-
duttivo e interpretativo, per cui ciò che non è specifico dei laici (ma ap-
pare semplicemente come orizzonte e sfondo) non sarebbe determinante
nella descrizione di una specifica spiritualità. In questo quadro teo-rico,
ad esempio, la “devozione” non appare anzitutto come figura
dell’esperienza spirituale tout-court, ma come figura di una spiritualità
anti-istituzionale.
Migliore considerazione riceve invece il tema liturgico nell’opera colletta-
nea curata dall’ISTITUTO DI SPIRITUALITÀ DI MÜNSTER (ed.), Corso fon-
damentale di spiritualità (Introduzione e trattati 28), Queriniana 2006
(or. 2000), pp. 628, € 50,00. Nel quadro di una stretta relazione tra
esperienza e teologia, prassi e teoria (di ispirazione rahneriana), la spiri-
tualità è definita come il processo dinamico di trasformazione (Umfor-
mung) permanente dell’esistenza di un uomo/donna che risponde alla
chiamata di Dio. Nella prospettiva del primato dell’esperienza sulla rifles-
sione deduttiva, la liturgia compare molto presto, anche se sul banco de-
gli imputati: «Nelle liturgie ritualistiche della grande chiesa, per molti è
ormai impossibile fare esperienza immediata di qualcosa» (24). Il rimedio
proposto è da una parte quello di un più deciso coinvolgimento della
corporeità e della vita, perché ogni dimensione dell’esperienza umana sia
compresa; dall’altra, un processo che conduce dal vissuto (Erlebnis)
all’esperienza (Erfahrung) attraverso l’elaborazione personale e
l’interpretazione comunitaria. La radicazione della fede cristiana
nell’ascolto della Parola (33-34) pone le Scritture quale norma e fonda-
mento dell’esperienza cristiana, senza tuttavia raccordarla fin da subito
all’esperienza liturgica: l’interiorizzazione della Parola è descritta nel ri-
corso alla lectio; la conformazione esistenziale nel ricorso alle esperienze
paradigmatiche del pellegrinaggio (padri del deserto), della mistica (la
kenosis e la plerosis in san Francesco) e delle esperienze-limite della vita.
Così facendo, quando il tema liturgico sopraggiunge nella declinazione
delle sue diverse figure (liturgia, sacramenti, benedizioni, Liturgia delle
ore…), rischia di apparire ancora troppo accostato, come uno dei temi e
delle dimensioni dell’esperienza cristiana. Nonostante tali limiti, osser-
viamo nella trattazione liturgica una novità, costituita dal tentativo di
un’integrazione effettiva del dato rituale nella descrizione dei dinamismi
dell’esperienza spirituale. Nel capitolo III, dedicato alla spiritualità della
liturgia e della preghiera (P. Menting), il raccordo tra preghiera personale
e preghiera liturgica è ravvisato nella singolare attitudine del linguaggio
della preghiera personale e della liturgia a rinunciare ad ogni senso di
possesso e dominio. La liturgia, appare finalmente come un “modello mi-
stagogico di trasformazione” in virtù della sua sintesi sinestetica. In essa
si manifesta l’umanità più piena, poiché comune, e dunque la preghiera
più completa (227), capace di coinvolgere tutti (principianti e progrediti),
attraverso il “gioco” della ripetizione rituale, che alterna attività e passi-
vità e coinvolge sensi, mente e cuore. I problemi sollevati a proposito
della possibilità di un’autentica esperienza liturgica sono relativi alle con-
dizioni di una partecipazione effettiva dei fedeli alla forma rituale: un rito
che non valorizza adeguatamente il corpo, che non è disponibile al cam-
biamento (coinvolgimento delle donne, adattamento del linguaggio), che
soffre della debolezza generale del legame con la comunità, non può es-
sere, secondo gli autori del Manuale, fonte di esperienza spirituale. In
ogni caso, appare evidente la centralità della categoria di partecipazione
attiva, per un’autentica spiritualità liturgica.
La settorialità dell’assunzione del tema e la carenza nei raccordi recensita
in questi testi attestano quanto sia faticosa l’integrazione della dimen-
sione rituale nel fondamento dell’esperienza credente. Non è un caso che
gli autori che meglio hanno saputo pensare teologicamente l’esperienza
spirituale come esperienza liturgica e viceversa (G. Lafont, E. Salmann,
P. Sequeri, per citarne alcuni) siano accomunati da una duplice caratteri-
stica: una solida teologia fondamentale e un’assimilazione convinta,
seppur critica, delle principali istanze del Movimento Liturgico.
3. Teologia liturgica e spiritualità
Dalla parte dei liturgisti, l’assunto di partenza è quello secondo cui «non
si può pensare in maniera coerente ad una liturgia che non esprima ed
alimenti la spiritualità cristiana» e parimenti «non si può parlare di una
vera spiritualità cristiana che non trovi nella liturgia celebrata e vissuta la
sua sorgente, il suo culmine, la sua scuola» (Castellano Cervera). Tale
assunto è svolto a partire da un concetto di spiritualità che integra le
grandi svolte della teologia spirituale del ’900, nella direzione di
un’apertura al carattere “normale”, non eccezionale della vita spirituale.
Da qui lo sviluppo del tema in quattro direzioni: il fondamento teologico;
lo studio storico; la declinazione liturgica; l’approfondimento tematico.
Rinviando alle precedenti rassegne bibliografiche per un’analisi dei più
recenti manuali di spiritualità liturgica (Artuso, Augé, Paternoster: cfr.
OrBib 28/2006; 16/1998) e registrando l’assenza in Italia di successive
trattazioni sistematiche, osserviamo come l’obiettivo di una fondazione
teologica della spiritualità liturgica sia perseguito nel riferimento alla
struttura sacramentale della fede cristiana. Tra le trattazioni più recenti
sul tema segnaliamo il volume di A. DONGHI, Alla tua luce vediamo la
luce. L’esperienza spirituale cristiana vive del mistero della cele-
brazione liturgica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2008,
pp. 192, € 16,00. La spiritualità appare in questo testo come processo di
«interiorizzazione graduale della comunicazione divina» (26),
nell’intreccio armonico e coerente delle sue dimensioni fondamentali (il
Mistero pasquale, il dinamismo della Parola, l’azione dello Spirito, il con-
testo ecclesiale).
Per quanto riguarda l’approfondimento storico, l’approccio liturgico con-
divide con la teologia spirituale del ’900 lo sforzo di ampliare lo studio
storico dall’esame specifico delle pratiche liturgiche e delle scuole di spi-
ritualità alla globalità delle espressioni del “vissuto cristiano” e del “sen-
timento religioso”, così da integrare meglio le pratiche della devotio e
dell’esperienza liturgica. La conseguenza di tale approccio è quella di un
giudizio più avvertito sulle singole epoche storico-culturali, oltre i giudizi
frettolosi e sommari su presunte epoche “antiliturgiche” (come la stagio-
ne medioevale e moderna). In attesa di una ricostruzione critica aggior-
nata della storia della spiritualità liturgica, segnaliamo come gli studi sto-
rici prediligano non a caso il tema del culto e della devozione popolare,
che meglio permette di registrare e interpretare una certa forma di par-
tecipazione attiva del popolo di Dio. A modo di esempio, si legga il con-
tributo di A.M. CALAPAJ-BURLINI, Maria dalla pietà barocca alla re-
golata devozione settecentesca, in: S. MAGGIANI - A. MAZZELLA
(ed.), La figura di Maria tra fede, ragione e sentimento: aspetti
teologico-culturali della modernità. Atti del XVIII Simposio Interna-
zionale Mariologico (Roma, 4-7 ottobre 2011), Edizioni Marianum, Roma
2013, pp. 233-260, € 45,00; per la religiosità popolare, cfr. E. FATTORI-
NI, Italia devota: religiosità e culti tra Otto e Novecento, Carocci,
Roma 2012, pp. 193, € 16,00.
Dal punto di vista dell’approccio più specificamente liturgico, nella produ-
zione piuttosto ampia di testi ascrivibile al genere della “spiritualità litur-
gica” merita sottolineare quei testi che si propongono di far scaturire il
valore spirituale dell’esperienza liturgica non semplicemente dai suoi con-
tenuti, ma dalla sua forma rituale complessiva. Là dove tale sfida è accol-
ta, la spiritualità liturgica assume il carattere di una “mistagogia” della
partecipazione e dell’iniziazione al senso e all’atto del celebrare, alla ri-
cerca delle condizioni che permettono all’esperienza liturgica di costituire
un’autentica esperienza spirituale. In questa direzione va il volume di G.
BOSELLI, Il senso spirituale della liturgia, Edizioni Qiqajon - Comunità
di Bose, Magnano (BI) 2011, pp. 237, € 22,00. Il testo, che raccoglie una
serie di articoli scritti dal monaco di Bose in occasione di diverse circo-
stanze, muove dalla convinzione secondo cui «il futuro del cristianesimo
in Occidente dipende in larga misura dalla capacità che la chiesa avrà di
fare della sua liturgia la fonte della vita spirituale dei credenti» (7), così
che la Chiesa non viva soltanto “la” liturgia, ma “della” liturgia che cele-
bra. Perché questo avvenga, è necessario che i credenti siano resi capaci
di attingere il nutrimento della loro vita spirituale non solo dalle Scritture
(come avviene nei numerosi gruppi biblici), ma pure dalla liturgia. Tale
obiettivo suppone l’apprendimento di un metodo per la comprensione
della liturgia che si celebra, così da entrare nel senso spirituale dei testi e
dei gesti della celebrazione. A partire da una spiegazione del metodo mi-
stagogico, l’autore propone una lettura mistagogica di alcuni parti della
celebrazione eucaristica (atto penitenziale, liturgia della Parola, presenta-
zione di doni), per poi soffermarsi su una serie di temi fondamentali per la
spiritualità della liturgia (il senso dell’assemblea, il rapporto tra liturgia e
preghiera, e tra liturgia e amore per i poveri).
Tra i campi di ricerca e i temi maggiormente frequentati in questi ultimi
anni, merita infine sottolinearne due: il tema del corpo e dell’estetica,
come crocevia dell’esperienza liturgica e spirituale; il tema del sacro,
come sfondo di comprensione della singolare esperienza religiosa cristia-
na. Sulla dimensione corporea dell’esperienza spirituale che si dà nella
liturgia segnaliamo il volume che raccoglie gli interventi della Giornata di
Studio del 2010 organizzata dal Centro Studi di Spiritualità di Milano: G.
BONACCORSO - G. BOSELLI - S. UBBIALI - G. ZANCHI, Il culto incarnato.
Spiritualità e liturgia («Sapientia» 51), Glossa, Milano 2011, pp. 95, €
13,50. Il volume, che di per sé si propone di investigare il tema più am-
pio del rapporto tra liturgia e vita spirituale, intravede nella corporeità del
rito un antidoto ad ogni spiritualismo e psicologismo dell’esperienza spi-
rituale. Ovviamente si tratta di un corpo non isolato e non disancorato
dalla parola (Ubbiali), dal corpo di Cristo e della Chiesa (Bonaccorso), da
un ethos (Boselli) e da un ordine rituale (Zanchi) capaci di condurre e ri-
condurre il credente nel cuore dell’Evento, dove lo Spirito del Signore ri-
sorto accende di luce i sensi disciplinati. Nella prospettiva estetica della
sensibilità si inserisce lo studio di chi scrive la presente rassegna: P. TO-
MATIS, Accende lumen sensibus. La liturgia e i sensi del corpo
(Subsidia 153), CLV - Edizioni Liturgiche, Roma 2010, pp. 589, € 45,00.
È un tentativo di rileggere l’antica dottrina dei sensi spirituali nella pro-
spettiva della liturgia e dei sensi del corpo. Nel quadro di una estetica
teologica, e nella convergenza dei diversi apporti di tipo storico, liturgico,
biblico, antropologico e teologico, l’esperienza spirituale della liturgia è
studiata dal punto di vista della percezione, nel ricorso ad una coppia di
categorie ermeneutiche: l’implicazione e l’eccedenza.
Un secondo tema che permette alla liturgia di incontrarsi con le questioni
della spiritualità è indubbiamente quello del sacro. A questo proposito,
segnaliamo il frutto della ricerca dei liturgisti italiani, che hanno dedicato
a questo tema il Convegno dell’APL del 2011: P. TOMATIS (ed.), La li-
turgia alla prova del sacro. Atti della XXXIX Settimana di Studio
dell’Associazione Professori di Liturgia, Brescia, 29 agosto-2 settembre
2011 (Subsidia 166), CLV - Edizioni Liturgiche, Roma 2013, pp. 297, €
30,00. Nei diversi contributi di taglio biblico e teologico (D. Tonelli, A.
Cozzi), antropologico (A.N. Terrin) e più specificamente liturgico (P. To-
matis, R. Tagliaferri, A. Longhi, G. Bonaccorso, J.A. Piquet, A. Grillo) si è
cercato di considerare in modo più convinto e al tempo stesso avvertito
le dialettiche del sacro, quale sfondo permanente ed insuperabile
dell’effettiva comprensione dell’esperienza spirituale cristiana e della sua
espressione rituale, riconoscendone la virtualità e l’ambiguità, da con-
trollare e orientare al vangelo del Signore.
Al termine di questa rassegna, possiamo osservare come anche dalla
parte della liturgia sia per molti aspetti ancora da svolgere il compito di
rileggere liturgicamente (o perlomeno di raccordare alla liturgia) i grandi
temi della spiritualità, quali i gradi del cammino spirituale, gli stati di vita,
il discernimento degli spiriti, i grandi valori dell’esperienza spirituale cri-
stiana (come la gioia, il riposo, la vigilanza, il pudore, la contemplazione).
Prof. Paolo Tomatis