Linee Guida AIOM 2018 LINFOMI...LF Linfoma follicolare LH Linfoma di Hodgkin LNH Linfoma non Hodgkin...

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Linee guida LINFOMI Edizione 2018

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Linee guida

LINFOMI Edizione 2018

LINFOMI LINEE GUIDA 2018

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Coordinatore Stefano Luminari Programma di Ricerca Clinica Oncoematologica

S.C. Ematologia, Arcispedale S. Maria Nuova-IRCCS – Reggio Emilia Segretario Vittoria Tarantino Dipartimento Chirurgico, Medico, Odontoiatrico e di Scienze

Morfologiche con interesse Trapianatologico, Oncologico e di Medicina Rigenerativa (CHIMOMO)

Estensori Monica Balzarotti UO Ematologia - Istituto Humanitas - Rozzano MI

Antonino Carbone Anatomia Patologica - Centro di Riferimento Oncologico IRCCS Istituto Nazionale Tumori - Aviano

Luca Castagna Terapia Cellulare - Isituto Humanitas - Rozzano MI

Graziella Pinotti UO Oncologia Medica - A. O. Circolo-Fond. Macchi - Varese

Umberto Ricardi Dipartimento di Oncologia - Università di Torino

Michele Spina Divisione di Oncologia Medica A - Centro di Riferimento oncologico - Aviano PN

Lucilla Tedeschi UOS Dipartimentale Ematologia, UO Oncologia A. O. S. Carlo Borromeo – Milano

Revisori

Stefano Molica Oncologia Medica - A.O. A. Pugliese - Catanzaro

Marco Paulli SIAPEC Anatomia Patologica –Policlinico San Matteo/Universita’ di Pavia

Gabriele Simontacchi

AIRO Radioterapia – AOUC Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi - Firenze

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Come leggere le raccomandazioni *

Le raccomandazioni cliniche fondamentali vengono presentate in tabelle e vengono corredate dalla qualità delle evidenze a supporto e dalla forza della raccomandazione Nel caso in cui la qualità delle evidenze sia stata valutata con metodologia SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines Network) la riga d’intestazione della tabella è verde, mentre è in arancione nel caso di applicazione del metodo GRADE (v. capitolo specifico).

Qualità dell’evidenza SIGN (1) Raccomandazione clinica (3)

Forza della raccomandazione

clinica (2)

B

Nel paziente oncologico in fase avanzata di malattia, con dolore di diversa etiologia, la somministrazione di FANS e paracetamolo dovrebbe essere effettuata per periodi limitati e con attenzione ai possibili effetti collaterali.

Positiva debole

(1) Qualità dell’evidenza SIGN: PRECEDE LA RACCOMANDAZIONE Nell’approccio SIGN, la qualità delle evidenze a sostegno della raccomandazione veniva valutata tenendo conto sia del disegno dello studio sia di come esso era stato condotto: il Livello di Evidenza veniva riportato nel testo a lato della descrizione dei soli studi ritenuti rilevanti a sostegno o contro uno specifico intervento. Livelli di Evidenza SIGN 1 Revisioni sistematiche e meta-analisi di RCT o singoli RCT 1 ++ Rischio di bias molto basso. 1 + Rischio di bias basso. 1 - Rischio di Bias elevato -> i risultati dello studio non sono affidabili.

2 Revisioni sistematiche e meta-analisi di studi epidemiologici di caso/controllo o di coorte o singoli studi di caso/controllo o di coorte.

2 ++ Rischio di bias molto basso, probabilità molto bassa di fattori confondenti, elevata probabilità di relazione causale tra intervento e effetto.

2 + Rischio di bias basso, bassa probabilità presenza fattori di confondimento, moderata probabilità di relazione causale tra intervento e effetto.

2 - Rischio di Bias elevato -> i risultati dello studio non sono affidabili, esiste un elevato rischio che la relazione intervento/effetto non sia causale.

3 Disegni di studio non analitici come report di casi e serie di casi.

4 Expert opinion. La Qualità Globale delle Evidenze SIGN veniva quindi riportata con lettere (A, B, C ,D) che sintetizzavano il disegno dei singoli studi, unitamente all’indicazione sulla diretta applicabilità delle evidenze e alla eventuale estrapolazione delle stesse dalla casistica globale. Ogni lettera indicava la “fiducia” nell’intero corpo delle evidenze valutate a sostegno della raccomandazione; NON riflettevano l’importanza clinica della stessa e NON erano sinonimo della forza della raccomandazione clinica.

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Qualità Globale delle Evidenze SIGN

A

Almeno una meta-analisi o revisione sistematica o RCT valutato 1++ e direttamente applicabile alla popolazione target oppure

Il corpo delle evidenze disponibili consiste principalmente in studi valutati 1+ direttamente applicabili alla popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione dell’effetto

B

Il corpo delle evidenze include studi valutati 2++ con risultati applicabili direttamente alla popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione dell’effetto.

Evidenze estrapolate da studi valutati 1++ o 1+

C Il corpo delle evidenze include studi valutati 2+ con risultati applicabili direttamente alla popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione dell’effetto.

Evidenze estrapolate da studi valutati 2++

D Evidenze di livello 3 o 4

Evidenze estrapolate da studi valutati 2+

Dal 2016 le LG AIOM hanno abbandonato il metodo di valutazione delle evidenze secondo SIGN in quanto quest’ultimo ha deciso di integrare il GRADE che suddivide la valutazione della qualità delle evidenze in quattro livelli: MOLTO BASSA, BASSA, MODERATA, ALTA. Per raccomandazioni prodotte dal 2016, infatti, la tabella delle raccomandazioni subisce delle leggere modifiche e si avvicina a quella derivante da tutto il processo formale GRADE.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA

I pazienti con tumore pN+ oppure sottoposti a intervento resettivo senza adeguata linfoadenectomia (<D2) o anche R1 devono essere sottoposti a radiochemioterapia adiuvante (68,73)

Positiva forte

(2) LA FORZA DELLA RACCOMANDAZIONE CLINICA La forza della raccomandazione clinica viene graduata in base all’importanza clinica, su 4 livelli:

Forza della raccomandazione

clinica Terminologia Significato

Positiva Forte

“Nei pazienti con (criteri di selezione) l’intervento xxx dovrebbe essere preso inconsiderazione come opzione terapeutica di prima intenzione”

L’intervento in esame dovrebbe essere considerato come prima opzione terapeutica (evidenza che i benefici sono prevalenti sui danni)

Positiva Debole

“Nei pazienti con (criteri di selezione) l’intervento xxx può essere preso in considerazione come opzione terapeutica di prima intenzione, in alternativa a yyy”

L’intervento in esame può essere considerato come opzione di prima intenzione, consapevoli dell’esistenza di alternative ugualmente proponibili (incertezza riguardo alla prevalenza dei benefici sui danni)

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Forza della raccomandazione

clinica Terminologia Significato

Negativa Debole

“Nei pazienti con (criteri di selezione) l’intervento xxx non dovrebbe essere preso in considerazione come opzione terapeutica di prima intenzione, in alternativa a yyy”

L’intervento in esame non dovrebbe essere considerato come opzione di prima intenzione; esso potrebbe comunque essere suscettibile di impiego in casi altamente selezionati e previa completa condivisione con il paziente (incertezza riguardo alla prevalenza dei danni sui benefici)

Negativa Forte

“Nei pazienti con (criteri di selezione) l’intervento xxx non deve essere preso inconsiderazione come opzione terapeutica di prima intenzione”

L’intervento in esame non deve essere in alcun caso preso in considerazione (evidenza che i danni sono prevalenti sui benefici)

(3) LA RACCOMANDAZIONE CLINICA Deve esprimere l’importanza clinica di un intervento/procedura. Dovrebbe essere formulata sulla base del P.I.C.O.* del quesito (popolazione, intervento, confronto, outcome). In alcuni casi può contenere delle specifiche per i sottogruppi, indicate con il simbolo √. * La descrizione complete delle metodologie applicate alle LG AIOM e la modalità di di formulazione del quesito clinico sono reperibili sul sito www.aiom.it SIGN= Scottish Intercollagiate Guidelines Network GRADE= Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation Le informazioni complete relative al processo GRADE e le appendici con il flow della selezione dei lavori pertinenti sono riportate alla fine del documento.

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Abbreviazioni aaIPI Indice Prognostico Internazionale aggiustato per età ABC Activated B-cell like ABVD doxorubicina, bleomicina, vinblastina, dacarbazina ADCC citotossicità anticorpo mediata B2M β2 microglobulina BEAC carmustina, etoposide, citarabina, ciclofosfamide BEACOPP bleomicina, etoposide, doxorubicina, ciclofosfamide, vincristina, procarbazina, prednisone BEAM carmustina, etoposide, citarabina, melphalan BL Linfoma di Burkitt B-LLC leucemia linfatica cronica a cellule B BMI coinvolgimento midollare CLL/SLL Leucemia Linfatica cronica/ Linfoma a piccoli linfociti CHOP ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone CMV citomegalovirus COP ciclofosfamide, vincristina, prednisone CS stadio clinico CT chemioterapia CTX ciclofosfamide CVP ciclofosfamide, vincristina, prednisone DLBCL Linfomi diffusi a grandi cellule B DHAP desametasone, cisplatino, Ara-C, prednisone DFS tempo libero da malattia EBV Virus Epstein-Barr ECG elettrocardiogramma EFS sopravvivenza libera da eventi EMA antigene di membrana epiteliale EORTC European Organisation for Research and Treatment of Cancer ESHAP etoposide, metilprednisolone, Ara-C, cisplatino, prednisone FC fludarabina, ciclofosfamide FDG [18F] fluorodesossiglucosio FF2F tempo libero da secondo fallimento FFP tempo libero da progressione FFS sopravvivenza libera da fallimento FFTF tempo libero da fallimento del trattamento FN fludarabina, mitoxantrone FND fludarabina, mitoxantrone, desametasone GBC Germinal centre B-cell like GHSG German Hodgkin Study Group GVHD Graft-versus-host disease Hb emoglobina HBV virus epatite B HBC virus epatite C HCT-CI hematopoietic cell tranplantation-comorbidity index HDC/HDT chemioterapia ad alte dosi/ Terapia ad alte dosi HIV sindrome da immunodeficienza acquisita HPF High power field IAP Accademia Internazionale di Patologia ICE ifosfamide, carboplatino, etoposide IEV ifosfamide, epirubicina, vepesid IFN interferone IGEV ifosfamide, gemcitabina, vinorelbina INRT Involved nodal radiotherapy IPI Indice Prognostico Internazionale IPS Score Prognostico Internazionale ISH Ibridazione in situ ISRT Involved site radiotherapy LCA antigene comune leucocitario

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LDH Lattato deidrogenasi LF Linfoma follicolare LH Linfoma di Hodgkin LNH Linfoma non Hodgkin LoDLIN Longest diameter of the largest involved node LPL Linfoma linfoplasmacitico MAC CONDIZIONAMENTO mieloablativo MCL Linfoma mantellare MDC Mezzo di contrasto MINE Mitoxantrone, Ifosfamide, Etoposide MOPP Mecloretamina, vincristina, procarbazina, prednisone MS Malattia stabile MZL Linfoma marginale NRM Mortalità non correlata a ricaduta ORL Otorinolaringoiatra OS Sopravvivenza globale PBL Linfoma plasmablastico PCR Reazione polimerasica a catena PEL Effusione linfoma tosa primaria PET Tomoscintigrafia globale corporeaad emissione di positroni PFS Sopravvivenza libera da progressione PG Progressione PS Performance status QOL Qualità della vita RC Remissione completa RP Remissione parziale R-CHOP Rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone R-CVP Rituximab, ciclofosfamide, vincristina, prednisone R-CODOX-M/IVAC Rituximab, ciclofosfamide, vincristina, doxorubicina, metotrexate, ifosfamide, etoposide,

citarabina REAL Revised European-American Lymphoma R-FCM Rituximab, fludarabina, ciclofosfamide, mitoxantrone R-FM Rituximab, fludarabina, mitoxantrone R-FND Rituximab, fludarabina, mitoxantrone, desametasone RFS Tempo libero da recidiva R-HyperCVAD Rituximab, ciclofosfamide, vincristina, doxorubicina, desametasone RIC Condizionamento ad intensità ridotta R-IF, RT-IF Radioterapia Involved Field RIT Radioimmunoterapia R-MCP Rituximab, mitoxantrone, clorambucile, prednisolone RMN Risonanza magnetica nucleare RT Radioterapia SCT Trapianto cellule staminali sIPI IPI alla recidiva o progressione SPD Somma dei prodotti dei diametri STANFORD V Mecloretamina, doxorubicina, vinblastina, vincristina, bleomicina, etoposide, prednisone TAC, TC Tomografia (assiale) computerizzata TB Tumor burden TBI Irradiazione total body TRM Mortalità correlata al trattamento UNL Limite normale superiore VEBEP Vinorelbina, endoxan, bleomicina, epirubicina, prednisone VES Velocità di eritrosedimentazione WHO World Health Organization

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Indice 1 Parte generale .............................................................................................................................................. 9

1.1 Epidemiologia dei linfomi ........................................................................................................................ 9 1.2 La diagnosi istopatologica ...................................................................................................................... 9

1.2.1. Principi diagnostico-classificativi ................................................................................................. 10 1.2.2. Nuovi principi di classificazione (ancora da sottoporre a verifica clinica) ................................... 10 1.2.3. Requisiti minimi per la diagnosi di Linfoma ................................................................................. 13

1.3 Stadiazione clinica ................................................................................................................................ 16 1.3.1 Esami aggiuntivi ........................................................................................................................... 18

1.4 Definizione dei criteri di risposta ........................................................................................................... 19 1.5 Follow-up .............................................................................................................................................. 19

2. Linfomi diffusi a grandi cellule B ................................................................................................................. 20 2.1 Suddivisione in gruppi prognostici ........................................................................................................ 20 2.2 Terapia dei DLBCL ............................................................................................................................... 21

2.2.1 Scelta del regime R-CHOP .......................................................................................................... 21 2.2.2 Stadi localizzati (I-II) ..................................................................................................................... 22 2.2.3 Stadi avanzati sfavorevoli (aaIPI>2) nel paziente di età < 65 anni .............................................. 24 2.2.4 Trattamento del paziente anziano ................................................................................................ 26

2.3 Terapia di salvataggio ........................................................................................................................... 27 2.3.1 Terapia di salvataggio per i pazienti non candidabili a trapianto autologo di cellule staminali ..... 28

2.4 Follow-up .............................................................................................................................................. 28 2.5 Figure .................................................................................................................................................... 29

3. Linfomi follicolari ......................................................................................................................................... 33 3.1 Fattori prognostici ................................................................................................................................. 33 3.2 Trattamento del linfoma follicolare ........................................................................................................ 34

3.2.1 Strategia terapeutica generale ..................................................................................................... 34 3.2.2 Terapia di prima linea: malattia localizzata Stadio I-II ................................................................. 34 3.2.3 Terapia di prima linea: malattia avanzata ..................................................................................... 35

3.3 Terapia di seconda linea e di salvataggio ............................................................................................. 40 3.4 Follow-up .............................................................................................................................................. 42 3.5 Figure .................................................................................................................................................... 43

4.Linfomi di Hodgkin ........................................................................................................................................ 47 4.1 Suddivisione in gruppi prognostici ........................................................................................................ 47 4.2 Trattamento del linfoma di Hodgkin ...................................................................................................... 49

4.2.1 Terapia stadi iniziali ...................................................................................................................... 49 4.2.2 Terapia stadi avanzati ................................................................................................................... 51

4.3 Terapia di salvataggio ........................................................................................................................... 56 4.4 Follow-up .............................................................................................................................................. 59 4.5 Hodgkin e gravidanza ........................................................................................................................... 59 4.6. Figure .................................................................................................................................................. 61

5. Pazienti con infezione da HIV ...................................................................................................................... 65 5.1 HIV e linfoma di Hodgkin ...................................................................................................................... 65 5.2 HIV e linfoma non Hodgkin ................................................................................................................... 65 5.3 Terapia di salvataggio ........................................................................................................................... 65

6. Bibliografia ................................................................................................................................................... 66

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1 Parte generale I linfomi sono neoplasie del sistema immunitario che originano dai linfociti B e/o T/NK in diverse fasi della loro differenziazione. In base alla classificazione più recente (WHO 17), si contano oggi oltre 60 tipi diversi di linfoma, ognuno dei quali con peculiari specifiche caratteristiche clinico-patologiche. Schematicamente i linfomi possono essere distinti in forme indolenti e forme aggressive. Queste linee guida hanno l’obiettivo di fornire i principali concetti utili ad un corretto inquadramento diagnostico e clinico di alcuni istotipi di linfoma a maggiore incidenza, ovvero i linfomi a grandi cellule B, i linfomi Follicolari ed i linfomi di Hodgkin.

1.1 Epidemiologia dei linfomi I linfomi maligni rappresentano il quinto tipo di tumore per frequenza nel mondo occidentale, con una incidenza pari a circa 19-20 casi per 100.000 abitanti. L’incidenza dei linfomi è ampiamente influenzata da fattori geografici, razziali ed età correlati ,risultando più elevata nei paesi industrializzati, nei soggetti di sesso maschile e di razza bianca. Dopo una fase epidemica che nei paesi occidentali ha portato ad un incremento del 50% dei casi di linfoma (periodo compreso tra gli anni ‘70 e ’90) , numerosi studi concordano sul fatto che l’incidenza delle malattie linfoproliferative si sia attualmente stabilizzata o registri solo incrementi minori. Le cause del notevole incremento del passato sono da ascrivere al miglioramento diagnostico e, almeno in alcune realtà, alla pandemia di infezione da HIV registrata negli anni ’80. In Italia si stima che ogni anno vengano diagnosticati circa 16.000 nuovi casi di linfoma con un incremento annuo pari all’ 1,3%.1 Recentemente anche gli studi epidemiologici sulle malattie linfoproliferative si stanno uniformando ai principi fondanti contenuti nello schema classificativo WHO che considera i linfomi come un insieme di distinte entità clinico-biologiche . Sono oggi pertanto disponibili dati epidemiologici più precisi per singolo istotipo. Riportiamo di seguito i dettagli principali relativi ai linfomi a grandi cellule B, ai linfomi follicolari e ai linfomi di Hodgkin. I linfomi diffusi a grandi cellule B (DLBCL) rappresentano il sottotipo più frequente di linfoma non Hodgkin (LNH) pari a circa il 25-35% di tutti i LHN. Dai dati del registro tumori di Modena1 relativi al periodo 1997-2003, risulta, per i DLBCL, un’incidenza standardizzata per età pari a 4.8 casi/100.000 persone/anno (dati registro tumori 2000-2003, www.registro-tumori.it). Il Linfoma Follicolare (FL) rappresenta circa il 20% di tutti i linfomi, con un’incidenza di 4-5 nuovi casi ogni 100.000 persone l’anno.2 Questo linfoma presenta un’incidenza più elevata in Europa Occidentale e negli U.S.A rispetto ai paesi dell’Est Europa, Asia ed alle nazioni in via di sviluppo. Il linfoma di Hodgkin (HL) è una patologia relativamente rara che interessa prevalentemente i giovani adulti. Nel periodo 1998-2002 l’incidenza in Italia è stata di circa 3 casi su 100.000 abitanti (3.7 per gli uomini e 3 per le donne), rappresentando lo 0,5% di tutti i tumori diagnosticati e lo 0,2% del totale dei decessi in entrambi i sessi. Nella fascia di età compresa tra 0-44 anni i HL rappresentano il 5,8% dei tumori nei maschi e il 3,6% delle femmine.

1.2 La diagnosi istopatologica La biopsia linfonodale escissionale costituisce è il “gold standard” sia per formulare una diagnosi di linfoma che per la ricerca dei diversi marcatori immunomolecolari prognostico-predittivi e terapeutici. In casi particolari (linfonodi profondi difficilmente aggredibili chirurgicamente, soggetti particolarmente anziani e/o con rilevanti comorbidità) può essere valutata, quale alternativa, l’effettuazione di un’ago-biopsia con ago tranciante eco/TAC guidata. La diagnosi di linfoma infatti, è usualmente posta su sezioni istologiche ottenute da campioni linfonodali escissi chirurgicamente..L’aspirazione con ago sottile (“fine-needle”), è invece generalmente sconsigliabile in quanto difficilmente in grado di fornire materiale quantitativamente adeguato anche per l’effettuazione di eventuali indagini ancillari. In linea generale, salvo casi particolari, quando le condizioni cliniche del paziente lo consentono, è utile effettuare un’ulteriore verifica bioptica in caso di recidiva della malattia anche per accertarne un’eventuale progressione spesso associata a modificazioni delle caratteristiche bio-molecolari lesionali.

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1.2.1. Principi diagnostico-classificativi Una corretta diagnosi dei linfomi maligni richiede, oltre ad una disponibilità di tessuto qualitativamente e quantitativamente adeguato, una corretta applicazione dei più recenti principi classificativi coadiuvati dall’impiego di eventuali tecniche diagnostiche ancillari. In particolare, una moderna diagnostica isto-patologica dei linfomi richiede la conoscenza e la combinazione dei seguenti parametri:

- Morfologici; - Profili fenotipici; - Caratteristiche molecolari e citogenetica; - Informazioni cliniche.

Questo approccio metodologico costituisce il principio fondante della World Health Organization (WHO) e si è tradotto nel “blue book” “WHO Classification of Tumours of the Haematopoietic and Lymphoid Tissues”, giunto ormai alla sua quarta edizione (2017).4 L’ultima revisione classificativa della WHO recepisce tutti i più recenti avanzamenti delle conoscenze sul versante clinico-prognostico, morfologico, immunofenotipico e genetico4 1.2.2. Nuovi principi di classificazione (ancora da sottoporre a verifica clinica) I recenti progressi nella comprensione dei meccanismi immunogenetici e delle alterazioni genetico molecolari delle neoplasie ematopoietiche e in particolare linfoidi hanno consentito un approccio su base patogenetica della loro classificazione. Molti linfomi sono considerati distinte entità, caratterizzate da profili immunofenotipici e alterazioni genetiche note ed identificabili con tecniche di laboratorio oggi ampiamente diffuse e dotate di buona riproducibilita’. La revisione 2016 della Classificazione WHO5 riflette l’accordo tra ematopatologici, genetisti e clinici circa l’opportunità di fornire alcuni “updates” di entità già codificate, sia di introdurre alcune nuove forme “provisional”. La revisione classificativa WHO 1) definisce con maggior precisione le caratteristiche identificative e biomolecolari di alcune categorie (per esempio le neoplasie follicolari o mantellari in situ, i linfomi B diffusi a grandi cellule, il linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria); 2) conferma definitivamente e riconosce alcune categorie precedentemente considerate “provisional” nella edizione del 2008 (per esempio il linfoma a cellule B, non classificabile); 3) introduce a sua volta alcune nuove entità provvisorie (Tabella 1). Tabella 1. Principali modifiche apportate dalla revisione 2016 della classificazione WHO per le neoplasie linfoidi.

Linfoma Follicolare (LF) • Migliorata la comprensione dello scenario mutazionale, anche se l’impatto clinico rimane da definire.

Neoplasia Follicolare in situ • Nuova denominazione per quello che era precedentemente definito

come linfoma follicolare in situ, a meglio sottolinearne il basso rischio di progressione in linfoma franco.

Linfoma follicolare testicolare

• Una variante distinta di linfoma follicolare, con maggior incidenza in età pediatrica ma osservabile, più raramente, anche in età adulta.

• Si caratterizza biologicamente per una mancata evidenza di traslocazione di bcl2 con citologia spesso di grado 3°; prognosi relativamente favorevole.

Linfoma follicolare di tipo duodenale • Processo localizzato con basso rischio di disseminazione.

Linfoma follicolare cutaneo

• Rappresenta da solo circa il 50% di tutti i linfomi B a primitività cutanea;

• Colpisce soprattutto soggetti adulti di media età; variabile la presenza di riarrangiamento di bcl2, riportata in circa il 10-40% dei casi, più spesso in associazione ad un pattern di crescita follicolare.

• La prognosi, indipendentemente dal pattern di crescita e dalla citologia, è usualmente favorevole con sopravvivenza > 95% a 5 anni.

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Linfoma Follicolare di tipo pediatrico

• PFL è ora riconosciutto definitivamente come entità distinta, con un parziale cambio di denominazione rispetto a quella inizialmente coniata “pediatric follicular lymphoma”; casi con caratteristiche simili sono stati infatti osservati anche in soggetti adulti.

• Prognosi usualmente molto favorevole, indipendentemente dalla tipologia di trattamento (osservazione, radio o chemioterapia).

Linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL), NOS

• Si conferma la necessità di differenziare tra il tipo GCB e quello

ABC/non-GC, mediante un algoritmo immunoistochimico; tale distinzione, può influenzare la scelta terapeutica.

• La coespressione di MYC e BCL2 identifica un nuovo “subset” prognostico (linfomi “double-expressor”).

• Ampliata e migliorata la comprensione dello scenario mutazionale, con ricaduta ancora da definire in termini di impatto clinico.

DLBCL NOS, EBV+

• Questa definizione sostituisce il “DLBCL EBV+ dell’anziano” dal momento che questa variante di linfoma può essere osservata anche in soggetti più giovani. Non include tutti quei linfomi a cellule B EBV+ che possono essere attribuiti ad altri specifici sottotipi.

Linfomi a cellule B ad alto grado con traslocazioni di MYC e BCL2 e/o BCL6

• Viene creata una nuova categoria (“high grade”) con traslocazioni di Myc e bcl2 e/o bcl6, ad includere tutti i linfomi “double-/triple-hit” diversi dal linfoma follicolare e dal linfoma linfoblastico.

Linfomi a cellule B ad alto grado, NOS

• Include tutti quei linfomi a cellule B con morfologia blastoide, non inquadrabili in altri istotipi, oltre a quei casi di linfoma non “double-/triple-hit”, che sarebbero stati definiti, nella precedente classificazione, come inclassificabili

Linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria-nodulare

• Si confermano le analogie biologiche tra il linfoma di Hodgkin del tipo a predominanza linfocitaria, ed il linfoma a grandi cellule B ricco in linfociti T ed istiociti (THRLBCL). Si sottolinea la necessità di indicare la presenza di varianti nel pattern di crescita, a comprendere quelle forme con aree di crescita diffusa e/o con presenza di una ricca componente T reattiva. Si raccomanda altresì l’uso della definizione di “THRLBCL-like trasformation of NLPHL” nei casi con aspetti indicativi per una potenziale evolutività, con inserimento del termine “like” ad indicare la persistenza di alcune incertezze classificative.

Adattata da Swerdlow SH et al. The 2016 revision of the World Health Organization classification of lymphoid neoplasms. Blood. 2016;127(20):2375-90. Di seguito sono riprese alcune delle principali modifiche introdotte riguardanti in particolare il linfoma diffuso a grandi cellule B, il linfoma a cellule B ad alto grado NOS ed il linfoma di Hodgkin (vedi anche le entità riportate nella Tabella 1). Linfoma B diffuso a grandi cellule: recenti studi molecolari con tecnica di “NGS” hanno dimostrato un differente profilo di alterazioni nei due sottotipi germinal center B-cell like (GCB) (alterazione in EZH2, traslocazione di BCL2, mutazione in GNA13) e non GCB, activated B cell (ABC) (mutazioni in MYD88, CD79a, CARD11, TNFAIPA3 attivanti i pathways BCR e NFKB). Si conferma l’importanza di una suddivisione dei linfomi B diffusi a grandi cellule, NOS nei due gruppi GCB e non GCB (ABC). Tale distinzione, con possibili ricadute terapeutiche, può essere ottenuta nella diagnostica routinaria mediante l’applicazione di un algoritmo immunoistochimico235 basato su di un pannello anticorpale relativamente semplice ed affidabile (CD10, bcl6 e IRF4/MUM1). Sempre nei DLBCL NOS la coespressione immunoistochimica di c-Myc e bcl2 identifica la categoria dei (double expressor lymphoma), caratterizzata da un andamento prognostico più sfavorevole. Il termine linfoma B diffuso a grandi cellule NOS EBV+ sostituisce il termine DLBCL dell’anziano, dal momento che tale linfoma può presentarsi in pazienti più giovani.

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Linfoma a cellule B non classificabile, con caratteristiche intermedie tra il DLBCL ed il CHL: un linfoma di derivazione B con aree di sovrapposizione clinica, morfologica e/o immunofenotipica tra un CHL ed un DLBCL, soprattutto nella sua variante a primitività mediastinica (timica). Questi linfomi sono conosciuti anche con il termine di “grey zone lymphoma”. Più frequenti in giovani adulti (età compresa tra i 20 ed i 40 anni), sono rari in età pediatrica. Tipica la presentazione mediastinica, meno comuni le forme nodali, periferiche o profonde. Istologicamente all’interno del tumore si possono osservare aree con aspetti architetturali e citologici Hodgkiniani, alternate o frammiste ad aree con aspetti più simili a quelli di un DLBCL. Il fenotipo delle cellule linfomatose è spesso aberrante rendendo difficile la distinzione del confine tra le due entità. Questo tipo di linfoma è caratterizzato da un decorso clinicamente aggressivo e da una prognosi meno favorevole sia rispetto al HL classico sia alla variante mediastinica del DLBCL. Linfomi a cellule B ad alto grado: questa categoria raggruppa quei linfomi ad alto grado caratterizzati dalla presenza di una traslocazione di MYC e di BCL2 e/o BCL6. Accanto a questa nuova categoria è introdotta la definizione di linfoma a cellule B ad alto grado NOS, a raggruppare quei casi di linfoma B con citologia blastoide privi delle traslocazioni di MYC e di BCL2 e/o BCL6, e non riconducibili ad un altro istotipo (mantellare, linfoblastico, etc…). Queste due nuove categorie (linfomi double o triple hit) e quella dei linfomi B ad alto grado NOS di fatto sostituiscono la precedente categoria “provisional” (WHO 2008) denominata come linfoma a cellule B non classificabile con aspetti intermedi tra il DLBCL ed il linfoma di Burkitt (Figura1). Figura 1. Linfomi a cellule B ad alto grado.

Abbreviazioni: BL, linfoma di Burkitt; DLBCL, linfoma diffuso a grandi cellule; HGBL, linfoma a cellule B ad alto grado; CHL, linfoma di Hodgkin classico. I DLBCL, NOS rappresentano la maggior parte dei linfomi B a grandi cellule. I linfomi ad alto grado HGBL comprendono anche i linfomi con caratteristiche intermedie tra DLBCL e BL e i linfomi blastoidi, questi ultimi sia associati a lesioni genetiche che non associati. Modificato e adattato da Kluin P, et al. High-grade B-cell lymphoma. In: Swerdlow SH et al. WHO Classification of Tumors of Hematopoietic and Lymphoid Tissues. World Health Organization Classification of Tumours. Lyon, France: IARC. Linfoma di Hodgkin: nel linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria nodulare (NLPHL) e’ riconosciuta l’importanza di una più dettagliata descrizione del pattern di crescita ad includere la composizione in termini quantitativi ( rare vs numerose) e di “pattern” di crescita e distribuzionale delle cellule tumorali (rare vs numerose (localizzazione prevalentemente intranodulare vs extranodulare). Le varianti difformi rispetto al pattern di crescita classico, devono essere pertanto segnalate nel referto diagnostico, in quanto potenzialmente correlate a differenti connotazioni cliniche con potenzialità evolutive in alto grado. Studi di “GEP” hanno confermato le similitudini tra le cellule linfoistiocitiche della predominanza linfocitaria e gli elementi neoplastici del THRLBCL e del classic Hodgkin lymphoma236 Ulteriori studi di “GEP” su

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elementi linfomatosi da microdissezione da casi di NLPHL con pattern rispettivamente nodulare, nodulare e diffuso e diffuso e su elementi neoplastici da THRLBCL sembrano confermare l’ipotesi che il THRLBCL possa configurare una variante o una sorta di pregressione del NLPHL. In questi casi una differenziazione tra le due entità dovrebbe basarsi, non tanto sulla presenza di eventuali differenze in ambito genetico, quanto piuttosto sulle caratteristiche di composizione cellulare e del microambiente.237(Figura 2). Figura 2. Classificazione del linfoma di Hodgkin.

Abbreviazioni: EBV, Epstein Barr virus; HRS; Hodgkin Reed-Sternberg; NS, nodular sclerosis; MC, mixed cellularity; LD, lymphocyte depleted; LP; lymphocyte predominant. Adattata da Carbone & Gloghini, Cancer 2017.6 In quest’ottica l’adozione della terminologia “simil THRLBCL” si basa sull’esistenza di alcuni aspetti istomorfologici ed immunofenotipici di parziale sovrapposizione tra il NLPHL ed il THRLBCL, con problematiche diagnostico differenziali e classificative. Fondamentale rimane la possibilità da parte del patologo di disporre di una serie di informazioni cliniche (eventuale interessamento epato-splenico e/o midollare) utili ad un più preciso inquadramento diagnostico 1.2.3. Requisiti minimi per la diagnosi di Linfoma Requisiti minimi in immunoistochimica Nella formulazione della diagnosi di linfoma è necessario ricorrere all’utilizzo di una serie di algorirtmi di base comprendenti pannelli fenotipici differenziati come quelli schematizzati nelle figure 3-4-5 Questo tipo di pannello fornisce un ausilio pratico per l’inquadramento classificativo nella gran parte dei linfomi a cellule B, fatte salve alcune eccezioni correlate alla presenza di fenotipi aberranti.

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Figura 3. Algoritmo immunofenotipico per la classificazione dei linfomi B a piccole cellule.

Figura 4. Algoritmo immunofenotipico per la classificazione dei linfomi B diffusi a grandi cellule (DLBCL)

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Figura 5. Algoritmo immunofenotipico per la classificazione dei linfomi B con morfolofia blastoide.

Requisiti minimi in studi di genetica molecolare La disponibilità di informazioni diagnostiche sulla clonalità dell’infiltrato linfoide (B o T cellulare), può in alcuni casi essere di aiuto nel confermre un sospetto diagnostico di linfoma avanzato su base morfologica. Tali indagini possono prevedere:

Lo studio dell’espressione delle catene leggere K/λ mediante ISH (quando appropriato); Lo studio dei riarrangiamenti dei geni che codificano rispettivamente per le immunoglobuline

e/o il T-cell receptor mediante PCR e/o tecniche di sequenziamento. Requisiti minimi in studi virologici

Il gold standard per la rilevazione dell’infezione da EBV nel clone tumorale è l’analisi mediante ibridizzazione in situ degli EBER, RNA codificati da EBV nella fase di latenza. In alternativa si può utilizzare l’analisi immunostochimica per la dimostrazione dell’espressione della oncoproteina virale LMP1.

Ricerca della presenza di proteine HHV-8 nelle cellule neoplastiche. Requisiti minimi in studi citogenetici Allo stato attuale non previsti; è opportuno definire collaborazioni in tal senso con un laboratorio di riferimento. Caratterizzazione biologica dei DLBCL La letteratura internazionale ha evidenziato alcune caratteristiche molecolari dei DLBCL che ne condizionano la prognosi e, in prospettiva, la terapia5, 8 Ai fini di una buona pratica medica, una diagnosi istologica adeguata deve includere nel referto una valutazione dei parametri utili ad indirizzare la scelta terapeutica.

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Di seguito alcune raccomandazioni. Il pannello immunistochimico di base comprende:

Conferma della linea B cellulare

Le cellule neoplastiche devono esprimere gli antigeni della linea B CD20 e/o CD79a; utile testare l'anticorpo anti CD5 che, se coespresso, consente l’identificazione di un “subset” di DLBCL CD5+ clinicamente più aggressivi.

Profilo istogenetico o “Cell of Origin”: CD10, bcl6, MUM1 GC-type: Immunofenotipo espresso dalle cellule neoplastiche = CD10>30% e/o bcl6>30% con MUM1<30% Non-GC-type: Immunofenotipo espresso dalle cellule neoplastiche = CD10<30%; MUM1>30% bcl6<30% È opportuno includere nel referto la percentuale di positività dei singoli anticorpi.

Identificazione delle forme “Double expressors”: c-Myc, bcl2 È necessario includere nel referto una valutazione dell’espressione della proteina c-Myc (clone Y69)

e della proteina bcl2 nelle cellule neoplastiche utilizzando colorazioni immunoistochimiche. I valori soglia per definire la positività sono >40% per la proteina c-Myc (nucleare) e >50% per la proteina bcl2 (citoplasmatica). La definizione di positività è indipendente dalla intensità della colorazione.

I dati della letteratura indicano che i DLBCL con doppia espressione di c-Myc/bcl2 hanno generalmente una prognosi peggiore ed appartengono più spesso al sottogruppo non-GC-type.

Una percentuale di cellule con intensa positività per c-Myc>70% è spesso associata a traslocazione del gene MYC238

Attività proliferativa: Ki67 È necessario indicare la percentuale di cellule tumorali positive per Ki67 (clone MIB1). In caso di

distribuzione disomogenea nel tessuto, è opportuno segnalare un valore percentuale che sia rappresentativo della media, segnalando al contempo la distribuzione disomogenea del segnale di positività. Quando è necessario approfondire con metodi molecolari (FISH)?

Quando le caratteristiche clinico patologiche della malattia e i risultati dell’indagine immunoistochimica per c-Myc e bcl2, suggeriscono la possibilità di un linfoma a cellule B High grade (double/triple hit) Come si procede nella caratterizzazione FISH?

Nei casi in cui è richiesta la caratterizzazione FISH è opportuno effettuare in prima istanza la ricerca delle traslocazioni del gene MYC con sonda break apart, e solo in caso di positività procedere alla ricerca delle traslocazioni di BCL2 e BCL6. Nel caso di presenza di doppia o tripla traslocazione (double o triple hit) il DLBCL sarà riclassificato come linfoma High Grade.

1.3 Stadiazione clinica A tutt’oggi la classificazione in stadi si basa sulla revisione di Lugano del sistema di Ann Arbor/Cotswolds che definisce quattro stadi di malattia (I-IV) in base al numero delle localizzazioni e alle sedi interessate dal linfoma9. Sulla base di tale revisione il riferimento alla presenza di sintomi B (sudorazioni notturne, febbre, calo ponderale superiore al 10% negli ultimi sei mesi) è attualmente raccomandato solo per i LH. Viene inoltre stabilio in 13 cm il diametro massimo di normalità per la milza, e in presenza di malattia Bulky non è più richiesto l’utilizzo del suffisso X ma solo l’indicazione del diametro maggiore della lesione (Tabella 2).10

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Tabella 2. Revisione di Lugano della stadiazione di Ann Arbor.

STADIO SEDI INTERESSATE

I Unica regione linfonodale (I) o singola sede extralinfatica (IE).

II Due o più regioni linfonodali dallo stesso lato del diaframma (II) o estensione locale extralinfatica e una o più regioni dallo stesso lato del diaframma (IIE).

III Regioni linfonodali in entrambi i lati del diaframma (III), accompagnate o meno da un’estensione locale extralinfatica (IIIE).

IV Diffuso coinvolgimento di una o più sedi extralinfatiche.

B(*) Presenza di almeno uno dei seguenti sintomi: • Perdita di peso >10% del peso abituale negli ultimi 6 mesi • Febbre ricorrente >38° • Sudorazioni notturne inspiegabili. È importante sottolineare che i sintomi correlati ad una prognosi peggiore sono la perdita di peso e la febbre. Le sudorazioni notturne da sole non influenzano negativamente la prognosi e il prurito, non più considerato tra i criteri di Ann Arbor come sintomo B, acquisisce importanza di sintomo sistemico qualora sia ricorrente, generalizzato e altrimenti inspiegabile.

Bulky PER i LH: singola massa delle dimensioni ≥10 cm nel diametro maggiore o massa mediastinica >1/3 del diametro trasverso de torace misurato con TAC del torace. Per I Linfomi non Hodgkin non esiste una definizione condivisa di lesione BULKY; nello stadio si riporterà il diamtero massimo della lesione linfonodale maggiore..

(*) da utilizzare solo per i LH. Ulteriori novità introdotte con la classificazione di Lugano riguardano l’utilizzo delle PET per tutti i linfomi FDG avidi, e la semplificazione del processo di stadiazione per cui in determinati casi può essere omessa l’esecuzione della biopsia osteomidollare. In tabella 3 sono riportate le indagini cliniche e strumentali richieste per definire lo stadio di malattia. Tabella 3. Procedure di stadiazione dei linfomi.

ESAME DLBCL FL HL

Anamnesi ed esame obiettivo Obbligatorio Obbligatorio Obbligatorio Esame clinico completo con valutazione delle stazioni linfondali superficiali.

Obbligatorio Obbligatorio Obbligatorio

TC collo-torace-addome/pelvi con MDC Obbligatorio Obbligatorio Obbligatorio

PET total body Obbligatorio Obbligatorio Obbligatorio

Biopsia osteomidollare (1) In casi specifici Obbligatorio Non prevista

Valutazione ORL (2) In casi specifici In casi specifici In casi specifici TC/RMN cerebrale, scintigrafia scheletrica, ecografia testicolare, studio radiologico e/o endoscopico del tratto gastroenterico (3)

In casi specifici In casi specifici In casi specifici

Esame citologico chimico-fisico del liquido cefalo-rachidiano (4)

In casi specifici In casi specifici In casi specifici

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(1) Biopsia osteomidollare: può essere omessa nei pazienti con LH che vengono stadiati con la PET. Nei pazienti con diagnosi di DLBCL può essere omessa in caso di positività ossea alla PET. Andrebbe eseguita nei pazienti con PET negativa se il risultato può modificare la scelta della terapia. Cheson 2014.

(2) Valutazione ORL: deve essere eseguita in caso di localizzazione confermata o sospetta a livello rino-oro-faringea.

(3) TC/RMN cerebrale, scintigrafia scheletrica, ecografia testicolare, studio radiologico e/o endoscopico del tratto gastroenterico: deve essere eseguita per tutti i linfomi con interessamento al SNC e in caso di localizzazione dubbia o sospetta.

(4) Esame citologico chimico-fisico del liquido cefalo-rachidiano: deve essere eseguita nei casi con presentazioni a rischio di diffusione meningea: SNC, testicolo, regioni paravertebrali/vertebrali, seni paranasali, palato duro, midollo osseo, IPI intermedio/alto o alto rischio con LDH elevate e localizzazione in due o più sedi extranodali.

1.3.1 Esami aggiuntivi Agli esami eseguiti per la stadiazione della malattia, sono associate valutazioni aggiuntive utili a definire gli indici prognostici e a fornire una migliore valutazione complessiva del paziente. Tali esami comprendono:

• Esami di laboratorio: emocromo completo e chimica clinica inclusi LDH, VES, β2 microglobulina, albumina, valutazione della funzionalità renale, epatica e tiroidea, vitamina D, test di gravidanza per le donne in età fertile;

• Sierodiagnosi per HBV, HCV e HIV; • Studio della funzionalità cardiaca con elettrocardiogramma e ecocardiogramma per la valutazione

della frazione di eiezione. Per i pazienti trattati con bleomicina è consigliabile eseguire prove di funzionalità respiratoria con spirometria;

• Consulenza presso un centro di preservazione della fertilità. A tutti i pazienti giovani in età fertile, indipendentemente dal tipo di linfoma, devono essere resi noti i rischi di infertilità connessi alla chemioterapia e la necessità di evitare una gravidanza nel periodo del trattamento e almeno nei due anni successivi. Devono essere quindi proposti percorsi individualizzati per la prevenzione dell’inferitilità prevedendo la criopreservazione del liquido seminale per gli uomini e valutando l’assunzione di estroprogestinico, LH-RH analoghi oppure la criopreservazione di ovociti/tessuto ovarico;

• Valutazione geriatrica. Nei pazienti anziani (>65 anni) è raccomandata una valutazione geriatrica per definire lo stato di fragilità del paziente. Sono oggi disponibili numerosi strumenti di semplice applicazione ambulatoriale. Tra i più utilizzati in Italia, il modello di Valutazione Geriatrica Multidimesionali (VGM), basato sull’analisi delle scale ADL (valutazione delle attività di base della vita quotidiana), IADL (valutazione delle attività strumentali della vita quotidiana) e CIRS (valutazione dell’indice di comorbidità). Sulla base del risultato, viene calcolata la categoria di rischio secondo la seguente tabella:

Tabella 4. Criteri per la valutazione geriatrica multidimensionale MISURA FIT UNFIT FRAIL

ADL 6 5* ≤4* IADL 8 7-6* ≤5* CIRS

ETA’

0 score = 3-4 <5 score = 2

0 score = 3-4 5-8 score = 2

≥ 80 FIT

1 score = 3-4 >8 score = 2

≥ 80 UNFIT

*n. di funzioni residue

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Il paziente fit, funzionalmente indipendente e privo di comorbilità, è elegibile ad un trattamento con intento curativo di tipo standard. Il paziente unfit è caratterizzato da riserve d’organo tali da imporre la riduzione di dose dei farmaci o l’utilizzo di farmaci a basso profilo di tossicità. Il paziente frail, con importanti limitazioni funzionali e/o comorbidità, è candidato a ricevere terapia a finalità palliativa.

• Biologia molecolare. Le traslocazioni t(14;18) e t(11;14) sono tipiche rispettivamente dei linfomi follicolari e mantellari. La ricerca di queste alterazioni genetiche nei campioni di sangue periferico e aspirato midollare, mediante tecniche di biologia molecolare, può fornire informazioni utili alla valutazione complessiva del paziente. In particolare è stato dimostrato che lo status molecolare al momento della diagnosi è in grado di predire la qualità della risposta al trattamento e l’andamento clinico.11

1.4 Definizione dei criteri di risposta La risposta è definita sulla base di criteri validati a livello internazionale,12 e recentemente aggiornati.10 Nei pazienti con malattia FDG avida, la risposta deve essere rivaluatata con FDG-PET secondo i criteri di Deauville sotto riportati (Tabella 5). Nei pazienti con malattia non avida per FDG può essere utilizzata la TAC. Tabella 5. Criteri di Deauville per la valutazione della risposta.

Punteggio Risultato PET 1 No uptake superiore al background 2 Uptake minore o uguale a quello del mediastino 3 Uptake maggiore di quello del mediastino, ma inferiore o uguale a quello

del fegato 4 Uptake moderatamente superiore rispetto a quello del fegato 5 Uptake notevolmente superiore rispetto a quello del fegato

La risposta al trattamento può essere pertanto definita: Remissione Completa (RC): scomparsa di ogni sede di malattia e di tutti i sintomi ad essa legati. Sono considerati in RC i pazienti con PET positiva all’esordio (o che non hanno eseguito la PET, ma con linfoma PET avido) e che ottengono una PET negativa (Deauville 1-3) al termine della terapia, indipendentemente dalle masse linfonodali residue alla TAC. Remissione Parziale (RP): riduzione volumetrica delle adenopatie superiore al 50% in assenza di incremento di altre sedi di malattia o di comparsa di nuove lesioni. I noduli epatici e splenici devono ridursi di almeno il 50%. È ammessa positività alla PET al termine della terapia (Deauville 4-5) solo se sulle sedi iniziali di malattia non incrementate. Malattia stabile (MS): mancanza dei criteri per RC o RP o di progressione. Positività alla PET delle sedi iniziali di malattia senza comparsa di nuove lesioni (Deauville 4-5). Progressione (PG): un aumento superiore al 50% delle dimensioni delle lesioni linfomatose presenti all’inizio del trattamento e/o comparsa di nuove localizzazioni. Comparsa di nuove lesioni alla PET (Deauville 5).

1.5 Follow-up Il periodo di follow-up inizia dopo la valutazione della risposta al termine del trattamento. Le raccomandazioni per il follow-up variano in base all’istologia, alla risposta al trattamento e all’arruolamento o meno del paziente in un trial clinico controllato. Nel LH e DLBCL la probabilità di ricaduta diminuisce nel tempo, pertanto la frequenza del follow-up dovrebbe diminuire nel tempo: ogni 3 mesi nei primi due anni, ogni 6 mesi per i successivi tre anni e annualmente dopo il quinto anno per monitorare le recidive e le tossicità tardive correlate al trattamento.

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Al contrario nel LF, che è caratterizzato da una probabilità di recidiva che aumenta col passare del tempo, i pazienti devono essere seguiti ogni 3 o 6 mesi sulla base della risposta al trattamento e ai fattori di rischio presenti al momento della diagnosi. È inoltre indicato eseguire emocromo completo e chimica clinica al fine di individuare l’eventuale trasformazione da linfoma indolente a linfoma ad alto grado (3% all’anno per i primi 15 anni, con sopravvivenza successiva alla trasformazione inferiore ai due anni)13. Bisogna considerare la probabilità di tale evento in caso di aumento di LDH, marcato aumento di volume di una singola stazione linfonodale o di una sede extranodale e/o la comparsa di sintomi B (NCCN Practice Guidelines in Oncology: Follicular Lymphoma. 2014; version 2). In queste situazioni l’utilizzo della PET-TC potrebbe essere dirimente, ma è comunque indispensabile la conferma istologica14. Per quanto riguarda le indagini strumentali, esistono pochi dati a supporto del ruolo della sorveglianza radiologica durante il follow-up; tali indagini devono pertanto essere eseguite a discrezione del medico. Il discorso è diverso per i pazienti arruolati in sperimentazioni cliniche in quanto, per il calcolo degli endpoint specifici dello studio (progression-free survival, event-free survival, ecc), è necessario eseguire una TAC ad intervalli pre-stabiliti. In ogni caso, sia che si tratti di pratica clinica sia di sperimentazioni, si dovrebbe tentare di limitare il più possibile l’esposizione del paziente a radiazioni non necessarie. Non vi è inoltre indicazione all’utilizzo della PET nel corso del follow-up.10 2. Linfomi diffusi a grandi cellule B I linfomi diffusi a grandi cellule B, linfomi aggressivi caratterizzati da una rapida crescita, rappresentano approssimativamente il 40% dei tumori maligni a cellule B. L’età media di esordio è la sesta decade (intorno ai 65 anni), ed è maggiormente frequente nel sesso maschile. Negli ultimi 10 anni sono stati riportati notevoli miglioramenti nel controllo a lungo termine della malattia, con oltre il 50% dei pazienti in remissione a 5 anni dal trattamento. Parlando dei DLBCL, bisogna ricordare anche che i linfomi follicolari di grado 3b sono trattati come un linfoma diffuso a grandi cellule.

2.1 Suddivisione in gruppi prognostici I DLBCL vengono suddivisi in gruppi prognostici in base all’Indice Prognostico Internazionale (IPI)15 e all’IPI “aggiustato per età” (age-adjusted IPI, aaIPI).16 I fattori che contribuiscono al calcolo dell’IPI sono: Età > 60 anni, LDH sieriche > UNL, Performance status > 2, Stadio Ann Arbor III-IV, Coinvolgimento > 1 sede extranodale.

I fattori di rischio invece per il calcolo dell’aaIPI sono: LDH sierica > UNL, Performance status > 2, Stadio Ann Arbor III-IV.

Le tabelle seguenti illustrano la suddivisione in gruppi prognostici e le relative probabilità di RFS e OS in base all’IPI e all’aaIPI. Tabella 6. Indice Prognostico Internazionale

Gruppo di rischio N fattori %RFS 5 anni % OS 5 anni

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BASSO 0-1 70 73

BASSO-INTERMEDIO 2 50 51

ALTO-INTERMEDIO 3 49 43

ALTO 4-5 40 26 Tabella 7. IPI aggiustato per età (aaIPI) , per pazienti di età < 60 anni

Gruppo di rischio N fattori %RFS 5 anni % OS 5 anni

BASSO 0-1 73 77

INTERMEDIO 2 66 51

ALTO 3 22 30 Più di recente è stato proposto l’indice NCCN IPI17 quale ulteriore evoluzione dell’indice IPI per i pazienti con DLBCL sottoposti a trattamento chemioimmunoterapico. Questo nuovo indice, basato sulle 5 variabili età, livelli di LDH, stadio secondo Ann Arbor, presenza di sedi di malattia extranodali e Performance Status ≥2, è più efficace nel discriminare i sottogruppi a basso ed alto rischio, e rappresenta uno strumento migliore rispetto all’IPI nel predire la sopravvivenza nell’era del Rituximab. Nonostante i diversi modelli proposti siano utili a stimare i rischi connessi alla patologia, ad oggi trovano un limitato utilizzo come strumenti decisionali nella pratica clinica.

2.2 Terapia dei DLBCL

2.2.1 Scelta del regime R-CHOP Il “backbone” della terapia per i pazienti con linfoma a grandi cellule B è la combinazione di un regime polichemioterapico associato a immunoterapia con anticorpi anti-CD20. Lo schema di riferimento è il regimen R-CHOP somministrato ogni 21 giorni per 6-8 cicli.18–20 Quesito 1: Nei pazienti con DLBCL di nuova diagnosi con diverso profilo di rischio il trattamento con schemi Dose Dense/dose adjusted è preferibile rispetto a quello con R-CHOP21? Nei primi anni 2000 diversi gruppi hanno proposto la terapia dose-dense con R-CHOP ogni 14 giorni come alternativa allo schema standard trisettimanale in virtù di dati eccellenti di efficacia. Più recentemente sono stati pubblicati i risultati di due studi randomizzati che hanno riportato i dati di confronto fra la somministrazione di R-CHOP ogni 21 o ogni 14 giorni. Il primo studio LNH03-6B, che ha arruolato 602 pazienti anziani (> 60 anni), dopo un follow-up mediano di 56 mesi, ha mostrato una EFS a 3 anni del 56% (95% CI 50-62) nel gruppo R-CHOP14 e del 60% (95% CI 55-66) nel gruppo R-CHOP21 (HR 1.04, 95% CI 0.82-1.31; p=0.7614), con frequenza di eventi avversi paragonabile.21 Nel secondo studio del gruppo inglese UK National Cancer Research Institute Lymphoma Clinical Study Group sono stati arruolati 1080 pazienti senza limiti di età. Con un follow-up mediano di 46 mesi la OS a 2 anni, outcome primario dello studio, era di 82.7% (95% CI, 79.5-85.9) per il gruppo R-CHOP14 e 80.8% (95% CI, 77.5-84.2) nel gruppo R-CHOP21 (HR 0.90, 95% CI 0.70-1.15; p=0.3763); non è stata inoltre registrata nessuna differenza significativa della PFS a 2 anni tra i due bracci di terapia.22 E’ stata dimostrata invece una maggiore tossicità midollare con neutropenia di grado 3 o 4 nel braccio dose-dense che ha richiesto un maggiore utilizzo di G-CSF.21, 22

L’utilizzo di schemi infusionali che prevedono l’aggiustamento della dose in base alla tossicità ematologica osservata è stato promosso dai ricercatori del NCI che hanno sviluppato lo schema R-DA-EPOCH

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(Rituximab, etoposide, prednisone, vincristina, ciclofosfamide e doxorubicina). In uno studio multicentro di fase II del gruppo CALGB, l’efficacia e il profilo di tossicità di questo regime è stato esplorato in 69 pazienti di cui 48 affetti da DLBCL. Nel dettaglio, dopo un periodo di osservazione di 62 mesi, la TTP a 5 anni, endpoint primario dello studio è stata rispettivamente di 87%, 92% e 54% per i pazienti a rischio basso/basso-intermedio, alto-intermedio e alto secondo IPI (p=.0085); Anche la sopravvivenza a 5 anni si è mostrata significatvamente diversa per i 3 gruppi di rischio, 95% per il profilo a più basso rischio e solo 43% per i pazienti con alto IPI (P<.001). Inoltre i risultati migliori si sono ottenuti nel sottogruppo di pazienti con fenotipo GCB rispetto a non GCB sia in termini di tempi di progressione che si sopravvivenza globale a 5 (5-year OS rate 94% vs. 68%; P =.04). Per quando riguarda il profilo di sicurezza, nel 36% dei casi si è osservata neutropenia febbrile e la più comune tossicità di grado 3 è stata associata a neutropenia (25%), fatigue (16%), and arrhythmia (6%) 23, 24. I risultati di questo studio hanno portato i ricercatori del NCI a condurre uno studio randomizzato di confronto con R-CHOP in 524 pazienti non precedentemente trattati. Dai risultati preliminari dello studio però non sono emerse evidenze significative di efficacia sia in termini di EFS che di OS (89% e 85% rispettivamente in entrambi i bracci). Inoltre un maggior numero di eventi avversi è stato correlato all’infusione di dose-adjusted EPOCH-R rispetto a R-CHOP, inclusi neutropenia di grado 4 (90% vs 56%, respectively), piastrinopenia di grado 4 (35% vs 6%, respectively) e una più alta incidenza di neuropatie motorie e sensitive di grado 3.

E’ ancora in corso un analisi esplorativa dello stesso studio volta a valutare l’attività dei due schemi chemioterapici in pazienti con profilo clinico, genetico e molecolare diverso valutato con l’analisi della cellula di origine, con l’espressione della proteina BCL2 e MYC (double-expressor) e con la ricerca del riarrangiamento di cMYC, BCL2 e/o BCL6 (double/triple hit lymphoma). 25

Al momento i dati di efficacia di regimi più intensificati nei pazienti afffetti da linfoma con caratteristiche intermedie fra DLBCL e linfoma di Burkitt derivano da studi 2 studi retrospettivi e una metanalisi che ha confrontato l’outcome dei DHL trattati con regimi che includessero R-HyperCVAD, R-CODOX-M/IVAC or R-EPOCH rispetto allo standard R-CHOP. I risultati hanno confermato l’efficacia dello schema DA-EPOCH-R nel ridurre il rischio di progressione di malattia rispetto a R-CHOP senza però impattare significativamente sulla sopravvivenza.23–30

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA Nei pazienti con DLBCL il trattamento con schemi Dose Dense/Dose adjusted non deve essere preso in considerazione in alternativa allo schema R-CHOP21.

Negativa forte

2.2.2 Stadi localizzati (I-II) Quesito 2: Nei pazienti con DLBCL di nuova diagnosi in stadio localizzato è utile prescrivere un trattamento combinato con R-CHOP seguito da radioterapia rispetto ad un trattamento con solo R-CHOP? Ad oggi non esitono studi randomizzati pubblicati che consentano di fornire una chiara raccomandazione in risposta a questo quesito. Analizzando i dati storici due studi randomizzati hanno dimostrato una maggior efficacia terapeutica della chemio-radioterapia rispetto alla sola chemioterapia. Nello studio SWOG31 la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale sono risultate significativamente migliori nei pazienti trattati con 3 CHOP seguiti da radioterapia tipo involved field con dosi di 36 Gy, rispetto ai pazienti trattati con sola chemioterapia (8 CHOP), pur in presenza di una progressiva riduzione di tale differenza ad una successiva e più recente analisi. Nello studio ECOG,32 172 pazienti in remissione completa dopo 8 cicli CHOP sono stati randomizzati tra radioterapia involved field con dosi di 30 Gy e sola osservazione, con sopravvivenze libere da malattia a 6

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anni rispettivamente pari al 73% e 56% (p=0.05). Il principale limite degli studi citati che suggeriscono l’utilità di un trattamento combinato è dato dall’utilizzo di schemi di trattamento non associati a immunoterapia. Inoltre non sono disponibili studi che abbiano utilizzato la FDG-PET, attuale standard di riferimento per la valutazione della risposta al trattamento. A sostegno di un possibile ruolo della RT di consolidamento dopo R-CHOP deve essere citato lo studio UNFOLDER del gruppo tedesco. Nello studio venivano arruolati pazienti giovani (<60 anni) con DLBCL, con un solo fattore di rischio IPI o con malattia bulky, ed era prevista una randomizzazione tra RT di consolidamento e osservazione dopo immunochemioterapia per i soli pazienti bulky. I risultati finali dello studio non sono stati ancora pubblicati ma, dopo una prima analisi ad interim, il protocollo è stato emendato per un eccesso di progressioni nel braccio osservazionale, prevedendo quindi il trattamento radioterapico per tutti i pazienti. Il limite principale di questo studio, che non consente di supportare una raccomandazione forte in favore della RT di consolidamento, è dato dalla mancanza dei criteri di risposta basati sulla PET. Sono attualmente in corso studi clinici, tra cui alcuni randomizzati, che aiuteranno a rispondere al quesito. In attesa di nuovi dati, l’eventuale omissione della radioterapia nei pazienti in remissione completa, documentata anche mediante ristadiazione funzionale (PET), non è attualmente da considerarsi convenzionale al di fuori di uno studio clinico controllato, sottolineando peraltro come l’eventuale alternativa ad una radioterapia di consolidamento debba prevedere un numero di cicli totale di chemioterapia decisamente maggiore a quello di una strategia combinata (6 cicli versus 3-4 cicli).

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

MOLTO BASSA

Nei pazienti con DLBCL di nuova diagnosi, in stadio localizzato I-II1A, non bulky (<7.5 cm), può essere eseguito un trattamento combinato con 3-4 cicli R-CHOP seguiti da Involved Site RT 30 Gy, come alternativa rispetto ad un trattamento con 6 cicli R-CHOP.

Positiva debole

Stadio II1A: due sedi linfonodali contigue includibili in volume radioterapico limitato Stadio II2A: due o più sedi linfonodali non contigue non includibili in volume radioterapico limitato Quesito 3: Nei pazienti con DLBCL di nuova diagnosi con malattia Bulky è utile prescrivere un trattamento di consolidamento con radioterapia rispetto alla sola osservazione? Per quanto riguarda il consolidamento della risposta (RC al termine della chemio-immunoterapia), nei pazienti con linfoma in stadio localizzato, rimane ancora da chiarire il reale contributo dell’irradiazione delle lesioni inizialmente bulky (diametro massimo compreso tra 5 e 10 cm). In un’analisi “esplorativa” sugli 823 pazienti trattati nel protocollo MinT, il gruppo tedesco conclude che il rituximab riduce il rischio di recidiva legato alle dimensioni massime della massa tumorale, ma non lo annulla: qualsiasi cut-off dimensionale compreso tra 5 e 10 cm di diametro massimo della massa tumorale separa due categorie prognosticamente differenti; gli autori dello studio MinT, tuttavia, segnalano come l’indicazione al trattamento radioterapico sia spesso condizionata nel singolo caso da valutazioni relative al rapporto rischio-beneficio (sede, età, pattern di risposta) e suggeriscono un cut-off di 10 cm in base ai risultati ottenuti su pazienti sottoposti a trattamento chemio-immunoterapico.33 Raccomandazioni leggermente diverse provengono dalla comunità americana, che consiglia invece l’adozione di un cut-off dimensionale per il bulky di 7.5 cm [linee guida NCCN, version 4.2017]. Un’analisi “a posteriori” dello studio RICOVER-6034 ha evidenziato che l’aggiunta di radioterapia di consolidamento sulle sedi bulky (7.5 cm) in pazienti anziani (>60 anni) migliora tutti gli outcomes clinici (PFS, EFS e OS) di circa 25% a 3 anni, di fatto annullando il fattore prognostico negativo del bulky stesso. Il già citato studio UNFOLDER, di cui si attende ancora la pubblicazione definitiva, ha evidenziato all’analisi ad interim un eccesso di recidive nel braccio osservazionale che ometteva la radioterapia di consolidamento nelle sedi bulky e pertanto è stato emendato. Tuttavia, sia nello studio RICOVER-60 che nello studio UNFOLDER non era prevista una valutazione della risposta alla chemioterapia con PET-CT, pertanto non sono estrapolabili con certezza nell’attuale pratica clinica.

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Nell’era PET, per la mancanza di studi clinici randomizzati ben disegnati a valutare il reale contributo della RT nei pazienti con lesioni bulky che raggiungono la risposta metabolica completa, non è possibile al momento formulare raccomandazioni definitive a sostenere o controindicare l’impiego routinario della terapia radiante in questo particolare setting. La decisione clinica sarà presa valutando rapporto rischio/beneficio in ogni singolo caso previa adeguata valutazione multidisciplinare del caso. In casi selezionati di persistenza localizzata di malattia, la radioterapia potrebbe invece avere un ruolo importante per l’eventuale conversione in RC, alla luce di alcune recenti segnalazioni che suggeriscono l’indicazione a irradiare le singole regioni con captazione residua indipendentemente dall’estensione bulky all’esordio: si tratta tuttavia di valutazioni retrospettive.35 La dose standard di radioterapia è di 30-36 Gy, con un contornamento del target di trattamento in rispetto dei dettami dell’“Involved Site Radiotherapy” [24]. Un recente studio prospettico monocentrico di fase II della Duke University36 ha ottenuto elevati tassi di controllo locale (98% a 5 anni) sulle sedi sottoposte a trattamento radioterapico di consolidamento alla dose ridotta di 20 Gy in 10 frazioni in pazienti che avessero ottenuto una risposta metabolica completa dopo ≥4 cicli di R-CHOP. La maggior parte dei pazienti arruolati presentava uno stadio di malattia iniziale (I-II) all’esordio (79%) ma quasi il 40% aveva una sede bulky (>7.5 cm). In virtù di questi dati preliminari estremamente promettenti, L’International Lymphoma Radiation Oncology Group (ILROG) sta avviando uno studio confirmativo multicentrico, al fine di ridurre le dosi e le potenziali tossicità correlate al trattamento radiante nel sottogruppo di pazienti con malattia ad evoluzione “favorevole” per la risposta metabolica completa al termine del trattamento citostatico. Il trattamento radioterapico deve rispettare le moderne raccomandazioni formulate dall’ILROG, sia in termini di volumi di trattamento (INRT e ISRT in sostituzione dell’ormai superata IFRT), sia in termini di dosi (30 Gy in caso di risposta metabolica completa; 36-40 Gy su residui metabolicamente attivi dopo chemioimmunoterapia), come pubblicato da Illidge et al.37 La radioterapia dovrebbe essere somministrata a circa 4-6 settimane dalla fine del programma chemioterapico su volumi che tengano dunque conto della presentazione iniziale, della risposta alla chemioterapia e del residuo di malattia valutabile all’imaging morfologico e/o funzionale.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

BASSA

In presenza di malattia Bulky alla diagnosi, alla fine della chemioterapia può essere considerata la somministrazione di radioterapia “involved site” (ISRT) sulla sede bulky, con dosi totali di 30-40 Gy.

Positiva debole*

Nei pazienti con risposta metabolica incompleta al termine di un trattamento convenzionale è giustificato un trattamento di consolidamento rispetto alla sola osservazione. In questi casi la non RC va considerata, di fatto, come un fallimento della terapia di prima linea e i pazienti vanno pertanto avviati al trattamento di salvataggio. Fanno eccezione i casi con RP con focale residuo di malattia alla PET. In una valutazione retrospettiva del gruppo canadese di 196 pazienti trattati con 6 cicli R-CHOP e radioterapia sui residui PET irradiabili, i casi irradiati hanno mostrato una PFS a 3 anni sovrapponibile a quella di pazienti in remissione completa (PET negativa) dopo R-CHOP.35 Pertanto nei casi con residuo PET unico e irradiabile al termine della chemioimmunoterapia R-CHOP l’utilizzo della radioterapia potrebbe rappresentare una valida opzione terapeutica.

2.2.3 Stadi avanzati sfavorevoli (aaIPI>2) nel paziente di età < 65 anni

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Quesito 4: Nei pazienti con DLBCL di nuova diagnosi, ad alto rischio (IPI>2) e con età inferiore ai 65 anni è utile l’utilizzo di terapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe (autotrapianto di midollo) rispetto a terapia convenzionale? Per questo gruppo di pazienti, la cui prognosi rimane ancora grave, sono in corso trials clinici di confronto tra regimi dose-dense, tipo R-CHOP14, e terapia ad alte dosi (high-dose chemotherapy, HDC) con supporto di cellule staminali autologhe. In passato, due metanalisi hanno valutato l’impatto della HDC con supporto di cellule staminali autologhe.38,

39 Entrambe le metanalisi sono oggi da considerarsi un po’ datate in quanto non tutti i pazienti avevano ricevuto rituximab in associazione alla terapia di prima linea. Dall’analisi di Strehl et al.38 (11 studi randomizzati - 2228 pazienti), la mortalità globale non è risultata significativamente differente tra i pazienti trattati con HDC o con chemioterapia convenzionale; si osservava invece un vantaggio significativo per la HDC selezionando 1) gli studi in cui il tasso di drop-out nel gruppo era inferiore al 25%,40–44 e 2) gli studi in cui veniva effettuata la terapia ad alte dosi sequenziale.43, 44 Successivamente lo studio Mistral, pubblicato nel 2006,45 non ha dimostrato un vantaggio della terapia ad alte dosi sequenziale rispetto alla terapia convenzionale. Nella metanalisi di Greb et al.39, 46 (15 studi randomizzati - 2758 pazienti) la HDC non portava a un miglioramento della OS nella popolazione globale ma solo nel sottogruppo ad alto rischio. Al contrario, la EFS non è risultata differente nei due gruppi di rischio. Negli ultimi 5 anni, 4 studi randomizzati hanno esplorato il possibile vantaggio della HDC nei pazienti giovani a rischio intermedio/alto secondo aaIPI. Nessuno degli studi ha dimostrarto un vantaggio in temini di sopravvivenza globale, mentre per la EFS /PFS le conclusioni sono eterogenee. Lo studio tedesco DSHNHL-2002-147 confrontava in 275 pazienti il regime di riferimento standard, R-CHOEP-14, con il medesimo regime a dosaggio intensificato e supportato dalla reinfusione di cellule staminali: a due anni non veniva riportata alcuna differenza in termini sia di PFS che di OS, salvo un vantaggio di OS per il braccio standard nei pazienti con aaIPI score = 2, verosimilemtne per una maggior mortalita’ tossica dovuta al regime intensificato. Lo studio americano SWOG -970448 prevedeva, in pazienti responsivi a 5 cicli di (R-)CHOP-21, 3 ulterori cicli del medesimo versus 1 ciclo di R-CHOP seguito da BEAM e autotrapianto. In 255 pazienti arruolati, si osservava un vantaggio significativo in termini di PFS ma non di OS a due anni. Da più parti è stata segnalata, per questo studio, una “performance” eccessivamente negativa per lo schema RCHOP-21 nei pazianti ad alto rischio che potrebbe spiegare il vantaggio del braccio intensificato (PFS negli aaIPI3 41% vs 75%). Lo studio italiano del gruppo GITIL49 confrontava 8 cicli RCHOP-14 con la cosiddetta R-HDS e non dimostrava, in 246 pazienti arruolati, differenze a due anni nè in termini di PFS nè di OS. Infine, l’ultimo studio pubblicato in ordine temporale, lo studio italiano FIL DLCL04,50 prevedeva un doppio quesito sull’intensificazione della terapia di induzione (RCHOP-14 vs R-MEGACHOP-14) e sul consolidamento ad alte dosi, con un disegno randomizzato bifattoriale 2x2. Lo studio ha arruolato 399 pazienti. Nel gruppo di pazienti che ricevevano HDC (indipendentemente dal tipo di terapia di índuzione), si osservava un miglioramento significativo della PFS, che tuttavia non si traduceva in una miglior OS. In uno studio di farmaco-economia effettuato sui dati generati da uno studio randomizzato,42 è stato dimostrato che in pazienti a rischio intermedio-alto secondo IPI, la HDC rappresenta una terapia migliore in termine di costo-efficacia rispetto alla terapia convenzionale.51

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

MODERATA

I pazienti in stadio avanzato sfavorevole (aaIPI 2-3 ) di età <65 anni NON dovrebbero essere trattati con terapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe (autotrapianto di midollo) in alternativa a terapia convenzionale (6-8 cicli di chemioimmunoterapia).

Negativa debole

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2.2.4 Trattamento del paziente anziano Il linfoma diffuso a grandi cellule B rappresenta il sottotipo più comune di LNH nella popolazione anziana. Benché l’età costituisca di per sé un fattore prognostico negativo, oltre il 50% degli anziani che possono essere sottoposti a chemioterapia curativa, ha la prospettiva di guarire dal linfoma. Nelle decadi passate, studi clinici prospettici nel sottogruppo degli anziani hanno mostrato ottimi risultati terapeutici anche in questa popolazione di difficile gestione e cura. Per il paziente anziano in buone condizioni generali sono applicabili le evidenze precedentemente descritte che identificano nella terapia R-CHOP lo schema di riferimento. Il problema maggiore nella gestione del linfoma a grandi cellule dell’anziano è rappresentato dalla scelta del trattamento nei casi in cui al linfoma si aggiunge la presenza di copatologie, di situazioni di inabilità o ridotta funzione che condizionano in maniera significativa la scelta terapeutica.52 Questi pazienti non sono rappresentati negli studi randomizzati precedentemente menzionati e ad essi non possono essere direttamente applicate le raccomandazioni fatte per il paziente senza comorbidità. In assenza di studi randomizzati condotti specificatamente per la popolazione dei pazienti anziani o fragili, i livelli di evidenza sono molto bassi e si basano su scelte empiriche condivisibili e sui risultati di studi di fase II. In questo contesto un primo obbiettivo è quello di rendere oggettiva la valutazione del paziente. In un modello semplificato della valutazione geriatrica, l’età ha rappresentato e attualmente rappresenta ancora un criterio decisionale fondamentale. L’utilizzo dell’età tuttavia richiede un consenso sulla definizione del paziente anziano da sottoporre a trattamento alternativo rispetto allo standard che è difficile da indentificare per soggetti di età inferiore a 80 anni. Accettando l’età di 80 anni come definizione empirica del soggetto anziano, la letteratura offre alcune evidenze da studi non randomizzati, per formulare raccomandazioni. La valutazione complessiva del paziente anziano deve comunque tenere conto di numerose variabili quali la presenza di comorbilità, l’assunzione di farmaci concomitanti, la ridotta riserva midollare, la compromissione dello stato cognitivo e psico-emotivo, tutte condizioni che richiedono un approccio interdisciplinare e multidimensionale geriatrico e oncologico. A tal fine è sicuramente utile valutare il paziente tramite strumenti di Valutazione Geriatria Multidimensionale (vedi paragrafo 1.3.1). Il suo utilizzo all’interno di studi prospettici, quale strumento per definire in maniera standardizzata la categoria di rischio di ogni paziente, potrebbe oggi rappresentare un buon approccio nell’ambito di un piano di cura personalizzato. Quesito 5: Nei pazienti anziani con DLBCL di nuova diagnosi è raccomandato prescrivere un trattamento immunochemioterapico a intensità ridotta (R-MiniCHOP) rispetto allo standard R-CHOP? Tra gli studi disponibili, il gruppo GELA ha pubblicato i risultati di uno trial multicentrico volto a valutare l’efficacia terapeutica e la tossicità dello schema R-miniCHOP, che prevedeva l’utilizzo di dosi inferiori di CHOP e dosi convenzionali di Rituximab in 149 pazienti affetti da DLBCL di età superiore agli 80 anni. Dopo un follow up medio di 20 mesi, la OS e la PFS a 2 anni sono risultate rispettivamente pari a 59% e 47%.53

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione Forza della

raccomandazione clinica

BASSA Il regime R-miniCHOP può essere considerato il regime standard nei pazienti anziani (>80 anni) con DLBCL rispetto a R-CHOP.

Positiva debole

Interessante è lo studio sul trattamento pre-phase al fine di ridurre le possibili tossicità correlate alla chemioterapia. L’utilizzo di prednisone nei 7 giorni precedenti l’inizio del trattamento, da solo o con 1 mg di vincristina, potrebbe essere considerato per i pazienti di tutte le età ma soprattutto negli anziani più fragili.

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Si è apprezzata infatti una riduzione della tossicità midollare e del numero di casi di sindrome da lisi tumorale nei pazienti trattati con R-CHOP.33 È necessario però valutare i rischi e i benefici di un trattamento corticosteroideo in pazienti anziani che molto spesso presentano comorbilità come il diabete. Nonostante l’aumento di sopravvivenza nei pazienti anziani dovuto alla possibilità di ricevere trattamenti chemioimmunoterapici a dosi piene o adattate all’età con uguale efficacia, circa il 30-40% dei pazienti affetti da DLBCL andrà incontro a recidiva di malattia o presenterà malattia refrattaria. La maggior parte delle recidive si verificano nei primi due anni dal trattamento iniziale. In molti dei pazienti anziani che recidivano, l’obiettivo del trattamento non ha più intento curativo ma ha come finalità il controllo della malattia con la palliazione dei sintomi e la conservazione di una qualità di vita soddisfacente.

2.3 Terapia di salvataggio Quesito 6: Nei pazienti con DLBCL recidivato/refrattario responsivi al trattamento di salvataggio è utile proporre un consolidamento con autotrapianto di midollo rispetto alla prosecuzione della chemioterapia convenzionale? I pazienti con malattia in recidiva o refrattaria alla prima linea vanno avviati a una chemioterapia di salvataggio seguita, se la malattia si dimostra chemiosensibile, da HDC con supporto cellulare autologo.54 Lo studio PARMA, studio randomizzato di fase III i cui risultati sono stati pubblicati nel 1995, era stato condotto in 215 pazienti con linfoma aggressivo recidivato o refrattario, avviati a terapia di seconda linea. I 109 casi con risposta parziale o completa dopo due cicli di DHAP, sono stati assegnati a due ulteirori cicli DHAP oppure a consolidamento ad alte dosi con supporto di cellule staminali. EFS e OS a 5 anni sono risultate del 46% e 53% per i pazienti del gruppo “alte dosi”, significativamente superiori rispetto a quelle registrate per i pazienti nel braccio di confronto (p = 0.001 e p = 0.038). I risultati della sequenza CT di salvataggio-HDC sono stati stigmatizzati dallo studio randomizzato CORAL,55 in cui per tutti i pazienti inclusi la OS e la PFS a 3 anni erano rispettivamente 49% e 37%. In questo studio si conclude anche che non vi è differenza nell’uso dei diversi schemi di induzione RDHAP o RICE prima del consolidamento ad alte dosi. I fattori prognostici fondamentali nei pazienti con DLBCL recidivato/refrattario sono: 1) la chemioresistenza alla terapia di prima linea e la durata della risposta55, 56 2) la risposta alla terapia di salvataggio56, 57 3) l’IPI alla recidiva o progressione56, 58–62 4) il precedente trattamento con rituximab55, 63, 64 5) lo stato della malattia al momento del trapianto, valutato tramite PET.65–73

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

MODERATA Il paziente con linfoma recidivato/refrattario responsivo alla terapia di salvataggio dovrebbe essere avviato al trattamento ad alte dosi.

Positiva forte

I dati a disposizione concernenti un trattamento con HDT/supporto di cellule staminali autologhe sono concordi nel definire che anche gli anziani in ottime condizioni generali possano avere chance di risposta e tossicità molto simili a quelle dei pazienti più giovani e che non è l’età anagrafica ma le co-morbidità e le vulnerabilità “nascoste” di molti anziani a influire negativamente sui risultati clinici di un approccio ad alte dosi.

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2.3.1 Terapia di salvataggio per i pazienti non candidabili a trapianto autologo di cellule staminali I pazienti ricaduti dopo trapianto autologo di cellule staminali o non candidabili a tale procedura hanno una prognosi infausta a breve termine. Per i pazienti non candidabili a terapia ad alte dosi di salvataggio, inclusi i pazienti di età > a 70 anni, i potenziali trattamenti comprendono terapia con agente singolo, la scelta di un trattamento palliativo, e l’inclusione all’interno di trial clinici controllati. Sono ben tollerati inoltre regimi di combinazione che includono R-gemox,74 la bendamustina con o senza rituximab75 e CVP +/- rituximab. Un ruolo importante inoltre sembra essere svolto dalla lenalidomide nei pazienti del sottogruppo non-GBC con o senza rituximab.76 Ad oggi non esistono evidenze sufficenti per formulare raccomandazioni per la scelta terapeutica di questa fase della malattia, pertanto la definizione del programma terapeutico deve essere basata sulla valutazione del singolo paziente optando, se possibile, per l’arruolamento in uno studio clinico controllato.

2.4 Follow-up Le recidive dei linfomi a grandi cellule B sono passibili di trattamenti di seconda linea con buone percentuali di remissione dopo terapia di salvataggio (58%). Non ci sono studi prospettici randomizzati che dimostrino che l’uso sistematico di esami radiologici, nei pazienti in remissione completa ed in assenza di sintomi specifici migliori la sopravvivenza. La maggior parte delle recidive viene diagnosticata per la presenza di sintomi e/o per alterazione degli esami di laboratorio. I dati disponibili a favore dell’utilizzo routinario della TC non sono conclusivi ma è comunque prassi diffusa sia nei centri nordamericani sia europei eseguire esami radiologici periodici (TC e/o PET) nei programmi di follow-up. In uno studio del 2003 su 117 pazienti in remissione completa solo il 5.7% dei ricaduti è stato individuato con una TC (eseguita a 3 e 12 mesi dal termine della chemioterapia) in assenza di altri sintomi specifici, mentre nell’86% dei casi la recidiva era riscontrata in seguito alla comparsa di segni e/o sintomi.77 In uno studio nel quale il follow-up dei pazienti comprendeva l’uso periodico della TC (ogni 6 mesi per i primi 2 anni) una diagnosi precoce di recidiva riscontrata mediante imaging non hanno mostrato un vantaggio nell’outcome dei pazienti.78 I dati di un recente studio retrospettivo multicentrico condotto su pazienti con NHL aggressivi e HL dimostrano, nei pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B, che nel 41% dei casi la recidiva è riconosciuta per la comparsa di sintomi e per anomalie agli esami di laboratorio e solo nel 26% dei casi la TC aveva anticipato la diagnosi di recidiva con un modesto beneficio sulla sopravvivenza a scapito di un elevato numero di indagini radiologiche eseguite.79 Non vi è indicazione all’utilizzo della PET al di fuori di uno studio clinico controllato.80, 81 Sulla scorta di questi dati, i pazienti con DLBCL in remissione completa dopo terapia di prima o anche seconda linea devono essere seguiti: • routine ematochimici, LDH ed esame clinico ogni 3 mesi per i primi 2 anni, poi ogni 6 mesi per i 3 anni successivi, poi annualmente (NCCN Practice Guidelines in Oncology: Diffuse large B-cell Lymphoma. 2014; version 2). • la TC può essere eseguita a 6,12 e 24 mesi dal termine del trattamento.82 Nel caso sussista un dubbio clinico e/o radiologico di ricaduta di malattia è raccomandata la biopsia diagnostica.

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2.5 Figure

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3. Linfomi follicolari Fra i linfomi non Hodgkin indolenti, il linfoma follicolare è l’istotipo più frequente, rappresentando circa il 10-20% di tutte le nuove diagnosi di LNH nei paesi occidentali. La storia naturale della malattia è quella di un linfoma a basso grado, caratterizzato ad oggi da un’ottima risposta al trattamento iniziale ma segnato da frequenti recidive con tempi di remissione sempre più brevi ad ogni succesiva ricaduta, e un rischio di trasformazione in linfoma aggressivo. L’introduzione dell’immunochemioterapia come standard terapeutico ha migliorato rispetto al passato la prognosi dei pazienti affetti da questa patologia, ottenendo come risultato un tasso di remissioni vicino al 90%, una mediana di PFS di circa 6-7 anni e una sopravvvenza a 5 anni vicina al 90%. 3.1 Fattori prognostici Il decorso della malattia è estramamente eterogeneo e dipende dalla presenza o meno di fattori che permettono di inserire i pazienti all’interno di gruppi di rischio. L’estensione della malattia è considerata uno dei più importanti fattori prognostici per i pazienti con LF; può essere misurata sia in maniera diretta mediante la stadiazione di Ann Arbor, sia in modo indiretto attraverso surrogati quali il “tumor burden”, la malattia “bulky”, la presenza di interessamento midollare o l’alterazione di parametri di laboratorio indirettamente collegati alla quantità di malattia. L’indice FLIPI è il modello attualmente più utilizzato per valutare la prognosi dei pazienti con LF.83 Il principale limite del FLIPI è tuttavia rappresentato dal fatto che i pazienti analizzati non sono stati trattati con rituximab. I fattori che contribuiscono al calcolo del FLIPI sono: età > 60 anni, livelli di LDH sieriche superiore al limite massimo, livelli di emoglobina inferiore al limite minimo, Stadio Ann Arbor III-IV, Coinvolgimento > 4 sedi linfonodali.

La tabella 9 illustra la suddivisione in gruppi prognostici e le relative probabilità di OS. Tabella 9. Follicular Lymphoma International Prognostic Index.

GRUPPO DI RISCHIO N° FATTORI OS A 5 ANNI BASSO 0-1 90.6%

INTERMEDIO 2 77.6% ALTO 3-5 52.5%

Successivamente è stato pubblicato l’indice FLIPI2, frutto di uno studio prospettico, che apporta alcune novità rispetto al precedente, quali l’inclusione di pazienti trattati con rituximab e la scelta della PFS come endpoint di sopravvivenza.84 I parametri per il calcolo dell’indice FLIPI2 sono i seguenti: livelli di β2 microglobulina superiore al limite massimo; diametro del più grande linfonodo coinvolto (LoDLIN) superiore a 6 cm; interessamento midollare; livelli di emoglobina inferiore al limite minimo; età > 60 anni.

In tabella 10 è riportata la suddivisione in gruppi prognostici e le relative probabilità di PFS. Tabella 10. Follicular Lymphoma International Prognostic Index 2.

GRUPPO DI RISCHIO N° FATTORI PFS A 5 ANNI BASSO 0 79.5%

INTERMEDIO 1-2 51.2% ALTO 3-5 18.8%

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Sono recentemente in fase di sviluppo nuovi modelli prognostici basati sul volume metabolico tumorale,85 su modelli clinico-biologici86 e sul verificarsi di eventi di recidiva o progressione entro o oltre i 24 mesi dalla diagnosi (POD24).87

3.2 Trattamento del linfoma follicolare

3.2.1 Strategia terapeutica generale Da circa 15 anni il trattamento dei pazienti con LF è stato “rivoluzionato” dall’introduzione degli anticorpi monoclonali anti-CD20 ed in particolare dal rituximab che, sia in monoterapia che in combinazione con chemioterapia, rappresenta oggi la base dei trattamenti. La strategia terapeutica per i LF deve tenere conto della natura indolente della malattia e del rischio di recidive che rende quasi certo il ricorso nel tempo a ulteriori linee di terapia. La corretta pianificazione del programma terapeutico complessivo si può tradurre in un buon controllo della malattia nel tempo che, associato all’età medio-alta della maggior parte dei pazienti con LF, può risultare in una significativa diminuzione dell’effetto negativo della malattia sull’aspettativa di vita. Grazie al miglioramento dell’efficacia delle cure ottenuto con i trattamenti moderni il problema degli effetti collaterali tardivi sta assumendo importanza sempre maggiore (i.e. secondi tumori, infezioni). Nella scelta della strategia terapeutica per il singolo paziente deve essere essere sempre considerato con attenzione il rapporto rischio/beneficio del programma di cura per ridurre al massimo il rischio di eventi tardivi. La scelta terapeutica per i pazienti con LF dipende dall’estensione della malattia e dalle condizioni del paziente. Fanno eccezione i casi classificati come grado 3b e quelli con aree di grandi cellule che dovrebbero essere trattati seguendo le linee guida dei linfomi a grandi cellule B. Di seguito vengono illustrate e discusse le diverse opzioni terapeutiche oggi disponibili per il trattamento dei pazienti con LF.

3.2.2 Terapia di prima linea: malattia localizzata Stadio I-II Sia nel paziente giovane che in quello anziano, quando il LF si presenta in stadio I-II con lesioni contigue l’opzione di prima scelta è il trattamento radioterapico. Come emerso da una revisione sistematica del 2003, con la RT è possibile guarire una percentuale di pazienti compresa tra il 30 e il 50%.88 Tali risultati potrebbero migliorare ulteriormente utilizzando criteri di stadiazione basati sulla FDG-PET che consente di definire con maggiore accuratezza i pazienti con malattia in stadio localizzato.89, 90 In alternativa alla radioterapia può essere presa in considerazione anche la sola osservazione o un trattamento con rituximab in monoterapia in casi selezionati nei quali si vuole evitare la tossicità legata al trattamento radiante, o in presenza di controindicazioni alla radioterapia.91, 92 Quesito 7: Nel paziente con LF in stadio localizzato è indicato un trattamento con radioterapia a dose ridotta (24Gy) rispetto a dosi convenzionali? Un recente studio randomizzato inglese ha dimostrato nei linfomi indolenti (per la maggior parte linfomi follicolari) analoga efficacia terapeutica di 24 Gy in 12 frazioni rispetto ai tradizionali 40-45 Gy in 20-23 frazioni.93 La possibilità di ridurre ulteriormente la dose di radioterapia è stata valutata dalla studio FoRT, che confrontava nei linfomi follicolari localizzati trattati con sola radioterapia 24 Gy in 12 frazioni versus 4 Gy in 2 frazioni. Lo studio ha documentato un buon controllo di malattia con entrambi i dosaggi ma ha anche mostrato una maggiore frequenza di recidive con la terapia a basse dosi consigliandone l’utilizzo solo per finalità palliativa o sintomatica.94 Recentemente, uno studio randomizzato del Trans-Tasman Radiation Oncology Group (TROG)95 ha dimostrato che un approccio combinato chemio-immuno-radioterapico (IFRT 30 Gy in 15 frazioni, seguita da 6 cicli di R-CVP) migliora significativamente i tassi di PFS a 10 anni (59% vs 41%) rispetto all’approccio radioterapico esclusivo in pazienti con linfoma follicolare in stadio I-II.

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Tale studio è stato tuttavia condotto in epoca “pre-PET” e pertanto il bias costituito dalla stadiazione incompleta potrebbe in parte giustificare la discrepanza in termini di PFS rispetto a studi più moderni. Un recente contributo multicentrico dell’ILROG96 ha evidenziato che la PFS a 10 anni è superiore al 60% in pazienti sottoposti a radioterapia esclusiva (24-30 Gy in frazionamento convenzionale) per un linfoma follicolare in stadio I confermato all’esame PET.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA Nei pazienti in stadio I-II con malattia localizzata, dovrebbe essere utilizzata la radioterapia esclusiva alla dose di 24 Gy in 12 frazioni.

Positiva forte

3.2.3 Terapia di prima linea: malattia avanzata LF con basso tumor burden L’astensione dal trattamento è un’opzione che deve essere valutata in ogni paziente al momento della diagnosi e che può essere considerata in alcuni casi al momento della recidiva. La scelta di non trattare è ragionevole per i pazienti che presentano malattia a basso tumor burden, ed è in genere valutata sulla base della presenza/assenza di sintomi o segni di malattia. I criteri più frequentemente utilizzati per valutare il tumor burden sono quelli proposti dal GELF e, per l’Italia, dalla Società Italiana di Ematologia; essi includono la presenza di sintomi attribuibili al linfoma compresi sintomi B, danno midollare, presenza di malattia bulky, compromissione d’organo o rapida progressione di malattia (Tabella 11). Tabella 11. Criteri GELF e SIE per la valutazione del tumor burden.

GELF SIE

Massa nodale o extranodale superiore a 7 cm Almeno 3 linfonodi con diametro > 3 cm o singolo linfonodo > 7 cm

Interessamento di almeno 3 sedi nodali, ciascuna con diametro superiore a 3 cm Presenza di malattia extranodale

Presenza di sintomi sistemici Presenza di sintomi sistemici

Splenomegalia Splenomegalia

Compromissione di organi vitali Compromissione di organi vitali

Significativo versamento pleurico Significativo versamento pleurico

Conta linfocitaria > 5.0 x 109/L Leucemizzazione

Citopenia (conta dei neutrofili < 1.0 x 109/L o piastrine < 100 x 109/L

Citopenia dovuta a interessamento midollare di malattia

Segni di rapida progressione

Elevati livelli di LDH sierica

I dati a supporto della scelta della sola osservazione derivano da studi randomizzati che tuttavia presentano problemi di trasferibilità dei risultati per l’inclusione di pazienti diagnosticati con il sistema della Working

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Formulation, e trattati nel braccio di controllo con un trattamento con clorambucile non proponibile ai nostri giorni.97 Nonostante l’andamento clinico indolente dei pazienti con LF a basso tumor burden, oggi la disponibilità di un farmaco attivo e poco tossico come il rituximab rende attuale il quesito se la scelta del watch and wait debba essere ancora considerata come una valida opzione. Quesito 8: Nel paziente con LF di nuova diagnosi in stadio avanzato e low tumor burden è raccomandato un trattamento con rituximab in monoterapia rispetto alla sola osservazione? Uno studio randomizzato di fase III ha confrontato il ruolo di un trattamento immediato con Rituximab rispetto alla sola osservazione in 379 pazienti con linfoma follicolare in stadio avanzato e con basso tumor burden.98 L’utilizzo del rituximab alla diagnosi ha condotto a un incremento della PFS rispetto alla sola osservazione (80%vs 48%, p <0.001) ma al momento non si è ottenuto alcun beneficio in sopravvivenza globale. L’arruolamento di un notevole numero di pazienti, il disegno randomizzato e l’utilizzo di criteri diagnostici moderni consentono di associare ai risultati dello studio un livello di evidenza molto elevato. Tali risultati non sono tuttavia immediatamente traducibili in una raccomandazione forte per l’assenza dei dati di sopravvivenza. Esiste inoltre un problema metodologico relativo alla definizione di efficacia di un trattamento attivo rispetto all’osservazione. Secondo alcuni autori il confronto tra osservazione e terapia attiva dovrebbe essere più correttamente misurato valutando l’efficacia della seconda linea di terapia piuttosto che la prima per il quale esiste sempre uno sbilanciamento di intervento a favore della terapia attiva (FF2TF). Questo tipo di analisi è stata utilizzata in uno studio prospettico recentemente pubblicato che ha dimostrato come la scelta per un periodo di W&W o di terapia immediata non influenzi l’efficacia delle terapie successive.99 In base a quanto sopra riportato, la sola osservazione è da considerarsi ancora un’opzione valida anche nell’era del rituximab. Da ultimo ma non meno importante, la proposta di un programma di W&W deve sempre considerare anche le aspettative del paziente e deve essere discussa nel corso della visita iniziale.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

MODERATA Nel paziente con LF in stadio avanzato e basso tumor burden può essere proposto un trattamento immediato con rituximab in monoterapia rispetto a Watch and Wait.

Positiva debole

LF con elevato tumor burden Oggi il trattamento chemio-immunoterapico è lo standard per il trattamento dei pazienti sintomatici con LF. L’aggiunta del rituximab a qualsiasi regime chemioterapico consente di migliorarne i risultati in termini di overall response rate, durata della risposta, PFS e OS.100–102 La riduzione del rischio di morte con l’aggiunta del rituximab alla chemioterapia è stata confermata anche da una meta-analisi.103 Il farmaco rituximab può essere utilizzato in ogni tipo di paziente. Gli unici pazienti che necessitano di una più attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio sono i soggetti con epatite B asintomatica (HbSAg+) o occulta (anticore +). Sono infatti descritti casi di riattivazione di epatite B, anche fatali, nei soggetti HBV+ per i quali esiste la possibilità di prescrivere profilassi con lamivudina e limitare così il rischio di riattivazione virale in corso di trattamento con rituximab. Per molti anni, prima dell’introduzione del rituximab, è stato affrontato il quesito sull’utilità dell’antraciclina nel trattamento del LF in stadio avanzato. I risultati non hanno mai consentito di giungere ad una risposta conclusiva e il quesito è rimasto aperto anche nell’era dell’immunochemioterapia. Oggi sono disponibili studi randomizzati e analisi retrospettive che possono essere utilizzati per cercare di rispondere al quesito su quale debba essere il trattamento di prima scelta per i LF in stadio avanzato. Oltre al quesito sull’utilità dell’antraciclina si sono aggiunte altre possibili alternative in virtù della buona attività documentata per altre classi di farmaci e in particolare per gli analoghi delle purine.

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Quesito 9: Nel paziente con LF in stadio avanzato e elevato tumor burden è raccomandato un trattamento con immunochemioterapia R-CHOP rispetto ai regimi R-FM o R-CVP? Lo studio FOLL05 ha confrontato un trattamento standard R-CVP, con R-CHOP e R-FM, nella terapia di prima linea in pazienti adulti con LF in stadio II-IV. I risultati su 534 pazienti arruolati hanno dimostrato che R-CVP è associato ad una Time to Treatment Failure (TTF) a 3 anni inferiore (47%) rispetto a R-FM (60%) e a R-CHOP (57%). R-FM ha tuttavia mostrato un peggiore profilo di tossicità acuta e tardiva nel confronto con R-CHOP. Sulla base dei risultati dello studio FOLL05, R-CHOP è stato definito come la scelta di riferimento per il trattamento iniziale dei LF in fase avanzata.104 Il follow up a lungo termine dello studio ha permesso di confermare lo standard di trattamento con R-CHOP mostrando un ottimo controllo di malattia sia in termini di PFS che di OS, risultati che si sono confermati in termini di sopravvivenza globale anche per il regime R-CVP al prezzo però di una maggiore necessità di terapia di salvataggio successivi . L’analisi ha inoltre confermato lo scarso profilo di tossicità legato al R-FM.105 I risultati di questo studio sono generalizzabili alla pratica clinica con alcune limitazioni. Lo studio non prevedeva l’utilizzo di terapia di mantenimento con rituximab, oggi considerata una opzione standard nei pazienti responsivi alla terapia di induzione. Inoltre lo studio non ha considerato nel confronto randomizzato l’utilizzo della combinazione di rituximab e bendamustina attualmente considerata una valida opzione terapeutica.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA Nei pazienti con LF in stadio avanzato e malattia sintomatica l’uso della immunochemioterapia R-CHOP dovrebbe essere preferito rispetto a R-CVP o R-FM.

Positiva forte

Quesito 10: Nel paziente con LF in stadio avanzato e elevato tumor burden è raccomandato un trattamento R-Bendamustina rispetto a R-CHOP? Sono disponibili due studi randomizzati di confronto tra chemioimmunoterapia con R-CHOP o R-CVP e la combinazione di rituximab e Bendamustina. Il primo studio del gruppo tedesco Stil prevedeva un confronto randomizzato tra R-CHOP e R-Bendamustina in pazienti con linfoma indolente, tra cui il gruppo numericamente più consistente dei LF, insieme ai linfomi linfocitici, linfomi mantellari e linfomi marginali. Lo studio, con un follow-up mediano di 45 mesi, ha dimostrato che l’utilizzo di R-Bendamustina determinava una riduzione del rischio di progressione (HR= 0.58) rispetto a R-CHOP, riducendo in maniera significativa anche il rischio di tossicità (neutropenia grado III-IV, alopecia, neuropatia periferica, stomatite). I risultati complessivi di efficacia dello studio sono stati confermati dall’analisi del sottogruppo dei pazienti con LF (N=279; 54% della casistica).106 Il secondo studio, noto con il nome BRIGHT, ha confrontato un trattamento con R-CHOP o R-CVP con la combinazione R-Bendamustina in pazienti con linfoma indolente o linfoma mantellare non precedentemente trattato, utilizzando un disegno randomizzato con l’obbiettivo di verificare la non inferiorità dei due schemi di terapia in termini di risposta completa. Lo studio ha arruolato 447 pazienti, di cui 297 con LF, e ha dimostrato la non inferiorità dei due trattamenti per l’endopoint primario (CR del 31% vs 25% nel braccio R-CHOP/CVP e R-B), confermando il dato di minore tossicità associata a R-B (neutropenia severa con R-B 39% dei casi vs 57% con R-CHOP: p< 0.0001) già osservato nello studio Stil. I risultati di non inferiorità sul tasso di risposta sono stati confermati anche per il sottogruppo dei LF.107 Entrambi gli studi sono stati oggetto di analisi aggiornate con follow-up prolungato. L’aggiornamento a 8 anni dello studio Stil ha confermato i dati di PFS inizialmente pubblicati, sottolineando la superiorità di R-B vs R-CHOP (HR 0.55, 95%CI 0.41-0.73; p<0.0001). L’aggiornamento a 5 anni dello studio BRIGHT ha invece documentato un minimo ma significativo vantaggio in termini di PFS a favore di R-B, che tuttavia era limitato al sottogruppo di pazienti con Linfoma mantellare e non era visibile per i LF. Lo studio ha inoltre descritto un maggior numero di casi di secondo tumore diagnosticati tra i pazienti trattati con R-B (19% vs 11%); la differenza veniva tuttavia annullata se dal confronto erano esclusi i casi di tumore

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cutaneo non-melanomatoso. Infine è importate sottolineare come in entrambi gli studi non siano emerse differenze tra i bracci nell’analisi della OS. Infine dati di efficacia per tipo ti terapia in cui sono stati utilizzati la chemioterapia CHOP o trattamento con Bendamutstina o CVP sono stati pubblicati come sottoanalisi dello studio GALLIUM. Lo studio GALLIUM non era stato disegnato per evidenziare differenze tra gli schemi chemioterapici in termini di efficacia nè di sicurezza.108 Dall’analisi dei dati di tossicità tuttavia i pazienti trattati con bendamustina hanno registrato un elevato numero di effetti collaterali con un più alto tasso di infezioni di grado da 3 a 5 e di seconde neoplasie durante il mantenimento e il follow up, mentre CHOP era associato a frequenti eventi di neutropenia di grado 3-5 durante la fase di induzione. Questi dati, ottenuti da una post hoc analisi, non possono essere utilizzati per supportare la scelta del regime chemioterapico da associare a obinutuzumab poichè lo studio non era stato pianificato per rispondere a questo tipo di quesito. Tuttavia i segnali di tossicità emersi dallo studio e associati in particolare ai casi trattati con bendamustina devono invitare alla prudenza nella scelta di questo schema.109 Pur trattandosi di studi randomizzati condotti su casistiche numerose, i dati pubblicati presentano diversi problemi interpretativi che ne limitano la generalizzabilità. Negli studi citati i LF sono stati inclusi insieme ad altri istotipi di linfoma indolente, fatta eccezione per lo studio GALLIUM, e nessun trial era stato potenziato per eseguire analisi di sottogruppo. Inoltre, per lo studio Stil il disegno originale di non inferiorità non consentiva di trarre conclusioni sulla superiorità di un regime rispetto all’altro, e lo studio era stato condotto con analisi per protocollo e non come intention to treat. Per lo studio BRIGHT invece il limite principale è rappresentato dalla scelta della risposta come endpoint principale che non consente una valutazione accurata dei dati di sopravvivenza e dal fatto che non è possibile estrapolare osservazioni sufficientemente accurate sul confronto R-B vs R-CHOP avendo ammesso anche la terapia R-CVP nel braccio standard. I limiti sopracitati non si applicano invece all’osservazione sulla diversa tossicità acuta da trattamento, limitata solo dal fatto che questo endpoint non era quello primario degli studi, per cui è possibile generalizzare la migliore tollerabilità del regime R-B vs R-CHOP. A questi dati si aggiunge un recente comunicato delle agenzie sanitarie nazionali relativo alla tossicità registrata in due studi randomizzati,107, 110 nei quali la bendamustina è stata utilizzata in combinazione con rituximab o obinutuzumab in confronto a un regime chemioimmunoterapico standard per il trattamento di prima linea di linfomi indolenti (http://www.aifa.gov.it/content/nota-informativa-importante-su-levact-bendamustina-23062017). Nel dettaglio è stato osservato un incremento della mortalità quando bendamustina è utilizzata in trattamenti combinati non approvati o al di fuori delle indicazioni autorizzate. Gli eventi tossici fatali registrati sono stati causati principalmente da infezioni (opportunistiche), ma si sono verificati anche eventi fatali per tossicità di tipo cardiaco, neurologico e tossicità respiratorie. È stato inoltre segnalato un più alto tasso di riattivazioni erpetiche da epatite B in pazienti portatori cronici del virus. Infine si è osservato una tossicità ematologica prolungata e tardiva. Per quanto tali comunicazioni non rappresentino una controindicazione all’uso del farmaco bendamustina, la scelta di utilizzare questo farmaco deve essere sempre discussa con il paziente e deve essere accompagnata da accurata profilassi antiinfettiva.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

MODERATA Nel paziente con LF in stadio avanzato e elevato tumor burden la combinazione R-Bendamustina può essere utilizzata in alternativa a R-CHOP.

Positiva debole

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Nel paziente con LF in stadio avanzato e con elevato tumor burden l’utilizzo di Obinutuzumab deve essere preferito rispetto a Rituximab in combinazione con la chemioterapia? Recentemente sono stati pubblicati i risultati di uno studio multicentrico randomizzato di fase III che ha confrontato in 1202 pazienti affetti da LF di grado 1-3a ( stadio II bulky, III e IV) l’efficacia di Obinutuzuamb, anticorpo monoclonale anti CD20 umanizzato, in associazione a chemioterapia con bendamustina, CHOP o CVP rispetto agli stessi regimi chemioterapici associati con Rituximab seguito da un trattamento di mantenimento con lo stesso anticorpo nei casi di risposta completa o parziale. Con una mediana di osservazione di 34 mesi, alla prima interim analisi pianificata, l’obbiettivo primario dello studio è stato raggiunto mostrando un beneficio in termini di PFS a 3 anni per il braccio sperimentale con obinutuzumab rispetto ai regimi associati a Rituximab (80% vs 73%, (p=0.001). I risultati sono stati confermati da una seconda analisi eseguita sull’analisi della PFS definita da revisori indipendenti. Nella pubblicazione sono stati analizzati anche altri endpoint secondari tra cui, l’ORR, in numero di risposte complete ottenute e la sopravvivenza globale per cui non si sono evidenziate differenze significative tra pazienti trattati con obinutuzumab e pazienti trattati con Rituximab. Per quanto riguarda il profilo di sicurezza del trattamento un incremento di eventi avversi di grado da 3 a 5 e severi si è verificato nel gruppo trattatto con obinutuzumab rispetto a Rituximab (74.6% vs. 67.8%). Complessivamente i più comuni eventi avversi di ogni grado erano correlati a reazioni infusionali (nel 59% dei pazienti trattati con Obinutuzumab e 48.9% del braccio Rituximab), nausea (nel 46.9% and 46.6% rispettivamente), e neutropenia (nel 48.6% and 43.6%). Come detto precedentemente i pazienti che ricevevevano in induzione bendamustina presentavano un maggior numero di tossicità acute e tardive ma va sottolineato che lo studio non era stato in origine disegnato per confrontare i diversi agenti chemioterapici e che l’assegnazione al gruppo di trattamento non veniva eseguita in modo randomizzato ma a scelta dello sperimentatore. Nella valutazione per gruppi di rischio va sottolineato che il vantaggio di obinutuzumab non è stato confermato per i pazienti a basso rischio (FLIPI 0-1) ma solo per i soggetti a rischio elevato (FLIPI3-5). Anche alla luce dei dati di sicurezza pertanto la sostituzione di rituximab con obinutuzumab nei pazienti con FLIPI a basso rischio è da scoraggiare. Per tutti gli altri pazienti i risultati positivi dello studio sono sicuramente importanti ma andranno confermati con un follow-up più lungo e con un’analisi della sopravvivenza globale.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA

Nel paziente con LF in stadio avanzato l’utilizzo di Obinutuzumab puo’ essere utilizzato al posto del Rituximab in combinazione con la chemioterapia. La raccomandazione è limitata ai pazienti con profilo di rischio elevato secondo FLIPI (3-5 fattori di rischio).

Positiva debole

Quesito 11: Nel paziente con LF in stadio avanzato responsivo al trattamento di induzione è raccomandato un trattamento di mantenimento con Rituximab rispetto alla sola osservazione? Oltre all’utilizzo in combinazione con la chemioterapia, il rituximab è stato anche utilizzato come terapia di mantenimento dopo l’ottenimento di una risposta iniziale soddisfacente. Recentemente sono stati pubblicati i risultati finali dello studio PRIMA, in cui veniva valutata l’efficacia in termini di PFS di un trattamento di mantenimento di due anni con rituximab, somministrato ogni 8 settimane, nei pazienti con elevato tumor burden responsivi a un trattamento immunochemioterapico di prima linea. Dopo un follow-up mediano di 36 mesi, i pazienti sottoposti a terapia di mantenimento presentavano un rischio di progressione del 50% più basso rispetto ai pazienti non trattati.111 Nella pubblicazione originale e nei successivi aggiornamenti sono state confermate le differenze in termini di PFS ma, ad oggi, non è ancora emersa una differenza in termini di

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sopravvivenza globale. Infine ad oggi non è disponibile una formale conferma sull’efficacia del trattamento di mantenimento dopo immunochemioterapia di induzione con schemi diversi da R-CHOP/R-CVP.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA Nel paziente con LF in stadio avanzato responsivo al trattamento di induzione dovrebbe essere utilizzato un trattamento di mantenimento con Rituximab per 2 anni.

Positiva forte

3.3 Terapia di seconda linea e di salvataggio Nella maggior parte dei casi i pazienti con LF rispondono bene alla terapia di prima linea, ma sono soggetti a recidive con elevata frequenza. La recidiva/progressione di malattia dovrebbe essere documentata istologicamente al fine di valutare la possibile trasformazione in linfoma aggressivo, soprattutto in presenza di segni clinici e radiologici sospetti come una rapida crescita di malattia, la comparsa di sintomi B, l’interessamento di un’area extranodale, un rapido incremento dei valori di LDH, un rapido decadimento delle condizioni generali o un’area captante alla PET che presenti un elevato SUV (>10-15). La scelta del trattamento di seconda o successiva linea di terapia deve essere fatta valutando gli stessi parametri considerati per la terapia di prima linea (estensione della malattia, età e comorbidità) e aggiungendo alla valutazione il tipo di trattamento iniziale e la durata della risposta. Nella scelta del trattamento di salvataggio si deve infatti preferire uno schema che non comporti resistenza crociata con il regime usato in precedenza. Anche nella terapia di salvataggio lo standard di cura è rappresentato dalla somministrazione di chemio-immunoterapia utilizzando il rituximab almeno per le prime 2-3 linee e comunque in caso di risposta all’ultima linea di terapia contenente rituximab di durata superiore ai 6-12 mesi. Ai trattamenti convenzionali si aggiungono in questa fase altre possibilità che includono il ricorso a regimi ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe e l’utilizzo di farmaci innovativi. Infine, nella scelta della terapia di salvataggio deve essere eseguita un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio per ridurre al massimo il rischio di eventi tardivi indotti dalla terapia (i.e. secondi tumori, infezioni). Oggi sono disponibili numerosi trattamenti registrati. Tra questi la bendamustina utilizzata come agente singolo in pazienti pretrattati e refrattari al rituximab è in grado di determinare risposte nel 82% dei pazienti.112 Utilizzata in associazione con rituximab ha consentito di ottenere risposte nel 96% dei LF recidivati.113 Recentemente sono stati pubblicati i risultati dello studio Gadolin114 in cui pazienti recidivati e refrattari al rituximab sono stati randomizzati tra un trattamento standard con 6 cicli di Bendamustina alla dose di 120mg/m2 ogni 4 settimane o a un trattamento con 6 cicli della combinazione di Obinutuzumab e bendamustina alla dose di 90mg/m2 seguito da un trattamento di mantenimento con obinutuzumab ogni 8 settimane per 2 anni. Lo studio ha arruolato 413 pazienti e ha dimostrato un vantaggio in termini di PFS per il braccio di immunochemioterapia, endpoint primario dello studio. I dati di sicurezza hanno mostrato un lieve incremento di eventi avversi di grado 3-5 nel braccio G-B rispetto a B (72.5% vs 65.5%) più frequentemene legati a episodi di neutropenia (G-B, 34.8%; B, 27.1%), e reazioni infusionali (9.3% e 3.4%); il trattamento con sola bendamustina al contrario ha registrato un maggior numero di casi di piastrinopenia (10.8% e 15.8%, per G-B vs B), e di anemia (7.4% e 10.8%). Recentemente sono stati pubblicati i dati aggiornati dello studio a 36 mesi di follow up mediano che hanno confermato il beneficio già raggiunto sul controllo di malattia per il braccio di associazione (PFS mediana di 25.8 mesi (G-B) e 14.1 mesi (B in monoterapia, P= < .001) che si è tradotto anche in un vantaggio in termini di sopravvivenza globale (HR, 0.67; 95% CI, 0.47 to 0.96; P = .027).115

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Nei pazienti con recidiva tardiva e per i quali l’obiettivo di trattamento è la palliazione o per i pazienti più anziani non candidabili a chemio-immunoterapia, un trattamento con radioimmunoterapia o rituximab in monoterapia può essere preso in considerazione.116 Ad oggi è inoltre disponibile il farmaco orale Idelalisb, inibitore di PI3K, che è stato recentemente approvato per i pazienti che sono andati in progressione dopo due linee di trattamento.117 Infine, tra le diverse opzioni utilizzate va citato anche il trapianto di cellule staminali eterologhe (allotrapianto). L’età spesso avanzata, e soprattutto la “Transplant-Related Mortality” (TRM) elevata con il condizionamento mieloablativo non hanno permesso in passato un utilizzo ampio del trapianto allogenico. Nei primi studi era comunque evidente una frequenza di recidiva bassa rispetto a quanto osservato dopo le HDC, dimostrando così l’esistenza di un effetto “graft versus lymphoma”. La situazione è cambiata con l’utilizzo del trapianto preceduto da un regime di condizionamento ad intensità ridotta, che ha permesso di limitare significativamente la tossicità. Questa opzione è stata studiata nell’ambito di studi di fase II o retrospettivi. Le indicazioni per candidare un paziente ad un trapianto allogenico sono: malattia in ricaduta dopo HDC e malattia refrattaria a due o più linee di terapia comprendenti il rituximab. In entrambe queste situazioni lo stato di malattia pre-allo dovrebbe essere quello di una malattia chemiosensibile. Nella gestione del paziente recidivato i quesiti più rilevanti riguardano l’indicazione all’uso di terapia ad alte dosi e l’uso della terapia di mantenimento. Quesito 12: Nel paziente con recidiva di LF è raccomandato un trattamento con terapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe (autotrapianto di midollo) rispetto a trattamenti convenzionali? Il ricorso a un trattamento ad alte dosi e trapianto autologo di cellule staminali (SCT) è un’opzione terapeutica per i pazienti più giovani con recidiva estesa o precoce. In questo setting di pazienti sono disponibili in letteratura sia studi retrospettivi, sia prospettici.118–129 Ad oggi è disponibile un solo studio randomizzato e numerosi studi non randomizzati che hanno valutato l’opzione trapiantologica per il trattamento dei pazienti con LF recidivato o refrattario. Nell’unico studio randomizzato130 sono stati arruolati 89 pazienti dei 140 pianificati e lo studio è stato prematuramente interrotto per scarso accrual. Esso prevedeva un confronto a 3 bracci tra chemioterapia convenzionale, terapia ad alte dosi seguita da supporto di cellule staminali sottoposte a purging con rituximab, o la stessa terapia ad alte dosi e supporto di cellule staminali non preceduto da purging. Dopo una mediana di follow-up di 69 mesi, la PFS e la OS a 5 anni erano significativamente migliori per i pazienti nel braccio HDC (PFS 50-58% vs 12%; OS 70% vs 45%); lo studio non ha evidenziato differenza di outcome per effetto del purging, ma questa osservazione è fortemente limitata dall’esiguità numerica del campione studiato.130 Il GELA/GOELAMS ha recentemente riportato che la HDC rimane un trattamento efficace anche per i pazienti esposti al rituximab. Per i pazienti che non ricevono il rituximab in prima linea la OS e EFS a 3 anni sono superiori per chi viene avviato alla HDC (92% vs 60% e 72% vs 31%, rispettivamente). Per i pazienti che hanno ricevuto il rituximab in prima linea, il vantaggio della HDC rimane significativo per la OS e la EFS (92% vs 65% e 75% vs 49%, rispettivamente).131 Sono necessari studi randomizzati che valutino l’utilizzo di terapia ad alte dosi in paziente recidivati dopo ICT.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

BASSA

La chemioterapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe può essere utilizzata nei pazienti con malattia in recidiva dopo terapia di prima linea in alternativa ai trattamenti convenzionali.

Positiva debole

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Quesito 13: Nel paziente con LF recidivato/refrattario responsivo a terapia di salvataggio è raccomandata una terapia di mantenimento con rituximab rispetto alla sola osservazione? Nei pazienti responsivi alla terapia di salvataggio due studi randomizzati hanno dimostrato che l’utilizzo di un trattamento di mantenimento con rituximab è in grado di prolungare la sopravvivenza libera da progressione rispetto alla sola osservazione.132, 133 In uno studio randomizzato la terapia di mantenimento è stata confrontata con la sola osservazione in un gruppo di 280 pazienti sottoposti a trapianto di midollo autologo.134 I risultati dello studio hanno documentato un vantaggio per i pazienti randomizzati al mantenimento che si traduce in una riduzione del rischio di progressione pari al 34% (PFS a 10 anni pari al 54% vs 37% per i pazienti in osservazione). L’efficacia della terapia di mantenimento nei pazienti con LF che rispondono a terapia di salvataggio è stata recentemente confermata da una metanalisi che ha stimato in una riduzione del 42% l’effetto sul rischio di morte per i pazienti con LF in recidiva o refrattario.111 A commento sulla trasferibilità dell’evidenza alla pratica clinica va tuttavia sottolineato che una discreta percentuale di pazienti trattati negli studi randomizzati sulla terapia di mantenimento dopo terapia di salvataggio e inclusi nella metanalisi non erano stati trattati con terapia standard nel corso della prima linea, ovvero non avevano ricevuto immunoterapia con rituximab ne’ come terapia di induzione, né avevano eseguito la terapia di mantenimento con rituximab dopo la prima linea. Non è pertanto possibile confermare con precisione il reale effetto di una seconda terapia di mantenimento in pazienti già sottoposti a trattamento standard in prima linea.

Qualità Globale delle evidenze

GRADE Raccomandazione clinica

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA Nei pazienti responsivi alla terapia di salvataggio puo’ essere utilizzato un trattamento di mantenimento con rituximab (1 dose ogni 2-3 mesi) per 2 anni.

Positiva debole

3.4 Follow-up A differenza dei linfomi aggressivi i pazienti non vengono guariti dai trattamenti standard per cui si ritiene necessario un utilizzo più sistematico delle indagini strumentali e una più lunga durata del follow-up al fine di individuare le recidive/progressioni di malattia che nella maggior parte dei casi sono asintomatiche e/o tardive. Esistono pochi dati sul ruolo della sorveglianza radiologica in questi pazienti. In uno studio retrospettivo pazienti in remissione completa erano valutati periodicamente con esame clinico, ematochimici e TC. Globalmente la recidiva è stata riscontrata con imaging nel 4% dei casi.135 In un più recente studio prospettico è stato valutato il ruolo della PET nel follow-up di pazienti affetti da linfomi non-Hodgkin. Nel gruppo di pazienti con linfomi indolenti (n:78) la PET ha identificato la recidiva nel 10% dei pazienti a 6 mesi, 12% a 12 mesi, 9% a 18 e 24 mesi,8% a 36 mesi, 6% a 48. Dei 48 pazienti con ricaduta PET positiva 38 erano stati identificati con la TC e 30 erano stati identificati per la comparsa di sintomi.80 Sulla scora di questi dati si raccomanda di eseguire (NCCN Practice Guidelines in Oncology: Follicular Lymphoma. 2014; version 2):

• Una visita completa ogni 3-6 mesi per 5 anni, quindi annualmente. • Gli esami di laboratorio (emocromo, LDH, β2-microglobulina, routine) ogni 3-6 mesi per 5 anni,

quindi annualmente. • Per quanto riguarda gli esami radiologici è opportuno eseguire una TC total body, ogni 6 mesi nei

primi due anni e successivamente ogni 12 mesi.

Ad oggi non esistono dati a sostegno dell’utilizzo della PET nel follow-up dei pazienti con LF.80 Durante il follow-up è importante riconoscere la trasformazione in linfomi ad alto grado (3% all’anno per i primi 15 anni).136 Bisogna considerare la probabilità di tale evento in caso di aumento LDH, marcato aumento di volume di una singola stazione linfonodale o di una sede extranodale e/o la comparsa di sintomi

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B (NCCN Practice Guidelines in Oncology: Follicular Lymphoma. 2014; version 2). In queste situazioni l’utilizzo della PET-TC potrebbe essere dirimente, indispensabile comunque la conferma istologica.14 Nonostante alcuni studi abbiano documentato il ruolo prognostico favorevole del raggiungimento di uno stato di remissione molecolare, definito come la scomparsa dopo il trattamento di un marcatore molecolare (t(14;18) o riarrangiamento delle Ig) dal sangue midollare o periferico dimostrata con tecniche ad elevata sensibilità (PCR), lo studio della malattia minima residua al termine del trattamento e nel corso del follow-up non può attualmente essere proposto se non all’interno di uno studio clinico controllato.

3.5 Figure

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4. Linfomi di Hodgkin Il linfoma di hodgkin (LH) colpisce tipicamente soggetti giovani con un secondo picco di incidenza osservato nei pazienti anziani. La malattia si presenta tipicamente con l’ingrossamento dei linfonodi interessando più frequentemente la sede laterocervicale e mediastinica. Il LH si può inoltre associare alla presenza di sintomi sistemici tipici quali la febbre, il calo ponderale o sudorazioni profuse. Sintomi meno frequenti sono la “fatigue”, il prurito o il dolore indotto dall’assunzione di alcool. In casi non frequenti il LH può coinvolgere sedi extranodali come la milza, il polmone, e lo scheletro. Degli esami di stadiazione attualmente raccomandati si è già trattato nella parte introduttiva ma è necessario sottolineare che il LH è una malattia FDG avida e che attualmente la stadiazione richiede sempre l’utilizzo della FDG-PET. Quando eseguito, lo studio metabolico consente di fornire le informazioni necessarie a valutare anche l’interessamento osseo ai fini della stadiazione e non è più necessario eseguire la biopsia osteomidollare. Il LH rappresenta uno dei maggiori successi dell’oncologia, dal momento che con i moderni trattamenti la sopravvivenza dei pazienti si attesta a percentuali molto elevate pari a circa il 90% a 5 anni. Con la riduzione dell’impatto del LH sull’aspettativa di vita l’attenzione si è progressivamente spostata dalla ricerca di trattamenti efficaci alla gestione degli effetti collaterali delle cure. Dall’analisi a lungo termine di casistiche di pazienti con LH è infatti emerso un eccesso di eventi cardiovascolari e di secondi tumori imputabili ai trattamenti somministrati. La prevenzione di eventi tardivi è da considerarsi oggi una priorità nella gestione del paziente e viene gestita con la prescrizione di trattamenti chemioterapici adattati al rischio valutato nel singolo paziente e con l’uso di tecnologie e schemi di trattamenti innovativi. In particolare per la radioterapia, negli anni si è progressivamente passati dagli schemi di trattamento a campi estesi degli anni 80, a trattamenti di tipo Involved Field degli anni 90 a terapie somministrate sui singoli linfonodi utilizzate nei nostri giorni. In particolare per il LH in stadio inziale la moderna radioterapia prevede l’irradiazione delle sole stazioni linfonodali coninvolte all’esordio, valutate sia con PET-CT e TAC con mezzo di contrasto, secondo le definizioni di ISRT (involved site radiotherapy) e INRT (involved nodal radiotherapy). Il corretto “workflow” radioterapico per i pazienti affetti da linfoma di Hodgkin, in termini di dosi, volumi di trattamento e tecniche radioterapiche, è riassunto dettagliatamente da un documento di consenso dell’ILROG pubblicato recentemente.137 Alcune recenti pubbicazioni hanno evidenziato come la riduzione dei volumi di trattamento radiante garantiscano una importante riduzione del rischio di manifestare eventi tardivi radio-indotti. In particolare, un recente lavoro della British of Columbia138 su una popolazione di 734 donne affette da linfoma di Hodgkin ha evidenziato un analogo rischio di manifestare un secondo tumore mammario a 20 anni per le pazienti sottoposte a chemioterapia esclusiva (2.2%) e quelle sottoposte a trattamento combinato (3.1%) comprensivo di un trattamento radioterapico su volumi “ridotti” (IFRT-ISRT-INRT) in sostituzione della ormai superata irradiazione a mantellina.

4.1 Suddivisione in gruppi prognostici Alla base dell’utilizzo di terapie adattate al rischio si trova la definizione di gruppi di pazienti a prognosi diversa. Per molti anni la definizione del rischio si è basata sull’utilizzo dello stadio di malattia e di altri fattori che hanno consentito di organizzare la scelta terapeutica su tre gruppi come mostrato in tabella 13: pazienti con malattia limitata favorevole, pazienti con malattia limitata sfavorevole e pazienti con malattia avanzata.

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Tabella 13. Confronto fattori di rischio, stadi iniziali favorevoli e sfavorevoli.

GHSG EORTC

FATTORI DI RISCHIO

a) bulky mediastino b) Malattia extranodale

c) VES ≥ 50 senza sintomi B o ≥30 con sintomi B

d) ≥ 3 sedi linfonodali

a) bulky mediastino b) età ≥50 anni

c) VES ≥ 50 senza sintomi B o ≥ 30 con sintomi B d) ≥ 4 sedi linfonodali

FAVOREVOLI STADIO I-II senza fattori di rischio

STADIO I-II (sopradiafram.) senza fattori di rischio

SFAVOREVOLI STADIO I o CS IIA

con ≥1 fattore di rischio STADIO IIB con c) o d) ma senza a) e b)

STADIO I-II (sopradiaframmatico) con ≥1 fattore di rischio

Altri modelli prognostici proposti sono stati sviluppati per i casi in stadio avanzato ma ad oggi hanno trovato poco riscontro nella pratica clinica; il più utilizzato è l’”International prognostic score” proposto dal gruppo tedesco e basato sulla valutazione di 7 semplici parametri clinici: Livelli di albumina sierica < 4 g/dL; Livelli di emoglobina < 10,5 g/dL; Sesso maschile; Età superiore a 45 anni; Malattia in stadio IV; Leucocitosi (conta dei leucociti > 15.000/mm3; Linfocitopenia (linfociti < 600/mm3 o < 8% dei leucociti, o entrambi).

La tabella 14 mostra la distribuzione dei gruppi prognostici con i relativi valori di FFP. Tabella 14. Gruppi prognostici dell’International Prognostic System.

N° Fattori prognostici FFP a 5 anni (%)

0 84 1 77 2 67 3 60 4 51

≥ 5 42 Più recentemente grazie all’utilizzo della FDG-PET e alla dimostrazione del ruolo prognostico della risposta metabolica precoce al concetto di terapia adattata al rischio si è aggiunto quello di terapia adattata alla risposta. Negli utlimi anni sono stati condotti numerosi studi randomizzati per valutare l’efficacia dei trattamenti adattati alla risposta e oggi sono disponibili i primi risultati.

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4.2 Trattamento del linfoma di Hodgkin

4.2.1 Terapia stadi iniziali La RT esclusiva a grandi campi estesi è stata per molte decadi il trattamento standard del LH classico in stadio iniziale.139 Il ruolo della radioterapia ha subito un progressivo ridimensionamento per le seguenti evidenze: • Maggior numero di recidive negli stadi precoci dopo trattamento con la sola radioterapia, con teorica

necessità di stadiazione patologica (laparosplenectomia); • Il presunto incremento a distanza di neoplasie secondarie in territorio irradiato. Sono stati recentemente pubblicati i risutati finali di uno studio randomizzato canadese che aveva confrontato un trattamento con ABVD vs RT a campi estesi in pazienti con LH in stadio localizzato. Lo studio ha arruolato 405 pazienti e dopo un follow-up medio di 12 anni ha dimostrato la superiorità del trattamento chemioterapico rispetto alla RT esclusiva per un incremento dei decessi per cause diverse dal linfoma nei pazienti trattati con RT.140 Tale dato è certamente importante, soprattutto nel sottolineare come possibile endpoint clinico futuro un parametro quale la sopravvivenza globale, ma è fortemente limitato dal fatto che la strategia terapeutica impiegata (STNI, con o senza ABVD) sia obsoleta, non più utilizzata da molti anni nella pratica clinica, e nella quale una radioterapia a campi estesi e per di più associata alla chemioterapia gioca un ruolo importante nell’eccesso di mortalità. Una strategia combinata di chemioterapia e radioterapia è considerata lo standard sia delle forme favorevoli che sfavorevoli (criteri EORTC, GHSG). Il trattamento standard dei pazienti con malattia in stadio limitato è generalmente identificato nella somministrazione di 4 cicli ABVD seguiti da radioterapia di tipo IF-RT somministrata al dosaggio di 30Gy.141, 142 Nelle forme sfavorevoli il gruppo GHSG è giunto alle medesime conclusioni del gruppo EORTC confermando lo standard di 4 cicli ABVD seguiti da IFRT 30Gy.142 Nello studio HD11 gli autori tedeschi hanno paragonato con un disegno fattoriale 2x2 la terapia con 4 cicli ABVD verso 4 cicli di BEACOPP e una radioterapia IF standard con 30Gy vs 20Gy. I risultati su 1395 pazienti hanno dimostrato che il BEACOPP seguito da RT (20 o 30 Gy) non era superiore a 4 cicli di ABVD + 30 Gy RT-IF, mentre ABVD seguito da 20 Gy RT-IF era inferiore in termini di controllo della malattia.142 Successivamente lo stesso gruppo, nel tentativo di migliorare l’outcome di tali pazienti, ha paragonato i 4 cicli di ABVD + 30 Gy RT-IF con 2 cicli di BEACOPP escalated seguiti da 2 cicli di ABVD + 30 Gy RT-IF, dimostrando su 1528 pazienti che il regime 2+2 è superiore in termini di freedom from treatment failure ma significativamente più tossico rispetto allo standard. Rimangono da valutare i dati sulla tossicità a lungo termine.143 Il concetto di IF, che ha totalmente sostituito lo storico approccio cosiddetto “extended fields” (mantellina, Y rovesciata) garantendo minore tossicità a parità di tassi di cura, fa riferimento all’irradiazione delle sole sedi linfonodali interessate all’esordio, con l’inclusione, generalmente, della stazione linfonodale contigua non interessata; in questo senso l’IF è più correttamente definibile come “regional field”. Pur con questa estensione all’immediata regione non clinicamente coinvolta, la RT-IF comporta certamente una significativa riduzione dei volumi irradiati rispetto ai campi estesi classici, con notevole risparmio dei tessuti sani. Una più recente evoluzione del concetto di involved field è rappresentata dagli approcci “involved nodal” RT e “involved site” radiotherapy, che comportano un’ulteriore riduzione dei campi di radioterapia, fino ad arrivare all’irradiazione dei soli linfonodi interessati all’esordio, e non della intera regione linfonodale coinvolta. Se correttamente adottate, l’INRT e l’ISRT permettono di ridurre significativaemnte i volumi di trattamento, e potenzialmente anche i profili di tossicità a lungo termine, e rappresentano ad oggi i volumi di trattamento più corretti per pazienti affetti da linfoma di Hodgkin, come raccomandato dall’ILROG.137

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Quesito 14: Nel paziente con LH in stadio localizzato favorevole è possibile ridurre il numero di cicli o la dose di radioterapia rispetto al trattamento standard (4 ABVD + IF-RT [30Gy])? Nelle forme favorevoli (secondo i criteri del GHSG), un recente studio randomizzato del gruppo tedesco su 1370 pazienti ha paragonato il trattamento standard (4 cicli di ABVD + 30 Gy RT-IF) a trattamenti ridotti sia nei cicli di chemioterapia che nelle dosi di radioterapia, dimostrando che 2 cicli di ABVD seguiti da 20 Gy di RT-IF sono parimenti efficaci in termini di time to treatment failure e sopravvivenza globale ma meno tossici rispetto al trattamento standard.144 Va tuttavia sottolineato che per i criteri di rischio utilizzati dal gruppo tedesco erano esclusi dallo studio i casi con malattia Bulky mediastinica ai quali non si applicano quindi i risultati dello studio.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA

Nei pazienti con LH in stadio localizzato favorevole secondo i criteri GHSG dovrebbe essere somministrato un programma ridotto di 2 cicli di chemioterapia ABVD seguiti da radioterapia a dosaggio ridotto di 20Gy al posto di un trattamento convenzionale con 4 ABVD + RT a 30Gy.

Positiva forte

Recentemente con l’introduzione della FDG-PET, la valutazione della risposta precoce al trattamento ha consentito di sviluppare il concetto di terapia adattata alla risposta con l’obbiettivo di ridurre l’intensità dei trattamenti nei pazienti con prognosi favorevole (evidenza di risposta metabolica completa dopo i primi 2 cicli ABVD) e di incrementare l’efficacia nei pazienti con persistenza di malattia alla rivalutazione metabolica precoce. Lo studio H10 recentemente pubblicato consente di valutare la risposta ai seguenti quesiti. Quesito 15: Nei pazienti con LH in stadio localizzato responsivi ad un breve trattamento con ABVD (2-4 cicli) puo’ essere omessa la somministrazione della radioterapia? Nel tentativo di ridurre la tossicità a lungo termine potenzialmente correlata alla RT (secondi tumori, tossicità cardiaca), diversi studi hanno valutato il ruolo della sola chemioterapia nel trattamento degli stadi iniziali.145–148 Al momento attuale i dati sull’efficacia della sola CT rispetto alla combinazione di chemioterapia e radioterapia non sono conclusivi e non permettono di raccomandare tale modalità al di fuori di studi clinici, evidenziando anzi un peggior outcome clinico nei pazienti trattati con sola chemioterapia rispetto a quelli trattati in modalità combinata, per lo meno in termini di sopravvivenza libera da progressione. Recentemente i gruppi EORTC/FIL/LYSA hanno pubblicato i risultati finali dello studio H10 in cui veniva eseguita una valutazione precoce della risposta con PET in pazienti con LH in stadio localizzato, nel tentativo di eliminare la radioterapia dopo 3 cicli di ABVD nei pazienti con evidenza di risposta precoce al secondo ciclo. Lo studio ha concluso che la radioterapia non può essere omessa dal trattamento dei pazienti con LH in stadio localizzato in virtù di un numero inferiore di progressioni di malattia osservato tra i pazienti trattati con modalità combinata rispetto a quelli trattati con sola chemioterapia.149, 150 Il maggiore effetto negativo sul rischio di progressione conseguente all’omissione della radioterapia è stato osservato nei pazienti con malattia favorevole (HR 15.8 (IC95% 3.79 - 66.07) rispetto ai pazienti con malattia sfavorevole (HR 1.45 IC95% 0.84 - 2.50), ma lo studio non era stato pianificato per dimostrare differenze tra i due gruppi. Nonostante le evidenze attuali siano a favore di un trattamento combinato, questi dati possono tuttavia essere utilizzati per valutare la possibilità di omettere un trattamento radioterapico in casi selezionati (paziente con risposta precoce completa ma a rischio di cardiopatia, oppure donna giovane con malattia mediastinica estesa che richiedebbe irradiazione della regione mammaria); in questi casi tuttavia deve essere previsto un programma completo di 6 cicli ABVD. Alla raccomandazione di un utilizzo combinato chemio-radioterapico potrebbero inoltre fare eccezione i pazienti con LH a predominanza linfocitaria in stadi precoci, per i quali è segnalata l’ottima efficacia in termini di PFS e OS del solo trattamento radioterapico IF.151

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Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

MODERATA Nei pazienti con LH in stadio localizzato responsivi al trattamento ABVD la somministrazione della radioterapia non dovrebbe essere omessa.

Negativa debole

Quesito 16: Nei pazienti con malattia localizzata che non mostrano risposta metabolica dopo i primi due cicli ABVD è consigliabile intensificare il trattamento passando al regime BEACOPP rispetto alla prosecuzione con ABVD? Il quesito dell’intensificazione del trattamento con BEACOPP per i pazienti in stadio localizzato con interim PET positiva dopo i primi due cicli ABVD è stato affrontato dallo studio randomizzato H10 condotto da EORTC/FIL/LYSA e recentemente pubblicato.150 Il disegno dello studio prevedeva un confronto randomizzato tra due strategie terapeutiche alternative: una terapia standard con 3-4 cicli ABVD e una terapia sperimentale in cui i pazienti venivano sottoposti a interim PET dopo i primi 2 cicli ABVD: in caso di risposta metabolica proseguivano il trattamento combinato con ABVD + INRT, mentre in caso di persistenza di malattia intensificavano con 2 cicli di BEACOPP seguiti da INRT. Nello studio, la valutazione della PET avveniva dopo centralizzazione delle immagini e lettura indipendente da parte di medici nucleari esperti. Lo studio ha arruolato 1950 pazienti, 361 dei quali (18.8%) sono risultati positivi alla interim PET. Per questo gruppo di pazienti la PFS a 5 anni è risultata pari al 77,4% per i casi trattati con ABVD + INRT, inferiore rispetto al 90,6% osservato per i pazienti trattati con BEACOPP (p=0.002). I risultati positivi a sostegno dell’utilizzo di BEACOPP nei pazienti positivi all’interim PET suggeriscono l’utilizzo della strategia adattata alla risposta nei pazienti con LH in stadio localizzato, tuttavia possono essere limitati da 2 principali problemi. Nonostante lo studio abbia validato in maniera prospettica il ruolo prognostico dell’interim PET nei pazienti con malattia localizzata, il potere predittivo positivo dell’esame è inferiore rispetto ai dati osservati per la malattia avanzata e limita almeno in parte il razionale per giustificare l’intensificazione con terapia BEACOPP in questo gruppo di pazienti. Inoltre nello studio H10 l’interim PET è stata valutata con i criteri definiti dall’Harmonization Project152 che differiscono rispetto allo standard di Deauville poichè assegnano la positività per captazioni residue inferiori al riferimento del fegato raccomandato per escludere la risposta metabolica. È quindi possibile ipotizzare che applicando i cirteri di Deauville, oggi definiti come standard, la percentuale di positività dell’interim PET in pazienti con malattia localizzata sia inferiore al 18.8% registrato nello studio, limitando almeno in parte la trasferibilità dei risultati.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA Nei pazienti con LH in stadio localizzato che non mostrano una risposta metabolica precoce, il trattamento può essere intensificato con 2 cicli BEACOPP + INRT.

Positiva debole

4.2.2 Terapia stadi avanzati Diversamente dagli stadi localizzati, la terapia degli stadi avanzati si basa sull’utilizzo di programmi di chemioterapia convenzionale per 6-8 cicli eventualmente seguiti da trattamento radioterapico. Il primo schema chemioterapico utilizzato per la cura della malattia avanzata è stato il MOPP che permetteva di raggiungere la remissione di malattia in circa la metà dei pazienti.133,134 Successivamente alla valutazione dei dati di efficacia dell’ABVD, diversi studi randomizzati hanno dimostrato la superiorità di quest’ultimo schema rispetto al MOPP.135,136 Nel trattamento della malattia avanzata l’utilizzo della sola chemioterapia, purchè somministrata per un numero adeguato di cicli, è superiore al trattamento combinato come documentato da una metanalisi pubblicata dal gruppo tedesco.157 Per quanto riguarda la scelta del trattamento chemioterapico, diversi studi hanno valutato l’efficacia di schemi alternati o ibridi MOPP/ABVD,

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dimostrando che l’ABVD è superiore al MOPP e paragonabile agli schemi ibridi o alternati ma con una tossicità inferiore.158–164 Sulla base di questi dati, oggi la chemioterapia ABVD somministrata per 6-8 cicli è considerato il trattamento di riferimento per la maggior parte dei pazienti, compresi i soggetti di età avanzata. Con questo schema è possibile ottenere risposte complete nel 65-70% dei casi con la necessità di ricorrere a terapie di seconda linea nei casi rimanenti. A vantaggio di ABVD tutti gli studi hanno confermato l’ottima tollerabilità del trattamento sia nella fase della cura che durante il follow-up. Partendo dalle critiche sull’efficacia limitata di ABVD, nel tentativo di migliorare la percentuale di risposte e ridurre la probabilità di recidiva, il gruppo tedesco ha sviluppato negli anni 90 lo schema chemioterapico BEACOPP, dimostrandone l’efficacia superiore rispetto ad altri schemi ibridi (COPP-ABVD) e suggerendolo come standard di terapia per pazienti con malattia avanzata. Tabella 15. Schemi di terapia ABVD, BEACOPP standard e Dose-Escalated BEACOPP.

Schema di terapia ABVD Schema di terapia Dose-Escalated BEACOPP

Doxorubicina 25 mg/m2, giorni 1-15, ogni 28 giorni Bleomicina 10 mg/m2, giorno 8, ogni 21 giorni

Bleomicina 10 unità/m2, giorni 1-15, ogni 28 giorni Etoposide 200 mg/m², giorni 1-3, ogni 21 giorni

Vinblastina 6 mg/m2, giorni 1-15, ogni 28 giorni Doxorubicina 35 mg/m2, giorno 1, ogni 21 giorni

Dacarbazina 375 mg/m2, giorni 1-15, ogni 28 giorni Ciclofosfamide 1250 mg/m2, giorno 1, ogni 21 giorni

Vincristina 1.4 mg/m² (max 2 mg), giorno 8, ogni 21 giorni

Procarbazina 100 mg/m², giorni 1-7, ogni 21 giorni

Prednisone 40 mg/m², giorni 1-14, ogni 21 giorni

Schema di terapia BEACOPP standard

Bleomicina 10 mg/m2, giorno 8, ogni 21 giorni

Etoposide 100 mg/m², giorni 1-3, ogni 21 giorni

Doxorubicina 25 mg/m2, giorno 1, ogni 21 giorni

Ciclofosfamide 650 mg/m2, giorno 1, ogni 21 giorni

Vincristina 1.4 mg/m² (max 2 mg), giorno 8, ogni 21 giorni

Procarbazina 100 mg/m², giorni 1-7, ogni 21 giorni

Prednisone 40 mg/m², giorni 1-14, ogni 21 giorni

Più recentemente sono stati condotti alcuni studi randomizzati di confronto tra ABVD e BEACOPP che consentono di rispondere al seguente quesito: Quesito 17: Nei pazienti con malattia avanzata deve essere preferita la chemioterapia BEACOPP rispetto allo standard ABVD? Sono attualmente disponibili i risultati di tre studi randomizzati che hanno confrontato la terapia ABVD con BEACOPP nei pazienti con malattia avanzata. I primi 2 studi sono stati condotti da gruppi italiani. Nello studio Michelangelo 331 pazienti affetti da malattia in stadi IIB e III con fattori di rischio o malattia in stadio IV sono stati assegnati in modo randomizzato a ricevere 6-8 cicli di ABVD o 8 cicli di BEACOPP (4 cicli a dosaggio intensificato seguiti da quattro cicli standard) ciascuno seguito da RT dove indicato. I pazienti che non raggiungevano la risposta completa o andavano incontro a recidiva/progressione erano candidabili a terapia di salvataggio con alte dosi seguiti da ASCT. Dopo un follow-up mediano di 61 mesi, i risultati hanno mostrato un maggior controllo di malattia in termini di freedom from first progression per il braccio BEACOPP rispetto ad ABVD (85% vs 73% rispettivamente, p=0.004).

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Tuttavia lo studio non ha mostrato differenze significative nei tassi di sopravvivenza globale con una OS a 7 anni di 89% vs 84% per il gruppo BEACOPP e ABVD p=0.39. Il regime ABVD ha tuttavia mostrato un profilo di tossicità migliore rispetto a BEACOPP.165 Nello studio HD2000, 305 pazienti in stadio avanzato sono stati randomizzati a ricevere uno dei seguenti gruppi di trattamento: 6 cicli di ABVD, 4 cicli di BEACOPP (4 escalated e 2 standard) o 6 cicli di COPP-EBV-CAD. Nei tre bracci il trattamento radiante di consolidamento era ammesso nei casi di malattia bulky o in presenza di residuo di malattia a fine trattamento. Nel lavoro originario, dopo un follow-up mediano di 41 mesi, il regime BEACOPP si è mostrato superiore per PFS rispetto ad ABVD (HR=0.50) ma è risultato associato a un più ato tasso di neutropenia severa (p=0.016) e di infezioni severe (p=0.003). I risultati dello studio HD2000 sono stati recentemente aggiornati con un follow-up di 10 anni e, confermando il migliore controllo di malattia per i pazienti trattati con BEACOPP nel primo periodo di follow-up, hanno anche mostrato un eccesso significativo di secondi tumori associati a BEACOPP rispetto ad ABVD (rischio cumulativo di seondi tumori a 10 anni pari allo 0.9% e 6.6% per ABVD e BEACOPP (p = 0,027).166 Il terzo studio è stato pubblicato dal gruppo EORTC e ha confrontatao 8 cicli di ABVD con 8 cicli di BEACOPP (4 intensificati + 4 standard) in 549 pazienti con LH in stadio avanzato. I risultati presentati con un follow-up mediano di 3,6 anni hanno mostrato un vantaggio di BEACOPP in termini di PFS (83,4% vs 72,8%; p=0.005) senza tuttavia evidenziare differenze in termini di OS (86,7% e 90,3% a 4 anni: p = 0,208) e di event-free survival (63,7% e 69,3% a 4 anni; p = 0.312). Analogamente a quanto osservato per i due studi precedenti, la tossicità a carico di BEACOPP è risultata superiore rispetto ad ABVD con un maggior numero di interruzioni precoci di terapia (12 vs 26 per ABVD e BEACOPP), neutropenie febbrili (0.0% e 6.3%), neutropenie (31.6% e 64.7%), e trombocitopenie (0% e 7.8%).167 In conclusione, tutti gli studi pubblicati hanno riportato un buon controllo di malattia sia con BEACOOP che con ABVD, associando tuttavia al primo un minore profilo di tollerabilità. E’ interesante osservare che nessuno degli studi di confronto tra BEACOPP e ABVD è stato condotto dal gruppo tedesco, che tuttavia in una recente metanalisi ha analizzato gli studi pubblicati di confronto tra ABVD e BEACOPP osservando un vantaggio per il BEACOPP rispetto ad ABVD, stimando una riduzione del rischio di morte pari al 9%.168 Per quanto questo studio sia stato condotto in maniera metodologicamente corretta, la critica maggiore è l’avere limitato l’osservazione ai primi 5 anni di follow-up. Come emerso dall’aggiornamento dello studio HD2000 il periodo successivo ai primi 5 anni di follow-up puo’ essere molto informativo e rivelare i problemi di tossicità tardiva del BEACOPP principalmente rappresentati dai secondi tumori.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

MODERATA Nei pazienti con LH in stadio avanzato non dovrebbe essere utilizzato il regime BEACOPP rispetto al trattamento standard ABVD.

Negativa debole

Quesito 18: Il paziente con LH in stadio avanzato con malattia bulky all’esordio o con residuo di malattia alla fine del trattamento deve essere sottoposto a radioterapia di consolidamento? Due studi randomizzati del GELA e dell’EORTC hanno confermato che l’utilizzo sistematico della radioterapia, condotta dopo 6-8 cicli di chemioterapia, con la tecnica IF su tutte le sedi inizialmente coinvolte, non migliora i risultati ed è perciò da evitare nei pazienti in risposta completa al termine del trattamento chemioterapico, evidenziando per contro un ruolo positivo della RT nei pazienti in RP al termine del trattamento chemioterapico.169, 170 Anche i risultati dello studio tedesco HD12 sembrano suggerire la possibilità di evitare questo tipo di irradiazione.171 In questo studio tuttavia un’elevata percentuale di pazienti con lesione bulky alla diagnosi e randomizzata a non ricevere la radioterapia, ha prudenzialmente ricevuto la radioterapia. Peraltro, il recente aggiornamento dei risultati a 10 anni dello studio HD12, presentato all’ASH nel 2016,172 ha sorprendentemente mostrato una miglior PFS (88.6% vs 83.5%, HR 1.47) ed un trend per una migliore OS (93% vs 90.2%) per i pazienti sottoposti ad irradiazione della sede bulky, rispetto ai pazienti

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trattati con chemioterapia esclusiva, senza peraltro evidenziare un aumento del rischio di secondi tumori in caso di trattamento combinato. La valutazione delle evidenze per formulare una raccomandazione sull’uso della radioterapia di consolidamento in pazienti con malattia avanzata deve oggi necessariamente confrontarsi con l’utilizzo della PET nella valutazione della risposta. I recenti risultati dello studio tedesco HD15173 sembrerebbero confermare la possibilità di ridurre l’intensità della chemioterapia e di omettere la radioterapia di consolidamento nei pazienti PET negativi al termine del programma chemioterapico, evidenziando un valore predittivo negativo della PET del 94%. Lo stesso studio tedesco HD15, che prevedeva la RT in presenza di residui morfologici > 2.5 cm di diametro positivi alla PET finale (da eseguire solo in presenza di residui morfologici di dimensioni superiori al cut-off di 2.5 cm), ha anche dimostrato l’ottimo contributo terapeutico della radioterapia in tale particolare scenario. In caso di risposta parziale alla chemioterapia (BEACOPP) ma con residui linfonodali di diametro inferiore ai 2.5 cm, la RT può essere omessa. Analogamente, la RT puo’ essere omessa in caso di residui di diametro > 2.5 cm purchè PET negativi. Gli studi che valutano il ruolo della RT dopo ABVD e che utilizzano le PET per la valutazione della risposta sono attualmente in corso di valutazione, dopo la chiusura dell’accrual. Più controversa è la necessità di irradiare o meno le aree bulky all’esordio. Lo studio GITIL/FIL HD0607174 ha recentemente dimostrato la futilità del consolidamento radioterapico su una massa bulky con diametro massimo all’esordio >5 cm. Nei 296 pazienti randomizzati per tale quesito, si è osservata una PFS a 3 anni del 97% in quelli sottoposti a consolidamento radioterapico e del 93% in quelli arruolati nel braccio di osservazione (p = 0.29). Tuttavia, dopo successiva stratificazione per il diametro della massa bulky >10 cm, è emersa una differenza di PFS dell’8% a favore del trattamento radiante (94% vs 86%). Il dimensionamento della popolazione non era però sufficiente per dimostrare una superiorità statisticamente significativa neanche in questo sottogruppo di pazienti (p = 0.34) In base alle evidenze ad oggi disponibili la decisione sulla somministrazione di IF-RT in pazienti con malattia bulky dovrebbe essere basata su giudizio clinico in seguito a discussione multidisciplinare, tenendo in considerazione le dimesioni della massa bulky all’esordio e la risposta al trattamento chemioterapico. In base alle evidenze ad oggi disponibili la decisione sulla somministrazione di IF-RT in pazienti con malattia bulky dovrebbe essere basata su giudizio clinico in seguito a discussione multidisciplinare, tenendo in considerazione le dimesioni della massa bulky all’esordio e la risposta al trattamento chemioterapico.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

MODERATA

Nei pazienti con malattia avanzata e con lesione Bulky all’esordio il trattamento radioterapico dovrebbe essere previsto al termine della chemioterapia e discusso in ambito multidisciplinare.

Positiva forte

Anche per i pazienti con LH in stadio avanzato sono stati condotti studi di terapia adattata alla risposta metabolica. È pertanto possibile affrontare i seguenti quesiti. Quesito 19: Nel paziente con LH in stadio avanzato con interim PET negativa dopo 2 cicli ABVD può essere omessa la somministrazione di Bleomicina nei cicli successivi? I dati dello studio RATHL ci guidano nella definizione di migliore strategia terapeutica tramite l’utilizzo della PET ad interim nel paziente con malattia avanzata. 1214 pazienti sono stati registrati nello studio, e di questi 1119 sono stati sottoposti a interim PET dopo 2 cicli di ABVD. Importante ricordare che nello studio sono stati arruolati anche pazienti con stadio IIA sfavorevole per bulky (circa 1/3 dei pazienti), che secondo EORTC sarebbero classificati come early unfavourable e quindi candidati a terapia combinata con 4 ABVD + 30 Gy di ISRT. I pazienti PET negativi (Deauville 1-3: 84%) sono stati randomizzati 1:1 alla continuazione del trattamnto con ulteriori 4 cicli di ABVD (per un totale di 6) o AVD. Dopo 41 mesi di follow up mediano non sono state registrate differenze significative in PFS ed OS a 3 anni nel confronto tra ABVD e AVD (PFS a 3 anni 85,7% vs 84,4%; OS a 3 anni 97,2% vs 97,6%). Questo risultato, recentemente aggiornato alla conferenza di Lugano175 con dati a 52 mesi è in linea con le ipotesi di non inferiorità

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inizialmente pianificate. Il braccio che ha ricevuto la bleomicina ha mostrato inoltre un tasso di tossicità, in particolar modo di tipo respiratorio, inferiore rispetto allo standard. A commento dei dati positivi di questo studio randomizzato va sottolineato che il tasso di eventi polmonari registrati nello studio è stato molto basso anche nel braccio standard, inferiore ai dati di letteratura e a quanto inizialmente stimato nel disegno dello studio. I dati dello studio RATHL per i pazienti PET negativi hanno quindi un impatto limitato sulla tollerabilità del trattamento ma sono comunque importanti poiché confermano con la massima evidenza la possibilità di ridurre l’intensità della cura nei pazienti a buona prognosi.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA Nei pazienti con malattia avanzata e con risposta metabolica precoce i cicli successivi possono essere somministrati senza bleomicina.

Positiva debole

Quesito 20: Nel paziente con LH in stadio avanzato con interim PET positiva dopo 2 cicli ABVD è preferibile intensificare il trattamento con escBEACOPP rispetto alla prosecuzione con ABVD? Nello studio RATHL precedentemente citato era prevista l’intensificazione del trattamento con BEACOPP escalated o dose-dense (BEACOPP14) nei pazienti che non presentavano risposta metabolica completa all’interim PET (Deauville 4-5). Questa parte dello studio è stata condotta senza prevedere randomizzazioni ma con ipotesi di superiorità rispetto ai dati di letteratura. Dei 1119 pazienti sottoposti a interim PET dopo i primi due cili ABDV, 172 pazienti sono stati considerati positivi (16%) e hanno ricevuto il trattamento intensificato con 4 cicli BEACOPP; a fine terapia la risposta metabolica completa è stata osservata nel 74.4% dei casi. La PFS a 3 anni e l’OS sono state rispettivamente del 67.5% e del 87.8% senza differenze nel confronto non randomizzato tra BEACOPP escalated e BEACOPP14.176 In contemporanea con lo studio RATHL sono stati condotti altri tre studi di intensificazione del trattamento per pazienti con PET positiva dopo i primi due cicli ABVD. In nessuno degli studi era prevista una randomizzazione tra terapia intensificata e terapia standard. Il primo studio condotto dal gruppo SWOG prevedeva un trattamento con 6 cicli di BEACOPP intensificato per pazienti con PET positiva dopo 2 ABVD (Deauville 4-5). Lo studio ha valutato 336 pazienti, 60 dei quali positivi alla PET e 49 trattati con BEACOPP. Dopo un follow-up mediano di 39.7 mesi, la OS a 2 anni per il gruppo dei pazienti PET2 positivi è stata del 64%.177 Il secondo studio condotto dal Fondazione Italiana Linfomi (studio HD0801) prevedeva la somministrazione di terapia di salvataggio IGEV seguita da autorapianto di midollo. Nel terzo studio del gruppo GITIL era invece prevista l’intensificazione con BEACOPP con randomizzazione tra lo schema convenzionale e lo stesso schema associato a rituximab. Ad oggi sono stati pubblicati solo i dati dello studio FIL; dei 512 pazienti registrati, la positività dell’interim PET è stata riscontrata in 103 casi, 81 dei quali sono stati sottoposti al trattamento previsto (IGEV + ASCT). L’analisi condotta per intention to treat ha evidenziato una PFS a 2 anni del 76% per tutti i pazienti PET2-positivi.178 I dati preliminari dello studio GITIL presentati sui primi 500 pazienti arruolati,179 pur non mostrando alcuna differenza in termini di PFS per l’aggiunta del rituximab al BEACOPP, hanno descritto una PFS a 2 anni del 66% analoga a quanto pubblicato per lo studio RATHL. A commento dei dati di questi studi va sottolineata la mancanza di dati randomizzati che confrontino la somministrazione di terapie intensificate con la prosecusione del programma ABVD nei pazienti con PET precoce positiva. Nel confronto con i dati storici che hanno inizialmente mostrato il ruolo prognostico della PET2, tutti i dati pubblicati supportano tuttavia l’utilità dell’intensificazione. Tra le diverse opzioni utilizzate i due studi che hanno intensificato con BEACOPP hanno fornito i dati più convincenti in termini di efficacia e di trasferibilità alla pratica clinica.

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Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

BASSA

Nei pazienti con malattia avanzata e con interim PET positiva dopo i primi due cicli ABVD il trattamento puo’ essere intensificato somministrando 4 cicli dello schema escBEACOPP.

Positiva debole

4.3 Terapia di salvataggio Esiste una frazione di pazienti che non rispondono alla chemioterapia di prima linea, definiti come refrattari (progressione durante il trattamento o recidiva entro 3 mesi dalla fine della terapia di prima linea) o che ricadono dopo aver ottenuto la remissione completa. Questi pazienti devono essere sottoposti a terapie di seconda linea. In alcuni rari casi in cui la recidiva è in stadio I e/o sono presenti controindicazioni a chemioterapia di salvataggio può essere indicato l’uso della radioterapia. Per tutti gli altri pazienti è richiesto un trattamento di salvataggio con chemioterapia sistemica. Quesito 21: Nel paziente con LH recidivato/refrattario è raccomandato proporre un trattamento ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe in alternativa ad un trattamento convenzionale? Due studi randomizzati e una serie di studi retrospettivi o prospettici hanno valutato i risultati ottenuti in pazienti con malattia refrattaria o in recidiva, che hanno raggiunto una risposta almeno parziale dopo la terapia di salvataggio. Il primo studio randomizzato è quello del BNLI180 che ha randomizzato 40 pazienti dopo una terapia di induzione comune con miniBEAM, a proseguire con la stessa terapia oppure a ricevere una HDC con BEAM. Lo studio ha dimostrato che la EFS e la DFS sono significativamente migliori nel braccio HDC. Il secondo studio181 conferma che dopo una terapia di salvataggio efficace (dexa-BEAM), che permette di ottenere una remissione parziale o completa, la HDC migliora in modo significativo la FFTF a 3 anni mentre non si evidenzia una differenza significativa per la OS, probabilmente per un effetto cross-over. Tutti gli studi non randomizzati confermano che circa il 60% dei pazienti con malattia chemiosensibile rimane libero da ricaduta dopo HDC; inoltre la mortalità trapiantologica è bassa (meno del 5% negli studi più recenti con condizionamento TBI-free).

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA

I pazienti con LH recidivato/refrattario dovrebbero essere sottoposti a chemioterapia di salvataggio seguita da chemioterapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe.

Positiva forte

Nei pazienti avviati ad autotrapianto, una fase importante della cura è il trattamento di salvataggio condotto con il duplice obbiettivo di reindurre una risposta e di mobilizzare le cellule staminali autologhe da raccogliere per la successiva reinfusione. Nella scelta dei trattamenti di salvataggio utilizzati sono oggi disponibili numerosi regimi chemioterapici (IGEV, DHAP, ICE) ma non esiste nessuno studio randomizzato che li abbia confrontati in termini di efficacia, tossicità e capacità mobilizzante. Non può pertanto essere formulata una raccomandazione specifica sullo schema da utilizzare, e la scelta deve essere presa dal clinico in base all’esperienza personale e al centro in cui opera. Generalmente il trattamento di seconda linea viene somministrato per 3-4 cicli ed è accompagnato dalla raccolta delle cellule staminali autologhe da sangue periferico eseguite dal secondo ciclo in poi.

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Quesito 22: Nel paziente con LH recidivato o refrattario avviato ad un programma di terapia ad alte dosi con evidenza di residuo metabolico attivo in corso di terapia di reinduzione (IGEV, DHAP, ICE, etc.) è raccomandato procedere con l’autotrapianto rispetto al proseguimento della chemioterapia convenzionale? La risposta alla chemioterapia di salvataggio è stata confermata da molti autori come fattore predittivo importante per predire il successo della terapia ad alte dosi e la sopravvivenza dei pazienti tanto che la verifica della chemiosensibilità della recidiva è considerata requisito fondamentale per poter procedere con la terapia ad alte dosi. La maggior parte degli studi su cui si basa la valutazione della chemiosensibilità è tuttavia limitato dall’utilizzo di indagini radiologiche convenzionali per definire la risposta al trattamento. Più recentemente il concetto di interim PET è stato applicato anche ai trattamenti di salvataggio che precedono la chemioterapia ad alte dosi. Il ruolo prognostico della risposta preHDC valutata con FDG-PET è confermato da numerosi studi retrospettivi o prospettici.65, 182–186 L’interesse principale della FDG-PET pre-HDC resta quello di poter identificare pazienti con prognosi infausta che potrebbero quindi beneficiare di terapie alternative prima di procedere con HDC o nella fase post trapiantologica. Non ci sono attualmente indicazioni relative alla modifica della strategia terapeutica nel paziente candidato ad HDC. Questi pazienti dovrebbero essere inclusi in studi clinici controllati.

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

BASSA

I pazienti con LH recidivato refrattario che mostrano residui metabolici attivi all’interim PET eseguita in corso di terapia di salvataggio non dovrebbero essere avviati a chemioterapia ad alte dosi.

Negativa debole

Sulla base della raccomandazione sopra riportata i pazienti che mostrano residui metabolici attivi di malattia prima della chemioterapia ad alte dosi dovrebbero modificare il trattamento di salvataggio con l’obbiettivo di raggiungere la risposta metabolica completa prima di essere avviati alla chemioterapia ad alte dosi. Tra le diverse opzioni disponibili, una prima scelta è quella di prescrivere un trattamento alternativo tra quelli disponibili per il controllo della recidiva con nuova verifica della risposta metabolica dopo i primi cicli. Recentemente sono stati pubblicati i risultati di uno studio di fase II che ha utilizzato il farmaco Brentuximab Vedotin in ionoterapia, come prima linea di salvataggio per pazienti con LH recidivato refrattario. Lo studio ha arruolato 42 pazienti e nel 27% dei casi la terapia con BV ha consentito di ottenere una remissione completa di malattia valutata con PET permettendo di avviare i pazienti direttamente alla chemioterapia ad alte dosi. I pazienti non responsivi a BV sono stati invece avviati a chemioterapia ICE che ha permesso di ottenere RC in 22 casi successivamente avviati al trapianto. I dati di sopravvivenza dei pazienti trapiantati dopo BV o dopo BV e ICE non hanno evidenziato differenze di efficacia (EFS 91% e 92% rispettivamente; per i pazienti che erano invece PET postivi dopo BV e ICE l’EFS è stata solo del 46%) confermando che la risposta pre-trapianto ha un valore indipendente rispetto alla terapia somminstrata per ottenere la risposta.187 I risultati di questo studio non sono immediatamente trasferibili alla pratica clinica per l’utilizzo off-label del farmaco BV. Tuttavia suggeriscono che BV può essere preso in considerazione come opzione terapeutica in quei pazienti che non hanno risposto alla terapia di salvataggio e non sono quindi idonei a ricevere la terapia ad alte dosi.188 Quesito 23: Nei pazienti con LH recidivato e refrattario sottoposto a autotrapianto di midollo è raccomandato prescrivere un trattamento di mantenimento rispetto alla sola osservazione? In uno studio pubblicato di recente è stata valutata con disegno randomizzato l’efficacia di un trattamento con brentuximab vedotin alla dose di 1,8 mg/m2 somminsitrrato ogni 3 settimane fino a 16 cicli (un anno) a partire dal trapianto rispetto alla sola osservazione. Lo studio ha arruolato 329 pazienti, e per quelli assegnati al trattamento farmacologico ha consentito di dimostrare una riduzione del rischio di PFS del 43% (PFS a 2 anni del 65 vs 45%; p=0,001). Come atteso i pazienti trattati con BV hanno registrato un maggior numero di

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eventi avversi con comparsa di neuropatia periferica (36%), infezione polmonari (25%), neutropenia (24%). Lo studio ha anche valutato la sopravvivenza globale senza evidenziare differenze; va tuttavia ricordato che nel disegno sperimentale non era previsto crossover per i casi in progressione durante l’osservazione ma che in molti di questi pazienti (85%) il trattamento con BV è stato comunque prescritto dal curante trattandosi di terapia in indicazione.187 L’analisi dei risultati finali dello studio è stata accompagnata da analisi non pianificate per sottogruppo che prevedevano la suddivisione in base alla presenza di uno o più dei seguenti fattori di rischio: malattia refrattaria o ricaduta entro un anno dal termine del trattamento di prima linea, risposta parziale o risposta stabile come migliore risposta ottenuta al termine del salvataggio, presenza di malattia extranodale prima del trapianto, presenza di sintomi B, necessità di ricorrere a 2 o più precedenti terapie di salvataggio. Il vantaggio dell’uso di brentuximab sulla riduzione del rischio di progressione è stato confermato solo per i pazienti con due o più fattori di rischio.189

Qualità Globale delle evidenze Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

ALTA I pazienti con LH recidivato/refrattario sottoposti a autotrapianto di midollo possono essere avviati a un trattamento di mantenimento con brentuximab vedotin.

Positiva debole

Per i pazienti con LH recidivato e refrattario sono attualmente disponibili alcuni nuovi farmaci. Il primo ad essere registrato per la terapia del paziente con malattia recidivata/refrattaria dopo trapianto autologo è il Brentuximab Vedotin. L’utilizzo del farmaco è stato registrato in base ai dati di uno studio di fase II su 102 pazienti: il famaco era utilizzato in monoterapia alla dose di 1,8mg/kg ogni 21 giorni per un totale di 16 somministrazioni (un anno di terapia). La risposta globale è stata del 75% con un tasso di risposte complete pari al 34%. Nella pubblicazione originale, dopo un follow-up mediano di 1.5 anni, la durata mediana della risposta era di 5.6 mesi ma saliva a 20.5 mesi per i pazienti in remissione completa. I principali effetti collaterali associati al trattamento sono stati la neuropatia periferica, la nausea, la fatigue, la neutropenia e la diarrea. I dati di attività e di efficacia sono stati confermati da analisi a lungo termine dello studio pilota e da esperienze di gruppi indipendenti.190, 191 Recentemente nuovi trattamenti sono stati approvati per il trattamento del LH recidivato refrattario dopo trapianto autologogo e terapia con BV; si tratta di farmaci appartententi alla classe dei Check point inhibitors: nivolumab e pembrolizumab. Il Nivolumab è un anticorpo monoclonale umano diretto contro PD1, che ha mostrato la sua efficacia in uno studio di fase I condotto su 23 pazienti sottoposti a HDT/ASCT e BV ottenendo un ORR del 87% e un tasso di PFS di 86% a 24 settimane, mostrando un buon profilo di tossicità.192 Sulla base di questi risultati è stato condotto uno studio di fase II che ha confermato l’efficacia del trattamento su 80 pazienti arruolati. Il tasso di risposta oggettiva è stato del 66% (CR e PR 7% e 58% rispettivamente). Dopo un follow-up mediano di 8.9 mesi, la PFS e OS a 6 mesi registrata è stata del 77 e 99% rispettivamente.193 Più recentemente sono stati pubblicati i dati di uno studio di fase II (KEYNOTE 087) mirato a valutare l’efficacia e la sicurezza del trattamento con Pembrolizumab alla dose di 200 mg ogni 3 settimane per pazienti recidivati/refrattari. Lo studio ha registrato 210 pazienti suddivisi in 3 coorti di trattamento in base all’esposizione al trapianto autologo e al BV (pazienti sottoposti a trapianto e BV, pazienti sottoposti a BV ma non a trapianto e pazienti trapiantiati ma non trattati con BV. Nei pazienti che hanno ricevuto pembrolizumab dopo ASCT e BV, il tasso di risposta globale è stato del 72,5% (CR 21%, PR 51%). Tassi di risposta analoghi sono stati osservati negli altri gruppi di trattamento. Alla data della pubblicazione la durata della risposta era superiore ai 6 mesi in un terzo dei pazienti.194 Sia per lo studio Checkmate che Keynote il profilo di sicurezza dei checkpoint inibitori si conferma eccellente. Infine tra le opzioni disponibili per la terapia di salvataggio nei LH, il trapianto allogenico può essere utilizzato nei pazienti in recidiva dopo HDC e con malattia chemiosensibile (valutata con FDG-PET).195 Il condizionamento al di fuori di uno studio clinico dovrebbe essere di tipo RIC e non mieloablativo. L’uso del trapianto allogenico nel LH è iniziato negli anni ’80, con l’utilizzo di MAC, in pazienti con malattia attiva e trattati con diverse linee di CT e RT.196–200

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La conseguenza di queste variabili è stata un’elevata TRM e un’elevata percentuale di ricadute o progressioni, che hanno completamente “cancellato” un eventuale effetto graft versus Hodgkin. Sureda et al.201 hanno pubblicato uno studio caso-controllo in cui sono stati confrontati pazienti con LH che hanno ricevuto un trapianto previo MAC o RIC. Questo studio conferma la minore incidenza di mortalità non dovuta alla ricaduta (non relapse mortality, NRM) nel RIC (NRM a 1 anno 23% vs 43%) con un vantaggio sulla sopravvivenza (OS a 5 anni 28% vs 22%). Anche in questo studio è evidente che la malattia refrattaria al momento dell’allotrapianto è un fattore predittivo della sopravvivenza, così come è evidente l’effetto protettivo della GvHD nella sua forma cronica. Tuttavia, il rischio di ricaduta è maggiore dopo RIC. Per la complessità del trattamento l’utilizzo del trapianto allogenico è sconsigliato al di fuori di uno studio clinico.

4.4 Follow-up Il razionale su cui si basa l’utilizzo di un follow-up programmato è che le recidive di linfoma di Hodgkin possono essere trattate con terapia di salvataggio con buona probabilità di ottenimento di una nuova remissione completa di malattia (80%) duratura nel tempo. Nella maggior parte dei casi la recidiva viene riconosciuta per la presenza di sintomi e/o segni clinico-laboratoristici, inoltre non ci sono studi randomizzati che dimostrino che un’anticipazione strumentale della diagnosi di recidiva possa impattare favorevolmente sulla prognosi. Dati di un recente studio retrospettivo dimostrano che nel 44% dei casi le ricadute sono riscontrate dalla presenza di sintomi e/o anomalie di laboratorio.79 Altro fattore importante è il riconoscimento delle sequele tardive dei trattamenti, in particolar modo secondi tumori e danni cardiovascolari (NCCN Practice Guidelines in Oncology: Hodgkin's disease/Lymphoma. 2014; version 2; PDQ NCI: Hodgkin lymphoma. last modified 5-2009). Sulla scorta di questi dati si può raccomandare (NCCN Practice Guidelines in Oncology: Hodgkin's disease/Lymphoma. 2014; version 2):

• Controllo completo della biochimica (con VES) e visita ogni tre mesi per i primi 2 anni poi ogni 6 mesi fino al 5° anno, e successivamente ogni anno;

• TC total body ogni 6-12 mesi per i primi 2 anni dal termine del trattamento La PET non viene raccomandata nel follow-up per l’aumentata possibilità di falsi positivi.202 Ipotiroidismo, secondi tumori (solidi ed ematologici), malattie cardiovascolari e problematiche di fertilità sono i più importanti effetti a lungo termine dei trattamenti, pertanto per i pazienti in remissione completa al termine dei trattamenti, specie se comprensivi di radioterapia, è mandatorio un controllo clinico continuativo delle tossicità tardive. Va sottolineato che la letteratura disponibile consiste in studi retrospettivi eseguiti negli ultimi 20-30 anni con programmi terapeutici comprensivi di regimi chemioterapici più tossici e dosi maggiori di radioterapia. In base ai dati a nostra disposizione si può raccomandare, dopo 5 anni dal termine del trattamento (NCCN Practice Guidelines in Oncology: Hodgkin's disease/Lymphoma. 2014; version 2):

• Monitoraggio annuale della funzione tiroidea se eseguita RT su collo; • Monitoraggio mammografia annuale e/o risonanza magnetica nelle donne giovani dopo 8-10 anni

dal trattamento radiante al torace o ai linfonodi ascellari o dall’età di 25-30 anni; • Monitoraggio annuale della pressione arteriosa e funzione cardiovascolare e correzione dei fattori di

rischio; • Monitoraggio con imaging toracico nei pazienti ad alto rischio per neoplasia polmonare (sottoposti a

RT toracica e/o a chemioterapia con alchilanti, presenza di fattori di rischio) • Monitoraggio capacità riproduttiva, problematiche psicosociali.

4.5 Hodgkin e gravidanza È sembrato opportuno in queste linee guida accennare al problema dell’Hodgkin e gravidanza poiché la popolazione affetta da questa patologia si trova ampiamente in età fertile. Fermo restando che la stadiazione deve essere il più possibile completa, utilizzando esami che non espongano a radiazioni, e che la terapia deve essere personalizzata tenendo in considerazione i desideri della

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madre, la severità e la velocità di accrescimento della malattia e lo stadio di gravidanza, si possono fare alcune considerazioni sulla terapia nella prima metà della gravidanza e in particolare nel primo trimestre e la terapia nella seconda fase della gravidanza.203 Nel primo trimestre, se la malattia non è velocemente progressiva e ha localizzazioni esclusivamente al di sopra del diaframma, può essere preso in considerazione sia un controllo serrato e un’induzione precoce della gravidanza, sia una radioterapia.204 Non ci sono dati di malformazioni congenite con questa seconda opzione, ma il rischio di sequele tardive non può essere trascurato, per cui, in casi selezionati e non particolarmente aggressivi, può essere considerato per primo uno stretto follow up.205 Più difficile la scelta terapeutica in questa fase della gravidanza se la malattia appare molto aggressiva. Il compito dell’oncoematologo è quello di illustrare la necessità di un trattamento, le possibili sequele sul bambino e affiancare la paziente in una scelta difficile, ma strettamente personale. Nella seconda metà della gravidanza l’opzione principale sembra essere ancora il monitoraggio stretto in caso di malattia a lento accrescimento, o, in caso di malattia sintomatica, un trattamento chemioterapico con singolo agente (ad es. vinblastina) o con terapia di combinazione (ABVD)206, 207 che in recenti pubblicazioni non ha mostrato sequele nel nascituro.208 Si ritiene indispensabile affiancare alle pazienti, oltre un’equipe ginecologica e pediatrica, anche un supporto psicologico per tutto il periodo pre e post-parto.

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4.6 Figure

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5. Pazienti con infezione da HIV

5.1 HIV e linfoma di Hodgkin L’introduzione della terapia antiretrovirale altamente efficace (HAART) dal 1997, ha completamente cambiato la prognosi dei pazienti con infezione da HIV. Dal punto di vista epidemiologico si è assistito ad un calo significativo dei LNH e del sarcoma di Kaposi e ad un aumento dei casi di LH.209–211 In questo setting di pazienti la malattia è quasi sempre EBV correlata e oltre il 70% dei pazienti si presenta in stadio avanzato con malattia extranodale in oltre la metà dei casi, soprattutto midollo osseo, milza e fegato.212, 213 Non esistono a oggi studi randomizzati, ma solo studi di fase II o valutazioni retrospettive. Tutti gli studi pubblicati prima dell’introduzione dell’HAART hanno dimostrato che i pazienti con LH e infezione da HIV rispondono poco ai trattamenti chemioterapici (circa 50% di risposte obiettive), hanno un’elevata percentuale di recidive (oltre il 25%) e la sopravvivenza mediana si attesta intorno ai 12-18 mesi.214–216 Dopo l’introduzione dell’HAART sono stati pubblicati diversi studi prospettici che hanno utilizzato regimi standard impiegati nella popolazione HIV negativa quali lo STANFORD V, il BEACOPP baseline, il VEBEP e l’ABVD. In questo momento l’ABVD può essere considerato lo schema di riferimento con una strategia per stadi simile a quella dei pazienti HIV negativi.217–220

5.2 HIV e linfoma non Hodgkin L’incidenza di LNH associato all’infezione da HIV è aumentata sin dall’inizio dell’epidemia di HIV e, prima dell’introduzione dell’HAART, i LNH rappresentavano la seconda neoplasia più frequentemente associata all’HIV dopo il sarcoma di Kaposi. L’introduzione dell’HAART ha portato a una significativa diminuzione dell’incidenza del linfoma primitivo cerebrale, e recentemente anche dei LNH sistemici, a presentazioni cliniche che si avvicinano sempre più a quelle della popolazione generale, con una significativa riduzione dell’incidenza di sedi extranodali come le meningi ed il midollo osseo, e a un significativo miglioramento della sopravvivenza dei pazienti con LNH ed infezione da HIV.210, 221 Gli studi clinici effettuati prima dell’introduzione dell’HAART hanno portato alla conclusione che il CHOP poteva essere considerata la terapia standard in questi pazienti.222, 223 L’introduzione dell’HAART è coincisa con quella del rituximab per cui nel corso degli ultimi 10 anni diversi studi hanno testato la fattibilità e l’efficacia dell’associazione immunochemioterapica. Le conclusioni degli studi permettono di affermare che lo schema R-CHOP può essere considerato lo schema di riferimento in questi pazienti. Una certa cautela deve essere osservata nei pazienti con CD4<50/dl per l’eventuale aumento del rischio infettivo.224–227 Il linfoma di Burkitt, che rappresenta circa un quarto dei LNH diagnosticati nei pazienti con infezione da HIV, fino a qualche anno fa era trattato con schemi simili a quelli per i linfomi diffusi a grandi cellule. Diversi studi hanno dimostrato che la prognosi dei pazienti con Burkitt rimane severa e i miglioramenti ottenuti con l’HAART non riguardano questo sottotipo di linfoma.194,198 Poiché parecchie serie hanno dimostrato la fattibilità e l’efficacia di schemi chemioterapici aggressivi nei pazienti HIV+ con Burkitt,229, 230 tali schemi (es. R-CODOX-M/IVAC, Stanford per Burkitt, R-HyperCVAD) devono essere considerati lo standard anche in questi pazienti.

5.3 Terapia di salvataggio Per quanto riguarda la possibilità di eseguire una chemioterapia ad alte dosi con reinfusione di cellule staminali da periferico come terapia di salvataggio dei pazienti recidivati o refrattari, tutti i dati disponibili dimostrano la fattibilità della procedura con un’efficacia e una tossicità pari a quella della popolazione HIV-negativa;231–234 pertanto tale approccio può essere considerato lo standard nei pazienti con malattia in remissione parziale o con malattia recidivata o refrattaria a una prima linea. Rimane da valutare il ruolo di un consolidamento con alte dosi di chemioterapia e reinfusione di cellule staminali in pazienti in remissione completa da LNH ad alto rischio di recidiva.

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