L’ITALIA PRIMA DELLA ONQUISTA ROMANA · • a sud dalla valle del fiume Sacco, ... i nobili...

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L’ITALIA PRIMA DELLA CONQUISTA ROMANA Prima della conquista da parte dei Romani l’Italia era abitata da numerosi e differenti popoli. La maggior parte di questi popoli parlava lingue tra loro imparentate e appartenenti al gruppo indoeuropeo. I cosiddetti popoli indoeuropei, che in origine occupavano una vasta regione a nord del Mar Caspio e del Mar Nero, si spostarono, a partire dal V millennio a.C., e si diffusero in varie direzioni attraverso l’Eurasia. Intorno al 2000 a.C. i primi Indoeuropei giunsero anche in Italia . Ma altri gruppi di Indoeuropei continuarono ad arrivare nella Penisola fino al 500 a.C. Tra i popoli indoeuropei figurano anche gli antenati di quelle popolazioni italiche successivamente sottomesse dai Romani e che possiamo elencare seguendo grossomodo un ordine cronologico dalle più antiche alle più recenti: Liguri e Veneti a nord, Latini al centro, Siculi in Sicilia Piceni e Umbri nel centro-nord, Sabini, Equi, Volsci e Aurunci al centro, Sanniti, Lucani e Bretti al sud Insubri, Senoni, Rhaeti a nord, Iapigi e Messapi a sud Greci: a partire dall’VIII secolo a.C. fondano colonie lungo le coste dell’Italia meridionale (detta Magna Grecia) e lungo quelle orientali e meridionali della Sicilia. Accanto ai popoli indoeuropei c’erano poi in Italia anche altre popolazioni non appartenenti a questo gruppo tra cui: Etruschi nel centro-nord Cartaginesi in Sardegna e nella Sicilia occidentale La maggior parte delle popolazioni che abitavano la Penisola erano per lo più popoli guerrieri che vivevano di agricoltura e allevamento e che erano divisi in tribù. Gli unici che avevano invece un’organizzazione più complessa con città, commerci e artigianato più sviluppato erano i Greci, gli Etruschi, i Cartaginesi e i Latini. 1

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L’ITALIA PRIMA DELLA CONQUISTA ROMANA

Prima della conquista da parte dei Romani l’Italia era abitata da numerosi e differenti popoli. La maggior parte di questi popoli parlava lingue tra loro imparentate e appartenenti al gruppo indoeuropeo. I cosiddetti popoli indoeuropei, che in origine occupavano una vasta regione a nord del Mar Caspio e del Mar Nero, si spostarono, a partire dal V millennio a.C., e si diffusero in varie direzioni attraverso l’Eurasia. Intorno al 2000 a.C. i primi Indoeuropei giunsero anche in Italia. Ma altri gruppi di Indoeuropei continuarono ad arrivare nella Penisola fino al 500 a.C. Tra i popoli indoeuropei figurano anche gli antenati di quelle popolazioni italiche successivamente sottomesse dai Romani e che possiamo elencare seguendo grossomodo un ordine cronologico dalle più antiche alle più recenti: • Liguri e Veneti a nord, Latini al centro, Siculi in Sicilia • Piceni e Umbri nel centro-nord, Sabini, Equi, Volsci e Aurunci al

centro, Sanniti, Lucani e Bretti al sud • Insubri, Senoni, Rhaeti a nord, Iapigi e Messapi a sud • Greci: a partire dall’VIII secolo a.C. fondano colonie lungo le coste

dell’Italia meridionale (detta Magna Grecia) e lungo quelle orientali e meridionali della Sicilia.

Accanto ai popoli indoeuropei c’erano poi in Italia anche altre popolazioni non appartenenti a questo gruppo tra cui: Etruschi nel centro-nord Cartaginesi in Sardegna e nella Sicilia occidentale La maggior parte delle popolazioni che abitavano la Penisola erano per lo più popoli guerrieri che vivevano di agricoltura e allevamento e che erano divisi in tribù. Gli unici che avevano invece un’organizzazione più complessa con città, commerci e artigianato più sviluppato erano i Greci, gli Etruschi, i Cartaginesi e i Latini. 1

POPOLI DELL’ITALIA PRE-ROMANA

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Sarcofago degli Sposi,

Arte etrusca del VI secolo a.C. Chimera di Arezzo,

Arte etrusca del V secolo a.C.

Necropoli della Banditaccia, Cerveteri, Necropoli etrusca del IX-III

secolo a.C.

Guerriero di Capestrano, Arte dell’Italia centrale appenninica

VI secolo a.C.

Necropoli di Fossa (L’Aquila), Necropoli del popolo dei Vestini

IX-I secolo a.C.

Su Nuraxi, Barumini (Sardegna), Villaggio del popolo dei Sardi

XIII-VI secolo a.C.

Corazza a tre dischi (Alfedena, Abruzzo) Armatura sannita del IV secolo a.C.

Urna cineraria a capanna Produzione etrusco-laziale

del IX secolo a.C.

Situla Benvenuti (Este, Veneto) Vaso metallico civiltà dei Veneti

VII secolo a.C.

Maschera grottesca in terracotta (Srdegna) Arte punica del VI secolo a.C.

Tempio di Hera (Pestum, Campania), Architettura greca – Magna Grecia

V secolo a.C.

IL LAZIO, I LATINI E ROMA

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Parte del territorio che oggi si trova dentro i confini della Regione Lazio fu abitata, almeno dal II millennio a.C., da popolazioni indoeuropee dalle quali poi derivò quel popolo che, dal X secolo a.C., prende il nome di Latini. Il Lazio antico, il Latium, era più piccolo del Lazio moderno e si estendeva in un territorio delimitato: • a nord dal fiume Tevere, • a est dal fiume Aniene, • a sud dalla valle del fiume Sacco, dai Monti

Lepini e dalle Paludi Pontine, • a ovest dal Mar Tirreno. I Latini confinavano con vari popoli con i quali commerciavano e contro i quali, a volte, combattevano (Etruschi, Sabini, Equi, Ernici, Volsci). I Latini erano divisi in trenta populi, cioè in trenta «popoli»: ogni popolo corrispondeva ad una specie di tribù ognuna delle quali controllava, in genere, almeno una piccola città. Per essere più forti e per difendere i loro territori erano riuniti in una grande federazione il cui centro principale era la città di Alba Longa sulle sponde del lago di Castel Gandolfo. Altri centri importanti erano Tivoli, Preneste (oggi Palestrina), Gabii, Satricum, Lavinio, Tuscolo e Roma.

ROMA NELL’ETÀ DEI RE (753-509 a.C.)

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Secondo la famosa leggenda Roma fu fondata il 21 aprile del 753 a.C. dai gemelli Romolo e Remo, principi provenienti da Alba Longa. È probabile però che sul sito di Roma esistesse già da tempo un insediamento che, posto al confine del territorio latino, svolgeva la funzione di luogo di scambi commerciali tra Latini, Etruschi, Sabini e altri popoli circostanti. È però vero, forse, che intorno a quella data gli abitanti del luogo iniziassero effettivamente ad essere governati da un re. Per il periodo in cui a Roma ci fu la monarchia (753-509 a.C.), gli storici antichi ci tramandano i nomi di soli sette re (ma probabilmente furono di più): • Romolo: originario di Alba Longa, fu il primo re e viene ricordato come il fondatore della città • Numa Pompilio: era originario della Sabina (la terra dei Sabini, a nord-est di Roma); viene ricordato come colui che organizzò la

religione romana (istituendo feste, sacerdozi e riti religiosi) • Tullo Ostilio: originario di Roma; conquistò Alba Longa • Anco Marzio: di origine sabina; estese il dominio di Roma fino al mare dove fondò la colonia di Ostia • Tarquinio Prisco: fu il primo re etrusco di Roma • Servio Tullio: di umili origini; riorganizzò le istituzioni politiche e costruì una grande cinta muraria a difesa della città • Tarquinio il Superbo: etrusco; fu l’ultimo re. Venne cacciato nel 509 a.C. a causa del suo comportamento tirannico. Durante l’età monarchica Roma iniziò ad affermarsi come la più importante tra le città dei Latini. Il re romano (chiamato rex) aveva diversi poteri: • Era colui che deteneva il massimo potere politico e legislativo (prendeva le decisioni più importanti e stabiliva le leggi dello stato) • Era il comandante supremo dell’esercito • Era la massima autorità religiosa della città • Era il giudice supremo dello stato (capo di tutti i giudici e giudice lui stesso nelle cause più importanti) Nel governo della città il re era affiancato da due diverse assemblee: • Senato (da senex = anziano): era un Consiglio degli Anziani (saggi) formato, all’inizio, da 100 nobili • Comizi Curiati: assemblea del popolo

ROMA NELL’ETÀ REPUBBLICANA (509-31 a.C.) Istituzioni e conflitti sociali

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Dopo la cacciata dell’ultimo re avvenuta nel 509 a.C., i nobili romani decidono di porre fine alla monarchia e di trasformare Roma in una Repubblica, un tipo di stato cioè nel quale il potere non è concentrato nelle mani di un solo uomo ma suddiviso tra: • Vari magistrati (e cioè politici eletti e che restano in carica non a vita ma per un periodo limitato) • Vari Consigli e Assemblee di cittadini (che hanno il compito di votare ed eleggere i magistrati; i Consigli sono riunioni a cui partecipa

un numero limitato di cittadini mentre le Assemblee sono aperte, in teoria, a tutti i cittadini maschi, adulti e liberi) Si tratta però di una repubblica oligarchica e non veramente democratica: ciò vuol dire che il diritto di votare e di essere votati è quasi sempre riservato ad una parte della cittadinanza, quella più ricca e meno numerosa (i patrizi); resta esclusa invece la maggioranza povera composta da tutti quei cittadini che non appartenevano alle più antiche famiglie che avevano fondato lo stato romano (i plebei). Dalle decisioni politiche sono inoltre esclusi gli schiavi. Al posto del re, durante la Repubblica, sono posti a capo dello stato due magistrati con uguali poteri e che durano in carica 1 anno: i consoli. Ad essi spetta il compito di prendere le decisioni più importanti e di comandare l’esercito. In caso di grave pericolo per lo Stato però (in genere quando c’è la minaccia di un’invasione nemica), viene scelto e posto al di sopra dei consoli un dittatore che dura in carica per soli sei mesi. Altri magistrati elettivi erano: • Pretori: in origine erano 2 come i consoli poi diventano 8; durano in carica 1 anno si occupano di giustizia (presiedono i processi) • Censori: vengono eletti ogni 5 anni in numero di 2 e restano in carica 18 mesi; si occupano di fare il censimento dei cittadini e di

stabilire a quanto ammonta la ricchezza di ognuno • Questori: in origine sono 2 poi diventano 20; si occupano di tasse • Edili: sono 2 e si occupano di mura, strade e lavori pubblici in genere. • Tribuni della plebe: in origine sono 2 poi diventano 10; sono eletti dai soli plebei ed hanno il compito di difendere gli interessi dei

cittadini non appartenenti al gruppo dei patrizi Le principali assemblee/consigli che si riuniscono per scegliere i magistrati erano: • Senato: è lo stesso tipo di Consiglio già esistente in epoca monarchica. Ha il compito di prendere le decisioni più importanti ed è

composto da ex magistrati (ex consoli, ex pretori, ecc…) • Comizi Centuriati: è l’assemblea dei cittadini suddivisi in 5 classi sociali in base alla ricchezza. Ha il compito di eleggere i consoli, i

pretori e i censori. Al suo interno gran parte del potere spettava alla prima classe, quella dei più ricchi, in quanto ad essi, benché fossero in numero minore, era assegnata la possibilità di esprimere un maggior numero di voti rispetto alle altre classi.

• Comizi Tributi: è l’assemblea dei cittadini suddivisi in base al territorio di residenza. Elegge i questori e gli edili • Assemblea della plebe: ha il compito di eleggere i tribuni della plebe Dopo una lunga fase di lotte politiche la plebe, tra il IV ed il III secolo a.C., ottenne la possibilità di accedere alle più alte cariche dello Stato potendo così far diventare senatori alcuni propri rappresentanti. Si formò così una nuova oligarchia chiamata nobilitas formata dai più ricchi cittadini sia patrizi che plebei.

LE CONQUISTE DEI ROMANI DURANTE L’ETÀ REPUBBLICANA

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Durante l’età repubblicana, nel periodo compreso cioè tra il IV ed il I secolo a.C., i Romani intrapresero una lunga e ininterrotta serie di guerre che li portarono a dominare, prima l’Italia e poi gran parte dei paesi che si affacciavano sul Mediterraneo. La conquista dell’Italia La conquista della Penisola avvenne tra il V ed il III secolo a.C. I Romani sconfissero prima gli altri Latini e poi i Sanniti, potente popolo guerriero che viveva nell’Italia meridionale. In seguito furono sottomessi Etruschi, Umbri e Piceni nel centro-nord, Galli Insubri, Cenomani e Boi al nord. La conquista fu completata nel 272 a.C. con la sottomissione di Taranto e della Magna Grecia. La conquista del Mediterraneo La creazione di un vasto impero mediterraneo ad opera dei Romani avvenne attraverso diverse guerre: • Prima guerra punica (264-241 a.C.): con questa guerra Roma sconfisse una prima volta i Puni e cioè i fenici che abitavano la potente

città di Cartagine in Africa settentrionale (nell’attuale Tunisia). Questa città controllava infatti, oltre alle terre africane a lei circostanti, anche la Sicilia occidentale, la Serdegna, la Corsica e le coste della Spagna. Con la vittoria Roma ottenne per se il controllo della Sicilia.

• Seconda guerra punica (218-202 a.C.): nel corso di questa guerra i Cartaginesi, guidati dal generale Annibale, minacciarono direttamente l’Italia e Roma: attraversate la Spagna, i Pirenei e le Alpi, Annibale giunse in Italia con un forte esercito dotato anche di elefanti e sconfisse i Romani in varie battaglie (tra le quali la più rovinosa per i Romani fu quella di Canne, in Puglia). Quando sembrava che stessero per essere sconfitti però, i Romani, guidati dal generale Publio Cornelio Scipione portarono il loro esercito in Africa per minacciare direttamente Cartagine. Annibale, accorso per difendere la sua città, fu sconfitto dai Romani nella battaglia di Zama. Al termine della guerra Roma prese il controllo su alcuni territori che erano in precedenza dominio dei Cartaginesi: Spegna meridionale, isole Baleari, Sardegna e Corsica.

• Terza guerra punica (149-146 a.C.): con questa guerra Roma sottomise definitivamente Cartagine e si impossessò dei suoi territori africani dove creò la Provincia romana d’Africa

• Altre guerre nel corso del II secolo a.C.: contemporaneamente e successivamente alla seconda e terza guerra punica Roma fu impegnata anche in altre guerre che la portarono ad impossessarsi di molti altri territori come la Grecia, le coste orientali del mare Adriatico, la parte occidentale dell’Asia Minore e la Gallia (Francia) meridionale. In questi territori i Romani istituirono così delle province: Spagna Citeriore, Spagna Ulteriore, Sardegna, Sicilia, Corsica, Gallia Cisalpina, Gallia Narbonense, Grecia, Macedonia, Asia, Africa, Illiria.

LE CONQUISTE DEI ROMANI DURANTE L’ETÀ REPUBBLICANA

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AFFERMAZIONE DELLA CIVILTÀ ROMANA

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Ogni volta che i Romani conquistavano un nuovo territorio si occupavano di organizzare la vita degli abitanti tramite nuove leggi e tramite la costruzione di opere pubbliche (strade, ponti, mercati, anfiteatri, acquedotti, terme, ecc..). Ciò serviva a garantire la pace, unica condizione nella quale era possibile che si sviluppassero l’agricoltura e i commerci e nella quale fosse loro possibile riscuotere le tasse che imponevano alle popolazioni sottomesse. Il dominio romano si caratterizzava per i seguenti aspetti: Province, cittadini, alleati e sudditi I territori conquistati fuori dall’Italia prendevano il nome di Province. Gli abitanti delle Province erano considerati sudditi ed erano costretti a pagare le tasse e a fornire aiuti militari a Roma in caso di guerra. In Italia, ma anche in alcuni territori e città provinciali, c’erano poi i cittadini romani, persone cioè alle quali lo Stato romano riconosceva gli stessi diritti e doveri di un abitante di Roma come il diritto di votare e di essere eletto, il diritto di poter commerciare con i Romani, il dovere di combattere come soldato nelle legioni in caso di guerra, ecc.. Tali diritti e doveri, ad esempio, erano riconosciuti agli abitanti delle Colonie romane, città fondate lontano da Roma nei territori conquistati e che erano considerate come veri e propri «pezzi» di Roma fuori da Roma. C’erano infine gli alleati, comunità di persone che i Romani non consideravano cittadini ma ai quali erano comunque riconosciuti alcuni diritti. Diventavano alleati coloro che , nel corso della conquista di un certo territorio, avevano aiutato i Romani nell’impresa. Le opere pubbliche: città, strade e centuriazione I Romani, nei territori conquistati, fondarono numerose città. In genere ognuna di queste era caratterizzata dalla presenza di due strade principali tra loro ortogonali (il cardo e il decumano) al cui incrocio c’era la piazza principale (il foro) adibita a mercato e a luogo in cui avevano sede i principali uffici amministrativi della città e i più importanti templi. Le altre strade erano parallele alle due principali e, incrociandosi, suddividevano l’abitato in isolati rettangolari o quadrati. Per la vita dei cittadini inoltre venivano costruiti acquedotti, teatri, anfiteatri, terme, ecc. Per facilitare le comunicazioni tra una regione ed un’altra e tra Roma ed il resto dell’impero, i Romani costruirono numerose strade e ponti. Per premiare i soldati dopo una conquista o per permettere ai cittadini poveri di Roma di avere una fonte di guadagno, i Romani dividevano parte delle terre da loro occupate e le assegnavano per coltivarle. A tal fine dividevano i terreni in tante parti rettangolari uguali destinate a gruppi di 100 famiglie. Questo metodo di suddivisione dei terreni prendeva il nome di centuriazione.

CONSEGUENZE ECONOMICHE DELL’ESPANSIONE TERRITORIALE

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L’espansione territoriale favorì l’arricchimento di molti cittadini romani che nelle nuove province iniziarono a commerciare e a praticare vari tipi di attività economica. Molti, inoltre, guadagnarono vendendo prodotti allo Stato che servivano per l’esercito. Si formò così una classe di ricchi imprenditori che prese il nome di ceto equestre o cavalieri (cittadini cioè in grado di comprarsi un cavallo e far parte così, una volta arruolati, della cavalleria militare). Altri Romani invece spesero i loro soldi per acquistare terreni da coltivare, spesso comprandoli da piccoli proprietari che, una volta arruolati come soldati in una delle numerose guerre, si trovavano costretti vendere il loro piccolo appezzamento di terra. E così, mentre molti si arricchivano diventando proprietari di grandi latifondi (grandi proprietà terriere) che controllavano dalle loro ville (un incrocio tra fattoria e residenza di campagna), altri erano costretti a diventare braccianti (lavoratori agricoli pagati a giornata sulle terre dei latifondisti) o a trasferirsi in città in cerca di altre forme di impiego (questi erano detti proletari in quanto tutto ciò che possedevano consisteva nella loro prole, i figli). L’abbandono delle campagne da parte di molti e il contemporaneo afflusso dalle nuove provincie di numerosi prigionieri di guerra, favorirono il sempre più esteso utilizzo di schiavi, sia nelle terre dei latifondisti, sia in città dove, se possedevano una certa cultura, potevano anche ricoprire ruoli importanti come quelli di bibliotecari, amministratori, insegnanti e medici. Spesso i padroni concedevano ad alcuni dei loro schiavi la libertà come forma di gratitudine per il lavoro svolto. Gli schiavi liberati prendevano il nome di liberti e spesso continuavano a svolgere, da cittadini liberi, alcuni lavori per conto del loro ex padrone. Non mancarono in questo periodo grandi rivolte di schiavi la più famosa delle quali fu quella guidata dal gladiatore Spartaco tra il 73 e il 71 a.C. e che fu duramente repressa dall’esercito romano. La società romana, quindi, risultava così composta: • Membri della nobilitas: erano coloro che detenevano il controllo politico di Roma attraverso il Senato e i più importanti magistrati.

Erano prevalentemente loro i proprietari dei grandi latifondi e delle grandi ville che vi sorgevano. • Cavalieri: erano ricchi commercianti, banchieri e imprenditori. La loro ricchezza li poneva allo stesso livello, o quasi, della nobilitas

anche se non avevano come questa un effettivo potere politico. • Braccianti: erano i poveri che abitavano in campagna. Tra questi solo alcuni avevano un piccolo appezzamento di terreno di loro

proprietà. La maggior parte invece lavorava le terre dei latifondisti in cambio di una paga. • Proletari delle città: erano i poveri che vivevano in città. Svolgevano per lo più lavori umili nel campo dell’artigianato e del commercio.

Molti trovavano lavoro come muratori in occasione dei numerosi lavori pubblici promossi dallo Stato. • Liberti: erano ex schiavi liberati dai loro padroni. Si trattava di cittadini liberi che però, in genere, continuavano a lavorare per conto

del loro ex padrone. Alcuni di loro riuscivano ad accumulare anche una certa ricchezza. • Schiavi: erano gli ultimi nella scala sociale. Erano proprietà dei loro padroni e spesso, ma non sempre, venivano trattati molto

duramente. Era però possibile anche che venissero trasformati in liberti dai loro padroni.

LE GUERRE CIVILI E LA FINE DELLA REPUBBLICA

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La grande espansione territoriale comportò per Roma trasformazioni economiche, politiche e sociali. Le istituzioni politiche della Repubblica, che erano state create per governare Roma quando era solo una città-stato, si dimostrarono poco a poco inadeguate per gestire un impero sempre più grande e nel quale nuovi ceti economici emergenti volevano partecipare assieme alla nobilitas al controllo del potere politico. Scoppiarono allora violente guerre civili tra gli stessi Romani che si divisero in fazioni diverse guidate da ambiziosi generali il cui scopo era, in genere, quello di affermare un potere personale di tipo dittatoriale. Due «partiti» iniziarono allora a fronteggiarsi: gli ottimati, ovvero i membri della nobilitas che controllavano il Senato e difendevano gli interessi dei ricchi aristocratici, e i popolari, che rappresentavano invece gli interessi dei cavalieri i quali, per ottenere i loro scopi cercarono l’appoggio di contadini e proletari mostrandosi come loro difensori. Le fasi principali di questo periodo di guerre civili furono:

I tentativi di riforma dei due fratelli Tiberio e Caio Gracco (133-123 a.C.) Nel 133 a.C: il politico romano Tiberio Gracco, assunta la carica di tribuno della plebe, propose una legge di riforma agraria secondo la quale doveva essere posto un limite alla quantità di terre che un proprietario poteva possedere. Secondo la stessa legge inoltre, chi avesse occupato abusivamente delle terre di proprietà pubblica avrebbe dovuto immediatamente restituirla allo Stato. In questo modo sia le terre possedute in eccesso, sia quelle pubbliche abusivamente coltivate, dovevano tornare sotto il controllo dello Stato il quale avrebbe poi provveduto a ridistribuirlo tra i cittadini più bisognosi. Lo scopo di tutto ciò era quello di far tornare i romani poveri, che erano diventati per lo più braccianti o proletari delle città, a coltivare un proprio appezzamento di terreno. Ma il partito degli ottimati si oppose duramente a questa legge e Tiberio fu assassinato. Dieci anni dopo il fratello di Tiberio, Caio Gracco, propose un’altra legge che prevedeva grossomodo le stesse cose di quella del fratello e che in più concedeva la cittadinanza romana a tutti gli abitanti della Penisola. Ma anche questa volta la reazione degli ottimati fu molto violenta e Caio fu costretto a suicidarsi.

Dalla prima guerra civile al primo triumvirato Negli anni successivi alla morte dei due Gracchi il partito degli ottimati e quello dei popolari si scontrarono in una vera e propria guerra civile. I popolari erano guidati da Caio Mario mentre gli ottimati da Lucio Cornelio Silla che nell’82 a.C. fu nominato dittatore decretando, per il momento, la vittoria degli ottimati. Ma negli anni successivi i popolari trovarono una nuova guida in Caio Giulio Cesare. Costui, inizialmente, si alleò con i due principali esponenti del partito degli ottimati (Gneo Pompeo e Licinio Crasso), con i quali stipulò un accordo (detto primo triumvirato = alleanza di tre uomini) per spartirsi tra loro il potere. In seguito, dopo la morte di Licinio Crasso e la sconfitta di Pompeo nella battaglia di Farsalo in Grecia (48 a.C.), Giulio Cesare divenne padrone dello Stato e si fece nominare dittatore a vita. Con gli estesi poteri così acquisiti Cesare tentò di attuare una serie di riforme per porre fine alle guerre civili. Ma molti nel Senato non tolleravano l’eccessivo potere del dittatore che fu così assassinato in una congiura nel marzo del 44 a.C.

Il secondo triumvirato e la presa del potere da parte di Ottaviano Augusto Dopo l’uccisione di Cesare tre uomini politici che erano stati suoi collaboratori si accordano per vendicarne l’assassinio (secondo triumvirato) e per assumere il controllo dello Stato. Essi furono Marco Antonio, Marco Emilio Lepido e Ottaviano. Quest’ultimo in particolare, nipote di Cesare e suo figlio adottivo, riuscì poco a poco a prevalere su tutti. Dopo la sconfitta dei nemici di Cesare infatti, Ottaviano riuscì a togliere ogni potere a Lepido e a convincere il Senato a dichiarare guerra a Marco Antonio e alla regina d’Egitto Cleopatra sua alleata. Dopo aver sconfitto il suo avversario nella battaglia navale di Azio (31 a.C., in Grecia) Ottaviano rimase padrone assoluto dello Stato diventando il primo imperatore e assumendo il titolo onorifico di Augusto.

ROMA IMPERIALE (I-II SECOLO D.C.)

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Con la presa del potere da parte di Augusto finì a Roma l’età repubblicana ed iniziò il regime imperiale. Il nuovo sistema prevedeva che l’imperatore, posto a vita a capo dello Stato, avesse la supremazia su tutti gli altri magistrati. A lui spettava inoltre il comando supremo delle forze armate. A parziale attenuazione di questo sterminato potere, continuava ad avere la sua importanza il Senato, con il quale però, gli imperatori entrarono spesso in contrasto (in particolare si scontrarono con il Senato imperatori come Caligola, Nerone, Domiziano e Commodo). Molti imperatori finirono uccisi in congiure o assassinati dai soldati che molto spesso imposero imperatori di proprio gradimento. Ciò nonostante per i primi due secoli dall’istituzione del regime imperiale, il dominio di Roma continuò ad espandersi raggiungendo la sua massima estensione al tempo dell’imperatore Traiano (98-117 d.C.) quando i Romani controllavano un territorio esteso dalla Britannia (l’attuale Gran Bretagna) alla Mesopotamia (attuale Iraq). Le leggi, la cultura e i modi di vita dei Romani si diffusero allora in tutto il bacino del mediterraneo e nell’Europa occidentale. Il latino, la lingua dei conquistatori, iniziò ad essere correntemente parlato in un gran numero di territori tanto che da esso derivarono diverse lingue «neolatine» europee moderne (italiano, spagnolo, francese, romeno, portoghese e altre minori). Nella parte orientale dell’impero invece, il latino si affiancò al greco, l’altra lingua «internazionale» dell’antichità. Tra i più importanti imperatori del I, del II e degli inizi del III secolo d.C. possiamo ricordare: • Claudio (41-54 d.C.): conquistò la Britannia • Vespasiano (69-79 d.C.): pose fine ad una guerra civile scoppiata alla morte di Nerone ed iniziò la dinastia Flavia; costruì il Colosseo • Adriano (117-138 d.C.): stabilì un limite all’espansione territoriale dell’Impero e si dedicò all’organizzazione dei territori conquistati • Antonino Pio (138-161 d.C.): il suo regno coincise con un lungo periodo di relativa pace interna ed esterna • Marco Aurelio (161-180 d.C.): affrontò in guerra le prime tribù barbare germaniche che iniziavano a minacciare le frontiere dell’Impero • Settimio Severo (193-211 d.C.): combatté varie guerre lungo i confini a difesa dell’Impero e diede grande potere all’esercito • Caracalla (211-217 d.C.): figlio di Settimio Severo, concesse la cittadinanza romana a tutti i sudditi liberi (non schiavi) dell’Impero

LA CRISI DELL’IMPERO ROMANO NEL III SECOLO D.C.

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A partire dalla seconda metà del II secolo d.C. iniziarono ad essere sempre più frequenti i tentativi delle tribù barbariche germaniche di penetrare all’interno dei confini dell’Impero. Questi tentativi si intensificarono nel corso del III secolo d.C. Di conseguenza crebbe progressivamente l’importanza dell’esercito come elemento vitale per la sopravvivenza dell’Impero . Per mantenere l’esercito divenne allora necessario per gli imperatori aumentare le tasse, il che finì inevitabilmente con l’impoverire i sudditi. Inoltre l’esercito, oltre ad essere un organismo molto costoso, contribuì a creare una situazione di anarchia (mancanza di governo, situazione di disordine generale) in conseguenza del fatto che le legioni romane iniziarono a farsi la guerra tra di loro per decidere a quale dei loro generali affidare la carica di imperatore. Nel 284 d.C. divenne imperatore il generale Diocleziano che tentò di rimettere ordine nell’impero. Le sue riforme principali consistettero in: • Riorganizzazione del sistema di riscossione delle tasse per garantire il finanziamento dello Stato • Introduzione di un vero e proprio culto dell’imperatore che ora si abbigliava e si comportava come un vero e proprio re • Istituzione di un nuovo sistema di governo chiamato tetrarchia (governo dei quattro): l’impero fu suddiviso in due parti ognuna delle

quali fu affidata al governo di un Augusto; ognuno dei due Augusti era affiancato nel governo da un Cesare destinato a succedergli in caso di morte.

Ma il sistema tetrarchico non funzionò. Scoppiò infatti ben presto uno scontro armato tra gli Augusti e i Cesari e, dopo la morte di Diocleziano, fu ripristinato il vecchio sistema unificato di governo.

Venezia, Basilica di San Marco Scultura in porfido rappresentante i Tetrarchi

IL CRISTIANESIMO

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Tra il I e il IV secolo d.C. la società romana fu interessata da un fenomeno nuovo di portata epocale: la diffusione del Cristianesimo. I cristiani all’inizio erano una minoranza ma via via andarono aumentando grazie a due promesse che la nuova religione andava affermando: • La possibilità di guadagnarsi sulla terra una vita in cielo dopo la morte • La possibilità di ottenere il perdono per i propri peccati I cristiani erano ostili a molte pratiche care ai pagani come il culto dell’imperatore o la partecipazione ai giochi circensi e agli spettacoli dell’anfiteatro, spesso dedicati alle divinità della religione politeista tradizionale. Per questi motivi, molto spesso, i seguaci della nuova religione erano guardati con diffidenza dai pagani finendo a volte con l’essere colpiti da vere e proprie violente persecuzioni. Ma la condizione di perseguitati non era permanente e si verificava periodicamente a seconda delle tendenze dell’imperatore in carica che poteva essere più o meno tollerante verso le «stranezze» dei cristiani. Comunque, con il passare del tempo, il numero dei cristiani andò aumentando inesorabilmente. Nel 313 d.C. l’imperatore Costantino, immaginando che una religione monoteista avrebbe potuto contribuire all’unità dell’Impero (un solo imperatore e un solo Dio), decise, con l’editto di Milano, di dare la libertà di culto ai cristiani che, da quel momento, non poterono più essere perseguitati. Lui stesso poi, si dichiarò convertito alla nuova fede e fece costruire numerose chiese aiutando inoltre in vario modo i membri della Chiesa cattolica (da un termine di origine greca che significava «universale»: chiesa cattolica = chiesa universale = chiesa di tutti e per tutti). In questo modo i membri della gerarchia ecclesiastica divennero fedeli alleati dello Stato. Un passo ulteriore fu compiuto dall’imperatore Teodosio che, con l’editto di Tessalonica (una città della Grecia) del 380 d.C., dichiarò il Cristianesimo unica religione riconosciuta dallo Stato. Furono pertanto vietati tutti gli altri culti, compreso il paganesimo politeista tradizionale, e l’impero romano divenne un impero cristiano.

Costantino imperatore (imperatore associato dal 306 al 323 e imperatore unico nel

periodo 323-357)

GLI ULTIMI DUE SECOLI DELL’IMPERO E LE INVASIONI BARBARICHE (IV-V SECOLO D.C.)

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Nel corso di tutto il III secolo d.C. l’Impero subì ripetuti attacchi da parte delle tribù germaniche dei Franchi, degli Svevi, dei Sassoni, degli Alemanni, dei Burgundi, dei Vandali. Questa prima grande ondata di barbari però fu respinta e l’Impero resistette. A partire dal 370 d.C. però, un altro popolo, molto più forte degli altri, iniziò a premere alle spalle dei Germani spingendoli nuovamente ad attaccare l’Impero. Questo popolo era quello degli Unni provenienti dalle steppe dell’Asia centrale. Per far fronte al pericolo l’Imperatore Teodosio decise, come già avevano fatto altri imperatori prima di lui, di integrare alcune tribù nell’Impero e di arruolare numerosi barbari nell’esercito. Generalmente si assegnavano delle terre ai barbari entro i confini dell’Impero a ridosso della frontiera. Questi avrebbero dovuto difendere le terre loro assegnate e l’Impero dall’arrivo di altre tribù. Inoltre, dopo la sua morte avvenuta nel 395 d.C., Teodosio lasciò l’Impero in eredità ai suoi due figli dividendolo in due parti: l’Impero romano d’Occidente che affidò a Onorio, l’Impero romano d’Oriente che affidò ad Arcadio. Da quel momento finì l’unità dell’Impero e le due parti intrapresero storie diverse. Di fronte alle invasioni barbariche l’Impero d’Occidente, a differenza di quello d’Oriente, non seppe resistere e meno di cento anni dalla divisione crollò. Le principali invasioni che colpirono l’occidente furono: • 401-403: i Visigoti attaccano l’Italia ma vengono respinti dal generale Stilicone al servizio di Onorio • 410: i Visigoti, guidati da Alarico, invadono l’Italia e saccheggiano Roma • 450: gli Unni, guidati da Attila, attaccano la Gallia e l’Italia del nord • 455: i Vandali, dopo aver occupato le province romane dell’Africa settentrionale, sbarcano alla foce del Tevere e giungono a saccheggiare

Roma guidati da Genserico • 476: il capo barbaro Odoacre, alla testa di un gruppo di mercenari di varie tribù germaniche, attacca l’Italia e depone l’ultimo imperatore

romano Romolo Augustolo Nel 476 d.C. dunque, si colloca tradizionalmente la fine dell’Impero romano d’Occidente e, con esso, la fine dell’Età Antica e l’inizio del Medioevo.

CAUSE DELLA CADUTA DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE

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Le cause che hanno portato alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente sono molte. L’arrivo dei barbari è stato fatale a causa del fatto che l’Impero, già da qualche tempo, soffriva di una debolezza interna generata da vari fattori. Tra i principali fenomeni individuati dagli storici e che hanno contribuito alla caduta di Roma si possono ricordare: • I cittadini romani, verso la fine dell’Impero, non aspirano più ad arruolarsi nell’esercito e vengono sostituiti sempre più

frequentemente da soldati di origine barbarica: verso la fine dell’età repubblicana l’esercito romano era diventato una forza militare professionale. Ciò voleva dire che i cittadini non venivano più arruolati in maniera obbligatoria ma si arruolavano loro stessi volontariamente scegliendo di svolgere l’attività del soldato come mestiere. Inizialmente questo lavoro attirava molti volontari e per l’Impero non era difficile trovare un numero sufficiente di uomini per formare le legioni. Ma con il passare del tempo il mestiere del soldato diventò sempre meno desiderabile agli occhi dei Romani (troppi pericoli e troppi frequenti scontri con i barbari lungo il confine). Gli imperatori allora iniziarono ad arruolare gli stessi barbari che stavano fuori dell’Impero. Questi soldati però, arruolati assieme a tutta la loro tribù, erano più fedeli al loro capo, generalmente un barbaro anche lui, che all’imperatore.

• La ricchezza dell’Impero attira sempre di più i barbari: dopo secoli di contatti commerciali con i Romani, i Germani sono sempre più attratti dalle ricchezze dell’Impero. Ciò accresce progressivamente il loro desiderio di entrare a farne parte. A volte venivano accolti e gli imperatori, dopo averli arruolati come soldati, assegnavano loro delle terre lungo i confini. A volte però le circostanze portavano questi barbari ad entrare in modo violento nei territori romani con lo scopo di saccheggiarli.

• I barbari Germani sono spinti a invadere l’impero perché attaccati a loro volta da popoli provenienti dall’Asia Centrale: alle spalle dei Germani alcuni popoli provenienti dall’Asia centrale (Unni e Avari) iniziarono a spostarsi verso l’Europa. Ciò costrinse molte tribù barbariche a spingersi a loro volta verso occidente e a invadere l’Impero.

• L’economia delle città occidentali entra in crisi: per secoli molte ricchezze erano affluite a Roma e nelle altre città grazie alle conquiste. Nel momento in cui l’espansione dell’Impero si fermò, anche le ricchezze diminuirono. Ad aggravare la situazione economica contribuirono inoltre le continue incursioni dei barbari. Le strade divennero poco sicure ed i commerci diminuirono

• Nel II e III secolo d.C. varie epidemie colpirono l’area mediterranea • Diminuisce la produzione agricola: con la fine dell’espansione territoriale diminuisce l’afflusso degli schiavi da utilizzare nell’agricoltura. I

proprietari terrieri sono costretti allora a modificare il loro modo di gestire la produzione agricola. Molti terreni vengono abbandonati e diminuisce la quantità di cibo prodotto.

• Aumentano le spese militari: la crisi economica conseguente alla fine dell’espansione territoriale fu aggravata dal progressivo aumento delle spese per il mantenimento dell’esercito. Per far fronte a queste spese fu aumentato di molto il peso delle tasse sui cittadini.

Questi fenomeni, tutti assieme, indebolirono l’Impero e lo resero incapace di resistere all’attacco dei barbari.

I REGNI ROMANO BARBARICI, L’IMPERO BIZANTINO E LE GUERRE GRECO-GOTICHE

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Dopo aver fatto crollare l’Impero Romano d’Occidente i barbari si insediarono nei territori che ne avevano fatto parte. In questi territori fondarono diversi regni che sono chiamati Regni romano-barbarici poiché, al loro interno, presentavano una suddivisione dei compiti tra i nuovi arrivati e i Romani: ai Romani spettavano le funzioni produttive e amministrative, ai barbari invece spettava il potere politico e militare.

L’Italia, dopo essere stata nelle mani di Odoacre dal 476 al 488, viene invasa dagli Ostrogoti guidati dal loro re Teodorico. Questo sovrano cercò di instaurare una convivenza pacifica tra invasori germanici e romani. Nel 535 d.C. però, Giustiniano imperatore dell’Impero Romano d’Oriente dal 527 al 565 d.C., tentò di riconquistare, almeno in parte, l’Occidente. Scoppiarono allora le cosiddette guerre greco-gotiche tra gli Ostrogoti e i Bizantini (ovvero i romani dell’Impero Romano d’Oriente che era chiamato anche Impero Bizantino dal nome antico –Bisanzio- della sua capitale –Costantinopoli-). Queste guerre si conclusero nel 553 d.C. con la sconfitta degli Ostrogoti. Ma il controllo dell’Italia da parte di Bizantini non durò molto: nel 568 i Longobardi, un altro popolo germanico , invase nuovamente la Penisola.