L’INQUISZIONE O LE INQUISZIIONI · In questo clima nascono numerosissime eresie, che a partire da...

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L’INQUISZIONE O LE INQUISZIIONI ? Prof. Leandro Petrucci Liceo S. Pertini - Ladispoli

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L’INQUISZIONE O LE

INQUISZIIONI ?Prof. Leandro Petrucci

Liceo S. Pertini - Ladispoli

Nell’immaginario collettivo, anche di persone colte, l’Inquisizione sarebbe stata

per secoli un terrificante sistema di violenza e di spionaggio messo in atto dalla Chiesa per imporsi nella società e obbligare alla fede. Avrebbe cioè creato per secoli un

clima di paura, di terrore, mettendo a morte (condannando “al rogo”) un numero impressionante di persone (si parla persino di milioni di morti oltre a violenze, torture e

ciò che di più raccapricciante si possa immaginare).

La "leggenda nera" dell’inquisizioneLa storia dell’Inquisizione può essere affrontata solo risolvendo preliminarmente il problema delle distorsioni interpretative che ne sono state date nel corso, in particolare, degli ultimi due secoli. Chi non ha occasione di svolgere studi specialistici, probabilmente non conosce l’Inquisizione, ma l’immagine distorta che di essa ci è stata tramandata dalla sua "leggenda nera", che romanzi, film e saggi storiograficamente discutibili continuano a diffondere. Leggenda che nasce quando i ribelli olandesi protestanti dei Paesi Bassi spagnoli (1568-1648), sollevandosi contro l’imperatore Filippo lì, iniziano a inondare l’Europa con valanghe di libelli, opuscoli e manifesti che presentano la Chiesa Cattolica, e in particolare il tribunale dell’inquisizione, come un’istituzione capace di ogni barbarie. Lo scopo di questa pubblicistica è suscitare la solidarietà dei Paesi protestanti con la causa dei rivoltosi olandesi. La "leggenda nera" conosce poi un ulteriore sviluppo quando Voltaire (nella cui corrispondenza con il re di Prussia Federico II l’espressione "schiacciate l’infame!", cioè la Chiesa Cattolica, ricorre circa 150 volte) e gli illuministi utilizzano il tribunale inquisitoriale come simbolo dell’oscurantismo e dell’intolleranza clericale. Nell’Ottocento, liberali e massoni si sono sbizzarriti nello stesso esercizio: alterare la realtà storica e celebrare le "vittime" dell’Inquisizione (è il massone Francesco Crispi a permettere la costruzione del monumento a Giordano Bruno in piazza Campo de’ Fiori a Roma) trasformandoli in martiri del libero pensiero. Infine nel Novecento, alla massoneria si è unita, nell’utilizzo ideologico e anticattolico della storia dell’Inquisizione, la storiografia marxista. In tutti i casi ricordati la semplificazione più grave è quella che confonde le varie tipologie di tribunali inquisitoriali, presentandole come espressione di un’unica istituzione.

“La leggenda nera sull’Inquisizione è nata nell’Inghilterra elisabettiana, con il favore

della pubblicistica protestante e massonica, ed ha saputo imporsi in tutto il mondo occidentale; ed anche nei Paesi a

maggioranza cattolica ha incontrato la propaganda anticlericale”

(Franco Cardini).

Fecero già scalpore gli accuratissimi studi dell’autorevolissimo storico Leo Moulin, il quale da agnostico si era messo alla ricerca di queste scottanti questioni della storia della Chiesa, dedicandovi una vita di studi; alla fine dovette ammettere di dover capovolgere quelli che erano stati i suoi pregiudizi … addirittura si convertì alla Chiesa Cattolica (si veda in italiano: L. Moulin, L’Inquisizione sotto inquisizione, Icaro Cagliari 1983).Oltre a Franco Cardini, noto esperto di medievalistica, in Italia abbiamo studi storicamente più seri, come quelli di Adriano Prosperi (uno dei decani della ricerca storica, non sospettabile di affinità con la Chiesa in quanto marxista-gramsciano), G. Musca (pur da “laico”), Silvana Seidel Menchi, Luigi Firpo, Gabriella Zarri, Gigliola Fragnito, Romano Canosa, Carlo Ginzburg, Bennassar, Merlo.

“Già l’italoamericano ed ebreo John Tedeschi ridimensionò molto la ‘leggenda nera’ che per troppo tempo (già nell’ ‘800 fa scuola ad esempio un libro polemico e anticattolico sull’Inquisizione dell’americano Henry C. Lea con il suo History of Inquisition) ha avvolto l’Inquisizione romana: ne diede prova il suo autorevole studio Il giudice e l’eretico, (tradotto in italiano nel 2003, continuato poi da A. J. Schutte, non tutte le opere della quale sono purtroppo tradotte nella nostra lingua)” (F. Cardini).Anche il recente studio di Ch. F. Black, italianista e cinquecentista dell’Università di Glasgow (Christopher F. Black, Storia dell’Inquisizione in Italia. Tribunali, eretici, censura, Carocci, 2013), oltre ad essere un saggio monografico documentato ma sintetico (che peraltro mancava), sfata il mito anticattolico dell’Inquisizione, sottolineando peraltro come in Italia, oltre all’Inquisizione Romana, in molti territori operasse (tra il ‘400 e il ‘600) anche l’Inquisizione spagnola.

Tali studi cercano anzitutto di collocare la vicenda nell’ottica anche giuridica del tempo e sono d’accordo nel sostenere che, se come tutti gli Istituti giudiziari del mondo anche l’Inquisizione commise senza dubbio errori e delitti, i suoi processi furono però condotti con equità e rigore. Anzi, proprio l’Inquisitore era il garante dell’equità del processo (non sono infatti rari i casi di assoluzione degli imputati in seguito a una presa di posizione dell’Inquisitore). “La storiografia moderna riconosce l’equità, la prudenza ed il rispetto delle regole di quei tribunali” (Messori). Secondo lo storico Paolo Prodi, l’Inquisizione starebbe addirittura alla base della strutturazione del processo moderno

ᄃ E' più corretto parlare di Inquisizioni, al plurale, perché questa istituzione ecclesiastica fu molto diversificata, a seconda dei tempi e dei luoghi. Così abbiamo:

- Inquisizione medievale,- Inquisizione spagnola, - quella Romana (Sant'Uffizio),- quelle laiche - ….. e quelle protestanti.ᄃ Il termine inquisizione deriva dal verbo latino inquirere,

che significa investigare, indagare. Il tribunale dell'Inquisizione conduceva infatti le indagini volte ad accertare l'eresia e, scopertala, aveva il compito di tentare con tutti i mezzi (compresa la tortura) di convincere l'indagato ad abiurare, cioè a ritrattare. Quando non era in grado di ottenere l'abiura, dichiarava la propria incapacità e rimetteva l'indagato a un tribunale civile.

Con l'espressione Inquisizione medievale si fa riferimento a quel periodo della più generale storia dell'Inquisizione che va dal 1179 (o 1184) fino alla metà del XVI secolo. Al suo interno si distingue una prima fase detta Inquisizione vescovile (1184-1231) e una seconda detta Inquisizione legatina o pontificia. I primi provvedimenti si ebbero nel 1179 il concilio Lateranense III indetto da Papa Alessandro III che stabilì regole precise tese a evitare ulteriori scismi (dopo che a Roma si erano susseguiti un numero considerevole di antipapi).

INQUISZIONE MEDIEVALE

Tra gli altri provvedimenti che stabilivano regole, ad esempio, per la validità dell'elezione papale e per la disciplina dei provvedimenti adottati dagli antipapi, il canone 27 dettava regole chiare per contrastare l'eresia. Il principio, assolutamente nuovo nella storia del Cristianesimo, fu che la Chiesa riconosceva l'utilità delle leggi dei principi e delle punizioni corporali nella lotta contro l'eresia.

In un serio studio storico non deve poi mai giudicare il passato con i criteri e la sensibilità dell’oggi, ma collocarsi il più possibile nella prospettiva e nella mentalità del tempo che sta analizzando. Come sappiamo, la civiltà medievale era ad esempio talmente intrisa di cristianesimo, che tutto ciò che veniva a minare la fede cristiana veniva inteso non solo come danno temporale ed eterno alle anime (il che è vero) ma anche come minaccia ai fondamenti stesso della società e della civiltà (come del resto la storia della modernità ha poi nel tempo tristemente testimoniato). Per questo le eresie (giudicate dalla Chiesa cattolica) assai spesso venivano intese dal potere temporale (civile) anche come enorme danno sociale, e perciò anche come reato, e quindi gli eretici come rei, passibili cioè di un giudizio anche civile e penale.

Fu poi Papa Lucio III con il decreto Ad abolendam (1184), stabilì il principio -sconosciuto al diritto romano - che si potesse formulare un'accusa di eresia e iniziare un processo a carico di qualcuno anche in assenza di testimoni attendibili. Con il decreto, stavolta, si scomunicavano anche i valdesi.La novità nella lotta all'eresia stabilita dal decreto consistette proprio in quest'obbligo dei vescovi di mettersi alla ricerca (inquisizione appunto) degli eretici.

A partire dalla rinascita dell’XI-XII sec., l’urbanesimo aveva conosciuto in Italia, in Provenza e in altre regioni europee un rinnovato rigoglio. Con la ripresa economica e sociale della città fa la sua comparsa sulla scena una nuova classe sociale: la borghesia. Composta per lo più da commercianti, da artigiani e piccoli industriali, da cambiavalute, questa classe sociale dinamica e intraprendente impara spesso a leggere e a scrivere per necessità lavorative e viaggia in regioni lontane per esigenze legate ai traffici e alle fiere; alcuni borghesi alfabetizzati iniziano a leggere e interpretare le Sacre Scritture senza conoscere né la Tradizione, né il Magistero: non a caso il fondatore del movimento valdese è un mercante.

In questo clima nascono numerosissime eresie, che a partire da questi anni scuoteranno l’Europa cristiana, fino all’esplosione della Riforma protestante. Le eresie medioevali sono in qualche modo una novità: dopo il grande scontro iniziale con la gnosi cristiana e con le eresie ariana e monofisita (per citare le più importanti), la Chiesa cattolica aveva attraversato secoli di relativa calma, dove il problema più importante era stato riuscire a evitare un assoggettamento al potere imperiale e temporale durante la lotta per le investiture. Il nemico era esterno alla Cristianità: i popoli barbari ancora pagani, gli slavi a Est, i normanni a Nord, i saraceni e i turchi che insidiano dal Mediterraneo.

La compattezza dottrinale non era stata messa in pericolo gravemente fino a che non compare sulla scena una setta forse di origine orientale, che viene chiamata in molti modi, il più celebre dei quali è quello di "catari« (o «Albigesi» perché sorta nel XII secolo nella Francia meridionale in Linguadoca, specie dalla città di Albi, per cui tali eretici furono anche chiamati tali). Infatti i catari, o neo-manichei, professavano non tanto un'eresia, quanto una vera e propria religione alternativa, tremenda e distruttiva. Già per i manichei a suo tempo Diocleziano aveva decretato il rogo. Infatti essi sostenevano che ci sono due divinità, una buona e una cattiva. E' quella malvagia ad aver creato il mondo; dunque il mondo merita di scomparire e ogni cosa che può perpetuarlo è riprovevole. Dall'Oriente balcanico il neo-manichesimo si diffuse in Europa, con epicentri soprattutto nel meridione della Francia e nell'Italia settentrionale. Gli adepti chiamavano se stessi catari (dal greco, lingua dell'Oriente bizantino; vuol dire "puro") e predicavano il divieto di procreare.

Erano conosciuti anche come bogomili e con un'infinità di altri nomi. I "perfetti" si distaccavano completamente da tutto, raggiungendo uno stadio semi-vegetale. Avevano un unico sacramento, il "consolamentum« (battesimo di fuoco dello Spirito Santo, che poteva essere amministrato solo una volta nella vita. Per questo praticavano l 'endura, cioè il suicidio rituale e assistito dopo la somministrazione del "consolamentum". Gli adepti non "perfetti" potevano praticare qualsiasi attività sessuale purché non feconda. Era loro vietato prestare giuramento alle autorità; di fatto potevano mentire e commettere qualsiasi infrazione, perché il mondo meritava di finire al più presto. Non mangiavano carne, uova e latticini e la loro apparente austerità di vita ammaliava soprattutto quello che oggi definiremmo sottoproletariato urbano, ignorante e sensibile ai millenarismi sovvertitori. Immediatamente le autorità civili del tempo si resero conto di trovarsi di fronte a un gravissimo pericolo di sovversione: il mondo medievale era fondato sulla parola data (l'omaggio feudale) nonché sulla filosofia cristiana; dunque gli eretici erano pericolosissimi destabilizzatori.

Non solo. Il suicidio e il divieto di procreare condannavano l'umanità all'estinzione. Durissima fu la reazione governativa, e dappertutto cominciarono ad accendersi roghi di Catari: la stessa pena prevista dal diritto romano per "lesa maestà" (nome antico della sovversione). Purtroppo nei linciaggi a furor di popolo e negli interventi repressivi indiscriminati ci andava di mezzo anche chi aveva aderito al Catarismo per ignoranza o (nei luoghi dove gli eretici erano maggioranza) paura. In ogni caso, per stabilire con esattezza chi fosse davvero cataro e chi no, occorreva un esame sulla dottrina religiosa. La Chiesa, dunque, intervenne per sottrarre questa materia al potere civile: solo i teologi potevano procedere a un esame del genere. La cosa venne inizialmente affidata ai vescovi, ma fallì. I vescovi, infatti, avevano troppe compromissioni in loco, a volte anche parenti coinvolti nell'eresia. E non di rado soccombevano nelle pubbliche dispute che organizzavano con i catari. Infatti la preparazione dottrinale del clero, all'epoca, lasciava molto a desiderare (da qui i tentativi di riforma ecclesiastica, prima fra tutte quella gregoriana); invece (come ben sanno quelli che, oggi, provano a discutere con i Testimoni di Geova) i catari erano molto agguerriti e scaltriti nel dibattito.

ᄃ Così la Chiesa pensò di affidare il compito di contrastare l'eresia a teologi cistercensi, inviati direttamente da Roma. Nel 1231 papa Gregorio IX affidò il compito dell'Inquisizione a dei giudici nominati e inviati da lui stesso che avevano, tra l'altro, il potere di deporre il vescovo qualora riscontrassero inefficienze nel suo operato (sembra che alcuni vescovi fossero sospettati essi stessi di eresia). Dato che l'ufficio di Inquisitore era ricoperto dai legati del Papa, da questo momento, e per tutto il Medioevo, si parla di Inquisizione legatina o pontificia. Ma questi delegati papali spesso finivano trucidati dagli eretici e dai signori ghibellini che li sostenevano per loro motivi politici. Fu l'assassinio dei legati pontifici (mandante il conte di Tolosa, Raimondo VII nel 1208) a scatenare la cosiddetta crociata contro gli Albigesi.

Prendiamo il caso dell’Inquisitore Bernard Gui (BernardusGuidonis, domenicano francese, 1261-1331, Inquisitore, poi vescovo in Galizia), protagonista del celebre romanzo anticlericale Il nome della rosa di Umberto Eco e calunniato anche attraverso il relativo film di Annaud: presentato come ignorante e violento, in realtà questo Procuratore generale dell’Ordine domenicano è considerato “uno dei più notevoli storici del ‘300, come pure il migliore storico domenicano del medioevo” (A. Redigonda), addirittura “uno dei più prolifici scrittori del medioevo” (scrisse anche un famoso “Manuale dell’Inquisitore”, Practica Inquisitionis Heretice Pravitatis). “La sua opera è considerevole per l’eccezionale precisione documentaria” (meticolosissimi resoconti dei processi, oggi consultabili dagli Archivi dell’Inquisizione).

ZOOM: LA FIGURA DELL’INQUISITORE

Così dovrà concludere la propria indagine in proposito l’autorevolissimo studio (sugli Archivi storici dell’Inquisizione) del grande storico Leo Moulin (sopra menzionato – v. op. cit. L’Inquisizione sotto inquisizione): “Gui ha svolto il compito di Inquisitore dal 1308 al 1323 (quando poi fu eletto Vescovo) - prima a Tolosa (sulla questione dei Catari) poi nella Spagna settentrionale. In tutti questi anni si è occupato di 930 casi (imputati). Non pronunciò nessuna condanna nel 1315, 1317, 1318 e 1320. Su 930 imputati (in 15 anni), solo 42 vengono “abbandonati al braccio secolare” (+ 3 incerti), mentre 139 sono stati gli assolti, 307 furono i condannati alla prigione, e i rimanenti mentre tutti gli altri (439) furono “condannati a pene minori di straordinaria mitezza” [ad esempio 143 furono condannati a portare una o più croci sull’abito (“crucesignati”) - ma di questi poi 132 ricevono la grazia di non portarla affatto o di non portarla più dopo un certo tempo – e 9 furono condannati a fare un pellegrinaggio].

Insomma, il terribile Inquisitore descritto da Umberto Eco ne Il nome della rosa e portato a simbolo della presunta ferocia dell’Inquisizione, nella realtà storica era molto dotto e mite e, dopo rigorosissimi processi, inflisse solo queste condanne (abbandonando al braccio secolare, cioè alla pena di morte, solo 42 persone su 930, in 15 anni di esercizio della sua funzione). Del resto, così scriveva lo stesso Bernard Gui nel suo tanto vituperato “Manuale dell’Inquisitore”: “(L’Inquisitore) deve essere diligente e fervente nel suo zelo per la verità religiosa, per la salvezza delle anime e per l’estirpazione dell’eresia. Tra le difficoltà e le contrarietà deve rimanere calmo, mai cedere alla collera né all’indignazione. Egli deve essere intrepido, affrontare il rischio fino alla morte, ma senza arretrare di fonte al pericolo, né aumentarlo a causa di un’audacia irriflessiva. Deve essere insensibile alle preghiere e alle lusinghe di quelli che provano a conquistarlo; tuttavia non deve indurire il suo cuore al punto da rifiutare proroghe o mitigazioni della pena a seconda delle circostanze e dei luoghi … Nei casi dubbi deve essere circospetto, non dare facilmente credito a quello che sembra probabile e spesso non è vero; non deve rifiutare ostinatamente le opinioni contrarie, perché ciò che sembra improbabile finisce spesso per essere la verità. Deve ascoltare, discutere ed esaminare con tutto il suo zelo per arrivare con pazienza alla luce … Che l’amore della verità e la pietà, che devono sempre risiedere nel cuore di un giudice, brillino nel suo sguardo, in modo che le decisioni non possano mai sembrare dettate dalla cupidigia e dalla crudeltà”.

ᄃ Allora il Papa decise di affidare questo compito ai nuovissimi ordini mendicanti, Francescani e Domenicani. Specialmente i Domenicani, cui la regola imponeva lo studio e l'attività di predicazione. I frati erano molto amati dalla gente e potevano contrapporre ai catari altrettanta austerità e sprezzo della vita. L'Inquisizione non fu un vero e proprio tribunale bensì un comitato di esperti che stabiliva chi fosse eretico e chi no. Non solo. Riammetteva nel seno della Cristianità coloro che, attratti all'eresia da ignoranza, paura o momentaneo fascino, si pentivano. Per gli ostinati la Chiesa non poteva fare più niente, e doveva lasciare che la giustizia civile seguisse il suo corso. Insomma l'Inquisizione salvò molta più gente di quanta ne abbia "abbandonata al braccio secolare". Paradossalmente è proprio l'Inquisizione a inventare il processo moderno (cfr. Paolo Prodi), infatti …….

ᄃ Contrariamente alla giustizia penale secolare, caratterizzata’ da arbitri e violenze ingiustificati, il tribunale inquisitoriale è assoggettato a precise norme procedurali, che tutelano l’inquisito e prevedono un processo e punizioni anche molto dure per i giudici che eccedono. A testimonianza del suo equilibrio e della sua mitezza basti pensare che nella seconda metà del XIII secolo solo l’1 % dei processi si chiude con la pena capitale; il 15% si chiude con la confisca dei beni. Vengono messi a punto manuali per l’inquisitore che limitino gli arbitrii, questionari con elenchi di domande obbligatorie. Si stabiliscono precisi confini all’uso della tortura (a differenza di quanto avveniva nella ben più spietata e anarchica giustizia secolare).

ᄃ Ben presto diviene prassi consolidata quella di tenere verbali abbastanza fedeli di tutto il processo inquisitoriale, un processo in genere rapido ed efficiente (nella consapevolezza che una procedura lunga poteva essere gravemente infamante per un accusato rivelatosi poi innocente). L'Inquisizione inventa il verbale redatto da un cancelliere, il "corpo del reato", la giuria popolare, gli sconti e la remissione di pena per buona condotta, le licenze per malattia, gli arresti domiciliari, l'avviso di garanzia. Proprio perché l'Inquisizione inventa il processo scritto e verbalizzato gli storici sanno tutto su questa istituzione, i cui documenti sono tutti conservati e a disposizione degli studiosi. Ci si muove solo sulla base di almeno due testimonianze affidabili, vagliate con severità e prevedendo pene severissime per chi avesse testimoniato il falso. Tutte innovazioni che saranno di straordinario impulso nella crescita del diritto penale anche secolare, lontanissimo all’inizio anche solo dall’idea di una tutela dell’inquisito. I tribunali medioevali operano con poche risorse finanziarie e pochi addetti, osteggiati dai vescovi e dai poteri locali, e non dirado vittime di attentati, rappresaglie e assassini.

Nell’immaginario collettivo Inquisizione e Inquisizione spagnola si sovrappongono: le efferatezze della seconda -quando e se vi furono - diventano le efferatezze della prima. Pochi errori sono più gravi. Infatti fu il re di un paese faticosamente avviatosi all’unificazione dopo la reconquista a chiedere insistentemente al Papa di avere in Spagna un tribunale inquisitoriale, che Sisto IV infine accordò il 1° novembre 1478. Ma fin dall’inizio più che un organo della Chiesa fu uno strumento del neonato Stato spagnolo, utilizzato per consolidare sul piano etnico, religioso e ideologico un paese pieno di religioni, razze e tradizioni diverse, in un’epoca in cui non era pensabile un’unità politica non fondata sull’unità delle fede.

INQUISIZIONE SPAGNOLA

Il Papa in teoria poteva nominare e deporre l’inquisitore generale, che di fatto veniva scelto e controllato dai monarca. La lotta, a partire dal 1492, per la conversione degli ebrei, che costituivano una percentuale saliente della popolazione (in alcune regioni raggiungevano il 30% degli abitanti), posti di fronte all’alternativa fra la conversione o l’esilio; il controllo dei conversos, sospettati, in alcuni casi a ragione, di essere dei marrani, ovvero di aver mantenuto segretamente pratiche e riti giudaizzanti; la lotta per la conversione forzata o l’espulsione dei moriscos a partire dal 1540 sono state le principali attività della Suprema. Dopo il Concilio di Trento, l’inquisizione spagnola si concentrò su mancanze gravi del clero e dedicherà molti sforzi a moralizzare i costumi sessuali (cosa benemerita se si pensa che gli studi più aggiornati attestano che la maggioranza della popolazione della Castiglia riteneva, verso il 1560, che fosse lecito unirsi ad una nubile consenziente).

Un’istituzione sanguinaria quella spagnola? Non pare se è vero che lo storico Henningsen, processando con un computer i dati riferiti a circa 50.000 processi, ha identificato una percentuale di condanne a morte (espressione oltre tutto che non sempre si traduceva nell’effettiva esecuzione) pari all’1,9%. A Toledo un terzo degli imputati del XVII secolo e rilasciato senza alcuna sanzione dopo il processo. I due terzi di tutti coloro che furono sottoposti a tortura (assai pochi, peraltro) resistettero alla prova: e ciò comprova la relativa mitezza del tormento, che non aveva nulla a che fare con la barbarie della tortura moderna. Inoltre, sempre dall’analisi dei processi svoltosi a Toledo si evince un dato impressionante, ovvero che 9 denunce su 10 non davano inizio ad alcun processo, tanta era la prudenza e la correttezza degli inquisitori prima di iniziare un procedimento che aveva in ogni caso gravi conseguenze. Per tutto l’impero spagnolo, Paesi Bassi e Americhe incluse, operano 300 funzionari stabili più 300 part-time, un pugno di uomini, ma capace comunque di risparmiare alla Spagna la diffusione del Protestantesimo e delle guerre di religione che insanguineranno la Francia.

Il terzo tipo di Inquisizione è quella rappresentata dal Sant’Uffizio romano, istituito da Papa Paolo III nel 21.07.1542 con la bolla Licet ab initio, come tentativo di riportare in vita e aggiornare l’antica Inquisizione medioevale. Il nemico è adesso il Protestantesimo in tutte le sue forme. Il Sant’Uffizio sulla carta dovrebbe controllare tutta la Chiesa Cattolica senza esclusione di Stati o territori, ma di fatto opera soprattutto nella penisola italiana, e più precisamente nello Stato pontificio e nei piccoli regni e ducati politicamente meno forti e autonomi. Già Venezia la limita e la ostacola, al di fuori dell’Italia praticamente non può operare, trovando sulla sua strada un avversario insuperabile: lo Stato moderno con le sue pretese gallicane di controllo della Chiesa. Studiando la struttura dell’inquisizione romana, John Tedeschi, il più lucido e aggiornato storico del tema, sottolinea l’incredibile modernità delle procedure adottate.

IL SANT’UFFIZIO ROMANO

Qualche esempio eloquente: il diritto dell’imputato ad avere un avvocato difensore, scelto fra tre da lui proposti; l’ "avvocato d’ufficio" pagato dal tribunale per chi versa in condizioni di povertà; la traduzione degli atti processuali in volgare e la loro fornitura in copia all’inquisito, perché possa difendersi studiando bene i documenti d’accusa; la prudenza estrema nell’arrestare e nel carcerare; la clemenza verso chi si denunciava sua sponte; la severità incredibile nel vagliare e scartare le testimonianze accusatorie; la possibilità di contestare e contro-interrogare i testimoni dell’accusa: tutte norme che il diritto penale secolare introdurrà molto tempo dopo, e che la laica e liberale Inghilterra, ad esempio, incomincerà ad adottare solo nei primi decenni dell’Ottocento. Infine non si possono non menzionare le condizioni carcerarie quasi confortevoli (è una tesi ben dimostrata da Luigi Firpo, che ricorda il cambio delle lenzuola ogni settimana, la possibilità di avere vino o birra, capi di vestiario personalizzati, celle spaziose e luminose, libri e testi utili a difendersi e a redigere memorie a propria discolpa).

Dunque, considerando tutto l’insieme al di fuori del macabro alone di mistificazioni sviluppato dalla "leggenda nera" illuministica-massonica-marxista, non è temerario affermare che l’Inquisizione romana ha rappresentato, nei fosco quadro della giustizia europea dal XVI al XVIII secolo, una vera e propria oasi di modernità, di rispetto dell’imputato, di rigore procedurale, di trasparenza e di correttezza fra organi periferici e organo centrale di controllo, di geniale anticipazione di norme "garantiste" che la giustizia laica raggiungerà solo molto più tardi. Conferma questo quadro un dato poco citato dai manuali di storia: dal 1542 al 1761 le condanne a morte emesse dal Sant’Uffizio sono state presumibilmente 97 Una media di i condannato a morte ogni 26 mesi

Le sviste (volute o dettate da ignoranza) sull’Inquisizione, come già detto, commettono l’errore di attribuire alla Chiesa Cattolica o addirittura al Papa ogni tipo di Inquisizione, senza alcuna distinzione storico-geografica e di competenza. Anzi, viene fatta passare come Inquisizione della Chiesa persino quella “protestante” e persino quella diremmo oggi “laica” (cioè della giustizia penale secolare, quella dei tribunali civili), che furono tra l’altro assai violente e brutali. Ad esempio Cesare Beccaria, nel suo Dei delitti e delle pene(1764), si riferisce non ai processi dell’Inquisizione ma ai processi degli Stati assoluti.

LE ALTRE INQUISIZIONI

Con la fine del Medioevo, e specialmente con il sorgere di nuovi Stati nazionali europei, assistiamo anche ad abusi di potere da parte dei regnanti, che giungono ad utilizzare le questioni dottrinali anche per fini politici, così come ad aumentare il numero delle condanne a morte anche per questi motivi. Su questo però la Chiesa Cattolica e in primis il Papa cercò di vigilare il più possibile, inviando a garanzia della correttezza dell’indagine e del processo dei propri “legati”, come abbiamo visto. Da parte del Papa si cercò di prevenire o condannare in ogni modo la possibilità di abusi o di interferenze del potere locale, anche destituendo gli stessi Inquisitori. Certamente il nuovo contesto storico, specie con la nascita dei nuovi Stati nazionali, come pure la difficoltà delle comunicazioni, in quei secoli lontani, e del “governo a distanza” (da Roma) da parte del Papa, rendevano questo compito assai arduo.

Nei nuovi Stati assoluti dell’Europa moderna, i Tribunali e la giustizia civile e penale furono assai più violenti (e meno rispettosi della vita e dei diritti degli stessi indagati) di quanto non avvenisse nell’Inquisizione Medievale e in quella Romana (tanto denigrata proprio da quelle ideologie che guideranno questi nuovi centri di potere), anzi persino della stessa Inquisizione spagnola.Se l’Inquisizione spagnola, come abbiamo visto, giunse a condannare a morte (al rogo) neppure il 2% degli imputati (e tra queste condanne neppure tutte furono eseguite), nei Tribunali civili si giunse persino al 50% (50.000 condanne su 100.000 processi)! Le stesse “Chiese riformate” (come pure la Chiesa anglicana), quasi sempre promosse dai sovrani locali, posero assai spesso in atto una violentissima repressione di coloro che volevano mantenersi nell’autentica dottrina cattolica e nella fedeltà al Papa e alla Chiesa Cattolica, con una sorta di Inquisizione capovolta e assai meno rispettosa della libertà di coscienza e dei diritti degli imputati; così come si passava assai più duramente e speditamente all’esecuzione capitale anche nei confronti delle cosiddette “streghe” (come vedremo in seguito). E ciò è particolarmente paradossale, visto che (come abbiamo ricordato all’inizio) proprio in casa protestante sono nate le prime “leggende nere” sull’Inquisizione, in chiave appunto anticattolica.

La Riforma protestante dilagò in gran parte dell’Europa centro-settentrionale anche per il forte appoggio dei regnanti locali; ma assai spesso, oltre ad approvare la violenza con cui tali sovrani reprimevano ogni ribellione (abbiamo visto come Lutero approvò lo sterminio compiuto per sedare la rivolta dei contadini: e si parla di 100.000 morti!), venivano brutalmente uccisi molti di coloro, laici e sacerdoti, che volevano rimanere fedeli al Papa e alla Chiesa Cattolica (i “martiri” fatti dalla Riforma furono numerosissimi). Subito all’inizio della Riforma, gli Anabattisti guidati da Jan Bockelsoninvasero la città di Münster e per cercare di instaurarvi il loro “Regno dello Spirito” uccisero migliaia di persone. L’uso della pena di morte da parte dei Protestanti fu immensamente superiore rispetto a quella posta in atto dalla Chiesa Cattolica: si pensi che nella sola Germania protestante furono eseguite 25.000 condanne a morte!

Anche a riguardo della questione della “streghe” l’Inquisizione protestante fu assai più pesante e smisurata di quella cattolica (che fu invece “garantista” dei diritti di quelle imputate). Solo a Ginevra i seguaci di Calvino bruciarono oltre 500 streghe. “La Germania luterana fu teatro di un’intransigenza e di un’atmosfera di sospetto senza precedenti (…) La minima parola era oggetto di interpretazione, il minimo scritto rischiava di passare per eretico se non conteneva le più piatte professioni di ortodossia protestante” (così lo storico francese Paul Arnold). Anche i Protestanti possedevano un Indice dei libri proibiti, la cui lettura era peraltro considerata peccato. A Zurigo nel 1545 si redisse in tal senso un elenco di 12.000 libri proibiti (Konrad von Gesner, Bibliotheca Universalis), cui si aggiunsero altri 15.000 nella successiva edizione del 1555 (V. Messori). Un grande studioso: “il Medioevo cristiano fu immune dalla follia criminale della caccia alle streghe. Per più di mille anni, per tutti i cosiddetti “secoli bui”, non esistono né cacce, né roghi di streghe [...]. L’ossessione sanguinaria della caccia alle streghe è un fenomeno tutto moderno: comincia sul finire del 1400 e prosegue per un paio di secoli; e soprattutto nei paesi protestanti”.

Nella nuova Istituzione nel 1542 dell’Inquisizione, questa volta soprattutto per far fronte alla gravissima eresia protestante che stava dilagando in Europa, si mantenne e si perfezionò ulteriormente la procedura usata già nell’Inquisizione medievale. Anch’essa riguardava sempre e soltanto i cristiani, al fine di garantirne appunto l’autentica fede; non poteva quindi occuparsi dei non cristiani e tanto meno obbligare alla fede cristiana. La ripresa dell’Inquisizione Papale (Romana) era stata pensata per poter indagare e agire nell’intera Europa, ma la nuova situazione politica europea (l’atteggiamento ostile di molti sovrani nei confronti del Papa e della Chiesa Cattolica, onde poter esercitare un potere sempre più assoluto, a tal punto da pretendere di inglobare persino lo stesso potere spirituale della Chiesa, oltre ad incamerarne i beni) impedì di fatto a qs istituzione di agire se non in Italia (e neppure ovunque), mantenendola indenne dall’eresia e dalle tristi lotte che dilanieranno invece l’Europa per secoli. L’Inquisizione romana riuscì comunque, specie in Italia, a vigilare sui Tribunali provinciali dell’Inquisizione, garantendo il più possibile la correttezza della procedura e vigilando perché si applicasse in modo uniforme in tutto il territorio, senza cedere alle pressioni locali. Inoltre possiamo osservare quanto segue……

LA PROCEDURA DELL’INQUISIZIONE ROMANA

ᄃ L’Inquisitore, giunto sul luogo dove viveva l’imputato e comunque dove era sorta l’eresia, si informava presso il Vescovo e la popolazione circa la questione dottrinale su cui doveva indagare (editto di fede). Veniva in genere concesso un mese di tempo (tempo di grazia) per ricevere denunce, ascoltare confessioni, interrogare a piede libero i sospettati.

ᄃ L’indagine prendeva le mosse a partire da una denuncia scritta e giurata (o anche da testimonianze orali, nel qual caso venivano ascoltate separatamente e se fossero state in contraddizione tra loro venivano immediatamente scartate). L’Inquisitore doveva porre un’estrema precisione nel vagliare i capi d’accusa: veniva ritenuta degna di fede solo la testimonianza di persone fidate, mentre erano scartate a priori testimonianze accusatorie ritenute non fondate. Per chi avesse testimoniato il falso contro qualcuno (calunnia) erano previste infatti pene severissime. Quando l’accusa era di eresia, la deposizione dell’imputato era sempre ritenuta degna di fede: bastava cioè che negasse ufficialmente l’eresia per essere ritenuto innocente (non così ovviamente per gli altri delitti, in cui si procedeva in base al diritto comune o canonico).

L’INDAGINE

ᄃ L’imputato godeva poi del diritto non solo di difendersi, ma persino di poter rifiutare un giudice e i testimoni indicati, se poteva dimostrare che erano suoi nemici o prevenuti contro di lui. In tal caso erano proprio i suoi accusatori ad essere contestati e persino controinterrogati.

ᄃ Come nell’Inquisizione medievale, era obbligatoriamente richiesta la presenza di un Notaio, che doveva redigere con cura i Verbali di tutte le fasi del Processo (a cominciare dalla trascrizione delle accuse, deposizioni, testimonianze). Nella verbalizzazione delle accuse dovevano essere presenti anche due testimoni; il tutto avveniva sotto giuramento, con gravi pene per chi avesse testimoniato il falso; e nessuno poteva poi riferire ad altri ciò di cui era venuto a conoscenza, pena la scomunica. Una copia del Verbale delle accuse veniva consegnata quindi allo stesso imputato (usando persino la delicatezza di venire redatta anche in lingua volgare, per poter così essere forse meglio compresa), al fine di permettergli di conoscere dettagliatamente le accuse rivoltegli e organizzare meglio la propria difesa (anche per iscritto). L’imputato era quindi in grado di possedere la documentazione esatta e completa di tutte le accuse che lo riguardavano, oltre a poter ascoltare direttamente i suoi accusatori e chiamare altri testimoni in sua difesa.

ᄃ A questo punto, se l’imputato poteva dimostrare l’inconsistenza degli indizi contro di lui veniva subito assolto. Se era incorso in eresia per ignoranza, una volta preso atto della verità e ritrattato l’errore, veniva ugualmente subito assolto. Veniva immediatamente graziato (editto di grazia) anche se era consapevolmente incorso in eresia, ma spontaneamente si presentava, confessava il suo errore, vi abiurava (e denunciava anche i suoi complici se ne avesse avuti). Aveva un intero anno di tempo per farlo (tranne che nei casi più gravi e urgenti).

ᄃ L’imputato veniva arrestato solo se si temeva che potesse fuggire (cosa che si fa ancor oggi, e in certi casi persino con grave disinvoltura). Si doveva avere però estrema prudenza nell’arrestare e nell’incarcerare un presunto colpevole: si doveva usare ad esempio una particolare clemenza per chi si presentava spontaneamente; se poi si trattava di un religioso (ed era la maggior parte dei casi!) tale garanzia era affidata semplicemente al suo superiore (il che significava praticamente restare in convento); se invece l’imputato aveva famiglia a carico veniva lasciato a casa perché potesse così provvedere ai suoi cari con il proprio lavoro.

ᄃ Il primo livello del Processo si svolgeva nell’area dove l’imputato viveva; e a questo livello non si poteva normalmente infliggere alcuna condanna definitiva.

ᄃ L’imputato aveva diritto di avvalersi di un avvocato difensore, scelto fra tre da lui proposti, e nel caso non potesse permetterselo a causa delle proprie condizioni economiche poteva averne uno pagato dal Tribunale stesso. L’avvocato non poteva ovviamente entrare nel merito della questione teologica, se cioè una dottrina fosse autenticamente cattolica oppure eretica, ma solo difendere l’imputato dall’accusa di eresia.

ᄃ Il Processo non doveva mai essere sbrigativo, ma neppure eccessivamente lungo (è in genere rapido ed efficiente), nella consapevolezza che una procedura lunga poteva danneggiare l’imputato ed essere gravemente infamante (se poi addirittura alla fine risultasse innocente).

ᄃ Superato il primo livello, il Processo doveva essere trasferito e rifatto a Roma (e ugualmente i tempi non dovevano essere lunghi). Lì veniva istituita una Giuria, composta anche da 50 probi viri, che analizzava tutti gli atti processuali e dava il proprio parere sulla sentenza e la pena da infliggere. Se sorgeva una contraddizione di testimonianze, il Processo ricominciava da capo.

IL PROCESSO

ᄃ Presa visione degli Atti processuali e ascoltato il parere della Giuria, il giudice dell’Inquisizione emetteva quindi la sentenza, dando il proprio giudizio sui fatti e, in caso di condanna, infliggendo le pene relative (ma aveva anche facoltà di ridurle).

ᄃ L’imputato risultato innocente veniva ovviamente assolto. Se invece risultava effettivamente eretico, si distinguevano queste possibilità, già individuate: se era caduto in eresia per ignoranza, una volta chiarito l’errore e fosse tornato nella retta fede, veniva rilasciato. Anche se si riconosceva colpevole, ma poi abiurava dal proprio errore, veniva ugualmente rilasciato con l’obbligo di porre in pratica lievi penitenze. Se era un laico, cioè un uomo con famiglia a carico, riceveva pene con particolare clemenza.

ᄃ Se invece si ostinava nel proprio errore (era recidivo), e tale eresia fosse stata particolarmente grave e persino socialmente pericolosa, veniva consegnato al “braccio secolare”, ovvero alla giustizia penale (secolare) che applicava le pene previste dalle leggi civili contro l’eresia (normalmente era previsto il rogo). Non tutte le condanne a morte venivano di fatto eseguite; tanto più che fino all’ultimo momento bastava che il condannato abiurasse dalla propria eresia per essere graziato.

La maggioranza degli storici riconoscono ormai apertamente come tale procedura processuale - al di là della questione teologica, allora sentita rilevante non solo per la vita ecclesiale ma anche per quella sociale (e che la sensibilità moderna fatica invece a cogliere) - con tutte queste innovazioni e garanzie, fosse non solo esemplare ma rappresenti un enorme passo avanti nella storia dello Diritto, a quel tempo invece altrove lontanissimo anche solo dall’idea di una tutela dell’inquisito. Contrariamente alla giustizia penale secolare, caratterizzata allora assai spesso da arbìtri ed esecrabili violenze, il Tribunale inquisitoriale era assoggettato invece a precise norme procedurali, che tutelavano l’inquisito e prevedevano un Processo in fondo esemplare (contemplando persino punizioni anche molto dure per i giudici che avessero errato o anche solo eccedono nei loro poteri): “A confronto dei delitti comuni e di come venivano trattati gli imputati nella giustizia secolare, qua siamo di fronte ad un modello di diritto processuale” (L. Negri).Tutte quelle norme che il Diritto penale secolare introdurrà infatti molto tempo dopo (ad esempio in Inghilterra si cominciò ad adottarle solo nei primi decenni dell’Ottocento), l’abbiamo già in atto nell’Inquisizione Romana (anzi, moltissime sono addirittura già nell’Inquisizione Medievale)!

UN BILANCIO

Insomma, studiando obiettivamente l’Inquisizione Romana (come ha fatto ad esempio John Tedeschi, il più lucido e aggiornato storico del tema) e “uscendo finalmente dal quel macabro alone di mistificazioni sviluppato dalla “leggenda nera” illuministica-massonica-marxista, si evince che essa non fu quel Tribunale arbitrario, quel tunnel degli orrori o quel labirinto giudiziario da cui era impossibile uscire, che normalmente ci viene descritto; essa ha rappresentato, nel fosco quadro della giustizia europea dal XVI al XVIII secolo, una vera e propria oasi di modernità, di rispetto dell’imputato, di rigore procedurale, di moderazione, di trasparenza e di correttezza, di collegamento fra organi periferici e organo centrale di controllo, che costituisce una geniale anticipazione di norme garantiste che la giustizia laica raggiungerà solo molto più tardi” (John Tedeschi, Il giudice e l’eretico, Studi sull’Inquisizione Romana, Vita e pensiero, 2003).“Storici più seri (come Prosperi, Ginzburg, Bennassar, Tedeschi, Merlo, Firpo, Musca) cercano anzitutto di collocare la vicenda nell’ottica anche giuridica del tempo. Essi sono d’accordo nel sostenere che, se come tutti gli Istituti giudiziari del mondo anche l’Inquisizione commise senza dubbio errori e delitti, i suoi processi furono però condotti con equità e rigore. La repressione dell’eresia fu certamente, a partire dal XII secolo, un obiettivo del Papato, ma condiviso sostanzialmente dalla società civile del tempo; tanto è vero che nessun governo “laico” del tempo (fino al ‘700) ostacolò mai questi processi (lo fecero di più certi vescovi), anzi cercarono di condizionarli, collaborando all’esecuzione delle pene” (così lo storico F. Cardini).

La tortura, come mezzo per far confessare (che non può durare più di mezz’ora, è applicata solo in casi particolari, e non deve ledere fisicamente l’inquisito, permettendogli di tornare a una vita lavorativa normale). Era usata da sempre da tutti i tribunali (il carcere come pena comincia con la Rivoluzione francese; prima c'erano solo pene fisiche e pecuniarie). Il primo ad abolirla fu Luigi XVI, poco prima della Rivoluzione francese. L'unica tortura a cui facevano ricorso i tribunali inquisitoriali (ma solo in presenza di gravissimi indizi) era la corda: l'imputato veniva sospeso per le braccia e lasciato cadere sul pavimento, due o tre volte. Se non confessava, veniva liberato. Se confessava sotto tortura la sua confessione doveva essere da lui confermata dopo, senza tortura, altrimenti non era valida. Gli inquisitori la impiegarono pochissimo perché non se ne fidavano: sapevano che c'è chi sotto tortura confesserebbe anche quel che non ha commesso.

EXCURSUS - LA TORTURA

La tortura comunque era applicata sempre sotto stretto controllo medico e mai a vecchi e minori. Se qualche inquisitore era troppo duro immediatamente si levavano alte le proteste e il Papa preferiva sostituirlo. Roberto il Bulgaro, un ex cataro poi divenuto inquisitore generale in Francia, finì sotto processo e venne relegato a vita in un monastero. Se in qualche manuale scolastico si leggono espressioni come “carcere perpetuo”; o “carcere perpetuo irremissibile”;, nel latino inquisitoriale ciò significava gli arresti, generalmente domiciliari, dai tre agli otto anni. E "arresti domiciliari" voleva dire, in pratica, divieto di uscire dalla città senza permesso. Si tenga sempre presente che la Chiesa aveva tutto l'interesse, anche propagandistico, a riconciliare l'eretico pentito e confesso.

Ad esempio: a Tolosa su 656 processi tenuti dal 1309 al 1323 fu utilizzata una sola volta; a Valencia (Spagna) su 2.354 processi tenuti dal 1478 al 1530 fu utilizzata solo in 12 casi (R. Cammilleri).“I cosiddetti «Musei della tortura», presenti in molte città, sono in realtà dei baracconi antistorici, così come è antistorica la leggenda sugli «orrori dell’Inquisizione», scritta ad esempio da C. Invernizzi o da Bagent e Leight (The Inquisition), che spesso si rifanno alla polemica anticattolica e antistorica di Lea (History of Inquisition)”(F. Cardini).

Abbiamo osservato come non fosse prevista alcuna pena se l’errante era incorso in eresia per ignoranza e se, una volta ricevuto il giusto insegnamento, tornava alla retta dottrina. Se poi fossero anche stati colpevoli, cioè consapevoli di aderire ad una fede deformata, ma poi tornavano alla Verità venivano rimessi in libertà con il solo obbligo di compiere qualche lieve penitenza spirituale (preghiere, pellegrinaggi, digiuni, elemosine per i poveri, portare la Croce sull’abito). Le pene hanno soprattutto un valore medicinale (ad delinquentiscorrectionem), per spingere l’imputato a rientrare nell’autentica dottrina, anzitutto per la salvezza della sua stessa anima. Gli Inquisitori avevano poi la facoltà di attenuare o aggravare, commutare, condonare o persino sospendere del tutto la pena. Per le colpe più gravi era prevista anche la pena del carcere (questo il significato del termine “immuratio”), ma solo per brevi periodi. In genere la detenzione poteva essere di un anno.

LE PENE

Quando si parlava del massimo della pena di detenzione, cioè la condanna “perpetua e irremissibile”, si trattava di 5 anni di detenzione se c’era pentimento o di 8 anni quella “irremissibile”. L’ergastolo non esisteva (infatti è un’invenzione settecentesca dell’Illuminismo!). È inoltre contemplata anche la semi-libertà, la licenza per buona condotta e persino la possibilità di lavorare nei campi. I detenuti anziani o ammalati, poi, potevano essere trasferiti nella loro casa (o in convento se erano frati o suore). Se poi entriamo in altri particolari, come ad esempio le condizioni delle carceri romane del Sant’Uffizio nel XVI secolo, peraltro usate con grande parsimonia, potremmo considerarle persino confortevoli: le celle erano spaziose e luminose (almeno una volta al mese dovevano essere visitate da un cardinale, il quale doveva controllare anche il buon trattamento del detenuto – così anche lo storico L. Firpo), con cambio delle lenzuola due volte la settimana, con la possibilità di utilizzare libri (e testi utili per la propria difesa) come pure di scrivere (anche memorie e quant’altro fosse utile per la propria difesa), un vitto discreto con possibilità di bere vino (o persino birra se uno la preferisse –a un olandese che chiedeva birra della sua patria e che a Roma non si trovava, fu data una somma di denaro per farsela mandare dall’Olanda), e godere di capi di vestiario personalizzati e puliti (così l’insospettabile storico Luigi Firpo, che studiò accuratamente la questione).

E parlando dell’Inquisizione medievale, che doveva affrontare, come abbiamo visto, l’eresia catara degli Albigesi. Ad esempio, il 13.03.1253 a Bernard Barrel, condannato come eretico, fu concesso di uscire di galera per curarsi e non tornare che quindici giorni dopo la guarigione. Il 18.11.1254 la moglie di Guillaume Hualgnier, Rixenda, ottenne di andare a partorire a casa per rientrare un mese dopo il parto. Il 3.09.1252 a Brice da Montréal l’inquisitore di Carcassonne concesse la commutazione della prigione in un pellegrinaggio in Terrasanta; ma 4 anni dopo il prescritto pellegrinaggio non era ancora stato effettuato; allora (27.06.1256) venne commutato in un’ammenda di 50 soldi perché ormai il condannato era troppo anziano per viaggiare. Informazioni del genere si trovano nell’opera del Lea, il quale deve ammettere che “questa facoltà di attenuare le sentenze era esercitata frequentemente”. Sempre Lea dice: “Nel 1328 in una sola sentenza 23 prigionieri vennero rilasciati e le loro penitenze commutate nel dover portare croci (cucite sugli abiti), in pellegrinaggi e altro. Nel 1329 un’altra sentenza di commutazione pronunciata a Carcassonne rimise in libertà 10 penitenti; ma questa indulgenza non era affatto una caratteristica particolare dell’Inquisizione di Tolosa (anzi, lì era proprio la zona più difficile, quella appunto dei Catari, dove lo scontro con l’eresia era quindi il più virulento)”.

Fino al XII secolo la pena di morte non veniva contemplata dai Tribunali ecclesiastici, anche se lo era invece ovunque.Il Papa Alessandro II (1061-1073) escluse la pena di morte e ogni effusione di sangue; così Alessandro III e il Concilio Lateranense III (1179) [L. Negri]. Con la nascita di eresie che interessavano non solo le questioni dottrinali ma risultavano anche socialmente pericolose, e quindi con la nascita dell’Inquisizione medievale, si giunse a infliggere anche questo massimo della pena, sia pur assai raramente. Inoltre il Tribunale dell’Inquisizione (cattolica) non si occupava che della parte dottrinale, cioè se vi fosse davvero tale eresia; se poi concludeva il suo rigorosissimo processo con l’accertamento effettivo della gravissima eresia e qualora il reo (eretico) non desse segni di ravvedimento e di pentimento, veniva giudicato colpevole e in estremi rari casi veniva giudicato degno della massima pena, cioè quella di morte. A questo punto il compito dell’Inquisizione era terminato; non le spettava infatti l’esecuzione della pena, che era invece compito del potere civile. Per questo, in questi casi limite, si diceva “abbandonare al braccio secolare”, per l’applicazione delle pene previste dalle leggi civili contro gli eretici. Ai giudici ecclesiastici (Inquisitori) non competeva che il giudizio teologico; l’esecuzione della pena era deputata al potere civile (semmai il giudice ecclesiastico si raccomandava di non usare sul reo inutili supplizi).

PENA DI MORTE

Si riteneva la pena di morte lecita e persino doverosa non solo per la gravità della colpa, quindi come giusta pena in riferimento al gravissimo danno arrecato (con al sua dottrina l’eretico poteva arrecare danni eterni all’anima degli altri; ma causava anche gravissimi danni sociali), ma quando si presumeva che tale danno spirituale e sociale fosse ormai non più altrimenti limitabile, che la situazione fosse cioè ormai irrimediabile, continuando a causare danni spirituali, morali e civili all’intera società e persino alla stessa anima dell’eretico. Si trattava a questo punto di esercitare i diritto alla “legittima difesa” da parte dell’intera società; ma aveva sicuramente anche uno scopo deterrente. Si pensava persino che il rogo potesse essere un limite ai futuri peggiori danni per la stessa anima del reo e una sua stessa purificazione (quasi un “purgatorio” in questa vita, per ridurre le fiamme di quello futuro o per eliminare quelle eterne dell’inferno). Infatti, tale pena suprema, che apparentemente toglieva al reo anche la possibilità di redenzione, in realtà poteva essere considerata una “espiazione” per la sua stessa anima, specie se giungeva a rivolgersi a Dio con pentimento e ad offrire espressamente quel sacrificio unitamente a quello di Cristo e in espiazione dei propri peccati.

Per questo tutte le persone pie della città erano coinvolte per ottenerne il pentimento o comunque la salvezza della sua anima; e così venire salvato o dalla pena terrena o almeno dalla pena del fuoco eterno dell’inferno (infinitamente più terribile del “rogo” terreno). Per ottenere il pentimento e la salvezza eterna del reo, venivano pure indette assemblee pubbliche di preghiera; e capitava spesso che l’imputato, comunque assistito nella sua anima da un sacerdote presente, si convertisse, anche mosso proprio dalla pietà di tante buone persone. La pena del “fuoco”, il rogo pur raccapricciante, aveva dunque anche un significato simbolico. Veniva infatti considerata particolarmente adatta a chi si rifiutava fino alla fine di riconoscere la propria eresia: la distruzione del corpo col fuoco era come se quel corpo fosse affetto da una malattia contagiosa (come si cercava di bloccare o disinfettare dalla peste o altre malattie contagiose) e, all’interno del Credo Cattolico, poteva giungere a evitare per l’anima le ben più terribili fiamme dell’Inferno o del Purgatorio.

Vagliando i processi dell’Inquisizione, come abbiamo più volte ricordato, abbiamo gli effettivi Verbali (oggi accessibili a tutti gli studiosi) si può osservare che il Processo inquisitoriale si concludeva quasi sempre con condanne leggere e spesso anche col “non luogo a procedere” e assai raramente con una condanna la pena capitale. Solo l’eretico che pubblicamente non volesse sentire ragioni e si ostinasse ad essere tale o fosse recidivo, ebbene solo allora poteva essere consegnato al “braccio secolare”, che applicava le pene previste dalle leggi civili contro l’eresia (il rogo). Ma anche in questo caso estremo, si operava ancora in ogni i modi per evitare l’esecuzione, facendo intervenire parenti, amici, persone prestigiose, perché l’eretico si ravvedesse e gli fosse risparmiato il rogo.Avevamo già osservato come l’Inquisizione Medievale, “in tutto l’arco dei secoli in cui ha operato, in tutti i territori che vanno dal sud della Francia alla Germania, dalla Spagna all’Inghilterra e anche in alcune zone d’Italia, non inflisse più di 1.000 sentenze capitali” [L. Negri].

QUANTE CONDANNE EFFETTIVE ?

Dagli archivi storici del Tribunale di Tolosa, proprio quello che nei secoli XII-XIV dovette far fronte alla terribile eresia catara, risulta che le condanne a morte furono solo l’1% delle sentenze emesse. Il principale Inquisitore di detto Tribunale, il domenicano Bernard Guisu centinaia di casi “rimise al braccio secolare solo 42 persone”.Persino l’Inquisizione spagnola alla prova della reale documentazione storica si rivela invece mite e scrupolosa: in 356 anni l’Inquisizione spagnola emise 11/15.000 condanne (R. Cammilleri).Tra il 1540 e il 1700 l’Inquisizione spagnola dovette occuparsi di 44.000 casi (Processi). Per lo storico G. Henningsen solo l’1% di essi si concluse con la condanna a morte (questo storico vagliò in totale 150.000 processi , trovando solo l’1,5% di condanne). Anche secondo lo storico J. Tedeschi la pena capitale fu comminata a 820 imputati (meno appunto dell’1,9% dei casi). Se includiamo anche altri periodi, per un totale di 50.000 processi, raggiungiamo 950 condanne a morte (pari sempre all’1,9% degli imputati). Ci sono studiosi (come l’autorevole storico A. Borromeo) che affermano come i roghi effettivi e documentati fossero stati solo 59 !In tutto il sec. XVII il Tribunale di Toledo rilasciò ad esempio 1/3 degli imputati senza alcuna sanzione.

Persino quando storici come E. Peters parlano di 3000 condanne a morte da parte dell’Inquisizione spagnola, includendo anche il XVIII e XIX secolo, riconoscono che comunque “si tratta di un numero assai inferiore a quello inflitto dagli analoghi tribunali secolari”. L’Inquisizione portoghese, come avevamo osservato, in 3 secoli di storia inflisse solo 4 condanne a morte. Se poi parliamo dell’Inquisizione Romana, quindi alle più dirette dipendenze dal Papa, allora le condanne a morte diventano effettivamente irrisorie: in 5 secoli solo 36! A Roma ci fu poi un solo caso, quello di Giordano Bruno nel 1600. Ad esempio, “il tribunale di Aquileia-Concordia, su 1000 processi tenuti tra il 1551 e il 1647, inflisse solo 4 condanne a morte” (J. Tedeschi). [Qualche storico parla invece di 97 condanne inflitte in tutta Europa].

Nella Francia giacobina di “liberté-fraternité-egalité”, in due soli anni di Terrore roberspierriano i giustiziati furono cinque volte di più di quanti ne avesse avuti in tre secoli l’Inquisizione spagnola, la quale, tra l’altro, risparmiò alla Spagna il bagno di sangue delle guerre di religione che sconvolse l’Europa settentrionale” (R. Cammilleri). Venendo al XX secolo, persino secondo la Commissione storica “per la riabilitazione delle vittime del comunismo” (1999) - nominata nientemeno che dal Cremlino (e presieduta da Aleksandr Yakovlev) - i morti causati dal comunismo in URSS (Unione Sovietica) tra il 1917 e il 1953 furono 43.000.000 (10 milioni solo durante l’epoca di Lenin e 10 milioni durante quella di Stalin).

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ᄃ Adriano Prosperi, Tribunali della coscienza: inquisitori, confessori, missionari, Torino, Einaudi, 1996.

ᄃ Elena Brambilla. Alle origini del Sant'Uffizio: penitenza, confessione e giustizia spirituale dal Medioevo al 16. secolo, Bologna, il Mulino, 2000.

ᄃ Adriano Prosperi, L'Inquisizione romana: letture e ricerche, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2003.

ᄃ Massimo Firpo, Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone. Nuova edizione critica, Vol. I, Il processo d'accusa (in collaborazione con Dario Marcatto, Luca Addante e Guido Mongini), Libreria Editrice Vaticana, Roma 2011, pp. CXXV, 1379.

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ᄃ Nicolas Eymerich, Francisco Peña, Il Manuale dell'Inquisitore (con introduzione di Valerio Evangelisti), Fanucci Editore.

ᄃ AA.VV. L'inquisizione. Atti del Simposio Internazionale, Città del Vaticano, 29-31 ottobre 1998 / a cura di Agostino Borromeo. Biblioteca Apostolica Vaticana, 2003 (LA RACCOLTA PIU’ COMPLETA SULL’ARGOMENTO OLTRE AL DIZIONARIO DI PROSPERI)

ᄃ Gustav Henningsen, L'avvocato delle streghe. Stregoneria basca e Inquisizione spagnola, Garzanti, Milano, 1990, pp. 370.

ᄃ Annibale Fantoli, Il caso Galileo, BUR, 2003. ᄃ Franco Cardini, Marina Montesano. La lunga storia dell'inquisizione. Luci

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