L'istruzione classica ( 1860-191 o) -...

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PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO FONTI ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO FONTI PER LA STORIA DELLA SCUOLA III L'istruzione classica (1860-191o) a cura di G AETANO B ONETTA e G IGLIOLA F IORAVANTI MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI 1995

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PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO

FONTI XX

ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO

FONTI PER LA STORIA DELLA SCUOLA

III

L'istruzione classica ( 1860-191 o)

a cura di GAETANO BONETTA e GIGLIOLA FIORAVANTI

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI

1995

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UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI DNISIONE STUDI E PUBBLICAZIONI

�om.itato Pe; le pubbl!c�zioni: il direttore generale, presidente, Paola Ca-ucct, �ntoruo Dent�ru-Lttta, Cosimo Damiano Fonseca, Romualdo Giuffri­da, Luct? �urne, Ennca Ormanni, Giuseppe Pansini, Claudio Pavone, Luigi P:osdoc�rm, Leopoldo Puncuh, Isidoro Soffietti, Isabella Zanni Rosiello Lu-cta FauCi Moro, segretaria. '

© 1995 Ministero per i beni culturali e ambientali Ufficio centrale per i beni archivistici

ISBN 88-7 1 25-082-6 Vendita: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato-Libreria dello Stato

Piazza Verdi 10, 00 198 Roma

Stampato dalle Arti Grafiche Panetto & Petrelli - Spoleto

SOMMARIO

PREMESSA

INTRODUZIONE

I. L 'istruzione classica nell'Italia liberale, di Gaetano Bonetta

II. L'amministrazione centrale e periferica dell'istruzione secon­daria classica e i suoi archivi dalla Casati alla grande guerra

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(1859-1914), di Gigliola Fioravanti 97

SEZIONE l. l DISAGI DEGLI INIZI, I LICEI TOSCANI E GLI ISTITUTI GOVERNA-

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l. Lettera di trasmissione di Raffaello Lambruschini al direttore dell'Ufficio centrale della pubblica istruzione in Toscana, del rap-porto sui licei toscani di Girolamo Buonazia (186 1). 123

2 . Rapporto sulla situazione dei licei toscani redatto da Girolamo Buonazia e inviato all'ispettore generale per le scuole toscane [1861] . »

3 . Rapporto inviato al ministro dal direttore dell'Ufficio centrale della pubblica istruzione in Toscana Marco Tabarrini sulle condizio-ni e le carenze dei licei toscani (1861) . 1 27

4 . Relazione del r. commissario dell'istruzione pubblica in Sicilia al ministro sulla situazione dei ginnasi e dei licei dell'isola (1862) . 1 29

5 . Relazione annuale del provveditore agli studi di Milano sulle scuole secondarie e sui convitti comunali e privati nella provincia per l'anno scolastico 1861- 1862.

6. Relazione finale del provveditore agli studi nella provincia di Milano sull'andamento delle scuole secondarie classiche per l'anno scolastico 1860-186 1 .

7 . Sintesi della relazione generale presentata al ministro dal Prov­veditorato centrale sulla condizione degli istituti classici governati­vi [1869] .

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6 Fonti per la storia della scuola

SEZIONE II. RELAZIONI ED ISPEZIONI SUL RENDIMENTO SCOLASTICO

8. Relazione generale del preside Gaetano Jandelli sull'andamento degli studi nel liceo ginnasio di Teramo per l'anno scolastico 1861-1862.

9 . Relazione finale del « direttore di religione , del r . ginnasio di Lodi per l'anno scolastico 1862- 1863.

10 . Relazione finale inviata al presidente del Consiglio scolastico provinciale dal preside del r. liceo Parini di Milano per l'anno scola­stico 1866-1867.

1 1 . Relazione finale inviata al ministro dal direttore del r . ginnasio di Castroreale per l'anno scolastico 1867-1868.

12 . Relazione finale inviata al prefetto, presidente del Consiglio scolastico provinciale, dal preside del r. liceo Macchiavelli di Lucca per l'anno scolastico 1880-188 1 .

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1 3 . Relazione finale inviata al prefetto, presidente del Consiglio scolastico provinciale, dal preside del r . liceo-ginnasio Ennio Quiri­no Visconti di Roma per l'anno scolastico 1880- 188 1 .

1 4 . Relazione degli ispettori Domenico Denicotti e Anselmo Ron-. chetti sul r. liceo-ginnasio Verri di Lodi (1883).

1 5 . Verbale della conferenza tenuta al collegio docenti da Dome­nico Denicotti e Anselmo Ronchetti nel r . liceo ginnasio V erri di Lodi a conclusione dell'ispezione svolta (1883).

16. Sintesi relativa ai giudizi sul personale docente desunta dalla relazione sul r . liceo-ginnasio Verri di Lodi degli ispettori Domeni­co Denicotti e Anselmo Ronchetti (1883).

17. Relazione sull'ispezione alle cattedre di storia e filosofia nel r. liceo Beccaria di Milano condotta da Felice Tocco (1896).

18 . Relazione sull' ispezione alle cattedre di storia e filosofia nel r . liceo Manzoni di Milano condotta da Felice Tocco (1 896).

SEZIONE III. ATTIVITÀ DIDATTICA

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�ela��one finale del professore di grammatica del r . collegio di Ch1en sull msegnamento impartito nell'anno scolastico 1859- 1860 .

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Sommario

20 . Relazione finale dell' insegnante di ginnastica Luigi Niccolini

del r. ginnasio di Lodi per l'anno scolastico 1862- 1863.

2 1 . Relazione finale del sottotenente Giovanni Onesti sull'istru­

zione militare impartita nel r. ginnasio di Lodi per l'anno scolastico

1862- 1863 [1863].

22 . Relazione finale del professore di lettere italiane del r . liceo

Botta in Ivrea sull' insegnamento impartito nell'anno scolastico

1868- 1869.

2 3 . Relazione finale del professore di filosofia del r . liceo Botta in

Ivrea sull'insegnamento impartito nell'anno scolastico 1868-1869.

24. Relazione finale del professore di storia e geografia del r. liceo

Botta in Ivrea sull' insegnamento impartito nell'anno scolastico

1 868- 1869.

2 5. Relazione finale del professore di storia naturale del r. liceo

Botta in Ivrea sull' insegnamento impartito nell'anno scolastico

1 868- 1869 .

26. Relazione del professore di matematica del r. liceo Botta in

Ivrea sull' insegnamento impartito nell'anno scolastico 1868- 1869.

27. Relazione finale del professore di chimica e fisica del r. liceo

Botta in Ivrea sull' insegnamento impartito nell'anno scolastico

1 868- 1869 .

28. Relazioni sulle attrezzature scientifiche dei gabinetti di fisica,

chimica e storia naturale redatte dai professori del r. liceo Botta in

Ivrea (1880).

29 . Relazione del preside del liceo Botta di Ivrea sullo stato gene­rale della biblioteca e sul numero complessivo delle opere (1880).

SEZIONE IV. PROGRAMMI, LIBRI DI TESTO E PROPOSTE PEDAGOGICHE

30. Resoconto dei quesiti e delle relative risposte in tema di pro­

grammi scolastici date dai comitati per l' istruzione secondaria e pri-

maria (1867).

3 1 . Relazione della commissione dei presidi sui programmi delle scuole secondarie classiche [1872].

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8 Fonti per la storia della scuola

32. Relazione al provveditore agli studi dell'Umbria sulla scelta dei libri di testo per l'insegnamento delle materie letterarie negli istituti ginnasiali da parte della commissione a firma di Carlo Maria Tallarigo (1870).

33 . Relazione al ministro di Felice Tocco e di Filippo Masci sul­l'insegnamento della filosofia nei licei (1896) .

34. Pareri di alcuni docenti e di Pietro Fedele sull'insegnamento della storia e sui metodi per migliorarlo (1901).

SEZIONE V. ESAMI

35 . Relazione al ministro del commissario Michele Kerbaker per gli esami di licenza liceale svolti presso il r . liceo Torquato Tasso in Roma nella sessione ordinaria del luglio 1896.

36. Relazione di Francesco Saverio Nitti sugli esami di licenza li­ceale e ginnasiale nel r. ginnasio di Badia di Cava (1897).

37 . Circolare a firma del ministro ai capi d'istituto sui criteri da adottarsi negli esami finali [1898] .

SEZIONE VI. I PROFESSORI: IL RECLUTAMENTO, LA QUALIFICAZIONE E IL

TRATTAMENTO GIURIDICO-ECONOMICO

38. Parere del consultore legale su alcuni aspetti insorti in merito all'applicazione della Casati (1860).

39. Estratto della delibera del Consiglio superiore di pubblica istruzione sull'eleggibilità dei docenti nei licei e ginnasi per meriti acquisiti in titoli di servizio e in pubblicazioni ( 1862).

40. Verbale di « conferenza , dell'Ispettorato presieduta dal mini­stro [1862].

4 1 . Estratto della delibera del Consiglio superiore di pubblica istruzione sul rilascio di patente di idoneità agli insegnanti delle province annesse (1862).

42. Trasmissione al ministro della relazione sui programmi per gli esami di abilitazione a cura della Scuola di magistero della r . Uni­versità di Napoli (1 877).

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Sommario

43 . Rapporto delle operazioni per il concorso a cattedra di lettera­tura italiana nel r. liceo Beccaria in Milano compilato dalla giunta esaminatrice (1878).

44. Relazione della commissione esaminatrice del concorso per la cattedra di letteratura italiana al liceo Beccaria di Milano (1879).

4 5 . Lettera del presidente della commissione di concorso a catte­

dre nei rr. ginnasi inferiori al ministro della pubblica istruzione

(1897).

46. « Memoriale agli onorevoli senatori e deputati» dell'Unione nazionale tra i professori delle prime classi ginnasiali (19 10).

47. Lettera dei professori milanesi delle prime classi ginnasiali al ministro della pubblica istruzione Luigi Credaro (1910).

SEZIONE VII. CONVITTI E COLLEGI

48. Relazione annuale del direttore del convitto di Milano Calchi­Taeggi per l'anno scolastico 186 1 .

4 9 . Relazione al ministro del rettore del collegio-convitto nazio­nale del Carmine di Torino [1861] .

50 . Relazione di Antonio Labriola e di Aristide Gabelli al prefetto di Roma, presidente del Consiglio provinciale scolastico, relativa al­l'ispezione condotta sul collegio Nazzareno (1877).

5 1 . Regolamento interno del convitto nazionale di Genova (1 883).

52 . Comunicazione del Consiglio superiore di pubblica istruzione al ministro riguardante la delibera di chiusura del collegio-convitto Luca Valenziano di Tortona (1886).

53 . Relazione annuale del sostituto del rettore sul convitto nazio­nale Umberto I di Torino per l'anno scolastico 1892-1893.

SEZIONE VIII. SEMINARI ED ISTITUTI RELIGIOSI

54. Lettera dei delegati di Napoli al ministro contenente proposte per l'istruzione governativa nelle province meridionali (1861) .

55. Istruzioni ai direttori dei nuovi ginnasi costituiti nei seminari delle province meridionali [1865].

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10 Fonti per la storia della scuola

56. Istruzioni date a Edoardo Fusco, delegato del ministero per la riapertura delle scuole secondarie nei seminari chiusi 1865 .

57 . Proposte di Edoardo Fusco, commissario straordinario per i seminari nelle province meridionali, per render più agevole la mis­sione nei seminari delle province meridionali (1865).

58. Relazione generale del commissario Edoardo Fusco sui semi­nari chiusi e richiesta di urgenti disposizioni (1865).

59. Proposta del Consiglio superiore della pubblica istruzione di chiusura delle scuole secondarie nei seminari delle province napo­letane (1870).

60. Proposta del Consiglio superiore per nuove norme che regoli­no nelle province napoletane le scuole secondarie presso i seminari (1870).

6 1 . Lettera del prefetto di Benevento, presidente del Consiglio scolastico provinciale, al ministro della pubblica istruzione sul se­minario di Cerreto [Sannita] (1870).

62. Promemoria sulla situazione e i problemi insoluti riguardanti l'insegnamento secondario impartito nei seminari delle province meridionali [1873] .

SEZIONE IX. NUOVE ISTITUZIONI SCOLASTICHE, REGIFICAZIONI, PAREGGIA­

MENTI, PROGETTI DI RIFORMA

63. Lettera circolare del ministro ai prefetti delle province sicilia­ne perché si adoperino presso le autorità locali al fine di creare ade­guati convitti annessi agli istituti classici (1863).

64 . «Voto legale sul diritto di associazione paterna per la fonda­zione di un istituto privato d'istruzione secondaria impugnato dal Consiglio sco lastico provinciale con voto del 1 3 marzo 1 875 » .

65 . Domanda di pareggiamento per il ginnasio Ognissanti di Co­dogno, inoltrata dal provveditore di Milano Antonio Salvoni al Provveditorato centrale per l'istruzione secondaria (1879).

66. Volantino a stampa sulla richiesta di apertura di un terzo liceo statale in Torino (1881).

67 . Relazione di Giovanni Cantoni, membro del Consiglio supe­riore per l'istruzione pubblica, sulla richiesta di pareggiamento del liceo Alimonda in Loano (1882).

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Sommario

68. Richiesta della Giunta municipale di Visso al ministro per l'i­stituzione di un ginnasio (1889).

69. Domanda del sindaco di Città di Castello al ministro della pubblica istruzione affinché dichiari regie le scuole secondarie co­munali (1893).

70. Relazione del Consiglio superiore di pubblica istruzione sulla

proposta dell'istituzione della scuola secondaria unica (1898).

7 1 . Convenzione tra il Ministero della pubblica istruzione ed il Municipio di Firenze per la istituzione di un ginnasio governativo in quella città [1896] .

72. Domanda del sindaco di Avola relativa all'istituzione di un ginnasio inferiore (1905).

SEZIONE X. L' ANTI-SCUOLA, SCANDALI E POLEMICHE NELLE SCUOLE DEL RE­

GNO

73 . Copia della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d'appello di Torino nella causa penale intentata al direttore e ad al­tri due religiosi del collegio San Primitivo della città (1863).

7 4 . Relazione riservata del direttore Raffaele Caruso sul personale del ginnasio di Patti al ministro della pubblica istruzione (1870).

75 . Lettera del sindaco di Sinigaglia a «pregiatissimo signore » per­ché vengano sostituiti alcuni insegnanti del liceo cittadino, indegni di ricoprire quelle funzioni (1877).

76. Volantino anonimo redatto contro il rettore del convitto na­zionale di Fermo annesso al liceo [1888] .

77. Lettera del direttore del giornale « La Giostra» al ministro del­l'istruzione pubbli éa relativa ad un articolo riguardante il prof. Pie­tro Malusa, preside del liceo Galluppi di Catanzaro (1896).

78. Volantino di denuncia della situazione in cui versano gli istitu­ti classici in Modica (1898).

79. Due articoli pubblicati da « La Gazzetta» di Siracusa in merito alla bocciatura di alcuni allievi del locale liceo (1900).

80 . Lettera degli studenti del r. liceo Maurolico di Messina al pre­side riguardante alcuni problemi sorti nello svolgimento del pro­gramma (1902).

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1 2 Fonti per la storia della scuola

8 1 . Copia della lettera del sottoprefetto di Fermo, relativa ai pro­fessori del r. liceo-ginnasio della città ( 1908).

82 . Lettera di Gaetano Falconi ad Augusto Ciuffelli in cui si rileva l'opportunità di una inchiesta nel liceo-ginnasio Annibalcaro di Fer­mo (1908).

83 . Due articoli del « Giornale di Sicilia» relativi al suicidio di un allievo della 4a classe ginnasiale del ginnasio Garibaldi di Palermo (1908).

84 . Manifesto murale a firma degli studenti del r. liceo-ginnasio di Monteleone di Calabria ( 1909).

SEZIONE Xl. NEL PRIMO DECENNIO DEL '900

85 . Relazione sulle condizioni dell'insegnamento medio, quali ri­sultano dai rapporti dei provveditori alla reale Commissione d'in­chiesta.

86. Deficienze e disordini nel funzionamento degli istituti di istru­zione secondaria quali risultano dai rapporti dei provveditori alla reale Commissione d'inchiesta.

�7 . Rap�orto sulla libera adozione dei libri di testo da parte degli msegnant1.

88 . Rapporto sulle regificazioni degli istituti secondari in base alla l. 1 6 lug. 1904, n. 397.

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PREMESSA

Nella non ricca letteratura di storia dell'istruzione manca una qualche raccolta di fonti documentarie, già scarsamente edite o del tutto inedite, che costituiscono la base per ogni ricerca che non voglia limitarsi a una rassegna del dibattito pedagogico ma voglia misurarsi da vicino con i nodi istituzio­nali, sociali e culturali che si riflettono e si intrecciano nella storia della scuola.

Senza poter avere - per ragioni oggettive relative all'attuale condizione degli studi oltre che per ragioni di spese - l'ambizione di dar vita a una serie di volumi che, come un secolo fa i Monumenta germaniae paedagogi­ca,spaziasse per i secoli, per le diverse tradizioni locali, per gli ordini reli­giosi ecc . , abbiamo voluto, per ora, offrire agli studiosi una raccolta di do­cumenti, in più volumi, che servissero almeno ad offrire un più modesto sussidio agli studiosi di storia della scuola nell'Italia unita.

Lieti se in un prossimo futuro altri potrà allargare lo spettro di una siffat­ta ricerca (sia risalendo ai tempi anteriori all'unità nazionale, sia esaminando le numerose fonti documentarie disperse negli Archivi di Stato periferici, negli archivi degli enti locali, di istituzioni private, religiose ecc.), per ora ci siamo limitati alla presentazione di documenti conservati all'Archivio cen­trale dello Stato (con la sola eccezione dei verbali del Consiglio superiore della pubblica istruzione depositati presso il ministero omonimo) e relativi alla realtà scolastica e universitaria del Regno d'Italia. I documenti presi in considerazione, in genere, si collocano tra la legge Casati del 1 859 e le leggi Gentile del 192 3 .

I singoli volumi della collana sono curati in stretta collaborazione da uno studioso di storia e da un funzionario dell'Archivio centrale dello Stato : essi hanno, in un comune lavoro, scelto i documenti a loro avviso più significa­tivi da una ampia serie di buste e filze fino ad ora scarsamente esaminate, ne hanno curato la trascrizione, hanno provveduto a predisporre un sobrio ap­parato di note, ed hanno ad ogni volume premesso una introduzione illu­strativa articolata in una parte storica e in una parte più strettamente archi­vistica.

I volumi, che entreranno a far parte della collana Fonti curata dall'Uffi­cio centrale per i beni archivistici, saranno raggruppati in due serie distinte : una prima serie istituzionale che esaminerà i vari ordini di scuola (elementa­re, classica ecc. ) o le varie istituzioni (Consiglio superiore, amministrazione

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14 Fonti per la storia della scuola

centrale ecc.); una seconda, monografica, che offrirà i documenti relativi a questioni e episodi particolari ma significativi (inchieste, lib ri di testo ecc .) .

La documentazione offerta dai singoli volumi è, per ragioni evidenti di spazi e di costi, antologica : in tal senso, oltre ad offrire una prima base do­cumentaria per gli studiosi, essa intende altresì fornire lo stimolo per più ampie e dettagliate ricerche e per la predisposizione di inventari più detta­gliati dei fondi disponibili. Va infine richiamata l'attenzione dei lettori sul fatto che la documentazione versata presso l 'Archivio centrale dello Stato, per la non regolarità dei versamenti o in seguito a dispersioni, per lo più causate da eventi bellici, presenta vuoti e lacune che non possono non ri­specchiarsi nella scelta dei documenti per i singoli volumi.

Ma il significato di questa iniziativa ci sembra vada al di là della stessa utilità che potranno trarne gli studi sulla storia della scuola in Italia per co­stituire un esempio della necessaria collaborazione fra il mondo degli studi e della ricerca e le istituzioni archivistiche, nel rispetto dei diversi ruoli e nel­la consapevolezza di un possibile lavoro comune.

La direzione scientifica

INTRODUZIONE

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I. L'ISTRUZIONE CLASSICA NELL'ITALIA LIBERALE

Premessa

L'istru zione classica, con le sue istitu zioni scolastiche, il ginnasio ed il liceo, è stata molto poco frequentata dagli storici italiani ed in particolare da quel­li de lla scuola e dell'educa zione. Pur con il generale rinnovamento che la storiografia sulla scuola sta vivendo da alcuni anni a questa parte, parecchio trascurato è stato il ruolo che il ginnasio-liceo ha avuto, specie negli anni li­berali della cosiddetta «costru zione della na zione » , nella forma zione delle classi dirigenti e nella caratteri zza zione dei ceti medi «colti», ovvero di quei soggetti sociali che, a loro volta, hanno ricoperto una fun zione centrale nelle dinamiche e nello sviluppo civile ed economico del paese. Altresì, scarsissima atten zione è stata dedicata agli aspetti più propriamente pedagogici e cultura­listici del curriculum ginnasiale e liceale, così come ai problemi psicologici della crescita adolescen ziale profondamente formali zzata ad esso legati.

Alla luce delle nuove domande culturali e storiografiche che quel conso­lidato deficit storico cognitivo esprime, in ragione di nuo ve praticabilità metodologiche, con la «scoperta» di nuove fonti, appare necessaria una am­pia ricogni zione e poi una generale riconsidera zione delle vicende storiche relative alle istitu zioni ginnasiali e liceali.

In tale dire zione, sono soprattutto le nuove accessioni a l «catalogo delle fonti» , che si va man mano arricchendo, ad indurre ad un certo ottimismo di ricerca. Nuove emergen ze di fonti bibliografiche ed archivistiche impon­gono di intraprendere con la dov uta so llecitudine e peri zia metodologica il vaglio e l'analisi di quella che è stata finora una «memoria sommersa» .

Fra le fonti maggiormente «tradite» sono di certo da annoverare que lle ar­chivistiche. Infatti, quel poco di storia riguardante l'istru zione classica che si è fatta, tranne rarissimi casi, ha sempre evitato tutto ciò che era al di là de lla pubb licistica più diff usa, ed invalsa fra g li addetti ai lavori. Solo la pamphletti­stica più di battag lia, le grandi riviste cultura li e politiche dell 'intellettualità ita­liana ed i grandi best sellers della saggistica coeva sono stati i luoghi della ricer­ca. Mai, se si escludono Giuseppe Talamo, Mar ino Raicich, Simonetta Soldani, Angelo Semeraro e Mario Isnenghi, studiosi dei problemi de ll'istru zione secon­daria classica hanno utili zzato le fonti archivistiche, intendendo con queste sia le periferiche, deg li archivi provinciali di Stato, di que lli scolastici, privati e di altra natura locale, sia le centrali, que lle de ll'esecutivo, del ministero.

Ed invece sono proprio queste le fonti che oggi permettono di riavviare la ricerca e la riflessione storiografica che su questo terreno rimane ferma ad acquisi zioni oramai datate .

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18 Fonti per la storia della scuota

È solo con tali fonti, ancora, che la storiografia della scuola e dell'educa­zione, pena una sua oggettiva invalidazione e vanificazione culturale, è mes­sa in grado di attraversare il proprio «Rubicone» archivistico. La speranza che ci ha animato nel lavoro, inoltre, è quella che a tale storia si possano av­vicinare, e praticarla, non soltanto gli storici delle istituzioni, dei processi sociali e culturali, ma anche gli storici della scuola, dei fenomeni educativi, degli « eventi» e dei costumi pedagogici.

È nostra convinzione, infatti, che benché allo stato attuale delle cose non sia molto prudente, oltreché corretto, avventurarsi in ipostatizzazioni storiografiche circa i «sentieri» su dove condurre la ricerca, è scientifica­mente doveroso palesare la molteplicità di utilizzazione, la plurivalenza me­todologica semantica delle fonti archivistiche. Esse, ed è qui la loro indub­bia specificità che va sperimentata non soltanto congetturata - come finora è stato -, si offrono intrinsecamente come « campi» di lettura plurima, istitu­zionale, economica, sociale, pedagogica, formativa, educativa ecc . , quindi «buone» per ogni tipo di storico corrispondente.

La raccolta della documentazione archivistica scelta come «campione» è preceduta da una introduzione storica. Con essa si vuole « abbozzare» una prima ricostruzione dello svolgimento nazionale della storia dell'istruzione classica, attraverso lo studio della legislazione, della scolarizzazione, degli operatori, ed in principal luogo delle istituzioni, quali scuole pubbliche e private, convitti e seminari. Istituzioni, queste, che vengono percepite ed indagate nella loro molteplice natura di istituzioni innanzitutto formative, e poi culturali e <<politiche» . Utilizzando in principal modo la non abbondante produzione storiografica e tutti gli « strumenti» del governo dell'istruzione classica, questi sì numerosissimi, quali leggi e circolari, lavori istruttori e re­soconti, studi e proposte di riforma, si è tentato di delineare il grande con­testo ove le vicende storiche del ginnasio-liceo si sono svolte, ave si sono maturate ed ove si sono esaurite.

A tal fine, la storia appena delineata è una sorta di storia «propedeutica» alla consultazione delle fonti archivistiche dell'Archivio centrale dello Stato. Essa, cioè, si pone come guida ed orientamento verso le « rilevanze» storjo­grafiche che nascono e si affermano trasversalmente nella documentazione archivistica. Infine, essa rappresenta solo una traccia, giacché è grazie alla « scoperta» delle fonti d'archivio, alla loro globale lettura, che si può scrive­re, in tutta la sua problematicità e in tutte le sue sfaccettature la storia dell'i­struzione classica.

Teoria e funzione sociale dell 'istruzione classica

« Sire,

Il ceto medio attinge dalla istruzione secondaria la sua cultura e la sua educa­zione.

Introduzione 19

Ad essa parimenti ricorrono tutti coloro che intendono addirsi a più elevati studi o a speciali professioni.

Dalle scuole secondarie quindi esce tutta quella gente che chiamasi civile, e che merita d'essere tenuta per colta e per bene educata ( . . . ) .

Codeste scuole sono destinate ad essere come il vivaio di quella somma di citta­dini intelligenti, volenterosi, attivi, che costituiscono il nerbo della società civile, e che sono chiamati a compiere, or l'uno or gli altri, secondo le mutevoli vicende del­la fortuna, l'arduo ufficio del comandare e quello non men difficile dell'obbedire, senza protervia e senza viltà» 1

Con queste perentorie affermazioni, nell'autunno del 1872, il ministro Scialoja apriva la relazione con cui ordinava l'istituzione di una inchiesta sulla istruzione secondaria. In esse è raccolto gran parte del « senso» e del ruolo primariamente politico e sociale di quelle istituzioni scolastiche in cui aveva luogo l'insegnamento cosiddetto «mezzano », nel suo preponderante ramo classico ed in quello tecnico, neonatale e più ridotto . Nelle parole mi­nisteriali, ancora, ed implicitamente, è contemplato un luogo comune « dot­to, che attribuisce ai soli studi classici, svolti nel ginnasio prima e nel liceo dopo, la facoltà di poter condurre in porto gli obiettivi educativi di ordine culturale e politico necessari per lo sviluppo della nazione. Infatti, non solo in quegli anni, ma per tutto il lungo arco liberale - e per molti decenni oltre, a dire il vero - a pensarla come il ministro Scialoja era e sarebbe stata la gran parte dell'intellighenzia italiana.

Già prima della unificazione, quando nel regno sabaudo prendeva fatico­samente corpo l'impianto legislativo e giuridico-normativa di quello che sa­rebbe stato il regno d'Italia, Domenico Berti dà una chiara ed univoca lettu­ra della primaria dimensione politica dell'istruzione secondaria, la quale se­condo lui deve avere «per oggetto l'educazione delle classi meno disagiate della società, ossia di quelle classi che per la loro speciale condizione e for­tuna sono chiamate a influire direttamente sui destini di una nazione» . Di­pendendo, quindi, dall'educazione di queste classi <dn gran parte la gloria, la prosperità, la grandezza ed in una parola l 'avvenire di una nazione» , non c'è alcun dubbio che ogni « legge che ad esse provvede vuolsi considerare non solo come legge pedagogica, ma eziandio come legge politica di massimo momento» 2 • La valenza politica dell'istruzione secondaria classica si esplici­ta, e diventa più comprensibile e più condivisibile, allorquando da tutti è vieppiù acclarato che il ceto medio, «per la sua attività e per la potenza della

' Relazione a S.M. del Ministro della Pubblica Istruzione nell'udienza del 29 settembre 1872, sul decreto che ordina un 'inchiesta sulla istruzione secondaria maschile e femminile, in ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO (d'ora in poi ACS), Ministero della pubblica istruzione (d'ora in poi MPI), Div. scuole medie (1860- 1896), b. 4 .

2 D . BERTI, Esame del progetto di legge per l'istruzione secondaria presentato alla Came­ra dei Deputati nella tornata del 18 aprile 1850 dal cav. Boncompagni, in « Rivista italiana », maggio-giugno 1 850, p. 446.

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20 Fonti per la storia della scuola

sua opinione - come scriveva Giovanni Maria Bertini poco prima dell'Unità -costituisce il nerbo della nazione e ne tiene in mano i destini» r.

In questa prospettiva delineatasi negli anni preunitari si andrà con il tem­po rafforzando la chiave politica della lettura sociologica dell'istruzione classica. Lo stesso Pasquale Villari non si stancherà mai di ripetere che l'i­struzione classica è diretta a quei gruppi sociali di mezzo che << sono come il cemento che dà unità, e mantiene insieme il corpo della nazione» 2•

La stratificazione scolastica e la distribuzione del sapere fra le classi so­ciali, aderente alla generale divisione dei ruoli lavorativi e produttivi e al­l'interno di un vasto progetto politico-economico delle classi dirigenti, deve essere ben congegnata affinché la scuola secondaria, classica in specie, sia l'epicentro culturale ed ideologico dell'intero organismo nazionale. Il mini­stro Coppino nel 1879 illustra che:

«( . . . ) negli Stati liberi la prevalenza è delle classi più colte; di quelle classi appun­to che percorrono (lo) stadio (secondario) letterario e scientifico, quali poi sieno le professioni e la mèta cui definitivamente si volgano .

L'istruzione primaria è, e debb'essere senza contrasto, data a tutti; tuttavia, come non è possibile che i tutti giungano o possano giungere egualmente a conseguire quelle cognizioni per le quali non solo si ha un concetto più o meno compiuto del mondo passato, ma anche del presente; non solo della storia, ma eziandio del diritto e del dovere; non solo delle idealità che sollevano l 'anima, ma ancora delle realità che debbono fecondare la vita, è evidente che di una forte e soda educazione ed istruzione, che sia e dir si possa nazionale, si debba cercare il complemento negli or­dini dell'istruzione mezzana.

Sta al di sotto il lavoro manuale, il quale può dalle cognizioni essere reso più pro­ficuo , quasi prodotto della dottrina e del gusto; ma è sempre lavoro materiale, che a ciascuno sottomette, come principale, la questione di guadagnare la vita per sé e per i suoi coll'esercizio delle arti inferiori. Stanno al di sopra le professioni liberali, nelle quali l'irltelligenza ha quel posto che delle altre è riservato alla mano .

Ma tra il popolo dei lavoratori ed il popolo dei professionisti sta un grandissimo numero di persone, le quali attendono ai propri negozi, hanno offici propri e specia­li e diversi, così che male si collegherebbero fra sé e cogli altri, se l 'opera delle lette­re e delle scienze non formasse quasi una catena d'unione, né si elevasse da tale stu­dio, per dire così, un'atmosfera comune nella quale tutte respirino le menti della na­zione >> 3.

Alla formulazione della predetta funzione di volano, l'intellettualità ita­liana non è indotta dalla persistenza di un tradizionale aristocraticismo, da anti-popolarismo oppure da vano elitismo, quanto da una precisa ed obbli­gata scelta sociologica. Ad imporre quest'ultima è la diffusa certezza del si-

1 G. M. BERTINI, Dell'Istruzione Pubblica in Piemonte. Considerazioni e proposte, in Per la riforma delle scuole medie, Torino, Tip. Grado Scioedo, 1889, p. 1 5 .

2 Citato in MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Commissione reale per l'ordinamento de­gli studi secondari in Italia. I. Relazione, Roma, Tip. Cecchini, 1909, p. 12 .

3 Disegno di legge per l'istruzione secondaria classica (5 maggio 1879), presentato dal mi­nistro della pubblica istruzione Michele Coppi_no, in AP, Camera dei deputati, legislatura XIII, sessione 1 878-79, Documenti, n. 2 1 6, p. S.

Introduzione 2 1

curo successo che scaturisce da ben individuati processi sociali e culturali, nei quali, se ben innescati e caratterizzati, i ceti medi svolgono un compito fondamentale e tipico di una società moderna. Sono.essi infatti quei gruppi sociali attraverso i quali « le idee, così nella politica, come nella scienza, fil­trano ( . . . ) continuamente dagli ordini superiori agl'infimi» ; difatti, « è per mezzo di essi » che coloro i quali « guidano la pubblica opinione hanno presa sul popolo, lo intendono e sono intesi» r.

A molti, cioè, era chiaro che il processo di integrazione nazionale, da un lato, e quello di « costruzione della nazione», dall'altro, dipendeva dalla for­mazione e dalla «Corretta» opera dei cosiddetti segmenti orizzontali, ovve­ro di quei gruppi sociali intermedi in grado di meglio trasferire il composito sistema ideologico «nazionale, ai gruppi sociali popolari ed alle comunità periferiche. In secondo ordine, in sequenza temporale, oltre alla funzione trasmissiva, una adeguata formazione culturale dei ceti medi assicurava an­che un controllo ed una resistenza ad alternative ideologiche, in quanto fun­zionava come diga di sbarramento all'espansione politica di altri soggetti so­ciali, quali i clericali o i democratici estremisti. Ciò era vieppiù necessario giacché la progressiva costituzione della nazione, dopo la creazione ammini­strativa del regno, si doveva necessariamente svolgere in un periodo di grande mutamento sociale e di ristrutturazione della società. Tutto ciò, inol­tre, accadeva oramai con modalità e tempi così repentini e devastanti da sconvolgere i consolidati canoni culturali della trasformazione sociale. In breve, occorreva creare e guidare una cultura, un sistema di valori socio-an­tropici, una « SCienza diffusa» del crescente cambiamento sociale della co­munità nazionale, via via più articolata e complessa.

Per cui, in un contesto del genere, ammoniva Raffaello Lambruschini, il pubblico insegnamento, specialmente il secondario classico, ha «Un insolito e malagevole, ma glorioso mandato; quello di preparare la gioventù alle nuove sorti a cui è serbata l'Italia» in un avvenire che appare incerto, denso di incognite. « Ogni cosa si rinnova oggi, e si rinnova per tempesta, mancata la sapienza di rinnovare per continuo e placido moto di forze native. Tem­pesta negli ordini politici, negli economici, nei civili; tempesta negli ordini della scienza, della religione, della morale, e tempesta nel seno della fami­glia» 2• È necessità, quindi, educare al cambiamento equilibrato che riduca le alterazioni destabilizzanti e letali della società. Contemporaneamente, è in­dispensabile formare nuove risorse, plasmare le grandi energie del paese per un futuro sociale che non potrà più essere quello di una volta. Oramai, è dif­fusa convinzione, <<il lavoro efficace e persistente è la fonte della ricchezza

l MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Commissione t·eale per l'ordinamento degli studi secondari. I. Relazione . . . cit . , p. 1 2 .

2 R . LAMBRUSCHINI, Discorso pronunziato il 2 9 settembre 1868 all'Istituto di studi supe­riat·i per chiudere le conferenze sull'insegnamento secondario, in Scritti pedagogici, a cura di G. VERUCCI, Torino, UTET, 1974, p . 796.

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22 Fonti per la storia della scuola

d'una nazione: le buone leggi e le buone armi sono l'appoggio e la tutela della sua grandezza. Ma il lavoro senza coltura non frutta, e la ricchezza sen­za virtù corrompe; le leggi non valgono senza i costumi, e le armi cadono dalle mani di chi non unisce alla vigoria del corpo quella dell'animo» . Per tali ragioni, prioritario è il bisogno di attivare strategie formative adeguate che non possono non essere che scolastiche. Difatti, « la scuola soltanto con la coltura della mente e sopra tutto con la educazione fisica e morale de' cit­tadini è l'arbitra vera dell'avvenire di un popolo» , ed ogni attenzione nei suoi riguardi diventa ovviamente segno « di alta e previdente politica» 1.

Come tale, come evento politico, la formazione scolastica è rivendicata come un «ufficio del Governo», che, nel perseguire l '« alta e nobile vigilanza del sapere nazionale» , si adopera « a dar forma e verità alle condizioni intel­lettuali e morali del vero cittadino» , ossia « di quella forza che senza scosse e senza dolori, promuove il trionfo del vero, inducendo la riforma dei costu­mi e delle pratiche sociali» 2• A questo compito le autorità centrali dello Sta­to non possono sottrarsi, «perrocché l 'istruzione classica (che) educa l'ani­mo e la mente, dispone agli alti officii e alle liberali professioni», « dà genti­lezza», è « la misura della civiltà di un popolo, della forza di uno Stato, del senno di un Governo» . Né, oltretutto, lo Stato nella « nobile gara dei pro­gressi civili, che anima le più grandi nazioni e matura il perfezionamento dell'umanità, deve venire meno a se stesso» 3: esso « è la tutela dell'alta col­tura, l 'indirizzo al progresso della civiltà» 4•

Determinatasi questa attiva simbiosi politico-culturale fra Stato ed istru­zione classica, non poteva non esserci fra questi ultimi una evidente identi­tà. Come diceva Michele Coppino, certo di non poter essere smentito, l 'i­struzione secondaria classica «per la condizione di quelli cui è somministra­ta, e per gli intenti che le sono preposti, si può dire che costituisca la co­scienza intellettiva e morale della nazione» 5. In altre parole, il regno d'Italia eleva e consacra il variegato sapere classico impartito attraverso il ginnasio ed il liceo a « Cultura nazionale di base» . Ovvero a patrimonio strutturale di cognizioni e di eticità, che detenuto, « aggiornato» e riformulato da alcuni gruppi sociali, da questi si diparte per percorrere modularmente e gradual­mente tutti gli altri strati sociali, da un lato, secondo i criteri politici della « distribuzione del sapere» , e, dall'altro, conformemente alla «ricerca» di identità, all'appagamento di bisogni, ai ruoli produttivi di ogni soggetto so-

1 Relazione a S. M . . . . cit . , p. 5 . 2 Riordinamento degli istituti per l'insegnamento secondario (11 gennaio 1868), proget­

to di legge del ministrb della pubblica istruzione Emilio Broglio, in AP, Camera dei deputati, legislatura X, sessione 1867, Documenti, n. 140, pp. 1-2.

3 Ibidem. 4 Ibid., p. 5 . 5 Disegno di legge per l'istruzione secondaria . . . cit . , p. 5 .

Introduzione 23

ciale e della sua funzione culturale nella conservazione e riproduzione della

società civile ed economica.

La riformulazione aggiornata della tradizione classicistica

Gli studi classici che prendono a darsi in questo scorcio di secolo non sono, naturalmente, una « invenzione» moderna: trattasi di quelle discipline proprie del trivio e del quadrivio. Come notava Lambruschini, essi « com­prendono a un incirca quell' insegnamento che veniva sotto i nomi di uma­nità, di rettorica e di filosofia: salvo che vi si è posto un poco di storia e di scienze geografiche e matematiche; e nel liceo s'è aggiunta la fisica» 1. In ef­fetti, si tratta dei plurisecolari studia humanitatis, dati dallo studium litte­rarum e dallo studium sapientiae e che sul finire del XVI secolo ricevettero una definitiva curricolazione e si affermarono nelle istituzioni formative. Tali studi rappresentarono, difatti, la struttura portante della Ratio studio­rum dei collegi gesuitici e di ogni altro collegium nobilium. Essi nel corso dei secoli venturi, se si esclude la modestissima introduzione di discipline scientifiche, non subirono modifiche di particolare rilievo e nella forma e nella sostanza, al punto che mutatis mutandis si perpetuarono fino al pri­mo Ottocento pur a fronte della loro proclamata, ma intermittente, acquisi­zione di laicità conseguente al tentativo di secolarizzare gran parte degli isti­tuti di formazione secondaria avutosi con la cacciata dei gesuiti. Concrete e rilevanti, invece, furono le trasformazioni didattiche che gli studi classici dovettero registrare. Così, oltre al cambiamento di denominazione che vide gli studia inferiora della Ratio tramutati in corso ginnasiale e quelli supe­riora trasformati in corso liceale, in concomitanza dell'evoluzione della « Scienza scolastica» non pochi furono i cambiamenti dell'ordinamento isti­tuzionale, dei programmi e degli orari di quel tradizionale curriculum stu­diorum. Le modalità di svolgimento di questi studi nei nostri Stati preunita­ri nel corso della prima parte del secolo decimonono così le ricorda Aristide Gabelli:

« Comprendevano anche allora otto anni d'istruzione come adesso; ma i primi quattro erano di grammatica latina; poi venivano un anno di umanità e uno di retori­ca, che uniti ai quattro formavano i sei del ginnasio, e infine due anni di filosofia e matematica che costituivano il liceo. Non c'era in nessun anno l'insegnamento delle scienze naturali; c'erano bensì nel ginnasio il greco, la storia, la geografia, l'aritmeti­ca, ma solamente per apparenza e di nome, talché nessuno vi attribuiva importanza. Nel liceo c 'era un po' di filologia, che ogni professore interpretava e insegnava alla sua maniera, ma anche questa senza valore.

Tutto lo sforzo raccoglievasi sulla grammatica e sugli esercizi di italiano e di lati-

1 R. LAMBRUSCHINI, Dell'istruzione elementare e di secondo grado, in Scritti pedagogici . . . cit . , p. 581 .

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24 Fonti per la storia della scuola

n? nei du� anni di u�a�·lità e di retorica, e sulla filosofia (che abbracciava la psicolo­gia, la log1ca, la metaf1s1ca e l'etica), sulla matematica e un po' di fisica nel liceo che non aveva, nonché scienze naturali, né geografia, né storia, né letteratura italian� .

Come si v�de, le m�t�rie d� studio erano poche; poche anche le ore di insegna­�ento, pe

_rch_e quelle di gmnas10 non andavano mai oltre a quattro per giorno divise

m due lezwm, e quelle di liceo a tre di seguito. Non si imparavano quindi molte co­se; ma le poche in compenso abbastanza bene.

Di latino si facevano e si correggevano tutti i giorni esercizi in iscritto· si manda­vano molti versi latini e italiani a memoria, interi canti di Alfieri, la Ba;villiana, la Bellezza dell'Universo, la Mascheroniana, i Sepolcri ecc. Si campava in un mondo poetic?, c_

he rie�pi:'a l'anima, eccitava la fantasia, sosteneva le speranze giovanili. �01c?e le lezwm non erano molte, restava un po' di tempo per leggere e pensare

d� s�. A1 sentimenti di libertà, di patria, di generoso sacrificio, che spirano dai classi­Cl, s1 dava sfogo in componimenti di soggetto per lo più eroico e retorico, che si fa­cev�no u�a o due volte la settimana e i migliori leggevano in classe, in mezzo al si­l�nz�o de1. co�p.agni, il prenlio più ambito. Non si saranno acquistate molte cogni­zwm

_; anz1 �ddl�lttura

.�e ne acq�istava� po�he; ci si av_vezzava ad accontentarci trop­

p� d1 su?fil e d1 q�ell m�et�rrm�ato, d1 cm campano m gran parte l'immaginazione, gh affett1 e la po�s1a. Ma mfme s1 adoperava bene o male la J?ropria testa, si prendeva amore al bello, s1 formava il cuore ed era pur qualche cosa» .

Rispetto alle consuetudini scolastiche e di studio raccontateci dal Gabel� li, gli ordinamenti del regno d'Italia, da un punto di vista formale ed istitu­zionale, cambiarono molto. Infatti, con la nota e portante legge Casati del 13 novembre del 1859 venne ad essere eretta una istruzione certamente e di gran lunga più moderna e più vicina ai bisogni dei tempi. L'estensione della Casati non fu comunque repentina e simultanea in tutto il territorio italiano in quanto furono tollerati alcuni regimi di transizione che in alcuni Stati ga: rantirono per alcuni anni la persistenza di autonomi e peculiari ordinamenti istituzionali, via via poi omologati nazionalmente.

La legge del 1859, così come la gran parte della legislazione del nuovo regno, trasse ispirazione, quando non riprodusse fedelmente, il corpo legi­slativo del regno sabaudo. Nel caso scolastico i primi ed indelebili orienta­menti si ebbero con la legge Boncompagni del 1848. È questa una legge che segna un momento nodale nella storia della scuola italiana. In concomitanzà con la espulsione dei gesuiti, « di cui le perniciose tendenze, oltre di com�

·� 1 A. GABELLI, L 'istruzione classica, in Positivtsmo pedagogico italiano. I. De Sanctis Vii­

lari, Gabelli, a cura di D. BERTONI }OVINE, con la collaborazione di R. TrsATO, Torino, UTET, 1 973, pp. 679-680. Per temi e vicende dell'istruzione secondaria nel primo Ottocento cfr. Co­dice dell'istruzione secondaria classica e tecnica e della primaria e normale, Torino, Ed. s. Franco, 1

_861, _PP· 43 1-437; C. GASOLE, L 'istruzione primaria e secondaria in Italia prima e

dopo le lzberta costituzionali, Oneglia, Tip. Ghilini, 1867; P. PAVESIO, I convitti nazionali dal I885 al 1898, Torino, Eredi Botta, 1898, pp. 261-299; A. ZAZO, L 'istruzione pubblica e priva­ta nel napoletano (1 767-1860), Città di Castello, Il Solco, 1 927; A. BERSANO, Per la storia del­la scuola media negli antichi Stati Sardi, estratto da «Rivista pedagogica» , 1 935, V; D. GI­GLIO, I ginnasi e i licei nell'età della Restaurazione, in Problemi scolastici ed educativi nella Lombardia del primo Ottocento, II, Milano, SugarCo, t978, pp. 87-1 92; M . ROGGERO, Inse­gnare lettere. Ricerche di storia dell'istruzione nell'Italia moderna, Alessandria, Ed. Dell'Or­so, 1 992 .

Introduzione 25

promettere la privata e pubblica tranquillità» minacciavano, secondo il de­putato G. B. Cornero, «pure nelle stesse sue fondamenta la politica esistenza della nazione» \ avocando allo Stato la direzione degli studi, la classe politi­ca subalpina tracciò in modo definitivo quella che di lì a qualche anno sa­rebbe diventata l'organizzazione delle scuole italiane. Suddivise l'istruzione in quattro « settori» : ai tre tradizionali, elementare, classico, universitario, aggiunse quello « speciale», ovvero l 'istruzione tecnica, nuovo indirizzo di studi nel panorama istituzionale del paese. Benché secondaria, sarà questa una scuola molto diversa rispetto alla ben più collaudata scuola classica. Sa­rà innanzitutto a termine e si rivolgerà ad una utenza con aspettative di titoli di studio post-elementare e socialmente collocata nelle classi popolari in stentata ascesa lavorativa ed economica. Il suo decollo sarà comunque len­tissimo, e la sua esistenza per molti anni sarà più nominale che reale. Ben al­tro è il destino della scuola secondaria classica che dispensa gli studi che preparano e permettono l'accesso all'università. In essa s'impartiscono le lingue antiche e quelle moderne, insieme alla filosofia ed alle scienze, sem­pre più presenti.

La Casati, come detto, riprende l'orientamento di fondo della Boncom­pagni, appena arricchita dalla legge Lanza del 1857. Ordina di dare l'istru­zione classica <dn due differenti ordini d'istituti chiamati ginnasi e licei», i quali, benché in lineare continuità, erano tuttavia provvisti di autonomia formativa e di rispettivi titoli legali di studio. Nei primi, per un periodo di cinque anni, « saranno insegnate tutte le materie che servono di preparazio­ne agli studi filosofici» ; nei secondi, per un periodo di tre anni, «Saranno in­segnati gli elementi della matematica, della fisico-chimica, della storia natu­rale, la letteratura classica e la filosofia » . I ginnasi saranno eretti secondo i bisogni che verranno espressi dai circondari del regno e saranno a spese dei comuni. I licei, molto meno numerosi, «forniti di gabinetti, piccoli musei e di tutti gli altri sussidi necessari ad un insegnamento scientifico anche ele­mentare, saranno a carico del pubblico erario » . Non si potrà accedere al gin­nasio, né da questo al liceo, né passare da una classe ad un'altra senza esame d'ammissione. Allo studente che avrà compiuto gli studi ginnasiali sarà rila­sciato «un attestato di licenza che potrà servigli come titolo per aspirare non solo ad essere ammesso in un liceo, ma sì pure ad alcune carriere» . A quello che avrà frequentato il corso liceale sarà rilasciato «un diploma» che gli con­sentirà di accedere agli studi accademici oppure di « intraprendere certe de­terminate carriere» 2•

1 Atti del Parlamento subalpino, sessione 1 848, Documenti parlamentari, n. 66. 2 Relazione fatta a S. M. il 13 novembre 1859 dal Ministro della pubblica istruzione, in

Collezione celerijera delle leggi, Torino, E. Dalmazzo editore, 1859, vol. 90, p. 1429. Sui temi, sui più generali problemi e sull'evoluzione istituzionale e culturale dell'istruzione classica a par­tire dall'Unità fino all'avvento del fascismo ed oltre cfr. F. TROMBONE, La istruzione seconda­ria classica in Italia. Dalla promulgazione della legge Casati ai nostri giorni. Saggio storico

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26 Fonti per la storia della scuola

L'istruzione classica non sarà tuttavia impartita nei soli ginnasi e licei. Studi classici, equipollenti a quelli ginnasiali e liceali, saranno condotti in contesti formativi e didattici diversi, dati a studenti con uno status differen­te, nei convitti nazionali e negli istituti ecclesiastici, in particolare nei semi­nari vescovili. Si consentirà anche la possibilità di aprire scuole paterne, ov­vero si concederà ai genitori che lo vorranno, e legalmente associati, l'op­portunità di provvedere all'istruzione dei propri figli secondo i programmi ministeriali e secondo norme ben precise su insegnanti ed esami. Alla fine dei corsi, gli alunni delle scuole paterne o degli istituti o «Stabilimenti» d'i­struzione privata sosterranno degli esami d'ammissione o abilitanti che per­metteranno loro di legalizzare gli studi svolti.

Nel ginnasio, corso di cinque anni e retto da un direttore in una sede fisi­ca separata dal liceo, «gli insegnamenti ( . . . ) sono i seguenti: l. la lingua ita­liana ( . . . ); 2 . la lingua latina; 3. la lingua greca; 4. istituzioni letterarie; 5. l'a­ritmetica; 6. la geografia; 7 . la storia» e nozioni varie di antichità latine e greche. Nel liceo, corso triennale e diretto da un preside, le materie d'inse­gnamento diventano: « l . la filosofia; 2. elementi di matematica; 3 . la fisica e gli elementi di chimica; 4. la letteratura italiana ( . . . ); 5. la letteratura latina; 6 . la letteratura greca; 7 . la storia; 8 . la storia naturale» . Agli insegnamenti dei due gradi si accompagnerà anche quello religioso che verrà dato da un direttore spirituale (che sarà soppresso nel giugno 1877 dal ministro Miche­le Coppino), secondo norme statuite dal regolamento scolastico.

Con gli insegnamenti suddetti, secondo lo spirito e le finalità della legge Casati, si tenterà di «ammaestrare i giovani in quegli studi, mediante i quali si acquista una cultura letteraria e filosofica che apre l'adito agli studi spe­ciali che menano al conseguimento dei gradi accademici nelle università del­lo Stato » .

critico, Avellino, Pergola, 1889; G. CHIARINI, La scuola classica in Italia dal 1860 a i nostri giorni, in «Nuova Antologia», 1 5 luglio 1894, pp. 250-270; A. PIAZZI, La scuola media e le classi dirigenti, Milano, Hoepli, 1 903; P. ROMANO, La pedagogia della scuola media, Torino, Tip. Sacerdote, 1 908, in particolare pp. 1-22; MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Commis­sione reale per il riordinamento degli studi secondari. I. Relazione . . . cit . , in particolare i ca­pitoli « La questione della scuola media e le sue vicende in Italia» , pp. 1 1-152 e «L'opinone pubblica intorno al problema della scuola media», pp. 1 53-234; P. PAVESIO, L 'istruzione secon­daria o media in Italia dal 1849 al 1922, Torino, Tip. Villarboito, s .d. [ 1925]; F. SISINNI, La scuola media dalla legge Casati ad oggi, Roma, Armando, 1 969; C.G. LACAITA, Istruzione e sviluppo industriale in Italia (1859-1914), Firenze, Giunti, 1 973; G. CANESTRI, G. RICUPERATI, La scuola in Italia dalla legge Casati a oggi, Torino, Loescher, 1 976; D. RAGAZZINI, Per una storia del liceo, in La scuola secondaria in Italia (1859-1977), Firenze, Vallecchi, 1 978, pp. 135-245; L 'istruzione classica scientifica e magistrale in Italia, Firenze, Le Monnier, 1 984 (Stu­di e documenti degli Annali della pubblica istruzione); L'istruzione secondaria superiore in Ita­lia da Casati ai giorni nostri, a cura di E. BOSNA, G. GENOVESI, Bari, Cacucci, 1 988; C. DI AGRE­STI, La scuola secondaria tra cultura e professionalizzazione, L'Aquila, Japadre Editore, 1 990; L. AMBROSOLI, La scuola secondaria, in La scuola italiana dall'Unità ai nostri giorni, a cura di G. CIVES, Firenze, La Nuova Italia, 1990, pp. 105- 1 5 1 ; M. RAICICH, Itinerari della scuola classica dell'Ottocento, in Fare gli italiani. Scuola e cultura nell'Italia contemporanea. I. La nascita dello Stato nazionale, a cura di S. SOLDANI, G. TURI, Bologna, il Mulino, 1 993, pp. 131 -170.

Introduzione 27

La classica, come già detto, non è la sola forma di istruzione secondaria: dalla Casati è attivata anche l'istruzione tecnica che viene impartita, nel pri­mo grado, nella scuola tecnica e, nel secondo grado, nell'istituto tecnico. È questa una forma di insegnamento cosiddetto «utilitario» a termine che in li­nea di massima non consente l'accesso all'università, eccetto ai licenziati di una sola sezione dell'istituto tecnico, quella fisico-matematica. Il sistema di studi secondari che viene elaborato in Piemonte per poi essere esteso, per ne­cessità più politica che socio-culturale, nel resto della penisola, ha come mo­dello di riferimento la struttura scolastica prussiana, ritenuta al tempo quella più efficace nello scacchiere europeo. Gli studi secondari che si conducono nella Prussia sono divisi in classici e tecnico-scientifici. I primi sono assicurati dal ginnasio che si svolge in sei classi, le prime tre annuali e le ultime tre biennali. Vi si insegna il latino, il greco, il tedesco, il francese, l'inglese, l'e­braico (obbligatorio per i soli aspiranti alla teologia), la geografia, la storia, la religione, la filosofia, la fisica, la storia naturale, la calligrafia, il disegno, la musica, la ginnastica; facoltativo è lo studio di qualche altra lingua straniera, il più delle volte l'italiano, e della stenografia. I secondi, gli studi tecnico­scientifici, sono assicurati dalla scuola reale (corrispondente alla nostra scuola tecnica e al nostro istituto tecnico), ove si ha una assoluta prevalenza degli in­segnamenti matematici e scientifici, ma in cui, se è di «primo grado » si ha per tutti gli anni lo studio obbligatorio del latino, se, invece, è di «secondo gra­do » o «industriale» o «borghese» non si ha il latino e gli studi sono a forte ca­ratterizzazione professionale.

Il ginnasio dà l'accesso all'università, mentre la scuola reale lo dà ai poli­tecnici e a molti uffici governativi.

Nel resto d'Europa il quadro degli studi secondari è piuttosto uniforme anche se non mancano evidenti diversità. Tutti gli ordinamenti, alcuni in modo marcato altri meno, contemplano la distinzione fra ramo umanistico e ramo utilitario. Ad essi sono destinati due istituti diversi, solitamente con corsi di durata di otto-nove anni, spesso nettamente separati altre volte con tangenze ed integrazioni periodiche.

In Inghilterra esistono scuole classiche nettamente separate dalle tecniche ma anche scuole «miste», sul modello delle reali prussiane. Nei paesi del Nord Europa, quali Norvegia, Svezia, Olanda, Danimarca l'istituto scolastico è più frequentemente comune e la caratterizzazione degli studi è assicurata da una modulazione curricolare classica o scientifica attraverso l'esistenza delle classi speciali. Parimenti in Francia, ove le riforme si succedono con partico­lare frequenza, gli studi secondari classici e scientifici si svolgono in comune per i primi 6-7 anni per differenziarsi in corsi speciali negli ultimi 3-4 anni.

I «codici» dell'insegnamento classico

L'istruzione classica, nella prospettiva operativa di «servizio nazionale » che ha assunto, diviene « funzione di Stato » . Come tale, sotto il grande ed

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28 Fonti per la storia della scuola

autorevole mantello ministeriale, si fa articolazione dell'esecutivo, e quindi richiede un «governo » centralistico, direttive e prescrittive norme culturali, pedagogiche, didattiche, un organigramma ben congegnato allo scopo. A darglieli è il Regolamento del 22 settembre 1860, sorta di « codice scolasti­CO » , da cui « non potrà scostarsi gran fatto ( . . . ) chiunque mira ad alzare l'am­maestramento classico, e porgere ai giovinetti quella coltura generale e me­todica onde la mente diviene ben temperata, e onde il buon gusto e una giu­dicativa acuta e sicura accompagnano l'uomo per tutta la vita e in qualun­que sorta d'uffizi» 1 .

Per far s ì che questo « senso pedagogico» animi e guidi l'opera dei ginna­si e dei licei, occorre creare un generale e diffuso atteggiamento formativo nella classe docente, la quale nell'espletamento delle sue funzioni si servirà di un insieme codificato di occasioni e di percorsi didattici e culturali, frutto della strutturazione di un curriculum ben caratterizzato, e di un severo si­stema di valutazione del rendimento scolastico.

Innanzitutto e preliminarmente, ci si deve adoperare affinché si « appli­chi» quella « tegola» formativa non scritta per cui è necessario « che rispetto alla logica, alla metafisica e all'etica, i giovinetti vengano addottrinati in ma­niera piana e semplice, e con quella filosofia soda ed irrepugnabile che pi­glia il nome dal senso comune, e domandar si potrebbe naturale e socrati­ca» . In breve, occorre che si affermi una mentalità formativa che permetta di attivare modalità didattiche tali che non facciano trionfare quella « Scien­za ambiziosa», la quale, «oltre all'eccedere forse l'intelligenza dei giovinetti, li porrebbe in dubbio della verità, e farebbeli disamorati degli studi raziona­li, non avendo ancora criterio sufficiente per governarsi nel conflitto strano e continuo dei sistemi» 2 •

A guidare, orientare, dare corpo a queste grandi aspirazioni pedagogi­che, nel corso dei dieci mesi di cui si compone l'anno scolastico, che va dal 1 5 ottobre al 1 5 agosto, sono quei veri e propri « drappelli di formatori» , i professori, che così tanto connoteranno la cultura italiana, umanistica, lin­guistico-letteraria, etico-filosofica di quegli anni come di quelli successivi. Al ginnasio il «drappello » di cinque professori, più un incaricato, è « CO­mandato » da un direttore. Si insegnano, come prescritto dalla Casati - e co­me già visto -, le lingue italiana, latina e greca, la storia e la geografia, e l'a­ritmetica. Non manca l'insegnamento religioso, « commesso ad un direttore spirituale » , così come non fa difetto, in era di virilizzazione delle personali­tà adolescenziali, l' insegnamento ginnastico e militare, assegnato ad istituto­d speciali. Facoltativi sono invece gli insegnamenti della lingua francese e del disegno, che vengono dati solo se richiesti e sostenuti finanziariamente

1 Relazione a Sua Maestà sul seguente Regolamento per le scuole secondarie classiche del 22 settembre 1860, in Codice dell'istruzione secondaria classica e tecnica e della primaria e normale . . . cit . , p. 1 39.

2 Ibid., pp. 1 3 9- 140.

Introduzione 29

dagli alunni che ne beneficiano. Nel liceo è il preside a «Comandare » il " drappello , dei sette professori di letteratura greca, latina, italiana, di storia e geografia, di filosofia, di matematica, di fisica e chimica, di storia naturale, e di coloro che insegnano la religione, la ginnastica e, se sono stati attivati, il francese ed il disegno.

I presidi ed i direttori, subordinati al provveditore, « governano », così recita il Regolamento, i loro rispettivi licei e ginnasi. Essi « sono mallevadori dell'andamento generale dell' istituto, provveggono all'osservanza delle leg­gi e dei regolamenti scolastici, sono assistiti dal Consiglio degli insegnanti in ordine alla direzione degli studi e della disciplina». I loro compiti non fini­scono qui. Oltre ad assistere « all'ingresso e all'uscita degli allievi», a vigilare sulla « disciplina esterna dell'istituto », devono assolvere a funzioni di « con­trollo e di coordinamento didattico ». Infatti: «visitano spesso le scuole ed intervengono di tempo in tempo alle lezioni dei professori per assicurare l'osservanza dei regolamenti e delle discipline scolastiche (e) per rendersi in­formati circa l'istruzione degli allievi e la condizione dell'insegnamento »; « rispetto all'insegnamento, avvertono in ispecie come sia connesso nelle sue parti, e come progressivo, cercano di accordare i metodi seguiti dai profes­sori colle norme delle istruzioni ministeriali e coi principii fermati nella di­scussione dei programmi» .

I presidi ed i direttori, ancora, presiedono mensilmente le adunanze del Consiglio degli insegnanti, convocato principalmente «per discutere le que­stioni circa gli studi e la disciplina», per coordinare ad ogni inizio dell'anno i programmi d'insegnamento proposti dai professori, per valutare ad ogni fi­ne anno il lavoro svolto e per essere così in grado, « onde si abbiano a van­taggiare gli studi» , di proporre gli opportuni miglioramenti didattici.

Con i professori, gli altri protagonisti degli eventi scolastici ginnasiali e liceali sono, come ovvio, gli scolari. Questi, all'interno dell'istituto frequen­tato, per permettere e favorire lo svolgimento dei «percorsi formativi» au­spicati e per ottimizzare il loro rendimento scolastico, devono osservare un intransigente « regime comportamentale » . Devono, cioè, osservare religiosa­mente un codice di disciplina molto severo, che trae spirito dalla concezio­ne militare della vita di gruppo. Già la mattina, nell'ora « che precede al co­minciamento delle lezioni », gli alunni sono tutti obbligati a trovarsi in punti prestabiliti dell'istituto, per poi ordinarsi «militarmente sotto il comando dei loro capi squadra» ed accedere così nelle classi.

Stare in classe, in questo torno di tempo, significa avere comportamenti fisici, adottare gestualità, interagire con precise modalità verbali, tali da per­mettere nel più assoluto silenzio lo svolgimento delle lezioni cosiddette ex cathedra, in cui il professore è l'unico protagonista attivo dell'evento didat­tico. Di certo economicamente poco gratificato, con un debole status socia­le e giuridico, ma autorevole ed investito di considerevole prestigio cultura­le, l'insegnante è la sola fonte di nozioni culturali curricolari, di informazio­ni di varia umanità, di norme etiche, di cultura politica, è il solo che può

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30 Fonti per la storia della scuola

prescrivere ed attuare modalità didattiche, strategie di apprendimento, nor­me di comportamento, regole igieniche e via dicendo. Gli scolari devono esclusivamente recepire, introiettare ed interi o rizzare la summa di « inse­gnamenti» e di valori tipici del « senso comune» approvato .

Qualora gli scolari manifestino difficoltà e scarso rendimento nell'ap­prendimento, qualora mostrino resistenze all' « acculturazione» proposta, appalesino forme di rifiuto alla cultura ed ai valori loro profusi, a tentarne un recupero o ad indurii sulla retta via « Scolastica» saranno le disposizioni disciplinari sancite dal regolamento. Infatti, per coloro che trascurano i « do­veri scolastici », sia relativi allo studio che al comportamento, si prevedono punizioni che vanno dalle ripetizioni delle lezioni « mal studiate», al divieto di partecipare alle esercitazioni militari (legate agli esercizi ginnastici), al­l'ammonizione privata o in presenza delle autorità scolastiche, alle note scritte di negligenza, all'avviso ai genitori, alla separazione dai compagni, al­l'allontanamento dalla lezione, al divieto temporaneo dalle lezioni o dagli esami, all'espulsione dall'istituto.

Se l'esistenza e la somministraziòne di tali «pene» hanno forza «persuasi­va» , sono deterrenti intimidatori, a stimolare allo studio ed alla buona con­dotta servono pure i «premi» che, di tre gradi, vengono conferiti ad « ogni singolare eccellenza raggiunta dall'alunno in qualunque parte de' suoi dove­ri» . Oltre ai premi, che sono distribuiti in modo solenne alla fine dell'anno e che consistono in libri o « altri oggetti d'istruzione», vengono pure conferite le « menzioni onorevoli» in occasione di alto rendimento scolastico o di par­ticolare ed encomiabile atto disciplinare.

Benché forte e ben distinto sia il controllo disciplinare, ciò che caratte­rizza la vita scolastica dei ginnasi e dei licei è l '« ossessiva» vigilanza e valuta­zione sul rendimento apprenditivo degli scolari, che si svolge attraverso ri­correnti prove di profitto e con l'emissione di giudizi sanzionatori espressi in voti. Infatti, la carriera di ogni scolaro è scandita da una serie continua di esami, che in ultimo ammonteranno a dieci. Gli esami sono di tre tipi: quelli di ammissione alla prima classe ginnasiale e a quella liceale; di promozione dall'una all'altra classe intermedia; infine, di licenza alla fine dei due rispet­tivi corsi di studi di cinque e tre anni.

A dirigere e svolgere gli esami è la Giunta esaminatrice che di volta in volta è diversamente costituita in ragione del tipo di esame. Gli esami di am­missione alla prima classe e di promozione prevedono l'impiego vicendevo­le degli insegnanti dell'istituto oppure l'impiego di quelli titolari delle disci­pline di esami. Per gli esami di licenza ginnasiale la Giunta presieduta dal di­rettore è nominata dal provveditore, mentre quella per la licenza liceale, di cui è presidente il preside, si compone di cinque membri di nomina ministe­riale .

Il giudizio valutativo non è complessivo o sintetico, « sul tutto insieme dell'esame, ma sopra ciascuna materia» . Esso viene espresso « con numeri

Introduzione 3 1

dall'uno al dieci, che sono voti o punti corrispondenti al grado di merito » . Il superamento della prova s i h a quando s i raggiungono i sei decimi dei voti.

Gli esami, ancora, sono orali e scritti. I primi durano mediamente quin­dici minuti, tranne quelli delle prove di promozione ginnasiale che durano non più di dieci. Gli esami scritti si svolgono in più tornate, tante quanti so­no i temi. Per ogni prova non sono concesse più di quattro ore. Per classe, le prove sono molto diversificate. Per l'ammissione alla prima ginnasiale l'e­same verte su tre prove: analisi grammaticale « di un periodo giusto »; « com­posizione d'italiano col sussidio d'una traccia dettata»; « quesito d'aritmeti­ca» . Nella seconda e terza, gli esami di promozione, che diventano basilari per tutto il corso ginnasiale, sono pure tre, con la « Composizione italiana» e due versioni latine, dal volgare al latino e viceversa. Nella quarta classe a queste tre prove si aggiungono gli esercizi di declinazione e di coniugazione dei nomi e dei verbi greci ed un saggio di versificazione latina. L'esame di li­cenza è ovviamente più articolato. Oltre ai tre fondamentali si aggiungono una composizione latina, una versione dal greco, alcuni quesiti di aritmetica ed un saggio di versificazione italiana.

Negli esami di ammissione al liceo scompare la versione di latino e le prove, cinque, sono: composizione italiana, composizione latina, versione dal greco in volgare, questi presenti in tutto il corso, e poi quesiti di aritme­tica e quesiti di storia. Alle stesse prove ci si sottopone per il passaggio alla seconda classe. Parimenti, comuni sono anche gli esami per il passaggio alla terza classe e per la licenza liceale. Alle tre fondamentali si aggiungono una dissertazione e quesiti sulla filosofia, quesiti di storia e quesiti di fisica. Solo per la licenza è prevista una modestissima aggiunta di quesiti di storia e di matematica.

L'esame è quindi il momento più importante degli studi ginnasiali e li­ceali. Attorno ad esso ruotano, si organizzano, si mobilitano, si esplicano at­tività didattiche, risorse intellettuali, impegni e modalità di studio, si attiva­no talune capacità apprenditive, si sviluppano talune abilità, si limano e si orientano le capacità espressive della scolaresca. In breve tutta l'attività di­dattica, tutto l'evento educativo e formativo, l'insegnamento e l'apprendi­mento sono finalizzati all'esame. Al ginnasio ed al liceo, dunque, si insegna e si studia, ci si addestra e prepara per superare l'esame.

Le ore d'impegno scolastico sono venticinque per l a , 2 a , 3 a ginnasiale e 3 a liceale; sono ventidue per 4 a e s a ginnasio e per la 3 a liceo. Gli insegna­menti di gran lunga con più ore sono il latino e l'italiano, seguiti in ordine dalla storia, dalla matematica, dal greco (impartito a partire dalla 3 a classe ginnasiale), dalla filosofia, dalla fisica, dalla ginnastica, dalla storia naturale, ed infine dalla religione. Considerato il monte ore settimanale di 169 (abbia­mo escluso le 2 1 di ginnastica e religione) delle otto classi, abbiamo che gli insegnamenti umanistici rappresentano 1'80% dell'intero corso di studio, contro il 20% di quelli scientifici. La presenza di questi ultimi si abbassa pa-

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32 Fonti per la storia della scuola

rossisticamente nel ginnasio, dove è del 9 % , per impennarsi al liceo ove è del 36% . , C�ò � dov.uto al fatto che nel ginnasio la sola disciplina sci�ntifica pres�nte e l antmetlca con sole 9 ore settimanali nelle cinque classi, mentre nel liceo

. oltre. ad un aumento di due ore di matematica se ne hanno 9 di fisi­

c.a e 5 . dt stona naturale . Queste ultime discipline scientifiche, insieme alla filosofia, vengono introdotte soltanto nel corso liceale, nel quale, però, so­no soppresse come �a�erie curriculari e di esami la ginnastica e la religione.

Queste norme dt h a qualche anno cominceranno a subire modifiche . Sempre più frequentemente, difatti, cambieranno i regolamenti dell 'istruzio­ne classica. A partire dal 1 865 , anno in cui sarà promulgato un nuovo rego­lamen�o, mo.lte delle materie subiranno un nuovo regime disciplinare. Per e.sempw .la gmnta esaminatrice sarà divisa in due sezioni, letteraria e scienti­fica; la gmnastic� sar� prevista anche per il liceo, per cui si avrà la ginnastica elemen.tare al gmnasw, e quella superiore, prevalentemente militare, nel corso hc�ale; le convocazioni del consiglio degli insegnanti si avranno solo per grav1 ed urgenti motivi; in molti degli esami previsti viene introdotta una prova di aritmetica che sostituisce più spesso la versione dall'italiano al latin·o· e P.iù rara�ente la versificazione latina; allo stesso modo il saggio di v.erstftcazwn� e d1 composizione italiana viene sostituito con quesiti di sto­na � geogra�ta; le versioni latine, scomparse in alcuni esami, ricompaiono in altn, co�e m quelli di ammissione e di licenza liceale, ove sostituiscono la compos1210ne latina .

. Fra le modifiche più importanti, nel 1 865 , abbiamo l'elevamento orario dt t.alun� ma�erie d'insegnamento . Nel ginnasio, l 'italiano aumenta di 1 0 ore ed ll latl?o d1 3 , .a danno delle altre tre , storia e geografia, greco ed aritmeti­c�. Nel liceo, latmo e greco, storia e geografia hanno un incremento, benché di poco, delle proprie ore a danno degli insegnamenti scientifici.

. Ne�li anni successivi si avrà un continuo susseguirsi di nuove prescrizio­�� �rane. �ella s?stanza, p.erò, la struttura didattica e l'impalcatura contenu­tl.stiCa dell tstruzwne classtca non varieranno più di tanto il " senso, pedago­gico e . c_

ult:Irale d.el ginnasio-liceo (cfr. tab . l , p. 95) . Allo stesso modo , le modahta di esam1 succedutesi con frenesia non altereranno se non lieve­mente i meccanismi valutativi e l ' indole sanzionatoria e selezionatrice delle prove.

L� pi? im?ortanti innovazioni registratesi nel corso dei decenni ottocen­tescht, difat�I, furono s�stanzialmente di ordine " tecnico , oppure finirono per �arattenzzare maggwrmente talune peculiarità già esistenti. Nel 1 876 �o n 11 . r�golamen�o del ministro Bonghi si stabilisce il minimo d 'età p e; l ammts�wne. al gmnasio, il compimento del nono anno, viene creata la li­cenza. gmnastal� di

. p�imo grado (poi più volte soppressa e ripristinata) a

comprmento de1 pnmi tre anni di corso (ginnasio inferiore) , rafforzando in t�l

-modo le cadenze v�lutative . Nel 1 884 le adunanze dei collegi diventano

pm rare �, senza cor:s1d�rare le straordinarie, si hanno al principio dell'an­no, alla fme delle lezwm ed alla fine degli esami. Nel 1889 parecchie sono le

Introduzione 33

modifiche: l'anno scolastico va dal l o ottobre al 31 luglio (le lezioni dal 16

ottobre al 30 giugno); vengono semplificate l e punizioni , anche se non ne ri­

sultano alterate le finalità e la severità; le spese per l'insegnamento facoltati­

vo della lingua stratùera (francese) , che prima erano a carico degli scolari

che ne usufruivano, ora sono a carico delle casse municipali; « nessuna clas-

se può avere più di 40 alunni » . Fra i cambiamenti di rilievo , fra quelli che hanno modificato sensibil-

mente uno o più aspetti della scuola classica, sono senza dubbio da ricorda­

re l' introduzione di due importanti istituti , quello della promozione senza

esami, nel 1 876, e quello della esenzione dall'esame di licenza ed il conse­

guimento della licenza d'onore, nel l88 1 . Con essi in breve, con una elevata

media di profitto si acquisiva il diritto a non sostenere gli esami di licenza e

quelli di promozione per il passaggio da talune classi ad altre . A regolare si­

mili modalità non fu mai una normativa univoca e costante nel tempo. Così

come per le altre materie , una pletora di regolamenti venne a disciplinarle e

a sostanziarle di senso scolastico e culturale. Fra questi, comunque , i regola­

menti che più di altri segnano il cambiamento nella mentalità e nella «filoso­

fia >> della valutazione sono da menzionare quelli emanati a cavallo del 1 890.

Nel regolamento del 1 889, difatti , a concretizzazione del nuovo indiriz­

zo, viene proclamato che « la promozione alla seconda e alla terza classe gin­

tusio inferiore, alla seconda classe del ginnasio superiore (quinta classe gin­

nasiale), alla seconda e alla terza classe del liceo si ottiene senza esame dagli

alunni della classe precedente, che dal collegio dei professori ne sono di­

chiarati degni per buona condotta, e nella media annuale dei voti abbiano

ottenuto non meno di otto decimi così per l' italiano come per il latino, e

nelle altre materie non meno di sette decimi complessivamente con l'appro­

vazione in ciascuna, ovvero complessivamente otto decimi senza questa

condizione» 1 . .

Più o meno gli stessi punteggi erano richiesti per l'esenzione parziale o

totale dall'esame di licenza, mentre nettamente più alti erano per il conse­

guimento della licenza d'onore che esigeva votazioni anche di dieci decimi

per l' italiano , il latino e la matematica. La nuova disciplina sull'avanzamento degli studi, che fra le altre cose su-

sciterà parecchie polemiche, è motivata da una incipiente concezione del­

l'apprendimento che vuole abbandonare una consolidata ma anacronistica

tradizione. Quest'ultima, secondo Ferdinando Martini - ministro della pub­

blica istruzione che nel 1 893 liberalizzò ancor più il sistema di valutazione -

aveva condotto la scuola a divenire una semplice «fabbrica di candidati» . In

essa " i giovani, invece di esservi addestrati con serietà di propositi e libero

svolgimento di attitudini a formarsi una coltura intellettuale che li predi­

sponga ( . . . ) degnamente alla vita, sono giudicati senza coscienza di sé e sen-

t R. d. 24 set. 1889, n. 6440, che approva il Regolamento pei ginnasi e licei del Regno .

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34 Fonti per la storia della scuola

za fede nella bontà dei loro studi a conseguire, non importa il come, un di­ploma che apra la via all'università, all'impiego, alla professione» . Per cui, « a chi abbia pronti la memoria e l'ingegno e si prepari in tempo brevissimo a una prova d'esame, riesce spesso assai facile il sostenerla felicemente. E poi ? . . . Di quella rapida inverniciatura che resta? . . . » Certamente ben poco, afferma senza alcun timore di errore il Martini. Per lui, "bisogna non appa­garsi dall'agevole o audace mostra di un giorno »; occorre generare « nei gio­vani un più forte sentimento del dovere scolastico, una maggiore fiducia ne­gli sforzi non eccessivi e improvvisi ma regolati e continui del proprio inge­gno, una più sicura coscienza del fine dei loro studi» 1 •

Per raggiungere simili obiettivi serve soltanto non andare dietro alla semplice espressione numerica del giudizio, fondata su una osservazione sporadica e quantitativa, bensì alla rilevazione e "misurazione " qualitativa dell'idoneità degli scolari.

E sarà la codificazione della « ricerca» dell'idoneità, estesa anche alla pro­cedura per l'acquisizione della licenza, l'oggetto del regolamento del 1893 che lo stesso Martini promulgherà. Infatti, fermo restando l'adozione degli esami di ammissione e di licenza per coloro che provengono dalle scuole private e paterne, le prove di valutazione nei ginnasi e nei licei italiani sa­ranno così regolate (art. 6): « Negli ultimi dieci giorni del mese di giugno il consiglio degli insegnanti farà uno scrutinio delle medie bimestrali e di tutti gli elementi utili per accertare la condotta e il profitto degli alunni durante l'anno scolastico e procederà alla ripartizione di questi in tre gruppi. Al pri­mo gruppo saranno ascritti gli alunni di lodevole condotta riconosciuti ido­nei per tutte le materie alla classe superiore; al secondo, gli alunni di lode­vole condotta riconosciuti idonei alla classe superiore solamente per una o più materie; al terzo, gli alunni che non abbiano tenuto lodevole condotta durante l'anno scolastico, quelli per i quali a cagione delle molte assenze manchino gli elementi sufficienti per dichiararli idonei, e quelli che non sia­no riconosciuti idonei per nessuna materia alla classe superiore. Gli alunni del primo gruppo saranno senz'altro promossi; quelli del secondo saranno ammessi a sostenere l'esame nella sessione estiva con dispensa dalle prove per quelle materie in cui furono dichiarati idonei e con diritto alla riparazio­ne nella sessione autunnale; quelli del terzo saranno rimandati a sostenere le prove dell'esame nella sessione autunnale senza diritto ad ulteriore ripara-• 2 ZlOne » .

Le disposizioni del Martini, insieme a tante altre successive misure mini­steriali sempre liberalizzanti, finiranno però con lo scuotere eccessivamente il tradizionalismo didattico e pedagogico, al punto che qualche anno più tar-

1 Relazione a S. M. e R. Decreto che stabilisce le norme per gli esami negl'istituti d'istru­zione secondaria classica, in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione », 1 893, pp. 1 8 1 1-1812 .

2 Regolamento approvato con r.d. 16 set. 1893, n. 565.

Introduzione 3 5

di s i tornerà indietro ripristinando l'esame di licenza. Alla «restaurazione » provvederà il ministro Gallo che nel 1 900 intraprende una sorta di crociata contro quelle " agevolazioni concedute per regolamenti, per decreti o per semplici circolari» che nei due precedenti lustri « hanno tolto agli esami di licenza ( . . . ) gran parte del valore e dell'efficacia che avevano come mezzo di edificazione e come misura della maturità dei giovani» 1. Egli, in nome della « giusta severità» e del «principio d'autorità», contro l' « indulgenza» e l' << in­dipendenza di ciascun insegnante» reintroduce l'obbligatorietà dell'esame di licenza.

Oltre, il Gallo non potrà andare, giacché oramai domina una temperie poco sensibile alle restrizioni e fortemente compresa della necessità di un nuovo clima didattico e scolastico da instaurare. Infatti, qualche anno più tardi, il ministro Orlando, nella formulazione di un nuovo regolamento d'e­same, pur mantenendo l'esame di licenza (permane tuttavia una esenzione molto restrittiva), riaffermerà con forza le innovazioni più recenti, ed in particolare « consacrerà» definitivamente l' << istituto delle promozioni senza esame » . Ma cosa più importante riuscirà a dettare nuovi e condivisi atteggia­menti valutativi da fondare su una modalità moderna d'intendere ed utiliz­zare gli «esperimenti trimestrali» , specie di mini e periodici esami di profit­to da sempre operanti nella tradizione scolastica italiana. Nel redigere le norme del suo regolamento del 1904 2, al ministro siciliano sembra che sia "più prudente il mantenere sì le prove trimestrali, come necessarie soste nel corso delle lezioni, e gli esperimenti trimestrali come ripetizione da parte dell'insegnante e riprova da parte degli alunni delle cose imparate, ma di spogliare questi esperimenti da ogni complicazione e sole1mità propria degli esami, per turbare il meno possibile l'ordinario andamento dei corsi, e per mantenere intatto il principio pedagogico che nella scuola media il metodo d'insegnamento dev'essere, quasi direi, cooperativo, vi debbono concorrere gli alunni non meno del professore» 3.

In tale prospettiva, è abbastanza chiara la scelta ministeriale fra i due mo­di di valutare. Fra l'esame vero e proprio, «valutazione evenimenziale », e la costante «attestazione» valutativa dell'insegnante, si opta per quest'ultima. Per l'Orlando, « data la fiducia che giustamente inspirano i nostri professo­ri» , la valutazione ricorrente, quasi quotidiana, deve «avere il sopravvento, se si vuole liberare la scuola dal lamentato sovraccarico di lavoro e dai dan­nosi perditempi, se si vuole che l'insegnamento medio proceda con forme e

1 Relazione a S. M. il Re in udienza del 23 agosto 1900, e R. Decreto n. 3 1 7, contenente disposizioni dirette a meglio disciplinare gli esami di licenza nelle scuole secondarie, in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione », 1 900, p. 1 544.

2 Regolamento per gli esami nelle scuole medie ed elementari approvato con r.d. 13 ott. 1 904, n. 5 98.

3 Relazione a S. M. il Re sul Regolamento per gli esami nelle scuole medie ed elementari, in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione », 1 904, supplemento al n. 50, p . 2675 .

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36 Fonti per la storia della scuola

metodi piani, direi quasi casalinghi, e non assuma, a tutto danno delle giova­ni intelligenze, il fare solenne e cattedratico, appena tollerato nell' insegna­mento superiore , 1 •

In questa atmosfera di « desolennizzazione » dell'esame non verrà comun­que negata, anzi sarà riproposta, la validità, la giustezza e l'efficacia dell'esa­me non solo di licenza ma anche quello di ammissione e di promozione per coloro i quali vengono da istituti privati e paterni. Rispetto al passato i tre esami sono uniformati, nel senso che le prove disciplinari sono standard per qualsiasi tipo di esame. Continuando nella tendenza all' omologazione già in atto da un paio di decenni, si stabilisce che gli esami per ogni tipo di promo­zione, ammissione, oltre che di licenza, naturalmente, « comprendono » : un componimento italiano, una versione dal latino all'italiano, una versione dall'italiano al latino, una versione dall' italiano alla lingua moderna (dove ne sia impartito l' insegnamento), una versione dal greco in italiano (per tut­te le classi dove ne sia impartito l'insegnamento), prove orali disciplinari che si svolgeranno su « speciali tesi che comprendano l'intero programma di ciascun insegnamento, stabilite ogni anno, per ciascuna disciplina ( . . . ) e co­municate in tempo utile , 2•

In questo primo scorcio del secolo Novecento molto si parlerà di esami ma ben poco si modificherà, anzi si assisterà ad un sostanziale consolida­mento della normativa vigente.

Solo dopo la guerra, ma sempre nella medesima direzione «progressiva», verrà rimessa in discussione l'impalcatura generale degli esami che culmine­rà con la ristrutturazione gentiliana del 1 92 3 . All'indomani del conflitto mondiale, quando montava lo spirito della « ricostruzione» e della «rivinci­ta» economica e sociale, quando per tutti fu impellente rimettere mano allo sfilacciatissimo ed inefficace sistema formativo, a cercare di dare una rispo­sta a quella che a tutte le componenti culturali sembrava essere la questione scolastica di fondo, la selezione e la qualificazione professionale, fu Bene­detto Croce, ministro per poco più di un anno dal giugno del 1920 al luglio dell'anno successivo.

Il filosofo idealista, infatti, presentò per ben due volte un disegno di leg­ge che aprendo una reale e concreta prospettiva alla pratica della valutazio­ne, ad un nuovo modo di selezionare, fece voltare pagina alla storia della scuola italiana. La sua proposta però, benché avesse suscitato un ampio e va­sto dibattito, non passò e servì per preparare e fertilizzare l'humus culturale e sociologico per l'approvazione dei decreti gentiliani del '23 .

Croce in merito all'anacronismo della normativa in vigore aveva le idee piuttosto chiare. Innanzitutto era compenetrato di ciò di cui tutti erano arei-

1 Ibidem. 2 Sulla normativa relativa agli esami nel ginnasio e nel liceo dal 1 860 al 1 906 cfr. Disposi­

zioni sugli esami nelle scuole medie e elementari, in AP, Camera dei deputati, legislatura XXII, sessione 1 904-1907, Documenti, n. 590 bis.

Introduzione 37

convinti, e cioè « che l'esame sia un pericolo, e quasi una pena e che perciò convenga, come si dice, esonerarne i migliori, e invece gravarne, a titolo di ammonimento o di stimolo o di punizione, i mediocri e addirittura gli inet­ti» . L'esame, egli diceva, « anziché incombere all'alunno al termine di ogni anno , per giudicare sulla « quantità di cognizioni onde si trovi fornito in un dato giorno ( . . . ) sopraggiunga di regola soltanto al termine di un corso di studio di due o più anni, come meditata ed obbiettiva verifica di quella ca­pacità e di quella maturità mentale che, una volta acquisita, più non si perde e che è necessaria per procedere oltre, cioè per affrontare sotto nuovi mae­stri le difficoltà di un ciclo più ampio o per applicare praticamente e profes­sionalmente ciò che si è appreso , 1 .

In questa prospettiva, benché prive della liberalità e della sensibilità pe­dagogico-docimologica di Croce, verranno le misure di Gentile che chiude­ranno un'era, configurando nuovi atteggiamenti valutativi pur in un assetto scolastico certamente reazionario. Con il decreto 1054 del 6 maggio 1923, gli esami si avranno per l'ammissione alla quarta ginnasiale e per la maturità abilitante all'accesso all'università e agli istituti superiori. La promozione in­vece si determinerà per scrutinio finale delle prove di profitto e di condotta del corso dell'anno, ed in specie dell'ultimo bimestre. Soltanto chi « nello scrutinio finale - recita l'art. 83 - per la promozione o in qualsiasi esame del luglio abbia conseguito meno di sei decimi in non più di due materie o grup­pi di materie o non abbia potuto nel luglio cominciare o compiere l'esame scritto o presentarsi all'orale, è ammesso a sostenere o ripetere le relative prove di esame nella sessione autunnale , .

Programmi e didattica

Nel 1867 il ministro Coppino, presentando al re i nuovi programmi sco­lastici, e sottolineandone la modernità, non può non fare riferimento a quel­li precedenti, del 1860 e del 1862, che, secondo lui, altro non sono che « Un sommario di ciascun capitolo d'un libro », una specie di << indice dei capitoli ( . . . ) in fin di libro »; in modo siffatto essi «non di rado sembrano domande, di cui l'alunno impari materialmente la risposta» , ed impongono conseguen­temente che tutta l'attività di studio si risolva nel fabbricare « compendi che, mirando solo alla riuscita degli esami, guastano la pubblica istruzione >> 2• Ta­li osservazioni cadevano nel giusto .

1 Disegno di legge sugli esami nelle scuole medie di istruzione classica, tecnica e magi­strale, in « Bollettino ufficiale del Ministero dell'istruzione pubblica », 192 1 , supplemento al n. 26, p. 4. Sull'attività in materia del Croce e su quanto si scatenò in merito cfr. R. FORNACA, Be­nedetto Croce e la politica scolastica in Italia nel l920-'21, Roma, Armando, 1 968 e G. To­GNON, Benedetto Croce alla Minerva, Brescia, La Scuola, 1 990.

2 Istruzioni e programmi approvati con R. Decreto l O ottobre 1867, Firenze, Stamperia Reale, 1867, p. IX.

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38 Fonti per la storia della scuola

Infatti, i programmi varati con il processo d'indipendenza ancora in cor­so, e quelli varati un anno dopo l'unità, specularmente alla struttura e all'or­dinamento del ginnasio e del liceo, erano soltanto dei cosiddetti «program­mi d'esami» . Ovvero essi indicavano, per ogni materia, serie lunghissime di nozioni che dovevano essere acquisite, il più delle volte « mandate giù a me­moria» , per mettere gli scolari in grado di superare l'esame annuale di pro­mozione o di licenza e quindi di accedere alla classe superiore. In tal modo, nella certezza di fornire il sapere formativo ed inculcare il « senso della vita» e la «visione del mondo » , adeguati per la formazione dell'indentità cultura­le individuale e nazionale le materie scolastiche erano delle «grandi enci­cl�pedie classiche » , megli� degli immensi contenitori di nozioni sul mondo antico, da cui lo studente doveva trarre tutte le conoscenze giuste per supe­rare felicemente la selezione annuale . Nessuna attenzione era posta alle tec­niche d'insegnamento, né alle condizioni e modalità di apprendimento. I criteri di svolgimento didattico-culturale dei programmi erano quelli crono­logici, dall'antico al moderno, senza alcuna inferenza di una pur !arvale teo­ria dell'insegnamento che non fosse quella del travaso massivo di nozioni nei «recipienti» della memoria adolescenziale .

Questa trasmissione, spesso solo nozionistica, senza alcun riferimento pedagogico procedurale, avvenne in un prevalente caos didattico. Sotto la spinta e l'ansia del rinnovamento, le innovazioni metodologiche furono po­che e piuttosto incerte, al punto che il guazzabuglio di metodi che si deter­minò finì con l'invalidare ogni volontaristica, quanto ingenua e sprovveduta attività volta al cambiamento e miglioramento didattico.

Con i programmi del 1867 si avverò una piccola «rivoluzione» pedagogi­co-didattica. Senza che si registrasse un profondo rinnovamento tematico degli studi, si fece in modo di rendere questi «più graduati e proporzionati secondo la ragione loro intima, o secondo la capacità degli alunni» . Si aprì, cioè, una prospettiva didattica nella consapevolezza che ciò che si andava attuando «non fosse una mutazione sostanziale, bensì un più diritto ed effi­cace istradamento alle varie discipline; e non apparisse con sicurezza super­ba quasi definitivo e immutabile assetto, piuttosto che opportuna prepara­zione a perfezionamenti futuri, di cui l'esperienza mostri la necessità» 1• A tal fine, assieme ai programmi vennero varate anche le <<istruzioni» quali va­demecum, prontuario del fare didattico e pedagogico, quale manualetto di utilizzazione didattica delle nozioni culturali per il raggiungimento degli obiettivi pedagogici. Così, si ebbe cura innanzitutto che nei ginnasi e nei li­cei « tutti gli studi si giovassero meglio fra loro " e « che per la parte letteraria rifiorisse l'insegnamento classico, onde l'animo prende generosità e genti­lezza» 2 • Quest'ultimo si appalesò subito come l'obiettivo primario. Per cui,

l Ibid. , p. VII. 2 Ibid. , p. Xl.

Introduzione 39

in virtù della constatazione ricorrente che dopo aver « consumati tanti anni nello studio della lingua nazionale, non torna a ciascuno facile l'uso del fa­vellare e dello scrivere corretto », si rende necessario che « allo studio del pa­trio idioma abbiano i giovani nostri a consacrare gran parte di quel tempo, che ad altre discipline è riserbato presso altre nazioni» 1 . L'insegnamento della lingua, « che è il primo segnacolo della ( . . . ) unità nazionale», l 'insegna­mento della lingua della risorta Italia diventa pedagogicamente e didattica­mente centrale nella curricolazione ginnasiale e liceale.

Esso permette di raggiungere l'obiettivo ultimo, il quale è quello che vuole che « qualunque sia la vocazione dei giovani, o che si addicano alle opere comuni della via, o che si elevino agli offici più alti della civiltà, l'im­portante si è che tutti mostrino di appartenere a una nazione che ha una lin­gua propria, la quale ebbe in ogni secolo uomini che la illustrarono con gli scritti, e per virtù e bellezza, se non vince tutte, non cede ad alcuna delle moderne» 2 •

Occorre, quindi, « acquistare l'abito di parlare e scrivere con proprietà e gentilezza nella propria favella» . Nel ginnasio ciò si può raggiungere con l'« esempio dei sommi scrittori, e la pratica del comporre » . Imitare i maggio­ri fra i classici non vuol significare contraffare, « ma apprendere da essi l'arte viva di ordinare i pensieri, e quella più riposta del colorire». Didatticamente vanno utilizzati gli scrittori del Trecento, in quanto questi « son da preferire nelle prime classi, non già per fare de' trecentisti nel secolo decimonono, ma perché quelli come parlavano così scrivevano, e ( . . . ) son larga fonte di voci e di modi natii, esprimenti il pensiero con rara schiettezza e vivacità» 3 .

Il Novellino, assieme alle opere di Guido da Pisa, di Fornaciari, di Boc­caccio, di Annibale Caro, di Gozzi, di Paolo Costa, di Vasari, deve costituire la base su cui attivare la didattica dell'italiano nel ginnasio, che si svolgerà attraverso letture, commenti, studio a memoria dei « luoghi più eletti» , ana­lisi grammaticali ed analisi logiche. A questa attività si abbina quella più ge­nerale dello studio della grammatica e della sintassi, e poi ancora della lettu­ra di racconti, di esercitazioni di composizione e di metrica.

Nel liceo si deve continuare ad avere il passato come punto di riferimen­to centrale. «Le opere degli illustri prosatori e poeti debbono aversi a guida, e in quelle educare il senso del vero, dell'onesto e del bello, senza cui non si ha né pensieri, né affetti, né parole degne» . Infatti, «gli esempi gioveranno assai più che le teoriche; né le teoriche possono menare ad alcun risulta­mento pratico, se non raccolte per giudiziosa induzione, e non si mostrino a' giovani vive e parlanti negli scrittori» 4 .

È così che la lettura della Cronaca di Dino Compagni, di passi scelti delle

l Ibid. , p. XII. 2 Ibid. , p. 16. 3 Ibid., p. 17. 4 Ibid. , p. 3 .

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40 Fonti per la storia della scuola

Storie fiorentine di Machiavelli, di canti scelti delle opere dell'Ariosto e del Tasso, del Canzoniere del Petrarca, della Divina Commedia, delle prose scelte di Galileo Galilei, « con acconce illustrazioni filologiche, istoriche, let­terarie » e «con lo studio a memoria de' luoghi più eletti», permette di anda­re al di là dell' insegnamento delle tecniche espositive ed espressive. Con quella « letteratura e poesia» , poiché in essa «Si riflettono fatti di grande im­portanza nella storia civile e letteraria de' popoli» , si «abitua a procurare che la parola dica appunto quel che dentro detta il pensiero, e con quella proprietà che dà spicco alle idee. Il che non è solo di letteraria, ma è di mo­rale e di civile importanza» 1 .

Lo studio delle lingue e delle letterature classiche, latina e greca, è di vi­tale importanza, giacché la prima è la lingua dei «padri» e la «veste linguisti­ca» del sapere, e poiché la seconda è la «lingua, nella quale, più che in altra, l 'umano ingegno ha mostrato quanto poteva» 2• Tale studio, però, non va vi­sto nella sola prospettiva dell'acquisizione di uno strumento tecnico, pur fondamentale . Necessario è anche in questo caso affondare la conoscenza nei sistemi valoriali del mondo classico. Così, dopo lo studio dell'abbicì grammaticale, sintattico, metrico, etimologico, che mai andrà smesso, oc­corre mettere mano allo studio della migliore letteratura. Già nel ginnasio con le Vite di Cornelio Nepote, con le Favole di Fedro, con i Fasti di Ovi­dio, con il De bello gallico di Cesare, delle Lettere di Cicerone, di qualche libro dell'Eneide, delle Storie di Livio, della Catilinaria o della Giugurtina di Sallustio, poi nel liceo con le Storie di Tacito, con le Georgiche di Virgi­lio, con le opere oratorie, retoriche e filosofiche di Cicerone, con le Odi e con le Epistole di Orazio, con parte delle Istituzioni di Quintiliano, lo studio dei classici deve «tenere il primo luogo ». Anzi tutte le altre attività didatti­che ad esso « convien volgere >> , giacché «gli studi classici non solo debbono esercitare l'intelletto e la memoria e arricchire la mente di svariate cognizio­ni, ma accostumare l'alunno alle gioie spirituali della scienza e dell'arte, al sapere storico dell'umana civiltà, alle opere egregie della vita civile. E tutto ciò si ottiene con l' osservazione di scritti, ne' quali si accoglie tanta gravità di dottrine, tanta perfezione di esemplari, tanta grandezza di uomini e di memorie » 3 .

L'insegnamento della storia, di cui nessuno può smentire «l'eccellenza, l'utilità e la virtù educatrice» , deve partire dal rifiuto didattico di quella in­valsa pratica che «riduce la storia (medesima) ad un indice di nomi e di da­te » e non cura come si deve il «nesso» fra «ordine, erudizione geografica e cronologica» 4. Esso invece deve: «porgere idea fondata, complessa, precisa della vita collettiva del genere umano, rappresentato dai popoli che si se-

l Ibid. , p. 5 . 2 Ibid. , p. 2 1 . 3 Ibid. , pp. 6-7. 4 Ibid. , p. 34.

Introduzione 4 1

gnalarono colle armi, colle leggi, colla espressione felice del bello o colle ar­dimentose indagini del vero: confortare l'amore di patria per la conoscenza più esplicita delle nazionali vicende; educare gli animi alla scuola severa del­le grandi virtù, dei grandi errori, anticipando le lezioni della esperienza» 1 .

Per rendere didatticamente più efficace l'insegnamento della storia esso va svolto su due livelli, uno << inferiore» ed uno «superiore » . « <l primo consi­ste nella concatenata esposizione dei fatti ammessi dalla critica; nello indi­carne le cause immediate o remote, gli effetti, le relazioni. Il secondo suppo­ne la cognizione dei fatti, e volgesi ad indagare e definire le leggi che gover­nano il mondo morale e lo svolgimento progressivo della umanità» 2 •

Propedeutico e complementare alla storia è l'insegnamento della geogra­fia, la quale oltre a dare «una conoscenza elementare, ma completa, della terra e più particolareggiata dell'Italia» deve «servire allo studio della sto­ria» 3 illustrando il « teatro » della vicenda umana.

Al « ristoramento » degli studi letterari, nel liceo, non può non seguire an­cora quello degli studi filosofici, perché filosofia e letteratura sono « cose non divisibili, come il pensiero bene ordinato e la parola conveniente » . Mal­grado ciò, che altro non è che una unanime opinione, l'insegnamento della filosofia va condotto con moltissima cautela e con prudenti accorgimenti di­dattici. Esso, per prima cosa, è bene che «s 'adatti alla capacità dei giovani » e quindi che tralasci « certe dispute molto spinose, che trovano luogo in un superiore insegnamento » . Di conseguenza, deve tentare «d'istruire i giovi­netti ad un abito di ragionamenti severi» , che rifugga dalle «metafore » e dal­le «facili e vaporose generalità» ed accostumi a privilegiare i «principii ben definiti », i «fatti bene osservati» . In specie, « addestrando gl'intelletti alla ri­cerca del vero ed all'esame, movasi per l'incerto dal certo, e per l'ignoto dal noto, senza perdere gl'ingegni, le volontà, gli ordini civili nel vuoto inerte dello scetticismo » 4• È questo, senza dubbio alcuno, un progetto di «elemen­tarizzazione» della filosofia.

I veri e propri comandamenti didattici «rigorosamente prescritti» per l'insegnamento liceale della filosofia sono tre: « distinguere la filosofia ele­mentare dalla filosofia superiore»; « star sempre, con ogni diligenza, nei soli confini della filosofia elementare»; «adoperare quel metodo che s 'addice a tal parte della filosofia» 5. Ciò non vuole significare che la filosofia elemen­tare, apparentemente <dnvilita» , sia un «ristretto» o un «compedio di tutta la filosofia» , in quanto essa ha una sua autonomia pedagogica. Infatti, il suo fi­ne non è quello di rendere «perfetti nella filosofia» , bensì quello di far «ap­prender di filosofia quant'occorra per sapere le più manifeste ragioni di ciò

l Ibid. , pp. 3 3-34. 2 Ibid. , p. 33 . 3 Ibid. , p. 34. 4 Ibid. , pp. 49-50. 5 Ibid. , p. 50.

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42 Fonti per la storia della scuola

che sappiamo dal senso comune, apprendere quanto giovi ad ogni esercizio di scienza e di lettere o d'arti non manuali ». In sostanza, deve finire con il porgere «le ragioni dei più chiari dettami di nostra coscienza», su « Ciò in che tutti gli uomini consentono », « quelle ragioni più pronte o immediate che distinguono la persuasione comune, non ragionata (benché ragionevo­le), dalla ragionata o scientifica, e convenienti ad ogni uomo non artigia­no » 1 .

A tal fine, <d confini della filosofia elementare vengono determinati così: studiare i fatti più cospicui e più accertati dell'uomo interiore; le facoltà principali che generano quei fatti; e le principali leggi che le governano » 2•

Peso diverso, modalità didattiche differenziate si prescrivono per gli in­segnamenti scientifici, vale a dire la fisica, la matematica e la storia naturale. Della fisica, le poche materie d'insegnamento principali, quali la chimica, la cosmografia, non prevedono rigide prescrizioni didattiche e si lascia «all'in­segnante piena facoltà intorno al modo di trattare e di distribuirsi la mate­ria» 3. L'unica avvertenza, l'unico orientamento didattico riguarda le pretese ambizioni dell'insegnamento che devono essere molto modeste, per il fatto «che nelle scuole secondarie importa che s ' insegni poco, ma bene» . In parti­colare, « importa innanzi tutto che s 'insegnino in buon ordine i fatti più im­portanti e le leggi stabilite, e che si lascino in disparte quelle teorie che sono più o meno ipotetiche, le quali a chi non possa abbracciare tutti i fatti, rie­scono solamente a falsare la disciplina dello spirito » 4 •

Allo stesso modo, per la matematica <d limiti devono essere abbastanza ristretti, affinché non possa in alcun modo accadere che gli allievi, supposti d'ingegno sufficiente e convenientemente preparati dall' istruzione linguisti­ca, si trovino oppressi da un eccesso di estensione e di difficoltà; anzi giova che la materia sia tanto lontana dal riempir· tutto l'orario assegnato ad essa, che il professore abbia comodità di fare molti esercizi e d'interrogare spes­sissimo i suoi scolari» 5• Questo perché la matematica va intesa «principal­mente come un mezzo di coltura intellettuale, come una ginnastica del pen­siero, diretta a svolgere la facoltà del raziocinio, e ad aiutar quel giusto e sa­no criterio che serve di lume per distinguere il vero da ciò che ne ha soltan­to l'apparenza» 6 .

Finalità molto « nozionistica» è quella dell'insegnamento della storia na­turale. Infatti, esso si deve proporre tre principali obiettivi: primo, «guidare ( . . . ) gli alunni allo acquisto di cognizioni che sono parte oggi della coltura generale »; secondo, «educarli ad osservare ad imprimersi nella mente i ca-

l Ibid. , p. 52. 2 Ibid. , p. 54. 3 Ibid. , p. 59. 4 Ibid. , p. 60. 5 Ibid. , pp. 67-68. 6 Ibid. , p. 67 .

Introduzione 43

ratteri dei corpi naturali e compararli gli uni cogli altri» ; terzo, «dalla inve­stigazione diligente e comparazione dei corpi naturali educare i giovani a ri­conoscere le leggi secondo le quali essi sono foggiati» 1 .

Dopo qualche tempo, in virtù della coscienza «sperimentale » che aveva animato l'opera del ministero, furono apportate alcune modificazioni didat­tiche. I programmi, rivelandosi piuttosto ampi e vasti, e difficili ad essere svolti compiutamente, imposero al professore una più libera «gestione » del­le discipline. Contro chi toccava, sfiorandole, tutte le materie, non dando «l'esatta conoscenza di nessuna, e contro chi s 'addentrava in una sola mate­ria, non dando quella generale coltura che le leggi, il secolo, le condizioni della vita richieggono in ogni cittadino » , fu emanata una disposizione volta a tutelare gli interessi delle conoscenze generali e di quelle particolari, più selezionate e più indagate.

Al professore, cosi, con l'avallo del collegio docente, è imposto di orga­nizzare annualmente l'attività didattica in modo tale che le lezioni « nel cor­so dell'anno si estendano a tutto il programma stabilito, e insieme concen­trino lo studio degli allievi su qualche punto speciale di esso» 2•

Questo « dettato » didattico deve valere moltissimo per « lo studio dei classici italiani nel ginnasio », poiché esso è <<indirizzato ad imparare la lin­gua, non le vicende delle lettere e degli scrittori» (oggetti di studio nel li­ceo). Così, « tutto volto ad apprendere la lingua, ed a dar forma allo stile », lo studio non può svolgersi con le antologie, giovandogli di più « la diretta let­tura dei classici» . In tal modo, «il giovinetto si addomestica con lo scrittore che ha per le mani, e si forma ad una certa maniera di scrivere, nella quale può muoversi liberamente coi suoi pensieri» . Utilizzando le raccolte antolo­giche, passando da una pagina all'altra, da un secolo ad un altro, da un auto­re ad un altro, lo scolaro « ondeggia tra pensieri, sensi e stile differenti, e non si impratichisce della maniera di nessuno; onde riman sempre incerto nello scrivere, e ben di rado acquisterà poi quella franchezza di modi, quella unità di stile che è desiderevole in ogni specie di scrittura>> 3 . Gli scrittori, nel corso ginnasiale inferiore, che meglio rispondono allo scopo sono quelli del Trecento, giacché le loro opere « essendo per la loro spontaneità, cando­re, semplicità quasi infantile accomodate ad un pensiero poco riflesso, e senza intenzione d'arte, sono perciò le più acconcie a chi si trova nell'inizio della vita intellettiva» 4 •

Le stesse «regole », uno o due autori di uno stesso secolo, devono valere

I Jbid. , p. 77. 2 «Modificazioni ai programmi stabiliti pei ginnasi e pei licei col regio decreto del 10 otto­

bre 1867 n, circolare n. 287 del Ministero della pubblica istruzione del l o novembre 1870, in AP, Camera dei deputati, legislatura XIV, I sessione 1880, Documenti, n. XIX, Sull'istruzione secondaria classica nel regno d'Italia, p. 382.

3 Ibid. , p. 383. 4 Ibidem.

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44 Fonti per la storia della scuola

anche negli anni successivi ·ed in ragione delle specificità didattiche e peda­gogiche di ciascuna fase di formazione.

Così come è importante esprimersi, allo stesso modo essenziale è per lo studente «l'arte del ben pensare, che è fondamento e perfezionamento del bello scrivere » . Per tale motivo, con l'insegnamento di una « Oculata» filoso­fia si devono illustrare <d principi e le credenze comuni al genere umano, e d'onde sono informati la ragione ed il senso morale» . li metodo generale de­ve essere quello di « descrivere», non di «perscrutare l'ultimo fondo » . Il pro­fessore deve adoperarsi « alla modesta impresa di compilare quasi una storia dell'umano pensiero e dei principi morali" , cogliendo « nella metafisica e nella psicologia la parte che vi è positiva e immutabile, l'essenza umana non potendo mutare » . La « delineazione . di principiì e credenze comuni,, che egli farà, « questo ritratto fedele dell'uomo interiore così separato dalla parte involuta e ognor disputabile della metafisica non fuggirà più mai dalla men­te dei docili allievi, e li salverà dallo spirito ipercritico dei nostri tempi» 1 .

Le correzioni di tiro del '70 furono ben accolte, al punto che, e sempre nell'intento di far sì che la «gioventù cresca degna dei nuovi destini d'Ita­lia, , indussero il ministro Correnti a ribadire con forza quegli obiettivi peda­gogici di fondo che per qualche decennio caratterizzeranno in modo inequi­vocabile e profondo il ginnasio-liceo, vale a dire quello « di svegliare più compiuto e vivo che si possa il sentimento della vita intellettiva e de' suoi bisogni» e quello di condurre ai modi giusti per « dar forza e forma al pensie­ro » . In tale prospettiva lo « Studio delle lettere è l'ordito di quella maniera d'istruzione» che << intende a dare al pensiero forza d'affermarsi e libertà d'e­strensicarsi e di muoversi" , a dare « non la forma del discorso soltanto, ma anche quella dell'intelletto, e in molta parte quella dell'animo » . In breve, la « sostanza, dell'insegnamento classico « non è ancora la scienza, ma è già la vita nelle sue manifestazioni logiche, sentimentali, e storiche » . E per fa sì che ciò si possa raggiungere, non c'è altra via didattica che quella di « mo­strare com'altri abbia pensato ed espresso il suo pensiero " . Infatti, « lo stile s 'impara usando continuo con gli scrittori che raggiunsero il sommo della proprietà, dell'efficacia, dell'armonia, a quel modo che la lingua s'impara usando con chi la parla» 2• Postulato didattico è quello il quale vuole che la lezione dei classici « sia il solo modo di condurre i giovanetti a contemplare la parte migliore della mente umana, anzi a leggere attraverso le immortali rivelazioni dello spirito le confuse rivelazioni dell'anima propria, e a sco­prirvi come la forma del pensiero sia parte essenziale del pensiero. Com­prendere i classici, assaporarne le bellezze è il tema dell'istruzione letteraria, tema più edificante, più conclusivo, più filosofico di quante sono le astra­zioni e le analisi dottrinali» 3 .

l Ibid. , p. 384. 2 «Lettera circolare sui programmi dei corsi classici », circolare n. 303 del Ministero della

pubblica istruzione del 9 maggio 1 87 1 . 3 Ibidem.

Introduzione 45

Fu così che nei ginnasi e nei licei del regno venne ad instaurarsi una ege­monia classicistica e « linguistico-letteraria» . Il pressante bisogno di unificare linguisticamente il paese, le scelte dirigistiche ed antispontaneistiche nella conduzione di tale processo, le ambizioni manzoniane e toscanocentriche, la persistenza del purismo meridionale d'ispirazione puotiana, seminaristica e gesuitica, l'esaltazione della via linguistica alla creazione culturale e alla formazione della coscienza culturale nazionale, fecero del ginnasio-liceo il « tempio » della classicità e della lingua italiana. Tutto nei primi decenni uni­tari è ancillare alla creazione di una cultura linguistica: i saperi letterari, mo­derni e classici, i saperi filosofici sull'uomo, con il corredo delle informazio­ni scientifiche, devono servire alla formazione di un bagaglio linguistico, al­la detenzione della lingua, strumento unico di lettura e di produzione cultu­rale 1 •

Questo predominante indirizzo culturale, pedagogico e didattico perdu­rò incontrastato nei primi due decenni del regno ed oltre, benché non fosse­ro mancate voci di dissenso fautrici di una espansione delle materie scienti­fiche. Il primato della classicità linguistica e letteraria fu in questo torno di tempo fortemente radicato nell'opinione diffusa come in quella colta. Non c'era alcun dubbio che nei ginnasi e nei licei i quali, ove «vivonsi gli anni più baldi dell'adolescenza e ricevonsi i germi della vita avvenire, 2, ove si «preparano i destini futuri della patria» 3, ove si deve «rinvigorire il caratte­re mercè il rigoroso esercizio · del pensiero », ove si deve svolgere « la educa­zione severa del gusto, lo studio ideologico e storico del bello e del subli­me » 4, si dovesse praticare il prevalente studio della produzione letteraria e storiografica del mondo classico fino alle forme di produzione del nostro «volgare culto », alle maggiori espressioni della spiritualità italiana. Difatti, « strumento fra gli altri tutti efficacissimo di questa educazione armonica delle potenze estetiche, intellettuali e morali dell'uomo furono, dallo splen­dido evo del rinnovato culto della civiltà greco-latina all'età nostra», e quin­di a maggior ragione lo sono ora, «reputati gli studi classici, 5 . Essi, « unità vera » e « guarentigia, di ogni sapere, devono dominare incontrastati la scena pedagogica e didattica, giacché, non tacendo del buon " effetto educativo

1 Sui problemi della « creazione, dell'unità liriguistica e della diffusione della lingua italiana, oltre a T. DE MAURO, Storia linguistica dell'Italia unita, Bari, Laterza, 1970, per il ruolo svol­to dall'istruzione classica cfr. in particolare di M. RAICICH, Scuola cultura e politica da De Sanctis a Gentile, Pisa, Nistri-Lischi, 198 1 e Itinerari della scuola classica dell'Ottocento . . . citata.

2 C. RINAUDO, Osservazioni sugli effetti della circolare 20 novembre 1874, numero 411, del Ministero della pubblica istruzione ai Presidi e Professori di regi licei, in «Rivista di filo­logia e d'istruzione classica», V (1876-'77), p.82 .

3 F. RAMORINO, Il nuovo regolamento per i ginnasi e licei, ibid., p. 239. 4 G. I. AscoLI, Dell'insegnamento classico secondario, ibid., II ( 1873-'74), p. 301 . s D. PEZZI, Considerazioni sull'istruzione, soprattutto classica, in Italia a proposito del

recentissimo libro di M. Bréal sull'istruzione pubblica in Francia, ibid., I (1872-'73), p . 2 1 .

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46 Fonti per la storia della scuola

della mente» che si può avere con la matematica, «il troppo tempo dato alle matematiche, alle scienze fisiche e naturali» può condurre ad approdi dise­ducativi. Le discipline scientifiche, si dice, se acquistano maggiore spazio « materializzano l'alunno » e «forse gli comprimono l'intelligenza» 1 .

Per cui non c'è chi non pensa che <d mezzi migliori che s i possano ado­perare per far sì che gli alunni ( . . . ) conseguano, come più sicuramente e me­glio possibile» , la auspicata « dovizia di educazione e di coltura intellettua­le» , come è stato <drrefragabilmente dimostrato dalla scienza e dalla espe­rienza» , siano « lo studio di lingue e letterature ». Questo, infatti, « svolge contemporaneamente ed armonicamente tutte le facoltà intellettuali e mora­li, mentre lo studio delle scienze e soprattutto delle matematiche non vale se non ad educare certe particolari attività dello spirito e in modo incom­piuto, come notarono, insieme con molti altri, Bacone, Descartes » . Molto più complesse e ricche sono invece le risultanze dell'insegnamento classico. Non c'è dubbio alcuno che, «fra gli studi che soglionsi dire letterarii, i primi per eccellenza di valore pedagogico sono, soprattutto in ordine a noi italia­ni, ( . . . ) i classici o greco-latini, sia per l'altissimo pregio della civiltà che ne è oggetto, sia perché questa è la migliore arena per gli spiriti giovanili, sia in fine che solo in sì fatta guisa essi possono corroborarsi travagliandosi intor­no ad un ordine di fatti e d'idee assai diverso da quello in cui vivono e così acquistar meglio col paragone la coscienza della propria personalità, senza pericolo che in essi venga meno o si snaturi il carattere nazionale» 2•

Conoscere la classicità significa conoscere il « linguaggio » del sapere, si­gnifica appropriarsi delle « chiavi» per aprire il forziere della cultura.

« Il sapere è patrimonio comune dell'umana famiglia, dovunque i primi veri tradi­zionali ed i germi della ragione ed il suo natìo vigore non furono soffocati e spenti da prevalente barbarie. Quel patrimonio poi si fondò, diciamo così, per noi in tenui principi, ma fecondissimi, nella civiltà greco-romana che vi depose

·le vetuste tradi­

zioni venute più o meno alterate dalla culla del genere umano in Oriente; ed intorno ad esso si affaticarono con lungo studio ed amore quanti furono mai ingegni valorosi per ogni plaga di mondo e per ogni secolo, pigliandolo dagli anteriori per trasmet­terlo ai venturi ricco di nuovi incrementi. Con sì diuturno e laborioso ed ampio la­vorìo fu edificato quel santuario della scienza, a cui gli studiosi son chiamati ad en­trare per arricchire essi e recarvi il proprio obolo ad emolumento comune. Ora la chiave per disserrarne l'entrata è la intelligenza di quel linguaggio, in cui quel ricco patrimonio è contenuto; talmenteché chi mancasse di quello si troverebbe incapace di comunicare con l'età trapassata, sarebbe straniero ai grandi che per qualunque ra­mo del sapere umano �li entrarono innanzi e con le loro lucubrazioni gli spianarono ed agevolarono la via» .

1 G. CITTADELLA, Sugli studiifilosojici e letterari nello insegnamento secondario, Venezia, Tip. Antonelli, 1871 , p. 10.

2 D. PEZZI, La inchiesta sull'istruzione secondaria, in « Rivista di filogogia e d'istruzione classica» , II (1873-'74), p. 3 1 .

3 F . AMBROSI, Della necessità del latino come strumento di scienza e di italiana letteratu­ra, ibidem, VI (1877-'78), pp. 1 35-1 36.

Introduzione 47

La classicità, con i suoi insegnamenti, è poi qualcosa di profondamente insopprimibile e di irrinunciabile, è qualcosa che è oramai nella «natura so­ciale» . È forte « il convincimento, raccolto ed affermato dalla osservazione, che essa sia veramente la funzione necessaria di una legge naturale» . La scuola classica «è l'interprete fedele e reale di un processo biologico-stori­co » poiché in essa prevale <dl procedimento eminentemente sintetico » , ov­vero « quello stesso che contraddistingue tutte le grandi opere dell'ingegno e tutte le istituzioni, dal poema alla storia, dal sistema filosofico alla teoria scientifica, dall'ordinamento della famiglia a quello della costituzione dello Stato » . Per tale motivo, nel valutarne l'efficacia formativa, « non si dovrà tanto tener conto del numero delle cognizioni che vi si impartiscono e del loro uso pratico, quanto della loro qualità e misura per il grado di potenza che comunicano alle menti, per la velocità e pieghevolezza che loro impri­mono e che le rendono atte a spingersi per tante e nuove vie di progresso , 1 •

<<E la scuola classica raggiunge quest'alto effetto, perché operando essa in conformi­tà della legge dell'eredità fisiologica, contribuisce a fissare in ogni cervello e cellula di cervello i risultati del lavoro funzionale di tutte le precedenti generazioni. La qual legge è appunto quella che ci fa con tutta certezza ritenere, che a conservare la per­fezione delle nostre attitudini intellettive, dovuta al lavoro mentale proseguito in una stessa grande direzione per tanti secoli, niun'altra istituzione meglio provvede della Scuola classica; come quella che nel breve giro di pochi anni giovanili costringe le menti a percorrere i gradi stessi di quella secolare evoluzione per i quali passò d'u­na in un'altra età il pensiero umano, e conduce così l 'intelletto moderno a foggiarsi in tanta varietà di forme da far quasi sospettare che per quella difficile via ne siano state moltiplicate le funzioni iniziali » 2.

Ben consolidata, la modalità didattica e culturale non fu comunque sem­pre uguale a se stessa. E ciò benché le pratiche quotidiane dei professori, e le loro opzioni didattico-culturali, sovente avessero fatto inclinare lo studio in senso retorico o filologico o glottologico, oppure ancora avessero abban­donato, secondo le esortazioni carducciane, la pietà trecentista per attingere dalla vigorosità dei cinquecentisti il giusto spirito artistico e civile. Inoltre, anche attraverso circolari e decreti di modifica dei programmi l'asse cultura­le subì curvature più o meno rilevanti comunque non decisive dal punto di vista direzionale. Degni di menzione sono due fenomeni piuttosto impor-

1 F. POLETTI, La scuola classica nel processo biologico-stot·ico del pensiero, Udine, Tip. Gambierasi, 1888, p. 1 5 .

· 2 Ibidem. Sul primato pedagogico del classicismo cfr. , ancora fra i tanti, R. MATURI, Sulla

istruzione secondaria. Profusione, Napoli, Tip. Ghio, 1867; A. GHIVIZZANI, Dell'istruzione se­condaria, Roma, Tip. Civelli, 1 872; V. PAPA, Della necessità di rinvigorire gli studi classici nell'insegnamento delle scuole mezzane, in << Rivista di filologia e d'istruzione classica », IV (1875-'76), pp. 176-196; B. LANZELLOTTI, Gli studi di umanità e l'insegnamento secondario classico in Italia, Roma, Tip. Forzani, 1884. Sul più generale << senso comune classicistico», sul­la temperie classicistica dell'Ottocento cfr. Lo studio dell'antichità classica nell'Ottocento, a cura di P. TREVES, Milano-Napoli, Ricciardi, 1 962 e L'idea di Roma e la cuttm·a italiana del se­colo XIX, a cura di P. TREVES, Milano-Napoli, Ricciardi, 1 962.

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48 Fonti per la storia della scuola

tanti: uno è lo spirito antiscientistico che penalizzò la penetrazione didattica delle moderne scienze; l'altro è la crescita della funzione formativa della fi­losofia, che sarà consacrata con l'avvento dell'idealismo.

In questo torno di tempo, l'orientamento programmatico di volta in vol­ta messo in atto, così come tutto l'impianto dell'istruzione classica, si muo­ve nell'orbita disegnata dal cosiddetto modello tedesco a cui da sempre ave­vano guardato i legislatori e l ' intellighenzia accademica e letteraria della na­zione. Difficile era, infatti, trovare chi non pensasse che «quelli che dice­vansi programmi piemontesi, erano germanici, anzi prussiani» 1 .

I n un simile orizzonte formativo, l'aspetto antiscientistico è suffragato da una serie di incontestabili atti ministeriali tesi appunto alla salvaguardia del primato dell'insegnamento classico.· Nella relazione al re che motivava le sue modifiche ai programmi del 1 89 1 , il Villari ordinò con forza di «sempli­ficare» il programma delle materie scientifiche, « riducendolo entro i confini d'un insegnamento elementare, quali si conviene agli istituti di istruzione se­condaria classica» 2• E ciò perché, sotto la spinta di una inerzia e di una vul­gata positivistica, <dl programma d'alcune scienze è divenuto ampio e parti­colareggiato in modo da convenire piuttosto ad un insegnamento speciale d'università, che ad una scuola secondaria, la quale è per sua indole di cul­tura generale» 3.

E che le scienze non appartenessero alla cultura generale e che fosse ne­cessaria una loro «elementarizzazione» venne sostenuto e ribadito dal suo successore alla Minerva, dal Martini. Questi, nel 1893, preoccupato dalle ca­renze di apprendimento del latino non ebbe alcun dubbio nell'indicare la strategia di recupero. «Al male non c'è che un rimedio, dare allo studio del latino nel liceo quella capitale importanza, quella prevalenza su tutti gli al­tri, ch'esso, insieme con l'italiano, deve avere in un istituto classico » . Ma « accrescere l'orario del latino non si può : bisogna dunque che lo studio del­le altre discipline, specialmente delle scientifiche, ridottosi nei più stretti confini, occupi ben poco del tempo onde gli alunni dispongono per lo stu­dio delle lezioni in casa» 4 •

La domanda di ammodernamento culturale e di espansione disciplinare delle scienze nella scuola secondaria classica fu appena sufficientemente ap­pagata soltanto nel 19 1 1 , quando dal ministro Credaro venne riproposta l'i­stituzione, fallita un decennio prima, del «ginnasio-liceo moderno», corso di studi quinquennale, come sezione annessa al ginnasio-liceo tradizionale con il dichiarato scopo di accrescere lo studio delle lingue moderne e la for-

1 N. DEL VECCHIO, L 'istruzione in Italia, Napoli, Tip. Giannini, 1879, p. 2 . 2 Relazione a S. M., in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione » , 189 1 ,

p . 594. 3 Sui programmi delle Scuole secondarie classiche, ibid., 1892, p. 769. 4 « Lo studio del latino nei Ginnasi e nei Licei », circolare n. 1 14 del Ministero della pubblica

istruzione del 20 ottobre 1893, ibid. , 1893, p. 2042.

Introduzione 49

mazione scientinca degli scolari (da questo prenderà parzialmente corpo nel 1923 il liceo scientifico) .

Nell'istruzione classica, in poche e povere parole, non vi fu mai posto per la cultura scientifica, se non in forma decisamente subalterna e « servi­le » . Allo stesso modo, non grande fortuna ebbero le lingue straniere. Infatti, dopo che l'insegnamento della lingua francese fu reso obbligatorio dal Villa­d con la legge del 25 febbraio 1892, si pensò con concretezza di incremen­tare e diversificare le lingue straniere. Le speranze sembrarono concretizzar­si quando nel 1898 (r.d. del 3 novembre) furono istituiti per la prima volta in forma sperimentale i « licei moderni» a Roma, Firenze, Milano, Torino e Palermo e nei quali, pur mantenendosi il greco come disciplina obbligatoria, si insegnavano l'inglese e il tedesco e si prolungava lo studio del francese. Il tutto, però, si risolse in una bolla di sapone. I « licei moderni» ebbero una vi­ta effimera, in quanto furono soppressi a due anni dalla loro istituzione.

L'insegnamento che invece pian piano andò « crescendo », diversifican­dosi nelle modalità didattiche e valorizzandosi nelle finalità pedagogico-cul­turali, fu quello della filosofia. Infatti, da insegnamento quasi di sostegno e . di arricchimento del processo di « accumulazione conoscitiva» di stampo linguistico-letterario, esso con il tempo caratterizzerà tutto l'istituto classico ponendo un forte "suggello » di stampo idealistico.

Già nei programmi del 1889, emanati con r .d. del 24 settembre dal mini­stro Boselli, l'insegnamento della filosofia si apre una strada nuova. Pur non essendosi ancora espanso definitivamente e quindi pur sempre ristretto in perimetri angusti, ha però una più consistente struttura didattica e si apre un varco come canale privilegiato per la " conoscenza morale» , sia della mo­rale individuale che sociale. Dopo lo studio della «psicologia» e della « logi­ca» , ovvero dopo che in chiave positivistica ed empiristica si è fatta una illu­strazione descrittiva, classificatoria ed analitica dei fatti psichici fondamen­tali, e delle loro leggi empiriche (coscienza, sensazione, memoria, immagi­nazione, pensiero, sentimenti, tendenze, istinti, passioni, volontà), ed una esposizione sintetica delle più in valse «procedure logiche» delle varie scuole filosofiche, non disgiunta da quella della « teorica dell'induzione e del meto­do sperimentale» , tutto lo studio della filosofia deve concentrarsi sull' « eti­ca» , sulla parte della psicologia che si riferisce all'attività pratica. E qui le prescrizioni didattiche, oltre a farsi più precise, si fanno anche culturalmen­te più connotate.

La morale viene studiata in due dimensioni, " in ordine al soggetto " ed <dn ordine all'oggetto» . Nella prima si studia l'atto umano in generale, la co­scienza morale, gli abiti etici, le passioni, le virtù, il vizio, l'indole, il caratte­re, la responsabilità. Nella seconda, partendo dalla legge morale, dal bene e dalla obbligazione morale, l'attenzione insegnativa deve fermarsi sul fon­dante capitolo dell'esistenza umana dei diritti e doveri. Così, dallo studio

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so Fonti per la storia della scuola

dei diritti alla libertà personale, di proprietà e « domestici» , si passerà a quel­lo dei doveri religiosi, verso se stessi e verso gli altri, questi ultimi suddivisi in doveri di famiglia, sociali e civili. E proprio qui deve iniziare la giusta di­samina della nascita e del senso del concetto di Stato, di nazione, di governo ed in particolare della società civile e della costituzione politica del regno italiano.

Sotto la spinta di una profonda riflessione che parte dagli ambienti filoso-fici ed idealisti, la scuola classica è investita dall'urgente problema dato dal fallimento di una politica culturale italiana che era stata attivata per la «co­struzione della nazione» . I movimenti tellurici della politica italiana di fine se­colo, la comparsa di nuovi soggetti politici, hanno messo in luce la scarsa produttività ideologica del tradizionale classicismo, la �ua s�arsa t�nsio�e po� litica, giacché troppo affidamento si era fatto sulla diffuswne dt patnmom culturali erroneamente ritenuti nazionali e che con tante difficoltà attecchiva­no nel « senso comune» popolare. Occorreva in breve cambiare strada. La co­scienza di uomo e di cittadino, del miles civilis della nazione, diventava opi­nione comune, la si poteva ottenere sviluppando processi di conoscenza del proprio Io individuale e collettivo, che prevedevano non uno studio di socio­logia morale bensì una « discesa interiore» nelle forze vive e «�ere» che muo­vono l'uomo e la sua storia, ovvero lo spirito, idealisticamente mteso.

Ed è proprio lo spirito che, nell'ultimo scorcio dell'Ottocento, diventa il protagonista della progettualità scolastica. Essendo lo spirito, la sua coscien� za e la sua prassi, ritenuto il grande fattore della civiltà nazionale, non st può non ritenere indispensabile per le sorti del paese una adeguata form�­zione spirituale. Formazione questa che la si potrà avere soltanto con un n­generato e potenziato insegnamento della filosofia. Infatti,

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Giovanni Gentile pubblica il suo L'insegnamento della ftlosojta net ltcet (Palermo 1900), ricevendone un elevato consenso «politico », s�no m

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quelli che come lui pensano che la filosofia debba porre. una m��nce chtara

ed inequivocabile, il suggello più penetrante alla formazwne sptntuale delle nuove classi dirigenti che nel liceo completano il loro corso di studi secon­dario. Essendo altrettanto diffusa la convinzione che «l'ufficio» della scuola secondaria sia «una perfetta formazione dello spirito » \ è giuoco forza can­didare la filosofia a «disciplina» dello spirito, della crescita spirituale.

A proporre la filosofia come collante disciplinare e materia decisiva per le necessarie nuove finalità è, fra i tanti, anche il Croce che esorta in questa direzione poiché nel paese << si sente ora come un generale bisogno di risve­glio della meditazione filosofica» . Sono questi tempi in cui serve dare delle

1 G. GENTILE, L 'insegnamento della logica e la filosofia nei licei, in Educazione e scuola laica Firenze, Sansoni, 1988, p. 166 (Opere complete). Sulle prime rivendicazioni di una mag­giore

' estensione dell'irlsegnamento della filosofia con prospettive eticistiche cfr. A. LINAKER:

Dell'insegnamento della filosofia ne' licei, Firenze, Tip. Cellirli, 1 88 1 e L. VENTURINI, La cast detta Filosofia nei Licei, Arpino, Tip. Fraioli, 1900.

Introduzione 5 1

risposte ai problemi sociali ed economici. <<Il socialismo costringe ad esame critico di tutte le formule liberali con le quali i nostri padri credevano si po­tesse tirare innanzi all' infinito; e gli antiliberali e gli autoritari aiutano, a lor volta, quest'opera di critica» . La disciplina intellettuale che può dare rispo­ste critiche è soltanto la filosofia: è per questo motivo che essa <<va riacqui­stando il perduto dominio negli animi» . Ma affinché di questo processo pos­sano trarsi i benefici maggiori, occorre che la filosofia venga potenziata nel­la scuola e nel liceo in particolare, vincendo le anacronistiche resistenze <<da parte di alcuni di quei superstiti letterati dalle ideucce garbate, dalla stizzetta amabile e dalla linguetta arguta» . È essa, infatti, che << Con la logica, con l' eti­ca, con l'estetica e con le altre sue parti, adempie alla funzione di dar la co­scienza del pensiero in quanto intelletto e fantasia, della volontà in quanto volontà economica e morale, ossia la coscienza dello Spirito » 1 .

Con tale consapevolezza pedagogica deve per forza nascere una nuova prospettiva scolastica che parta, come diceva Gentile, << sempre dal principio che scopo della scuola media non è già quello di fornire lo spirito di cono­scenze, ma di formare esso lo spirito; che il suo ufficio è formativo, non in­formativo » 2• Se è questo << l'ufficio della scuola media classica» , continuava Gentile, << che cioè essa debba formare lo spirito ( . . . ) l' insegnamento della fi­losofia s'impone di necessità. Lo studio delle lingue senza quello delle scien­ze sarebbe difettoso; come difettoso sarebbe lo studio delle scienze senza quello delle lingue; ma difettosissimo è quello delle lingue e delle scienze senza quello della filosofia» . Questo perché, giova ripeterlo, « lo spirito umano è quello spirito che mira a svolgere e perfezionare le lingue e le scienze, in quanto prima di tutto è ciò che può svolgere e perfezionare la fi­losofia» 3 . In poche parole la << caratteristica propria della filosofia fra le scienze è questa: che dove le altre scienze hanno un oggetto distinto dallo spirito, essa ha·per oggetto lo stesso spirito, soggetto di tutte le scienze; di guisa che, dove le altre scienze sono il prodotto di un'attività transitiva, la filosofia è il prodotto di un'attività riflessiva. Le altre sono essenzialmente rappresentazione; la filosofia è essenzialmente coscienza, riflessione» 4 •

L'insegnamento della filosofia s i va quindi modificando in ragione delle nuove istanze, culturalmente idealistiche ed ideologicamente nazionalisti­che. Esso non consiste però in un esercizio teoretico: è quasi esclusivamente inteso come svolgimento della storia della filosofia, come storia dello spirito che ha il precipuo scopo di <<spiegare» culturalmente e legittimare politica­mente l'evoluzione storica del consesso civile e del nostro paese in specie 5 .

1 B . CROCE, L 'insegnamento della filosofia, in « Il Marzocco », 2 4 giu. 1900. 2 G. GENTILE, L'insegnamento della filosofia nei licei, in Difesa della filosofia, Firenze,

Sansoni, 1969, p. 1 30 (Opere complete). 3 Ibid. , p. 1 18. 4 Ibid. , p. 1 08. 5 Cfr. irl generale sulla storia della filosofia nell'istruzione classica V. TELMON, La filosofia

nei licei italiani, Firenze, La Nuova Italia, 1970, pp. 1 1- 1 1 1 .

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52 Fonti per la storia della scuola

11 progetto idealista, mosso dalla istanza di una « rivoluzione spirituale» attraverso una « rivoluzione pedagogica» , vuole anche sovvertire il declassa­mento e la dequalificazione delle strutture scolastiche classiche, ovvero del « luogo» privilegiato della formazione spirituale.

La critica verso i ginnasi ed i licei è a cavallo fra i due secoli feroce e per­sistente . Tutti rilevano che la scuola classica, la quale «per la sua natura do­vrebbe essere una scuola di cultura intellettuale, della più solida e più eleva­ta a cui sia possibile condurre le menti ben disposte nell'età giovanile » , è in realtà diventata «un mezzo per far carriera, di aprirsi la via agli impieghi e all'esercizio delle professioni così dette liberali» . Nata e destinata per essere la scuola dei pochi, è divenuta la scuola di tutti. Nella sua trasformazione funzionale si è vista alterare la sua natura culturale e contenutistica. «L 'es­senziale per la maggior parte di quelli che la frequentano, come per le loro famiglie, non è di studiare il latino o il greco o la matematica e nemmeno la letteratura italiana e di raccogliere i frutti educativi di tutti questi studii; ma è di avere un giorno o l'altro nelle mani quel famoso pezzo di carta che apre le vie all'avvenire» . In simile contesto è chiaro che << la cultura diventa un elemento secondario, l'essenziale è il certificato» 1 .

Se questa è una causa esogena, che nasce negli atteggiamenti e nelle mo­dalità di fruizione degli utenti, un'altra causa endogena, benché correlata, è da individuare nella inconsistenza curricolare e didattica della scuola classi­ca. Anche in questo caso non le mancano critiche feroci, che al di là di vizi parossistici e acclarati, comunque snidano realtà spesso volutamente occul­tate. A muovere accuse pesanti è « Il Marzocco » per il quale « è incontestabi­le » e giusta la denuncia rivolta a quell'invalso costume scolastico per cui «Si pigliano dei ragazzi, s 'inzeppano per 8 o 10 anni di latino, di greco, di sto­ria, di scienza e di filosofia, ed alla fine se erano cretini quando cominciaro­no, sono tali sempre e a cento doppi più; e se non erano, sono diventati; e sono diventati cretini non solo ma presuntuosi, vanesi, scioperati e impo­tenti» .

A monte di questo deprecabile, ma diffuso fenomeno, c'è, secondo « <l Marzocco» , quello che si può chiamare « l'avvento più o meno universale della democrazia» , che ha dato origine alla scolarizzazione esasperata ed ha messo in crisi, forse definitiva, il senso profondo dell'opera dell'istruzione classica. «Una disciplina perfetta dello spirito, la formazione di un alto ca­rattere e di un gusto perfetto sono cose prettamente aristocratiche: come ta­li non possono essere riservate che a pochissimi quos aequus amavit Iuppi­ter» . È per tale motivo che, in un mondo pervaso dall'utilitarismo, dall'arri­vismo, dai facili guadagni, <dl greco e il latino non possono formare oggetto di studio se non per parte di un'eletta che abbia le condizioni necessarie di potenza economica e morale e intellettuale che le consenta di fare degli stu­di che sono perfettamente deliziosi e salutari appunto perché sono perfetta-

1 G. MELLI, Cose di scuola, in « Il Marzocco », 1 2 ago. 1900.

Introduzione 53

mente inutili dal punto di vista pratico » . In sostanza non sono conciliabili « folla e aristocrazia» . Secondo la «fisica sociale» , « nelle scuole come in tan­te altre cose di questo mondo, la quantità è sempre a scapito della qualità. A misura che la scuola si democratizza, il numero degli scolari s 'innalza e la qualità loro s 'abbassa» . In definitiva, la scuola classica non può essere per tutti, per « la folla di mascalzoncelli che faranno ressa e si pigieranno com'a­ringhe mal salate sui banchi scolastici per istrappare bene o male o più male che bene un po' di diploma, un po' di licenza, , per concorrere agli impieghi pubblici ed ingrossare la già cospicua fascia di parassitismo, che è diventato « l' ideale più alto di questi anemici roditori che si affollano nelle scuole» per poi affollarsi « nei dicasteri e negli uffici pubblici dove avranno il diritto di non far nulla e di mangiare qualcosa» 1 .

L a scelta che s i poneva era quindi quella di scegliere fra la «Soppressio­ne» della scuola classica e la sua riconversione elitaria, aristocratica. Preval­se ovviamente la seconda opzione.

Così, assieme alla centralità dell'insegnamento della filosofia, nuova frontiera della formazione giovanile, con !'«avanzata» della pedagogia idea­listica che riuscì a convogliare le mille rivendicazioni di una migliore presta­zione della scuola ginnasiale e liceale, si assiste anche ad una lenta ma inar­restabile riconversione delle finalità di tutta l'impalcatura didattica dell'i­struzione classica, che raggiungerà la sua acme con la riforma Gentile del 1923. E questa, quando arriverà, troverà un terreno scolastico alquanto dis­sodato. Infatti, nel 1920, in talune istruzioni ministeriali del Baccelli, si po­teva leggere che nell'opera scolastica bisogna puntare dritto alle « leggi dello sviluppo dell'alunno, che è spirito concreto, vivo, espansivo, vibrante» 2 , leggi che altro non sono che quelle spirituali. In tal modo, tutto il classici­smo scolastico deve essere convertito nelle sue funzionalità didattico-peda­gogiche allo svolgimento dell'autoconoscenza e del dispiegamento dello spi­rito dell'alunno. Lo studio delle lingue e letterature classiche deve far rivive­re e palpitare l' « anima dell'antichità» , perché ciò precede e prepara allo studio della lingua nazionale che alla fine, fuori da ogni mira retorica e stili­stica, deve interpretare l'anima nazionale ed alla fine permettere l' educazio­ne di coloro i quali « comporranno» il corpo spirituale della nazione. Alla realizzazione di un simile progetto concorre in modo decisivo la storia, la quale, filosoficamente rivisitata, si propone « la educazione civile e politica dei giovani, il loro addestramento a riprodurre in sé medesimi, per virtù d'astrazione, il processo storico della civiltà» 3.

1 TH. NEAL, Democrazia e latino, ibid., 3 apr. 1898. 2 «l nuovi programmi per il ginnasio-liceo classico e per il ginnasio-liceo moderno », circo­

lare n. 16 del Ministero della pubblica istruzione del 20 febbraio 1 920, in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione », 1920, p. 2 9 1 .

3 «R. d. 29 gennaio 1920, n . 1 5 0 , che approva gli orari e d i programmi d i insegnamento per i ginnasi e i licei nonché per le sezioni di ginnasi e licei moderni » , ibid., 1920, supplemen­to al n. 28, p. 57.

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54 Fonti per la storia della scuola

Quella sopra è l'humus culturale e pedagogico che aspirava, come amava dire Benedetto Croce, al «vital nutrimento di cultura» , e su cui si edificherà l'istruzione classica gentiliana. Con il noto decreto n. 2345 del 14 ottobre 1923, Gentile «proclama>> il liceo-ginnasio «Un istituto di cultura umanisti­co-storica», il quale «prepara agli alti uffici della vita civile, alle professioni libere, alla vita politica, prepara da lontano, preparando l'uomo: l'uomo morale, che è a suo posto nella Storia, e perciò sa il travaglio faticoso dell'u­manità dalla spelonca in cui visse selvaggio a quella civiltà che non consiste nei perfezionamenti tecnici così appariscenti nella nostra vita moderna, fino al punto di apparire fini e non mezzi, ma consiste nella più profonda comu­nione di animi, nel più profondo senso della libertà e del dovere umano, nella più profonda coscienza della propria personalità» .

Scolarizzazione, produttività didattica, fatti e fenomeni scolastici

Nell'Italia appena formatasi, tutte le persone più avvedute, così come gli spiriti e gli ingegni più eletti del paese, fecero a gara ad esortare le nuove ge­nerazioni a frequentare gli istituti d' istruzione classica. Chiaro e necessario a tutti fu l' importanza della formazione di quel ceto medio « istruito» nelle ar­ti liberali in grado di fare ben svolgere ed in modo indolore l' integrazione e l' assimilazione culturale delle genti della penisola, offrendo innanzitutto l' indispensabile <<senso comune ideologico» assieme a talune abilità profes­sionali. Così, negli anni Sessanta i quasi 23 mila studenti ginnasiali ed i quasi 5 mila studenti liceali erano ritenuti un contingente esiguo alla bisogna so­ciale e politica.

Negli anni Novanta quando gli uni erano arrivati quasi a 60 mila e gli al­tri a 16 mila, per poi crescere costantemente (ad esclusione degli anni belli­ci) fino a raggiungere nei primi anni Venti del ventesimo secolo, rispettiva­mente, le 75 mila e le 20 mila unità, si sviluppò quell' allarme politico e cul­turale, di cui abbiamo già detto, dovuto alla massa di << spostati» che veniva licenziata dagli istituti secondari e classici in particolare. In breve, si ritenne che l' eccessivo studio di un numero esorbitante di soggetti sociali , costretti alla disoccupazione ed al «vagabondaggio» sociale ed occupazionale, fru­strati nell' aspirazione all' ascesa sociale, potesse alterare il << senno» politico delle classi medie e gettare le stesse nelle braccia del sovversivismo socia­lista.

A fronte di queste preoccupazioni, a dire il vero, non c'era il pur consi­derevole rilievo statistico nudo e crudo quanto la modalità e le motivazioni dell' incremento della scolarità. Aristide Gabelli nel 1888 ha già individuato « la ragione ultima del malessere» del ginnasio-liceo nel fatto che « l' indole dell' istruzione classica non si accorda con quella del tempo.

L ' istruzione classica - egli affermava - è di natura sua aristocratica, e. il

Introduzione 55

tempo è democratico » 1• Ovvero la potenziale e tendenziale universalizza­zione dell' istruzione non si accorda con le finalità proprie dell' istruzione classica che è di per sé elitaria, e quindi non può andare incontro alle ambi­zioni sociali delle classi inferiori che non sono mai « compenetrate» dagli ideali etici di chi deve essere di esempio e di guida. << il figlio del pizzicagno­lo vuol fare il medico, quello del falegname si avvia a diventare avvocato, quello del calzolaio sarà ingegnere. È un bene, se hanno volontà e ingegno che basti. Ma pur troppo nella maggior parte dei casi questo spostamento di condizioni è una difficoltà di più per la scuola. Il calzolaio, il pizzicagnolo, il falegname, e con questi tanti altri, che non ebbero a fare coi libri, non inten­dono degli studi se non l' utilità diretta e immediata. Ciò che loro sta a cuo­re è il grado accademico, perché apre la porta alla professione e rende pa­ne» 2 .

L' opinione del Gabelli, molto condivisa fra l' altro, fu uno dei segnali più appariscenti della generale insoddisfazione che regnò per tutto il sessan­tennio liberale. Le grandi aspirazioni che si nutrirono sul ruolo e sull' effica­cia formativa dell' istruzione classica all' indomani dell' unità, e negli anni successivi, vennero tradite in malo modo. Già nel 1862, unanime è il rico­noscimento di << come l' insegnamento secondario in Italia sia pur troppo in­sufficiente a ben preparare agli studi superiori e ad assicurare quel grado co­mune e possibilmente elevato di cultura generale a cui è necessario che giunga una nazione per compiere in modo degno e durevole la sua unità po­litica e il suo risorgimento » 3 .

Come causa più incidente viene indicata quella relativa alla mancanza di competenze per l'insegnamento. Infatti, i nuovi professori, che presero il posto dei religiosi, scriveva Carlo Matteucci, benché <dn generale ottimi per la rettitudine delle intenzioni, per l' amore alla gioventù e per il loro pa­triottismo, non tutti si trovarono abbastanza esperti nell' arte dell' insegnare e in quella anche più difficile dell' educare; onde avvenne che alcuni troppo concedessero a quello spirito di libertà da cui gli animi erano agitati, e più che non s' addicesse ai giovanetti dei quali rileva formare anzitutto il carat­tere col rispetto alla verità, coll' esercizio dei propri doveri, e non già come un sistematico disprezzo per tutto ciò che sia antico o ricordi comunque il principio dell' autorità» 4 .

1 A. GABELLI, L'istruzione classica . . . cit . , pp. 668-669 . 2 Ibid., p. 669. Sul tema della scolarizzazione eccessiva, della disoccupazione intellettuale,

sui pericoli derivanti dagli « Spostati » improvvidamente istruiti cfr. M. BARBAGLI, Disoccupazio­ne intellettuale e sistema scolastico in Italia, Bologna, Il Mulino, 1974.

3 C. MATTEUCCI, Raccolta di scritti varii intorno all'istruzione pubblica, II, Prato, Tip. Al­berghetti, 1867, p . 83.

4 Ibid. , p. 85 . Sullo status, sulla professionalità e sulla generale storia dell'insegnante ginna­siale-liceale cfr. in particolare V. FIORINI, Applicazione delle leggi 8 aprile 1906, nn. 141-142 sullo stato giuridico sugli stipendi e sulla carriera degli insegnanti delle scuole medie, Roma, Tip. Cecchini, 1907, ed in generale, per tutti, A. SANTONI RUGIU, Il professore nella scuola ita-

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56 Fonti per la storia della scuola

Alle difficoltà didattiche andavano ad aggiungersi le mancanze di con­dizioni indispensabili per condurre lo svolgimento degli insegnamenti . L' ispettore generale Bertoldi ricordava che, alla luce dell' inchiesta del 1864, << in alcuni luoghi mancava affatto il casamento, essendosi destinati ad altro uso quelli che prima servivano a tal uopo; in altri locali non erano ab­bastanza adatti, sforniti molti degli arredi necessarj , e pericolosi non di ra­do, se si avesse dovuto collocare le macchine e tutto il corredo scientifico e la somma cura per la conservazione» 1 . Corredo, comunque, che non esiste­va se non in quantità ridottissime in alcuni licei. Inoltre, tentativi di ordine didattico e strutturale, di organizzazione e di gestione, pur meritevoli, intra­presi per migliorare la palesemente deficitaria opera dell' insegnamento classico andarono incontro a scarso successo poiché i precedenti regimi le­gislativi assai diversi fra loro, in un modo o in un altro, rimasero in vigore, al punto che « l' estensione dei programmi e distribuzione delle materie in sé medesime rispetto ai professori che dovevano insegnarle, e l' amministra­zione stessa furono in modo diverse determinate» 2•

Malgrado ciò, lentamente il ginnasio-liceo governativo prese a crescere e a migliorare le sue prestazioni. Infatti, come risulta dalle descrizioni condot­te dal 1869 al 1880 i locali sono meno disagevoli di prima, più numerosi so­no gli arredi e i corredi didattico-scientifici, la vita e la disciplina all' interno degli istituti sono più accettabili. Crebbero naturalmente le strutture che an­davano ospitando un numero sempre maggiore di studenti 3 .

I licei che nel 1861-'62 accoglievano appena 3 mila studenti, nel 1880 ne ospitavano il doppio; all' incirca la stessa cosa dicasi per i ginnasi che, per i medesimi anni da quasi 7 mila vanno a superare le 12 mila.

In totale, nel corso dei primi venti anni di vita, i ginnasi vedranno la fre­quenza complessiva di quasi 180 mila studenti, mentre quella nei licei sarà intorno alle 85 mila unità. Il successo scolastico e le licenze si hanno sempre in una quota costante e con una media oscillante di pochi punti. Infatti, il successo scolastico per i ginnasi è complessivamente, nei due decenni presi in considerazione, del 7 1 % e per i licei del 70% 4.

I detti miglioramenti, comunque, non furono mai generali ed estesi, in quanto il Sud era sempre in una condizione di inferiorità; e non significaro-

tiana, Firenze, La Nuova Italia, 1 973 e G. GENOVESI, I professori, in La scuola secondaria in Italia (1859-1977) . . . cit . , pp. 3 1-87.

1 G. BERTOLDI, Notizie intorno alle scuole secondarie classiche, in Sulle condizioni della pubblica istruzione nel Regno d'Italia. Relazione generale presentata al ministro dal Consi­glio Superiore di Torino, Milano, Stamperia Reale, 1865, p. 371 .

2 lbid. , p . 372. Sui più generali aspetti della scuola secondaria dei primi anni postunitari cfr. inoltre ed in particolare G. TALAMO, La scuola dalla legge Casati alla inchiesta de/ 1864, Milano, Giuffré, 1960.

3 Notizie sommarie sulle ispezioni eseguite nei regi licei e ginnasi dal 1869 al 1880, in Sull'istruzione classica nel regno d'Italia . . . cit . , pp. 5 3-72.

4 Alunni iscritti, esaminati e promossi nell'ultimo ventennio, ibid. , pp. 4 1 1-419.

Introduzione 57

no mai il raggiungimento di livelli se non ottimali quanto meno soddisfacen­ti. Difatti, sul finire degli anni Sessanta, dalle ispezioni condotte risulta una casistica piuttosto variegata e preoccupante.

In Emilia, « generalmente la condizione degli studi classici ( . . . ) è assai mi­sera. Non vi mancano dotti ed abili insegnanti, ma un complesso di circo­stanze ne rende l' opera infruttuosa. Fiacchezza di volontà nella massima parte de' giovani, insufficiente preparazione agli studi liceali portata dall' in­segnamento privato, dai seminari e dai ginnasi municipali, quasi tutti male ordinati» 1 . In Lombardia l' istruzione classica soffre moltissimo « la propaga­zione delle scuole tecniche» , e quasi specularmente nei ginnasi e licei « l' in­segnamento non ha eguale efficacia in tutte le materie» , poiché <dl profitto è più largo nelle scienze di osservazioni e nelle matematiche che nelle lette­re» 2. In Piemonte l' istituzione classica è «più formale che sostanziosa, ge­neralmente co' vecchi sistemi» . Qui, come del resto anche altrove, «vi sono de' professori ottimi o buoni, ma più nelle scienze che nelle lettere», e di lo­ro, il «maggior numero difetta non tanto di dottrina, quanto di buon meto­do e di buon valore» 3. In Liguria l' insegnamento « ginnasiale è scadente da per tutto » ed in esso «fu notata ( . . . ) la cattiva scelta de' testi scolastici» 4 • Nelle Marche e nell' Umbria, invece, «meschinissimo è lo stato dell' istruzio­ne liceale» 5 .

Nelle regioni meridionali la situazione è complessivamente più deficita­ria. In Sicilia, « l' istruzione, in genere, non corrisponde alle cure dello Stato. Ove più ave meno è rilassata la disciplina, inefficace, nel complesso, l' inse­gnamento anche ne' licei forniti di esperti professori. De' vari insegnamenti il meno proficuo è quello dell' italiano, il cui studio trova forse ostacolo nell' uso generale del dialetto anche nelle classi colte. Lo studio del latino e del greco fatto per lo più co' vecchi metodi non frutta più che altrove» 6 .

Nelle province napoletane il grande nemico dell' istruzione classica, e di quella governativa in particolare, è la scuola privata. « <n Napoli principal­mente, è largamente diffuso l' insegnamento privato, non serio , non ordina­to, non coscenzioso, non generoso negli intenti come l' antico fino al 1848, ma unicamente diretto ad alleviare ai giovani il peso degli esami, il maggio­re» 7 .

L' insegnamento privato non era comunque diffuso soltanto a Napoli. Torino, in particolare, Firenze e tante altre città italiane ospitavano un nu-

1 Sunto di una relazione generale sulla istruzione secondaria classica negli istituti gover-nativi, in seguito ad ispezioni eseguite negli anni 1867 e 1868, ibid., p. 46.

2 lbid. , pp. 45-46. 3 lbid. , p. 45. 4 Ibidem. 5 Ibid. , p. 47. 6 lbid. , p. 48. 7 Ibidem.

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58 Fonti per la storia della scuola

mero ragguardevole di istituti privati d'istruzione classica. In essi, però, la qualità dell'insegnamento fu sempre modesta, anzi spesso palesemente in­sufficiente. In quel torno di tempo, in occasione degli esami, puntualmente emerge « l' inferiorità di cultura dei giovani provenienti dall'istruzione priva­ta o paterna al confronto di quelli che hanno fatto tirocinio scolastico nei li­cei governativi» 1 • E non può essere diversamente, giacché a fronte dei po­chi istituti educativi degni di tale nome ve ne sono «moltissimi che dell' in­segnamento fanno mercimonio, presentando agli esami giovani senza studi, e difendendo poi nelle commissioni con ogni artifizio ed anche colla violen­za le loro misere prove, pur di strappare ai commissari compiacenti o timidi la licenza liceale, che è il pernio del loro traffico con le credule famiglie » 2 • Ad alimentare il canale dell' istruzione privata, e nel contempo a dequalifi­care l' insegnamento sia pubblico che privato, concorrono pure quei profes­sori governativi che costretti da necessità economiche prestano la loro ope­ra presso le scuole private e vivono con inevitabile scarso rendimento pro­fessionale a mezzo servizio di qua e di là.

Il livello dell' istruzione privata prende ulteriormente corpo quando si osservano le percentuali annuali dei suoi licenziati che sono stati negli anni Sessanta, Settanta ed Ottanta inferiori mediamente di 30 punti rispetto a quelle dei governativi.

Il rendimento complessivo degli studenti liceali non era comunque sod­disfacente. Il loro successo scolastico non raggiunse mai vette elevate, seb­bene altrettanto raramente vi sia stata uniformità e linearità negli andamenti d' esame. Nel corso della sessione estiva, la prima, dal 1867, quando si ave� va il 44,92% di promossi, si pervenne al 1873 quando quest'ultimi rappre­sentavano il 74,47 % . La crescita non fu costante né progressiva, e si realiz­zò a sbalzi. Negli anni successivi le cose non cambiarono di molto e, sempre con salti, la media si stabilizzò, approssimativamente, intorno al 60% . Me­dia questa che a sua volta si ingrossava di 10-15 punti per il recupero della sessione autunnale di riparazione.

Le discipline in cui si registrava il più basso numero di promossi e licen­ziati erano in ordine la matematica, il latino ed il greco. Le meno ardue da superare erano invece la storia, la filosofia e l' italiano.

Benché non mancassero voci critiche, certamente isolate, che si diceva­no ben soddisfatte di quanto faceva il ginnasio-liceo 3, le condizioni della scuola classica erano unanimamente ritenute insoddisfacenti. Come scriveva Tabarrini, nella annuale relazione della Giunta centrale sugli esami di licenza del 1882, ogni anno « le stesse censure e gli stessi lamenti si ripetono quasi

1 Relazione della Giunta Superiore sopra gli esami di licenza liceale per l'anno scolasti­co 1 883-84, in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione », 1885, p.458.

2 Ibidem. 3 Cfr. ILOXÀ, Di alcune relazioni generali concernenti l'istruzione classica secondaria,

Milano, Tip. Della «Perseveranza,, 1 888.

Introduzione 59

con identiche parole: l' italiano è manchevole, il latino fiacco, il greco in­compiuto, e la matematica mal rispondente al suo fine» . Così, a popolare le scuole classiche è <<una turba di mediocri» , che, <<dopo aver consumato otto anni nello studio delle lettere, esce dal liceo mal sapendo scrivere un perio­do della lingua nazionale, non diremo con eleganza, ma senza neologismi; che del latino mostra d' ignorare anche la grammatica; e che risolve un pro­blema di matematica senza deduzione di ragionamento, 1 • Quali le ragioni di tanti mali? Secondo Tabarrini è da escludere che i responsabili primi siano i professori, in quanto << il personale insegnante non si recluta più tra la gente che non ha né arte né parte, come si fece nei primi anni del nostro ordina­mento scolastico» 2• Sulla scorta di quanto affermano i professori di liceo, Tabarrini è propenso a ritenere che siano deficitari gli studi inferiori, per il fatto che <dl ginnasio manda al liceo giovani mai preparati, ed assolutamente mancanti dei fondamenti letterari indispensabili a poter trarre profitto dall' insegnamento liceale» 3 . È questo un deficit difficilmente recuperabile. 01-tretutto, l' intera organizzazione didattica non favorisce i recuperi; anzi essa spesso finisce con il penalizzare e vanificare tante potenziali risorse di ap­prendimento. Nella grande parte del corpo docente <<non difetta il sapere ed anche la buona volontà, ma difetta sicuramente il metodo e l ' arte dell' inse­gnare» . E qui sta una ragione dello << scadimento degli studi nei licei» . Ben­ché migliorati, e deontologicamente irreprensibili, molti insegnanti nello svolgere il loro lavoro denotano un sorta di << intemperanza, didattica. <<Po­chi sanno contenersi nei limiti del programma loro assegnato; i più lo esten­dono senza rispetto agli altri insegnamenti» . In tutto il regno << ci sono dei li­cei dove l' insegnamento scientifico sovverte il letterario, altri dove gli ele­menti di una scienza sono convertiti nella più ampia esposizione della scien­za medesima». E come se non bastasse, << altro abuso è pur quello dei profes­sori che non hanno, o meglio non seguono un libro di testo, ma costringono gli scolari a scrivere le lezioni sopra note semistenografiche prese nella scuola» . Alla fine, << tra la molteplicità delle materie, l' estensione abusiva dei programmi e la mancanza di libri di testo, lo scolaro dei nostri licei, conclu­deva Tabarrini, è oppresso da un lavoro eccessivo, in gran parte materiale, che occupa tutto il tempo lasciato libero dalle lezioni, senza dargli agio di pensare, di riflettere da sé, di fare qualche lettura per conto suo, di acquista­re cognizioni utili oltre il cerchio della scuola» 4•

1 Relazione della Giunta centrale sugli esami di licenza liceale del 1882, in "Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione », 1883, p. 264.

2 Ibid. , p. 265. 3 Ibidem. 4 Ibid. , p. 266. Sulla qualità dell'insegnamento classico, sul rendimento didattico e sul suc­

cesso scolastico complessivo e disciplinare cfr. le relazioni annuali della Giunta esaminatrice per la licenza liceale che a partire dal 1867-'68 si trovano in Sull'istruzione classica nel regno d'Italia . . . cit . , e che dal 1874 in poi e fino a metà anni Novanta si trovano nel «Bollettino uffi­ciale del Ministero della pubblica istruzione ». Notizie particolareggiate anche se non annuali sui

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60 Fonti per la storia della scuola

Il rendimento degli studi classici, la loro qualità, le loro vistose e signifi­cative difformità, la natura del servizio ed il grado di soddisfazione della do­manda sociale, erano comunque fortemente dipendenti dalla condizione istituzionale ove avevano luogo, ovvero ancora dall' articolato dispositivo istituzionale ad essi adibito. Ed il tessuto istituzionale, come appare dai commenti del Gabelli ad un' ampia ricogliizione nel 1882, si presenta con singolarità e specificità di grande rilievo.

Dei ginnasi italiani, che sono complessivamente 728, solo 1 14 (16%) so­no governativi, mentre tutti gli altri sono o vescovili, o privati, o di fonda­zioni, oppure comunali. La loro distribuzione nel territorio nazionale non è però uniforme, tutt' altro! Se si considerano rispetto alla popolazione si ha un ginnasio per ogni 250 mila abitanti. La media non è certamente disprez­zabile. Disaggregando i dati, ci si accorge però che i ginnasi sono distribuiti «capricciosamente» . Infatti, in alcuni « luoghi superano grandemente il biso­gno », mentre in altri « non bastano a sopperirvi» . In Sicilia, che ne ha 28, si ha un ginnasio ogni 104 mila abitanti, in Piemonte, che ne ha 22, uno ogni 139 mila. Le Puglie, che ne annoverano 3, ne hanno uno ogni 530 mila, l' Emilia, con 2, ne ha uno per un milione e cento mila.

Ove mancano gli istituti governativi, naturalmente crescono i privati in genere. In Toscana ai 3 statali si abbinano 50 di altro status; in Emilia di questi ultimi ne operano 56, e nelle Marche 44, dove di governativo ce n' è uno solo.

Migliore, ma non di molto, la situazione dei licei. Fra questi i governativi sono il 24% , 84 contro 245 . Rispetto ai ginnasi « sono ripartiti fra le regioni molto meno disugualmente>>, « non sono di qua addensati, di là sparsi a di­stanze sterminate, e possono soddisfare assai meglio al bisogno delle popo­lazioni» 1 •

Le regioni che, al di là della natura giuridica della scuola, dispongono del migliore apparato istituzionale per l' istruzione classica sono alcune regioni centrali: Marche ed Umbria, seguite dal Lazio e dalla Campania. Ad un livel­lo inferiore si collocano le regioni settentrionali, mentre al più basso le altre meridionali ed insulari, insieme al Veneto.

Complessivamente nei ginnasi l' utenza nell' anno scolastico 1881-'82 è di 42 .81 1 unità, rappresentata dal 32% di iscritti nei governativi, dal 1 5 % nei pareggiati e dal rimanente 5 3 % nei privati non pareggiati.

Nei licei l' utenza è di molto inferiore, essendo di 12 .390 unità. Essa per

profitti disciplinari, proposte di riforma tecnica, analisi pedagogiche ed istituzionali sull'istru­zione classica negli anni Ottanta si trovano in Sull'istruzione secondaria classica. Notizie e do­cumenti presentati al Parlamento nazionale dal ministro della pubblica istruzione Paolo Boselli, Roma, Tip. Sinimberghi, 1899.

1 A. GABELLI, Sulla statistica dell'istruzione secondaria per l'anno scolastico 1881-'82, in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione », 1884, p . 590.

Introduzione 61

i l 54% è iscritta nei governativi, per il 9% nei pareggiati ed il residuo 37% nei privati non pareggiati 1 •

Il rapporto inverso che s i aveva fra i frequentanti nei vari tipi d i istituti è attribuito al fatto « che molti alunni cominciano bensì gli studi del ginnasio più vicino, più comodo e più a buon mercato, qualunque sia, ma poi a poco a poco, e segnatamente al principio degli studi liceali, passano nei licei go­vernativi» . Gli iscritti ai licei, più radi nel territorio, diminuiscono anche perché «quelli che progrediscono (negli studi) appartengono di regola alle famiglie più colte e più agiate, e più in grado di cercare l' istruzione buona dov' è anche se più lontana, mentre la maggior parte degli altri si sbanda e si perde lungo la via» 2•

Il tasso di scolarizzazione classica che scaturisce dal rapporto fra gli alun­ni iscritti su 10 mila abitanti, non è conforme in tutte le regioni. Quella che ha il tasso più alto è la Liguria (ginnasi 27,97 e licei 8,70), seguita dalla Cam­pania (2 1 ,43 e 7 ,84) e dal Lazio (19,46 e 5 ,70). Le altre, Sardegna, Piemonte, Marche, Umbria, Toscana, Emilia, Puglie, Sicilia, Lombardia, Calabrie, Vene­to, seguono nell' ordine con differenze minime di decimi o mezzi punti (Ve­neto 10,25 e 2 ,93). A chiudere la graduatoria sono sempre Basilicata (8 ,71 e 1 ,89) ed Abruzzi (8 ,61 e 1 ,89) 3 .

Complessivamente l'istruzione classica serve una utenza doppia rispetto a quella che viene servita dall' istruzione tecnica. Infatti, sempre in rapporto a 10 mila abitanti, quelli che frequentano il ginnasio sono 15 ,04, il liceo 4 ,35 , le scuole tecniche 8,37 e gli istituti tecnici 2,56. La maggiore o minore densità scolare classica e tecnica è sempre in parallelo . Infatti, osserva Ga­belli, « ognuno crederebbe che l' istruzione classica e la tecnica si compen­sassero, che cioè dove ci sono più alunni di scuole classiche, ce ne fossero meno nelle tecniche e al contrario . E in vero qualche volta, come per esem­pio in Lombardia, è così. Ma il più delle volte dove è maggiore il concorso a uno dei due rami, ivi stesso è maggiore anche il numero di quelli che si vol­gono all' altro, il che vorrebbe dire che dove più è generale l' abitudine di frequentare le scuole si frequentano tutte e si studia ogni cosa. Così è della Liguria operosissima in ogni parte dell' attività umana» 4 •

La scolarizzazione, ritenuta con il passare degli anni eccessiva, fu co­munque ben presto, e come abbiamo già visto, indicata come un fattore d'incrinatura della solidità culturale e della funzione politica dell' istruzione classica. Opinione comune, con riscontro nella realtà economica, era quella che rilevava che non ci fosse «proporzione» fra « il lavoro delle professioni» che « non cresce» ed « il numero di quelli che vi si preparano » . In buona so­stanza, la scuola classica «prepara allo Stato una quantità di medici senza

l lbid. , pp. 596-597. 2 lbid. , p. 597. 3 lbid. , p. 598. 4 Ibid., p. 599.

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62 Fonti per la storia della scuola

ammalati, di avvocati senza cause, di ingegneri senza ponti da costruire» . In tal modo essa crea, «nella disoccupazione e nel disinganno di tanta gente costretta a discendere dal grado cui era salita, una fonte perenne di morbosa inquietudine e di malcontento » 1 •

Ad alimentare il rischio che l ' istruzione classica potesse stravolgere e perdere definitivamente le sue antiche finalità concorsero anche due ten­denze <drrefrenabili» inerenti ai costumi didattico-pedagogici, e precisamen­te alla formazione culturale degli scolari. Prima: la dispersione di una consi­stente «moralità» che informava i comportamenti apprenditivi degli alunni, che prima erano sempre ben << educati a sentimenti buoni» 2• Seconda: la << fu­nesta» inclinazione <<a toccare spropositando le questioni politiche» che di­venta una invalsa e quotidiana abitudine. Infatti, frequentemente è facile os­servare gli scolari <dmpelegarsi nelle dispute del trasformismo, del suffragio universale, dei radicali e dei moderati, che sono i temi più volgari della poli­tica» , e così permettere l' accesso al <<falso spirito di polemica politica», ai << clamori delle parti » e turbare << l' ambiente tranquillo e sereno, nel quale soltanto può essere educativo e fruttuoso l' insegnamento» 3 .

Certamente questi erano i segnali più appariscenti del mutamento dei tempi. I segnali, cioè, di una certa inadeguatezza cronica dell' istituzione scolastica classica al raggiungimento degli obiettivi statutariamente prefissa­ti, che si esplicitava nella sua improduttività pedagogico-culturale e nella in­congruenza con il mondo reale fatto di domanda di lavoro e di nuova sog­gettività scolare.

Negli anni successivi, l' andamento dell' istruzione classica non ebbe sus­sulti di rilievo. Miglioramenti ve ne furono, ma non furono tali da elevarne il tono complessivo 4. E fu proprio il suo sostanziale immobilismo ad indur­re al << gran lavoro di riforma» che si registrò, come vedremo, nel primo de­cennio del XX secolo.

A rilevare ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, la condizio­ne di insufficienza dell' istruzione classica, a redigerne i cahiers des dolèan­ces, fu l' attività istruttoria della reale commissione del 1905 istituita per il riordinamento complessivo dell' ordinamento secondario . Infatti, tutti i gin­nasi ed i licei del regno furono chiamati a rispondere ad un questionario che voleva acclarare in modo definitivo quelle che secondo il << senso comune»

l Ibid. , p. 601 . 2 Relazione della Giunta centrale sugli esami di licenza liceale del 1882 . . . cit . , p . 264. 3 Relazione della Giunta centrale sugli esami di licenza liceale dell'anno 1883, in « Bol­

lettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione », 1884, p. 204. 4 Relativamente ai cambiamenti e ai lievi miglioramenti successivi agli anni Ottanta cfr. F.

TORRACA, I licei e i ginnasi del Regno nell'anno scolastico 1890-91, ibid., 189 1 , pp. 1 002-1 103; Prove d'italiano negli esami di licenza liceale nel 1891, ibid. , 1892, pp. 1 1 34-1 1 36; Istruzione secondaria classica e tecnica e convitti maschili e femminili, ibid., 1898, pp. 145 1 -148 1 ; Relazione del Collegio degli esaminato1·i sulla licenza liceale dell'anno scolastico 1896-'97, ibid. , pp. 278-3 1 3 .

Introduzione 63

erano le lacune più gravi. Le risultanze, come era nelle aspettative, non fece­ro altro che confermare le ipotesi negative. Nella stragrande maggioranza i dirigenti e gli insegnanti affermarono che il ginnasio-liceo non corrisponde­va <<bene al fine per cui fu istituito, di dare, cioè educazione mentale e cultu­ra generale sufficienti come preparazione agli studi universitari di tutte le fa­coltà, ed anche a quelli di scuole superiori civili e militari» .

Le cause principali andavano ricercate: nella frequenza di giovani << che della licenza ginnasiale o liceale non intendono valersi a scopo di studi ulte­riori, ma per concorrere ad impieghi, per i quali esse licenze sono richie­ste » ; nella <<distribuzione troppo frammentaria d' insegnamenti , disparati contemporanei nei vari anni di corso del ginnasio superiore e del liceo» ; la << ripetizione ciclica di alcuni insegnamenti» .

A rendere più basso il rendimento dell' istruzione classica intervenivano altri fattori, quali: la frequente <<variabilità degli ordinamenti scolastici» , in primo luogo degli orari; <da mancanza di sistematiche ispezioni» volte ad esercitare vigilanza e controllo didattico; << l' insufficienza del materiale di­dattico» ; << l' imperfetta preparazione professionale degl' insegnanti» ed il lo­ro reclutamento; <<le cattive condizioni degli insegnanti» medesimi; <<il nu­mero soverchio degli alunni per ogni classe»; <d metodi che si seguono nella determinazione del profitto degli alunni» 1 •

Le stesse e medesime cose furono rilevate dalla reale commissione d ' in­chiesta per la pubblica istruzione che nominata nel 1908 pubblicò solo parte dei suoi lavori nel 1910 in quattro ponderosi volumi.

Sessant'anni di vani tentativi di riforma per curare la ((grande inferma»

<<Non passa quasi anno, in cui non venga fuori un nuovo regolamento e un nuovo programma; sicché il programma e il regolamento che vien dopo, non dà luogo, non dico a sperimentare, ma nemmeno ad attuare il program­ma e il regolamento di prima. Che cosa è tutto ciò? È smania d'innovare? È desiderio o bisogno di meglio? » 2 •

La risposta agli interrogativi che il De Candia si poneva assieme alla stra­grande maggioranza dell'intellettualità italiana va cercata, da un lato, nel ge­nerale senso di insoddisfazione sulla efficacia dell'istruzione classica avverti­tosi per tutto il secolo decimonono e, dall'altro, nel conseguente e costante tentativo di migliorarne il rendimento senza stravolgerne le fondamenta isti­tuzionali. Fu proprio questa scelta, politicamente obbligata, a caratterizzare

1 Cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Commissione reale per l'ordinamento degli studi secondari in Italia. II. Risposte al questionario diffuso con circolare 2 7 marzo 1906, Roma, Tip. Cecchini, 1909.

2 S. DE CANDIA, L 'ordinamento degli studi secondari in Italia, Trani, Tip. Vecchi, 1887, p . 4 .

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64 Fonti per la storia della scuola

quell'incessante alternarsi di provvedimenti che fu il tratto distintivo di ses­santa' anni di vita scolastica ginnasiale e liceale 1 •

I punti su cui si esercitava la critica e su cui si svolsero i tentativi di cam­biamento e di miglioramento furono pochi, ma fondamentali per la identità degli studi classici. Innanzitutto, l'unicità curricolare ed istituzionale rappre­sentata dal ginnasio-liceo nel condurre agli studi universitari; poi l 'eccessivo classicismo degli studi fortemente penalizzante delle emergenti discipline scientifiche. In altre parole, all'istituzione scolastica classica si rimprovera­va: primo, di prendere lo scolaro ancora fanciulletto ad appena nove dieci anni e portarlo fino all'università senza possibilità di scelta alternativa di studi che non fosse o l 'abbandono o il ripiego frustrante nell'istruzione tec­nica; secondo, di insistere troppo, con grave danno culturale e con grave nocumento economico, sulle materie classiche quando il sapere in genere si andava scientificizzando, e quando si sviluppavano le applicazioni tecnolo­giche in ogni settore della vita produttiva del paese.

Su questi temi, già a partire dall'unità il «paese degli uomini colti» prese a discutere con vigore e con forti punte polemiche. Proposte e progetti si rincorsero continuamente, ed altrettanto ininterrottamente andarono incon­tro ad un insuccesso istituzionale . Essi, comunque, si mossero sempre su una coordinata ben precisa: la creazione di una scuola media unica, un cor­so di studio secondario inferiore, costituito sostanzialmente dal ginnasio in­feriore e dalla scuola tecnica, e dopo, a partire dal IV anno, la biforcazione fra studi classici e scientifici, non tecnici, cioè fra il liceo e l'esistente ma rinnovatissimo e potenziato istituto tecnico.

A porre in discussione la scuola classica casatiana fu proprio uno di quel­li che ne attuò la prima applicazione, ovvero il Mamiani. Già nel 186 1 , ri­prendendo considerazioni e proposte espresse addirittura in anni preunitari da Bertini, il successore di Casati pose interrogativi seri e profondi su cui per decenni si eserciterà la riflessione e la proposizione di riordinamento. Egli si chiedeva, infatti: « Le scuole classiche e tecniche saranno separate af­fatto fra loro sino dai primi passi? E non si debbe almeno studiare il modo che gli allievi di entrambe possano sempre ed agevolmente trapassare dall'u­na all'altra secondo che mutano i bisogni, le inclinazioni, lo stato degli alun­ni e dei loro parenti? » . Ed in particolare, riflettendo sui licei, Terenzio Ma­miani si domandava: « debbono le scuole classiche dispensare un insegna­mento sempre uniforme a tutti gli allievi o nel terzo anno almeno del corso liceale debbono modificarlo per coloro che dichiarano di voler seguire altra carriera della letteraria e filosofica? " 2 .

1 Cfr. la particolareggiata ricostruzione in A. PIAZZI, L a scuola media e le classi dirigenti . . . cit . , ed in Commissione reale per il riordinamento degli studi secondari in Italia. I . Relazio­ne . . . cit . , il già ricordato capitolo « La questione della scuola media e le sue vicende in Italia», pp. 1 1- 1 52.

2 Cit. in R. FOLLI, La scuola secondaria italiana a corsi comuni per uno o più anni e la scuola unica, in « Le scuole secondarie», 1887, p. 10.

Introduzione 65

Qualche tempo più tardi l'ex ministro Matteucci, appena abbandonato il dicastero dell'istruzione, formalizza per la prima volta, in un progetto pre­sentato in Senato, la crescente aspirazione alla scuola media unica. Infatti, in una generale ipotesi di riordinamento istituzionale, sia dell'amministrazione che degli studi secondari, prospetta come più organica agli interessi di cul­tura e di progresso della nazione una istruzione secondaria distinta in due gradi, in modo da abbracciare « due periodi uguali di quattro anni l'uno. L ' i­struzione di primo grado comprende specialmente gli studii di grammatica e di rettorica che preparano ai corsi dell'istruzione di secondo grado »; que­st'ultima, a sua volta, « è distinta in due sezioni, una per le lettere e l'altra per le scienze" 1 . Il disegno di Matteucci, benché avesse suscitato interesse anche all'interno del Parlamento e del Consiglio superiore della pubblica istruzione, non fu tradotto nella realtà.

Più tardi, nel 1867, il ministro Coppino presentò sempre alla Camera vi­talizia un progetto di legge di totale riordinamento dell' istruzione seconda­ria classica che ripercorreva per grandi linee quelle dello scienziato roma­gnolo. Qui, però, le questioni dei curricula sono visti all'interno di una più complessiva ristrutturazione senza la quale si sarebbero vanificati i singoli miglioramenti. Così, esse, in una prospettiva organica, si risolvono all'inter­no di drastici provvedimenti tendenti alla riduzione dei licei, al maggiore coinvolgimento degli enti locali, province e comuni, al miglioramento della formaz.ione degli insegnanti. Tuttavia, la costituzione della media unica pre­figurata da Coppino prevede alcuni punti di differenziazione rispetto al pre­cedente progetto Matteucci, e precisamente quelli riguardanti la durata dei due corsi, che Coppino prevedeva in tre anni per quello inferiore ed in cin­que per quello superiore, ed il silenzio sugli studi tecnico-scientifici, desti­nati implicitamente all'istituto tecnico.

Il lavoro della commissione nominata ad hoc, tra l'altro composta dallo stesso Matteucci (relatore), Brioschi, Amari, Cibrario, Lambruschini, Sagre­do e Mamiani, i proficui dibattiti parlamentari che seguirono fecero nascere un grande ottimismo sulle sorti della riforma. E non poteva essere diversa­mente. Tutti si dicevano convinti di quanto la commissione aveva rilevato e cioè che il numero degli alunni della scuola secondaria «è molto al di sotto di quello che sarebbe richiesto dai bisogni della società nostra e di quello che è negli Stati civili d'Europa» a causa della inadeguatezza delle strutture scolastiche secondarie. Queste non riescono ad offrire quell' « educazione li­berale», ovvero «una certa somma di cognizioni, di dottrina, di virtù, di ca­rattere e un abito di mente e di cuore che non può formarsi se non in mezzo ad una atmosfera che sia a ciò adatta e intorno ad una società saldamente costituita» 2 •

1 C. MATTEUCCI, Raccolta di scritti varii . . . cit . , p. 138. 2 Relazione della Commissione sul progetto di legge per l'insegnamento secondario, in

AP, Senato del Regno, legislatura X, sessione 1867, Documenti, n. 27-A, p. 2.

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66 Fonti per la storia della scuola

Con la legge Coppino in buona sostanza si sarebbero risolti tanti proble­mi che angustiavano l'insegnamento classico. Ma i tempi lunghi del Parla­mento, alcuni accidenti procedurali ritardarono il corso della legge per poi pregiudicarlo definitivamente. E tutto ciò, quando nel paese si era accresciu­ta la volontà di riforma e maggiori consensi trovava la scuola media unica.

« Ognuno sa che gli studi secondari, partendo da un punto comune, menano a termini diversi, ma non lontani l'uno dall'altro, e per vie che sovente si toccano, e alcuna volta si confondono nel loro corso. Questi termini sono: due le professioni li­berali, e le industriali. Le prime, per la natura loro, richiedono un sufficiente corre­do di studi universali, e per la loro nobiltà rappresentano la morale coltura di una nazione. Le seconde abbisognano di studi speciali, di cognizioni tecniche, e nei loro pratici risultamenti ne rappresentano la ricchezza. Entrambe però si afforzano di scambievoli offici, traendo le liberali maggior nerbo dalle scienze che alimentano le tecniche, e le tecniche ornamento e decoro dalle discipline che rendono speciose le liberali. A qualunque però di esse il giovane si avvii, uopo è che muova da un campo comune, in cui si raffina per i molti la coltura data a tutti nelle scuole elementari; e questo raffinamento si ottiene con lo studio più esteso della lingua e della storia na­zionale, della geografia, dell'aritmetica, e con l'insegnamento della contabilità, del disegno, della geometria elementare, de' diritti e de' doveri de' cittadini de' fenome­ni e delle leggi principali della natura. Le quali cognizioni ogni cittadino, che voglia elevarsi per poco sulla classe infima, deve avere» 1 .

Più tardi ancora, nel 1870, il Correnti ritornò sull'argomento con un progetto molto più limitato e ristretto. Egli era animato da quelle sempre più consolidate volontà della classe intellettuale: « trovare il modo che i gio­vinetti usciti dalla scuole elementari non siano costretti a determinare in età immatura la carriera a cui vogliono appigliarsi; fondare un ordine di scuole secondarie, in cui si dia una serie di insegnamenti che debbono essere utili, anzi indispensabili a tutti, a qualunque professione vogliano indirizzarsi; di­sporre tali insegnamenti in guisa che i giovani siena sempre in tempo a pas­sare da un ordine all'altro di studi» 2 •

Il ministro, però, come segnalato dalle cronache coeve, non trovò « Se­guaci » . E ciò malgrado che durante i lavori della commissione d'inchiesta dello Scialoja, insediatasi solo qualche tempo più tardi, si fosse manifestata in gran parte degli addetti ai lavori di tutt'Italia una generale dichiarazione di fede verso la scuola media unica, e verso la conformazione scientifica del curriculum più adeguata ai tempi.

In tal modo l'organizzazione delle scuole secondarie ordinata dalla Casa­ti parve non solo resistere ma anche rafforzarsi. Per anni, infatti, non si par­lerà più in modo credibile di riforma. I ministeri Sella, Scialoja, Cantelli, Bonghi, De Sanctis, passarono senza scossoni riformistici. Solo Coppino ri-

1 Riordinamento degli istituti per l'insegnamento secondario (22 gennaio 1869) . . . cit., p. 3 .

2 Instituti dell'insegnamento secondario, progetto di legge presentato dal ministro della pubblica istruzione Cesare Correnti nella tornata del 1 2 aprile 1870, in AP, Camera dei depu­tati, legislatura X, sessione 1869-1870, Documenti, n. 70, p. l .

Introduzione 67

tentò un certo rinnovamento che comunque non approdò a nulla, essendo già destinato all'insuccesso per una sorta di congenito ibridismo che poco si conciliava sia con le posizioni dei conservatori che con quelle dei progres­sisti.

Negli anni Ottanta, le aspirazioni riformatrici dalla scuola media unica slittarono sulla necessaria caratterizzazione scientifica che dovevano assu­mere gli studi secondari. Un duro attacco fu, infatti, portato alla concezione degli studi classici intesi come «via regia della coltura» . Nel complesso pa­norama della rivendicazione di un ridimensionamento degli studi classici si distinsero e produssero una breccia le argomentazioni di Arturo Graf, che poeta e letterato non poteva certamente essere accusato di faziosità discipli­nare e professionale e quanto meno di pregiudiziale cedimento alla « Scienti­ficizzazione» curriculare.

Il primo e più consistente attacco è portato verso la congettura che ha fatto passare la detenzione della cultura classica come la condizione prelimi­nare della conoscenza e dell'esercizio delle scienze. Per Graf, il sapere che conta, <<il sapere più svariato può acquistarsi senza cognizione alcuna di lati­no e di greco, e tutte quasi le professioni dette liberali, ché delle altre non occorre nemmeno parlare, possono ottimamente esercitarsi senza tal cogni­zione» 1 • Inoltre, lo studio del latino e del greco non è più visto come « tm'eccellente ginnastica dello spirito » . Pur « ammesso che ciò sia vero, e può essere vero quando l 'insegnamento sia fatto come (in Italia) né si fa; né si sogna» , non si può escludere « che non si possa avere una disciplina, una ginnastica anche migliore» . Difatti, per Graf la filosofia e la pedagogia di ispirazione comtiana provano che « la memoria è assai più e assai meglio esercitata dallo studio delle scienze che non dallo studio delle lingue, se non altro perché i fatti di cui le scienze dànno contezza ( . . . ) hanno fra loro rela­zioni causali evidenti che i fatti del linguaggio o non hanno o nell'insegna­mento che se ne fa non lasciano scorgere» 2 •

In considerazione di ciò, ed in considerazione del fatto che il classicismo fa rivivere «un tempo remotissimo» , una civiltà del tutto diversa da quella ave gli scolari ricevono i primi e concreti ammaestramenti, l 'insegnamento classico finisce con l'essere realmente anti-pedagogico. Se l'adolescente « av­verte una diversità profonda, anzi una vera opposizione, tra la vita che gli rivelano i libri sopra i quali è chiamato a formarsi l'animo, e la vita stessa che ei vive, si crede che ciò lo aiuterà molto ad acquistare un chiaro concet­to del bene e dell'ordine, e che ciò darà al suo pensiero il migliore indirizzo possibile? Credo che chi lo crede s'inganna a partito. Il valore pedagogico di un libro di cui si sappia esser pieno di errori e di favole, e che è, ogni mo­mento, contraddetto dalla vita reale, non può certo essere molto alto, e i

1 A. GRAF, L 'insegnamento classico nelle scuole secondarie, in «Rivista di filosofia scienti­fica », luglio 1887, p. 396.

2 Ibid. , pp. 398-399.

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primi frutti della lettura di esso debbono essere diffidenza, irresolutezza, o un concetto della vita al tutto erroneo » 1 .

Parimenti anti-pedagogico, per Graf, risulta affermare ed esercitarsi nel­l' antichità quale luogo della migliore produzione artistica. Gratuito è crede­re che l'arte antica, specialmente la letteratura, sia migliore della moderna. È falso dire che Dante sia inferiore a Virgilio, Shakespeare a Sofocle, Cer­vantes a Luciano, Ariosto ad Ovidio, Byron a Catullo ecc. Oltretutto ne è improponibile il raffronto. Se, dal punto di vista letterario, gli antichi hanno « il vantaggio di una perfezione formale di cui s 'è, dopo loro, perduto il se­greto, la forma non è l'unico pregio di una letteratura. La letteratura non è la ceramica: i vasi belli sono preziosi anche vuoti; i versi vuoti sono da but­tar via, anche se belli». E poi, argomentava ancora Graf, la letteratura non è un abito che si indossa e si sveste a piacimento. « Ogni popolo ha la sua let­teratura, ha bisogno della sua letteratura; la superiorità di un'altra lo tocca sino ad un certo segno, se quest'altra non riesce ad appropriarsela» . Se è ve­ro, come dappertutto si dice, «che la letteratura deve uscir dalla vita, deve esprimere la vita, in virtù di qual ragionamento dunque si vuole che conti­nui a pesar sui moderni la tirannide delle letterature classiche? » 2 •

La debolezza pedagogica della classicità non è solo intrinseca, e si fa maggiore se si guardano i tempi storici che l'umanità vive. E se è vero che l'educazione deve preparare alla vita, moltissimo della scuola secondaria classica deve cambiare. Se ciò non avviene non si può avere quella forma­zione che « conciliando l'interesse particolare col generale, il privato col pubblico, produce uomini i quali abbiano, e in servigio proprio, e in servi­gio della società cui appartengono, la fruizione e l'uso più largo possibile delle proprie facoltà, uomini preparati ( . . . ) a vivere una vita quanto più inte­ra e fruttuosa è possibile » . A tal scopo è necessario che i processi educativi si conformino alla vita sociale, che « la vita moderna e il pensiero moderno entrino largamente ed efficacemente nella scuola», che « la scuola cessi di ammannire un sapere di cui l'alunno deve scordare la maggior parte, come appena cominci il suo compito nella società» 3 . In breve, occorre una scuola elastica che possa variare al variare della vita. Ovvietà, benché difficile a realizzarsi, è quella che vuole che «variando la vita deve variare la scuola, e che variando la vita continuamente, nessun sistema di educazione può aver lunga durata, e che quanto più il variare è molteplice e rapido, come avvie­ne (nell'Ottocento), tanto più l'organismo della scuola dev'essere pieghevo­le ed agile. Ciò che la vita rifiuta, deve rifiutare la scuola; ciò che la vita ac­coglie, la scuola deve accogliere» 4• Ma non solo, spesso la scuola deve fun­gere per la vita da «propulsore», poiché è in essa che risiede la cultura, ov-

l Ibid. ' p. 40 l . 2 Ibid. ' pp. 403-404. 3 Ibid. ' p. 390. 4 Ibid. ' p. 409.

Intmduzione 69

vero la capacità di elaborazione e di diffusione di forme di vita migliore. Ed in questa prospettiva la scuola deve farsi tempio della scienza, giacché è l' << Ora» della scienza. << Se dunque la scienza è ciò che di più saldo e di più promettente contiene il mondo ( . . . ), ben è ragionevole e giusto che chiedia­mo a lei le basi del viver nostro e la sostanza della nostra cultura», è bene che essa entri in modo adeguato nella scuola e la caratterizzi in maniera pre­gnante. Di questo <<avvento » non si può fare a meno.

Così convinto, Graf perviene a delle drastiche conclusioni: prima, <<gli studi classici non sono più in grado, date le condizioni presenti della civiltà e i presenti bisogni di essa, di recar tutti quei benefizi, che i sostenitori loro pretendono»; seconda, « concesso pure che sieno per se stessi in grado di re­cadi, sta di fatto che nella pratica non li recano, e che nelle scuole -nostre es­si scendono a un livello sempre più basso »; terza, « concessa pure la grande importanza degli studi classici, altri studi ci sono più necessari e più utili, a cui essi debbono far luogo nell'insegnamento » 1 •

Alle argomentazioni di Graf andavano a coniugarsi, dandogli forza e con­senso, altre più dure e radicali posizioni anti-classiciste, che prendevano corpo in specie nella netta e crescente ostilità al latino. Cesare Lombroso, sulla <<Critica sociale» del 1893 (16 ottobre), facendosi portavoce di un sen­so comune a forti tinte positivistiche, <<per sfogo di coscienza» sferrò un ru­vido attacco all'insegnamento del latino, non solo per la sua « completa ed istintivamente avvertita inutilità» ma poiché esso è da ritenere fonte di <<de­generazione del carattere» e di <<degenerazione profonda del sistema nervo­so» . Il suo è un accorato appello per la <<rigenerazione» delle classi dirigenti italiane: <<non è dell'estetica che abbiamo bisogno. La fiumana della vita mo­derna, tutta impregnata di fatti, ci passa avanti e noi non ce ne avvediamo, tutti assorti dietro alla forma, alle parole ed alle fantasie di un bello, di cui ci facciamo gli amministratori per mestiere» . E questo feticismo classicista, questa <<menzogna perpetua verniciata di retorica in cui viviamo», è la gin­nastica formativa dell'immoralità. Infatti, la <<lunga abitudine, continuata per tanti anni della giovinezza, di ingannarci e di ingannare nell'apprendi­mento di una lingua alla quale non ci interessiamo punto », la consuetudine perenne <<di supplire alle inutili fatiche colle arti dell'adulazione, dei falsi, delle raccomandazioni» , finisce con l'estendersi <<alla vita di dottore, di de­putato, di ministro» . E come se non bastasse, secondo Lombroso, lo studio del latino incide profondamente sul sistema nervoso, il quale in stato di stress prolungato per il sovraccarico intellettuale può soffrire una progressi­va debilitazione fino ad esaurimento totale.

Le rivendicazioni abolizioniste e riformiste di Lombroso e Graf erano particolarmente condivise, sia negli ambienti extragovernativi che in quelli intellettuali. E non potevano non esserlo se si poneva mente alla <dmprodut-

l Ibid. , pp. 4 16-4 17.

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70 Fonti per la storia della scuola

tività» didattica, di cui abbiamo precedentemente detto, e alla distanza che in termini di rendimento e qualità culturale separava il ginnasio-liceo italia­no da quello degli Stati europei più avanzati, segnatamente tedesco ed ingle­se. Il nostro appariva piuttosto anacronistico, arretrato, vecchio. Lo si accu­sava di stressare gli studenti e ci si accorgeva che questi ultimi trascorrevano in classe molto meno ore dei colleghi stranieri. Mentre in Italia gli studenti per l'intero corso erano impegnati per 176 ore, nel Wiirttemberg lo erano per 309, in Sassonia per 304, in Prussia per 298 e via dicendo. Le lingue straniere, da noi appena facoltative e per pochissimi e variabili anni, nel re­sto dell'Europa, ove comunque la classicità non era affatto trascurata, si in­segnavano per quasi tutto il corso, a volte erano due, e spesso obbligatorie. Da noi si deteneva il primato delle ore dell'insegnamento della lingua nazio­nale, mediamente un terzo in più rispetto a tutti gli altri paesi, di quello del­le lingue morte e della filosofia ed, infine, il più basso monte ore dedicato alle materie scientifiche. Il paese poi, si faceva notare, pur avendone molto bisogno, non decollava dal punto di vista tecnologico ed industriale, e la popolazione era prevalentemente dialettofona 1 •

1 Cfr. Ordinamento dell'istruzione secondaria classica. Relazione dell'an. Martini, depu­tato, de' 13 novembre 1888, in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione », 1889, pp. 42 1-5 19. Sulle più generali concezioni dell'istruzione classica in questo torno di tem­po, sulle riforme e gli indirizzi proposti una panoramica la si può avere se si vedono, oltre a quelli già citati qua e là ed alle specifiche proposte parlamentari menzionate e non, P. VILLAR!,

L 'istruzione secondaria e il nuovo disegno di legge approvato dal Senato del regno (1868) e Le scuole secondarie classiche e le scuole universitarie di Magistero, in Positivismo pedagogi­co. L De Sanctis, Villari, Gabelli . . . cit . , pp.401-435 e 436-463; C. GIODA, Le scuole seconda­rie in Italia, in «Nuova Antologia», aprile 1877, pp. 763-780; P. PRATESI, L'istruzione secon­daria classica, Firenze, Sansoni, 1 878; L. PONCI, Poche considerazioni e proposte sull'istru­zione secondaria, Como, Ti p . Giorgetti, 1879; C. CARRA, Dell'istruzione secondaria. Conside­razioni e proposte, Pavia, Ti p . Fusi, 1880; P .L. CECCHI, Un po' di educazione cittadina nelle scuole classiche, in « Nuova Antologia », l o luglio 188 1 , pp. 65-102; A. LINAKER, Dell'istruzione secondaria classica, Firenze, Le Monnier, 1881 ; G. SERGI, Le scuole classiche in Italia, Napoli, Sommella Libraio-Editore, 188 1 ; B. LANZELLOTTI, Gli studi d'umanità e l'insegnamento secon­dm·io classico in Italia . . . cit. ; L. VALENTI, Sull'istruzione secondaria. Considerazioni e pro­poste, Cagliari, Tip. Nazionale, 1 885; G. TREZZA, Scienza e scuola. Lettera a R. Ardigò, Vero­na, Tip. Civelli, 1887; A. ARBOIT, Osservazioni sul controprogetto di riforma della istruzione secondaria, Cagliari, Tip. dell' «Avvenire di Sardegna », 1889; A. BERSI, La rifOJma dell'istru­zione secondaria, Parma, Tip. Battei, 1889; A. VALDARNINI, Di alcune riforme necessarie nella istruzione secondaria, Bologna, Tip. Fossa e Garagnani, 1 889; G. CHIARINI, La riforma della scuola classica in Italia. Osservazioni e proposte, in « Nuova Antologia» , l o agosto 1 894, pp.433-457. Da ricordare, inoltre, l'ampio dibattito raccolto nel Rendiconto delle tornate e dei lavori dell'Accademia di scienze morali e politiche, XXX, Napoli, Tip. Regia Università, 1891 (fra i maggiori interventi si segnalano: L. MIRAGLIA, Considerazioni sull'istruzione secondaria, pp. 4 1-63 , F. MASCI, Sull'unicità o duplicità della scuola secondaria, pp. 65- 1 14, R. MARIANO,

La scuola secondm·ia. I suoi mali acuti e le sue esigenze prime, pp. 1 37-168, F. MAsci, Del­l'insegnamento scientifico nella scuola secondaria, pp. l89-2 18, F. D'OVIDIO, Ancora sull'i­struzione classica, pp. 225-233), ed infine M. KERBAKER, Sul riordinamento dell'istruzione se­condaria, in Rendiconto delle tornate e dei lavo1·i della reale Accademia di archeologia lette­re e belle arti, IX, Napoli, Tip. Regia Università, 1 895, pp. 191 -270.

Introduzione 7 1

Tuttavia, il « movimento» della riforma non vide alcuna concreta realiz­zazione. Si polemizzò molto, si discusse parecchio: alla fine prevalse però una sorta di immobilismo. Addirittura sembrò quasi che si fosse attuata una piccola restaurazione. Il ministro Guido Baccelli in un dibattito alla Camera ribadì, infatti, la necessità di « evitare la confusione degli istituti tecnici con i licei» . Con forza esortò a non fare equiparazioni improprie, quale porre sul­lo stesso piano gli insegnamenti classici con quelli scientifici; con allarme in­vitò a combattere quelle correnti di pensiero pedagogico favorevoli al pri­mato delle scienze che avevano dichiarato « ostracismo assoluto a ciò che forma la gloria del nostro paese, cioè a dire all'umanesimo ed al classi­cismo» .

Per i l ministro deve essere « Sacro il rispetto alle grandi e gloriose tradi­zioni latine» , «perché le lingue che si dicono morte ( . . . ) sono più vive di pri­ma, quando si chiamino ad essere segnacolo di educazione» . Dunque, serve intendersi bene e fare chiarezza: « altro è il liceo, che si può ammodernare, introducendovi una lingua parlata, e specialmente la tedesca; altro è l' istitu­to tecnico, che bisogna proteggere, ed avvivare» .

Ciò sta a significare che la « distruzione del nostro liceo non può passare in capo a nessuno», e che « assicurare prospera vita all'istituto tecnico, mi­nando l'insegnamento classico, è assurdo » e « se tanta jattura mai potesse ac­cadere, sarebbe per la patria un parricidio » 1•

La persistenza dell'ordinamento casatiano non si può, comunque, spie­gare solo con gli atteggiamenti oltranzisti ed enfatici del Baccelli: qualcosa altro e di più realistico si muoveva dietro tali roboanti posizioni. Particolar­mente operante era il pragmatismo di coloro, come Francesco D'Ovidio, che riconoscevano la necessità di un alleggerimento dell'eccessivo classici­smo che regnava nei ginnasi-licei e che, sempre secondo loro, era ancora con troppo «carattere aristocratico» e legato al prerequisito per i frequen­tanti di « troppi gradi di nobiltà intellettuale, morale, fisica e sociale» . E di coloro che in ogni caso non pensavano fosse il caso di abolire questo o que­st'altro insegnamento classico a tutto favore di altri di tipo scientifico, bensì quello di migliorare pazientemente con studio e cura di « soprattutto valersi di provvedimenti amministrativi e didattici» di sicura incidenza. Altre vie si sarebbero potute rivelare nocive, giacché «l'invocar provvedimenti legislati­vi» poteva « condurre a risoluzioni vandaliche delle quali ci (si sarebbe potu­to) amaramente pentire» 2 .

1 Discorso pronunciato da S. E. il ministro Guido Baccelli al Senato del Regno nella tor­nata del 29 luglio 189 5, discutendosi il bilancio della pubblica istruzione, in " Bollettino uffi­ciale del Ministero della pubblica istruzione in Italia», 1895, pp. 1335-1 336. Sulle scuole secon­darie classiche straniere e su ima comparazione con quelle italiane cfr. R. FOLLI, Le scuole se­condarie classiche straniere e italiane. Confronti, note e proposte, Milano, Briola Editore, 1882 e V. CERRUTI, Esame comparativo dei programmi nelle scuole secondarie classiche, in " Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione» , 1 887, pp. 193-241 .

2 A. PIAZZI, La scuola media e le classi dirigenti . . . cit . , p . 3 1 .

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72 Fonti per la storia della scuola

Le tante discussioni ed analisi, benché non avessero portato a concrete realizzazioni, non furono del tutto vane. Secondo Michele Kerbaker, la di­sputa che si accese fra «classicisti» e « scientisti» , « non diversamente da talu­ne delle vive ed argute dispute rappresentate da Platone ne' suoi dialoghi, non riusciva ad alcun termine conclusivo ( . . . ), ma, nel dibattere la questione per tutti i versi, allargava l 'orizzonte della ricerca, e scoprendo il lato debole delle diverse soluzioni proposte, metteva i ricercatori sulla via di trovarne una vera» 1 •

La «via vera» sembrò fosse stata trovata nel 1905 quando il ministro Leo­nardo Bianchi nominò una commissione con il precipuo scopo di pervenire ad una riforma della scuola secondaria e della classica in particolare, poiché, in questi anni, «essa è, si mostra insufficiente a raggiungere i suoi scopi» . La commissione, composta da Paolo Boselli, già ministro, da Girolamo Vitelli, Vittorio Fiorini, Camillo Corradini, Gaetano Salvemini, Andrea Torre, Giu­seppe Picciola, Giovanni Vailati, Alfredo Galletti, Giovanni Rossi, inizia a la­vorare nella convinzione che la riforma che sta per produrre non riguarda soltanto « le sorti di un numeroso e vario ordine d'istituti e un vasto e fitto complesso d'interessi, sia di persone, sia di luoghi, ma investe tutta la cultu­ra della nazione e sulle condizioni di questa, sociali, economiche, morali, esercita una efficacia larga e profonda» 2 •

Il piano di lavoro che s'intende svolgere, e che verrà svolto pur senza ec­cessiva solerzia, è imperniato, prima, su una grande ricognizione su tutti i problemi e gli aspetti dell'universo scolastico e, poi, sull'elaborazione di un riordinamento ispirato alle risultanze della precedente opera istruttoria. Es­so però trova nel suo svolgimento qualche incongruenza ed alcuni intoppi.

Innanzitutto, il ministro tenta di mettere su un ben preciso binario i la­vori della commissione che secondo lo stesso alla fine deve creare la scuola media unica ed un corso secondario superiore a scelta multipla. In altre pa­role, Bianchi contemporaneamente alla proposizione della commissione prefigura la riforma della scuola, e le sue caratterizzazioni principali.

L 'ispirazione che muove il Bianchi risente moltissimo di tutte le polemi­che ed i dibattiti precedenti, dell'esaurimento delle prospettive positivisti­che, e accoglie già i segnali delle nuove domande culturali di tipo idealisti­co. « Nel problema della scuola, come in ogni altra questione, che si riferisca alle più elevate manifestazioni di ordine sociale, due fattori debbono certo tenersi in gran conto, la tradizione della civiltà di una gente e il suo caratte­re etnico ». Allo stesso tempo, però, « non si deve perdere di vista che il ca­rattere e la capacità mentale possono essere modificati dalla scuola, che la

1 M. KERBAKER, Osservazioni sul riordinamento della scuola secondaria, Napoli, Tip. Re­gia Università, 1 899, p. 5 1 .

2 MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Commissione reale per il riordinamerto degli stu-di secondari in Italia. II. Risposte . . . cit . , p . 3 .

Introduzione 73

condotta dei singoli, come l'azione dei popoli, è la risultanza di energie, le quali se in parte sono insite nel carattere originario di una razza, in parte pe­rò, sono acquisite potendosi alcune facoltà sviluppare, educare, coordinare, dirigere a un fine» 1 • In tale prospettiva, per coloro che pensano di costruire la nuova scuola e per tutti gli operatori scolastici, "è doveroso tener conto della psicologia del fanciullo e del giovinetto, cioè della tendenza ad osser­vare ed apprendere gli oggetti e i fenomeni come sono nella natura, ad imi­tare a creare con la esuberante fantasia, che si vuole rendere utile a disposi­zione della loro mente e dirigerla con profitto sul mondo, sulle cose e sulle relazioni» . Simili atteggiamenti permettono che si possa "sviluppare anche il sentimento estetico, e contemperare la libertà della fantasia con la severità dell'osservazione, e dare all'intelligenza, che fiorisce, quel vital nutrimento che deriva dalla storia e dallo ·spirito nazionale. E mentre si esercita nella ri­cerca delle relazioni fra i fatti e i fenomeni e la loro successione, la mente si viene pure arricchendo dell'immenso e prezioso patrimonio linguistico, di modo che l'insegnamento reale e formale, l 'anima e le cose si fondano in un'armonia che dà l'incitamento e la gioia del conoscere. Conservare nello spirito giovanile la impronta etnica inspirando lo studio e l'amore della pa­tria lingua, che nella sua ricchezza e bellezza riflette i ricordi del passato e rispecchia le immagini del presente è - ad avviso del ministro - l'essenziale, indeclinabile, ufficio dei primi anni della scuola secondaria» 2 •

E sui primi anni di scuola secondaria, il ministro Bianchi ha anche delle idee precise che vuole che diventino patrimonio comune di tutta la commis­sione. Egli non esitò ad esprimere il suo parere in merito , e dichiarò con de­cisione «che lo studio della lingua latina ( . . . ) è un errore psicologico e peda­gogico, una colpa legislativa, aggravata dalla irrazionalità dei metodi. La scuola secondaria inferiore o di primo grado deve riuscire ( . . . ) ad imprimere nelle personalità dei giovani i caratteri precipui della nazionalità; e a questo deve concorrere e bastare la conoscenza del nostro idioma, della nostra sto­ria e del nostro paese. ( . . . ) L'italiano, la storia e la geografia sono i cardini della istruzione secondaria inferiore» 3 .

Dopo l'unico tronco di scuola media inferiore, da <dtalianizzare» o me­glio « nazionalizzare», l'aspirazione del ministro è che si possano dipartire « tre rami e ciascuno con caratteri ben distinti e peculiari: la scuola normale, l'istituto tecnico e il liceo, il quale si suddivide, a sua volta, in altri due ra­mi: l'uno, che si potrebbe chiamare moderno, in cui abbia gran parte lo stu­dio del latino e di una lingua viva, e delle scienze, l'altro classico, in cui allo studio più ampio del latino si aggiunga quello del greco» 4 .

Niente andò, però, secondo i progetti del ministro Bianchi. Questi, anzi,

l Ibid. , p. 8. 2 Ibid. , p. 9. 3 Ibid. ' pp. 9-10. 4 Ibid. ' p. 1 1 .

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74 Fonti per la storia della scuola

alla fine del 1905 non fu più al dicastero dell'istruzione. Se i lavori prepara­tori ed istruttori della commissione furono di un certo rilievo, quelli di ela­borazione furono quasi nulli, al punto di non essere « traducibili» dal punto di vista legislativo ed istituzionale. Nel corso dei tre anni, cambiò l'ispirazio­ne scolastica e l'orientamento politico della commissione, che, pur raffor­zando la sua componente governativa e ministerialista, non riuscì comun­que a produrre un progetto unanimemente credibile.

I primi seri ostacoli furono posti da tre commissari, dal Vitelli, « classici­sta» intransigente, e da Salvemini e Galletti, i quali si batterono fino alle di­missioni per non consentire la creazione della scuola unica. Certamente, la posizione di Galletti e di Salvemini, espressa nel loro noto volume La rifor­ma della scuola media, uscito nel 1908 1 , fu quella che creò maggiori imba­razzi operativi, scatenò polemiche ed alla fine fu tutto sommato coronata da successo . I due giovani professori, rappresentanti tra l'altro delle posizioni maggioritarie della federazione degli insegnanti medi di Giuseppe Kirner, sostenevano l'esigenza di una strategia scolastica fondata su elementi socio­logici abbastanza ricorrenti e tangibili. A vendo individuato due possibili utenze per la scuola media, i figli delle classi agiate e colte, e quelli dei ceti popolari emergenti, dei piccoli ceti medi, Salvemini e Galletti auspicavano due risposte formative corrispondenti. Ai primi che avevano bisogno di una preparazione che consentisse loro di acquisire la cultura alta e di accedere agli studi universitari destinava�·w la tradizionale scuola classica, ginnasiale e liceale; ai secondi che avevano bisogno di una istruzione a termine e di una formazione breve che permettesse loro un rapido e remunerativo ingresso nel mondo del lavoro destinavano o una scuola popolare e «Utilitaria>> di breve durata, non più di 3-4 anni, fine a se stessa e senza sbocco verso gli studi universitari, oppure una scuola che portasse agli studi medi superiori.

Ciò che alla fine la commissione riuscì a produrre fu un piano di riforma che aveva tradito le aspirazioni di p·artenza. Infatti, ciò che fu proposto alla conclusione dei lavori non contemplava più la tanta agognata scuola media unica, bensì una istruzione media inferiore in tre scuole, ginnasiale (tre an­ni), tecnica (tre anni) e complementare, scuola postelementare (due o tre an­ni). L 'istruzione media superiore la si voleva impartita, oltre che nelle esi­stenti scuole tecniche e professionali, in tre licei, il classico tradizionale, lo scientifico ed il moderno, tutti quinquennali, e gli ultimi due con accessi parziali all'università. Questi tre istituti, benché fossero particolarmente ca­ratterizzati dal punto di vista curricolare, avevano tuttavia una comune base culturale fondata sullo studio della letteraura italiana, della filosofia e della storia, le quali, specie la filosofia e la storia, avevano « una funzione di coor­dinamento formativo ». I segni dei tempi « gentiliani » erano già evidenti.

In sostanza, nell'ultimo atto, la commissione finì con l'esprimere e con-

1 Ora in G. SALVEMINI, Scritti sulla scuola, a cura di L. BORGHI, B. FINOCCH!ARO, Milano, Feltrinelli, 1 966, pp. 269-633.

Introduzione 75

cretizzare, più che le sue aspirazioni e i suoi originari propositi, le crescenti e sempre più connotate domande formative formulate in vario modo dai tanti che si fecero espressione della realtà e delle varie «utopie» educative e professionali del paese 1 •

Fra queste ad essere appagata fu di lì a non molto quella già consolidata di modernizzazione degli studi letterari e storico-filosofici. Con Luigi Credaro, nel 191 1 , si arrivò difatti alla creazione dei licei moderni in quelle città che avevano più ginnasi-licei e con corsi di classi aggiunte. L'obiettivo era quello di convertire parte dell'apparato d'istruzione classica in direzione diversa. Lo stesso Credaro, presentando il suo progetto, ebbe a dire «che ciò che ora si chiede alla scuola classica, che pure tanti servigi ha reso e rende alla cultura nazionale, è un adattamento migliore alle mutate condizioni sociali ed alle moderne correnti di cultura» . Infatti, « i continui e meravigliosi progressi del­le scienze, le relazioni fra i popoli rese più frequenti e più intense nei tempi moderni, i nuovi bisogni sociali, l'affollarsi di nuove classi alla conquista del benessere economico e del miglioramento delle condizioni di vita, hanno tro­vato la scuola classica, che pure si è dimostrata ottima per quanto riguarda la formazione della mente e del carattere, impreparata a fornire alle nuove ge­nerazioni le cognizioni indispensabili per affrontare le lotte a cui danno occa­sione i nuovi bisogni sociali e le condizioni della vita moderna» 2•

1 Per una parziale, ma comunque indicativa, panoramica sulle variegate domande formative che precedettero ed accompagnarono i lavori della commissione reale cfr. M. TORRACA, La que­stione degli studi seconda1·i, Roma, Tip. dell'Uuione Cooperativa Editrice, 1896; N. GALLO, L 'educazione e l'istTuzione nelle scuole secondaTie, in «Nuova Antologia», 16 ottobre 1 900, pp. 569-597; G. CHIARINI, Divagazioni scolastiche. Intorno alla Tijorma dell'istmzione secon­daTia, Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 1901 ; L. MIRAGLIA, Sull'istTuzione secondaTia, Roma, Tip. Forzaui, 1901 ; B. SARTORO, Le cinque piaghe della scuola secondaTia classica in Italia, Acireale, Tip. Donzuso, 1 90 1 ; Atti del congTesso di insegnanti di scuole medie, Paler­mo, FNISM, 1902; G. ]ONA, L 'istTuzione secondaTia in Italia, Torino, G. B. Paravia, 1 902; P. ORANO, Stato e scuota secondaTia, Roma, Istituto Gould, 1902; E. MACCAFERRI, Una proposta di TijOTma della scuola secondaTia italiana, Bologna, Zanichelli, 1903; G. CHIAR1NI, La TijOT­ma della istTuzione secondaTia e il disegno di legge Orlando, in " Nuova Antologia», 1 o luglio 1904, pp. 3-18; A. NAMIAS, Il problema della scuola secondaria, ibid. , pp. 63 1-643; A. BACCEL­LI, La Tifonna delle scuole medie, ibid. , l o maggio 1905, pp. 1 10-1 18; G. KIRNER, DiscoTsi e SCTitti, Bologna, FNISM, 1906; SOCIETÀ ITALIANA PER LA DIFFUSIONE E L'INCORAGGIAMENTO DEGLI STUDI CLASSICI, Il convegno fiorentino pe1" la scuola classica, Firenze, Tip. Galileiana, 1 907; p. TOMMASINI-MATTIUCCI, Cenni sulla Tijonna delle scuole medie in Italia, prefazione a G. LE BON, Psicologia dell'educazione, Città di Castello, Lapi, 1907, pp. V-XLII; N. NASI, La Tiforma dell'istTuzione secondaria, Roma, Tip. Dell'Uuione Cooperativa Editrice, 1908; P. RoMANo, La pedagogia della scuola media . . . cit. ; T. TENTORI, La Tifonna dell'istTuzione secondaria e la scuola unica, estratto da « Rivista pedagogica», 1909, ff. VI-VII. Sulla domanda che emerge­va nella scuola e nelle associazioui dei professori e sul dibattito apertosi cfr. per tutti L. AMBRO­SOLI, La Federazione nazionale insegnanti scuola media dalle origini al 1925, Firenze, La Nuova Italia, 1976, e C. Dr AGRESTI, La scuola secondaTia tTa cultut"a e professionalizzazione . . . citata.

2 Istituzioni di ginnasi e licei moderni, disegno di legge presentato dal miuistro della pub­blica istruzione Luigi Credaro nella tornata del 5 luglio 19 1 1 , in AP, Senato del Regno, legislatu­ra XXIII, sessione 1909- 1 9 1 1 , Documenti, n. 665 , p. 2 .

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76 Fonti per la storia della scuola

Ammodernare non significava, teneva a ribadire il ministro, rivoluziona­re. Le innovazioni, per dire, non riguardano per nulla il ginnasio inferiore, ma quello superiore ed il liceo, in cui le lingue moderne prendono il posto del greco e ove viene maggiormente sviluppato l'insegnamento scientifico. La speranza grande è che con «l'istituzione dell'insegnamento del disegno, delle lingue vive accanto a quello delle scienze, con lo studio di elementi di scienze giuridiche ed economiche accanto a quello di filosofia, e della geo­grafia economica e politica, insieme con la storia, il nuovo istituto (possa es­sere) la vera scuola di cultura moderna, intesa non solo a formare la mente dell'alunno, ed a metterlo in grado di seguire gli studi superiori e scientifici, ma anche a fornirgli quel complesso di cognizioni che si ritengono maggior­mente utili e più corrispondenti all'odierno assetto economico e sociale » . In breve, i ginnasi ed i licei moderni sono ugualmente luoghi di cultura genera­le: essi, nella loro diversità, «mirano solo ad integrare la scuola classica, mettendola meglio in armonia coi nuovi bisogni e con le nuove esigenze, non a snaturarla ed a ridurla ad una scuola professionale" 1 .

La strategia formativa sottesa all'istituzione del liceo moderno fu ribadita dal Credaro in occasione della promulgazione dei suoi programmi con il de­creto del 28 settembre del 1913 . « <l ginnasio-moderno non ha fine diverso da quello del ginnasio-liceo classico, affermava il ministro: formare l'uomo civile, imprimergli un carattere morale, fortificare ed affinare la sua attività fisica e spirituale per i grandi interessi nazionali e umani. Nessuna preoccu­pazione d'immediati scopi pratici e utilitari; nessun diretto riferimento alla professione o tal genere di attività che l'alunno si sceglierà» . I due istituti hanno, quindi, medesimi fini; differiscono nei mezzi per raggiungerli. « <l ginnasio-liceo moderno da un lato, mentre mantiene un sobrio e vivo con­tatto colle nostre tradizioni nazionali, classiche e italiche, che non sia assor­bente come nel liceo, dall'altro si vale della conoscenza delle principali lin­gue e letterature straniere e della rafforzata cultura scientifica per aprire la mente del giovane alle idealità più vive e rinnovatrici dell'anima moderna» .

I l ginnasio-liceo moderno non ebbe comunque lunga vita e fu abolito qualche anno dopo con la riforma Gentile. Con esso scompare il più serio tentativo di ammodernamento liceale che lo Stato tentò di portare avanti nell'età liberale e, conseguentemente, si mortificano le istanze timidamente innovative che si erano affermate in quegli anni. Infatti, la costituzione del liceo scientifico nel 1923, scuola di durata quadriennale, senza greco e di grado medio superiore, con accesso consentito a coloro che avessero svolto un corso quadriennale di media inferiore, non volle andare incontro a quel­le istanze, quanto, come ebbe a dire lo stesso Gentile, « rendere intenso il ca­rattere classico del vecchio ginnasio-liceo» .

I l primo decennio del secolo, così pervaso dall'impegno formativo e dal-

l Ibid. ' p. 3 .

Introduzione 77

la riflessione sul miglioramento istituzionale della scuola, non passò comun­que inutilmente. Anzi! Fu questo, in buona sostanza, il periodo di incubazio­ne di quella che sarebbe stata la riforma gentiliana del 1923 . Infatti, come ebbe a ricordare lo stesso Gentile in una intervista al « Corriere della sera» del 2 1 e 22 marzo 1929, fu con la riflessione e la elaborazione dei primi an­ni del secolo che si pervenne all 'impianto educativo degli anni Venti, al­l' « educazione umanistica a base di latino e studi umani, letteraria ed artisti­ca, ma ispirata ad una severa concezione della vita, fatta di riflessione e di senso religioso; di una religiosità non vaporosa e facile a svaporare nel vago e nell'arbitrario del sentimento e della fantasia, ma solida e concreta, deter­minata e perciò connessa con l'insieme dell'individualità storica e naziona­le. Educazione austeramente patriottica» .

Alla «grande riforma» del '23, che restaurò la vecchia scuola classica mantenne il vecchio ramo tecnico e creò il liceo scientifico e la post-ele: mentare scuola complementare, scuola a termine, il fascismo dette soltanto la forza politica: tutto da un punto di vista teorico, culturale e sociologico, era stato concepito, legittimato e formulato alcuni lustri prima.

Con chiarezza e lucidità Gentile racconta la lenta affermazione della « Sua» scuola. Nella stessa intervista di prima, così ricorda quegli eventi: « <l regime ha affrontato il problema dell'istruzione in pieno e questo è il suo merito principale. La maggior parte delle idee che esso ha attuate, non sono maturate dopo la marcia su R0ma ( . . . ) ; anzi si può dire che fossero quasi tut­te dibattute e proclamate in Italia prima della guerra. Erano il risultato di larghi studi sugli ordinamenti scolastici italiani e stranieri e di una nuova scienza dell'educazione scaturita da una nuova filosofia. Ma a quelle idee mancava di più, la forza che le traducesse in atto. Erano dottrine, desideri, programmi, proposte che suscitavano commenti e consensi letterari e plato­nici, ma restavano fuori dall'ambito delle forze politiche che reggono lo Sta­to e possono dare ai principi speculativi il valore concreto di principi pra­tici» .

In apparenza, con molto candore, Gentile non s i arroga meriti, che dice, non suoi: < do posso dire, continuava, di non aver nulla inventato . Fin dalla fine del 1905 era stata creata una commissione reale per l 'ordinamento degli studi secondari in Italia ( . . . ). Molti dei risultati degli studi di questa commis­sione ( . . . ) sono stati tesoreggiati da me» . Purtroppo allora si faceva sover­chio affidamento in certe e poco credibili prospettive politiche, quali le so­cialiste. Le idee, così, « rimasero nei libri» e «Vi sarebbero rimaste sempre senza il fascismo: il quale ha dato allo Stato italiano anche l'energia che da tanti anni s 'invocava: voglio dire la fede e la forza necessaria a tradurre in atto tutte quelle idee di tante commissioni, che si potevano e dovevano at­tuare» 1 •

1 G. GENTILE, Scritti pedagogici. III. La riforma della scuola in Italia, Milano-Roma, Tre­ves-Treccani Tuminelli, 1932, p. 3 1 2 .

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78 Fonti per la storia della scuola

Convitti nazionali

Nell'estate del 1860 il ministro Mamiani ha parole dure per quella che egli definisce la recente tendenza giuridica, istituzionale e pedagogica che vuole ridurre la funzione educativa ed istruttiva dello Stato. « Venuta in onor sommo la libertà individuale» , ed essendo in via di crescente afferma­zione in settori importanti della società « il concetto che la educazione non possa non venir praticata a dovere se non nella famiglia e dalla famiglia" , per il ministro della pubblica istruzione è doveroso moralmente e politica­mente rilanciare i diritti dello « Stato educatore» e quindi proporre « di cura­re e perfezionare al possibile e con ogni studio quegl'istituti ( . . . ) affidati alla saggezza e alla diligenza» del governo. È questa, per il Mamiani, una pretesa comprensibilissima e legittima che ha mille ragioni per essere perseguita; e, fra le tante, due in particolare sono quelle che le dovrebbero dare il confor­to necessario. Innanzitutto, il fatto che nel corso dei secoli e fino ad appena ieri « l 'educatore primo e quasi unico » sia stato il potere governativo. Secon­do, il fatto che lo Stato medesimo, implicitamente « fornito di facoltà specia­lissime per farsi esemplare in ogni forma di civiltà» , non può « ricusare cote­sto suo privilegio a rispetto dello educare, che è base d'ogni perfezionamen­to sociale » 1• Inoltre, un intervento statale quanto più esteso possibile lo ri­chiedono direttamente i tempi «politici» , i quali non possono seguire il loro naturale corso se non sono sostenuti da adeguati processi « educativi" e so­cializzativi che creino il giusto consenso popolare per la formazione del re­gno d'Italia. Processi « educativi» che non tollerano deroghe e cedimenti, in­quinamenti ideologici e culturali. Per tale ragione, lo Stato «può, certo, me­glio dei particolari concepire ed effettuare un largo sistema di educazione, correggere alcune sane tendenze dei tempi, vincere molti pregiudizii comu­ni; può soprattutto e deve avviare e diffondere quella specie di educazione che suolsi chiamare nazionale; sul che riuscirà senza dubbio non inferiore ed anzi assai superiore alla più parte dei privati» 2• La sfera privata del cittadino non garantisce, e mai potrà garantire la auspicata e calibrata « educazione na­zionale» . Codesta può essere prodotta soltanto da chi ha naturaliter un in­teresse ed una dimensione esistenziale sovraindividuale, ovvero dallo Stato . Esso è l '« educatore nazionale» per eccellenza, giacché « vive della stessa idea di patria: tutto ciò che opera, o disegna, o imprende, o maneggia è informa­to dell'interesse comune, emerge dalla nazione, e alla nazione ritorna» 3 .

Gli spazi, certamente non numerosi ed estesi, su cui costruire il rivendi­cato laboratorio di «educazione nazionale» , che agognava il Mamiani, non erano molti, tutt'altro! Dalla legge Casati, capo VI, essi, infatti, vengono li-

1 C. F. BISSANTI, Leggi, decreti, regolamenti riguardanti i convitti nazionali del regno dal I859 a tutto il 1899, Taranto, Stabilimento Tipografico del Commercio, 1990, p. 12 .

2 Ibid. , p. 13 . 3 Ibidem.

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mitati ai convitti nazionali, che sarebbero nati dagli antichi collegi nazionali e reali. I convitti, resi autonomi dal punto di vista amministrativo, sono di­visi in due categorie: quelli che hanno una propria struttura scolastica e quelli che invece non hanno « Scuole proprie interne» e fruiscono dell'ospi­talità scolastica offerta dai ginnasi e licei governativi del luogo ove sorgono. La direzione del convitto è affidata ad un rettore direttamente dal re a per­sona che si sarà distinta «pel sapere, per l'esperienza nell'educazione della gioventù, e per l'elevatezza del carattere» .

Il convitto s i configura subito come un luogo istruttivo ed educativo al­quanto collaterale, marginale, quasi come un debole supporto istituzionale al ginnasio-liceo pubblico. Con la Casati, infatti, subisce un forte ridimensio­namento, se si pensa che fino a qualche mese prima, come abbiamo visto precedentemente, i collegi-convitti nazionali delle antiche province del Pie­monte, così come del resto i vari collegi reali dei restanti territori italiani, costituivano l'ossatura portante ove si impartiva l'istruzione secondaria clas­sica. Essi, ben laicizzati, avevano infatti raccolto l'eredità dei vecchi collegi religiosi, per lo più gesuitici. In breve si erano culturalmente « statalizzati » divenendo u n organo formativo fra i tanti del potere civile, e perdendo così il loro protagonismo ed il loro antico primato educativo delle classi colte e nobiliari. Negli ultimi tempi, inoltre, anche da un punto di vista giuridico, culturale e pedagogico, in quasi tutti gli Stati preunitari era stata raggiunta con le scuole ordinarie, statizzate, una certa uniformità oltre che di fini an­che di contenuti, che venne a mancare soltanto a partire dal 1848, quando alcuni Stati vissero la seconda restaurazione ed altri invece, benché con mol­ta moderazione, continuarono a progredire verso la liberalizzazione della società politica e dell'organizzazione statale 1 •

I l «manifesto educativo » dei convitti, così come espresso nel regolamen­to del 25 agosto del 1860 e ripreso dal decreto-legge luogotenenziale del 10 febbraio 1861 per le province meridionali, era di marcato ed ingenuo stam­po eticistico e patriottardo . I convitti nazionali, si leggeva, impartiscono « in proposito l'educazione religiosa, intellettuale e civile ( . . . ) insieme coi buoni abiti corporali, affinché (gli alunni) riescano cittadini costumati, assennati e vigorosi» . Essi vogliono, altresì, « infondere un amore immenso alla patria italiana, coordinato con tutti i doveri dell'uomo, e fortificato dalla pietà verso Dio, e da un puro ed alto senso morale» . Verso questo obiettivo deve tendere « lo spirito delle discipline, dei precetti, degli esempi» , ip breve il curriculum ginnasiale e liceale.

La caratterizzazione degli studi, oltre ad avvalersi di questa necessaria « Curvatura», deve essere favorita e stimolata anche da una precisa organiz­zazione della vita interna del convitto a cui gli ospiti devono sottomettersi

1 Sulla storia e sulle vicende legislativo-istituzionali p re e postunitarie cfr. T. BOSIO, I con­vitti nazionali nel Regno d'Italia, Avellino, Tip. Maggi, 188 1 ; P. PAVESIO, I convitti naziona­li, Avellino, Tip. Tulimiero, 1885; ID. , I convitti nazionali da/ 1885 al 1898 . . . citata.

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« religiosamente» . A gestire ed ordinare principi e norme generali sarà il ret­tore, il quale svolge i compiti tipici del preside e mantiene i contatti con le famiglie. Egli è coadiuvato dal direttore spirituale, dal censore di disciplina e dagli istitutori.

Al direttore spirituale «è commessa l'istruzione e l'educazione religiosa» , ritenuta l 'unica salda base per edificare i caratteri morali del buon cittadino e del buon soldato. Per tale motivo egli sovrintende alle necessarie pratiche religiose che devono animare e scandire la vita interna del convitto. E così che la messa, la lettura del vangelo, il catechismo, le preparazioni alla prima confessione, alla prima comunione, alla cresima, l'adempimento del precet­to pasquale, la frequenza dei sacramenti, sotto il suo ordinamento, vanno ad integrarsi quotidianamente con le generali attività di studio e con le eserci­tazioni ginnastiche e militari.

Il censore di disciplina, preferibilmente militare, vigila sulla disciplina dei convittori, sui tempi e sulle modalità degli studi, sui regimi alimentari ed igienici, sulle attività extrascolastiche e punisce le trasgressioni.

Gli istitutori vigilano su gruppi di convittori in tutte i momenti del dì e della notte che non siano quelli all'interno delle aule scolastiche.

I convittori, dopo essere stati ammessi ed aver pagato la retta mensile, devono sottostare ad un rigido regime disciplinare che se non rispettato comporta severe punizioni che vanno dalla privazione della ricreazione alla consumazione isolata del pasto, dalla privazione delle visite dei parenti alla esclusione dalle esercitazioni ginnastiche e militari, dall'isolamento alla am­monizione ed alla espulsione.

Il modello educativo offerto dai convitti nazionali non ebbe inizialmente grande successo . Negli anni Sessanta, molto lentamente i collegi preunitari riprendevano l'attività scolastica fra mille difficoltà finanziarie, quando dif­ficile era il reperimento di personale qualificato e quando, spesso, era consi­stente la mancanza di domanda di servizio. Parimenti, scarso era il numero degli studenti: dall'incerto numero di alcune centinaia si arrivò solo nel 1867-'68 ad oltre 1 .600 ospiti nei 25 convitti operanti in quell'anno. Di lì a qualche anno si ebbero lievi incrementi che permisero di superare le 2 . 000 unità e stabilizzarsi su tali livelli fino all'inizio degli anni Ottanta, quando, in seguito anche all'istituzione di nuovi convitti, il numero dei convittori quasi si raddoppiò.

In poche parole, per tutti gli anni Sessanta e Settanta i convitti vissero una stagione anonima e nel grigiore più assoluto e fuori dai più importanti meccanismi formativi del paese. L'offerta formativa, la credibilità pedagogi­ca non erano eccelse. Oltre tutto le rette annue non erano certamente mo­deste. Andando dalle 400-500 lire dei primi anni post-unitari alle 700-800 li­re dei primi anni Ottanta, esse non favorirono di certo l'afflusso di studenti.

Dopo vent'anni di vita stentata, a ridare spinta ai convitti fu il ministro Baccelli, avendo egli attivato una riforma di regolamento che si rese urgente

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e decisiva per la vita dei convitti. Infatti, questi avevano toccato il fondo quando a tutti apparve chiara la loro pochezza in specie rispetto alle struttu­re formative religiose. Nel 1882-'83, a fronte di 29 convitti con quasi 2 . 500 studenti, ci stavano i seminari ves covili, ben 281 , che ospitavano intorno a 16.000 scolari; a questi andavano ad aggiungersi i 10 mila che erano ospitati presso gli altri 120 collegi privati (quasi un centinaio gestiti dai religiosi).

Per controbbattere ! '« invasione» e lo strapotere religioso in fatto di for­mazione collegiale e per ridare vigore all' educazione nazionale che scric­chiolava per generali motivi di ordine pedagogico, istituzionale e non ulti­mo politico, il governo impresse una svolta drastica.

A dare avvio alla ripresa dei convitti fu, come detto, il ministro Baccelli, il quale promulgò in primo luogo un nuovo regolamento (r.d. 16 aprile 1882) ed istituì una scuola di formazione per gli istitutori (r.d. 2 1 giugno 1883). In sostanza egli ammodernò la struttura ed i contenuti educativi, li rese più snelli e più rispondenti ai bisogni della richiesta formativa. A ciò ac­compagnò pure un rinnovamento ed una migliore articolazione dell'organi­gramma del convitto che precedentemente era stato investito dalle denunce di scarso rendimento.

I convitti nazionali, « aperti dallo Stato ai giovani» per ribadire una ege­monia formativa e culturale messa fortemente a repentaglio dall' «accerchia­mento» clericale, secondo il nuovo regolamento, <<impartiscono ad essi una educazione morale, intellettuale e fisica, atta a renderli degni cittadini d'una patria libera e civile » . In particolare « l'educazione morale deve intendere a formare il carattere, sviluppando il sentimento dei propri doveri, l'amore al­la virtù, alla famiglia, alla patria ed alle istituzioni che ci governano. L 'edu­cazione intellettuale mercé lo studio formerà cittadini atti ad ogni civile di­sciplina, e di giovamento e decoro alla società» . Infine, «l 'educazione fisica, con le esercitazioni ginnastiche e militari, completa le altre due e prepara al­la patria uomini vigorosi e pronti alla sua difesa» .

L ' « educazione» peculiare che caratterizza i convitti non è , quindi, quel­la curricolare bensì quella integrativa. Oltre agli studi ordinari, svolti in co­mune con gli esterni, i convittori usufruiscono di « studi interni» , «parte ob­bligatori e gratuiti, parte liberi e retribuiti» . Fra i primi si danno quelli relati­vi ai diritti e doveri dei cittadini, alla calligrafia, al disegno, al ballo, alla gin­nastica, agli esercizi militari, alla scherma. Fra i secondi si danno le lingue straniere, la musica, l'equitazione, il nuoto.

Tale potenziamento formativo venne sostenuto da un'altra iniziativa, questa volta istituzionale, e cioè dalla creazione di una scuola apposita pro­fessionale per i formatori, che oramai non potevano più essere esclusiva� mente i « Custodi» di studenti di qualche anno prima. Con la scuola di « allie­vi istitutori» da fondare ad Assisi si sperava « di poter provvedere al bisogno universalmente sentito di buoni educatori da preporre alla gioventù affidata

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nei convitti alle cure del governo» . Infatti, in questi tempi si è andata svilup­pando la convinzione che «l 'ufficio d'istitutori, benché in apparenza mode­sto, ha un'importanza grandissima» , poiché i medesimi istitutori operano con i giovani in un periodo così importante in cui « i principi appresi sono per lo più praticati in tutta la vita» 1 .

Le materie della scuola per istitutori sono naturalmente speculari agli « studi interni» sia obbligatori sia facoltativi che si danno nei convitti. Così, discipline di studio e di formazione sono italiano, pedagogia teorico-pratica, diritti e doveri, storia e geografia, disegno, calligrafia, fisica, igiene e medi­cina domestica, francese, ginnastica, scherma e danza.

Con tali innovazioni, e con altri successivi accorgimenti regolamentari di ordine giuridico ed amministrativo, riguardante in particolare il personale, i convitti andarono avanti per molti anni fino alla riforma Gentile. I regola­menti dei ministri Boselli (1888), dello stesso Baccelli (1898), di Credaro (1912) da un punto di vista propriamente formativo non apportarono gran­di novità. Consequenziale fu un netto incremento degli studenti. Dai primi anni Ottanta esso cominciò a lievitare e nel 1887-'88 sfiorò le 3 .500 unità, per superarle dieci anni dopo e per attestarsi intorno alle 4 . 000 negli anni successivi fino all'avvento del fascismo.

I problemi dei convitti però non sparirono del tutto. La scuola di Assisi, su cui si rivolsero le speranze di molti, deluse non poco le aspettative: «par­ve una bella ed utile creazione, e da principio, oltre gli altri, vi accorsero istitutori già in carica, per provvedersi del novello titolo; ma, come spesso e per lo più avviene, fu piuttosto una parvenza che una cosa utile e buona» 2 • Essa faceva «molta teoria» , riempiva la mente di nozioni che alla prova dei fatti risultavano alquanto inefficaci. Ritornò così in auge la « scuola» dell'e­sperienza, per cui nel reclutamento ci si affidò ancora al buon senso ed alle segnalazioni di tipo clientelare . Il risultato fu di rendere ancor più insuffi­ciente il ruolo degli istitutori, i quali furono oggetto negli anni Novanta di una serrata denuncia di dequalificazione. In merito, il sottosegretario di Sta­to alla pubblica istruzione, Settimio Costantini, « da osservazioni di padri di famiglia, da rapporti delle autorità locali e da giudizi di egregie persone» , ri­levava facilmente « con vivo rammarico, come una parte del personale ( . . . ) lasci non poco a desiderare, chi nel rispetto della istruzione e della educa­zione, chi per contegno o per condotta, chi per carattere, per indole o per amore all'ufficio, onde l 'opera sua viene ad essere poco o nulla efficace e, in taluni casi, più dannosa che utile» . Tale stato di cose è dovuto « non tanto alla difficoltà di trovare, fra i numerosi aspiranti, giovani che rettamente guidati riuscirebbero buoni istitutori, quanto alla leggerezza od alla fretta

1 «<stituzione di una scuola in Assisi per allievi istitutori nei Convitti nazionali, , circolare n. 7 1 6 del Ministero della pubblica istruzione del 7 ago. 1883, in « Bollettino ufficiale del Mini­stero della pubblica istruzione », 1883, pp. 6 1 5-616.

2 P. PAVESIO, I convitti nazionali dal 1885 al 1898 . . . cit . , p . 68.

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con cui si scelgono questi ufficiali, ed alla soverchia tolleranza od alla poca energia dei rettori e dei consigli di amministrazione, i quali non dovrebbero mantenere in servizio istitutori che per inettitudine, svogliatezza od altra ca­gione ne sono affatto immeritevoli» 1 .

Fallita la scuola di Assisi, poco credibile l'operato discrezionale dei retto­ri, di lì in avanti la qualificazione degli istitutori fu assicurata con migliore successo da un maggiore e capillare controllo ministeriale, che non fu di­sgiunto dall'emanazione di severe prescrizioni per il reclutamento.

Pur con queste carenze, e con altre, come vedremo, i convitti cominciaro­no a farsi largo nelle aspettative di una buona fetta di opinione pubblica. In­fatti, il loro « Credito » aumentò notevolmente, al punto che il ministero nel 1891 si sentì in dovere di sottolineare che «non è più lecito frustrare le spe­ranze di tante famiglie, rigettando, per sola mancanza di posti, e nella propor­zione eccessiva di ora, le domande di ammissione nei nostri convitti»; ed an­cora, «né è bene deludere le domande che si fanno per la creazione o conver­sione di altri convitti nazionali e permettere che dei 60 mila giovani che po­polano in Italia i convitti di varia indole, solo 4 mila possano essere accolti in quelli dello Stato" 2•

Le misure che seguirono alle sottolineature risultarono però di scarsa in­cidenza al punto che non si registrò niente di particolare oltre alla istituzio­ne di qualche altro convitto .

La lacuna più grave, e che più dette a che vedere al ministero ed agli ad­detti ai lavori, fu certamente data dallo stereotipato e spesso anacronistico regime educativo adottato nei convitti. In merito, sempre il Costantini, nel 1894, auspica che i convitti «perdano interamente quel carattere di severità e di monotonia che li rende spesso somiglianti alla caserma od al chiostro; è necessario che alle vecchie regole di una vita convenzionale, uniforme, fitti­zia, che intristisce gli animi ed accascia gli organismi, siano sostituiti mezzi di educazione e di cultura più rispondenti alle naturali esigenze dello svilup­po giovanile; che sino dai primi anni sia dato modo ai giovani di formarsi un criterio possibilmente esatto della realtà; che gli educatori si facciano amare più che temere, sicché tra essi e i giovani si stabiliscano vincoli di confiden­za e di stima meglio che semplici e talvolta in visi rapporti ufficiali» 3 .

Queste esortazioni ministeriali volevano invertire una tendenza formativa che aveva caratterizzato, anche se indirettamente, tutti i convitti del paese, ovvero quella della militarizzazione. Dal 1885 , infatti, il Ministero della pub-

1 « Personale degli istitutori dei Convitti nazionali», circolare n. 71 del Ministero della pub­blica istruzione del 27 giu. 1894, in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzio­ne », 1894, p. 937.

2 « Convitti nazionali» , circolare n. 966 del Ministero della pubblica istruzione del 22 gen. 189 1 , ibid. , 189 1 , p. 201 .

3 «Andamento dei Convitti nazionali» , circolare n. 98 del Ministero della pubblica istruzio­ne del 20 ago. 1 894, ibid. , p. 1 163.

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blica istruzione aveva "ceduto, in forma sperimentale al Ministero della guer­ra cinque convitti onde poter attivare una vasta strategia di « educazione mili­tare» nelle strutture statali. Il progetto iniziale prevedeva che tutti i collegi dello Stato acquisissero le finalità «militari» , che fossero trasformati in collegi militari, <<con programmi di studi e con personale insegnante identici a quelli dei ginnasi e licei, con piena dipendenza, quanto all'insegnamento, dall'auto­rità scolastica civile; quanto alla disciplina ed al governo dalla autorità milita­re. Tutto ciò senza impegnare i giovani a seguire la carriera militare, 1 . I con­vitti investiti furono quello dell'Aquila, di Macerata, di Siena, di Salerno e di Milano, il <<Longoni» .

L'iniziativa suscitò una selva di acerrime polemiche. Innanzitutto, fu molto contestato l'espediente che attraverso l'approvazione del bilancio del Ministero della guerra per il 1885-'86 permise di far passare una intrapresa educativa che in fondo aveva pochi sostenitori nel paese. Già alla Camera dei deputati e al Senato l'operazione fu molto contestata. E non si contesta­va la buona fede dei ministri Ricotti e Coppino, ministro della guerra il pri­mo, della pubblica istruzione il secondo. Con la << cessione d'istituti» si la­mentava l'abdicazione del Coppino al Ricotti. << Questi, uomo di gran senno e avveduto, e delle cose militari esperto sopra gli altri, aveva ben veduto e conosciuto qual vantaggio avrebbe potuto recare all'esercito ed agli ordina­menti militari l'avviarvi i giovani educati nei buoni studi, e quindi meglio degli altri capaci e in grado di portare nell'esercito energia di mente, corre­do di cognizioni, e volontà degli studi stessi classici educata e rinvigorita. Colse quindi lieto il destro di avere a sé, fosse pure in esperimento, alcuni convitti; i quali in breve videro mutati gli antichi ordini disciplinari, con or­dini nella sostanza più rimessi e facili, nella apparenza e forma più rigidi e

• 2 seven» . La «mossa» del Ricotti fu dunque condannata all'insuccesso per quei mo­

tivi di condotta che inevitabilmente, secondo molti, avrebbero portato il processo formativo, di cui si apprezzavano le finalità, a stravolgere la sua ri­conosciuta bontà, giacché la guida <<militarizzata» non sarebbe stata <<peda­gogicamente ,, investita. È per ciò che nessuno osteggiava il valore educativo della disciplina o delle discipline militaresche. Difatti, <<parve allora, e con gran ragione, che nessun avviamento od indirizzo fosse più acconcio del mi­litare per dare ai giovani abitudine di seria e rigorosa disciplina, che agli stu­di e alla forte educazione è mezzo efficacissimo. La disciplina militare ( . . . ) è tuttavia e sarà sempre ottimo mezzo, utile ed efficace a ritemprare gli animi infiacchentisi ogni dì più, e sempre più attratti da una falsa parvenza di li­bertà, che fa i giovani ripugnanti a tutto che debba essere fatto con ordine e

1 AP, Camera dei deputati, legislatura XV, sessione 1882-'83-'84-'85, Documenti, n. 258A, p. 10.

2 P. PAVESIO, I convitti nazionali dal 1885 al 1898 . . . cit . , p . 7 1 .

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misura, e costringa, anche per poco, a sottomettere la propria volontà all'al­trui» 1• Però, <<essa da sola non basta ( . . . ) a dare quella educazione maschia e robusta, della quale abbisognano i popoli civili. La pratica soldatcsca, che crea uomini disciplinati ed obbedienti, non è quella esercitazione intellettiva e morale, non disgiunta dalla fisica, che forma uomini devoti ai principii della ragione morale e sociale, 2 •

Nonostante la maggioranza dell'opinione pubblica e degli addetti ai lavori fosse contraria all'iniziativa, la sperimentazione nei cinque convitti durò pa­recchio. Fu prorogata una prima volta nel 1888, con un decreto del 7 giugno, per altri tre anni, e poi nel 1892 per un anno ancora. E questo fu l'ultimo.

Nel giugno di quello successivo, il ministro Martini ne decretò la fine. Il suo non fu soltanto un gesto istituzionale: egli contemporaneamente suggel­lò una strategia educativa che di lì a non molto avrebbe orientato tutta la ri­flessione educativa del paese. Il Martini ritenne esaurito il corso sperimenta­tivo dei convitti militarizzati poiché <<non c'è un'educazione civile ed un'e­ducazione militare; c'è un'educazione nazionale; il resto è nulla; e dirimpet­to all'educazione, che deve essere preparazione alla vita, la preparazione al­le armi, per quanto altissima, diventa una questione assolutamente seconda­ria: nei convitti si devono educare i giovani alla vita, e non già ad una data funzione della vita» 3 .

Il referto di morte dei convitti militarizzati era però stato redatto qual­che tempo prima da Enrico D'Ovidio e da Carlo Giada, incaricati nel 1891 dal ministro Villari di condurre su di essi una accurata inchiesta. Alla fine del loro lavoro, i due emeriti professori dichiararono che «i convitti milita­rizzati non hanno sufficiente ragione di esistere, se il governo vuoi farli ser­vire soltanto alla educazione della gioventù studiosa» 4. Cioè avevano perce­pito quello che era sotto gli occhi di tutti: « l'effetto della militarizzazione era stato ( . . . ) funesto » 5 •

I seminari vescovili

Fra le tante scuole, i tanti << collegi, ecclesiastici che dalle Alpi a Capo Passero popolavano l'Italia preunitaria, i seminari sarebbero state le sole isti-

l Ibid. , pp. 70-71 . 2 Ibid. , p . 7 1 . 3 AP, Camera dei deputati, legislatura XIII, sessione 1 893, Discussioni, tornata del 1 5 giu­

gno 1 893, p. 4872. 4 E. D'OVIDIO, C. GrODA, I convitti militarizzati in Italia, in « Bollettino ufficiale del Mini­

stero della pubblica istruzione », 1 89 1 , p. 396. 5 P. PAVESIO, I convitti nazionali dal 1885 al 1898 . . . cit . , p . 8 1 . Sugli effetti educativi

non certo esaltanti, ma anacronistici ed insignificanti dei collegi militarizzati cfr. anche F. BRI­

zro, L 'educazione nazionale e il Governo militare nei convitti nazionali, Bologna, Zanichel­li, 1886.

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tuzioni formative chiesiastiche a sopravvivere con un proprio riconosciuto statuto e senza alcuna vigilanza ed ingerenza del Ministero della pubblica istruzione. Con lo status di ente morale, il seminario poté governarsi con le antiche regole tridentine. La sua autonomia si badi, però, era soltanto relati­va agli studi dei chierici. Infatti, se ci fosse stata l'intenzione di introdurre l'equipollenza di tali studi con quelli ginnasiali e liceali, o qualora nel semi­nario si avesse avuto la volontà di introdurre un corso di studi extra-sacer­dotale e quindi ospitare studenti esterni, l'istituto per quella parte doveva sottostare alla disciplina che regolava tutte le altre scuole private. Disciplina questa che, non contempletata dalla Casati, ma da essa ripresa, risaliva alla legge Lanza del 22 giugno 1857 con la quale si comandava: «Gli studi fatti nei seminari e nei collegi vescovili o in ogni altro istituto ecclesiastico o reli­gioso di qualsivoglia denominazione, i quali ave non siano esclusivamente pei giovani destinati alla carriera sacerdotale, ave non si uniformino alle di­scipline vigenti per gl'istituti pubblici di educazione e d'istruzione, non avranno valore per l'ammissione ai corsi, agli esami ed ai gradi nelle scuole dipendenti dal Ministero della pubblica istruzione. In ogni caso tali stabili­menti andranno soggetti alla vigilanza governativa» .

n· richiamo a tali disposizioni non fu però univoco. La Casati, rimandan­do alla legislazione « anteriore» , lasciò in sostanza che la materia venisse di­sciplinata dai decreti di annessione e di estensione della medesima. E ciò provocò parecchi scollamenti, quando non determinò anche «vuoti di go­verno" degli istituti vescovili che a loro volta produssero tante, gravi e varie carenze e disfunzioni formative. Infatti, se alcuni decreti, quale quello per le Marche e l'Umbria del 17 dicembre 1860, fecero espresso riferimento alla legge Lanza, altri, quello del 10 marzo 1860 per la Toscana, quello del 17 ottobre dello stesso anno per la Sicilia non fecero parola alcuna dei semina­ri. E addirittura, per le province napoletane, dopo che il decreto-legge del­l'Imbriani del lO febbraio 1861 non ebbe dato riferimento alcuno, un poste­riore decreto luogotenenziale di sette giorni dopo comandò di rifarsi ad una normativa del breve periodo costituzionale del 1848. Quest'ultimo, pur non essendo difforme dalle norme piemontesi del 1857, estendeva e precisava ancor di più il « Controllo» dello Stato. «Dipenderanno ancora dal dicastero della pubblica istruzione - diceva il decreto del 17 febbraio del 1861 - ed in conformità del decreto 16 aprile del 1848 i seminari per la parte che riguar­da l'istruzione scientifica e letteraria, rimanendo affidata ai vescovi la dire­zione degli studi di teologia, dommatica e morale e dovendo le nomine dei maestri essere fatte dai vescovi medesimi d'accordo col dicastero dell'istru­zione pubblica» 1 •

1 Sulle vicende storiche e legislative dei seminari dalla fine del secolo XVIII all'inizio del Novecento cfr. G. BARBERIS, Dei seminari del Regno. Relazione a S.E. il Ministro della Istru­zione Pubblica, in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione», 1879, pp. 155-1 89; B . AMANTE, Raccolta completa de' testi di leggi, decreti, regolamenti e circolari dal 1859

Introduzione 87

Pur non mancando il grande riferimento legislativo, l'assenza di unifor­mità legislativa finì con il penalizzare un settore del sistema formativo che in passato era stato uno dei cardini dei processi educativi e di trasmissione del sapere per le classi sociali più abbienti e destinate a fornire i soggetti po­litici ed amministrativo-burocratici per la dirigenza del paese. Difatti, per moltissimi decenni i seminari andarono ben oltre i loro compiti stabiliti dal­l'atto di fondazione avutosi nel corso del Concilio di Trento. La finalità ori­ginaria, quella di formare al sacerdozio i giovani vocati, passò ben presto in secondo ordine. I seminari, sempre più spesso dotati di redditi governativi, sostenuti con pingui donazioni dalla liberalità delle classi agiate, istituirono al proprio interno, e in concomitanza con gli studi per la carriera ecclesiasti­ca, varie scuole per l'istruzione prevalentemente classica dei giovani laici. E questa, come si sa, non fu una sorta di « invasione» quanto piuttosto l'artico­lata risposta che venne dalle strutture religiose alla domanda di formazione della società civile che lo Stato non seppe o non volle appagare. E quella che sembrò essere inizialmente una semplice « supplenza, si trasformò in breve in un compito istituzionale che, oltretutto, incontrava i favori del pubblico. Fu per questo che, come ci ricorda Gabelli, il regno d'Italia ereditò dai vec­chi Stati preunitari qualcosa come 400 seminari e 200 istituti privati, questi ultimi a prevalente conduzione religiosa e con corsi d'istruzione ginnasiale 1 .

Con la costituzione del regno, però, non tutti gli istituti religiosi ed in specie i seminari continuarono ad esercitare la precedente funzione: proble­mi giuridici, determinati e caratterizzati dal conflitto tra Stato e Chiesa, a volte li rallentarono nella loro opera scolastica, altre volte li paralizzarono per anni, fino a portarli alla estinzione in molti casi. Malgrado ciò, comun­que, nei primi anni postunitari i seminari continuarono ad essere grande parte dell'universo scolastico secondario. Nel 1864, secondo una statistica ministeriale 2, i quattro decimi degli istituti classici sono allocati nei semina­ri. Contro i 279 licei (86) e ginnasi (193) governativi si hanno 208 fra ginna­si e licei inseriti in una struttura « Seminaristica» . E questo, quando ancora, come vedremo, non sono stati ripristinati molti dei seminari meridionali che vissero in quel torno di tempo vicende particolari.

Le regioni con il più alto numero di seminari sono la Toscana (29), le Marche (26), l'Emilia (25) ed il Piemonte (22). Ad esclusione dell'Umbria e

al 1887, Roma, s.e. , 1 887; G. CASTELLI, I seminari, le scuole private e le paterne. Studio di le­gislazione scolastica, Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 1 897; B . AMANTE, I seminari in rapporto al nostro diritto scolastico, in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istru­zione » , 1907, pp. 1293-1376; P. GUERRINI, La questione dei seminari nel 1863-'64 in alcune lettere di prelati lombardi, in Miscellanea bresciana di studi, appunti e documenti con la bi­bliografia giubilare dell'autore (1903-1953), I, Brescia, Scuola Tipografica Scuola Pavoniana, 1953, pp. 163-177.

1 A. GABELLI, L'istruzione classica . . . cit. , pp. 671-672. 2 G . NATOLI, Istruzione primaria e secondaria classica data nei seminari, Firenze, 1865,

citato in B . AMANTE, I seminari . . . citata.

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88 Fonti per la storia della scuola

della Sicilia, in tutte le regioni si hanno seminari con tre corsi di studio, il li­ceale, il ginnasiale e l'elementare. Quello nettamente più diffuso è il ginna­siale, che conta sull'intero territorio regnicolo 7 14 classi, contro le 285 li­ceali e le appena 53 classi elementari. Più o meno le stesse proporzioni re­gnano nel numero degli alunni frequentanti, che in totale sono 1 3 . 17 4 . Di questi, ancora 9.726, il 73 ,8 % , sono interni con lo stato di chierici e di se­colari, mentre 3 .448, il 26, 2 % , sono esterni 1 .

L'assetto dei seminari non fu tuttavia definitivo, giacché proprio in que­gli anni si giocava un lungo braccio di ferro fra le autorità vescovili e quelle governative. Se al Nord, segnatamente nel Piemonte, nella Toscana ed in Lombardia, grazie ad un consolidamento anche nell'universo clericale delle << idee liberali», non vi furono attriti di rilievo, nel resto del paese, nel Mez­zogiorno in specie, si pervenne ad uno stato politico di vera e propria « guerra» giuridica. Da una parte, si ebbero forme di resistenza ecclesiastica al controllo ed alla compartecipazione formativa dello Stato che culminaro­no addirittura nella proclamazione esemplare dell'autochiusura di parecchi seminari. Dall'altra parte, si registrò un sempre crescente impegno normati­va e legislativo del governo per vigilare e sottoporre ad omologazione cul­turale, pedagogica e didattica le disparate, spesso singolari, modalità educa­tive, i carenti curricula e la funzione docente di molti, improvvisati ed im­preparati insegnanti.

In breve, negli ex possedimenti borbonici ci fu un netto rifiuto delle au­torità vescovili a rispettare le nuove norme, al punto che da esse venivano impedite financo le più formali ed innocue ispezioni. L 'atteggiamento dello Stato in questo caso non poté non essere alquanto rigido ed intollerante. Il rigore normativa fu tradotto in pratica con misure repressive che culmina­rono nella chiusura dei seminari renitenti e nella confisca dei beni legati alla loro funzione scolastica.

Quanto successe è comprensibile solo alla luce della posta in palio che animò l'aspro conflitto. Infatti, i seminari per le forze clericali, per l'antico e « civile» potere vescovile diventarono l'ultima frontiera per la riproposi­zione di una secolare egemonia culturale e politico-ideologica. Infatti, con l'avvento del liberale regno d'Italia, ai vescovi fu chiaro come si stesse ali­mentando, paradossalmente, la tendenza istituzionale e culturale che già ne­gli ultimi anni borbonici era apparsa piuttosto evidente. Ovvero, la crescen­te caratterizzazione dei seminari come «focolari della cultura laica» determi­natasi con la «cessione» statale della funzione educativa.

Nel corso degli anni Cinquanta nel Regno delle Due Sicilie, come si sa, i vescovi ebbero il totale governo delle istituzioni educative. Nell'espletazio­ne di questo compito, pur clericalizzando quanto più possibile prassi e con­tenuti scolastici, non riuscirono ad arginare nella misura dovuta l'avanzata

l Ibid. , p. 1 336.

Introduzione 89

della cultura laica e della sua fruizione. Da « sola» , senza bisogno di « orga­nizzazione>> e di battaglia politica, spontaneamente, la cultura laica, la cultu­ra progressiva ed anticonfessionale era penetrata nei luoghi della trasmissio­ne del sapere e si accingeva a minare le non più solidissime basi del « domi­nio » culturale religioso e del cattolicesimo romano. Per le autorità ves covili era, quindi, urgente porre rimedio a questo stato di cose. L 'occasione buona sembrò essere quella della gestione autonoma della formazione seminaristi­ca. Non potendo rifiutare che alla fine del corso degli studi gli scolari del se­minario si sottoponessero all'esame per l'acquisizione del titolo legale degli studi, i vescovi pretendevano che i corsi ginnasiali e liceali, al pari di quello teologico, non dovessero prevedere l'ingerenza laicale. Questa strategia fu inizialmente condotta con intransigenza e con ostinazione, ed anche con ostentazione provocatoria.

Molti, infatti, furono i seminari che non permisero l'accesso ai commis­sari governativi per le ordinarie ispezioni amministrative e scolastico-peda­gogiche. Per tutta risposta, lo Stato mantenne una analoga intrasigenza, e con forza e con toni ultimativi riaffermò le disposizioni del febbraio '61 . L 'irrigidimento statale non sortì tuttavia gli effetti sperati. Anzi, gli ordinari ecclesiastici meridionali altrettanto rigidamente, e con perentoria arroganza, rifiutarono in modo congiunto le disposizioni governative, ritenute « Oltrag­gi che feriscono direttamente la Chiesa» . Nel novembre del 1862, nell'O­gnissanti, attraverso una dichiarazione pubblica, sentirono « il dovere di le­vare novellamente la ( . . . ) voce>> affinché il ministro e tutto il governo del re­gno si convincessero finalmente che <d seminari diocesani non sono pubbli­che scuole aperte generalmente, a chiunque ami di intervenirvi» ; esse, inve­ce, « secondo la disciplina universale della Chiesa sono case religiose, in cui con metodo tutto proprio si educa la gioventù, che dia sufficienti indizi di essere da Dio chiamata al ministero degli altari» . E non può essere diversa­mente, ribadiscono gli ordinari diocesani. Infatti, al tridentino capo 80 di De Riformatione è espressamente prescritto che i seminari « dipendono in tutto e per tutto dai vescovi, perché solo i vescovi debbono rispondere in­nanzi a Dio della scienza e della virtù di quelli su cui nella sacra ordinazione impongono le loro mani» . Per cui ogni minima ingerenza laicale va contro lo spirito istitutivo degli stessi seminari. Per giunta, ancora, ogni interferen­za è una palese, grave e delittuosa ingiustizia, poiché «mentre a nome della libertà e del progresso si permette ad ogni setta di eretici di aprire pubbliche scuole a rovina e vituperio della fede dei nostri padri, si proibisce poi alla Chiesa cattolica, vale a dire alla religione dichiarata dallo statuto la sola do­minante nel Regno, di disciplinare a modo suo i giovani suoi lieviti» 1 •

L a posizione delle autorità ecclesiastiche meridionali fu dal governo ita­liano, dal ministro Natali, più precisamente, giudicata deplorabile, in quanto

1 B . AMANTE, Seminari in rapporto . . . cit . , pp. 1 344-1345.

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90 Fonti per la storia della scuola

mentiva su due aspetti salienti della vita dei seminari. Primo: « quei diocesa­ni dimenticavano che, mentre asserivano che le scuole dei loro seminari era­no unicamente popolate di chierici destinati al sacerdozio, la maggior parte al contrario degli alunni stava al di fuori di cotal via» . Secondo: in barba al dettame statutario che obbliga ad ospitare soltanto scol;tri vocati al sacerdo­zio, <dl patrimonio di non pochi seminari erasi impiguato di beni legati da cittadini per somministrare l'istruzione a giovinetti laici e a fanciulli appena usciti d'infanzia» 1 •

In questi termini i l dissidio non poté essere sanato dall'oggi al domani. Piuttosto toccò palesemente vette ancor più alte. Da un lato, si accrebbe il numero dei seminari chiusi, fino a raggiungere tre anni dopo il numero di 82 (40 solo nel corso del 1865). Dall'altro lato, lievitò l'acredine, che si espresse da forme di indisciplina varia ad aperta disobbedienza ed ostilità politica, che veniva alimentata « nell'insinuare agli studenti le massime con­trarie all'unità ed indipendenza italiana». Le cronache di quegli anni segnala­vano ricorrenti episodi come quelli accaduti nel seminario di San Severo, ove, in occasione di un banchetto, «maestri ed alunni, ad invito dell'Arci­diacono di quella cattedrale, prorompevano nel grido Viva Pio I� Papa Re» 2•

Nell'impossibilità tangibile di ricomporre pacificamente il conflitto, al ministero si pose urgente il problema di riconvertire le risorse scolastiche dei seminari. Così, dopo aver cercato una soluzione istituzionale nel rispetto e nella convergenza delle rispettive prerogative, dopo aver provveduto al primo coerente e retto atto governativo, la chiusura dei seminari renitenti, il ministro Natoli pervenne alla determinazione, come egli stesso spiegò, di «volgere ad utile pubblico ed ai molti bisogni dell'istruzione secondaria una parte dei redditi di tali istituti chiusi per riluttanza alle leggi del regno » . Fu così che, con tale avallo ministeriale, molti municipi meridionali, i quali si dibattevano in ambasce economiche, fecero di tutto per accaparrarsi il patri­monio, o sua buona parte, dei seminari, che era costituito da precedenti concessioni «fatte da governi assoluti allo scopo di sopperire a quella istru­zione laicale, della quale essi si disinteressavano o si interessavano solo a mezzo di quella forma di delegazione» 3. La soluzione prospettata dai muni­cipi fu quella di istituire all'interno dei seminari, grazie alle loro risorse di­dattiche ed ai loro docenti, scuole ginnasiali e liceali a carico dell'ammini­strazione comunale.

Fu così che, per andare incontro a quelle sfortunate popolazioni, « le

quali, mentre braman.o di possedere pei loro figli un'istruzione civile, degna

dei nostri tempi e che li cresca all'amore e alla felicità d'Italia, attualmente o

per malagevolezza di strade, o per distanza di luoghi, o penuria di mezzi,

1 G. NATOLI, Istruzione primaria e secondaria . . . cit. , p. 1 345. 2 Ibid. , p. 1 344. 3 Ibid. , p. 1 348.

Introduzione 9 1

non possono profittare degli istituti governativi ginnasiali e liceali, situati nel Napoletano nei capoluoghi di provincia soltanto» \ furono emanate di­sposizioni per la riconversione e riattivazione delle vecchie scuole seminari­stiche con il deliberato scopo di potenziare il tessuto scolastico secondario .

Con la circolare del l o settembre 1865 , sempre nella prospettiva « di portare riparo ai danni che derivano all'istruzione dei giovinetti chierici e laici dalla chiusura» dei corsi secondari annessi ai seminari, si ordinò: di ria­prire le scuole precedentemente chiuse per disposizione governativa o per disposizione autonoma della diocesi; di sequestrare e porre sotto l 'ammini­strazione « degli economati generali dei benefizi vacanti» i locali e le rendite seminaristiche; che una terza parte di tale rendita ed una parte dei locali sia riaffidata agli ordinari per lo svolgimento del corso teologico; che le restanti due parti siano poste a disposizione del Ministero della pubblica istruzione che vi istituirà corsi pareggiati a quelli che si svolgono presso ginnasi e licei governativi; che, ove le rendite seminaristiche non bastassero, ad interveni­re e sostenere l'iniziativa fosse il locale municipio; che a nominare il rettore ed i professori fossero le autorità ministeriali.

Tali direttive risulteranno di capitale importanza. E non solo per aver re­stituito alla fruizione pubblica istituti e risorse economiche il cui luogo natu­rale d'investimento era quello formativo, ma specialmente per avere rappre­sentato per tutta l'età liberale le norme di riferimento generale che hanno sovrinteso alle relazioni fra le autorità ecclesiastiche e quelle ministeriali.

Infatti, il successo immediato nella riattivazione delle scuole annesse ai seminari fu tutto sommato modesto . Dei 50 seminari che avevano le rendite sotto sequestro solo 22 furono quelli riaperti, essendosi proceduto alla asse­gnazione delle rendite a favore dell'istruzione laicale. A gestire tale opera­zione, a coordinarla e regolarla secondo necessità peculiari di luogo e di cul­tura fu un « commissario straordinario» appositamente nominato, Edoardo Fusco, dal 1866 primo professore al Sud di pedagogia ed antropologia pres­so l'ateneo napoletano.

Più marcato fu invece il contributo della circolare di Natoli dal punto di vista giuridico-istituzionale. Benché non si fosse mai placata la polemica, non si fosse smesso di pensare e di lavorare per una definitiva riforma legi­slativa, le norme del '65 dettarono taluni comportamenti operativi che fini­rono per consolidarsi e per « diventare» essi stessi « legge» , di tanto in tanto aggiornata e ribadita con più efficacia.

Il primo segnale dell'unanime consenso, o comunque maggioritario con­senso, lo si ebbe in sede politica quando la Camera dei deputati, nel luglio del 1866, votò a larga maggioranza un ordine del giorno dell'onorevole Pi­sanelli, con il quale si ribadì che la condotta più equa ed opportuna sarebbe stata quella di lasciare ai seminari il minimo ed indispensabile per il mante-

l Ibid. ' p. 1 349.

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92 Fonti per la storia della scuola

nimento del corso teologico e destinare tutte le altre risorse economiche al­le scuole pareggiate da istituire annesse ai seminari medesimi.

Qualche anno più tardi, nel 1872 (18 dicembre), una circolare del mitù­stro Scialoja, nell'intento di uniformare normativamente tutto l 'apparato scolastico legato ai seminari, ribadì con forza che lo Stato non avrebbe mai rivendicato l'intervento in quei seminari ave gli studi fossero rivolti ai soli chierici, ma che avrebbe preteso l 'avocazione a sé della gestione scolastica qualora vi fosse presente anche un solo giovane « esterno " alla formazione sacerdotale.

Concessione ragionevole, e largamente condivisa, fu quella che stabilì che i giovani seminaristi che avessero smesso l 'abito talare avrebbero potuto essere certamente reintegrati nelle scuole pubbliche, con il solo vincolo di frequentare per un anno un corso pubblico, privato e pareggiato, comunque riconosciuto, prima di sostenere gli esanù per il riconoscimento legale dei loro studi.

Con questo « codice» di rapporti, «ufficiale» nel costume ma mai oggetto di sanzione legislativa, via via ribadito anche dalle autorità giudiziarie, oltre che da quelle politiche, si andò avanti nei decenni successivi. I tempi co­munque non erano più quelli dell'immediatezza postunitaria; molte ferite si rimarginarono; sinergie operative vennero a smussare le faziosità e a svilup­pare una pur modesta solidarietà civile. Fu questa la condizione che permise una certa stabilizzazione dell'apparato scolastico annesso ai senùnari, così come consentì un nùgliore, anche se non del tutto sufficiente, rendimento didattico e culturale.

Nel 1876, come risulta da una inchiesta promossa dal ministro Bonghi, il numero dei seminari ascendeva a 284. Non tutti avevano, però, i corsi al completo. Quello teologico, di quattro anni (non era infrequente trovare tuttavia corsi di 6, 7 e magari 8 anni, come anche di uno o due), lo si aveva in 133 senùnari. Il corso liceale, il più carente, spesso passava per corso filo­sofico contemplando fra le materie d'insegnamento solo la filosofia raziona­le, spesso spiegata e recitata in latino, alla quale si abbinavano nozioni ele­mentari di matematica e di fisica. Nel complesso, inoltre, 1 1 1 seminari non avevano il corso liceale, 42 concentravano questo in un anno, 88 lo distri­buivano in 2 anni, e soltanto 36 lo svolgevano nei tre anni regolari in con­formità alla legge.

Migliore è la situazione per il corso ginnasiale, di cui ad esserne sprovvi­sti sono soltanto 47 seminari. Esso si dà in modo completo, cioè per cinque anni, in 1 14 seminari, mentre nei rimanenti si dà con molte variazioni che vanno dai 2 anni fino ai sei anni, come in alcuni casi.

Spesso, parallelamente all'insegnamento classico era istituito anche il corso elementare, il quale veniva svolto in 125 seminari.

Nel complesso, gli alunni che frequentavano i seminari erano 17 .478, così ripartiti per corsi: teologico 3 .547, ginnasiale e liceale 1 1 .435, elementare

Introduzione 93

2 .496. Inoltre, dei quasi 14 mila che non frequentano il corso teologico 4 . 330, ovvero quasi un terzo, non vestono l'abito talare e sono quindi alun­ni laici, a testimonianza del servizio pubblico dell'esercizio scolastico dei se­minari.

Qualche decennio più tardi, nell'anno scolastico 1892-'93, erano attivi addirittura 303 «convitti seminarili» che ospitavano 18.486 scolari. Di que­sti, 14 .073 frequentavano corsi ginnasiali e 3 . 3 18 quelli liceali, mentre i ri­manenti si distribuivano in altri corsi.

Se si pensa al numero del totale degli alunni iscritti in tutti i tipi di ginna­si e licei, intorno alle 55 .000 unità, si ha un'idea ben chiara degli spazi di domanda formativa che i seminari coprivano all'interno del sistema formati­vo nazionale 1 . Difatti, come già prima dell'Unità, sebbene in misura ridotta, l'attività scolastica dei seminari finì con l'essere una colonna portante di tut­ta la struttura pubblica dell' istruzione classica. I motivi della persistenza fun­zionale dei seminari vanno ricercati in più direzioni e nella sinergia di alcuni fenomeni politico-culturali. In primo luogo, nella funzione supplente che essi svolgevano nelle molte regioni prive della presenza degli istituti gover­nativi e privati, e, dunque, nella necessaria riconversione «civile» di tante ri­sorse fisiche e culturali. In secondo luogo, nella pervicace difesa del diritto alla libertà dell' insegnamento e, quindi, del diritto alla formazione adole­scenziale «diversa» da quella pubblica statale. In terzo luogo, la concreta possibilità per i ceti meno abbienti delle zone depresse e a grande « intensità culturale" di cattolicesimo di poter dare alla propria figliolanza una istruzio­ne gratuita oppure una alternativa reale con la carriera sacerdotale.

Queste motivazioni, fortemente radicate nel tessuto socio-culturale nonché politico del paese, consigliarono con il tempo alle componenti lai� che ed a quelle clericali di sedare in qualche modo quella antica polemica, e di non fare della formazione secondaria il luogo riflesso di ben altri conflitti politici. Fu così che, operando in un nuovo clima, pian piano i senùnari ten­tarono, non sempre riuscendoci, una uniformazione con gli standard didat­tici, pedagogici e culturali degli istituti governativi. Pur rimanendo sempre particolarmente caratterizzati non denunciarono le manchevolezze di pri­ma, le quali tante ostilità avevano suscitato nelle forze laiciste.

Eppure all' indomani dell'Unità sembrava che i seminari fossero istituti formativi senza futuro, non solo dal punto di vista istituzionale ma anche e specialmente dal punto di vista scolastico. Nei primi anni Sessanta, scriveva ancora il ministro Natali, l 'istruzione che si impartisce nei seminari, « Sia per le materie che vi si insegnano, sia per i metodi che si usano e sia per la quali­tà dei docenti, non armonizza né coi progressi della scienza, né coi bisogni della società» . Si evidenziava prepotentemente « che le massime di cui ven­gono imbevuti gli aninù degli alunni sono intieramente contrari alle nostre

1 G. CASTELLI, I seminari, le scuole private e le paterne . . . cit . , pp. 57-58.

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94 Fonti per la storia della scuola Introduzione 95

istituzioni politiche e che l'educazione ivi data non può preparare uomini il- T ab. l - Orari settimanali del corso di studio completo del ginnasio

luminati e buoni cittadini» . Per cui, « la gioventù è cresciuta nell'ignoranza e del liceo dal 1860 al 1923

dei migliori addottrinamenti letterari e sovratutto nella glorificazione di un

passato che alle tenere menti si presenta come l'ideale del bene ed il tipo GINNASIO 1860 1865 1867 1876 1882 1884 1888 1889 1891 1894 1901 1923

dell'onestà» . Ciò era didatticamente determinato dal fatto che ovunque: pri-

mo, « gli insegnamenti di storia, di geografia e di greco sono grandemente Italiano 28 37 30 3 1 3 1 35 32 32 33 34 3 1 3 1

negletti» ; secondo, « le matematiche, la fisica e la storia naturale o non si in- Latino 37 40 42 44 38 35 32 32 36 35 33 34 segnano o sono relegate fra gli studi di secondaria importanza» ; terzo, « lo

studio del latino e dell'italiano non è volto ad educare il gusto e a nobilitare Greco 10 8 10 12 10 10 6 6 10 8 8 8

l'animo» l Storia 6 16 16 12 12 12 6

Nel 1876, nelle rilevazioni dell'inchiesta condotta da Barberis, le condi-l

6 zioni didattiche sembrano un po' migliorate . Tuttavia lasciano ancora molto

I6 I5 I2 20

a desiderare. Ciò che più preoccupa non è tanto la carenza di questo o quel- Geografia 9 9 I2 8 8 8 6

l'altro insegnamento quanto l'indirizzo educativo che continua ad essere, Matematica 9 8 I4 8 8 I2 IO IO IO IO IO secondo l'opinione di tanti, « retrivo» . Da un punto di vista politico sembra

9

siano stati invece compiuti notevoli passi avanti. Infatti, se prima era co- Religione 5

stante una << istruzione» antinazionale, ora, abbandonata ogni forma di vili- Ginnastica 20

pendio, si è passati ad una sorta di insegnamento neutrale che nulla fa co-Francese

munque per fare amare o per accrescere l'amore verso la patria 2• E ciò fu IO 8 6 9 9 I 5

unanimemente ritenuto grande cosa. Disegno 2 8 GAETANO BONETTA Elem. storia nat. 6 4 4 4 4 4

Università degli studi (( Gabriele D'Annunzio» di Chieti Storia geog. politica 6 9 9

1 G. NATOU, Istruzione primaria e secondaria . . . cit., in B. AMANTE, Seminari in rapporto . . . LICEO

cit . , p. 1337. 2 Sui « regimi» pedagogici e culturali diffusi nei seminari cfr. A. BONARDI, Principi e norme

di buona creanza con appunti d'igiene per i seminari, Firenze, Tip. Calasanziana, 1908. Italiano I2 I2 IO I2 I3 I2 I3 I3 I3 I3 I3 1 1

Latino

ll l

l 15 l2o

I l I2 1 1 1 1 I2 I2 I2 1 1

13-!-Greco I l IO 9 9 12 9 9 1 1

Storia 1 1 I2 IO I5 9 9

l ll

9 I2 IOt 9 1 1

Geografia 3 3

Matematica 1 1 I2 13-!- I4 8 I2 IO IO 1 1 9 9

l l3

Fisica 9 9 9 9 9 8 7 7 7 6 6

Storia naturale 5 6 5 IO 6 5 5 5 6 6 8

Filosofia 8 8 9 5 7 8 6 6 6 6 6 9

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96

GINNASI

1 862-'63

1 870- '71

188 1 -'82

189 1-'92

1901-'02

1 9 1 2-' 13

1 922-'23

LICEI

1 862-'63

1 870-'71

188 1-'82

1891-'92

1 90 1- '02

19 12-' 1 3

1922-'2 3

Fonti per la storia della scuola

Tab. 2 - Iscritti nei ginnasi e nei licei

governativi pareggiati privati

7 . 543 4 . 9 1 2 1 0 . 304

8 . 277 1 4.475

1 3 .785 6 . 4 1 7 22 .609

2 5 . 380 8 . 3 60 2 3 .785

24.081 7.208 17.000

3 4 . 899 5 .032 9 .853

5 3 .935 5 .988 1 5 . 574

3 . 3 3 9 3 6 5 908

3 . 645 2 . 1 1 3

6.623 1 . 1 67 4 .600

9 . 3 7 1 1 .246 5 . 096

1 0 . 983 1 .9 5 5 3 .000

1 2 . 366 1 . 366 1 .404

17 . 186 1 .850 1 . 838

Tab. 3 - Numero dei ginnasi e dei licei

Anno scolastico 1862 - 1 863

Governativi ginnasi 99 licei 69

Provinciali e comunali

pareggiati

liberi

Privati pareggiati

liberi

Anno scolastico 1883-1884

ginnasi governativi ginnasi pareggiati ginnasi non pareggiati

licei governativi licei pareggiati licei non pareggiati

Anno scolastico 1 909- 1 9 1 0

ginnasi governativi ginnasi pareggiati licei governativi licei pareggiati

ginnasi licei ginnasi licei

ginnasi licei ginnasi licei

1 2 1 77

5 3 6

90 28

223

234 58

1 3 3 2 6

totale

22.759

2 2 .752

42.8 1 1

57.525

48.289

49.784

7 5 . 497

4 . 672

5 .758

1 2 . 390

1 5 .7 1 3

1 5 .938

1 5 . 1 3 6

20.874

40 9

106 10

9 4

198 3 1

II. L'AMMINISTRAZIONE CENTRALE E PERIFERICA DELL'ISTRUZIONE SECONDA­RIA CLASSICA E I SUOI ARCHIVI DALLA CASATI ALLA GRANDE GUERRA (1859-

1 9 14) l

La legge Casati 2, trattando della istruzione da impartirsi dopo quella ele­mentare, non adottò il termine di <<istruzione media» 3, il cui significato avrebbe implicato una funzione di mediazione didattica tra l'istruzione ele­mentare e quella superiore. Divise invece le scuole in secondarie classiche e in secondarie tecniche, dedicando loro due diversi titoli del testo normati­vo 4 .

Per entrambe il decreto legislativo fissava norme per le materie, la dire­zione degli istituti, gli insegnanti, gli studenti, i corsi e gli esami. A fonda­mento dell'istruzione, anche in questo settore come già per quello elemen­tare, venne posta la libertà d'insegnamento, ovvero il principio della con­correnza dell'insegnamento privato con l'insegnamento pubblico purché il primo si svolgesse sotto la vigilanza dello Stato, cui spettava l'accertamento dei requisiti di cultura, di capacità professionale del corpo docente, nonché l' idoneità degli spazi adibiti alle scuole.

Benché la Casati fosse seguita nel corso di circa sessant'anni da numero­se disposizioni normative che in parte ne mutarono la fisionomia, essa fu

1 L'introduzione archivistica ha lo scopo di chiarire allo studioso alcune caratteristiche del­l'ampia documentazione prodotta dall'amministrazione scolastica centrale degli studi classici dal momento della progressiva estensione della legge Casati al compimento dell'Unità naziona­le fino all'età giolittiana, alla vigilia della grande guerra. Per il raggiungimento di tale obiettivo occorre non solo e non tanto l'illustrazione sintetica dei meccanismi organizzativi del Ministero della pubblica istruzione a livello centrale e periferico, bensì l'analisi dello stretto rapporto che intercorre tra le trasformazioni subìte dalla scuola classica e il suo riflesso nella produzione de­gli archivi che da quella attività si sono andati sedimentando nel corso di mezzo secolo e che oggi sono conservati presso l'Archivio centrale dello Stato.

La rassegna delle serie archivistiche - anche di quelle che non sono state direttamente sele­zionate in questa antologia - è stata condotta guardando ai mutamenti del ministero, mutamenti che, nonostante una certa vischiosità delle carte, puntualmente sono stati fotografati nelle di­verse articolazioni della documentazione esaminata.

2 Su proposta di Gabrio Casati, ministro della pubblica istruzione del Regno di Sardegna, e in forza dei pieni poteri che le Camere avevano delegato al re in occasione della II guerra di in­dipendenza, venne emanato il d. lgt. 1 3 nov. 1859, n. 3725 .

3 In merito cfr. F. SISINNI, La scuola media dalla legge Casati ad oggi . . . citata. 4 La secondaria classica divisa nel ginnasio, articolato su cinque anni, e - tranne i ginnasi re­

gi a carico del comune - nel liceo di durata triennale a carico dello Stato (con esclusione delle spese per i locali e i materiali), era trattata nel titolo terzo; la scuola tecnica e l'istituto tecnico erano trattati nel titolo quarto. La prima e il secondo avevano durata triennale.

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98 Fonti per la storia della scuola

però l'ossatura attorno alla quale si edificò l'organizzazione centrale e peri­ferica della scuola in generale e della scuola classica in particolare.

Come già nel progetto Cibrario e nella legge Lanza (22 giugno 1857), il perno della Casati e del governo della scuola in ogni suo ordine e grado di­venne il ministero, organo accentrato, e fortemente accentratore. Attraver­so il suo apparato burocratico e le sue ramificazioni periferiche, ubbidienti esecutrici delle sue volontà, il dicastero della pubblica istruzione ribaltava la situazione precedente, in cui agli «uomini di scienza» 1 o meglio al mondo universitario spettava il ruolo di guida del sistema. Questo fatto aveva per­messo alla scuola del Regno sardo, governata da strutture collegiali decen­trate, di godere di una relativa autonomia dalla sfera politica.

Non spetta a questa introduzione archivistica dirimere la complessa rete di problemi istituzionali e politici che fu a monte di quella scelta. Si può so­lo accennare che a spingere verso una conduzione centralizzata giocarono un ruolo rilevante la necessità di contrastare la posizione di monopolio del­l'istruzione detenuta saldamente dalla Chiesa e dai corpi morali; l 'interesse dello Stato alla diffusione dell'istruzione e di conseguenza il bisogno impel­lente di una guida salda che assicurasse unità di indirizzo non slegato dal ri­sparmio delle risorse, al fine di un'azione amministrativa che eliminasse gli sperperi connessi ad una pluralità di soggetti intermedi.

La scuola classica ricevette così dalla Casati un ordinamento che aveva il suo punto di riferimento e di indirizzo nel ministro e nei suoi più diretti col­laboratori: gli ispettori generali e l'ispettore per gli studi scientifici e quello per le materie letterarie. Per il disbrigo delle pratiche amministrative ci si avvaleva di una divisione, di una sezione contabile e di un ufficio di proto­collo.

A norma degli artt. 18-2 1 ciascun ispettore sovrintendeva all'andamento della pubblica istruzione a nome e sotto la direzione del ministro, non solo a mezzo di visite che dispensavano chiarimenti, consigli alle autorità scolasti­che, ma anche con poteri di amministrazione attiva, intervenendo nella no­mina di commissioni esaminatrici, nell'assegnazione di sanzioni disciplinari agli insegnanti, nell'attribuzione di onorificenze, nell' approvazione di pro­mozioni, etc.

Il consultore legale 2 esprimeva il suo avviso su qualsiasi dubbio intorno all'interpretazione ed applicazione della legge scolastica e su delega del mi­nistro riferiva al Consiglio superiore dei mancamenti e delle colpe di cui si fossero resi protagonisti docenti universitari o insegnanti secondari.

A coadiuvare il ministro c'era poi il segretario generale, di solito prove­niente dal mondo politico. Nel prosieguo degli anni la figura del segretario,

1 Cfr. M. GIGANTE, L 'amministrazione della scuola, Padova, CEDAM, 1988. 2 La figura e le competenze del consultore legale erano trattate agli artt.23 - 27 della legge

Casati.

Introduzione 99

fino alla sua soppressione in età crispina (1888), andò assumendo un ruolo assai significativo, fino ad assorbire competenze in materia di personale mi­nisteriale, di archivi e di amministrazione periferica 1 •

Completava il quadro del sistema centrale l'organo collegiale di consu­lenza scientifica per eccellenza del ministero per tutto ciò che atteneva l 'i­struzione, il Consiglio superiore, già previsto dal r.d. 4 ottobre 1848 (legge Boncompagni). Non è opportuno dilungarsi sulla funzione di questo organo in quanto oggetto specifico di un volume della stessa collana nella quale è inserito il presente lavoro 2 •

La periferia aveva anch'essa istituti che rappresentavano il ministro . Se al governo delle scuole secondarie la Casati aveva posto un regio provvedito­re, un regio ispettore, affiancato dagli ispettori di circondario, vigilava sul­l 'andamento dell'istruzione primaria e normale.

Il Consiglio scolastico provinciale, presieduto fino al 1867 dal Provvedi­tore agli studi, fungeva da organo collegiale periferico. Riuniva le varie au­torità scolastiche locali rappresentate dall'ispettore, dal preside del liceo, dal direttore del ginnasio, dal direttore dell'istituto tecnico e da due mem­bri, infine, scelti dal municipio capoluogo di provincia.

Ampie e articolate erano le sue competenze, dovendo provvedere a far rispettare e applicare le disposizioni ministeriali anche attraverso l'ordina­mento di visite ispettive; proporre l'apertura di nuove scuole; verificare gli adempiJ,nenti del comune nel settore della scuola primaria e nell' istituzione di scuole ginnasiali sempre a carico dell'ente locale per ciò che significava la spesa e il mantenimento. Al Consiglio faceva anche capo, in via consultiva, la nomina dei professori delle secondarie. Le stesse commissioni di concor­so ricevevano il parere dell'organo collegiale, che si esprimeva anche sulla nomina dei reggenti nei ginnasi e nei licei comunali.

Come si vede a far fronte al compito immenso della politica scolastica fu posta una struttura scheletrica che al centro non contava più di novanta ad­detti ai lavori ma che aveva una forte caratterizzazione tecnica.

Sul tavolo del titolare del dicastero giungevano i grandi come i piccolis­simi problemi, tracce cospicue dell'attività degli istituti come anche questio­ni minute e di dettaglio. Senza alcun filtro, il ministro era chiamato ad espri­mersi in modo anche dispersivo, personalistico e frammentario sulle que­stioni di fondo, quali i programmi, i regolamenti, ma anche assai frequente-

1 Presso l'ACS si conservano le seguenti serie archivistiche prodotte dal Segretario genera­le: Ginnastica, tiro a segno, nuoto, palestre e scherma (1860-1894), bb. 73 ; ATchivi di Stato (1860-1894), bb. 1 1 ; Pubblicazioni (1860-1894), bb. 9; Locali demaniali (1860-1894), bb. 30; Pratiche generali, affari interni, personale e concoTsi (1860-1895), bb. 38; Rubriche (1873-1898), n. 57; Protocolli (1871-1895), n. 125 .

2 I l volume è curato da G. Ciampi e C. Santangeli; sul Consiglio superiore cfr. anche G .

CIAMPI, Il governo della Scuola nello Stato postunitario. Il Consiglio supeTiore della pubblica istruzione dalle origini all'ultimo governo Depretis (1847-1887), Milano, ediz. di Comunità, 1983.

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100 Fonti per la storia della scuola

mente sulle promozioni dei docenti, sulle raccomandazioni. Era comunque stabilito un diretto e continuo rapporto tra centro e periferia 1 .

A connotare in tale direzione la politica scolastica contribuì non poco il fatto che specie nei primi anni (1860-1866) a gestire il sistema a livello cen­trale non furono burocrati ma intellettuali. Come sopra si è fatto cenno, fre­quentemente i ministri provenivano dalle università 2, mentre alla messa a punto e alle esecuzioni dell'attività ispettiva e sui banchi del Consiglio supe­riore frequentemente furono posti «uomini di sapere" . Romizi nella sua Sto­ria del Ministero della pubblica istruzione (Roma 1902) sostenne che « tut­ta la dotta Italia» collaborò, seppure in diversa misura, con il ministero. Par­ticolare rilievo acquista questa caratteristica nell'ufficio degli ispettori gene­rali e in quelli dei vari rami dell'istruzione. A ricoprire quegli incarichi spes­so furono pedagogisti, letterati, docenti universitari. È il caso di Raffaello Lambruschini, illustre pedagogista che, quale ispettore generale, fu a capo delle scuole primarie; di Barberis e Demaria, il primo ispettore generale per le scuole secondarie e poi provveditore centrale, il secondo ispettore gene­rale per gli studi superiori. .

Nella selezione documentaria che questo volume presenta sono numero­se le ispezioni e le testimonianze amministrative di questi personaggi la cui vita si svolgeva tra attività intellettuale e impegno burocratico.

Evidente da quanto esposto che al centro dell'attività del ministero ci so­no le funzioni tecniche concernenti l'indirizzo didattico - disciplinare, l'ac­certamento della professionalità dei docenti e la vigilanza sugli studi (pro­grammi, libri di testo, ecc.). Ne è specchio l'organo posto al vertice del dica­stero, ovvero l'Ispettorato, nel cui seno l'adozione di provvedimenti scatu­risce da uno stretto intreccio tra la funzione tecnico-ispettiva e quella ammi­nistrativa, come si evidenzia anche dal r .d. 26 aprile 1862, allorché il rego­lamento interno del ministro Matteucci impone che tutti gli affari trattati dalle divisioni debbano essere portati a conoscenza dell'Ispettorato. La di­sposizione ebbe breve durata.

Nel quadro dell'ampio dibattito e dei vari tentativi di attuazione del de­centramento amministrativo dell'istruzione 3, via via accantonati nel timore di una possibile caduta della scuola in mani clericali, si giunge con il mini­stro Berti (con r.d. 6 dic. 1866, n. 3382) ad una sostanziale riforma dell'am­ministrazione centrale e periferica.

1 Per i primi anni dell'amministrazione scolastica vedi: G. TALAMO, La scuola dalla legge Casati . . . cit.; P. MACRY, La questione scolastica: contmllo, conoscenza, consenso (1860-1872), in « Quaderni storici» , 45, dic. 1980, pp. 867-893 (n. mon. : L 'indagine sociale nell'uni­ficazione italiana).

2 Si tratta di Francesco De Sanctis, Carlo Matteucci, Michele Amari, Domenico Berti. 3 Dal 1861 al 1 865 numerosi furono i progetti presentati (Farini, Minghetti, Matteucci, De

Sanctis, Bonghi) in merito. La sostanza di tali proposte era quella di lasciare allo Stato un picco­lo spazio nella gestione degli istituti delegando agli enti locali gran parte dell'istruzione. Lo Sta­to avrebbe avuto solo compiti di integrazione, di stimolo e d'indirizzo.

Introduzione 101

L'obiettivo era quello di procedere ad uno snellimento delle strutture. Le sei divisioni (1861) sono ridotte a tre; gli ispettori generali soppressi e il Con­siglio superiore fortemente modificato . In luogo di questi ultimi viene creato un Comitato centrale, vero motore dell'istruzione suddiviso in tre sezioni per l'istruzione universitaria, per l'istruzione secon'daria, per l'istruzione pri: maria e popolare. Le sue funzioni esercitate da persone dotte e sperimentate sono a largo spettro poiché abbracciano sia quelle precedenti, attribuite alle divisioni, sia i compiti di vigilanza, di ispezione, di distribuzione di sussidi, di stimolo e controllo didattico propri dell'Ispettorato. La riforma ebbe riper­cussioni anche a livello locale, dove la scomparsa dei due pilastri del provve­ditore e degli ispettori provinciali, se da un lato accresceva le competenze de­gli enti locali, dall'altro individuava nel Consiglio provinciale scolastico, mo­dificato nella sua composizione \ l'organo a competenza generale in periferia.

I criteri delle radicali innovazioni apportate vanno individuati, infatti, nel­la ricerca del recupero della collegialità degli organi, nel rilievo dato « agli uo­mini di scienza, nella trattazione degli affari scolastici, nella sfera delle ampie autonomie concesse agli istituti nei confronti dell'autorità politica del mini­stero; nella estesa competenza e responsabilità attribuita in sede locale.

La riforma Berti viene tuttavia ritoccata ampiamente dal ministro Coppi­no già l'anno successivo (1867). Due dei tre comitati vengono sostituiti dal provveditorato centrale, composto da sei provveditori e da due sezioni, una per l'istruzione secondaria e la seconda per quella primaria; il terzo comita­to per l'università è cancellato; le competenze, per ciò che attiene all' istru­zione superiore universitaria sotto l' aspetto didattico e scientifico, sono di nuovo acquisite dal Consiglio superiore, rafforzato nei suoi poteri; i restanti servizi amministrativi centrali infine vengono ripartiti nel Gabinetto, nel Se­gretariato generale e nelle tre divisioni: per gli affari del personale, le anti­chità e belle arti, l' istruzione universitaria, gli istituti superiori e le accade­mie. Più sostanziale doveva rilevarsi la normativa attuata in sede locale. A presiedere il Consiglio provinciale scolastico viene posto il prefetto della provincia 2, in veste di prefetto scolastico, maggiormente dotato di poteri e di autorevolezza del provveditore, specie nei confronti dei comuni e delle province, verso i quali doveva svolgere azione di stimolo e di pressione in quanto rappresentante del governo e capo dell'amministrazione provinciale. In tal ruolo il prefetto diviene il referente diretto del ministro in luogo del provveditore, ricostituito nelle sue funzioni e alle dipendenze del prefetto.

1 Il presidente era uno dei membri della Deputazione provinciale nominato dal re. Il Consi­glio scolastico provinciale era poi affiancato nella sua attività dagli ispettori di circondario e dai delegati scolastici mandamentali.

2 Cfr. R. C. FRIED, Il prefetto in Italia, Milano, Giuffré, 1967; P.F. CASULA, I prefetti nell'or­dinamento italiano. Aspetti storici e tipologici, Milano, Giuffré, 1972. Sulla figura del prefetto quale funzionario •dnterministeriale », cfr. E. RAGIONIERI, I problemi dell'unificazione, in Sto­ria d'Italia, Torino, Einaudi, 1976, pp. 1 685-1699.

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102 Fonti per la storia della scuola

A lui però vengono attribuiti anche i compiti di sovrintendenza dell'i­struzione elementare del regio ispettore di provincia, figura che con le misu­re del 1867 scompare.

La stessa composizione del Consiglio scolastico provinciale risulta muta­ta a favore dei due membri di nomina ministeriale e a danno della presenza tecnica degli organi direttivi delle scuole che sono definitivamente esclusi.

La linea tracciata dai provvedimenti del settembre e dell'ottobre 1867 ri­pristina alcune linee della Casati e segna il tramonto delle ipotesi di un'am­ministrazione scolastica decentrata, che senza un forte coinvolgimento degli enti locali e di istituzioni private non avrebbe potuto funzionare. Posto ter­mine al disegno di uno Stato che interviene solo in compiti di indirizzo e di vigilanza, per tutto il governo della Destra non si hanno momenti innovativi di un certo interesse. È di questo periodo la prima spinta verso un amplia­mento dell'azione del ministero, che razionalizzando l 'amministrazione, ne sviluppa il raggio di interesse.

Con l'avvento della Sinistra tale tendenza si evidenzia in varie forme. È nell'ambito della scuola secondaria che si assiste ad una crescente espansio­ne dell'intervento statale, ravvisabile nell'aumento progressivo del bilancio del dicastero, tradotto in un aumento degli istituti scolastici, degli alunni e degli insegnanti. L 'intervento statale opera anche nel campo dell'edilizia scolastica per le secondarie, di competenza invece dei comuni per le norme della legge provinciale e comunale del 1865. La stessa istruzione tecnica e professionale, passata interamente sotto il dicastero dell'istruzione dopo la soppressione del Ministero dell'agricoltura industria e commercio, rimane di competenza dell'istruzione anche dopo la ricostituzione del ministero economico, fatta eccezione per le scuole più spiccatamente professionali e la Scuola superiore di commercio di Venezia.

Già nel 1877 Coppino, nuovamente a capo dell'amministrazione scola­stica, ritocca il regolamento concernente il Consiglio scolastico provinciale, non solo introducendovi due nuove figure, il medico - membro del Consi­glio provinciale sanitario - ed un rappresentante dell'amministrazione finan­ziaria, ma stabilendo meticolosamente la sfera d'azione dell'organo collegia­le e i compiti, nonché le relazioni dei singoli membri tra loro, al fine anche di porre un efficace rimedio alla latente conflittualità tra il prefetto e il provveditore.

Ma è con le riforme del 1881 (r.d. 6 mar. 1881 , n. 97) del ministro Bac­celli che l'amministrazione subisce una nuova svolta. L'ufficio del Provvedi­torato centrale viene abolito e i servizi nuovamente organizzati tenendo pre­sente la ripartizione delle competenze e delle funzioni tra due soggetti di­stinti: da un lato l'Ispettorato, - articolato in ispettore generale e in ispettore centrale - organo preposto alla vigilanza e al controllo delle scuole, dall'al­tro le divisioni, cui fanno capo tutti i provvedimenti d'amministrazione atti­va da assumersi in conseguenza anche della funzione ispettiva. Una delle di-

Introduzione 103

visioni è preposta alla istruzione secondaria classica. L'organizzazione inter­na di questa divisione subisce un notevole cambiamento: nel quadro dell' ac­crescimento delle competenze amministrative e in sintonia con quanto si va realizzando in tutti i rami della pubblica amministrazione viene introdotto un sistema di classificazione degli atti, meglio rispondente alla crescita fun­zionale dell'apparato burocratico. Il titolario che compare in quella circo­stanza appare il segno di una razionalizzazione della prassi amministrativa e di conseguenza della crescita d'importanza della divisione sugli altri organi tecnici.

Risale alla riforma di Baccelli la definizione del ruolo da svolgersi dagli ispettori, collocati alle dirette dipendenze del ministro o del segretario ge­nerale, cui dovevano riferire per tutto ciò che concerneva l'esecuzione delle normative dettate agli istituti. Gli ispettori svolgono in quegli anni un'inten­sa attività di controllo amministrativo, morale, didattico e disciplinare su quasi tutti gli istituti, attraverso visite e conferenze al corpo docente degli istituti. Di loro competenza non è più l'adozione di provvedimenti ma solo suggerimenti per le misure da adottarsi in merito ai problemi rilevati. È da sottolineare, inoltre, che il ruolo dell'Ispettorato va perdendo la sua incisi­vità verso la seconda metà degli anni Ottanta, specie in coincidenza con il ritorno di Coppino alla guida del ministero (1884 - 1888). Elementi di que­sta tendenza sono ravvisabili nella discontinuità delle ispezioni e nel loro verificarsi solo in caso di irregolarità nella gestione delle scuole o di disordi­ni a seguito di accadimenti a rilevanza esterna.

Il declino dell'Ispettorato va accentuandosi con il conferimento dell'atti­vità di vigilanza sugli aspetti didattici al Collegio degli esaminatori, compo­sto da professori universitari e da personalità di sicura scienza ed esperien­za, selezionati e nominati dal ministro. L'organo tecnico, creato dal r .d. 16 apr. 1885, n. 3254, esercita un ruolo significativo anche come revisore del­l'attività delle giunte esaminatrici degli esami di licenza liceale. Non infre­quenti sono le visite ispettive effettuate su ordine del ministro dai docenti universitari per delicate e particolari questioni insorte negli istituti. Una bre­ve parentesi nelle vicende dell'Ispettorato si apre con la presenza al Ministe­ro della pubblica istruzione di Ferdinando Martini nel primo governo Giolit­ti, quando con i decreti dell'estate 1893 (r.d. 6 lug. , n. 465 , e r .d. 6 ago . , n. 568) vengono assegnate nuovamente all'organo notevoli funzioni tecniche e amministrative a danno degli stessi capi divisione. Cadono, benché per po­co, sotto la competenza dell'Ispettorato tutte le questioni relative al perso­nale (abilitazioni, concorsi, etc.), al pareggiamento degli istituti, alla inter­pretazioni di leggi e regolamenti.

Con il r.d. 16 mag. 1895, n. 328, ad opera di Baccelli tornato al coman­do del dicastero e a seguito di una nuova organizzazione del ministero, l'I­spettorato generale viene abolito mentre sono conservate le figure di alcuni ispettori centrali, a loro volta soppressi nel 1901 con r.d. 15 lug. 190 1 , n. 330.

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104 Fonti per la storia della scuola

È possibile mettere in relazione tali misure con la nascita, prima, e il con­solidarsi, poi, di una burocrazia amministrativa che va ad occupare spazi sempre più ampi a danno della componente tecnica del dicastero, uniforme­mente con quanto accade altrove. Ai funzionari tecnici vengono lasciate competenze residuali, sia al centro sia in periferia, di tipo vagamente ispetti­vo e di consulenza.

Con il ritorno di Baccelli alla pubblica istruzione l'articolazione degli uf­fici è la seguente: gabinetto e gabinetto del sottosegretario - introdotto nel 1888 con la soppressione del segretario generale -, quattro direzione genera­li, ciascuna ripartita in due divisioni e la ragioneria.

Per la prima volta l 'istruzione classica unitamente a quella tecnica è in­cardinata nella struttura tipica che l 'amministrazione statale andava assu­mendo nel giro di quegli anni: la direzione generale d'ora in poi è in grado di subordinare e inquadrare al suo interno la funzione tecnica fino allora al­quanto « sganciata» .

All'inizio del secolo, il ministro Nasi modifica nuovamente l'amministra­zione centrale (r.d. 15 lug. 190 1 , n. 330) con la soppressione di tre delle quattro direzioni generali, tra cui anche quella per l'istruzione classica e tec­nica. Si torna ad un sistema basato sulle divisioni e una direzione generale, quella addetta alle antichità e belle arti. Tra le dieci divisioni va segnalata la creazione di una divisione per il gabinetto, una per gli affari generali e le bi­blioteche. Alla divisione terza è attribuita la trattazione delle questioni con­cernenti la scuola classica.

Per alcuni anni l'amministrazione centrale e periferica non subisce radi­cali riforme. Con il gabinetto Giolitti e con Luigi Rava alla pubblica istruzio­ne, si attuano alcune incisive iniziative nel corso del 1908. Dapprima con il r .d. 8 mar. , n. 9, viene istituita una commissione d'inchiesta su tutti i servizi dipendenti del ministero - di cui si parlerà più diffusamente nel paragrafo dedicato al fondo relativo - commissione alla quale, più tardi, con altro de­creto vengono conferiti poteri giudiziari; nel luglio dello stesso anno un semplice decreto ministeriale innova ancora una volta la struttura dei servizi centrali. Accanto alla Direzione generale delle antichità e belle arti sono ri­pristinate le altre tre direzioni per i vari gradi d'istruzione. La divisione pri­ma continua a gestire l'amministrazione centrale e gli affari generali.

Il compimento dal nuovo quadro istituzionale si realizza con la legge del giugno 1909, quando Luigi Rava, ancora responsabile del ministero, riesuma l'Ispettorato centrale a competenza generale. Accompagna questa iniziativa una vivace polemica. Numerosi erano infatti i sostenitori dell'ufficio ispetti­vo, considerato un organo tecnico ineliminabile al vertice del sistema scola­stico.

A spingere in quella direzione è anche il nuovo stato giuridico degli inse­gnanti, varato con le leggi dell'aprile 1906, norme che prevedono controlli ispettivi nel periodo di prova, per gli aumenti anticipati di stipendio, per i provvedimenti disciplinari.

Introduzione 105

Con la legge del 1909 tutti gli istituti, anche quelli pareggiati, sono collo­cati sotto la competenza dell'Ispettorato per le scuole medie, ripartiti in 2 1 circoscrizioni e collegati ad altrettanti circoli d'ispezione didattica e discipli­nare. La nomina degli ispettori di circolo è di competenza del ministro, che sceglie nell'ambito delle categorie dei docenti universitari, del personale di­rettivo della scuola, dei provveditori agli studi o dei capi di istituto, del cor­po insegnante particolarmente qualificato delle scuole medie.

Al centro, infine, operano dieci ispettori di cui sei permanenti, reclutati per concorso e quattro temporanei.

Sembra così superata la dicotomia divisioni-ispettorato degli anni della Sinistra, concedendo pari autonomia alla direzione generale e all'Ispettora­to, quest'ultimo non più subordinato alla prima e alle dirette dipendenze del ministro, come viene meglio precisato dall'art. 2 della legge n. 677 del 1912 .

Se l'amministrazione centrale ha dunque trovato un suo assetto, la crisi dell'amministrazione scolastica periferica in quel primo decennio del secolo acquista connotati di urgenza non più procrastinabili.

Con i provvedimenti attuati nel 191 1 dalla legge Daneo-Credaro, con cui lo Stato avocava parzialmente a sé l'istruzione elementare, si ritocca ampia­mente non solo il Consiglio scolastico provinciale, ma soprattutto i compiti del provveditore.

Quest'ultimo viene posto al vertice dell'organo collegiale e quindi svin­colato dal prefetto, rivelatosi inadeguato ai fini per i quali era stato nomina­to a capo del Consiglio.

Al provveditore viene fatto carico anche della vigilanza sull'adempimen­to dell'obbligo scolastico e, unitamente al Consiglio scolastico provinciale, reso responsabile dell'amministrazione delle scuole avocate nonché del con­trollo su quelle a carico dei comuni.

In seno al Consiglio scolastico provinciale viene creata la Deputazione scolastica con il compito di eseguire le deliberazioni.

La Giunta provinciale per l'istruzione media sostituisce, con la presiden­za affidata al provveditore, il Consiglio scolastico provinciale per ciò che at­tiene alle funzioni relative all'istruzione secondaria, con il r.d.l . 20 nov. , n. 2630; infine, alcuni compiti amministrativi riguardanti il personale docente e non, gli alunni e gli esami, sono delegati al provveditore e al capo d'istitu­to . Quest'ultimo assume da allora il connotato di organo burocratico più che di guida didattica delle singole scuole.

Negli anni che precedono il conflitto mondiale l 'amministrazione centra­le continua a subire ulteriori aggiustamenti, che culminano nell'ampliamen­to di competenze della Direzione generale per l'istruzione media che dal lu­glio del 1913 assume la denominazione di Direzione generale per l'istruzio­ne media e normale abbracciando quindi ogni tipo di scuola post elemen­tare.

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106 Fonti per la storia della scuola

Gli archivi della istruzione classica

La documentazione prodotta dal dicastero della pubblica istruzione nel corso degli anni sopra descritti e conservata in Archivio centrale d

_ello St�to

è ampia e articolata. Trattando delle vicende della scuola sec�nd;�na clas�1ca il riferimento archivistico corre essenzialmente a due grand1 sene, la prnna prodotta dalla Divisione per le scuole medie (1860 - 1896) \ la seconda dal­la Direzione generale della istruzione secondaria o media (1897 - 1910).

Versate all'Archivio del regno e passate nel 1960 all'Archivio centrale dello Stato 2 sono consultabili, la prima, attraverso l'inventario sommario con cui la documentazione fu ordinata presso l'Archivio di Stato di Roma e Archivio del Regno, dopo l'ingresso delle carte in istituto; la seconda, attra­verso l'elenco di versamento compilato nel 1927 dalla pubblica istruzione e a cura dell'Ufficio centrale del personale, all'epoca responsabile della tenuta dell'archivio di deposito del ministero. Il periodo 1860 - 1896 per quanto attiene alle scuole classiche è testimoniato da 407 buste. La documentazione rispecchia le diverse fasi dell'organizzazione del ministero anche attraverso degli elementi estrinseci. Possiamo dire che dal 1860 al 1 880, o�ero pe� tutto il governo della Destra ed oltre, i fascicoli sono in gran part� m�estat1 ai ginnasi e ai licei disposti in ordine alfabetico e secondo l� p:o:mCla ov� erano situati. Gli affari trattati nelle città capoluogo erano d1stmt1 da quelh concernenti le scuole della provincia. Ogni fascicolo conserva le pratiche prodotte nell'arco del primo ventennio dello Stato unitario.

La tipologia documentaria è collegabile essenzialmente alle procedure e agli interventi differenziati per compartimenti territorial� e yer :�gole Iaea� lità, posti in essere dal centro per meglio conoscere le difflcolta, l problemi dei singoli istituti, sia attraverso la normale attività di controllo sulle scuole governative e di informazione e diffusione delle direttive centr�li, sia attra­verso le operazioni di vigilanza didattica su quelle non governative che rap­presentavano la maggioranza delle scuole.

A tale riguardo abbonda per questo primo periodo un particolare genere di documenti: le relazioni sui programmi e le attività didattiche dispiegate nel corso dell'anno scolastico. Talvolta - e sono i casi più frequenti - il fasci­colo conserva le singole relazioni inviate al ministero dal direttore del gin­nasio e dal preside del liceo a conclusione dell'anno e in adempimento di di­sposizioni; in altri casi è lo stesso capo d'istituto che, sulla base de�� rela­zioni ricevute dal corpo docente, sintetizza in un suo rapporto al m1rustero le linee programmatiche seguite nella scuola dagli insegnanti ed evidenzia i

1 Si userà questa denominazione in luogo di Divisione per l'insegnament� s�c__ondari� . z Benché istituito con la legge n. 340 del 1953, l'Archivio centrale commcm a funzmnare

nella sede attuale dell'EUR dopo il trasferimento del 1960. In proposito cfr. G. ToSATTI, Dal­l'Archivio del regno all'A1"Chivio centrale dello Stato: l'istit�t� e la sua_ sed�, in L 'A�chivio centrale dello stato (1953-1993), a cura di M. SERIO, Roma, Mm1stero per 1 beru culturali e am­bientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1993, pp. 3 19-334.

Introduzione 107

criteri didattici seguiti; effettua un bilancio dei risultati conseguiti, giudican­do anche delle qualità e dei difetti dei singoli professori; addita le carenze riscontrate nel raggiungimento degli obiettivi; chiede sostegno concreto e consigli all'organo centrale.

Dal centro si rispondeva con iniziative tese a sostenere con l'ausilio di uomini «dotti» e di «Scienza» le situazioni più nevralgiche.

In altri casi si inviavano localmente i vari ispettori che, dotati di ampi poteri, non di rado assumevano direttamente sul posto le misure più idonee, sia didattiche, sia amministrative. Particolare rilevanza acquista nelle carte di questo primo complesso avvio del sistema il problema dell'unificazione scolastica. Non è casuale che la serie di cui si tratta si apra con i fascicoli in­titolati alla «Lombardia» , al «Napoletano », al «Piemonte» , alla « Sicilia» , alla «Toscana», e prodotti dall'analisi dei problemi insorti con l'individuazione delle rendite degli istituti e dei convitti (Sicilia); con la soppressione delle cattedre universitarie annesse ai licei e al pareggiamento dei licei stessi (To­scana); con la conversione dei collegi reali in licei e ginnasi, con la proprietà degli stessi passata al demanio (Napoli); con il concorso dei comuni al man­tenimento dei ginnasi (Piemonte), ecc.

L'amministrazione in quel frangente spedì i suoi uomini migliori sotto varie figure giuridiche, da quella del commissario speciale a quella del dele­gato straordinario, destinato al Sud e alla Toscana.

Le carte rispecchiano inoltre la varietà delle strutture particolari e locali che per diversi mesi rimasero in attività e convissero con quelle centrali: le segreterie di Napoli, Firenze e Palermo, le sezioni del Consiglio superiore nelle due maggiori città del sud, Napoli e Palermo.

È facile cogliere da questa messe documentaria la tipologia di canali infor­mativi di cui poteva avvalersi la dirigenza ministeriale. Attraverso le relazioni annuali, i rapporti speciali degli ispettori centrali e dei provveditori, il centro disponeva di un flusso continuo ed omogeneo di dati e di osservazioni che consentivano di avere ben presente quadri non solo particolari ma anche sinte­tici sulle scuole, sugli alunni iscritti, sui docenti e sulla loro distribuzione, i ri­sultati degli esami, ecc. Traspare anche dall'analisi delle carte come il ministero preferisse alle inchieste di ampio respiro i canali informativi di natura fiducia­ria e le indagini su singole realtà, prassi che stenterà ad esaurirsi nel tempo.

Cardine di quel sistema sono infatti gli ispettori centrali e periferici. La loro presenza è costante in tutto il primo ventennio. Con una azione oculata ed un rapporto spesso personale con il ministro, essi forniscono alla struttu­ra centrale elementi conoscitivi preziosi; diffondono in periferia, in modo altrettanto efficace, istruzioni e norme predisposte dal centro alla sede loca­le. Si rileva anche dalla lettura di quei fascicoli il metodo e la qualità dei li­velli ispettivi, in grado di far emergere non di rado annotazioni di varia na­tura, tali da illustrare chiaramente i nessi tra la vita dell'istituto e le caratte­ristiche delle città dove quello era situato.

Gli ispettori, entrando nel vivo dell'attività scolastica, sottoponevano al

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108 Fonti per la storia della scuola

« setaccio » i dati relativi agli alunni; rivedevano le prove scritte degli esami finali; controllavano i criteri in base ai quali venivano dispensati alcuni allie­vi dalle prove finali; verificavano i processi verbali del consiglio docenti; giudicavano della rispondenza didattica dei programmi e delle scelte peda­gogiche assunte da professori e capi d'istituto; vagliavano la gestione degli istituti da parte di presidi e direttori; non tralasciavano il contatto diretto con le autorità locali; concludevano la visita solitamente con una << conferen­Za» alla presenza di tutto il collegio dei docenti, con la quale esternavano le risultanze dell'ispezione e dispensavano suggerimenti e richiami al fine di ovviare agli inconvenienti e alle lacune riscontrate. La relazione diretta al ministro concludeva la vicenda ispettiva.

È tuttavia evidente dalla documentazione e quindi dalle istruzioni date agli ispettori in partenza che è nel Mezzogiorno che si insiste sui compiti pe­dagogici e di stimolo più che di controllo .

La serie in questione comprende inoltre, dalla busta 4 alla busta 13 , tutto il materiale acquisito e prodotto dalla Commissione d'inchiesta sull'istruzio­ne secondaria (1872 - 1874, detta Scialoja), la più vasta ed elaborata del pri­mo decennio unitario, oggetto di studio di un volume monografico della collana nella quale è inserito il presente lavoro 1 .

Gli istituti d'istruzione inseriti nei seminari rivestono un cospicuo inte­resse per l'amministrazione scolastica per quasi l'intero primo ventennio. La documentazione che si è sedimentata al riguardo è articolata dapprima in <<pratiche generali» con riferiménto ai problemi istituzionali più scottanti al­l'alba del nuovo Stato, specie per ciò che concerne il Mezzogiorno, dove l'i­struzione secondaria veniva impartita quasi interamente nei seminari. Si tratta per lo più di indagini conoscitive, di elenchi illustrativi della esistenza e della distribuzione sul territorio nazionale dei vari seminari, di quadri di riferimento in merito agli atteggiamenti assunti dalle autorità ecclesiastiche a seguito delle disposizioni ministeriali. Si tratta di una vera rilevazione del-. le strutture scolastiche religiose. Non è assente materiale che getta luce sui rapporti intercorsi tra il dicastero della pubblica istruzione e quello di grazia e giustizia e dei culti nella definizione dei problemi aperti dalle norme del decreto l o set. 1865 sulla riapertura dei seminari e sull'acquisizione e ripar­tizione delle rendite degli istituti seminariali.

Dallo spoglio di quei fascicoli si evidenzia la forte presenza concorren­ziale sul terreno dell'istruzione delle scuole cattoliche, avverse allo Stato li­berale; le sperequazioni nel settore della scolarità dal nord al sud; le situa­zioni conflittuali tra autorità laica e quella ecclesiastica. Tutti i seminari di­stribuiti per province sono documentati con la stessa capillarità delle scuole governative e non.

Per buona parte del primo quindicennio della politica scolastica unitaria

1 L 'inchiesta Scialoja sulla istruzione secondaria maschile e femminile (1872-1875), a cu­ra di L. MONTEVECCHI e M. RAICICH, in corso di stampa.

Introduzione 109

assume una certa consistenza il problema degli esami per l'abilitazione al­l'insegnamento nei ginnasi e nei licei e per il riconoscimento dei titoli di cultura in grado di esonerare i docenti dalle prove. L'interpretazione di al­cuni articoli della Casati a riguardo si prestava infatti alla più ampia discre­zionalità e apriva la strada ad aspettative e speranze non sempre realizzabili.

L'organizzazione dell'archivio della Divisione scuole medie (1860 - 1896) cambia radicalmente a partire dal 188 1 . L'elemento nuovo introdotto nella tenuta delle carte e dei fascicoli è dato dall'inserimento del titolario. In sin­tonia con l'organizzazione burocratica delle altre amministrazioni pubbliche e in linea con quei processi di razionalizzazione introdotti ovunque dalla classe politica, il sistema di classificazione degli atti prodotti induce un con­cetto di efficienza degli archivi cresciuti di mole e di significato di pari pas­so con l'espansione degli interessi e della attività amministrativa. I fascicoli da quella data sono anche creati anno per anno o per coppia di anni a parti­re dal 1892, ordinati per titoli e cronologicamente. Ogni titolo individua una provincia oppure un affare: <<leggi e regolamenti », <<domande d'impie­go » , << concorsi a cattedre» , <<relazioni» , <<decreti» , << ispezioni» .

I contenuti forniti da questa seconda parte della serie, sebbene riflettano tutte le realtà scolastiche al pari della prima sezione, denunciano una diver­sa condizione della politica scolastica: il venir meno del ruolo dell'Ispettora­to come centro motore della scuola a vantaggio degli organi amministrativi cui si è accennato precedentemente; il ricorrere progressivo alla figura del docente universitario in luogo dell'ispettore; la discontinuità delle stesse vi­site ordinate solo per dirimere gravi problemi o sedare scandali nella gestio­ne degli istituti, caratterizzano in modo forte questa sezione.

Si tratta per lo più di vere inchieste che il ministero apriva al verificarsi di situazioni delicate che potessero compromettere il buon nome e il presti­gio delle scuole e dei suoi insegnanti. È proprio il materiale acquisito come allegato alla relazione di chi effettua l'inchiesta che è in grado di aprire inte­ressanti <<finestre» Sl!lle realtà degli istituti. Quel flusso di informazioni co­stanti che dalla periferia giungevano sul tavolo del ministro si è interrotto con lo « Scolorire » della figura dell'ispettore e con il progressivo distacco dei compiti di vigilanza didattica dalle competenze amministrative. Se lo studio­so può cogliere notizie sulla vita quotidiana degli istituti, questo avviene spesso solo per la presenza nel fascicolo di carte riferibili ad un'inchiesta. Allo scopo di chiarire fatti, pettegolezzi e contrasti, colui che viene incarica­to dell'inchiesta, sia esso un docente universitario o il provveditore agli stu­di della provincia interessata o un ispettore centrale, cerca di raccogliere da­ti anche minuti attraverso testimonianze volontarie, interrogatori o deposi­zioni; indaga sul passato recente, allargando il panorama delle notizie sugli accadimenti della città e sulle componenti politiche che la dominano. Non è infrequente così che nelle carte si rinvengano volantini a stampa, a volte fir­mati, a volte anonimi, ritagli di articoli di quotidiani con denunce alla pub-

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1 10 Fonti per la storia della scuola

blica opinione di fatti scandalistici; lettere confidenziali di questo o quel personaggio politico che si sente investito del compito di pubblico fustiga­tore di costumi o che si adombra perché danneggiato nella sua immagine dalle dicerie che la cronaca locale getta sulla sua persona e sul ruolo da lui svolto; compiti in classe o prove di esame di allievi, contestati nel giudizio espresso dai docenti, etc.

Nel sottolineare le caratteristiche di quella documentazione siamo già nella tipologia dei fascicoli della seconda serie, di cui inizialmente si è par­lato .

Il secondo nucleo archivistico rimanda alla Direzione generale dell' istruzione secondaria, poiché nel 1910, anno in cui si chiude la serie, l'uffi­cio produttore delle carte aveva già assunto stabilmente quella denomina­zione.

Questa fase di attività del ministero è dominata dalla presenza e dall' inci­denza che le strutture amministrative esercitano ormai saldamente sulla scuola. È quello infatti il periodo in cui il modello giolittiano di governo della scuola si rafforza con lo sviluppo delle funzioni amministrative e con la profonda revisione dei contenuti e delle forme degli organi tecnici del si­stema scolastico. La Direzione generale si rivela come la struttura unica di comando della scuola in mano alla burocrazia amministrativa mentre a quel­la tecnica, a livello centrale, rimangono solo funzioni residuali neppure esclusive.

La serie, composta da 331 buste, comprende tutto ciò che a livello cen­trale riguarda la scuola secondaria, inferiore e superiore, classica, tecnica, nautica e normale, statale e non. Il filone dell'istruzione classica, quindi, va individuato in un contesto più ampio rispetto al primo nucleo di cui si è trattato, allorché la Divisione scuole medie era prevalentemente riferibile al « ginnasio-liceo, .

È così da evidenziare che solo una piccola parte della documentazione concerne il tema dei licei, in quanto sono oggetto delle competenze ammi­nistrative centrali alcuni aspetti normativi e istituzionali che li riguardano. La trattazione degli affari è ancora scandita per anno o coppia di anni e ca­ratterizzata da un sistema classificatorio di atti, instaurato dal 188 1 , avente per base la provincia dove sono situate le singole scuole.

Il genere di atti che cade sotto la giurisdizione ministeriale ha ormai ben poco a vedere con quel rapporto continuo, diretto e quasi quotidiano che è stato evidenziato per i primi venti anni. La progressiva responsabilizzazione dei capi di istituto, e la loro trasformazione quali figure burocratiche, esone­ra l 'amministrazione centrale ad entrare nelle scelte particolari. Assumono invece rilevanza altre problematiche quali quelle delle regificazioni, dei pa­reggiamenti degli istituti non statali; delle inchieste locali dal sapore più di­sciplinare che didattico; della materia regolamentare che incide sul recluta­mento e sulla carriera degli insegnanti, sull'organizzazione generale degli studi e sugli esami finali dei vari gradi d'istruzione; dei contributi, dei sussi-

Introduzione 1 1 1

di e degli impegni finanziari in tema di edilizia scolastica. Inoltre, il peso della creazione di nuove scuole statali assorbe l'attenzione del dicastero in via crescente, se si considera quanta parte delle risorse debbano essere indi­rizzate in questo periodo per l'inversione del rapporto istituti statali-istituti privati. Dopo il 1904, a seguito della precisazione delle convenzioni con i comuni crebbero le regificazioni, tanto che nel primo decennio del secolo il numero complessivo degli istituti statali supera quello delle scuole private.

Scorrendo l'elenco della documentazione si nota quale ruolo vadano ac­quistando gli istituti tecnici e nautici, gli educandati, i convitti e gli istituti femminili nell'organizzazione del sistema a seguito dell'aumento della popo­lazione scolastica. Non è neppure fatto raro trovare all'interno dei fascicoli documentazione assai remota rispetto ai limiti cronologici della serie. Deno­minata «parte vecchia>>, contiene i precedenti che sono stati estrapolati dalle cartelle del primo versamento perché occorrenti alla trattazione di affari non conclusi o collegabili a questioni attinenti il periodo successivo. La se­rie documenta in parte anche il percorso che caratterizza la Commissione reale creata con il compito di studiare l 'ordinamento degli studi secondari in Italia e di espletare tutte le ricerche utili per migliorarne gli aspetti sia di­dattici che amministrativi 1 •

Quanto agli aspetti più propriamente didattici s i nota un interesse del ministero verso le manifestazioni chiamate « gare d'onore» . Tracce di questa attività particolare si ritrovano nella documentazione a partire dagli anni Novanta. Le gare nello scrivere italiano o latino venivano indette per i regi licei e per quelli pareggiati, a conclusione quindi dell' iter scolastico. Il mini­stero nominava al riguardo commissioni composte da uomini di alta cultura, docenti universitari, scrittori o personalità di grande prestigio. Non è incon­sueto scorgere tra i relatori o i membri commissari le firme di Carducci, di Barrili, di Capuana, di Cavallotti, etc.

L 'occasione dell'espletamento delle gare d'onore veniva colta dall'ammi­nistrazione centrale quale mezzo indiretto per avere un quadro di notizie sintetiche e comparative dello stato generale annuo dell'insegnamento nei licei italiani, sia riguardo alla preparazione degli allievi, sia riguardo alla pro­fessionalità degli insegnanti. Le valutazioni di una commissione altamente qualificata contenevano, inoltre, elementi e indicazioni per impostare un rinnovamento della didattica o per ritoccare i contenuti dei programmi. La prova nel componimento di italiano rappresentava anche un banco di osser­vazione per una verifica dell'affermazione della lingua italiana tra la popola-

1 La Commissione iniziò i suoi lavori il 9 dicembre 1905 sotto la presidenza di Paolo Bosel­li. Furono chiamati a farne parte Pietro Blaserna (senatore), Girolamo Vitelli, Vittorio Fiorini, Camillo Corradini, Gaetano Salvemini, Andrea Torre, Giuseppe Picciola, Giovanni Vailati, Al­fredo Galletti e Giovanni Rossi. Fin dall'inizio si schierò a favore dell'istituzione di una scuola unica inferiore senza latino.

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1 12 Fonti per la stm·ia della scuola

zione scolastica e del suo progressivo «purgarsi » delle forme dialettali attra­verso lo studio sistematico degli autori proposti nei programmi ministeriali.

La documentazione sui ginnasi e sui licei, prodotta dalla divisione o dalla direzione generale per l'istruzione secondaria e conservata presso l'Archivio centrale dello Stato, si chiude con il 1910. Da quella data fino al termine de­gli anni Quaranta ed oltre si deve rilevare, con qualche eccezione, una gros­sa lacuna documentaria. Una serie consistente, quella relativa ai convitti na­zionali, agli educandati e agli istituti femminili, amministrati dalla Direzione dell'istruzione media classica, scientifica e magistrale, copre alcuni decenni di quell'arco cronologico.

Dare delle spiegazioni esaurienti e plausibili delle gravi lacune non è compito facile. Si possono solo avanzare ipotesi sulla scomparsa o distruzio­ne di tanta parte degli archivi concernenti la scuola media classica.

Una probabile causa può essere addebitata al trasferimento di buona par­te dell'archivio deposito a Padova durante il periodo della Repubblica di Sa­lò, quando il Ministero della pubblica istruzione fu stabilito in quella città. Solo una parte delle serie archivistiche tornarono a Roma al termine del conflitto, ma non è chiaro se altre sezioni furono distrutte dagli eventi belli­ci o eliminate da scarti casuali. È invece documentato come un cospicuo nu­mero di cartelle appartenenti al passato più recente furono sottoposte al va­glio di una apposita commissione per gli scarti negli anni 1947-'48, quando nel generale riordino degli archivi di deposito dei ministeri si avviò una po­co oculata attività di selezione degli atti non più occorrenti al servizio .

Negli anni successivi alla costituzione delle commissioni di sorveglianza sugli atti di archivio 1 come organi permanenti presso gli uffici centrali e pe­riferici dello Stato, furono adottati criteri spesso empirici e legati alla sensi­bilità dei membri delle commissioni, non sempre attente alle esigenze della ricerca storica. Vennero quindi eliminati tutti quei materiali documentari che sembrarono non rivestire particolari interessi amministrativi e storici.

Le serie archivistiche dei concorsi a cattedra (1877-1935) e del personale (1860-1880 ): il reclutamento e la carriera degli insegnanti

La crescita delle funzioni amministrative della pubblica istruzione negli anni della Sinistra, come si è detto, si ricollega all'impegno più intenso in-

1 È con il d.p.r. 30 set. 1963, n. 1409, che venne istituito, come organo permanente, l'isti­tuto delle commissioni di sorveglianza sugli atti di archivio presso ogni ufficio, direzione o al­tro, centrale o periferico dello Stato. Compito delle commissioni, secondo l'art. 25, è quello di vigilare sulla buona tenuta degli archivi correnti e di deposito dell'amministrazione statale e di curare tutte le operazioni di selezione degli atti e di versamento della documentazione presso i competenti Archivi di Stato.

Introduzione 1 13

trapreso dal governo in campo scolastico. Lo sviluppo complessivo dell'a­zione statale comprende il piano della organizzazione degli uffici e del per­sonale con la conseguente dilatazione del bilancio e degli organici. Del resto già negli ultimi anni del periodo della Destra l'ampliamento dell'intervento dell'azione del ministero non si limita al solo campo dell'istruzione, ma comprende anche, seppure in modo non organico e sistematico, i settori delle «belle arti» e delle antichità, le competenze - almeno per un certo arco di tempo - in materia di archivi 1, di beni di chiese e conventi.

Nel giro di alcuni anni si assiste al mutamento di ruolo del ministero, che vede come necessaria la creazione al proprio interno e quindi a livello cen­trale di veri e propri centri di direzione ai quali i singoli uffici periferici avrebbero dovuto far riferimento per tutte le problematiche e le tecniche amministrative.

Il settore dell'istruzione secondaria è tra i primi ad essere investito dal cambio di rotta. Se da un lato vengono definitivamente accantonati i proget­ti di decentramento scolastico, sia per contrastare l 'iniziativa degli istituti governati dai corpi morali e dalla Chiesa, sia per provvedere in modo più di­retto e attento alla formazione della futura classe dirigente - problema trop­po delicato per !asciarlo nelle mani degli enti locali e dei privati -, dall'altro urge la necessità di creare nuovi istituti scolastici, di sottoporre a maggiore controllo la realtà periferica, di accentuare la funzione di indirizzo e di rego­lare il rapporto di lavoro del personale docente attraverso l'evoluzione della normativa.

La complessa materia dell'amministrazione del personale docente va in­fatti crescendo per un duplice ordine di ragioni. Si tratta di considerare la crescita del sistema scolastico secondario caratterizzato negli anni Settanta da una cospicua mole di norme che vanno nella direzione di vincolare pro­gressivamente l'attività della periferia, riconducendo al centro la trattazione di numerose questioni tecniche, in precedenza oggetto dell'attività dei sin­goli istituti.

A tale riguardo bisogna ricordare che la legge Casati regolava in poche norme lo stato giuridico (reclutamento, trasferimento, promozioni) degli in­segnanti (artt. 202 - 218) . A partire da questi anni attraverso successivi ritoc­chi a mezzo di decreti e persino di circolari - in seguito ricomprese da leggi -viene ad essere totalmente ribaltata la disciplina del rapporto di lavoro fino a quel momento legato all'ordinamento delle scuole. In breve, lo sviluppo della carriera degli insegnanti era determinato dalle vicende degli istituti nei quali prestavano servizio . In ragione, tuttavia, dell'espansione scolastica e delle emergenti aspirazioni garantiste del personale docente, ormai pro-

1 Con il r.d. 5 mar. 1 874, n. 1 85 2 ogni competenza in materia di Archivi di Stato passò al Ministero dell'interno.

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1 14 Fonti per la storia della scuola

penso a organizzarsi su basi associazioniste di categoria 1 , si viene delinean­do in modo netto la scelta di un reclutamento degli insegnanti non più sulla base di concorsi speciali da espletare presso ciascun istituto ogni qual volta si verifichi una vacanza di cattedra, bensì attraverso il procedimento dei concorsi generali. Nella situazione sopra accennata, secondo l'art. 208 della Casati, il concorso locale prevedeva l 'intervento del ministero solo nel mo­mento della nomina della commissione, generalmente presieduta come si è detto dal provveditore della provincia. In luogo di tale sistema si viene inve­ce sostituendo la prassi del concorso generale da svolgersi a cura dell'ammi­nistrazione centrale e delle graduatorie approvate cui attingere, di volta in volta, a secondo delle necessità per le cattedre resesi vacanti nelle scuole.

Da tale mutamento scaturisce ben presto quale naturale conseguenza la consuetudine dei trasferimenti del personale.

Anche in questo ambito si attua un cambiamento sostanziale rispetto alle norme proposte dalla Casati. Gli artt. 195, 200 e 2 1 5 incardinavano gli inse­gnanti alla classe di appartenenza degli istituti, distinti a loro volta in rela­zione alla popolazione e alla rilevanza della sede. Si comprende allora quale significato rivestisse il trasferimento di un docente da un istituto all'altro, In questo contesto si poteva parlare più di una promozione che di un trasferi­mento, in quanto il passaggio ad un istituto di maggiore fama veniva ad es­sere equiparabile ad un avanzamento in carriera a seguito di un concorso.

Anche la materia dei trasferimenti si avvia così ad essere prevalente com­petenza degli uffici centrali. Inoltre, non avendo più ragione di essere la di­stinzione degli insegnanti in classi, si afferma, anche a semplificare il lavoro amministrativo, l'esigenza di compilare i ruoli di anzianità dei docenti. Sulla base di questi ultimi si procede prevalentemente alle promozioni. Al riguar­do vengono emanati nel giro degli anni Ottanta due decreti: 2 1 mag. 1882 e 25 set. 1887, poi ratificati dalla legge Villari del 25 feb. 1892, n. 7 1 . Con quelle norme viene stabilita la creazione di un ruolo unico degli insegnanti delle scuole secondarie, sulle cui basi si può procedere alle relative promo­zioni. I due terzi di queste ultime avvengono secondo l'anzianità, un terzo in ragione dei meriti (titoli accademici, concorsi pubblici, giudizi, attività di­dattica ed educativa).

La materia viene più volte ripresa e precisata. Nel dicembre 1892 con un ulteriore decreto (30 dicembre, n. 773) e nel 190 1 , con il decreto 19 mag. , n. 183, si giunge alla costituzione di una commissione consultiva a composi-

1 L'esigenza di dare un'organizzazione unitaria alle varie associazioni si fa sentire agli inizi del secolo e sembra realizzarsi con il I Congresso della Federazione a Firenze, il 22 settembre 1902. Apostolo infaticabile della causa unitaria fu Giuseppe Kirner, presidente del Comitato provvisorio. Inizialmente si costituirono due nuclei fondamentali: la Federazione nazionale di Bologna e l'Associazione nazionale di Roma. La prima tendeva a riunire tutti i docenti medi; la seconda abbracciava gli insegnanti delle scuole classiche con circa 476 iscritti. Quest'ultima si sciolse il 27 dicembre 1903.

Introduzione 1 1 5

sizione « arbitrale » competente ad esprimere pareri sui reclami e sui movi­menti del personale dell'istruzione secondaria. Si riducono in tal modo i po­teri discrezionali dell'amministrazione sui momenti valutativi dei docenti.

È, inoltre, in questa fase della vicenda del sistema scolastico italiano che si va diffondendo il sindacalismo tra i dipendenti pubblici in generale e tra gli insegnanti in particolare. Sono proprio i docenti medi, cresciuti di nume­ro e bene organizzati, ad ottenere nel 1906 un nuovo stato giuridico.

La nuova disciplina, contenuta nelle due leggi dell' 8 apr. 1906, n. 141 e n. 142, precede lo stato giuridico dei pubblici dipendenti, approvato due anni più tardi con la legge 25 giu. 1908, n. 280 e poi con il T.U. 22 nov. 1908, n. 683 . La normativa approvata con le leggi del 1906 si connota per impronta fortemente garantista, tanto da collocare il corpo docente in una posizione privilegiata rispetto agli altri dipendenti pubblici.

Se l'unica forma per il reclutamento del personale (art. l , 14 1/1906) vie­ne individuata nel sistema dei concorsi a cattedra e norme altrettanto rigo­rose regolano la materia delle promozioni e dei trasferimenti, previsti solo su domanda e con il consenso dell'interessato \ è anche da aggiungere che il maggior garantismo opera a favore degli insegnanti nella stessa composizio­ne della sezione per l'istruzione media nel Consiglio superiore, rispetto alla struttura del Consiglio di amministrazione e di disciplina, dove non esiste la rappresentanza del personale, ma solo dei direttori generali e del capo della divisione competente. Nella sezione istruzione media del Consiglio superio­re, insieme ai 4 consiglieri membri eletti dalla giunta, siedono anche membri eletti dagli insegnanti e dai capi d'istituto di scuole governative e pareggiate (due presidi e quattro insegnanti).

È in questo quadro evolutivo delle funzioni di governo della scuola che va inserita la documentazione prodotta dal dicastero concernente i concorsi a cattedra.

Si tratta di una serie reperita attraverso l'attività di censimento del depo­sito del ministero e versata all'Archivio centrale dello Stato nel 1985 dalla Direzione generale amministrativa e del personale della pubblica istruzione e composta da 200 buste, per l'arco cronologico 1877-1935 .

La documentazione è stata prodotta durante un sessantennio dai vari uf­fici che hanno gestito gli affari del personale.

Inizialmente (1861-1876) la Divisione prima, una delle sei - poi tre - da cui era composta l 'amministrazione del ministero , esercita le competenze relative al personale amministrativo e insegnante .

Con l'avvento della Sinistra e a seguito del r .d. 31 dic. 1876, n. 3629, nel quadro di una delle frequenti ripartizioni dei servizi, al Segretariato ge-

1 Non era previsto il trasferimento d'ufficio se non per provate esigenze di servizio e co­munque era contemplato il ricorso al ministro.

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1 16 Fonti per la storia della scuola

nerale sono assegnati gli affari generali e del personale. Questa struttura è infatti preposta al reclutamento e alla materia concorsuale. Più tardi con la riforma crispina e l'abolizione del Segretariato generale a favore di un Sotto­segretario di Stato (1881) la Divisione prima torna ad occuparsi del persona­le. Soltanto nel 1926 è costituito un Ufficio centrale del personale, che però già dal 1933 è soppresso e le sue attribuzioni sono date alla Direzione gene­rale delle accademie e biblioteche. Da quel momento - fino al 1942 - que­st'ultima ha la denominazione di Direzione generale accademie e biblioteche affari generali e del personale.

La naturale prosecuzione a livello centrale dell'itinerario burocratico della carriera degli insegnanti immessi nel servizio era l'apertura di un fasci­colo personale. Purtroppo questo tipo di documentazione non è stata repe­rita nel censimento dei fondi dell'archivio deposito del dicastero effettuato in anni recenti dal 1980 al 1984.

In realtà esiste presso l'Archivio centrale dello Stato una serie Personale (1860-1880) composta da 1 .825 buste, ma è piuttosto un insieme di fascicoli provenienti da vari uffici (Gabinetto, Segreteria generale e Divisione prima) riguardanti non solo coloro che, quali impiegati e insegnanti, con il ministe­ro avevano instaurato un rapporto di lavoro, ma anche concernenti le per­sonalità politiche e culturali che a vario titolo corrispondevano con l'ammi­nistrazione dell'istruzione.

Non si conserva quasi nulla dopo il 1880 se si eccettuano « due spezzoni » del personale degli istituti nautici e di quelli tecnici già al di là del termine cronologico della ricerca che qui si presenta relativamente al corpo docente delle scuole secondarie.

Le cause di tali carenze non sono facilmente e sicuramente individuabili. Si può solo supporre che tale lacuna documentaria sia riferibile più che a

dispersioni casuali e agli eventi bellici, sopra accennati, alla scarsa considera­zione che si attribuiva ai fascicoli del personale insegnante cessato dal servizio.

L 'unico interesse poteva essere dato dalle pratiche pensionistiche e di re­versibilità. L'apertura di un relativo fascicolo presso il competente ufficio per le pensioni faceva decadere d'importanza il dossier dell'intera carriera.

Nelle valutazioni che si portavano nella selezione degli atti del personale per la conservazione duratura entrava semmai la preoccupazione per i fasci­coli intestati ai professori universitari, ma non per quelli della scuola. Man­cando anche uno stimolo indotto dalla domanda storiografica, non c'è stato per un arco di tempo piuttosto ampio, attenzione per tale genere di docu­mentazione 1 •

Quanto alla serie Concorsi è assai rilevante la sua conservazione. Da un lato, i fascicoli sono la sedimentazione di un'attività peculiare dell'ammini-

1 In tema di scarto o di selezione vedi: P. CARUCCI, Lo scarto come elemento qualificante delle fonti per la storiografia, in « Rassegna degli Archivi di Stato », XXXV (1975), pp. 250-264.

Introduzione 1 17

strazione ovvero il settore del reclutamento, dall'altro, essi vengono in soc­corso della mancanza di testimonianze archivistiche riguardanti l'istruzione secondaria in tutte le sue articolazioni per il periodo piuttosto ampio che corre dal 1910 al 1955 .

La serie archivistica dei concorsi s i articola maggiormente e presenta ca­ratteri più ricchi a partire dal 1907, in conseguenza del nuovo stato giuridi­co e della forma concorso come unico mezzo di reclutamento dei docenti, anche se le tappe dal 1877 a quella data sono comunque coperte. L 'esiguità delle tracce lasciate - 2 buste - rispecchia la fisiologica gracilità del meccani­smo, mentre la maggiore produzione di carte è in ragione e dell'aumento numerico degli istituti e in funzione di un rinnovamento dei modi di reclu­tamento del personale.

Dal 1877 al 1914 si conservano 59 buste, mentre dal 1919 al 1935 esse salgono a 140 circa.

Con i decreti ministeriali del 1919 e 1920 vengono indetti, a conclusio­ne del conflitto, numerosi concorsi, ma pochi riguardano l'istruzione classi­ca (ginnasi e licei). La maggior parte delle cattedre messe a concorso è per gli istituti tecnici, le scuole complementari e le normali.

La riforma Gentile coincide con un notevole incremento delle pratiche concorsuali. Anche se un ruolo rilevante svolgono ancora le cattedre della istruzione tecnica, si ha una progressiva crescita della media classica. Com­paiono numerosi i concorsi per l'istruzione secondaria distinta in primo e secondo grado, per l'istruzione magistrale e tecnica specie verso gli anni Trenta, dopo la costituzione nel 1928 della Direzione generale istruzione tecnica e la soppressione di qualsiasi competenza in materia d'istruzione dei dicasteri economici.

Altri archivi

Tra gli archivi prodotti dal Ministero della pubblica istruzione non in­quadrabili nell'attività delle divisioni o delle direzioni generali è da ricorda­re la documentazione relativa alla R. Commissione di inchiesta per la pubbli­ca istruzione (1908-191 1). Si tratta della commissione creata con il r .d . 8 mar. 1908, n. 97, allo scopo di esaminare tutti i servizi dipendenti dal mini­stero. Si volle conoscere in modo capillare quale fosse la situazione organiz­zativa di tutti i rami del dicastero sotto il profilo finanziario-contabile, quel­lo del personale addetto ai settori specifici, quello logistico-strutturale, quel­lo dell'incidenza dell'applicazione delle norme riguardanti i rapporti dello Stato con gli enti locali, quello dell'andamento didattico delle scuole di ogni ordine e grado .

La commissione svolse i suoi lavori avvalendosi della collaborazione di rappresentanti degli organi legislativi, Camera e Senato, di quelli provenien-

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1 18 Fonti per la storia della scuola

ti dalla Cassazione e dal Consiglio di Stato. Tra i dieci membri si ricordano i nomi di Pietro Vacchelli, di Giovanni Abignente, di Cesare Fani, di Ottavio Serena (presidente). Pio Carbonelli ricoprì i compiti di segretario .

L'inchiesta coinvolse i musei, le gallerie, le biblioteche e articolò le varie fasi di lavoro, anche grazie ai poteri giudiziari che le furono conferiti con il successivo provvedimento del 24 dic. 1908, n. 773, attraverso questionari, circolari, interrogatori e verbali r.

La documentazione che ne è scaturita è conservata in Archivio centrale in 32 buste, ma è consultabile solo con un elenco sommario . La selezione di alcune parti, effettuata per la compilazione del presente volume, ha utilizza­to stralci di rapporti per temi specifici, quali le regificazioni, lo stato dei convitti nazionali, la scelta dei libri di testo. Per alcuni di questi argomenti (libri di testo) la serie dell' istruzione secondaria non è particolarmente am­pia relativamente al primo decennio del secolo. È quindi venuta in aiuto la produzione archivistica della Commissione.

Nella selezione dei documenti per questo volume non è stato utilizzato l'archivio dell'organo di consulenza tecnica e scientifica dell'istruzione, il Consiglio superiore della pubblica istruzione, a motivo della pubblicazione di uri volume della presente collana concernente questo tema, al quale si è fatto cenno. Tuttavia sono stati esaminati alcuni documenti di uno « spezzo­ne» prodotto dal Consiglio, conosciuto con la denominazione Atti versati posteriormente.

Costituito da 2 1 buste e dotato di un sintetico elenco di versamento, si ca­ratterizza per la documentazione riguardante essenzialmente l'attività didatti­ca delle scuole secondarie in merito alle scelte sui libri di testo per l'arco cro­nologico 1863-1903 . La serie, di cui non si conosce il motivo della separazio­ne dagli altri atti prodotti e versati in Archivio centrale per il periodo 1849-1903, è citata nella Guida generale degli Archivi di Stato italiani 2, alla voce Consiglio superiore, come «minute di relazioni, 1902-1903 (bb. 19)» .

I l materiale riveste un cospicuo interesse: vi si conservano gli ordini del giorno della Giunta (bb. 1-3); le minute delle relazioni generali inviate al mi­nistro in merito al problema della scelta dei testi per gli anni 1863-72 (bb. 4-6); discussioni e valutazioni sulle proposte di adozione di libri selezionati dalle relative commissioni per l'istruzione secondaria e articolate per pro­vincia (bb. 8-1 1); relazioni ed elenchi sul medesimo argomento fino agli an-

1 Sono state pubblicate le seguenti relazioni finali: Relazione sui servizi della pubblica istruzione, Relazione finanziaria, Relazione sul personale del Ministero della pubblica istru­zione, Relazione sui ricorsi, domande, istanze, ecc., Relazione sulle biblioteche, Relazione sulla direzione generale per le antichità e belle arti, Relazione sugli istituti dipendenti dalla direzione generale delle antichità e belle arti, Allegati alla relazione sui ricorsi, domande, istanze, ecc . .

2 Cfr. MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, Guida generale degli Archivi di Stato italiani, I, Roma 1 98 1 , p. 199.

Introduzione 1 19

ni Ottanta (bb . 1 2- 14); giudizi e corrispondenza del Consiglio sulla questio­ne, dal 1863 al 1875 (b . 15); pareri e riflessioni su regolamenti e programmi scolastici in coincidenza con la preparazione del decreto del 1867 (b . 16); progetti e discussioni sui regolamenti universitari (b . 17); apprezzamenti e giudizi degli insegnanti di scuola secondaria in relazione alle modifiche dei programmi e dei contenuti dell'insegnamento di alcune materie, in partico­lare di storia e geografia (bb. 18-20); verbali e votazioni per i membri del Consiglio (b. 2 1).

Completa il panorama delle fonti l'archivio di Luigi Credaro. Le carte Credaro, conservate in 4 1 buste, riguardano il periodo 1892-1922, nel quale l'uomo politico svolse un ruolo pubblico a rilevanza nazionale. I problemi riferibili all'istruzione assumono uno spazio cospicuo dell'intera documen­tazione. Vi si rinvengono tracce consistenti dell'attività come sottosegreta­rio nel gabinetto Sonnino (1906), poi come ministro nel gabinetto Luzzatti (1910-191 1).

Una sezione concerne anche i compiti di commissario generale civile della Venezia tridentina, funzione che il Credaro assunse per circa tre anni dal 1919 al 1922.

L 'archivio è consultabile con un elenco piuttosto sommario, in cui però è possibile avere utili indicazioni sugli oggetti che hanno ispirato l'uomo po­litico nel quadro della gestione del governo della scuola: gli aspetti istituzio­nali si coniugano a quelli di natura pedagogica e didattica; i problemi dello stato giuridico degli insegnanti si intrecciano con le lotte e le rivendicazioni economiche della categoria nel primo decennio del secolo r .

GIGLIOLA FIORAVANTI

Archivio di Stato di Terni

1 Un particolare problema, quello relativo alla riforma dell'organizzazione scolastica del 1 892-'93, può essere utilmente approfondito in un fascicolo delle carte di Ferdinando Martini. L'archivio, composto da 2 1 scatole, e per l'arco cronologico 1 874-1925, riguarda prevalente­mente l'amministrazione coloniale dell'Eritrea. Una piccola sezione rispecchia, invece, l'attività del Martini nel periodo della sua permanenza nel dicastero dell'istruzione, prima nel segretaria­w generale, più tardi come ministro nel primo governo Giolitti (1892-1893).

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SEZIONE I

I DISAGI DEGLI INIZI, I LICEI TOSCANI E GLI ISTITUTI GOVERNATIVI

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l

Lettera di trasmissione di Raffaello Lambruschini 1 al direttore dell'Ufficio centrale della pubblica istruzione in Toscana 2, del rapporto sui licei to­scani di Girolamo Buonazia.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 58, fase . 90 « 1860-'80 - Firenze p.g. -Ispezioni e relazioni », ms. con firma autografa.

Firenze, 25 maggio 1861

Presento a V.S. Ill.ma il rapporto che mi è stato fatto dall'ispettore spe­ciale sig. pro f. Buonazia 3, intorno allo stato presente dei licei toscani e a' bi­sogni loro pel futuro anno scolastico.

Io non ardisco proporre gli speciali provvedimenti che potessero parermi necessari a tal fine, perché ignoro come dovessero essere in correlazione con l'assettò stabile che il governo sia per dare alle università e a tutto il complesso degli studi liceali e ginnasiali. Ma se questo assetto dovesse essere ancora diffe­rito, e noi dovessimo tuttavia regolarci con la nostra legge, o almeno secondo il concetto generale che la informa; ad un cenno di V.S. Ill.ma io mi farò un debito d'indicarle quali risoluzioni potrebbero essere proposte al ministro della Pubblica istruzione, affine di non far decadere tra noi la istruzione secondaria da quel grado a cui si è procurato d'innalzarla, e che siamo vicini a toccare.

Attendo adunque le istruzioni che V.S. Ill .ma sarà per darmi; tanto solle­citamente, quanto sia necessario perché il nuovo anno scolastico trovi le co­se opportunamente preparate.

2

L'ispettore generale R[ affaello] Lambruschini

Rapporto sulla situazione dei licei toscani redatto da Girolamo Buonazia e inviato all'ispettore generale per le scuole toscane 4.

1 Raffaello Lambruschini ricopriva al momento anche l'incarico di ispettore generale per le scuole toscane oltre quello di ispettore generale degli studi tecnici e primari e delle scuole normali.

2 Marco Tabarrini. 3 Girolamo Buonazia ricopriva l'irlcarico di ispettore degli studi fisici, matematici e tecnici

della Toscana e di delegato straordinario della pubblica istruzione in Toscana. 4 Raffaello Lambruschini.

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124 Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 5 8 , fase. 90 << 1 860-' 80 - Firenze p.g. ­Ispezioni e relazioni» , ms. con firma autografa.

[1861]

Le disposizioni della legge del 10 marzo 1 860 sui licei furono recate in atto al cominciare dell'anno scolastico 1860-'6 1 . Sono ora scorsi sei mesi che questi ordini sono in atto; ed io credo mio dovere di presentare a V.S. Ill.ma un rapporto sullo stato delle cose, il quale risulta dalle informazioni dei direttori, e dalle visite fatte alle scuole. Questo rapporto si comporrà di due parti; la prima riguarda lo stato generale della istruzione; la seconda i bisogni particolari di alcuni licei.

Il trapasso fatto dall'antico al nuovo ordine degli studii nei licei toscani, richiede alcune particolari osservazioni. Nell'ordine antico degli studii in Toscana, quelli delle lettere italiane e latine finivano alla rettorica, e si face­vano nel liceo sol quelli di letteratura greca, di filosofia, di matematiche, e di scienze fisiche. Venivano i giovani al liceo dalla rettorica, abbastanza pre­parati per quello che spetta alle lettere italiane e latine, ed agli elementi di matematiche; restava loro ad attendere nel liceo alle lettere greche, alla filo­sofia, alla fisica, alle matematiche superiori. Ma appena giunti al liceo, cessa­va l'insegnamento delle lettere italiane e latine; e per quello che riguarda al­la fisica ed alle matematiche, non erano obbligati ad esame su queste scienze altro che i giovani i quali volevano proseguire gli studii di matematiche pure ed applicate, o quelli di scienze naturali nella università di Pisa. In questo ordine veniva abbandonato affatto nel liceo lo studio delle lettere italiane e latine, ed era grandemente trascurato quello delle matematiche e della fisica dagli alunni che frequentavano questi corsi senza obbligo di esame. Nell'or­dine nuovo gli studii di lettere italiane, latine e greche, e di storia dovevano avere il loro compimento nel liceo, come hanno il principio loro quelli di scienze. Ciò importava che il numero delle materie e dei corsi letterarii e scientifici da frequentarsi dagli alunni, fosse molto più grande nell'ordine nuovo che nell'antico, e fosse obbligatorio l'esame sopra ognuna delle mate­rie insegnate nell'anno. Non pochi furono i lamenti contro lo studio del gre­co, della storia, delle lettere italiane e latine, che in questo anno, a cagione di tale riforma, furono mossi per parte dei giovani che fanno il primo anno di liceo. Dicevano che questi studii, i quali erano soliti terminare a rettorica, impedivano loro quelli di filosofia, di geometria, di algebra elementare e di fisica elementare, e chiedevano esser dispensati dall'esame di lettere, e, se­condo l'ordine antico, obbligati solo ad una parte di quei di scienze; il che avrebbe reso inutile la riforma operata, per la quale l'insegnamento classico dovea avere compimento nel liceo.

A provvedere che questa riforma incontrasse minori difficoltà, fu ordi­nato che l'insegnamento delle scienze si tenesse nel primo anno elementaris­simo. Lo studio della filosofia fu circoscritto agli elementi della filosofia ra­zionale. Il corso di geometria fu diviso in due anni; insegnando nel primo gli

Sezione I- I disagi degli inizi, i licei toscani e gli istituti governativi 125

elementi e tenendosi alle teorie più facili; serbando al secondo anno il com­pimento di geometria e le più difficili speculazioni. Il corso di algebra fu di­viso pure in due amli, assegnando al primo le nozioni più elementari, al se­condo il compimento d'algebra, e la più ampia illustrazione di quelle teorie che stanno a fondamento di tutti i ranli dell'analisi moderna. Per l'insegna­mento della fisica elementare il corso del primo anno liceale si limitò a pas­sare in rassegna i fatti capitali della scienza, ad illustrarli con ordine e con chiarezza, serbando al secondo anno i particolari e la esposizione compita di quelle teorie che richieggono nel discente la mente già ordinata a siffatti studii.

In una parola, l'intento dei professori nel primo anno è stato di ordinare la mente degli alunni agli studii di matematiche e di fisica, ponendo innanzi quelle nozioni generali che sono indispensabili a tutti, onde potere intra­prendere nel secondo anno gli studii speciali con buon fondamento.

Nella visita fatta ai licei ho avuto occasione di assicurarmi di questi in­tendimenti di rendere molto elementari i corsi delle scienze nel primo anno di liceo, perché fossero più compiti quelli di lettere, erano mantenuti dai di­rettori e dai professori dei licei. E se alcuna volta ho avuto occasione, o dal modo delle lezioni dei professori, o dalle interrogazioni dirette agli alunni, di notare che gli insegnamenti del primo anno spaziassero oltre i confini lo­ro assegnati, non ho mancato di rammentare quanto fosse necessario misu­rarne l'insegnamento alla capacità dei giovani, e al tempo che essi vi posso­no spendere in questa molteplicità di lezioni e di professori. In tal modo e alle lagnanze degli scolari sulla molteplicità degli insegnamenti, e al deside­rio dei professori di particolareggiare troppo negli insegnamenti speciali af­fidati a ciascuno, fu posto giusto freno nella osservanza della legge. Gli esa­mi della fine di anno mostreranno se altri provvedimenti accorrano ad un ordine di studii un poco forse sminuzzato.

I provvedimenti che si riferiscono agli studii di second'anno nei licei to­scani meritano particolarissima considerazione, poiché compito il secondo anno di studio, passano gli alunni alle università. I giovani che nel passaggio dall'antico al nuovo sistema di studii furono rassegnati a quelli di secondo anno di liceo, furono pochi in paragone di quelli che si rassegnarono al pri­mo. Perché tutti quelli che avevano qualche valore e studii regolari, fecero nella mutazione delle cose valere i loro titoli per passare alla università, sot­toponendosi a prove speciali, e ricevendo non piccolo numero di grazie. Ne avvenne che al cominciare dell'anno scolastico nel novembre 1860, la più gran parte dei giovani ed i migliori, che avrebbero dovuto rassegnarsi per il secondo anno di liceo, furono ammessi alle università di Pisa e di Siena. Ri­masero al secondo anno di liceo il minor numero ed i meno ben preparati, i quali dovranno al ternline dell'anno scolastico sottoporsi all'esame d'am­missione alla università. S 'aggiunge inoltre che fu creduto opportuno in buona parte dei licei provvedere solo in modo temporario allo insegnamen-

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126 Fonti per la storia della scuola

to di questo secondo anno, perché in questa parte l'insegnamento che si dà nei licei toscani essendo non poco differente da quello che si dà nei licei dell'Italia superiore, volevasi aspettare il tempo in cui si potessero prendere provvedimenti stabili. Ora il rimanere sul provvisorio sarebbe a lungo anda­re cagione di qualche irregolarità, che forse nell'anno presente si è fatta me­no sentire, perché la scolaresca di secondo anno, nel passaggio dallo antico al nuovo sistema, trovavasi in circostanze eccezionali, ed ha dovuto sotto­porsi a provvedimenti eccezionali. Ma nell'anno futuro non sarebbe ciò sen­za gravi inconvenienti con la nuova scolaresca, alla quale fu fatto osservare con fermezza il nuovo regolamento, quindi devono esser presi fin d'ora provvedimenti certi per gli studii di secondo anno.

La qualità di questi studii è in istretta relazione con gli ordini che regola­no le università toscane, poiché soppresso in queste l'insegnamento elemen­tare di alcune scienze, fu ordinato che questo insegnamento si desse nei li­cei, il secondo anno, lasciando alle università solo la parte superiore e i trat­tati speciali delle scienze medesime. Quindi è che questi insegnamenti ele­mentari non potevano essere soppressi, come furono, nell'università, senza esser posti nei licei nel modo che siamo a dire.

Gli studii del secondo anno di liceo per le sezioni di filosofia, di filologia e di giurisprudenza, sono la filosofia elementare, la letteratura italiana, la letteratura latina, la letteratura greca, la storia universale e le istituzioni civi­li; quest'ultime obbligatorie solo per i legali. Gli studii per le sezioni di scienze matematiche e fisiche, e di medicina, sono la filosofia elementare, la letteratura italiana, la fisica, la storia naturale, aggiuntavi inoltre l'anatomia per i medici, e il compimento di geometria, di algebra e la trigonometria, per le classi di scienze fisiche e matematiche.

Questi studii furono ordinati per intero nei licei di Firenze, di Lucca, di Pistoia, di Arezzo; invece nei licei di Siena, di Pisa, di Livorno si provvide solo in modo transitorio. In Siena la letteratura greca, la storia universale, la storia naturale, l'anatomia, le istituzioni civili, si studiarono all'università, e il provveditore della università fece le veci di direttore del liceo. In Pisa si incaricarono gli aiuti dei professori della università pisana di dare nel liceo dei corsi elementari di fisica, di storia naturale, di anatomia durante que­st'anno scolastico. In Livorno tacque l'insegnamento della storia naturale, e delle istituzioni civili.

Quanto al liceo di Livorno, dovendo essere tra breve condotto in locale diverso da quello nel quale è oggi, sarà allora il caso di trattare il modo di ordinario compitamente. I lavori per il nuovo locale sono a buon punto, e converrà dare quanto prima esecuzione al decreto che ordina sia separata la direzione del liceo da quella del ginnasio affidato da lungo tempo ai Barna­biti. Occorrerà per questo tra breve richiamare la sua attenzione sopra que­sto soggetto in modo particolare. In questo scritto mi occorre solo avvertire che le difficoltà più gravi si presentano per riguardo al liceo di Pisa e al liceo

Sezione I- I disagi degli inizi, i licei toscani e gli istituti governativi 127

di Siena. In questo le collezioni e i gabinetti già appartenenti al liceo, per l' insegnamento della fisica e della storia naturale, sono passati di recente in proprietà della università, quando queste cattedre furono dichiarate univer­sitarie da liceali che erano. Bisogna dunque far tutto da capo, a volere che l'insegnamento del liceo sia distinto da quello della università, o continuare come fu fatto quest'anno a servirsi delle lezioni dell'università per una parte degli insegnamenti appartenenti al liceo, lasciando che il provveditore del­l'università governi come direttore il liceo. L'uno e l'altro partito offre diffi­coltà; il primo sarebbe però il più reciso; ed è necessario ad ogni modo pro­vocare fin d'ora quelle risoluzioni che devono essere recate in atto per il nuovo anno scolastico. Nel liceo di Pisa manca il locale, ove possano esser dati gli insegnamenti di fisica e di scienze naturali; mancano i gabinetti e le collezioni; in una parola, manca ogni soccorso a questa parte dell'insegna­mento. Qui pure o bisogna far di pianta la parte che manca, o prendere riso­lutamente un partito, il quale permetta di provvedere con efficacia all'inse­gnamento nell'anno prossimo. E qui è necessario accennare, che le difficoltà incontrate quest'anno facendo fare le lezioni del liceo agli aiuti dei professo­ri nella università, difficoltà dipendenti dalla necessità stessa dell'insegna­mento nella università, non permettono di ricorrere a questo partito.

Sono adunque i licei di Pisa e di Siena che richieggono i più pronti prov­vedimenti, e per i quali bisogna invocare le superiori disposizioni fin d'ora, se vuolsi che nel prossimo anno possa in questi licei camminare regolarmen­te l'insegnamento.

3

G[irolamo] Buonazia ispettore speciale

Rapporto inviato al ministro dal direttore dell'Ufficio centrale della pub­blica istruzione in Toscana Marco Tabarrini sulle condizioni e le carenze dei licei toscani 1•

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 58, fase . 90 « 1860-'80 - Firenze p.g. -Ispezioni e relazioni» , ms. con firma autografa.

Firenze, 14 luglio 186 1

Perché l'E.V. possa farsi giusto concetto delle condizioni dei licei tasca-

1 Nel luglio ' 6 1 il ministro Francesco De Sanctis inviò in Toscana due delegati straordinari con ampie funzioni di conoscenza, controllo e amministrazione locale nel quadro di indagini locali tese a perseguire l'unificazione del sistema scolastico nazionale.

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128 Fonti per la storia della scuola

ni, il sottoscritto crede opportuno d'inviarle una relazione, che sul cadere del maggio decorso, gli rimetteva l'uffizio d'ispezione per mezzo dell'ispet­tore generale cav. Raffaello Lambruschini.

Questo rapporto rende ragione non solo del modo col quale si danno gli insegnamenti liceali, ma ben anche esamina lo stato in cui i licei si trovano, rispetto alla legge del 10 marzo 1860, che con nuove e più larghe forme li riordinava.

Sulla prima parte nulla è da osservare; sulla seconda il sottoscritto si per­mette di sottoporre alla E. V. le seguenti considerazioni.

La legge del 10 marzo ordinava i licei toscani in guisa che i giovani po­tessero riunirvi non tanto l'istruzione letteraria-scientifica comune a tutti, quanto ancora gli elementi delle scienze che costituiscono il primo anno di studi universitari nelle diverse facoltà. In questo concetto si dové molto al­largare l'insegnamento liceale, e secondo la legge ogni liceo dovrebbe avere non meno di quattordici cattedre.

Pochi sono i licei che si trovino oggi al completo nel numero di questi insegnamenti, anzi qualcuno ne manca quasi in tutti. Ciò nondimeno voglio­no annoverarsi tra i più completi quelli di Firenze, di Lucca, di Arezzo e di Pistoia.

Sugli altri è necessario venire a qualche considerazione speciale. Il liceo di Lucca è in parte confuso colla università; nel liceo di Pisa l'in­

segnamento scientifico è stato affidato per compenso agli aiuti dei professo­ri dell'università; il liceo di Livorno è poco più che sul nascere, perché fin­qui mancò il locale, e mancarono molti insegnamenti necessari. Per questi tre licei l'uffizio d'ispezione chiede che si prenda un partito per il prossimo anno scolastico. Questa domanda è ragionevole, e può soddisfarsi in due modi; o coll'applicare senz'altro anche a questi tre licei la legge del 10 mar­zo, nominando i professori che mancano; o col seguitare anche per l'anno venturo il temperamento adottato nell'anno corrente, e che ha mandato in­nanzi le cose senza gravi inconvenienti.

Il sottoscritto, se dovesse esprimere la sua opinione, sarebbe d'avviso di lasciare come ora sono anche per il prossimo anno scolastico i licei di Siena e di Pisa, e di contentarsi di costituire almeno con gli insegnamenti indi­spensabili il liceo di Livorno. Le ragioni di questa opinione sarebbero:

l . che in espettativa di una legge generale sui licei del regno, non si con­tinuasse a rendere troppo difformi dagli altri i licei toscani;

2 . che a Pisa e a Siena ove sono università, non si raddoppiassero inse­gnamenti costosi, come sono quelli che richiedono laboratori e gabinetti.

Il sottoscritto non si dissimula le difficoltà di mandare innanzi anche un altro anno i licei di Siena e di Pisa, coi compensi usati fin qui; giacché a Pisa grande è l'opposizione dei professori a fare insegnare i loro aiuti nel liceo; ed a Siena porta confusione il non esser distinti quanto è necessario gli inse­gnamenti liceali dagli universitari. Quando per altro si rifletta che questa è

Sezione I - I disagi degli inizt� i licei toscani e gli istituti governativi 1 29

una condizione transitoria, gli inconvenienti non hanno la gravità che si di­ce; e se il ministro ordinerà che si faccia così, le opposizioni sì vinceranno.

Il sottoscritto propone questo partito sospcnsivo perché gli sembra che l'ordinamento dei licei toscani implichi una questione di principio che la legge generale dovrà risolvere. Si tratta in sostanza di sapere se nei licei vi deve essere un insegnamento letterario e scientifico generale e comune a tutti i giovani che vogliono prepararsi alle università; o se nel liceo deve co­minciarsi quella partizione di studi speciali alle diverse facoltà, che serva di avviamento ai più alti insegnamenti universitari. Ove si tenga quest'ultimo principio, i licei toscani son bene ordinati, e non resta che a compire l'ope­ra; ove per altro si adotti il principio opposto, i licei toscani debbono esser riformati.

Il sottoscritto pone la questione senza risolverla, e nei provvedimenti proposti per il prossimo anno scolastico ha avuto in animo di non pregiudi­carla. V.E. giudicherà quanto egli sia nel vero, e si compiacerà di comuni­cargli in proposito le sue istruzioni, per non trovarsi stretto dal tempo ad eseguirle.

4

Il direttore M[arco] Tabarrini

Relazione del r. commissario dell'istruzione pubblica in Sicilia al mini­stro 1 sulla situazione dei ginnasi e dei licei dell'isola.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. l , fase. 4 << Sicilia 1862- 1880 », ms. con firma illeggibile.

Palermo, 7 giugno 1862

Sciolte le delegazioni straordinarie in Sicilia 2 , il servizio della pubblica istruzione si è dovuto necessariamente riunire in questa segreteria 3 , aspet-

1 Carlo Matteucci, ministro dal 3 1 marzo 1 862. 2 Il r.d. 9 mag. 1 862, n. 623 , di cui si parla più avanti, abolì i 5 delegati straordinari per l'i­

struzione pubblica nelle province siciliane e trasferì le attribuzioni relative alla sezione del Con­siglio superiore d'istruzione di Palermo, come si legge anche nel presente documento.

3 Segreterie generali della pubblica istruzione furono istituite a Firenze, Napoli e Palermo.

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1 30 Fonti per la storia della scuola

tando che la S .V. ci comunicasse le risoluzioni, pel nuovo ordinamento am­ministrativo.

Essendo in sul finire l'anno scolastico 1861-'62, credo mio debito porta­re la di Lei attenzione sulla necessità che si sperimenta di preparare sin d'ora i lavori, tanto per le riforme che meritano i nuovi istituti creati in via solo di prova e d'esperimento, quanto per quelli da creare principalmente nei co­muni capo provincia e capo circondario. E perché la S.V. vegga a colpo d'occhio quel che si è fatto finora in Sicilia, e quel che rimane a fare, mi onoro inviarLe un prospetto all'uopo da me formulato; dal quale capo pro­vincia e i capi circondarii mancano ancora di ginnasi; che de' capi provincia Palermo, Messina, Catania, Trapani hanno dei licei e dei ginnasi; Noto e Girgenti un solo ginnasio; dei capi circondarii Termini, Acireale, Modica il ginnasio .

Le scuole tecniche esistono in Palermo, Acireale, Modica, le normali in Palermo, Messina, Catania e Girgenti.

A me sembra che per l 'urgenza del servizio della pubblica istruzione con­verrebbe che il Governo si occupasse a preferenza della istituzione dei gin­nasi in quei comuni, sia capoluoghi di provincia, sia di circondario, nei qua­li mancano assolutamente per poi procedere ad altre istituzioni che comple­terebbero l'insegnamento secondario.

Intanto debbo significare alla S.V. che a non lasciare sospese talune pra­tiche iniziate dal provveditore di Napoli e dai delegati all'attuazione di nuo­vi ginnasi, mi sono occupato di quello da fondarsi in Caltagirone, che ho di­retto sul proposito rapporto alla S .V. Ill.ma in data del 3 giugno n. 1 2 17 an­d'averne le occorrenti risoluzioni.

In via poi d'istruzione vi sono le pratiche riferibili ai ginnasi di Caltanis­setta, Piazza e Nicosia; su di che attendo ulteriori informazioni a proposito; bramando che si dà tacitamente nella scelta del personale, onde non essere obbligati a rimuovere i già prescelti sia per insufficienza sia pe1· cattiva con­dotta politica, e morale .

Come si andran completando tali informazioni io mi darò la doverosa premura di far le analoghe proposizioni alla S.V. per risolver sulle stesse quanto meglio stimerà conveniente; giacché mi pare che il decreto del 9 maggio or ora pervenutomi, col quale son passate alla sezione del Consiglio superiore dell'istruzione le facoltà attribuite a speciali delegazioni in Sicilia per l'ordinamento dei licei, ginnasii, scuole normali e primarie, non m'im­pedisca affatto di spingere la istituzione dei nuovi stabilimenti d'istruzione dovendosi attendere che cotesto Ministero pubblichi le analoghe istruzioni che servirebbero di norma al detto Consiglio nell'esercizio delle proprie in­combenze che con effetti il medesimo prenda ingerenza nell'ordinamento del quale sopra è parola.

Il regio commissario [firma illeggibile]

Sezione I- I disagi degli inizi, i licei toscani e gli istituti governativi 1 3 1

5

Relazione annuale del provveditore agli studi di Milano sulle scuole se­condarie e sui convitti comunali e privati nella provincia per l'anno sco­lastico 1861-1862.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896) b. 78, fase. 1 3 3 « 1 860-'80. Milano p.g . Ispezioni e relazioni », ms. con firma autografa.

Milano, l o settembre 1862

Mi fo lecito di raccogliere in questa relazione, affinché meglio possano es­sere giudicate dalla S .V. Ill.ma, le distinte relazioni che mi pervennero dai di­rettori de' non pochi istituti d' istruzione secondaria che sono in questa pro­vincia.

Già dalle precedenti relazioni il regio ministero poté vedere come già assai più importante in questa che nella massima parte delle altre provincie del re­gno il numero di tali stabilimenti privati pareggiati ai pubblici o no, che si sforzano di far concorrenza alle pubbliche scuole nei varj rami degli studi se­condari.

Noi abbiamo nella provincia ben 15 collegi convitti di diversa specie cioè: il Collegio convitto comunale Calchi-Taeggi in Milano; i due collegi diretti dai Barnabiti, l'uno in Monza e l'altro in Lodi; il regio collegio di Gorla Minore diretto dalla congregazione degli Oblati; il ginnasio comunale e convitto Ognissanti in Codogno. Vi hanno poi, fra gli istituti di privata proprietà: l'Istituto convitto Sant'Ambrogio in Milano

, Dolci " De Angeli , Stampa " Castelli }) }) }) )} )}

Inoltre si contano:

Brunati in Busto Arsizio Bosisio in Monza Torretta in Rho Bolchi in Saronno Tenconi in Gallarate

il ginnasio comunale di Monza e l'istituto privato elementare e ginnasiale in Milano già Boselli ora Dell'Uomo.

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132 Fonti per la storia della scuola

Buon numero di scolari frequentano queste diverse case di educazione; ricordando solo il numero di quelli che appartennero alle scuole secondarie classiche o tecniche, ascesero in quest'anno a 1 . 2 1 3 , numero che è di poco inferiore a quello accennato nelle precedenti relazioni.

Assai opportuna però fu la determinazione presa in quest'anno dal Mini­stero di non concedere la facoltà di licenziare gli alunni uscenti dal ginnasio e dal liceo non a quelle scuole ch'erano legalmente pareggiate alle pubbli­che. Per tal modo si mantenne la sola possibile guarentigia - di una istruzio­ne che riuscisse almeno al disopra della mediocrità - e si pervenne a scemare di molto quegli abusi che troppo accorrevano in addietro, per facilitare a coloro che se ne accontentavano la carriera degli studi, senza poter dire che ne uscissero degnamente apparecchiati.

Ginnasio convitto Calchi-Taeggi

In questo primo anno della nuova sua amministrazione il municipio di Milano, quantunque desideroso e sollecito in tutte le cose dell'istruzione, non poté avviare in questo convitto alcuno de' miglioramenti ai quali in­tende.

L'istruzione continuò alla meglio come negli anni decorsi per gli 8 1 alunni dei quali 5 6 appartenevano al ginnasio, e 2 5 al liceo: in questo poi, meglio che in quello, poté avvenire la regolare distribuzione degli insegnan­ti secondo le prescrizioni dei regolamenti. Anche la riuscita degli studi fu migliore nei corsi liceali; assai meschino apparve il profitto nelle classi del ginnasio . La condizione provvisoria dell'istituto, lo stato d'incertezza del personale insegnante e direttivo, e l'aspettata trasformazione dell'istituto in convitto comunale sulla norma dei nazionali furono le cagioni dei poco lieti risultamenti tanto negli studi quanto nella disciplina.

Ginnasio comunale di Monza

Contò 95 alunni, la disciplina vi fu sempre mantenuta, ma il profitto de­gli studi riuscì appena mediocre, assai scarso specialmente fu nella aritmeti­ca.

Non credo che questo ginnasio potrà effettivamente migliorare massima­mente per la poca opportunità dell'edificio in cui è posto, se non quando il Comune abbia composta la vecchia vertenza che ha tuttavia colla Congrega­zione barnabitica; vertenza di cui già codesto regio ministero conosce lo sta­to attuale.

R. Collegio Rotondi in Gorla Minore

Dopo le raccomandazioni fatte, a nome anche del regio ministero fin dallo scorso anno, per una mutazione dei regolamenti interni sull'esempio di quello de' Convitti nazionali, quest'istituto procedette con qualche mag-

Sezione I- I disagi degli inizi, i licei toscani e gli istituti governativi 133

giare regolarità, sebbene non possa dirsi che raggiunga quella desiderata for­ma di studi o quel giusto indirizzo dell' educazione che convenga al nostro tempo. Devo però affermare che la disciplina camminò regolare, senza tema che si rinnovassero i disordini interni sovvenuti lo scorso anno.

Gli alunni del ginnasio furono 48, altri 8 esterni e 10 frequentarono.

Ginnasio comunale di Codogno

È il solo fra quelli della provincia che sullo scorcio di quest'anno scola­stico abbia ottenuto il regolare pareggiamento. Buona vi fu la disciplina ma il profitto non può dirsi più che mediocre. Il numero degli alunni del con­vitto supera i 100, ma quelli del ginnasio non furono che 39. S'ha luogo a sperare che per il buon desiderio del Municipio di Codogno di veder fiorire questo convitto anche da una condizione materiale, che in quest'anno offer­se indizio di qualche nota, riuscirà in appresso più soddisfacente.

Collegio convitto di P .P . Barnabiti in Monza

Crebbe non solo il numero degli alunni in quest'anno, attesa la chiusura del Convitto Longone di Milano, che i P .P . Barnabiti reggevano. Il liceo eb­be 45 alunni, 120 il ginnasio. L' istruzione vi camminò abbastanza diligente e regolare; e tutto quello poi che riguarda la comodità e la sollecitudine per l' educazione specialmente fisica, non vi fece difetto. So che nell'anno ven­turo i Barnabiti intendono allargare ancora di più il numero degli alunni.

Collegio convitto de' P .P . Barnabiti in Lodi

Anche questo istituto si regge sulla norma di quello di Monza, ma con­vien dire che in esso l'istruzione è al difetto di quel grado che potrebbe desi­derarsi. Conta 78 alunni ginnasiali e soli 12 di liceo, non avendo avuto in quest'anno che il primo corso.

Istituti privati di Milano, Santambrogio, Dolci Stampa e Castelli

Pressoché tutte queste case private di educazione oltre ai corsi elementa­ri e ginnasiali più o meno complete, hanno aperto pur quelli della scuola tecnica e di una qualche sezione dell'istituto tecnico . Limitandomi a dire de­gli alunni delle scuole secondarie, accennerò che l'istituto Sant'Ambrogio ne ebbe 42 fra i ginnasiali, o quelli di scuola tecnica. L'altro Istituto Dolci ne contò 14 di ginnasio, 2 di scuola tecnica, 14 di una sezione dell'istituto tec-

. nico, senza contare altri 28 scolari esterni; in tutto 53 alunni. Nel Convitto Stampa sono accolti, oltre gli scolari di ginnasio che furono

in quest'anno soli, altri di commercio e di ragioneria, che furono 37 e così in tutto 53 alunni.

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134 Fonti per la storia della scuola

Scuole elementari tecniche oltre una sezione commerciale amministrati­va una fisica matematica, ebbe anche l'Istituto Castelli: in esso gli alunni tec­nici furono 30, quelli del ginnasio non più di 8 .

Istituto Bolchi in Saronno

Il Convitto ebbe 31 scolari di ginnasio e 30 di corso commerciale; e non offerse durante l'anno alcun motivo di particolare osservazione

Istituto Bosisio in Monza

Questo ginnasio privato contò 29 alunni e il liceo 2 5 : vi furono inoltre 35 alunni della scuola tecnica, e 12 della sezione commerciale dell'istituto tecnico. Buona la disciplina, ma la riuscita degli studi in questo, come negli altri istituti, non offerse che un risultato mediocre.

Scuola privata Boselli ora dell'Uomo in Milano

È tra le migliori scuole private della città, ed ebbe 70 allievi ginnasiali, che furono saviamente vigilati ed istruiti.

Scuola privata e Convitto De Angeli in Milano

Furono 33 gli alunni di questo istituto appartenenti alle scuole di ginna­sio, tecnica e commerciale; e l'insegnamento progredì in modo regolare.

Istituto privato Brunati in Busto Arsizio

Questo convitto ebbe 7 1 alunni di scuole secondarie, cioè 5 1 di ginna­sio, 20 delle tre classi di scuola tecnica; e in quest'anno fu anche migliorato nella sua condizione materiale.

Istituto privato Tenconi in Gallarate

Il convitto abbraccia le scuole elementari e il ginnasio; e il numero degli scolari fu in complesso di 70, cioè 13 convittori e 57 esterni.

Istituto privato Torretta in Rhò

I 30 alunni di questo convitto appartengono a 4 classi del ginnasio e ad un corso commerciale: così in questo come negli altri istituti privati dello stesso genere di sopra nominati i direttori si adoperano a conformare l'inse­gnamento ai programmi delle pubbliche scuole.

Il provveditore Giulio Carcano

Sezione I - I disagi degli inizi, i licei toscani e gli istituti governativi 135

6

Relazione finale del provveditore agli studi nella provincia di Milano sul­l'andamento delle scuole secondarie classiche per l'anno scolastico 1860-1861.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 78, fase. 1 3 3 , « 1860-'80. Milano p.g. Ispezioni e relazioni », ms. con firma autografa.

Al r. ministero dell'istruzione pubblica Torino

Milano, 12 settembre 186 1

Avendo codesto r . ministero, col dispaccio 3 1 luglio scorso n. o 12482 (di partenza) raccomandata la sollecita presentazione de' ragguagli annui in­torno al generale andamento delle scuole secondarie di questa provincia, devo innanzi tutto scusarmi del frapposto ritardo: ne fu cagione il non aver prima d'ora, malgrado i fatti eccitamenti, potuto raccogliere i compiuti dati statistici, e le parziali relazioni dei capi degli istituti: dal prospetto riassunti­vo del numero degli alunni negl'istituti classici, [ . . . ] risulta ch'essi furono in complesso 1 . 147: per modo che, raffrontata questa cifra colle precedenti statistiche, supera di 1 12 alunni il numero risultante in quella dell'anno pas­sato.

Nel rapporto annuale del 1860, erano pure numerati gli alunni dei diver­si collegi convitti, che in allora godevano del pareggiamento alle scuole pubbliche; come pure il numero degli scolari che frequentarono i molti isti­tuti privati della provincia. Ma avendo i primi perduto in quest'anno il privi­legio del pareggiamento, e non essendosi dagli altri, se non in poco numero, inviati gli scolari ai pubblici esami di licenza, non credette di tener conto di questi dati statistici, che diremmo affatto privati. Osservo, per altro, che in seguito alla speciale concessione data dal r. ministero, di fare esami di licen­za anche nei diversi collegi convitti godenti in addietro il pareggiamento, il preciso numero degli scolari che a tali convitti appartengono dovrebbe far parte dei parziali rapporti sui detti esami di licenza, che separatamente ven­gono trasmessi a codesto r. ministero.

Ma non è soltanto dal cresciuto numero degli scolari che può dedursi il progresso generale della istruzione. Questo progresso vuolsi ripetere dal de­siderio cresciuto di avanzare negli studi, e dal buon frutto che gl'insegna­menti devono produrre. E per verità, sebbene quasi tutti i capi delle pubbli­che scuole della provincia si siano lodati nei loro rapporti della regolarità nell'istruzione e nella disciplina, non meno che della bontà degli insegnanti, il semplice riscontro però del numero de' giovani esaminati con quello dei

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1 36 Fonti per la storia della scuola

promossi farebbe dubitare che il profitto negli studi sia stato quale era dirit­to di desiderare.

Gli esaminati, infatti, furono 978. I promossi o licenziati soli 675 ; per modo che vedesi che un terzo e più dei giovani iscritti non superarono la prova degli esami, lasciando poi da parte quelli che neppur l'affrontarono per aspettare a sostenerla nella prossima sessione dell'ottobre.

Diverse sono le cagioni per cui la riuscita degli studi in quest'anno, a pa­rer mio, non fu né così fruttuosa, né così lieta quale le nuove e libere e viva­ci istituzioni parevano prometterla. E prima di tutto, convien tener conto della circostanza che i professori erano in gran parte nuovi ad un insegna­mento fatto colla scorta dei programmi ministeriali; cosicché a parecchi riu­scì non facile lo staccarsi dai vecchi metodi e il sollevarsi a principi più ra­zionali. Né taccio un'altra difficoltà; e fu quella di percorrere, massimamen­te per alcuni rami di studio, l'intero corso segnato dai programmi: ed è que­sto, se ben veggo, un gran danno; dacché, ove il professore si rallenti nel cammino, quella parte di scienza che a lui spetta d'insegnare, o va negletta, o riesce inefficace, superficiale e monca.

Vuolsi avvertire, ancora, che un fatto particolare dello scorso anno, quello cioè del non piccolo numero de' giovani che accorsero colle armi a sostenere la causa della patria del mezzodì d'Italia, e che poi si restituirono alle scuole, non poté di certo contribuire all'ordine migliore e a quel severo raccoglimento che si richiede per avvanzare [sic] negli studi. Giusto è però ricordare che, in più d'una scuola, diversi dei giovani che s 'erano prima di­stinti nelle battaglie, ebbero in appresso i primi vanti anche nello studio.

Passando ad altro difetto, che senza influire nelle scuole non permise pe­rò che tutto ben camminasse come era debito nei diversi istituti, accennerò le difficoltà insorte durante l'anno circa la competenza del carico per le spe­se del materiale scientifico o non scientifico ai diversi stabilimenti, per la impossibilità di assegnare e distribuire i premi in fin d'anno, per i ritardi av­venuti nel pagamento degli assegni e delle dotazioni scolastiche. Egli è per questo ch'io stimo mio dovere d'insistere presso codesto r. ministero, affin­ché in vista dei crescenti inciampi nelle piccole amministrazioni di ogni scuola che in quest'anno vissero, per così dire, di debiti, voglia compiacersi di sollecitare la decisione di questa parte non poco importante nell'applica­zione della legge scolastica.

Il dispaccio ministeriale, sopra accennato, mi fa pure obbligo di presen­tare quelle osservazioni ch'io credetti opportune per qualche provvedimen­to intorno al personale di ciascun istituto. Avendomi diversi dei capi delle scuole fatta qualche proposta degna di nota su questo punto altrettanto dili­cato che importante, ho creduto di farne argomento di uno speciale rappor­to, che, in data d'oggi, trasmetto pure a codesto r. ministero.

Del resto, riassumendo le particolari relazioni che mi pervennero, devo confermare in genere la lode impartita dai presidi e direttori ai loro alunni sul-

Sezione I- I disagi degli inizi, i licei toscani e gli istituti governativi 137

la osservanza della disciplina e del buon contegno; il che è pur qualche merito, trattandosi di ginnasi e licei che vanno contati fra i più numerosi del regno.

Gli esercizi militari furono regolarmente attuati c continuati nelle diverse scuole, con evidente vantaggio nello sviluppo fisico e nel portamento de' gio­vani: forse in alcuna scuola ne venne qualche distrazione dallo studio, per la maggiore alacrità con cui s'attese alla disciplina militare anziché a quella più se­vera della scienza. Gioverà, cred'io, in questa parte il raccomandare ai capi de­gli istituti che, osservando quanto prescrive il regolamento scolastico, si riser­vino agli esercizi militari i giorni feriali. Affermo però che, in tutte le scuole, si è osservata la prescrizione del dispaccio ministeriale 14 luglio p. p. n. o 1 1329 di non assegnare gradi militari agli alunni, e di non ammettere altra distinzione che quella dei capi squadra.

Venendo, in fine, a far qualche cenno dei diversi convitti tenuti da corpo­razioni religiose o da privati, credo dover ricordare quanto importi che sia al più presto risoluto nella domanda del Comune di Milano per essere investito dell'amministrazione del Collegio Calchi-Taeggi. n soverchio numero degli sco­lari accorsi nei due ginnasi e nei due licei di Milano, dopo la chiusura del gin­nasio e liceo di S. Marta, fa vivamente desiderare che si trovi modo di aprire al pubblico in questa popolosa città un terzo ginnasio e liceo. Quasi tutti gli altri collegi convitti, sia i tre governati dai Barnabiti in Milano in Monza e in Lodi sia alcuni diretti da privati, come il convitto Robiati in imano e n' Brunati � Busto Arsizio, senza parlar del convitto Ognissanti di Codogno e del ginnasio comunale di Monza, hanno chiesto il pareggiamento; ritenendo ciascuno di adempiere alle condizioni volute dalla circolare 19 giugno 1861 del signor mi­nistro. Sopra le parziali domande, il Consiglio provinciale scolastico ha già da­to, o darà il proprio voto. Io però non posso qui tacere anche dopo la sperien­za avutane per diverse visite, che in genere l'istruzione data nei convitti e nelle scuole private non corrisponde a quella larghezza di principj e a quella impor­tanza nelle dottrine a che parmi che tendano la legge e provvide disposizioni a chi regge il magistero degli studi, nella patria nostra.

7

Il provveditore [Giulio] Carcano

Sintesi della relazione generale presentata al ministro dal Provveditorato centrale 1 sulla condizione degli istituti classici governativi.

1 Il Provveditorato centrale per l' istruzione secondaria ereditò le competenze del Comitato per l'istruzione secondaria creato con r.d. 6 dic. 1 866, n.3382. Tale ordinamento rimase in vi­gore fino alla ristrutturazione del ministero attuata con r.d. 6 mar. 188 1 , n. 87.

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138 Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 14, fase. 2 , « lsp.ezioni e relazioni, 1 865-1872. Parte Ih \ ms.

[ 1869]

Raccogliendo in breve prospetto le esposte cose, si è certi che le scuole classiche dello Stato sono in genere meno proficue di quello che sarebbero se in alcuni luoghi fossero meglio coordinate e dirette, in altre fornite di mi­gliori insegnanti ovunque secondate dal fervore degli allievi e dei loro pa­dri e meno avversate dal concorso di coloro che fan mercato dell'istruzione e i� alcuni luoghi dal cieco odio alle cose ed agli atti del Governo.

Frequenza alunni

Più numerose in proporzione degli abitanti nelle provincie siciliane vi sono meno frequentate. Numerose al pari ma più frequentate nelle provin­cie piemontesi.

Non molte, ma molto affollate nelle lombarde e nelle venete. Quasi deserte in alcune provincie dell'Emilia e generalmente nelle Mar­

che nell'Umbria e nella Toscana. Inferiori al bisogno, ma in via di prosperare nelle provincie napolitane. In Sardegna per numero di �lunni prosperano soltanto le scuole di Sas­

sari.

Numero totale degli alunni nel 1868

La cifra degli scolari segnata tra i ragguagli di ogni istituto, parte provie­ne dalla ispezione del 1867 parte da quella eseguita nel 1868. Non tenendo ragione di qualche lieve differenza, si può affermare che le scuole classiche dello Stato non ne raccolsero l 'anno scorso più di 12 . 1 3 2, ripartiti nella se­guente proporzione.

Classificazione degli istituti per frequenza di alunni

Dei 103 ginnasii l . raccolse non più di l O alunni 3 . da 10 a 20

10. da 20 a 30 6 . da 40 a 50 9. da 50 a 60

10. da 60 a 70

' La sintesi proviene dalla relazione generale sulla istruzione secondaria redatta da Masi nel gennaio 1 869 a seguito delle ispezioni condotte sugli istituti governativi negli anni 1867-1868.

Sezione I- I disagi degli inizi, i licei toscani e gli istituti governativi 1 39

5 . da 70 a 80 8. da 80 a 90 s . da 90 a 100 9. da 100 a 120

10 . da 120 a 140 2 . da 140 a 160 8 . da 160 a 180 l . da 180 a 200 6 . da 200 o più

[ . . . ]

In genere i licei e i ginnasii veneti sono relativamente i più frequentati perché in quelle provincie non si è ancora traforata la turba dei faccendieri che professa di abbreviare ai giovani il corso degli studii nelle più cospicue città, Napoli principalmente e Torino; né, dei seminarii in fuori, vi sono dif­fuse le scuole dei disciolti ordini religiosi, come nella Lombardia, nella Ligu­ria e più nella Toscana.

Ordine materiale

Nella parte materiale quasi dapertutto non mancano le cose necessarie. Adatti e decenti nel complesso i quartieri delle scuole; sufficiente la suppel­lettile; sufficienti gli strumenti per lo studio della fisica, scarsi per quello della chimica, scarsissimi per quello della storia naturale manchevoli per la ginnastica nelle contrade che non ancora intendono l'utilità di tali esercita­zioni, come la Toscana, l'Emilia, la Sicilia, la Venezia.

Mancano poi generalmente gli atlanti e le carte murali prescritte dagli ul­timi programmi per lo studio della storia e della geografia.

Ordine morale, Disciplina

Nell'ordine interno gli istituti meglio avviati sono in genere quelli delle provincie piemontesi e lombarde e parecchi delle napoletane, nelle cui scuole va sempre più infervorandosi l 'amore della disciplina e l 'osservanza delle leggi scolastiche che sono sicura guarentigia d'insegnamento efficace e di largo profitto . I meno ordinati appariscono quelli di Sicilia, non senza pe­rò indizii di ravviamento in alcuno dei principali.

Studii

Gli studii poi sono ove più, ove meno, fecondi ma generalmente meno di quel che dovrebbero, e talvolta di quel che potrebbero essere. Alunni po­co preparati. Quindi dapertutto professori di ginnasio dolenti degli alunni che ricevono dalle scuole elementari anche nelle città in cui l 'istruzione pri-

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140 Fonti per la storia della scuola

maria è vivamente promossa, come Milano; e professori di liceo che si que­relano alla loro volta dei giovani che ricevono dai ginnasii, come ignari principalmente di grammatica greca e latina, e digiuni di ogni buon gusto.

E il frutto degli studii fu osservato, mediocre in genere, nelle lettere ita­liane, mediocrissimo nelle latine, e molto meno nelle greche, gretto o vano nella storia e nella filosofia, nullo nella geografia, bastante nelle scienze ap­plicate e nelle matematiche. Lo studio della lingua francese prescritto dalla legge del 10 febbraio 1861 agli alunni dei ginnasii napoletani, frutta poco o nulla, perché non essendo calcolato nelle promozioni, i maestri non hanno potere di piegarveli. La medesima sorte corre l'istruzione religiosa prescritta dalle leggi a tutte le scuole dello Stato, poiché generalmente è data in tempo inopportuno, e da gente di mediocre cultura, o senza chiaro concetto della cosa. Quindi l'istruzione o viene ristretta al catechismo, che i giovani impa­rano a casa, o divaga in sottigliezze dommatiche, o in polemiche fastidiose alla gioventù ed infeconde, perché non riguardano le pratiche della vita.

Nei licei lo studio delle scienze è più ordinato e più proficuo che quello della storia e delle lettere: né si pena ad introdurvi i buoni libri ed i nuovi metodi.

Ma nei ginnasii rari indizii di connessione tra gli studii e tra le classi, molto minor vigoria: e per introdurvi le buone pratiche è forza che il tempo dia luogo ad un numero maggior di nuovi insegnanti per rompere le abitudi­ni, vincere la ritrosia e scuotere 11 torpore degli antichi.

Presentemente nella maggior parte è debole, disforme disordinato lo stu­dio dell'italiano. Quel poco di geografia e di storia antica che è prescritto, è non più che una recitazione. La grammatica latina si studia male; male e po­co la greca.

Alla tenuità del profitto contribuisce nella massima parte il metodo. Scarse letture, grette analisi che stupefanno genitori ed alunni, col nome di logiche; meccanici esercizi di memoria non valgono di certo ad aprire gli animi dei giovanetti al sentimento ed al gusto ed abituarli alla riflessione. Avviati male, non possono camminare bene nei licei. Quindi come vennero impreparati dalle scuole elementari, escono dagli istituti secondarii senza es­sersi addomesticati con le idee, col linguaggio, coi principii dei greci e dei latini scrittori, perché li lessero senza il sussidio di quelle conoscenze stori­che e grammaticali, che sono necessarie per bene intenderli, di quello indi­rizzo accurato, intelligente, affettuoso, che è necessariissimo per gustarne le bellezze .

Npndimeno per quanto siano gravi i difetti qua e là osservati, o di meto­do, o di indirizzo, e di dottrina, o di volontà, o di studii precedenti sono tuttavia gli istituti del governo quelli che offrono le migliori guarentigie per l'istruzione e per l'educazione della gioventù. Di ciò fan fede gli esami di li­cenza sebbene nelle statistiche pubblicate dalla Giunta centrale, siasi fatto un fascio dei regii e dei pareggiati, che sono cosa ben diversa.

Sezione I- I disagi degli inizi, i licei toscani e gli istituti governativi 141

Ma benché maggiore i l numero degli approvati tra le scuole del governo, non è tale ohe il governo possa dirsene soddisfatto, la nazione contenta. A chi la colpa?

Indole dei giovani

Non è questo il caso di giudicar l'albero dal frutto poiché tra l'insegnan­te e il profitto sta di mezzo l'alunno .

E l'indole degli alunni fu generalmente osservata alquanto fredda nel Pie­monte e nella Lombardia, fiacca nella Toscana e nella Venezia, pigra nella Sicilia e nell'Emilia, nelle Marche, nell'Umbria; nella Liguria, nella Sardegna, nelle provincie napolitane più desta: ma ovunque o per mancanza di severi­tà paterna, o per influsso della licenza che deriva dall'abuso della libertà, privi di quella energia del volere, di quella virtù di animo che nonostante la imperfezione dei mezzi suoi produrre i grandi effetti. Non è quindi a stupire se nella generale atonìa della autorità dei padri, e svogliatezza più o meno dei figliuoli, l'opera degli ottimi professori non sia efficace quanto dovreb­be; e se i professori meno valenti scoraggiati o stanchi, finiscano con l'accu­munarsi coi mediocri e con gli inetti.

Insegnanti

E il numero degli insegnanti inetti è ristrettissimo nelle scuole del Gover­no, al pari di quello degli ottimi; ma quello dei mediocri supera di gran lun­ga l'altro dei buoni. E diciamo ottimi coloro che riuniscono in sé l'eccellen­za della dottrina, come della abilità e del vigore. Buoni coloro a cui manca alcuna di tali doti. Mediocri quelli che non ne hanno nella misura che basti. Inetti tutti gli altri che ne sono privi.

Spiegato il senso delle parole, risulta dai ragguagli avuti, che il numero degli insegnanti mediocri ed inabili nei licei, avanza quello degli ottimi e dei buoni insieme, di poco nella fisica e nella matematica, notevolmente nelle altre discipline. Ed è forse questa una delle ragioni onde lo studio di quelle scienze fu trovato quasi dapertutto, se non prospero, meglio ordinato, e ge­neralmente più proficuo.

Più grave è la condizione dei ginnasii, nei quali gli ottimi e i buoni inse­gnanti, compresi quelli della aritmetica, e gli altri di lingua francese nelle provincie napolitane, scarseggiano assai più in confronto dei mediocri e de­gli inabili.

Numero degli insegnanti e merito

Sicché può l'E.V. avere per approssimativa questa proporzione; che tra i 692 officiali che insegnano o dirigono nei licei, se ne contano un terzo tra buoni ed ottimi, e tra i 626 appartenenti ai ginnasii assai meno di un quarto; il resto o mediocremente abili ed istrutti, che sono i più, o del tutto incapa-

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142 Fonti per la storia della scuola

ci. E nel numero degli officiali non si è fatta ragione anche dei catechisti e degli istruttori militari e ginnastici, come di insegnamenti che non hanno stretta attinenza con la coltura scientifica e letteraria dei giovani.

Condizione civile degli insegnanti

Né la scarsezza degli ottimi e dei buoni insegnanti è da attribuire, come tal uni credono alla prevalenza dell'elemento clericale tra gli officiali delle scuole. V'à sì degli ecclesiastici ed alcuni che dirigono saviamente e parec­chi che efficacemente insegnano, ed altri che poco o nulla corrispondono alle esigenze dell'ufficio . Ma quando pure tutti mancassero di idoneità e di rigore, certo non sarebbero essi soltanto gli incapaci, né interamente ad essi si dovrebbe attribuire il danno, perché vi concorrerebbero insieme con gli altri; anzi meno dei laici, essendo non più che 1 12 tra i 692 officiali dei li­cei, e 2 1 5 tra i 626 dei ginnasii.

Numero intero degli officiali negli istituti classici; loro condizione civile e grado

Adunque senza computare direttori spirituali, istruttori militari e ginna­stici, macchinisti, bidelli, inservienti, sono negli istituti classici del Governo 1 3 18 officiali insegnanti o dirigenti; dei quali 961 laici, 35 1 preti; e per gra­do scolastico 845 titolari, 324 regenti, 1 16 incaricati, 26 effettivi e 7 sup­plenti delle provincie verrete.

Condizione morale

Ma in tanto numero e laici e sacerdoti con qualunque grado scolastico, se raramente offrono aperta mancanza di contegno e di dignità, non sono, in genere, da lodare per insistente ed operosa energia.

In nessun istituto fu scorto nel complesso dei professori quello entusia­smo, a cui soltanto 'risponde e corre dietro innamorata del vero e del bello e fervorosa la gioventù. Molte sono le cause che ne fiaccano spesso il vigore, ma quella che più ne dissipa le forze, e alcuna volta li costringe ad atti poco degni, si è la tenuità dei compensi, massimamente nei luoghi dove il vivere è più caro, fiaccarne l'energia un errore.

SEZIONE II

RELAZIONI ED ISPEZIONI SUL RENDIMENTO SCOLASTICO

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8

Relazione generale del preside Gaetano ]andelli sull'andamento degli stu­di nel liceo ginnasio di Teramo per l'anno scolastico 1861-1862.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 1 2 3 , fase. 224 « 1860-'80. Teramo (cit­tà), parte 1 » , ms. con firma autografa.

Teramo, 12 agosto 1862

Difficoltà incontrate.

Tutte le cagioni le quali impediscono gli abitanti delle provincie meridio­nali a divenire una eletta parte del popolo italiano, contrastano pure alle nuove istituzioni che ve l'aiuterebbero e tolgono efficacia ai salutari provve­dimenti del governo nazionale.

Ora il più importante, il più opposto alle vecchie tradizioni e abitudini, il più soggetto alle gare de' partiti e alle passioni de' privati essendo un istitu­to di pubblica educazione, V.E. già comprende quale sia stata la condizione di questo Liceo ginnasio lungo il corso dell'anno scolastico.

Però alle cagioni generali di perturbazione altre sono da aggiungere che in alcuni luoghi, e soprattutto qui, hanno in appalto il buono andamento della cosa. Mi sia permesso di mentovarne solo due.

Il nuovo istituto succedeva a uno consimile retto per più anni dai padri Barnabiti, i quali alla prima minaccia di soppressione avevano potuto procu­rarsi da molti cittadini di qui una petizione contrariante siffatta misura. I re­verendi padri lasciavano dunque un partito personale in città, sia per ragio­ne politica che di privati interessi e di religiosi attaccamenti.

Nullameno cotal partito, all'evidenza di un migliore istituto sarebbe ri­masto impotente se la nomina de' nuovi officiali e insegnanti non avesse ec­citato l'ambizione di molti, e quindi creato una fazione attivissima e instan­cabile a mal fare.

Con fini diversi le due parti nemiche convenivano nello stesso intento, e di sfatare il nuovo ordinamento degli studi, e di scemare la stima alle perso­ne prepostevi. Il perché non tardaron guasi ad accordarsi e muoversi una guerra subdola e vile che gran fatica si dura a immaginare non che credere. In pruova toccherò solamente delle pessime insinuazioni onde hanno cerca­to sviare la gioventù studiosa e inimicarla a' proprii benefattori.

Questa era avvezza a un sistema di studio molto commodo, benché vano

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146 Fonti per la storia della scuola

e pedantesco. Bastava che giungesse a' intender� un po' ?i latino � �andar� a memoria uno spolvero di psicologia, per verure, senz altro, abthtata agli studi universitarii. Che se a' più ingegnosi si faceva saggiare la matematica elementare e la fisica, i giovani e le famiglie loro non reputavano cotali dot­trine necessarie, se non a chi volesse apprender di medicina: per gli altri era roba di erudizione. A tanta leggerezza di ammaestramento rispondeva bene il metodo didattico, non derivato da ragionevoli principii, senza calore di affetto, materiale e mnemonico. Né la disciplina delle pubbliche scuole era, se non apparentemente, buona. Imperocché poco rigore e nessuno adope­rarsi circa l'assiduità e il profitto degli alunni; a' parenti loro non se ne ren­deva mai conto, o tardi, richiesti, e con molte reticenze e mitezza. Per tal modo la scolaresca aveva contratto un abito di pigrizia e di presunzione, che nel gran movimento politico degli ultimi anni era cresciuto a dismisura e ac­coppiatosi a' uno spirito d'illegalità d'insubordinazione e mal talento. Che doveva riuscir mai a questa specie di allievi il nuovo insegnamento? Super­fluo e gravoso per la materia, molestissimo per la disciplina. Vennero dun­que ad iscriversi con cattive disposizioni, e v� �i sono

_ lung��ente mant�nu­

ti, soprattutto per suggestione de' nostri nem1o, e p01 per l mettezza de pa-renti e l'apatia del paese.

Divisamenti nostri.

In questa difficile posizione da prima non avevamo altra forza che quel­la, per anco a mostrarsi, del ben fare; non altra confidenza che nel nostro zelo e nella concordia nostra.

Ad avviare intanto gli studi conveniva usare indulgenza negli esami di ammissione, e ciò facemmo; ma col proposito di emendare ogni soverchio negli esami finali; conveniva porsi innanzi, come tipo, il sistema de' pro­grammi legislativi, ma recarvi tali modificazioni che per esse l'insegnamento si adattasse alle capacità degli allievi e in fin dell'anno riuscisse al detto sco­po, il più possibile accostato. Quanto siasi così malagevole co�pito

. ademp�­

to l'E.V. lo ricaverà da' cenni che passo a darne, rispetto al gmnas10 e al h­ce� , rimettendomi per più particolareggiata notizia alle relazioni de' profes-sori qui allegate.

Ordinamento del ginnasio.

Nella 1 .a classe ginnasiale si accolsero fanciulli che avrebbero potuto ap­partenere ad una 3 .a e 4.a elementare. Fu forza ammetterli, per��é il

. res�i�­

gerli quando le dette classi non erano, e non sono an�ora, _st�bilite m c1tta,

avrebbe procurato molt'odio all'istituto . Impertanto s1 dove ndurre propor­zionatamente il programma, e fare della scuola due sezioni, coll'intento di condurre gli alunni della l . a al punto di entrare un altro anno in c�asse,

. e

quelli della 2 .a a dar l'esame di passaggio. Per le altre scuole del gmnas1o

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 147

vanno fatte le medesime avvertenze, circa l'estensione de' programmi. Solo non fu bisogno suddividerle in sezioni; poicché [sic] gl'incapaci si poteva ri­mandare alle scuole inferiori, come fu fatto appena io presi le funzioni di preside. Ciò posto ecco lo svolgimento ch'è riuscito dare a' programmi, se­condo le classi.

Quanto al metodo ho procurato che fosse uniforme, per ciò spesso invi­tando a' conferenze i professori del ginnasio; anche per trovare insieme gli spedienti più opportuni a mantener la disciplina de' loro allievi .

Disciplina degli alunni ginnasiali .

La quale, in virtù di questa cura unanime e assidua, andò di mese in mese migliorando; e gli alunni, l'un di più che l'altro, acquistarono di stima a' proprii maestri, di obbedienza e pieghevolezza agli ordini superiori. N'ad­durrò questa pruova. Ne' primi mesi dell'anno parecchi scolari cedendo alle insinuazioni de' tristi abbandonarono le classi rispettive, sì che da settanta­nove iscritti (tra convittori e esterni) pel ginnasio, rimasero a 65 . Ma questi, salvo poche eccezioni, hanno poi frequentato assiduamente e fino al termi­ne le lezioni, apparecchiandosi all'esame con lodevole premura. Che se non avessero rotto il freno della disciplina sotto due incaricati di aritmetica, co­me appresso dirò; se l'istruzione religiosa e militare ci avessero meglio ajuta­to; ardisco promettere all'E.V. che l'educazione intellettiva e morale, nel ginnasio, sarebbe ita più avanti, e frutti più copiosi or ci farebbe sperare pel prossimo anno [ . . . ] .

Norme seguite dal preside.

[ . . . ] Mi credo in debito ragguagliarLa [ . . . ] del modo onde meglio ho sapu­to compiere il mio officio, d'indirizzare esso insegnamento ad unità dialetti­ca; affinché io possa trovare, nell'autorevole avviso dell'E. V. , od un confor­to a proseguire, od una norma ad emendarmi.

Fin dai primi giorni che assunsi il mio incarico, vidi l'impossibilità di far­vi alcuna pruova se non proponendo un sistema di esercizii scolastici e sug­gerendo delle norme, com'io le aveva già dedotti da una metodica completa e positiva. Imperocché innanzi di questo tempo aveva studiato il problema didattico nelle sue storiche soluzioni e, ricercando la ragione delle sue varie forme, era pervenuto ad una sintesi che mi pareva capace di ottimi effetti, per esser conciliativa e universale. Ma non dovendo infastidire, senz'alcuna utilità, l'E.V. io prendo licenza di riferirle solamente, a modo di brevi sen­tenze, le conclusioni de' miei studi per quanto si affanno al detto proposito.

I. Che la nota legge di graduazione, nella quale alcuni restringono, e chiudono quasi, la Didattica generale, sia manchevole al bisogno dell'istru­zione, quando non la si rintegri di due altre leggi, cioè la insessione dei veri, e la unione indissolubile del conoscere col fare. La prima di queste leggi sta-

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148 Fonti per la storia della scuola

bilisce che non si apprende tutto il vero senza le sue divine ed eterne trasfi­

gurazioni, il bello e il buono, come queste mal provano dove sieno fr� sé di­

vise e dal loro comune fondamento. Seguita che di tre parti debba nsultare

ogni ammaestramento, cioè la scienza l'arte e la morale, benché a qualcuna

di esse giovi talvolta dare del predominio, conforme alla legge del gradua�� sviluppamento degl'ingegni. Così nel ginnasio si possa attende�e �on pm

amore all'educazione letteraria, e alla scientifica nel liceo; ma m Clascuna

scuola del primo e in ciascuna classe del secondo l'armonia sopradetta si

debba sollecitamente mantenere. L'altra legge dichiara come il sapere sia un

infinita attività di sviluppare senza posa i germi fecondi insiti nei principii

della mente, e dare alle idee una vita fantastica a cui tutto l'uomo si con-

formi.

Se ne ricava: n. Che l'arte insegnativa essenzialmente consista in ordinare la materia e

gli esercizii didattici per modo sì graduato che l'allievo acquisti il triplice abito operativo, della scienza cioè dell'arte e della morale .

Mi sarebbe facile mostrare come tutte le regole didattiche finora propo­ste discendano da questa formula suprema, e che altre ancora se ne possano derivare; ma io debbo star contento a cennar qui sole quelle da me suggerite e da' professori accolte. Comincio dal ginnasio.

Circa l'ordinamento delle scuole ginnasiali.

Le cinque classi che lo compongono vanno distribuite in due corsi, il pri­mo de' quali può chiamarsi di grammatica, il secondo di retorica. In essi l'ordinamento delle materie e del metodo dovrebbe esser siffatto che la di­versità dell'uno all'altro corso non guasti l'armonia loro, sì bene il primo servi al secondo di apparecchio e di avviamento. Entrambi però presentano la stessa difficoltà didattica: come sopperirvi alla mancanza di materia scien­tifica, la quale vien tutta collocata nel liceo? Ché la sola aritmetica, o no? merita tal nome, o per la sobrietà dell'insegnamento attuale non basta al hl­sogno. E mi parve che un'accurata applicazione de' principii sopraccennati potesse in parte provvedere a tal difetto. Onde innanzi tutto rivolsi la mente alle prime tre classi ginnasiali e reputai necessario che l'unico trattato di grammatica già prescritto vi fosse dettato con identico meto�o e tale �h� rendesse quei preçetti una vera logica dell'adolescenza, spogliando pero 11 dettato d'ogni austerezza scientifica, a tale età insopportabile. Per dare al­l'E.V. un'idea di siffatta grammatica, n'ho trascritto il programma didattico che troverà qui allegato. Dove si pare come tutte le parti della grammatica procedano parallele per modo, che sviluppandosi da una �ri�a in �n'ult�� si compiano e si raccolgano. La prima parte è generale, e mdtca gli eserc1z11 logici per cui l'alunno piglia abito alla riflessione astrattiva, senza di che tor­na vano lo studio delle lettere e delle voci. L'ultima, (la sintassi) conduce al-

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 149

la composizione, ch'è come il frutto dell'intero insegnamento, mentre le al­tre parti danno l'uso convenevole delle parole per le attinenze loro, tanto alla natura del pensiero, che alla costruzione del discorso parlato. La qual forma sistematica, com'è sommamente ragionevole, così ella corregge i co­piosi difetti delle comuni grammatiche, che furono già da altri avvertiti e specialmente dal Girard 1 , Rileverà anche l'E.V. come la grammatica genera­le vada distinta in due parti, le quali rispondono al doppio grado dello svi­luppo riflessivo e alle due forme primigenie dell'umano pensiero, cioè al giudizio e al raziocinio. Questa divisione si acconcia assai bene alla legge di graduazione, anzi l'attua siffattamente che il maestro può insegnare la sua materia con opportunità e misura facendosi guida amorevole dello scolaro. Basti un esempio. Chi non sa quanto malagevole riesca l'intelligenza e l'uso de' tempi e modi del verbo? Essi impostano una relazione a volte complicata e delle sottili distinzioni; le quali cose richieggono un abito riflessivo pro­porzionato all'età e all'ingegno dell'allievo, come allo sviluppo civile de' popoli. Nel nostro programma si vede che allor quando egli sia capace di far giudizii complessi sia anche in grado di scorgere quelle relazioni intorno a' tempi ed a' modi, e imparare insieme l'uso di certi avverbi e preposizioni, con reciproco illustramento. Per essersi trascurata questa avvertenza, e so­prattutto il metodo razionale di cui parlo, i nostri scolari di 4 .a e S . a ginna­siale non sapevano, in principio dell'anno, il valore delle dette forme verba­li. Scorgerà pure che si è data una bastevole estensione all'apprendimento del vocabolario, per più ragioni le quali all'E. V. non giova ripetere. Solo ag­giungerò che vada connesso con tale insegnamento lo studio de' classici au­tori, i quali ho io desiderato che fossero i trecentisti nelle tre classi ginnasia­li. Poiché non solo per la purezza di lingua, tali libri sono più convenienti alla prima giovinezza, ma per le qualità dello stile affatto proprio di codesta età, essendo esso la genuina espressione di un secolo che segna l'adolescen­za del popolo italiano. Oltre che noi abbiam ragione di risalire a quei princi­pii, per cavarne materia sufficiente all'educazione morale. Ma su tal riguar­do ho posto ben mente che a' libri i quali sanno troppo di ascetica bonarietà si facessero delle critiche assennate, e che a mo' di correttivo, fossero stu­diate altre opere, dove le virtù domestiche e civili grandeggiano, come la Cronaca del Compagni, il Governo 2 del Pandolfini, qualche novella del Boccaccio e di altri, nonché gli autori latini della classe acconciamente com­mentati. Da ultimo avvertirà che il proposto programma contiene il corso grammaticale delle prime tre classi ginnasiali, al quale intento ho collocato,

1 G. GIRARD, Letture graduali per fanciulli e per giovinetti. Dell'insegnamento regolare della lingua materna nelle scuole e nelle famiglie, autore di numerose opere didattiche in campo grammaticale.

2 A. PANDOLFINI, Trattato del governo della famiglia, Nuova Edizione, Venezia, Antonelli, 1 858.

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150 Fonti per la storia della scuola

come da parte e in apposite appendicii, la materia che deve svolgersi in pro­gresso.

Il metodo fin qui cennato s 'adatta agevolmente allo studio della gramati­ca latina, anzi gli serve di avviamento. Imperroché la parte logica e comune alle due grammatiche è così estesa che le difficoltà da vincere nella latina so­no per lo più mnemoniche, e molte regole nuove illustrano le già trovate nell'altra. Il principio dunque didattico si è di rattaccare alla la parte le re­gole speciali e le differenze della grammatica latina, formandone così una comparata, che verifica l'insegnamento letterario e lo facilita. A compiere ciò che spetta alle tre scuole inferiori del ginnasio, mi resterebbe a discorre­re delle altre materie che vi s 'insegnano, ma per alcune considerazioni sti­mando miglior consiglio di parlarne più sotto, io vengo senz'altro al 2 o cor­so ginnasiale.

Ora in quella guisa che la grammatica, con l'estensione da noi intesa, co­stituisce la sustanza dell'ammaestramento inferiore, così la retorica lo deve formare nel corso superiore, ed essere un altro grado nel primo tirocinio delle lettere. Perciò la Retorica, cominciando là dove finisce la Grammatica, ripiglia la forma del periodo e ne esamina artisticamente la struttura, per trovarvi il modello di tutto il discorso, cioè lo stile in genere; poi applica le regole trovate a' principali componimenti, che sono le specificazioni di quello . Il metodo dunque, circa l'andamento generale delle lezioni, dev'es­sere sintetico, come fu praticato in grammatica, e parimenti riescire educati­vo dell'intelletto e del cuore per mezzo dell'arte; perciocché le condizioni psicologiche della scolaresca richieggono le si esponga sotto la forma del bello il vero e il bene, la scienza e la virtù.

L'E.V. sa bene che i programmi legislativi furono, riguardo alla retorica, con questo metodo dettati, onde io non ho dovuto far altro che mostrarne il riposto intendimento a due professori di 4 .a e 5 .a ginnasiale. Solo avrei de­siderato che in vece delle istituzioni del Ranalli 1 avessero adottato altro li­bro di precettiva, sapendosi la pochezza della critica, la nullità filosofica e la specialità del suo gusto. Ancora, convenendo accordare insieme l'ammae­stramento letterario delle prefate classi con le prossime del liceo, è mestiere prendere le istituzioni di uno stesso autore, le quali in nuovo compendio si detterebbero prima nel ginnasio. Noi abbiamo l'opera pregevole del chiaris­simo Fornari 2 che farebbe al proposito. Ma ciò lascio volentieri alla decisio­ne dell'E.V.

Circa l'insegnamento del latino ho raccomandato che procedesse ben ac­cordato con quello dell'italiano, in virtù d'una retorica comparata, come si disse per la grammatica. E una simile ragione mi ha fatto consigliare che in

1 Ferdinando Ranalli, docente di storia moderna e antica, autore di Principi di belle lettere, Firenze, Le Monnier, 1 857.

2 V. FORNARI, Dell'm·te del dire: Lezioni, Napoli, tip. del Vaglio, 186 1 , voll. 4.

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 1 5 1

preferenza si commentassero gli scrittori del '500, per l'italiano, e nel con­tempo si spiegassero gli autori latini che a quelli più si riscontrano.

Quanto al greco, io penso che una grammatica comparata alla latina e al­l'italiana sia la più acconcia, per quanto fino a qui un trattato così composto si faccia desiderare: e questo consiglio ho dato a' sig.i professori, dichiaran­do il mio pensiero con bastevole specificazione.

Per la storia antica (ch'è l 'altra parte della materia in cui s 'aggira il corso retoricale), ho mostrato la convenienza di aversi a riscontrarla, secondo l'opportunità, co' documenti letterarii della classe; affinché l'allievo sapesse applicarvi le generalità della storia, e le languide linee del racconto quasi render un ritratto vivo degli avvenimenti. Pel medesimo fine ho bramato che alla storia fossero intramezzate delle lezioni sulla geografia antica e l'ar­cheologia, tanto più che gli alunni non avevano nozione, o scarsissima, di queste materie essenziali.

[ . . . ]

9

Gaetano Jandelli preside del liceo

Relazione finale del «direttore di religione)) del r. ginnasio di Lodi per l'anno scolastico 1862-1863.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 83, fase. 138 « 1860-'80. Milano (pro­vincia), GO - M. Lodi - r. ginnasio di Lodi », ms. con firma autografa.

[Lodi, giugno 1863]

In confronto dello scorso anno ho rilevato nel corrente un sensibilissimo miglioramento nella disciplina scolastica di tutte le classi per cui general­mente ne fui assai soddisfatto .

Riguardo alle materie insegnate ed al metodo seguito faccio osservare che il sistema introdotto diede buonissimi frutti sia riguardo dell'attenzione come dello studio. Col nuovo sistema si stabilì di fare l'istruzione non già a tutte le classi riunite ma bensì dividendo tutti gli alunni in due grandi classi e dando a ciascuna un'istruzione particolare in giorni ed ore diverse. Con ciò si conseguì il vantaggio di poter adattare l'istruzione ai bisogni ed alla capacità dei giovanetti, il che assai difficilmente si poteva ottenere in una

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1 5 2 Fonti per la storia della scuola

istruzione generale a tutte le classi riunite, variando la capacità ed i bisogni dei giovanetti a seconda della loro età e degli studi già fatti.

Perché poi i giovanetti avessero sott' occhio una traccia ed un sunto delle materie loro spiegate, in quest'anno, dietro consenso del sig. direttore, fu scelto un buon libro di testo da leggergli o spiegarsi ordinatamente invitan­do gli alunni non solo ad imparare letteralmente la parte di testo spiegata ma anche ad esporre il senso con preghiere e parole proprie.

Il testo adottato è l'aurea operetta di Silvio Pellico intitolata: I doveri de­gli uomini, la quale porge in modo chiaro preciso ed ordinato amplissimi insegnamenti e precetti alla educazione della mente e del cuore dei giova­netti, eccita all'amore ed alla pratica dei propri doveri religiosi e civili, pre­senta ai giovanetti una sublime idea di quella religiosa santissima secondo cui devono regolare la loro condotta e così insensibilmente infonde nei loro cuori un sincero amore di quelle virtù che dalla stessa vengono inculcate.

Nello svolgere poi le dottrine dal testo io cercai di uniformarmi allo spi­rito dell'autore e molto più a quello dell'evangelio di Gesù Cristo, studian­domi di rappresentare ai giovanetti le sublimi verità di nostra religione nella loro divina purezza monde da qualunque macchia con cui gl'interessi umani tentarono purtroppo di deturparle.

In quanto allo studio delle materie insegnate sebbene avrei desiderato in molti maggior diligenza pure in generale non posso che dichiararmene sod­disfatto tanto più se si consideri che per le materie religiose, non esistendo alcun obbligo di esame, gli scolari senza alcun loro danno materiale possono trascurarle. Ciò nonostante se non tutti corrisposero all'invito di mandare settimanalmente a memoria quella parte di testo che avevo loro spiegata, pure una gran parte sapevano per lo meno ripetere il senso rispondendo con maggiore o minore precisione alle domande che in proposito loro faceva.

[ . . . ]

IO

firmato I l direttore spirituale Sante Basca

Relazione finale inviata al presidente del Consiglio scolastico provinciale dal preside del r. liceo Parini di Milano per l'anno scolastico 1866-1867.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 79, fase. 1 3 4 « 1 860-'80. Milano (città) parte I, r. liceo Parini », ms. con firma autografa.

Sezione II - Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 1 53

Milano, 1 7 luglio 1867

Onorevole presidenza del Consiglio provinciale scolastico

Trasmetto la relazione finale intorno a questo r. liceo in osservanza della circolare ministeriale, che vi si riferisce.

Condizioni materiali.

Per queste rimando alla relazione dell'anno u.p. essendo le identiche senza alcuna variazione.

Condizioni morali.

Si ebbero inscritti nei tre corsi centottantanove studenti - inalterata si mantenne la buona disciplina; continua e piena la frequenza alle lezioni. I singoli professori dispensarono la propria istruzione secondo l 'ingegno sor­tito; la particolare attitudine didattica e la dottrina onde sono in possesso, e che in tutti è veramente copiosa e profonda. Il profitto fu quale si dichiara da essi; soddisfacente negli studi positivi-scientifici, fuori che per la mate­matica nel 3 o corso; scarso come negli anni andati nelle tre letterature, per molte ragioni da me già esposte nelle precedenti relazioni, tra cui, per mio avviso, è precipua l'ordinamento attuale, ossia i programmi delle lezioni in­torno ad esse.

Riepilogo delle relazioni dei professori

Letteratura italiana.

Il prof. Leopoldo Marenco dichiara di aver svolto ampiamente le materie imposte dal programma ministeriale; delle tre classi stima la terza più pove­ra d'ingegno, ricca invece la prima; in generale dice mediocre il profitto, e solo per alcuni degno di lode.

Questo professore non ha la fermezza necessaria a reggere costantemen­te la disciplina, e pari all'ingegno e alla coltura si vorrebbe in lui la diligenza nell'ordine delle lezioni e nella correzione dei compiti scolastici.

Letteratura latina e greca.

Prof. Vergani Andrea. Soddisfacente la frequenza alle lezioni e la condot­ta scolastica; mediocre in generale la diligenza e il progresso - pochi i vera­mente buoni. Il numero grande degli alunni specialmente nelle lezioni di lin­gua e letteratura non consentendo la correzione continua dei singoli compi­ti, è ostacolo al conseguimento di quel grado di profitto, che si deve richie­dere nella maggioranza. Si seguirono esattamente le norme dei programmi ministeriali, il che, come sopra dissi, è in parte altra causa dello scarso pro-

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1 54 Fonti per la storia della scuola

fitto dei giovani, pei quali sarebbe pure conveniente la continuazione degli esercizi di lingua latina e greca, su più larga scala e con più alto intento, e basterebbe una compendiosa notizia delle due letterature nell'ultimo anno del liceo.

Anche questo professore veramente dottissimo e pieno di zelo, lascia il desiderio di un'arte più efficace nell'addestrare i giovani all'uso delle lingue che insegna.

Filosofia.

Il prof. Allievo Giuseppe non vuole ripetere le osservazioni fatte nelle relazioni degli anni scorsi « dolente che non siena mai state tenute in verun conto» e asserisce «peggiorate le condizioni dell'insegnamento filosofico li­ceale dal recente programma ufficiale di filosofia assai più riprovevole del precedente» .

Storia.

Prof. Enrico Savio. Fu svolto l'intero programma - il profitto fu buonissi­mo nel primo corso; lodevole nel secondo e nel terzo: la disciplina nei tre corsi costantemente esemplare.

È professore distintissimo per ogni rispetto.

Fisica.

Prof. Antonio Cattaneo. La disciplina e la diligenza furono molto lodevo­li, complessivamente buono il progresso; distinto per non scarso numero di alunni. Il professore nota «per la pura verità uno speciale interesse degli al­lievi nell'apprendimento delle sue materie, alcuni dei quali si allargarono a studi particolari» .

Egli vorrebbe assegnata come materia del 3 o corso tutto o parte del Trat­tato del calore, che assai difficilmente può essere svolto nel 2 o anno per di­fetto di tempo; e rinnova la domanda che la meccanica sia restituita al pro­fessore di fisica, e la chimica commessa al professore di storia naturale.

È professore commendevolissimo per le cose più solerti nel compimento del suo ufficio.

Storia naturale.

Prof. Vincenzo Masserotti. Gli alunni dei tre corsi frequentarono con as­siduità le lezioni, le ascoltarono con molta attenzione, e serbarono sempre un'esemplare condotta. Più che soddisfacente il profitto nel 2 ° e nel 3 ° cor­so; appena sufficiente nel l o per essere gli alunni digiuni d'ogni cognizione di scienze fisiche, e per la maggior parte di età troppo immatura. Il professo-

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 1 5 5

r e seguì fedelmente il programma ministeriale, non esaurito nel 1 o e nel 2 o corso pel troppo scarso numero delle lezioni assegnate al suo ramo.

Anche questo professore è distintissimo per ogni rispetto .

Matematica.

Prof. Giuseppe Sacchi. La frequenza, la diligenza e i portamenti dei molti alunni in genere furono lodevoli, e grande specialmente l'applicazione di quelli del l o corso: in questo il progresso fu soddisfacente, nel secondo suf­ficiente, e poco soddisfacente nel terzo.

Il professore scrive nella sua relazione « riguardo alla meccanica, il cui programma fa parte di quello della fisica, venne trattata agli scolari del 2 o corso, pei quali è prescritta, secondo il nuovo programma di meccanica; co­sicché questi scolari negli esami di licenza del venturo anno scolastico sa­rimno preparati sull'intero nuovo programma di meccanica, il che non può dirsi degli scolari che stanno per sostenere i detti esami nel corrente mese non potendo i medesimi essere stati istruiti nello scorso anno sopra argo: menti introdotti soltanto quest'anno nel nuovo programma, ovvero sopra argomenti che erano fra gli ultimi di un programma abolito perché troppo ampio » .

Chiude la sua relazione pregando che s i richiami l'attenzione del ministe­ro sui rapporti precedenti, dove egli espose misure opportune a migliorare la triste condizione dell'istruzione scientifica liceale.

L'insegnamento di questo professore, valente nella sua scienza, non è so­stenuto con quella lena, con quel calore che si fa pei giovani stimolo allo studio sopra ogni altro efficace, sì che il profitto, com'è notato da lui mede­simo, non riescì soddisfacente, che nel primo corso.

Proposte.

Per la quinta volta invoco la promozione del professore di storia Enrico Savio a titolare collo stipendio annesso alle cattedre liceali di prima classe. I meriti eminenti del chiarissimo professore mi dispensano dal far molte paro­le a sostegno della proposta.

Desideri.

Mentre con animo schiettissimo dichiaro di riconoscere la bontà del con­cetto a cui s 'informa l 'attuale ordinamento degli esami di licenza, e sono lie­to di prevedere dall'applicazione di esso utili effetti sia per l'indirizzo mi­gliore che ne ricevono i singoli rami dell'istruzione liceale, e principalmente le classiche discipline, sia per maggiori eccitamenti negli alunni e nei profes­sori, non posso però non esprimere il desiderio che il ministero trovi il mo­do di far luogo all'azione del preside, anche nel coronamento degli studi li­ceali.

Il preside prof. Pietro Molinelli

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1 56 Fonti per la storia della scuola

1 1

Relazione finale inviata al ministro dal direttore del r. ginnasio di Ca­stroreale per l'anno scolastico 1867-1868.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 78, fase. 1 3 2 « 1860- '80. Messina (pro­vincia) B-P. Castroreale-ginnasio » , ms. con firma autografa.

Castroreale, 14 agosto 1868

Finito l'esercizio di quest'anno accademico, e terminate regolarmente tutte le pratiche spettanti agli esami di promozione e di licenza, il sottoscrit­to si reca ad onore di esibire la sua relazione finale ben lieto di poterla rasse­gnare all'onorevole Ministero dell'istruzione pubblica come le assidue cure, e le fatiche di lui, e di questi insegnanti, spese a vantaggio e benessere della scolaresca di questo istituto siano state, siccome pel passato, anca quest'an­no seguite da soddisfacente successo.

A dare pertanto notizie certe sul regolare andamento di questo r. ginna­sio, e sul vero stato della istruzione di esso il riferente, in ossequio alle nor­me prescritte nell'art. 44 del regolamento del l o settembre 1868, espone quanto appresso:

l o grado d'istruzione, ed efficacia dell'insegnamento in ciascuna classe. I programmi didattici dei singoli professori, presentati in principio del­

l'anno accademico al consiglio degl'insegnanti in questa direzione, sagace­mente discussi, e metodicamente coordinati nelle diverse materie d'insegna­mento vennero trattati in guisa da rispondere alle esigenze degli ultimi pro­grammi governativi, ed ai veri bisogni dell'istruzione per le varie classi; e lungo l'anno scolastico, si ebbe tutto l'agio possibile a svolgerli in tutte le loro graduate proporzioni, non con superficialità e grettezza, ma pienamen­te e con ogni diligenza, onde in ciascuna classe si sono ottenuti i seguenti ri­sultati:

l a classe. Gli addiscenti di questa scuola hanno ben appreso tutte le re­gole che si appartengono alla etimologia della grammatica italiana per via di chiare spiegazioni, e continui esempì, raffermate dall'accurata analisi gram­maticale, e corredate dallo studio a memoria sopra esemplari di bello scrive-

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 157

re, tratti dal Fornaciari 1 e dal Novellino, donde hanno acquistato molti bei modi di dire che non si è mancato di fare applicare nei loro replicati esercizì di giovanili componimenti .

Riguardo alla grammatica latina han parimenti appreso quanto viene pre­scritto nel programma, col perseverante esercizio di declinazioni e coniuga­zioni di nomi e verbi, e con lo studio esatto di concordanza, e di generali nozioni di reggimento; e così sono riusciti a facilmente tradurre delle brevi sentenze dal latino in italiano e senza molta difficoltà a fare delle versioni di proposizioni facili dall' italiano in latino, mettendo in pratica e con esattezza le regole apprese.

Similmente non lieve profitto han tratto nello studio della geografia, avendo acquistato delle conoscenze adeguate e chiare su quanto riguarda la geografia astronomica, topica, fisica e politica, e sulla geografia speciale del regno d'Italia.

2a classe. Gli alunni della seconda classe si avvantaggiarono di molto nello studio delle due lingue italiana e latina, avendo della prima appresa completamente la sintassi regolare, compito assegnato alla classe, e addip­più sommarie nozioni di sintassi figurata, credute indispensabili ad una più esatta analisi degli autori; e della seconda minutamente la sintassi dei casi, al quale studio, abbietto proprio della scuola, si aggiunse con sobrietà per la più chiara intelligenza dei classici la cognizione delle più importanti regole dei tempi e dei modi. Siffatto studio venne corroborato nell'applicazione sopra classici esemplari tratti dal Fornaciari, e sul Boccaccio; e per la lingua latina sopra Cornelio Nepote e Fedro, rilevando in essi insieme alle giuste cognizioni, tutte le regole apprese nelle due grammatiche. Progredirono del pari nello scrivere italiano essendosi versati di continuo sopra componimen­ti di cui i temi venivan tratti per lo più dal mondo giovanile; ed acquistaro­no molta pratica nel tradurre dall'italiano in latino, e viceversa. Non meno profitto han conseguito dallo studio della geografia, avendo imparato este­samente quel tanto che è stato loro dal programma assegnato cioè il conti­nente antico.

3a classe. In questa classe i giovanetti hanno appreso la parte alta della grammatica, le figure, gli usi particolari del discorso e negli scritti hanno da­to buone prove di lingua, risultanti dallo accurato studio del Fornaciari, del Caro, del Bartoli, del Gozzi, e del Tasso su dei quali si fecero molte osserva­zioni di lingua, e particolarmente sui sinonimi, con l'aiuto del Grassi 2 e del Tommaseo.

1 L. FORNACIARI, Esempi di bello scrivere in Prosa e in Poesia scelti ed illustrati, Lucca, Giusti, 1860, voll. 2 .

2 G. Grassi, autore d i Saggio intorno ai sinonimi della lingua italiana, 2 edizione con giunte del Dizionario dei sinonimi di S.P. Zecchini, Venezia, Antonelli, 1859.

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158 Fonti per la storia della scuola

Nel latino, camminando a seconda del programma han tradotto qualche vita del Cornelio e vari capitoli del Cesare, talché ora vengono con poca dif­ficoltà da essi interpretati senza l'aiuto del maestro . Sufficiente esercizio han fatto nel tradurre dall'italiano in latino, mettendo in pratica le regole di sin­tassi per vieppiù imprimerle nella memoria.

Finalmente per la geografia han mandato a memoria quanto riguarda l'A­merica e l'Oceania, osservando tutto sulle carte geografiche, e compiendo col riassunto questa parte del programma.

4a e Sa classe. Il profitto ottenuto sull'importantissimo ramo della lingua italiana è stato nelle due classi senza dubbio soddisfacente. Gli alunni hanno appreso i precetti designati per la letteratura della propria scuola, esercitan­dosi sopra esempi di scelti scrittori, donde hanno appreso a conoscere il ve­ro carattere ed il naturale andamento di nostra lingua. In quanto alle appli­cazioni pratiche di questa parte precettiva, si versarono di continuo a scri­vere accuratamente e secondo le leggi della giusta convenienza sopra diversi generi di composizione, riuscendo ad esporre con franchezza e chiarezza i propri pensieri, e talvolta con eleganza. Quelli della quarta hanno appreso a memoria diversi squarci di poesia descrittiva e narrativa, tolti dal Fornacia­ri; e quelli della quinta, oltre a diversi tratti di lirica e drammatica, sanno a mente il VI ed il XXXIII canto di Dante, sopra cui hanno studiato non pure lo stile e la lingua, ma le ispirazioni di maggior momento.

Intorno alla lingua latina, svolte tutte le regole grammaticali con la non interrotta pratica di apposite versioni dall'italiano e viceversa, gli uni e gli altri addiscenti si sono informati dell'indole propria di questo idioma in raf­fronto all'italiano. Le due classi riunite insieme hanno studiato e tradotto in prosa italiana quasi tutto il VI libro della Eneide di Virgilio, apprendendone squarci scelti a memoria, e facendo in certi luoghi dei confronti con le espressioni di questo autore e il dire di Dante e di Monti. Oltre a ciò nella quarta classe si sono tradotte lettere scelte di Cicerone, e la orazione prima di questo scrittore contro di Catilina; nel mentre nella quinta classe si tradu­cevano i primi dieci capitoli del IX libro delle Storie di Livio. Raffermati co­sì nello studio di questa lingua, ne hanno appresa la prosodia e la metrica, e sono in stato di scrivere discretamente in versi esametri e pentametri.

La lingua greca è stata studiata nell'una e l'altra classe con molto vantag­gio secondo il metodo di Kiihner 1, e il programma si è svolto con tutto stu­dio richiesto per l'istruzione di questo ricco idioma, che ha tanta importan­za non meno sulla nostra che sulla lingua latina; e gli uni e gli altri sono in condizione di poter tradurre dal greco in italiano delle brevi sentenze, e vol­gerne dall'italiano in greco, secondo le proprietà di grammatica e di accen­tuazione.

1 R. KùHNER, Ausfiihrliche Grammatik der griechischen Sprache, 1834.

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 159

Intorno alla storia, hanno appreso a conoscere i punti più importanti che servono a fare apprezzare lo spirito di ogni epoca, il carattere e la cultura dci popoli, dei quali si sono studiate le vicende. Gli alunni della quarta clas­se, conosciute quelle notizie dell'Oriente, che ebbero attinenze con la Gre­cia, appresero l'origine, la grandezza, e la caduta di questa classica nazione; quelli della quinta hanno studiato le origini italiche, e le notizie della civiltà etrusco-pelasgica, che tanta influenza ebbe su Roma e Italia; e sapute le ori­gini di Roma, e del Lazio, han percorso quanto riguarda le imprese, e la grandezza, e quindi la decadenza del Romano impero. Gli uni e gli altri in questa parte d'istruzione si son molto intrattenuti nelle riflessioni del perio­do veramente storico, avvalorando questo studio con le cognizioni dei luo­ghi più memorabili, osservati nell'atlante geografico di Menke 1 .

Matematica. I giovani della quinta classe hanno atteso con profitto allo studio dell'aritmetica e della geometria, avendo appreso per la prima com­pletamente il sistema decimale, il calcolo delle potenze, e la storia delle pro­porzioni, per la esatta conoscenza delle quali si tenne il doppio sistema alge­brico e numerico. Per la geometria si è svolto quanto viene stabilito dai pro­grammi, esaurendo tutto il primo libro di Euclide, e con esercizi opportuna­mente dettati hanno raffermate le cognizioni apprese, con nuove e ben con­dotte dimostrazioni, da lasciare nessun dubbio sui risultati dedotti.

Il soddisfacente successo degli esami, nei quali non si sono trascurati la esatta osservanza, e il necessario rigore, fa riconoscere come siano istruite le menti dei giovani, e con quanta diligenza si siano proseguiti gli studi in que­sto r . ginnasio.

2 o Progresso, condotta, e disciplina degli alunni.

Da quanto risulta dal fin qui detto, come dalla media dei punti annuali, e dai rapporti dei singoli professori, il riferente può ben certificare, che gli ad­discenti tutti di questo r. ginnasio non han mancato di trarre il desiderato profitto dalla istruzione ricevuta; essendo stati tutti indistintamente promos­si, e buona parte premiati.

Essi con l'amore allo studio, con l'esatta osservanza di tutti i precetti scolastici han mostrato di aver progredito lodevolmente, eziandio riguardo alla disciplina; da poiché da nessuno di questi professori si è trascurato di educare a retti e sani principi i teneri cuori dei loro allievi.

I mezzi con cui si è influito ad insinuare in essi il sentimento e la convin­zione del proprio dovere, sono stati familiarità dignitosa, soavità di modi, e ragionevole rigore, e all'uopo la condiscendenza.

Né pertanto a mantenere esatta la disciplina, ed inalterati gli ordini sco­lastici, si è trasandato mai di osservare rigorosamente tutte le prescrizioni stabilite dai regolamenti in vigore . Perloché mensilmente si sono tenuti gli

1 T. MENKE, Atlante del mondo antico ad uso delle scuole, s.n.t.

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1 60 Fonti per la storia della scuola

ordinari consigli scolastici, ed oltre a ciò, si sono convocati quest'anno quattro volte straordinariamente, non per ragioni di grave momento, ma sibbene per la severa osservanza della disciplina, per come risulta dai corri­spondenti processi verbali esistenti in quest'ufficio .

3 a Condizioni morali e materiali dell'istituto e bisogni della scuola.

Ciò che costituisce il merito precipuo, ed il massimo vantaggio di questo r. ginnasio, si è il lodevole accordo con cui tutti questi professori hanno ar­monizzato nell'amoroso pensiero di attendere con ogni cura al migliora­mento intellettivo, e morale degli alunni, ed al progresso dell'istituto, il qua­le diretto ad un giusto avviamento disciplinare e ad unità di metodo didatti­co, presenta non dubbi caratteri di un regolare sistema d'istruzione e di civi­le cultura.

Dall'apertura del volgente anno accademico, l'istituto è stato frequenta­to da 33 alunni, inscritti per classi dietro rigoroso esame, come appresso.

Classe l .a n. 8

)) 2.a , 7 )) 2.a , 7 )) 3 .a , 6 )) 4.a , s )) S .a , 7

Istruiti dei regolamenti scolastici, non han mancato di adempiere ai pro­pri doveri, avendo tutti benanco soddisfatti l'obbligo della tassa scolastica, e se da taluni, siccome rilevasi dallo specchietto dei pagamenti eseguiti, non si corrispose nei termini prefissi, ciò non avvenne per disubbidienza alle leg­gi, o per mancanza di buon volere, ma per deficienza di mezzi opportuni. Onde il sottoscritto compreso da tale necessità accordava col parere del cor­po insegnante, una proroga ai parenti poco agiati quali non mancavano di adempiere a quest'obbligo.

L'orario stabilito per le scuole è fissato senza eccezione di sorta dalle ot­to alle dodici ed il tempo metodicamente disposto in ordine alle diverse ma­terie è sufficiente a poter ben trattare il programma. Però in quanto alla 4a e Sa classe unite insieme; se il buon metodo e la diligenza apportano di potere svolgere le lezioni, ciò non succede senza pena e molta fatica dell'insegnan­te, che obbligato a limitarsi in termini strettissimi, non può che attenersi letteralmente al programma, non essendogli possibile estendersi nelle occor­renze in esempi e raffronti tanto necessari, specialmente nello studio dei classici.

Da ciò ne risulta il bisogno che si sperimenta di un altro insegnante per una delle classi superiori.

Circa la istruzione religiosa, sebbene l'incaricato della direzione spiritua-

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 161

le sac. Pandolfo Antonino, non sia stato quest'anno riconfermato, pur non­dimanco il sottoscritto, a soddisfare il desiderio di molti padri di famiglia, lo invitava fin dal principio dell'anno ad assumerne l'ufficio, e i giovani tutti non han mancato di attendervi. Il riferente quindi sarebbe grato anca per .questo, se al detto professore venisse per tal servizio accordata una qualche gratificazione.

Il locale del ginnasio è confacente alle condizioni richi�ste, ed è fornito del necessario mobilio per la direzione, e per le varie classi. Però in quanto a corredo scientifico, in eccezione di alcune grandi carte murali per lo stu­dio della geografia, di tutt'altro si manca; e sarebbero indispensabili per le tre classi inferiori delle carte geografiche più specificate e precise, e per le classi superiori due dizionari, uno per la lingua italiana, l'altro per la latina, ed un buon lexicon greco.

Il riferente non ha mancato perciò di cooperarsi presso questo munici­pio perché si provvedesse a tali bisogni ed oltre a ciò, agli attrezzi ed alla prescritta istruzione della ginnastica, ma fin oggi non ha potuto nulla otte­nere. È probabile che tali oggetti saranno per conseguirsi per l'anno vegnen­te mercé l'opera di questo delegato scolastico mandamentale il quale ha molto a cuore il benessere del r. ginnasio e potrà molto influire a vantaggio di esso appo questa Giunta municipale di cui pure fa parte .

Da quanto il sottoscritto ha avuto il bene di qui esporre, crede di avere adempiuto a questa parte del suo dovere, e si augura che l'onorevole mini­stero ne possa restare soddisfatto .

Chi scrive intanto, nella coscienza di avere con ogni studio e diligenza atteso perseverantemente al miglioramento dell'istituto e della istruzione di esso, nel doppio incarico di direttore e d'insegnante della 4a e Sa classe, non tralascia di raccomandarsi alla giustizia e benemerenza del r. governo, fiducioso di non aver per nulla demeritato della gentile promessa avuta con pregiatissima nota ministeriale del 20 novembre 1867 n. del protocollo 3 77 4/1 3 1 1 1 n. di partenza 9967 \ colla quale gli si faceva concepire la più lusinghiera speranza che in appresso il ministero avrebbe preso in conside­razione la sua domanda di esser fatto titolare, confortandolo cortesemente che ciò sarebbe avvenuto con soddisfazione di lui.

Pria di chiudere la presente relazione, il sottoscritto sente il dovere di ri­guardare questi onesti professori, ricordando a S.E. il signor ministro, quan­to sul conto loro si pregiava rassegnare nella relazione da lui data in osse­quio alla riverita circolare n. 227 e sommettendo, come sarebbe di giustizia che venisse retribuito il merito di ciascuno di essi, i quali con leale e sponta­neo adempimento dei propd doveri, con l'abilità ed efficacia mostrata nel-

1 Si accenna al documento precedente in cui il prof. Gustarelli aveva ricevuto assicurazioni dal ministro per una probabile promozione.

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1 62 Fonti per la storia della scuola

l'insegnare si sono resi benemeriti dell'istruzione, e degni di meritare la no­mina di professori titolari.

1 2

I l direttore incaricato Giuseppe Gustarelli

Relazione finale inviata al prefetto, presidente del Consiglio scolastico provinciale, dal preside del r. liceo Macchiavelli di Lucca per l'anno scola­stico 1880-1881.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 1 87, fase. 48 « 7 3 . 1881 - Relazioni fi­nali » , ms. con firma autografa.

Lucca, 1 5 luglio 1881

L'anno scolastico 1880-'8 1 , benché termini un mese prima degli antece­denti, non pertanto di fatto non fu accorciato se non d'una settimana di le­zioni. Fu pel r. liceo Machiavelli de' più regolari, giacché nessun cambia­mento di docenti avvenne durante l'anno, e quasi tutte le lezioni furono da­te; sebbene il prof. Bottari per una diecina di giorni abbia dovuto recarsi ad Arezzo per incarico governativo, e i professori Butti 1 e Ciampolini 2 assiste­re come giurati alle Assise, e il prof. Milanesi 3 sia stato per alcuni giorni in­disposto, le lezioni straordinarie da loro date compensarono le ordinarie mancate; ed anzi il prof. Ranalli 4, del quale non posso abbastanza lodare la diligenza e lo zelo, non avendo mancato che a tre lezioni, ne diede in com­penso ventitré lezioni straordinarie al corso terzo che ne aveva maggiore bi­sogno.

La disciplina dei giovani fu, come per l'addietro, ottima; lodevole la dili­genza in tutti, tranne quattro; costante la frequentazione, ad eccezione di un numero non grande di assenze giustificate. In generale molto soddisfacente il progresso.

I l professore d'italiano diede nel primo corso maggior opera alla lettura

' Carlo Butti, docente di filosofia. 2 Ermanno Ciampolini, docente di lettere latine e greche. 3 Antonio Milanesi, docente di chimica. 4 Guido Ranalli, docente di lettere italiane.

Sezione II - Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 163

dei prosatori; per abituare i giovani ad esprimere con franchezza e proprietà le loro idee, ha provveduto con frequenti esercizi orali nei quali ha fatto lo­ro ripetere qualche lezione di storia letteraria o interpretare un brano scelto; né trascurò l'esercizio del comporre, assegnandovi (come per ciascuno de' due altri corsi) cinque temi per ogni bimestre, scelti sempre in modo che gli alunni potessero trattare di cose loro note. Nel secondo corso aggiunse alla lettura delle storie del Machiavelli anche quella di alcuni luoghi scelti dai Di­scorsi della prima Deca, e ciò per confermare le nozioni date sulle opinioni politiche del segretario fiorentino . E perché le osservazioni fatte dal profes­sore sul metodo di Galileo fossero desunte da' suoi scritti, il professore lesse numerosi brani tolti dal Saggiatore e dall'Epistolario. Nel terzo corso scelse per libro di testo I Promessi Sposi, illustrandoli con frequenti raffronti delle due edizioni e facendo trovare dai giovani le ragioni delle correzioni; e tal­volta dando loro sull'argomento lavoretti filologici in iscritto; leggendo di tanto in tanto qualche trattò scelto del Porzio e del Leopardi, ottimi modelli per la precisione e la dirittura del ragionamento.

Il professore di latino ha spiegato alla prima classe uno dei tratti più belli della Georgica di Virgilio (LI, v. 3 1 5-547), il libro IV delle Odi di Orazio e il libro De Oratore di Cicerone fino al c. XVI, facendo precedere la lettura d'Orazio da un trattatello dei metri oraziani.

Ha seguito il metodo di far preparare a casa i giovani, esigendo da essi ogni volta la traduzione antecipata del brano assegnato, che poscia com­mentavasi in iscuola, procacciando di abituarli a tradurlo in buona forma italiana. Gli esercizi di versione dall'italiano in latino furono tratti dagli au­tori, che meglio a tal uopo si prestassero, e corretti colla maggior diligenza possibile. Così ha fatto pure nelle altre due classi riunite, per le quali furono lette le Epistole d'Orazio 1 - 16a del l.I, e del l.X delle Istituzioni di Quinti­liano dal principio fino al p[aragrafo] 84 . Press'a poco ha assegnato alle sin­gole classi lo stesso numero di temi, un po' più difficili per le due classi su­periori. I luoghi più importanti e più belli degli autori spiegati furono fatti imparare a memoria. Per il greco nella prima classe fu scelta l'Anabasi di cui si tradussero i capi 4-7 del l . V. Il professore ha spiegato la sintassi fino al verbo, senza trascurarne altre parti necessarie. Nelle due classi superiori fu­rono letti i c . 1 e 2 del l .II dei Memorabili, e i primi 190 versi del VI libro dell'Iliade, e l'orazione d'Isocrate in onore di Evagora. Ha assegnato ezian­dio per esercizio di sintassi alcune brevi versioni dall'italiano in greco.

Il professore di storia e geografia ha potuto esaurire il programma, seb­bene l'anno scolastico fosse accorciato di una settimana. Si dichiara conten­to dell'attenzione, della diligenza, del profitto de' suoi alunni.

Il professore di filosofia si rallegra del profitto del 2 o corso, dove tutti, salvo tre soli scolari, progredirono quanto a riflessione, e si applicarono allo studio con perseveranza. Meno contento fu delle altre due classi, sebbene noti che la maggior parte dei giova1ù anche di queste due mostri amore allo

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1 64 Fonti per la storia della scuola

studio, e l'altra parte vi sia impedita dal basso grado d'intelligenza. Si loda della disciplina e della frequentazione.

Il professore di matematica ha dovuto, per la classe, in principio d'anno occuparsi molto d'aritmetica, e dell'algebra trattò poi le quattro operazioni, le frazioni, potenze e radici dei monomi, calcolo dei radicali, esponenti fra­

. zionarii e negativi; di geometria i primi sei libri di Euclide. Gli esercizi di calcolo e di geometria, e problemi dati, non furono pochi: in tutto cento-quarantasei. Nel 2 o corso, dopo aver ripassato per mezzo di interrogazioni le frazioni algebriche e il calcolo dei radicali, il professore trattò degli espo­nenti frazionarii e negativi, completò la teorica della divisione, trattò delle equazioni di primo grado ad una e più incognite, di quelle del secondo e del quarto riducibili al secondo. Per la geometria ripassò, mediante ripetizioni, i primi due libri degli Elementi di Legendre 1 , e quindi ne spiegò il terzo e il quarto. Diede poi nozioni sui metodi sintetici ed analitici per la risoluzione dei problemi, luoghi geometrici, etc . , ed infine spiegò le prime ventuno pro­posizioni del quinto libro di Legendre. Fra esercizi e problemi furono dati in tutto ottantasei. Nel terzo corso fu ripetuta l'algebra dalle equazioni di se­condo grado fino al termine; di geometria premesse le nozioni sui metodi sintetici ed analitici, luoghi geometrici etc . , si svolse tutta le stereometria; poi si trattò della trigonometria. Fra esercizi e problemi si elaborarono cen­tosessantasei. Il professore si loda dei giovani, del loro contegno, della dili­genza, del profitto.

Il professore di fisica e chimica ha tralasciato di parlare nella 2a classe delle macchine semplici e del pendolo, che svolgerà nel p.v. anno richia­mando molti principi teorici spiegati in quest'anno.

Della meccanica ha cercato di sviluppare ciò che più importava per lo studio della dinamica dei liquidi e degli aeriformi. Tutte le altre parti del suo programma trattò il professore completamente. Si loda del contegno e del­l'attenzione degli alunni, come pure dell'interesse e dell'attitudine loro allo studio della fisica. Si loda anche de' buoni servizi prestatigli dall'assistente meccanico .

Il professore di storia naturale trattò nel 3 o corso la zoologia per intiero e la geografia fisica, non escluse quelle nozioni geologiche che a questa ap­partengono; nel 2 o corso geografia fisica, mineralogia e nozioni generali sul­la geologia e botanica. Fu contento del profitto de' giovani, ma non del tut­to fu contento del contegno di alcuni del 2 o corso, che perciò furono ri­chiamati dal preside .

1 Adrian M. Legendre, studioso di analisi infinitesimale, « riportò in vita» alcune delle carat­teristiche intellettuali di Euclide. Il risultato di questi sforzi furono gli Eléments de géométrie apparsi nel 1794. Il manuale ebbe grande successo e costituì una delle opere matematiche usci­te durante la rivoluzione che esercitò un profondo influsso per tutto l'Ottocento europeo dif­fondendosi anche negli Stati Uniti. In Italia era diffusa la versione Elementi di geometria, nuo­vamente compilati sulle tracce del Blanchet da B. Poli, Lucca, Giusti, 1877.

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico

Alla fine dell'anno s'ebbero i risultati seguenti:

l alunno riportò la licenza d'onore, 5 furono licenziati per esame, l non fu licenziato per una prova sola,

16 promossi senza esame, 12 promossi pér esame, 1 3 non promossi,

4 non ammessi agli esami della prima sessione, l ammalato non fu classificato, 2 meritarono premio di secondo grado, 8 menzione onorevole.

1 3

Il preside del r . liceo Machiavelli Giusto Grion

165

Relazione finale inviata al prefetto, presidente del Consiglio scolastico provinciale, dal preside del r. liceo-ginnasio Ennio Quirino Visconti di Roma per l'anno scolastico 1880-1881.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 187, fase. 48 « 7 3 . 188 1 - Relazioni fi­nali », ms. con firma autografa.

Roma, 25 luglio 1881

Illustrissimo signor prefetto presidente del Consiglio provinciale scola­stico,

Con lieto animo adempio all' obbligo di ragguagliare la S .V. lll.ma intor­no all'istruzione e all'educazione dei giovani che frequentarono le scuole classiche del Collegio romano, poiché i risultamenti ottenuti in quest'anno sono stati anche migliori che negli anni scorsi.

Due furono le cause che maggiormente vi contribuirono: l'una è la di­spensa dall'esame sulle materie in cui l'allievo ha riportato una media an­nuale di sette decimi; l'altra è l'istituzione delle licenze d'onore. A questi nuovi provvedimenti si deve se la diligenza e l'alacrità degli allievi fu mag­giore che pel passato; e se anche i mediocri sforzaronsi d'essere dispensati dall'esame di qualche materia scientifica o letteraria.

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166 Fonti per la storia della scuola

E perché del profitto degli studenti vi fosse non dubbia prova, oltre i compiti di casa, altri se ne fecero eseguire in iscuola sotto la sorveglianza dei professori.

Anche i parenti diedersi generalmente maggior pensiero del profitto dei loro figli; e posso rendere testimonianza dell'amorevole ansietà onde, ogni bimestre, s 'attendevano i voti di studio e di condotta.

Dallo specchio statistico che unisco a questa relazione, la S . V. Ill.ma po­trà scorgere che nell'anno scolastico testé compiuto s 'inserissero a queste scuole 618 giovani; che 579 si presentarono agli esami, e 433 furono pro­mossi o licenziati.

Il consiglio dei professori ne riconobbero 18 meritevoli di premio e 92 degni di onorevole menzione.

La massima parte dei ritenuti non deve ripetere che una o due prove; e sarà, molto probabilmente, promossa in ottobre.

Negli esami della licenza liceale il r. liceo ebbe 37 licenziati su 49 stu-denti.

Uno non compì l'esame; gli altri non devono ripetere che poche prove. Degli studenti privati di Roma e Viterbo ne furono licenziati 25 su cin­

quanta inscritti. Alla licenza ginnasiale i due ginnasi governativi prepararono 77 allievi, e

ne furono approvati 67. Le scuole private di Roma e provincia fornirono 85 studenti, e ne furono licenziati 3 3 .

Gli allievi che fecero più infelice prova furono quelli che dichiararono di essere stati istruiti sotto la sorveglianza dei genitori. Però da particolari noti­zie, che ho motivo di credere esatte, mi consta che alcuni di siffatti giovani studiarono in istituti privati; e che i direttori, prevedendone la mala riuscita e non volendo che ne venisse disdoro all' istituto, rifiutarono loro l'attestato di frequenza.

Per ciò che riguarda l'insegnamento, la S. V. Ill.ma dalle particolareggiate relazioni inviatele ogni bimestre ha avuto modo di conoscere quello che si è spiegato e fatto studiare in ciascuna classe; e si leggerà fra breve nella crono­ca liceale che verrà stampata al principio del nuovo anno scolastico.

Per ora mi restringo a dire che le materie dei diversi programmi furono interamente svolte dai signori professori; e che l'abbiano fatto con vantag­gio degli studenti, lo dimostra l'esito degli esami.

E al pari dell'istruzione, e forse più, essi curarono l'educazione morale e civile dei loro allievi, affinché questi crescessero non solo più istruiti, ma anche più buoni. In una scolaresca così numerosa non si dovette punire nes­suna grave infrazione della disciplina, né alcuna offesa al buon costume; ed io posso confermare la verità di ciò che i signori professori riferiscono nei loro particolari rapporti; cioè che la condotta degli studenti fu generalmente degna di lode. Quali sentimenti essi nutrano verso la patria e verso il re, la S.V. Ill.ma ha potuto vedere il 30 giugno quando la maestà del re degnassi

Sezione II - Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 1 67

di onorare il liceo dell'augusta sua presenza e distribuire le licenze d'onore. In qu�l giorno i seicento studenti del Collegio romano ottennero il più bel prerruo che potessero desiderare della loro condotta, cioè l'approvazione del re, che si dichiarò contento d'aver assistito ad una bella festa.

. Al!e ese:citazion� gi�as�iche prescritte dal regolamento presero parte gli

alhev1 del hceo e de1 g1nnas1; e 123 studenti del liceo recaronsi, inoltre, alla Farnesina per addestrarsi al tiro a segno.

Il signor maggiore Corazzi, sotto la cui direzione si eseguirono le eserci­tazioni �el tiro a segno, mi riferì a voce e per iscritto che i risultimenti [sic] ottenutme furono buoni; e fra i giovani tiratori ve ne furono di così valenti da meritare la medaglia o la menzione onorevole, che ebbero la fortuna di ricevere dalle mani di S.M.

D�l contegno degli studenti al campo della Farnesina il predetto signor maggwre ha dato questo giudizio che letteralmente trascrivo dalla sua rela­zione « Tutto procedette col massimo ordine, ed io non posso a meno di esprimere alla S. V. tutta la mia ammirazione per la disciplina, il buon volere, la gentilezza dei modi, la subordinazione perfetta che dimostrarono gli stu­denti del r. liceo .

. Inoltre n�tai in l�ro un vivo e profondo sentimento del proprio dovere;

il che rendera ad ess1 molto semplice e facile il divenire buoni ed utili difen­sori della patria, il giorno in cui n'avesse bisogno » .

Ad infondere nell'animo dei giovani questo sentimento mirò l'opera co­stante dei signori professori, che agli ammaestramenti orali congiunsero quello a:-sai più - efficace - dell'esempio; e sono lieto che un bravo ufficiale, qual'è il s1gnor maggiore Corazzi, abbia riconosciuto che le fatiche di questi insegnanti produssero qualche buon frutto nell'educazione della gioventù romana.

Nella speranza di far cosa gradita alla S.V. Ill.ma all'onorevole Consiglio provinciale scolastico, le presento in uno specchietto il numero degli studenti che dal 1870-'71 in poi si inserissero alle scuole classiche governative di Roma.

Anno scolastico 1870-'7 1 187 1- '71 1872-'73 1873-'74 1874-'75 1875-'76 1876-'77 1877-'78 1878-'79 1879-'80 1880-'8 1

al 3 o ginnasio

Numero degli studenti

335 320 254 294 349 393 506 546 636 674 618

80 698

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168 Fonti per la storia della scuola

Dall'anno scolastico 1871-'72 al 1873-'74 vi fu una lieve diminuzione in confronto del primo anno; e la causa sta in ciò che nel novembre del 1870 le ammissioni alle diverse classi si fecero con molta indulgenza, e si badò più al numero che alla qualità degli studenti. Tanta mitezza non poteva però continuarsi senza danno dell'insegnamento; e, appena gli esami si fecero più rigorosi, gl'inetti abbandonarono la scuola.

Ma dal 1874 in poi la scolaresca è venuta crescendo di guisa che ove ai 618 studenti del Collegio romano si aggiungano gli 80 inscritti al 3 o ginna­sio, apertosi due anni or sono, si troverà che il numero dei giovani che in quest'anno frequentarono le regie scuole classiche di Roma, a paragone di quello del 1870-'7 1 , è più che raddoppiato.

Sono, con animo pieno di stima e di gratitudine verso la S.V. Illustris­sima,

Il preside del r. liceo E.Q. Visconti [Pier Felice] Balduzzi

14

Relazione degli ispettori Domenico Denicotti 1 e Anselmo Ronchetti 2 sul r. liceo-ginnasio Verri di Lodi.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 8 3 , fase. 1 3 8 « 1860-'80. Milano (pro­vincia) GO-M. Lodi-r. liceo e ginnasio Verri », ms.

[12] giugno 1883

N. 1 Condizione materiale dell'istituto

Casamento

Il casamento del liceo-ginnasiale, palazzo a doppio ingresso, situato in una delle strade più belle e quiete della città, è proprietà del comune. Il gin­nasio è a pian terreno; il liceo al primo piano e vi si accede da una porta di­versa da quella del ginnasio, mediante un'ampia scala. Una scaletta interna permette al preside di passare dalla sua stanza, nel liceo, al ginnasio. Le aule

1 Domenico Denicotti, provveditore agli studi di Parma. 2 Anselmo Ronchetti, ispettore centrale per l'istruzione secondaria classica.

Sezione II - Relazioni ed ispezioni su/ rendimento scolastico 1 69

sono tutte, meno quella della prima ginnasio alquanto oscura, piuttosto co­mode ed areate. Poco felice il locale assegnato al gabinetto di fisica. :er l'insegnamento del disegno si valgono di una bella sala, unita al gin­nasw, ove la sera convengono a lezione gli operai.

Vera.me�te mirabile è il locale per !a palestra, che gode anche del grande

vantaggw d1 essere annesso al liceo. E l'antica chiesa di San Giovanni delle Vigne, cui il municipio trasformò ad uso della ginnastica, con grandi sacrifi­ci: più di ventimila lire esso impiegò per adattarla convenientemente e ric­camente provvederla di tutti gli attrezzi necessari.

Gabinetti di fisica e storia naturale

Non sono certo tra i più forniti, specie quello di fisica; contengono tutta­via qu�nto è necessario per il completo svolgimento dei rispettivi pro­grammi.

Biblioteca

Conta di circa millequaranta volumi, fra i quali le opere migliori sono di letteratura e storia, oltre qualche dizionario scientifico e storico: pochi i vo­lumi di matematica e fisica, ma i professori si servono delle loro private li­brerie.

Suppellettile scientifica

È abbondante: solo mancherebbero cinque carte a compiere la collezione di Bretschneider.

Suppellettile scolastica

Sufficiente ed in ottimo stato.

Registri scolastici ed amministrazione

Va lode al preside per la regolarità, l'ordine, l'esattezza colle quali sono tenuti i diversi registri scolastici. Anche l'amministrazione merita il medesi­mo elogio.

Armi ed attrezzi ginnastici

Mancano le armi: quanto agli attrezzi ginnastici non si potrebbe desidera­re di più sia per il numero che per la qualità.

N. 2 Andamento generale dell'istituto

La disciplina è regolare. Circa l'andamento didattico si è manifestato an­che qui il bisogno di raccomandare più copiose letture e maggior accuratez-

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170 Fonti per la storia della scuola

za nel correggere. Parimente si è dovuto chiamare l'attenzione del preside e

dei professori sulla più esatta esecuzione dell'art. �9. del regolan:ento 2 1

maggio 1882, perocché in alcune classi, o in alcum msegname�tl, furon?

trascurati i saggi scritti bimestrali. Di questo non parve essers1 accorto il

preside lasciando, con fiducia non sempre gi�stificata� che i singoli profes­

sori conservassero i saggi bimestrali ed i lavon consuet1. . . , ,

Nessun bisogno, del resto, di straordinari provvedimenti: gwvera ?er� che il ministero abbia modo di collocare a riposo il professore Salamttto

(filosofia) e di commettere una delle classi superiori, rimasta priva di titolare

dopo l'allontanamento del professore Franzutti 2 , ad un insegnante molto

abile ed energico.

Giudizio sul preside e direttore cav. Antonio Coiz

n cav. Coiz ha molte egregie qualità : diciamo anzi che avrebbe tutte

quelle che formano un ottimo preside, se da una �art� una certa inclinazio­

ne alla popolarità, dall'altra l'aver assunto per destdeno della rappres�ntan­

za municipale altre incombenze, onorevoli certo, non lo facessero vemr me­

no talvolta a quella operosità ed energia di cui non v'ha dubbio sarebbe ca-

pace. . Come insegnante della classe quarta (per la storia ed il latino) ha sp1egato

molto zelo e metodo inappuntabile.

1 5

Verbale della conferenza tenuta al collegio docenti da Domenico Den�cot­

ti e Anselmo Ronchetti nel r. liceo ginnasio Verri di Lodi a conclustone

dell'ispezione svolta.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 83, fase. 1 3 8 « 1860-:8o .�ilano. (pro� vincia) GO-M.Lodi- r.liceo e ginnasio Verri» . Allegato C della relazwne 1spetuva d1 Domenico Denicotti e Anselmo Ronchetti, 1 2 giugno 1883, ms.

Lodi, 9 giugno 1883

Compiuta l'ispezione che ebbero l'incarico dal Ministero della istruzione

1 Giuseppe Salamitto. 2 Nicolò Franzutti, docente di lettere latine e greche.

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 1 7 1

di fare nel r . liceo ginnasio d i Lodi, i signori comm. prof. Domenico Deni­cotti e il cav. prof. Anselmo Ronchetti, la mattina del 9 giugno 1883 a ore 10 . 30 ant. , presenti tutti i professori, salvo il prof. Pellegrini trattenuto dal­l'officio suo di giurato, esposero quanto segue.

I commissarii, riconoscendo, in generale, il buon andamento disciplinare e didattico dell'istituto, ne attribuiscono la dovuta lode al signor preside e direttore cav. prof. Antonio Coiz e ai professori che lo coadiuvavano. Se non che stimano conveniente fare alcune osservazioni per una più esatta esecuzione del regolamento 2 1 maggio 1882, delle istruzioni 16 giugno 188 1 , e della circolare 1 2 novembre 1882; come pure sul metodo perfettibi­le sempre, ripromettendosi da ciò maggiore estensione ed efficacia di profit­to in alcune classi od in alcune materie.

Richiamano pertanto l'attenzione del Collegio dei professori sull'artic. 26 del regolamento 2 1 maggio 1882, concernente la dispensa dall'esame, la quale fu concessa talvolta con soverchia larghezza; e citano ad esempio la classe III ginnasiale a cui passarono dalla II con dispensa d'esame alcuni non sufficientemente preparati.

Rammentano inoltre il comma penultimo dell'articolo 49: «l lavori scrit­ti bimestrali, come tutti gli altri eseguiti tanto nella scuola come a domicilio, corretti e classificati, dovranno essere ordinatamente conservati dal capo dell'istituto per mostrarli a richiesta degli ispettori ministeriali» ; non che l'art. 69 che richiede su' giornali di classe le sommarie indicazioni delle cose spiegate.

Per ultimo accennano alla circolare 1 2 novembre 1882, riguardante l'in­segnamento dell'italiano, forse non interamente osservata perché giunta quando già i libri di testo erano stati scelti e comperati.

Dopo queste raccomandazioni, il comm. prof. Denicotti viene più parti­colarmente a dire di alcuni desiderii che si manifestarono qua e là nella ispe­zione degli insegnamenti di lettere, di storia e geografia e di filosofia.

l) Piacerebbe che gli alunni parlassero con miglior pronunzia, correttez­za, facilità e garbo di esposizione.

2) Quanto alle letture, altre sarebbe utile se ne facessero in iscuola ed al­tre a casa, delle quali ultime i giovani rendessero poi conto.

3) La correzione poi dei lavori d�wrebbe esser fatta prima a casa dal pro­fessore e quindi più minutamente in iscuola, notando con segni convenzio­nali ed anche con opportune parole gli errori così di forma come di concet­to. Questa raccomandazione si volge segnatamente ai professori della I e V classe ginnasiale, Tincani 1 e Pellegrini 2, ed al sig. Berta 3 professore èu lette­re greche e latine nel r. liceo. Sia cura di tutti i professori l'accertarsi che i giovani abbiano profittato delle correzioni fatte.

1 Andrea Tincani. 2 Giovanni Pellegrini. 3 Giuseppe Berta.

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172 Fonti per la storia della scuola

4) Principalmente nelle classi I e V del ginnasio si dia più importanza al­l' insegnamento dell'italiano in modo razionalmente pratico. A ciò contribui­scano anche le versioni dal latino e dal greco. Ed una identica raccomanda­zione si fa al professore di lettere latine e greche nel liceo.

5) Ai professori delle classi I e V del ginnasio si raccomanda altresì una più esatta esecuzione dei programmi e delle istruzioni 16 giugno 1881 per la geografia e storia; lezione a viva voce, uso dell'atlante, confronto della geo­grafia antica con la moderna; al professore di lettere latine e greche nel li­ceo, la metrica oraziana e di aumentare l'ambiente latino coll'obbligare i giovani ad esporre in latino le notizie sugli scrittori romani e greci desumen­dolo dai luoghi acconci di Cicerone e di Quintiliano o dalla Historia critica del Vallauri. Nel greco si nota deficienza per la parte morfologica.

6) Quanto alla filosofia il comm. Denicotti nota ch'è poco il profitto e poco il fervore; i giovani non sanno significare le proprie idee. Per meglio conformarsi agli attuali programmi potrebbe il prof. di filosofia porsi d'ac­cordo con quel di greco per la interpretazione dell'Etica di Aristotele.

Intorno agli insegnamenti di matematica, fisica, geografia fisica nel liceo, e di geometria intuitiva, disegno, aritmetica e storia naturale nel ginnasio, riferisce l'ispettore prof. Ronchetti.

Dichiara di aver riscontrato il profitto, nella matematica mediocre; nella fisica soddisfacente : quanto al ginnasio, trovò il profitto sufficiente nelle prime tre classi per la geometria intuitiva, pel disegno e l'aritmetica; medio­cre nelle altre due per l'aritmetica pratica; sufficiente nella storia naturale.

Non ha alcuna osservazione da fare al professore di fisica, col quale si congratula anzi del metodo seguito e del lusinghiero risultato ottenuto; al professore di geografia fisica non volge che una raccomandazione, ed è d'in­terrogare più frequentemente i giovani ed avvezzarli a reggere nelle risposte senza bisogno di spessi e solleciti aiuti. Procuri inoltre che il linguaggio loro si informi a più rigorosa precisione.

Al professore di matematiche consiglia vivamente di far sì che le ripeti­zioni di quanto egli spiega non volgano a danno dell'intero svolgimento del programma ministeriale; e che perciò disponga le sue lezioni in guisa che a fin d'anno in ciascuna classe abbia esaurita la materia richiesta.

Consiglia pure che, facendo forza al suo cuore, non si lasci vincere da soverchia indulgenza nei voti, con danno dell'attività dei giovani allo stu­dio, e del concetto ch'essi possono farsi del loro vero valore.

Prega il prof. Rossi 1 ad accogliere queste osservazioni, e vedrà ben altri­menti compensato i suoi studi, le sue cure, il suo ingegno. I consigli dati a lui come insegnante le matematiche nel liceo, gli si rinnovano come incari­cato di geometria intuitiva ed aritmetica nel ginnasio.

1 Giulio Rossi.

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 173

Quanto al professore di storia naturale, l'ispettore prof. Ronchetti non ha che lodi, specialmente pel metodo.

Qui prende la parola il preside cav. Coiz, e ringraziati i signori ispettori delle loro savie e benevole osservazioni, fa loro notare quanto la naturale rozzezza della gioventù che per la maggior parte affluisce a questo ginnasio e liceo dal contado sia di ostacolo a togliere quei difetti di pronuncia e col­tura ch'essi rilevarono. Aggiunge che nuoce altresì la poca o nessuna coope­razione delle «famiglie >> , vivendo i più degli alunni in pensioni o lontani o non abbastanza vigilati.

Lieto però di constatare la concordia e la comunanza d'intenti che lega­no i professori fra loro, assicura che sarà messo ogni migliore impegno a far sempre maggiore la efficacia dell' insegnamento.

I professori interrogati singolarmente se abbiano alcun che ad osservare, rispondono che no. Soltanto il prof. Rossi, pur accogliendo le osservazioni fattegli, giustifica brevemente la sua indulgenza co' buoni frutti ch' egli asse­risce averne già ricavati; ed il prof. Tincani spiega la deficienza degli alunni suoi nella geografia astronomica col fatto che essi vi furono interrogati pri­ma che se ne fosse fatto il riassunto finale.

Al che risponde il comm. Denicotti, giovare assai più il riassunto mensile della materia: e raccomanda insieme al prof. Tincani di seguire nell'insegna­mento della geografia più rigorosamente l'ordine tenuto dai programmi.

Il prof. Passerini 1 per ultimo prega i signori ispettori a attenergli dal mi­nistero il completamento delle carte (murali) per l' insegnamento della geo­grafia storica.

La seduta fu levata alle 1 1 . 30 ant. Il presente verbale fu letto e approvato

Gli ispettori D . Denicotti A. Ronchetti

1 6

Il preside prof.Coiz

Segretari prof. Antonio Ronzon prof. Guido Mazzoni

Sintesi relativa ai giudizi sul personale docente desunta dalla relazione sul r. liceo-ginnasio Verri di Lodi degli ispettori Domenico Denicotti e An­selmo Ronchetti.

1 Ernesto Passerini.

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174 Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 83 , fase. 1 3 8 « 1860-1 880. Milano (prov.) GO-M. Lodi-r. liceo-ginnasio V erri » , ms.

giugno 1883

Cav. Antonio Coiz, preside. Ha tutte le qualità che si vogliono da un otti­mo preside. Ma gli nuoce forse di avere assunto altri uffici per desiderio del­la rappresentanza municipale.

Prof. Guido Mazzoni, reggente d'italiano. Merita lode senza restrizione. A larga e soda dottrina aggiunge parola chiara e vivace. Conosce la giusta misura dell'insegnamento, la pratica. I giovani lo rispettano e lo amano. Il preside n'è soddisfattissimo .

Prof. Giuseppe Berta, titolare di latino e greco. Compie esattamente il proprio dovere nella scuola; non forse con egual diligenza corregge i lavori. È anche deboluccio nel tenere la disciplina.

Prof. Ernesto Passerini, titolare di storia e geografia. Ha molta dottrina, eccellente metodo e grande autorità sugli alunni, dai quali ottiene buonissi-mo profitto.

Prof. Giuseppe Salamitto, titolare di filosofia. Non gli manca la dottrina, ma l'autorità sugli alunni, così che il suo insegnamento è poco efficace. Sa­rebbe bene, poiché ha gli anni, che chiedesse il riposo.

Prof. Giulio Rossi, di matematica. È un vecchio ed egregio insegnante. Spiega con padronanza della materia, con efficace chiarezza, con pazienza più unica che rara, con affetto indulgente e paterno verso gli scolari. È per altro troppo lento e troppo insistente nel ripetere la materia già spiegata, co­sì che a fine d'anno non ha anche svolto tutto il programma. Gli stessi pregi e gli stessi difetti si manifestano anche nel suo insegnamento ginnasiale.

Prof. Giovanni Gaudini, di fisica. È insegnante egregio sotto tutti i rap­porti. Non si potrebbe desiderare maggior dottrina, miglior metodo e più pieno profitto.

Prof. Secondo Cremonesi, di geografia fisica. Gode molta e meritata sti-ma in città, e vi sostiene molti pubblici uffici. Ha conscienziosa altruità e l'o­pera sua giunge sempre efficace e illuminata. Anche come insegnante è de­gno d'ogni elogio: soltanto gli fu consigliato di interrogare gli alunni più fre­quentemente. La stessa dottrina e il medesimo metodo, sotto ogni riguardo eccellente, porta egli anche nelle sue lezioni ginnasiali.

R. ginnasio di Lodi

Prof. Andrea Tincani, titolare della l a classe. È uomo di buona volontà ma ottiene poco profitto, specialmente nell'italiano. Forse starebbe meglio in classi inferiori meno numerose.

Prof. Guerrino Prina, titolare della 2a classe. Ha ingegno, buoni studi, parola corretta, vivacità e operosità. Merita di esser promosso alla terza clas­se (non ha l'abilitazione per le classi superiori).

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 175

. . Prof. Antonio Ronzon, titolare della 3a classe. Non è privo di merito , è

dth�ente ed �ccu.rat�, ma ha poca energia ed ottiene scarso profitto . È giu­

sto il suo destdeno dt passare alle classi superiori. Manca il titolare della quarta classe. Prof. Giovanni Pellegrini, titolare della Sa classe. Avrà molta dottrina

ma è insegnante mediocrissimo e non ottiene nessun profitto. Se fosse ac� contentato nel suo desiderio di andare a Milano potrebbe far meglio.

Liceo - ginnasiale di Lodi

Nessuna proposta riguardo al casamento, e al materiale che è dichiarato sufficiente.

L'insegnamento procede abbastanza bene. Rigua�do al pe

.rsonale propongono gl'ispettori di invitare il prof. Giusep­

pe Salamttto che msegna filosofia nel liceo, a chiedere il collocamento a ri­poso.

È proposta per il prof. Ronzon del ginnasio la promozione ad una catte­d�a li

.ceale d'italiano, oppure alle classi superiori del ginnasio in Lodi. Que­

st ultnna proposta è pure fatta per il prof. Guerrino Prina.

1 7

Relazione sull'ispezione alle cattedre di storia e filosofia nel r. liceo Bec­caria di Milano condotta da Felice Tocco.

A�S: �PI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. l , fase . « 84. 1 896-'97.

Ltce1-g1nnasi e convitti. Ispezioni e relazioni » , ms. con firma autografa.

Firenze, giugno 1896

Storia. Prof. Formento 1

Il professore, un vecchio ed abile insegnante, sa trarre dal suo insegna-mento il maggior profitto .

·

In tutte le classi i giovani si sono mostrati non solo bene istruiti a rag­gruppare i fatti intorno ai punti più salienti e alle date più memorabili· ma dei fatti stessi sapevano rendere ragione. Né solo i fatti politici conos�eva-

1 Giovanni Formento.

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176 Fonti per la storia della scuola

no, ma benanco degli ordinamenti degli Stati, della loro prosperità commer­ciale ed economica, della cultura intellettuale ed artistica davano brevi, ma giusti e precisi cenni. Sono ben lieto di assicurare che quei giovani nell'usci­re dal liceo, molti potranno dimenticare ma certo sapranno, di qualunque fatto si ragioni con loro, metterlo a posto e lumeggiarlo con altri affini.

Filosofia. Martinazzoli 1 L'insegnamento del prof. Martinazzoli è chiaro e ordinato, e con piacere

ho constatato che anche nel primo corso, dove a giudizio dei più i giovani sono ancora immaturi per le discipline filosofiche, la psicologia empirica era stata insegnata con molto amore dal professore, e appresa con grande inte­resse dagli alunni. Parimenti fruttuoso mi parve l'insegnamento dell'etica nella terza classe, e ho visto con piacere che il professore seppe a tempo e luogo dare nozioni di diritto pubblico e privato, di economia politica e di scienza dell'amministrazione. Il solo insegnamento dal quale ebbi ad osser­vare qualche menda era quello, che nel liceo dovrebbe avere la preminenza sugli altri, l'insegnamento logico. Il libro stesso di testo adottato dal profes­sore, se non anche scritto da lui, è molto difettoso; e ben si comprende co­me i giovani non avessero idee molto chiare sulle figure sillogistiche, sulla distinzione tra sillogistica e metodica e simiglianti. Ma a parte questi difetti, facilmente emendabili con un miglior testo, l'insegnamento del Martinazzoli nel complesso è chiaro ed efficace.

Felice Tocco 2

18

Relazione sull'ispezione alle cattedre di storia e filosofia nel r. liceo Man­zoni di Milano condotta da Felice Tocco.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. l , fase. « 84 . 1896-'97. Licei-ginnasi e convitti. Ispezioni e relazioni » , ms . con firma autografa.

Firenze, giugno 1896

Storia. Pro f. Corio 3

Il prof. Corio è un vecchio insegnante, ma più innamorato della sua di­sciplina che un giovane nei primi anni di carriera. E questo amore sa tra-

1 Antonio Martinazzoli. 2 Ordinario di storia della filosofia. 3 Lodovico Corio.

Sezione II- Relazioni ed ispezioni sul rendimento scolastico 177

sfondere nei suoi alunni", i quali però in fatto di date e di fatti storici memo­rabili non erano molto forti. Ho visti parecchi scritti ed esercizii degli alunni e principalmente qualche lavoro cartografico pregevole. Ma quello per cui il professore dovrebbe più battere è sui sincronismi, che servono tanto all'e­satta ricordanza delle date e dei fatti.

Filosofia. Prof. Cicchetti-Suriani 1 Il prof. Cicchetti insegna con molto amore e diligenza, ma gli manca

l'ordine e la chiarezza. Tanto nel primo corso, quanto e più ancora nel se­condo i giovani lasciavano molto a desiderare. E quel che manca sopratutto nell'insegnamento logico è la scarsa connessione con le altre discipline inse­gnate nel liceo. Se il giovane doveva dare un esempio di sillogismo, ne fog­giava uno che un uomo di buon senso avrebbe mai adoperato in luogo di at­tingerlo alla geometria o ad altra scienza studiata nel liceo. Molto migliore e più ordinato mi parve l'insegnamento di etica nel terzo corso, dove i giova­ni senza dubbio alcuno rispondevano con grande franchezza alle più ardue interrogazioni. Nel complesso l'insegnamento del prof. Cicchetti va molto migliorato, come molto aumentato dovrebbe essere il testo Cicchetti-Marti­nazzoli.

Felice Tocco

1 Filippo Cicchetti-Suriani.

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SEZIONE III

ATTIVITÀ DIDATTICA

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Relazione finale del professore di grammatica del r. collegio di Chieri sul­l'insegnamento impartito nell'anno scolastico 1859-1860.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 127, fase. 230 « 1860-'80. Torino (pro­vincia) Ch-M. Collegio di Chieri » , relazione trasmessa dal direttore degli studi del collegio al ministro, ms. con firma autografa.

Chieri, 9 luglio 1860

Parte latina

Grammatica

Prima cura dell'insegnante la seconda grammatica in questo r.o collegio fu di far ripetere entro il mese di novembre, nelle materie che spettano alla grammatica latina, le parti assegnate al prof. di la gram.a. Passava quindi nei mesi susseguenti a spiegare e far mandare a memoria dai suoi allievi tut­te le materie che alla classe sono dai vigenti regolamenti assegnati. Impiega­va nella spiegazione della medesima almeno una mezz'ora per ciascuna le­zione del mattino e teneva il seguente metodo: faceva leggere da un allievo un paragrafo per volta, e dopo la lettura ne spiegava il contenuto, si tratte­neva di più intorno a quelle materie che credeva potessero essere di più dif­ficile intendimento per gli alunni, addittava [sic] quelle su cui essi dovevano fermare specialmente la loro attenzione, proponeva loro esercizi orali quan­do la materia si prestava ed anche qualche proposizione in lingua volgare da voltarsi in latino; non di rado ne scriveva parecchie sulla lavagna e ne face­va fare da uno o più allievi la versione e rendere ragione della varia costru­zione, dei vari reggimenti delle parti del discorso, richiamava spesso la loro attenzione sui brani degli autori latini stati interpretati che avevano presen­tato le difficoltà di cui trattava la materia spiegata. Nei mesi di giugno e lu­glio ripeteva con maggior sviluppo e con maggior copia di esempli pratici e d'esercizi orali la spiegazione di tutti i paragrafi e particolarmente di quelli che presentavano regole più adattate alla classe; il qual esercizio diede sulla totalità un risultato alquanto appagante.

Classici latini

l o • Epithome hystoricae graecae: interpretava dall'origine della Mace­donia sino a Causa della guerra Scitica. Cap . n. 2 1 . Questa interpretazione

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182 Fonti per la storia della scuola

cominciata nei primi di novembre si compieva ai dieci di dicembre, e nel ri­manente tempo di questo mese si ripeteva. 2 o . Cornelii Nepotis vitae illu­strium virorum. Interpretava la vita di Milziade in gennaio, ed in febbraio la ripeteva. 3 o . Phoedri jabulae: il prologo e le dieci prime favole del libro. 3 o . Ne compiva la spiegazione e la ripetizione entro marzo ed aprile. 4 o . Marci Tullii Ciceronis epistolae ad jamiliares: dalla lettera undecima del li­bro 4 o sino alla vicesimaprima esclusivamente in tutto maggio e nella prima quindicina di giugno ripeteva.

Antologia latina

C . Cornelius Tacitus : descrizione della Germania. Dal principio sino al numero I l o De minoribus rebus principes consultant. L'interpretazione di questo autore si faceva interpolatamente e quando quella dei suaccenati au­tori lasciava luogo a credere che si sarebbe terminata entro il termine prefis­so nel programma; si ripeteva poi tutta nella seconda quindicina di giugno. Il più delle volte, per assicurarsi se fosse intesa, ne assegnava un numero per compito da farsi a casa.

Nell'interpretazione de' classici faceva leggere da uno degli allievi, e quando occorreva qualche variazione di pausa fuori dell'ordinaria lettura, leggeva egli stesso il brano proposto; quindi dopo averne fatta ripetere la lettura da parecchi allievi, ne faceva fare la costruzione, poscia l'interpreta­zione letterale il più che si potesse e questa faceva ripetere da più allievi sin­ché vedesse che da loro se ne aveva il possesso. Insisteva sulla retta pronun­zia sì latina che italiana, sulle parole brevi e lunghe, sui tuoni e sulle pose. Qualche volta la faceva scrivere sul quaderno della brutta copia. Terminata la materia proposta di un autore ne ricominciava la spiegazione la quale pro­curava fosse un po' più elegante e con dizioni più proprie della lingua volga­re sempreché queste potessero applicarsi con intelligenza degli alunni. Così ripetendo, facea le osservazioni sulle difficoltà di grammatica latina che s 'in­contravano ed il confronto della proprietà delle due lingue, e si tratteneva specialmente sui nomi, verbi, preteriti, supini, participii irregolari e diffetti­vi, sui nomi greci o derivati dal greco, sulla difficoltà di sintassi, sull'etimo­logia delle parole, sulla derivazione dei verbi composti, su quei verbi che formano il medesimo perfetto e supino, o l'uno o l'altro solamente con si­gnificato ed origine diversi, sulle figure di parole e di sintassi, ed all' occor­renza dava brevi cenni di storia, d'archeologia, di mitologia, di geografia, come pure toccava delle figure di rettorica dette tropi. Dell'antologia latina leggeva sempre egli il brano proposto, ne faceva la costruzione, la quale tal­volta faceva ripetere da uno o più allievi, tal altra assegnava per compito da fare a casa come di preparazione alle composizioni latine; dopo lo spiegava tenendo il metodo suindicato.

Versioni latine

1 o Thomae Vallaurii: Epithome Hystoriae patriae. Dettava tutto il pri­mo libro, omettendo qualcosa per brevità.

Sezione III- Attività didattica 183

2 o Pomponius Mela: Particularis Asiae descriptio - Aegyptus - Arabia -Syria - Phoenice - Cilicia - Pamphilia. Colle correzioni di questi temi detta­va le corrispondenze dei nomi moderni cogli antichi desunte dalla traduzio­ne di Gian Francesco Muratori.

3 o [ . . . ] : De Diis et heroibus - Diana - Bacchus - Mercurius - Venus -Pluto

Composizioni latine

Cominciava a proporre agli allievi per compito da farsi a casa alcuni bra­ni dell'Antologia latina da ridursi in costruzione, qualche sunto degli autori latini spiegati, quindi faceva ridurre in prosa alcune favole di Fedro, e final­mente proponeva per via di tracce italiane o d'interrogazioni qualche com­ponimento di storia patria, di morale e di geografia antica.

Versioni dall'italiano al latino

1 o Il lago di Garda: Descrizione di Iacopo Bonfadio 2 o Descrizione della Cina: Serdonati: Volgarizzamento delle istorie delle

Indie orientali del Maffei. 3 o Storia d'Italia: Nicolò Machiavelli: dalla venuta in Italia di Teodorico

re degli Ostrogoti sino alla fine della dominazione dei Longobardi. Procura­va di adattare tutte queste versioni all'intelligenza e capacità degli allievi e di facilitarle con una chiara spiegazione.

4 o Per esercitar meglio gli allievi sulle singole regole di sintassi dettava interpolatamente, di mano in mano che i medesimi se ne rendevano istrutti, esercizi, in tutto n. 26, di semplici proposizioni ed esempi, i quali formasse­ro una collezione delle regole che presentavano tra loro una qualche analo­gia, la maggior parte desunti dagli autori latini spiegati, e dalle varie gram­matiche che sono in voga di buone.

Di tutti gli autori latini stati interpretati dettava la spiegazione con brevi annotazioni in apposito quaderno, meno quella dell'antologia.

Dettava pure in apposito quaderno la correzione di tutti i temi ed eserci­zi suaccennati.

Esercizi mnemonici

I o Germania: Il l o tratto dall'antologia: descrizione di Cornelio Tacito . 2 o Miltiades: Il I o ed 8 o tratti dalla vita di Milziade di Cornelio Nepote. 3 o Epithome hystoricae patriae: Origo principum Allobrogicorum. Ca-

po I o Umbertus l us n. 3 .

Parte italiana

Grammatica

Nella spiegazione della grammatica italiana teneva il medesimo metodo sumenzionato per la grammatica latina. Ripeteva per via di spiegazioni e di

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1 84 Fonti per la storia della scuola

esercizi orali tutto il primo libro e le regole della costruzione toscana appar­tenenti al 2 o libro; di quest'ultimo poi spiegava e faceva mandare a memoria le osservazioni che riguardano la costruzione dei verbi locali [sic] , dei com­plementi che sono comuni a molti verbi; della costruzione degl'infiniti dei verbi, del gerundio, del participio, della costruzione del nome, dell'articolo e delle preposizioni che accompagnano i nomi.

Antologia italiana

Prosa

l o Spiegava di Pietro Bembo: tutte le lettere. 2 o Gasparo Gozzi: Dialoghi: misse e P o lite - Il calamaio e la lucerna

Poesia

l o Luigi Alamanni: La vita dell'agricoltore. 2 o Vincenzo da Filicaia: Due sonetti: La Provvidenza - All'Italia. 3 o Giuseppe Parini: La pietà divina - Il gatto ed il villano. Nella spiegazione dell'antologia italiana faceva le osservazioni sui nomi,

pronomi, verbi irregolari, invitava gli scolari a declinarli od a coniugarli, a distinguerne le voci disusate; e si tratteneva specialmente sugli arcaismi, sul­le parole proprie ed improprie, sulle figure, sui sinonimi ed omonimi, sui vari complementi e su tutto ciò che presentava qualche difficoltà d'intelli­genza per gli allievi.

Composizioni italiane

Cominciava per proporre alcuni racconti o favole da farsi per imitazio­ne; poscia per brevi tracce esercitava gli scolari ora con racconti storici, ora con brevi descrizioni, ora con caratteri d'uomini illustri ed avvertiva di pro­porre quegli esercizi che valessero ad infondere nel loro animo l'amor di pa­tria, l'amor di famiglia, l'esattezza dei proprii doveri, principii di giustizia, di temperanza, di fortezza e d'onestà.

Geografia

Interrogava i discenti sulla lezione data; quindi nel rimenente tempo spiegava per mezz'ora di geografia moderna e per un'altra mezz'ora di geo­grafia antica; di quella ne insegnava l'applicazione su piccoli atlanti procura­tisi i suddetti; di quella su una piccola carta pure da loro procurata. Spiegan­do però dell'Europa in generale si serviva d'una carta provveduta dal muni­cipio per la classe. Quanto alle materie ripeteva in principio dell'anno le no­zioni generali di geografia e di cosmografia; quindi spiegava dell'Europa in generale della geografia moderna; in particolare dell'Italia antica e moderna

Sezione III - Attività didattica 185

comparate, e dava pure alcune lezioni di Grecia antica e d'Africa moderna. Per libro di testo si serviva degli elementi del prof. Letronne 1 •

Esercizi mnemonici

Oltre le lezioni di grammatica italiana e di geografia faceva mandar a me-moria per esercizio di retta pronuncia e di preparazione alla declamazione:

l o Modo di leggere di Gasparo Gozzi 2 o Modo di scrivere del medesimo 3 o Due lettere di Pietro Bembo 4 o I due sonetti sopracitati del Filicaia.

Disciplina

Fu suo impegno di mantenere rigorosamente la disciplina per quanto il comporta l'età dei discenti. Per le punizioni si serviva di quelle prescritte dal regolamento in vigore ed i contumaci consegnava al direttore degli stu­di, il quale colla sua autorità giovò a rimetterli sul sentiero del dovere; sic­ché la disciplina non fu mai gravemente infranta.

Dichiarazione

Dichiara il sottoscritto essersi severamente attenuto alle leggi che regola­no la pubblica istruzione delle scuole secondarie; aver esaurito tutte le mate­rie prefisse nel programma stato approvato dal Consiglio collegiale. Aver so­lo cangiato per esercizio mnemonico La vita dell'agricoltore del Filicaia in due lettere di Pietro Bembo per essere quella stata prescelta l'anno scorso dal prof. di la Grammatica. Aver poi intorno alla metà di giugno esaurito tutte le materie di versioni dall'italiano al latino; aver perciò col consenso del direttore degli studi aggiunto per versioni parecchi squarci dell'antolo­gia italiana ed altri temi preparati appositamente pel miglior vantaggio dei discenti.

[Giuseppe] Scalero

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Relazione finale dell'insegnante di ginnastica Luigi Niccolini del r. ginna­sio di Lodi per l'anno scolastico 1862-1863.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 83, fase. 1 3 8 « 1860-'80. Milano (pro­vincia) GO-M. Lodi - r. ginnasio di Lodi» , ms. con firma autografa.

' G.A. LETRONNE, Corso elementare di geografia antica e moderna, Livorno, Vignozzi, 1860.

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186 Fonti per la storia della scuola

Lodi, 20 luglio 1863

Relazione finale sugli esercizii di ginnastica Potentissimo mezzo per lo sviluppo fisico ed anche morale della gioven­

tù, presenta l'istruzione ginnastica, già con gli esercizi preliminari del cor­po, coi manubri e colle canne, cogli esercizii agli ordegni.

Il profitto che i giovanetti ebbero quest'anno scolastico, della ginnastica, fu maggiore di quello che si aspettava poiché, sebbene questo onorevole Municipio fornisse, già da due anni, una palestra al regio ginnasio, per ren­dere robusta e forte la gioventù, pure dopo è priva di quegli ordegni che maggiormente influiscono allo sviluppo dei giovani, e quindi pochissimo profitto aveasi a desiderare.

Spero quindi che questa onorevole direzione vorrà far conto all'insigne Municipio di questa città, che molto è amante di questa istruzione, affinché per il venturo anno somministri quegli ordegni utilissimi alla gioventù, e formare così una palestra che poche città di Lombardia ne vanteranno pari. Gli ordegni più necessari, che mancano sono: manubri in ferro e canne di le­gno per esercizi preliminari, cavallo di volteggio a due gambe rimbottito e coperto di pelle di cavallo, ed infine un passo volante ordegno utilissimo per destrezza di corpo.

2 1

visto il direttore Pietro Noto Badge

firmato Niccolini Luigi

Relazione finale del sottotenente Giovanni Onesti sull'istruzione militare impartita nel r. ginnasio di Lodi per l'anno scolastico 1862-1863.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 8 3 , fase. 1 38 « 1 860-'80. Milano (provin­cia) GO-M.Lodi-r. ginnasio di Lodi» , ms. con firma autografa.

[Lodi, giugno 1863]

Relazione sull'istruzione militare

Colla fine dell'antecedente giugno il sottoscritto come da ordine ricevu­to dalla S.V. Ill.ma ha cessato dall' istruzione militare impartita ai giovanetti di codeste regie scuole.

Sezione III-Attività didattica 187

Non può a meno il sottufficiale che a rendere lode a tutti i giovanetti di codeste scuole non che a quelli delle scuole tecniche che frequentarono gli esercizi militari, per la loro buona volontà nell'apprendere tale istruzione, come anche per aver dato ad addivedere d'essersi pienamente uniformati al­la disciplina militare.

Solo si permette di far osservare, che non si è potuto estendere l'istru­zione sia nella carica come in altri necessari movimenti pel solo motivo che le armi essendo troppo pesanti in confronto all'età dei giovanetti, non sono adatte per tale istruzione. Spera però che nel venturo anno possa codesta lo­devole direzione intercedere dal regio governo affinché venghino consegna­te ai giovanetti armi proporzionate alla loro età.

Colla massima stima e considerazione.

visto il direttore Pietro Noto Badge

V.S. Ill .ma firmato Onesti Giovanni, sotto tenente G .N. istruttore

22

Relazione finale del professore di lettere italiane del r. liceo Botta in Ivrea sull' insegnamento impartito nell'anno scolastico 1868-1869.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 127, fase. 230 « 1860-'80. Torino (pro­vincia) Ch-M. Liceo Botta, 1 868-'69 » . Allegato alla lettera di trasmissione del diretto­re, ms. con firma autografa.

Ivrea, 1 5 luglio 1869

Onorati colleghi e preside,

Nell'impartire l'insegnamento di lettere italiane mi attenni alle istruzioni portate dal programma ministeriale.

Diedi lettura varia di classici agli alunni della classe prima e rammentai loro largamente tutta la Cronaca del Compagni i discussi libri delle Storie fiorentine del Machiavelli e brani d'altri storici e cronisti che servissero al­l'una ed alle altre d'illustrazione e di commento e feci confronti dei luoghi in cui dai singoli vengono narrati i medesimi fatti.

Toccando le origini della poesia volgare, e perciò della moderna lettera­tura, risalii alle fonti prime della lirica petrarchesca, della quale dimostrai i

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188 Fonti per la storia della scuola

caratteri che la diversificano da quella degli antichi. Commentai e feci che gli alunni mandassero a memoria le migliori canzoni del principe dei nostri lirici, e curai che si formassero un giusto concetto anche del suo poema, i Trionfi.

Feci pure che gli alunni di Sa classe imparassero a mente squarci, vuoi della Cronaca del Compagni vuoi delle Storie del Machiavelli.

Mostrai i caratteri che differenziano l'epica eroico-storica dalla cavallere­sca dando largo campo alla commentazione della Gerusalemme liberata del Tasso e dell'Orlando furioso dell'Ariosto, curandomi di far confronti di luoghi da essi imitati dagli epici antichi, Omero, Virgilio et . . Toccai anche di poemi eroicomici e burleschi e gli alunni mandarono a memoria parecchi dei migliori canti sì dell'Ariosto che del Tasso.

All'aprirsi di ciascuna lezione feci ripetere a qualche alunno il senso del­le cose trattate nell'antecedente e mi studiai, seguendo il consiglio del r . ispettore pro f . Gandino 1 , scendere fino ai più minuti particolari nelle eser­citazioni filologiche, dando spazio minore alle storiche illustrazioni.

Lo stesso modo tenni cogli alunni di classe II. Commentai loro per intero le due prime cantiche della Divina Commedia, e i passi più salienti della terza, cercando che si formassero un adeguato concetto dell'intento morale e civile e della filosofia del sommo poeta e ponendo in rilievo le più sfolgo­rate bellezze del suo poema.

Del Galileo commentai diversi passi del Saggiatore, dei Dialoghi e delle Lettere con quella maggiore efficacia che mi concessero le mie scarse cogni­zioni di fisica e le molto più scarse ancora degli alunni di tali studi annina­mente digiuni.

Lessi molti capitoli dei Discorsi del Machiavelli sulle Deche liviane; let­tura che riconobbi assai gradevole e proficua agli alunni.

Impararono essi non pochi canti di Dante e qualche capitoli dei suddetti Discorsi del Machiavelli e a ripetere il senso di qualche luogo importante della Ragion Poetica del Gravina.

Temi assegnai non molti per farli compatibili colle esigenze degli svariati insegnamenti; ma curai che fossero tali da far pensare gli alunni ed esercitar­ne la riflessione, la memoria, e la fantasia.

Mi accontai col professore di storia per far sì che il commento degli au­tori classici andasse di concerto collo svolgimento didattico dei diversi pe­riodi storici e col professore di lettere greche e latine perché la commenta­zione vuoi di Dante, vuoi dell'Ariosto e del Tasso corresse parallela colla in­terpretazione dei classici antichi latini e greci, rispetto alla imitazione dei di­versi luoghi che i moderni fecero da essi. E abbattendomi in alcuni passi di Dante o del Galileo dove è ragione di fenomeni fisiologici e naturali o di dif-

1 Giovanni Battista Gandino, nel giugno 1868, con Luigi Cremona aveva visitato l'istituto in qualità di ispettore ministeriale.

Sezione III - Attività didattica 189

ficoltà matematiche, dopo averne dato agli alunni quella più ovvia interpre­tazione che le mie cognizioni mi suggerivano, li consigliai a rivolgersi per maggiori schiarimenti ai rispettivi professori di quelle scienze ed anche al professore di filosofia, laddove si trattava di filosofiche opinioni, come ad esempio, colà dove trattai delle dottrine platoniche per caratterizzare l'in­dole della poesia petrarchesca.

Cercai così, quanto era in me, di concorrere a formare quella armonia intellettuale che tanto approda all'intento comune della istruzione dei gio­vani dei quali in genere lodo l'assiduità, l'emulazione, e la diligenza, eccetto forse qualcuno della seconda classe che mostrò una rilassatezza e svogliatez­za inesplicabile.

Posi nell'insegnare tutto lo zelo possibile: [ . . . ] E mi rinfranca il conforto della gratitudine dei giovani che con amor cor­

risposero alle mie povere fatiche e la speranza che ne trarranno frutti non affatto ingloriosi e dispregevoli.

prof. Enrico Casali

23

Relazione finale del professore di filosofia del r. liceo Botta in Ivrea sul­l' insegnamento impartito nel!' anno scolastico 1868-1869.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 127, fase. 230 « 1860-'80. Torino (provincia) Ch-M. Liceo Botta, 1 868-'69 ». Allegato alla lettera di trasmissione del di­rettore, ms. con firma autografa.

Ivrea, 18 luglio 1 869

Illustrissimo signor preside e colleghi onorevoli,

benché sia pochissimo il tempo concesso all'insegnamento della filosofia nei nostri licei, né io possa a meno di non far rinnovare il voto che ebbi l'o­nore di esprimere in questo onorevole consiglio nell'ultima mia relazione fi­nale ('67-'68), tuttavia secondo il proposito che vi ho manifestato nella stes­sa relazione, ho potuto in quest'anno aggiungere nel secondo corso un bre­ve sunto di critica, e nel terzo di estetica alle materie di cui presentavo il sommario al ministero secondo il prescritto delle ultime istruzioni governa­tive.

Il programma per gli esami di licenza dell'anno che scade mostra che mi sono apposto al vero intendendo secondo logicità anziché secondo la lettera

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1 90 Fonti per la storia della scuola

le ultime istruzioni pel mio insegnamento . Attesoché gli articoli, che lo compongono, e la stessa intenzione, che lo dichiara valevole solamente per quest'anno provano essere ferma e savia intenzione del governo che l'inse­gnamento della filosofia ne' licei sia per quanto il concedono le angustie del tempo, largo, e completo . Il che è appunto quanto sempre mi sono prefisso dacché ebbi l'onore di far parte del corpo insegnante.

Tenendo per fermo che la filosofia non può essere una scienza isolata, ma che anzi è essenzialmente comparativa, a causa della sua universalità; né potendo dubitare che gli alunni nuovi ancora alle preoccupazioni del seco­lo, non dovessero porre amore agli studi severi dove dai primi rudimenti cominciassero a gustare l'unità intrinseca, ed i vantaggi che ne derivano alla vita privata, e pubblica io mi sono fatto uno stretto dovere accostare col fat­to l'una e l'altra dote della scienza prima.

Epperò rivolsi ogni mio studio a fare in modo che gli alunni trovassero le prove de' suoi dettami, e de' suoi teoremi, e la soluzione de' suoi proble­mi nel complesso degli studi che concorrono a formare l'unità dell'idea del liceo. E se sono riuscito in tal modo ad iniziare in loro almeno singolarmen­te il futuro cittadino d'Italia, sarà questo il più grande compenso che io mi potessi mai ripromettere, e gli alunni mi potessero dare.

Vero è però che sono costretto con sommo rammarico a confessare che in questo proposito non mi è dato d'essere quasi ottimista. Giacché lungo quest'anno ho dovuto rassegnarmi a vedere la mediocrità e la svogliataggine crescere in cagion diretta del bisogno che ha la nostra patria di giovani for­temente studiosi, ed ingegnosi.

Io ho coscienza di non avere risparmiato né fatiche, né ammonimenti; e il signor preside sa quante volte ebbi a lagnarmi, e quanto egli medesimo ad avvisare . Ho però veduto che, da qualche eccezione infuori, tutto fu inutile, poiché gli avvertiti, ravviati per poco, in breve ricadevano nel sopore di pri­ma, con vicenda interminata dal principio al fine dell'anno.

Dico cosa singolare, ma vera. Giovani che mostrarono molti lampi d' in­gegno, che lungo la spiegazione vedevo pendere dalle mie labbra, che inter­rogati in sull'istante anche intorno a questioni difficili o per loro natura, o pel bisticciarsi interminato dei filosofi, come sono tutte le questioni che si fondano sulla attinenza estrinseca della filosofia; pure rispondevano soventi in modo soddisfacentissimo, alle prove dello studio sempre sottostavano ai più mediocri, spesso a coloro medesimi, al cui nascere non furono presenti [sic]le Muse, né la loro madre.

Indagando le cause d'un tanto male, per aver modo di apporvi rimedii, quasi in quel finire dell'anno venni a sapere di taluni che compassionavano il povero professore di filosofia; perché mostrava troppo zelo a loro avviso per diffondere una scienza assai inutile oggidì che gli animi son tutti rivolti al metodo delle scienze dette positive, e alle operazioni di borsa.

Che avrò da farmi io della filosofia, diceva taluno, quando mi vuò dedi-

Sezione III -Attività didattica 1 9 1

care alla matematica, alla medicina, all'arte? Ciò spiega in parte il fenomeno poc'anzi deplorato . . Ma suppone altre cause, senza le quali non sarìa acca­duto.

Certo non si può negare le sdrucciole dell'età al sensualismo, all'amore dell'utile immediato; non a quello delle scienze razionali; ma piuttosto del �ibro dei sogni, e dei conti fatti. Tantoché oggi mai par venuto il tempo che 11 gran poeta toscano esclamerebbe con ragione, e sdegnosamente allegro:

Lo vedete? Non c'è Cristi! Siamo nati computisti per campar di numeri. Ma si hanno a mio avviso altre cause funeste del male. Delle" quali accen­

nerò due pl"incipali che toccano più davvicino i nostl"i alunni. L'una è la troppa mia accondiscendenza nel favorire i candidati degli ultimi esami: mi farò un sacro dovere di rimediare, per quanto starà da me negli esami pros­simi.

L'altra è la troppa facilità, con cui, in forza di non so qual legge, giovani rimandati in due esami immediatamente succedutisi prima del comincia­mento delle scuole di quest'anno ottennero di subire il terzo esame, e chissà che non avrebbero ottenuto anche il quarto, se ha [sic] da credere a certe minacce d'alcun padre, amante di far patire in altri, anziché di fornire le ali al proprio figliuolo. Taccio dei provvedimenti dell'ultimo decreto pubblica­to per gli esami di licenza liceale, dai quali i neghittosi arguiscono legger­mente la facoltà di supplire alla trascuranza d'una materia col compenso dell'altra al cui gruppo appartiene negli esami di licenza.

Certi giovani che nella gran maggioranza sfuggono volentieri la fatica e facilmente si persuaderanno che una data materia gioverà però ai loro fut�ri studi; che sono anch'essi rapiti vivono il corso del parere del maggior nu­n:ero, e �icono dell'

.ambiente, in cui son nati; e crescono, devono essere pe­

ro zelanti nello stud1arla quando sanno che al manco di essa supplirà o la an­noverata larghezza del governo, verso coloro che chiedono con insistenza o la legge, o i decreti, o i regolamenti ministeriali.

'

Se fossi sicuro che a tanta amorevolezza, non dovesse parere troppo i�­discreta, io vorrei fare ben altra domanda. Ma poiché ho troppo gran ragio­ne di temerlo, mi restringo a deplorare il decadimento dell' insegnamento pubblico, quando gli alunni trovano facile modo di eludere tutti gli sforzi degli insegnanti.

Ed intanto fo voto al cielo che voglia fare esso medesimo che questa no­stra dilettissima Italia, sorta per miracolo alla vita pubblica, non torni a mo­rire per mano di quella forte istruzione che è il sangue d' ogni nazione che viva.

S[acerdote] Alessandro Rivetta professore di filosofia

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1 92 Fonti per la storia della scuola

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Relazione finale del professore di storia e geografia del r. liceo Botta in Ivrea sull'insegnamento impartito nell'anno scolastico 1868-1869.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 127, fase. 2 3 0 « (1 860-'80. Torino (pro­vincia) Ch. -M. Liceo Botta, 1 868-'69 ». Allegato alla lettera di trasmissione del diret­tore, ms. con firma autografa.

Ivrea, 1 5 luglio 1869

Dal metodo che mi proposi di seguire in sul principio del corrente anno non ebbi ragione di allontanarmi nel corso del mio insegnamento. La divi­sione della storia in grandi età, e delle età in periodi ne rese ai giovani più facile e dilettevole lo studio, e li preparò a conoscere più adeguatamente lo svolgersi successivo e il perfezionarsi dell'umana civiltà. Lo stesso metodo della divisione adoperai riguardo alla qualità dei fatti, narrando per quanto era dato, separatamente gli avvenimenti secondo che si riferivano alla politi­ca, alla legislazione, all'industria, alla coltura e via [sic] dicendo. La qual co­sa mentre mi dava facoltà di non interrompere di troppo il nesso intrinseco e razionale dei fatti, mi offriva più facilmente la via a definire il carattere complessivo dei vari periodi e delle diverse età. Né per questo trascurai la cronologia e il sincronismo ma nol feci che parcamente e quanto era stretta­mente necessario alla intelligenza degli avvenimenti, riserbandomi le spiega­zioni più estese e i riscontri colla storia europea alla fine di ciascun periodo, in cui ritornando indietro e abbracciando quasi d'un solo sguardo tutto il tratto percorso cercavo di porrè fra loro in connessione i fatti diversi che si erano narrati e di definire complessivamente tutta l'età. Questi riepiloghi o quadri complessivi furono frequentissimi, perché i sommi istorici mi inse­gnano, e l'esperienza mi comprovò questa essere l'unica via perché i giovani si facciano una chiara idea della storia e ne traggano durevole profitto.

Le lezioni feci, come son uso, a viva voce non dettando che raramente e pochissime cose, come documenti, iscrizioni, giudizii e sentenze tratti da scrit­tori che gli alunni non potevano facilmente provvedersi, e che servivano d'il­lustrazione o di base di ragionamento sui fatti più importanti della storia.

E di questi fatti principali, come di periodi più oscuri e controversi feci soggetto di esercitazione in iscritto per gli alunni. Il quale esercizio mentre li addestrava al modo di trattare le questioni storiche e di giudicare gli uo­mini e le istituzioni del tempo passato, li assuefaceva ad addentrarsi nella so-

Sezione III - Attività didattica 193

stanza delle cose, e a questi sguardi complessivi e sintetici, dei quali, quando vengano come conseguenza della narrazione fatta, nulla vi ha che più giovi per assicurare ai giovani il profitto dei loro studi.

Questo per la conoscenza dei fatti. Ma perché gli alunni avessero dalla storia a ricavare quell'esperienza e moralità che è il fine ultimo e principale di questo insegnamento, io mi studiai di narrare le cose in modo da eccitare in essi amore ed entusiasmo per la virtù, odio ed abborrimento pel vizio. Ma ciò facendo procurai con ogni diligenza di tenermi lontano da tutte quelle invettive e modi acerbi i quali lasciano sempre sospetto che chi parla sia mosso più dal personale disdegno o da voglia di seguire l'opinione quasi di­rei la moda dei tempi, che dal puro amore della verità, bramando che i gio­vani imparassero a giudicare degli uomini e delle cose seriamente e guidati più dalla severità del raziocinio che dall'impeto della passione. Imperocché l'entusiasmo appassionato presto sbollisce, il convincimento della ragione dura perpetuamente.

Quanto a geografia, ad ogni età, in ciascun periodo diedi tutte quelle no­zioni che erano necessarie alla intelligenza della storia, e alla conoscenza dei luoghi per cui i fatti avvenivano. Così mi par essere prescritto dagli ultimi programmi d'insegnamento. Un insegnamento più esteso non lo permise la strettezza del tempo.

Il programma per la storia fu compiuto in ambedue le classi come pre­scrivono gli ultimi regolamenti. La disciplina e condotta della scuola fu otti­ma in tutti; lo studio e il profitto soddisfacente nella prima classe, poco nel­la seconda. Della svogliatezza di questa classe ebbi già a lamentarmi l'anno scorso, e per quanto mi ricordi se ne lagnarono meco i miei onorevoli colle­ghi. Quest'anno la svogliatezza crebbe, e il profitto diminuì. Quale ne sarà la cagione? Che si sia usata troppa indulgenza nelle promozioni? O sia natural deperimento dell'ingegno umano? Ditemelo voi, onorevoli colleghi; e vi meditino e provvedano poi i nostri superiori.

Il professore di storia e geografia Villa dottor Carlo Pompeo

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Relazione finale del professore di storia naturale del r. liceo Botta in Ivrea sull'insegnamento impartito nell'anno scolastico 1868-1869.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 127, fase. 230 « 1860-'80. Torino (pro­vincia) Ch.-M. Liceo Botta, 1868-'69 "· Allegato alla lettera di trasmissione del diretto­re, ms . con firma autografa.

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1 94 Fonti per la storia della scuola

Ivrea, 1 1 luglio 1869

Nel riferire intorno all'insegnamento della storia naturale dato nella ter­za classe di questo r. liceo, il sottoscritto deve prima di tutto far avvertire che in genere la scolaresca fu di capacità mediocre, mostrò poco buona vo­lontà, e pur troppo anche una certa rilassatezza nello studio. Inoltre si osser­vò in alcuni pochi alunni insolita assenza alle lezioni, mentre gli altri le fre­quentarono assai assiduamente, ed anche con diligenza. Dall'insieme di tut­to questo ne risultò che in [sic] generale la scolaresca lasciò alquanto a desi­derare vuoi nello studio giornaliero, vuoi nel profitto generale. Un solo, il Giovannini, quantunque di mediocre capacità, mostrò sempre una volontà, attenzione, e diligenza assai commendevoli, sicché il sottoscritto lo crede degno di menzione onorevole. Il professore seguendo nel suo insegnamento il programma e le istruzioni ministeriali, svolse quello bensì in tutte le singo­le parti, ma non con quell'estensione, che avrebbe desiderato, se trovato avesse nella scolaresca maggior capacità e maggiore disposizione a seguirlo nelle sue lezioni.

Fa pure osservare che trattando dei sistemi di montagne si attenne spe­cialmente a quelli d'Europa, considerandoli solo dal lato geografico: e per maggiore intelligenza procurassi delle carte geografiche apposite, che lasciò a disposizione de' giovani. Così pure per la distribuzione del colore, alla su­perficie della terra fu compilata dal sottoscritto e dall'egregio professore Ca­sali 1 una carta geografica indicante le linee isotermiche, isotere e isochime­ne, per uso di questo liceo. È bene ancora notare che nel disegno organico sacrificò le parti fisiologiche, per aver maggior tempo a prendere in esame i caratteri delle principali famiglie dei vegetabili, accennando all'uopo alle ap­plicazioni varie, alimentari, industriali, medicinali, nonché ai danni delle piante velenose, e all'ufficio in generale di esse in natura e rispetto all'uo­mo: per avere maggior tempo a dedicare alle cure in genere delle forme de­gli animali, alla comparazione dei tipi, e ai principali caratteri zoologici del­le classi, e degli ordini animali però osservai poca disposizione in questa ginnastica della memoria quantunque si sia attenuto, per quanto era possibi­le ad animali noti e locali trovavano gli alunni invece maggior diletto nello studio dei costumi degli animali, come poté il professore notare in quei po­chissimi casi, che gli si presentarono: ma a questi non poté di discendere sia perché non richiesti dal programma d'insegnamento, sia per mancanza di tempo.

Nella distribuzione dei vegetabili e degli animali sulla superficie della ter­ra dopo poche cose generali, si riportò specialmente alla flora e alla fauna

1 Enrico Casali, docente di lettere italiane.

Sezione III- Attività didattica 195

italiana, accennando poi in modo specialissimo ad alcuni vegetabili e anima­li del paese e dei dintorni.

Avendo compiuto lo svolgimento del programma ai 20 di giugno, avreb­be il professore ancora potuto toccare dei fossili, ma trovando la scolaresca poco disposta a seguirlo, credé essere più utile e miglior cosa il ripetere in questo tempo quelle parti specialmente della geografia fisica, le quali aveva­no bisogno di essere di nuovo richiamate alla memoria però si fece qualche cenno dei fossili parlando dei terreni e delle epoche geologiche.

La disciplina fu osservata per tutto l'anno, se si eccettuino le assenze un po' frequenti di alcuni giovani, come già sopra si avvertì, quantunque la massima parte fossero giustificate.

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Biglino D. Filippo professore di storia naturale

Relazione del professore di matematica del r. liceo Botta in Ivrea sull'in­segnamento impartito nell'anno scolastico 1868-1869.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b . 1 27, fase. 230 « 1860-'80. Torino (pro­vincia) Ch-M. Liceo Botta, 1 868-'69 " · Allegato alla lettera di trasmissione del diretto­re, ms. con firma autografa.

Ivrea, 18 luglio 1869

In ambedue le classi ho esaurito il programma da me presentato e da questo onorevole consiglio approvato in principio del cadente anno scola­stico. Con questa differenza però che mentre nel primo anno svolsi tutta l'a­ritmetica generale indicata dal programma, e di geometria oltre al testo feci fare quasi tutti gli esercizii posti al fine di ciascun libro, al secondo spiegai diffusamente soltanto i libri IV. V. VI. ; dell'XI e XII 1 solo le proposizioni principali, e dell'appendice mi limitai a dare le formale per le prescritte mi­sure delle aree delle figure piane, della superficie e del volume dei solidi. In quanto agli esercizii posti dopo ciascun libro di Euclide non riuscii a fare

1 Si tratta degli Elementi di Euclide.

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1 96 Fonti per la storia della scuola

che quelli del libro IV. e qualcheduno del libro VI . L'algebra e la trigonome­tria la svolsi tutta nell'estensione indicata dal programma; ma non mi fu possibile fare molti esercizi sulla risoluzione delle equazioni, ne [sic] alcuno sulla trigonometria. Dimodo che per questa parte io stimo l'insegnamento incompleto. Causa dell'accennato inconveniente si è che il tempo destinato allo svolgimento del programma non è proporzionato alla lunghezza del me­desimo epperciò faccio note affinché questa disparità venga tolta.

Rispetto alla disciplina degli studenti non ho che a lodarmi per tutte e due le classi; se si eccettui quella del Borgatti che venne di ben poco miglio­rata da ciò che era nell'anno scorso.

Lo studio non fu in generale pari al bisogno di imparare, e anche quelli che dotati di ingegno e di facilità d'apprendere avrebbero potuto levarsi al di sopra de' loro compagni si accontentarono di studiare quel tanto solo che bastasse ad assicurarli della promozione.

prof. Romani Nicola

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Relazione finale del professore di chimica e fisica del r. liceo Botta in Ivrea sull'insegnamento impartito nell'anno scolastico 1868-1869.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b . 127, fase. 230 << 1860-'80. Torino (pro­vincia) Ch.-M. Liceo Botta, 1868-'69 » . Allegato alla lettera di trasmissione del diretto­re, ms. con firma autografa.

Ivrea, 18 luglio 1869

Illust.mo sig. preside,

In osservanza dei regolamenti il sottoscritto presenta a V.E. illustrissima la relazione sull'insegnamento di fisica e chimica da lui dato nell'anno scola­stico '68-'69.

Lo scrivente in conformità del suo programma ha seguito come libro di testo gli Elementi di fisica del D'Ettingshausen \ e nel far così ha incontrato un ostacolo imprevisto ed impossibile a prevedersi nell'essere l'edizione del testo quasi esaurita; ragione per cui tre su otto alunni non riuscirono a prov-

1 Andrea D'Ettingshausen, autore degli Elementi di fisica, tt·adotti da Gius. Ambrosoli, Mi­lano, Turati, 1854.

Sezione III- Attività didattica 197

vedersi del libro, difficoltà aggravata dalla circostanza che l'esaurimento si è conosciuto solamente al finire di novembre, quando una parte della scolare­sca aveva comperato il citato trattato e quando s'era già insegnata una parte del medesimo.

Quindi non si poteva mutare testo senza aggravare di doppia spesa alcu­ni, senza riordinare l'insegnato secondo un nuovo testo, con qualche perdi­ta di tempo. Per tali ragioni l'esponente, consigliato a quei che erano senza il libro di copiarselo man mano che s 'insegnava, ha continuato a seguire il medesimo. Come s'era proposto nel suo programma ha trascurate le nozioni non prescritte e contenute nel testo e vi ha aggiunte le mancanti . Svolse tut­te le nozioni indicate nel programma d'insegnamento seguendo generalmen­te l'ordine del trattato.

Egli ha fatto uso or del metodo induttivo or del deduttivo, scegliendo nei singoli casi il più addatto alle nozioni da svolgere.

Egli ha seguiti gli sperimenti immediatamente prima o dopo le lezioni orali a cui si riferivano. A questo punto il riferente crede opportuno di veni­re ad alcuni particolari.

l o Egli ha fatti tutti gli sperimenti che si riferiscono alle nozioni da inse­

gnarsi ed alcuni altri ancora, per quel tanto che era possibile di fare col cor­redo del gabinetto di fisica e chimica.

z o Nell'eseguire questi sperimenti egli ha impiegate quaranta ore circa, sen­

za computare il tempo che consumava nell'ordinare e nel preparare i mede­simi (si preparavano gli sperimenti in tempo diverso da quel destinato per la lezione); notando ancora che egli ha impiegate tutte queste quaranta ore senza gettarne invano neanco un minuto. Egli bramerebbe aggiungere una tabella degli sperimenti eseguiti, ma essa riescirebbe lunga e fastidiosissima tanto per se [sic] ad esporla quanto per chi volesse leggerla perciò la trala­scia.

Nell'insegnamento egli ha impiegato costantemente nove ore per setti­mana e per diciotto settimane dieci ore per caduna e quindi nel corso del­l'anno ha lavorato per diciotto ore in più di ciò che si ordina nel regolamen­to. Egli faceva quest'aumento alfine di poter esaurire il suo programma pri­ma del venti giugno, onde dar tempo sufficiente agli alunni per ripetere lo studiato. Per tal mezzo egli esauriva il programma d'insegnamento il dician­nove giugno.

Per eccitare i giovani allo studio egli interrogava qualche alunno ogni giorno sulla lezione precedente nei primi mesi dell'anno, meno spesso negli ultimi per risparmiar tempo. Verso il finire di cadun mese faceva ripetere lo studiato nel corso del medesimo. Nel suo programma erasi proposto di dare un lavoro scritto al mese, così ha fatto nei primi mesi, poi ha cessato quan-

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198 Fonti per la storia della scuola

do si seppe che l'esame scritto sulla fisico-chimica cessava di aver luogo per­ché così veniva a mancare lo scopo principale di tali lavori.

Non astante le frequenti esortazioni allo studio fatte ai giovani, duolsi che il profitto della scolaresca in questa scienza sia inferiore al desiderato, generalmente per negligenza degli alunni. Due soli su otto alunni hanno co­stantemente studiato per tutto l'anno scolastico, almeno per quanto era loro permesso dalla salute e dagli altri studi. Quattro altri studiarono bensì, ma solo a periodi più o meno brevi, trascurando poi lo studio in altri periodi, troppo spesso per sola indolenza, in qualche raro caso per malattia.

I due residui si sono sempre mostrati inetti.

Ayres Giovanni

28

Relazioni sulle attrezzature scientifiche dei gabinetti di fisica, chimica e storia naturale redatte dai professori del r. liceo Botta in Ivrea.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b . 127, fase. 230 « 1860-'80. Torino (prov.) Ch-M. Ivrea-Liceo ginnasio convitto Botta » . Allegati B e C alla relazione ispettiva di Virgilio De Inama ed Enrico D 'Ovidio nel giugno 1880 \ ms. con firma autografa.

Allegato B Ivrea, 1 2 giugno 1880

Stato del Gabinetto di fisica e chimica

Meccanica

Gli apparecchi di meccanica sono ventinove. I principali sono: il nonio, il catetometro, i modelli delle tre leve, della

puleggia, del verricello, dell'argano, della vite, della vite perpetua, una bi­lancia, un giogo di bilancia a centro di gravità mobile; il tavolino delle forze, la macchina d'Atwood, gli apparecchi per la caduta dei gravi nel vuoto, e lungo la corda del cerchio, e dei tre pendoli di materia diversa, per la forza

1 L'ispezione fu effettuata da Vitgilio De Inama ed Entico D'Ovidio. Il primo, all'epoca del­l'ispezione era preside della r. Accademia scientifica e letteraria di Milano; il secondo ricopriva la carica di preside della Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali di Torino ed era membro dell'Accademia delle scienze.

Sezione III-Attività didattica 199

centrifuga, pel moto parabolico, pel moto riflesso, pel moto dei corpi elasti­ci, per la resistenza del mezzo, il dinamometro il piano inclinato.

Idrostatica .

Gli apparecchi sono diciotto. I principali sono, il piezometro, apparecchio per la trasmissione delle

pressioni, per le pressioni entro i liquidi, di Haldat, il molinella idraulico, la bilancia idrostatica, l'apparecchio per l' equilibrio di un liquido, e di due li­quidi in vasi comunicanti, livelli ad acqua ed a bolla d'aria, aeromotori di­versi .

Idrodinamica

Gli apparecchi sono due. Il galleggiante di Prony, l'apparecchio per la relazione tra la portata

d'un orifizio e l'altezza di livello .

Pneumatica

Gli apparecchi sono trentasei. I principali sono: la vescica, l'acciarino pneumatico, l'apparecchio per la

trasmissione delle pressioni, il baroscopio, il tamburo pneumatico, gli emi­sferi di Magdeburgo, gli apparecchi di Torricelli, di Pascal, il barometro in campana pneumatica, barometri a sifone, di Gay-Lussac, [ . . . ] , di Bourdon, tubo di Mariotte, tubo diviso in capacità eguali e lungo pozzetto, modelli di manometri ad aria libera, e ad aria compressa, manometro di Bourdon, fuci­le pneumatico, due macchine pneumatiche; apparecchio per la pioggia di mercurio, fontana di Erone, fontana intermittente, fontana nel vuoto, mo­delli di tromba aspirante e composta; vaso di Mariotte, gazometro, apparec­chio di due globi a chiavetta di Berthollet.

Azioni molecolari

Gli apparecchi sono sette. Principali: due dischi per la coesione, tre dischi per l'adesione dei solidi

coi liquidi, due lamine unite a cerniera, endosmometri, quattro tubi ad U con un ramo capillare e l'altro non.

Acustica

Gli apparecchi sono diciotto . I principali sono: la campana a pendolini, la sveglia nel vuoto, un pallo­

ne pneumatico con campanello, il portavoce, il cornetto acustico, la campa-

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200 Fonti pe1· la storia della scuola

na di Savart, un corista con cassa armonica, il sonometro, il mantice acusti­co coi tubi, la sirena di Cagniard La Tour, il vibroscopio, [ . . . ] , la laringe.

Calorico

Gli apparecchi sono quarantuno. I principali sono: il pirometro metallico, l'anello di S'Gravesande; il pi­

rometro di W edgwood, il termometro metallico di Bréguet, i termometri a mercurio, ad alcool a massimi e minimi, differenziali di Leslie e di Rumford, il pendolo compensatore, gli apparecchi di Gay-Lussac, di Dulong et Petit l'elasticità del vapor acqueo, l'apparecchio per la tensione d'un vapore a due temperature, quello di Gay-Lussac per l'elasticità d'un miscuglio di gas e vapori, quello del medesimo per la densità e la elasticità dei vapori, appa­recchio per la congelazione dell'acqua nel vuoto, eolipila, modelli di mac­chine a vapore in cartone, e del meccanismo per la distribuzione del vapore; gl'igrometri di Sausoure, di Daniell, di August, gli specchi ustorii, l'apparec­chio termoelettrico del Melloni, i cubi di Leslie, l 'apparecchio di Dulong per l'equalianza dei poteri emissivo ed assorbente, la cassetta d'Ingenhousz, la lampada di Davy, i calorimetri di Lavoysier e Laplace e di Rumford, l'appa­recchio di Tyndall per la conversione del lavoro in calore.

Ottica

Gli apparecchi sono quarantasette. I principali sono: i fotometri di Ritchie, di Rumford, di Wheatstone,

l'apparecchio per la riflessione e per la rifrazione della luce; i tre specchi piano, convesso e concavo, il portaluce; l'eliostato di Silbermann, [ . . . ], due specchi ad angolo variabile; prismi ottici diversi, il disco rotante di Newton, apparecchio dei sette specchi di Pouillet, prisma acromatico, quattro specie di lenti, il banco di Newton; i microscopi semplice, due composti, ed il sola­re, un cannocchiale antico e comune, l'occhio artificiale, la camera oscura di Porta, a prisma menisco, e da fotografo, la camera lucida di Wollaston, lo stereoscopio, lo spettroscopio .

Elettricità e magnetismo

Gli apparecchi sono centodue. I principali sono: i cilindri di ceralacca, vetro ed ottone, i pendolini, va­

rii elettrometri, e quello a pagliuzze, la bilancia di Coulomb, il pozzo di Bec­caria, l'elissoide, il molinello, l'uovo, il tubo, i cilindri per l'induzione elet­trostatica, la macchina elettrica, l'elettroforo, lo sgabello isolatore, varie boccie di Leida, i condensatori di Alpinus e di Volta, l'eudiometro, apparec­chi di Volta dischi, e doppia lamina, la batteria elettrica, il quadro fulminan­te, il quadro scintillante.

Le pile di Volta a colonna, a corona di tazze, di Wollaston, l'elemento

Sezione III- Attività didattica 20 1

Daniell, Grove, pila di Bunsen a venti coppie, elemento [ . . . ] Leclancé. Reo­stato di Wheaststone, voltametro, apparecchio di Davy per la luce elettrica, magneti artificiali diversi, aghi magnetici, ago di declinazione e d'inclinazio­ne, apparecchio di Oersted, galvanometro di Schweiger, gli apparecchi di Pouillet per l' elettrodinamica, correnti galleggianti, due galvanometri elet­tromagnete, apparecchi per le rotazioni magneto-elettriche od elettroma­gnetiche; filo rotante di Faraday, apparecchi per le induzioni, induttore elet­trovoltiano di De la Rive, macchina magneto elettrica di Clark e apparec­chio di Seebek, coppie termo-elettriche, pila termo-elettrica. Il rocchetto di Ruhmkorff, telegrafo di Morse, a quadrante, telefono di Beli.

Astronomia

Gli apparecchi sono cinque. Il principale è il globo celeste di trenta centimetri di diametro.

Chimica

Gli oggetti son molti e difficili a enumerare. Gli apparecchi principali sono: la cassetta dei reattivi, centodieci corpi

chimici, fornelli portatili, storte, matracci, capsule di porcellana, bagno idrargivo pneumatico, mortaio di porcellana, storta e tubo di porcellana, ca­psulina d'argento, capsulina, crogiuolo e filo di platino, lampada di Berze­lius, i modelli degli apparecchi per misurare l' ossigeno e l'azoto dell'aria, e per misurare l'acido carbonico ed il vapor acqueo della medesima, provino graduato, pipette graduate, tavolino con mantice per lavorare il vetro.

Gli apparecchi inservibili per eseguire esperimenti sono sottosegnati in rosso .

Gli apparecchi difettosi sono sottosegnati in azzurro. Si desidera un cannocchiale con un obbiettivo di mediocre grandezza cioè

tale da render visibili cose che non si veggono coi cannocchiali più comuni, qual è quello che il gabinetto possiede. Per farne l'acquisto ci mancano i fondi e l'autorizzazione del regio governo. Se i signori ispettori volessero usar della loro autorevole influenza presso il Ministero allo scopo di procurarci il deside­rato cannocchiale, il Regio liceo Botta ne sarebbe loro gratissimo.

Ayres Giovanni professore di fisica

Allegato C

Gabinetto di storia naturale Ivrea, 9 giugno 1880

La suppellettile scientifica, di cui è provveduto il gabinetto di storia na­turale, è molto manchevole, perché l'insegnamento della storia naturale possa farsi in modo veramente pratico e dimostrativo; come chiaro appare dalla seguente indicazione sommaria degli oggetti in esso contenuti:

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202 Fonti per la storia della scuola

Zoologia

Teschio umano, scheletro di scimmia, di aquila, di due piccoli mammife­ri, di pesce, di due rettili e di batracio . Modelli in carta pesta di cuore e di orecchio umano. Due piccoli modelli di sistema nervoso ganglionare, mo­dello di ventricolo di un uccello granivoro-Intestino di feto umano. Una scimmia e pochi altri mammiferi appartenenti quasi esclusivamente agli or­dini dei carnivori e dei roditori. Piccola collezione di uccelli nostrani. Sei specie di rettili. Dieci specie di batraci. Collezione di insetti. Quadri icono-grafici.

Botanica

Erbario composto di circa cinquecento specie vegetali. Pochi frutti e cauli di piante dicotiledoni. Quadri iconografici.

Mineralogia

Mortaino con pestello di agata. Cannello ferruminatorio-Lampada ad al­coole. Laminette e fili di platino. Capsulina di argento. Pochi reattivi liquidi e solidi per gli assaggi mineralogici. Trentotto modelli in legno per lo studio della cristallografia. Goniometro a riflessione di Wollaston (piccolo model­lo). Collezione di circa trecentocinquanta specie minerali. Quadri iconogra-fici.

Geografia fisica e geologia

Pochi esemplari di rocce locali. Pochi fossili appartenenti ai generi: am­monites ed ostrea. Quadri iconografici. Rilievo in gesso rappresentante il bucine morenico d'Ivrea. .

Ecco lo stato preciso in cui si trova il Gabinetto di storia naturale. . . Sarebbe quindi oltremodo desiderabile che pel p .v. anno scolastico s1

potessero acquistare mediante un assegno straordinario almeno gli oggetti qui sotto indicati:

Zoologia

Modelli in carta pesta del cervello, della laringe, e dell'occhio umano. Un rappresentante di ciascuno degli ordini della classe dei mammiferi, escluso, s 'intende, l'ordine dei cetacei. Una piccola collezione di pesci e di molluschi conservati in alcoole. Alcuni rappresentanti del tipo dei raggiati.

Botanica

Piccola collezione di felci, di muschi, di licheni, di alghe e di funghi. Al­tra piccola collezione di frutti. Microscopio composto.

Mineralogia

Pinzetta a tormalina. Capsulina di platino.

Sezione III- Attività didattica 203

Geografia fisica e geologia

Mappamondo. Clinometro. Collezioncina di roccie [sic] tipiche. Alcuni dei fossili più caratteristici dei diversi terreni che compongono le Alpi in or­dine cronologico od ascendente.

Osservazione: gli oggetti contenuti nel suddetto gabinetto di storia natu­rale, malgrado tutte le cure possibili, sono soggetti a continuo deperimento, e per la eccessiva umidità del locale e per la mancanza dei necessari scaffali.

29

dott. Cristoforo Balestra professore di storia naturale

Relazione del preside del liceo Botta di Ivrea sullo stato generale della bi­blioteca e sul numero complessivo delle opere.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 127, fase. 230 « 1860-'80. Torino (pro­vincia), Ch-M. Ivrea - Liceo ginnasio convitto Botta» . Allegato D alla relazione ispet­tiva di Virgilio De Inama e Enrico D' Ovidio nel giugno 1880, ms. con firma autografa.

Ivrea, 1 1 giugno 1880

Stato generale della biblioteca e numero complessivo delle opere per ca­tegorie.

Gli oggetti appartenenti alla biblioteca del r. liceo Botta hanno un valore approssimativo di lire duemilanovecentotrentuno, comprendendo in questa somma lire quattrocentocinquantuno, prezzo di ventiquattro carte geografi­che acquistate col danaro dell'annua dotazione del liceo. Tolte quindi que­ste lire quattrocentocinquantuno, restano lire duemilaquattrocentottanta per gli altri oggetti, nei quali sono comprese centosessantasette fascicoli del­la « Nuova antologia di scienze, lettere ed arti» , del valore complessivo di li­re quattrocentottantuno. Sessantatre fascicoli del «Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione » del valore di lire quarantuno e novan­totto [centesimi] - trentanove dispense della rivista «L' elettricista o la natu­ra» , del valore di lire quarantotto - fascicoli ventuno del «Giornale napoleta­no di filosofia e lettere», il cui valore è di lire quarantadue - ventotto fasci­coli degli «Atti della r. Accademia dei lincei» del valore calcolato in lire ven-

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204 Fonti per la storia della scuola

tatto - due dispense della rivista «La filosofia delle scuole italiane» del valo­re di lire quattro - centonovantasei cronache dei rr. licei del prezzo presun­to di lire centonovantasei, oltre alcuni opuscoletti o fascicoli di poca o niu­na importanza.

I libri propriamente detti si possono classificare nel seguente modo: Letteratura italiana - volumi centocinque, formanti opere ottantatre Storia letteraria italiana - volumi undici, id. id. quattro Storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . volumi ottanta, id. id. ventisette FilosÒfia . . . . . . . . . . . . . . . . volumi diciassette, id. id. sette Libri di materie politiche volumi due, id. id. due Dizionarii - un dizionario della lingua parlata - uno della lingua italiana -

un dizionario tecnico-etimologico filologico - uno geografico - uno storico­statistico - uno della corretta italianità - due copie, di diversa edizione, del Dizionario dei sinonimi del Tommaseo, e una copia del Nuovo vocabola­rio dei sinonimi del Fanfani.

Grammatiche - una

Letteratura latina - volumi quarantadue formanti opere trentadue (sono in queste comprese anche le opere storiche).

Storia letteraria latina: volume uno. Formante opere uno. Traduzioni italiane o francesi, volumi diciotto id. id. quindici. Dizionarii: due copie del Dizionario del Forcellini, edizione seconda, e

terza - due copie del Dizionario latino-italiano e italiano-latino del Val­lauri, edizioni del 185 1 , e 1858 - un dizionario latino-greco.

Grammatiche - una. Antologie - una.

Letteratura greca - volumi dieci formanti opere otto

Traduzioni dal greco in italiano - volumi undici id. id. quattro Archeologia greca e romana - volume uno. id. id. uno

Fisica e chimica - volumi venticinque. id. dodici Dizionario di fisica e chimica - uno Storia naturale - volumi tredici, formanti opere sei Quadri iconografici di mineralogia e zoologia n. sessanta Atlanti geografici - uno. Nel presente prospetto non si tenne conto di alcune carte geografiche di

proprietà del Municipio di questa città, anche perché sono esse logore in gran parte.

Il preside del liceo S[alvatore] Bosia

SEZIONE IV

PROGRAMMI, LIBRI DI TESTO E PROPOSTE PEDAGOGICHE

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30

Resoconto dei quesiti e delle relative risposte in tema di programmi scola­stici date dai comitati per l'istruzione secondaria e primaria 1 .

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b . 2 , fase. « 1867. Commissione per la compilazione dei nuovi programmi per le scuole secondarie ed elementari. Comuni­cazione dei programmi ai due comitati » 2, ms. con firma autografa.

Firenze, 8 agosto 1867

I comitati si riunirono sotto presidenza del signor commendatore 3 nei quattro giorni 29 .30 . 3 1 . luglio e l o agosto e in altrettante adunanze, dopo lunga e matura disamina, si accorda di fare ai quesiti proposti dal signor mi­nistro le seguenti brevi risposte.

Quesito l . Come si possano semplificare i programmi delle scuole secon­darie (di programmi delle scuole primarie e normali ne fu trattato in partico­lare dal comitato che è sopra di quelle).

Quesito 2. Se vi sieno troppe materie nell'insegnamento secondario e co­me si possano ridurre .

R. I comitati furono concordi nel proporre che sì nel ginnasio come nel li­ceo, nelle parti letterarie non meno nelle scientifiche, invece di minuti e cir­costanziati programmi d'esame che furono e sono accagionati d'innumere­voli inconvenienti, s'introduca l'uso nelle scuole di brevi e speciali istruzio­ni ai maestri, solo determinando largamente i caratteri principali dell'inse­gnamento in ciascheduna materia.

Meglio de' programmi gioverebbe lo aver buoni testi; ma questi mancan­do in Italia, i comitati avvisano che sarebbe buon espediente aprire concorsi

1 Con r.d. 6 dic. 1 866, n.3382, furono aboliti gli ispettori generali, soppresso l 'ufficio del­l'Ispettorato e modificato il Consiglio superiore. Furono creati un Ufficio del comitato per l 'i­struzione secondaria, poi Provveditorato centrale per l 'istruzione secondaria e un Ufficio del comitato per l' istruzione primaria, poi Provveditorato centrale per l'istruzione primaria. Tale struttura rimase funzionante fino al 188 1 .

2 I programmi per l e scuole pubbliche del regno vennero emanati con r.d. 1 0 ott. 1867, n . 1 942, parte supplementare.

3 Si riferisce a Giuseppe Bertoldi.

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208 Fonti per la storia della scuola

ed assegnar cospicui premi ad eccitamento degli autori di buoni testi, massi­me scientifici.

Tutte le materie, che sono subbietto d'insegnamento ne' ginnasi e ne' li­cei parvero ai comitati da essere mantenute, riducendole però tutte a più giusti confini. L'insegnamento scientifico debb'essere al tutto elementare, quello della storia ridotto alla storia greca e romana ne' ginnasi, alla storia d'Italia ne' licei. Più elementare pure si desidera il corso di filosofia, la quale dovrebbe starsi paga all'osservazione accurata de' fatti interiori, delle poten­ze onde tali fatti si generano e delle potenze onde principali leggi che li go­vernano. A questo si aggiungono frequenti esercizi logici dentro e fuori del­la scuola.

Quesito 3 . Esame di licenza liceale ed esami di ammissione all'università; se giovi ridurli a un solo che si farebbe nelle principali sedi di università da giunte nominate dal ministro.

Quesito 4. Prescrizioni opportune per l'insegnamento privato.

R. Questi due importanti quesiti furono quelli che diedero luogo a più lunghe consulte fra i comitati, ai quali parve in fine di poter consentire nei punti seguenti: l . Non vi saranno più due esami, uno di licenza ne' licei, e l'altro d'ammis­sione alle università, ma il solo esame di licenza, che vale altresì per l'am­missione. 2 . L'esame di licenza non potrà farsi senza il certificato degli esami di corso ne' licei . 3 . Gli esami di corso si prenderanno solo ne' licei governativi e ne' pareg­giati, ne' pareggiati poi procederà agli esami un commissario del governo. 4. Gli scolari de' licei governativi e de' pareggiati prenderanno esami specia­li al termine di ogni anno, e perciò anche al termine dell'ultimo anno. 5 . Gli scolari de' licei pubblici non pareggiati a' regi e quelli che vengono da scuole private o paterne dovranno prendere l'esame di corso liceale ne' licei governativi; avranno però la scelta o di presentarsi anno per anno agli esami finali, o di prendere gli esami per materie in una sola volta o a più riprese, ma sempre nelle sessioni stabilite agli esami. 6. Per gli esami speciali di promozione non si pagano tasse, ma pel solo esa­me di licenza. 7. L'esame di licenza e di compimento, si dà in numero ristretto di sedi elet­te dal governo, e per quanto si possa ne' luoghi stessi delle università.

Le giunte esaminatrici sono pure elette dal governo. 8 . L'esame di licenza si farà per mezzo di tesi scritte intorno a ciascuna delle quali si sosterrà un interrogatorio di tre quarti d'ora, dopo che la giunta, esaminate le tesi, le avrà riputate non indegne della prova orale.

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 209

9. Le tesi saranno due una letteraria, scientifica l'altra. La tesi scientifica ver­rà scelta dal candidato, fra tre tesi, o filosofica, o matematica, o di scienze naturali. 10 . Le tesi saranno scritte in luogo assegnato sotto la vigilanza della giunta esaminatrice, senza libri fuorché i dizionari, con le solite cautele, e nello spazio di dodici ore.

Quesito 5 . Se delle materie insegnate alcune si possano compire prima della fine del corso; quali siano quelle che si possono fermare, e quali vo­gliono essere condotte sino alla fine del corso.

R. Contenuto l'insegnamento della storia nei limiti sopradetti, e quello delle lettere sgomberato alquanto dalla troppa storia letteraria, parve ai co­mitati che i corsi delle lettere italiane e della storia e geografia potessero cessare al 2 o anno di liceo; la matematica insegnarsi pure soltanto nei due primi anni; la fisico-chimica e la filosofia nei due ultimi anni; gli elementi delle scienze naturali nel solo ultimo anno, finalmente le lettere latine e gre­che in tutti e tre gli anni di corso. Di guisa che tutto l'insegnamento liceale sarebbe ripartito nel modo seguente: l o anno. Lettere italiane-latine e greche- storia e geografia- matematiche. 2 ° anno. Lettere italiane-latine e greche- matematiche-storia e geografia fisi­co-chimica-filosofia. 3 o anno. Lettere latine e greche-filosofia-fisico-chimica-scienze naturali.

3 1

L'ispettore referendario [Domenico] Carbone 1

Relazione della commissione dei presidi sui programmi delle scuole secon­darie classiche. 2

1 Domenico Carbone, in quel momento era segretario del Comitato per l'istruzione secon­daria.

2 La relazione è il prodotto del lavoro della Commissione convocata con la nota ministeria­le del 7 agosto 1 87 1 , conservata nello stesso fascicolo. La commissione era composta da: Pro­spero Vi ani (docente di lettere italiane e più tardi preside del liceo Umberto I di Roma, accade­mico corrispondente dell'Accademia della Crusca), Vittorio Mazzini (dottore aggregato di filo­sofia presso la Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Genova), Ermenegildo Rotondi (do­cente di chimica a Torino), Giovanni Boltshauser (ordinario di fisica e direttore del Gabinetto di

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2 10 Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 2, fase. 6 « Relazione. 1872 » . Allegato n. l della relazione al ministro, ms.

[ 1872]

La commissione incaricata da V. E. ad esaminare risposte date dai profes­sori dei ginnasii e licei d'Italia agli undici quesiti contenuti nella circolare del 9 maggio 187 1 , e trarre quei provvedimenti che fossero da proporre co­me più opportuni e più convenevoli allo scopo di rendere meglio ordinato e quanto si possa utile l'insegnamento delle nostre scuole; si è impegnata con amore e diligenza grandissima di non venir meno a tanto grave e onorevole incarico. Essa fin da principio si trovò tutta d'accordo in questo proponi­mento, che si dovesse tener conto quelle opinioni o proposte, in cui conco­resse maggior numero dei professori, e non perciò trascurare quelle altre, in cui consentisse minor numero dei professori; ma di tutte e di ciascJina con­siderare più specialmente il valor delle ragioni, che i pochi o i molti, dai quali ci venissero.

Compiuto che fu così l'esame accuratissimo di tutte le risposte, nacque

una prima quistione circa l'intento che si avea conseguire per via delle scuo­

le ginnasiali e liceali, e quindi circa le materie che bisognasse trattare in esse

scuole, questa prima quistione era facilmente risoluta, che nei ginnasii-licei

s 'intenda di ammaestrare i giovani in tutto ciò che si appartiene ad una cul­

tura generale, e che perciò nessuna delle materie, che al presente vi s ' inse­

gnano, si possa escludere, essendo esse tutte, non che utili ma certamente

necessarie a compiere tal cultura. Né la commissione crede ragionevole il la­

mentarsi di molti, che le materie di tutto il corso liceale son troppe, e che

dal troppo di materie procede la mala prova che i giovani fanno negli esami

di licenza. Ma, poiché quei lamenti si odono pur di continuo, e il danno che si veri­

fica negli esami è certissimo, la commissione non ha creduto mancare di procurarsi buon rimedio. Per tal cagione, e per aprirgli più spedita la via di rispondere poi ai quesiti di V.E. , essa ha dovuto innanzi tutto proporsi due quistioni, che nascevano l'una dall'altra e bisognava risolverle insieme. La prima come fossero a distribuire le materie nel corso liceale, la seconda: se gli esami di licenza si avessero a fare, come ora è stabilito, in una sola volta per tutte le materie, o meglio dividerli un anno per alcune materie, e un al­tro anno per alcune altre.

In quanto alla prima la commissione pensava che le materie non son

fisica e dell'Osservatorio metereologico presso la Facoltà di scienze fisiche, matematiche e na­turali della Università di Napoli), Onorato Occioni (preside del r. liceo Ennio Quirino Visconti di Roma), Tommaso Del Beccaro (direttore del liceo ginnasio e scuola tecnica comunale di Fi­renze), Ippolito Amicarelli (rettore e preside del r. liceo-ginnasio Vittorio Emanuele e Convitto nazionale di Napoli).

l

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 2 1 1

troppe, e che tre anni di corso liceale sono bastevoli a studiarle ed appren­derle tutte, ristrette come sono dentro i confini di una cultura generale, ha nondimeno osservato che, comprendendo ciascuna di esse un continuato ordine di idee sue proprie, non è bene spezzare quell'ordine, e volere che le diverse parti di materie disparate congiurino per così dire, insieme ad affati­care le menti giovanili in ciascun anno del corso liceale. Perroché niuno vorrà negare che se l'ingegno si raccoglie su poche materie che abbiano affi­nità tra loro, ne acquista sempre più vigore e facilità di comprendere, e ne trae tutta quella utilità di cui è capace; laddove se è costretto a distrarre le sue forze ora da una parte ora dall'altra intorno a materie molte e diverse ne rimane confuso e stanco, e non ottiene dai presenti sforzi se non abito dl leggerezza e di vanità, che non val meglio dell'ignoranza. Per tanto la com­missione è stata di unanime parere che nel primo e secondo corso si compia lo studio delle lettere italiane, del latino, del greco e della storia: che quello delle matematiche cominci nel primo e seguiti sino al terzo, sì perché giovi quella continua disciplina ad invigorire ed ordinare gl'intelletti, sì perché preceda, come del di necessità, lo studio della fisica: che quello della filoso­fia abbia principio nel secondo corso, ma prenda non più di tre ore alle altre materie che hanno pure avuto largo spazio nel primo corso; e che nel terzo corso si termini lo studio delle matematiche e della filosofia, e si lascino 16 ore la settimana a quello della filosofia, della chimica e della storia naturale. V.E. vedrà questa ragionevole distribuzione di materie nell'orario che si porrà appresso.

Risoluta così la prima quistione, se ne traeva di necessaria conseguenza la risoluzione dell'altra a questo modo: che gli esami di licenza si debbano fare in due volte: la prima, alla fine del 2 o corso liceale per le lettere italia­ne, il latino, il greco e la storia d'Italia: la seconda, alla fine del 3 o corso, su le matematiche, la filosofia, la fisica, la chimica e la storia naturale. Sarebbe vano lo spender parole a mostrare la ragionevolezza e l'utilità di questa divi­sione di esami, le quali appaiono evidentissime. Però la commissione racco­manda quanto sa e può a V.E. queste due proposte, perché tiene per certissi­mo che, messe in pratica, saranno efficace rimedio a molti inconvenienti che si vedono oggidì negli studi e negli esami liceali.

Di alcuni altri desiderii e proposte che la commissione crede suo debito di manifestare a V.E. si toccherà appresso: ora veniamo ai provvedimenti che si riferiscono ai quesiti della mentovata circolare del 9 maggio: 1 o «SU quale dei classici latini preferiscono concentrare lo studio degli alunni in ciascuna classe così del ginnasio come del liceo? " .

A questo primo quesito è risposto quindi unanimamente da tutti i profes­sori, co ' quali consente anche la commissione, che nella l a classe ginnasiale non è possibile di adoperare ad esercizio di versioni, nessun testo latino, at­teso che questo, per quanto si scelga di semplice e facile dettato, richiede tuttavia la cognizione di alcune regole di sintassi, che rimangono ancora

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2 12 Fonti per la storia della scuola

ignote a quei giovanetti. Né però i professori vogliano formar essi il latino da far tradurre ai loro discepoli, ma scelgono dai classici le sentenze più fa­cili e più amene sì a riconfermare di mano in mano con l'applicazione le re­gole grammatiche già dichiarate, sì ad iniziare le tenere menti nel gusto del puro latino. Si raccomanda poi che l'esercizio di versione dall'italiano in la­tino sia fatto assai parcamente nella prima ginnasiale.

Per le altre classi del ginnasio la commissione, accettando ciò che tutti i professori indicano con pochissima varietà fra loro, propone che nella 2 a , si studi Cornelio , qualche letterina scelta di Cicerone e qualche favola di Fe­dro; nella 3 a ancora qualche vita di Cornelio, poi Cesare De bello gallico, qualche lettera di Cicerone, e, ad esercizio di metrica latina, due o tre elegie di Tibullo, e qualche egloga di Virgilio; nella 4 a Cesare De bello civili, poi Sallustio ed in fine Virgilio Eneide; nella 5 a Virgilio Eneide, qualche orazio­ne di Cicerone, Sallustio, e, nel 2 ° semestre, Tito Livio.

Per le classi del liceo la commissione raccomanda specialmente, sì per la lingua e sì per l'utilità dei precetti, l'Epistola di Orazio ai Pisani e i libri del­la Rettorica ad Herennium e quelli De Oratore di Cicerone; desidera poi che non si trascuri Tacito e il X libro Quintiliano, e lascia in fine piena liber­tà ai professori nella scelta di qualche altro classico tra quelli dell'aureo se­colo della romana letteratura, che paia loro più acconcia al bisogno e alle capacità degli alunni.

2 o . << Giova conservare nella prima e nella seconda classe dei licei la com­posizione latina prescritta dal programma, o all'esercizio del comporre so­stituire quello del tradurre dall'italiano? » .

La commissione è pienamente convinta da ragione e da esperienza che sia necessaria ed utile non il comporre in latino, ma il tradurre dall'italiano, ed è lieta che in ciò consentano con essi quasi tutti i professori che hanno ri­sposto al quesito . E veramente, non potendo il giovane avere acquistato abi­to e facilità di pensare e parlare latinamente, quel comporre non è altro per lui che tradurre in latino i concetti che gli nascono in mente vestiti di parole e di frasi italiane.

Ma in tal caso mentre egli bada ad esprimere in latino il pensiero italiana­mente concepito, non può tenersi questo ben circoscritto, ben rilevato e ben fermo dinanzi alla mente: quindi è che spesso non ha come assicurarsi di avere interamente prodotto la sua idea; più spesso credendo di averla si­gnificata per appunto, non si accorge che la voce o la frase dice più o meno di quel ch'ei voleva dire; non di rado, accorrendogli dir cosa, alla quale non gli vien pronto il vocabolo o il modo che ben risponda, egli, per cessar fati­ca, si volge ad un altro concetto, cui gli sia più agevole significare, e così contentandosi a dire quel che può e come può, non quel che deve e come deve, si avvezza alle improprietà, alle inesattezze, senza acquistare mai né questo, né cognizione di latino.

Per lo contrario quando al giovane è data a voltare in latino una scrittura

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 2 1 3

italiana, egli ha questo dinanzi costantemente, e si tiene in debito di elegge­re i vocaboli e i modi a tradurla con puntualità e con precisione: fa continuo paragone del valore e delle proprietà dell'una lingua con l'altra: e quando si abbatte a tali luoghi, ai quali tradurre non ha le parole così pronte né i modi così corrispondenti, egli deve ingegnarsi di trovarli, e le più volte li trova; e non mai si abbandona a dire più o meno, o altrimenti che dice l'originale: e se pur erra, può dell'errore o avvedersi da sé, o esserne avvertito dal profes­sore che gli fa riscontrare la versione col testo italiano. Il che ognuno, vede quanto giovi non meno ad apprendere il latino che ad avvezzarsi ad espri­mere le proprie idee esattamente. E però la commissione, quando a V.E. pa­resse di non dover più richiedere negli esami di licenza la prova del compo­nimento latino, non dubiterebbe ora di proporre che i giovani si esercitino unicamente nella versione dall'italiano in latino: quando poi quel componi­mento pur si voglia, essa propone che almeno i due esercizii si alternino, ri­tenendo nella prima classe più quello della versione dall'italiano, e nella se­conda più quello della composizione latina.

3 o . << Se la grammatica del Curtius 1 è la migliore per avviare i giovani nel­lo studio del greco, in qual modo si può applicare lo stesso metodo all'inse­gnamento della grammatica latina e dell'italiana nelle classi inferiori del gin­nasio? » .

La maggior parte dei professori giudica eccellente la grammatica del Cur­tius nello studio della lingua greca; parecchi la credono difficile nelle classi ginnasiali: alcuni pochissimi la vorrebbero escludere dal ginnasio e dal liceo. La commissione, avendo esaminate le varie opinioni, è del parere che debba continuarsi ad insegnare il greco nelle classi ginnasiali e liceali con la gram­matica del Curtius. Che se è pur vero che i giovanetti v'incontrano in su le prime alcune difficoltà, queste costantemente non son tali che essi non pos­sano superarle e, superate che le abbiano, trovansi tosto entrati nella via più piana e più diritta che li conduce all'acquisto pieno e certo quella lingua.

In quanto all'applicare il metodo del Curtius all'insegnamento del latino e dell'italiano, la commissione non si è punto maravigliata in vedere che pa­recchi professori credono ciò possibile ed utile; anche certe cose, che pajo­no belle perché nuove, è sempre presto a dirlo chi meno le intende e chi non deve pensare il modo di recarle ad effetto. Ma la commissione, accor­dandosi anche in questo col maggior numero dei professori, dichiara di ri­conoscere l'impossibilità di applicare il metodo del Curtius alla lingua italia­na (la cui struttura organica è molto diversa da quella della lingua greca) e la difficoltà e il danno di applicarla alla lingua latina nelle classi inferiori del ginnasio . Del ben raccomandarsi ai professori di 4 a e 5 a ginnasiale il coglie­re ogni occasione di mostrare agli alunni le analogie, le differenze e la pa-

1 Georg Curtius, autore dell'opera Griechische Schulgrammatik, Vienna, Gerald, 1855 , voli. 2 . La versione maggiormente diffusa in Italia fu quella di G. MillLER, Commento alla grammatica greca, Torino, Loescher, 1 868.

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2 14 Fonti per la storia della scuola

rentela che queste tre lingue hanno tra loro, e come e quanto la greca e la la­tina han giovato e possono tuttavia giovare all' italiana.

4 o • "Per estendere la cognizione dei classici, e offrire a' professori di fi­losofia il modo di compiere il loro programma, converrebbe prescrivere agli studenti liceali la lettura di qualche libro dei filosofi greci, e quale? » .

Qui vien pronta la risposta della commissione, conforme a quella di tutti i professori, che ciò sarebbe molto utile, ed è molto desiderabile, ma certo non è possibile; perché gli studenti liceali non hanno e non possono avere tanta cognizione di greco, quanta è necessaria a leggere e intendere qualche libro de' filosofi che scrissero in quella lingua. Si potrebbe consigliare al professore di greco di porre in mano ai giovani, ad esercizio di versione, qualche dialogo di Platone, com'è accennato da parecchi professori nelle lo­ro risposte; ma con ciò non si raggiungerebbe lo scopo indicato nel quesito, e si potrebbe dubitare se forse la difficoltà della materia non avesse ad impe­dire la piena intelligenza della lingua. La commissione invece crede che a questo fine si prescrivono di leggere alcuna delle opere filosofiche di Cice­rone; su la quale farebbe le sue conferenze il professore di filosofia.

5 o . " Stimano opportuno ampliare alquanto l'esposizione delle teorie re­lative all'arte del dire, e con quel metodo, con quali libri di testo, in quali classi, e in quale misura? » .

Oramai è manifesto che i giovani che escono dalle nostre scuole ginna­siali e liceali mostrano di non avere punto acquistato né arte di scrivere sa­namente e italianamente; tanto si desidera nelle loro scritture, non che la naturalezza, l'evidenza e l'efficacia dello stile, ma la purità e la proprietà della lingua. Né a questo danno ch'è sì grave e sì doloroso, può essere op­portuno rimedio l'ampliare l'esposizione delle teorie relative all'arte del di­re; le quali stando da sé sole, per buone che siena, rimangono forme aride e campate in aria, senza poter mai produrre nessun buono effetto. La commis­sione dunque crede che lo studio della lingua e delle lettere italiane, a voler­ne trarre la vera e maggiore utilità, che finora non si è potuta, debba avere per innanzi una parte principalissima nelle scuole del ginnasio e del liceo, ed essere condotto piuttosto per esercizii e per esempii che per teoriche.

Ed in prima, quanto alle scuole liceali, essa è persuasa di dover proporre quello, in che sono concordi quasi tutte le risposte de' professori; cioè che l'insegnamento delle lettere italiane si faccia, non con sottili teoriche, ma con assidua lettura ed esame delle diverse forme di componimenti italiani, scelti con buon giudizio dai migliori scrittori ne' varii secoli della nostra let­teratura. Questo esame, ove sia fatto con amorosa diligenza, considerando l'ordine e la tessitura delle idee, le qualità della lingua e dello stile, onde so­no rappresentate, la natura intima di quella tal forma di componimento, e il modo come si adatta alla trattazione di quella tal materia, ed allo scopo, a cui si è mirato nel trattarla, non è dubbio alcuno che varrà ad educare nei giovani il senso del vero, del bello e del convenevole, e ad imprimere nelle

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 2 1 5

loro menti, senza che pur se ne accorgano, le veraci teorie dell'arte; le quali essi non mancheranno di riconfermare nella pratica con corrispondenti csercizii di composizione.

Ma di questo insegnamento non potranno i giovani ricavare bastevole profitto, se non vi giungono ben preparati dalle scuole del ginnasio . Nelle quali perciò bisogna che essi acquistino grande ricchezza di lingua, e buon giudizio e buon gusto di adoperarla. E a questo effetto la commissione stima necessario che dalla prima alla quinta classe del ginnasio si faccia accurato studio nei nostri classici, notandone i pregi della lingua e dello stile, e man­dandone a memoria dei luoghi più eletti. Questo studio nelle prime tre clas­si del ginnasio vuol'essere accompagnato da continua applicazione e ricon­ferma delle regole grammaticali; ma nella quarta e nella quinta debb'essere ajutato da sani precetti e da sobrie teorie intorno alla lingua ed al bene scri­vere italiano, che valgano a formare nei giovani quella rettitudine di giudi­zio e finezza di gusto, di che porgono sì chiare prove gli scrittori eccellenti.

È assai doloroso a vedere che nelle nostre scuole si ponga in mano ai gio­vanetti certi libri, nei quali non si sa qual sia più da biasimare se l'inutilità de' precetti o la barbarie del dettato e di tali libri non dubitano di proporre parecchi professori nelle loro risposte al quesito .

La commissione intanto, udita la proposta del prof. Viani, in conformità del voto espresso da molti professori, è unanime nell'indicare a V.E. le Le­zioni della lingua e dello stile italiano di Ippolito Amicarelli; le quali desi­dera che si facciano studiare agli alunni della 4 a e 5 a classe ginnasiale. Né con tale indicazione essa vuole che si prescriva questo sol libro: se ve n'han di egualmente buoni, si lasci libertà ai professori di adottarli nelle loro scuo­le: ma si raccomandi che il libro corrisponda allo scopo, e non contraddica con la deformità dello stile e col bastardume della lingua alla ragionevolezza dei precetti.

In quanto ai classici, in cui si deve studiare la lingua e lo scrivere italia­no, la commissione crede opportuni nella l a ginnasiale I fatti di Enea e il Novellino prescritti già dal programma del 1867; nella 2 a , qualche Vita scelta dal Cavalca, come quella di Santa Eugenia, e Novelle scelte del Sac­chetti pubblicate in Napoli con note del De Stefano; nella 3 a , gli Animali del Firenzuola e L'Osservatore del Gozzi; nella 4 a , La Vita del Cellini ridot­ta dal Carbone, e la Storia del Giambullari; nella 5 a , l'Ariosto, Dino Compa­gni e la Vita nuova di Dante; i quali due ultimi libri gioveranno di avvia­mento allo studio della Divina Commedia.

Indicando i mentovati classici, la commissione non intende di ligare del tutto ad essi la libertà dei professori: i quali, secondo il bisogno de' loro alunni, potranno scegliere anche altri testi, che loro pajano più acconci. Quello che specialmente si raccomanda, è che si studii diligentemente negli scrittori eccellenti, e si secondi esso studio con accurato esercizio di compo­nimenti.

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2 1 6 Fonti per la storia della scuola

Per le classi liceali i professori saranno liberi di eleggere da scrittori di­versi le varie forme di componimenti da esaminare, e ricavarne le teorie del­l'arte: la commissione desidera solamente che si prescriva di studiare tutta intera la Divina Commedia . . Certamente i professori hanno parecchi canti da trapassare, specialmente nel Paradiso; ma è necessario che i loro alunni si formino chiaro concetto di ciascuna cantica, e ne intendano e ne gustino le principali bellezze.

6 o . «È necessario un programma particolareggiato di filosofia, e quale? » . Moltissimi professori desiderano un programma particolareggiato; altri,

e sono i più, non lo credono necessario, anzi affermano che sarebbe danno­so, come quello che impedirebbe la libertà della scienza. Se non che le ra­gioni stesse che parecchi di costoro arrecano a dimostrare che non ci debba essere un programma, fanno sentire che esso programma è necessario per le nostre scuole. In ogni modo la commissione ha considerato che mentre l'in­segnamento della filosofia è un potente mezzo ad educare la mente e il cuo­re degli studiosi al vero ed al bene, può anche riuscire assai pericoloso e fu­nesto, se, abbandonato interamente all'arbitrio del professore, persuade ai giovani massime e teorie sovversive dell'ordine morale e civile. E però essa, plauciendo al desiderio di moltissimi professori, ha creduto che sia necessa­rio un programma di filosofia, non minutamente, ma largamente e sennata­mente particolareggiato; il quale determini ciò che sia da insegnare ne' licei, come parte essenziale della cultura generale; comprenda delle diverse parti della scienza quel tanto che bisogna perché l'alunno acquisti la conoscenza di sé, e delle sue relazioni con gli esseri, in mezzo ai quali si svolge la sua vi­ta, e conceda libertà all'insegnante di seguire quell'ordine e quel metodo fi­losofico che gli parrà migliore a dichiarare quelle solenni verità che si appel­lano di senso comune, e costituiscono il fondamento della società. Siffatto programma, formato dal professore Mazzini, è stato discusso ed approvato unanimemente dalla commissione, che ora lo raccomanda all'E. V.

7 ° . « Gioverebbe esporre tutta la storia italiana, sommariamente nel pri­mo corso liceale, e nel secondo ripigliarla da capo con ragionevole copia di particolari nei luoghi più importanti? » .

I professori sono stati quasi tutti unanimi in desiderare che l'insegna­mento della storia rimanga diviso ed ordinato come ora si trova; e la com­missione crede che non si possa ragionevolmente contraddire a questo loro desiderio . Imperrocché la storia d'Italia è materia così ampia e così implica­ta per sé medesima, e si connette così strettamente con la storia di tutta Eu­ropa, che riuscirebbe, se non impossibile, certo assai malagevole l'esporla sommariamente, senza romperne il nesso intrinseco de' fatti, e indurvi con­fusione ed oscurità.

Bisognerebbe a ciò una grande potenza d'ingegno con profonda cogni­zione di essa storia, come quella che si mostrò dal Machiavelli nel suo primo libro delle Storie Fiorentine: ma quali e quanti sono ne' nostri licei quei pro-

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 2 1 7

fessori, di cui possiamo prometterei tanto? D a altra parte una sintesi d'innu­merevoli fatti e di loro cagioni ed effetti rapidamente accennati affatichereb­be di molto, ed opprimerebbe l'intelligenza de' giovani non per anco maturi ed esercitati a meditare da sé, e da sé ordinare e mantenere ordinate le rice­vute cognizioni. Per la qual cosa la commissione, accettando in massima ciò che nel quesito è indicato, propone che il professore, dopo avere esposto tutta la storia d'Italia ma quanto più si può largamente, sia obbligato negli ultimi mesi del secondo anno a raccoglierla in breve, e ripresentarla come in un quadro ai suoi alunni, perché questi possano lucidamente riordinarla e d­fermarla nella loro memoria.

8 o . « Si deve ridurre l'attuale programma di matematica, volgendo que­sto studio alla cultura in genere, più che all'intento speciale di disporre gli alunni ai corsi superiori? » .

Quasi tutti concordemente i professori affermano che lo studio della ma­tematica nel liceo conviene che sia indirizzato alla cultura in genere e che tale qual'è, il presente programma non debb'essere ridotto. La co�issio� ne, esaminando esso programma, ha osservato due cose: la prima, che biso­gnava più strettamente e più logicamente ordinario; la seconda, che vi si po­teva fare alcuna piccola riduzione, senza nuocere alle due condizioni che es­sa ha, e debba avere, cioè di provvedere alla cultura in genere, e di bastare anche a disporre gli alunni ai corsi superiori. Il professore Del Beccaro 1 eb­be il carico di rifare il programma: questo rifatto da lui, fu dalla commissio­ne discusso ed approvato quale si presenta a V.E.

9 ° . «L'insegnamento della geometria col metodo euclideo dà buoni frut­ti? E se non li dà, quale sarebbe l'autore da sostituire ad Euclide?» .

Le opinioni manifestate dai professori nelle risposte al quesito , sono molto diverse tra loro: alcuni (e son pochissimi) dichiarando ottimo il meto­do euclideo, ed utilissimi gli elementi di Euclide per l' insegnamento, pro­pongono che nulla sia cambiato . Altri (e son pochi ancor questi) non negano che gli elementi di Euclide hanno in sé valore grandissimo, ma giudicano che solamente i primi quattro libri possono essere con utilità adoperati nel­l' insegnamento; bisognando escluderne il quinto, perché troppo oscuro, e gli altri libri, perché troppo incompiuti. La maggior parte di essi poi, rite­nendo per ottimo il metodo euclideo o sintetico, affermano il libro degli elementi essere inopportuno e dannoso all'insegnamento, sia che quello si consideri in sé medesimo, sia nella sua applicazione come libro di testo. Le proposte che essi fanno per sostituire ad Euclide un altro libro, sono diver­sissime, ed alcune volte in contradizione col principio ammesso da loro, che cioè il metodo sintetico sia ottimo, e da essere conservato esclusivamente nello svolgere teorie geometriche. Alcuni in fine pensano che, per dare ai

1 To=aso Del Beccaro, autore degli Elementi di geometria secondo Euclide ad uso dei ginnasi e dei licei; Geometria analitica a due e tre coordinate, Firenze, Spiombi, 1862.

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2 18 Fonti per la storia della scuola

giovani un'educazione in sé compiuta e valevole ad avviarli ai più alti studii universitari, non sia utile accettare per unico metodo il sintetico, ma che si debba usare anche l'analitico, che è il più potente strumento della scienza moderna. Costoro poi, omessa la dottrina contenuta nel V libro di Euclide, credono che, per determinare le aree delle figure rettilinee del cerchio, della superficie e dei volumi dei solidi considerati negli elementi, si convenga adoperare la teoria delle proporzioni svolta nell'aritmetica, purché dimo­strata rigorosamente sia pei numeri commensurabili, sia pe' numeri incom­mensurabili e la dottrina dei limiti.

Dall'esame delle ragioni onde sono giustificate le sopradette opinioni, appar manifatto che non vi sono se non due soli modi di risolvere la quistio­ne proposta nel quesito .

Il primo è di adoperare esclusivamente il metodo sintetico nell' insegna­mento della geometria, non introducendovi né segni né processi diretta­mente o indirettamente analitici.

E questo metodo rigoroso, profondo varrebbe certo a dare una forte e si­cura cultura geometrica al giovane, e ad educare la sua mente a quell'ordine di riflessioni che costituiscono la matematica. E secondo questo concetto sa­rebbe opportuno limitare, se si crede, la materia dell'insegnamento, ma te­nere quel metodo in tutta la sua estensione, senza dividere, come ora è con­cesso, e si fa, la geometria in due parti, e queste svolgere con metodi che, per la loro diversità, inducono disordine grandissimo nella mente dei giova­ni. E gli elementi di Euclide, con un'appendiçe per quelle dottrine che vi mancano, dovrebbe essere il solo libro di testo per l'insegnamento, ed in questi è chiaro che dovrebbe esser tenuta come fondamento il V libro, che è il più bello, il più profondo, e quello che meglio avvia alla dottrina della ma­tematica moderna.

Ma la commissione non osa proporre questo partito; e perché è combat­tuta dalla maggioranza di coloro che dovrebbero applicare siffatto metodo; i quali, non convinti della sua efficacia e dubbiosi anche del suo valore, non riuscirebbero ad ottenere da esso i vantaggi sperati; e perché l'esperienza non ha poi anca dimostrato se i giovani nostri come son preparati nel ginna­sio, siano atti a ricevere un insegnamento difficile assai per la sua natura al­tamente filosofica.

Il secondo modo è di esporre in un programma le dottrine che si voglio­no insegnare nel liceo, e lasciare al professore libertà di scegliere il metodo ed il libro.

Nessun libro di geometria, eccetto Euclide, può esser preso per legge co­me fondamento dell'insegnamento geometrico: nessun altro ha il valore de­gli elementi, né la sanzione del tempo, e dell'autorità dei dotti. Ma, per la­sciare libertà di metodo, è necessario lasciare anche libertà di testo, purché questo abbia vigore nelle dimostrazioni, precisione e chiarezza nelle defini­zioni, ordine logico nell'ordinamento delle teoriche e non abusi del calcolo.

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 2 1 9

Questo partito è sembrato alla commissione che sia il migliore da pro­porre a V.E. lasciando libertà, s 'intende come per ciò stesso il professore dee rispondere del modo, con che di quello si vale. E il governo con fre­quenti ispezioni può osservare in che maniera sono applicati i metodi diver­si e con che profitto, e da queste osservazioni trarre documenti a migliorare per l'insegnamento matematico.

In tal guisa, mentre si accetta l'opinione di quasi tutti i professori, non si contraddice a quella di coloro che pensano doversi conservare l'Euclide. Per conoscere davvero qual valore didattico abbia il libro degli elementi, è op­portuno anzi necessario sia insegnato con amore e con grandissima dottrina.

Il che sarà fatto ora che, per effetto della libertà di scelta, il professore che terrà Euclide per guida, lo terrà, perché è convinto del suo intrinseco valore, e ne conosce le bellezze.

E la commissione crede che sia necessario sapere da più matura esperien­za se il libro di Euclide corrisponde al verace ordinamento della nostra scuo­la, e serve a formare la mente de' nostri giovani. Perocché, sebbene teorica­mente creda debba a ciò meglio di ogni altro libro valersi pur nondimeno vede che non ancora se n'è consulta abbastanza l'esperienza; tanto più che questo fu abbandonato dagl'istitutori germanici, (ed in Germania l'insegna­mento della matematica è alto) e dai francesi, ed è combattuta [allo stesso modo] che in Inghilterra, ove ha dominato scienza e dottrina.

10 ° . « Qual dovrebb'essere il programma, per lo studio della fisica secon­do l'indirizzo presente della scienza? " ·

Il nuovo indirizzo che da qualche anno h a preso la fisica, faceva preve­dere che le risposte fatte al quesito sarebbero state poco favorevoli all'anti­co programma. Ed infatti quasi unanimemente i professori di fisica chiedo­no che sia data maggiore estensione alla meccanica, e che tutto l'insegna­mento della fisica sia informato ai principii della teoria termodinamica. Per metter dunque il programma di fisica in maggiore armonia con lo stato pre­sente della scienza, alla commissione è paruto [sic] che dovesse essere modi­ficato e riordinato, aggiungendo alla meccanica quelle materie che servono di base immediata alla teoria termodinamica, e disponendo le materie della fisica propriamente detta nel modo più acconcio a fondare l'insegnamento su i principii della mentovata teoria. Questo programma che ora si presenta a V.E. dopo essere stato lavorato dal prof. Boltshauser, si è discusso ed ap­provato dalla commissione.

1 1 o . « <l programma di storia naturale corrisponde agl'intenti ed ai limiti proprii dei corsi liceali ? Oppure gioverebbe frammettere le nozioni generali di storia naturale a quelle della fisica, e come? " .

Tutti i professori affermano concordemente che il presente programma corrisponde, e che non si debbono confondere insieme due insegnamenti così distinti tra loro, quello di fisica e quello di storia naturale. Ma la com-

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220 Fonti per la storia della scuola

missione piuttosto che guardare alle risposte dei professori le quali certo non era da aspettare che fossero diverse, ha considerata attentamente la qui­stione in sé medesima.

E per questa considerazione essa ha dovuto persuadersi che sarebbe assai pericoloso, sarebbe quasi un distruggere l 'insegnamento della storia natura­le, frammettendone le ragioni generali a quelle di fisica. Certo poi non è fa­cile trovare un buon professore di fisica che sia egualmente buono ad inse­gnare storia naturale che se egli ha più amore all'una che all'altra scienza, si allargherà più su quella che su questa e non saprà impedire che per l 'una o per l'altra riesca manchevole o confuso l 'insegnamento. Quindi la commis­sione è di avviso che i due insegnamenti rimangano affidati a due professori, come al presente si trovano.

Per ciò che spetta al programma, la commissione sia per dare all'insegna­mento della storia naturale una base più soda e più sicura, già per tener con­to della immensa influenza della chimica sull'agricoltura e sull'industria ha creduto di dover dare alle nozioni di chimica una alquanto maggiore esten­sione, che non avevano nell'antico programma; e da altra parte ho giudicato conveniente di tagliare al programma di storia naturale un certo numero di materie che non sono di molta importanza. E perché in tal modo sarebbe stato di troppo accresciuto il compito del professore di fisica, e troppo sce­mato quello del professore di storia naturale, ha riunito la chimica e la storia naturale in un insegnamento .

Seguono ora altri tre quesiti che V.E . ha voluto fare alla commissione. 1 o . " Conviene far sì che ogni anno di corso abbia un professore proprio

o che invece il professore di grammatica accompagni i suoi discepoli nei tre anni grammaticali, e il professore di umanità nelle due classi superiori? o si può pensare un sistema misto ? » .

La commissione vede la grande utilità che ne verrebbe all' insegnamento, se lo stesso professore accompagnasse i suoi discepoli nei tre anni gramm­maticali; ma afferma eziando che questa utilità dipende da una condizione che di rado o non mai si verifica nelle nostre scuole, cioè che il professore di 1 a ginnasiale abbia non minore attitudine e valore che ha o debba avere quello della terza. E però la commissione giudica che debba ritenersi, come niente pericolosa e molto giovevole, la disposizione contenuta nella circola­re del 1 o novembre 1870, per la quale è detto che si avvicendino i professo­ri in due classi inferiori del ginnasio e quelli delle classi superiori 4 a e 5 a .

2 o . << Posto che si accetti la riforma delle scuole tecniche si potrebbero i tre anni di scuole tecniche far valere almeno per un anno di ginnasio , e così connettere la riforma dell'insegnamento tecnico con quella dell'insegna­mento classico? » .

La quistione così posta, è assai difficile a risolvere: ci bisognerebbero più che le ragioni, le prove di lunga esperienza, e queste mancano del tutto . La commissione perciò si ristringe a proporre ciò che le sembra indubitamente

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogicbe 221

che debba riuscire utilissimo; ed è che si tolga dalla prima ginnasiale l 'inse­gnamento del latino , e si esercitino più assiduamente e più largamente i gio­vanetti di quella classe nella grammatica e nella lingua italiana. Certo è che l ' imparare il latino è un durissimo travaglio a quelle tenere menti, che vacil­lano ancor dubbi e incerte nelle regole della lingua italiana onde il profitto che ne cavano è pur poco, costa pur tanto di tempo e di fatica. Laddove se quei giovanetti nella prima ginnasiale studiassero solo e assai bene l 'italiano , e si fondassero, sicuramente in esso, passerebbero poi nella seconda classe bene preparati allo studio del latino: il quale non li spaventerebbe, non li an­nojerebbe: perché essi avrebbero già dalla grammatica e dalla lingua italiana ajuto bastevole ad intendere ed imparare con facilità in poco tempo quelle regole di latino, che nella prima classe penano un anno ad apprendere, sen­za mai porci amore. Se questa prova riuscirà bene, come la commissione crede, V.E . potrà averne argomento a sciogliere l' intera quistione.

3 o . << Converrebbe specializzare nelle scuole ginnasiali l 'insegnamento del latino e del greco, dividendolo da quello dell'italiano e della letteratura nazionale? " ·

La commissione risponde prontamente che conviene, e desidera che si faccia. Veramente non è buon professore d'italiano chi non sa anche di latino e di greco, e non può essere buon professore di latino e di greco chi non s'in­tende anche molto d'italiano; e la commissione non dubita che il governo, pur nominando un professore d'italiano, vorrà che non gli manchi la cogni­zione delle altre due lingue. Ma è manifesto il vantaggio che si avrebbe dalla divisione dei due insegnamenti; perocché l'uno e l'altro professore, avendo ad occuparsi di una sola parte, avrebbe più agio di prepararsi ad essa, e con­durrebbe più attentamente e più ordinatamente, e però con più profitto degli alunni quell' insegnamento nelle due classi superiori del ginnasio.

Fin qui la commissione ha compiuto, come poteva meglio, il suo debito delle risposte ai quesiti: permetta ora l 'E .V. che essa Le significhi alcuni suoi desiderii e voti, che riguardano a procurare il migliore andamento dell'istru­zione secondaria: e sono questi:

l o . Nell'indicare i classici italiani e latini per le scuole ginnasiali e liceali, si osservò come fossero dannose le antologie , e come, non potendo i giova­ni studiare tutto intero ciascun classico, aver come procurarsi tanti libri, fosse di bisogno una raccolta di luoghi non brevi di classici italiani e latini, distribuiti in tanti volumi quante sono le classi .

Il concetto e l' intendimento di siffatta raccolta fu chiaramente espresso dal signor Viani, e V.E. lo vedrà nella relazione di lui q.ui annessa; alla quale fa voti la commissione che seguiti prontissimo effetto .

2 o . Per impedire gl'inconvenienti che si verificano negli esami di licenza liceale, la commissione ha già proposto una più ragionevole distribuzione di materie nelle scuole del liceo e la divisione degli esami stessi. Ma ciò non ba­sta e V .E . non ignora ciò che accade in Napoli; non ignora come ivi conven-

i i

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222 Fonti per la storia della scuola

gono giovani di tutte le provincie italiane a far confusione, e nella confusio­ne cercar di riuscire all'intento.

La commissione dunque desidera che da ora innanzi gli alunni di scuole private non siena ammessi agli esami di licenza liceale, se non nel liceo della propria provincia. Il medesimo che passi anche per gli esami di licenza gin­nasiale.

3 ° . Più specialmente in quarta all'esame di licenza ginnasiale la commis­sione raccomanda che se ne tolga la prova in iscritto di storia e quella di geografia, e la versione dall'italiano in greco, e la prova di italiano.

4 o • La commissione fa voti che il regolamento sia modificato in guisa da essere ben determinate le attribuzioni de' provveditori verso i presidi e i professori, sicché la costoro dignità non abbia a soffrire dal troppo arbitrio, che i provveditori presumono di avere sulle scuole secondarie: e crede ne­cessaria di rimettere in vigore quelle savie disposizioni, onde i presidi e i di­rettori de' varii istituti governativi avevano il diritto e il dovere di far parte del consiglio scolastico provinciale .

5 o . Poiché i giovani uscendo dal liceo entrano nell'università, la commis­sione raccomanda di fare in modo che gli esami di ammissione all'università si mettano in armonia con l'istruzione liceale.

6. La commissione, considerando che gli alunni liceali o per cagioni vere o per varii pretesti, non intervengono agli esercizii militari, crede convenien­te che si lasci alla discrezione dei presidi il farli o non praticare, secondo che lor paja opportuno; e dimanda che a dare maggiore importanza agli esercizii ginnastici, siena diretti da abile maestro convenevolmente ricompensato.

Alligati 6

l . Commissione delle scuole ginnasiali e liceali. 2 . Proposta del pro f. Viani. 3 . Programma di filosofia ed istruzioni. 4 . Programma di matematica e istruzioni. 5 . Programma di fisica. 6. Programma di chimica e storia e relative osservazioni in un foglietto

a parte.

32

Relazione al provveditore agli studi dell'Umbria sulla scelta dei libri di te­sto per l'insegnamento delle materie letterarie negli istituti ginnasiali da parte della commissione a firma di Carlo Maria Tallarigo 1•

1 Nel 1 870 C. M. Tallarigo ricopriva le cariche di direttore del ginnasio comunale di Spole­to e di professore incaricato d eli' insegnamento di letteratura italiana nel r. liceo della stessa ci t­tà. Aveva anche il compito, quale canonico, di direttore spirituale del liceo.

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 223

ACS, MPI, Consiglio superiore, «Atti versati posteriormente», b. 6, fase. << 1 872 . Elenchi di libri di testo per le scuole secondarie spediti dalle varie provincie relativi alla circolare 1 5 gennaio 1 872, n. 3 3 2 . Perugia» . Allegato alla relazione al ministro da parte del prefetto del 20 agosto 1 872, ms. a firma autografa.

Perugia, 1 1 agosto 1870

Relazione all'illustrissimo sig. regio provveditore agli studi intorno alla scelta dei libri di testo per l'insegnamento delle lingue greca, latina, italiana e per quello della storia greca e romana nelle scuole ginnasiali.

Quando Vossignoria Ill.mo dopo averci esposto all'uopo le sue idee, ci date l'onorevole incarico di volgere i nostri studi a trovare quali fossero i li­bri di testo che potessero raccomandarsi come i più acconci all'insegnamen­to della lingua e della storia nei ginnasi, noi, non dissimulandoci punto l'im­portanza e la difficoltà del nostro compito, stimammo innanzi tutto necessa­rio fermarci sulla scelta del metodo, secondo il quale avremmo voluto che fosse impartito l'insegnamento; e, compiuta questa nuova ricerca, investiga­re di poi, ciascuno per la sua parte, quale dei libri sinora pubblicati rispon­desse meglio all'esigenza del metodo da noi prescelto .

In queste due ricerche è inutile il dirlo, le maggiori difficoltà le incon­trammo nella seconda; dacché per quanto non riesca malagevole trovare la via per la quale si deve camminare, altrettanto torna pur arduo trovare chi per essa con sicurezza di passo guidi l'inesperto giovanetto. Ci convenne quindi leggere e raffrontare molti testi e giudicarli non solo in riguardo al metodo, ma ancora in riguardo alle altre e molteplici condizioni che sono indispensabili, perché un libro destinato ad un insegnamento elementare raggiunga il suo scopo. E quando, per alcuno insegnamento, trovare un li­bro che fosse accettabile in quanto a metodo non ci fu possibile, preferim­mo quello il quale, come che battesse una diversa via, possedeva del resto, tutti gli altri pregi che noi cercavamo. Nella quale ricerca, con tutto il no­stro buon volere, noi soli non saremmo potuti bastare; e per riuscire il meno peggio che si fosse potuto, ricorremmo al sapere e alla sperienza dei nostri colleghi di due istituti nei quali abbiamo l' onore d'insegnare; e da essi, è de­bito nostro confessarlo, avemmo conforti, consigli, ed aiuti di ogni sorta. Ora, dovendo riferire a Vossignoria il risultato di cotesti nostri studi, ella ci permetterà di risparmiarle la noia di rifare scrivendo il cammino che noi ab­biamo percorso, per giungere alle nostre conclusioni, ma, invece, si vorrà contentare che, indicandole i testi prescelti, ne veniamo ragionando con brevità le doti più rilevanti che vi abbiamo scorto, e non entriamo nelle qui­stioni di metodo, se non quando è assolutamente necessario per essere inte­si. E anche in questo estremo caso, promettiamo di essere discreti; anzi, per isbarazzarci in gran parte e sin da principio delle questioni di metodo, co-

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224 Fonti per la storia della scuola

minciamo dalla lingua greca, come quella che presenta maggior necessità a cosiffatte disputazioni.

I . Lingua greca

Per cotesto insegnamento proponiamo a testo grammaticale il Curtius 1 ; e qui non ci peritiamo di affermare che tra lui e gli altri grammatici, secon­do noi, non c'era libertà di scelta, dacché egli ci parve s 'imponesse di per sé stesso nelle scuole, essendo il solo che pigliando le mosse dai principii di linguistica, ci offriva una grammatica trattata con metodo scientifico o ra­zionale che dir si voglia. La quistione quindi, a vedere nostro, prima che la fosse posta, era già risoluta dal fatto che il Curtius non ha competitori; e quando in tutti i modi si fosse voluta sollevare una quistione, ella non pote­va versare più sulla scelta del testo, ma sì sulla scelta del metodo, e vedere quale dei due se il razionale o l'empirico , tornasse più acconcio all'insegna­mento del greco nelle nostre scuole senza punto esitare, noi venimmo nella conclusione che tornasse più acconcio il primo e ne esponghiano per sommi capi le ragioni.

l . La lingua greca è di per stessa così ricca di svariate forme e di un orga­nismo così complicato che la memoria giovanile se ne sgomenta e ne resta sopraffatta. Ora, nel metodo sperimentale tutta questa moltitudine di forme rimane come una serie di fatti mal collegati , e ne risulta una pluralità presso­ché infinita senza un principio che la ordini e la unifichi. Il filo adunque, che ne meni per mezzo a questo labirinto di forme, non ci può esser porto che dal metodo linguistico, il quale con lo spiegarci il fenomeno fonologico ci discopre facilmente l'intimo organismo della lingua e riduce tutti i fatti svariati delle forme a pochi principj generali. Tantoché proceda per sintesi dai principij alle forme, o, per analisi, dalle forme ai principj ; dalla scienza linguistica si trarrà sempre e una più profonda cognizione della lingua, e un ajuto mirabile alla ritentiva delle forme.

2. Se nello studio della lingua greca non si pon mente ai principi della linguistica, si corre pericolo di accogliere idee false. Di fatto i grammatici sperimentali per dare un certo ordine alle svariate forme del greco, sono co­stretti ad ammettere ipotesi assurde e forme insussistenti; e sin anca il Kiih­ner 2 che ha temperato il metodo puramente sperimentale con qualche sprazzo di linguistica in parecchie teorie, ricorre a finzioni grammaticali che non sussistono. Perché, dunque, si dovranno insegnar al giovane teorie, la falsità delle quali verrà posta in chiaro da studi più profondi? Temi suppo-

1 Georg Curtius, autore dell'opera Griechische Schulgrammatik . . . citata. La versione mag­giormente diffusa in Italia fu quella di G. Miiller, citata nel presente documento Commento al­la grammatica greca . . . citata.

2 Raphael Kiihner, docente di lettere classiche nelle scuole medie di Hannover e autore di numerosi testi didattici in campo grammaticale tra cui Ausjiirliche Grammatik der griechi­schen Sprache . . . citata.

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 225

sti, false etimologie, forme inventate a capriccio, formazioni di tempi di cui non ci scorge esempio alcun classico, le son cose che ne' grammatici empiri­ci s'incontrano ad ogni piè sospinto, che pure conviene che una volta si eli­minino dalla scienza grammaticale.

3. Il metodo scientifico insieme con la lingua c'insegna le vicende stori­che della medesima, le quali in gran parte si compendiano nelle mutazioni fonetiche, donde che sia derivate. Ora, cotesto duplice ordine di conoscen­za è appunto la chiave del linguaggio omerico e degli altri dialetti. Il giovane quindi, che si trova per questa via, già possiede quanto gli occorre per la let­tura di tutti i classici greci; dove che tenendo altro cammino, la lingua ame­rica e i più nobili dialetti gli riusciranno come affatto nuovi e sconosciuti.

4 . L'esame linguistico delle forme ci spiega agevolmente molte maniere sintassiche di cui altrimenti non si può rendere ragione. Questo metodo, adunque, oltreché ci è di grandissimo ajuto all'apprendimento delle dottrine morfologiche, ci torna utilissimo alla teorica della coordinazione delle paro­le o sintassi come grecamente la dicono.

E a queste che chiameremo ragioni intrinseche, possiamo aggiungere queste altre, le quali come che non entrino nelle viscere dell'argomento, valgano nondimeno a ribadire il chiodo delle nostre opinioni. E primiera­mente, sta il fatto (e di questo fatto daremo più innanzi la spiegazione) che il discente il quale imprende lo studio della lingua greca, ha già fatto prova del metodo sperimentale nell'imparare la lingua propria e la latina. È giusto quindi e convenientissimo che nello studio della lingua greca assaggi un me­todo razionale, affinché si adusi a por mente non solo a puri fatti linguistici, ma anche alla genesi ed alla ragione de' fatti medesimi. Avvezzo ad accettare nella lingua il puro fatto, converrebbe il rischio di concepirne una falsa idea, escludendo da essa l'opera dell'intelligenza che mirabilmente vi rifulge. Do­ve che seguendo il metodo linguistico, comincia a tener dietro al maravi­glioso processo dello spirito in questo fatto stupendo della formazione della lingua. Inoltre, essendo egli indirizzato agli studi, scientifici e letterari e, d'altra parte, essendo ormai riconosciuto che la linguistica è il massimo sus­sidio di ché altri si possa valere nella letteratura, non c'è chi non vegga quanto sia vantaggioso ch'egli cominci ad attingere da questa scienza: per­ché o lascia a mezzo gli studi letterari e non ne sarà affatto digiuno: o prose­guirà in essi, e di buon'ora si troverà avviato ad una disciplina che gli sarà necessaria.

Si aggiunga che avendo egli studiato empiricamente la lingua latina, tor­na acconcio che entri in qualche considerazione circa le interne ragioni del­l' organismo di essa. Ora, è impossibile studiare scientificamente la lingua greca, senza dare in riscontri e raffronti con la latina. In tal guisa, oltreché il giovane acquisterà più profonde cognizioni nella lingua latina, comincerà eziandio a raffrontare insieme due lingue; il che sarà un primo passo alla grammatica comparata che non è lecito ignorare del tutto, e potrà talvolta

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226 Fonti per la storia della scuola

svelare una latente inclinazione ed attitudine che il giovane possa avere per siffatti studi, che debbono essere promossi in Italia.

Da ultimo l'accogliere nella memoria le forme della lingua greca senza studiarne l'intimo organismo, potrà riuscire utile a questa facoltà, ma non conferisce al perfezionamento dell'intelligenza. Il metodo linguistico, inve­ce, esercita la memoria ed acuisce l'intelligenza. Ora il giovanetto che fino ai 15 o 16 anni si è esercitato in studi quasi puramente mnemonici, dev'es­sere avviato a studi razionali, se non altro per entrare a quella ginnastica mentale che tanto conferisce allo svolgimento dell'intelligenza.

Tutte coteste ragioni, ancora che, più che esposte, siena state accennate, a noi paiono evidenti e dovrebbero parer tali anche agli avversari del Cur­tius e del metodo razionale, se per combatterlo eglino non sanno addurre al­tro argomento che questo, ch'esso nella pratica riesce difficile all'intelligen­za di giovanetti. Noi a siffatto proposito confessiamo ingenuamente che non abbiamo mai saputo vedere dove cotesta difficoltà ella sta, anzi ritenghiamo che la grammatica del Curtius ave se ne sappia usare (e come debba usarsene l'autore medesimo nel suo commento, ed il Miiller nella prefazione ad esso commento, lo dicono, ci pare, abbastanza chiaro); ed ave passo a passo con essa si accompagnino gli esercizj dello Schenkl \ non che facile ai giovanet­ti; ma quel che più monta, riesce loro gradita e dilettevole.

E in verità, in quattro anni che uno di noi (ci si passi questo argomento ad hominem) ha insegnato cotesta grammatica nessuno dei suoi allievi è ca­duto nella prova del greco, laddove non pochi san venuti meno in quella del latino, e di altre materie. Il che non avveniva quando lo stesso professo­re impegnava la medesima lingua, tenendo dietro al Burnourz . E fin anca nella scuola quei medesimi giovani che si sono mostrati pigri o svogliati ne­gli altri studi hanno atteso con piacere a quello della lingua greca, la quale grazie al Curtius, si può, anzi si deve insegnare su la lavagna, non altrimenti che le equazioni algebriche, donde è lecito ritenere che derivi il maggior di­letto che in siffatto studio provano i giovani.

Ma se dopo tutto questo, altri vuole starsene ancora col metodo esperi­mentale, noi non sappiamo suggerire altro testo che il Kiihner, come quello che ha dato migliore ordine alle forme, ed ha meno di tutti abusato delle finzioni grammaticali. E, oltre a ciò, contribuiscono a rendere pregievole cotesta grammatica tra tutte le altre condotte con metodo empirico, gli eser­cizi graduati di che l'autore l'ha saggiamente arricchita, i quali, quantunque non possano gareggiare con quelli dello Schenkl, riescono nondimeno al giovane di un ajuto e di una utilità incontrastabile.

1 Karl Schenkl, autore di Esercizi greci ad uso di ginnasi applicati alle grammatiche di G. Curtius e R. Kuhner. Prime letture greche ad uso della 4a e 5a classe dei ginnasi, s.n.t . , 1868.

2 L . Burnouf, autore di Primi principi della grammatica greca, traduzione di E. Errico, Napoli, s .e . , 1867.

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II. Lingua latina

La lingua latina s'insegna tuttora e generalmente col metodo sperimenta­le: il fatto è questo, come abbiamo altrove accennato, e l'unica spiegazione, che possa darsi di esso, si è che sino a tutt'oggi non c'è stato nessuno che, valendosi dei principi della scienza linguistica, abbia scritto con metodo ra­zionale la grammatica di questa lingua. Il tentativo del Madvig 1 a tal propo­sito, mentre è andato fallito, ha però mostrato che l'impresa è pur difficile. se ciò poi dipendesse assolutamente dalla natura della lingua latina, la quale non si prestasse all'esigenza del metodo razionale, o dal non essersi finora trovato un filologo che avesse avuto pazienza ed ingegno da applicare ad es­sa i risultati della grammatica comparata, non era provincia nostra il discu­tere. Laonde stando così il fatto, e scartata per necessità la questione di me­todo la nostra scelta si restringe entro i modesti confini dei grammatici del­la ve�chia scuola; e tra essi tre principalmente attirarono la nostra attenzio­ne: il Faenza, il Bonavino 2, e il Kiihner.

Nel Faenza troviamo larga la messe di fatti linguistici, aggiustate le os­servazioni, svolto in tutta la sua ricchezza l'organismo della lingua nella va­rietà delle forme e dei costrutti ed altri pregi non pochi, ma nessun lavoro d'induzione che classificando i fatti ti dia un principio; talché la memoria del giovanetto, bistrattato da tanti particolari e senza alcuno di quei sussidi che sogliano dare le idee generali, è da temere che ne resti oppressa e non ne raccapezzi più nulla.

È quindi una grammatica che ha le stesse doti, ma nel medesimo tempo gli stessi difetti della inglese del Robertson, della francese del Baggiani 3, [ . . . ] ; e soprattutto quello di sminuzzare troppo l'analisi, per guisa, che torni impossibile trovare dei fili cui rannodare a gruppi a gruppi tanta molteplici­tà di fatti. II rovescio della medaglia ci parve di vedere nel Bonavino, il qua­le dà nello scoglio apposto, ed arieggia troppo al metafisica: molte teoriche e poche osservazioni; parsimonia di analisi, sovrabbondanza di sintassi, esercizj pratici incompleti, poco graduati, e senza il conforto di nessuna no­ticina che ajuti il discente. Del resto, ragionevolezza di principj , stretto lega­me tra i particolari ed i generali, lucidezza mirabile di esposizione. Sono quindi due grammatiche che messe insieme si completerebbero a vicenda, ma, prese isolatamente, sono monche entrambe, ed una è l'antitesi dell'al­tra, si nei pregi, come nei difetti: antitesi che si appalesa fin anca nella scelta dei testi dacché dove il Faenza muove nientemeno che dal latinissimo Te­renzio, �erto opportuno per far tesoro del linguaggio famigliare, ma pur

1 Giovanni Nicola Madvig, autore della Grammatica della lingua latina, traduzione di

Carlo Fumagalli, Milano, Valentiner e Mues, 1 867-'69.

2 Cristoforo Bonavino, autore degli Elementi di grammatica generale applicati alle due

lingue italiana e latina, Genova, tipografia Sordomuti, 1864 .

3 L. BaGGIANI, Nuovo corso pratico, analitico, teorico, sintetico di lingua francese, 3 a

edizione, Torino, Caffaretti, 186 1 .

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troppo disforme dall'italiano per cominciare da esso; il Bonavino si fonda e si chiude nei primi sessanta numeri dell'Epitome della storia sacra dell'L­homond 1, intorno alla pretta latinità del quale il Vallauri 2 ha trovato a ridi­re. Ond'è che, non astante le molte buone qualità che in essa scorgemmo non ci potemmo indurre a proporle come testo nelle scuole, cui fu gioco forza ricorrere ai lavori tedeschi; e nel Kiihner stimammo aver trovato il fat­t� n�st�o . Cotesta grammatica invero, possiede agli occhi nostri il pregio ca­pltahsslmo che con essa alle mani insieme con la scienza grammaticale il giovanetto vi apprende la lingua latina; così ella il conduce a grado a grado per una via piana e facilissima ad impratichirsi delle diverse maniere, onde quei padri nostri furono usi di esprimere i loro pensieri.

E questo, perché, sin dai primi passi numerosi ed appropriati esercizi ac­compagnano la regola i quali riescono di mano in mano come altrettanti te­sti, che mentre determinano la dottrina insegnata, porgono al giovane un mezzo sicuro di servirsi di essi nelle traduzioni dall'italiano in latino e di rendersene in certo modo padroni. Ed in secondo luogo, perché la m�teria di siffatti esercizi, tolta per lo più da soggetti famigliari che entrano in prefe­r�n�a �el se11_1plice e piccolo mondo dei giovanetti, e distribuita in tanti gra­ZlOSl d1alogh1 tra scolaro e scolaro, i quali, nell'atto che fermano nella loro mente quella parte di linguaggio che è più difficile e diremmo più viva in ogni lingua, destano naturalmente la curiosità ed arrecano grandissimo di­letto, come quelli che rappresentano in bel latino anche le piccole scene che sogliano accadere giornalmente nella vita della scuola. Lo avere inoltre il chiar� autore ripartito l'insegnamento, come il Bonavino, secondo gli ele­menti della proposizione che è la via più semplice e più logica da disporre e comprendere le singole parti in un tutto bene organico e connesso; l'avere dato luogo a quelle regole, diremo così di recente scoperto e che toccano più da vicino l' indole della lingua, come sono, verbi grazia, quelle della corrispondenza dei tempi e dei modi nelle diverse proposizioni che è la cosa più fina e delicata della sintassi latina; lo avere nella parte morfologica al di­fetto di teoriche linguistiche, supplito con l'opera dell'induzione larga e ben condotta, classificando e raggruppando i fatti linguistici in non molte regole corroborate da copiosi esempi ed esercitazioni da servire da punti cardinali alla memoria giovanile; lo avere aggiunto agli esercizi un'antologia ed un vocabolarietto i quali hanno in sé naturalmente i pregi dei lavori fatti appo­sta, tutto cotesto, insomma, compensa qualche omissione e qualche teorica non così svolta e dichiarata come la materia lo avrebbe richiesto. E, in quan-

1 Carlo Francesco Lhomond. Il titolo dell'opera cui si accenna è Epitome historiae sacrae, ad usum tyrorum linguae latinae, Brescia, Gilberti, 1853 e Firenze, Campolrni, 1870.

• 2 Tommaso Vallauri, filologo classico e docente presso l'Università di Torino di eloquenza latina e greca, autore della Epitome historiae romanae ab urbe condita ad Odoacrem Torino P. Marietti, 1862.

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to alle omissioni, se manca affatto il trattato sulla formazione delle parole e quello sulla metrica, vi si potrà supplire o collo Schiilz 1 , o meglio col Mad­vig o con speciali trattatini, di cui non abbiamo penuria; e in quanto alle teoriche non abbastanza dichiarate, la voce del professore vi porrà facilissi­mo rimedio. Da ultimo, a consigliare l'uso di questa grammatica nelle nostre scuole, ci ha moss() non poco il benevolo giudizio che ne dà l'Antologia 2 di Firenze nel suo fascicolo di maggio di quest'anno, ed il fatto che in un breve giro di tempo si contano di essa ben trenta edizioni; e ciò in Germania che è tutto dire.

III. Lingua italiana

Cotesto studio nei ginnasi abbraccia tutto quanto la teoria della forma, la quale è grammatica nelle prime tre classi, è dottrina dello stile e dei vari ge­neri di comporre, nelle due ultime. Nell'uno e nell'altro di questi due inse­gnamenti, ormai convengono tutti, la via più spedita e sicura è quella del­l'induzione, mercé la quale dal fatto e dall'esempio si raccolga la teorica e il precetto; così che il primo e migliore testo che possa proporsi a' giovanetti sono gli egregi scrittori da leggere con paziente attenzione e con accurato discernimento . Siffatto esercizio che debba essere la pietra angolare di que­sto insegnamento non toglie però la necessità né di una buona grammatica né di un breve trattato di teoriche letterarie, senza le quali chi studia sareb­be come colui che si mettesse in mare senza bussola e correrebbe pericolo di smarrirsi, ancora che aiutato dal suo professore, e posto che non si smarris­se, non avrebbe modo di trar profitto dalla stessa induzione e di formarsi un capitale qualunque di dottrina; dacché i particolari senza alcun vincolo di sorta, senza una idea che li unisca a gruppi e li classifichi, non costituiscono dottrina. Il libro dunque ci vuole, ma la difficoltà sta a trovarlo proprio co­me ci vorrebbe.

Una buona grammatica italiana, secondo noi, avrebbe dovuto rispondere a questi due fini essenzialissimi: l o dare una idea chiara e compiuta delle parti del discorso, e degli elementi della proposizione e di tutti quei principi che sono comuni a tutte le lingue, derivandoli dalla natura stessà del pensie­ro . 2 o additare l'organismo proprio della lingua italiana regolare ed irregola­re, non trascurando quelle tali anomalie, peculiarità ed idiotismi che sono la chiave di ogni eleganza e che parvero un segreto impenetrabile allo stesso Cesari. E tutto questo condotto così che la parte, che chiameremmo genera­le, non invada il campo della logica o peggio dell' ideologia; e la seconda che

1 Ferdinando Schiilz, autore tra l'altro della Grammatica della lingua latina, della Gram­matichetta della lingua latina, Sa edizione Torino, Loescher, 1867, de I sinonimi latini ad uso delle classi liceali e 5a ginnasiale, Napoli, Saraceno, 1872.

2 Si tratta della « Nuova Antologia », uscita a Firenze nel 1866 con il programma di ricolle­garsi alla Antologia, fondata da G.Vieusseux nel gennaio del 1821 a Firenze.

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diremmo.

speciale, non invada quello dei vocabolari. Or se non v'è quasi g.ra�matt�a _l� quale, almeno implicitamente, non contenga coteste due par­

tl, Cl fu d1ff1clle trovarne una che le distinguesse con certi e sicuri limiti 0 che p�r disting�en

.dole vi distribuisse dentro con questa misura le rispettive

matene. Tre pnne1palmente ne esaminammo, quella del Paria 1 , del Bonavi­n_o 2 , del C�strogiovanni 3 • La grammatica del Paria non distingue quelle par­tl: ma amp1amente le comprende, ed è la più completa di quante noi ne sap­plamo come quella che compendia lucidamente e con forbita scrittura tutta la dottrina del Corticelli 4 e del Cinonio 5 . Ma pur non tenendo conto della mancanza di distinzione tra la parte generale e speciale, né forse della sover­chia mole del libro , la sua nomenclatura tutta all' antica ci avrebbe distolto dal proporla come testo nelle nostre scuole. Non già perché noi fossimo co­s� p�rmalosi da spaventarsi dei casi in una grammatica italiana; anzi quella fmzwne grammaticale l' avremmo trovata opportuna per chi dall'italiano de­v� passare al lat�no ed al greco, dove i casi certamente non sono più una fin­zwne �a pe��he una volta che, per effetto d'una micidiale congiura la quale da vent� ann1 m �ua ha f�tt

.o strage di questi poveri casi, che se non altro po­

tevano mvocare 11 beneflCto della prescrizione, essi sono stati sbandati dal­l' insegnamento; cacciarveli di nuovo avrebbe potuto produrre una rivolu­zione peggio di quella prodotta dai complementi, quando per la prima volta presero d'assalto i banchi delle scuole e noi, uomini pacifici e d' ordine an­che nelle �rammatiche non amiamo le rivoluzioni. Delle altre due, q�ella del Bonavmo fondata su di saldi principi logici, condotta con mirabile sem­plicità,

. e chiarezza, tratta egregiamente la parte generale, ma tocca appena

l� _speClal� dove che l'altra del Castrogiovanni è proprio impareggiabile per

cw che nguar?a la seconda di quelle parti; ma omette affatto la prima, per la quale forse m pensier suo rimanda il giovane a quanto ne ha studiato nelle scuole elementari: laonde, per vedere attuato il nostro disegno noi ci tro­wmmo in questa alternativa che segnaliamo alla saggezza di Vossignoria o di proporre due testi per lo stesso insegnamento, che sarebbero i due summen­zionati, o

. d� pro�orre il solo Castrogiovanni, lasciando alla cura del profes­

sore che 1 g1�varu sotto la sua direzione rinvanghino la parte generale già in qualche maruera da loro studiata nelle scuole elementari. Non le nascondia­mo però che l'idea dei due testi fu quello che maggiormente ci arri-

1 Giuseppe Paria, autore della Grammatica della lingua italiana, Torino, G.Marietti, 1863.

2 C . BONA VINO, Elementi di grammatica generale . . . citata. 3 G. CASTROGIOVANNI, Grammatica italiana per le scuole ginnasiali Torino Negro

1862. , , ,

4 Salvatore Corticelli, autore dei Discorsi sull'eloquenza italiana, ridotti a lezioni da Fr. Martello, Napoli, s .e . , 1848 .

5 Mar�o Ant. Cinonio. Mambelli, autore del Trattato delle particelle della lingua italiana,

compendzato da B. Puotz, Venezia, Antonelli, 1859 e Parma, Fiaccadori, 187 1 .

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 23 1

se, non vedendoci da parte nostra inconveniente di sorta, quando quei due testi si completino a vicenda e possano considerarsi come due parti di un solo e medesimo libro; e quando il tempo assegnato a quello studio sia di tre anni.

Circa poi l'insegnamento delle due ultime classi, ci sarebbe voluto un li­bro che senza pedanteria o vuote astrazioni, desse una chiara e netta nozio­ne delle doti del discorso, e ne indicasse le fonti da che derivino, accennas­se agli artifizi pei quali acquista pregio l'elocuzione e questi artifici distin­guesse coi nomi pei quali ci si rende possibile farne materia d'insegnamento : insomma, contenesse sani principi e sobria esposizione di essi intorno al lin­guaggio semplice e figurato, alla natura del periodo ed al suo magistero nel­lo scrivere, donde risulta lo stile. Fra i libri di questo genere che avemmo tra mani il Costa 1, con tutti i suoi difetti, ci parve preferibile se non fosse stato altro pel pregio della chiarezza e della esposizione. Nondimeno, noi portam­mo opinione che avrebbe fatto opera assai utile all'istruzione, chi, lasciando nel Costa il molto che vi è di buono e completandone la nomenclatura e scartando tutti i precetti tradizionali dei retori, avesse ridotto quel libricino alla sola parte logica e generale da servire di fondamento alla pratica che si deve istituire nella lettura dei classici. Il sig. Bucarotti, fummo di avviso che avesse fatto qualche cosa di simile, dacché per essi avrebbe una nomenclatu­ra completa e norme e precetti non attinti nel vecchio Quintiliano; onde co­testo ci parve libro da preferire allo stesso originale. Altro lavoro di questo genere degno di essere proposto a testo trovammo quello del prof. France­sco Astengo 2 intitolato Elementi di letteratura, il quale pervaso di princi­pj , opportunità di avvertimenti, lucidezza di esposizione e d'ordine, va me­ritatamente distinto dalle compilazioni volgari della giornata. Fra questi tre, i professori delle nostre scuole secondo i diversi gusti, potrebbero scegliere il loro testo. Il quale però non debba usarsi che nella sola 4a classe; percioc­ché nella quinta, noi perfettamente d'accordo coi programmi governativi stimiamo dannoso, o per lo meno inutile ogni testo. In cotesta classe le po­che teoriche sui diversi generi dello scrivere, vanno raccolte dagli esemplari a mano a mano che il giovane, accompagnato dal professore progredisca ne­gli esercizi orali e scritti di letteratura.

Quando il professore, a mò d'esempio, avrà fatto mandare a memoria al discente due o tre dei più belli dialoghi che offre la nostra lingua, e nella sua spiegazione ne abbia fatta gustare ad una ad una le bellezze, e ne abbia svolta la tela ed il nesso delle idee, gli riescirà facile raccogliere dalle sue osserva­zioni le norme più sicure onde van condotti i dialoghi; e se avrà l'avverten­za di obbligare il suo allievo a scrivere uno o due temi in forma di dialogo,

1 P . CoSTA, Della elocuzione e dell'arte poetica, Napoli, tipografia del Vaglio, 1850, con annotazioni e postille di R. FORNI, Milano, 1870.

2 Autore degli Elementi di letteratura, ad uso delle scuole di rettorica, parte la, Savona,

Bertolotto, 1867 .

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nella revisione del compito potrà tornare su la teorica insegnata, e far tocca­re con mano se il discepolo l'abbia seguita o se ne sia allontanato. E così de­gli altri generi, non escluso il drammatico e l'epico o narrativo, dacché non è difficile far leggere in iscuola uno dei migliori drammi italiani e costringe­re il giovane a farne l'esposizione in iscritto; e lo stesso può farsi di ciascun canto del Tasso e poi dell'intero poema, esposto nelle sue linee principali, nell'ossatura poematica, non altrimenti che il Settembrini ha fatto del Dan­te, e su di cotesta esposizione, dare i precetti principali, o meglio spiegare i caratteri generali di ciascuno di cotesti generi di letteratura. E, o noi ci in­ganniamo, o cotesto esercizio varrà più assai a fare entrare nella mente del giovane l'idea di che cosa sia un dramma o un poema, che se il professore parlasse da mattina a sera della natura del dramma e del poema, svolgendo­ne tutte le teoriche da Aristotile ai tempi nostri. E si avrebbe anche quest'al­tro di guadagnato, che il giovane si troverà di aver letto e studiato tutto un componimento letterario.

[IV] . Storia greca e romana

In quanto alla storia, per la romana proponiamo a testo il libro di Enrico G. Liddell 1; per la greca quello di Guglielmo Smith 2 entrambi editi dal Bar­bera nel 1868. Volendo esser brevi, toccheremo dei pregi principali che ci indussero a cotesta scelta, cominciando dal Liddell come quello che per �a stessa natura dell'argomento li mostrò in una maniera più spiccata ed evi­dente.

E diciamo, da prima, com'ei sia un testo di storia completa. In esso infat­ti, lo studente trova tutto ciò che gli occorre per formarsi una idea esatta e compiuta di ciò che fu il popolo romano. Le grandi lotte sociali, le istituzio­ni politiche, i costumi, lo svolgimento legislativo, le fonti della ricchezza pubblica e privata, la religione, lo Stato, le imprese guerresche, le scienze, le lettere, gli spettacoli, il sorgere ed il declinare della pubblica fortuna e quan­to altro si appartiene alle diverse manifestazioni della vita di un popolo, è maestrevolmente svolto e ragionato. Per forma che con la storia politica va di pari passo la civile e la letteraria, e con la storia, l'archeologia e la geogra­fia. E se, da una parte, il racconto segue da presso Livio, dall'altra, l'autore non trascura di porre in su l'avviso il lettore quando la narrazione liviana non regge alla stregua dei risultati ottenuti dalla critica moderna. Tanto che il giovane, fin dai primi passi comincia a discernere la parte leggendaria dal­la parte propriamente storica, ed, ajutato dall'autore, sotto il velame della leggenda, si addestra a cogliere il fondamento storico, donde essa ha preso

1 Henry George Liddell, lettore di greco e al momento decano della Christ Church di Ox­ford.

2 William Smith, autore della Storia dei Greci dai tempi primitivi fino alla conquista ro­mana, e del Manuale di geografia antica, Firenze, Barbera, 1867.

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origine. Cotesto, però, fatto senza astruserie e lunghe discussioni che mette­rebbero l'imbarazzo e la confusione nel capo dello studente ma accennato brevemente e mostrato con poche c sobrie ragioni facilissime ad intendere. Dacché l'autore non prende dalla critica moderna, se non che i risultamenti inconcussi che non ammettono più dubbi né disputazioni tra gli eruditi.

Secondariamente, esso è breve, non astante che il volume contenga otto­cento quarantasei pagine. E diciamo breve, perché, a veder nostro, la brevi­tà va guardata sotto due rispetti, sotto quello della materia, sotto quello del­lo stile: la prima consiste nel dir poco e diffusamente; la seconda nel dir molto e stringatamente. Questa ultima maniera di brevità, che è la vera e la difficile ad ottenere, è appunto quella che noi ammiriamo nel Liddell, il qua­le dice tutto ciò che è necessità il dire, per comprendere l'intero argomento, col minimo dispendio di parole possibile. Un testo che non faccia altro che tracciare a larghi tratti le grandi linee della storia e nulla più, anziché la sto­ria, è da dire un miserabile indice di nomi e di date, ed un testo che si ab­bandona al solo racconto, qua allargando e là stringendo secondo la maggio­re o minore importanza di questi, ma che tocca appena punto le istituzioni, i mutamenti sociali, le leggi, i costumi, lo stato economico, e soprattutto le condizioni della proprietà e i suoi rapporti coi diritti civili e politici, sarà un racconto qualunque più o meno elegante e brioso ma non sarà la storia di un popolo, massime ave trattasi del popolo romano. Ma volendo trattare di tut­to cotesta roba, comunque si restringa, il libro riuscirà sempre voluminoso, e disadatto alla coltura di un giovanetto. Confessiamo apertamente che que­sta difficoltà non ci sgomenta. I libri che fanno davvero male ai giovani so­no i sommari, ad uso calendario; ma quelli discretamente voluminosi e fatti a dovere, tornano loro utilissimi; bene inteso però che cotesti giovani abbia­no davvero un professore di storia che loro la insegni. Se la lezione che dà il professore non si fa consistere in altro che nella lettura del testo che dà in mano al giovane, limitandosi egli a fare qua e là le sue osservazioni, capiamo anche noi che un libro di ottocento e più pagine non è possibile che si legga in iscuola; e, posto che vi si leggesse, il profitto degli allievi non sarebbe davvero gran cosa. Se non che qui la colpa non è del libro, ma del professo­re. Il quale a veder nostro, prima di montar su la cattedra, dovrebbe avere belle e preparate le sue lezioni, seguendo pur l'ordine del testo, ma abbre­viando mutando, allargando, secondo un sistema e programma particolareg­giato che deve avere nella mente . Cotal che il testo non dovrebbe servire al giovane che per ajutare la sua memoria: dovrebbe essere la sua piccola bi­blioteca ov' egli possa ricorrere ogni qual volta non sa più raccapezzare il filo delle idee e dei fatti esposti dal professore: dovrebbe, insomma, servire per ajutarlo a prepararsi, a riordinare nella sua mente la lezione udita in iscuola, a rinfrescare nomi e date e quanto altro appartiene all'erudizione. E qui ognuno vede quanto svantaggioso riesca un magro e mingherlino compen­diuccio, e quanta utilità possa ritrarsi da un testo completo, avvegnaché di

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234 Fonti per la storia della scuola

non piccola mole. E c'è anche da guardare la cosa da un altro lato, e si è che il professore che insegna lavorando di analisi e il discepolo che ascolta lavo­rando di sintesi, il libro, che nello studio camerale fa le veci del professore deva porgere l'analisi e non la sintesi della materia storica; altrimenti le due parti si scambierebbero e il giovane, con assurdo manifesto, sarebbe chiama­to ad analizzare, esporre, allargare una materia di cui ancora non è padrone. Più chiaramente, al giovane si appartiene di fare il sunto del suo libro, ma se cotesto sunto fu già fatto dall'autore con un processo di eliminazione, don­de è risultato quel povero cosetta li che ti pare un abbeccedario, che resta al giovane da fare? Un secondo sunto? Ma, la materia così tirata, diventerà sin troppo buona forse a guarire la tosse, ma non a dare all'anima vital nutri­mento.

In terzo luogo è ordinato ed erudito. Il giovane con questo libro alle ma­ni si trova dinanzi allo spettacolo di un popolo che, da prima, rinchiuso nel­la cerchia di una sola città, lotta incessantemente per l'uguaglianza civile e politica: a misura che progredisce in questa lenta, ma perseverante lotta, la cerchia delle mura si allarga ed il municipio a poco a poco diventa il Lazio, poi il Sannio, poi l'Italia e quindi esce fuori alla conquista del mondo. E di­venuto il gran colosso descrittoci da Livio, ipsa sua mole, ruit, corrotto, e straziato dalle guerre civili e poi distrutto dalla forza barbarica. Sicché Roma sotto i re, Roma sotto i patrizi, Roma alla conquista d'Italia, Roma a Cartagi­ne, Roma alla conquista del mòndo, le guerre civili, l'impero da Augusto a Commodo, che sono le grandi linee attorno a cui l'autore raggruppa i fatti, rappresentano tanti periodi così bene disposti e lumeggiati che nell'uno vedi le cause che generano il secondo, e nel secondo quelle che generano il ter­zo, e via dicendo; e a costa gli incrementi delle forze ed al successivo am­pliarsi dello Stato, vedi procedere lo svolgimento successivo del diritto pub­blico, le permutazioni legislative ed il progredire delle lettere e delle arti. E tutto cotesto edifizio avente per base una esatta conoscenza delle primissi­me genti italiche, ave l'autore sui suoi preliminari ha con chiarezza e brevità somma esposto quanto v'è di accertato tra i dotti intorno a quell' oscurissi­mo periodo anteriore a Roma. E a cotesto ordine è unita una erudizione tratta dai classici latini prosatori e poeti, che l'autore cita a piè di pagina per illustrare i fatti che narra e le considerazioni che vi fa sopra; citazioni che al­la lor volta servono ai giovani per illustrare con la storia gli stessi classici la­tini che leggono nel ginnasio o leggeranno nel liceo. E da ultimo, siffatto li­bro riesce dilettevole pei confronti che fa l'autore fra le istituzioni antiche e le moderne; che se da una parte vale tanto a fare intendere quelle materie di per sé stesse astruse, dall'altra, ricrea il giovane e lo trasporta senza che egli se ne avvegga in quei suoli remoti, i quali per tal modo diventano vivi e par­lanti dinanzi a lui. Peccato che siffatto libro sia una traduzione, e che il tra­duttore, in fatto di lingua e di stile, non si lasci troppo ammirare; però se gli manca spesso la forbitezza, e, massime, i francesismi gli cadono troppo fre-

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 235

quenti dalla penna, per altro riesce sempre chiaro e piano e bastantemente ornato.

Quello che si è detto del Liddell per la storia romana, super giù può dirsi dello Smith per la greca: il sistema è lo stesso e la sodezza ed abbondanza della dottrina e la facilità dell'esposizione sono mirabili in entrambi. Certo manca in esso quel visibile centro di unità storica, che è nel Liddell, quel­l'ordine onde un periodo ti pare generato da un altro, e, massime, quel cotal carattere vero e spiccato che distingue con profonde note l'un l'altro siffatti periodi, ma cotesto è difetto dell'argomento e non dell'autore. Chi conosce il popolo greco diviso in tanti Stati indipendenti e tutti con una civiltà e con una vita propria, intende di leggieri che su esso non si può scrivere una sto­ria come del popolo romano, in cui lo Stato fu sempre una sola città, un mu­nicipio. Ma pur quella dello Smith è la più ordinata di quante storie si cono­scono; e l'avere l'autore vinto questa grande difficoltà, per quanto l'argo­mento lo consentiva, è uno dei più cospicui pregi di cotesto libro. Il Liddell quindi e lo Smith noi giudichiamo i migliori testi di storia adatti per le no­stre scuole. E siccome, se per la romana avremmo potuto ricorrere al Van­nucci 1 , certo impareggiabile ma forse troppo voluminoso per darsi in mano ai giovani, per lo Smith avemmo a persuaderei che non c'era altro che gli potesse stare a costa; così Ella ci avrà per iscusati, se per ciascuno di cotesti insegnamenti proponghiamo un solo testo, e non due com'era suo desiderio e come abbiamo fatto per le altre materie.

E, pieni di profonda stima, la riveriamo

(firmato) pro f. Carlo Maria Tallarigo, relatore

33

Relazione al ministro di Felice Tocco 2 e di Filippo Masci 3 sull'insegna­mento della filosofia nei licei.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. l , fase. « 84. 1896-'97. Licei-ginnasi e convitti. Ispezioni e relazioni» , ms. con firme autografe.

1 Atto Vannucci, docente di letteratura latina presso l'Istituto di studi superiori di Firenze. Qui si accenna all'opera Storia d'Italia dall'origine di Roma alla invasione dei Longobardi, Firenze-Genova, 1 86 1 , voli. 4 .

2 Ordinario d i storia della filosofia nella sezione d i filosofia e filologia del Regio Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze.

3 Ordinario di filosofia teoretica presso la Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Na­poli.

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236 Fonti per la storia della scuola

Firenze, 9 luglio 1896

Eccellenza

secondo le istruzioni dell'Eccellenza vostra il prof. Masci ed io ci siamo scambiate alcune idee, che ci vennero suggerite dalle nostre ispezioni, e fummo ben presto d'accordo che l'insegnamento filosofico non deve andare soppresso nei licei ma rinvigorito. Se in alcuni licei non va come dovrebbe, la colpa non è né della materia, né del programma né dei giovani; ma tu�ta o pressocché tutta dell'insegnante. Lo scopo della filosofia liceale dovrebbe essere triplice, avvezzare i giovani alla riflessione su sé medesimo, che è tan­ta parte della serietà di propositi nella vita; renderlo esperto dei metodi che tengono le scienze nella conquista del vero; fornirlo di tutte quelle cognizio­ni giuridiche ed economiche che sono indispensabili al cittadino. L'insegna­mento può seguitare a ripartirsi, come usa oggi nei tre corsi di psicologia, logica ed etica; ma secondo l'avviso di tutti i professori liceali, dovrebbe es­sere concentrato, come costumava anni sono, nei due ultimi corsi liceali. Io in verità non credevo impossibile un corso di psicologia empirica nella pri­ma liceale; ma il prof. Masci che ha insegnato più di me nei licei, e i migliori dei professori liceali, come il Tedeschi 1 del Parini in Milano, sono di contra­rio avviso; perché la psicologia comporta una riflessione soggettiva, alla quale non è facile adusare i giov!J.netti. Ma pur rimandata al secondo anno di corso, la psicologia empirica non dovrebbe perdere né il suo carattere né il posto suo. Essa deve precedere le altre due discipline, la logica e l'etica, le quali presuppongono una larga base psicologica. E nel liceo deve restringer­si in ben angusti confini, se vuol riuscire utile non dovrebbe essere compito del professore di filosofia entrare nelle descrizioni anatomiche e spiegazioni fisiologiche, le quali sono date con maggior frutto dal professore di storia naturale, che sono provvisti dei mezzi sperimentali mancanti al professore di filosofia. Né dovrebbe il professore liceale risolvere i più oscuri problemi sulla natura dell'anima e sul suo rapporto coll'organismo, essendo tutto questo riserbato all'insegnamento superiore. La psicologia liceale deve esse­re principalmente empirica. Sulla testimonianza della coscienza si debbono distinguere i fatti della sensazione e della percezione sensitiva da quelli del sentimento e dell'appetito; e ciascuno di questi fatti dev'essere descritto nelle forme elementari e nelle più complicate che assume via via nel corso della vita psichica, aprendosi così la strada alla. spiegazione genetica dei fatti complessi per mezzo dei semplici.

Sconfinare da questo modesto campo è inutile e dannoso, e i programmi governativi dovrebbero severamente vietarlo.

Più largo dev'essere il programma di logica, che deve essere svolta in re­lazione con le discipline che si sono studiate o si vanno studiando nella

1 Guglielmo Tedeschi, docente di filosofia nel r. liceo Parini di Milano.

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 237

scuola secondaria. Non dev'essere lecito ai professori di logica dare esempio di sillogismi o ragionamenti, che nessun uomo di buon senso farebbe. Dalla matematica principalmente dovrebbero attingere i professori gli esempi delle deduzioni rigorose, e una gran quantità di esercizii logici e in iscuola e a casa dovrebbero essere fatti sull'Euclide. La parte metodica, tanto nella teoria del­la prova quanto in quella dell'invenzione dovrebbe essere più largamente trattata di quel che non vogliano fare i più; perché il giovane, che nel liceo ha già un corredo di dottrine e storiche e naturali acquistati negli altri insegna­menti, è in grado di formarsi un concetto giusto sulla via che tengono gli scienziati sullo scoprire e nel dimostrare il vero. Alla logica tiene dietro l'eti­ca, che è un insegnamento più facile ma più delicato . La parte metafisica e di­sputabile dovrebbe essere lasciata affatto all 'insegnamento superiore, e parmi che siena un fuor d'opera quelle lunghe e inefficaci discussioni sulla libertà dell'arbitrio che ho sentite in qualche liceo. Fortunatamente tutte le scuole fi­losofiche sono d'accordo non solo sull'esistenza della coscienza morale (salvo poi a spiegarne la formazione in questo o quel modo), ma benanche sulle di­visioni fondamentali tra doveri positivi o di beneficenza e doveri negativi o di giustizia. Queste parti, dove tutte le scuole convengono, dovrebbe essere largamente sviluppata, e sull'etica ab biettiva il professore dovrebbe trattener­si alquanto (come si fa in qualche liceo), e col dare le nozioni fondamentali degli organismi etici, famiglia, società civile e Stato, avrebbe modo di fornire al giovane qualche utile informazione sul nostro diritto pubblico e privato.

Ma per svolgere siffatto programma le sei ore non bastano, e a giudizio di tutti gl'insegnanti dovrebbero essere aumentate di una o due. La grande difficoltà dell'insegnamento è un buon libro di testo. Ve ne ha parecchi, ma molti peccano o per eccesso o per difetto; ed un buon libro di testo non vi avrà se non quando il programma sarà ben particolareggiato, e ben definito il confine nel quale l'insegnamento filosofico deve racchiudersi. Ma qualun­que testo è sempre migliore delle lezioni manoscritte o degli appunti, che dovrebbero essere banditi dalla scuola secondaria.

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Felice Tocco Filippo Masci

Pareri di alcuni docenti e di Pietro Fedele sull'insegnamento della storia e sui metodi per migliorarlo.

ACS, MPI, Consiglio superiore, «Atti versati posteriormente», b. 20, fase. « Ginnasi storia, Licei storia», e b. 19, fase. «R. licei-ginnasi. Storia nei licei», ms. con firme au­tografe.

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238 Fonti per la storia della scuola

Terza classe del ginnasio Storia

[1901]

Quello stesso che s'insegna nelle classi superiori del ginnasio e nel liceo s' insegna in modo, ben s'intende, più elementare nelle classi inferiori. Que­sta specie di duplicazione mi pare inutile. Solo lo studio del Risorgimento politico della nostra nazione lascerei nei ginnasi superiori, distribuendolo però nelle tre classi; come quello che per la sua importanza deve essere trat­tato con maggiore ampiezza che le altre epoche storiche. In questo modo, infatti, nel terzo corso del liceo, gli alunni conoscerebbero già, in gran parte alcuno, gli avvenimenti, e potrebbero perciò meglio attendere allo studio non più solo aneddottico, ma insieme scientifico e filosofico di essi.

Regio ginnasio di Barcellona Storia

R. Bonfanti

Barcellona, 18 ottobre 1901

Io credo che la Storia, come s' insegna ora nel ginnasio, sia di poco van­taggio. Quegli aneddoti così brevi e staccati non porgono nemmeno la più lontana idea della storia vera. Mancando fra tali narrazioni il nesso necessa­rio per dar qualche ragione dei fatti e tenerli a mente, gli alunni non li com­prendono o facilmente li dimenticano. Quindi, a parer mio, si deve dare a quest'insegnamento maggiore sviluppo aumentando il numero delle ore ad esso dedicate; altrimenti sarebbe meglio abolirlo affatto. Se si vuole che lo studio della storia sia ben basato, chiaro e proficuo, bisogna coordinarlo con quello della geografia, che fu detta giustamente l'occhio della storia. La storia e la geografia s'insegnano ora separatamente, ciascuna con orario a sé; ciò è male, perché le due materie così scisse non possono giovare l'una al­l'altra. Perciò bisognerebbe riunirle facendone un insegnamento unico e coordinato.Così si risparmierebbe molto tempo e lo studio della storia coor­dinato e fuso con quello della geografia diverrebbe più pratico e razionale. Tale insegnamento dovrebb' essere affidato ad un solo professore, il quale non s'occupasse d'altro che di queste materie.

Osservo inoltre che i libri di testo per lo studio della storia non sono adatti all'uopo: talvolta dicono troppo, tal altra troppo poco. La storia del nostro Risorgimento nazionale che dovrebbe studiarsi a preferenza d' ogn'al-

Sezione IV- Programmi, libri di testo e proposte pedagogiche 239

tra, è trascurata: innumerevoli atti di eroismo degni di memoria sono tenuti in oblio .

prof. Giovanni Grassi

Per l'insegnamento della storia nel liceo

Da un pezzo è sentito il bisogno di un rinnovamento nella coltura della scuola liceale, perché non più rispondente ai bisogni del tempo e dello spiri­to umano. E la mole degli scritti, che trattano della riforma da introdursi, è andata enormemente crescendo in questi ultimi anni. Ma chi prendesse in esame le molte e varie proposte, avvertirebbe il predominio di un pensiero, inducente pensatori ed educatori a lamentare l'abbondanza dei particolari e delle minuzie, che rendono secca ed arida la scuola classica e la mancanza assoluta di idee generali, capaci di rilevare, equilibrare e rafforzare lo spiri­to . Questo difetto, comune a tutti gl'insegnamenti, rende pure quello della storia gravoso, poco interessante, e quindi scarso di risultati. Lo studio trop­po aneddotico e particolareggiato dei fatti storici come in generale si fa nel­le nostre scuole non offre ai giovani alcun significato, ingombra la loro mente di un materiale di cui non sanno valersi e li lascia del tutto indiffe­renti.

Al contrario tale studio acquisterebbe un alto significato, diventando una parte essenziale dell'educazione, qualora fosse ravvivato da idee generali coordinanti i vari fatti politici e sociali. Sta appunto in ciò l'efficacia intel­lettuale e morale di questo insegnamento: intellettuale, poiché così inteso eserciterebbe i giovani al raziocinio e gioverebbe assai all'apprendimento delle discipline letterarie; morale non perché, come pretendono alcuni mo­stri la virtù sempre congiunta al premio e il delitto congiunto al castigo, ma perché aiuterebbe a rilevare certe condizioni morali e politiche senza le qua­li un popolo non può essere né grande, né forte. Non pure i giovani devono comprendere, ma anche sentire la storia. E a conseguir ciò, giovò assai le letture storiche per immedesimarsi nello spirito e nella vita dei tempi.

Affinché l'insegnamento della storia sia veramente utile, occorre sfron­darlo degli inutili particolari, rendendo più largo e generale con una esposi­zione sobria dei fatti, ma tale da considerarsi nei loro diversi aspetti - infine ravvivarla nella maggior parte delle lezioni con interessanti letture.

R. Righi R. Righi, docente del liceo ginnasio Dante Alighieri di Ravenna

[1901]

Proporrei di accrescere di un'ora il tempo assegnato all'insegnamento della storia nella prima classe liceale, spostando il termine del programma

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240 Fonti per la storia della scuola

dal 1 3 1 1 al 1492 . In seconda liceale proporrei di aggiungere al programma d'insegnamento anche il periodo storico che va dal 1 7 48 al 1815 : il periodo dal 1815 ai nostri giorni formerebbe così la materia di studio per la 3a licea­le. In tal modo si eviterebbe, a mio parere, lo sconcio che avviene nella mas­sima parte dei licei, di dare poco tempo allo studio del Risorgimento italia­no . Non si può, senza vero rammarico, osservare come il periodo storico meno conosciuto dei nostri giovani sia appunto quello del Risorgimento . Si aggiunga poi che· ora si suole trascurare del tutto lo studio degli avvenimenti e dello sviluppo della civiltà dopo il 1870; ed ognuno intende come sia que­sto errore gravissimo.

Ginnasio superiore - buoni i programmi d'insegnamento: insufficiente il tempo assegnato allo svolgimento di essi. Non intendo per esempio come sia possibile svolgere con l'ampiezza dovuta il programma di geografia per la 4a e Sa classe, in una sola ora settimanale.

Ginnasio inferiore - giudico di nessuna utilità l 'insegnamento della sto­ria: il tempo assegnato a questa materia si dedichi interamente alla geogra­fia, raccomandando agl'insegnanti di questa disciplina di accompagnare lo studio geografico alle varie regioni, con chiare e brevissime notizie storiche.

Pietro Fedele 1 pro f. di storia e geografia nel r . liceo di Potenza

1 In seguito ordinario di storia medioevale e moderna presso le Università di Torino e poi di Roma; durante il fascismo fu ministro della pubblica istruzione dal l925 al 1928.

SEZIONE V

ESAMI

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Relazione al ministro del commissario Michele Kerbaker per gli esami di licenza liceale svolti presso il r. liceo Torquato Tasso in Roma nella sessio­ne ordinaria del luglio 1896.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b . l , fase. « 84. 1896-'97 . Licei-ginnasi e convitti. Ispezioni e relazioni. Liceo-ginnasio Torquato Tas­so di Roma » , ms . con firma autografa.

Napoli, agosto 1896

Scrutinio finale

Incaricato dell'uffizio di r . commissario per gli esami di licenza liceale nella sede del r. liceo Torquato Tasso di Roma, ho dovuto anzi tutto assiste­re all'operazione importante dello scrutinio finale . A tal uopo, sino dal gior­no 23 giugno presentatomi al preside del liceo, e chiesti ed avuti da lui mol­ti utili ragguagli intorno all'andamento disciplinare e didattico dell'istituto, presi ad esaminare i registri scolastici dove erano segnate le medie riportate lungo l'anno dagli alunni licenziandi, in ogni singola disciplina.

L'esenzione dagli esami

Da tal disamina mi risultò che applicando la disposizione regolamentare che concede la dispensa dagli esami e quindi la licenza totale o parziale agli alunni che hanno conseguito un voto non inferiore ai 7/10 sopra ventun'an­ni avrebbero dovuto ottenere la dispensa dagli esami: 14 nelle lettere italiane 12 ndle lettere greche e latine 14 in istoria e geografia 1 5 in fisica e chimica 15 in storia naturale 12 in filosofia 8 in matematiche

Tra tutti gli alunni sei venivano indicati come meritevoli della dispensa in tutte le materie e quindi della licenza liceale; tre soli, non avendo conse­guita alcuna esenzione, dovevano essere chiamati a dare l'esame per intero.

L 'esenzione dagli esami mal fondata sulle medie come fu dimostrato dal­la revisione delle prove bimestrali nell'italiano, nel greco e nel latino.

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244 Fonti per la storia della scuola

n numero delle esenzioni concedute mi parve invero soverchio e mi fece dubitare che le dette medie fossero state assegnate con criterio eccezional­mente indulgente. Credetti pertanto necessario di assicurarmi del loro valo­re, esaminando i lavori bimestrali, sui quali si fondava il voto assegnato ai li­cenziandi. Da tale disamina che si estese a tutte le prove d'italiano, di latino e di greco, conservate nell'archivio, ho potuto rilevare che si era veramente troppo largheggiato nel conferire le medie dei sette ed anche degli otto de­cimi. Siffatta larghezza mi parve specialmente notevole nei voti con cui era­no stati classificati i componimenti italiani, taluni dei quali, pur segnalati con otto decimi, mi riuscivano men che mediocri, anzi al tutto immeritevoli dell'approvazione. Nella revisione che si era stata fatta dal professore, non si era tenuto molto conto, a giudicarne dalla mancanza dei segni, delle men­de ed improprietà della dicitura, troppo frequenti pur negli scritti di alcuno degli alunni migliori 1 • Con criterio meno indulgente furono giudicati i saggi di greco e di latino. Però l'ultima prova bimestrale della versione dal greco riuscì così infelicemente alla maggior parte degli alunni che il professore si trovò costretto, per poter dare il sei od il sette, ad aggiungere al voto la nota « in considerazione della difficoltà del tema" . Quanto alle versioni dal latino ho dovuto notare che per lo più i temi proposti erano facili anziché no, tali insomma da non poter essere misura della conoscenza del latino richiesta in giovani studiosi maturi per la licenza liceale. La revisione del resto era stata fatta a dovere con tutta la possibile accuratezza.

Le dispense nelle materie di cui non vi ha prova scritta non potute verificare

Quanto alle dispense date nelle materie scientifiche e nella filosofia, nonché nella storia e geografia, io non ho potuto procedere ad alcuna verifi­cazione delle prove su cui erano fondate. Un sindacato, o riscontro, o con­trollo dello scrutinio finale, che poi non è altro se non la somma delle me­die mensili, ave lo si credesse necessario a temperare l'eccessiva e pericolo­sa facoltà conceduta ai singoli professori di largire la dispensa dall'esame, non si potrebbe esercitare altrimenti che per mezzo di una regolare ispe­zione.

Sono tolte le dispense parziali nelle lettere

Conseguentemente alla fatta disamina, dopo di avere informato di ogni cosa il preside, convocati i professori al consiglio collegiale, ho esposto loro le dette osservazioni e li ho invitati a ripigliare daccapo lo scrutinio finale,

1 Nota al testo: « Un saggio della revisione da me fatta sui componimenti italiani, cui qui accenno, è stato da

me consegnato al comm. Torraca; e l'originale stesso di un componimento classificato cogli 8/ lO al comm. Chiarini».

Sezione V- Esami 245

applicandovi un criterio un po' più seve:o (almeno p.er ciò che rig

.uar�ava

l'esaminazione degli esami di lettere), d1 quello segmto nelle medte bnne­strali. E poiché il professore di lettere italiane dott. Giovan�

.zannoni stav�

pur fermo nell'asserire che i sette e gli otto da lui assegnati nassumevano il merito reale dei licenziandi e quindi il loro diritto all'esenzione, ho creduto mio debito di persuadere il contrario a lui ed ai suoi colleghi, adducendo le prove del mio giudizio, cioè leggendo parecchi de� l�vori �a �e rice�ti � annotati e chiedendo sopra di essi il voto del constglto . All evtdenza dt talt prove si

' arrese lo stesso Zannoni e quin�i il preside ed i p_:ofes�ori accetta­

rono di buon grado la mia proposta che st concedesse benst la dtspensa tota­le dagli esami ai sei alunni che avevano ottenuto in ogni materia

.ed in tutti �

bimestri un voto non inferiore ai sette decimi e la dispensa parztale a quellt che avevano ottenute le medie richieste nelle materie scientifiche e in quelle in cui non aveva luogo la prova scritta, ma che non fosse conceduta ad alcu­no la dispensa parziale nelle lettere; per non premiare chi �videntement� non meritava, ed insieme non sottoporre ad un trattamento dtsuguale alunnt classificati (e se lo sapevano!) con voti uguali.

Mali umori del prof. Zannoni per l'invio del r. commissario e proteste in aria contro l 'opera di lui

Vi fu qualche tentativ:o di eccitare il malcontento degli alun�, ai quali era stata negata l'esenzione dagli esami, e di muovere proteste e rnnostranze da parte di persone estranee alla scuola contro l'opera del

.c�mmissario, m�

rimase senza alcun effetto. Grazie alla solerte e prudente vtgilanza del prest­de, al quale il prof. Zannoni aveva pure già cagionato

. qual�he disturbo

.cer­

cando d'indurre i colleghi a protestare contro la nomma dt un r. commtssa­rio per gli esami di licenza del T. Tasso, l 'ordine disciplinare non fu

.meno­

mamente turbato. Tutti gli alunni del liceo, e con essi, e sull'esemp10 loro gli esterni, non solo si presentarono tranquilli e fi�u�iosi agli esami, ma ten­nero durante tutta la sessione un contegno per ogm nspetto lodevole.

n buon ordine mantenuto dal preside, dai professori e dagli stessi scolari

n commissario ebbe pure a lodarsi della valida e coscienziosa coopera­zione dei professori. La revisione delle prove scritte fu fatta colla massima regolarità, presente tutta la commissione. Lo svolgimento

.del tema, propo­

sto pel componimento italiano, è stato in generale poco feltce.

n componimento italiano

1 candidati, in massima parte uscirono in certo modo fuori della questio­ne, per non aver ben compreso la distinzione reale, quale ci

. è presentata

dalla storia e dalla comune esperienza, tra il grande ingegno ed il forte carat­tere. Quasi tutti entrarono nel pecoreccio dell'amplificare le lodi degli scrit-

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246 Fonti per la storia della scuola

t�ri italiani più celebrati per l 'altezza degli intenti civili, cui indirizzarono l opera lor? e segnatamente dei precursori, iniziatori, promotori del Risorgi­mento nazwnale, Alfieri, Parini, Foscolo, Leopardi, Manzoni Pellico Nicco­lini, D 'Azeglio ecc. Parecchi anche fecero capo a Dante o MachiaveÌli, rite­nen_do quasi tutti la storia della letteratura italiana, secondoché più 0 meno la ncordavano, non dimenticando la data delle nascite e delle morti i titoli delle ?pere e le più note particolarità biografiche. Non poche le remtniscen­ze attmte alle letture sulla storia del Risorgimento italiano. Credo che un fat­to analogo si sia potuto osservare nelle altre sedi.

Difetto generale di preparazione a ben comprendere e pensare il tema

� notevole la poca attitudine che dimostrano i nostri giovani liceisti, i quah hanno pur studiata tanta storia e tanta filosofia, quando si tratta di p�nsar� e ragionat�e di propria testa, di entrare nel fondo di una questione, dt cogliere la realta viva e vera compresa nel tema loro proposto a svolgere. P�re che �on sap�iano fare altro di meglio che recitare l'imparato, lavorare dt memona, trascmare, come suoi dirsi, il pensiero sulla falsariga. La così detta nota patriottica è diventata una specie di luogo comune che s'infram­mette a qualunque argomento, serve di postulato a molte dimostrazioni e come tutte

.le voci troppo ripetute ed echeggiate, raramente rivela ed es�ri­

me un sentrmento schietto e profondo, e mal si accorda col lavoro attento e proficuo della riflessione e dell'osservazione. Non mi sovviene di alcun can­didato che si sia fermato a considerare distintamente il grande ingegno ed il forte carattere nella loro propria ed intima natura e nelle loro relazioni im­medi

.ate c?lla vita civile, in modo da spiegare ed illustrare l'antitesi posta in­

nan�t. e dtremo

. espr�s�amente additata dal tema. Lo schema di pressocché �uttt t

_comporumentt e stato questo «L 'Italia ha avuto sempre dei grandi

mgegnt ed anche dei forti caratteri cioè: Dante, Petrarca, Machiavelli Mi­chelangelo, Rinuccini, . . . Alfieri, Parini . . . , Pellico, D 'Azeglio Mazzini Gari­�aldi . . . " . Da questa confusione, perplessità, oscitanza, e qu�si crude�za od �aturità del pe�siero, prende qualità lo stile tra negletto ed affettato, che st nota nella maggwr parte dei componimenti, e i cui difetti furono partico­lar11_1en�e

_rilev�ti

. d�l!a com�issione esaminatrice per la gara d'onore nei Ia­

von det hcenztatt pm valentt e cerniti da tutti i licei del regno. Così il tema di greco come quello di latino furono trovati difficili. Soli 5

dei 16 alunni del liceo e 2 dei 24 privatisti poterono ottenere l 'approvazio­ne n�ll'una e nell'altra di queste prove scritte. Raffrontando i punti si rende mamfesto che chi sa poco di greco, in generale, sa anche meno di latino; sebbene la conoscenza del latino sia il risultato di uno studio protratto per ben otto anni!

Risultato generale degli esami

L 'esito nelle prove orali fu che cinque alunni del liceo e due privatisti (uno del quale npetente due sole materie) superarono tutte le prove ed ot-

Sezione V- Esami 247

tennero la licenza. Il liceo T. Tasso ebbe così licenziati, tra dispensati e pro­mossi, la metà dei suoi alunni. La superiorità degli alunni del liceo sugli esterni appare qui come altrove notevolissima. La deficienza degli esterni è specialmente notevole nelle lettere. Parecchi di essi si mostrano assai bene preparati nella storia, nella fisica e nella storia naturale.

Difficoltà d'inferire alcun giudizio sull'opera degli insegnanti dal solo fatto degli esami

Il giudizio che si potrebbe inferire dalle prove date dai giovani esaminati circa l'andamento degli studi nell'istituto da essi frequentato deve oggimai tenersi ristretto a poche osservazioni e congetture. Sottratti alla prova degli esami i giovani migliori, non si può più giudicare con sicurezza del valore e dell'efficacia dell'insegnamento, argomentandoli dall'esperimento dato da­gli alunni di minor levatura. Tutto si riduce a farsi, per quanto è possibile, un qualche concetto dell'insegnante, considerando il modo con cui egli adempié l'ufficio di esaminatore.

Il professore di lettere italiane dott. Giovanni Zannoni

Nell'esaminatore di letteratura italiana mi è sembrato di scorgere un in­segnante fornito di pronto e facile ingegno e di varia e discreta cultura, ma un po' tropppo vago, quanto alla dottrina, delle generalità critico-istoriche e quanto al modo di esporre un po' troppo portato al fare retorica e decla­matoria, che egli fa sentire persino nell'intonazione enfatica della voce. Quasi tutto il suo interrogatorio versava sulla storia della letteratura italiana, lasciando pochissimo spazio all'interpretazione degli autori. Gli esaminandi recitavano le solite notizie biografiche e bibliografiche, pur senza avere la menoma idea delle opere, anche de' più noti ed importanti scrittori dei qua­li parlavano così alla distesa! È pur vero che questo pervertimento di meto­do che pone la storia avanti all'ermeneutica, anzi la scompagna da questa, è generalmente diffuso nelle nostre scuole anche superiori, e può servire di scusa al professore che non ha saputo ben guardarsene.

Soverchia prevalenza dell'insegnamento storico-critico

I giovani s 'immaginano, con facile illusione, di conoscere i classici (tanti bei nomi: Machiavelli, Alfieri, Parini, . . . Leopardi, Niccolini, Gioberti . . . ) do­poché ne han sentito parlare a dilungo ed han letto intorno ad essi tante bel­le pagine storico-critiche, ma in verità li conoscono poco o nulla, non aven­do mai avuto modo e tempo di leggerli e studiarli. Un nostro esaminando ad esempio disse benissimo tutto quello che aveva da dire sul Leopardi e da me richiesto se ne sapesse qualche tratto a memoria e quanta e quale parte ne aveva letto rispose che veramente non ne aveva studiato niente a memoria, ma che ne aveva lette alcune canzoni, tra cui il Bruto minore. Ebbene, esa-

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248 Fonti per la storia della scuola

minato sul Bruto minore si mostrò del tutto impacciato e incapacissimo ad interpretarne la prima strofa divelta - tracia polve - onde . . . prepara il fato . L 'opera classica più letta e meglio studiata è stata la terza cantica della Divi­na Commedia prescritta dal programma; però nessuno degli alunni del li­ceo è stato in grado di recitarne alcun brano scelto, che si fosse studiato a memoria in classe, poiché il professore non ha creduto, secondo che egli disse, di far perdere il tempo in tale esercizio.

Il professore di lettere greche e latine dott. Angelo Lerra

Il professore di lettere greche e latine dott. Angelo Lerra insegnante dili­gente, operoso e coscienzioso si rivela il prof. Lerra, al metodo cui si attie­ne, nell'esaminare i licenziandi nel greco e nel latino. Il programma da lui svolto nel 3 o corso liceale, è assai giudizioso, per ciò che riguarda il nume­ro, la scelta, l'estensione dei luoghi classici interpretati. L 'essersi alcuni can­didati, benché alunni del liceo, mostrati poco forti in grammatica dipende dal fatto attestato dall'esperienza che non pochi del liceo disimparano quel­lo che hanno imparato nel ginnasio. Ma i migliori hanno pur dato in questa parte. un saggio assai soddisfacente.

Prevalenza dell'ermeneutica letterale sull'ermeneutica reale

Per quanto si può argomentare dalle interrogazioni fatte dal professore a questi suoi alunni, che erano i mediocri della classe, sembra che egli si occu­pi più dell'interpretazione letterale e grammaticale che di quella storico-e­stetica. Né intendo già dire che questa sia da lui trascurata, ma che non sia da lui svolta con quel corredo di notizie esplicative ed illustrative, che valga a mettere in prima luce l 'alto concetto della sapienza antica ed a destare così negli scolari il più vivo interesse per gli studi classici.

Il professore di storia e geografia dott. Pio Spezi

Il prof. Pio Spezi, nell'esaminare sulla storia, con la varietà ed aggiusta­tezza delle domande, si è mostrato esaminatore sincero ed esperto. Si è veri­ficato però un fatto singolare ed al quale io davvero non mi aspettava. Pro­prio gli alunni del liceo diedero dei saggi infelicissimi, e furono quasi tutti da lui riprovati! Da tal risultato si potrebbe inferire, colle debite riserve, (avuto riguardo al fatto già innanzi accennato, che gli esaminandi formava­no lo scarto, o come a dire, la zavorra della classe) che l'insegnamento del prof. Spezi sia stato meno efficace di quel che avrebbe potuto essere, non per altra ragione, se non perché egli si trova ancora nel periodo del novizia­to. Dico noviziato rispetto all'insegnamento della storia nel liceo, al quale è passato, or sono appena due anni, da quello del ginnasio, poiché egli dimo­stra invero di recare al magistero didattico attitudini non comuni avvalorate da sincero zelo e da non poca esperienza. Egli stesso riconoscendo le diffi-

Sezione V- Esami 249

coltà postegli avanti dal presente tirocinio, al fine �i P?ter impiegare nel

modo migliore e più proficuo l'opera sua nel pubblico msegnam�nto pre­

senta un'istanza che io accludo a questa relazione e raccomando viVamente

a codesto ministero.

n professore di filosofia dott. L[uigi] Passamonti

n prof. Passamonti, esaminatore in filosofia ha interrogato i candidati

sopra un suo programma, corrispondente in tutto e per tutto al cor�o delle

sue lezioni. Non accade di avvertire, che questo programma pur colhman_do

nei punti principali col programma governat.ivo: è forma�e�t� e sos

.tanz�al­

mente diverso da tanti altri programmi svolt1 da1 professo n d1 fllosof1a del r .

licei. La dottrina vi è esposta con ragionamento filato, preciso e c?erente,

ma sempre in punta di schemi, sillogismi e formul� astratte. N?lle dl11_lostra­

zioni, ond' egli accompagna e regge gran tratto le nsposte degh �lunm, _sem�

bra prevalere il procedimento logico deduttivo . Da certe �ott�me, �m egh

s'attiene, segnatamente nella psicologia e nell'eti�a, ben s� p�o cap1re che

egli sta più volentieri coi conservatori che non co1 novaton, nspetto al mo-

derno movimento filosofico.

Gli altri professori esaminatori

Dei professori Martone 1 (matematica), Brucchietti 2 (fisic� e c�imica),

Angelini 3 (storia naturale) non ho che a lodarmi, pel modo m cu1 hanno

compiuto l 'ufficio di esaminatori seri e coscienziosi.

Il preside prof. cav. G[iovanni] Battista Pandiani

n preside, prof. G. Pandiani ha dato prova di molta solerzia e pr_udenza,

nel vincere non poche difficoltà, che si attraversarono al buon avviamento di questo nuovo liceo. Egli ha fatto tutto dal can�o s�o �er tenere a segno qualche elemento irrequieto onde poteva prod��s1

. e s1 d1sse prod?tta qual­

che perturbazione nell'andamento regolare dell tstltuto. Provetto mseg�a�­te, devoto al dovere, laboriosissimo, esercita un'attiva vigilanza su�a dlSCl­plina, né trascura la parte didattica, essendo sempre pronto a �upph�e, ne�la loro assenza, i professori di lettere, italiane, latine, gr?ch? cos1 del gmnasw, come del liceo. È in grado di apprezzare con giusto cr1teno (secondo che ho potuto farne esperimento) l'opera dei professori, e sa cat�iv�rsene la

_ben?­

volenza e la stima. Merita pertanto che il governo gli contmm quella f1due1a

' Alfonso Martone. 2 Giuseppe Brucchietti. 3 Giovanni Angelini.

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250 Fonti per la storia della scuola

che sempre ha riposta in lui, specialmente quando gli affidava l' importante incarico di presiedere il quarto liceo di Roma.

Il r. commissario per gli esami di licenza liceale nella sede

del r. liceo Torquato Tasso in Roma M[ichele] Kerbaker 1

36

Relazione di Francesco Saverio Nitti sugli esami di licenza liceale e ginna­siale nel r. ginnasio di Badia di Cava.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. 20, fase. « 25c. 1 897- 1 90 1 . Badia di Cava dei Tirreni-Liceo-Inchiesta» . Allegato all'inchiesta 2 , ms. con firma autografa.

Napoli, 20 ottobre 1897

L'E.V. volle molto cortesemente, nel giugno scorso, affidarmi l'incarico di assistere quale r . commissario agli esami di licenza liceale e ginnasiale nel r . liceo ginnasio, annesso al monumento nazionale della Badia di Cava dei Tirreni. Io assistetti nella sessione estiva alle prove scritte e alla revisione delle me­desime. Ma, invitato dal governo a rappresentare l' Italia al congresso di Bru­xelles, non potetti esser presente alle prove orali. V.E. incaricò allora di so­stituirmi il chiaro professore Emidio Martini, bibliotecario della r. università di Napoli. Nella sessione autunnale ho espletato interamente l'incarico che l'E.V. volle affidarmi. Del liceo ginnasio della Badia di Cava io scrissi lunga­mente l 'anno scorso e negli anni precedenti. Non ho in nulla mutato le opi­nioni già espresse; solamente alcuni mali che io avevo deplorati ho visto con dispiacere acuirsi, alcune lacune diventate maggiori.

L'abolizione delle licenze senza esami. Benefici risultati

Sotto tutti gli aspetti benefico è stato il provvedimento ministeriale con cui si è abrogato il diritto accordato agli istituti governativi e pareggiati di

1 Michele Kerbaker, ordinario di storia comparata delle lingue classiche neo-latine dell'Uni­versità di Napoli, Facoltà di filosofia e lettere e direttore dell'Istituto di studi orientali.

• 2 L'�chie�ta sul �ceo-girmasio di Badia di Cava a seguito dell'aggressione contro il prof. Gwvanru Battista Gavmato, ad opera di due studenti, fu condotta dal provveditore agli studi di Salerno nell'ottobre del 1897. Il processo penale contro i due allievi accusati di tentato omici­dio fu celebrato in Salerno e si risolse in una condanna per oltraggio e percosse.

Sezione V- Esami 25 1

concedere licenze liceali e ginnasiali senza esami a coloro che avrebbero ot­tenuto le medie annuali stabilite dai regolamenti. Pericoloso negli istituti go­vernativi, pericolosissimo riusciva questo provvedimento in quelli pareggia­ti, ove sotto la pressione della concorrenza e nel desiderio di affermarsi soli­damente, si dava spesso la licenza liceale senza esami di sorta a persone as­solutamente incapaci.

Gli esami di questo anno

L'aver ristabilito gli esami per tutti è stato uno sprone al lavoro, un bene­fico stimolo all'attività dei risultati degli esami di licenza liceale e ginnasiale di questo anno nella Badia di Cava. V.E. giudicherà dalle due tavole che so­no allegate alla presente relazione.

Statistica degli esami

Agli esami di licenza liceale si presentarono diciannove candidati ( ove se ne scluda uno che venne da altro liceo a ripetere la prova di latino) : cinque ebbero la licenza in luglio, sette in ottobre.

Agli esami di licenza ginnasiale su trentadue candidati, otto ebbero la li­cenza in luglio, dieci in ottobre: qualcuno non si presentò all'ultima ora, per malattia.

La leggenda del rigore

Tre quinti degli alunni che si presentarono agli esami di licenza liceale e ginnasiale (trenta su cinquantuno furono approvati in tutte le materie; pa­recchi furono rimandati solamente in una o due discipline). Sugli esami di li­cenza della Badia di Cava si è sparsa una leggenda di eccessivo rigore; ecces­so che risalirebbe al prof. Kerbaker e a me che per parecchi anni siamo stati delegati dal Ministero dell'istruzione presso quell'istituto. Non si tratta però che di una leggenda, la quale è smentita dalle cifre anzidette.

Senza dubbio il prof. Kerbaker ed io abbiamo avuto il merito - e di ciò egli ed io siamo orgogliosi - di avere impedito molti abusi che in passato si commettevano apertamente; di avere impedito inframmittenze, soprusi, preferenze, le quali erano dirò quasi tradizionali. La leggenda di rigore ha però una base ove si consideri che non sempre nei licei e nei ginnasi pareg­giati (soprattutto in questi ultimi) dei paesi limitrofi si è proceduto con eguale serietà.

Inconvenienti negli esami di altri istituti di paesi limitrofi

Accade non di rado che giovani riprovati nel liceo o nel ginnasio della Badia, perché insufficienti o incapaci, ottengano altrove molto facilmente li-

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252 Fonti per la storia della scuola

cenze e promozioni. Questo è inconveniente grave su cui richiamo l'atten­zione della E.V., sicuro che nelle scelte future di commissari ministeriali si terranno gli stessi criteri.

Come si possa ovviare a un grave inconveniente attuale

A Cava esiste un ginnasio municipale: e un ginnasio e un liceo pareggiati esistono nella Badia. Sarebbe bene negli anni prossimi nominare un sol com­missario per entrambi gl'istituti. Ciò ristabilirebbe l 'eguaglianza di tratta­mento e impedirebbe pettegolezzi e confronti e dicerie così noiosi in un pic­colo centro.

Licenza liceale I professori del liceo

Gli esami di licenza liceale sono proceduti abbastanza bene: io non ho in nulla da modificare quanto scrissi negli scorsi anni. Vi sono alcuni insegna­menti sotto tutti gli aspetti buoni: filosofia e storia (pro f. Bianco), matemati­ca e fisica (prof. Mandoli), storia naturale (prof. Zuccardi); altri mediocri: italiano (prof. Rafanelli) e latino e greco (prof. Antonio Melardi). Manca in generale ogni spirito di unione tra i professori; sicché molte energie vanno inutilmente perdute, altre soffocate.

La condotta dei professori - Gli abusi del prof. Melardi

In qualche professore si deplora più che deficienza di coltura (sarebbe male ancor minore) la mancanza di carattere. Tale è il caso del professore Antonio Melardi. Impressionabilissimo, incertissimo durante lo scrutinio, egli proponeva con la massima disinvoltura un punto o un altro. Passava da due a sei con una facilità estrema. Ho dovuto molte volte richiamarlo aspra­mente, perché usava parole non convenienti. Non diceva di un compito che fosse buono o cattivo, idoneo o non idoneo, ma bastava una qualsiasi pres­sione esteriore per indurlo a dire: si può difendere, si può « tirarlo » . . . Assi­sto da molti anni a esami e non mi è mai capitato di vedere tanta inconsi­stenza di giudizio. Peggio ancora. Il professore Melardi spesso determinava non pochi inconvenienti, comunicando ad alunni notizie in precedenza, o interponendosi per altri: ufficio di mediatore non onorevole, anzi non degno.

Inconvenienti derivati dalla condotta del prof. Melardi

Così fu che un candidato certo Notargiacomo, cui la commissione era stata più che benevola, in vista della sua miseria, accampò pretese e annun­ziò ricorsi e fece deplorare ingiustificato rigore fin nei giornali. Ed era degli alunni uno dei peggiori e dei meno idonei!

Sezione V- Esami 253

Però, tutto sommato il liceo procede abbastanza bene e meglio procede­rebbe, se vi fosse maggiore coesione e maggiore affiatamento. Alcuni degli insegnanti sono addirittura ottimi, e i loro insegnamenti danno risultati no­tevolissimi.

Gli esami di licenza ginnasiale

L'indirizzo degli studi nel ginnasio lascia molto a desiderare Invece nel ginnasio il livello era ed è abbastanza basso. Se si fosse dovuto

procedere con rigorosa fermezza bisognava riprovare quasi tutti. Tranne gli insegnamenti di storia naturale e di matematica affidati agli stessi professori del liceo (Zuccardi e Mandoli), le altre discipline sono abbastanza trascurate, altre addirittura neglette. L 'insegnamento della geografia e della storia, della cui insufficienza avevo avuto occasione di dolermi, è stato di molto (dal prof. Molinari) migliorato. Se presenta ancora qualche lacuna, in complesso è abbastanza ben fatto.

Viceversa deficiente è l'insegnamento della lingua italiana affidata allo stesso prof. Molinari; deplorevoli addirittura sono gl'insegnamenti del latino e del greco (prof. Gavinato) e del francese (pro f. Smith).

Il professore di latino e greco

Il prof. Gavinato 1, non per mancanza di coltura ma per poca attitudine didattica, non riesce mai ad avere alcun ascendente sugli alunni, i quali delle sue lezioni profittano ben poco. Si può dire con tutta coscienza che i risulta­ti delle prove di greco e latino sono state infelicissime.

L 'insegnamento del francese - L'opinione del prof. Smith

Egualmente deplorevoli le prove della lingua francese. Il professore Smith si ostina a dire che la sua disciplina non ha importanza e che è anzi meravigliato del fatto che la commissione ha voluto darne qualcuna.

Un deplorevole incidente

L 'ultimo giorno degli esami di licenza ginnasiale, è accaduto un fatto molto grave. Due candidati, a nome Frascella Donato e Testa Francesco -giovanetti assolutamente ignoranti ed impreparati - hanno aggredito nelle mura stesse della Badia e tentato di uccidere a colpi di rivoltella il prof. Ga­vinato.

Il Gavinato, che è prete e timido è riuscito a stento ·a sfuggire alle insidie omicide. Mi risulta da una inchiesta minuziosa che esistevano precedenti rancori.

l G. Battista Gavinato.

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254 Fonti per la storia della scuola

�nche b_iasimando gl'insegnamenti attuali del greco e del latino nel gin­

nasw supenore, devo riconoscere che nessuna colpa può esser fatta al Gavi­nato �i riprovazioni date per consenso unanime. Benché sia insegnante po­co efficace, non ho potuto che rimproverare a lui troppa arrendevolezza non mai rigore eccessivo o partigianeria. '

La direzione degli studi

Questo drammatico incidente ha molto impressionato gli animi molto rattristata la direzione dell'istituto . Quest'ultima è affidata ora nomil�almen­te all'abate ordinato Don Benedetto Bonazzi; in realtà al giovane benedetti­no Don Anselmo Pecci.

Il prefetto degli studi: don Anselmo Pecci

Il P_ecci ha invero non poche qualità di mente e di animo: e benché gli

manchmo ancora autorità ed esperienza, è a sperare che faccia bene in avve­nire. All'abate Bonazzi ed al prefetto degli studi Pecci, non ho tralasciato di noverare tutti gl'inconvenienti che riferisco ora a V.E.

Essi se ne s?no mostrati addirittura convinti e mi han promesso di ripa­rare. Nel prossrmo anno, se non fin da ora, sarà dispensato il prof. Gavina­t� : e poi a maggio prossimo sarà fatta disdetta a tutti, perché l'opera risana­tnce possa compiersi largamente.

Ciò mi è stato promesso dall'abate, ed io ne riferisco a V.E. Sarebbe senza dubbio assai bene che le promesse fossero in realtà mante­

nute. V.E . , che ha la suprema tutela dell'insegnamento, saprà bene evitare che

l 'ottimo proponimento non abbia seguito . Da pa�t� mia, ho cercato di adempiere al mio mandato con la più grande

scrupolos1ta e con la maggiore possibile solerzia. L'E. V. voglia credere ai sensi della mia rispettosa devozione.

Francesco S. Nitti

37

Circolare a firma del ministro ai capi d'istituto sui criteri da adottarsi negli esami finali.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. 2 , fase. « 1 897. Esa­mi di licenza liceale » , ms. con firma autografa.

Sezione V- Esami 255

[giugno 1898]

Nella imminenza degli esami finali presso le scuole secondarie, stimo op­portuno richiamare l'attenzione delle SS.LL . sopra le istruzioni date con le circolari ministeriali 20 maggio e 6 agosto 1896, in quella parte che concer­ne le maturità dei candidati.

Il criterio della maturità è un criterio giusto, ed io perciò lo raccomando alle commissioni esaminatrici. Ciascun esame componendosi di varie prove, un candidato, che nell'insieme di esse e nelle più importanti abbia dato buon saggio di sé, può, nonostante qualche lieve deficienza parziale, merita­re l'approvazione.

Per quanto i regolamenti non abbiano intorno a ciò disposizioni speciali, io reputo conveniente che alla votazione definitiva sopra l'esame di ogni candidato, non rimasto approvato in tutte le materie al primo scrutinio, si faccia precedere il giudizio sulla maturità. Ove la commissione non sia con­corde nel giudizio la deliberazione sarà presa a maggioranza di voti, come prescrive per lo scrutinio finale e per gli esami, l'art. 74 del regolamento per i ginnasi e i licei. Resta inteso che, se il candidato è dichiarato maturo, gli dovranno essere assegnati in ciascuna materia d'esame i voti necessari per l 'approvazione.

Inutile avvertire che i resultati degli esami non debbono essere pubblica­ti finché non siano definitivi, e che ai giudizi sulla maturità dovranno essere sottoposti quei soli candidati, che abbiano ottenuto nella maggior parte del­le materie, e nelle più importanti, voti superiori alla semplice approvazione; ma non inutile forse additare alle commissioni un pericolo, affinché si studi­no di evitarlo; il pericolo che il loro indulgente giudizio sopra qualche parte dell'esame induca nei giovani la falsa e dannosa persuasione che si possa nel corso degli studi trascurare di proposito qualche materia, ed essere promos­si o licenziati lo stesso. Questo avverrebbe se l'indulgenza usata un anno per una materia si ripetesse nei successivi: non avverrà, se i giovani siano per­suasi che l'indulgenza deve avere l 'effetto opposto, di indurii cioè a raffor­zarsi in quelle discipline ove si sentono un po' deboli.

Io non entro in maggiori particolari, rimettendomi con piena fiducia, per l'attuazione delle idee da me accennate, alla esperienza e al senno delle commissioni esaminatrici.

Desidero però che le commissioni sappiano fin d'ora e tengano bene in mente che, come i loro giudizi sono definitivi e immutabili, così nessuna concessione ministeriale interverrà in nessun caso a modificarne o ad atte­nuarne gli effetti.

I giovani che non saranno usciti vincitori dalle prove degli esami debbo­no rassegnarsi alla loro sorte, e mettere a profitto il tempo che hanno dinan­zi per prendersi una onorevole rivincita. È questo il solo consiglio che i capi degli istituti debbono dare loro, dissuadendoli dal presentare al ministero

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256 Fonti per la storia della scuola

istanze o ricorsi, che non sarebbero presi in considerazione. Tanto meno debbono i presidi, come talvolta è accaduto, inviare essi medesimi e racco­mandare al ministero le istanze dei giovani caduti negli esami, alimentando in essi la perniciosa credenza che il ministero possa concedere loro per gra­zia, o per effetto di raccomandazioni, quei diplomi di cui le commissioni esaminatrici li giudicarono immeritevoli.

In questa faccenda degli esami non vi possono essere casi speciali pei quali il ministro debba violare la legge. Tutte le considerazioni di equità debbono essere fatte, a tempo opportuno, cioè prima che si chiuda la sessio­ne d'esami, dalle commissioni esaminatrici.

Il ministro L[uigi] Cremona 1

1 Luigi Cremona, senatore dal 1879, ministro della pubblica istruzione nel governo di Rudi­nì dal l o al 29 giugno 1898, era direttore della Scuola di applicazione per gli ingegneri e docen­te di matematiche superiori presso l'Università di Roma.

SEZIONE VI

I PROFESSORI: IL RECLUTAMENTO, LA QUALIFICAZIONE E IL TRATTAMENTO GIURIDICO-ECONOMICO

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Parere del consultore legale 1 su alcuni aspetti insorti in merito all 'appli­cazione della Casati.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 3 , fase . 7 « Personale. Parere del consul­tore legale sulle difficoltà che s 'incontrano nell'applicare riguardo alla nomina dei professori nei licei, la nuova legge sulla istruzione pubblica del 1 3 nov. 1 859 » , ms. con firma autografa.

Torino, l marzo 1860

Nell'addivenire alla nomina de' professori nei licei delle antiche provin­cie dello Stato per eseguir la legge del 1 3 novembre p.p. sulla pubblica istru­zione v'ha chi crede sianvi gravi difficoltà poiché essendo lo stipendio dei professori di l a classe nei licei secondo la legge nuova eguale agli stipendi dei professori di prima classe secondo i regolamenti antichi, ed il numero dei professori attualmente provvisti dello stipendio di prima classe ascen­dendo a ventidue, v'ha pericolo che non tutti possano essere nominati a professori nei licei di l a classe, e che quindi alcuni di essi debba scendere di grado, e perdere di stipendio.

Difatti i licei di prima classe essendo quelli che sono stabiliti nelle città capoluoghi di provincia la cui popolazione superi 40/m abitanti si riducono nelle antiche provincie dello Stato a quelli che si erigeranno in Alessandria, Genova, Nizza, e Torino.

I professori titolari nei licei sono soli quattro , gli altri tre sono reggenti. Supposto ciò che pare probabile che in Torino si eriggano due licei, il to­

tale de ' licei sarà di cinque nelle antiche provincie e così venti professori ba­steranno a fornirli di professori titolari. Due per conseguenza degli attuali professori di prima classe dovranno scendere di grado. Aggiungasi, che dei ventidue professori attualmente provvisti dello stipendio di prima classe quattro sono soli professori di grammatica, e come tali non possono essere nominati professori nei licei. Si aggiunga che può avvenire che non conven­ga di destinare alcuni di essi a professori nei licei, o che abbondando i pro­fessori di filosofia razionale più del bisogno non si possano nominare per questo motivo tutti i venti professori suddetti nei licei di prima classe.

1 Il consultore legale era previsto dalla legge Casati (13 nov. 1859, n. 3725) agli artt. 23-27 con compiti riferibili all' «intelligenza ed applicazione delle leggi e dei regolamenti » .

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260 Fonti per la storia della scuola

Qui però giova osservare, che secondo la legge nuova gli stipendi dei professori degli instituti tecnici sono eguali agli stipendi dei professori dei licei. Or bene sebbene non si possa dire sin d'ora quanti instituti tecnici ver­ranno stabiliti, tuttavia si può francamente affermare, che alcuni verranno stabiliti. Ciò posto se si porrà mente a che i professori attualmente provvisti dello stipendio di prima classe vengano a preferenza degli altri nominati professori titolari nei licei, e negli instituti tecnici di prima classe la difficol­tà o cesserà affatto, o sarà per lo meno grandemente diminuita. Sarà quindi utile che gli ispettori generali delle scuole secondarie e delle scuole tecniche s'accordino nel proporre le nomine a professori, che sono di loro spettanza.

Non è uopo parlare delle nomine di professori nei licei di 2 a classe, o di 3 a , e di quelli nei ginnasi, perché riguardo a questi non incontrasi difficoltà alcuna nello eseguire la nuova legge.

[Giuseppe] Perona 1

Numero complessivo dei professori insegnanti per classe cioè

Stip . L. 2 .200 di prima classe N. 22 +

L. 1 .800 di seconda in » 49

L . 1 .800 di terza in » 100

L. 1 .200 di quarta in » 162

333

+ di grammatica n.4 compresi nei 22 .

39

Estratto della delibera del Consiglio superiore di pubblica istruzione sul­l' eleggibilità dei docenti nei licei e ginnasi per meriti acquisiti in titoli di servizio e in pubblicazioni.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 3 , fase. l «Personale. Nomine, promo­zioni, decimo, pensioni, sussidi . . . 1860-' 6 1 » , ms.

1 Ufficio dell'Ispettorato: consultore legale avv. aggr. Giuseppe Perona.

Sezione VI - I professori: il reclut., la qualific. e il tratt. giuridico-economico 261

Torino, 8 gennaio 1862

Il Consiglio superiore di pubblica istruzione

a sezioni unite in adunanza del 29 dicembre 1861

Vista la domanda del sig. Girolamo Rossi professore reggente di quarta classe nel r. ginnasio di Ventimiglia per esser promosso al grado di professo­re titolare

Visto il decreto con cui il ministero trasmettendo al Consiglio la doman­da del Rossi sottopone al medesimo il quesito: se il disposto dell'art. 2 10 della legge 13 novembre 1859 possa anche applicarsi ai ginnasii; e se, in ca­so affermativo, si possa applicare al prof. Girolamo Rossi in vista delle sue produzioni letterarie.

Considerato, che l'art. 205 1 della legge 1 3 novembre 1859 stabilisce per regola generale che i professori titolari dei ginnasii e licei regi debbono esse­re nominati dal re fra le persone dichiarate previo concorso, eleggibili a quest'ufficio;

Che l'art. 2 1 O fa eccezione alla regola del concorso in favore di quelli che per opere scritte o per buone prove date nell'insegnamento saranno ve­nute in concetto di grande perizia nelle materie che sarebbero loro affidate;

Che sebbene questo articolo non parli se non della nomina di professore nei licei, per parità almeno di ragione, sembra doversi l'eccezione applicare alla nomina di professori titolari nei ginnasii, ove concorrano le stesse con­dizioni;

Che, quantunque secondo i più noti canoni di interpretazione, una di­sposizione eccezionale non si possa estendere da un caso ad un altro, pur nondimeno nel concreto non si viola questa massima perché milita piuttosto la regola che il più comprende il meno;

Che infatti non sarebbe quasi concepibile, che un uomo la cui capacità singolare nelle materie d'istruzione secondaria fosse luminosamente com­provata da opere pubblicate o da prove date nell'insegnamento potesse esse­re senza concorso nominato professore titolare in un liceo e non potesse es­serlo in un ginnasio;

Considerato che l'operetta il Principato di Monaco studi storici, pre­senta rapidamente delineate le vicende di questo paese dai tempi più remoti sino a nostri giorni, e la Storia della città di Ventimiglia dalla sua origine discende sino al 1858 e vi si espongono le vicissitudini politiche di questa città e del suo territorio, il prosperare e il decadere di essa nell'età di mezzo, le condizioni di essa nell'ordine civile, economico e religioso nel succenna­to periodo di tempo;

1 L'articolo prevedeva anche il parere del provveditore.

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262 Fonti per la storia della scuola

Considerato, che queste due opere sono commendevoli per la diligenza ed accuratezza delle indagini, per l 'abilità di valersi delle fonti storiche, per acconcia distribuzione delle materie, per chiarezza di esposizione, per aggiu­statezza di criterio, per una nota padronanza della lingua, e per uno stile ap­propriato al soggetto;

Che le preaccennate opere rilevano nel sig. Rossi, uno scrittore valente, un uomo fornito di un corredo non comune di cognizioni letterarie e sto­riche;

Che l 'essere egli stato ascritto a varii corsi scientifici e segnatamente alla Regia deputazione di storia patria, prova che i suoi meriti vennero ricono­sciuti da persone competenti;

Considerato che dalle informazioni somministrate dall'ispettore delle scuole secondarie classiche per la parte letteraria, risulterebbe che il sig. Rossi adempie lodevolmente il suo ufficio, anzi che egli sarebbe più atto al­l 'insegnamento della storia in un liceo a quello più modesto e più circoscrit­to dei ginnasii;

Per questi motivi il Consiglio fu d'avviso; Quanto alla questione di massima; Che la disposizione dell'articolo 2 10 1 della legge 1 3 novembre per iden­

tità di ragione e secondo lo spirito della medesima sia applicabile anche ai ginnasii;

In quanto al caso concreto . . . . . . . . . che sia applicabile al sig. Rossi l 'art. 2 1 0 della legge 13 novembre 1859, per quanto concerne la storia e la lette­ratura italiana, non aversi dai titoli prodotti, dati sufficienti per giudicare della sua capacità per le altre materie che s ' insegnano nei ginnasii.

Per estratto conforme

Per il v. presidente il consigliere anziano Filippo De Filippi

40

Il segretario del Consiglio [Vincenzo] Gallo

Verbale di ((conferenza)) dell'Ispettorato presieduta dal ministro.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 3 , fase . l « Personale. Nomine, promo­zioni, decimo, pensioni, sussidi, . . . 1860-' 6 1 » , ms.

1 L'art. 2 10 concedeva ampi poteri al ministro che, in eccezione al regolamento del concor­so, poteva chiamare «a professori nei licei, gli uomini che per opere scritte o per buone prove nell'insegnamento, saranno venuti in concetto di grande perizia nelle materie che loro sarebbe­ro affidate ».

Sezione VI- I professori: il reclut., la qualific. e il tratt. giuridico-economico 263

7 luglio [ 1862]

1 o - Aumenti sussidi ai presidi e ai rettori

L 'ispettore generale Bertoldi 1 ricorda al sig. ministro la condizione eco­nomica e gerarchica dei presidi e dei direttorii dei licei e dei ginnasi, a cui si dovrebbe provvedere come già si parlò in altra conferenza; crede che la ri­sposta negativa del Consiglio di Stato non debba inceppare l 'azione del mi­nistro.

Si sospende ogni discussione su ciò aspettando la presenza del cav. Gatti, che non si trova negli uffici del ministero per istudiare il modo amministra­tivo a risolvere la questione, senza dover fare una legge apposita.

2 o - Commissario regio da inviare nel liceo di Cremona

Lo stesso ispettore generale fa presente al signor ministro come conver­rebbe inviare in qualche liceo un commissario regio per invigilare gli esami di licenza, accenna alle circostanze che richiederebbero se ne inviasse uno nel liceo di Cremona.

Il ministro acconsente.

3 o - Come si provveda ai posti di titolari vacanti

Dopo ciò sempre sulla proposta dello ispettore generale Bertoldi, si en­tra a parlare del modo con cui provvedere ai posti di titolari che si verifi­cheranno vacanti nei licei e nei ginnasi sul finire dell'anno scolastico.

Dopo una esposizione dello stato delle cose si conclude coll'assenso del ministro.

I. Che si cerchi intanto di conferire parte di tali posti ai titolari reggenti. II. Dopo questo si metta in atto il disposto dell'art. 2 1 0 relativamente al­

le eccezioni al concorso, ma con molta cautela. III. Che si vegga di provvedere agli altri posti disponibili col sistema del

concorso, ed aprire una carriera ai reggenti.

4 o - Come si provveda alle cattedre facoltative dei licei toscani

Parlandosi in seguito delle cattedre facoltative che vi sono nei licei della Toscana, a cui sinora in caso di vacanza si provvide per mezzo di incaricati, il ministro conferma questa massima, ed anzi raccomanda che non si prov­veda quando trattasi di cattedre che vi sono nelle università, come di anato­mia etc.

1 Giuseppe Bertoldi, ispettore generale degli studi secondari classici.

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264 Fonti per la storia della scuola

5 o - Come si provveda alla nomina dei professori in Sicilia che ora sono provvisori

Essendo nella Sicilia le nomine dei professori tanto nei ginnasi che nei li­cei tutte provvisorie, il ministro prendendo atto di questo fatto, dichiara che il segretario generale comm. Brioschi 1 recandosi tra breve in Sicilia as­sumerà informazioni su quegli insegnanti, e proporrà gli opportuni pro�e­dimenti.

Molte questioni sarebbero ancora all'ordine del giorno che vengono rin­viate ad altra adunanza che si terrà ancora nel corrente mese.

4 1

sen. C[arlo] Matteucci 2

Fusco Edoardo 3 Scavia sac. Giovanni 4

Estratto della delibera del Consiglio superiore di pubblica istruzione sul rilascio di patente di idoneità agli insegnanti delle province annesse.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 3 , fase. l « Personale. Nomine, promo­zioni decimo, pensioni, sussidi, . . . 1860-' 6 1 » , ms .

Torino, 29 settembre 1862

Il Consiglio superiore di pubblica istruzione a sezioni unite

in adunanza 1 6 settembre corrente

Dopo di avere osservato che non pochi insegnanti specialmente delle provincie già soggette al Governo pontificio , massime dopoché si aprivano in Milano e in Bologna gli esami per accertare l'idoneità di quelli che non sono muniti di regolare patente, ricorrono al ministero, e all'appoggio di ti­toli di varia natura che presentano, domandano la dispensa dagli anzidetti

1 Francesco Brioschi, segretario generale del Ministero di pubblica istruzione poi membro nella giunta del Consiglio superiore (1883).

2 Ministro della pubblica istruzione dal 31 marzo al 7 dicembre 1862, nel gabinetto Rat­tazzi.

3 Ispettore delle scuole secondarie nelle province meridionali. 4 Ispettore delle scuole normali, magistrali e tecniche.

Sezione VI- I professori: il reclut., la qualific. e il tratt. giuridico-economico 265

esami e il diploma di professore o una dichiarazione di abilitazione all'inse­gnamento, la quale in sostanza avrebbe lo stesso effetto;

Che ve ne sono in particolare parecchi che esercitano da più anni l'uffi­cio d'insegnanti nelle scuole secondarie secondo le norme vigenti nelle preaccennate provincie prima della loro annessione al Piemonte, e delle re­centi innovazioni negli studii secondarii, la posizione dei quali non dovreb­be essere alterata per le mutazioni avvenute e per l'introduzione del nuovo sistema di studii secondarii;

Ha creduto opportuno di stabilire qualche massima da adottare in simili casi.

Epperciò, considerato che non si potrebbe stabilire una massima unica per tutti coloro i quali non sono muniti di regolare patente per la diversità dei titoli che possono presentare;

Che non potrebbesi nemmeno ritenere in modo assoluto che l'unica in­dagine a farsi per tutti i succennati insegnanti sia quella solo di riconoscere se abbiano titoli equivalenti alla laurea in conformità dell'articolo 206 1 della legge 1 3 novembre 1 859, perché in tal guisa si farebbe in qualche maniera retroagire la legge; ma dovrebbe bastare il riconoscere se i ricorrenti presen­tino titoli sufficienti di idoneità per tutti o per una parte degli insegnamenti delle scuole secondarie;

Che una norma uniforme parrebbe doversi stabilire per quelli che già da più anni addietro, anteriormente cioè al nuovo ordinamento degli studii se­condarii abbiano esercitato regolarmente l'insegnamento nelle dette scuole;

Che alla condizione legale di questi insegnanti non può recare nocumen-to qualunque mutazione avvenuta nel sistema degli studii secondarii;

Per questi motivi Adottò la seguente massima. Che gli insegnanti delle nuove provincie i quali al momento dell'attua­

zione del recente ordinamento degli studii secondarii avevano tre anni al­meno d'esercizio in seguito a nomina definitiva in qualche instituto pubbli­co o privato d'istruzione secondaria legittimamente riconosciuto, debbano ritenersi idonei all'insegnamento ginnasiale del primo o del secondo grado o all'insegnamento liceale secondo la natura degli insegnamenti per essi dati e possa loro rilasciarsi una patente od una dichiarazione che ne faccia fede.

Che in quanto agli altri i quali non si trovino nella preaccennata condi­zione, debba giudicarsi della loro idoneità coll'apprezzamento dei titoli che presentano.

Per estratto conforme

Il segretario del Consiglio superiore [Vincenzo] Gallo

1 L'articolo prescriveva i requisiti richiesti per l'ammissione ai concorsi a cattedra ma pre­vedeva anche la dispensa da tali requisiti per « le persone note per la loro dottrina in tali ma­terie».

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266 Fonti per la storia della scuola

42

Trasmissione al ministro della relazione sui programmi per gli esami di abilitazione a cura della Scuola di magistero della r. Università di Na­poli.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 1 60, fase . l « P .g . 70 B . Esami di lingue straniere. Abilitazioni » , ms. con firma autografa.

Napoli, 18 aprile 1877

Rispondendo all' invito della S .V. , contenuto nella lettera ministeriale di marzo p .p. , no di partenza 4533 , Le trasmetto una relazione della sezione di lettere storia e geografia, e un'altra della sezione di filosofia, della Scuola di magistero, intorno a' programmi per esami di abilitazione all'insegnamento secondario, non che i programmi di filosofia morale e di pedagogia. Se si è valicato il termine posto del 15 aprile, fu per l 'indisposizione del prof. di fi­losofia morale.

Il direttore Giuseppe De Luca

Napoli, 18 aprile 1877

Invitata la facoltà di lettere e filosofia della r. Università di Napoli, con lettera ministeriale di marzo '77, a compitare i programmi di diversi esami di abilitazione all'insegnamento liceale, ginnasiale e tecnico, espone all'E.V. quelle considerazioni che l 'hanno trattenuta dal soddisfare compiutamente come avrebbe desiderato , all 'invito a lei fatto .

Quali sieno le esigenze di un programma prestabilito , non potrà giammai un esame sommario, come questo detto di abilitazione, rendere fede piena e sincera del sapere di un candidato di cui non consti altrimenti la ragione de­gli studi fatti. Sì fatta pruova non può ragguagliarsi menomamente con quel­la testimonianza assidua e compiuta dell'ingegno, della dottrina e delle atti-

Sezione VI - I professori: il reclut. , la qualific. e il tratt. giuridico-economico 267

tudini didattiche, la quale vien data dagli alunni delle scuole universitarie e magistrali, non pure nei molteplici esami del corso quadriennale, ma in quell'esame continuo e giornaliero delle lezioni e delle conferenze scolasti­che. Stimasi pertanto cosa necessaria, che l' insegnamento complessivo e de­bitamente coordinato delle discipline letterarie e filosofiche, pari a quella coltura moderna, che deve pure informare l 'insegnamento secondario venga impartito, coll'opera dei pubblici e privati docenti, dalle facoltà universita­rie, le quali, spogliate della loro autorità moderatrice, non avrebbero più ra­gione di esistere.

La facoltà pertanto teme fortemente che, con questa libertà lasciata a co­loro che aspirano all'ufficio d'insegnante di tenere lontani dai centri o fochi naturali della comune coltura, si venga a dare sempre maggior campo a quella rilassatezza e superficialità di studi, che già con troppa ragione si van­no lamentando! L'esperienza ha dimostrato a parecchi dei professori della facoltà medesima, stati esaminatori nelle sessioni straordinarie per gli esami di patenti, che l'esame riesce a una pruova di leggerezza e di temerità, tutte volte che la legge non limita· e determina, colle dovute prescrizioni il diritto di ammissione all'esame medesimo. L'esame, per essere efficace e sincero, cioè, corrispondente ai programmi scritti presuppone il fatto di una prepa­razione coscienziosa nell'esaminando, cioè, un corso regolare di studi. Ove manchi questa condizione, il criterio delle commissioni esaminatrici rimane incerto , perplesso , . . . e si regola, per lo più, con quelle considerazioni prati­che, quei ripieghi, quei compromessi, che riescono infine alla sanzione di tutti gli abusi. Gli esami, insomma, hanno valore quando corrispondono ad un determinato insegnamento, precedentemente fatto; e sono del tutto im­potenti per sé stessi a sollevare il basso livello degli studi e a dare alcuna guarentigia della dottrina dei liberi studiosi . Crede inoltre il collegio lettera­rio e filosofico di questa Università, che la facilità di ottenere i diplomi di abilitazione, tenda veramente, se si guardi agli effetti della legge, non alle massime generali ed agli intendimenti del legislatore, ad esautorare le scuole di magistero instituite nelle diverse università del Regno. Le quali già versa­no oggidì in poco liete condizioni, per la semplice e precipua ragione, che all'arduo tirocinio ivi richiesto, perché si coltivino a dovere le varie discipli­ne letterarie e filosofiche non porge alcun degno compenso o conforto la carriera che indi viene aperta ai giovani studiosi. Ora, a tale inconveniente, con cui si spiega troppo bene la poca frequenza e talora l'abbandono dei corsi letterari e filosofici universitari e quindi la deplorata deficienza del personale insegnante , rispetto al pubblico bisogno, mal si cerca porre ripa­ro, aprendo una concorrenza, non già d' ingegno e di studio, ma di mestieri. Infatti, tranne casi veramente eccezionali, gli aspiranti al diploma d'inse­gnante, conseguibile colla scorciatoja della abilitazione, non avrebbero oggi­dì alcuna onesta e valevole ragione, per giustificare la loro mancanza di stu­di' regolari, fatti, cioè, a tempo e luogo. La considerazione della scarsa fortu-

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268 Fonti per la storia della scuola

na, la quale impedisca coloro che vogliono adirsi al magistero letterario e fi­losofico di frequentare i corsi universitari, non fa punto al nostro caso . Per­ché, lasciando stare che tale considerazione non dispensa alcuno studente nelle altre facoltà dall'obbligo di dare gli esami annuali e successivi, affine di esservi addottorati è pur da notare come gli alunni delle scuole magistrali superiori, i quali dimostrino un po' d'ingegno e diligenza non mancano bor­se e sussidi che li pongano in grado di frequentare assiduamente e con pro­fitto i corsi dell'università. Ma invece molte ragioni di tornaconto, troppo facili a comprendersi, fanno preferire a molti la via spicciativa dell'esame di abilitazione alla via lunga della laurea e del corso universitario . Già colle mentovate sessioni straordinarie, che almeno trovano una ragione di oppor­tunità nelle condizioni anormali del tempo passato, in cui si desiderava l'i­stituzione delle scuole magistrali superiori, si è introdotto nel pubblico inse­gnamento insieme a pochissimi buoni, un gran numero di insegnamenti me­diocrissimi od inetti: come potrebbe informare in proposito il Provveditora­to centrale, preposto all'istruzione secondaria. Ma ormai colle tante vie re­golari che sono aperte nelle università e negli istituti superiori a qualunque giovane voglia di serio proposito dedicarsi al magistero letterario e filosofi­co, non si comprende in alcun modo questa concessione fatta usualmente a coloro che non hanno fatto studi regolari e sono sprovveduti di titoli legali e stabili (si allude alle autorizzazioni annuali, date e rinnovate dai r. provve­ditori!) per l'insegnamento è a prevedersi che si applicheranno a questa via comoda e privilegiata del diploma di abilitazione quanti si gittano alle car­riere fortuite e repentine, e troppo tardi si credono fatti per la cattedra, quando, cioè, hanno cercato invano la ventura in varie altre professioni. Quale unità di indirizzo scientifico, quale serietà ed armonia di metodi pos­sano attendere da questo reclutamento tumultuario di una grande parte de­gli insegnanti si può quindi agevolmente comprendere. E questa indipen­denza dall'insegnamento universitario , in cui si verrebbe a costituire, per gran parte l'istruzione secondaria non è certo valevole a conferire dignità e reputazione alle facoltà di lettere e filosofia, le quali pur tuttavia nei paesi più civili sono considerate come le vere custodi e moderatrici della naziona­le educazione.

Per altre ragioni, l'esame di abilitazione, appare a chi bene consideri un vero privilegio conceduto ai mediocri ed ai negligenti a scapito dei giovani d'ingegno e volenterosi, che si sobbarcano a npn lievi sacrifizi per compiere convenevolmente i loro studi universitari. li diploma di abilitazione conferi­sce il diritto ad una cattedra di ginnasio superiore e di liceo con un esame distinto e speciale, cioè, con un saggio parziale di quelle discipline che en­trano integralmente nel complesso degli esami, coi quali si ottiene la laurea. Eppure non esiste alcuna distinzione legale tra l'insegnamento del ginnasio superiore e quello del liceo, ed è bene che non esista. Cogli esami di abilita­zione tuttavia si viene ad esigere una maggiore o minore preparazione dot-

Sezione VI - I professori: il reclut., la qualific. e il tratt. giuridico-economico 269

trinale da coloro che si addicono a questo od a quel ramo dell' insegnamento classico superiore, nelle scuole secondarie, il quale richiede, come general­mente si ammette, pari ingegno, pari maestria didattica ed un fondo comu­ne di coltura. La condizione privilegiata dei candidati agli esami di abilita­zione, si rende anche più manifesta se si considera, da una parte la tenuità della somma depositata una volta per sempre dall'aspirante al diploma d'in­segnante, dall'altra la gravità delle tasse d'iscrizione degli esami di passag­gio, degli esami finali che per quattro anni deve pagare lo studente di lettere e filosofia nell'università, ed è anche privilegio l'età di venti anni richiesta per l'ammessibilità dell'esame di abilitazione per l'insegnamento nelle scuo­le tecniche mentre, coll'attuale ordinamento degli studi, un giovane non può essere licenziato dall'università per l'insegnamento ginnasiale o tecnico prima dei ventidue anni per lo meno.

Né vale il dire che si farà sempre una distinzione vantaggiosa pei laureati riguardo la loro carriera. Lasciando stare che il titolo legale d'insegnante una volta riconosciuto, non si può più ragionevolmente valutare per se stes­so come più o meno meritorio; stante il grande numero, per non dire la maggioranza degli insegnanti, non hanno frequentato i corsi universitari quella distinzione rimarrebbe del tutto illusoria. Per tali considerazioni, la facoltà di lettere e filosofia della r. Università di Napoli è di avviso che que­sti esami straordinari di abilitazione, sieno per ogni riguardo dannosi: diret­tamente al pubblico insegnamento, facilitandone l'accesso a gente che lo professa tamquam venale aliquod artificii ed è amante degli studi precipi­tosi e disordinati, indirettamente poi alle scuole magistrali universitarie, col sottrarre loro grande parte dell'autorità moderatrice dei buoni studi che ad esse compete.

Del resto, anche ammettendo come provvedimento temporaneo queste sessioni straordinarie, la facoltà è d'avviso che si debba concedere il diritto a presentarvisi, ai soli vecchi insegnanti, a coloro, cioè, che abbiano già, per lo meno, dieci anni di esercizio .

Quanto ai programmi la facoltà non vede come possano essere diversi da quelli che regolano gli esami dei corsi universitari per la laurea di dottore in lettere e filosofia (pei professori di ginnasio superiore e di liceo) o per la li­cenza dopo il secondo anno del corso di lettere (prof. di ginnasio inferiore) a quelli che regolano i corsi biennali istituiti con decreto 3 aprile 1 870 pres­so alcune università, per conferimento del diploma di abilitazione .ai maestri delle scuole tecniche e magistrali. I programmi proposti dal regolamento 1 2 luglio 1 869 1 per le patenti di professore liceale e ginnasiale ci sembrano tracciare con più che sufficiente larghezza il campo delle rispettive discipli­ne in cui il candidato deve essere versato. Senonché havvi a notare nei me-

' Si tratta del r.d. 12 lug. 1869, n. 5202, che regola gli esami di abilitazione all'insegnamen­to secondario classico nelle sessioni straordinarie.

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270 Fonti per la sto1·ia della scuola

desimi il difetto inevitabile in ogni programma generale e complessivo, cui non corrisponda un determinato insegnamento precedentemente fatto : cioè la misura incertissima del quanto si deve sapere. Di qui tutte quelle formale ambigue e indefinite, cagione di molti equivoci e dubbietà sì per gli esami­natori che per gli esaminandi. Si richiede, verbigrazia dal candidato al diplo­ma di abilitazione all'insegnamento delle lettere italiane ne' licei: bastante conoscenza della lingua letteratura latina: qualche studio della greca: l'esse­re abbastanza versato nella storia universale (?). Così, dall'aspirante alla cat­tedra di storia, pure nel liceo, si esige sufficiente coltura letteraria così anti­ca come moderna; sufficienti nozioni di etnografia e di archeologia, e prove di essere bastantemente versato nello studio delle scienze politiche e civili. E poi dal futuro professore di lettere greche e latine si richiede che non sia ignaro delle attinenze che ha il latino col greco e colle altre lingue della fa­miglia indo-europea, ed anche qualche coltura in altre letterature, per lo studio delle origini ecc. Al professore di filosofia si domandano estese co­gnizioni di storia, però sotto l'aspetto filosofico, una conveniente coltura letteraria ecc. Si capisce che con questi termini così vaghi ed indecisi (ap­punto per aver voluto dare un programma astratto non corrispondente ad alcun corso di studi realmente professato) si dia luogo alla massima tolleran­za e si tolga ogni serietà agli esami. Ciò prova che i programmi preventivi e sommari sono come le enciclopedie che abbracciano tutto e nulla. Ciò che costituisce la serietà dell'esame non è il programma dottrinale, ma il nume­ro preciso delle prove sì scritte che orali, la durata di queste ultime e la desi­gnazione dei professori speciali, che esaminano il candidato nelle rispettive materie. Ma questa è questione di regolamenti anziché di programmi. La ri­partizione indicativa di una special disciplina in un dato numero di tesi o quesiti per l'uso di esame è una cosa del tutto formale, sovente artificiosa e pregiudizievole al buon indirizzo scientifico e didattico, che certamente non è nell'intenzione del ministro il richiedere alle facoltà. Uno schema di que­ste ripartizioni formali, buono per la scuola, sarebbe il programma specifica­to dell'insegnamento annuale compilato come saggiamente prescrive il rego­lamento universitario, dei singoli professori di lettere e filosofia che però non potrebbe giammai servire di norma generale per gli esami di abilitazio­ne da darsi nelle diverse facoltà letterarie e filosofiche del Regno. Volendosi tuttavia dare una risposta categorica alla dimanda del ministro intorno ai programmi da proporsi per detti esami straordinari, la facoltà di lettere e fi­losofia dell'Università di Napoli crede che, per l'estensione della dottrina che abbraccia, possa benissimo servire all'uopo lo schema tracciato dal re­golamento 8 aprile 1870, purché sia completato con apposite prescrizioni, che determinino particolarmente tutte le prove sì scritte che orali cui il can­didato deve sottoporsi, in ognuno dei rispettivi esami di abilitazione.

Il direttore della Scuola di magistero Giuseppe De Luca

Michele Kerbaker segretario

Sezione VI- I professori: il reclut., la qualific. e il tratt. giuridico-economico 27 1

43

Rapporto delle operazioni per il concorso a cattedra di letteratura italia­na nel r. liceo Beccaria in Milano compilato dalla giunta esaminatrice.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 79, fase. 134 « Milano (città) parte h , m s . con firme autografe.

Milano, 25 novembre 1878

Per questo concorso, che fu coll'avviso ministeriale dichiarato aperto coll' 1 1 settembre 1877, dietro approvazione ministeriale in data 18 di�em­bre 1877 n . 18182 fu in origine costituita la giunta esaminatrice dei sig. n provveditore - presidente comm. senatore Giulio Carcano 1 comm. prof. Graziadio Ascoli 2

comm. prof. Paolo Ferrari 3 prof. Carlo Baravalle 4 :

l'adesione completa dei quali all'invito ad assumere tale incarico, da me loro trasmesso con lettera 26 dicembre 1877 - egual numero - per incolpabi­li cause e per giustificati ritardi di taluno fra gli invitati non potei averla che in data 8 febbraio 1878.

Non misi però tempo in mezzo a distribuire ai singoli per la richiesta re­visione le corredate istanze dei singoli concorrenti, che si presentarono in numero di ventidue; che sono

+ l o . prof. Arboit Angelo -2 o . }} Bagatta Vincenzo -3 0 . }} Belli Camillo

+ 4 0 . }} Bolchesi Edoardo

' Senatore dal 1876, membro del Consiglio superiore, già provveditore agli studi di Milano, presidente all'epoca dell'Istituto lombardo di scienze e lettere.

2 Graziadio Isaia Ascoli, membro del Consiglio superiore, socio delle principali accademie d'Europa come insigne glottologo.

3 Docente di letteratura italiana e di estetica nella R. Accademia scientifico-letteraria di Mi­lano.

4 Docente nella R. Accademia scientifico-letteraria di Milano e nel R. Istituto tecnico supe­riore e nella Scuola agraria.

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272 Fonti per la storia della scuola

s o . » Buratti Carlo -60 . » Cadei Antonio 7 0 . » Carraroli Dario s o . » Cortesi Virginio

+ 9 0 . » De Leonardis Giuseppe + 10° . . , Fenaroli Giuliano + l P . » Gianandrea Antonio

1 2 ° . » Giannini Crescentino + 1 3 0 . » Giozza Pier-Giacinto

14° . » Lombardi Eliodoro + 1 5 ° . » Lumini Apollo

16° . » Martini Felice + 17° . » Morandi Luigi + 18 ° . » Perfranceschi Giovanni

19° . » Romano Nicola 20° . » Sinigaglia Giorgio 2 P . » Tedeschi Paolo

+ 22 ° . » Joch Luigi

rimasti poi diciannove; per avere, lungo il periodo degli atti del concorso, con lettere che si tengono in atti, dichiarato di ritirarsi da esso, prima il Ca­dei, poi il Belli, da ultimo il Bagatta. Dei diciannove furono espliciti a dichiarare nella loro istanza di adire al concorso per titoli e per esame i sig.ri Bolchesi, Carraroli, Cortesi, Lumini Martini, Sinigaglia, Joch: gli altri si limitarono al concorso per soli titoli: av� vertendosi però che il sig. Tedeschi chiede colla sua istanza che gli sia tenu­to conto dell'esito del suo esame già sostenuto nell' anno 1875 pel concorso all'eguale cattedra presso il r. liceo Parini.

Le operazioni della revisione dei titoli di servizio, di abilitazioni e di pubblicazioni letterarie dei concorrenti ebbero a subire notevole ritardo per diverse cause; cioè la stessa quantità materiale e morale dei documenti da at­t��tamente doversi sottoporre a esame assoluto e comparativo; l'essersi poi ntlrato dal far parte della giunta il prof. Baravalle nell'aprile p .p . , quando già fino a quell'epoca avea presso di sé ritenuta buona parte dell'istanze; ciò che fece necessarie nuove trattative per la sostituzione a lui del preside cav. Rotondi: per ultimo, gli straordinari impedimenti e le prolungate assenze di alcuni fra gli esaminatori per pubbliche loro incombenze di più elevata im­portanza.

Finalmente ai nove di agosto, quando già colla seduta del 3 1 luglio, di cui si soggiugne il verbale, a tenore dell'art. 5 del regolamento la giunta eb­be compiuto lo scrutinio, fu stabilito e indetto con lettera ai singoli esami­nandi il 20 settembre p. p. per dar principio agli esami in iscritto; che effetti­vamente ebbero luogo in quel giorno; e ai quali sei soli dei candidati si pre­sentarono, avendo il Lumini con lettera del susseguente 18 agosto dichiara­to, di limitarsi al concorso per titoli.

Sezione VI- I professori: il reclut., la qualific. e il tratt. giuridico-economico 273

Verbale della seduta 3l luglio 1878

Alle ore 8 antimeridiane, tutta riunita, la commissione, dopo avere presa attentamente norma dei procedimenti e dei criteri che vengono tracciati dal regolamento 30 novembre 1864, comincia dall'eliminare quei concorrenti, che non presentarono titoli sufficienti per stare nel concorso; e viene invita­to il preside Rotondi a tenere l'ufficio di segretario per la redazione dei ver­bali delle sedute. Secondo la sopradetta norma, resta escluso il solo Gianandrea Antonio, non tenuto conto dei sig.ri Belli e Cadei, già ritiratisi dal concorso. Dopo di che procedesi a dividere i concorrenti in categorie, tenendo per criterio principale i titoli letterari, secondo il merito; e ne risultano quattro serie, nell'ordine che segue:

l a serie Lumini Martini Fenaroli Joch Morandi Tedeschi

2 a serie Lombardi Arboit Sinigaglia Bolchesi

3 a serie Buratti Perfranceschi Giozza Romano Carraroli

La quarta serie si è formata di coloro, che o non presentarono alcuno lo­

ro saggio letterario, o saggi tali che riescono titoli negativi; e sono:

4 a serie Bagatta Cortesi Giannini De Leonardis

La seduta fu sciolta alle undici e mezzo, dopo che dietro all'invito del presidente, risultarono ostacoli a riconvocare la giunta per gli esami in iscritto prima della metà di settembre: onde di pieno concerto restarono questi fissati pel 20 del venturo mese.

Seduta del 19 settembre.

La giunta alle due pomeridiane è al completo. Secondo previe intelligen­ze verbali, ognuno dei membri presenta due o tre temi per ciascuno dei due separati esami in iscritto. E su questa raccolta, è fatta a unanimità la scelta di questi due:

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274 Fonti per la storia della scuola

per l o . tema I migliori esemplari della lingua scientifica. per 2 o • tema = Dei letterati secentisti in raffronto ai trecentisti e agli otto­centisti nel triplice rispetto estetico, morale, politico .

I temi, posti sotto suggello, vengono custoditi a chiave nell'ufficio del presidente.

Seduta del 20 settembre.

Alle sette antimeridiane, ora indicata dal diramato avviso, in un'aula del r. provveditorato, sono presenti i sei candidati: Bolchesi Carraroli Cortesi Martini Sinigaglia Joch.

Dopo data ad essi lettura di tutti gli articoli del regolamento, che riguar­dano le norme disciplinari e le modalità che regolano l 'esame, anche per ciò che concerne la sottoscrizione ai lavori, e l'applicazione dell'apposita sche­da, il provveditore, alla presenza degli altri esaminatori, dissuggella e detta il sopraccennato l o tema.

La sorveglianza, mediante un non mai interrotto concambio fra tutti i membri della giunta, è tenuta con sì costante vigilanza, da potersi pienamen­te accertare, che le discipline per la sincerità dell'esame non furono da nes­suno dei candidati menomamente trasgredite.

Entro le dodici ore, dal regolamento assegnate, tutti i sei candidati ebbe­ro rassegnato il proprio lavoro, unitamente alla scheda suggellata, portante all'esterno il motto, segnato sul lavoro rispettivo.

Seduta del 22 settembre.

Alla stessa ora, e colla stessa rigorosa osservanza di norme, come nella seduta del 20 precedente; viene dal presidente data lettura del 2 o tema indi­cata.

Eguale sorveglianza; eguale regolarità. Raccolti poi tutti i lavori, il presidente, senza ritardo, provvede a distri­

buirli fra gli esaminatori; avendo cura che al più presto possano aver luogo le altre due prove, l'esame orale e la lezione di prova; per le quali appunto vien fissata dapprima la data del 16 ottobre; e più tardi per impedimenti di taluno fra gli esaminatori, quella del 28 ottobre.

Ma pur troppo, giuntomi soltanto col giorno 27 l 'avviso di imprevedute repentine cause d'assenza di altro fra gli esaminatori, fu deplorabile necessi­tà il rimandare per le ultime prove i candidati fino al 6 novembre p.p.

Del che fu sollecito questo ufficio a trasmettere al domicilio dei singoli

Sezione VI- !professori: il reclut., la qualific. e il tratt. giuridico-economico 275

candidati l'avviso con lettera 27 ottobre p.p. ; di cui anzi si conservano negli atti le tabelle di ricevuta.

Seduta del 5 novembre.

Tutta riunita all' 1 1 pomeridiane la commissione, dopo lunga discussione sulla più minuta e intima analisi sul merito assoluto e compara�i:o d�i lavori dell'esame scritto dei singoli concorrenti, si accorda nel class1f1carh nel se-guente modo [ . . . ]

Seduta del 6 novembre (esami orali).

Alle ore otto e mezzo antimeridiane, presente tutta la giunta, si dà prin­cipio alla prova; per la quale si sono stabilite due sessioni. Nella la si sono interrogati i signori Bolchesi e Sinigaglia.

. I quesiti per questi due, previamente scelti di pieno accordo d�lla g1�nta, furono: sui migliori rimatori antichi siciliani, bolognesi, e toscaru - sugh an­tichi influssi stranieri nella letteratura e nella lingua italiana - intorno all'in­flusso di Dante nei diversi secoli della nostra letteratura - della relazione del­l' antica letteratura italiana colla provenzale - delle tragedie dell'Alfieri e del Manzoni - sulla Vita Nuova e sul Convito.

Dietro ad ognuno dei due esami, ai quali fu lasciata la durata di due ore, la commissione fu concorde ad assegnare al Bolchesi punti di merito 44/50; al Sinigaglia 48/50 .

Scioltasi la seduta alla l pomeridiana e ripigliatasi alle due e mezzo po-meridiane, fu introdotto all'esame orale il sig. Joch; interrogato sui seguenti quesiti: intorno al Petrarca e ai petrarchisti - del Marini - sul Canto XXX del Purgatorio, commento - delle ragioni storiche generali de�a lingua e lette­ratura italiana - della letteratura intima - dei Cronisti toscaru - del teatro po­polare nel Medio evo - della unità della lingua italiana. L'esame durò due ore. n candidato sig. Joch fu trovato meritevole di punti 34/50.

A questo esame, benché preavvisati in tempo, come disopr� è _ind�cato :

non si presentarono, e neppure si curarono di farne note le ragw�, gll altr� tre candidati che pure ebbero parte agli esami in iscritto, Carraroll, Cortesl Martini.

Seduta dell'8 novembre (lezione pubblica).

Pochi minuti prima delle nove antimeridiane sono presenti nell'ufficio del presidente i tre candidati, Bolchesi, Sinigaglia e Joch;

. che

_prima e�t�ag­

gono la sorte per l'ordine di successione toccando il verur pnm� al S�ga� glia, secondo al Bolchesi, terzo al Joch; poi scel�ono a �ort�

. fra 1 t�e phch1

suggellati, contenenti i temi per la lezione pubbhca che 11 d1 1nnanz1 furono dalla commissione prescelti, scrivendo ciascuno il proprio nome sull'ester­no del plico estratto. Quello toccato al Sinigaglia, pel quale viene fis�ata per la lezione l'ora 1 pomeridiana, viene tosto dissuggellato, letto, e a lm conse-

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276 Fonti per la storia della scuola

gnato. Il Bolchesi a cui è fissata la lezione per le due e mezzo pomeridiane presentasi a rilevare il suo tema alle dieci e mezzo antimeridiane· il Joch che succederà ultimo alle quattro pomeridiane, rileva il suo tema aiÌe dodicf meridiane.

All' l pomeridiana nell'aula del Provveditorato, presenti anche persone estranee, davanti a tutta la commissione riunita, incomincia la sua lezione il Sinigaglia sul tema toccatogli: Gli storici della letteratura italiana; e termina presso alle 2 .

La commissione lo giudica meritevole di punti 48/50 Alle due e mezzo sottentra alla lezione il Bolchesi sul tema: Come adope­

rare nella scuola, perché Io studio dei grandi esemplari della letteratura non degeneri in un mero esercizio di imitazione, ma si risolva in un esercizio vi­goroso e indipendente delle facoltà dell'ingegno e dell'animo.

Chiusa la lezione sotto alle tre e mezzo, è giudicato meritevole di 49/50 Alle quattro pomeridiane principia la sua lezione il Joch sul tema: Del

realismo, e del verismo nella letteratura italiana, specialmente contempora­nea. Parla per tre quarti d'ora; ed è classificato con 30/50.

Seduta del 9 novembre (scrutinio generale).

Raccoltasi la commissione alle due pomeridiane, prende a discutere so­pra i candidati, come già furono divisi secondo i criteri esposti nel verbale della la seduta. E innanzi tutto giudica dei tre che sostennero anche le pro­ve d'esame, e assegna loro per le singole parti di esso, e pei titoli i seguenti gradi di merito:

prova scritta orale lezione titoli a Sinigaglia Giorgio 40/50 48/50 48/50 44/50 in tutto 180/200 = media 45/50 a Bolchesi Edoardo in tutto 180/200 = media 45/50

43/50 44/50 49/50 44/50

a Joch Luigi 44/50 34/50 30/50 40/50 in tutto 148/200 = media 37/50

Indi la commissione si occupa di quelli che non si presentarono per l'e­same e Io lasciarono a mezzo; e considerato il merito dei lavori che presen­tarono come saggi della loro capacità letteraria; visti i servigi che già hanno resi, e ogni altro loro titolo, li giudicò, come appare dalla seguente lista gra­duatoria, assegnando, su 50 punti, a Morandi 43 Perfranceschi 30 Fenaroli 40 Giozza 30 Tedeschi 39 Romano 30 Lumini 37 Carraroli 30 Martini 37 Bagatta 25 Arboit 34 Cortesi 25 Lombardi 33 Giannini 25 Buratti 30 De Leonardis 25

Sezione VI- I professori: il reclut., la qualific. e il tratt. giuridico-economico 277

Compiuti tutti i sopraccennati giudizi parziali, la giunta, a tenore dell'ar­ticolo 2 1 del regolamento 1864, procede a fare la graduatoria definitiva, comprendendovi e quelli che si sono presentati per soli titoli, e quelli che s� sono presentati per titoli e per esame; e di pieno accordo ha assegnato a1 singoli in ordine di merito il seguente posto:

1 o . Sinigaglia Giorgio 2 o . Bolchesi Edoardo 3 o . Morandi Luigi 4 o . Fenaroli Giuliano 5 o . Tedeschi Paolo 6 ° . Joch Luigi 7 o . Lumini Apollo 8 o . Martini Felice 9 o . Arboit Angelo

10 o . Lombardi Eli odoro

1 1 o . Buratti Carlo 12 o . Perfranceschi Giovanni 1 3 o . Giozza Giacinto 14 o . Romano Nicola 1 5 o . Carraroli Dario 16° . Bagatta Vincenzo 17 o . Cortesi Virginio 18° . Giannini Crescentino 19 o . De Leonardis Giuseppe

La seduta viene sciolta alle cinque pomeridiane, rimettendo ad altra se­duta l'aggiugnere qualche schiarimento al nudo linguaggio delle esposte cifre.

Seduta del 25 novembre.

La commissione in questa seduta, incominciata alle due pomeridiane, riassumendo i suoi giudizi fin qui dati per sole cifre, trova indispensabile il farle seguire da alcune dichiarazioni, che meglio varranno a stabilire il meri­to relativo dei singoli candidati, e a togliere ogni dubbia interpretazione o il­lazione men giusta sul valore assoluto della coltura dei medesimi.

Fa quindi notare in prima che non è stata senza difficoltà la sentenza per la quale il Bolchesi Edoardo ha ottenuto il medesimo numero di punti del Si­nigaglia Giorgio. Quest'ultimo si è mostrato superiore per ingegno, per dot­trina letteraria, e per l'arte del dire: ma del Bolchesi era assai piaciuta la so­brietà di pensiero e di metodo, della quale aveva data prova nella sua lezio­ne; oltreché non è da lasciare inavvertito, che in ambo i lavori scritti il Bol­chesi sarebbe stato giudicato superiore al Sinigaglia.

Si nota poi in secondo luogo che, se per considerazioni di varia maniera è parso giusto e legittimo che il Sinigaglia e il Bolchesi fossero anteposti, � non di poco, ad altri concorrenti che non si presentarono alla prova degh esami, fra i quali ne sono di già ben noti e reputati, ciò non vuol signi�icare che il Sinigaglia e il Bolchesi arrivino o s 'accostino a quell'alto grado d1 per­fezione che sarebbe desiderabile in un docente, cui si deve affidare una cat­tedra dl così gran momento in uno dei più cospicui licei del Regno. Tra i candidati che si sono presentati alla commissione parve a questa non aver dati sufficienti per mettere altri innanzi a quei due. Certo però, che la com-

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278 Fonti per la storia della scuola

missione a:rebb� desiderato, che fosse venuto a questa gara, e in ispecie a quella degli esam1, qualche competitore più valente .

Letti e approvat� t�tti i verbali delle sedute, qui registrati, il presidente, �opo a _vere e�press1, a1 ragguardevoli membri della commissione i più vivi

rmgraZ1ament1 per l opera gravosa da essi con tanta accuratezza sostenuta per questo concorso, dichiara sciolta la seduta.

Salvoni Antonio, r. provveditore - presidente prof. Rotondi Pietro, preside del r. liceo Beccaria, segretario

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Giulio Carcano Graziadio Ascoli

Paolo Ferrari

Relazione della commissione esaminatrice del concorso per la cattedra di letteratura italiana al liceo Beccaria di Milano.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 79, fase. 1 34 « Milano (città) parte h, ms con firme autografe.

Milano, 1 1 febbraio 1879

L� sottos�ritta commissione, a meglio dichiarare gl' intenti e le ragioni che l hanno mdotta a presentare il proprio giudizio sul concorso, tenuto in questa sede, per la cattedra di letteratura italiana nel r. liceo Beccaria crede c?e varranno le seguenti considerazioni ch'essa riassume, secondo il cteside­no e�presso d� codesto ministero colla nota del 15 gennaio passato n.538.

C1rca la prrma graduatoria, già è stato detto, che, attentamente conside­rata ogni cosa, � cr�terio pri

.ncipale dovette essere quello del merito rispetti­

vo delle prod�zwru letterane. E la commissione s'era convinta, che ben s'a­vevano

. alcuru conc?rrenti, i quali pei soli titoli potevan conseguire, più 0

meno Slcuramente, 11 grado d'eleggibili, tenuto anche conto de' servizi resi nel pubblico insegnamento e dagli altri documenti presentati· ma non ven'e­ra nes

.s�no: i cui ti�o� bastassero da soli a dar tal prova suffi�iente di quella

capae1ta, p1ena ed mt1era, che si vorrebbe in un insegnante cui sia da affida­re una

. cattedra di ta�ta importanza in uno dei primi licei del Regno. L'esa­

me pm fu sostenuto fmo al suo compimento da soli tre, Bolchesi _ Sinigaglia - Joch.

Sezione VI - I professori: il reclut. , la qualific. e il tratt. giuridico-economico 279

Quest'ultimo, che avea pur fatta una buona prova, in iscritto, sì da aver meritato per questa parte un giudizio onorifico pari, per non dire superiore a quello degli altri due, precipitò di riscontro a dare negli esami a voce una sì sconfortante prova d'immaturità nel coordinamento delle sue, pure abba­stanza estese, cognizioni, ed impacciata povertà d'eloquio, da aver costretto pur troppo unanime la commissione al finale sfavorevole giudizio del suo rapporto. Altro ammonimento fu questo, per la commissione, ad andar mol­to cauta circa il largheggiare di punti con coloro che non s'avventurarono alla prova tanto decisiva degli esami. Quanto al Bolchesi e al Sinigaglia il giudizio, massime nell'ordine comparativo tra loro due, riuscì piuttosto ma­lagevole; tanto disparate apparvero le pur buone attitudini intellettuali del­l'uno e dell'altro. Studio profondo della letteratura e della sua storia; cono­scenza intima e minuta degli scrittori italiani; critica di epoche, di metodi e di sistemi, si riconobbero in entrambi a tal grado, da fare perplessi i giudici sull'assegnare a questo o a quello la priorità.

Ma l'indole dell'ingegno, quell'indole a cui spetta il fondere, il trasfor­mare, il vivificare la scientifica materia, troppo diversa e quasi opposta nel­l 'uno in confronto dell'altro. Il Bolchesi: una forma di eloquio pronta, liscia scorrevole; ma piana, calma ordinatissima. Il Sinigaglia: una forma tutto fuo­co, enfasi, bagliore .

I l Bolchesi - giudizi compassati sì, ma ragionati, fondati, evidentemente veri, efficacemente persuasivi. Il Sinigaglia - una balda, per quanto non av­ventata, arditezza di diagnosi, di confronti, di intuizioni critiche sì, da forte­mente attrarre l'attenzione e visivamente scuotere l'anima di chiunque lo ascolti.

Il Bolchesi - tutta analisi, ma un'analisi abbastanza e opportunamente rimpolpata e illegiadrita. Il Sinigaglia - tutta sintesi spigliata e smagliante.

Il perché, davanti alla pressoché uguale ampiezza e sodezza di dottrina, ma a tanta disparità di doti soggettive, la commissione si trovò facilmente inchinevole a riconoscere una maggiore elevatezza d'ingegno nel Sinigaglia; ma si trovò d'altronde perplessa nel sentenziare a quale dei due converrebbe assegnare la preferenza in merito all'attitudine speciale, richiesta dalle spe­ciali esigenze d'una scuola secondaria. Sul ché, per quanto appena a mezzo confessato, poté interpretarsi quasi unanime negli esaminatori il convinci­mento che il Sinigaglia potrebbe più del Bolchesi piacere leggendo da una cattedra di libere lezioni, anche più in alto che la liceale; che il Bolchesi (di cui poi è personalmente conosciuta agli esaminatori l'alta moralità del senti­re e dell'operare), potrebbe forse essere un educatore più adatto e più frutti­fero per la gioventù vincolata ancora ai programmi degli studi liceali.

Le considerazioni finali dell'antecedente rapporto più non hanno per av­ventura bisogno di ulteriori schiarimenti. La somma dei punti necessari per l'eleggibilità ascendendo, dall'un canto, a non meno di quaranta, ed essen­dosi, dall'altro, come già s 'è accennato, alcuni dei concorrenti che pei soli

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280 Fonti per la storia della scuola

titoli non si sarebbero potuti, senza ingiustizia, non dichiarare eleggibili, ri­maneva, che per stabilire una qualche distanza tra questi e i due che avevan superato lodevolmente le prove dell'esame, si venisse a quella precisa classi­ficazione che con lungo studio s'è adottata. E rimaneva insieme che si avver­tisse come pur fra coloro che si dichiarano eleggibili, non ce n'era, od alme­no, poiché solo alcuni di essi avean subito la prova degli esami, non se ne poteva riconoscere nessuno, che paresse pienamente bastare a tutte le esi­genze di un così cospicuo liceo.

La commissione provveditore Antonio Salvoni Graziadio Ascoli

Giulio Carcano Paolo Ferrari

Pietro Rotondi

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Lettera del presidente della commissione di concorso a cattedre nei rr. gin­nasi inferiori al ministro della pubblica istruzione.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 3 9 1 , fase. 48 « 1 896. Concorsi a catte­dre. Graduatorie e relazioni di concorsi » , ms . con firma autografa.

Roma, ottobre 1897

Eccellenza,

Ho già mandato da più giorni alla E. V . la graduatoria de' 171 concorren­ti alle cattedre ginnasiali inferiori che la commissione ha giudicati più degni d'essere proposti per la nomina; degli altri 256 si è fatto un elenco a parte, che resta a disposizione dell'E . V. per qualsivoglia richiesta.

Io non ho d'uopo di assicurare che la commissione ha posto nell'esame dei titoli presentati dai concorrenti la maggiore diligenza e la maggiore im­parzialità: troppo era delicato l'ufficio e troppo sentito il dovere di non ve­nir meno alla fiducia dell 'E.V. , perché possa sorgere su questo punto il me­nomo dubbio. Certo a chi non è riuscito o a chi è toccata sorte diversa da quella che si aspettava, giudicando se stesso in modo assoluto o alla stregua dell' amor proprio più che in confronto col valore altrui, potrà parere qua e là discutibile il risultato del concorso; ma se si venga ai casi concreti, si di­mostrerà assai facilmente che l'applicazione de' criterii della commissione non lascia campo a censure né a fondate obbiezioni. Tutti gli elementi che si offrivano al suo giudizio, sono stati tenuti nel debito conto; titoli accademi-

Sezione VI- I professori: il 1·eclut., la qualific. e il tratt. giuridico-economico 281

ci, esercizio didattico, pubblicazioni a stampa, diplomi di magistero, corsi di perfezionamento, varietà di coltura; e di tutti codesti titoli si sono fissati i coefficienti e si sono applicati nella graduatoria con scrupolosa equità. Nes­suno potrà sostenere infatti che chi ha laurea con pieni voti assoluti e lode, o almeno con alti punti, ed esami speciali ottimi o buoni, non debba essere messo innanzi a chi ha laurea più meschina ed esami mediocri o cattivi; e così di chi ha molti anni d'insegnamento rispetto a chi ne ha pochi, e di chi l 'insegnamento proprio ha avuto lodato e sindacato da ispezioni rispetto a chi ha fatto il suo tirocinio senza che se ne conosca l'efficacia, e di chi ha pubblicato lavori buoni rispetto a chi nulla ha fatto o ha fatto male . Tutto questo insieme di titoli e di condizioni è stato, lo ripeto, dalla commissione esaminato con diligenza per ciascun concorrente, e secondo il voto che ne risultava, è stato stabilito il grado di merito e il posto relativo. Però anche dopo questo lavoro faticoso e minuto di spoglio e di confronto, la commis­siione non ha la certezza di aver compiuta opera assolutamente giusta e uti­le; anzi ha la persuasione di avere, per ineluttabile necessità, fatto cosa che solo in astratto ha i caratteri della giustizia e solo in parte corrisponde allo scopo per cui si fanno o dovrebbero esser fatti i concorsi. Io ebbi già l'anno scorso a segnalare gli inconvenienti e la scarsa sicurezza di queste innocue gare generali a base di carte e di documenti, che, se sono inoppugnabili per legalità, altrettanto sono fallaci nel loro valore intrinseco: gare, a cui prende parte il giovine valente come l'impronto, lo studioso come il pigro, quello che ha attitudini didattiche e fisiche favorevoli, come chi non potrebbe de­gnamente presentarsi davanti a una qualunque scolaresca. Ma se una grande amministrazione dello Stato può passar sopra a certe contingenze che ri­guardano gli individui, non così può fare rispetto a quelle che investono e perturbano la funzione sua stessa. È noto a tutti che vi sono delle facoltà universitarie per cui la larghezza è una consuetudine, e una certa trascura­tezza delle forme legali una questione di vita; sicché tutti coloro che si pre­sentano agli esami davanti ad esse, sono sicuri di riportare voti altissimi, an­che se abbiano fatto i loro studi nel modo più irregolare, anche se la iscrizio­ne ai corsi sia stata una semplice apparenza. Ma di fronte a questo fatto in­negabile, che cosa può fare una commissione giudicatrice di un concorso? Può essa discutere la validità del diploma, il valore relativo dei punti, la cul­tura del laureato a Padova, a Messina, a Catania, in relazione a quello che proviene da Firenze, da Pisa, da Napoli? Può essa dire che il dottore che ha ottenuto 1 10/1 10 in un ateneo, val forse meno di chi abbia avuto 100/1 10 in un altro? Non può; e se facesse prevalere il suo apprezzamento morale (che in casi particolari potrebbe anche essere erroneo) al criterio assoluto che le è imposto dalla legalità del documento, infirmerebbe in modo perico­loso i suoi stessi giudizi. Ugualmente dicasi del valore che può avere l'atte­stazione del servizio prestato secondo che è rilasciata da un capo di istituto o da un altro, da un funzionario governativo o da uno municipale o privato, secondo che è redatta in certi termini piuttosto che in certi altri. Lo stesso valore dei titoli stampati è assai dubbio, quando si tratta delle memorie che

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282 Fonti per la storia della scuola

hanno servito a conseguire la laurea: essendo ovvio che siffatti lavori sono spesso compiuti sotto la guida degl'insegnanti e che codesti insegnanti dan­no un aiuto assai diverso secondo il loro sapere e la lo[ro] abitudine. Ci sono de' professori che press'a poco fanno essi le tesi de' proprii alunni! Ora, se così stanno le cose, com'è certissimo, la E.V. vede la necessità di mettersi anche riguardo ai licei e ginnasii per la via che si è adottata per le scuole normali, e che toglie, quando gli esaminatori sono onesti, le cagioni di erro­re e di favore. Il concorso per esame è quello che offre più sicure guarenti­gie di retto giudizio, e toglie agli inetti l'audacia di presentarsi , e ai non riu­sciti la ragione, se non la voglia, del recriminare. Tutte le amministrazioni dello Stato ormai vi ricorrono, e in tanta sovrabbondanza di laureati e di po­stulanti, non può il Ministero della pubblica istruzione togliere a se stesso il mezzo migliore per non affidare l'ufficio importantissimo, anzi sacro, di educare la gioventù italiana, a chi ne sia meno degno. Io già ebbi l'anno scorso ad insistere su questo che a me pare obbligo della nostra amministra­zione, e se bra non mi dilungo in parole, non è meno viva la preghiera che rivolgo all'E.V. perché accetti il rispettoso consiglio. Ogni spesa che s'in­contri, è giustificata dal supremo interesse di provvedere al miglioramento del nostro personale insegnante, che appunto ne' ginnasi più lascia a deside­rare. Quando però la E. V. intenda adottare tale sistema di concorso, bisogna che assicuri la libertà della buona scelta avvertendo in tempo coloro che oc­cupano posti non meritati e non ottenuti per la via retta, che il governo si considera sciolto da impegni, ave anch'essi non vincano la prova. Solo così si potrà cominciare a por rimedio alla dannosa consuetudine, per cui uno, che ha avuto per qualunque motivo un qualunque incarico, si crede per ciò solo diventato di diritto inamovibile, per cattivo che sia il saggio che dà di sé e delle sue attitudini didattiche. La Commissione, percorrendo i nomi e i documenti dei 428 candidati del presente concorso, ha fatto una lista di per­sone che si trovano nell'insegnamento ed anche in sedi ottime, quantunque il valore dei titoli non spieghi la loro fortuna, anzi contrasti apertamente con essa. L'insuccesso loro attuale non so che effetto possa produrre, né lo cerco: le grandi amministrazioni dello Stato possono avere delle necessità che si sottraggono al sindacato ordinario e non vanno discusse. Io però, per bene della pubblica cultura che va ogni dì più decadendo, insisto rispettosa­mente presso la E.V. , perché voglia stabilire come fondamento normale per l 'assunzione all'insegnamento secondario il concorso per titoli e per esame ad un tempo: il che sarà la più sicura guarentigia di un costante migliora­mento dei nostri istituti.

Con devota osservanza Il presidente della commissione

prof. P[ietro] Cavazza 1 ispettore nel ministero

1 Pietro Cavazza, ispettore dell'Ispettorato centrale del ministero.

Sezione VI- I professori: il reclut., la qualific. e il tratt. giuridico-economico 283

46

<<Memoriale agli onorevoli senatori e deputati» dell'Unione nazionale tra i professori delle prime classi ginnasiali.

ACS, Carte Credaro, b. 1 3 , fase. 1 4 « La riforma del ginnasio inferiore » , Per il ginna­sio inferiore, doc. a stampa.

febbraio 1910

Onorevole signore,

che il ruolo unico degli insegnanti medii, basato sulla uguaglianza dei ti­toli e delle funzioni didattiche, sia un provvedimento al quale certissima­mente si deve giungere, è convinzione ormai matura in tutti coloro che il problema della scuola studiano con amore e disinteresse. Che d'altra parte le condizioni generali dell'erario e quelle speciali del Ministero della pubbli­ca istruzione rendano difficile una soluzione completa ed immediata del gra­ve problema, moltissimi non lo mettono neanche in dubbio. Certo però un sollecito avviamento di esso è improrogabile, specialmente se si riconosca che le condizioni economiche e morali di tutti gli insegnanti sono la base necessaria di qualsiasi ragionevole e utile riforma della scuola media, così come le condizioni economiche e morali dei maestri sono state e sono le ba­si riconosciute della attuale e delle future riforme della scuola elementare.

Così stando le cose, noi, professori di ginnasio inferiore, consci dei biso­gni dell'istituto cui apparteniamo, i quali non possono essere separati dalle esigenze della nostra vita; persuasi dei giusti desideri di tutti i colleghi delle altre scuole che come noi aspirano all'assetto definitivo sopra accennato; non per sostenere un egoistico e vano privilegio, ma solo perché le nostre ragioni, che non ledono gli interessi degli altri colleghi, anzi ad essi si ricon­nettono, siano serenamente esaminate e, ci auguriamo, benevolmente accol­te, ci facciamo ad esporle per sommi capi. Forse si troverà che, se per gradi si debba procedere al raggiungimento del fine comune, non sarà pretesa ec­cessiva la nostra di domandare d'essere, tra i primi, messi in condizione di attendere con animo meno agitato al compimento del nostro dovere.

Le nostre ragioni scaturiscono dall'intima natura dell'istituto in cui sia­mo chiamati ad insegnare, e dai precedenti legislativi.

Nessuno potrà mai dimostrare che sia necessario o almeno opportuno

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284 Fonti per la storia della scuola

spezzare il ginnasio in inferiore e superiore, se una è la funzione degli inse­gnanti, uno il carattere classico dell'istituto, una la via che noi tutti quindi, quale essa sia la materia d'insegnamento, dobbiamo seguire. Inoltre oggi la sola ragione di opportunità, che impose al Casati nel 1859 la divisione degli insegnanti di ginnasio in due categorie, non esiste più. Dai documenti uffi­ciali sinora pubblicati risulta infatti che, su circa ottocento professori di materie letterarie nelle prime classi del ginnasio, non più di centoquaranta sono provvisti soltanto di diploma d'abilitazione; e che su circa quattrocen­toventi insegnanti di ginnasio superiore sessantacinque sono egualmente forniti di semplice abilitazione. Ora, se ad abbattere le barriere tra ginnasio superiore e liceo non furono d'ostacolo questi sessantacinque abilitati di fronte ad oltre trecentocinquanta laureati, ma con altre ragioni valse special­mente quella di dare la maggior unità possibile all'istituto classico; quale è mai la nuova, potentissima ragione per la quale nel ginnasio questa unità de­ve rimanere spezzata da una distinzione tra gli insegnanti, che par mantenu­ta solo da forza di tradizione?

Insistendo su questa unità, che non siamo i soli a reputare essenziale al nostro istituto, noi in fondo non domandiamo più di quello che in altre scuole logicamente avviene: che cioè nella esplicazione della nostra attività entro la cerchia di un istituto unico in sé, non ci si costringa ad arrestarci a mezza strada, non si sdoppii l'istituto stesso in due corsi, superiore ed infe­riore di nome più che di fatto, tanto meno se ciò può didatticamente, come vogliono a ragione moltissimi, costituire un grave errore.

Perché poi la distinzione debba sussistere per gli insegnanti di materie letterarie, che hanno quasi tutta su loro la responsabilità didattica e morale delle singole classi, a loro affidate, mentre viene imposto ai professori di matematica e di francese di guidare i propri alunni dalla prima all'ultima, non si capisce davvero. Tanto meno si capisce ora che la condizione fatta ai professori delle classi superiori di ginnasio, rispetto a quelli di liceo segna la via per la quale si deve giungere nell' istituto classico a quella riforma, verso la quale il personale di questo istituto già si trova avviato, e cui tendono tut­te le altre categorie d'insegnanti a parità di titoli e di funzioni. Il ministro Boselli 1 la riconobbe esplicitamente matura, se non quanto alle condizioni dell'erario, almeno quanto ai bisogni della scuola.

Nella tornata del Senato 22 marzo 1 906, l'onorevole ministro risponden­do al senatore Tassi 2, che gli raccomandava la sorte degli insegnanti di gin­nasio inferiore dimenticati nella legge in discussione, mentre si riconosceva che « sarebbe stato non solo opportuno, ma giusto e bello considerare quale un solo istituto con parità di trattamento il liceo e il ginnasio, sia superiore che inferiore», e che per i professori di ginnasio inferiore «non ancora era

1 Paolo Boselli, ministro della pubblica istruzione dall'8 febbraio al 25 maggio 1906 nel ga­binetto Sonnino.

2 Camillo Tassi.

Sezione VI - I professori: il reclut., la qualific. e il tratt. giuridico-economico 285

stato fatto tutto quello che essi desideravano e il ministero con loro avrebbe

oluto » dichiarava che ciò « non era avvenuto punto perché il pensiero del ;overn� non si era volto anche ad essi, m� perché �o.lo J?er g�adi �i poteva

procedere in quei provvedim_enti, e. per

.che le c?�d1z10n� dell er�n� hann?

esse pure le loro imperiose estgenze 111 v1sta degh mteress1 comuru d1 tutto il

paese» . . . . Lo stesso ministro nella tornata della Camera de1 deputati 5 aprile 1906,

chiudeva con le segu�nti parole la sua risposta all'on. Fradeletto \ che gli

rinnovava la raccomandazione del senatore Tassi:

« Ho visto che non vi era altro scampo (per ottenere l'approvazione della

legge) che confidare nell'abnegazione dei professori di ginnasio inferiore; i

quali però devono tenere per fermo che, non appena sarà a me o ad altri

consentito, si provvederà con la dovuta equità e con la maggiore larghezza

possibile alla loro sorte ». . . Noi abbiamo atteso con abnegazwne ed attendtamo con fede che la so­

lenne promessa sia mantenuta e che ciò segni il primo passo verso qu�ll'as­

setto di tutta la classe degli insegnanti medii, che ci auguriamo prosstmo e

pienamente rispondente alle aspirazioni ed ai voti di tutti. - So�toponiamo

pertanto alla benevola attenzione di V.S. alcu�e pro�os�e, c�e, An�ssumendo

le aspirazioni della classe, indicano con quah mezz1 fmanztan s1 potrebbe

provvedere alle spese richieste ed a quali sacrifici ci sottoponiamo volonta-

riamente per raggiungere i nostri desideri. . Coordinati questi desideri ai bisogni della nostra scuola, spenamo che a

tutti risulti evidente la giustizia, la praticità, l'attuabilità delle proposte avan­

zate. Noi siamo sicuri che nessuno allora vorrà negarci il suo appoggio; sia­

mo anche sicuri che il ginnasio-liceo continuerà a serbare alto il suo p�esti­

gio di vera e solida e sempre moderna scuola italiana di cultura, quah che

siano le altre, che non osteggiate da noi, ma desiderate, vorranno sorgerle

accanto per concorrere ad una nobile gara di progresso e di civiltà.

Il Consiglio direttivo

F.Guerri presidente - P.A.Fontebasso - G.Macioce - A.Santini - G.Tuzi, ' consiglieri

47

Lettera dei professori milanesi delle prime classi ginnasiali al ministro della pubblica istruzione Luigi Credaro 2•

1 Antonio Fradeletto, deputato dalla XXI alla XXIV legislatura (1900-1919) per il collegio di Venezia III. Docente di letteratura italiana nella Scuola superiore di commercio di Venezia.

2 Luigi Credaro, ministro dal 3 marzo 1910 al 30 marzo 1 9 1 1 nel gabinetto Luzzatti e dal 30 marzo 1 9 1 1 al 2 1 marzo 1 9 1 4 nel gabinetto Giolitti.

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286 Fonti per la storia della scuola

ACS , Carte Credaro, b. 1 3 , fase. 14 « La riforma del ginnasio inferiore. Per il ginna­sio inferiore », ms.

Milano, 4 dicembre 1 9 1 0

«Promissio boni viri fit obligatio ,

Onorevole ministro Credaro,

<<Ho visto che non v'era altro scampo che confidare nell'abnegazione dei professori di ginnasio inferiore; i quali però devono tenere per fermo che non appena sarà, o a me o ad altri, consentito, si provvederà con la dovuta equità e con la maggior larghezza possibile, anche alla loro sorte » .

Queste sono le testuali parole pronunciate da un suo illustre predecesso­re , l 'on. Boselli, dinanzi ai rappresentanti della nazione nella tornata del 5 aprile 1906 ' , alla vigilia dell' approvazione della legge sullo stato giuridico ed economico degli insegnanti medii.

Delusi nella nostra legittima aspirazione all'unità ed integrità didattica, morale ed economica del corpo insegnante nel ginnasio entitativamente e psicologicamente uno, in modo analogo a quanto era con ragione avvenuto per la scuola elementare, nella quale fu abolita l'antipatica distinzione tra maestri superiori e inferiori, dal momento che da tutti si richiede uguale ti­tolo d'abilitazione all'insegnamento, la patente normale, come per noi la laurea; esacerbati di vedere che la nuova legge, mentre provvidamente ab­batte:a la �arriera del ruolo fra i nostri colleghi del ginnasio superiore e quelh del hceo, rendeva a torto non solo più stridente la diversità di tratta­mento morale ed economico tra insegnanti del medesimo istituto a tutto e solo nostro danno, ma con determinati articoli e relative tabelle sanciva an­eh� - parrebbe incredibile! - la nostra inferiorità economica rispetto ai colle­ghi dello stesso nostro ruolo; mortificati, ma fidenti nella formale e solenne promes�a de� venerando ministro, innamorati della scuola nostra prediletta, la classiCa, Cl demmo con lena a difenderla dalle insidie che la minacciano �r�?ri? alle

_sue basi. Ma, ahimé! l'attesa di un quinquennio a taluni - specie

l pm gwvam e valenti - parve troppo lunga, e parecchi dei nostri commilito­ni, assillati da impellenti necessità economiche, emigrarono ultimamente nelle scuole tecniche; li attraeva il miraggio di trovarvi garantite per provvi­denziale disposizione di legge dalle mille alle mille e trecento lire annuali in più del magro stipendio, la facilità di superare ulteriori concorsi occupando­si d'una sola o al più di due discipline, la possibilità di raggiungere nell'età provetta l' ambito bastone di maresciallo, salendo alla direzione di uno dei

1 Lo stato giuridico degli insegnanti venne stabilito con le leggi 1m. 1 4 1 e 142 dell 'S aprile _190� . La nuova disci?lina si caratterizzò per il suo taglio garantista nei riguardi degli insegnanti m m1sura magg10re nspetto alle norme precedentemente in vigore.

Sezione VI - I professori: il reclut. , la qualific. e il tratt. giuridico-economico 287

tanti istituti in sedi di prim'ordine. Per tal guisa viene a scapitarne proprio la scuola unanimemente riconosciuta la migliore!

Onorevole ministro , l'egregio suo predecessore immediato , on. Daneo \ ben comprese la gravità e l 'urgenza della questione nostra, specie in rappor­to alla scuola, e si disponeva a darle pronta soluzione; ma le vicende parla­mentari glielo impedirono, ed ora tale non inglorioso compito è nelle sue mani.

L 'eccellenza vostra si è sempre, anche da semplice deputato, troppo oc­cupato dei problemi scolastici e dei provvedimenti deliberati dal Parlamento nei riguardi loro, perché ci sia bisogno che noi ci indugiamo a farle minuta­mente rilevare, articolo per articolo , le non lievi sperequazioni di lavoro che ci danneggiano, anche perché dettagliatamente informata, come ci con­sta, dal solerte Consiglio direttivo dell'Unione nazionale tra i professori del­le prime classi ginnasiali. Del resto è per comune consenso ammesso da par­lamentari eminenti, uomini di lettere pregiati, direttori e colleghi nostri equanimi, che stridentissima e dolorosa fra tutte è la condizione della nume­rosa falange degl' insegnanti di ginnasio inferiore, a nessun'altra seconda per l'importanza e la delicatezza della funzione didattica che esercita e per le be­nemerenze verso l'educazione nazionale. Che se l' indifferenza o l'egoismo d'una maggioranza numerica eterogenea ha finito per sopraffarei all'ultimo congresso di Pisa ed ha concluso coll'invocare un miglioramento simultaneo di tutta la classe, respingendo - contro ogni buona ragione d'equità, consue­tudine e praticità - qualsiasi proposta di eventuale ragionevole graduazione nel provvedere agli insegnanti medii, non si è riusciti però a soffocare il gri­do di dolore che, come ben diceva nel Secolo l'on. Ciraolo 2 in un commen­to al congresso, è uscito dall'anima di questi paria della scuola media, i qua­li, davanti al fiore dell'adolescenza italica, hanno l'anima amara e la borsa vuota.

Eccellenza! Ci sono anche a Milano tra i colleghi del ginnasio inferiore insegnanti valenti che, a quarant'anni d'età e con discreta famiglia, percepi­scono soltanto lo stipendio mensile di centocinquanta lire; e qui, dove pur sono tante le scuole pletoriche, non tutti riescono ad avere l'elemosina di poche ore nelle aggiunte delle tecniche, mentre gli insegnanti di queste, or­dinari, straordinari e persino supplenti, per diritto di precedenza possono fruire settimanalmente delle loro tredici e quindici ore regolamentari rimu­nerate a parte.

Eccellenza! Negli altri dicasteri, quando il bilancio consente migliorie di funzionari, si provvede alle categorie più diseredate. Noi facciamo voti af­finché Ella, che ha l' onore di uscire dalle file della democrazia, si compiac-

1 Edoardo Daneo, ministro della pubblica istruzione nel gabinetto Sonnino dal dicembre 1909 al marzo 1 9 10 . Autore con Credaro, più tardi, della legge Daneo-Credaro del 4 giu. 1 9 1 1 , n . 487, sulla istruzione primaria.

2 Giovanni Ciraolo, deputato della XXIII legislatura per il collegio di Fano.

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288 Fonti per la storia della scuola

eia seguire questa lodevole consuetudine di amministrazione veramente de­mocratica. Che se, come ci si assicura, sono effettivamente in corso propo­ste concrete d'esaudimento dei nostri voti e questo è finalmente l 'anno dei professori di ginnasio inferiore, che da un quinquennio attendono il mante­nimento di una solenne promessa, giudichi ella, onorevole ministro, che è un uomo eletto di mente e di cuore, come ci sia incresciosa l 'azione non be­nevola di alcuni colleghi, ai quali non cale che siano frattanto prolungati chi sa fino a quando i nostri dolori, pur d'averci a comoda sella per raggiungere insieme il purtroppo non prossimo ruolo unico.

Noi ci auguriamo che l 'ottima idea del ruolo unico per tutti gli insegnan­ti medi trionfi e che la nostra condizione economica sia pareggiata a quella dei funzionarii degli altri ministeri, forniti di titoli analoghi e che adempio­no ufficii non certo più nobili; anzi, facciamo voti che l 'Italia cancelli l'onta di essere alla coda delle nazioni civili - persino dopo la Spagna - nel rimune­rare tutti i suoi sacerdoti di Minerva, dalla maestra d'asilo al professore d'u­niversità. Ma intanto, se il bilancio non lo permette, sia almeno tolta la più stridente sperequazione economica che esiste tra gli insegnanti medi; ed ol­tre che mantenere una sacra promessa e far opera di giustizia, onorevole mi­nistro, si renderà benemerito di quel ginnasio che ella, come relatore del bi­lancio della pubblica istruzione, proclamava la scuola media più organica ed omogenea del nostro ordinamento scolastico.

Si compiaccia gradire i nostri deferenti ossequi.

I professori milanesi delle prime classi ginnasiali

SEZIONE VII

CONVITTI E COLLEGI

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Relazione annuale del direttore del convitto di Milano Calchi-Taeggi per l'anno scolastico 1861.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 8 1 , fase. 1 3 6 " 1 860-'80. Milano (città). Collegio-convitto e ginnasio Calchi-Taeggi" , ms. con firma autografa.

All 'Ill.mo Sig. Cavaliere Giulio Carcano r. provveditore agli studi della provincia di Milano

Milano, 5 gennaio 1861

Ad evasione della rispettata circolare del r. ministro dell'Istruzione pub­blica 1 5 dicembre 1860, comunicato il 23 detto, il sottoscritto si fa un dove­re di notificare la presente condizione del convitto di cui egli ha la direzione sebbene l'andamento generale del collegio sia vincolato dall'azione del cor­po amministrativo delle sostanze di esso.

E primieramente coll'allegato A sottopone il prospetto numerico degli alunni convittori dello scorso anno e del corrente facendo presente come il piccolo aumento che si verifica, è molto più sensibile di quel che a tutta pri­ma appare quando si rifletta che si assentarono per varie circostanze e spe­cialmente per applicazione ad altro ordine di studi ventitre alunni per cui la concorrenza dei nuovi fu nel corrente anno molto più sensibile che non per l'addietro.

In questo istituto l'educazione religiosa e morale degli alunni a tutto pre­siede, e l'azione sua consiste specialmente nel nobilitare i sentimenti dei gio­vani, nell'illuminare la loro intelligenza, aggiungendo i lumi della fede a quelli della ragione, nel dirigere e purificare la loro volontà, nel formarne la coscienza e rassicurarne il carattere ed il cuore.

Mezzi che si adoperano per raggiungere questo scopo sono: (a) L' istruzione catechesica per gli alunni del ginnasio e per quelli delle

scuole primarie tenuta non più col metodo già praticato nelle scuole, ma con quello che più illumina e persuade di istruzioni famigliari e pratiche e per gli alunni del liceo con' conferenze scientifico-religiose, in cui viene somministrato all'intelligenza dei giovani un alimento adattato allo sviluppo delle loro menti ed ai maggiori bisogni del loro cuore, essendo fatto poi an­che facoltà ai giovani stessi di presentare quelle obbiezioni o quelle doman-

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292 Fonti per la storia della scuola

de, che in seguito alle conferenze stesse sentissero bisogno di schiarimento . A tale importante missione, il sottoscritto rettore scelse il distinto sacerdote Natale Caroli.

Questo per quanto riguarda l' istruzione. (b) Altro mezzo, si è quello di avere affidati i giovani ad istitutori di sana

morale, di buona educazione e per quanto fu preferibile con qualche istru­zione e capaci di bene educare i giovani.

Alla educazione religiosa è congiunta l'educazione morale di cui è princi­pal mezzo una ben intesa disciplina.

In questo convitto essa si esercita nel conservare in tutto il suo vigore il regolamento particolare dell'istituto che si sviluppa nel mantener la osser­vanza costante della regola, colla ferma esattezza della sua direzione, col prevenire la infrazione del regolamento, mediante lo zelo della vigilanza, e finalmente col reprimere la trasgressione del regolamento stesso colla pun­tualità della sua giustizia, onde corretto sia il disordine tosto che si presenta. La cura per mantenere il bene e la vigilanza ad impedire il male rendono for­tunatamente meno sentita la necessità della disciplina repressiva ed il sotto­scritto può assicurare del buon andamento disciplinare tanto nelle scuole che in convitto dei giovani agli istitutori affidati.

Non meno dell' educazione religiosa e morale è coltivata in questo istitu­to l'educazione nazionale .

Il sottoscritto riguarda come un dovere sacro l'educare i giovini nell'a­more della loro patria nel rispetto per le sue leggi e procura inspirare loro zelo per gli interessi della propria nazione e lo spirito di sacrificio per la di lei gloria: quindi come non furono gli alunni di questo convitto mai secondi in tutti gli appelli delle sagge conferenze patrie ed agli slanci d'eroismo che i supremi bisogni del paese richiedevano così vengono tuttora educati.

Estranei alle agitazioni politiche ed allo spirito di partito, vengono spe­cialmente diretti a distinguersi per nobiltà di carattere e di spirito, per gene­rosità di cuore e per elevatezza di principii indipendenti, di sortirne in se­guito uomini sinceri, giusti, caritatevoli ed amanti di una saggia libertà.

Ciascuno di questi principali mezzi di educazione svolgesi e diramasi in mille modi i più acconci e solleciti al loro singolare scopo aggiungendosi al­le migliori teorie le pratiche dell'esperienza.

La istruzione scolastica distribuita per quanto riguarda le materie obbli­gatorie dei vari corsi, sopra sedici professori procede regolarmente appli­cando per l'insegnamento le ore assegnate dal regolamento ministeriale 22 settembre 1860 1 e conformandosi pienamente ai partecipati, programmi dei corsi liceale, ginnasiale e primario . Ad approfittare delle lezioni scolastiche vengono assegnate quotidianamente varie ore di studio per le materie obbli­gatorie dei corsi riservando per gli studi liberi del disegno, delle lingue stra-

1 R.d. 22 set. 1860, n.43 1 1 , con cui venivano regolate tutte le scuole secondarie.

Sezione VII - Convitti e collegi 293

niere e della musica generalmente i giorni di feria scolastica come sarebbero il giovedì e la domenica.

I convittori di questo collegio sono ripartiti in sei compagnie che non ol­tre passano il numero di venti: a ciascuna è assegnato un dormitorio, una ca­merata per gli studi e per il sollievo, un cortile per la ricreazione: gli alunni però del liceo divisi dal restante della comunità sia per le scuole e per la ri­creazione, sia per il refettorio, hanno ciascuno la propria camera tanto pel riposo notturno, che per lo studio di giorno. Divisi questi alunni in due compagnie hanno in comune nella propria camerata lo studio serale.

Ogni compagnia dei convittori è assistita da un institutore, ed il collegio è sempre provveduto di tali sorveglianti constando oltre gli applicati ordina­dj, altri due istitutori, come supplenti per ogni ragione di emergenza.

Nelle ore di ricreazione nell'attuale stagione, vengono i convittori, con­servando sempre lo stesso riparto delle compagnie rispettive applicati agli esercizij militari e ginnastici, alternandosi questi tanto per gli alunni del li­ceo come per quelli del ginnasio. Per quest' istruzione vi sono destinati ap­positi ed abili istruttori e, riguardo ai primi si è stabilito uno speciale pro­gramma sia per garantire l' istruzione stessa come la disciplina e dar a questi esercizij quella importanza che ben si meritano, specialmente in vista dei bi­sogni della patria. Gli alunni del liceo provveduti di fucili, sono già avanzati nel maneggio dell'arma, oltre che per l' istruzione dei precedenti anni hanno pratica in generale del maneggio del bastone e della sciabola.

L'educazione fisica dei convittori quale è intesa dal sottoscritto ha per iscopo di conservare assicurare e riparare la salute loro tanta preziosa e ne­cessaria e tiene il giusto mezzo perché non sia né troppo molle né troppo dura. Ella si spiega in un'occupazione molteplice e laboriosa piena di minuti dettagli.

Tuttavia si possono tali cure riassumere nelle seguenti: l . Nel procurare ai giovanetti un'aria buona e sana. A ciò prestasi la posizione stessa dell'istituto situato all' estremo della cit­

tà, a poca distanza dai bastioni di essa, non circondato da caseggiati, ma da vasti spazi che servono a ricreazione agli alunni.

Nell'interno i dormitori, le camerate, i refettorj , le scuole, fatta qualche eccezione, sono locali vasti, e ben arieggiati, per cui con facilità è mantenu­ta un'aria viva e pura, frequentemente e costantemente rinnovata.

2 . Nel somministrare un nutrimento sano non deficiente per qualità e quantità.

Tre sono i pasti principali: la colazione, il pranzo, la cena distribuiti a conveniente orario e retti da semplicità, frugalità e sobrietà. Solo il pane è dato a richiesta, non senza però una certa regolarità. Del resto è eguale il trattamento degli istitutori a quello degli alunni, salvo le eccezioni che il buon senso indicano come necessario per gli uni e per gli altri tanto in ra­gione dell'età che dello stato di salute .

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294 Fonti per la storia della scuola

3 . È una delle cure importanti per l' educazione fisica dei convittori la ra­gionata distribuzione, la durata, la precisione d'orario dei pasti,

.dello stu­

dio, del sonno, delle ricreazioni o sollievo, ed a questo provvedesi col man­tenere possibilmente inalterato l 'orario che dalla esperienza fu comprovato come il più conveniente.

4 . Mezzo di educazione fisica sono gli esercizj del corpo. Oltre gli esercizi militari ed i ginnastici che alternati occupano gli alunni

nelle ore di ricreazione, si danno due e più passeggiate settimanali nella sta­gione d' inverno, dal mezzogiorno alle ore due pomer�diane, e n�lla estate anche quotidianamente sulle ore vespertine e talvolta di buon mattmo .

Nelle ore di sollievo quando gli esercizj militari e ginnastici non occupa­no gli alunni è cura degli istitutori l'esercitarli in appositi cortili alla corsa e consimile conveniente esercizio, al giuoco delle pallottole, delle palle, del pallone e simile.

. 5 . La nettezza dei locali tutti dello stabilimento, la puhtezza della perso-

na, per cui provvedesi anche coll'uso dei bagni, delle lavande. �arziali, la ?u­

lizia degli abiti, è una delle più assidue cure a cui consacrasi il sottoscntto qual altro indispensabile mezzo di sanità.

. . . . 6. Molteplici e di troppo minuto dettaglio sono le precauzwru nchieste

per mantenere una conveniente temperatura ai convittori per la conserva­zione della loro salute.

n sottoscritto più che il rigore del freddo e l'eccessivo caldo cerca impe­dire gli effetti della umidità qual causa più frequente delle indisposizio?-i

. �ei

giovani. Dai primi freddi dalle prime piogge, come specialmente sensib�h.

� pericolose, studia preservarli , come finalmente dai passaggi troppo sensib�h dal caldo al freddo. Con queste norme egli redige, quanto reputa necessano a tutelare da questo lato la salute.

7 . In ultimo le cure mediche sono destinate a riparare alla alterata salute . Queste sono dirette da medico e chirurgo fra i più distinti, pazienti, zelanti e prudenti, che giornalmente recansi allo stabilimento.

, . . . . . Vi ha un infermiere che ogni mattina alla levata de convitton ViSita tutti

i dormitori, richiedendo dello stato di salute della rispettiva compagnia e compita la visita ne da direttamente relazione al rettore .

. . Verificandosi un'indisposizione con febbre in un convittore, Viene tra­

sportato all' infermeria, che divisa in varie camere, è sotto l'im�ediata �or­veglianza e diretto servizio dell' infermiere che nel loca�e stesso d� tutto l oc­corrente è provveduto. Di ogni indisposizione per cm un convittore passa all' infermeria viene data sollecita partecipazione ai parenti.

Tali sono in breve i mezzi di educazione fisica dei convittori che il sotto­scritto rettore da circa quattro anni che dirige lo stabilimento ha messo in pratica, ed ha la soddisfazione di averli veduti coronat� di

.un esito felicissi­

mo: verificandosi dalle annotazioni che in questo spaz10 di tempo non solo non si ebbero a lamentar malattie, ma più e più mesi trascorsero senza la

Sezione VII - Convitti e collegi 295

benché minima indisposizione al presente ottimo è lo stato sanitario della comunità.

I convittori di questo collegio vestono per sortire un'uniforme conve­niente a giovani civili ed avviati a carriere distinte dalla militare, evitando la volubilità e leggerezza della moda e conformandosi a quanto le stagioni ed il miglioramento dell'abbigliarsi suggeriscono. Anche in convitto vestono uni­formemente a togliere ogni distinzione di fortuna, di grado di famiglia o di qualsiasi altro titolo che ingenerare possa divisione o rimar co .

Provveduto questo collegio della rendita di un patrimonio, che subì per altro varj decrementi, viene sussidiato a sostenere le spese dell' istruzione, del vitto e di tutto quanto può abbracciare un primario istituto d' educazione dalla pensione dei convittori stabilita per l' intero anno in italiane lire 565,20 per gli alunni delle scuole primarie, ed in italiane lire 648, 16 per gli alunni delle scuole secondarie.

A questa pensione aggiungasi per la manutenzione del mobiliare, per i di­vertimenti nell' interno dello stabilimento, per la cura di medico chirurgo ecc . , ecc. il versamento di italiane lire 86.42 per gli studenti delle scuole primarie; italiane lire 103 per quelle del ginnasio, ed italiane lire 1 2 1 per quelli del liceo.

L' amministrazione del collegio dispone sulle rendite del patrimonio di venticinque piazze semigratuite, ed i beneficiati fanno versamento della me­tà pensione in due eguali rate non facendosi luogo a beneficio riguardo alle spese addizionali.

Oltre alle piazze semigratuite vi sono undici piazze gratuite riguardo alla pensione, il cui importo viene annualmente versato alla cassa del collegio dalla amministrazione del r. collegio delle Signore della Guastalla, alla quale per altro spetta la nomina dei beneficiati.

Con tale relazione crede il sottoscritto d'aver brevemente somministrati i ragguagli desiderati sulla presente condizione del convitto di cui è rettore, disposto a darne di maggiori e più dettagliati a richiesta.

Frattanto però che l' occasione di ufficiale interpellanza, propizio gli apre l 'adito di rendere l'Ecc. signor ministro edotto dello stato reale di questo istituto d' educazione, che fra i primarj per molti titoli andrebbe distinto, il sottoscritto si permette nelle viste dello zelo dallo stesso r. ministro della Pubblica istruzione manifestato per tutto quanto riguarda lo sviluppo intel­lettuale e morale della gioventù, e nel sentimento di concorrere al maggior bene del proprio paese promuovendo ogni sorta di miglioramento, di espor- · re i propri voti perché l'istituto ch' egli regge effettivamente possa risponde­re alle giuste aspettative della patria, della società, delle famiglie, del r. go­verno.

E primieramente il sottoscritto rettore lamenta la funesta pressione dei membri della amministrazione del collegio , alla quale deve necessariamente soggiacere tanto per rapporto all'istruzione ed alla disciplina, non meno che

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296 Fonti per la storia della scuola

sotto l'aspetto del sociale progresso, sottoponendosi da essi riguardo ai pri­mi l'azione educativa al calcolo delle cifre e riguardo al secondo l'azione stessa impedendo e ritardando a seconda delle particolari loro convinzioni.

Quindi il sottoscritto rettore, nella sua qualità di rettore degli studi è contro ogni buon senso, chiamato responsabile dell'istruzione dei professori che l'amministrazione gli assegna, quantunque per età od attitudine all'inse­gnamento nelle scuole meno opportuni, e ciò nonostante le giuste osserva­zioni ed opposizioni da esso fatte.

Non altrimenti è il sottoscritto rettore responsabile della disciplina e mo­ralità dei convittori i quali anziché essere assistiti da educatori che per ogni rapporto all'educazione stessa facciano presso ogni individuo la parte del rettore, del padre, della madre, del vero istitutore, sono semplici assistenti essi stessi d'educazione, d'istruzione deficienti, per età, per inesperienza po­co atti a tanto importante ufficio.

Ogni pratica del sottoscritto per ottenere istitutori quali il bisogno del­l'educazione dei giovani richiede falli sempre innanzi ad un falso calcolo, economico-amministrativo: solo poté il sottoscritto alquanto migliorare la classe di tali assistenti con una prudente e studiata scelta, con immediato provvedimento appena che taluno all'aspettazione non risponda.

Il sottoscritto pure non si fa illusione e non crederà alle apparenze d'or­dine, di disciplina, di morale di gioventù radunata, dove chi li avvicina qua­si ogni ora del giorno non è vero istitutore ed educatore e senza un ulteriore provvedimento non si crederà giustamente responsabile di un'eletta educa­zione quasi impossibile.

Che se presentar volesse il sottoscritto, quali e quanti furono e son tutta­via gli ostacoli al miglioramento, al progresso di cui è suscettibile questo istituto, per le particolari convinzioni dei membri dell'amministrazione per i loro difetti amministrativi, egli formular dovrebbe una troppo dettagliata ac­cusa contraria a quello spirito di moderazione con cui potrebbe esser infor­mata la riforma e forse promosso il ritiro, degli amministratori stessi.

Sussistono però e sussisteranno a giustificazione del sottoscritto, tutti i reclami e gli atti con cui si è sempre adoperato per il miglioramento dell'e­ducazione de' giovani e per la materiale prosperità ·dell'istituto: basti quindi l'aver accennato anche questo grave ostacolo riconosciuto dal pubblico e dalla onorevole autorità scolastica della stessa provincia, che zelante dell'uf­ficio suo ebbe a confortare ed animare a proseguire in ufficio il sottoscritto, colla speranza di prossimo provvedimento e coll'assicurazione dell'interes­samento suo, non che del r. ministro della Pubblica istruzione nel cui valido appoggio rimette la scelta d'ogni miglior mezzo di provvedimento a prospe­rità dell'istituto.

Il direttore sacerdote Giovanni Tossi

Sezione VII- Convitti e collegi 297

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Relazione al ministro del rettore del collegio-convitto nazionale del Car­mine di Torino.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 1 2 5 , fase. 227 « 1860- '80. Torino (cit­

tà). Convitto nazionale » , ms. con firma autografa.

[7 gennaio 1861] 1

Sul finire dell'ottobre scorso rientravano in questo convitto gli alunni in­terni de' quali il maggior numero avea trascorso le vacanze in seno della propria famiglia.

Non pochi de' convittori che qui erano allogati nell'anno scorso, si astennero dal ritornarvi: il numero raggiunto è ventisette; molti di essi furo­no rimpiazzati da nuovi ammessi, permodoché all'aprirsi delle scuole si eb- · bero giovani novantuno.

Il convitto sarebbe stato frequentatissimo se non si avesse rifiutato l'am­missione a molti giovani già troppo adulti, de' quali non si ebbero buone in­formazioni.

Il seguente specchietto indica il numero de' giovani qui accolti, la pro­vincia onde provengono, la classe che frequentano, in rapporto alle indica­zioni medesime per l'anno scolastico 1859-'60.

I novantuno convittori sono ripartiti in sei squadre o compagnie, nel modo seguente.

Prima squadra Alunni che frequentano il liceo e la quin- Totale n. 2 1 ta ginnasiale.

Seconda squadra Alunni che frequentano la quarta e la ter- Totale n. 16 za ginnasiale.

Terza squadra Alunni che frequentano la seconda e la Totale n. 1 6 prima ginnasiale.

Quarta squadra Alunni che frequentano le scuole tecni- Totale n. 16 che e l'istituto tecnico.

1 La data si evince dalla lettera di trasmissione della relazione 7 gennaio 1861 . Il documen­to è in risposta alla circolare del ministero del 1 5 set. 1860.

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298 Fonti per la storia della scuola

Quinta squadra Alunni che frequentano le scuole el e- Totale n. 16 mentari superiori .

Sesta squadra Alunni che frequentano le scuole el e- Totale n. 6 mentari inferiori.

Ad ogni squadra è preposto un istitutore, ed è assegnata una stanza per lo studio, un dormitorio, una stanza per la ricreazione, una stanza per lavar­si, un camerino per le occorrenze, la sala da pranzo è comune a tutti.

Concetto generale.

Premesse queste indicazioni numeriche, lo scrivente passa a riferire in­torno a tutto che s 'attiene all'educazione de' giovani, nelle varie sue parti.

Precipuo scopo di chi ha l'onore di governare questo educatorio è quel­lo di procacciare a' giovani l'acquisto degli abiti tutti che potranno e do­vranno conservare, fatti uomini, in società. Con la qual cosa furono preci­puamente diretti gli sforzi ad eccitare ne' giovani:

l o . Il sentimento dell' ordine, dell'assettatezza, della nettezza, della civil-tà, che esercita grande influenza nella vita e molta integrità del carattere.

2 o . Il desiderio del lodevole uso del tempo. 3 o . L 'affezione alla lealtà ed alla sincerità. 4 ° . Reciproca benevolenza, scambievole compatimento . 5 o . Amore alle istituzioni che governano lo Stato, al principe, ed al paese

che con ogni sollecitudine cura la educazione loro. 6° . Timor di Dio, che è principio e fondamento d'ogni sapere.

Educazione religiosa.

Distinguo l 'educazione religiosa dalle pratiche di pietà. Queste ultime si compiono regolarmente ogni giorno colla recitazione delle preci del cristia­no il mattino e la sera, e coll'ascoltar la messa. Nei giorni festivi col canto e coro delle litanie della B . Vergine, dell'invocazione allo Spirito Santo, e col­la benedizione data col Venerabile.

Ogni quaranta giorni coi sacramenti della penitenza e della Eucarestia, ai quali si accostano spontaneamente, non essendosi astratti in modo alcuno.

L'educazione religiosa è data, per mezzo della istruzione pastorale che ha luogo ogni domenica colla spiegazione del Vangelo e del catechismo.

Il sottoscritto ravvisando convenevole che ogni squadra di giovani aves­se un insegnamento adatto all'età, istituì una scuola settimanale di 3/4 d'ora per ognuna di esse, nella quale il direttore spirituale, in dialoghi famigliari, le istruisse, parendo argomento del suo insegnamento quelle parti del cate­chismo onde più hanno bisogno . Sì fatta scuola avendo un'indole diversa, e potendosi in essa meglio esporre i doveri, e venire ad applicazioni utilissi­me, si ravvisò più acconcia alla varia condizione de' giovani, ed a meglio trovar la via dell' intelletto e del cuore.

Sezione VII - Convitti e collegi 299

A questo insegnamento si accoppia un'educazione individuale che è for­se più ricca di risultamento. Essa consiste sulle ammonizioni che si fanno tuttavolta che ne offra un appicco.

In questi colloqui è dato valersi di parole più calde di affetto, e che ac­cennino a verità che non sono mai abbastanza scolpite nell'animo de' giova­ni, di fare appello alla voce della coscienza ed a quella del rimorso, alla viva ed operatrice credenza in una vita ultramondana, cui quella del tempo è preparazione. Egli è in questi privati trattenimenti che si cerca di rinfocolare l'amore di famiglia, l'affetto a quelle virtù che sono desiderabilissime nella gioventù, ed in peculiare modo alla sincerità, ed alla integrità al costume; e di istillare il timme di Dio, fondamento della cristiana educazione.

Sebbene questa parte possa sembrare relativamente devoluta al direttore spirituale (il quale ha piéna libertà di occuparsene) chi scrive, edotto dalla esperienza, se ne fa un carico speciale, nel convincimento che certe verità ripetute da chi non è rivestito dal carattere di sacerdote, fanno più larga breccia nell'animo de' giovani, i quali cessano dal dubitare che colui che lo­ro le espone nol fa per dovere di ufficio, sì per intimo convincimento ch'e­gli ne trae Dio, che legge ne' cuori e ne scruta i pensieri, saprà se la commo­zione d'animo, le parole di resipiscenza, e le lagrime abbondanti, onde fu più volte testimonio il sottoscritto, originassero veramente dal cuore: a que­sti, può nondimeno attestare che più volte, per tal mezzo, giunse a letizia di frutto.

Educazione intellettuale.

Sebbene l 'educazione intellettuale sia compartita a' giovani dai pubblici insegnanti nelle singole classi, crederebbe chi scrive di mancare al debito suo, quando non cooperasse con ogni maniera mezzi all'opera degli inse­gnanti. A tal fine oltre all'esaminare di frequente i compiti de' giovani, a dar loro quegli indirizzi che sono dal caso, adopera perché siano convenevol­mente fatte le letture, e siano governate in modo da tornare a loro vero be­neficio; perché le me di studio siano veramente bene spese, e che la quiete, il silenzio, il raccoglimento non siano giammai interrotte.

Fatto certo lo scrivente che i più siano poco esperti dei rendimenti delle discipline cui intendono l'animo, dispose perché ne' giorni di vacanza fosse­ro sussidiati da una scuola interna distinta per ogni classe, nella quale fosse­ro oralmente esercitati, e ne diede il carico agli insegnanti medesimi del gin­nasio. Ha fidanza che tali esercitazioni valgano a rifare le fondamenta, sì che valgano a sorreggere l 'edifizio che si va costruendo.

Venne pur anco utilissima l'opera dell'avv. Franceschi che comparte l ' in­segnamento suo di retta pronunzia una volta per settimana ad ogni squadra, e si fa indire con interessamento molto da' giovani, i quali, nella vivacità della lingua da lui parlata, s'ausano alla parità dell'accento all'armonico col­locamento delle parole, ed alla purezza della lingua vivente che non sapreb-

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300 Fonti per la storia della scuola

bero scerre nella lettura de' classici. n Franceschi ben comprende l'utile che a' giovani può venirne dal suo insegnamento e vi si dedica con alacrità mol­tissima.

Disciplina.

Non si durò gran fatica ad instaurare la disciplina, adoperando che tutti eseguissero la parte di compito loro assegnata, e sorvegliando accuratamen­te i giovani e gli istitutori. La vigilanza fu il cardine della disciplina, e si coo­perarono, la nettezza, l'ordine in ogni cosa, la convenevole distribuzione del tempo, l'aver voluto sul bel principio rigorosamente osservate anco le prescrizioni che pareano meno importanti. I mezzi adoperati a mantenerla la persuasione, l'ammonizione temperata dall'affetto, la punizione rarissima.

Divisione del tempo.

Nella distribuzione dell'orario si adoperò di non trasportare qui per inte­ro gli usi seguiti in Francia ed in Germania, ma lo si contemperò all'indole diversa de' giovani, alle abitudini di famiglia, al clima.

Nei giorni eccessivamente freddi e piovosi ha luogo la ricreazione invece del passeggio, ma è alquanto abbreviata.

Le lezioni di musica, disegno, lingua francese, che sono libere, si com­piono nelle ore di ricreazione, permodo che l'orario su indicato non soffra cangiamento.

Educazione fisica.

È qui praticato tutto che valga a mantenere l'igiene. Rinnovamento fre­quente d'aria - nettezza costante delle stanze dei dormitorii del vestiario, ed in particolar modo della persona e del letto - Riscaldamento sufficiente delle sale di studio ( + 8 o del termometro di Réaumur) - vitto abbondante, nutriti­vo e sano - passeggiate quotidiane - esercizii corporali di scherma, ballo, ginnastica, di maneggio d'armi. Nella ginnastica è data preferenza a quegli esercizii che valgano a rafforzare i muscoli del torace e degli arti superiori.

Ogni squadra partecipa quattro ed anco cinque volte per settimana a sì fatti esercizii che si prolungano ogni volta tre quarti d'ora. Il florido aspetto de' giovani fa ragione dell'opportunità de' meçlesimi.

Si disse che la natura degli alimenti è in proporzioni convenevoli da somministrare all'organismo la quantità occorrente di sostanze plastiche e di carbonio, ossia di principii combustibili.

Altrove è indicata la media degli alimenti consumati da un giovane, e la corrispondente quantità di sostanze azotate e combustibili introdotte nel­l'organismo.

Le sostanze combustibili superano di qualche cosa la media generalmen-

Sezione VII - Convitti e collegi 301

te stabilita nelle case di educazione; ma qui convenne tener conto del clima e della stagione rigidissima.

Desiderii.

Pria di chiudere questa relazione, lo scrivente rivolge preghiera a cotesto ministero affinché si degni di accordare a questo convitto, gratuitamente, l'uso dell'acqua potabile, sulla quantità disponibile che il governo si riserbò.

Le acque onde si usa sono soverchiamente cariche di sostanze calcari, e però non salubri.

Si desidera ancora di potete stabilire nell'interno del convitto una stanza destinata ai bagni, con quattro vasche almeno, giacché nella bella stagione, ogni dodici giorni, possano i giovani bagnarsi, con grande beneficio sulla sa­lute.

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Il rettore del convitto Luciano Benettini

Relazione di Antonio Labriola 1 e di Aristide Gabelli 2 al prefetto di Roma, presidente del Consiglio provinciale scolastico, relativa all'ispezione con­dotta sul collegio Nazzareno.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 1 1 3 , fase. 198 « 1860-1890. Roma (cit­tà) parte II. Collegio Clementina, Collegio Nazzareno », ms.

Roma, 29 gennaio 1877

Al Signor Prefetto della Provincia di Roma

Incaricati dalla S .V. di visitare il Collegio Nazzareno, abbiamo adempito nei passati giorni, coll'intervento del r .commissario consigliere I:a Mola, a quest'ufficio ed ora ci rechiamo a onore di informare V.E. di tutto quello che vi abbiamo osservato.

Presentati dal cav.re La Mola al Rev.o Signore Leone Sarra delle scuole

1 Al momento titolare della cattedra di filosofia morale e incaricato di pedagogia presso l'U­niversità di Roma.

2 Al momento ricopriva la carica di provveditore agli studi di Roma.

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302 Fonti per la storia della scuola

pie, rettore del Collegio, e al Rev.o Andrea Leonetti della stessa Congrega­zione, prefetto degli studi, fummo accolti cortesemente.

In loro compagnia e guidati da essi per prima cosa visitammo il locale, ch'è dei più ampi, comodi e salubri, che in questa città servano alla istruzio­ne. Di questo però non è necessario parlarne, essendo alla S.V. ben noto e non appartenente all'ufficio nostro il descriverlo minutamente. Soltanto è da dire che ogni cosa vi è tenuta con pulitezza e con ordine e, al piano pri­mo, dove ci sono la ricca cappella, l'appartamento del rettore e le scuole, anche con eleganza. A ciò si aggiunga una cert'aria di bonarietà e di sempli­cità e la nessuna apparenza claustrale, non porte asserragliate, né tanti cam­panelli, né ordigni che accennino a sistematiche diffidenze e sospetti; non ripari, né trombe, né inferriate alle finestre: ma tutto tenuto come in una ca­sa, con sole imposte all' interno e tendine.

Una sola cosa contrasta con questo sistema di apparente fiducia, il dor­mitorio dei convittori di media età, dai 1 3 ai 1 5 o 1 6 anni, che consiste in un'infilata di stanzette lungo un corridojo, dal quale sono tutte divise per mezzo di un armadio, che la notte viene chiuso a chiave. Tutti questi cancel­li in fila, entro i quali si vedono i giovani, danno al dormitorio l'aspetto di un serraglio di animali feroci; cosa certamente non bella e, per quanto sem­bra, neppure utile potendo questo modo inusitato di severa tutela mettere in mente nei ragazzi quella che altrimenti non ci verrebbe e quindi incitarli ad eludere una vigilanza, la quale non riuscirà mai così assidua e oculata, che prima e dopo non sia possibile d'ingannarla.

È ben vero che questo sistema poco lodevole e abbandonato in quasi tut­ti gl'istituti di educazione, non si adopera, come avvertimmo se non pei gio­vanetti di mezza età, dormendo i piccoli in una gran sala comune, e avendo i più grandi ciascuno un camerino per sé. Ma non si può a meno di osserva­re, che quest'ultima disposizione, commendevole in quanto lascia allo alun­no una giusta libertà e tende a migliorarlo con una fiducia lusinghiera, può riuscir pericoloso in quanto succede a un sistema di sospetto umiliante, che desta l'astuzia ed eccita all' inganno e alla ipocrisia.

Visitato il locale c'informammo alcun poco dell'amministrazione, senza entrare però in minuti particolari, poiché la cosa non ci riguardava princi­palmente. Riferiamo qui alcune cifre che potemmo raccogliere dal rettore, solamente in quanto esse conferiscono a formarsi un concetto più chiaro dell'istituto e a rendere meno incompleta questa relazione.

Secondo il rettore il Collegio Nazzareno avrebbe un patrimonio di circa L. 450.000 con un reddito netto per pigioni di beni stabili urbani, di circa 1 5 . 500. Ma a questo si devono aggiungere le rette dei convittori, che am­montano a circa lire 50.000 e il reddito di crediti patrimoniali, per guisa che la somma annua disponibile salirebbe a intorno 69.000 lire. Invece a circa 68.000 ammonterebbe l'annua spesa, per guisa che ne rimarrebbe un avanzo attivo. Non sappiamo però, se queste cifre siano vere neppure approssimati-

Sezione VII - Convitti e collegi 303

vamente, non avendo creduto consentaneo all'ufficio nostro di entrare in qualche esame a questo proposito, né di chiedere documenti e conti.

I convittori sono in numero di 64 e la retta è di lire 900 all'anno. Però, di questi 64, godono un posto gratuito 7, e 1 1 ottennero una riduzione della retta a L. 600 . A questo proposito non pare inopportuno dire qualche cosa dei posti gratuiti, che servirono a dare il nome, se non propriamente il ca­rattere, a questo istituto e a fare sì che esso venisse dichiarato con una re­cente risoluzione opera pia.

Nel 1622 il cardinale Tonti intimò per testamento che nel suo palazzo in via del Bufalo fosse istituito, sotto il nome di Collegio Nazzareno, un alun­nato di dodici giovanetti poveri i quali ciascuno ivi raccolti, fossero forniti di tutto il bisognevole e venissero educati negli studi letterari e filosofici.

Questi posti, che avrebbero dovuto col tempo andar crescendo e il con­ferimento dei quali appartiene al card .le vicario di Roma pro tempore, si ri­dussero invece, non si sa come, né perché a sette. Ma il fatto è che, per ope­ra dei padri scolopi, ai quali il collegio venne affidato fin dall'origine, intor­no all'alunnato per l'educazione gratuita venne appianandosi poco a poco un collegio convitto a pagamento, e un collegio, come dimostra la retta piuttosto elevata per la classe signorile. Così cogli anni ciò che costituì in certo modo il nucleo dell'istituzione e doveva essere il principale, lo scopo di pietà, diventò secondario, mentre ciò che in principio era secondario, per non dire estraneo alla fondazione, diventò principale. Ciò appare dal semplice confronto del numero dei convittori paganti con quello dei gratui­ti. Appare poi tanto più quando si consideri che i sette posti gratuiti sono occupati da giovanetti vestiti da sacerdoti, i quali mentre attendono ai loro studi per avviarsi di regola, alla carriera sacerdotale, adempiono senza sti­pendio all'ufficio di istitutori degli alunni laici, facendo risparmiare al colle­gio la spesa, che in altro modo dovrebbe addossarsi per la loro vigilanza.

Dei 64 convittori, fra i quali sono compresi, come s'intende anche i 7 che fanno da istitutori, 3 1 appartengono alla città di Roma, 4 a questa pro­vincia e 29 alle altre dello Stato. Alcuni di questi provengono dalle più lon­tane, dalla Lombardia, dal Veneto, dalle Calabrie e dalla Sicilia. Non pochi sono di famiglia nobile, quasi tutti poi, tolti i gratuiti, agiati.

Assunte queste notizie, procurammo di raccogliere qualche informazio­ne nel personale insegnante e sugli studi, la S .E. troverà unito a questa rela­zione un elenco degli insegnanti con tutte le condizioni importanti a sapersi, la classe in cui insegnano, ne abbiano o no la patente, a l'emolumento di cui godono, che consiste per tutti, compreso il rettore, nel vitto e nell'alloggio oltre ad una rimunerazione di lire 1 20 all'anno. Ciò che principalmente si vuole avvertire è che, se si prescinde dalle scuole elementari, nelle quali i maestri hanno la patente, e dal rettore, che non insegna, sugli otto insegnan­ti addetti al ginnasio e alla classe prima del liceo, è munito della patente uno solo, il sig. Sodini Gaetano che insegna matematica in tutte le classi. Tutti gli

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304 Fonti per la storia della scuola

altri hanno bensì molti anni di esercizio, ma titoli che non furono dal Mini­stero dell'istruzione pubblica riconosciuti o bastevoli a concedere loro la pa­tente. Taluno, e per avventura dei più vecchi non sembra avere altro titolo, che quello dell'istruzione ricevuta in un seminario. Non è quindi meraviglia, se la cultura e il valore didattico di questi insegnanti appariscono assai diffe­renti. Prima però di parlarne pare opportuno un cenno sull'ordinamento de­gli studi e sul materiale scolastico.

Gli studi sono ordinati secondo i regolamenti e i programmi governativi, il disegno cioè e la ripartizione loro nelle varie classi corrispondono a quelli delle scuole pubbliche, almeno per l'intenzione. Vi hanno le quattro classi elementari, ma riunite a due a due, cioè in due corsi, l'uno inferiore e l'altro superiore. Vengono poi le cinque classi ginnasiali, delle quali però manca la prima, non essendosi trovati al principio dell'anno alunni per età e istruzio­ne preparati a entrarvi. Infine viene una prima classe di liceo con due soli alunni e quattro uditori, che però non fanno studi regolari, alla quale le per­sone addette alla direzione non sembrano attribuire grande importanza.

Quanto a materiale scolastico, si può dire che tutto si raccolga in un am­pio e ben ordinato e bastantemente ricco gabinetto di mineralogia. Per la fi­sica c'è una raccolta che si potrebbe dire archeologica di disusati e strani ap­parecchi di nessun valore e ragionevolmente posti in disparte e tutti sos­sopra.

C'è una biblioteca che va dai quattro a cinquemila volumi, ma senza ca­talogo, composta di classici latini e di libri di teologia e storia ecclesiastica, messa insieme coi doni e coi lasciti fatti tratto tratto dai professori che abita­rono nel collegio, ma di poco valore e poco usata nelle scuole; poi c'è qual­che poco pregevole carta moderna dell'Europa e dell'Italia delle solite edi­zioni di Torino, ma non è di poca meraviglia il vedervi in taluna delle carte geografiche della fine del 1 600, ingiallite dal tempo e con tutti gli errori al­lora inevitabili. Non si adoperano, come s'intende, ma non vedendosene in certe scuole alcune altre, non lasciano di fare su chi entra poco felice im­pressione.

Per quanto si può giudicare rimanendo per breve tempo nelle scuole, gli alunni appariscono sommessi, docili e bene educati, rispettosi senza servilità e disinvolti senza sfacciataggine. Sono anche in generale sani e di bell'aspet­to. Chiunque entri nelle classi sono avvezzi a levarsi in piedi senza attendere il comando, mantenendosi poi composti e in silenzio. Perciò in somma che si attiene alla disciplina, nulla ci avvenne di osservare che non tornasse a lo­de del collegio .

Rispetto al profitto le due classi elementari non vanno male. Nella pri­ma, affidata al P . Nuvoloni Giuseppe, patentato, ma nella quale insegna trat­to tratto anche il P . Pescosolido Tommaso, che non ha patente, gli alunni leggono abbastanza bene e scrivono sotto dettatura quasi correttamente. Non sanno però di frequente spiegar le parole che incontrano leggendo. C 'è insomma un po' di difetto negli esercizi di nomenclatura e , per dir meglio,

Sezione VII - Convitti e collegi 305

esercizi di questo genere non se ne fanno. Manca l'arte di destare lo spirito di osservazione per mezzo dell'analisi e di avvezzare a poco a poco a pensa­re, e lo insegnamento si riduce in gran parte al meccanismo che si potrebbe chiamare di altri tempi se non fosse anche dei nostri. Ad ogni modo la parte meccanica del leggere e dello scrivere è fatta con diligenza dagli insegnanti e con discreto profitto per gli alunni.

All'incirca altrettanto è da dire del corso elementare superiore affidato al p. Agostino Capozzi che ha patente. Gli alunni però sanno dare sufficiente spiegazione di ciò che leggono e almeno i più svegli mostrano di capire. Fanno con franchezza e sicurezza le operazioni colle decimali e anche colle frazioni ordinarie. Hanno pure qualche cognizione pratica della geografia dell'Europa. Della sfera al solito non sanno né intendono cosa alcuna. Scri­vono raccontini e lettere in generale abbastanza correttamente. Il profitto insomma della classe non è molto lontano da quello che dovrebbe essere.

La I di ginnasio, come fu detto, manca. La II è affidata al P . Giovanni Nuvoloni, che manca di patente. E ne man­

ca a ragione, perché in essa il profitto è scarsissimo. Gli alunni hanno fra le mani le Vite di Cornelio, ma, se si prescinde forse da uno, neppure spiegan­do loro le parole a una a una, sono in grado di raccapezzare il senso nel tra­durlo. Il professore afferma che hanno studiato tutta la grammatica dello Schiiltz I , ma il fatto è che non la sanno né molto, né poco. Chiamati alla la­vagna a tradurre, dall'italiano in latino, qualche semplicissima proposizione mostrarono di non conoscere le concordanze. Quanto di italiano imparano a memoria e a fatica spiegano qualche favoletta in versi che recitano sba­gliando e senza che il professore li corregga. Esercizi di composizione ne fanno di rado, quattro o cinque dal principio dell'anno. Anche gli esercizi di traduzione dal latino sono scarsi, né il professore ha cura di rivederli, tanto che le copie sono piene di errori. Non c'è insomma da parte dello insegnan­te la diligenza necessaria a ottenere che gli alunni imparino. Si esige da essi assai poco, in quel poco stesso si lasciano fare come loro piace, è insomma un fare svogliato e incurevole, una scuola annoiata, senz'ombra di emulazio­ne e di amore e perciò senza profitto.

Ma non è così della III nella quale insegna il P. Luigi De Leo, anch'egli senza patente ma non privo di qualche titolo, né di sollecitudine per il suo ufficio . Gli alunni traducono Tibullo e Cesare e con qualche aiuto li inten­dono, dando ragione abbastanza bene della sintassi. Il professore corregge regolarmente i doveri, che però vorrebbero essere più frequenti. Quanto al­l'italiano gli alunni recitano a memoria lunghi brani. Dalla Gerusalemme li­berata. Invitati a spiegarli e renderli in prosa con altre parole, sia per tutto il brano appreso, sia ottava per ottava e anche verso per verso, lo fecero

1 Ferdinando Schiiltz, autore della Grammatichetta della lingua latina, Sa edizione Tori­no, Loescher, 1 867, cui forse si fa riferimento nel documento.

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306 Fonti per la storia della scuola

senza difficoltà. Parvero pure discretamente istrutti nella geografia, nella quale vengono esercitati a disegnare alla meglio la carta sulla lavagna. Si può esigere ragionevolmente un maggior numero di cognizioni, una maggior de­terminatezza e precisione, ma il metodo è buono. Anche dell'aritmetica san­no all'incirca ciò che dovrebbero sapere. Tutto considerato questa III classe è discreta e il De Leo un buon insegnante. Si avverta però che il merito per l'aritmetica non va attribuito a lui, ma al P . Gaetano Sodini, patentato, che l'insegna in tutte le classi e in tutte con profitto .

Nella classe IV, composta di soli 5 alunni insegna il P . Filippo Rolletta. Gli alunni traducono l'ottavo dall'Eneide; di questa scelta il professore non seppe addurre una ragione plausibile. Alle spiegazioni dell'insegnante gli scolari non facevano attenzione e in fine non ne seppero dar conto . Interro­gati sopra brani spiegati antecedentemente e dei quali il professore aveva dettato la traduzione e il commento, mostrarono di non rammentarsi la grammatica. Infatti, tolto uno solo, che proviene dal ginnasio comunale di Terni, non seppero rispondere intorno alle prime regole della sintassi. Il professore disse che stanno richiamando (in quarta!) i primi capitoli della sintassi dello Schiiltz, le versioni dall'italiano in latino sono, come può im­maginarsi, semplici. Il professore detta agli alunni la traduzione corretta. Il libro di lettura per l'italiano è l'Osservatore del Gozzi, del quale g�i alunni spiegano in iscuola un brano assegnato innanzi, ma gli alunni non rispondo­no in modo esatto né in fatto di grammatica, né in fatto di spiegazione mate­riale del testo . I componimenti sarebbero tutto al più degni delle classi infe­riori. Si studia un cattivo trattato dell'arte del dire, ma gli alunni sono anco­ra alla prima pagina. Quanto a storia siamo ancora al principio della storia greca cominciata, secondo che afferma il professore, ad anno avanzato. Due alunni rispondono abbastanza bene sulla geografia della Grecia antica. Per il greco gli alunni studiano il Curtius, ma non Curtius, cioè imparano i para­digmi, senza le ragioni che costituiscono la specialità della grammatica del Curtius 1 • Alcuni fecero un po' di analisi sugli esercizi di versione. Nessuno sa scandire l'esametro. Di metrica italiana nessuna nozione. Gli alunni appa­riscono pigri e indolenti. Il professore fece sfoggio di erudizione; il che però non toglie che lo si possa credere disadatto all'ufficio d'insegnante di quarta.

Nella V insegna il P . Andrea Leonetti, il prefetto degli studi, e insegna be­ne. Gli alunni traducono il IV dell'Eneide e danno ragione della traduzione con prontezza e con giudizio. Non mancano le nozioni storiche e mitologi­che necessarie ad intendere il testo. La traduzione di Virgilio è alternata con quella di Sallustio . La grammatica non è il forte degli alunni; hanno bisogno ancora di ripetere la sintassi. La versione dall'italiano in latino si fa sul Ma-

1 Si tratta dell'opera di G. CURTIUS, Griechishe Schulgrammatik . . . cit . , diffusa in Italia nel­la versione di G. MOLLER, Commento alla grammatica greca . . . , citata.

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chiavelli. È mediocre. ll professore usa molta diligenza nel correggerla. Quanto all'italiano si studia il compendio di storia della letteratura del For­naciari 1, ma gli alunni sono alle prime pagine. Per l'arte del dire si studia il Capellina 2• Gli alunni risposero sufficientemente bene, ma i componimenti sono addirittura meschini. Come libri di testi si adoperano Fornaciari, il Ma­chiavelli (Le Deche) e un'Antologia lirica, ch'è una raccolta di componi­menti arcadici. La spiegazione è fatta dagli alunni mediocremente, si vede che il metodo socratico non è il forte della classe. Il Curtius si studia meglio che in quarta. Le frasi dello Schiiltz sono tradotte abbastanza bene. Nella storia si giunse alla Repubblica romana. Due alunni risposero in modo suffi­ciente sulla geografia del Lazio e paesi contermini. Circa la prosodia e la me­trica un po' meglio che in quarta. Gli alunni sono più svegliati e più colti; i professori (son due a insegnare, il Bonetti per l'italiano e il latino, e il P . Raf­faele Cianfrona per il greco e la storia) più diligenti.

I di liceo. Vi insegnano il Leonetti il latino e l'italiano, il Cianfrona il gre­co e la storia, il Sodini la matematica e il P. Antonio Rolletta la filosofia. Gli alunni che seguono tutti i corsi son due e hanno la licenza ginnasiale. Il lati­no lo fanno in V. Quanto a italiano si spiega Dante. Gli alunni si mostrarono disposti a rispondere sopra i primi sette canti. Ne sanno molti brani a men­te. Fecero la spiegazione abbastanza bene. Si vede però che non sono molto abituati al dialogo in iscuola, la storia della letteratura la studieranno più tar­di. I componimenti sono debolini. Si spiega l'analisi non male, ma la manie­ra imbarazzata di rispondere rivela poco esercizio. La storia si studia nel Ri­cotti 3 , ma sono ancora alla prima invasione dei barbari. Gli alunni risposero sufficientemente sulla geografia dello impero romano e sulla decadenza del­l'impero. Sulla filosofia non furono interrogati. Gli alunni però fecero inten­dere che se n'è fatto poco.

Riassumendo le cose discorse, il nostro giudizio intorno agli studi del Collegio Nazzareno è il seguente:

Le materie in cui gli alunni furono trovati più deboli sono il latino e l'ita­liano; quelle in cui si mostrarono meglio istrutti la geografia e l'aritmetica. Le classi più infelici sono la II e la IV. Le altre arieggiano i vecchi ginnasi di venti anni fa, se nonché n'è scomparso il metodo d'imparare con lunghissi­mi esercizi e letture il latino a orecchio, come usavasi un tempo, e non vi è penetrato quello di apprenderlo più presto con una grammatica ragionata, rendendosi conto di ogni cosa e pensando. Vi è molto ciò che il vecchio aveva di buono, o almeno di utile, e non vi è nato quanto di buono ha il nuovo. Il quale richiede un'assidua diligenza negli insegnanti, un continuo

1 R. FORNACIARI, Disegno storico della letteratura italiana, Firenze, Sansoni, 1 876. 2 D . CAPELUNA, Antologia italiana, ossia Raccolta d'esempi in Prosa e Poesia, Torino, Pa­

ravia, 1 865. 3 E. RicoTTI, Compendio di Storia patria, ad uso delle scuole ginnasiali e tecniche, Mila­

no, Maisner, 1863.

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308 Fonti per la storia della scuola

richiamare gli alunni a riflettere sui loro errori, una cura e un amore che qui apparisce mancare in una parte dei professori e manca ancora più negli alunni. È ben vero che essendosi fatta l 'ispezione al principio dell'anno, non si poteva trovare p.e. negli alunni di II se non l'istruzione presso a poco di quelli di I e in quelli di III l'istruzione della II e così via. Ma anche con que­sto criterio, apparisce negli alunni evidente, tolti alcuni pochi per classe, se­gnatamente in III e in V la negligenza e la svogliatezza, o almeno non vi ap­parisce indizio di quella spontanea assiduità che nasce dall'emulazione. Non vi è vita, non v'è abitudine di riflettere né sfogo di aprirsi una via da sé, e l'apatia di chi impara trapassa in chi insegna e a vicenda. È un lavorare len­to, faticoso, tediato e che naturalmente dà poco frutto. La ragione principa­le sarà forse, come afferma il rettore (il quale del resto non nega il fatto e si limita a spiegarlo) in ciò che il Collegio è quasi costretto a ricevere chi viene e non può imitare una scuola pubblica che accetta gli alunni più svegli e me­glio preparati e rimanda gli altri, e inoltre nella convinzione di famiglie troppo agiate, che avviano i figli agli studi per vanità e non per bisogno, e alle quali poco importa che imparino. Anche ammessa questa scusa, non vi ha dubbio che con una maggiore diligenza da parte di alcuni professori, con un maggior numero di compiti, con una correzione più assidua, coll'esigere dagli alunni di più senza tanti riguardi ai parenti, col chiamarli e rispondere in classe, più di frequente esercitandoli a parlare e a dare conto delle cose imparate, con tutti quegli avvedimenti che s'adoperano ora nelle scuole pubbliche, si potrebbe ottenere un profitto maggiore.

In fine se l'E.V. ci facesse l'onore di chiederci, quali risoluzioni conven­ga prendere per avviare al meglio questa condizione di cose poco lodevole, lasciando da parte ogni misura radicale ci ridurremmo alle seguenti:

l o dividere fin da ora la classe II di ginnasio in due, lasciando in questa i tre o quattro alunni meglio preparati, e formando di tutti gli altri una classe I. Tanto più a questi, quanto a quelli far ripigliare da capo la grammatica dello Schiiltz.

2 o esigere che in tutte le classi si dia un maggior numero di compiti se­gnatamente di lingua italiana e i lavori vengano, quanto è più possibile, letti in classe e corretti dai professori, non solamente per ciò che riguarda la lin­gua e lo stile, ma pur l 'invenzione e l 'ordine delle idee.

3 o esigere dagli insegnanti che tutti si attengano ai programmi governati­vi, spiegando gli autori suggeriti da questi, e accordandosi insieme per man­tenere l'ordine voluto, in guisa da evitare p.e. che si spieghi in quarta il li­bro ottavo dell'Eneide ed in quinta il sesto.

4 o fare acquisto di buone carte mute da adoperarsi nelle scuole, princi­palmente di quelle di Sudon.

5 o per l'anno venturo richiedere che gl'insegnanti debbano esser muniti della patente, avvertendo in tempo il rettore, che potranno essere confermati quelli fra i professori presenti che riusciranno a attenerla e mutati gli altri.

6 ° similmente per l 'anno venturo, esigere la divisione della III elementa-

Sezione VII - Convitti e collegi 309

re dalla IV, tollerando che rimangano unite sotto un solo insegnante le sole due classi prime.

Con ciò ci pare di avere adempiuto all'ufficio nostro, e non ci resta se non di rendere grazie all'E. V. della fiducia di cui ci ha onorati.

5 1

firmato Antonio Labriola

Aristide Gabelli

Regolamento interno del convitto nazionale di Genova.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 204, fase. 20 « 1883-'96. Licei-ginnasi » , Regolamento interno del Convitto nazionale di Genova, Genova, tip. del r . Istituto sordo-muti, 1883, pp. 24, a stampa.

Lo scopo, che la nazione si è proposto nel dar vita a questo istituto, è di procurare ai giovani in esso raccolti la educazione religiosa, intellettuale e civile, affinché riescano cittadini costumati, assennati ed utili.

Debbono pertanto gli alunni essere cresciuti all'amor della patria italia­na, coordinato con tutti i doveri dell'uomo e fortificato dalla pietà verso Dio, e da un puro ed alto senso morale.

A questo fine intendono i precetti e le discipline che seguono.

Religione

Art . l . Essendo la religione il primo fra i doveri dell'uomo ed insieme il fondamento della sua morale educazione, gli alunni consci della grandezza ed importanza della medesima volenterosi e degnamente ne adempiranno le pratiche.

Art. 2 . Staranno perciò composti a raccoglimento e riverenza, mentre fanno le preghiere in comune ed assistono alle sacre funzioni.

Art. 3 . Ciascun alunno deve in chiesa far uso del libro prescritto. Art. 4 . Ognuno, nell'adempimento dei doveri di religione, si conformerà

a quanto verrà indicato dal direttore spirituale.

Disposizioni generali

Art. 5 . I convittori sono educati alle regole della buona creanza, dell'ur­banità e gentilezza, e debbono di continuo darne prova senz'affettazione nei

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3 1 0 Fonti per la storia della scuola

loro modi, atti e discorsi, ed in tutti i loro possibili rapporti con qualsiasi persona dentro e fuori del convitto . A tal uopo due volte al mese si farà in comune la lettura del galateo.

Art. 6. A tutti i superiori del convitto debbono gli alunni rispetto ed ob­bedienza non disgiunti da un'affettuosa confidenza, dovendo in essi riguar­dare siccome altrettante guide a cui i loro genitori hanno specialmente affi­data la loro educazione.

Art. 7 . Al di fuori del convitto nell'incontro con alcuno de' superiori, ogni convittore farà il saluto scoprendosi il capo; quando poi, ordinate in­sieme le singole squadre, si troveranno per le vie della città si osserverà l'i­struzione militare in proposito, procurando il capo-squadra di dare l'attenti.

Art. 8. Eguale dimostrazione di rispetto sarà fatta dai convittori ad ogni loro professore o superiore esterno.

Art. 9 . Gli istitutori, che aiutano cogli altri ufficiali all'ordine del convit­to e all'educazione degli alunni, vogliono essere riguardati dai convittori con affezione ed obbediti non altrimenti che gli altri superiori del collegio .

Art. 10 . È severamente vietata la delazione, ed ove nasca alcun disordine si fa assegnamento sulla franchezza e generosità dei convittori, perché l'au­tore spontaneamente si manifesti. L'ingenua confessione del proprio fallo attenuerà o farà anche obbliare la sua colpa. Se dopo diligenti indagini il col­pevole non si conoscesse, sarà considerata come in disordine l'intiera squa­dra e passibile di punizione.

Art. 1 1 . È proibito recar danno a quanto spetta al convitto, macchiare o guastare comunque i muri, le tavole, le panche, gli scrittoi od altro . Ogni convittore risponderà in proprio della mondezza e conservazione dei varii utensili della casa.

Art. 12 . Tutti gli oggetti di loro spettanza saranno collocati nei destinati luoghi. Nulla di chiuso possono essi ritenere.

Art. 1 3 . È vietato l'uso della pipa e del sigaro, e la lettura di qualsivoglia giornale politico. Sono ammessi i giornali d'istruzione e di educazione, pre­vio però il permesso del rettore.

Art. 14 . I convittori nelle loro relazioni fanno uso costantemente della lingua italiana. È assolutamente vietato il dialetto.

Art. 1 5 . In ciascuna domenica nell'ora stabilita possono i convittori esse­re visitati dai parenti o raccomandatari.

Art. 16. Potranno pure dopo richiesta dei parenti o raccomandatari, col permesso del rettore, pranzare fuori del convitto una volta al mese in un giorno fisso: tale permesso si concederà anche nelle feste più solenni.

Art. 17 . Alle antecedenti due disposizioni potrà farsi eccezione a norma delle circostanze e per ragione di merito o demerito di ciascun alunno.

Art. 18 . Il convittore uscito deve restituirsi in convitto nell'ora stabilita dal rettore, accompagnato e presentato alla porta dai parenti.

Art. 19 . Le uscite ordinarie non saranno concesse che a quei soli convit-

�-

Sezione VII - Convitti e collegi 3 1 1

tori che nel mese precedente avranno conseguito almeno 711 O complessiva­mente nello studio e 7/10 nella condotta.

Art. 20. Il convittore, cui in via eccezionale è concesso nelle solennità di recarsi per qualche giorno al suo paese presso i propri genitori, deve ritor­nare nel limite di tempo prefisso dal rettore, salvo il caso di forza maggiore debitamente comprovato. Chi trasgredirà quest'ordine non potrà più godere il favore delle uscite ordinarie né straordinarie durante l'anno scolastico in corso.

Art. 2 1 . È vietato ai convittori ritenere denari, orologi od altri oggetti preziosi. Questi, ove fossero portati in collegio, saranno rimandati ai paren­ti; i denari verranno consegnati al censore, il quale farà con quelli le piccole provviste di cui sarà pregato dai convittori che ne sono proprietari, presen­tando ogni trimestre il conto al rettore, perché sia all'uopo mostrato ai geni­tori degli alunni.

Art. 22 . I convittori sono ammaestrati negli esercizi militari, e mantengo­no la disciplina della milizia.

Art. 23 . Sono divisi in squadre avuto riguardo principalmente all'età loro e alla classe di studi; nelle ricreazioni ed al passeggio mantengono la suindi­cata divisione.

Art. 24. Le varie occupazioni della giornata sono indicate in apposito orario, ed al segno del tamburo gli alunni sono chiamati al disimpegno dei propri doveri, procedendo sempre ordinati ed al passo militare .

Art. 25 . Ad ogni segnale debbono i convittori accorrere colla massima prontezza, per modo che siano immantinenti interrotti i discorsi, i passa­tempi e qualsiasi altra occupazione.

Art. 26. Ogni riunione si fa a squadre separate, e nel procedere a raccolta baderà ognuno di mettersi a quel posto e a quel numero d'ordine che gli sa­rà stato assegnato .

Art. 27. Il numero di posto sarà inalterabilmente conservato tanto in chiesa quanto al passeggio e dovunque avvenga la riunione per isquadre.

Art. 28. Tutti i regolamenti per le scuole saranno con esemplare esattez­za osservate dai convittori.

Art. 29. È rigorosamente vietato ad essi di commettere incarichi agli stu­denti esterni. Trattati come sono con affettuosa premura debbono sapere che i superiori del convitto sono ben lontani dall'opporsi ai giusti loro desi­deri; ad essi perciò debbono rivolgersi in ogni loro bisogno.

Art. 30. Nessuna permuta o regalo di libri o d'altri oggetti potrà farsi o riceversi dai convittori, non devono essi disporne altrimenti che all'uopo pel quale quei libri o quegli oggetti furono loro provveduti.

Graduati _

Art. 3 1 . Ad ogni squadra è preposto un capo, il quale nell'esercizio delle sue funzioni sarà dai convittori ubbidito.

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3 1 2 Fonti per la storia della scuola

Art. 32 . I capi-squadra sono scelti dalla direzione fra gli alunni che più si distinguono per istudio e specialmente per lodevole condotta.

Art. 33 . Essi comandano le squadre, cooperano ai loro movimenti, e guardano che i loro condiscepoli procedano silenziosi in contegno militare e nel posto prestabilito .

Art. 34 . Precedono gli altri col buon esempio e coll'osservanza di tutti i regolamenti scolastici e disciplinari.

Art. 3 5 . Appena dato l'avviso della raccolta i capi-squadra ne sollecitano l'esecuzione; procurano che i loro compagni li seguano prontamente e si adoprano a che gli ordini siano esattamente adempiuti. Nella breve assenza dell' istitutore sono responsabili dell'andamento di tutta la squadra e ne rife­riranno al medesimo .

Art. 36. Il grado non conferisce né esenzione dal regolamento, né impu­nità nel violarlo : le punizioni ordinarie sono anzi con maggior ragione appli­cabili ai graduati, la cui recidività nella trasgressione li chiarirà immeritevoli di quegli onori di cui furono rivestiti.

Art. 3 7. In ricompensa dell'ufficio loro i graduati usciranno a vedere le loro famiglie una volta di più nel mese, salvo quei mesi in cui per qualche solennità vi avessero già tre uscite: inoltre parteciperanno dei premi che la direzione suole accordare agli alunni scritti nella tabella d'onore.

Dormitorio

Art. 38. È vietato ai convittori l'ingresso nei dormitori fuori delle ore prescritte.

Art. 39. Alla sera, recitate in comune le orazioni, le squadre, al cenno dell'istitutore, si avviano composte e silenziose al proprio dormitorio .

Art . 40. Giunti nel dormitorio, al cenno dell'istitutore, si sciolgono le fi­le, e ciascun alunno si sveste e si corica speditamente, osservando il silen­zio, la decenza e le disposizioni date in proposito .

Art. 4 1 . Gli abiti, e tutto ciò che si attiene alla vestimenta ed alla calzatu­ra, vuol essere ripiegato e collocato in ordine e nei luoghi appositamente destinati.

Art. 42. Nelle ore destinate al riposo si manterrà rigoroso silenzio, ed è vietato levarsi e scostarsi dal proprio letto senza vero bisogno, sinché non sia giunto il momento della levata.

Art. 43 . Al segno della sveglia scende ognuno decentemente dal letto e con prontezza si riveste, e, secondo la disposizione data dall'istitutore, si ac­costa alla sua volta ai lavatoi, ed asciugatosi procura di far presto la pulizia della persona per essere poi passato a rassegna dall'istitutore.

Art. 44. Fin che non giunga il momento della rassegna il convittore, che sia vestito prima degli altri, si pone diritto ai piedi del letto, dove se mai en­trasse in quel tempo un superiore nella camerata, all'avviso del graduato fa il saluto militare.

Sezione VII - Convitti e collegi 3 1 3

Art . 4 5 . Gli alunni usciranno ordinati dal dormitorio, e si avvieranno si­lenziosi alla recita della preghiera in comune.

Art . 46. Si raccomanda in modo speciale agli istitutori l'esatta osservanza delle regole prescritte pel dormitorio, e quando da qualche alunno venisse­ro violate, ne sarà riferito al censore .

Studio

Art. 47. I convittori entreranno nella sala di studio in silenzio ed a capo scoperto; al cenno dell'istitutore si recheranno al loro posto.

Art. 48. Prima di cominciare lo studio sarà cura degli alunni di chiedere all'istitutore ciò che loro occorre per lo studio medesimo, non dovendo più essi in appresso muoversi dal posto.

Art. 49. All'alunno, uscito col permesso dell'istitutore per alcun suo bi­sogno dallo studio, è rigorosamente vietato di soffermarsi pei corridoi, o portarsi in luogo diverso da quello per cui gli fu data facoltà.

Art . 50. Saranno notati come negligenti e svogliati coloro che per abitu­dine cercassero d'uscire nelle ore di studio .

Art. 5 1 . Nello studio il convittore rispetterà il diritto , che ha ciascuno di non essere disturbato, e silenzioso attenderà ai propri doveri, e terminati i lavori per iscritto li presenterà all' istitutore, a cui reciterà altresì la lezione assegnata nella scuola.

Art . 52 . Le ore di studio saranno impiegate tutte negli esercizi scolastici prescritti dai rispettivi professori. Solo ai più diligenti potrà l'istitutore per­mettere qualche altra analoga occupazione dopo che abbiano compiuti i proprii doveri di scuola.

Art. 53 . Se un convittore, passato il tempo dello studio, non avesse fini­to il dovere, potrà essere obbligato a rimanervi finché vi abbia interamente soddisfatto.

Art. 54. Allorché nello studio entra alcun superiore il graduato dà l'avvi­so e tutti i convittori si alzano in piedi e fanno il saluto militare . Similmente sarà fatto alla partenza dallo studio del superiore .

Art. 5 5 . Terminato lo studio i convittori assettano i loro libri nello scrit­toio, o nello zaino, se allo studio succede la scuola.

Art . 56. Ordinariamente solo nel giovedì e nella domenica sarà concedu­to alcun tempo durante le ore di studio, perché gli alunni possano scrivere ai parenti. Le lettere da loro suggellate saranno consegnate all' istitutore, perché vi apponga il francobollo e le trasmetta al rettore per la spedizione.

Art. 57 . È vietato tenere temperini ed altri arnesi, il cui uso può essere pericoloso . Da questa proibizione sono dispensati quegli alunni che frequen­tano scuole in cui è prescritto il disegno.

Art. 58. È pure vietato ai convittori ritenere, sia nella sala dello studio, sia altrove, libri che siano alieni dai loro studi, e non siano prima stati vedu­ti e permessi dal superiore di ciò incaricato, a cui in principio d'ogni anno

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3 14 Fonti per la storia della scuola

ciascun allievo consegnerà la nota dei libri che ritiene; e mostrerà ogni altro nuovo libro che nuovamente nel corso dell'anno potesse portare da fuori.

Art. 59. Lo sciupio dei libri, quaderni, carta, penne ed altre cose riguar­danti lo studio, siccome anche la negligenza nel riporre in buon ordine tali oggetti nello scrittoio, sarà specialmente osservato dagli istitutori, e sulla lo­ro relazione saranno puniti i convittori che mancassero a questi e agli altri doveri dello studio .

Art. 60. Il convittore che ammonito non cessasse di essere di disturbo agli altri sarà dall'istitutore messo fuori del banco in piedi, e, se occorre, mandato dal censore con una relazione sulla sua riprovevole condotta.

Art. 6 1 . Il convittore, il quale, come all'articolo precedente, fosse man­dato fuori di studio, potrà essere a giudizio del superiore appartato dalla sua squadra ed obbligato a compiere nel luogo che gli sarà designato i doveri di scuola, e rimanervi tutto quel tempo che sarà reputato necessario per ripara­re allo scandalo per lui dato ai compagni.

Refettorio

Art. 62. Nel refettorio i convittori entreranno coll'ordine stabilito e si­lenziosi, e non ne usciranno che al segno dato.

Art. 63. Recitata in comune la preghiera, ciascun allievo prenderà il po­sto assegnatogli, e prima di mettere mano ai cibi baderà di spiegare sull'abi­to il proprio tovagliolo.

Art. 64. Durante la refezione si terranno le norme della civile creanza; ciascuno si guarderà dall'imbrattare le tovaglie ed i vicini, non indirizzerà la parola né farà cenno ai compagni lontani; non griderà ai camerieri, non sciuperà le cose portate in tavola, non darà ai compagni né cambierà con es­si, pane, vino od altre cose mangereccie; schiverà ogni maniera che dimostri ghiottoneria e schifiltà, né porterà via da tavola pane od altro.

Art. 65. Alla prima battuta della levata di tavola si farà un perfetto silen­zio, ed ognuno ripiegherà il tovagliolo; alla seconda i convittori si leveranno in piedi senza fare rumore e si dispongono al ringraziamento in comune.

Art. 66. Ordinate e silenziose usciranno le squadre dal refettorio, una dopo l'altra, frapponendo alcun intervallo di tempo ed aspettando l'ordine del proprio istitutore.

Ricreazione

Art. 67. Gli alunni nella ricreazione si conterranno nei limiti segnati alla propria squadra, e nessuno li oltrepasserà senza permesso dell'istitutore.

Art. 68 . È vietato lo sdraiarsi, scagliare pietre, fare giuochi di mano od altro che non sia tollerato in società onesta e ben educata. Ciascuno porrà mente di non lasciarsi trascorrere a modi irriflessivi, a gesti od atti avventa­ti, a parole violente ed inurbane, a scherzi e motteggi che possano alterare la

Sezione VII - Convitti e collegi 3 1 5

fratellevole amicizia ed il buon accordo, che deve essere tra gli alunni, sic­come figli d'una medesima famiglia. Si eviterà ogni pericolo di nuocere a se stesso od agli altri, né si porrà impedimento o difficoltà ai passatempi altrui.

Art. 69. I convittori debbono sempre comportarsi tra loro con generosi­tà e tolleranza, che è argomento di animo cortese e cristiano.

Art. 70. Il rettore, sentito il censore, determinerà i giuochi con cui gli alunni potranno ricrearsi.

Art. 7 1 . I trasgressori delle regole della ricreazione saranno tostamente segregati dai loro compagni, e secondo la gravità della colpa castigati.

Art . 72. Il convittore condannato al silenzio e a rimanere separato dagli altri può leggere libri, ma non può divertirsi, né canterellare, né sedere, né passeggiare. Chi avvisatamente indurrà il compagno castigato col silenzio a violare il castigo, incorrerà immediatamente nella stessa punizione od anche maggiore.

Passeggiate

Art. 73 . Il passeggio è obbligatorio per tutti gli alunni; ed è loro dovere di curare che nulla manchi per l'ora del passeggio, facendosi provvedere gli oggetti mancanti nei giorni antecedenti.

Art. 74 . Nell'uscire dal convitto ogni alunno si associa al compagno che gli vien dato.

Art. 75 . Se i convittori sono incamminati alle scuole esterne, giunti che siano nel recinto delle medesime, porranno ogni cura che nella loro condot­ta nulla vi sia ad osservare: una mancanza commessa colà è assai più grave che non nel convitto stesso, e come tale sarà assai più severamente punita.

Art . 76. La passeggiata è fatta in quella direzione che sarà stata indicata dal censore.

Art. 77. Per le vie della città si conserverà rigoroso silenzio e si procede­rà militarmente, né si romperanno mai le file, se non fuori ed al cenno del­l'istitutore.

Art. 78. Sciolte le file dovranno gli alunni governarsi con quel contegno che si addice a giovani bennati, e nessuno si scosterà dalla propria squadra senza averne ottenuta facoltà dall'istitutore. Molto meno potranno gli alunni soffermarsi per entrare nelle botteghe o per comprare sulla via frutta, con­fetti, od altro.

Art. 79. Il convittore che senza aver chiesto preventivamente il permes­so all'istitutore si allontana dalla squadra, o si trattiene a discorrere con al­tri, fosse pure coi propri parenti, sarà castigato.

Art. 80. Al comando dell'istitutore la squadra si ricompone militarmente e gli alunni prendono il loro posto e si mettono in silenzio.

Art. 8 1 . Le cose proibite in convitto lo sono in maggior grado in pùbbli­co ed al passeggio, perciò è vietato l'urtarsi, gettar pietre, fare atti incivili, motteggiare i passanti ed i compagni: i trasgressori saranno puniti a norma anche delle particolari circostanze.

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3 16 Fonti per la storia della scuola

Art. 82. Incombe agli istitutori l'indirizzo e la massima vigilanza pel buon ordine nelle passeggiate: i graduati rammenteranno il carico speciale che loro attribuisce il grado; i convittori il rispetto che devono a se stessi ed all'istituto di cui fanno parte.

Relazioni coi camerieri ed infermeria

Art. 83 . Nelle relazioni particolari dei convittori coi camerieri od altre persone di servizio importa che sia evitata ogni maniera di dimestichezza non altrimenti che qualunque atto altiero, impetuoso, ingiusto.

Art. 84. È assolutamente proibita ogni mancia o regalo dei convittori ai camerieri. A compensare questi della consueta strenna pel capo d'anno con­tribuirà ogni alunno con una piccola quota eguale per tutti, il cui prodotto sarà ripartito fra le persone di servizio. Ogni altra mancia che privatamente desse il convittore, esporrebbe il cameriere che la riceve ad essere senza più espulso.

Art . 85. I convittori non possono affidare ai camerieri ed alle altre perso­ne di servizio verun incarico pel di fuori del collegio, dovendo in ogni biso­gno rivolgersi ai superiori.

Art. 86. L'allievo sorpreso da qualche male dovrà senza indugio manife­starlo . Osserverà poi scrupolosamente le prescrizioni del medico e quelle al­tre norme che riguardano il buon ordine dell'infermeria e la sua stessa sa­lute.

Art. 87 . Nessuno, se non malato e specialmente autorizzato, può entrare nell'infermeria: gli ammessi alla medesima dovranno stare agli ordini del medico e del direttore spirituale.

Punizioni

Art. 88. Le punizioni sono le seguenti: A) Privazione totale o parziale della ricreazione per uno o più giorni; B) Privazione della visita dei parenti o delle giornate d'uscita; C) Ammonizione del rettore al cospetto della squadra o delle squadre

riunite; D) Sospensione o perdita dei gradi; E) Camera di riflessione per uno o due giorni, dove il convittore, vigilato

dal di fuori, sarà occupato in lavori attinenti allo studio; F) Ammonizione solenne innanzi al Consiglio amministrativo con minac­

cia di espulsione; G) Espulsione dal convitto.

Premi

Art. 89. I premi sono: A) Nota del nome nell'elenco dei meritevoli, che si esporrà ogni mese

nella sala d'udienza;

Sezione VII - Convitti e collegi 3 17

B) Qualche libro desiderato; C) Visite straordinarie alla famiglia nei giorni di vacanza delle scuole; D) Attestati di lode in iscritto o a voce in presenza della propria squadra

o di tutte; E) Gite campestri; F) Visite a musei e gallerie; G) Viaggi d'istruzione al termine dell'anno scolastico, fatti a spese comu­

ni e coi risparmi del convitto. Art. 90. Nella terza domenica d'ogni mese il rettore, fatti gli opportuni

scrutinii, proclamerà innanzi a tutti i convittori insieme raccolti e schierati, sia i nomi dei giovani che nel mese precedente si sono segnalati per istudio e per lodevole condotta, sia quelli di coloro che per una riprovevole con­dotta hanno meritato di essere così pubblicamente biasimati.

Art. 9 1 . I giovani segnalati per buona condotta, studio e profitto riceve­ranno ogni mese un biglietto di merito, il quale farà loro diritto di rivedere una seconda volta nel mese la famiglia e pranzare con essa. Gli ottimi poi, dichiarati tali per le note degli istitutori, direttore spirituale e censore di di­sciplina, saranno per cura del rettore scritti sopra la tabella d'onore, che ogni mese sarà pubblicata nella sala di ricevimento del collegio, ed avranno l'uscita straordinaria dei graduati.

Art. 92 . Il consiglio, facendo plauso alla nuova disposizione ministeriale accennata al paragrafo G dell'art. 89, di buon grado nelle ferie autunnali provvederà affinché i convittori, in premio dei lodevoli risultati che avran­no dati nella condotta e nello studio, venga accordato uno svago, o per mezzo di amena e salubre villeggiatura, ovvero con un viaggio di istruzione, invitando a concorrere nelle spese la famiglia dei medesimi. Questo svago possibilmente sarà dato nel mese di agosto di ciascun anno.

Ammissione ed altre norme

Art. 93 . L'ammissione è fatta secondo i precetti del regolamento ministe­riale 1 6 aprile 1882.

Art. 94 . I parenti degli alunni riceveranno ogni bimestre dal rettore un'e­satta relazione intorno alla loro condotta ed al loro progresso negli studi.

Art. 95 . Per adesione al regolamento ministeriale sovra citato, alle lezio­ni di disegno, di ginnastica, di scherma ed esercizi militari saranno col pros­simo anno 1883 aggiunte lezioni di ballo, calligrafia, igiene e di diritti e do­veri. Quest'ultima sarà data nei giorni festivi; tutte le altre saranno ripartite dal lunedì al sabato in modo che possano stare in armonia coll'orario dei va­rii istituti scolastici.

Letto e approvato dal Consiglio amministrativo in seduta del quattro no­vembre milleottocentottantadue.

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3 18 Fonti per la storia della scuola

All'originale firmati:

Il presidente del consiglio t o • Francesco Contini

n segretario del consiglio sac. Giovani Guassardi

Approvato dal Consiglio provinciale scolastico in seduta del 2 1 gennaio 1 883 .

Ore

5 , 30 6 8 8,30 1 1 ,30 l 2 3,30 4 5 6,30 8 ,30

Ore

5 , 30 6 8 9 1 1 1 1 , 30 l 2 2 ,30 5 6 ,30 8 ,30

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Il prefetto presidente Dane o

Collegio convitto nazionale in Genova Orario invernale

Giorni di scuola

Sveglia Preghiera-Studio Colazione-Ricreazione

Scuola Asciolvere-Ricreazione Studio

Scuola Ricreazione

Studio-Insegnamenti interni Pranzo-Ricreazione

Studio Preghiera-Riposo

Giorni di vacanza

Sveglia Preghiera-Studio Colazione-Ricreazione Studio-Insegnamenti interni Ricreazione

Asciolvere-Ricreazione Studio-Insegnamenti interni

Pulizia Passeggio

Pranzo-Ricreazione Studio Preghiera-Riposo

Ore

5 , 30 6 8 9 IO

1 1 , 30 12, 30 l 2 3 5 6,30 8 ,30

Quantità

l l l 2 2 l 3 4 2 2 l l l l 6 4 6 10 12 6 12 l 2

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Sezione VII - Convitti e collegi

Giorni festivi

Sveglia Preghiera-Studio Colazione-Ricreazione Congregazione Visita del chirurgo-Studio-Insegnamenti interni

Asciolvere-Ricreazione Pulizia

Oggetti

Catechismo Visita dei parenti Passeggio Pranzo-Ricreazione Studio Preghiera-Riposo

Corredo degli alunni

Abito di parata (giubba, calzoni e soprabito) Abito per casa d'inverno (giubba e calzoni)

Il rettore

Abito per le passeggiate in estate (giubba e calzoni) Abiti di tela (due giubbe e due calzoni) Copriletti Zaino Paia stivaletti Spazzole: 2 per le scarpe, l per gli abiti, l pei capelli; pettini, fitto e rado Spazzolini, pei denti l'uno, l'altro pei pettini Materasso della lunghezza di m. 2, larghezza di cm. 90 Guanciale Coperta di lana Coperta imbottita Lenzuola Federette per guanciali Asciugamani Camicie Colletti bianchi Paia mutande Paia calze Paio mutande per nuoto Corpetti o camiciuole di lana o di cotone

3 19

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320 Fonti per la storia della scuola

12 Moccichini bianchi 1 Tovaglia di 4 ,50 metri di lunghezza e 2 di larghezza 6 Salviette o tovaglioli 1 Posata d'argento compreso il coltello con manico d'ar­

gento .

N.B. Tutti gli abiti devono essere secondo il modello ministeriale. ll corredo verrà sempre rifornito in ogni sua parte ogni volta che ve ne sarà il bisogno.

Il rettore

52

Comunicazione del Consiglio superiore di pubblica istruzione al ministro riguardante la delibera di chiusura del collegio-convitto Luca Valenziano di Tortona.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 233, fase. 3 « 4 . Alessandria. 1886. Tor­tona collegio Valenziano », ms. con firma autografa.

Roma, l O luglio 1886

Non si ha dubbio che i fatti i quali hanno provocato la chiusura tempora­nea del convitto Luca Valenziano di Tortona siano assai gravi.

Dagli atti dell'inchiesta ordinata dal prefetto di Alessandria risulta appie­no provato che in un giorno dello scorso febbraio sette alunni, ribellatisi al­l'autorità de' loro superiori, fuggirono dal convitto e passarono la notte in una bettola di Savezzano lungi quattro chilometri, da Tortona; che in un al­tro giorno cinque convittori uscirono di notte tempo e si recarono in un lu­panare; che niuna cura si ponea nella pulizia dei locali e specialmente dei dormitori; che ogni buona regola d'igiene era dimenticata e negletta; l 'istru­zione elementare affatto trascurata, e quella data, dai maestri del ginnasio comunale ai convittori frequentanti il ginnasio, per nulla ad essi proficua e ciò non per colpa dei professori, ma per colpa degli alunni stessi, i quali, in­clinati al vizio, poco o nulla attendevano agli studi.

Da tutto ciò si scorge chiaro che le condizioni del convitto Luca Valen­ziano di Tortona non sono quelle che si debbono desiderare in un istituto di educazione.

Il signor Cortesi 1, direttore del convitto si sforza invano di ricoprire la sua responsabilità col dire che i fatti avvenuti, non erano giunti a sua notizia e ch'egli li ignorava; ma, oltre che siffatta ignoranza non è punto provata,

1 Francesco Cortesi.

Sezione VII - Convitti e collegi 321

anZi e contradetta dalla deposizione di uno degli alunni che andarono al bordello, essa non può in veruna guisa pensare che, stando a capo di un con­vitto, e surrogandosi, per così dire, ai padri di famiglia nei loro diritti e nei loro doveri verso i figli, ha l'obbligo di esercitare una sorveglianza rigorosa e tale da impedire ogni sorta di scandali; invece semenzaio di scandali era, al dire del prefetto, divenuto il convitto Luca Valenziano di Tortona. Il signor Cortesi chiede una prova non dubbia della sua inettitudine a reggere quell'i­stituto anche nella misura delle punizioni da lui inflitte agli alunni, dopo poiché, come rilevasi dagli atti della inchiesta, punizioni severe furono in­flìtte ad alcuni alunni per pochi guasti recati ad un caminetto, mentre poi punizioni assai lievi, se pure può chiamarsi punizione la privazione della co­lazione per un bel giorno, furono inflitte a giovani rei di colpe gravissime, quali sono quelle che offendono la moralità e la decenza. A smentire le ac­cuse contro la cattiva educazione data agli alunni del convitto viene presen­tata una petizione firmata da alcuni padri di famiglia che si dicono soddisfat­ti della educazione morale e civile data in quell' istituto ai loro figliuoli, tan­to che ne domandano la riapertura, ma di questa petizione, la cui spontanei­tà, come ognun vede, è da revocarsi in dubbio, la Giunta di questo consi­glio, crede non possa farsi alcun conto, perché non vale a riparare alla disi­stima in cui è caduto quel convitto per i fatti narrati e notorii. Il governo ha il supremo dovere di pretendere che in tutti gli stabilimenti di educazione e d'istruzione di qualunque natura essi siano, non manchino le necessarie gua­rentigie per la conservazione dell'ordine morale, né può preoccuparsi del desiderio espresso da pochi padri di famiglia ( ché pochi sono gli alunni di quel convitto) i quali, come dice appunto il prefetto della provincia facil­mente affidano i loro figli alla cura di queste persone.

Considerato pertanto che il convitto Luca Valenziano di Tortona non si trova più nelle condizioni vedute dalla legge, e non può più rispondere al fi­ne della sua istituzione, la Giunta di questo consiglio , nella sua adunanza del 6 luglio corrente, delibera di proporre all'E. V. che, conforme al voto espres­so dal Consiglio provinciale scolastico, sia definitivamente chiuso.

Nel comunicare a V.E. questa deliberazione, restituisco colla presente tutti i documenti, statimi trasmessi colla lettera citata qui al margine.

5 3

Il vice presidente Angelo Messedaglia

Relazione annuale del sostituto del rettore sul convitto nazionale Umber­to I di Torino per l'anno scolastico 1892-1893.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 357, fase . 4 1 « 5 7 . 1892 .Torino Convit­to » , ms.

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322 Fonti per la storia della scuola

Torino, 19 settembre 1893

Il convitto, che nel 1889-'90 ebbe a deplorare la morte dell'economo Marcellino, e del censore Martinengo, quest'anno fu ben più duramente col­pito per la morte del comm. Teologo Giuseppe Parato rettore.

Quando nell'autunno del 1865 fu chiamato all'ufficio, da lui non ambi­to, di rettore del Collegio nazionale, egli già vi apparteneva da sette anni quale direttore spirituale e professore di religione. Torino era tuttavia incer­ta delle sue sorti pel trasporto della capitale avvenuto l'anno precedente, e il convitto, per ciò e per molte altre ragioni, che non è qui luogo di ricorda­re, era ridotto in pessima condizione.

« Rinvigorire la disciplina, promuovere con maggior ardore gli studi, ri­destare la fiducia nelle famiglie, eccitare negli alunni il culto delle arti genia­li, rendere amabile la vita collegiale, ristaurare le condizioni economiche, restituire insomma all'antico onore, per quanto le nuove condizioni il con­sentivano, questa istituzione nazionale, ecco l'ardua impresa a cui ci siamo accinti». Così egli nella relazione sul convitto presentata all'Esposizione ge­nerale italiana dell'anno 1884.

Come riuscisse nell' impresa è noto a codesto ministero, tuttavia si con­ceda a me, che per ben venti anni lo vidi all'opera, di ricordar! o qui breve-mente.

Alla necessaria coltura scientifica e letteraria, a largo censo, egli accop-piò mente agilissima, profonda cognizione del cuore umano, instancabile at­tività, sorretta da singolare vigoria fisica, alto concetto del suo ufficio, e no­bile ambizione di primeggiare in esso, spinto da vivo amor patrio, e dal vi­vissimo non millantato desiderio di crescere all'Italia una generazione di uo­mini degni dei nuovi tempi.

Numero dei convittori.

Il numero degli alunni iscritti durante l'anno scolastico 1892-'93 , fu di 163, distribuiti, come l'anno precedente in otto compagnie.

Esito degli esami.

L'esito degli esami fu soddisfacente. Infatti di 1 5 3 presenti agli esami fu­rono promossi 1 1 5, ossia più di tre quarti, e di questi 1 1 furono promossi senza esame (2 del liceo e 9 del ginnasio).

Di 29 che fecero l'esame di licenza dai diversi corsi furono licenziati 22; cioè: dal liceo 5 su 1 0, dal ginnasio 7 su 9, e dal corso elementare 10 su 10 . Anche il numero dei premi e delle menzioni toccate ai convittori è notevole e tale da esserne soddisfatti.

Sezione VII - Convitti e collegi 323

Questi buoni risultati voglionsi in gran parte attribuire alla esistenza del ginnasio interno, mercé il quale i convittori sottratti al contatto cogli esterni e raccolti in classi meno numerose, sotto la disciplina di bravi insegnanti, poterono con maggior raccoglimento e profitto soddisfare i loro doveri di scuola, e corrispondere alle cure dei loro educatori.

Insegnamenti accessori. Educazione estetica.

Le lezioni di canto e di musica, come quelle di calligrafia, di ben leggere e di recitazione, furono impartite regolarmente e coi soliti buoni frutti, da provetti insegnanti che da molti anni prestano l' opera loro in convitto con soddisfazione di tutti.

L' insegnamento del disegno, tolto dai programmi ginnasiali, vi fu mante­nuto nel convitto sotto forma di scuola regolare, e affidato, come pel passa­to, a due professori distinti, l'uno dei quali insegnò il disegno lineare e i pri­mi · elementi d'ornato nelle classi elementari e nel ginnasio inferiore, l'altro la figura e il paesaggio nel ginnasio superiore, dove furono ammessi quegli allievi del liceo che ne vollero spontaneamente continuare lo studio. Gli alunni del liceo non vi sono più obbligati per cagione della molteplicità ed estensione delle materie comprese nei programmi scolastici.

Educazione fisica.

Oltre il ballo, nel quale vengono ammaestrate tutte le compagnie, si cu­rano in modo speciale la scherma, la ginnastica e gli esercizi militari.

Scherma.

Nella scherma vengono esercitati regolarmente, distinti per classi, gli alunni del ginnasio superiore e quelli del liceo : ne viene che i più seguono per ben cinque anni un corso regolare, sotto la severa disciplina d'uno dei più distinti maestri della città, alla fine dei quali gli alunni acquistano agilità e destrezza non comuni, come appare dai saggi che soglionsi ogni anno dare nel teatrino del collegio durante il carnevale.

Esercizi militari.

Con non minore serietà ed efficacia sono questi alunni addestrati nelle esercitazioni militari. Vi sono tutti obbligati, anche i più piccoli, e di mag­giori, a partire dalla 3a ginnasiale, vengono anche esercitati nel maneggio delle armi cogli ottanta fucili d'ordinanza concessi al convitto dal governo. In prova del profitto fatto dagli alunni mi piace riferire che da due anni la direzione militare del tiro a segno nazionale di Torino, dopo un breve esa­me sul maneggio delle armi e sulla nomenclatura del fucile suole ammetterli senz'altro alle esercitazioni di tiro, ritenendoli così, dopo replicate prove fatte negli anni antecedenti, sufficientemente a ciò preparati.

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324 Fonti per la storia della scuola

Ginnastica.

La ginnastica poi continua ad essere insegnata dal maestro Ottino, quel medesimo che nel corso di venti e più anni da che compie questo ufficio nel convitto, vinse già coi nostri alunni medaglie e diplomi nei concorsi ginna­stici.

Quest'anno, in segno di lutto per la morte del rettore, non si fece la soli­ta passeggiata militare alla Novalesa.

Istitutori laureati.

Nello scorso luglio gli istitutori Faverzani Francesco, Pescatore Giacomo e Crivelli Giacomo furono laureati in belle lettere, Verderone Francesco in medicina e Savarro Giovanni conseguì il diploma di notaio, tutti in questa r. università.

I tre primi fecero già domanda al ministero d'una cattedra in un ginnasio del Regno, e lo scrivente rinnova la preghiera perché essa venga esaudita. Infatti come il diploma di laurea fa fede della loro coltura, così i molti anni trascorsi nella pratica dell'assistere ed d'ammaestrare i giovani convittori a loro affidati, sono garanti della loro attitudine a mantenere la disciplina nel­le scuole, senza la quale non può essere proficuo l'insegnamento per grande che sia la dottrina dell'insegnante.

Lo scrivente poi volentieri attesta che tutti e tre hanno già dato prova di avere le qualità necessarie per ben reggere una classe ginnasiale particolar­mente il Faverzani, che per ben due anni supplì in tutte le classi di questo r. ginnasio interno i professori nelle accidentali assenze, con molta valentia, e con piena soddisfazione di questa direzione.

Giova poi ancora considerare che l 'istitutore fornito di laurea sente assai più e sopporta assai meno il peso dell'ufficio a cui prima volentieri si piega­va in vista dello scopo a cui mirava, e quindi mentre scema lo zelo crescono le sue pretese, del che lo scrivente ebbe purtroppo qualche saggio nel corso dello spirato anno scolastico.

Da ultimo lo scrivente fa notare che il posto lasciato vacante da loro po­trebbe concedersi ad altri giovani capaci e volenterosi che, muniti della li­cenza liceale, non potrebbero altrimenti frequentare l 'Università. Benché il sottoscritto sia spiacente di privarsi dell'opera d'istitutori sperimentati, per le mutate condizioni, è d'opinione che si debba preferire l'opera d'un giova­ne volenteroso benché inesperto a quella dell'istitutore provetto ma svoglia­to e malcontento ormai dell'ufficio che ritiene inadeguato ai suoi meriti.

Per lo stesso niotivo prego venga trasferito altrove il sig. istitutot;e Fran­cesco Verderone, il quale, se bada sempre all'utile e comodo proprio, più che a quello dei convittori, ora che ha conseguito la laurea in medicina è di­venuto inviso anche ai colleghi, che si lagnano del suo egoismo, e verso i su­periori manca di quel rispetto che aveva prima ostentato.

Sezione VII - Convitti e collegi 325

Istitutore Defilippi.

�esta che faccia onorevole menzione dell'istitutore Defilippi .che resse a.ss.at b�ne anch� quest'anno la prima compagnia e che a Novalesa, oltre l'uf­

ftcw dt telegraftsta, tiene le veci di censore, con molta prudenza, operosità e zelo.

Da. ultimo lo

, sé�ivent� rende vive grazie a codesto ministero dell'onore

c�_e gh fece nell afftdargh la reggenza dell'ufficio rettorale, nel quale si stu­

dw, per quanto era in lui, di non venir meno alla superiore aspettazione lie­�o . se potrà �ra brev:e cedere il carico a chi saprà mantenere in fiore qu,esto

tstltuto a cm appartiene da venti anni compiuti.

n facente funzioni di rettore Ghina

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SEZIONE VIII

SEMINARI ED ISTITUTI RELIGIOSI

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54

Lettera dei delegati di Napoli 1 al ministro contenente proposte per l'istru­zione governativa nelle province meridionali.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b . 1 37, fase. l «Seminari e scuole religiose - Pratica generale collettiva, parte la dal l 860 al l866 » , ms. con firma autografa.

Napoli, 27 agosto 1861

I delegati straordinari d'istruzione pubblica sigg. Carbone, Racheli, Set­tembrini, assente il Menichini, chiamato per telegrafo e non giunto ancora in Napoli,

e i vice-delegati sigg. Muffone, Parcito, Nisio e de Lollis di comune accordo hanno deliberato di proporre a V.S. Ill.ma quanto

segue: l o Considerando che l'educazione e l'istruzione governativa, non deve

essere che una, e data in uno modo militare, il reale governo dovrebbe con un decreto revocare a sé l'amministrazione e la direzione dei collegi affidati ora agli ordini religiosi nelle provincie napolitane ed incaricare i delegati di destinare persona che provvisoriamente assuma l'amministrazione di cia­scun collegio, fino a che il governo non abbia provveduto a riordinarli. Essi collegi sono quelli di Teramo, di Chieti, di Maddaloni, d'Avellino, di Catan­zaro, di Monteleone.

S 'invia copia dei sei decreti che affidavano questi collegi ai frati. I delegati presenteranno loro proposte per il personale direttivo ed inse­

gnante dei nuovi istituti, che dovranno essere aperti pel mese di novembre. 2 o Con altro decreto dichiarare licei ginnasiali con convitto tutti i colle­

gi che sono in ciascuna delle provincie napolitane, non esclusi i collegi di Monteleone e di Arpino.

Ciascun liceo ginnasiale avrà un preside e sarà separato e distinto dal convitto che sarà regolato da un rettore .

1 Era stato creato in Napoli un ufficio di segreteria del Ministero della pubblica istruzione, come anche a Firenze e a Palermo. Francesco De Sanctis, allora ministro della pubblica istruzio­ne, provvide ad inviare dei delegati straordinari nel Mezzogiorno al fine di conoscere puntual­mente delle condizioni locali dell'istruzione. Si trattava di Domenico Carbone, inviato ad Aqui­la, Luigi Settembrini a Napoli, Antonio Racheli a Bari, Liborio Menichini a Catanzaro, Antonio Pavato a Cosenza. Il provvedimento fu una conseguenza del r.d. 25 ago. 186 1 , n. 198, con cui De Sanctis abolì l'autonomia amministrativa della pubblica istruzione a Napoli.

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330 Fonti per la storia della scuola

Si è stabilito di ritenere i convitti che ora ci sono : i nuovi istituti che sa­ranno fondati non avranno convitto, salvo se il municipio o la provincia non vorrà mantener li a sue spese.

Per gl'istituti da fondare nella nuova provincia di Benevento ci sarà una proposta speciale .

3 o Con altro decreto abolire le scuole universitarie annesse ai presenti collegi: ritenere solamente quella di Aquila, di Bari, e di Catanzaro. Il Consi­glio superiore potrà proporre il riordinamento delle tre scuole universitarie che rimangano la facoltà o le facoltà ciascuna di esse deve avere, le attribu­zioni di ciascuna facoltà, le relazioni da mantenere con l'università, le mate­rie da insegnare, il numero degl'insegnanti. I professori che non han deme­ritato ritenere l'intero soldo finché non avranno altra destinazione: ritirare i vecchi, gl'insufficienti, gl'avversi al presente ordine di cose.

L'abolizione di queste scuole, salvo quelle di Catanzaro, Bari ed Aquila travasi già disposta in massima dalla legge della istruzione secondaria art. l O della quale si invia una copia.

4 o Per le scuole normali maschili si propone che ve ne sia una sola con convitto per ogni delegazione. Si è creduto che scuola normale senza con­vitto non può stare perché non sarebbe frequentata: che stabilirne una per provincia è spesa enorme; e che non si può confidare su l'aiuto de' municipi e delle provincie, che non vogliono sapere nulla di spendere per la istruzio­ne pubblica; e di malissima vo·glia odono che debbono provveder meglio che non si è fatto finora all'insegnamento elementare.

Le scuole magistrali maschili già stabilite con legge sono aperte in venti­cinque capoluoghi di circondario. Aprire il 4 novembre, secondo la legge stessa, le altre scuole negli altri circondari. E per queste seconde scuole si è già chiesto alla S.V. Ill.ma trentamila lire che dovranno essere invertite a quest'uso. Si è dunque creduto necessario che queste scuole si aprano; e che finite queste dopo tre mesi, in ciascuna provincia si continui a fare una scuola magistrale per tutto l'anno, la quale di tre in tre mesi vada in ciascu­no dei circondari della provincia stessa. In ogni provincia stabilirsi una scuola magistrale preparatoria femminile . La magistrale femminile di Napoli ha una quarantina di alunne, donne tra i venti e i cinquant'anni e quasi tutte maestre; il che dimostra che una scuola normale in provincia non sarebbe frequentata.

Il cav. Giovanni Scavia direttore delle scuole normali e magistrali in tutte le provincie napoletane che attribuzioni ha ora che vi sono quattro delegati? Si prega il ministro di difinire queste attribuzioni. I delegati per ora confi­dando nello zelo, nel valore e ne' grandi servigi renduti finora dallo Scavia, lasceranno che egli prosegua l'opera sua sì bene incominciata; ma è necessa­rio che le attribuzioni di ciascuno sieno difinite.

s o Pregano ancora V.S. Ill.ma di approvare per le provincie napoletane con altro decreto:

Sezione VIII- Seminari ed istituti religiosi 3 3 1

l o i programmi delle scuole elementari 2 o l' istruzione ai maestri elementari per l'esecuzione dei programmi 3 o le istruzioni agl'ispettori e di abrogare i regolamenti annessi alla legge

su la istruzione elementare che è in vigore nelle provincie napolitane. 6 o Per le scuole tecniche si è stabilito in generale che ciascun delegato

vedrà i bisogni e le esigenze delle sue provincie, e poi farà proposte speciali . Si è stabilito ancora che nel primo anno dell'insegnamento ginnasiale si dia soltanto l' italiano, la geografia, o la storia, senza il latino, aggiungendovi an­cora lezioni di calligrafia e di disegno anche per gli esterni. Questa disposi­zione è transitoria e si è presa per agevolare ai giovanetti l'entrata nelle scuole tecniche che non possono stabilirsi immediatamente; ed anche per supplire alla mancanza delle classi elementari superiori nelle quali non sono stati gli alunni che vogliono continuare gli studi classici.

I delegato di Napoli per tutti gli altri Luigi Settembrini 1

55

Istruzioni ai direttori dei nuovi ginnasi costituiti nei seminari delle pro­vince meridionali.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. l 37, fase. l « Seminari e scuole religio­se, pratica generale e collettiva, parte la dal 1860 al 1866». Allegato C alla lettera d'incarico all'an. Carlo Boncompagni e al consigliere Tonello, ms.

[1865 post l o settembre]

Nell'affidare alla S.V. l'ufficio di dirigere un ginnasio laicale ne' soppres­si seminari diocesani desidero che comprenda la necessità di attenersi ad al­cune norme dalle quali dipenderà il buon successo del provvedimento, og­getto del decreto del l o settembre corrente anno 2 •

Gli è quasi ozioso prescrivere alla S.V. le norme legali, regolamentari e disciplinari de' nuovi ginnasi devono essere affatto identiche a quelle degl'i-

1 Allora docente di letteratura italiana presso la Facoltà di filosofia e lettere dell'Università di Napoli.

2 Con il decreto l o set. 1865, n. 2506, si dispose la riapertuta delle scuole nei seminari «per cura del Ministero della pubblica istruzione n . Anche l'amministrazione delle rendite venne compresa in quelle norme.

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332 Fonti per la storia della scuola

stituti governativi. L'autorità che queste scuole ritraggono dall'opera del go­verno, non concede ch'esse abbiano altra divisione di studi, altri programmi altre forme di esami che non sian quelle prescritte per gl'istituti governativi.

Ma queste forme esterne e legali non saranno i soli caratteri de' nuovi istituti e la S. V. vorrà comprendere che grandissima parte della riputazione che essi acquisteranno presso le popolazioni dipenderà in primo luogo dal suo contegno personale e dall'autorità che ella saprà acquistarsi e nel tempo stesso dall'indirizzo morale e civile che verrà dato allo insegnamento.

Ella saprà che non è senza urtare molti interessi, molte opinioni molte passioni e molte speranze che le vecchie istituzioni si trasformano; per lo che gli odii alle nuove cose si estendono di leggieri alle persone che sono chiamate ad attuarle.

Ella sarà pronta a prevenire il prorompere di questi odii contro di lei, e contro il corpo insegnante, che da lei dipenderà, ed a ciò conseguire dovrà studiarsi di non dare pretesto ad alcuna accusa contro i suoi principii politi­ci i quali nazionali, devoti alla monarchia, moderati non devono manifestar­si con uno spirito partigiano, né assumere carattere di esagerazione o di pro­vocazione alle opinioni altrui.

Sopratutto in fatto di religione, la S .V. non professerà opinioni che urti­no il sentimento della popolazione, mettendosi troppo al disopra delle cre­denze, dell'intelligenza e della coltura di coloro in mezzo a' quali dovrà vi­vere ed i cui figliuoli dovrà educare. Uno spirito conciliante ed elevato, una manifestazione di sentire nobile ed al disopra delle basse ire di parte, le affe­zioneranno gli animi di tutti e la porranno in caso di riuscire ad elevare gra­datamente il sentimento religioso morale e civile de' suoi alunni e delle fa­miglie alle quali appartengono, assai meglio che non farebbero le declama­zioni e le opinioni violente.

In ogni atto infine in ogni suo discorso, ne' suoi modi, nella sua condot­ta e nella influenza morale ed educativa che l'ufficio le concederà, la S.V. vorrà mostrarsi degna della fiducia che la carica le conferisce, e considerarsi come chiamato a far notare la diffidenza che vi è fra le pedanterie, lo spirito settario tendente ad intorpidire gl'ingegni e ad isterilire il cuore, che infor­mava le vecchie istituzioni, i vecchi metodi ed i vecchi insegnanti ed il con­cetto civile, nobilmente educativo, efficacemente moralizzatore, che presie­de alle nuove istituzioni, e guida coloro a cui il governo affida pubblici uf­fici.

La S. V. tenderà ogni opera d'informare a questi intendimenti tutti coloro che gerarchicamente da lei dipenderanno, e vorrà tenermi a notizia di tutti gli ostacoli interni ed esterni, che l'ufficio le creerà e particolarmente di quelli che le verranno dall'attitudine, dal carattere e dal contegno degl'inse­gnanti.

Ne' primi momenti ella avrà un compito molto modesto, ma non meno necessario, quello di mettersi d'accordo col sindaco e con la commissione

Sezione VIII - Seminari ed istituti religiosi 333

che il co.nsiglio municipale avesse a tal uopo nominato, per attendere alla prep:razwne de' locali, alla ripartizione di essi fra le scuole teologiche ed il conv1tto e le scuole secondarie, l'arredamento materiale e scientifico ed a quant'altro possa occorrere per l'immediata apertura dell'istituto. '

In questa bisogna procederà con garbo e temperanza di modi non per­d�ndo di mira l'importanza generale del fatto per tener dietro alle,minuzie e dtfferendo ad altro tempo quello che non si possa conseguire immediata­

mente.

. AJ?ri:à subito �n registro d'iscrizione ed userà qualche larghezza in que­

st� pnmt �oment� nell.e ammissioni premendo sopra ogni altra cosa che l'i­s�lt�to ab�1� �redtto d1 esser� frequentato, che il maggior numero possibile d1 gwvaru s1 sta sottratto dall istruzione clericale.

Al sig. prefetto è stato commesso l'incarico di provvedere alla formazio­ne del C�n�iglio di amministrazione, secondo le norme vigenti per gl'istituti governat1v1. U�o �e' primi uffici di questo consiglio sarà quello di determinare la contnbuzwne mensile degli allievi convittori, nel caso che il convitto vada a stabi�irsi

_ quest_'a�no. G�ova che ·questa contribuzione sia fissata quanto più

�od�ca. e poss1b1le. Pero la base che dovrà essere di norma sarà questa. Essa sta dt cmque lire maggiore di quello che potrà essere calcolato come costo d�l vitto di ciascun �lunno. Questa norma equissima non potrebbe essere vwlat� senza andare tncontro a spese straordinarie alle quali sarebbe d'uopo che S_I �ssoggettassero eventualmente o · il municipio o quelli della diocesi che s1 gwverebbero del convitto.

Sarà anche ufficio del consiglio di amministrazione di designare l'abito di p�rata de' giovani convittori, il quale se per la spesa non potrebbe essere prects��ente �uello de' convitti nazionali, (cosa desiderabilissima) sia pure u�w pm semphce, ma che si avvicini quanto più è possibile allo stesso, e la dtfferenza del quale sia giustificata da un risparmio considerevole. Qual�r� si .

vol?ssero .stabilire posti semigratuiti, o vi fossero tali posti co­me c?ndtztoru �e legati che formarono la dotazione del seminario, la s.v. non h concedera se non per concorso, siccome prescritto dalla legge.

56

Istruzioni date a Edoardo Fusco 1, delegato del ministero per la riapertura delle scuole secondarie nei seminari chiusi.

1 Edoardo Fusco ricopriva la carica di ispettore delle scuole secondarie ed era stato nomi­nato con;unissario straordinario per i seminari delle province meridionali. A Napoli esisteva la « delegazwne straordinaria pei seminari delle province meridionali» .

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334 Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 137, fase. l « Seminari e scuole religio­se - Pratica generale collettiva, parte la dal 1 860 al 1866. Rendite dei seminari chiu­si » , ms.

[settembre 1865]

La S. V. Ill.ma muoverà per Napoli. Innanzi tutto terrà i vi un abbocca­mento coll'economo generale dei beneficii vacanti, dal quale potrà risapere quanta sia la somma dispensabile da impiegarsi nella apertura delle scuole secondarie di ciascuno dei seminarii. Se le riuscirà di avere su ciò notizie precise, curerà di farle tenere al ministero. Saprà ivi ancora in quale epoca tali somme potranno essere pagate, se ci si può contare per un assegno men­sile, se l'economato infine, come si è domandato al sig. ministro, potrà fare una anticipazione, per quindi rivalersi alla scadenza delle rendite. La cono­scenza esatta di questi dati faciliterà immensamente il buon risultato della sua missione.

È mente del ministro che le scuole ginnasiali di detti seminarii, dei quali ella à già l'elenco, siano aperte alla più lunga entro il mese di novembre. Ciò sarebbe ineffettuabile, se ella dovesse perciò personalmente portarsi in tutte le città dove hanno ad aprirsi gli istituti. Fa d'uopo che fin da questo mo­mento si aprano le pratiche coi municipii, si prepari la scelta del personale, si osservino gli edifici ove le scuole debbono essere collocate, si prendano insomma tutte le misure necessarie per riuscire nello scopo, cui si mira. Ella non potrebbe personalmente intendere a tutto questo lavoro, stante la lon­tananza dei luoghi ed il breve tempo che si à dinnanzi. Resta ch'ella sia il centro del movimento e che abbia braccia ovunque ne è il bisogno, che in­comincino immediatamente il lavoro.

Ai prefetti delle provincie si è scritto già una nota perché interessino i municipii all'oggetto, ma essi distratti in altre occupazioni non potranno forse cooperare con quella attività che è necessaria.

Appena dunque giunta in Napoli ella si dirigerà agli ispettori scolastici provinciali dando loro le convenienti istruzioni affinché dopo avere sentiti i prefetti ed avute le lettere per i sindaci dei municipii, dove son posti i semi­narii, colà si conducano ed incomincino le pratiche necessarie per l'apertura delle scuole secondarie. Essi ispettori debbono fare ciò ch'ella farebbe se ci si portasse personalmente. Indagheranno le rendite che sono disponibili nel seminario, indicheranno le persone del luogo che potrebbero adoperarsi nello insegnamento, e faranno conoscere il risultato delle pratiche che inta­voleranno con i municipii per il sussidio che detti municipii dovranno pre­stare qualora le rendite del seminario non fossero sufficienti per aprire le scuole ginnasiali. Ella poi potrà condursi ora ad una ora ad un'altra delle cit­tà in cui sono i seminari da riaprirsi, dove crederà che la sua presenza sia più utile per portare a buon fine la cosa. Il ministero poi scriverà anch'egli diret-

Sezione VIII - Seminari ed istituti religiosi 335

ta�ent_e agli ispettori provinciali scolastici, prevenendoli di queste determi­

nazwnL Per ciò che riguarda poi l' ordinamento degli istituti, il sottoscritto le dà

le seguenti norme che ella comunicherà a detti ispettori. Si incomincierà ad istituire le classi ginnasiali dalle inferiori ed ascendendo alle superiori, con­statato che vi sono giovani atti a frequentarle; dove questi non vi fossero non è necessario che si aprano tutte le classi. Ove poi le classi vi siano ma li alunni sian pochi per due classi si potrà destinare un solo professar� . Ella calcole�à qua�t

.a spesa possa importare lo stabilimento di un ginnasio, atte­

nendost al mmtmo degli stipendi e nominando pel primo anno tutti incari­cati. Quando si accorgerà che i due terzi delle rendite del seminario sono in­sufficienti pel mantenimento delle scuole secondarie, inviterà il municipio a �u�plire con i fondi propri. Non si venga in questo caso all'apertura dello tst�tuto,

_ se no� qu�

,ndo il municip�o avrà accettata l' obbligazione di supplire

c? . su�t fondt a cw che manchera per il mantenimento delle scuole ginna­

stah. St aprano solo quelle classi che si possono mantenere con i due terzi delle rendite disponibili. Queste ordinate, se rimarranno fondi sufficienti, 0 p�re se

_ i mu�cipii ne vogliono assumere l 'amministrazione e la spesa, si po­

tra ventre all apertura del convitto . Per quest'anno non ci sarà il caso di cor­si liceali, mancando gli alunni preparati per tale studio, salvo forse nei semi­narii di Napoli.

Somma cura porrà e farà porre nella scelta degli insegnanti. Anteporrà sempre le persone della città, o della provincia, qualora abbiano i necessari requisiti di scienza e di moralità. Della prima potrà assicurarsene o con farsi presentare i titoli legali o per informazioni attinte nel luogo ch'essi abbiano con utilità e soddisfazione pubblica insegnato per un tempo conveniente.

Della seconda con le informazioni delle autorità politiche, amministrati­ve e giudiziarie.

In mancanza d' insegnanti del luogo vorrà scegliere da un elenco che le si consegnerà dal ministero, di persone le quali hanno già fatto constare della loro capacità. Porrà la massima cura nel destinare il capo dello stabilimento il quale per risparmio di spese potrebbe essere un insegnante.

'

S' intende sempre che le nomine fatte da V.S. Ill.ma abbiano il carattere di provvisorietà e che solo saranno stabili quando verranno convalidate dal ministero.

Farà adoperare nello insegnamento ginnasiale programmi governativi e vi introdurrà quella stessa disciplina che si mantiene nei ginnasii dello Stato.

Terrà frequentemente ragguagliato il ministero del procedimento della sua missione e delle notizie che sulla possibilità della pronta apertura delle scuole ginnasiali in ciascun seminario or chiuso, riceverà dalle autorità sco­lastiche provinciali.

In t�tto ciò poi che non fosse preveduto da queste istruzioni vorrà go­vernarst con quella prudenza e buon senso che è necessario adoperare in sì

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336 Fonti per la storia della scuola

delicato incarico. In ogni caso potrà domandare schiarimenti e nuove istru­zioni al ministero.

57

[Il ministro] [Giuseppe Natali] 1

Proposte di Edoardo Fusco, commissario straordinario per i seminari nel­le province meridionali, per render più agevole la missione nei seminari delle province meridionali.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 1 37, fase. l « Seminari e scuole religiose . . . Rendite dei seminari chiusi », ms. con firma autografa.

Napoli, 7 ottobre 1865

Nel render conto alla S.V. Ill.ma di quello che sono stato in grado di fare ne' primi quindici giorni di mia dimora a Napoli in adempimento della mis­sione pe' seminari, mi è grave dover manifestare ostacoli e lentezze inaspet­tate.

L' ordine pe' sequestri, come alla S. V. è noto, non era ancora giunto, ed era inutile, senza di esso, che io aprissi relazioni coi prefetti e con gl'ispetto­ri provinciali.

Nove giorni sono trascorsi prima di riuscire a sapere quale fosse la rendi­ta de' seminari di Napoli sequestrata da sette mesi. Ed all'ultimo giorno fui costretto ad intimare un termine perentorio di due ore al sub-economo di Napoli con la minaccia di telegrafare per una istantanea destituzione. Allora soltanto mi vennero comunicate le note! 2

Da cinque giorni aspetto un ufficio dal prefetto della provincia per trat-

1 Ministro dal 28 settembre 1 864 al l o settembre 1865 nel gabinetto La Marmora. 2 Nota al testo: «N.B. Lo stato delle rendite de' seminari di Napoli è il seguente attivo - L. 3 1 .865 . . 09 esiti - L. 18.294 . . 32 Rendita netta L. 1 3 .570 .. 77 dalla quale deve dedursi il terzo. La rendita però si può di mol­

to migliorarla, e sarà maggiore nel corso del 1866. In una prossima relazione parlerò di ciò che si potrà fare o si sarà fatto in Napoli».

Sezione VIII- Seminari ed istituti religiosi 337

tare col municipio la restituzione del locale abusivamente occupato. E l'or­dine non è ancora arrivato!

Egli è evidente che se questa resistenza passiva mi attraverserà la via da tutte le parti, io non sarò in grado di procedere con quella celerità ed effica­cia, che la dignità del governo, e l'importanza del fare, incondizionatamente m'impongono.

Egli è forza adunque porre un termine a quest'indugi, che non hanno al­tro movente fuorché la volontà di questo o quell'ufficiale governativo, le opinioni personali del quale sono, o per una o per altra ragione, avverse alla esecuzione del decreto del l o settembre.

La qual cosa arreca grave nocumento all'autorità del governo dappoiché si argomenta da molti, e dai più interessati, che il decreto è stato pubblicato come uno de' tanti mezzi elettorali, e non per essere veramente eseguito .

Della popolarità di questo provvedimento io ho prove non dubbie: da Vasto, da Trani, da Caserta, da Sessa, da Sorrento mi giungono sollecitazioni caldissime. La buona disposizione de' municipi a sovvenire al mantenimento delle scuole, purché non dipendano dai preti, mi è constatata da molte par­ti. Sarebbe adunque grave danno il sospendere menomamente il corso a questi affari.

Al contrario, per superare quest'indugi io stimo necessario di proporre alla S.V. Ill.ma

l. Che siano sequestrate senza eccezione tutte le rendite di tutti i semina­ri, che sono nelle categorie contemplate dal decreto del l o settembre;

2. Che, di accordo col ministro de' culti, sia designato un termine peren­torio di otto o dieci giorni ai sub-economi per la rivelazione delle rendite se­questrate;

3 . Che senza ulteriori ordini, i due terzi della rendita netta sia messa a di­sposizione delle scuole da istituirsi;

4. Che mi si dia facoltà di tentare accordi fra' vari municipi, di riunire le rendite di vari seminari, per non moltiplicare istituti che non avrebbero vi­talità, o perché troppo vicini, o perché troppo poveri.

La S .V. Ill .ma riconoscerà l'urgenza e la necessità di questi provvedimen­ti, quando rifletterà:

Che se tutte le rendite di tutt'i seminari colpiti dal decreto non sono se­questrate, queste rendite spariranno subito per sottrazioni di crediti, per in­volamento di titoli, per falsificazioni di esiti, o per azioni giudiziarie di finti creditori. Quest'ultimo caso si è già verificato per uno de' seminari di Napo­li, e pende una lite innanzi ai tribunali. Altri casi sono avvenuti, mi si assicu­ra, presso i seminari di molte provincie.

Se ai sub-economi non è messo un termine perentorio, sotto pena di de­stituzione, non è improbabile che molti mesi trascorreranno pria che le ren­dite siano accertate.

Se non si ordina immediatamente l'uso delle rendite, se non mi si dà fa-

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338 Fonti per la storia della scuola

coltà di proporre e tentare le combinazioni accennate, il governo farà cose che vorranno esser subito disfatte e che non lasceranno buona memoria di chi le avrà ordinate o fatte.

Vi saranno inoltre liti, contestazioni giudiziarie, vere o simulate, con le quali si cercherà di rendere impossibile l'esecuzione del decreto. Vi è un modo solo di risolverle, cioè coi pieni poteri che io domando, non dalla S. V. Ill.ma, che mi ha onorato di tutta la fiducia, di cui ho bisogno per pro­cedere senza indugi all'adempimento della mia missione, ma dal ministro de' Culti, presso gli ufficiali del quale incontro i maggiori ostacoli .

Quel ministero dovrebbe far .prevalere una massima, che niuno oserà contestare: che i procedimenti giudiziari, cioè, non sospendono la esecuzio­ne degli atti amministrativi. E quando avremo fatto, disfacciano, se posso­no e ritornino all'antico senza nulla immutare.

'Dimostrerò la necessità e l'urgenza di adottare questa massima, di proce­

dere con questi poteri straordinari per conseguire lo scopo che il decreto ha designato, con due esempi, sui quali richiamo l'attenzione di V.S. Ill .ma.

In adempimento delle istruzioni datemi io scrissi un foglio d'istruzioni speciali agl'ispettori provinciali ed ai r. prefetti il giorno istesso in cui seppi che l'Economato generale trasmise ai sub-economi l'ordine de' sequestri. A ciascun ispettore e prefetto indicai i seminari che volevansi subito aperti. Fra questi vi erano quelli di Sessa, di Teano, Foggia, Taranto, ecc. pei quali la S . V. mi comunicò avant'ieri ordine di sospensione.

Questa sospenspone mi pone in grave imbarazzo. L'ispettore provinciale si è già recato in Sessa. La popolazione è in aspettativa dell'apertura del gin­nasio o del liceo. Il municipio è pronto a concedere sussidi. Se dovessi dare un contrordine sono assicurato che l'indignazione sarebbe grandissima. Per­ché dunque non procedere con la massima accennata, e fare che abbia corso la lite innanzi ai tribunali, se vogliono, ma intanto si esegua il decreto? La S.V. vorrà, spero, sollecitare il ministro de' Culti ad accondiscendere all'a­pertura delle scuole in quel seminario. E questo è il primo esempio del come questi affari si risolverebbero qualora non fossi limitato nelle mie facoltà.

Il secondo è il seguente. L' arcivescovo di Chieti è anche vescovo di Vasto. E queste due città for­

mavano prima una sola diocesi, ed avevano rendite in comune per i semina­ri. Furono poscia separate di diritto, ma non di fatto, perché l'Ordinario è lo stesso. Nella divisione de' beni l'arcivescovo assegnò molta rendita a Chieti, perché capoluogo di provincia, poca a Vasto, perché capoluogo di circondario. Ambedue i seminari sono chiusi, ma questo è poverissimo, il primo è ricco. Il decreto del l o settembre stabilisce, che ave vi sia un istituto governativo la rendita del seminario chiuso andrà a beneficio dell'istruzione della diocesi. A Chieti vi è un r. liceo ginnasiale con convitto . Non sarebbe questo il caso di valersi, di una parte almeno, delle rendite di Chieti per aprire scuole secondarie a Vasto? Il municipio non ricusa un sussidio; ma

Sezione VIII- Seminari ed istituti religiosi 3 39

questo non potrà che essere largo perché la città è piccola e povera. Se la S . V. mi concedesse facoltà, io mi adoprerei a fare in guisa che Chieti non ne patisca, e Vasto n'abbia giovamento.

Questi casi si rinnoveranno spesso, ed io confido che la S.V. Ill.ma ac­colga la mia proposta in tutte le sue parti, affinché io possa adempiere con piena responsabilità all'ufficio, per cui il paese tiene gli occhi vivamente ri­volti verso di me, e verso il ministro, dal quale ho l'onore di dipendere.

Gradisca, Ill.mo sig. ministro, i sensi della mia profonda stima.

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di V.S. Ill.ma devotissimo

Edoardo Fusco

Relazione generale del commissario Edoardo Fusco sui seminari chiusi e richiesta di urgenti disposizioni.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b . 1 37, fase. l « Seminari e scuole religiose . . . Rendite dei seminari chiusi » , ms. con firma autografa.

Napoli, 4 dicembre 1865

Mi pregio di dar riscontro alla nota della S. V. Ill.ma in margine indicata, con la quale si è compiaciuta manifestarmi di aver già sollecitato l' onorevole sig. ministro dei Culti, a recare in atto i provvedimenti che io proposi con la nota del 17 p.p. novembre n. 149, concernenti i seminari chiusi, che io Le designai in tre categorie.

È intanto così grave e così urgente il bisogno che taluni di quei provvedi­menti vengano dati al più presto possibile, che io non posso fare a meno d'insistere nuovamente, e di significare alla S. V. Ill .ma, che ogni ulteriore ri­tardo, siccome ha sospeso fin' ora molte pratiche che erano già tanto bene avviate, che altro non mancava fuorché la nomina del personale, le sospen­derebbe ancora di tanto, o da dare pretesto a falsi giudizi, o da rendere im­possibile, o almeno inutile, l'aprire gl'istituti per quest'anno.

Mi propongo quindi di completare con la presente le informazioni e le proposte che erano contenute nella sudetta nota del 18 novembre, e d'invo­care dalla S .V. Ill.ma la massima sollecitudine per certi provvedimenti spe­ciali.

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340 Fonti per la storia della scuola

J D - Seminari della la categoria, cioè quelli le cui rendite sono sequestrate o in corso di sequestro, e disponibili per ginnasi.

Son lieto di poter annunziare alla S.V. Ill.ma che tutto è preparato per l'apertura dei nuovi ginnasi, negli ex-seminari di Napoli, Vasto, Pescina dei Marsi, Caserta, Bisceglie, Gallipoli, Ostuni e Cassano al Ionio, per alcuni dei quali sono già nominati o i direttori, o gl'insegnanti, o gli uni e gli altri.

Con una relazione speciale per ciascun ginnasio o convitto, io farò alla S. V. Ill .ma in tempo debito la serie non breve degli ostacoli incontrati e su­perati in ciascun caso particolare, e sottoporrò al tempo stesso alla sua supe­riore approvazione le nomine del personale insegnante e direttivo, correda­te dei documenti che le giustificano, con la raccolta di tutti gli atti, gli stati e le corrispondenze che hanno avuto luogo.

Per gli altri cinque seminari che completano il numero tredici della la categoria mi occorre manifestarle quanto segue.

Il municipio di Teano ha votato un sussidio di L. 10 .000, sicché fra bre­ve potrà aprirsi il ginnasio, al quale forse andrà unito il convitto.

Per Nocera ed Ariano aspetto ancora che i prefetti mi annunzino essersi fissati i sussidi dei rispettivi municipi.

Per Trani attendo soltanto la proposta del personale, essendone state ce­dute le rendite al municipio.

Il seminario di Brindisi è stato argomento della mia nota 2 dicembre n. 2 14 .

Pei seminari adunque della prima categoria, tutto è quasi compiuto, me­no Brindisi, e non mi rimane quindi che pregarla affinché solleciti il mini­stro dei Culti; l o : a cedere parte degli episcopi di Nocera e di Pescina dei Marsi per le scuole teologiche; 2 ° : a cedere l'ex convento degli Agostiniani pel nuovo ginnasio di Bisceglie, giusta le proposte contenute nella mia nota del 20 novembre p.p. n. l62; 3 ° : a far risolvere la destinazione della rendita del seminario di Chieti, a favore del ginnasio di Vasto, dove sono nominati direttore, insegnante e fino il bidello .

11° - Seminari della 2a categoria, cioè quelli le cui rendite sono sequestra­te o in corso di sequestro, senza che il ministro dei culti ne avesse ordinato la destinazione.

Mi reco a debito di significare alla S .V. Ill .ma, essere di somma urgenza, che le rendite dei seminari della 2a categoria siano messe senza ulteriore in­dugio a mia disposizione, ed a preferenza quelle dei tre seminari di Oria, Otranto, ed Amalfi.

Il municipio di Oria ha già stabilito di prestare un annuo sussidio pel mantenimento del ginnasio, quello di Otranto ha già assegnato un fondo per le spese di primo impianto, e quello di Amalfi infine si è già dichiarato di­sposto a contribuire annualmente, ma sarebbe più contento ancora se invece del ginnasio o unitamente a questo si fondasse la scuola nautica promessa dal governo.

Sezione VIII- Seminari ed istituti religiosi 341

Stando le cose a tal punto, e non dovendo devenire ad altro fuorché alla nomina del personale, prego la S.V. Ill .ma a voler insistere presso l'onore­vole ministro dei Culti, perché affretti le sue determinazioni, e di urgenza, dopodiché i municipi e le popolazioni non sanno darsi ragione di una so­spensione inaspettata al momento in cui tutto pareva, ed era a buon ter­mine.

Le disposizioni del ministro dei Culti non sono meno necessarie per gli altri seminari della 2a categoria, perché tacendo di quelli di Nusco, Capac­cio e S .Severina, dei quali ho già parlato nella mia nota del 18 p.p . , e pei quali son note alla S. V. Ill .ma le urgenti, e favorevoli deliberazioni dei consi­gli municipali, debbo manifestarle che il municipio di Sorrento si radunerà quanto prima per la riapertura delle scuole secondarie, e che i prefetti di Aquila e Salerno chieggono che le rendite di quei due seminari siano desti­nate ad un qualche uso scolastico, e segnatamente il primo domanda, a no­me di quel Consiglio provinciale scolastico, la istituzione d'un istituto tec­nico.

III o- Seminari della 3a categoria, quelli cioè le cui rendite non sono se­questrate, ma di cui è stato richiesto l'uso a pro dell'istruzione pubblica.

A quelli della 3a categoria bisogna aggiungere altri due, i seminari cioè di Gavina e di Civitaducale. Il primo è stato chiuso il 20 del p.p. mese di no­vembre, per volontà del vescovo, come mi è stato riferito dall' ispettore pro­vinciale scolastico di Bari il quale mi ha nel tempo stesso significato essere grandissimo il bisogno di quella diocesi, che le scuole secondarie siano subi­to riaperte. Per quello di Civitaducale, che travasi chiuso da qualche tempo, mi pervengono sollecitazioni dal prefetto di Aquila, dirette ad ottenere che sia riaperto, giusta il decreto l o settembre [1865].

Il prefetto di Salerno rinnova le sue premure per la riapertura dei semi­nari di Teggiano, Policastro e Campagna, del pari che il prefetto di Capita­nata per quelli di Foggia ed Ascoli Satriano.

Per i suddetti seminari e per quelli di Novi-Velia, Nicotera, Venosa, Avel­lino, Andria, Giovinazzo, e Monopoli occorre promuovere il sequestro.

Riassumendo in poche parole questa relazione sommaria, occorrerebbe: l o che fossero definite favorevolmente le richieste pei locali di alcuni se­

minari appartenenti alla prima categoria. 2 o che fossero messe a mia disposizione per uso di ginnasi le rendite già

sequestrate di quelli della 2a categoria, particolarmente per Oria, Otranto ed Amalfi.

3 o che fosse ordinato il sequestro delle rendite de' seminari inclusi nella 3a categoria.

Prego caldissimamente la S .V. Ill .ma a voler considerare che senza i provvedimenti succennati io non potrò proseguire l'opera incominciata, alla quale è viva ed in molti casi entusiasta l'adesione delle popolazioni, ma non sempre corrispondente la facoltà mia di andar loro incontro con quella sol-

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342 Fonti per la storia della scuola

lecitudine e prontezza di provvedimenti, i quali non dipendono dalla mia sola volontà.

Il comm[issario] speciale pei seminari nelle provincie meridionali

E[ doardo] Fusco

59

Proposta del Consiglio superiore della pubblica istruzione di chiusura del­le scuole secondarie nei seminari delle province napoletane.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 138, fase. 2 «Seminari 1866-1880 . Pra­tica generale» , ms.

Firenze, 20 gennaio 1870

Il Consiglio superiore, cogliendo occasione dalla riconosciuta esistenza di scuole secondarie non autorizzate e fuori della legge nel seminario vesco­vile di Potenza, nella sua seduta del 1 3 del corrente mese ha deliberato di chiamare l'attenzione di V.E. sopra la necessità di un provvedimento gene­rale, che tuteli sufficientemente nei seminari delle provincie napoletane l'osservanza della legge e l'interesse dell'istruzione.

Questo Consiglio ebbe più di una volta ad occuparsi di un tale argomen­to per incarico del ministero stesso, e nell'esaminare le istanze per la riaper­tura di un gran numero di seminari, poté vedere l'ampiezza del disordine esistente e l'urgenza di portarvi rimedio. Esso ha riconosciuto che non è più il caso di espedienti temporanei; ma che è ormai indispensabile una disposi­zione legislativa che separi le scuole secondarie dai seminari diocesani, e ne secolarizzi l'amministrazione, e le ponga sotto l'immediata dipendenza di questo ministero. E siccome un progetto di legge su quest'argomento è già stato dal governo annunziato alla Camera dei deputati, così ha deliberato di rappresentare all'E. V. la necessità, onde ne venga sollecitata la presentazio­ne, e non sia lasciata la cosa alle sole cure del Ministero di grazia e giustizia; ma vi prenda una parte diretta anche questo della Pubblica istruzione, sicco- . me cosa che interessa ugualmente i due dicasteri.

per estratto Il v.presidente

Terenzio Mamiani Il segretario

Cesare Volpicella

Sezione VIII - Seminari ed istituti religiosi 343

60

Proposta del Consiglio superiore per nuove norme che regolino nelle pro­vince napoletane le scuole secondarie presso i seminari.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 138, fase. 2 « Seminari 1866-1880. Pra­tica generale,, ms.

Firenze, 9 giugno 1870

Con breve distanza di tempo l'E.V. comunicò a quest'ufficio tre nuove proposte di chiusura di scuole secondarie annesse a seminari delle provincie napolitane, cioè a quelli di Boiano, d'Isernia e di Sulmona. Tale misura è in­vocata dalle autorità provinciali e comunali nell'interesse delle popolazioni, del progresso, delle istituzioni dello Stato e della igiene.

Nei rapporti ai quali quelle proposte si fondano non mancano talora allu­sioni e reticenze circa ad uno stato di cose che influisce ancora evidente­mente sulla salute de' giovani e lascia la coscienza turbata dal timore di peg­gior male.

I seminari del napolitano come si trovano presentemente non offrono sufficiente guarentigie che l' insegnamento laicale sia dato con quel modo e con quel fine che la società civile del secolo e le instituzioni dello Stato esi­gono .

Molti di que' seminari, stati chiusi dal governo per mancato rispetto alla legge, furono riaperti senza permesso. Quasi tutti non osservarono l'articolo 57 della legge luogotenenziale napolitana del 10 febbraio 186 1 I, il quale prescrive che i programmi d'insegnamento debbono essere approvati prima dal Consiglio superiore di pubblica istruzione. Nessuno poi adempì all' obbli­go di servirsi di personale insegnante debitamente patentato e di presentare le relative nomine all'approvazione della competente autorità.

Lo scopo di queste infrazioni è evidente . Si vuole evitare l'ingerenza go­vernativa per continuare in una via che per lo passato abbrutì fin troppo quelle popolazioni di natura tanto intelligenti; e ciò si fu calpestando una legge dello Stato, e recando sfregio all'autorità del governo.

Questo Consiglio altra volta richiamò già l'attenzione dell'E.V. sopra

1 Il decreto , citato come « legge luogotenenziale ", ristabiliva l'ingerenza e l'intervento laico nei seminari.

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344 Fonti per la storia della scuola

questo stato di cose. Ciò fece nelle sue sedute del 1 7 aprile 1869 e del 1 3 gennaio 1870 . In quest'ultima adunanza specialmente deliberava di rappre­sentare a V.E. che nell'esaminare le istanze per la riapertura di un gran nu­mero di seminari aveva potuto vedere l 'ampiezza del disordine esistente e l'urgenza di portarvi rimedio; che non era più il caso di adottare espedienti temporanei, ma sibbene essere indispensabile una disposizione legislativa che separasse le scuole secondarie da' seminari diocesani, ne regolarizzasse l 'amministrazione e la ponesse sotto l'immediata dipendenza di questo mini­stero; e terminava col proporre che questo ministero medesimo si unisse a quello di Grazia e giustizia, perché il progetto della disposizione legislativa accennata venisse sollecitamente approvato dal Parlamento.

Le relazioni del r. provveditore Marinelli 1 su i tre seminari di Boiano, d'Isernia e Sulmona sono pur troppo una dolorosa conferma e una novella testimonianza di un fatto che non ammette più dilazioni a provvedimenti.

Onde questo Consiglio, sebbene persuaso che la sua deliberazione del 1 3 gennaio suddetto sia stata adottata, ha avvisato nullameno nella adunanza del 2 del corrente mese di richiamare alla memoria dell'E.V. la pratica ini­ziata col Ministero di Grazia e giustizia e di pregarla volersi adoperare a che sia presentata subito al Parlamento la legge opportuna; legge che, non è ozioso l 'aggiungerlo, fu già persino promossa alla Camera dei deputati dal ministro di Grazia e giustizia stesso.

6 1

per estratto Il vice presidente

Terenzio Mamiani Il segretario

Cesare Volpicella

Lettera del prefetto di Benevento, presidente del Consiglio scolastico pro­vinciale, al ministro della pubblica istruzione sul seminario di Cerreto [Sannita].

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b . 145, fase. 1 4 « 1860-'80 - Seminari - Be­nevento » , ms. con firma autografa.

Benevento, 25 ottobre 1870

L 'attuale seminario di Cerreto fu riaperto al 1865 dietro dimanda di quel

1 Francesco Antonio Marinelli, provveditore della provincia di Abruzzo ulteriore I.

Sezione VIII- Seminari ed istituti religiosi 345

vescovo, che dichiarava voler aprire un liceo ginnasiale conforme perfetta­mente agli istituti governativi, secondando in ciò le esigenze di quel consi­glio municipale che aveva fatto evacuare il seminario occupato dalle milizie nazionali. Codesto ministero con lettera 3 1 gennaio 1866 n. 732 partecipava la risoluzione favorevole del Consiglio superiore, confermando ciò che il Consiglio scolastico aveva proposto; laonde quell'istituto si apriva regolar­mente.

Però sebbene l 'insegnamento ginnasiale potesse dirsi non irregolare, tut­tavia da' programmi presentati ed approvati come esistono negli atti non ri­sulta che vi fossero stati quelli del liceo, mancandovi le matematiche, la filo­sofia, le scienze naturali; solamente vi era una classe di lettere detta rettori­ca, che pareva una classe di letteratura liceale .

Il preside di quel tempo sig. Bobba 1 ebbe commissione di andar a visita­re quell' istituto, l'anno appresso, e riferiva poche parole non dolendosi del­l 'andamento degli studii e lodandone i professori.

L'anno scorso essendosi mosse doglianze da varie parti su di questo se­minario e su quello di S. Agata fu da questo Consiglio scolastico proposto al ministero che il r. provveditore li visitasse 2 •

Il ministero per difetto di mezzi consentì che fosse visitato quello sola­mente di S . Agata; ma quello di Cerreto fu pure visitato per deferenza del r . provveditore verso il prefetto ed il Consiglio scolastico, che ne mostrarono desiderio. Da ciò nacque che la relazione sul seminario di Cerreto non fosse stata spedita a codesto ministero. Il Consiglio scolastico, al quale fu presen­tata, dopo averne approvate le conclusioni, ingiungeva al direttore di quel­l 'istituto che vi si uniformasse. Le proposte riguardavano alcune specialità di ordinamento di studii ed incitamento a stabilire le scuole che mancavano. Quando nel febbrajo quel seminario fu visitato, non parve al r. provvedito­re, paragonandolo con gli altri istituti di tal natura da lui visitati che quel di Cerreto fosse in decadenza. Si lodò anzi della decenza ed ampiezza del loca­le, del trattamento de' giovani, della mitezza della disciplina e d'una certa diligenza de' superiori. E se negli studii trovò molto a ridire trovò quasi buone due classi, due altre potersi migliorare, alcune da riformare affatto. Il Consiglio scolastico, con la deliberazione, che si acclude ha cercato di met­tere in chiaro i doveri principali di quell'istituto e si riserba di vedere lungo il corso dell'anno come le sue prescrizioni sono adempite. Altre particolari notizie dell'ordinamento di questo anno scolastico se ne potrebbero dare dopo un'altra visita, che a norma delle circostanze, potrebbe il Consiglio scolastico ordinare, perché dalle lettere di quell'autorità ecclesiastica, si promise ottemperare alle prescrizioni date secondo la proposta del r. prov­veditore.

1 Romualdo Bobba. 2 Il provveditore della provincia di Benevento era nel 1 869 Pietro Ricchiardi.

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346 Fonti per la storia della scuola

Similmente se di nuovi elementi, che vuolsi sieno venuti da Roma ad operare in quel luogo, appariranno influenze e fatti notevoli non mancherò di riferirne a codesto ministero.

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n prefetto R[ affaele] Cassitto

Promemoria sulla situazione e i problemi insoluti riguardanti l'insegna­mento secondario impartito nei seminari delle province meridionali.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 1 38 , fase. 2 « Seminari-Pratica generale l e collettiva-parte 2 ° dal 1866 al 1880 » , ms.

Insegnamento secondario nei seminari napoletani

[post 17 febbraio 1873]

Molti vescovi delle provincie napolitane si querelano che il governo, col richiedere il titolo legale d'idoneità nei loro insegnanti, impedisca la riaper­tura delle scuole secondarie nei seminarii, e domandano che sia loro lasciata nella scelta degli insegnanti quella stessa libertà di cui godono i vescovi del­l ' Italia superiore.

Le doglianze son ragionevoli? La domanda è giusta? Convien por mente ai fatti per deliberare con equità insieme e prudenza. Dopo il 1860 non pochi dei vescovi napoletani, probabilmente per av-

versione al nuovo ordine di cose, chiusero repentinamente il seminario dio­cesano sino allora unica fonte d'istruzione in alcuna di quelle provincie, princi�ale in tutte. Altri li tennero aperti; ma quando il governo per giusti motivi volle per mezzo dei suoi officiali osservare l'andamento interno di essi, rifiutarono di riceverli, sdegnando ogni ingerenza governativa. Fu uno scandalo indirizzato a destare nella moltitudine il disprezzo del governo na­zionale; e il governo usò del suo diritto e li chiuse.

1 Documento numerato presentato dal ministro Scialoja all'interpellanza del senatore Im­briani nella seduta del Senato del 17 febbraio 1873 nel quadro della discussione di approvazio­ne dello stato di previsione della spesa del Ministero della pubblica istruzione.

Sezione VIII - Seminari ed istituti religiosi 347

Da ciò nacque la necessità di provvedere in altra guisa al bisogno dell'i­struzione, e si stimò di provvedervi col decreto del l o settembre 1865 . Qua­li frutti abbia dati quel provvedimento, non occorre qui ricordare.

n tempo intanto andava temperando gli odii, o inducendo nell'animo dei vescovi altri consigli. Quindi avvenne che verso il 1867, tutti coloro che si erano affrettati a chiudere il seminario, e quelli che col loro rifiuto aveva­no provocati i rigori del governo, cominciarono, o meno avversi o più scal­tri, a domandare la facoltà di riaprirlo, dicendosi disposti a ricevere gli ispettori governativi, e ad accettare le leggi scolastiche del regno.

Il ministero non poteva respingere tali domande; ma per procedere mi­suratamente chiese a sua volta sopra ciascuna l'avviso del Consiglio superio­re di pubblica istruzione.

Il Consiglio deliberò in massima di consentire la riapertura dei seminarii chiusi nelle provincie napolitane, ma adottò anche per massima di non con­sentirvi se gli insegnanti dei seminarii non avessero i requisiti richiesti dal­l 'art. 57 della legge 10 febbraio 186 1 1 per gli insegnanti degli istituti regi o municipali, cioè il diploma di abilitazione all'insegnamento; poiché conside­rò i seminarii come pubblici istituti, aventi carattere di corpi o di enti mora­li, non già privati.

E poiché nelle provincie napolitane, dove sino al 1860 il governo non ri­chiedeva alcuna guarentigia di idoneità negli insegnanti non meno pubblici che privati, ne deriva che i vescovi di quelle provincie dichiarano di non paterne trovare nelle condizioni richieste dal governo, e quindi stimano il­lusoria la facoltà che loro si concede di riaprire i seminarii.

Avviene il contrario nelle provincie dell'Italia superiore, e in tutte quelle altre alle quali fu senza alcuna modificazione applicata la legge del 1 3 no­vembre 1859 2• Nella quale legge non è fatta alcuna menzione dei seminarii; quindi nelle provincie in cui ha vigore, prevalse sin dalla promulgazione di essa la pratica di considerare i seminarii tuttora sottoposti alla legislazione anteriore come è detto nella relazione che la precede, non altrimenti che se fossero is

,tituti speciali, dove, salvo i casi di igiene, di morale, di ordine pub­

blico, il governo non abbia altra ingerenza. Adunque i vescovi napolitani dicono al governo: fateci le stesse condi­

zioni dei vescovi di Piemonte, di Lombardia, della Venezia, di Toscana, del­l 'Emilia, della Sicilia; vigilate pure se nei nostri seminarii le ragioni della mo­rale, della pubblica tranquillità, dell'igiene sieno tutelate, ma non richiedete da noi, quello che ci riesce impossibile di darvi, insegnanti, cioè, legalmente abilitati, e che non richiedete ai vescovi di altre provincie, quando non vi domandano il privilegio del pareggiamento.

Ecco tutta la questione che si agita da tre anni e più tra i vescovi delle

1 Si tratta del decreto luogotenenziale che prevedeva un'ingerenza laica nell'istruzione se­condaria impartita nelle scuole religiose.

2 Si tratta della legge Casati.

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348 Fonti per la storia della scuola

provincie napolitane e il ministero. Questione che il Consiglio superiore ha costantemente risoluta, applicando ai seminarii per massima generale e in ogni caso speciale l'art. 5 1 della legge 10 febbraio 186 1 , che tratta degli isti­tuti dipendenti da corpi o da persone rivestite della qualità di enti giuridici, non già l'art. 58, che si riferisce al privato insegnamento, pel quale essa non impone l'obbligo del diploma.

A questo termine sono le cose. I vescovi di Potenza, di Aquila, di Sulmo­na, di Taranto, di Boiano, d'Isernia, di Salerno, di Avellino chiesero ultima­mente la facoltà di riaprire il seminario. Il Consiglio superiore, interrogato a dare avviso sulla domanda di ciascuno, ha deliberato che non si debbano es­se accogliere nella parte che riguarda le scuole laiche, quando gli insegnanti non siano forniti del titolo legale; e i vescovi, segnatamente quelli di Salerno e di Avellino, si richiamano al ministero contro tale deliberazione, perché la stimano iniqua.

Convien farla finita questa questione dei seminarii napoletani, e con una risoluzione netta, precisa, comune a tutti. Da una parte stanno le doglianze dei vescovi; dall'altra la massima adottata dal Consiglio superiore, che ha per iscopo di tutelare l'istruzione dei giovani che non si avviano al sacerdo­zio, col richiedere dai loro maestri il titolo che garentisce la idoneità. Però qualunque sia la determinazione del governo è necessario por mente a due cose.

La prima, cioè, se convenga allontanare dalle scuole dei seminarii tutti quei giovani che non si avviano deliberatamente al sacerdozio.

La seconda, se si debbano rivendicare a favore delle scuole laiche, gli an­tichi legati che furon fatti a beneficio del seminario in considerazione che era esso il solo istituto di istruzione nella diocesi. Tale rivendicazione sem­bra atto di equità insieme e di prudenza di governo.

SEZIONE IX

NUOVE ISTITUZIONI SCOLASTICHE, REGIFICAZIONI, PAREGGIAMENTI, PROGETTI DI RIFORMA

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Lettera circolare del ministro ai prefetti delle province siciliane perché si adoperino presso le autorità locali al fine di creare adeguati convitti an­nessi agli istituti classici.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. l , fase. 4 «Sicilia. Origine e rendite de­gli istituti, relazioni, convitti da istituirsi», ms.

Torino, 3 1 ottobre 1863

La sezione del Consiglio superiore di pubblica istruzione sedente in Pa­lermo 1 ricercando le cause per le quali la frequenza ai nuovi istituti classici riordinati in tutti i capoluoghi di provincia e di circondario della Sicilia non è quale si avrebbe potuto sperare dalle cure e dal dispendio che il governo si assunse per essi, mentre per altro lato abbondano di giovani i seminari ve­scovili, riconobbe giustamente che la principale non sta nella mancanza di spirito patriottico, che abbonda invece in coteste nobili provincie, ma piut­tosto nel difetto di bene ordinati convitti, nei quali i padri delle famiglie non dimoranti nelle sedi degli istituti stessi possano collocare i loro figli me­diante una spesa non immoderata e colla certezza che siena conveniente­mente educati ed assistiti nei loro studi.

È di grande necessità che le SS.VV. Ill.me chiamino l'attenzione delle rappresentanze provinciali sopra questo importante argomento e facciano loro conoscere come le mancanze di questi convitti sia non solo di ostacolo al popolarsi degli istituti governativi ma riesca altresì di grave danno morale e materiale alle famiglie, sia per l'educazione poco confaciente che sotto l'a­spetto politico è data ai loro figli, nei seminarii, sia per l'insufficienza degli studi che ivi si compiono, i quali e per essere impartiti da insegnanti che non hanno titoli d'idoneità, e per non essere conformi a quelli che si com­piono negli istituti governativi, non hanno alcuna efficacia legale.

Ma se trattandosi di istituti che hanno interessi comuni alle provincie ed ai circondarii è necessario per lo stanziamento dei fondi necessarii l' inter­vento delle rappresentanze provinciali non è meno necessario il concorso dei municipii capoluoghi ai quali spetta apprestare i locali, fornirli dell' oc­corrente mobilio e prestarsi in compenso del vantaggio morale e materiale

1 Sezioni del Consiglio superiore furono create a Napoli e a Palermo dopo la costituzione delle luogotenenze e prima dell'unificazione del sistema scolastico.

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352 Fonti per la storia della scuola

che ne risentono con quei maggiori sacrifizii che accorrano ad agevolare queste istituzioni.

Il sottoscritto a cui è noto il senno operoso delle SS.VV. Ill.me confida che Elleno sapranno adoprare l'influenza così meritatamente acquistata al compimento d'un'opera, che farà onore alla loro amministrazione e concor­rerà potentemente a raggiungere i nobili destini che la nazione deve aspet­tarsi da una gioventù nutrita a buoni studii ed educata ai sentimenti elevati dell'onore e dello amore verso la patria e le sue libere istituzioni.

64

p . Il ministro firmato

Giulio Rezasco 1

« Voto legale sul diritto di associazione paterna per la fondazione di un istituto privato d'istruzione secondaria impugnato dal Consiglio scolasti­co provinciale con voto del 13 marzo 1875».

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 1 1 3 , fase. 1 98 « 1860-'80. Roma (città) parte Il. Scuola paterna» , allegato D dei documenti ammessi per la scuola paterna di Roma, tip. Chiaffermi e C . , s . I . , s .d . , pp.9, a stampa.

Roma, 30 aprile 1875

Veniva richiesto, se dopo la circolare di S .E. il signor ministro Bonghi 2 1 2 gennajo p[rossi]mo passato sull'applicazione dell'art. 252 3 della legge Casati 1 3 novembre 1859, fossero in facoltà più padri di famiglia di unirsi in consorzio e fondare un istituto d'istruzione secondaria per la educazione letteraria dei loro figliuoli, nel quale l'insegnamento fosse affidato a persone di loro fiducia, quante volte i medesimi si uniformassero alle disposizioni dettate dal signor ministro in quella sua circolare: e subordinatamente a questo punto veniva interpellato, se a buon diritto si era interposto ricorso in via amministrativa contro il voto del Consiglio scolastico provinciale in data 1 3 marzo prossimo passato, che negava la facoltà suddetta ai padri di

1 Segretario generale del ministero dal 7 dicembre 1862 al 23 settembre 1864 con il mini­stro Michele Amari.

2 Ruggero Bonghi, ministro dal 1874 nel governo Minghetti. 3 Gli artt. 25 1-253 della Casati riguardavano la « Scuola paterna ».

Sezione IX- Nuove istituz. scolastiche, regif., paregg., pro g. di 1·ijorma 353

famiglia portata ad effetto con l'atto di consorzio, e con lo statuto, i quali conseguentemente erano stati dichiarati di niun valore.

Le ragioni che vengo svolgendo mi fanno ritenere che osservate da un consorzio di genitori le condizioni volute dalla circolare del signor ministro, non possa negarsi ai medesimi la facoltà ricusata dal Consiglio scolastico provinciale nel detto suo voto, e che quindi con buona ragione abbiano i medesimi contro di quello interposto ricorso avanti al signor ministro della Pubblica istruzione.

Invero l'art. 252 della legge Casati dice che più padri di famiglia possono associarsi all'intento di far dare in comune ai loro figliuoli la istruzione se­condaria da persone di loro fiducia sotto la loro responsabilità ed effettiva sorveglianza, nel che fare sono prosciolti da ogni vincolo d'ispezione per parte dello Stato 1 •

Il senso ovvio della legge non lascia alcun dubbio sulla proposta questio­ne. Si permette l'associazione tra i genitori, si permette che questi possano dare la qualifica d'insegnante rispettivamente ai loro figliuoli, a chi più loro piace, si permette che l' insegnamento secondario si dia in locali comuni, e solo si domanda ai padri di famiglia l'effettiva vigilanza, e si ritengono di fatto responsabili del loro operato avanti la legge. Concorrono dunque tutti gli estremi perché la facoltà data ai genitori si risolva e si confonda in quella di fondare un vero istituto d'istruzione secondaria. Né a questa esplicazione ripugna tutto il contesto dell'organamento della legislazione scolastica. Co­me apparisce dalla relazione a S.M. preposta a quella legge, lo spirito da cui fu essa animata, fu di una temperata libertà per tutti, e della più larga per l'autorità paterna. « Tre sistemi si afferivano (al governo) da abbracciare; o di piena libertà senza niuna ingerenza per parte dello Stato, come in Inghil­terra, o di concorrenza tra gli istituti governativi ed i privati, come in Bel­gio ». Là si dice che «parve più sicuro abbracciare un sistema medio di libertà sorretto da quelle cautele che contengono entro i dovuti confini, e da quelle guarentigie che la assicurano e la difendono contro i nemici palesi ed occul­ti. Quali fossero queste regole, queste guarentigie (così prosegue il relatore) apparisce dai provvedimenti della presente legge. In essa fu lasciata la più larga libertà all'autorità paterna: dai privati furono richieste etc . , . Basta questo per interpretare nel senso più benigno verso i genitori tuttociò che la legge dispone riguardo ai medesimi come autorità; giacché ripugnano in una

1 Nota al testo: « Legge 13 novembre 1859 sulla pubblica istruzione » . Art. 25 1 . L'istruzione secondaria che s i d à nell'interno delle famiglie sotto l a vigilanza dei

padri, o di chi ne fa legalmente le veci, ai figli della famiglia, ed ai figli dei congiunti della me­desima, sarà prosciolta da ogni vincolo d'ispezione da parte dello stato.

Art. 252. All'istruzione di cui all'articolo precedente sarà eguagliata quella che più padri di famiglia associati a questo intento faranno dare sotto l'effettiva loro vigilanza e sotto la loro re­sponsabilità in comune ai propri figli "·

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354 Fonti per la storta della scuola

stessa disposizione la interpretazione favorevole ed ampia e la restrittiva in­sieme.

Ma nella proposta questione non si tratta già di fissare una interpretazio­ne: giacché il signor ministro Bonghi ravvisando che la facoltà di fondare un istituto secondario era riconosciuta ai padri di famiglia da quell'articolo di legge, con la circolare del 1 2 gennajo p[rossi]mo passato dettò le norme con le quali i genitori avrebbero potuto fondare l'istituto (allegato n. 1) . Am­mise la interpretazione di quell'articolo nel senso esposto qui sopra, vale a dire nel più benigno ed ampio, e solo ritenne che l'autorità dovesse sorve­gliare su quelle fondazioni per ciò che riguarda l'ordine pubblico, l' igiene, la morale e l'osservanza dello statuto locale; poiché per questi rispetti niuna istituzione era prosciolta dalla sorveglianza governativa. L'osservanza di sif­fatte disposizioni ministeriali era stata commessa al Consiglio scolastico. « La notificazione dee essere accompagnata dallo statuto del loro istituto: e que­sto statuto deve essere esaminato dal Consiglio scolastico a fine di conosce­re se è ordinato siffattamente che la vigilanza dei padri sia effettiva e la loro comune responsabilità realmente efficace» . Il Consiglio scolastico adunque doveva soltanto osservare se lo statuto dai genitori compilato assicurava la vigilanza dell' istituto per parte dei medesimi e se per lo statuto era ben assi­curata dai genitori la responsabilità in faccia alla legge. Fece egli questo nel rispondere col suo voto alla notificazione trasmessagli dai padri di famiglia? Tutt'altro. Non tenne affatto conto del disposto nella circolare 1 2 gennajo che neppure è menzionata nel voto, e non solo non menzionata, anzi trascu­rata sino a venire a conclusioni diametralmente opposte a quelle contenute nella circolare ministeriale (allegato n.2). La circolare sanziona «Che è data licenza ai padri di famiglia associati insieme di fondare un istituto, nel quale i loro figliuoli siano istruiti " ed aggiunge « che questo istituto piglia agli oc­chi del legislatore il carattere di una nuova casa per tutti loro " . Il Consiglio scolastico invece sancì, che non poteva estendersi il valore della parola «più » sino a comprendere un numero di cento padri, perché allora si sareb­be uscito fuori del concetto di famiglia e la istruzione non si sarebbe più da­ta entro le domestiche pareti in casa di uno dei genitori. Dopo ciò, non per adempiere a quanto gli era stato ingiunto dalla circolare, bensì interpretan­do esso da sé quelle parole della legge «sotto la loro effettiva vigilanza e sot­to la loro responsabilità» , nega risolutamente che possono alcuni dei genito­ri associati esercitare sull'istituto a turno e per commissione avuta dagli altri una più particolare vigilanza, come ufficiali censori e consiglieri; perché, di­ce, la sorveglianza dei padri deve essere effettiva, e non può essere delegata ad altri quantunque appartenenti al ceto stesso degli associati. Se il Consi­glio scolastico si fosse attenuto a quanto prescrive la circolare, non avrebbe certamente dato una siffatta interpretazione a quelle parole della legge. In­fatti se riteniamo, come è di dovere, seguendo quanto sta scritto nella circo­lare, che possano i genitori associati fondare un vero e reale istituto, ciò che

Sezione IX- Nuove istituz. scolastiche, regij., paregg., pro g. di riforma 355

s i dice dal Consiglio scolastico non potrà in niun conto attendersi. Se si è da­ta facoltà ai padri di famiglia di fondare un istituto, purché lo sorveglino ef­fettivamente, e ritenendoli perciò responsabili avanti la legge, certo non si è voluto che i genitori tutti quanti stessero continuamente nelle sale d'istruzio­ne da mattina a sera per sorvegliarne l'andamento. Interpretare così la parola effettiva sarebbe ridicolo non solo, ma sarebbe di più rendere impossibile in atto, quella facoltà che la legge ci dichiara accordata con la più larga libertà all'autorità paterna. Dunque quella parola va intesa in senso morale, tanto più che sta come qualificativa dell'altra «vigilanza,, la quale deve esser necessa­riamente presa anch'essa nel senso morale e non nel materiale od etimologi­co. Vigilare là vuoi dire sorvegliare, attendere, dare opera che l'istituto si mantenga nelle sue leggi, nel suo vigore e diretto allo scopo di una buona educazione; e vigilanza effettiva vuoi dire, che tale sia in prattica, in effetto, questa cura, questo dare opera, questo attendere dei padri di famiglia, di per­sona propria, coi propri occhi, e non per interposizione di altri.

Ma ciò non toglie che tra gli stessi genitori associati si possa stabilire un turno pel quale alcuni di loro prendano a sé più particolarmente la cognizio­ne di alcune cose, altri di altre. È ciò anzi necessario per evitare il disordine, la confusione, l'arbitrio tra gli associati, per raggiungere in somma Io scopo pel quale insieme si riunirono. Il che non si ottiene se non si subordina me­diante uno statuto sociale l'idea d'individuo al concetto predominante di so­cietà. L;t legge permettendo ai padri di famiglia di associarsi, volle che sorve­gliassero il loro istituto come membri di quella associazione, e come tali li ri­tenne responsabili, non già come individui presi ciascheduno da sé. Tornia­mo dunque a ripetere, il Consiglio scolastico negò che potessero alcuni padri di famiglia sorvegliare più particolarmente, perché non tenne conto del con­cetto di associazione paterna nel modo già accettato dalla circolare ministe­riale, ed invece si fece un criterio tutto suo proprio; ma quanto falso, perché non rifletteva la benigna interpretazione di quell'articolo, altrettanto illegale, perché in perfetto disaccordo con le disposizioni del signor ministro.

Le altre ragioni che opponeva il Consiglio scolastico divengono di un in­teresse secondario, posta come si è la questione nel vero suo campo.

Ritenne il Consiglio scolastico che un'interpretazione ampia data all'art. 252, distruggeva l'effetto delle restrizioni introdotte per gli altri istituti pri­vati nel rimanente della legislazione scolastica. Ma già il signor ministro nel­la sua circolare aveva dissipato questa difficoltà. Diceva «<l principio intro­dotto in questo articolo (252) può parere tanto più grave, che una larga in­terpretazione è certamente atta a cancellare tutte le guarentigie dell'insegna­mento privato rispetto alle quali il legislatore si è mostrato negli art. 246 e 247 1 così stringente. Se non che, come qui non si tratta di rifar la legge, ma di eseguirla e di darle nella esecuzione quella coerenza e connessione di

1 Si tratta degli articoli della Casati che stabilivano le condizioni e le modalità in base alle qua­li un cittadino poteva aprire al pubblico un istituto d'istruzione secondaria con o senza convitto.

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356 Fonti per la storia della scuola

concetto che in nessuna legge si può supporre che manchi, è necessario di ricercare in che modo la larghezza dell'art. 252 si concordi con le restrizioni degli art. 246 e 247 » e dopo aver appresso sviluppato tutto il suo assunto conchiudeva: "Quando i prefetti vorranno molto accuratamente e rigorosa­mente procurare che gl'istituti fondati per effetto dell'art. 252 si conformi­no a queste condizioni, non verrà, speriamo, nessun danno od abuso dalle larghezze che vi si accordano ai padri di famiglia, ed il loro privilegio non fi­nirà col dissipare o scemar le garanzie dell'insegnamento privato etc. " ·

Finalmente s i tralascia d i dare una piena risposta all'altra difficoltà del Consiglio scolastico desunta dal trovarsi tra gli associati due o tre cui non compete la qualifica di genitori, e sono invece o mandatari di questi, o tuto­ri: perocché la legge non solo ai padri di famiglia, ma anche a coloro che ne fanno legalmente le veci, accorda la facoltà di unirsi in consorzio.

Hanno dunque i genitori il diritto di associarsi insieme per fondare un istituto a termini della circolare ministeriale 1 2 gennajo 1875 e conseguen­temente il diritto di reclamare contro il voto del Consiglio scolastico pro­vinciale 1 3 marzo 1875 , che negava ai medesimi questa facoltà, non tenen­do conto della circolare ministeriale suddetta, che invece ad essi l'accorda­va: ed erigendosi arbitro ed interprete dell'art. 252 della legge 1 3 novembre 1859, quando non doveva invece che osservare, se con l'atto di consorzio e con lo statuto i padri di famiglia avevano soddisfatto alle condizioni sotto le quali la circolare suddetta permetteva loro di fondare l' istituto.

Francesco Iacometti avv. estensore

Convengo pienamente nelle ragioni svolte dall'egregio collega e nelle conclusioni del suo voto.

avv. Guido Marucchi

Anche io mi associo con piena convinzione al parere dell'egregio col­lega.

avv. Augusto Cataldi

65

Domanda di pareggiamento 1 per il ginnasio Ognissanti di Codogno, inol­trata dal provveditore di Milano Antonio Salvoni al Provveditorato cen­trale per l'istruzione secondaria.

1 La parificazione nella legge Casati comportava il regime degli studi previsto per gli istituti regi e delle materie prescritte dai programmi. Si distingueva dal pareggiamento che includeva anche l'obbligo delle ispezioni dell'autorità centrale.

Sezione IX- Nuove istituz. scolastiche, regif., paregg., pro g. di t•iforma 357

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b . 82, fase. 1 37 « 1860-'80 - Milano (pro­vincia) B-Gal 1879. Codogno, pareggiamento del ginnasio » , ms. con firma autografa.

Milano, 26 gennaio 1879

Come codesto .r. ministero rileverà dagli inchiusi atti, l'amministrazione del convitto e ginnasio Ognissanti, dietro ai mutamenti in quest'anno fatti nel personale insegnante, ha rinnovata la domanda di parificazione per quel­le scuole ginnasiali; domanda, che non era stata anteriormente esaudita per l'unica ragione, come risulterebbe dalle note ministeriali 7 agosto 1877 n. 1 1291 e 8 novembre 1877 n. 15753 , della insufficienza del titolo di abilita­zione del prof. Giovanni B[attista] Faggi.

Ora il Faggi fu congedato, e sul principio di quest'anno a lui, nonché ai titolari prof.ri Dugnani D . Tito e Melchiori Antonio, in questo frattempo trasferiti ad altri posti, furono con regolare nomina sostituiti i professori Corsi sac. Massimo per le classi superiori Uberti D 'Uberto per la classe 3a, e Zappi Vincenzo per la la; tutti tre, come gli inchiusi atti comprovano, mu­niti del titolo d'abilitazione corrispondente al grado della classe. Per tal mo­do il prescritto personale insegnante fu per quell'istituto regolarmente com­pletato, essendovisi conservati i già approvati nel primitivo pareggiamento, Sozzi Giuseppe per l'altra delle classi superiori, Grana G. Battista per la clas­se 2a, e l'ingegnere Baiocchi Luigi per l'aritmetica. In riguardo però a questa introduzione di personale nuovo, di fronte alla rinnovata istanza di quel­l'amministrazione pel pareggiamento, reputai conveniente il rinnovare ben anco a quell'istituto la mia ispezione, che vi feci appunto nei giorni 2 1 e 22 and[anti] .

E per questa ho potuto verificare, non solo rimanere inalterate tutte le buone condizioni generali, da me già esposte dietro la mia prima ispezione col rapporto 5 luglio 1877 n. 829, di cui anzi a comodità di cotesto Ministe­ro qui unisco un'integrale copia; ma essersi queste in qualche parte avvan­taggiate, sì da riscontrare indizi, fra i quali quello abbastanza significante del notevole aumento degli alunni nell'annesso convitto, che l'istituto va sem­pre più cattivandosi la pubblica fiducia.

Quanto al merito dell'opera degli insegnanti, basterà a riguardo dei tre vecchi insegnanti Sozzi, Grana e Baiocchi, che attesti continuare essi nel buon indirizzo, già da me segnalato nel sopracitato rapporto. A riguardo dei tre nuovi, di cui peculiarmente mi occupai, non dissimulo aver dovuto am­mirare nel Corsi il coscienzioso fervore con cui esso, già entrante nella vec­chiaja, dà pegno d'essersi volto agli studi de' moderni sistemi nella filologia latina e greca; per cui confido che nel prossimo esame di licenza abbiano i suoi alunni a far buona prova.

L'Uberti, allievo della facoltà letteraria dell'Università di Pavia, è giova­ne coltissimo, conoscitore profondo de' metodi migliori: sa cavare profitto,

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358 Fonti per la storia della scuola

e tener disciplina. Si farà presto ottimo insegnante. Qui però ho rimarcato un che di freddo e di sfervorato ne' suoi modi, che me lo fa sospettare mal­contento d'una posizione, forse troppo modesta per le attitudini e spirazio­ni sue. Lo Zappi nella prima classe fa assai bene la parte sua. Non avrà forse né eletta né vasta coltura; ma svolge, forse per la lunga illuminata esperien­za, con tanto buon metodo, con tanta precisione e chiarezza gl' insegnamen­ti grammaticali, che non può non cavare dalla sua scuola il più soddisfacen­te profitto.

Ora tale regolarità e bontà di condizioni generali e particolari io distesa­mente esposi nella seduta del 23 andante davanti a questo Consiglio provin­ciale scolastico, il quale, dietro anche una minuta e attenta ispezione di tutti gli atti e documenti che corredano l'istanza, si è trovato unanime nel rico­noscere meritevole di favore la domanda, e nel far voto a cotesto r. ministe­ro, che voglia restituire a quell' istituto, il sospirato pareggiamento, e far pa­go finalmente il lungo desiderio di quella benemerita amministrazione.

66

Il r. provveditore Antonio Salvoni

Volantino a stampa sulla richiesta di apertura di un terzo liceo statale in Torino.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 209, fase. 45 « 57. 1 883 - Torino -Apertura di un nuovo liceo e ginnasio » 1 , Della convenienza di istituire un terzo li­

ceo pubblico in Torino, a stampa.

Torino, 16 aprile 1881

Nella seduta del 3 dicembre dello scorso 1880 i l consigliere comunale Fornaris proponeva che il nostro municipio instasse presso il governo a fine di ottenere che si aprisse un terzo liceo in Torino. La proposta svolta ampia­mente dall'autore e dal bravo consigliere Baricco apparve tanto utile e con­sentanea alla necessità dell'istruzione pubblica nella città nostra, che veniva

1 Poi liceo « Massimo d'Azeglio » e ginnasio « Cesare Balbo » .

Sezione IX- Nuove istituz. scolastiche, regi[., paregg., pro g. di riforma 359

approvata dal Consiglio all'unanimità e tosto si dava incarico alla Giunta di preparare l'opportuna relazione e fare le pratiche all'uopo presso il ministe­ro . Non molto dopo il senatore dottor Pacchiotti 1 interrogava in senato su tale argomento l'an. De Sanctis 2, allora ministro dell'istruzione pubblica, e ne otteneva in risposta una di quelle tali assicurazioni vaghe che di solito riescono a nulla, cioè che il governo avrebbe studiata la questione. Su tale argomento annunziava pure poco dopo un'interpellanza alla Camera dei de­putati l'an. Chiaves 3; frattanto passarono quattro mesi, e vedendo come nulla fosse ancora deciso, anzi paresse che l'utilissima proposta fosse dimen­ticata, il consigliere Fornaris in una delle ultime sedute del nostro Consiglio richiese intorno a tal fatto la Giunta, e il sindaco e l'assessore Bianchi rispo­sero che la relazione era stata spedita al Ministero della istruzione pubblica, ma non dissero quando, e forse non è peccare di soverchia diffidenza il cre­dere che la Giunta non abbia spedita la relazione che in questi ultimi giorni. Eppure il voto unanime del Consiglio aveva dimostrato coll'opportunità an­che l'urgenza della proposta, e se si perderanno altri pochi mesi, soprag­giungerà l'apertura del nuovo anno scolastico senza che nulla sia stato fatto, tanto più che private informazioni ci assicurano che il ministro dimissiona­rio Baccelli 4 era poco favorevole ad una tale proposta, ed alieno intiera­mente dal parla in atto con decreto reale, siccome pure ne avrebbe avuto di­ritto .

Noi non vogliamo dar torto all'an. Baccelli se egli credeva che miglior cosa che l'istituzione di un nuovo liceo dovesse essere fatta per legge votata dai due rami del Parlamento. Ciò che ci spaventa si è che le leggi d'interesse locale, se non sono caldamente patrocinate da qualche influente deputato, dormono non di rado anni ed anni prima di esser poste in discussione ed ap­provate, e finora (lo diciamo con rammarico) non uno dei quattro rappre­sentanti della nostra città, o dei molti deputati che abitano in Torino, tolto­ne l'o n. Chiaves, mostrò di ricordare che una tale proposta era stata fatta al nostro Consiglio comunale e se n'era di già parlato in Senato. Né tale propo­sta partì dal desiderio di accrescere lustro alla nostra città, ma è, come ab­biamo già detto, di necessità stretta ed urgente; il rifiutarla, oltre ad essere, diciamolo schiettamente, un atto d'ingiustizia verso Torino, sarebbe pure un voler porre ostacoli al largo e poderoso sviluppo che ogni anno più va pren­dendo fra di noi la pubblica istruzione.

Già sin dal 1862 fu conosciuta la necessità di aumentare le scuole secon-

1 Sen. Giacinto Pacchiotti, già consigliere e assessore comunale a Torino. 2 Francesco De Sanctis , ministro della pubblica istruzione fino al 2 gennaio 1881 nel gabi­

netto Cairoli, 25 nov. 1879-29 mag. 1 88 1 . 3 Desiderato Chiaves, al momento deputato per Torino I e avversario della politica di De­

pretis. Era stato ministro dell'interno nel gabinetto La Marmora. 4 Guido Baccelli, ministro della pubblica istruzione dal 2 gennaio 1881 nel gabinetto Cairo­

li e poi in quelli Depretis fino al 30 marzo 1884.

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360 Fonti per la storia della scuola

darie di Torino, e ai due ginnasi prima esistenti si aggiunse il ginnasio Mon­viso che da dieci anni a questa parte sotto la vigorosa ed intelligente dire­zion� del cav. Antonino Parato, vide quadruplicato il numero degli alunni, tanto che nel corrente anno scolastico vi sono inscritti più di duecento alun­ni. Floridissimi sono del pari gli altri due ginnasii, il Cavour ed il Gioberti, e i giovanetti che frequentano nella nostra città gli studi ginnasiali superano i settecento, senza tener conto di quelli, e non son pochi, che compiono i lo­ro studi in istituti privati.

Come possono ad un numero così ingente bastare due soli licei? Si può rispondere, è vero, che non tutti gli allievi del ginnasio passano al

liceo. Alcuni rimangono per via ad ogni anno, altri s 'accontentano dell'esa­me di licenza ginnasiale, altri abbandonano la nostra città; ma questo nume­ro, che non è grande, è compensato da coloro che vengono a Torino dai ginnasii della provincia; d'altra parte ammettendo che un terzo degli allievi ginnasiali non giunga al liceo, ne rimangono tuttavia tanti da essere sover­chii a due licei, perché devesi pure tener conto del fatto che il corso ginna­siale è diviso in cinque anni e il liceale in tre soli.

Del resto, meglio e più di qualunque parola ciò provano i fatti. Al liceo Cavour si trovano nel corrente anno scolastico circa duecento alunni, dei quali ben settantadue nella prima classe, e al liceo Gioberti la prima classe conta novanta giovani, cosicché la si dovette dividere in due sezioni, come già si praticò più volte negli anni passati; e se la stessa cosa non fu fatta al li­ceo Cavour, ne fu causa la ristrettezza dell'edificio e la mancanza di una sa­la. In nessuna classe poi, da più anni si trovano meno di cinquanta giovani.

Chiunque sappia appena appena che voglia dire istruzione, comprende quanto essa debba riuscire monca ed imperfetta in una scolaresca tanto af­follata. Non tenendo conto dello spreco di fatica da parte dei professori, ché di essi il governo non è solito mostrarsi troppo tenero, basterà notare l'impossibilità in cui travasi l'insegnante d'invigilare sui giovani e di tener loro dietro come sarebbe necessario ai loro progressi. Per le molte materie che si devono insegnare nel liceo sono appena assegnate quattro o cinque ore ad ognuna di esse, quindi il professore deve restringersi a far poco più che additare ai giovani il modo di studiare, e non gli rimane che brevissimo tempo per interrogare, correggere i lavori e ripassare la materia studiata. Ta­le inconveniente, se è grave nell'insegnamento delle scienze, è più grave an­cora in quello delle lingue e della storia. Per quanto il professore metta di zelo ed impieghi per le correzioni dei temi molte ore oltre a quelle di scuo­la, è impossibile che egli giunga a correggere tutte le pagine dei giovani, a darne ad essi un giudizio che serva di norma sicura e ad interrogare ciascun giovane poco più di quattro o cinque volte in tutto l'anno scolastico.

Gli alunni essendo in tal modo sottratti all' occhio del professore, abban­donati quasi al proprio criterio, raro è che non ne abusino, e non è questa ultima fra le cause per cui poco soddisfacenti riescono i risultati degli esami,

Sezione IX- Nuove istituz. scolastiche, regif., paregg., prog. di riforma 361

e quello di licenza si è mutato poco meno che in uno spauracchio. L'incre­mento d'anno in anno dell'istruzione renderà queste circostanze sempre più difficili, e quindi non conviene aspettare oltre per far quello che propose il consigliere Fornaris , cioè di collocare sopra il ginnasio Monviso, tronco ve­geto e forte di istituto classico, la testa del nuovo liceo. Ma all'infuori di queste ragioni, altre di giustizia e di equità dovrebbero spingere il governo ad accogliere la domanda del nostro municipio.

Noi non vogliamo punto nascondere che l'istituzione di un terzo liceo accrescerebbe lustro e decoro alla nostra città, ma non è questa la ragione che ci spinge a ritornare sull'argomento e a insistere perché più non cada la proposta del professore Fornaris, accolta con voto unanime dal Consiglio comunale. Il nostro primo e vero movente si è la certezza che una tale deli­berazione, fatta già oggidì necessaria per le felice circostanze della istruzio­ne pubblica fra di noi, per ciò che riguarda il numero degli alunni sarà fra breve indispensabile.

Prevediamo però che quando la proposta verrà presentata al Parlamento per essere convertita in legge, taluno forse vi si opporrà dicendo che ciò co­stituirebbe un privilegio per la nostra città, privilegio al quale sembrerebbe che essa non avesse diritto pel numero dei suoi abitanti, e che ottenuta una tal cosa da Torino, tosto sorgerebbero altre città a dimandarla e a preten­derla.

Finora tra le città italiane una sola vanta tre licei regii, ed è Napoli. Certo è grande la differenza fra la popolazione della città nostra, e quella di Napo­li, ma un tal criterio è erroneo, giacché si deve badare non agli abitanti ma al numero degli scolari, e questo è senza dubbio maggiore fra noi. Abbiamo infatti veduto nel precedente articolo come i nostri due licei contino quat­trocento giovani; orbene il numero degli studenti liceali a Napoli nell'anno scolastico 1879-'80 superava di poco questa cifra: il liceo Umberto aveva centoquarantotto alunni, centoventi frequentavano il liceo Vittorio Ema­nuele e centocinquanta il liceo Genovesi, in tutto quattrocento diciotto, e ciò con una popolazione doppia di quella della nostra città . Ma vi ha di più: se l'incremento futuro dei licei si deve arguire, com'è naturale, dallo stato presente dei ginnasi, Napoli la cede di molto a Torino, perché i suoi due ginnasi nello stesso anno scolastico avevano appena trecentosettantacinque alunni, poco più della metà del numero che contano i tre ginnasi pubblici di Torino.

Altre città chiederanno in seguito ciò che ora chiede Torino: e che per­ciò? Vi può essere domanda più ragionevole dell'invocare che venga data ai giovani facoltà di studiare con profitto? È dignitoso, è ragionevole, è onesto che il governo lesini intorno alle spese per l'istruzione? che inceppi lo stu­dio di centinaia di giovanetti per risparmiare poche migliaia di lire all'anno? Che invece di aiutare con ogni sforzo l'Italia a sollevarsi dall'ignoranza che le è di tanto scorno, contribuisca per incuria e per grettezza a mantenerla in

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362 Fonti per la storia della scuola

essa? E ciò sia detto non soltanto a proposito della questione che trattiamo, ma per l'intiero sistema che regge la nostra pubblica istruzione e che le arre­ca tanto danno.

Ammettiamo pure che taluno possa, con qualche apparenza di verità, ri­guardarsi come una specie di privilegio a Torino la concessione di un terzo liceo, sarebbe forse questo un grave torto? Avrebbero diritto le altre città di lagnarsene? Presentemente ancora si oppose forse la nostra città a che fosse­ro assegnati non pochi milioni per sovvenzione governativa alle città di Ro­ma e di Napoli? Torino travasi per fortuna e per merito dei suoi amministra­tori nella felice condizione di bastare intieramente a se stessa e di potersi permettere qualche spesa di puro lusso, senza che ne venga pericolo al bi­lancio od aggravio ai cittadini. Ma perché non ci troviamo costretti a ricor­rere ad altri per aiuto, non per questo sarebbe giusto il volere che rinuncias­simo anche a ciò che ci spetta di diritto o il rifiutare ad avere per noi una ventesima parte di riguardi che si hanno per le altre città.

Queste considerazioni ci paiono talmente naturali che persuaderei che a nessuno potrà venire in mente di rispondere: « Se Torino desidera un terzo liceo lo paghi del suo ».

Qui non è il caso neppure di toccare la difficile questione se sia un bene od un male che esista un Ministero dell'istruzione pubblica, soggetto esso pure alle gare e mene di parte, alle crisi ed alle instabilità. Finché dura l'at­tuale sistema incombe al governo di provvedere, ed egli non deve, non può invocare pretesti per sottrarvisi.

Per l'istruzione la città di Torino fa da molti anni assai più di quanto do­vrebbe. Il ginnasio Monviso non è regio, se non perché il governo ne nomi­na i professori; dal 1862 in poi esso è mantenuto dal Municipio, il quale per­cepisce solo le tasse pagate dagli alunni, il che non giunge a compensare un quarto delle spese occorrenti al ginnasio. Il Consorzio universitario, fioren­tissima istituzione, è mantenuto per metà dal Municipio, che, non è molto, ha votato di venire in soccorso allo Stato con parecchie centinaia di migliaia di lire, per edifizi universitari, sovvenzioni ecc . , e se si dovesse tirare la somma di quanto il nostro Municipio spende annualmente nel dare o sussi­diare l'istruzione superiore e la secondaria, alla quale pure il governo avreb­be obbligo di provvedere in ogni parte, vedremmo come tale somma superi le duecento mila lire.

Né Torino si lagna di ciò; unitamente all'avvenire industriale e commer­ciale essa intende provvedere al proprio avvçnire scientifico e artistico; le sta a cuore che la coltura intellettuale proceda e s 'ingrandisca col procedere e coll'ingrandirsi del benessere materiale; volendo che l'università sia forni­ta ampiamente di quanto le può tornare utile, quantunque non necessario, è naturale che essa vi contribuisca col proprio danaro. Ma ogni cosa deve ave­re un limite, e appunto perché la nostra città già spende una somma sì in­gente, il governo non dovrebbe rifiutare una domanda giustissima che non porta con sé grave spesa.

Sezione IX - Nuove istituz. scolastiche, regif, paregg., pro g. di riforma 363

Non ci diffondiamo in altre parole, e non ci saremmo nemmeno tanto distesi se non sapessimo come pur troppo si usino spesso due pesi e due mi­sure, e come il ministero mentre largheggia con una mano tenda a far lo spi­lorcio dall'altra. Pure non vogliamo dubitare che l' istituzione del terzo liceo pubblico fra noi non venga accettata e messa in atto da cui spetta, solo rac­comandiamo vivamente che non si ritardi più oltre a provvedere alle gravi esigenze degli studi classici secondari della nostra città.

67

Relazione di Giovanni Cantoni, membro del Consiglio superiore per l'i­struzione pubblica, sulla richiesta di pareggiamento del liceo Alimonda in Loano.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 204, fase. 20 « 1883-Genova. Disposi­zioni generali . Loano . Pareggiamento del liceo » , ms.

Roma, novembre 1882

Su questo argomento ebbi già l'onore di intrattenere gli onorevoli colle­ghi nel settembre p.p . ; ed allora si convenne non verificarsi nel caso le con­dizioni volute pel pareggiamento . Il sindaco di Loano ed il preside del liceo Alimonda già in Albenga reclamarono con insistenza contro quella nostra deliberazione. Perciò stimo opportuno di esporre con molti più particolari il vero stato della quistione.

Le difficoltà allora accennate nella mia relazione si riassumevano così: l o Che il provveditore per gli studi presentava una relazione incomple­

ta, e stesa in base a visite da lui fatte al liceo Alimonda in Albenga e non an­cora trasferito in Loano.

2 o Che dalla convenzione stipulata fra monsignor Allegro ed il Comune di Loano, appariva che il liceo, di cui si invoca il pareggiamento, era da con­siderarsi piuttosto ancora alla immediata dipendenza del vescovo, che non a quella del Comune di Loano.

Ora l'accennata rimostranza ed una nuova relazione del provveditore, secondo me, non mutano punto lo stato della quistione, anzi mettono me­glio in evidenza essere fondate quelle difficoltà, che nella mia prima propo­sta si accennavano.

A mio giudizio l'unico documento veramente importante sul quale pos­siamo basare le nostre deduzioni per l'argomento discusso sta nella conven-

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364 Fonti per la storia della scuola

zione, stipulata in data 1 3 marzo anno corrente, tra il Municipio di Loano e monsignor Filippo Allegro, vescovo di Albenga.

In questa è esplicitamente dichiarato: l o Che «monsignor vescovo desiderava traslocare in sede più acconcia il

liceo-convitto Alimonda, attualmente aperto a sue cure e spese nella vicina Albenga».

2 o Che «Il Consiglio comunale di Loano, informato di ciò, deliberava (a dì 6 febbraio p.p.) di offrirgli (al vescovo) l'uso dell'ex convento di S . Ago­stino, per allogarvi il liceo e convitto succitati, e di concorrere inoltre nella spesa occorrente al mantenimento di tale istituto per l'annua somma di L. l l , quando, insieme al liceo e convitto, che monsignor vescovo assumesse di mantenere aperte in detto luogo le attuali scuole elementari e tecniche istituite dal Comune».

Pertanto, a tutto il 1 3 marzo p.p . , il liceo in discorso era ancora mante­nuto a cure e spese del vescovo in Albenga; né poteva, così d'un tratto, asse­re trasferito allogato in Loano. E se poi questo comune intendeva concorre­re nelle spese pel liceo da aprirsi in Loano, lo faceva aggravando il vescovo dell'obbligo di mantenere nel comune stesso scuole comunali elementari e tecniche.

Ma, proseguiamo nell'analisi della citata convenzione. Dopo le cose or dette, a modo di premessa, vengono formulati i patti stipulati fra le due par­ti cioè, tra il Comune di Loano ed il vescovo di Albenga.

L'art. l o è così concepito. «Per cura dell'amministrazione comunale di Loano e di monsignor Filippo Allegro si aprirà in Loano, nell'anno 1882-'83, un corso completo di scuole elementari, tecniche e liceali (e non dico ginna­siali) sotto il titolo di Collegio municipale Rocca, con annesso liceo Alimon­da convitto ves covile in Loano » .

L'art. 2 ° dice: «Monsignor vescovo si obbliga ad: a) aprire nel locale già inserviente a convento degli Agostiniani in Loano un convitto per gli alunni dei detti tre corsi; b) provvedere al regolare andamento delle attuali scuole elementari (alle quali dovrebbe invece provvedere il Comune) e tecniche maschili, esistenti nel Comune di Loano e al corso liceale completo, median­te il trasporto del liceo Alimonda, attualmente aperto nel Comune di Alben­ga, coll'obbligo espresso di metterlo in tutto e sotto tutti i riguardi nelle condizioni legali di pareggiamento ai licei governativi; c) provvedere a tutte sue spese all'acquisto del materiale scientifico � ginnastico occorrente giusta i programmi e regolamenti governativi, o al pagamento degli stipendi dovuti al personale insegnante e dirigente " .

Nell'art. 3 ° s 'indicano gli obblighi del Municipio di fornire i l locale del già convento e di concorrere coll'annua somma di L. l l per le spese della scuola e per gli stipendi degli insegnanti, siccome ho accennato più sopra.

Ma la maggior considerazione vostra, o colleghi, meritami gli articoli 4 o e 5 o . Nel 4 o è detto « Il personale insegnante e dirigente delle scuole ele-

Sezione IX- Nuove istituz. scolastiche, regif., paregg., pmg. di riforma 365

mentari sarà eletto dal Consiglio comunale, e quello per le scuole tecniche e liceali sarà nominato dal vescovo » . Questo diritto di nomina degli insegnan­ti del liceo tende evidentemente a conservare al liceo di Loano il carattere e lo spirito di liceo vescovile, che ebbe sempre il liceo Alimonda in Albenga. Ed in vero tuttora nell'elenco del personale insegnante del liceo figurano quattro sacerdoti, cioè il preside, ed i professori di filosofia, di storia e geo­grafia e di fisica e storia naturale .

L'art. 5 ° dice ancor più: «<l vescovo si obbliga di far tutte le opportune pratiche presso la competente autorità, all'effetto di ottenere il pareggia­mento alle governative delle scuole liceali, provvedendo in modo che con­corrano tutte e singole le condizioni che a tal uopo sono richieste dalle leggi e regolamenti vigenti» . Il qual'obbligo assuntosi dal vescovo cospira più chiaramente a mantenere il carattere di liceo vescovile al liceo Alimonda trasferito in Loano.

All'art. 9 ° è pur detto che « saranno a carico esclusivo del vescovo le modificazioni e gli adattamenti da introdursi nel locale» in Loano.

Ma più ancora nella istanza sporta dal Municipio di Loano il 1 3 maggio p.p. al Consiglio scolastico provinciale ed a S .E. il ministro della pubblica istruzione, dopo aver ricordato l'obbligo imposto a monsignor vescovo di Albenga dalla anzidetta convenzione, quella giunta conclude coll'invocare dalle or accennate autorità» che vogliano degnarsi di accogliere favorevol­mente la domanda di monsignor vescovo di Albenga, nell'interesse dell'i­struzione e per vantaggio di quel Municipio» .

E d anche la nota del prefetto d i Genova, che accompagna la detta istan­za, in data 14 luglio p.p . , incomincia con queste parole: «Monsignor Filippo Allegro, vescovo di Albenga, a seguito di convenzione stipulata col Munici­pio di Loano, chiede che sia pareggiato ai governativi il liceo Alimonda, at­tualmente aperto in Albenga, e da trasferirsi nel prossimo venturo anno in detta città di Loano » . Le quali parole, avvalorano sempre meglio la piena in­sistenza delle due difficoltà da me rilevate sin dallo scorso settembre; cioè il carattere tuttora vescovile del liceo in discorso, ed il non ancora a quel tem­po effettuato trasloco dell'istituto in Loano.

A queste maggiori difficoltà se ne aggiungevano altre minori, ma pur at­tendibili:

a) gli stipendi degli insegnanti non avevano ancora subito sjccome il provveditore nella sua relazione del 2 giugno 1882, l'aumento del decimo voluto dalla legge 30 giugno 1872.

b) Il preside canonico Leone Grossi manca del titolo (prescritto dalla cir­colare 20 gennaio 1877) che lo autorizzi ad un insegnamento liceale, né ha titoli accademici universitari.

c) L'insegnante di storia e geografia sig. Chiara Giuseppe, non aveva an­cora superate tutte le prove per ottenere la laurea dottorale in lettere in To­rino.

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366 Fonti per la storia della scuola

d) L' insegnante di fisica-chimica sacerdote Francesco Bonzani, che inse­gna anche storia naturale, non ha finora prodotto alcun titolo regolare di abilitazione per codesti insegnamenti, e per l ' insieme di questi insegnamenti tiene soltanto il titolo di reggente e lo stipendio di L. 1 .628.

e) La suppellettile scientifica di storia naturale, quale è indicata nell'elen­co predetto, è affatto insufficiente per un liceo, e quella di fisica e chimica non può dirsi ancora soddisfacente per un efficace insegnamento liceale .

Oltre a ciò, secondo l 'art. 241 della legge 1 3 novembre 1859, anche un municipio non può chiedere di aprire un liceo, dove già non sia un ginnasio. E sta ancora la nomina degli insegnanti e la sorveglianza su l 'andamento del liceo devono spettare al municipio, non meno che per le scuole elementari.

Riassumendo ora, parmi che tuttora, nello stato presente della istanza, questa non possa essere accolta, e dovrebbe essere rinviata, insieme coi do­cumenti annessi, al Municipio.

Sol quando venisse una nuova istanza a nome del Comune, e confortata da una nuova particolareggiata relazione del provveditore su le condizioni attuali dei locali, degli insegnanti e degli alunni, e da tutti i documenti e ti­toli voluti dalla legge, si potrà riesaminare questo argomento.

Il relatore firmato Giovanni Cantoni 1

Per copia conforme Il segretario del Consiglio superiore di pubblica istruzione

Tiratelli 2

68

Richiesta della Giunta municipale di Visso al ministro per l'istituzione di un ginnasio.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 342 , fase. 29 « 189 1 . Macerata p.g. -Visso apertura di un ginnasio » , ms. con firme autografe.

Visso, I4 luglio 1889

Fin dal principio del secolo XVII fu stabilito in questa città un convitto

1 Giovanni Cantoni, membro del Consiglio superiore, senatore del Regno. 2 Antonio Tiratelli.

Sezione IX - Nuove istituz. scolastiche, regij., paregg., pro g. di riforma 367

comunale (allora seminario) mantenuto dal Comune colle rendite del pro­prio bilancio, e con altre rendite speciali provenienti dai beni detti di Mace­reto di spettanza del Comune stesso. Tale convitto era fornito di scuole pri­marie e secondarie, di maniera che i giovani che le frequentavano passavano poscia direttamente agli studi superiori universitari. Siffatta istituzione dette sempre ottimi risultati, e fece sì che non mancassero mai nel nostro Comune persone colte e civili.

Giunti all'autunno del 1860 quando cioè l 'Umbria e le Marche passarono a far parte del Regno d'Italia questa commissione municipale, sia perché il suddetto convitto era retto da preti, sia perché si vestiva dai convittori l 'abi­to ecclesiastico, sia perché l 'ordinamento di quelle scuole non rispondeva a quello stabilito dalle nuove leggi, decretò la chiusura del convitto stesso, e stabilì nuove scuole elementari e ginnasiali a carico del Comune. Furono pel ginnasio stabiliti tre professori de' quali uno insegnava la la e la 2a classe, altro la 3a classe, e l'ultimo la 4a e Sa classe. Apprezzabile fu sempre il pro­fitto che si ricavò da tali scuole secondarie classiche poiché non pochi allie­vi delle medesime, presentatisi in ginnasi regi o pareggiati per gli esami, ot­tennero la licenza e potettero senz'altro essere ammessi a proseguire i loro studi nel liceo di Camerino o di altri luoghi.

Da qualche anno però l 'insegnamento ginnasiale fu qui in parte trascura­to, e già se ne risentono i cattivi effetti, essendosi resa l 'istruzione classica, che poi guida allo studio delle scienze una privativa dei pochi che hanno mezzi per mantenersi alle scuole fin da fanciulli fuori delle loro famiglie.

Preoccupatosi questo pubblico consiglio dei funesti effetti di tale stato di cose, che è un ostacolo pei comunisti a potersi sollevare nello scibile oltre alla istruzione elementare, con deliberazione del 5 marzo 1887 stabiliva :

«Di regolare per ora nei modi di legge le prime tre classi delle scuole gin­nasiali, salvo di completare tali scuole con le altre due classi superiori quan­do lo permettessero le risorse del bilancio , .

Per eseguire una tal provvida deliberazione la Giunta municipale non cessò mai di impiegare tutte le sue premure ma inutilmente . Ed infatti si pensò di limitare pel momento il personale insegnante a due soli professori, il primo cioè per l 'insegnamento della la e 2a classe, e l 'altro per l' insegna­mento della 3a classe. Fino ad ora però non potette aversi il professore di la e 2a classe, e così si è rimasti con un sol professore, il sig. cav. Gi�seppe Al­tarocca, destinato ad insegnare nella 3a classe, ma che attualmente insegna nella l a e 2a.

Così stando le cose si fa appello alla Eccellenza Vostra perché voglia aiu­tare questo Municipio a poter regolare e conservare le sue scuole ginnasiali per le quali è disposto a sostenere ogni possibile aggravio, volendo mante­nere una utilissima ed antichissima istituzione a cui favore gli avi degli avi nostri spesero non solo le loro cure, ma pur anco le loro sostanze pel bene e pel decoro del loro paese. Per secondare le aspirazioni di questo Municipio,

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368 Fonti per la storia della scuola

come già si fece per altri comuni basterebbe la instituzione in Visso di un ginnasio inferiore governativo, previa regolare convenzione col Comune stesso in ordine alla spesa.

La sottoscritta Giunta municipale per tanto si rivolge fidente alla Eccel­lenza Vostra implorando la concessione dell' invocata instituzione.

Visso il 14 luglio 1889

69

La giunta municipale Luigi Montebovi sindaco

Angelo Melchiorri Ettore Brandi Ondini

Domanda del sindaco di Città di Castello al ministro della pubblica istru­zione affinché dichiari regie le scuole secondarie comunali.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 3 5 7 , fase. 43 « 59 . 1 892 - Perugia. Città di Castello . Conversione del ginnasio » , ms. con firma autografa.

Città di Castello, 20 settembre 1893

Fin dal 1860 questo Municipio fondò un ginnasio ed una scuola tecnica, istituti che nel 1880 furono pareggiati ai regi, e che ancora si conservano tali.

Le condizioni in cui versano le scuole secondarie comunali per quanto ha attinenza col personale docente obbligano anche questo Municipio a chiedere al Ministero della pubblica istruzione che dichiari regie le scuole suddette.

Il Municipio stesso trovasi nell'assoluta necessità di conservare le scuole secondarie, dacché il paese è dotato di oltre dieci borse di studio, di cui può fruirsi a dotare dagli istituti secondari superiori.

Perciò la soppressione del ginnasio e della scuola tecnica precluderebbe la via degli studi ai meno favoriti dalla fortuna, e renderebbe infruttuose le benemerite disposizioni dei testatori.

A tutto questo è da aggiungere, che Città di Castello, comune di ventiset­temila abitanti, parte raggruppati e parte riuniti in villaggi e castelli, trovasi nel centro della prima valle del Tevere, e che le stanno attorno i mandamen­ti di Umbertide, San Sepolcro e Pieve Santo Stefano, per una popolazione

Sezione "IX- Nuove istituz. scolastiche, regif., pamgg., prog. di riforma 369

complessiva di oltre sessantamila abitanti. Per tutti i comuni dei mandamen­ti suddetti gli istituti regi attualmente più vicini sono quelli di Arezzo e di Perugia, che in distanza media si possono calcolare a trentacinque chilome­tri dai vari centri, ma per Città di Castello a quaranta e cinquantaquattro chilometri.

Il Consiglio comunale, ponderata la necessità assoluta di mantenere le scuole, le difficoltà della situazione topografica e quelle derivanti dalla con­dizione speciale accennata in principio, deliberava in seduta del 7 corrente di chiedere che vengano dichiarate regie le scuole secondarie.

In conformità a tale deliberazione, la Giunta, munita delle opportune fa­coltà anche per trattare in ordine al contributo del comune, sottopone al­l'E.V. la domanda che sopra, e spera Ella voglia tener conto precipuamente del desiderio del consiglio, e cioè che le scuole rispondano perfettamente allo scopo pel quale furono istituite.

Col più sincero ossequio presento all'E.V. i sensi della mia speciale rico­noscenza.

70

Il sindaco A[ ntonio] Gnorri

Relazione del Consiglio superiore di pubblica istruzione sulla proposta dell'istituzione della scuola secondaria unica.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. 2, fase. « 1C. 1 897-Unificazione delle scuole secondarie » , ms . Il documento integrale in Il Consiglio su­periore della pubblica istruzione . . . cit . , a cura di G. CIAMPI e C. SANTANGELI, pp. 1 68- 1 7 3 .

Roma, 19 febbraio 1898

La scuola unica e la possibile riforma delle scuole secondarie classiche. Relazione della commissione incaricata di riassumere il parere del Consiglio composta dai cons. Cannizzaro 1, Gioda 2, Cammarata 3, Miraglia 4, Vitel-

1 Stanislao Cannizzaro, membro del Consiglio superiore e docente di chimica presso la Fa-coltà di scienze fisiche, matematiche e naturali dell'Università di Roma.

2 Carlo Giada, membro della giunta del Consiglio superiore. 3 Gaetano Cammarata, membro della giunta del Consiglio superiore. 4 Luigi Miraglia, membro della giunta del Consiglio superiore. Ex rettore dell'Università di

Napoli.

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370 Fonti per la storia della scuola

li 1 , Bardelli 2 e D'Ovidio 3.

Relazione prima.

La proposta d'unificare il ginnasio inferiore e la scuola tecnica, in un so­lo istituto secondario di primo grado, non è recente. Già nella relazione quinquennale 4, che fu la prima ed è rimasta l'unica, presentata dal Consiglio superiore al ministro nel 1865 su tutti i gradi dell' istruzione pubblica, il con­sigliere ch'ebbe a riferir sull' istruzione secondaria metteva innanzi con gran fede quella proposta. Manifestamente però i colleghi suoi vi avevano dato un assenso non unanime né fervoroso, e ad ogni modo il disegno restò pri­vo d' effetto, o forse ebbe questo effetto solo di far di quando in quando ti­pullulare in altri il desiderio e il proposito di tentare una riforma di tal natu­ra. Allora, come oggi, essa pareva confortata, oltreché da altre ragioni, dalla speranza pure della diminuzione delle spese che ne sarebbe conseguita. Se non che, dall'un lato, come bene avverte S .E. il ministro nella lettera testé inviata al Consiglio, è cosa per sé sospetta ogni tentativo di riforma didatti­ca che abbia per fine il risparmio; e dall'altro, se un risparmio poteva sperar­si nel 1865 quando le scuole erano poco frequentate e scarseggiavano di maestri, sarebbe più che mai inattuabile e illusorio oggi che le scuole così tecniche come ginnasiali, ad eccezione di poche rigurgitano tante d'alunni che in molte di esse conviene aprir di continuo sezioni aggiunte ed una fa­lange d' insegnanti numerosissima non potrebbe essere bruscamente dirada­ta. Si unificherebbe il tipo delle scuole, ma il numero non ne scemerebbe e il bilancio dello Stato e degli enti locali non ne avrebbe alcun vero beneficio .

Ma prescindendo dalle considerazioni finanziarie, delle quali qui non è propriamente il luogo, un grave e certo danno recherebbe subito e irrepara­bilmente alla coltura nazionale la miscela, ancora d'altri tre anni protratta, di discepoli ben differenti tra loro per le attitudini e per il fine ultimo a cui mirano. In massima la popolazione scolastica suole bipartirsi subito dopo la scuola elementare, per ragioni così naturali ed efficaci, che la bipartizione s' intravede già nella scuola elementare medesima. Le qualità dell'ingegno, la coltura e l'agiatezza della famiglia conducono necessariamente alcuni alle scuole classiche e alle professioni liberali; come le condizioni opposte avvia­no altri senza esitanza alla istituzione che si dice tecnica. Non mancano le condizioni intermedie, gli ondeggiamenti della vocazione, i casi particolari

1 Gerolamo Vitelli, membro della giunta del Consiglio superiore. 2 Giuseppe Bardelli, membro del Consiglio superiore. 3 Francesco D' Ovidio, membro della giunta del Consiglio superiore. 4 Pubblicata in Sulle condizioni della Pubblica Istruzione nel Regno d'Italia. Relazione

generale presentata al ministro dal Consiglio superiore di Torino, Milano 1865. Secondo l'art. 15 della Casati, alla scadenza di ogni quinquennio il Consiglio superiore doveva fornire al ministro un quadro sulla situazione dell'insegnamento. Da allora la relazione sopracitata rimase l'unica relazione presentata.

Sezione IX - Nuove istituz. scolastiche, regif., paregg., pro g. di riforma 371

di alunni che s i volgono alle scuole tecniche sol dopo aver provata la loro poca attitudine agli studi classici. Ma non è giusto né utile il conformare a codesto tipo mediano e mediocre di alunni il tipo della scuola costringendo ad una convivenza stentata ed innaturale tutti coloro che hanno già presta­bilita la meta, e ritardando ai migliori l'inizio degli studi a ciascuno più con­facenti. Poiché, non v'è dubbio o codesta scuola unica si fa senza latino, ed è un condannare alla scuola tecnica, ad una specie di prosecuzione tardiva della scuola elementare, i giovanetti nati o predestinati per l'alta cultura; o si fa col latino, ed è un condannare ad uno sforzo non necessario coloro che s 'indirizzano a cose più tecniche o più modeste. Anzi al latino i più di costo­ro, si può metter pegno, non si piegherebbe affatto, ed altro non farebbero che impacciar la via ai futuri alunni dell'istituto scolastico. Né per la stessa lingua nazionale la commistione di una così varia scolaresca, riuscirebbe in­nocua, poiché ben differente è la raffinatezza a cui può giungere l'insegna­mento dell'italiano secondo il grado e la qualità della coltura che il fanciullo porta seco dalla famiglia, e secondo che egli possa o no intraprendere subito lo studio del latino e la lettura dei classici italiani dei primi secoli che una materia sia comune a due scuole, che anche vi s 'insegni con programmi press'a poco identici, non importa di per sé che torni indifferente il confon­derne gli alunni, giacché la stessa materia e lo stesso programma dan luogo ad un metodo essenzialmente diverso a seconda della varia disposizione con cui quelli vengono alla scuola e della diversa scuola in cui dopo entreranno.

Si lamentano da molti le condizioni delle scuole ginnasiali e da più altri ancora le imperfezioni delle tecniche. Or, lasciando stare quel che vi possa essere di esagerato specie per ciò che riguarda il ginnasio, in simili lamenti, il vero è che sarebbe una maniera assai singolare di rimediare ai mali, che più o meno travagliano le scuole, l'incominciare dall'accozzare quei mali in­sieme, accomunando due schiere di discepoli molto diverse e due categorie d'insegnanti anche esse così disparate. Il miscuglio riuscirebbe assai torbido e già il solo spezzarsi della tradizione recherebbe sgomento, confusione, lan­guore. Giacché non è a dimenticare che le scuole vivono soprattutto di tra­dizione, e se ciò non è una buona ragione per escludere ogni savia riforma ed ogni spirito nuovo che le ravvivi, è però una ragione validissima e quasi un'obiezione pregiudiziale contro ogni mutamento troppo radicale, troppo violento, non giustificato da una convenienza evidente, incerto o periglioso ne' suoi effetti.

Qui non si tratta di un popolo che sia alle soglie della sua civiltà e voglia gettare le prime fondamenta de' suoi ordini scolastici, sicché possa quadrar­gli di cimentarsi a prove che teoricamente appariscano in qualche modo le­gittime; bensì si tratta dell'Italia, che dopo una secolare civiltà e una lunga tradizione scolastica e una decadenza miseranda riformò quattro decennii or sono le scuole sue valendosi degli esempii delle altre nazioni civili, e, se pentimento può avere, egli è che in questi decennii abbia già troppo di fre-

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372 Fonti per la storia della scuola

quente e impazientemente stancato organismi così delicati, quali sono le scuole, or con immature novità, or con rapidi ritorni verso il passato

Ebbene, l'istituzione di codesta scuola unica che l'Italia dovrebbe essere la prima a saggiare fra le nazioni civili, non giovandosi dell'esperienza di queste, ma dando a queste il vantaggio come d'una esperienza in corpore vi­li, sarebbe un salto nel buio, o meglio, in un fuoco di luce sinistra prenun­ziatrice di nuova consunzione della coltura italiana che con tanto sforzo avevamo riaccostata alla grande coltura europea e risospinta verso un'età nostra più gloriosa. Se si vuoi proprio fare l'esperimento di un altro tipo di scuola secondaria, di un ginnasio cioè in cui lo studio del latino sia alquanto ritardato e fatto precedere dall'apprendimento di una lingua moderna, co­me la francese, si faccia tutt'al più in qualche singolo istituto di una grande città. Alla fin fine le vocazioni individuali son varie e talvolta hanno una pie­ga eccezionale, e la società moderna ha bisogni molteplici e una cotale irre­quietezza che la spinge a voler cercare mezzi nuovi e vie diverse dalle con­suete. Ma se tutto ciò può render leciti gli esperimenti particolari, ben circo­scritti e non compromettenti in alcun modo l'avvenire, non basta né punto né poco a coonestare una mutazione generale, che distrugga tutto per tutto ricostruire e da cui non sarebbe più possibile o sarebbe sommamente diffici­le il tornare indietro, non appena ci avvedessimo, come di certo ci avve­dremmo, d'aver preso un cammino fallace. Se nei ginnasii e nelle scuole tec­niche vi son vizii da correggere, la prima condizione delle emenda sarà di seguitare a tenere nettamente distinti gli uni dalle altre [ . . . ]

7 1

Convenzione tra il Ministero della pubblica istruzione ed il Municipio di Firenze per la istituzione di un ginnasio 1 governativo in quella città.

ACS, MPI, DiT. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. 2, fase. << 24c. 1 896 -Firenze - conversione del ginnasio » , ms con firma autografa.

' Denominato «Michelangiolo ».

Sezione IX- Nuove istituz. scolastiche, Tegif., paTegg., prog. di riforma 373

[Firenze, 16 ottobre 1896]

Regnando Sua Maestà Umberto primo, per grazia di Dio e per volontà della Nazione re d'Italia

L'anno milleottocentonovantasei il giorno 1 6 ottobre in Roma; tra il Ministero della pubblica istruzione, rappresentato dal comm. prof.

Emanuele Gianturco ministro della pubblica istruzione ed il Municipio di Fi­renze, rappresentato dall'on. marchese Pietro Torrigiani, sindaco del su�­detto comune, autorizzato alla stipulazione del presente contratto con deli­berazione del Consiglio comunale 2 e 1 2 ottobre 1896, approvata dalla Giunta provinciale amministrativa il giorno 14 dello stesso mese; è stato convenuto quanto appresso:

. 1 o . A cominciare dal l o ottobre 1896 sarà istituito e mantenuto nella Clt­tà di Firenze un ginnasio governativo nella forma prescritta dalle veglianti leggi ed ai patti e condizioni risultanti dall'atto presente.

2 o . Le spese pel mantenimento del suddetto ginnasio saranno sostenute dal governo per ciò che concerne gli stipendi e le indennità al personale di­rigente ed insegnante ed agli inservienti.

Le spese del locale e del mantenimento scientifico e non scientifico sa­ranno sostenute direttamente dal municipio.

3 o • Come corrispettivo della spesa pel mantenimento del ginnasio da parte del governo per i detti stipendi ed indennità, il municipio si ?bbliga di versare al pubblico erario la somma di lire quindicimilanovecento m due ra­te eguali, l'una in aprile l'altra in ottobre di ciascun anno.

4 o . Nessuna diminuzione del pattuito contributo potrà essere domandata dal municipio nel caso che qualsiasi risparmio per qualsiasi causa si verifi­casse nella spesa annuale pel mantenimento del detto istituto .

5 o . Le tasse scolastiche dovute dagli alunni dell'istituto sopradetto spet­teranno allo Stato come compenso dell'onere che il medesimo si assume per gli aumenti sessennali degli stipendi e per le rimunerazioni delle eventuali supplenze dei professori, indennità di trasferta propine d'esami etc.

, . . 6 o . II municipio si obbliga ancora di contribuire nel modo che sara mdl­cato dal Ministero delle finanze ad ogni altra spesa che pel mantenimento del suddetto ginnasio fosse per l 'avvenire prescritto da altre leggi, eccetto quella necessaria al pagamento delle pensioni al direttore, ai professori ed al personale inserviente, la quale resterà a carico del governo.

. . . 7 o . II ministero si riserba piena libertà nelle nomine e ne1 provved1ment1

tutti concernenti il personale qualunque fosse l'impegno già contratto dal municipio di fronte ad esso.

. . 8 o . Gli effetti della presente convenzione potranno cessare a p1acnnento

del ministero senza obbligo di specificarne i motivi e dietro la semplice e re­golare denunzia fatta sei mesi prima dell'incominciamento dello �nno scol�­stico, o ad istanza del municipio, purché preceda la stessa denunZia e la deh-

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374 Fonti per la storia della scuola

berazione di chiudere il ginnasio sia ammessa dalla metà più uno dei consi­glieri del comune ed approvato dal Consiglio scolastico e dalla Giunta pro­vinciale amministrativa per la parte che rispettivamente li riguarda.

E per l'osservanza di quanto è qui sopra esposto e convenuto in persona dei mentovati signori rappresentanti, essi appongono a questo atto la loro sottoscrizione di proprio pugno e carattere.

ministro dell'istruzione Emanuele Gianturco 1

Il sindaco del municipio di Firenze Pietro Torrigiani

72

Domçmda del sindaco di Avola relativa all'istituzione di un ginnasio in­feriore.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. 57, fase. << 6A. 1 905 - Avola Ginnasio », ms con firma autografa.

Avola, 10 febbraio 1 905 Eccellenza,

il sottoscritto, sindaco del comune di Avola espone alla E. V. quanto ap­presso: A vola, paese di circa diciassettemila abitanti dopo soppressa pochi anni addietro, per necessità di bilancio, la r . scuola tecnica pareggiata, ha vagheg­giato di avere nel paese almeno un ginnasio inferiore, o meglio le tre prime classi ginnasiali, ove fare istruire, senza allontanarsi dalle famiglie, i giova­netti, che in troppo tenera età, hanno compiuto l'insegnamento elementare. In base a questa vecchia aspirazione, in vista che questo istituto di pub­blica istruzione femminile appellato Sodaro non riesce di utilità al comune perché non vi ha potuto attecchire un convitto, e l'insegnamento elementa� re che un tempo apprestava, è dato oggi con maggiore utilità dalle dieci scuole del comune, il Consiglio comunale con deliberazione del 25 novem­bre 1903, facevasi a chiedere che il r. governo addicesse quell'istituto d'i­struzione a ginnasio inferiore, o meglio a scuole delle tre prime classi ginna­·siali, obbligandosi a sussidiario.

1 Emanuele Gianturco, ministro della pubblica istruzione nel gabinetto di Rudinì dal 1 o marzo al l4 luglio 1896.

Sezione IX- Nuove istituz. scolastiche, regif., paregg., pro g. di riforma 375

Rassegnata questa deliberazione, l 'E.V. con ministeriale del 14 agosto 1 904, la respingeva, ritenendo che la destinazione dell'istituto a quello inse­gnamento, equivalesse a trasformazione, che il governo non aveva i poteri di decretare.

Dietro questo responso, l'o n. marchese Carlo di Rudinì 1, deputato del collegio, facevasi a pregare l'E.V. di riesaminare benevolmente la pratica, per vedere che non trattavasi di trasformazione, e quindi trovar modo di ac­contentare le giuste aspirazioni del comune.

L'E.V. , compiacendosi di riesaminarla, con lettera del 28 ottobre 1 904, scriveva al suddetto onorevole deputato col ripetere la impossibilità della trasformazione molto più che riteneva si facesse ciò che non era, malgrado la volontà dei rappresentanti di quell'ente Sodaro .

Però compiacendosi di essere desideroso di fare il possibile perché il de­siderio della cittadinanza di Avola potesse essere esaurito, suggeriva di po­tersi raggiungere lo scopo per altra via; cioè che il comune potrebbe istituire un ginnasio inferiore, composto delle prime tre classi con quattro insegnan­ti, e per rimuovere la difficoltà della spesa, compiacevasi promettere un sus­sidio da quattro a cinquemila lire.

In vista di tanta benevolenza della E .V. questo Consiglio comunale con atto 20 novembre-5 dicembre 1904, facendo tesoro degli autorevoli suggeri­menti deliberava la istituzione di un ginnasio inferiore o meglio delle prime tre classi ginnasiali, ed allocava nel bilancio comunale un fondo per la spesa.

Ma questa deliberazione pria di essere inviata all'approvazione dell'auto­rità tutoria venne sottoposta al parere del Consiglio provinciale scolastico. Questo consesso sopra analoga proposta del r. provveditore, l'ha disappro­vato, oltre che per diversi futili motivi principalmente per quello che la creazione di quello istituto (scuole ginnasiali), va soggetta ad un assieme di provvedimenti dei quali è primo e solo giudice il r. ministero della pubblica istruzione che avrebbe dovuto esserne a priori informato.

Dietro gli esposti fatti, il sottoscritto, avendo conferito col r. provvedi­tore, è stato da questo ultimo invogliato e consigliato di rivolgersi alla E.V. e pregarla di volersi compiacere di impartire le sue superiori disposizioni sul da fare, onde conseguire lo intento di ottenere questo comune le tante desi­derate scuole ginnasiali inferiori.

Il sindaco Francesco Azzolini

1 Carlo di Rudinì (Starabba), deputato di Noto nelle legislature XX-XXII.

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SEZIONE X

L' ANTI-SCUOLA, SCANDALI E POLEMICHE NELLE SCUOLE DEL REGNO

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73

Copia della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d'appello di Torino nella causa penale intentata al direttore e ad altri due religiosi del collegio San Primitivo della città.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 126, fase. 228 « 1860-'80. Torino (cit­tà). Collegio San Primitivo e semiconvitto dei fratelli della Dottrina cristiana>>, ms.

Torino, l o luglio 1863

In nome di S.M. Vittorio Emanuele per grazia di Dio, e per volontà della nazione, re d'Italia

La Corte d'assise in Torino sedente ha pronunziato la seguente Sentenza Nella causa

contro Buchalet Vittorio col nome di religione Théoger, d'anni quarantanove,

da Parigi, dei fratelli delle scuole cristiane, direttore dell'istituto di San Pri­mitivo in Torino

Enrico Giuseppe col nome di religione Narciso, da Romano, residente in Torino, d'anni trentadue ripetitore di matematica in detto collegio

Rasano Francesco, già appartenente al sodalizio dei fratelli delle scuole cristiane, col nome di religione Telesforo, d'anni trenta da Villanovetta (Sa­luzzo)

assenti ed accusati il Buchalet

Di avere commesso atti osceni di eccitamento alla corruzione sulle per­sone dei giovani Zerotti Eugenio, Zolli Giovanni, Demonte Alfredo, Santi Cesare, Sella Rodolfo, Crodara Giuseppe, San Giusto Enrico, confidati alle sue cure e vigilanza in età tutti minore degli anni ventuno e ciò per più anni consecutivi dal 1859, a tutto il 1862 con abuso della qualità di direttore del collegio di San Primitivo che ha sede in questa città

L 'Enrico D'avere commesso atti osceni di eccitamento alla corruzione sulle perso­

ne dei giovani Iunk Enrico, Capello Ferdinando, Crodara Giuseppe, e Ber­thier Giuseppe confidati alla sua cura e vigilanza in età minore degli anni véntuno, e ciò per più anni consecutivi dal 1859 a tutto il 1862 con abuso della sua qualità di maestro nel collegio di San Primitivo che ha sede in que­sta città

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380 Fonti per la storia della scuola

Il Rasano Di avere commesso atti osceni di eccitamento alla corruzione sulle per­

sone dci giovani Sella Rodolfo, Richetti Alberto confidati alla sua cura e vigi­lanza in età minore degli anni ventuno e ciò per più anni consecutivi dal 1859, a tutto il 1862, con abuso della sua qualità di istitutore nel collegio di San Primitivo che ha sede in questa città.

Dopo d'avere udito in pubblica udienza la lettura della sentenza di rin­vio, delle ordinanze di cui negli articoli 5 10 , e 5 2 1 del codice di procedura penale, dell'atto di notificazione dei verbali formati per comprovarne la pubblicazione e l'affissione:

Dopo aver sentito il Pubblico ministero nelle sue conclusioni, pronun­ciata la contumacia delli detti Buchalet Vittorio col nome di religione Théo­ger, Enrico Giuseppe col nome di religione Narciso, Rasano Francesco no­me di religione Telesforo, legalmente incorso

Udita in camera di consiglio la lettura dei verbali e documenti, e delle deposizioni scritte dei testimoni, sentito nuovamente il Pubblico ministero nelle sue conclusioni sull'applicazione della pena

Attesoché dalle relazioni del rettore del Convitto nazionale di Torino al regio ispettore delle scuole secondarie, e del ministro dell'Istruzione pubbli­ca al ministro di Grazia e giustizia in data del 1 3 e del 2 1 aprile passato, si ha fondata presunzione che nel collegio di San Primitivo in Torino per mezzo di alcuni fratelli della dottrina cristiana, e segnatamente del direttore prepo­sti all' istruzione degli allievi commettessero atti di eccitamento alla corru­zione di essi

Attesoché quanto al direttore Vittorio Buchalet, col nome in religione di Théoger, risultando dal processo scritto, che una massima famigliarità, baci, ed accarezzamenti erano apertamente usati da lui verso gli allievi con modi sconvenienti ed inverecondi, e questi atti di dimestichezza uniti a festeggia­menti i quali frequenti intervenivano lungo l 'anno nel collegio ora con pre­testo di giorni onomastici, ora per premio ad allievi, ora per recite di com­medie, oltre che solennità di feste della Ss . Vergine e dei santi somministra­no indizii sensibili di disordine morale, aggiungendo forza la circostanza, che in una camera attigua al refettorio, che dagli allievi veniva denominato sacro salotto, era custodita certa quantità di liquori, e di vini squisiti larga­mente distribuiti agli alunni prescelti;

Attesoché se l'intero corpo del collegio era diviso in squadre ed erano per segni esterni distinti i periodi dell'educazione i quali debbono essere una catena alla successiva virtuosa condotta, consta altresì che nell'interno il direttore aveva scelto allievi per il servizio delle funzioni religiose deno­minati chierici, e per forma esteriore avendo per questi fissata a guida la pie­tà, per conto proprio la scelta cadeva sopra alunni più avvenenti, fra quali distinguendosi ancora i più prediletti al direttore, si chiamavano suoi benia­mini;

Sezione X - L ' anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 381

Attesoché per questi l'idea di Théoger vestendosi della sua espressione naturale risulta che a suo piacimento il prescelto era chiamato nella di lui camera dove essendo allestiti due letti, ora in letto a parte, ora nel proprio, cominciandosi con discorsi osceni, ed insegnando ogni maniera di disone­stà, si faceva corrompere e corrompeva;

Attesoché specificati questi fatti da testimoni pentiti in processo i quali esplicitamente ne dichiararono le turpi circostanze, sono notati vittime sette allievi, e consta che non solo nella propria camera del collegio più volte la realtà corrispose alle speranze dell'immaginazione del Théoger, valendosi, ad allettare i giovani, di bevande immoderate di liquori, ma eziandio nella casa di campagna de' Salici rinnovò sconcezza ed in occasione di passeggiata in una vettura cittadina avrebbe, accompagnando un allievo, mentre il vei­colo percorreva la piazza d'armi in Torino, prodigato carezze e baci all'allie­vo stesso pascolandosi, con confusione di questo, in illeciti toccamenti, in cui pure si dilettava ogni qualvolta taluno dei suoi beniamini, essendo am­malato nell' infermeria, era da esso visitato.

Attesoché consta che in tale grave circostanza un padre di famiglia av­vertitone indirettamente ritirando dal collegio un suo figlio non senza pale­sare il motivo al direttore; esso rispose che se in tutto quanto gli si veniva opponendo vi poteva essere qualche cosa di vero in apparenza, nulla però vi era nella sostanza; non gli tacque che faceva cenare quell'allievo con lui, e se lo poneva a letto nella sua camera nell'unico scopo di non disturbare gli altri alunni che già si trovavano nel dormitorio; soggiunse che essendo il ra­gazzo alquanto vispo alcune volte saltava sul di lui letto, e scherzando si fa­cevano scambievoli carezze, e non sapere se in mezzo a questi scherzi la ma­no gli fosse per avventura trascorsa oltre il pensiero.

Attesoché sparsasi nel collegio la voce, che un altro fra i fratelli delle scuole cristiane eccitasse allievi alla corruzione per cui era stato avvertito il confessore direttore spirituale in quell'istituto, si sarebbe al Théoger presen­tato un allievo con uno scritto che denunciava scandalosi atti del già con­dannato fratello Arcadia; e Théoger irritato, lo avrebbe, mostrandogli l'idea di un imminente congedo, rimproverato, allegando impossibile simile pro­cedimento dell'Arcadia, persona religiosa, che si accostava due o tre volte alla settimana al santo sacramento dell'eucarestia.

Attesoché questo contegno virtuoso in apparenza del Théoger associan­dosi alla dimostrazione attinta da processuali riscontri sugli atti immorali da lui riprovati dalla coscienza, e dalla onestà pubblica, a cui si congiunge an­cora il fatto dichiarato da un alunno d'aver l'accusato in una determinata circostanza tentato nella propria camera sul letto atti di libidine contro na­tura verso di esso, essendosene rimasto per uno schiaffo ricevuto dall'allie­vo, sono argomenti ineluttabili della colpabilità del Théoger, il quale d'al­tronde non si presentò per difendersi avanti questa Corte d'assise, tutto ché fosse legalmente citato a giorno fisso .

Attesoché non può disconoscersi avere Giuseppe Enrico, col nome in re-

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382 Fonti per la storia della scuola

ligione di Narciso, a sua volta corrotto quattro allievi; narrandosi allora che fratello Pacomio aveva sorpreso il Narciso in atti disonesti con un allievo in un ripostiglio della chiesa presso un confessionale;

Attesoché porgendo la prova dell'ingenua esposizione di coloro che furo­no da quello sedotti ed offesi nel buon costume, sono· indizii urgenti la voce accreditatasi nel collegio delle immoralità del Narciso, e la contemporanea circostanza che fu nel 1860 destinato a Biella, dove havvi un istituto dello stesso ordine, non ritornando quel fratello a Torino che due anni dopo;

Attesoché i sovra esposti fatti alcuni commessi nelle circostanze di tem­po e luogo avanti accennate e tenorizzate nei capi d'accusa hanno dalle pro­cessuali risultanze piena prova, ed egualmente sono stabiliti e replicati atti disonesti di Francesco Rasano col nome in religione di Telesforo, o quando nella villa vecchia mettendosi sul letto di taluno degli alunni tentava fargli violenza in tutti i modi, a stento avendo potuto quegli liberarsi o quando sotto pretesto di far vedere i colombi ad altro allievo, deveniva nella colom­baia ad atti vergognosi, alla moralità ricordatagli dall'allievo rispondendo che simili fatti non erano peccato; e quando scegliendo un alunno fra i più avvenenti lo faceva coricare nel proprio letto per scopo voluttuoso e tal che i suscitati scandali obbligarono i superiori a destinarlo, a quanto si poté sa­pere, a Nizza Marittima, espellendolo in seguito dal sodalizio;

Attesoché gli atti contrarii alla decenza reiterati e riprodotti dai tre accu­sati, i quali da padre di famiglia erano incaricati di sorvegliare la condotta dei loro figli, i fatti di corruzione praticati dal direttore Théoger sopra i set­te allievi Eugenio Perotti, Enrico San Giusto, Giovanni Polli, Alfredo De­monte, Cesare Santi, Rodolfo Sella, e Giuseppe Crodara, dal fratello Narciso sopra i quattro alunni Enrico Iunk, Ferdinando Capello, Crodara Giuseppe, e Giuseppe Berthier; infine dal fratello Telesforo sopra il nominato Rodolfo Sella, ed Alberto Richetti tutti minori degli anni ventuno sono caratterizzate dal disposto degli articoli 421 e 422 del codice penale, e per le varie perso­ne offese, e per le epoche diverse dovendo i fatti essere distinti in ogni ac­cusato essendo qualificata la contabilità propria, si dee nell'applicazione del­la pena seguire la regola prescritta dall'art. 109 del codice medesimo .

Per questi motivi Dichiara i contumaci Vittorio Buchalet, Giuseppe Enrico, e Francesco

Rasano col nome rispettivo in religione di Théoger, Narciso, e Telesforo convinti dei reati loro rispettivamente ascritti, e voluto il disposto degli arti­coli 3 , 421 , 422, 109 e 72 del codice penale.

Condanna i medesimi alla pena della reclusione il Buchalet Théoger per anni quindici, l 'Enrico Narciso per anni otto, ed il Rasano Telesforo per an­ni sei, tutti nelle spese del procedimento per quanto li riguardano.

All'orig.le Avogadro Bertodano, Allamandola, Crova e Priaschi sostituto segretario

Per copia ad uso del ministero pubblico Maina

(Corte Appello - Torino 1863)

Sezione X- L 'anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 383

74

Relazione riservata del direttore Raffaele Caruso sul personale del ginna­sio di Patti al ministro della pubblica istruzione.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 78, fase. 1 3 2 « 1860- 1880. Messina pro­vincia B-P. Patti Ginnasio » , ms. con firma autografa.

Patti, 1 1 agosto 1870

Rimanendo fermo tutto quello che venni rassegnando alla E.V. nella mia relazione riservata del 7 agosto 1869 sull'oggetto al margine segnato, giova ora aggiungere qualche fatto relativamente alla disciplina interna ed agli esa­mi di ammissione e di promozione; poiché è dai fatti soltanto che si può in­durre un concetto vero ed esatto sullo zelo e sul merito individuale dei sin­goli ufficiali addetto a questo regio istituto .

1 o Mirenda prof. Antonino reggente della seconda classe, incaricato del­la seconda classe, incaricato della prima (articolo 2 o regolamento 22 settem­bre 1860).

Merito didattico.

Mi riesce molto doloroso il profferire un giudizio intorno alla capacità didattica di questo professore. Se non m'inganno, mi pare che, il Mirenda conosca ben poco la lingua italiana, e che manchi di quel criterio logico, ne­cessario per poter coordinare i varì rami dell'insegnamento ginnasiale fra di loro e colle materie del programma superiore [ . . . ] .

Condotta politica e disciplina.

La sua condotta politica non è stata né franca, né decisamente leale [ . . . ] ; e mi rattrista il dover riferire, che il Mirenda s i è spesse volte ribellato alla interna disciplina dell'istituto [ . . . ] .

2 o Raffaele prof. Gaetano reggente della prima classe; incaricato della se­conda.

Non ho nulla da osservare intorno alla capacità didattica ed alla discipli­na di questo professore.

Desidererei solo che fosse più scrupoloso nell'orario, e che riformasse un po' i suoi mutati principi politici.

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384 Fonti per la storia della scuola

3 o Pizzuto pro f. Pasquale reggente della terza classe. Il Pizzuto quest'anno, come sempre, ha dato prova infelice. Visitando

qualche volta la sua classe, dovetti accorgermi che le lezioni non venivano spiegate sufficientemente. Egli dava a leggere il libro agli alunni e poi inter­rogavali del contenuto senz'altro. Non tralasciai di avvertirlo della falsa po­sizione metodica, inculcandogli di seguire un metodo più logico e conforme ai principi della didattica ed alle norme del ministero. Ma il Pizzuto, di qual­che capacità intellettiva e in certo qual modo conoscitore delle regole delle due lingue, era affatto sfornito di studi filosofici, cui non ebbe agio a dedi­carsi nella sua prima giovinezza; quindi si trovò impacciato nella scelta e nell'attuazione di un metodo qualunque, e l'insegnamento procedette al­quanto spezzato e confuso.

Oltre a ciò, si è mostrato poco paziente della fatica nella correzione dei compiti, e non ha saputo mai ispirare vivo amore per lo studio, mostrandosi abitualmente freddo e seccato. Addebito a questo la ragione per cui in cin­que anni non sono mai usciti buoni alunni dalla sua classe, la quale è stata giudicata da qualcuno la tomba degl'ingegni. L'esempio di Ajello Nicolò, già istupidito nella terza classe, mentre nelle scuole dell'ex seminario era il principe degli alunni, è ancor fresco nella mente di tutti.

Condotta politica e disciplina.

Con vero rammarico mi sono accorto ed accertato che la condotta poli­tica di questo professore non è niente conforme all'attuale ordine di cose. Buttata giù la maschera, propugna ad oltranza i principi del Sillaba e del Concilio vaticano, ed è legato in intimità di rapporti con persone retrograde del paese.

Quanto all'osservanza dell'orario, deploro che qualche volta si fe' lecito di sospendere la lezione per abboccarsi col professore di prima ed anche qualche volta con quel di seconda.

Nella interna disciplina è stato sistematicamente insubordinato e calci­trante alle correzioni.

4 o Fusco prof. Pietro Adolfo, incaricato dell'insegnamento della mate­matica e dell'istruzione ginnastico-militare.

Non ho nulla da osservare intorno alla capacità didattica, alla disciplina ed alla condotta politica di questo professore.

Esami di ammissione.

I professori Pizzuto Pasquale, Mirenda Antonino e Raffaele Gaetano furo­no i componenti la Giunta per gli esami di ammissione. Deploro che tutti e tre, ispirati a cieca indulgenza, erano intesi a promuovere i candidati ad ogni costo . Come risulta dall'allegato D, non cessai di adoperarmi affinché la legge venisse interamente e scrupolosamente eseguita.

Sezione X- L 'anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 385

Esami finali di promozione.

Pochi giorni prima degli esami finali di promozione, a norma dell'art. 29 del regolamento l settembre 1865 e dell'art. 24 del regolamento 22 settem­bre 1860, i suddetti tre professori furono invitati a riunirsi in consiglio e presentare una serie di temi per ogni esperimento scritto, i quali, deposti nell'urna vennero poi estratti a sorte. Siffatti temi non doveano essere né trattati di scuola, né conosciuti dalla scolaresca. Però con grave mio dispia­cere, oggi ho dovuto rilevare che qualche tema della prima e della terza classe non era né nuovo, né ignorato dagli alunni.

Dalle accurate indagini da me fatte risulta che il tema della composizione italiana della prima e della terza classe era cosa già trattata in iscuola [ . . . 1

Proposte.

In conseguenza a tutto quanto, per dovere penoso e delicato d'ufficio, son venuto rassegnando all'E.V. mi pregio di sottoporle le seguenti pro­poste:

l o Addottarsi un temperamento pei professori Pizzuto e Mirenda, i qua­li, oltre all'essere stati per tutto l'anno calcitranti alle leggi, contano nel pae­se molto estesi rapporti;

2 o Annullare gli esami di promozione alla seconda ed alla quarta classe; 3 o Torre al corso ginnasiale la facoltà di preparare i temi per gli esami di

ammissione e di promozione e stabilire che i temi venissero preparati riser­vatamente o dal direttore locale o dall'ill.mo sig. regio provveditore agli studì della provincia.

Coi sensi della più perfetta osservanza.

75

Il direttore Raffaele Caruso

Lettera del sindaco di Sinigaglia a « pregiatissimo signore» perché venga­no sostituiti alcuni insegnanti del liceo cittadino, indegni di ricoprire quelle funzioni.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 2 3 , fase. 10 « 1 860-'80. Ancona (prov.) S . Senigaglia-liceo n, ms. con firma autografa.

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386 J!onti per la storia della scuola

Sinigaglia, 9 settembre 1 877

Fregiatissimo signore,

la fiducia che ella mi ha ispirato, mi fa rivolgerle una vivissima preghie­ra, quale che ella potrà esaudire, le ne sarò infinitamente grato perché la mia patria ricaverà immenso vantaggio.

Ella conosce con me e meglio assai di me le condizioni di questo nostro liceo Perticari che in quest'anno conta circa venticinque alunni, e nei suc­cessivi potrà contarne anche ottanta, onde sarà se non fra i primi, certo fra secondi licei del regno; ma questo orizzonte che illumina i cuori dei genitori e li propende a qui inviare i loro figli, per quanto grande sia la meritata fidu­cia nell'ottimo Bartoli, verrà offuscata ove il personale insegnante del liceo, ne oscuri quasi del tutto la luce. Parliamoci chiaro.

Il prof. Vallo 1 è una vergogna ambulante un'ironia d'insegnante che pre­sentemente non fa quasi mai lezione, ed è quanto di meglio possa fare. Sono quattordici anni che ce lo godiamo noi, e perché non se ne fa un dono a qualche altro liceo da tre alunni, o lo si manda in pensione?

Ora abbiamo la fortuna inaspettata d'essere onorati dal De Meo 2 che rac­conta tutti giorni delle storielle erotiche, e pochi giorni sono raccontò agli alunni d'avere dormito colla padrona di casa che per le schifose forme lo aveva disgustato .

Tutti i giorni nei quali fa lezione, e per fortuna sono pochi, tratta questa materia nei modi e con parole le più indegne che un vizioso vecchio soldato agli invalidi forse si periterebbe di usare. I giovanetti un po' si divertono e poi lo mettono in ridicolo alcuni giovani nuovi se ne scandalizzano ancora, e i genitori piangono la disgrazia loro, e pure del governo che mantiene alla sua greppia simili bruti.

Sulla scienza degli altri non ne so nulla, ella li conosce. Perdoni questo sfogo che affido al suo cuore al quale raccomando que­

sto istituto che ha il diritto d'avere i migliori insegnanti. Le raccomando il licenziamento dei suddetti soggetti, l'interessamento presso il ministero per­ché ci mandi un buon preside che non sia né un impostore, né un libertino. So che le sta a cuore l'insegnamento e l'educazione della gioventù, voglia venire in soccorso di questa nuova generazione, e si avrà la benedizione di tante famiglie e particolarmente la gratitudine incancellabile del suo devotis­simo servo ed amico

1 Benedetto Vallo, docente di lettere italiane. 2 Luigi De Meo.

F[ rancesco] Marzi

Sezione X - L ' anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 387

76

Volantino anonimo redatto contro il rettore del convitto nazionale di Fer­mo annesso al liceo.

�es, MPI, Di�. scuole medie (1860-1896), b. 298, fase. « 1889. Fermo Convitto. Ispe­zwne al convltto , , a stampa.

[nov. 1 888]

a) Un uomo tn pieno secolo XIX 1 l . o Può esser cretino, e professore di un r. liceo. 2. o Può insegnar filosofia, e non esser filosofo. 3 . o

. Può van�ars� c�ltore del classicismo, ed in pubblico liceo volgere

«Non 1gnara mah m1sens, succurrere disco » in « Non ignara del male, mi af­fretto a soccorrere i miseri col disco , .

4 . o Può con altri due aspirare al rettorato di un convitto nazionale ed essere con essi scartato dalla commissione incaricata dell'esame dei titoli:

5 . o Può riconcorrere e dalla stessa commissione esser prescelto su trenta candidati, fra cui persone di merito assolutamente superiore.

6. o Può non godere stima, non avere prestigio, non intendersi di comu­nità, può affatto ignorare il segreto di condurre la gioventù, esser deriso schernito, per fin fischiato, e continuare a reggere le sorti del convitto.

'

7 . o Può esercitare rappresaglie, calunniare gli onesti, perseguitare gl'in­nocenti, ed evitar la prigione.

. 8 . o Pu�, a sfogo di bile ed all'intelletto di far sentire il proprio giogo,

engere a s1stema il castigo, rinserrare or l'uno or l'altro convittore in una stanza priva d'aria e di luce, dove si soffoca l'estate, si gela l'inverno, e non incogliere nella sorte del pedagogo di Faleria.

. 9 . o Può, teJ_Uendo i grandi, designare capri espiatori i piccoli alunni,

chmderne uno m quella orrenda prigione per fin dieci volte nel volgere di poche settimane, e !asciarvelo per giorni e giorni, senza aprire il cuore alle grida disperate e strazianti dell'infelice, e passarsela con una semplice lavata di capo.

1 Nota manoscritta a fondo pagina: «È il prof. Ferrari, del liceo di Fermo » , rettore del convitto e professore di filosofia nel

liceo.

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388 Fonti per la storia della scuola

10. o Può tradir la fiducia e la speranza di tanti padri e tante madri, esser cagione di gravi disordini disciplinari e morali e come prof�ssore e cm�e rettore, può attentare alla vita di quell'antico e rinomato convttto, e sfaccia­tamente spacciare che con lui s 'è iniziato il secolo d'oro.

1 1 . o Può insomma esser quadrupede, cattivo cittadino, pessimo inse­gnante, snaturato educatore, e non essere ancor deportato nella Zulu­landia! ! . . .

77

Lettera del direttore del giornale <<La Giostra» al ministro dell'istruzione pubblica relativa ad un articolo riguardante il prof Pietro Malusa, presi­de del liceo Galluppi di Catanzaro.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. 67 , fase. « 1896-'97.

Catanzaro. Disordini nel liceo ginnasio. Ispezione Cavazza,, ms . con firma autogra-

fa.

Catanzaro, 26 giugno 1 896

Eccellenza,

un articolo del giornale « La Giostra» che io dirigo in questa città e col quale si rilevava l'inettitudine del prof. Malusa a fare il preside del nostro li­ceo dove sotto di lui la disciplina può dirsi un nome vano, diede luogo ad una

' dimo�trazione niente spontanea degli studenti, che meno studiano e più

sono disposti a difendere il loro re travicello, poi a delle indagini da parte del provveditore, e quindi ad un'inchiesta, che l'E. V. ha delegato all'ispetto­re centrale signor Cavazza 1 •

Giunto costui in Catanzaro dimostrò subito che la scelta della sua perso­na non era stata molto felice, non per manco d'intelligenza e di capacità, o pei precedenti di lui quand'era insegnante di latino e g�eco i� Avellino,

_ma

perché intimo amico del signor Malusa, per come questi contmua �utt��1a a conclamare, si pose all' opra collo animo predisposto a mettere m nlievo soltanto tutto ciò, che tornava utile al suo amico e dannoso a coloro, che quest'ultimo avrebbe additati, come suoi pretesi detrattori.

Si fece fin dal primo momento circondare da satelliti del preside, anzi

1 Pietro Cavazza, ispettore centrale.

Sezione X- L ' anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 389

quasi sempre con costui passeggiando, parea volesse dare ad intendere al pubblico, che era inutile si parlasse contro del suo protetto.

Ma come se ciò fosse poco, chiamò per inquirere soltanto quelle perso­ne, che, indicate forse dal preside, servivano a magnificare vita e miracoli di costui, tanto come preside, che come insegnante di filosofia a base della bi­bia [sic] .

Degno di rimarco è poi che l'ispettore sig. Cavazza di tante e tante per­sone che ha chiamato, ha fatto sottoscrivere soltanto le dichiarazioni di quelle che del suo protetto parlavano bene; e sua principale cura era quella di far precedere, con ogni persona che invitata si recava da lui, un pistolotto elogiativo del preside, quasi ammonimento a non parlarne male.

Quello che poi fu più strano, si è che il sig. Cavazza, piuttosto che inqui­rire, per come era suo dovere, sulla verità o meno dei gravi addebiti fatti contro la disciplina del liceo, limitava le sue indagini sull'autore dello arti­colo comparso ne « La Giostra» , se fosse cioè o meno il professore Dito 1 !

A me non preme certo di costui, che poco conosco, ma mi preme molto però di tutelare la mia dignità di pubblicista e di galantuomo.

Come pubblicista avevo certamente il diritto d'interessarmi del maggior istituto educativo di questa città, senza bisogno di ricevere l'imbeccata da chicchesia. Come galantuomo poi, dopo che dinanzi la prima autorità scola­stica della provincia non solo avevo dichiarato che l'articolo era esclusiva­mente mio, ma avevo declinate le innumerevoli ragioni, che m'indussero a scrivere, si poteva concedermi il diritto di essere creduto.

Ma l'inchiesta più che assodare la verità dei fatti lamentati, dava sfogo ai rancori personali del preside, e di due o tre accoliti che incaricati provvisoria­mente ma indegnamente ad insegnare nel ginnasio, gli fanno degna corona.

Io non so quali risultati apparisca abbia dato l'inchiesta, ma i fatti che mi hanno indotto a richiamare l'attenzione delle autorità scolastiche superiori sulle inettitudini del sig. Malusa a farla da preside erano, e sono tuttavia le seguenti.

Professore di terza classe il Malusa insegnava nel decorso anno latino e greco al liceo Vittorio Emanuele di Palermo, e per volontà di Dio e dei suoi protettori fu promosso di classe per merito, e come se ciò fosse poco, inca­ricato nello stesso anno della presidenza in questo liceo, e dello insegna­mento di filosofia, che egli, che spesso si ciba di pane eucaristico, insegna tra calici ed altari, spiegando, p . es . l 'origine della famiglia con la tradizione biblica di Adamo ed Eva!

Se di questi giorni gli on. Prinetti 2 e Molmenti 3 conoscessero ciò, si feli­citerebbero certamente con lui!

1 Oreste Dito, docente di storia e geografia nel liceo Telesio di Cosenza. 2 Sen. Carlo Prinetti, docente nel r. istituto tecnico superiore di Milano e preside della

scuola d'incoraggiamento d'arti e mestieri. 3 On. Pompeo Molmenti era tra i consiglieri per le scuole della provincia di Venezia.

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390 Fonti per la storia della scuola

Di meriti intanto per tali promozioni io non conosco alcuno, tranne quello di essere cognato del comm. Pagliano, direttore, di felice memoria, della sanità pubblica a Roma, ed amico del comm. Cavazza.

Ma da banda tutto ciò, se prima del suo arrivo in Catanzaro questo liceo­ginnasio, non era certamente il modello degl'istituti educativi, dopo della sua venuta vi è stato sgoverno completo di tutto.

Ha egli alimentato il dissidio tra i professori, mentre avrebbe dovuto in­coraggiarne e tutelarne l'armonia. Ha in parecchie circostanze dato motivo al disprezzo, all'odio, o quando mai, all'esautoramento di alcuni professori, dando torto a quest'ultimi, ed alla presenza degli alunni, che si recavano da lui per reclamare contro la scarsa punteggiatura, o per altre simili pretese, che detti alunni ingiustamente reclamavano.

Avea pubblicamente parlato e fors 'anche scritto, crediamo giustamente, contro il prof. Barone, e sconfessava poco dopo se stesso, vivendo in tale intimità con costui da sembrare i due fratelli siamesi, e permettendo la ven­dita forzata agli alunni del ginnasio di un libercolo sgrammaticato della mo­glie di lui, che il direttore delle scuole normali, pro f. Trombetta 1, avea mes­so al bando.

Ha lasciato il servizio ed il registro delle assenze, parte importantissima dei doveri del preside, in balia dei bidelli, presso cui avveniva un indecente mercemonio, perché con pochi soldi di regalia un'assenza veniva convertita in presenza, abituandosi così i giovani alla corruzione delle persone incari­cate di un pubblico servizio .

Quando tale corruzione non era attuabile per difetto di mezzi, si accetta­vano dal preside biglietti di giustificazioni apocrife, senza alcun beneficio d'inventario, abituandosi per tal modo i giovani al falso fin dalla verde età.

Barattava il principio d'autorità sua verso i giovani, specialmente delle classi ginnasiali inferiori, uscendo le mattine nelle ore di scuola fuori la via per inseguirli afferrarli per condurli, quando non gli sfuggivano di mano, in iscuola, dando così spettacolo pubblico, e destando l' ilarità dei passanti.

E tanto il principio di autorità e di disciplina erano per tal modo scossi, che gli alunni si erano abituati ad imporsi coi loro desideri alla volontà del preside provocando agitazioni e scioperi, quando non erano contentati nei loro desiderii, come avvenne nel l o maggio e nel 1 3-14 marzo, in cui non solo vi furono scioperi, ma il preside, per giunta venne accompagnato per lungo tratto di via da fischi ed urli, dai giovani che prendevano vacanza.

Certo, Eccellenza, che i tempi volgono poco belli in fatto di volontà di studiare fra la gioventù odierna, ma è ben triste e doloroso che non pochi padri di famiglia, costretti a spendere il proprio danaro per l'educazione dei loro figli, debbono saperli, o continuamente assenti dalla scuola senz'alcun

1 Ercole Trombetta, direttore della r. scuola normale superiore maschile Francesco Ricciar­di di Foggia.

Sezione X - L ' anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuote del Regno 391

rimedio e con grave danno, o spesso agitantesi nelle pubbliche piazze per chiedere vacanze, o tributare, schiamazzando, immeritati elogi, o sfogare malnati rancori.

All'articolo de « La Giostra», accusante il preside d'inettitudine a stare a quel posto, s' improvvisò una dimostrazione studentesca, niente spontanea, anzi dal preside insinuata, e preparata da quei suoi accoliti, sedicenti profes­sori, ed indegni insegnanti provvisori del ginnasio; e fu davvero ben ridicola cosa il vedere alla testa dei giovani dimostranti, in mezzo a quei creduti pro­fessori, lo stesso preside, che si facea gridare evviva, con grida alternantesi di abbasso « La Giostra», favorendo anche per tal modo rancori di partiti lo­cali, ai quali il corpo insegnante dovrebbe certamente restare estraneo.

Questi e centinaia di altre simili cose offre lo spettacolo rniserando di questo liceo per l'inettitudine del Malusa, qui piovuteci, diceva bene « La Giostra», non si sa donde, e come.

Io non so se l'inchiesta abbia dimostrato questi e più gravi addebiti, che per amore di brevità non continuo ad enumerare.

Credo bene di no, perché l'inchiesta non fu niente sincera, anzi addirit­tura fu condotta col manifesto spirito di prevenzione di salvare il preside, e di colpire, non saprei davvero perché, il prof. Dito, che io ancora non so comprendere per quali fini tirato in ballo dalla volontà del signor Malusa, posta in moto a mezzo dei suddetti insegnanti provvisorii, indegni come in­segnanti e come privati cittadini.

L'ispettore Cavazza trascurò di fare una inchiesta seria, di sentire tutto il corpo insegnante del liceo, del quale chiamò soltanto, checché egli abbia af­fermato, i professori favorevoli, e trascurò di chiamare quelli che avrebbero parlato senza molta reticenza, come ad es . il prof. Sante Calabria r, il prof. Giliberti Michele 2, il pro f. Augusto Antonelli 3 il pro f. Luigi Marincola 4 e qualche altro, i quali pure erano stati uditi dal provveditore.

Non ha udito alcuna autorità locale, né il prefetto, né il sindaco, né il ca­pitano dei carabinieri, né l'ispettore di pubblica sicurezza, che pure erano e sono in grado di rendere nota la verità delle cose, travisata dalla inchiesta Cavazza.

Che anzi per distruggere quanto di vero si era affermato dall'unica auto­rità chiamata, cioè dal provveditore, si è cercato, non potendo distruggere i fatti, di colpire la persona, attaccandola calunniosamente e vigliaccamente per mezzo d'un malnato pretuncolo, fabbricante di ricorsi anonimi.

Scriva V.E. al prefetto, al sindaco, all'arma benemerita, alla questura, o mandi altro commissario, e vedrà se siano veri i fatti, che da me si lamen­tano.

1 Docente di lettere latine e greche. 2 Docente delle classi superiori del ginnasio. 3 Docente di matematica nel liceo. 4 Luigi Marincola di S. Floro, maestro di ginnastica.

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392 Fonti per la storia della scuola

Credo poi certamente scorrettissimo il procedere del sig. Cavazza di non chiamare me, né alcun altro della redazione de « La Giostra», pur sapendo che io per il primo avevo levato la voce contro uno stato di cose dannevoli alla gioventù studiosa ed al prestigio di questo liceo, che pure ha nobili tra-dizioni.

All'ultimo momento e qualche ora prima di partire il sig. Cavazza si fece scrupolo e m'invitò ad andare da lui, dicendosi dolente di dover partire, senza vedermi, e conferire con me.

Dolente anche io pel suo dolore, e bramoso di conferire con lui, non po­chi minuti, ma diverse ore, trovandomi in quel momento ai tribunali impe­gnato nella discussione di una gravissima causa, gli feci pervenire il seguente biglietto:

« Ill.mo sig. ispettore sono ai tribunali, e sebbene sia desiderosissimo di conferire con lei, san

dolente non potermi muovere e venire nell'ora indicatami nel suo invito. Se ella potesse fermarsi qualche altro giorno qui, farebbe cosa utile nel­

l' interesse della giustizia e della verità finora turlupinata da gente poco veri­tiera ed interessata che ha conferito con lei.

Con stima e devozione mi creda di lei devotissimo avvocato Luigi Scrivo » .

L 'ispettore, che pure col mio s.crivano aveva mandato a dirmi che avreb­

be risposto per iscritto al mio biglietto, poco dopo partì senza avere nem­meno l'educazione di rispondermi.

Si vede chiaro che l'interesse della verità e della giustizia non gli stanno a cuore, non solo perché essendo stato ben quindici giorni in Catanzaro non doveva aspettare di porre il piede sulla staffa per usarmi la canzonatura di mostrarsi dolente di partire senza conferire con me, ma ancora perché, se era rimasto a passeggiare per quindici giorni, poteva ben fermarsi poche al­tre ore e sapere da me i fatti gravi e determinati, dei quali dietro in parte si fa cenno, nonché nomi di testimoni autorevoli, che avrebbero potuto con­fermare quanto io avrei dedotto.

Ma egli ha capito che io avrei rotto le uova nel piatto come suol dirsi, e pensò bene di partire senz'altro.

, Dica V.E. se un'inchiesta condotta per tal modo possa contenere l e-spressione della verità ed essere di base ad un esatto giudizio dell'E. V.

Io dopo che il provveditore agli studi prese ad indagare e dopo che l'E. V. dispose l'inchiesta, credetti giusto il non continuare l'agitazione solle­vata con la stampa, appunto per non intralciare il corso sereno della inchie-sta medesima.

Fidente ora nell'alto senno dell'E.V. continuerò a tacere, sicuro che, trattandosi di quistione di supremo interesse, qual'è quello dell'insegna­mento e dell'educazione di questa balda gioventù calabrese, la burocrazia,

Sezione X - L ' anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 393

questa piaga viva di ogni governo, non intralci il corso della verità e della giustizia.

avv. Luigi Scrivo

78

Volantino di denuncia della situazione in cui versano gli istituti classici in Modica.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b . 1 6 , fase. « 1898-'99 - Modica liceo ginnasio. Inchiesta nel liceo-ginnasio » 1, a stampa.

Modica, l l luglio 1898

Le condizioni infelici delle scuole classiche in Modica 2•

Mentre da un lato ammiriamo l' ordine, la rettitudine e l'imparzialità di questo Istituto tecnico, annoverato con orgoglio dei cittadini, fra i primi istituti del regno, e mentre ammiriamo pure il retto andamento di queste scuole tecniche, dall'altro lato ci tocca deplorare gl'inconvenienti e i disor­dini, coi quali, a discapito della pubblica istruzione, a detrimento della gio­ventù studiosa e a disdoro del nostro paese, procedono invece queste scuole ginnasiali e liceali. Che si ordini un'altra inchiesta, che venga altra volta il comm. Cavazza 3, ispettore centrale presso il Ministero della pubblica istru­zione, o altri di pari sagacia, e troverà vero l'esposto.

Un preside 4 infatti per futili motivi si è permesso di apostrofare dalla cattedra gli allievi del terzo corso liceale colle parole di ignoranti e mascal­zoni. Tanta ingiuria non sarebbe rimasta impunita giudiziariamente e gerar­chicamente, se, per l'opera benefica di persone autorevoli e per le postume

1 Liceo ginnasio Tommaso Campailla. 2 Il documento è conservato in duplice copia. La prima è allegata ad una lettera del prefetto

di Siracusa al ministro, 27 agosto 1898, in cui si riferisce dei reclami contro il preside e alcuni professori. La seconda, postillata e decodificata nei riferimenti personali dal ministero, è quella qui pubblicata. Il documento è conservato in un sottofascicolo contenente alcuni documenti raccolti per l'inchiesta svolta dal provveditore agli studi di Siracusa Bonifacio Pili e dal prof. Gaetano M. Columba, docente di letteratura greca, presso la Facoltà di lettere dell'università di Palermo.

3 Pietro Cavazza. 4 Pietro Avogadro.

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394 Fonti per la storia della scuola

scuse dell'offensore, gli allievi non avessero generosamente rimosso le loro

querele. E dovette essere severo il giudizio che ebbe a dare in quella occa­

sione il provveditore agli studi mandato appositamente.

Due professori 1 sono venuti prima a diverbio e poscia a vie di fatto, per­

ché l'uno non fu appagato nella pretesa di veder promosso un suo parente

immeritevole dell'approvazione. Ed allora quale fiducia possono avere gli

alunni e i rispettivi padri di famiglia sulla correttezza o meno dei risultati de­

gli esami, quando un professore istesso osa pretendere un voto che potrà es-

sere non meritato? Un professore 2 , al colmo della collera, s 'è fatto lecito di ribellarsi al pre-

side mettendolo financo alla porta senza che quel superiore così maltrattato,

abbia avuto la forza di reprimere tanta insubordinazione. Si dirà che la pillo­

la sia stata ingoiata segretamente per non creare pubblicità, ma pur troppo il

fatto è noto. Un altro professore 3 , solito a battersi il petto in chiesa, non ha esitato

poi a danneggiare nei presenti esami la gioventù studiosa per malvagio istin­

to, e, sotto la promessa formale della pronta restituzione, è arrivato al punto

d'indurre un giovane candidato alla licenza liceale, a consegnargli, nel mo­

mento in cui questi subiva la prova un manoscritto che teneva in saccoccia e

che al professore, o ad altri per lui, sembrò di vedergli in mano. L'operato

dell'insegnante diventa certamente quello di un poliziotto quando lo allievo

che consegna il manoscritto, fidando nella lealtà della promessa, ne chiede

poi la restituzione e ne raccoglie piuttosto un aperto rifiuto. Nessuna igno­

minia pel giovane che nello sviluppo del tema si valga di un suo lavoro com­

piuto durante i suoi studi, ma nulla di edificante certo per l'insegnante che

dà così grave esempio di slealtà e si giova della fiducia del giovane per strap­

pargli una carta, la quale secondo i regolamenti scolastici in rigore non può

sequestrarsi qualora si trovi in tasca.

Un altro insegnante 4 chiamato ad assistere agli esami, ha adottato un

nuovo sistema, quello cioè di cucirsi alle costole del candidato pressandolo

a scrivere alla sua presenza e togliendogli in questo modo l'agio di pondera­

re e riflettere. E mentre, così egregio esaminatore continuava in quella vo­

luttuosa assistenza, anche quando l'orario per lui era già esaurito, il giovane,

così soffocato, si vedeva costretto a rinunziare al lavoro dichiarando d'esse­

re stato messo in quel modo nella impossibilità intellettuale di continuare.

Qualche altro insegnante, noto per aria dottrinale, fanatismo cardinalizio

e superbia luciferina si è mostrato soddisfatto per aver disapprov�to tutti � suoi allievi chiamandoli ignoranti e cretini, dimenticando che un nsultato s1

1 Silvestro Toscano, docente di storia naturale, Giorgio Floridia, docente di matematica al

ginnasio. 2 Giovanni Cirnigliaro, docente di lettere.

3 Eugenio Vischia, docente di matematica.

4 Pietro Morano.

Sezione X - L' anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 395

infe�ice, do�o un anno di studio, non può riuscire certo ad onore per lui che m tal gmsa ha dato la prova di un insegnante inetto.

Si è an.null�to an�ora per plagio qualche lavoro, laddove altri compiti ap­

partenenti a gwvam che ebber sequestrati ugualmente manoscritti sono ri­masti classificati. Con quale criterio? Sconosce forse la commissione esami­natrice che le leggi scolastiche prescrivono ancora lo annullamento del com­pito di quei giovani ai quali si siano ritrovati libri o fogli anche del tutto estranei al tema e che per ciò è ingiustificabile la diversità di trattamento per il fatto solo di essersi trovato nell'un compito un plagio non esistent� nell'altro?

Di fronte a qualche indulgenza verso gli alunni interni si è trovata inoltre la massima rigidezza verso gli esterni col concetto assai egoista di far distin­guere i primi sui secondi: agli uni si sono suggeriti, durante gli esami, schia­rimenti ed idee, agli altri si son negati.

Questi i fatti noti. Quanti altri non saranno rimasti occulti e sopiti, ma che potranno accettarsi colla implorata ispezione? .

Tante irregolarità, che hanno creato malcontenti nella cittadinanza e scoraggiamento grandissimo negli allievi (parte dei quali abbandona le no­stre scuole) costituiscono oggi la causa dello sfacelo di questo liceo e la giu­sta preoccupazione dei padri di famiglia, i quali mentre potrebbero giovarsi degli istituti locali, sono costretti ad aggravarsi di spese mandando altrove i figli.

Pertanto si reclamano al governo solleciti provvedimenti che valgano a ristabilire il decoro e la disciplina delle nostre scuole classiche.

Un gruppo di cittadini

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Due articoli pubblicati da <<La Gazzetta» di Siracusa in merito alla boc­ciatura di alcuni allievi del locale liceo. 1

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria(1897-1910), b. 16, fase. « 1898-'99. Siracusa. Liceo ginnasio » . Allegato alla relazione di Bonifacio Pili, a stampa.

a) Articolo da « La Gazzetta» del 22-23 aprile 1 900.

1 A seguito della bocciatura di alcuni allievi del liceo-ginnasio Gargallo era stata fatta una de�uncia anonima contro il preside dell'istituto, prof. Pietro Pellizzari. Ne era seguita un'in­chi�sta condotta dal pro;veditore agli studi della città, Bonifacio Pili. Dall'ispezione il preside usc1 completamente scagwnato. Di qui la polemica sul giornale locale.

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396 Fonti per la storia della scuola

Per questo liceo Fra le convenienze del galateo e tra le riforme da introdursi in un nuovo

codice parrebbe ormai indispensabile inserire un articolo concepito presso a poco in questi termini: ai giovani bocciati agli esami è lecito di dar libero sfogo ai propri risentimenti contro gli esaminatori in qualunque termine, con tutti gli sgorbi più sgrammaticati e, le sudicerie più oscene, sia sui muri o sia sulle colonne di stracci di carta sotto titoli di giornali.

Ogni commento parrebbe superfluo dal momento che i veri autori degli sgorbi si sottraggono sempre a ogni responsabilità, nascondendosi o sotto lo anonimo o dietro la buffa personalità di qualche ciabattino gerente respon­sabile.

Introdotto però quest'articolo, rimane pur sempre l'opinione pubblica, la quale conserva inalterata la sua stima a coloro che la meritano, sollevando la voce indignata contro questo sistema, non sappiamo se più riprovevole od incivile. Ed è in nome di questa opinione pubblica che sentiamo il biso­gno di esprimere la nostra nausea per ciò che avviene da qualche tempo in Siracusa.

Dall'epoca degli esami di ottobre, i professori e segnatamente l'egregio preside del nostro liceo, sig. cav. Pellizzari, son fatti segno da una stampa anonima ad un vomito di vituperi: son ragazzi bocciati, che si sfogano delle patite bocciature e delusioni. E poiché sono a tutti noti e più noti coloro che si nascondono, il paese anziché scemare la stima dovuta ai professori e al preside mentovati, l'aumenta meritamente, confermando a ogni nuova inso­lenza il disprezzo di tutta Siracusa per la vacuità e scempiaggine dei detrat­tori. Dei quali, se continueranno a imbrattare i fogli delle loro sudicerie, ci sentiremmo fin d'ora autorizzati a cantare in tutti i toni e senza risparmio i titoli, le qualità, le gesta, il passato ed il presente e tutto ciò che bolle nella pentola di questi nuovi eroi della penna; in modo da renderne imperitura la memoria della non barbara ed incivile Siracusa, come la si potrebbe giudica­re dalle loro espettorazioni. Del resto, noi e con noi il paese siamo soddi­sfatti dell'andamento dell'istituto, dell'onestà, dello zelo e dell'intelligenza con cui preside e professori adempiono al nobile e delicatissimo ufficio a lo­ro affidato.

b) Articolo da «La Gazzetta» del 6-7 maggio 1 900 Pel nostro liceo .

Poveri bimbi, come ve la siete pigliata a male! E dopo tutto perché? Per­ché abbiamo detto quello che voi avete ingenuamente confessato: che siete scolaretti bocciati e che tutte le frottole che vi son uscite dalla penna vi son state dettate dagli idoletti, che voi stessi vi siete presa la pena di denunziare. Del resto noi non avevamo che a battere un po' il campo delle vostre scape­strerie ortografiche per far saltare fuori lo stormo delle quaglie che si na­scondono dietro a voi. E fossero quaglie menomale ma son baritoni cantan-

Sezione X - L ' anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 397

ti, e di che voce! Ma procediamo per ordine e presentiamo al pubblico tutte le figurette di questa farsa comica. Prima di tutto comparite voi che vi attri­buite la modesta qualifica di giovani in cui è riposto l'avvenire di questa po­vera Italia, cioè vittime del rigore delle leggi di coercizione delle pene dei castighi di tutti quei camorristi e maffiosi che voi avete accusati; e vi procla­mate eroi degli sputacchi con cui stellavate gli zeri dei vostri esami pubblica­ti nell'albo dell'istituto. Con voi due o tre lunatici frementi che nei lunghi ozi forzati e nei digiuni si camuffano da socialisti. Dietro a questi stanno na­scosti e rannicchiati per non essere visti; ma abbastanza ingombranti e su­surroni gli onesti padri di famiglia, integerrimi, intransigenti, in duolo pe­renne per le bocciature dei figli. Poi un uomo anch'esso onestissimo, since­ro, uno scienziato, gloria e onore, onore e gloria del nostro liceo: amen!

E parrebbe abbastanza; ma che è che non è? ecco scendere dal settimo cielo, minaccioso come un arcangelo Michele - e questa volta per grazia di Dio professore del nostro liceo - un uomo onesto, il quale con melato, un­tuoso e filosofeggiante accento proclama i novelli diritti della libera stampa, personificata in quei vas d'elezione che siete voi e nei baritoni vostri intona­tori.

Ora, vediamo che cosa vuole tutta questa truppa di onesti virtuosi. Ecco, ve lo dicono essi stessi: vogliono amore, benevolenza scambievole, concor­dia, solidarietà, e in altri termini: indulgenza plenaria, occhi bendati alle so­lite marachelle dei compitini piovuti dalla Spirito Santo, passati e copiati con mariolesca destrezza e vogliono dire: lasciar fare, lasciar dire, e mettere in sacco quel re travicello, mandato dal governo all'ufficio compassionevole della presidenza; magari anche sostituirlo se ci sia da raccogliere qualche battimano nel circo olimpico dei nipoti, cugini, affini, di semidei e figli di semidei, cittadini esaminandi affetti da idiotismo congenito. Se pur non scenda quel tale arcangelo Michele per dar lo sgambetto all'uno e all'altro, quando ci fosse da mettere insieme qualche soldicello per la crescente fami­glia o per gonfiare il pallone della sua disfrenata vanità.

Nel prossimo numero usciremo di metafora e metteremo i punti sugli i . . . narrando il che, il come, il quando, le funzioni, i vizi cronici, le qualità che distinguono i nostri personaggi, i gradi accademici accaparrati nelle ge­rarchie sociali che servono loro di sgabello, d'ombra, di scusa per dar con­torni e forma alle loro paradossali vanità.

L 'inchiesta è la moda dell'ora presente e noi ci rassegniamo a seguirla; la faremo ben altrimenti seria, senza bisogno di spendere un soldo per com­prare strilloni di giornali o testimoni e far vittime fuori del giusto e dell' one­sto. La faremo senza paura perché grazie a Dio non abbiamo nulla da na­scondere e possiamo rispondere a tutti e in tutti i modi come e dove piaccia dei fatti nostri. Agli scolaretti non ci saremmo presi il fastidio di replicare; ma vogliamo far conoscere al pubblico gli onesti ispiratori e andremo a rin­tracciarli, senza riguardi fin nelle loro case e faremo loro vuotare il sacco,

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398 Fonti per la storia della scuola

lasciando a tutti giudicare dell'eroismo di questi campioni della verità e del­la giustizia che tentano di nascondersi dietro l'ombra di quattro ragazzi, sen­za pensare che le esalazioni del loro alito infetto guidano ogni buon min­chione alla loro scoperta.

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Lettera degli studenti del r. liceo Maurolico di Messina al preside riguar­dante alcuni problemi sorti nello svolgimento del programma.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. 46, fase. « 8 . p. g. -1 90 3 . Esami nel liceo di Messina. Commissario regio. Punizioni. Inchiesta Cocchia Enrico » . Allegato XXII, « Rimostranze dei giovani » contro i professori per il sovrac­carico dell'insegnamento, alla relazione di Enrico Cocchia 1. Inchiesta Cocchia 29 ott. 1 902, ms. con firme autografe.

1 1 gennaio 1 902

Illustrissimo sig. preside,

parrebbe insultare alla subordinazione dello scolaro al maestro questo, che oggi noi sottoponiamo al suo retto giudizio; ma, dacché conscienziosa­mente adoprandoci e con ogni sforzo ad ottemperare ai doveri della scuola, non riusciamo quasi mai a compirli ed in tutto; né credendo che il sentimen­to d'una intera classe possa esser causato da natural deficienza intellettuale o morale; ci convinciamo adesso, trascorso il primo bimestre, della sensa­tezza di questa nostra dichiarazione nonché della sua necessità.

Nel passato anno (non discutiamo chi v'abbia la colpa) non s'è finito di sviluppare il programma, che riguarda la letteratura italiana e precisamente s 'è dovuto tralasciare l'intero seicento. Non era questo divisamento del pro­fessore, poiché anche oggi ripete il lamento dello scorso anno per il manca­to (noti bene) sviluppo del programma di Ila liceale. Riconosce egli dunque quanto gravoso sia questo lavoro aggiunto alla Illa classe; ma che importa a noi se semplicemente lo riconosce? Non consente la materia tralasciata uno studio troppo superficiale, lo vediamo anche noi, ma è possibile oggi farne

1 Durante la sessione degli esami autunnali del 1902 scoppiarono dei disordini studente­schi. Fu disposta un'inchiesta ministeriale terminata con una relazione negativa per alcuni do­centi. Tra la documentazione acquisita dalla relazione ispettiva sui fatti che precedettero i di­sordini studenteschi, fu allegata la lettera qui pubblicata.

Sezione X- L ' anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuote del Regno 399

troppo �ccurato stud�o? Le dirà l'egregio sig. professore che l'ha svolta oggi sommanamente, ma e per questo che noi non riteniamo quei concetti, che pur hanno una somma importanza, dando un carattere originale alla lettera­tura di quel tempo. Ed è perciò che nella ripetizione generale così cattiva prova la classe intera ha dato; e non crediamo che per questo il signor pro­fessore cambi d'intento. Esteso così il programma della letteratura, che è pur denso abbastanza per quanto riguardi la semplice Illa classe, riesce one­roso lo studio

. di Dante quantunque in classe se ne faccia una semplicissima,

se non meschma, lettura. Ma riesce ancor più pesante sì l'uno che l'altro la­voro s'ella consideri la pretesa del sig. professore, di farci studiare accurata­mente facendone financo sunti per iscritto, le prose del Mazzini libro sem­plicemente consigliato ed il cui studio è affidato semplicemente' alle nostre vedute; lo studio a memoria delle liriche dell'antologia del Ferrari \ i sunti del Torraca, tutta materia di cui bisogna rendere minuto conto all'esame come di fatto nella recente prova abbiamo potuto vedere.

'

. �egli anni passati non si studiò affatto letteratura latina e greca; s 'ella to­

gliera quel poco che delle prime una sola sezione l'anno scorso studiò col prof. Strazzulla 2 e quello della seconda che un'altra studiò col prof. Neri 3• n nuov� profes�ore (ed �nche qui è la nostra disgrazia, di non potere avere per tutto 11 corso il medesrmo professore) forse a ragione, vedendo che molto po­trebbe nuocerei l'ignoranza delle letterature classiche, ha ridotto a questo an­no tale studio e, che è più, non rendendolo affatto sommario: v'ha aggiunto an�ora quello della sintassi greca sul manuale del Zenoni 4• Su tutto questo nm non crediamo doverci dilungare, perché troppo chiaro, ci sembra, appari­sce quanto nella sua utilità riesca oggi dannoso questo studio a dirla in veri­tà, fuor di luogo, perché assorbe esso solo tutto il tempo eh� alle rimanenti materie devesi pur dedicare, e non ne lascia alle versioni, che pur sono conti­nue e necessarie.

Lo studio delle scienze, un po' gravoso per il liceo, riesce così per noi im­possibile e uno squilibrio totale s'ha nell'opera nostra. Da esso esce intralcia­to lo studio più importante del liceo: quello dell'italiano; non restando alcun tempo per compire la nostra cultura artistica, lo sviluppo delle nostre idee, per cui tanto si lagna l'egregio professore d'italiano.

Creda, sig. preside, questo che noi le diciamo essere l'impressione più sin­cera dei nostri sentimenti, pari a quelli di chi, pur volendo ad ogni costo fare non riesce a compire opera alcuna.

Ella vorrà prendere in considerazione e partitamente tutto quan�o noi pre­sentiamo al suo giudizio e a quello della intera commissione.

1 C. FERRARI, Nuove liriche, Bologna, soc. tip. già compositori, 1888. 2 Vincenzo Strazzulla, docente comandato per le lettere latine e greche. 3 Egisto Neri. 4 GIOVANNI ZENONI, Manuale teorico-pratico di sintassi greca, 17 • ed. , Venezia, tip. Emi­

liana, 1 888.

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400 Fonti pet· la storia della scuola

Fiduciosi in lei non aggiungiamo altro né pensiamo affatto al partito, cui dovremmo appigliarci, qualora il suo giudizio potesse sembrarci di poco va­riare la nostra condizione.

Con distinta stima la riveriamo Gli alunni della Illa liceale [seguono 24 firme]

8 1

Copia della lettera del sottoprefetto di Fermo, relativa ai professori del r. liceo-ginnasio della città. 1

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. 63, fase. « Fermo . 1 908. Inchiesta al liceo ginnasio » , ms .

Fermo, 28 aprile 1 908

Come V.S. Ill.ma non ignora nella lotta politica amministrativa svoltasi recentemente in questa città il blocco dei partiti socialista, repubblicano e radicale sorretto dalla massoneria, mosse guerra accanita all' on. Falconi 2 e ai monarchici costituzionali e clericali, non tralasciando mezzo alcuno a combatterne la riuscita nelle elezioni fra cui la pubblicazione di un giornale intitolato « Il Fascio delle forze democratiche fermane » 3.

Come fautrice del blocco, composto in massima parte di elementi con­trari alle istituzioni che ci governano, si fece subito notare in modo evidente la maggior parte dei professori di questo r. liceo-ginnasio Annibalcaro . Seb­bene avvenute il 22 marzo u . le elezioni generali amministrative con la vit­toria dei partiti clericale e monarchico insieme allegati, il giornale « <l Fa­scio » ha continuato nelle sue pubblicazioni proseguendo più che mai a fare sfoggio di principi anticlericali e di dimostrarsi assolutamente ostile al depu­tato conte Falconi e alla maggioranza del Consiglio comunale. E principali redattori de «<l Fascio » sono ora vari professori del detto r . liceo-ginnasio, cosicché il menzionato giornale può dirsi sia emanazione e opera del preside e di buona parte degli insegnanti del predetto istituto.

1 Questi ed altri materiali sono conservati a seguito dell'inchiesta sul liceo i cui docenti vennero accusati di propaganda anticlericale. Un'inchiesta fu così effettuata da Enrico Mestica, provveditore agli studi di Ascoli Piceno nel giugno 1908.

2 On. Gaetano Falconi, deputato del collegio di Fermo. 3 «<l Fascio - giornale della democrazia fermana» era in polemica con il giornale « La Voce

delle Marche », periodico morale, politico, letterario, settimanale.

Sezione X- L ' anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 401

Nell'informare di ciò la S. V. Ill.ma per la debita intelligenza in continua­zione ai precedenti miei rapporti del 1 3 e 23 volgente mese n. 67 e 68, av­verto che l'onorevole Falconi indignatissimo pel contegno dei detti profes­sori, intende provocare contro i medesimi provvedimenti di rigore. Unisco l'ultimo numero pubblicato dal suddetto giornale « <l Fascio ».

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Il sottoprefetto firmato Bianchi 1

Lettera di Gaetano Falconi 2 ad Augusto Ciuffelli 3 in cui si rileva l'oppor­tunità di una inchiesta nel liceo-ginnasio Annibalcaro di Fermo.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. 63, fase. « 1908. Fermo. Inchiesta nel liceo-ginnasio » , ms. con firma autografa.

Fermo, 2 maggio 1 908

Caro Ciuffelli,

Questo regio liceo-ginnasio Annibalcaro attraversa disgraziatamente un periodo di crisi che può divenire disastroso per la città non solo, ma per nu­merose famiglie.

Partito, alla fine del passato anno scolastico, il bravo preside egregio professar Kessler 4 per raggiungere la sua nuova residenza a Lodi, destinati a questa sede qual preside il prof. Tamburlini 5 ed altri nuovi insegnanti, il ma­le, che già si manifestava per opera di due soli insegnanti, il Barbieri 6 titola­re di filosofia e l'Egidi 7 professore di ginnasio si è aggravato in proporzioni veramente allarmanti.

Si tratta di una vera e propria propaganda antireligiosa ed anticostituzio­nale, sistematicamente organizzata nella scuola e fuori, con la parola e con

1 Sottoprefetto Alberto Bianchi. 2 Deputato del collegio di Fermo. 3 On. Augusto Ciuffelli, in quel momento sottosegretario alla pubblica istruzione. 4 Giovanni Kessler, preside in quel momento del r. liceo ginnasio Pietro V erri di Lodi. 5 Francesco Tamburlini. 6 Armando Barbieri. 7 Francesco Egidi.

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402 Fonti per la storia della scuola

la stampa, nella quale si distinguono il prof. Barbieri, prof. Egidi, prof. Pa­lazzani 1 e, con forma più violenta ed ineducata, il prof. Guido Zacchetti in­segnante d'italiano, ultimo sovraggiunto in sostituzione del hravissimo e buon prof. Rocchi 2, destinato al Cicognini di Prato.

Essi proseguono sempre più animosi per la loro via sentendosi approva­ti, incoraggiati anche dal preside prof. Tamburlini.

Questi ostenta l'anticlericalismo (intendo dire avversione al sentimento religioso) a tal segno da prender parte pochi giorni dopo d'esser giunto a Fermo ad un accompagnamento funebre fatto in forma civile dalle associa­zioni antimonarchiche per la morte di un suicida, di professione barbiere, da cui il sig. preside non aveva avuto occasione di farsi rader la barba nean­che una sola volta.

Alle osservazioni fattegli sulla sconvenienza e inopportunità di simili ostentazioni, egli rispondeva che, non sarebbe mancato mai ad alcuna dimo­strazione di simil genere.

Si aggiunga a tutto questo l'essere egli, il Tamburlini, dedito al giuoco ed a far debiti, così da rimanere al tavolo fino alle prime ore del mattino.

Costituitosi a Fermo il blocco massonico-socialista, per combattere con­tro di noi la campagna elettorale amministrativa, ch'ebbe il suo epilogo con il trionfo dei costituzionali dell'associazione dei commercianti e dei cattoli­ci, nei comizi del 22 marzo u .s . , alcuni dei professori, quelli di sopra indica­ti, s 'impegnarono nella lotta con ardore e audacia incredibili, e si fecero so­lidali con gli elementi più avanzati e con i partiti sovversivi, che del blocco anticlericale costituivano la più forte e numerosa schiera, nella quale figura­vano pure i pregiudicati della peggiore specie ed anche i teppisti.

Dopo la sconfitta del blocco, i professori, dei quali più specialmente io m'interesso, continuarono sfacciatamente nella redazione del periodico «<l Fascio » , nell'agitare e nel sobillare la scolaresca e nell'offendere i migliori cittadini, a cominciare da S.E. revend.ma monsignor arcivescovo Castelli, venendo già giù al sottoprefetto e ad altri degnissimi cittadini.

Che più? or sono tre o quattro giorni a proposito di una di queste vele­nose polemiche, il prof. Barbieri non si peritava di rivolgere al collega del ginnasio pro f. Alessandrini 3, queste precise parole: basta esser preti per es­sere anche porci e vigliacchi. Nel corridoio del ginnasio : presenti gli alunni??

Ogni commento guasterebbe. T'invio tre numeri de «<l Fascio » nel quale si leggono articoli portanti la

firma del prof. Zacchetti. Anche gli articoli non firmati sono dovuti alla pen­na dei soliti professori.

1 Saverio Palazzani, docente nel ginnasio. 2 Raffaele Rocchi, docente di letteratura italiana. 3 Serafino Alessandrini, docente delle classi superiori del ginnasio.

Sezione X - L' anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 403

Ho segnato, in matita rossa e blu, alcuni periodi meritevoli di speciale at­tenzione.

Stando così le cose credo mio dovere invocare formalmente una pronta inchiesta sulle condizioni attuali del nostro regio liceo-ginnasio, da doversi affidare ad un funzionario che per dottrina, rettitudine, indipendenza di ca­rattere sia superiore ad ogni eccezione e che, in ispecie, non abbia legami di associazione massonica.

Sono certo che tu riconoscerai legittima e giustificata la mia richiesta e che troverai pure opportuno e conveniente che al riaprirsi della Camera io rivolga, su questo argomento, a S.E. il ministro un'apposita interrogazione.

Colgo poi di buon grado questa occasione per confermare a te immutata la mia fiducia ed inalterati i sensi di stima e della più cordiale amicizia.

Di cuore aff.mo

Gaetano Falconi

Gli alunni del liceo furono dai professori incitati a tenere un'adunanza, nei locali della Società operaia, per esprimere una protesta in loro favore.

Cosa insomma sconvenientissima! ? !

Gaetano Falconi

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Due articoli del «Giornale di Sicilia» relativi al suicidio di un allievo del­la 4a classe ginnasiale del ginnasio Garibaldi di Palermo.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. 63, fase. « 1 908. Pa­lermo - Garibaldi - Suicidio dell' aluru:io Milazzo Gaetano » . Allegati 8-9 alla relazione ispettiva del settembre 1908, a stampa.

a) Articolo dal «Giornale di Sicilia» del 22-23 giugno 1908 [Allegato n.8 alla relazione ispettiva del settembre 1908] .

Il suicidio di uno scolaro Il padre dottor Milazzo reclama al provveditore

Come il « Giornale di Sicilia» ha narrato nella sua cronaca, l'egregio dottor Gioacchino Milazzo veniva colpito l'altro giorno nel più caro degli affetti da una sciagura tremenda. Il suo figlio tredicenne - allievo della 4a ginnasiale -

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404 Fonti per la storia della scuola

si suicidava perché perseguitato (o tale il caro e infelice giovinetto si ritene­va) nella scuola. Ora, lo sventurato padre ha inviato al r. provveditore agli studi la seguente protesta che ci prega di pubblicare. E noi aderiamo al desi­derio del medico esimio e del genitore affranto da così tremendo dolore, re­so più acerbo dal sapere il figliuoletto sua vittima di inspiegabili rigidismi, augurando che una parola ufficiale possa venire ad attenuare la terribile im­pressione che fra tutto il pubblico farà così grave, straziante documento.

Ill.mo signor provveditore degli studi - Palermo Annichilito come sono per la tremenda ed inattesa sventura che ha colpi­

to me e la mia famiglia, svegliato appena come da un sogno spaventevole, che pure è la realtà, penso che anche a Palermo funziona un provveditore agli studi.

Io non so se V.S . Ill.ma sarà:·stata informata che mio figlio, l'unico, a tre­dici anni appena, forte, sano, studioso, buono, bello, generoso, dotato di un'affettività senza pari, allievo del 4 ° corso ginnasiale alla scuola Garibaldi, amato ed apprezzato da quanti lo conobbero, l'idolo mio e della mia sventu­rata consorte, si sia ucciso per rapporti colla scuola.

Io non so se V.S. abbia appreso che la lettera di congedo !asciatami da quell'angioletto, dettagliata, documentata, terribile, sia un vero atto d'accu­sa per quel maestro che non seppe in un anno comprendere con quale ani­ma generosa, ricca di amor proprio, aveva da fare, e che invece tanto con­tribuì ad avvilirla, sì da spingerla a quella determinazione fatale e spavente­vole!

Ricorderà però di certo che, prima di cominciare l'anno scolastico, io venni a pregarla di trasferire il mio figlio dal Garibaldi in altro ginnasio, pre­ghiera che io mi mossi a darle impressionato dalla riluttanza che la mia crea­tura aveva a frequentare quella scuola per la fama punto benevola che pres­so i discenti aveva quel maestro. E ricorderà che ella oppose un ostinato ri­fiuto poggiato sulle disposizioni regolamentari.

Io ignoro i limiti in cui si esplicano i doveri di chi, come V.S . , sovrain­tende al buon andamento della scuola, credo però che il fatto dolorosissi­mo, che pel grande pubblico che guarda e passa può restare semplicemente una nota triste e pietosa di cronaca, non debba limitarsi a restar tale per V.S.

E come l'autorità giudiziaria ha iniziato il suo procedimento, credo, se il mio cervello tutt'ora sbalordito non mi inganna, che anche la S .V. , di fronte al caso gravissimo, abbia il dovere di inquirire.

Nulla io ho di più da ripromettermi dai nostri istituti educativi, perché

nulla mi è restato. Altruista come sono stato sempre, e per tendenza e pel mio esercizio professionale, penso che lo intervento di V.S . fosse di un do­vere sacrosanto, non dico per dare alla povera vittima quelle giustificazioni che chiede morendo, ed alla desolata famiglia una parola di interessamento, ma per lo meno, allo scopo di evitare il ripetersi possibile di simili tragedie.

Seguendo con cura di padre oculato e premuroso l'educazione del mio

Sezione X- L 'anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 405

povero figliuolo io soleva dire, e credo di aver detto anche a V.S. che avere i propri figli a scuola di « questi tempi» in rapporto a quelli che furono era una vera disgrazia! Non avrei mai creduto che questa disgrazia potesse arri­vare fino all'abbisso in cui io fui precipitato.

E V.S. che, come tanti altri, ha fatto il gran gesto a favore della scuola laica, scuola interamente da formare, ma che finora non merita di essere chiamata tale, metta questa mia tragedia tremenda all'attivo di questa istru­zione che tutto lascia a desiderare dalla moralità al metodo, dai criteri di pe­dagogia ai requisiti degli educatori, dal disinteresse alla missione degli inse­gnanti.

Mi creda dott. Gioacchino Milazzo

b) Articolo dal « Giornale di Sicilia » del 5-6 luglio 1 908. [Allegato n.9 alla relazione ispettiva del settembre 1908]

Palermo, 3 luglio 1 908

Strascichi di un doloroso caso

Riceviamo con preghiera di pubblicazione: Egregio signor direttore del « Giornale di Sicilia» facendo appello alla sua imparzialità la preghiamo di voler pubblicare, a

proposito dei suicidio del giovinetto Milazzo, quanto segue: Noi professori secondari non ci siamo finor pronunziati su le lettere pub­

blicate dal dott. Gioacchino Milazzo, contenenti apprezzamenti gravissimi all'indirizzo di un nostro collega, sicuri che un'inchiesta avrebbe subito di­mostrata l'opera coscienziosa di lui, apportando piena luce sul doloroso fat­to, di cui tanto si è discusso . Ma giacché le conclusioni dell'inchiesta si fa­ranno ancor attendere, noi sentiamo il dovere di dichiarare, contrariamente a quanto venne asserito, sia pure in tutta buona fede, che al nostro collega, noto a tutti per la mitezza e gentilezza d'animo, non venne mai meno né la stima di noi né la fiducia e l'affetto della studentesca; e teniamo a significar­gli la nostra solidarietà massime in questo intervallo di tempo, in cui egli, di fronte a una pubblica accusa immeritata quantunque mossa certamente da cieco dolore, ha creduto doveroso di sacrificare ogni legittimo risentimento in omaggio alla sventura.

A pubblicare la presente dichiarazione siamo stati indotti dal desiderio di render nota al pubblico, sì fortemente e con ragione impressionato, la con­vinzione di tutti noi insegnanti su la nessuna responsabilità del collega ingiu­stamente accusato, e nello stesso tempo dal bisogno di esortare il padre ad

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406 Fonti per la storia della scuola

attender più serenamente le risultanze di un'inchiesta, che proverà la perdi­ta del figlio esser dovuta a fatale sventura piuttosto che a malevolenza o per­secuzione di chicchessia.

[Seguono sessantadue firme]

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Manifesto murale a firma degli studenti del r. liceo-ginnasio di Monteleo­ne di Calabria.

ACS, MPI, Dir. gen. per l'istruzione secondaria (1897-1910), b. 67, fase. « 5 . 1 909. Monteleone di Calabria» . Allegato alla lettera del prefetto di Catanzaro al ministro del 2 2 . 4 . 1909. Doc. a stampa.

Monteleone di Calabria, 3 marzo 1 909

Gli studenti del r . liceo-ginnasio di Monteleone di Calabria. Considerato essere vere le notizie già pubblicate nei giornali sulle tentate

inframmettenze dell'autorità politica nell'imminente elezione - e special­mente di quelle spiegate presso il preside 1 di questo istituto e la classe degli studenti, dalla quale si sarebbe voluto un'aperta dimostrazione a favore del deputato uscente = Che il Collegio dei professori è composto di uomini pienamente coscienti dei loro diritti ed ossequenti sovratutto agli alti princi­pii di libertà = E che gli studenti sentono il dovere di rendersi pienamente solidali con loro e di proclamare che alle pubbliche dimostrazioni essi non s'inducono se non quando sono ispirati da alti e nobili ideali;

Considerato che la lotta che si combatte contro lo Squittì 2 è lotta nobile e degna d'ogni coscienza onesta;

Ricordando che lo Squittì fu intermediario tra la polizia e un tristo ven­duto per denigrare Enrico Ferri 3;

1 Alessandro Donati. Da una lettera riservata del preside al ministro della pubblica istruzio­ne del 6 mar. 1909 si colgono i precedenti del fatto cui il manifesto si riferisce. Il sottoprefetto avrebbe fatto pressioni sul preside e il cotpo insegnante perché si favorisse la delezione del­l'on. Squitti, persona cui «il governo tiene moltissimo » .

2 Baldassarre Squitti dei baroni di Palermiti e di Guarno, deputato d i Catanzaro II, Tropea, Monteleone nelle legislature XVII-XXIII e XXV-XXVI. Alla Camera fece parte del gruppo demo­cratico liberale. Sottosegretario alle poste e telegrafi dall'agosto 1901 all'ottobre 1903 nel gabi­netto Zanardelli. Vice presidente della Camera nella XXV legislatura.

3 Enrico Ferri (1856-1929), uomo politico di estrema sinistra, fu deputato dalla XVI alla XVIII legislatura. Diresse !'«Avanti! " dal 1900 al 1905 . Fu condannato a un anno e due mesi di reclusione per diffamazione del ministro Bettolo (Marina) durante la campagna giornalistica del 1903.

Sezione X- L ' anti-scuola, scandali e polemiche nelle scuole del Regno 407

Ricordando i voti da esso Squitti dati contro l'avocazione della scuola al­lo Stato, contro l'inchiesta sulla magistratura in Calabria, contro l'inchiesta sui fondi del terremoto 1905, e da ultimo il voto a favore dell'ordine del giorno Fusinato 1, col quale il governo italiano dava il benestare alle bestiali sopraffazioni d'Oltre Alpi.

Si augurano che Monteleone, liberandosi da un simile rappresentante, sappia conquistarsi una rappresentanza degna di onesti e liberi cittadini 2 •

1 Guido Fusinato (1860-1914), deputato di Feltre nelle legislature XVIII-XXIV. Alla Camera sedette a destra. Fu varie volte sottosegretario dal 1899 al 1905 . Per alcuni mesi (maggio-ago­sto) del 1906 fu ministro della pubblica istruzione.

2 Il documento-manifesto fu opera probabilmente del prof. Eugenio Scalfaro, docente pres­so il liceo-ginnasio Filangieri, come risulta dalla nota del prefetto di Catanzaro al ministro della pubblica istruzione del 22 aprile 1909. Nella lettera si dice che il contenuto del manifesto fu misconosciuto dagli studenti che si affrettarono a strapparlo appena affisso.

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SEZIONE XI

NEL PRIMO DECENNIO DEL '900

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Relazione sulle condizioni dell'insegnamento medio, quali risultano dai rapporti dei provveditori alla reale Commissione d'inchiesta.

ACS, MPI, Reale Commissione d'inchiesta per la pubblica istruzione (1908-1911), b.27, fase. «Parte II. Relazione sulle condizioni dell'insegnamento medio, giusta i rapporti dei provveditori agli studi » , pp . l66- 185, datt.

Vigilanza didattica, amministrativa e disciplinare del provveditore.

Si sono riportate, integralmente o in sunto, le risposte che dai provvedi­tori sono state date a tale quesito, poiché da esse apparisce quanto sia gran­de l'indecisione e la difformità di criteri e di vedute che corre tra i varii provveditori in questo così importante argomento.

Ricapitolando, qui, quanto dalle risposte si rileva, si può affermare che i provveditori sono divisi in tre capi distinti: la maggioranza di essi ritiene di non essere in grado di avere alcuna ingerenza sostanziale e profonda sulle scuole medie, sia nei riguardi didattici, che nei riguardi amministrativi e di­sciplinari; altri provveditori, per contro, ritengono essere intatte le facoltà loro deferite dalla legge Casati ed affermano in fatto di esercitarle; altri provveditori, finalmente, si limitano ad affermare che la loro ingerenza nei riguardi amministrativi e disciplinari è stata regolata secondo le tassative di­sposizioni delle leggi e dei regolamenti vigenti.

Il primo gruppo di provveditori, il più importante per numero, del quale può dirsi l 'esponente il provveditore di Perugia, la cui relazione diligente è stata [v. all . l] a spiegare la sua azione ordinariamente scarsa, se non addirit­tura negativa, in rapporto alle scuola medie, adduce:

P - La mancanza di tempo; in quanto il provveditore, occupato da un'in­gente mole di lavoro anche burocratico che gli deriva in ispecial modo dalle attribuzioni sue in materia di istruzione elementare, non trova modo di po­ter volgere la sua azione in pro della scuola media.

2 o - La mancanza di mezzi idonei. Se, infatti, al provveditore può, in teo­ria, esser possibile di visitare le scuole del capoluogo della provincia, ren­dendosi in tal modo conto de visu delle condizioni degli istituti sotto ogni aspetto, non è dato eseguire visite negli istituti fuori del capoluogo, senza che intervenga il consenso del ministero.

Il provveditore di Arezzo afferma che poiché il ministero non sempre concede tale facoltà, egli, per non esporsi a dinieghi, il più delle volte non

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4 1 2 Fonti per la storia della scuola

la domanda; quello di Udine dichiara che, in tali condizioni, chiedere la fa­coltà di visitare gli istituti è umiliante. Ed in ogni caso, si afferma, la necessità del consenso del ministero induce il più delle volte un ritardo rilevante cosic­ché accade che quando giunge, se pur giunge, i mali dell'istituto che dovreb­besi visitare, o le irregolarità che si dovrebbero sanare, son già vecchi.

E, del resto, l'asserita difficoltà con la quale il ministero accorda il suo consenso troverebbe conferma nelle asserzioni precise di qualche provvedito­re. Quello di Forlì, ad esempio, ripetutamente richiese di ispezionare, almeno una volta l'anno, le scuole medie fuori del capoluogo, ma non l'ottenne mai, ed ugualmente è accaduto ai provveditori di Parma e di Treviso, mentre al provveditore di Torino, fu impedito di andare a Fenestrelle e ad Oulx a visi­tare quei ginnasi, come egli ne aveva fatto richiesta, per esser sicuro che si sa­rebbero spesi bene i sussidi che il governo dà ai ginnasi medesimi.

3 o - La mancanza di disposizioni che determinino con precisione le attri­buzioni del provveditore sugli istituti secondari. [ . . . ] Questa mancanza di istruzioni o di disposizioni precise, specie dopo le ultime leggi sullo stato giuridico ed economico degli insegnanti 1, porta di conseguenza che molti provveditori esercitano la loro sorveglianza e le loro poche attribuzioni sol­tanto da lontano e che, se anche ne avessero il tempo, non si ridurrebbero neppure a compiere visite nelle scuole del capoluogo.

Il provveditore di Alessandria afferma che «un provveditore non si az­zarda a visitare, senza l'autorizzazione ministeriale, una scuola media, per non esporsi al pericolo di vedersene impedito l' ingresso da un preside, gelo­so della propria autorità e non troppo cortese».

Il provveditore di Bari scrive che la vigilanza si esercita secondo le nor­me suggerite dalle leggi e dai regolamenti con circospezione, in modo che l'ingerenza non sembri offesa all'autonomia dei capi d'istituto, o conseguen­za di diminuita fiducia in essi.

Il provveditore di Macerata afferma che le poche visite che fa sono visite di forma e, insieme al provveditore di Mantova, dichiara che le visite sono malamente tollerate dagli insegnanti.

Il provveditore di Palermo ritiene che nessuno dei suoi colleghi controlli con visite personali l 'opera dei capi degli istituti, degli insegnanti e dei se­gretari, perché i capi predetti non ammettono controllo personale del prov­veditore nei loro uffici, né nell'insegnamento, se non in seguito, ad ordini ministeriali. Più di una volta, egli prosegue, si accesero fra capi di istituto e provveditore vertenze vivissime, perché i primi si credettero in diritto di rendersi conto dell'efficacia dell'insegnamento; ma la questione di compe­tenza non fu mai risolta in termini tassativi e generali, ed i provveditori han­no abbandonato ogni ingerenza diretta e di controllo, e l'hanno esercitata solamente in adempimento ad ordini ministeriali.

1 Con le leggi nn. 1 4 1 e 142 dell'8 apr. 1906, venne stabilito lo stato giuridico ed economi­co degli insegnanti.

Sezione XI - Nel primo decennio del '900 4 1 3

Il provveditore di Porto Maurizio constata che il prestigio dell'autorità del provveditore per le scuole secondarie si risolve piuttosto in deferenza personale che in osservanza gerarchica.

Il provveditore di Siracusa esercita personalmente la sua vigilanza solo in casi gravi, e sempre in seguito ad autorizzazione del ministero; ugual cosa afferma quello di Genova. Ed i più notano anche che quando l'autorizzazio­ne giunge da parte del ministero, essa è tardiva, cosicché il provveditore non riesce ad impedire il male al suo primo manifestarsi.

4 o - Da siffatte limitazioni, che i provveditori ritengono poste all'opera loro, deriva che essi non hanno notizia di quanto avviene nelle scuole medie per constatazioni personali, ma per l' indiretta conoscenza che loro ne viene dalle relazioni dei capi d' istituto, dalle pratiche d'ufficio, dai ricorsi, dalle informazioni private che affluiscono anche non chieste e dalla opinione pubblica. L'opera loro, quindi, non va più in là del ricevere comunicazioni d'assenze di insegnanti, di modifiche d' orari, di sollecitazioni per pagamen­to ritardati, qualche ricorso e certificati di licenze da firmare. L'opera loro s 'intensifica solo allorquando nasca qualche inconveniente amministrativo o disciplinare, nel qual caso, dopo il debito permesso, corre a compiere una inchiesta per riferirne, poi, al ministero.

5o - La mancanza di un potere disciplinare sui professori, specie dopo le leggi sullo stato giuridico degli insegnanti.

6 o - La sfiducia che ingenera nei provveditori l'azione o completamente negativa o poco pronta ed efficace, spesso impacciata del ministero, quando essi suggeriscono o richiedono provvedimenti contro istituti o contro inse­gnanti. Si vedrà in seguito, allorché si parlerà delle deficienze denunziate dai provveditori, come tale asserzione corrisponda alla realtà. Per ora basta rife­rire quanto il provveditore di Massa scrive: «Dell'azione di questo ufficio tengo informato il ministero con lettere o relazioni speciali, man mano che se ne presenti il caso; e in ciò l'ufficio fu sempre così diligente che lo si po­trebbe magari imputare di parer timoroso di assumersi delle responsabilità. Ma il ministero non risponde sempre: parrebbe anzi che quanto più si mo­stra sollecito a dar risposta quando si tratti di atti puri e semplici di ammini­strazione, quasi dando corso automaticamente alle pratiche che si accumula­no alla Minerva 1 , altrettanto sia guardingo e restio ove si tratti di questioni più o men gravi, implicanti giudizii o decisioni di qualche responsabilità. . . . . . Per ogni azione di maggiore o minore entità, intesa a dirigere idealmen­te e moralmente il personale insegnante che anche nelle scuole medie deve proporsi, prima di tutto, un alto fine di educazione morale e civile, si direb­be che il ministero non ha più gli organi necessari per provvedere. L'autori­tà suprema non dovrebbe essere come il sole che tutto vede e tutto illumina dall'alto? » .

1 Il palazzo della Minerva era l a sede del Ministero della pubblica istruzione.

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4 1 4 Fonti per la storia della scuola

La sfiducia dei provveditori nell'opera propria e in quella del ministero è anche accresciuta da due circostanze:

a) spesso neppure la corrispondenza tra capo di istituto e ministero av­viene per il tramite del provveditore; ed è accaduto ed accade che questi, al­le volte, ignori completamente quanto tra i due uffici è avvenuto, e solleciti dal ministero trasferimenti e destinazioni, mentre gli uni e le altre sono già stati eseguiti;

b) molto spesso, se non sempre, le ispezioni e le inchieste, anche se pro­poste dai provveditori, anziché a questi ultimi vengono affidate a professori di università. Onde questa funzione che sarebbe di piena spettanza dei prov­veditori viene loro tolta, ed il più delle volte dell'esito delle ispezioni nulla viene loro comunicato né da chi la compì, né dal ministero che ne ricevé la relazione, cosicché essi restano all'oscuro o hanno notizia, solo tardi ed in­completamente, di fatti e di risultati che dovrebbero esser subito posti a lo­ro cognizione, perché essi fossero in grado di meglio provvedere e di bene giudicare.

7 o - Da ultimo si lamenta che la vita di ciascun istituto sia troppo accen­trata nel ministero, cosicché poco o nulla di vitale e di interessante rimane al provveditore, mentre al ministero stesso è impossibile di seguire in tutte le sue manifestazioni, l'andamento dell'istituto .

Conseguenza ultima di tale stato di cose è la impossibilità da parte del provveditore, di dare con sicurezza e coscienza le informazioni che gli si ri­chiedono sulle qualità morali, intellettuali, didattiche e civili dei professori, specie di quelli appartenenti a scuole fuori del capoluogo della provincia.

Di fronte ai provveditori che ritengono in tal modo e per tali ragioni sminuita l'opera loro in riguardo alla scuola media, ve ne ha di coloro i qua­li affermano che non solo vigilano continuamente e diligentemente gli isti­tuti medi della loro provincia, ma che tale vigilanza, che i primi ritengono al massimo ristretta al solo lato amministrativo e disciplinare, essi estendono anche alla parte didattica, eseguendo anche visite alle scuole sia nel capo­luogo che fuori.

Il provveditore di Como, ad esempio, afferma che l'opera dei capi d'isti­tuto e quella del personale insegnante vien da lui controllata con visite per­sonali; così il provveditore di Cremona, così quello di Mantova, per quanto quest'ultimo dichiari di sapere che in molte provincie le visite o non vengon fatte o sono malamente tollerate; così il provveditore di Modena è solito di visitare spesso gli istituti, entrando anche nelle classi, pur convenendo che poco si può dire e fare, perché i provveditori, sminuiti di autorità e ridotti a esser solo trasmettitori di carte, non sarebbero ascoltati.

Ugualmente opera il provveditore di Udine; mentre quello di Sondrio si reca in frequenti visite nell'ufficio dei capi dell'istituto, per assicurarsi che le lezioni procedano regolarmente e che vi sia mantenuta la disciplina. Negli anni scorsi egli ha anche assistito alle lezioni di qualche insegnante, per farsi

Sezione XI- Nel primo decennio del '900 4 1 5

una idea del suo metodo e della sua capacità; e nelle scuole tecniche e nor­mali ha anche supplito professori mancanti, per settimane consecutive.

Finalmente v'hanno i provveditori che affermano di regolare la loro in­gerenza secondo le tassative disposizioni delle leggi e dei regolamenti. Ma tale ingerenza, a quanto risulta nella maggior parte dei casi, ed anche dalle loro affermazioni, non si riduce che a ben poco; in quanto, per tutto quello che ha attinenza all' ordinamento amministrativo e disciplinare degli istituti secondari, in via ordinaria procedono i capi di istituto ed i relativi collegi di insegnanti, secondo le disposizioni vigenti per ogni ordine di scuola.

Dalla lettura di quanto vien riferito dai provveditori nelle loro relazioni, si trae la convinzione che, effettivamente, tranne poche eccezioni, dovute unicamente ad iniziative personali, le scuole medie non hanno, da parte de­gli uffici scolastici, una vigilanza sistematica, seria e reale.

L'ingerenza disciplinare, esercitata mediocremente nelle scuole dei capo­luoghi di provincia, manca di solito in quelle fuori del capoluogo; ed occor­re che qualche inconveniente si verifichi e che esso giunga all'orecchio del provveditore, perché questi agisca.

La vigilanza amministrativa si riduce quasi sempre ad una corrisponden­za con i capi di istituto, per quanto riguarda le assenze, le supplenze, la di­spensa dalle tasse, le iscrizioni tardive, ed altri pochi argomenti. La vigilanza didattica manca, in fine, completamente.

Poiché tale in effetti è l'attuale condizione della vigilanza dei provvedi­tori sugli istituti medi, da varie parti si sollecita l'istituzione dell'ispettorato delle scuole medie, che, come necessario integramento ed aiuto dell'opera dell'ufficio scolastico, forte di autorità, autorevole per senno, scienza ed esperienza, intervenga a giudicare gli insegnanti ad indirizzare le scuole al fi­ne didattico ed educativo che si vuole raggiungere, a reprimere, nei casi in cui sia necessario, ed a migliorare in ogni caso le sorti della scuola media, priva ora della necessaria vigilanza e dell'indispensabile controllo .

Un'ultima cosa, in fine, si deplora da molti provveditori: la mancanza in essi di qualsiasi autorità sugli istituti tecnici. Non si ritiene ragionevole né giusto che tali istituti siano regolati e retti da una autorità speciale.

Non può tacersi, scrive il provveditore di Parma, l'anomalia tuttora esi­stente dell'assoluta << indipendenza disciplinare e didattica del regio istituto tecnico, solo fra tutti gli istituti medi, dal regio provveditorato agli studi, al quale tuttavia è fatto obbligo di occuparsi di detto istituto, con aumento sensibile del proprio lavoro, unicamente per la liquidazione mensile dei compensi al personale insegnante per incarichi in classi-aggiunte, supplenze ecc . e delle propine ai membri delle commissioni per gli esami d'ammissio­ne e licenza nelle due sessioni di ogni anno. Strano, invero, deve sembrare tale ordinamento, per cui il regio provveditore deve dar corso a provvedi­menti, sulla cui legalità e regolarità non ha né diritto né mezzi di fare osser­vazioni. Ma più importa notare gli effetti che ne derivano per la disciplina

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4 16 Fonti per la storia della scuola

generale anche degli altri istituti. La quistione può sembrare troppo delicata, pure si deve dire la verità. Le giunte di vigilanza che esercitano sugli istituti tecnici l'autorità che i provveditori hanno sulle scuole d'istruzione media, sono composte di membri elettivi, scelti fra persone del luogo, che tengono ed esercitano l'ufficio (salvo le debite eccezioni) come carica onorifica, sen­za avere la vera responsabilità del funzionario di carriera - nulla potendo sperare né temere dal Ministero della pubblica istruzione - e, in generale, con pochissima conoscenza degli ordinamenti scolastici. Sono perciò, di re­gola, più facili alle concessioni verso insegnanti e verso alunni: onde avvie­ne che per gli istituti tecnici sembrano non aver valore le disposizioni e nor­me, delle quali, invece, si richiede rigorosa osservanza nelle altre scuole sog­gette alla vigilanza del regio provveditore, la cui opera è resa necessaria­mente meno facile da confronti inevitabili e dal pericolo degli esempi. Se si volesse e se fosse possibile ricercare tutte le cause di disordini, di tumulti e di scioperi che da qualche anno turbano le scuole di istruzione media, si tro­verebbe che, nel maggior numero dei casi, l 'impulso e l'esempio vennero dagli istituti tecnici e si propagarono per contagio agli altri istituti» .

I l provveditore di Novara scrive: « Un altro fatto che, secondo me, meri­ta di esser preso in considerazione, per eventuali riforme, è l'indipendenza assoluta dall'ufficio scolastico provinciale degli istituti tecnici regi pei quali le attribuzioni dei provveditori sulle scuole medie sono devolute alla giunta di vigilanza, e dico degli istituti tecnici regi, perché quelli pareggiati, giusta le recenti disposizioni dei regolamenti 29 luglio 1906 n.469 e 3 agosto 1908, n.623, dipendono in parte dalla giunta di vigilanza ed in parte dal provveditore e dal Consiglio provinciale scolastico. Ciò dà origine talvolta ad inconvenienti. Ricordo per esempio, che a Reggio Calabria pochi anni or sono il presidente della Giunta di vigilanza si lagnò con me perché in occa­sione di uno sciopero di studenti ricevetti nel mio ufficio una commissione di quelli dell'istituto tecnico e aderii di trasmettere al ministero i loro desi­deri. Secondo lui dovevo disinteressarmene, e rimandare a lui la commissio­ne. Gerarchicamente e teoricamente parlando, poteva forse anche aver ra­gione, ma poteva io inasprire maggiormente gli animi di quei giovani, man­dandoli da Erode a Pilato, quando il mio interessamento per essi poteva va­lere, come valse, a ristabilire la calma e il ritorno alla scuola degli studenti di quello e di tutti gli altri istituti?» .

Altre questioni che sorgono non di rado, hanno origine dal calendario scolastico. Una disposizione ministeriale stabilisce che il provveditore, nel compilare il calendario scolastico, senta prima il parere, oltre che del Consi­glio provinciale scolastico, anche del presidente della Giunta di vigilanza, ed i regolamenti speciali dei vari istituti dispongono altre restrizioni. Il provve­ditore pubblica il calendario, dopo aver osservato tutte queste disposizioni, ma ciò non astante, negli istituti tecnici il calendario pubblicato dal provve­ditore non sempre si osserva. Qualche vacanza straordinaria per imprevedu-

Sezione XI -Nel primo decennio del '900 4 1 7 �� ci�costanze, �a sempre luogo durante il corso dell'anno scolastico ed an-, e �n queste Circostanze accade non di rado eh l . , . l ufftcio scolastico facciano vacanza e r · n t

e � scuole dtpendentt dal-Il provveditore di Bergamo:

, lS l u o tecmco no, o viceversa».

legg���ll�t;�t:o;��r:�;�����:;;��i,d�r� �:�i�:��te c�e le ultime d�� frequenti i rapporti fra gli istituti tecnici e �e altre

gscuoleU:.d��a

nno

:eso pt

� obblighi di complet d' . e te, vuo1 per gli

=���:eru;:;:�1C�::,:��E����:�:���� ������:::��:,�:i������ dei predetti istituti tecnici, almeno per la part:��:a�t:�; ���:��:a��s

,�gnante

All. 1 1

La scuola media in Italia è abbandonat . tratta ad ogni �ontrollo dell'autorità scolas:i;:;:����:���o �o

�chste�s

dsealem

�o�­stero onde se 1 gu · h · · 1 , llll­sali e' se l'anarchi:l

ncon

e l�l

hSl . amentano non assurgono a proporzioni colos-a mvasa e sconvolta in · . �roprio

1 dire che ciò si deve non alla vigilanza che vi �!��i:��:;�;� ���a

enevo enza del caso e alla coscienza e all'ones - d" h" . . , a ������ :;pr:

ddt·seclloen

con1dizioni m?rali e materi�i, ��g�/�s�:���t �a

oi�:��� o a provveditore non dic d · · esercitare alla meglio le sue funzi . -, o l esercitare bene, ma di

:��;;�a:ee���s�i�:�:�coE

e a��:�a�i�e����i �:�;�e���i 1� :�:a�����:,Z:

zioni d'assenza . . . ssa. l .atu non va plu m la dal dcevere comunica-. 11 . . d� msegnantt, dt proposte di supplenza di modifiche d'ora no, so eC1tazwru per pa · . d . ' -gamentt ntar atl, qualche ricorso molte rich. t ;eer

rfr

per�'!:::J?

tarte a commissioni d'esami, e i certificati di Ìicenza da fi�:a� . l ore trasmette quanto occorre e con la . . . ne che gli è consentita, tutte queste doma�de di not�;;g

alwre.s�lleC1tudt­

aspetta la rispo t · mtrustero, ne istituti. Se nasc� ���l��1�����e:��� ��s�tst�:�� a sua �alta �i capi degli so corre a fare un' "n h" P , dopo 11 deb1to permes-, . . l c lesta, ne stende la relazione e trasmette an h al mlmstero, nella speranza che venga letta e dia luogo l h

c e quest.a mento· m 1 d" a qua c e provvedl-, a so o l rado ha questa fortuna e in ogni caso assai tardi do a quand� comparisce nel bollettino una circolare che egli deve p

.aAraf

qruan­

re e comurucare 0 un · h " d" asa­d'urgenza Così l: ff" . a

dnc

l testa l . qualche relazione statistica da inviarsi . . ; u lClO e provveditore non è che un vero e r . �e � cm l .acqua. �assa e non lascia altra traccia, se non il depo�t�p��l:��

me e s�e nn?unta. Pure quell'ufficio fu creato per una funzione esclusiva-

de����:;roe���e��:a:e:t���a�e g�;er�

o centrai� in g�ado di rendersi conto g l lllsegnanu medl, dei metodi didattici

l Relazione del provveditore di Perugia, Giuseppe Morici.

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4 1 8 Fonti per la storia della scuola

, . . l fine di rafforzare il sentimento civil�

da essi adoperati, dell efflcaC1a lor? a bb dovuto in poche parole essere il

ed elevare la cultura nazionale . Egh avre e h' esperti il male ed avvisare ai

d. f carne con occ 1 · clinico della scuola; lagnos 1 l

. di esercitare questa sua propna

rimedi. Essendogli affatto precl�sa .a Vla

nché sulle scuole di tutta la di mezz1 e d1 tempo , no . . . · 1 funzione; per mancanza

r n può emettere gmdlZl sm o-

provincia, in quelle sole del capoluo�trie e�:d��ica sugli insegnanti, sui capi

cali sull' arredamento sulla su p pelle . d del: suoi predecessori nell'uf-,

l h o a lm o a uno , d' istituto, tranne ne caso c e . l osto ed eseguirvi un'inchiesta; cosl

ficio sia accaduto di dover recarsi su . p

del ml'nistro Bianchi ' ' che i pro-ra l'affermazwne . · torna sacrosantament� ve

altro mezzo di farsi conoscere dal mlru-

fessori di scuole medle �o n. hanno

t che quello di mancare al pro­

stero e da chi nella provmC1a �o ra�resen_ :�no il provveditore compili in-

prio dovere. Tuttavia è prescntto c e odg�

'dl' dl' d: .. ettori di professori, . d' · ll'opera 1 pres1 , LL ' formazioni e formuli gm 1Z1 su

d ll iniquità o dei gravi errori di va-

ond'è che se egli non vuol �omml�ttere e

roesta sulle generali, dice e non di-

. 1 · · b1'anco 11 fog 10 ovve · 'ili · di lutazwne, asC1a m : . d' strittivi per darsl l uswne

ce adopera un'infinità di attenuatlVl e 1 r� nza Q�esta è la verità. D'altra '

il . . t ro e la sua cosC1e . bb avere accontentato nnrus e . sse 1. mezzi materiali, potre e

d h ·1 provved1tore ne ave parte ammetten o c e 1 . . t tto per l' insegnamento elemen-

egli oppresso dai lavori burocratlcl, sopra u una funzione ispettiva seria-,

ff · così spesso come . tare assentarsi dal suo u 1C10 . ll'Umbria volessi rendermi conto dl ' · · h' derebbe' Se lO ne · mente eserCitata ne le .

le medl'e tra governative, pareg-11 · , h quaranta scuo ,

ciò che avviene ne e pm c e . . osservarne il funzionamento, stu-li · te della prov1ne1a, t giate camuna e pnva . . dl' occorrerebbe che per ot o '

h l ze e proporne 1 nme , . . d ll diarne le manc evo ez . l' ff io scolastico agli usC1en e a

mesi dell'anno almeno abba�do�asse�

dl.ul'st

lrcuzione elementare, né di consi-. ccupass1 pm n · prefettura, e non fil o . i iù né col ministero, né coi comuru.

gli o scolastico ' non cornsJ?ondess p . . 'l rovveditore tutto quello che sa

Nelle condizioni attuah del suo ufflclw

.1

rup· fl'nali dei capi d'istituti, i quali

. 1 nde dalle re azw . delle scuole medle o appre . e er non crearsi il malarumo

spesso si limitano a fare la loro autoapologla,lla

'rpl·servatezza delle note infor-

d d' n poter contare su . 1 e seccature, sapen o 1 no . . loro l·nsegnanti con paterna mdu gen-

. . iudicare tuttl 1 d · · mative, Sl nducono a g . t nella massima parte el casl,

za, giudizi sui quali al pr?vvedltore non res a, .

che mettere il s�o p�lv�nno. ' o su questo fatto che rappresenta 11

Chiedo verua se mslsto un po trop� . he ci offende in modo grave

lato più brutto e penoso. de� �os�l�e u!��;�� ��ormazioni e dal nostro giudi­

nella coscienza e nella dlgruta; d . d' n insegnante- non una parola

zio può dipendere la pace e la carnera 1 u he non foss� frutto di esame

· dalla nostra penna c , , . dunque dovrebbe usclre . i liamo per necessita, all uruco

maturo e di constatazioni dirette. E se �1 alp g ello d'infilar delle parole

espediente che ci sembra il meno penco oso, qu

F t' dal 28 marzo al

' Leonardo Bianchi, ministro della pubblica istruzione nel governo or lS

24 dicembre 1905 ·

1. l l l

Sezione XI -Nel primo decennio del '900 4 1 9

che non portino pregiudizio, ciò, a mio avviso, non è meno immorale, per­ché si risolve in una vera ingiustizia verso i buoni, mentre rappresenta la più dannosa tolleranza verso i cattivi. Il ministero manda ogni anno un gran nu­mero di commissari ad ispezionare le scuole di quegli insegnanti che atten­dono la promozione; questi commissari potrebbero, compiuta l'opera loro, darne un qualche conto al provveditore della provincia; senonché essi, rara­mente, e solo quando vengono nel capoluogo, trovano la via del provvedi­torato, più per chiedere che per dare notizie, su quanto, in bene o in male, essi hanno potuto osservare e constatare sulle fatte ispezioni, né delle loro relazioni, inviate al ministero, il provveditore viene informato se non in casi eccezionalissimi.

Come posso io dunque rispondere alle domande di codesta onorevole commissione d'inchiesta sull'andamento delle scuole medie di questa provin­cia nei riguardi amministrativi e disciplinari? Io non so se in tutte le scuole si osservino rigorosamente il calendario scolastico, l'orario, la disciplina, i pr.o­grammi; se gli insegnanti serbino condotta morale e civile irreprensibile an­che fuori della scuola; se si conservino autorità e prestigio; se accadano scan­dali o violazioni regolamentari, se i giovani frequentino i corsi, se profittino; se gli scrutini finali siano fatti con coscienza, se le promozioni e le licenze sia­no date soltanto ai meritevoli; se l'educazione fisica sia curata, se vi siano pa­lestre, se i locali scolastici rispondano alle esigenze igieniche e didattiche, se gli insegnanti e specialmente le insegnanti non abusino di permessi o di va­canze, se i registri delle tasse, degli esami, del protocollo, siena tenuti in re­gola nelle segreterie degli istituti, se i lavori siano corretti, se insomma nel complesso organismo di queste scuole tutte le ruote abbiano il loro giusto movimento, o se invece non ve ne siano delle guaste e delle mancanti.

Nulla di tutto questo può risultarmi per cognizione diretta e sicura. Chi dovrebbe informare non sempre informa e il provveditore rimane al buio , specialmente quando sia nuovo in una provincia, o quando un biglietto ano­nimo non giunga a denunciargli le magagne. Poiché anche a questo, pur­troppo, è ridotto il nostro ufficio, ad attendere le informazioni da una fonte che repugna e che ogni uomo onestà dovrebbe disdegnare.

Tuttavia qualche volta, e in casi più gravi, al provveditore è dato di in­tervenire; allora egli chiede di eseguire una inchiesta e il ministero quasi sempre acconsente; però quando siamo alle conclusioni, e i provvedimenti proposti siano appena appena, non dico radicali e neppure rigorosi, ma che importino qualche cosa più che un semplice monito all'insegnante, trovano lento e restio il ministero ad accoglierli, e l'inchiesta fa come la nebbia, la­scia il tempo che trova. E ciò non tanto per malvolere, o per esagerato spiri­to di tolleranza, o per pressioni che vengano dal di fuori, quanto perché il ministero è costretto a dibattersi nei ceppi delle nuove leggi sullo stato giu­ridico ed economico degli insegnanti, fatte per garentire a questi diritti e pretesi diritti, riducendone al minimo strettamente legale i doveri. Per effet­to di queste leggi gli insegnanti medi italiani, salvo sempre la pace dei buo-

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420 Fonti per la storia della scuola

ni, si san mutati in un esercito irrequieto di legulei, sempre alle prese tra lo­

ro e con le autorità, scontenti, irritabili, litigiosi, politicanti, si occupano as­

sai meno della scuola, ora che le loro condizioni economiche sono state mi­

gliorate, che nei tempi in cui avevano gli stipendi della fame, l' interesse ha

in generale soffocato ogni spirito di concordia e di cameratismo; le associa­

zioni loro, che frantumano in filiazioni minori, ognuna delle quali ha inte­

ressi sempre più particolari da difendere, sono campi aperti, non a discus­

sioni feconde per la scuola, ma a dibattiti e contese per tirar la legge a inter­

pretazioni egoistiche e per strappare quel massimo di profitto materiale, che

per certuni non si sa quali limiti abbia. Tutto questo a me sembra la maggiore iattura per l'educazione della no-

stra gioventù, che non può non risentire l'influenza d'un tal modo incompo­

sto ed essere tentata di farsene imitatrice; tutto questo sovverte il fonda­

mento della scuola, ne vizia l'ambiente, ne rompe i cardini che sono la disci­

plina e la serenità, ed aliena sempre più dagli insegnanti, le simpatie, già as­

sai scarse, di quel gran giudice che è il pubblico serio ed onesto, che giusta­

mente desidera la scuola formatrice d'intelletti e di carattere, non perturba­

trice di coscienze. Chi si faccia a considerare di quali restrizioni e difficoltà

sono circondati nella nuova legge sullo stato giuridico i trasferimenti degli

insegnanti, contro i quali ha dato loro facoltà di ricorrere, (e di tal facoltà si

valgono sempre quando il trasferimento è provocato d'ufficio) comprenderà

di leggieri perché il ministero il più delle volte non dà alcun corso alle pro­

poste dei provveditori e dei capi d'istituto. Pure nella maggior parte dei casi

il trasferimento è il solo mezzo di evitare un guaio maggiore e di tutelare

l'interesse della scuola, e non di rado dello stesso insegnante, ben inteso

sempre che arrivi rapido e tempestivo. Invece si lasciano nei medesimi am­

bienti, in cui hanno fatto mala prova, per anni ed anni, insegnanti che, man­

dati altrove, sottratti a certe influenze malefiche, allontanati dalle occasioni

prossime del fallo , potrebbero ritornare sulla via maestra del dovere e ren­

dere ancora utili servigi alla scuola. Così la legge è farisaicamente rispettata,

i patroni politici non disturbano il ministero, e tutto va per il meglio nel mi­

gliore dei mondi possibili, tranne però la scuola, che come organismo mora­

le deve sempre più allargare le sue falle e si avvia irrimediabilmente al nau-

fragio. [ . . . ]

86

Deficienze e disordini nel funzionamento degli istituti di istruzione secon­

daria quali risultano dai rapporti dei provveditori alla reale Commissio-

ne d'inchiesta.

ACS, MPI, Reale Commissione d'inchiesta per la pubblica istruzione (1908-191 1),

Sezione XI- Nel primo decennio del '900 421

b . �7 , parte I I « Relazione sulle condizioni dell'insegnamento m d" . . .

de1 provveditori agli studi , , pp. 1 5 0_164. e 10, gmsta 1 rapporti

.c?n la sua. circ�l�re n. 7 46 l la commissione chiedeva di conoscere ual· �ef�clenze e dlsordlru, segnatamente d'indole amministrativa o disci li�a

l

s� nscontrassero n�l funzionamento degli istituti di istruzione seconpdarl·a

rdel�

c1ascuna provincia e ·1 d" d ' se 1 provve 1tore avesse avuto occasione di fare al ri-

g�ar o concrete proposte al ministero e quale effetto esse avessero rag gmnto.

-

Pochi provveditori hanno riferito in materia Ma le o h .

guardo pervenute, sono tali da illuminare effica�ement: lac c���os.te al r

.i-

su�l'�ndamento di parecchi istituti, sia sull'azione al riguardo sp::gl��ae

dsalal

m1rustero. Il provveditore di Bari scrive: " Sarebbe non conforme al r ft:

che tutti gli istituti medi di Terra di Bari procedano bene A ve o. a .erm

dare

capol , . · comme1are al

uogo, e necessano che il ministero provveda per l'a l .

Pross · all · . nno sco ast1co

lffio a Slstemazwne del liceo ginnasio di Bari dove 1"1 p "d France G" · .

, res1 e cav sco wvanruru non ha molta autorl·ta' ne� s l" . . .

1 ug l msegnantl né sulla ��� ��esca

G� dove due professori del liceo, Roberto !annone ordidario di fi-o la, e mseppe Bartalini, ordinario di scienze naturali non sanno s

lutame�t1e mantenere la disciplina. [ . . . ] Il liceo-ginnasio di Trani è si pu� ��­�e, ace a o, �erc�é non si può chiamare vero capo di istituto raduale presi�

e, comm. Vlschl, che ha novanta anni di età Il regio �i�asio di Giovinazzo continua � decadere, specialmente er l

scars� capa.Clta mtellettuale e per la mancanza di energia del d. tt p

fa

Savena Ma1ellari [ . . . ] » . rre ore, pro .

Il provveditore di Benevento: « Quanto a deficienze d'indole disciplinare strm· o d

la t 1 · . . ' overoso accennare al rva o ma rea e dlSSldlO morale esistente nel liceo ginnasio fra il res. d l

maggioranza dei professori, specie liceali dissidio che pare derPl.Vl. l � e

l� menti da s d" . . ' e s1 a 1-

l'istit t :.ar

hsez

il�a l pr�stlgw. p�rsonale e di autorità d'ufficio nel capo del-

u o, l c e supenore mlrustero è informato » Il provveditore di Bergamo:

·

infl:��!ché:iù .v�lte ho

. accennato alle cose scolastiche di Correggio ed alle

e c e Vldl esercitare colà, non posso astenermi dal denunz· on?revol� �o1ll1ll_issi�ne d'inchiesta il caso di un professore di lingu:�:�:��� se m que glnnasw, signor Abramo De Benedetti, che in seguito ad una vele­nosa. quanto assurda requisitoria mandata con le tabelle informar d p�es�de poco coscienzioso, senza essere ammesso a conoscere le a�:�se

a c��

��;i� facev:o ed a presentare le proprie difese, e contro il parere del prov-are c e, nelle sue annotazioni alle tabelle, aveva fatto comprendere

' La circolare 22 gen. 1909 n 746 fu inviata ai . . .

ma di questionario per conosce�e ia si;uazione delle provv

d. e

.dlt�n agh

.st�di d�l Re

.gno sotto far­

con lZlOill matenali degh uffici scolastici.

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422 Fonti per la storia della scuola

quali fossero le vere colpe di quell'insegnante, fu trasferito nell'ottobre del

1 905 da Correggio a Fermo. E ciò sebbene il preside accusatore fosse noto

al ministero e dovesse essere, prima ancora del De Benedetti, allontanato da

Correggio, per avere suscitato contro di sé il legittimo risentimento di tutto

il personale insegnante [ . . . ] » . Il provveditore di Chieti: «Rammento una feroce inimicizia scoppiata fra due insegnanti. Riusciti

inutili tutti gli sforzi per vincere le ardenti idiosincrasie dei due avversari, e

visto che questa scissura dilagava tra i banchi della scuola, nell'animo degli

alunni, per le famiglie e per le piazze, suscitando pettegolezzi, apprezzamen­

ti, sospetti e querele, si inviarono varii rapporti al ministero senza risultato.

Si invocò e s'ebbe una inchiesta. Il commissario della medesima, tra l'altro,

fece rilevare che quei due non potevano esercitare le funzioni di educatori e

di insegnanti sotto il medesimo tetto, ma il trasferimento non venne, e la di­

sciplina e il buon nome dell'istituto continuarono a sgretolarsi [ . . . ] .

Un inconveniente, o disordine che dir si voglia, abbastanza grave, è quel­

lo delle scuole private. Con l'articolo 29 del regolamento 3 febbraio 1 90 1 ,

agli effetti di tali scuole, erano dichiarati appartenenti ad un solo istituto sia

i professori di liceo che quelli del ginnasio; quindi nessuno di essi poteva far

lezione ad alunni del proprio istituto . Ma i professori tanto strepitarono e

fecero strepitare anche in Parlamento, che con circolare del 16 dicembre

1 90 1 , fu sospeso quell'articolo provvidenziale, ed i professori tornarono

con poche formalità, che spesso trascurano pure, a riafferrare le lezioni pri­

vate. E forse allora non avevano tutti i torti, poiché i loro stipendi erano

scarsi e la carriera inceppata . Ma con la legge 8 aprile 1906 1 le condizioni fi­

nanziarie e di carriera sono di gran lunga migliorate, e come stipendio, e,

per non parlare d'altro, come generosi emolumenti che ritraggono dalle

classi aggiunte. Perché dunque non si straccia la suddetta circolare e si proi­

bisce di fare qualsiasi lezione privata ai professori? Cesserebbero dei mercati

sconvenienti, dei sospetti troppo gravi, delle cronachette rivelatrici che

hanno tutta l'aria della maldicenza; e ne guadagnerebbe non solo la dignità

dei professori, ma il buon nome della scuola. A tal proposito si è riferito al

ministero, facendo comprendere la necessità di proibire tali lezioni, ma nes­

sun provvedimento è stato emanato in proposito . Così si vedono professori

che con ventotto ore di pubblico insegnamento, che sono già troppe, ne

fanno forse altrettante di lezioni private; e così l'educatore si trasforma in

procacciante, il professore in mestierante, tutta la sincerità ne è sospettata e

chi ne soffre? La scuola! » [ . . . ] . Il provveditore di Pavia: «Nel febbraio del passato anno io e il prefetto invocammo un'inchiesta

1 Si tratta della legge n. 1 4 1 che unitamente alla n. 142 dello stesso 8 aprile predispose il nuovo stato giuridico ed economico dei docenti medi.

Sezione XI- Nel pt·imo decennio del '900 423

pel r . �ce?-�innasio di Vigevano. Ecco quel che in proposito il prefetto scri­;eva a �rustero:. «<l. regio provveditore agli studi così mi scrive: contro gli

msegnantl del regw liceo-ginnasio di Vigevano si muovono da temp se · · r ·

• o accu-s�l gwrna l e m consiglio comunale, per opera specialmente del co�si lie-

re �tgnor Benedetto Albertazzi. L'istituto, così si dice va male· tr . gc

son non v'è a d . . . • · a l pro�es-

. . . ccor o, esst mancano al loro doveri; riprovano gli alunni a li esaml. dt lugho per averli poi a lezione privata nelle vacanze autunnali. M

g

non s1 fanno n · - · d · a

r . �m1, n_e s1 pro ucono documenti o prove. n capo dell'istituto

e g_t msegnantl respmgono tali accuse, protestano, invocano un'inchiesta ::

.sl x

.ure a

_cc�tt�rebbero la proposta avanzata da un giornale, 'L'indipenden�

. , un gmn d o n? re che esaminasse le accuse, sentisse le difese e decides­

se, �a �orrebbero .11. consenso mio . lo , per verità, non approvo una ro o­s�a snnlle. Cre?eret mve�e più opportuna una inchiesta; ed in quest: se�so Sl potrebbe scnvere al mmistero ove pur la S V Illma f d" l .

D ll ' · · osse 1 ta e avvtso?, e � accuse su accennate io ho avuta notizia anche per altra via e c��-

ve?go ptenamente nell'avviso del regio provveditore Per mezzo d: . chtesta · ·

· una m-, o�� ptacc�a a codesto on. ministero di ordinaria, si vedrà se vi sieno

professon mde��· o se le voci sopra riferite siano calunnie. E così nell'un caso, ?unendo�l l colpevoli, nell'altro, dichiarandosi false le accuse, si prov­ve

ldera, come � necessario, al decoro dell'istituto » . Il ministero rispondeva

ne marzo, cos1: '

« Nel prossimo aprile d . . . . . . avranno essere tspezwnati parecchi istituti di tstruzw

_ne �edt� per 11 passaggio a grado di ordinario degli inse nanti

s�raordt�arl, e� m quella occasione il ministero ordinerà che sia anch; is e-zwnato m partlcolar modo, il liceo-ginnasio di Vigevano

p

, Qualora però la S.V. creda opportuno che sia, inve�e com iuta rima

� allora una speciale inchiesta sul personale di quell' istituto' il J? . p d

stdera d' . f , mm1stero e-

. esserne m armato per dare le opportune disposizioni» .

Ed il prefetto replicava: «Per quanto io ebbi l'onore di riferire a codesto on. ministero con la m.

nota del 25 febbraio p p n 961 la

. . . . , . , reputo necessario che sia ordinata al . , presto posstblle, una speciale inchiesta sul personale del r lic · ' ·

pd

l� V" T 1 , , · eo-gmnas10 1

tgevano . . a � e pur l avviso del regio provveditore agli studi» . «Ma qm po1 non ho saputo più nulla. Qu�st'anno, nel mese di gennaio, vi fu in questo r. liceo-ginnasio un fat­

to assat grave, pel quale si richiedevano immediati provvediment· V ad aspro di b · ll' · . l. ennero

. . ver 10, �e . lstltuto, il professore di matematica del ginnasio e il

p�estde, e da tanta tra il preside fu preso che « allontanò il professore dall'i­stituto» . ?i ciò io fe�i subito rapporto al ministero, proponendo l'immediato tra­sfenmento co�l del professore, che aveva disubbidito al capo dell'istituto come del prestde che aveva abusato della sua autorità.

,

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424 Fonti per la storia della scuola

Sino ad ora il ministero non ha preso alcun provvedimento sulla mia proposta. Solo ha ordinato, e fu fatta da un ispettore centrale, un'inchiesta» .

I l provveditore di Porto Maurizio: « . . . Non credo di passare sotto silenzio . . . l'eterno antagonismo tra presi­

de e professori, prima soltanto del ginnasio, poscia altresì del liceo di Sanre­mo; antagonismo del quale sono documenti straordinari la mia inchiesta eseguita addì 6 e 7 marzo 1907, ed il processo Zanei-Passini-«Parola sociali­sta» di Sanremo; violenta fu la contesa dall'una e dall'altra parte; pur mal­grado le mie reiterate dichiarazioni di incompatibilità di sì avversi elementi, contrafatti dalle prerogative della legge 8 aprile 1906, n. 14 1 , malgrado an­cora le mie ripetute proposte di una inchiesta generale sull'istituto, per eli­minare il continuo pericolo di compromettere l'ordine dell'istituto, preside e professori sono ognora tutti al loro posto, in uno stato di tregua che si perpetua di anno in anno sotto la minaccia del « chi la rompe la paga" (nota Provv. 1 3 giugno 1908 n. 401 al ministro); è vero che dal sospetto recipro­co deriva la più attenta circospezione delle due parti contendenti nell'evitar di pregiudicare la propria posizione, ché sotto il rapporto didattico e nel ri­guardo della disciplina interna c'era e c 'è poco a ridire e tutto l'astio si acce­se per ispirito di parte politica e si alimentò di reciproche intemperanze; ma a me non garba un tale ordine di cose che si mantiene solo per timore delle conseguenze, non per doveroso concetto della miseria di tali pettegolezzi, di fronte alla maestosa idealità della scuola ed ispecie della scuola classica» .

I l provveditore di Treviso: « Il liceo ginnasio regio ha professori colti, qualcuno coltissimo, intelli­

genti, operosi e dà profitto soddisfacente, procede disciplinarmente abba­stanza bene; ma il profitto potrebbe essere maggiore con un altro preside.

Il preside, prof. cav. Luigi Pinelli, trevigiano, è noto per pregiate pubbli­cazioni poetiche; fu soldato garibaldino nel 1866, è bene amato dalla mag­gioranza dei cittadini, bene amato dai giovani, con i quali è assai indulgente, ed ai quali esprime vivaci ed elevate proteste di sentimenti patriottici: ma è da qualche anno assolutamente inadatto all'ufficio. È malandato di salute, di carattere eminentemente nervoso, misantropo, è inesperto della vita socia­le; trascende a impeti generosi per futili motivi, e cade poi in umilianti de­pressioni morali, ed ha il vizio del bere. Ha bevuto molto in passato; da un paio d'anni beve assai meno, ma basta un mezzo bicchiere perché apparisca ubriaco, e così alterato, meno prudente che nel passato, si mostra talvolta agli alunni. Inutile dire che non sa, o pochissimo, di leggi e di regolamenti: ha la fortuna d'essere aiutato da un bravo segretario, professore di matema­tica nel ginnasio, da un bidello operoso e pratico di cose amministrative. Protestano i genitori degli alunni, che è inutile parlare con il preside; prote­stano i professori, contro i quali qualche volta il preside si accende per mo­tivi assai da poco; ma perché l'uomo è generalmente ritenuto buono d'ani­mo, perché i trevigiani lo considerano gloria cittadina, non ha ancora rice-

Sezione XI- Nel primo decennio del '900 425 vuti il mi�ister? viv�ci reclami. lo non posso contare sul preside nel caso di qualche �1sordme disciplinare, di qualche dissenso tra i professori. È tra i pr�fess�n, che pur� �eritano lode, perché si adoperano con molta premura a n_med1are alla d�flClenza. del preside, qualche dissenso, e grave, c'è stato, e? 10 so�

, dovuto mtervenn:? direttamente per toglierlo. Tutto questo il mi­rustero g1a l? sa: ho detto pm volte al ministero che avrebbe giovato il collo­camento a nposo del cav. Pinelli; ma il ministero non ha creduto di pro _ d�re, ce�to perché

.co?-vi

�to �he il Pinelli, per l'autorità del nome, non":�­bla, dagh �c�ennatl d1fett.1, dt_minuito il prestigio necessario per l'esercizio del suo uff1c10. Il prof. Pmell1 ha quasi sessantanove anni d'eta' ' 1 r t · . . . , . , e ne qua-

�n unesnno anno d1 serv1z10 e scapolo e discretamente provveduto d· b · d1 fortuna» [ . . . ] . 1 eru

87

Rapporto sulla libera adozione dei libri di testo da parte degli insegnanti.

ACS, MPI, Reale Commissione d'inchiesta per la pubblica istruzione (1908-1911) b. �7, parte �I «�ela�ione.sulle condizioni dell'insegnamento medio, giusta i rapporti det provvedtton agh studt» , pp. 92-97, datt.

Libri di testo

La s.celta de� libri di testo è regolata da varie circolari ministeriali che ne determmano mmutamente �� parte formale, che è osservata, in modo quasi sempre scr�pol�s�, da tutt1 1 collegi di insegnanti. Le tassative disposizioni contenute 1n tali Circolari non bastano peraltro ad impedire che gr · · · · · if' h' . av1 1ncon-veruent1 s1 ver. 1c m� m qu�sta �arte della vita scolastica degli istituti. . �� .provveditore d1 Perug1a da notizia, nella sua relazione, di alcuni non hev1 mconvenienti che si deplorano, e nei quali anche altri provveditori si trovano perfettamente consenzienti. Egli scrive: « La scelta è .quasi del tutto lasciata all'arbitrio degli insegnanti ciascuno per la su� matena, e

.ben spesso non è fatta ex informata conscientia e con la nece.ssana ponderazwne. All'aprirsi dell'anno scolastico editori ed autori ro­v�sc1ano su ciascun insegnante una valanga di libri nuovi e li raccomandano dlr�t

,tamente o li fanno raccomandare dagli amici e dagli amici degli amici Il pm delle volte !'

,insegnante è �ostretto a scegliere frettolosamente, guida� to o d�l n?me dell autore o da vmcoli personali d'amicizia, 0 da arrendevo­lezza d annno o da spirito di mutabilità e dal desiderio di fare cosa nuova. 11

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426 Fonti per la storia della scuola

libro allora n'è preferito per tutt'altro motivo che non sia quello solo ed uni­co di rispondere ai bisogni di una data classe ed offrire un evidente vantag­gio sull'altro che si vuol lasciare. Nessuna opposizione o quasi il professore, che così opera, trova nel consiglio degli insegnanti che pur dovrebbe discu­tere la scelta, poiché i suoi colleghi o non si credono competenti o non vo­gliono parere d'invadere il campo che non è di loro pertinenza, e lasciano quindi ciascuno agli altri quella libertà che desiderano per se medesimi. Il preside non per tutte le discipline può esser competente e, anche se fosse, non avrebbe né il modo né il tempo di esaminare tutti i libri proposti e di controllare il giudizio dell'insegnante, del quale, d'altra parte non vuole ur­tare la suscettibilità. Cosicché accade non raramente che il libro scelto a cuor leggiero si riveli inadatto, o spropositato, o troppo oscuro, e che ciò nonostante non si possa mutare per un intero triennio, vietandolo le sullo­date circolari, il che, dato il caso non infrequente che il professore venga poco dopo trasferito, costringerà, voglia o non voglia, il suo successore, che nella scelta non ebbe colpa né causa, a subire, fino al termine dei tre anni, il libro adottato senza criterio ».

« La disposizione che vieta il mutamento dei testi prima che l'intero cor­so sia finito è sa via e rivolta a tutelare l'economia delle famiglie e la conti­nuità del metodo, e dovrebbe ragionevolmente consigliare gli insegnanti a procedere con meditata serietà alla scelta dei testi scolastici; in pratica essa può riuscire assai dannosa, quando, come si è detto, il libro adottato non ri­sponda alle esigenze della scuola, e sarebbe migliore consiglio mutarlo subi­to dopo il primo anno di cattiva prova» .

Ma non son questi i soli inconvenienti. I provveditori di Arezzo, di Chie­ti, di Novarà deplorano che, malgrado le disposizioni contenute nelle circo­lari ministeriali, che raccomandano che un libro, una volta adottato nella scuola, vi resti un triennio, si abbiano, ora per una causa ora per l'altra, so­verchi cambiamenti.

Il provveditore di Brescia osserva che vengono consigliati troppi libri, non necessari, speCie per i fini limitati cui deve tendere la scuola media, con soverchio aggravio delle famiglie. Tale inutile aggravio è ragione di com­mento anche per altri provveditori, tra cui quelli di Alessandria e di Bo­logna.

I provveditori di Mantova e di Piacenza lamentano che in certe materie, in cui il criterio soggettivo e le opinioni pers_onali del professore hanno la preponder,anza, si prescrivano dei testi che non vengono, poi, in realtà, se­guiti, obbligandosi i giovani a prendere appunti, il più delle volte affrettati, monchi e sconnessi, che non giovano in alcun modo né favoriscono l'ap­prendere.

V'hanno infine provveditori, come quelli di Bari, Benevento, Cagliari, Chieti e Cuneo, che affermano che qualche volta sovvengono, nella scelta dei libri, criteri che nulla hanno a che vedere con la scuola.

Sezione XI- Nel primo decennio del '900 427

Il provveditore di Chieti scrive a proposito dei testi disadatti: « Ne circo­lano �n po' più un po ' meno dappertutto, ed è naturale. Sovente non si ba­da ,all essenza di un libro, ma al nome dell'autore o dell'editore. L'autore pu� essere u_n pe�zo

_grosso dell'insegnamento, di quelli che hanno il mono­P0!10

, delle 1spezwru e delle inchieste, e che possono capitare tra i piedi ch1ss� �u�nt� volte, durante la carriera. In tal caso il professore accorto ne s��ghe l hbn per la sua scuola, come cura preventiva 0 per placare gli spi-fltl. -

L'�di�ore può da�� una percentuale di sconto, ed anche in questo caso perche s1 dov�ebbe nfmtare una non illegittima fonte di guadagno?» . .

Il_provv�dlt?re di Bari: «Anche per le scuole medie la produzione dei li­br� ?l test� e

_diVenuta intensa, dimodoché sugli insegnanti si fanno molte­ph�l

_pre�s�oru ?a pa�te di editori e di autori, e per Io più sono colleghi ed a�c1. �e e a

_ d�e�tlcare che tra i compilatori sono professori universitari, d1 qu�l�1 a cu1 di sohto vengono affidate le ispezioni nelle scuole medie. Ora �lcuru l�segnanti credono che giovi a conciliarsi le simpatie degli eventuali lspetton l 'a?�t�ar�e i libri. Ne deriva che talora vengono mutati i libri di te­sto per mot1v1 md1pendenti dai loro pregi e difetti» . I� v

_ista �ei vari inconvenienti ora rilevati, molti provveditori, fra cui q�ell� d1 Aquila, Lucca, Massa, Pavia, Roma, Teramo, Verona, Milano e Peru­gia ntengo�o che sia desiderabile che l'elenco dei libri, consentiti nelle scuole med1e, venga, come già un tempo, approvato da una commissione cent�al_e, co�posta di competenze indiscusse e di coscienze probe che de­termml per c1ascuna disciplina i libri meritevoli di entrare nella scuola con­�annan?o inesorabilmente quelli che rivelino uno scopo puramente m�rcan­tlle, e d1ano agli insegnanti istruzioni e consigli.

. Per c�n�ro i_p�ovveditori di Novara e di Palermo ritengono che l'attuale sistema s1a 11 m1gliore, trovando giusto ed utile al progresso ed all'efficacia d�gli studi che gli insegnanti siano arbitri, entro determinato limite di sce­gliere e

. d'a�o�tare que� libri che credono migliori. Fra queste due t�ndenze co�trane n es1ste una mtermedia propugnata da qualche provveditore, che de

_sl�ererebbe che, oltre al consiglio dei professori, fosse nella scelta dei li­bn d1 testo, sentito anche il provveditore. Da ult�o

, i provveditori di Padova, di Parma e di Torino propongono che, n�lle c1tta dove

_ sono più is�ituti di pari grado, i collegi degli insegnanti, a�unati dal provveditore, cerchino di accordarsi nella scelta dei libri comu­ru per le stesse classi e materie. Così il provveditore di Torino spiega la sua p�op�sta: «�a �r

.oposta

. d�i pr�fessori è generalmente personale e spesso ar­bltrana, �Ol��e il cons1glio de1 professori approva, senza discutere, le pro­po�te. D1 qm m�onvenienti notevoli: testi non sempre adatti; in corsi paral­l�li un �esto per 11 �or

_so A

_ed u� al�ro per il corso B; in un ginnasio gramma­tiche

_ d1ve�se p_er

_1 d1vers1 anru d1 studio. Occorrerebbe che là dove sono class1 multiple il titolare designasse il libro di testo e gli aggiunti Io adottas-

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428 Fonti per la storia della scuola

sero; dove sono più istituti, l'aver libri diversi significa impedire il passaggio

degli alunni da un istituto all'altro, per non aggravare le famiglie di nuove

spese . Facciasi cambiare e spendere il meno possibile, altrimenti in un istitu­

to in cui si hanno sei prime, che diventano quattro seconde, le quali alla lo­

ro volta diventano due terze, si trovano nelle terze gli alunni preparati di­

versamente, e quindi si hanno professori nella impossibilità di ottenere il ri-

sultato utile che dovrebbero " .

Nessun rilievo positivo è stato fatto i n questa materia, tranne che dal fa-

cente funzioni di provveditore agli studi di Benevento, il quale scrive: «la

scelta procede senza inconvenienti, ove se ne eccettui il seguente, cui dà

luogo, nel liceo di Benevento, l'adozione, del resto regolamentare, di un te­

sto di filosofia che è opera dell'insegnante della stessa materia, preside del­

l'istituto medesimo: adozione che forse si deve più alla qualità gerarchica

dell'autore, che ai pregi del libro; ma certo costituisce un permanente e non

ingiustificato motivo di gaia critica grammaticale, da parte di professori e di

studenti, che veramente non alimenta né aumenta la autorevolezza di chi è a

capo del maggiore istituto di cultura della provincia» .

88

Rapporto sulle regificazioni degli istituti secondari in base alla l. 16 lug. 1904, n.397 1•

ACS , MPI, Reale Commissione d'inchiesta per la pubblica istruzione (1908-1911),

b . 27 , parte II « Relazione sulle condizioni dell'insegnamento medio, giusta i rapporti

dei provveditori agli studi» , pp.92-97, datt.

REGIFICAZIONI

Quanto alle regificazioni, è a notare che i provveditori, nelle loro rispo­

ste, si sono riferiti soltanto a quelle avvenute in virtù della legge 1 6 luglio

1 904, onde molti, data la recente emanazione del provvedimento di conver-

1 Precedentemente le regificazioni erano avvenute secondo delle convenzioni che variava­no caso per caso. In modo assai difforme venivano fissati gli oneri che gli enti locali si doveva­no addossare. Con la legge cui si fa riferimento, da un lato i contributi che gli enti dovevano sostenere vengono fissati preventivamente e uniformemente, dall'altro si stabiliscono le condi­zioni in base alle quali l'amministrazione centrale avrebbe provveduto con decreto reale a con­vertire le scuole secondarie dipendenti da province, comuni o altro, in governative. L'effetto della legge negli anni seguenti fu l'aumento crescente delle scuole statali. Il numero degli iscrit­ti divenne sempre più predominante rispetto a quello degli istituti degli enti locali e dei privati.

Sezione XI- Nel primo decennio del '900 429

sione, hanno dovuto dichiarare di non essere ancora in grado di dare al ri­guardo a�c�n giu�izio. Tutti gli altri provveditori delle provincie nelle quali qualche 1st1tuto e stato convertito in governativo, hanno dichiarato che la c�nvers�one ha portato generalmente un notevole miglioramento. n provve­ditore

.d� B�l�gna affer�a che in pochi mesi, con la regificazione [ . . . ] si sono

av_ve�tltl rmg!wram�nt� apJ?rez�abili per quant� riguarda la frequenza, la di­sciplina degli alunru, l ordme m generale. Cos1 il provveditore di Chieti di­chiara che la regificazione [ . . . ] ha migliorato l'organismo scolastico dando risultati apprezzabili nel senso che si è avuto un maggior numero df iscritti e� u� personale più epurabile. Così, a seguito della regificazione del ginna­Si� �l Crema, il provveditore di quella provincia afferma che, in quanto al �ghora�ento d�ll' organismo scolastico, della disciplina e del valore degli 1�segna�t1, sono mne�abili i vantaggi e l'utilità della regificazione. Il provve­ditore d1 Modena scnve: « Certo da un lato è bene sottrarre le scuole medie dalla troppo vicina ingerenza delle autorità comunali, mutevoli sempre e non sempre serene" . Il provveditore di Novara espone: « La regificazione delle scuole porta sempre un miglioramento nell'organismo delle scuole me­desime; le scuole pareggiate, nonostante le recenti leggi e regolamenti, pre­sentano sempre minor garenzia e minor scelta di personale, il quale, oltre a non

_god�re, salvo rare eccezioni, gli stipendi degli istituti regi, non ha da­

vanti a se una carriera che possa soddisfarlo, e alle scuole pareggiate, in ge­nerale, vanno ora gli insegnanti che non hanno potuto raggiungere ancora una cattedra di scuola regia" . Il provveditore di Genova ritiene certo che miglioramenti e risultati, in generale ed in particolare, nel lavoro nella di­sciplina, nel profitto, in tutto, siano assai meglio conseguiti e assi�urati con la concessa regificazione.

Il provveditore di Napoli osserva che ogni organismo scolastico costitui­to esattamente e direttamente dal governo e da questo amministrato con personale di carriera e con un capo responsabile dell'andamento e dei risul­tati, vive indubbiamente una vita normale, prospera col tempo ed offre mi­gliori frutti che non le istituzioni rette da altre podestà.

I provveditori dunque, sembrano favorevoli alle conversioni in governa­tivi di istituti medi. Ad esse è contrario soltanto il provveditore di Chieti il quale osserva che le regificazioni, se attraggono un maggior numero di gio­vani nell'orbita degli studi, dall'altro li sottraggono alle industriç, ai com­merc�, alle officine, e non è da meravigliarsi se il numero degli spostati au­menti. « Troppi ginnasi, egli scrive, troppi licei e troppe scolette tecniche a�bia�o disseminato in Italia, di fronte all'esiguo numero di scuole profes­SiOnali" . Il provveditore di Modena fa delle riserve, affermando di aver constatato che gli istituti pareggiati, che procedevano regolarmente, hanno pe�giorato p�r alcuni versi. Del che le ragioni sono varie: « qualcuna», egli s�nve, «puo maginarla chi sappia quale superbo o malinteso spirito di in­dipendenza (o di indisciplina) serpeggi fra gli insegnanti governativi" .

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430 Fonti per la storia della scuola

Quel che è da notare è che in generale minori benefici hanno risentito dal passaggio allo Stato sia gli istituti classici che i tecnici e i normali. Que­sto fatto generale che è stato constatato dal provveditore di Perugia, limita­tamente agli istituti che in quella provincia furono regificati, è da lui così spiegato: «La tendenza al diminuire piuttosto che al crescere degli alunni, che si osserva in generale nelle scuole classiche, è un fatto a cui la regifica­zione è estranea, avverandosi esso generalmente in tutti gli istituti regi di tal natura, e dipendendo da cause d'ordine sociale ed economico che qui non è il caso di esporre. Dappertutto dove esistono, l'uno accanto all'altro, un istituto classico e uno tecnico, si avvererà il fenomeno che il primo diventa sempre più anemico, mentre il secondo si nutre a spese di esso, sino a dive­nire pletorico. Stando così le cose, è molto probabile, adunque, se pur non si voglia dir certo, che anche senza il fatto della regificazione il mutamento sarebbe ugualmente avvenuto quanto al numero degli iscritti nelle due scuo­le tecniche di questa provincia. Ciò che invece ritengo sia dovuto esclusiva­mente al nuovo stato giuridico, è il migliorato organismo scolastico di esse, in confronto dei ginnasi e del liceo, il che si spiega agevolmente come un fatto di ordine generale. Poiché essendo le condizioni delle scuole tecniche pareggiate quasi sempre, per disciplina, didattica, osservanza di disposizio� regolamentari, locali, arredamenti, personale insegnante, meno buone dt quelle degli istituti di istruzione classica, per esse il nuovo assetto giuridico che non può avverarsi se non subordinatamente al rinnovato assetto didatti­co e disciplinare, costituisce una specie di rinascita che ne ingagliardisce e ne migliora l' organismo. Al contrario gli istituti classici pareggiati, anche per il minor numero e la migliore scelta degli alunni e del personale inse­gnante, sono generalmente bene ordinati e in locali più adatti, quindi, col passare dal Comune allo Stato, restano quello che son sotto il riguardo di­dattico e disciplinare ».

Quanto alle modalità delle regificazioni, il provveditore di Perugia scrive testualmente: " Occorrerebbe però che il ministero non fosse troppo corrivo nel concedere regificazioni, assumendo allo Stato istituti che non presenta­no alcuna garanzia di regolare funzionamento, ovvero che, assuntili, ne cu­rasse l 'instauratio ab imis: ciò non dico di queste scuole regificate dell'Um­bria, delle quali non ho ancora sufficiente esperienza per esprimere giudizi, ma di quelle regificate anch'esse di fresco nella provincia di Lecce, che tro­vai per un verso o per l'altro quasi tutte inferiori al concesso beneficio. Uno degli errori gravi a mio credere fu l'aver lasciato intatto il vecchio persona­le, quasi tutto del luogo o dimorantevi da lungo tempo, vincolato da inte­ressi, da parentele e sopratutto da non buone tradizioni di rilasciatezza e di favori. Il fatto che il liceo di Maglie, dove il preside e una parte del persona­le furono rinnovati, procedeva in modo più regolare degli altri, dimostra con evidenza la verità che si è affermata. Nel liceo di Galatina invece e nella scuola tecnica di Brindisi dovei provocare, tutto che fossero istituti regi,

Sezione XI- Nel primo decennio del '900 43 1

l'andata di un commissario per gli esami di licenza, per le gravi irregolarità e non pochi abusi che ebbi occasione di constatarvi.

Dirò chiaro che le ispezioni agli istituti regificandi, dovrebbero essere af­fidate a persone di coscienza e di mente superiore, e non, come per lo più acca�e, ai proposti e voluti dallo stesso ente interessato, i quali sono pro­penst a priori a tener chiusi gli occhi o coprire con un manto benevolo tutto quello che potrebbe nuocere al fine desiderato ».

Di inconvenienti, oltre quello su citato, non risulta se ne siano verificati altri, tranne quello lamentato dal provveditore di Bari, per quanto riguarda il liceo di Trani [ . . . ] , regificat[o] precedentemente alle vigenti disposizioni. Nel liceo di Trani venne conservato il preside, nonostante la tarda età. Egli ha ora novanta anni ed è incapace di dirigere l' istituto; frattanto non può collocarsi a riposo, non avendo gli anni di servizio occorrenti al consegui­mento della pensione [ . . . ] .

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INDICE DEI NOMI

Abignente Giovanni, 1 18 Ajello Nicolò, 384 Alamanni Luigi, 184 Albertazzi Benedetto, 423 Alessandrini Serafino, 402 e n Alfieri Vittorio, 24, 246, 247, 275 Allamandola, 382 Allegro Filippo, 363, 364, 365 Allievo Giuseppe, 1 54 Alpinus Prospero, 200 Altarocca Giuseppe, 367 Amante Bruto, 86n, 87n, 89n, 94n Amari Michele, 65, 100n, 352n Ambrosi Felice, 46n Ambrosoli Luigi, 26n, 75n Amicarelli Ippolito , 2 10n, 2 15 Angelini Giovanni, 249 e n Antonelli Augusto, 391 Arboit Angelo, 70n, 271 , 273 , 276,

277 Arcadia (nome di religione di Barre-

ra Giuseppe), 381 Ariosto Ludovico, 40 , 68 , 188 , 2 15 Aristotele, 172 , 232 Ascoli Graziadio Isaia, 45n, 271 e n,

278, 280 Astengo Francesco, 2 3 1 Atwood George, 1 98 August Ernst Ferdinand, 200 Augusto, imperatore, 234 Avogadro Bertodano, 382 Avogadro Pietro, 393 e n Ayres Giovanni, 198, 20 1

Azeglio Taparelli d' Massimo, 246 Azzolini Francesco, 375

Baccelli Alfredo, 53, 75n Baccelli Guido, 7 1 , 80, 8 1 , 82, 102,

103, 104, 359 e n Bacone Francesco (Bacon Francis), 46 Badge Pietro Noto, 186 187 Bagatta Vincenzo, 27 1 , 272, 273,

276 , 277 Baiocchi Luigi, 357 Balduzzi Pier Felice, 168 Balestra Cristoforo, 203 Baravalle Carlo, 271 , 272 Barbagli Marzio, 55n Barbera Gaspero, 232 Barberis Giuseppe, 86n, 94, 100 Barbieri Armando, 40 1 e n Bardelli Giuseppe, 370 e n Baricco Pietro, 358 Barone Pietro, 390 Barrili Anton Giulio, 1 1 1 Bartalini Giuseppe, 42 1 Bartoli Daniello, 1 57 Bartoli Giuseppe, 386 Beccaria Giovanni Battista, 200 Bell Alexander Graham, 201 Belli Camillo, 271, 272, 273 Bembo Pietro, 184, 185 Berrettini Luciano, 301 Bersano Arturo, 24n Bersi Adolfo, 70n Berta Giuseppe, 171 e n, 1 74 Berthier Giuseppe, 379, 382

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434 Fonti per la storia della scuola

Berthollet Claude-Louis , 199 Berti Domenico, 1 9 e n, 100 e n,

1 0 1 Bertini Giovanni Maria, 2 0 e n , l O l Bertoldi Giuseppe, 56 e n, 207n,

263 e n Bertoni }ovine Dina, 24n Berzelius Jons Jacob, 20 l Bettola Giovanni, 406n Bianchi, 359 Bianchi Alberto, 401 Bianchi Leonardo, 72, 73 , 418 e n Bianco, 252 Biglino D. Filippo, 195 Bissanti Carlo Felice, 78n Blaserna Pietro, l l ln Bobba Romualdo, 345 e n Boccaccio Giovanni, 39, 149, 1 57 Baggiani L. , 227 Bolchesi Edoardo, 27 1 , 272, 273 ,

274 , 275, 276, 277, 278, 279 Boltshauser Giovanni, 209n, 2 1 9 Bonardi Antonio, 94n Bonavino Cristoforo, 227, 228, 230 Bonazzi Benedetto, 254 Boncompagni Carlo , 24, 25, 99, 3 3 1 Bonetti, 307 Bonfadio Jacopo, 183 Bonfanti R. , 238 Bonghi Ruggero, 32, 66, 92, lOOn,

352 e n, 3 54 Bonzani Francesco, 366 Borgatti, 196 Borghi Lamberto, 74n Boselli Paolo, 49, 72, 82, 1 1 ln, 284

e n, 286 Bosia Salvatore, 204 Bosio Teodoro, 79n Bosna Ernesto, 26n Bosca Sante, 152 Bottari Carlo, 1 62 Bourdon Eugène, 199 Brandi Ondini Ettore, 368

Bréguet Abraham Louis, 200 Bretschneider Carl Anton, 169 Brioschi Francesco, 65, 264 e n Brizio Francesco, 85n Broglio Emilio, 22n Brucchietti Giuseppe, 249 e n Bucarotti, 2 3 1 Buchalet Vittorio, 379, 380, 382 Bunsen Robert Wilhem von, 201 Buonazia Girolamo, 123 e n, 1 27 Buratti Carlo, 272, 273 , 276, 277 Burnouf Jean Louis , 226 e n Butti Carlo, 162 e n Byron George, 68

Cadei Antonio, 272, 273 Cagniard De La Tour Charles, 200 Cairoli Benedetto, 359n Calabria Sante, 391 Cammarata Gaetano, 369 e n Canestri Giorgio, 26n Cannizzaro Stanislao, 369 e n Cantelli Girolamo, 66 Cantoni Giovanni, 363, 366 e n Capellina Domenico, 3·07 e n Capello Ferdinando, 379, 382 Capozzi Agostino, 305 Capuana Luigi, 1 1 1 Carbone Domenico, 209 e n, 2 1 5 ,

329 e n Carbonelli Pio, 1 1 8 Carcano Giulio, 1 34 , 137, 27 1 , 278,

280, 291 Carducci Giosuè, 1 1 1 Caroli Natale, 292 Caro Annibale, 39, 157 Carraroli Dario, 272, 273, 274, 275,

276, 277 Carra Cesare, 70n Carucci Paola, 1 16n Caruso Raffaele, 383, 385 Casali Enrico, 189, 1 94 e n

Indice dei nomi 435

Casati Gabrio, 13 , 24, 25 , 26, 27, 28, 64, 66, 78, 79, 86, 97 e n, 98 e n, 99, 102, 103 , 109, 1 1 3 , 1 14, 259, 284, 347n, 352 e n, 353 , 3 55n, 356n, 370n, 4 1 1

Cassitto Raffaele, 346 Castelli Giuseppe, 87n, 92n Castelli Michele, 402 Castrogiovanni Giovanni, 230 e n Casula Pier Francesco, l O l n Cataldi Augusto, 356 Catilina Lucio Sergio, 158 Cattaneo Antonio, 154 Catullo Gaio Valeria, 68 Cavalca Domenico, 2 1 5 Cavallotti Felice, 1 1 1 Cavazza Pietro, 282 e n, 388 e n,

389, 390, 39 1 , 392, 393 e n Cecchi P. Leopoldo, 70n Cellini Benvenuto, 2 1 5 Cerruti Valentino , 7ln Cervantes Miguel, 68 Cesare Caio Giulio, 40, 1 58, 2 12 ,

305 Cèsari Antonio, 229 Chiara Giuseppe, 365 Chiarini Giuseppe, 26n, 70n, 75n,

244n Chiaves Desiderato, 359 e n Ciampi Gabriella, 99n, 369 Ciampolini Ermanno, 162 e n Cianfrona Raffaele, 307 Cibrario Luigi, 65 , 98 Cicchetti-Suriani Filippo, 1 77 e n Cicerone Marco Tullio, 40, 1 58,

172, 1 82, 2 1 2 , 2 14 Ciraolo Giovanni, 287 e n Cirnigliaro Giovanni, 394n Cittadella Giovanni, 46n Ciuffelli Augusto, 40 1 e n Cives Giacomo, 26n Clark }ohn, 20 1 Cocchia Enrico, 398

Coiz Antonio, 170, 1 7 1 , 173, 1 74 Columba Gaetano M. , 393n Commodo Marco Aurelio, imperato-

re, 234 Compagni Dino, 39, 149, 187, 188,

2 1 5 Contini Francesco, 3 1 8 Coppino Michele, 20 e n , 2 2 , 26, 37,

65 , 66, 84, 1 0 1 , 102 Corazzi Francesco, 167 Corio Lodovico, 176 e n Cornelio Nepote, 40, 1 57, 158, 182,

183, 2 12 , 305 Cornero Giovan Battista, 25 Corradini Camillo, 72, l l ln Correnti Cesare, 44, 66 e n Corsi Massimo, 357 Cortesi Francesco, 320 e n, 32 1 Cortesi Virginio, 272, 273, 274,

275, 276, 277 Corticelli Salvatore, 230 e n Costa Paolo, 39, 231 e n Costantini Settimio, 82, 83 Coulomb Charles-Augustin de, 200 Credaro Luigi, 48, 75 e n, 76, 82,

105 , 1 19 , 285 e n, 286, 287n Cremona Luigi, 188n, 256 e n Cremonesi Secondo, 174 Crivelli Giacomo, 324 Croce Benedetto, 36, 37 e n, 50,

5 ln, 54 Crodara Giuseppe, 379, 382 Crova, 382 Curtius Georg, 2 1 3 e n, 224 e n,

226, 306 e n, 307

Daneo, 3 1 8 Daneo Edoardo, 105, 287 e n Daniell John Frederic, 200, 201 Dante Alighieri, 68, 158, 188, 2 15 ,

232, 246, 275, 307, 399 Davy Humphry, 200, 201 De Benedetti Abramo, 42 1 , 422

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436 Fonti per la storia della scuola

De Candia Saverio, 63 e n Defilippi, 325 De Filippi Filippo, 262 De Inama Virgilio, 198 e n, 203 De la Rive Auguste Arthur, 201 Del Beccaro Tommaso, 210n, 2 17

e n De Leo Luigi, 305, 306 De Leonardis Giuseppe, 272, 273 ,

276, 277 De Lollis, 329 De Luca Giuseppe, 266, 270 Del Vecchio Nicola, 48n Demaria Carlo, 100 De Mauro Tullio, 4Sn De Meo Luigi, 386 Demonte Alfredo, 379, 382 Denicotti Domenico, 1 68 e n, 170,

1 7 1 , 172, 173 Depretis Agostino, 3 5 9n De Sanctis Francesco, 66, lOOn,

1 27n, 329n, 359 e n Descartes René, 46 De Stefano Gabriele, 2 1 5 D 'Ettingshausen Andrea, 196 e n Di Agresti Carmela, 26n, 75n Di Rudinì Antonio, 374n Di Rudinì Carlo, 375 e n Dito Oreste, 389 e n, 391 Donati Alessandro, 406n D 'Ovidio Enrico, 85 e n, 1 98 e n,

203 D'Ovidio Francesco, 70n, 7 1 , 370

e n Dugnani D. Tito, 357 Dulong Pierre Louis, 200

Egidi Francesco, 40 1 e n, 402 Enrico Giuseppe, 379, 380, 381 ,

382 Erone, 199 Errico Enrico, 226n Euclide, 159 , 164 e n, 195n, 2 17,

2 18, 2 19, 237

Evagora, 163

Faenza Luigi, 227 Faggi Giovanni Battista, 357 Falconi Gaetano, 400 e n, 40 1 , 403 Fanfani Pietro, 204 Fani Cesare, 1 18 Faraday Michael, 20 l Farini Luigi Carlo, l OOn Faverzani Francesco, 324 Fedele Pietro, 237, 240 Fedro, 40, 157, 182, 2 1 2 Fenaroli Giuliano, 272, 273, 276,

277 Ferrari Carlotta, 399 Ferrari Luigi, 387 Ferrari Paolo, 27 1 , 278, 280 Ferri Enrico, 406 e n Filicaia Vincenzo da, 184, 185 Finocchiaro Beniamino, 74n Fiorini Vittorio, S Sn, 72, l l ln Firenzuola Agnolo, 2 1 5 Floridia Giorgio, 394n Folli Riccardo, 64n, 7 l n Fontebasso P.A. , 285 Porcellini Egidio, 204 Formento Giovanni, 175 e n Fornaca Remo, 37n Fornaciari Luigi, 157 e n Fornaciari Raffaello, 39, 307 e n Fornaris, 358, 3 59, 361 Fornari Vito, 1 50 e n Forni R. , 23 l n Fortis Alessandro, 4 18n Foscolo Ugo, 246 Fradeletto Antonio, 285 e n Franceschi, 299, 300 Franzutti Nicolò, 170 e n Frascella Donato, 253 Fried Robert C . , lOln Fumagalli Carlo, 227n Fusco Edoardo, 9 1 , 264, 333 e n,

3 36, 3 39, 342

Indice dei nomi 437

Fusco Pietro Adolfo, 384 Fusinato Guido, 407 e n

Gabelli Aristide, 23 , 24 e n, 54, 5 5 e n, 60 e n, 87 e n, 3 0 1 , 309

Galilei Galileo, 40, 163, 188 Galletti Alfredo, 72, 74, l l ln Gallo Nicolò, 35 , 75n Gallo Vincenzo, 262, 265 Gandino Giovanni Battista, 188 e n Garibaldi Giuseppe, 246 Gasale Cosimo, 24n Gatti Giuseppe, 263 Gandini Giovanni, 17 4 Gavinato Giovanni Battista, 250n,

253 e n, 254 Gay-Lussac ]oseph-Louis, 1 99, 200 Genovesi Giovanni, 26n, 56n Gentile Giovanni, 1 3 , 37, 50 e n, 5 1

e n, 54, 76, 77 e n, 82, 1 17 Ghina, 325 Ghivizzani Antonio, 47n Giambullari Pier Francesco, 2 1 5 Gianandrea Antonio, 272, 273 Giannini Crescentino, 272, 273 ,

276, 277 Gianturco Emanuele, 373, 374 e n Gigante Marina, 98n Giglio Qonatella, 24n Giliberti Michele, 391 Gioberti Vincenzo, 247 Giada Carlo, 70n, 85 e n, 369 e n Giolitti Giovanni, 103, 104, 1 19n,

285n Giovannini Francesco, 42 1 Giozza Pier Giacinto, 272, 273, 276,

277 Girard ]ean Baptiste, 149 e n Gnoni Antonio, 369 Gozzi Gaspare, 39, 1 57, 184, 185 ,

215 , 306 Graf Arturo, 67 e n, 68, 69 Grana G. Battista, 3 57

Grassi Giovanni, 239 Grassi Giuseppe, 157 e n Gravesande Willem }acob's, 200 Gravina Gian Vincenzo, 188 Grion Giusto, 165 Grossi Leone, 365 Grave William Robert, 20 l Guassardi Giovanni, 3 18 Guerri Francesco, 285 Guerrini Paolo, 87n Guido da Pisa, 39 Gustarelli Giuseppe, 1 6 ln, 162

Haldat Lys Charles Nicolas Alexan­dre du, 1 99

Iacometti Francesco, 356 !annone Roberto, 241 Iloxà (pseudonimo), 58 n Imbriani Paolo Emilio, 86, 346n Ingenhousz }an, 200 Isnenghi Mario, 17 Isocrate, 163 Iunk Enrico, 379, 382

Jandelli Gaetano, 145 Joch Luigi, 272, 273 , 274, 275 , 276,

277 '

Jona Guido, 75n

Kerbaker Michele, 70n, 72 e n, 243, 250 e n, 25 1 , 270

Kessler Giovanni, 401 e n Kirner Giuseppe, 74 , 1 14n Kiihner Raphael, 158, 224 e n, 226,

227, 228

Labriola Antonio, 30 l, 309 Lacaita Carlo Giacomo, 26n La Marmora Alfonso, 3 36n, 3 59n Lambruschini Raffaello, 2 1 e n, 23 e

n, 65 , 100, 123 e n, 1 28 La Mola A . , 301 Lanza Giovanni, 98

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438 Fonti per la storia della scuola

Lanza Loreto, 25 , 86, 98 Lanzellotti Biagio, 47n, 70n Laplace Pierre Simon de, 200 Lavoysier Antoine-Laurent, 200 Le Bon Gustav, 75n Leclancé Georges, 201 Legendre Adrien Marie, 164 e n Leonetti Andrea, 302, 306, 307 Leopardi Giacomo, 163, 246, 247 Lerra Angelo, 248 Leslie John, 200 Letronne ]ean Antoine, 185 e n Lhomond Carlo Francesco, 228 e n Liddell Henry George, 232 e n, 233 ,

235 Linaker Arturo, 50n, 70n Livio Tito, 40, 1 58, 212 , 232 , 234 Lombardi Eliodoro, 272 , 273 , 276,

277 Lombroso Cesare, 69 Luciano, 68 Lumitii Apollo, 272, 273, 276, 277 Luzzatti Luigi, 1 19 , 285n

Maccaferri Eugenio, 75n Machiavelli Niccolò, 40, 163, 183,

187, 188, 2 16, 246, 247, 306, 307

Macioce G., 285 Macry Paolo, lOOn Madvig Giovanni Nicola, 227 e n,

229 Maffei Giampietro, 183 Maiellari Saverio, 42 1 Maina Pietro, 382 Malusa Pietro, 388, 389, 391 Mambelli Cinonio Marco Antonio,

238 e n Mamiani Terenzio, 64, 65 , 78n, 342 ,

344 Mandoli, 252, 253 Manzoni Alessandro, 246, 275 Marcellino, 322

Marenco Leopoldo, 1 5 3 Mariano Raffaele, 70n Marincola Luigi, 391 e n Marinelli Francesco Antonio, 344

e n Mariotte Edme, 199 Martinazzoli Antonio, 176 e n, 177 Martinengo, 322 Martini Emidio, 250 Martini Felice, 272 , 273, 274, 275,

276, 277 Martini Ferdinando, 33, 34, 48, 85,

103 , 1 19n Martone Alfonso, 249 e n Marucchi Guido, 356 Marzi Francesco, 386 Masci Filippo, 70n, 235 , 236, 237 Masi Ernesto, 1 38n Masserotti Vincenzo, 1 54 Matteucci Carlo, 55 e n, 65 e n, 100

e n, 129n, 264 Maturi Raffaele, 47n Mazzini Giuseppe, 246, 399 Mazzini Vittorio, 209n, 216 Mazzoni Guido, 173 , 174 Mela Pomponio, 183 Melardi Antonio, 252 Melchiori Antonio, 357 Melchiorri Angelo, 368 Melli Giuseppe, 5 1n Melloni Macedonia, 200 Menichini Liborio, 329 e n Menke Theodor, 159 e n Messedaglia Angelo, 3 2 1 Mestica Enrico, 400n Michelangelo Buonarroti, 246 Milanesi Antonio, 162 e n Milazzo Gaetano, 403, 405 Milazzo Gioacchino, 403, 405 Milziade, 182, 183 Minghetti Marco, l OOn, 3 52n Miraglia Luigi, 70n, 75n, 369 e n Mirenda Antonino, 383, 384, 385

Indice dei nomi 439

Molinari, 253 Molinelli Pietro, 155 Molmenti Pompeo, 389 e n Montebovi Luigi, 368 Montevecchi Luisa, 108n Monti Vincenzo, 158 Morandi Luigi, 272 , 273 , 276, 277 Morano Pietro, 394n Morici Giuseppe, 4 17n Morse Samuel Fiuley Breese, 20 l Muffone, 329 Miiller Giuseppe, 2 1 3n, 224n, 226,

306 Muratori Gian Francesco, 183

Namias Amerigo, 75n Narciso (nome di religione di Enrico

Giuseppe), 379, 380 Nasi Nunzio, 75n, 104 Natali Giuseppe, 89, 90 e n, 9 1 , 93,

94n, 336 Neal Thomas, 5 3n Neri Egisto, 399 e n Newton Isaac, 200 Niccolini Giovanni Battista, 246,

247 Niccolini Luigi, 185, 186 Nisio Girolamo, 329 Nitti Francesco Saverio, 250, 254 Notargiacomo, 252 Nuvoloni Giovanni, 305 Nuvoloni Giuseppe, 304

Occioni Onorato, 2 10n Oersted Hans Christian, 201 Omero, 188 Onesti Giovanni, 186, 187 Orano Paolo, 75n Orazio Quinto Fiacco, 40, 163, 2 1 2 Orlando Vittorio Emanuele, 3 5 Ottino, 324 Ovidio Publio Nasone, 40, 68

Pacchiotti Giacinto, 359 e n

Pacomio, 382 Pagliano Giuseppe, 390 Palazzani Saverio, 402 e n Pandiani Giovanni Battista, 249 Pandolfini A . , 140 e n Pandolfo Antonino, 161 Papa Vincenzo, 47n Parato Antonino, 360 Parato Giuseppe, 322 Parcito, 329 Paria Giuseppe, 230 e n Parini Giuseppe, 184, 246, 247 Pascal Blaise, 199 Passamonti Luigi, 249 Passerini Ernesto, 173 e n, 174 Passini, 424 Pavato Antonio, 329n Pavesio Paolo, 24n, 26n, 79n, 82n,

84n, 86 Pecci Anselmo, 254 Pellegrini Giovanni, 171 e n, 175 Pellico Silvio, 1 52 , 246 Pellizzari Pietro, 395n, 396 Perfranceschi Giovanni, 272 , 273,

276, 277 Perona Giuseppe, 260 e n Perotti Eugenio, 382 Pescatore Giacomo, 324 Pescosolido Tommaso, 304 Petit Alexis Therese, 200 Petrarca Francesco, 40, 246, 275 Pezzi Domenico, 45n, 46n Piazzi Alfredo, 26n, 64n, 7 1n Picciola Giuseppe, 72, l l ln Pili Bonifacio, 393n, 395n Pinelli Luigi, 424, 425 Pio IX, papa, 90 Pisani (famiglia), 212 Pizzuto Pasquale, 384, 385 Platone, 72, 2 14 Paletti Francesco, 47n Polli Giovanni, 382 Ponci Luigi, 70n

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440 Fonti per la storia della scuola

Porta Simone, 200 Porzio Camillo, 163 Pouillet Claude Servais Mathias ,

200, 20 1 Pratesi Plinio, 70n Priaschi, 382 Prina Guerrino, 174 Prinetti Carlo, 389 e n Prony Marie Riche de, 199

Quintiliano Marco Fabio, 40, 163, 172, 212 , 231

Racheli Antonio, 329 e n Rafanelli, 252 Raffaele Gaetano, 383, 384 Ragazzini Dario, 26n Ragionieri Ernesto, l O ln Raicich Marino, 17, 26n, 45n, 108n Ramorino Felice, 45n Ranalli Ferdinando, 1 50 e n Ranalli Guido, 162 e n Rava Luigi, l 04 Réaumur René Antoine Ferchault de,

300 Rezasco Giulio, 352 Ricchiardi Pietro, 345n Richetti Alberto, 380, 382 Ricotti Ercole, 84, 307 e n Ricuperati Giuseppe, 26n Righi R . , 239 Rinaudo Costanzo, 45n Rinuccini Alamanno, 246 Ritchie William, 200 Rivetta Alessandro, 1 9 1 Robertson ]ames, 227 Rocchi Raffaele, 402 e n Roggero Marina, 24n Rolletta Antonio, 307 Rolletta Filippo, 306 Romani Nicola, 196 Romano Nicola, 272, 273, 276, 277 Romizi Augusto, 100

Ronchetti Anselmo, 168 e n, 170, 1 7 1 , 1 72, 173

Ronzon Antonio, 173, 17 5 Rosano Francesco, 379, 380, 382 Rossi Giovanni, 72n, l l ln Rossi Girolamo, 26 1 , 262 Rossi Giulio, 1 72 e n, 173, 1 74 Rotondi Ermenegildo, 209n Rotondi Pietro, 273, 278, 280 Ruhmkorff Heinrich Daniel, 201 Rumford Benjamin Thompson comt

von, 200

Sacchetti Francesco, 2 1 5 Sacchi Giuseppe, 1 5 5 Sagredo Giovanni, 65 Salamitto Giuseppe, 1 70 e n, 1 74,

1 75 Sallustio Crispo Gaio, 40, 2 12 , 306 Salvemini Gaetano, 72, 74 e n, l l ln Salvoni Antonio, 278, 280, 356, 358 San Giusto Enrico, 379, 382 Santa Eugenia, 2 15 Santangeli Claudio, 99n, 369 Santi Cesare, 379, 382 San tini A., 285 Santoni Rugiu Antonio, 55n Sarra Leone, 301 Sartoro Beniamino, 75n Saussure Horace Benedicte de, 200 Savarro Giovanni, 324 Savart Felix, 200 Savio Enrico, 154 Scalero Giuseppe, 1 85 Scalfaro Eugenio, 407n Scavia Giovanni, 264, 3 30 Schenkl Karl, 226 e n Schiiltz Ferdinando, 229 e n, 305 e

n, 306, 307, 308 Schweiger Albin, 20 l Scialoja Antonio, 19, 66, 108, 346n Scrivo Luigi, 392, 393 Seebeck Thomas Johann, 20 l

Indice dei nomi 441

Sella Quintino, 66 Sella Rodolfo, 379, 380, 382 Semeraro Angelo, 17 Serdonati Francesco, 183 Serena Ottavio, 1 18 Sergi Giuseppe, 70n Serio Mario, 106n Settembrini Luigi, 232 , 329 e n, 3 3 1 Shakespeare William, 68 Silbermann]ohann Theobald, 200 Sinigaglia Giorgio, 272, 273, 274,

275 , 276, 277, 278, 279 Sisinni Francesco, 26n, 97n Smith, 253 Smith William, 232 e n, 235 Sodini Gaetano, 303, 306, 307 Sofocle, 68 Soldani Simonetta, 17 , 26n Sonnino Sidney, 1 19 , 284n Sozzi Giuseppe, 357 Spezi Pio, 248 Squitti Baldassarre, 406 e n, 407 Strazzulla Vincenzo, 399 e n

Tabarrini Marco, 58, 59, 1 27, 1 29 Tacito Cornelio, 40, 182, 183 , 2 12 Talamo Giuseppe, 17 , 56n, l OOn Tallarigo Carlo Maria, 222 e n, 235 Tamburlini Francesco, 401 e n, 402 Tassi Camillo, 284 e n, 285 Tasso Torquato, 40, 157, 188, 232 Tedeschi Guglielmo, 236 e n Tedeschi Paolo, 272, 273, 276, 277 Telesforo (nome di religione di Ro-

sano Francesco), 379, 380, 382 Telmon Vittorio, 5 ln Tentori Tullio, 75n Teodorico, 183 Terenzio Mro Publio, 227 Testa Francesco, 253 Théoger (nome di religione di Bu­

chalet Vittorio), 379, 380, 38 1 , 382

Tibullo Albio, 2 12, 305 Tincani Andrea, 171 e n, 173 , 174 Tiratelli Antonio, 366 e n Tisato Renato, 24n Tocco Felice, 1 75, 1 76, 177, 235 ,

237 Tognon Giuseppe, 37n Tommaseo Niccolò, 1 57, 204 Tommasini-Mattiucci Piero, 75n Tonello Michelangelo, 3 3 1 Tonti Michelangelo, 303 Torraca Francesco, 62n, 244m, 399 Torraca Michele, 75n Torre Andrea, 72 , l l ln Torricelli Evangelista, 199 Torrigiani Pietro, 373, 374 Tosatti Giovanna, 106n Toscano Silvestro , 394n Tossi Giovanni, 296 Treves Pietro, 47n Trezza Gaetano, 70n Trombetta Ercole, 390 e n Trombone Fortunato, 25n Turi Gabriele, 26n Tuzi G. , 285 Tyndal1 John, 200

Uberti D'Uberto, 357 Umberto I, re d'Italia, 3 73

Vacchelli Pietro, 1 18 Vailati Giovanni, 72, l l ln Valdarnini Angelo, 70n Valenti Luigi, 70n Vallauri Tommaso, 172, 1 82, 204,

228 e n Vallo Benedetto, 386 Vannucci Atto, 235 e n Vasari Giorgio, 39 Venturini Luigi, 50n Verderone Francesco , 324 Vergani Andrea, 15 3 Verucci Guido, 2 ln

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442 Fonti per la storia della scuola

Viani Prospero, 209n, 2 1 5 , 22 1 , 222 Vieusseux Giovan Pietro, 229n Villari Pasquale, 20, 48, 49, 70, 85 ,

1 14 Villa Carlo Pompeo, 193 Virgilio Marone Publio, 40, 68, 158,

188, 2 12, 306 Vischia Eugenio, 394n Vischi Vincenzo, 42 1 Vitelli Girolamo, 72, 74, 1 1 1n, 369,

370n Vittorio Emanuele II, re d'Italia, 379 Volpicella Cesare, 342, 344 Volta Alessandro, 200

Wedgwood Thomas, 200 Wheatstone Charles, 200, 201 Wollaston William Hyde, 200, 202

Zacchetti Guido, 402 Zanardelli Giuseppe, 406n Zanei, 424 Zannoni Giovanni, 245, 247 Zappi Vincenzo, 357, 358 Zazo Alfredo, 24n Zenoni Giovanni, 399 e n Zerotti Eugenio, 379 Zolli Giovanni, 3 79 Zuccardi, 252, 253

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani L'Ufficio centrale per i beni archivistici, Divisione studi e pubblicazioni cura l'edizione di un periodico (Rassegna degli Archivi di Stato) e di cinque colla­ne (Strumenti, Saggi, Fonti, Sussidi, Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato) e di volumi fuori collana. Tali pubblicazioni sono in vendita presso l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato. Altre opere vengono affidate a editori privati. Il catalogo completo delle pubblicazioni è disponibile presso la Divisione studi e pubblicazioni dell'Ufficio centrale per i beni archivistici, via Palestro 1 1 - 00 185 Roma.

« RASSEGNA DEGLI ARCHIVI DI STATO "

Rivista quadrimestrale dell'Amministrazione degli Archivi di Stato . Nata nel 194 1 come « Notizie degli Archivi di Stato "• ha assunto l'attuale denomina­zione nel 1 95 5 .

L'ultimo fascicolo pubblicato è il n . LIV/1 (gennaio-aprile 1994).

STRUMENTI

CXVI. Archivio Turati. Inventario, a cura di ANTONIO DENTONI-LITTA,

Roma 1992, pp. XII, 452, tavv. 10, L. 26.000.

CXVII. ARCHIVIO DI STATO DI MANTOVA, Antichi inventari dell'Archivio Gonzaga, a cura di AXEL BERNE, Roma 1993, pp. 302, L. 32 .000.

CXVIII. Gli archivi Pallavicini di Genova. Archivi propri. Inventario, a cura di MARCO BOLOGNA, Roma 1994, pp. 430, L. 29.000.

CXIX. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Il popolo al confino. La persecu­zione fascista in Basilicata, a cura di DONATELLA CARBONE, prefa­zione di COSIMO DAMÌANO FONSECA, Roma 1994, pp. XII, 280.

CXX. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L 'archivio della Direzione gene­rale delle antichità e belle arti (1860-1890). Inventario, a cura di MATTEO MUSACCHIO, Roma 1 994, tt. 2 , pp. VI, 1 186.

SAGGI

2 1 . L 'ordine di Santo Stefano nella Toscana dei Lorena. Atti del conve­gno di studi, Pisa 19-20 maggio 1989, Roma 1992, pp. 3 38, L. 29.000.

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22.

23 .

24 .

Roma e lo Studium Urbis. Spazio urbano e cultura dal Quattro al Seicento. Atti del convegno, Roma, 7-10 giugno 1989, Roma 1992, tavv. 77, pp. 554, L. 34 .000. Gli archivi e la memoria del presente. Atti dei seminari di Rimini, 19-21 maggio 1988, e di Torino, 1 7 e 29 marzo, 4 e 25 maggio 1989, Roma 1992, pp. 308, L . 20 .000. L 'archivistica alle soglie del 2000. Atti della conferenza internazio­nale, Macerata, 3-8 settembre 1990, Roma 1992, pp. 354 (il volume è stato edito a spese dell'Università di Macerata).

25 . Le fonti per la storia militare italiana in età contemporanea. Atti del III seminario, Roma, 16-1 7 dicembre 1988, Roma 1993, pp. 496, L. 26.000 .

26. Italia ]udaica. Gli ebrei nell'Italia unita, 1870-1945. Atti del IV convegno internazionale, Siena 12-16 giugno 1989, Roma 1 993, pp. 564, L. 52 .000.

27. L 'Archivio centrale dello Stato (1953-1993), a cura di MARIO SERIO,

Roma 1993, pp. XVI, 612 , L. 48.000 .

28.

29.

All'ombra dell'aquila imperiale. Trasformazioni e continuità istituzio­nali nei territori sabaudi in età napoleonica (1802-1814). Atti del con­vegno, Torino 15-18 ottobre 1990, Roma 1994, tt. 2 (in corso di stampa). Roma Capitale (1447-152 7), a cura di SERGIO GENSINI, Roma 1 994, pp. XIV, 632 (coedizione con il Centro di studi sulla civiltà del Tardo Medioevo, San Miniato).

FONTI

XII. I Libri iurium della Repubblica di Genova. Introduzione, a cura di DINO PUNCUH e ANTONELLA ROVERE, Roma 1992, pp. 413, L. 30.000.

XIII . I Libri iurium della Repubblica di Genova, III , a cura di ANTO­

NELLA ROVERE, Roma 1992, pp. XVI, 408, L. 34.000. XIV. ARCHIVIO DI STATO DI MANTOVA, Giulio Romano. Repertorio di

fonti documentarie, a cura di DANIELA FERRARI, introduzione di ANDREA BELLUZZI, tt. 2, Roma 1 992, pp. LIV, 1 302, L. 66.000.

xv. Le pergamene del Convento di S. Francesco in Lucca (secc. XII­XIX), a cura di VITO TIRELLI e MATILDE TIRELLI CARLI, Roma 1993, pp. CXL, 524, L . 1 09 .000 .

XVI. ELENA AGA Rossi, L 'inganno reciproco. L 'armistizio tra l'Italia e gli angloamericani del settembre 1943, Roma 1993, pp. XVI,

476, L. 62 .000. XVII. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Fonti per la storia della scuola.

I. La scuola normale dalla legge Casati all 'età giolittiana, a cu­ra di CARMELA COVATO e ANNA MARIA SORGE, Roma 1994, pp . 3 36, L. 25 .000 .

XVIII.

XIX.

ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Fonti per la storia della scuola. II. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione (1847-1928), a cura di GABRIELLA CIAMPI e CLAUDIO SANTANGELI, Roma 1 994, pp. 344, L. 23 .000. ANTONIO RoMITI, L'Armarium comunis della Camara actorum di Bologna. L 'inventariazione archivistica nel XIII secolo, Roma 1994, pp. CCCXLVIII, 4 10 .

SUSSIDI

5 . ARCIDVIO DI STATO DI FIRENZE, I blasoni delle famiglie toscane conser­vati nella raccolta Ceramelli-Papiani. Repertorio, a cura di PIERO MARCID, Roma 1992, tavv. 4, pp. XXII, 580, L . 70.000.

6. ARCIDVIO CENTRALE DELLO STATO, Bibliografia. Le fonti documentarie nelle pubblicazioni dal 1979 al 1985, Roma 1992 , pp. XXVI, 542, L. 44 .000.

QUADERNI DELLA « RASSEGNA DEGLI ARCHIVI DI STATO "

64. Bibliografia di Cesare Guasti, a cura di FRANCEsco DE FEo, Roma 1992, pp. 282, L. 23 .000.

65 . Archivio Galimberti. Inventario, a cura di EMMA MANA, Roma 1992, pp. XLIV, 200, L. 1 5 .000.

66. ARCIDVIO CENTRALE DELLO STATO, Archivio Vittorio Bodini. Inventa­rio, a cura di PAOLA CAGIANO DE AZEVEDO , MARGHERITA MARTELLI e RITA

NOTARIANNI, Roma 1 992, pp. 156, L. 1 1 .000. 67. FIORENZA GEMINI, Due parroc�hie romane nel Settecento: aspetti di

storia demografica e sociale, Roma 1992, pp. 168, L. 17 .000. 68. COMUNE DI SAN MINIATO , Guida generale dell'archivio storico, a cura

di LUIGINA CARRATORI, ROBERTO CERRI, MARILENA LOMBARDI, GIANCARLO

NANNI, SILVIA NANNIPIERI, ARIANNA 0RLANDI e Ivo REGOLI, Roma 1992, pp. 160, L. 8 .000.

69 . ELEONORA SIMI BONINI, Il fondo musicale del! 'Arciconfraternita di S. Girolamo della Carità, Roma 1992, pp. 230, L. 19 .000.

70. Fonti per la storia della popolazione. 2. Scritture parrocchiali della Diocesi di Trento, Roma 1992, pp. 206, L . 26 .000.

7 1 . UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, Fonti orali. Censimento degli istituti di conservazione, a cura di GIULIA BARRERA, ALFREDO MARTIN!

e ANTONELLA MULÈ , prefazione di PAOLA CARUCCI , Roma 1 993 , pp. 226, L. 36.000.

72. GEHUM T ABAK, I colori della città eterna. Le tinteggiature dei palazzi romani nei documenti d'archivio (secc. XVII-XIX), Roma 1 993 , pp. 1 20, tavv. 20, L. 1 5 .000.

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73 . ANTONELLA PAMPALONE, La cappella della famiglia Spada nella Chie­sa Nuova. Testimonianze documentarie, Roma 1993, pp. 142, tavv. 16 , L. 22.000.

7 4 . ASSOCIAZIONE ARCHIVISTICA ECCLESIASTICA, Guida degli Archivi dioce­sani d'Italia, Il, a cura di VINCENZO MONACHINO, EMANUELE BOAGA, LU­CIANO 0SBAT, SALVATORE PALESE, Roma 1994, pp. 3 10, L. 1 3 .000.

PUBBLICAZIONI FUORI COLLANA

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHI­VISTICI, Guida generale degli Archivi di Stato italiani, IV (S-Z), Roma 1994, pp. XVI, 1 4 1 2 , L. 1 10.000. ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA, Inventario dell'Archivio del Banco di S. Giorgio (1407-1805), sotto la direzione e a cura di GIUSEPPE FELLONI, III, Banchi e tesoreria, Roma 1990, t. l o , pp. 406; Roma 199 1 , t. 2 ° , pp. 382, L . 23 .000; t. 3 o, pp. 382, L . 24 .000; t. 4 o, pp. 382, L. 24. 000; Roma 1992, t. 5 ° , pp. 382, L. 24 .000; Roma 1 993 , t. 6 ° , pp. 396, L. 25 .000; IV, Debito pubblico, Roma 1989, tt. l 0-2 ° , pp. 450, 436, L. 26.000; Roma 1994, t. 3 o , pp. 380, L . 27 .000; t. 4 ° ' pp. 376. Les archives et !es archivistes au service de la protection du patrimoine culture! et nature!. Actes de la vingt-siptième Conjérence internationale de la Table ronde des archives, Dresde 1990 l Archives and Archivists serving the protection oj the Cultura! and Natura! Heritages. Proceedings of the twenty-seventh International Conjerence of the Round Table on Archives, Dresden 1990, Roma 1993 , pp. 186, L. 1 7 .000. Archives bejore Writing. Proceedings of the International Colloquium, Orio­lo Romano, October 23-25, 1991, edited by PIERA FERIOLI, ENRICA FIANDRA, GIAN GIACOMO FISSORE, MARCELLA FRANGIPANE, Roma 1994, pp. 416, L. 100.000 (coedizione in vendita presso Scriptorium, via Piazzi, 17 - 10129 Torino).

ALTRE PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO

I seguenti volumi sono stati pubblicati e diffusi per conto dell'Ufficio cen­trale per i beni archivistici da case editrici private. CAMILLO CAVOUR, Epistolario, 1856 (gennaio-maggio), XIII, a cura di CARLO PISCHEDDA e MARIA SARCINELLI, Firenze, Olschki, 1992, tt. 2 , pp. X, 1026; Epistolario, 1857 (gennaio-luglio), XIV, a cura di CARLO PISCHEDDA e Ro­SANNA ROCCIA, Firenze, Olschki, 1994, tt. 2 , pp. VIII, 726. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, L 'Archivio di Stato di Milano, a cu­ra di GABRIELLA CAGLIARI POLI, Firenze, Nardini, 1992, pp. 252, tavole. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, L 'Archivio di Stato di Roma, a cura di LUCIO LUME, Firenze, Nardini, 1992, pp. 284, tavole. UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, Il viaggio di Enrico VII in Italia, Città di Castello , Edimond, 1993.

Stampato nel 1995

dalla Arti Grafiche Panetto & Petrelli - Spoleto