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LITURGIA E SPIRITUALITA' La liturgia cristiana difficilmente nutre l’esistente e il quotidiano; i libri di spiritualità più letti non annoverano, come loro fonte primaria, i testi li- turgici ed eucaristici; gli studi teologici marcano una netta separazione tra spiritualità, liturgia e pastorale; nei convegni di spiritualità il posto occupato dalla liturgia è scarso o inesistente; le pubblicazioni sul rappor- to spiritualità e liturgia, dopo il Vaticano II sono praticamente scompar- se». A qualche decennio di distanza dal giudizio netto e aspro dei liturgi- sti radunati ad Assisi nel 1986 per celebrare l’evento del celebre Con- gresso internazionale di liturgia pastorale del 1956, possiamo affermare che le cose siano cambiate? Uno sguardo alle più recenti pubblicazioni sul tema mostra la questione del rapporto tra liturgia e spiritualità come un campo della riflessione teologica ancora bisognoso di approfondimento, tanto da parte della teologia spirituale quanto da parte della teologia li- turgica. 1. Rassegne bibliografiche sul tema Proseguendo la rassegna dei precedenti «Orientamenti bibliografici» de- dicati al tema (28/2006; 16/1998), segnaliamo anzitutto uno studio di Mario Torcivia, che distribuisce su due articoli apparsi nella rivista «Tere- sianum» una rassegna bibliografica ragionata sul tema: M. TORCIVIA, Spi- ritualità e liturgia. La riflessione post-conciliare (1 a parte), «Teresianum» 60 (2009) 217-253; ID., Spiritualità e liturgia. La riflessione post-conciliare (2 a parte), «Teresianum» 61 (2010) 59-102. In dialogo con i principali autori che nel postconcilio si sono occupati, in ambito spagnolo e italiano, del rapporto tra liturgia e spiritualità (J. Castellano Cervera, P. Farnés, D. De Pablo Maroto, P. Fernàndez Rodriguez, C. Gar- cia, per la Spagna; M. Augé, M. Paternoster, S. Marsili, L. Artuso, F. Brovelli, A.M. Triacca, A. Donghi, B. Secondin, A. Grillo), si rileva, a fronte di una discreta produzione di articoli e volumi, una certa mancanza di dialogo tra le due discipline. Se unanime è l’invito a passare dalla scis- sione all’unità nella considerazione del rapporto tra spiritualità e liturgia, diversi sono gli appunti che gli studiosi delle rispettive discipline si rivol- gono reciprocamente. Ai liturgisti, gli studiosi di teologia spirituale rim- proverano di aver fatto della spiritualità liturgica l’unica spiritualità possi- bile, oppure di aver fatto della spiritualità liturgica uno specifico settore della spiritualità cristiana, mentre tutte le spiritualità cristiane dovrebbero

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LITURGIA E SPIRITUALITA'

La liturgia cristiana difficilmente nutre l’esistente e il quotidiano; i libri di

spiritualità più letti non annoverano, come loro fonte primaria, i testi li-

turgici ed eucaristici; gli studi teologici marcano una netta separazione

tra spiritualità, liturgia e pastorale; nei convegni di spiritualità il posto

occupato dalla liturgia è scarso o inesistente; le pubblicazioni sul rappor-

to spiritualità e liturgia, dopo il Vaticano II sono praticamente scompar-

se». A qualche decennio di distanza dal giudizio netto e aspro dei liturgi-

sti radunati ad Assisi nel 1986 per celebrare l’evento del celebre Con-

gresso internazionale di liturgia pastorale del 1956, possiamo affermare

che le cose siano cambiate? Uno sguardo alle più recenti pubblicazioni sul

tema mostra la questione del rapporto tra liturgia e spiritualità come un

campo della riflessione teologica ancora bisognoso di approfondimento,

tanto da parte della teologia spirituale quanto da parte della teologia li-

turgica.

1. Rassegne bibliografiche sul tema

Proseguendo la rassegna dei precedenti «Orientamenti bibliografici» de-

dicati al tema (28/2006; 16/1998), segnaliamo anzitutto uno studio di

Mario Torcivia, che distribuisce su due articoli apparsi nella rivista «Tere-

sianum» una rassegna bibliografica ragionata sul tema: M. TORCIVIA, Spi-

ritualità e liturgia. La riflessione post-conciliare (1a parte), «Teresianum»

60 (2009) 217-253; ID., Spiritualità e liturgia. La riflessione

post-conciliare (2a parte), «Teresianum» 61 (2010) 59-102. In dialogo

con i principali autori che nel postconcilio si sono occupati, in ambito

spagnolo e italiano, del rapporto tra liturgia e spiritualità (J. Castellano

Cervera, P. Farnés, D. De Pablo Maroto, P. Fernàndez Rodriguez, C. Gar-

cia, per la Spagna; M. Augé, M. Paternoster, S. Marsili, L. Artuso, F.

Brovelli, A.M. Triacca, A. Donghi, B. Secondin, A. Grillo), si rileva, a

fronte di una discreta produzione di articoli e volumi, una certa mancanza

di dialogo tra le due discipline. Se unanime è l’invito a passare dalla scis-

sione all’unità nella considerazione del rapporto tra spiritualità e liturgia,

diversi sono gli appunti che gli studiosi delle rispettive discipline si rivol-

gono reciprocamente. Ai liturgisti, gli studiosi di teologia spirituale rim-

proverano di aver fatto della spiritualità liturgica l’unica spiritualità possi-

bile, oppure di aver fatto della spiritualità liturgica uno specifico settore

della spiritualità cristiana, mentre tutte le spiritualità cristiane dovrebbero

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essere liturgiche. Agli studiosi di teologia spirituale, i liturgisti rimprove-

rano di non aver assunto sino in fondo la svolta liturgica impressa dal

Movimento Liturgico, così che la dimensione rituale della fede è ancora

troppo spesso accostata (quando va bene) all’approfondimento dei dina-

mismi della vita spirituale. Ai liturgisti, che invitano a valorizzare la sin-

golare capacità della “differenza” rituale di collegare l’Evento della sal-

vezza e la vita, rispondono i teologi della spiritualità (ma pure certi litur-

gisti), che invitano a valorizzare la “continuità” tra la liturgia e la vita: se

la liturgia non riesce a costituire – come invece dovrebbe – il centro, la

sorgente e il culmine della vita spirituale, non è per colpa della teologia,

ma di una celebrazione ancora troppo distante dalla vita, e dunque dalla

vita spirituale. Al termine della lunga e puntigliosa disamina, le conside-

razioni sintetiche conclusive confermano di una certa fatica nell’integrare

il rapporto tra liturgia e spiritualità nel quadro di una adeguata fondazio-

ne teologica e antropologica, che permetta di pensare in modo equilibra-

to la relazione tra il Mistero della salvezza e la celebrazione, e tra il mo-

mento rituale e il momento esistenziale del culto spirituale. Al rischio

della riduzione (tipico della teologia spirituale), che tende a forzare la di-

stinzione tra il mistero liturgico (che è culmine e fonte) e la celebrazione

liturgica (che ne costituirebbe semplicemente l’espressione), e tra il mo-

mento rituale del culto spirituale e il momento esistenziale (più ampio e

più importante), corrisponde il rischio della sovradeterminazione (tipico

dei liturgisti), che invece tende a risolvere il Mistero nella celebrazione, e

il culto spirituale nel rito.

Segnaliamo ora alcuni tra i contributi più recenti e significativi, nella du-

plice prospettiva dell’integrazione liturgica da parte della teologia spiri-

tuale e dell’integrazione della spiritualità da parte della teologia liturgica.

2. Teologia spirituale e liturgia

Sul versante della teologia spirituale, occorre sinceramente notare come

la riconquista del legame profondo che sussiste tra liturgia e spiritualità,

operata dal Movimento liturgico e “canonizzata” dal Vaticano II (SC 10),

appaia in modo ancora troppo intermittente: tanto nella manualistica

quanto nella saggistica più recente, si oscilla tra una sostanziale rimo-

zione del tema e una timida integrazione, spesso avvertita come

un’esigenza, più che come un’evidenza.

È il caso, ad esempio, dello studio pur ricco di suggestioni e meritevole di

lettura di B. SECONDIN, Inquieti desideri di spiritualità. Esperienze,

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linguaggi, stile, Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 2012, pp. 288, €

25,00. Nonostante il proposito dell’autore di «includere nella proposta il

percorso mistagogico-liturgico», la liturgia e più in generale l’ambito della

ritualità non compaiono tra quegli «ultrasuoni dell’anima», «scintille per-

dute di una dimensione altra», tra quel «fruscio delle stelle del mattino»

e quelle «fessure della storia» che aprono una breccia verso il cielo. E

questo nonostante l’attenzione a tematiche affini al mondo liturgico, quali

il sacro, il tempo liberato, il corpo, e nonostante il riferimento ad autori e

correnti di pensiero che proprio nella riserva simbolica della ritualità ri-

conoscono una singolare sorgente di spiritualità.

Esemplificativo, a questo proposito, è il riferimento al saggio del pensa-

tore ebreo anglo-elvetico A. DE BOTTON, Del buon uso della religione.

Una guida per i non credenti, Guanda, Milano 2011 (or. 2011), pp.

288, € 17,50. Non si tratta di un libro di teologia spirituale, né di un testo

di liturgia, ma di uno dei numerosi tentativi di riappropriarsi dei grandi

temi della spiritualità cristiana in prospettiva laica e in questo caso di-

chiaratamente atea. Nella descrizione della Messa cattolica quale antidoto

alla solitudine, dei riti nuziali, penitenziali e di elaborazione della perdita,

colpisce la sensibilità con cui si coglie la valenza “spirituale” dei principali

linguaggi rituali coinvolti nella liturgia (cantare, stare insieme, mangiare,

pregare con il corpo…): una sensibilità che è raro trovare nei trattati di

teologia spirituale.

Altrove assistiamo ad una timida integrazione, anche se ancora insuffi-

ciente, come appare nei più recenti manuali di spiritualità. Nel volumino-

so manuale del carmelitano K. WAAIJMAN, La spiritualità. Forme,

fondamenti, metodi (Biblioteca di teologia contemporanea 137), Queri-

niana, Brescia 2007 (or. 2000), pp. 1152, € 98,50, il tema è sì presente

(167-182): tuttavia, nella prospettiva generale che orienta la trattazione

(la spiritualità come “processo stratificato di trasformazione”), è confina-

to nell’ambito ristretto di una “scuola di spiritualità”, ignorando total-

mente il modo/momento liturgico della trasformazione spirituale. La spi-

ritualità liturgica è in effetti presentata in modo sommario e ambiguo

come una tra le diverse “scuole di spiritualità istituzionali”, legate al clero

(a differenza della spiritualità laicale e dei contro-movimenti tipica dei re-

ligiosi). Anche il riferimento alla liturgia a proposito della spiritualità lai-

cale non è assente (dove si parla dei tempi e dei luoghi della vita: na-

scere, educare, vivere nella casa e nella città, amarsi e sposarsi, perdo-

narsi, morire), ma denuncia l’assenza di una integrazione effettiva e so-

stanziale (in funzione cioè non semplicemente espressiva). A cosa adde-

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bitare tale settorializzazione? Probabilmente ad un insieme di fattori che

vanno dalla mancata assimilazione del rinnovamento liturgico in teologia,

alla prospettiva soggiacente di tipo più sociologico e descrittivo che de-

duttivo e interpretativo, per cui ciò che non è specifico dei laici (ma ap-

pare semplicemente come orizzonte e sfondo) non sarebbe determinante

nella descrizione di una specifica spiritualità. In questo quadro teo-rico,

ad esempio, la “devozione” non appare anzitutto come figura

dell’esperienza spirituale tout-court, ma come figura di una spiritualità

anti-istituzionale.

Migliore considerazione riceve invece il tema liturgico nell’opera colletta-

nea curata dall’ISTITUTO DI SPIRITUALITÀ DI MÜNSTER (ed.), Corso fon-

damentale di spiritualità (Introduzione e trattati 28), Queriniana 2006

(or. 2000), pp. 628, € 50,00. Nel quadro di una stretta relazione tra

esperienza e teologia, prassi e teoria (di ispirazione rahneriana), la spiri-

tualità è definita come il processo dinamico di trasformazione (Umfor-

mung) permanente dell’esistenza di un uomo/donna che risponde alla

chiamata di Dio. Nella prospettiva del primato dell’esperienza sulla rifles-

sione deduttiva, la liturgia compare molto presto, anche se sul banco de-

gli imputati: «Nelle liturgie ritualistiche della grande chiesa, per molti è

ormai impossibile fare esperienza immediata di qualcosa» (24). Il rimedio

proposto è da una parte quello di un più deciso coinvolgimento della

corporeità e della vita, perché ogni dimensione dell’esperienza umana sia

compresa; dall’altra, un processo che conduce dal vissuto (Erlebnis)

all’esperienza (Erfahrung) attraverso l’elaborazione personale e

l’interpretazione comunitaria. La radicazione della fede cristiana

nell’ascolto della Parola (33-34) pone le Scritture quale norma e fonda-

mento dell’esperienza cristiana, senza tuttavia raccordarla fin da subito

all’esperienza liturgica: l’interiorizzazione della Parola è descritta nel ri-

corso alla lectio; la conformazione esistenziale nel ricorso alle esperienze

paradigmatiche del pellegrinaggio (padri del deserto), della mistica (la

kenosis e la plerosis in san Francesco) e delle esperienze-limite della vita.

Così facendo, quando il tema liturgico sopraggiunge nella declinazione

delle sue diverse figure (liturgia, sacramenti, benedizioni, Liturgia delle

ore…), rischia di apparire ancora troppo accostato, come uno dei temi e

delle dimensioni dell’esperienza cristiana. Nonostante tali limiti, osser-

viamo nella trattazione liturgica una novità, costituita dal tentativo di

un’integrazione effettiva del dato rituale nella descrizione dei dinamismi

dell’esperienza spirituale. Nel capitolo III, dedicato alla spiritualità della

liturgia e della preghiera (P. Menting), il raccordo tra preghiera personale

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e preghiera liturgica è ravvisato nella singolare attitudine del linguaggio

della preghiera personale e della liturgia a rinunciare ad ogni senso di

possesso e dominio. La liturgia, appare finalmente come un “modello mi-

stagogico di trasformazione” in virtù della sua sintesi sinestetica. In essa

si manifesta l’umanità più piena, poiché comune, e dunque la preghiera

più completa (227), capace di coinvolgere tutti (principianti e progrediti),

attraverso il “gioco” della ripetizione rituale, che alterna attività e passi-

vità e coinvolge sensi, mente e cuore. I problemi sollevati a proposito

della possibilità di un’autentica esperienza liturgica sono relativi alle con-

dizioni di una partecipazione effettiva dei fedeli alla forma rituale: un rito

che non valorizza adeguatamente il corpo, che non è disponibile al cam-

biamento (coinvolgimento delle donne, adattamento del linguaggio), che

soffre della debolezza generale del legame con la comunità, non può es-

sere, secondo gli autori del Manuale, fonte di esperienza spirituale. In

ogni caso, appare evidente la centralità della categoria di partecipazione

attiva, per un’autentica spiritualità liturgica.

La settorialità dell’assunzione del tema e la carenza nei raccordi recensita

in questi testi attestano quanto sia faticosa l’integrazione della dimen-

sione rituale nel fondamento dell’esperienza credente. Non è un caso che

gli autori che meglio hanno saputo pensare teologicamente l’esperienza

spirituale come esperienza liturgica e viceversa (G. Lafont, E. Salmann,

P. Sequeri, per citarne alcuni) siano accomunati da una duplice caratteri-

stica: una solida teologia fondamentale e un’assimilazione convinta,

seppur critica, delle principali istanze del Movimento Liturgico.

3. Teologia liturgica e spiritualità

Dalla parte dei liturgisti, l’assunto di partenza è quello secondo cui «non

si può pensare in maniera coerente ad una liturgia che non esprima ed

alimenti la spiritualità cristiana» e parimenti «non si può parlare di una

vera spiritualità cristiana che non trovi nella liturgia celebrata e vissuta la

sua sorgente, il suo culmine, la sua scuola» (Castellano Cervera). Tale

assunto è svolto a partire da un concetto di spiritualità che integra le

grandi svolte della teologia spirituale del ’900, nella direzione di

un’apertura al carattere “normale”, non eccezionale della vita spirituale.

Da qui lo sviluppo del tema in quattro direzioni: il fondamento teologico;

lo studio storico; la declinazione liturgica; l’approfondimento tematico.

Rinviando alle precedenti rassegne bibliografiche per un’analisi dei più

recenti manuali di spiritualità liturgica (Artuso, Augé, Paternoster: cfr.

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OrBib 28/2006; 16/1998) e registrando l’assenza in Italia di successive

trattazioni sistematiche, osserviamo come l’obiettivo di una fondazione

teologica della spiritualità liturgica sia perseguito nel riferimento alla

struttura sacramentale della fede cristiana. Tra le trattazioni più recenti

sul tema segnaliamo il volume di A. DONGHI, Alla tua luce vediamo la

luce. L’esperienza spirituale cristiana vive del mistero della cele-

brazione liturgica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2008,

pp. 192, € 16,00. La spiritualità appare in questo testo come processo di

«interiorizzazione graduale della comunicazione divina» (26),

nell’intreccio armonico e coerente delle sue dimensioni fondamentali (il

Mistero pasquale, il dinamismo della Parola, l’azione dello Spirito, il con-

testo ecclesiale).

Per quanto riguarda l’approfondimento storico, l’approccio liturgico con-

divide con la teologia spirituale del ’900 lo sforzo di ampliare lo studio

storico dall’esame specifico delle pratiche liturgiche e delle scuole di spi-

ritualità alla globalità delle espressioni del “vissuto cristiano” e del “sen-

timento religioso”, così da integrare meglio le pratiche della devotio e

dell’esperienza liturgica. La conseguenza di tale approccio è quella di un

giudizio più avvertito sulle singole epoche storico-culturali, oltre i giudizi

frettolosi e sommari su presunte epoche “antiliturgiche” (come la stagio-

ne medioevale e moderna). In attesa di una ricostruzione critica aggior-

nata della storia della spiritualità liturgica, segnaliamo come gli studi sto-

rici prediligano non a caso il tema del culto e della devozione popolare,

che meglio permette di registrare e interpretare una certa forma di par-

tecipazione attiva del popolo di Dio. A modo di esempio, si legga il con-

tributo di A.M. CALAPAJ-BURLINI, Maria dalla pietà barocca alla re-

golata devozione settecentesca, in: S. MAGGIANI - A. MAZZELLA

(ed.), La figura di Maria tra fede, ragione e sentimento: aspetti

teologico-culturali della modernità. Atti del XVIII Simposio Interna-

zionale Mariologico (Roma, 4-7 ottobre 2011), Edizioni Marianum, Roma

2013, pp. 233-260, € 45,00; per la religiosità popolare, cfr. E. FATTORI-

NI, Italia devota: religiosità e culti tra Otto e Novecento, Carocci,

Roma 2012, pp. 193, € 16,00.

Dal punto di vista dell’approccio più specificamente liturgico, nella produ-

zione piuttosto ampia di testi ascrivibile al genere della “spiritualità litur-

gica” merita sottolineare quei testi che si propongono di far scaturire il

valore spirituale dell’esperienza liturgica non semplicemente dai suoi con-

tenuti, ma dalla sua forma rituale complessiva. Là dove tale sfida è accol-

ta, la spiritualità liturgica assume il carattere di una “mistagogia” della

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partecipazione e dell’iniziazione al senso e all’atto del celebrare, alla ri-

cerca delle condizioni che permettono all’esperienza liturgica di costituire

un’autentica esperienza spirituale. In questa direzione va il volume di G.

BOSELLI, Il senso spirituale della liturgia, Edizioni Qiqajon - Comunità

di Bose, Magnano (BI) 2011, pp. 237, € 22,00. Il testo, che raccoglie una

serie di articoli scritti dal monaco di Bose in occasione di diverse circo-

stanze, muove dalla convinzione secondo cui «il futuro del cristianesimo

in Occidente dipende in larga misura dalla capacità che la chiesa avrà di

fare della sua liturgia la fonte della vita spirituale dei credenti» (7), così

che la Chiesa non viva soltanto “la” liturgia, ma “della” liturgia che cele-

bra. Perché questo avvenga, è necessario che i credenti siano resi capaci

di attingere il nutrimento della loro vita spirituale non solo dalle Scritture

(come avviene nei numerosi gruppi biblici), ma pure dalla liturgia. Tale

obiettivo suppone l’apprendimento di un metodo per la comprensione

della liturgia che si celebra, così da entrare nel senso spirituale dei testi e

dei gesti della celebrazione. A partire da una spiegazione del metodo mi-

stagogico, l’autore propone una lettura mistagogica di alcuni parti della

celebrazione eucaristica (atto penitenziale, liturgia della Parola, presenta-

zione di doni), per poi soffermarsi su una serie di temi fondamentali per la

spiritualità della liturgia (il senso dell’assemblea, il rapporto tra liturgia e

preghiera, e tra liturgia e amore per i poveri).

Tra i campi di ricerca e i temi maggiormente frequentati in questi ultimi

anni, merita infine sottolinearne due: il tema del corpo e dell’estetica,

come crocevia dell’esperienza liturgica e spirituale; il tema del sacro,

come sfondo di comprensione della singolare esperienza religiosa cristia-

na. Sulla dimensione corporea dell’esperienza spirituale che si dà nella

liturgia segnaliamo il volume che raccoglie gli interventi della Giornata di

Studio del 2010 organizzata dal Centro Studi di Spiritualità di Milano: G.

BONACCORSO - G. BOSELLI - S. UBBIALI - G. ZANCHI, Il culto incarnato.

Spiritualità e liturgia («Sapientia» 51), Glossa, Milano 2011, pp. 95, €

13,50. Il volume, che di per sé si propone di investigare il tema più am-

pio del rapporto tra liturgia e vita spirituale, intravede nella corporeità del

rito un antidoto ad ogni spiritualismo e psicologismo dell’esperienza spi-

rituale. Ovviamente si tratta di un corpo non isolato e non disancorato

dalla parola (Ubbiali), dal corpo di Cristo e della Chiesa (Bonaccorso), da

un ethos (Boselli) e da un ordine rituale (Zanchi) capaci di condurre e ri-

condurre il credente nel cuore dell’Evento, dove lo Spirito del Signore ri-

sorto accende di luce i sensi disciplinati. Nella prospettiva estetica della

sensibilità si inserisce lo studio di chi scrive la presente rassegna: P. TO-

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MATIS, Accende lumen sensibus. La liturgia e i sensi del corpo

(Subsidia 153), CLV - Edizioni Liturgiche, Roma 2010, pp. 589, € 45,00.

È un tentativo di rileggere l’antica dottrina dei sensi spirituali nella pro-

spettiva della liturgia e dei sensi del corpo. Nel quadro di una estetica

teologica, e nella convergenza dei diversi apporti di tipo storico, liturgico,

biblico, antropologico e teologico, l’esperienza spirituale della liturgia è

studiata dal punto di vista della percezione, nel ricorso ad una coppia di

categorie ermeneutiche: l’implicazione e l’eccedenza.

Un secondo tema che permette alla liturgia di incontrarsi con le questioni

della spiritualità è indubbiamente quello del sacro. A questo proposito,

segnaliamo il frutto della ricerca dei liturgisti italiani, che hanno dedicato

a questo tema il Convegno dell’APL del 2011: P. TOMATIS (ed.), La li-

turgia alla prova del sacro. Atti della XXXIX Settimana di Studio

dell’Associazione Professori di Liturgia, Brescia, 29 agosto-2 settembre

2011 (Subsidia 166), CLV - Edizioni Liturgiche, Roma 2013, pp. 297, €

30,00. Nei diversi contributi di taglio biblico e teologico (D. Tonelli, A.

Cozzi), antropologico (A.N. Terrin) e più specificamente liturgico (P. To-

matis, R. Tagliaferri, A. Longhi, G. Bonaccorso, J.A. Piquet, A. Grillo) si è

cercato di considerare in modo più convinto e al tempo stesso avvertito

le dialettiche del sacro, quale sfondo permanente ed insuperabile

dell’effettiva comprensione dell’esperienza spirituale cristiana e della sua

espressione rituale, riconoscendone la virtualità e l’ambiguità, da con-

trollare e orientare al vangelo del Signore.

Al termine di questa rassegna, possiamo osservare come anche dalla

parte della liturgia sia per molti aspetti ancora da svolgere il compito di

rileggere liturgicamente (o perlomeno di raccordare alla liturgia) i grandi

temi della spiritualità, quali i gradi del cammino spirituale, gli stati di vita,

il discernimento degli spiriti, i grandi valori dell’esperienza spirituale cri-

stiana (come la gioia, il riposo, la vigilanza, il pudore, la contemplazione).

Prof. Paolo Tomatis