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L'inclusione abitativa per l'integrazione sociale di Rom e Sinti: la prospettiva europea
di
Marianna Manca
Paper for the Espanet Conference“Sfide alla cittadinanza e trasformazione dei corsi di vita:
precarietà, invecchiamento e migrazioni”Università degli Studi di Torino, Torino, 18 - 20 Settembre 2014
Marianna Manca, PhD Student in Sociologia e Studi PoliticiUniversità degli Studi di Torino, [email protected]
1
Introduzione
Il testo propone una panoramica dei progetti di inserimento abitativo realizzati nel contesto europeo per
rispondere alla necessità di sostenere i processi di integrazione sociale delle comunità rom: esso rappresenta la
sezione introduttiva e lo sfondo di inquadramento di un progetto di ricerca empirica sull'inserimento abitativo
delle comunità zigane nel contesto torinese, secondo schemi che presentano elementi di innovazione ed
eterogeneità rispetto ad un precedente approccio basato su modalità univoche di azione basate sul modello dei
campi-nomadi.
L'intento del paper è rintracciare, entro un contesto europeo, gli elementi di un percorso di cambiamento delle
politiche rivolte alle comunità zigane, mettendo a tema aspetti innovativi riguardanti l'approccio e le modalità di
implementazione di interventi di inserimento abitativo. A circa dieci anni dalla presentazione dei primi
programmi europei riguardanti la "questione Rom" è possibile, infatti, iniziare a fare il punto sui passaggi fatti, sui
progressi e le criticità.
A questo scopo, attraverso l'analisi degli atti prodotti da differenti organismi europei e internazionali,
verranno presentati i principali strumenti normativi, di coordinamento e finanziamento proposti in risposta alla
problematica dell'integrazione della comunità rom, analizzando in particolare la relazione tra retoriche di sfondo
e policy vere e proprie.
Nella seconda parte saranno presentati gli strumenti dedicati specificatamente all'integrazione abitativa,
interpretata come nodo fondamentale della questione e come elemento chiave nella fase di passaggio verso un
approccio mirato all'integrazione.
Nella terza parte, infine, saranno presentati i casi e i progetti specifici attuati in diversi paesi europei, per
ricostruire il quadro delle policy abitative concretamente attuate nelle loro differenze e somiglianze, cercando di
ricostruire gli elementi di una fase che, come emerge dalle presentazioni, presenta ancora forti contraddizioni e
non è esente da problematiche ed effetti imprevisti.
1. Il contesto europeo: strumenti legislativi, organizzativi e finanziari
La minoranza romanì rappresenta la più ampia sul continente europeo: si stimano poco meno di 12 milioni
di appartenenti e circa 6 milioni nell'area dell'Unione Europea1 e, per quanto stratificata al suo interno (Vitale,
2009), una considerevole percentuale è caratterizzata da alti livelli di povertà ed esclusione sociale. I
cambiamenti politici che hanno attraversato l'Europa negli ultimi vent'anni in seguito alla caduta dell'U.R.S.S e
allo smembramento della Jugoslavia hanno innescato profondi mutamenti sociali ed economici in direzione
1 I dati presentati si riferiscono al 2012 e sono disponibili sul sito del Consiglio d'Europa,Estimates_and_official_numbers_of_Roma_in_Europe updated July 2012, reperibile sul sito hub.coe.int (21.06.2014). Talinumeri, però, costituiscono solo una stima in quanto riportano le informazioni solo su coloro che si autodefinisconoRom/Gypsies ma non in tutti gli Stati sono disponibili dati sistematici e aggiornati sui gruppi zigani, sia per le norme cheimpediscono censimenti su base etnica che per il timore di discriminazione che spinge gli stessi appartenenti a mimetizzarsi nondichiarandosi CFR. FRA, 2009.
2
neoliberale che hanno inasprito le condizioni di povertà di molti Rom spingendoli a migrare (Sigona, 2009).
Inoltre, l'ingresso nell'UE dei paesi dell'area est nel 2004 e 20072 con l'estensione della cittadinanza comunitaria
ad una percentuale rilevante di Rom che in alcuni casi ha vincolato le condizioni di accesso (Molinaro, 2010) ̶ ha
ampliato la libertà di movimento e motivato i movimenti migratori successivi che hanno condotto ad un interesse
crescente verso le comunità romanì da parte di diversi governi dell'Europa occidentale, i quali hanno reagito con
provvedimenti securitari e restringimento dei criteri di accoglienza.
Dagli anni Duemila si è invece intensificato l'impegno nella promozione di iniziative volte ad affrontare la
"questione Rom" in maniera organica e integrata, secondo un approccio maggiormente orientato alla gestione
dell'integrazione piuttosto che al controllo degli accessi migratori (Sigona, 2009). Questi, infatti, rappresentano
solo uno degli elementi potenzialmente problematici della situazione dei Rom, mentre la vera criticità è
rappresentata dalle forme specifiche di discriminazione e dalle condizioni di vita quotidiana di numerose
comunità, caratterizzate da segregazione ed esclusione sociale, perciò è sulla riduzione di questi aspetti che si è
concentrata l'iniziativa istituzionale.
Tra gli strumenti promossi nel corso degli anni soprattutto dall'UE si distinguono tre tipi principali:
legislativi, di coordinamento e finanziari (Riniolo, 2010).
1.1 Strumenti legislativi
Il Consiglio dell'Unione Europea, il Parlamento e la Commissione Europea hanno affrontato la tematica
dell'integrazione dei Rom attraverso Risoluzioni e Raccomandazioni rivolte alla protezione dei diritti umani e al
tema della discriminazione, sulla scia delle fonti del diritto internazionale riguardanti i diritti fondamentali, le
norme antidiscriminatorie e i diritti delle minoranze, cui si aggiungono gli strumenti esplicitamente dedicati ai
Rom (Loy, 2009). Se nel Summit europeo di Copenhagen 1993 la tutela delle minoranze diventa uno dei criteri
politici di accesso all'Unione3, e numerosi provvedimenti successivi sono rivolti al tema dei diritti e
dell'uguaglianza4 con alcuni richiami ai Rom, esistono molti altri documenti in cui i riferimenti sono diretti ed
espliciti e in questi si possono riconoscere tre fasi principali: sino agli anni Novanta essi sono limitati ad alcune
Risoluzioni dedicate alla situazione generale e all'istruzione, in un secondo momento si concentrano su
situazione sociale, discriminazione e diritti di circolazione, mentre in una terza fase, a partire dal 2011,
l'attenzione è posta sull'elaborazione di una strategia comunitaria e sulla sua successiva articolazione in strategie
2 Rispettivamente nel 2004 Repubblica Ceca, Cipro, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia(A10)) e nel 2007 Bulgaria e Romania (A2).
3 Siti di riferimento: eur-lex.europa.eu ed europa.eu.4 Parlamento Europeo, Risoluzione N. A3-0042/94 del 9.2.94, Sulle minoranze linguistiche e culturali nella Comunità europea
(G.U.C.E. N. C 61/111 del 28.2.94); Dal Consiglio Europeo:Direttiva 29 giugno 2000, 2000/43/ce che attua il Principio della paritàdi trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica; Direttiva 27 novembre 2000, 2000/78/CE chestabilisce un Quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro; Direttiva 27novembre 2000, 2000/750/ce che istituisce un Programma d’azione comunitario per combattere le discriminazioni (2001-2006);Parlamento e Consiglio Europeo, Direttiva del 29 aprile 2004 2004/38/CE, relativa al Diritto dei cittadini dell'Unione e dei lorofamiliari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri ; Consiglio dell'Unione Europea, DecisioneQuadro del 28 novembre 2008, 2008/913/Gai sulla Lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante ildiritto penale.
3
nazionali di integrazione specifiche per i gruppi rom:5
• Prima fase:
− Parlamento Europeo, 1984, Risoluzione sulla situazione degli zingari nella comunità
− Consiglio Europeo e Ministri dell'Istruzione, Risoluzione del 22 maggio 1989, Scolarizzazione dei figli
di genitori che esercitano professioni itineranti
− Parlamento Europeo, 1994, Risoluzione sulla situazione degli zingari nella Comunità
• Seconda fase:
− Risoluzione comune del 24 maggio 2004, Situazione dei Rom nell’Unione Europea
− Risoluzione del 28 aprile 2005, Situazione dei Rom nell’area europea
− Risoluzione del Parlamento Europeo del 1 giugno 2006, Situazione delle donne Rom nell'Unione
Europea
− Risoluzione del Parlamento Europeo del 15 novembre 2007, Attuazione della Direttiva 2004/38/CE
relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente
nel territorio degli Stati-membri
− Risoluzione del 31 gennaio 2008, Strategia comune europea in materia di Rom
− Risoluzione del Parlamento Europeo dell'11 marzo 2009, Situazione sociale dei Rom e su di un loro
miglior accesso al mercato del lavoro nell'Unione Europea
− Risoluzione del 9 settembre 2010, Situazione dei Rom e la libertà di circolazione nell'Unione Europea
• Terza fase:
− Risoluzione 9 marzo 2011, (2012/c 199e/15), Strategia dell'UE per l'inclusione dei Rom
− Conclusioni (2011/C 258/04), Quadro UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al
2020
A questi si aggiungono la Commissione Europea e il Consiglio dell'Unione Europea:
• CE (COM(2010)0133), Comunicazione della Commissione sull'integrazione sociale ed economica dei Rom
in Europa
• CE (COM(2011)173), Comunicazione della Commissione del 5 aprile 2011, Quadro dell'UE per le
strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020
• CE 26 giugno 2013, com(2013) 454 final, Comunicazione sui Progressi nell'attuazione delle strategie
nazionali di integrazione dei Rom
• Consiglio UE, 9 aprile 2014, COM(2014) 209 final, Comunicazione, Relazione sull’attuazione del Quadro
dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom.
Tuttavia bisogna ricordare che Risoluzioni e Comunicazioni non sono atti vincolanti e, soprattutto le
determinazioni sul rispetto dei diritti delle minoranze, hanno spesso un'applicazione solo formale. La mancata
5 Documenti reperibili all'indirizzo europarl.europa.eu.
4
traduzione pratica di tali riferimenti normativi ha portato sporadicamente all'apertura di procedimenti di
infrazione contro alcuni Stati membri (Rizzin e Tavani, 2009) ma questo non sempre ha modificato la situazione
per i Rom. Questo può essere legato ad alcuni errori di semplificazione che impediscono di acquisite una
strategia organica, esemplificando i rapporti tra comunità romanì e associazioni e istituzioni, ma soprattutto
sottovalutando le tensioni sociali connesse ai processi di integrazione e l'influenza del contesto socio-culturale
sull'applicazione delle norme, resa spesso difficoltosa dal trascure la forza delle norme sociali rispetto alle leggi
scritte (Uzunova, 2010).
1.2 Strumenti di coordinamento
Gli strumenti di coordinamento rappresentano un ambito ancora più articolato e variegato sia in quanto a
soggetti promotori che per programmi e oggetti di azione.
Il primo organismo di supervisione per le questioni riguardanti le comunità di Rom, Sinti e Travellers
presenti nell'UE viene proposto nel 1995, il Commitee of Expert on Roma and Travellers (MG-S-ROM), con il
compito di osservare la situazione specifica entro gli stati membri, studiare e valutare l'implementazione delle
politiche e redigere linee guida,6 ma col tempo si sono moltiplicate le iniziative specifiche:
• 2005: Decade of Roma Inclusion (2005-2015):7 promossa da dodici Paesi europei per il coordinamento e
lo scambio di buone pratiche, raccolta di informazioni e verifica dei progressi su aree prioritarie
d’intervento come istruzione, lavoro, salute e housing, con attenzione trasversale a questioni complesse
come povertà, discriminazione e problematiche di genere
• 2007: Network EURoma:8 composto da dodici Stati membri per promuovere l'inclusione sociale dei Rom
attraverso l'utilizzo dei fondi strutturali per il miglioramento delle politiche specifiche
• 2008: Bruxelles, Primo European Roma Summit:9 promosso dalla Commissione Europea con la
partecipazione dei governi dei Paesi membri, delle ONG interessate e della società civile, comprese le
organizzazioni di Rom, per scambiare buone pratiche e fornire supporto analitico, stimolando la
cooperazione tra enti differenti
• 2009: European Platform for Roma Inclusion: promossa durante il Summit precedente e rivolta ai vari
stakeholder interessati dai processi di inclusione sociale dei Rom per lo scambio di esperienze. Qui sono
stati individuati i 10 Principi Comuni di Base per l'Inclusione dei Rom10
6 Gli indirizzi di riferimento sono: coe.int/t/dg3/romatravellers/mgsrom_en.asp ecoe.int/t/dg3/romatravellers/archive/mgsrom/default_en.asp (19.06.2014).
7 Il sito di riferimento è romadecade.org. Gli Stati coinvolti sono: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, RepubblicaCeca, Ungaria, Macedonia, Montenegro, Romania, Serbia, Slovacchia e Spagna. Slovenia e Stati Uniti sono stati osservatori.
8 Il sito specifico è euromanet.eu. Il network è composto da: Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia,Grecia,Italia, Ungeria, Polonia,Portogallo, Romania, Spagna, Slovacchia e Svezia.
9 Cfr. "Conference Report on European Roma Summit, Brussels 16 settembre 2008". Reperibile all'indirizzogitanos.org/upload/63/41/European_Roma_Summit_16092008.pdf, (27.06.2014).
10 Il report è consultabile integralmente all'indirizzo http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=EN&f=ST%2010394%202009%20INIT (27.06.2014). In sintesi i 10 principi sono: 1. politiche costruttive pragmatiche e non discriminatorie2. obiettivi mirati ma non esclusivi 3. approccio interculturale 4. puntare alla società civile 5. consapevolezza della dimensionedi genere 6. divulgazione delle politiche basate su dati certi 7. uso di strumenti comunitari 8. coinivolgimento delle autorità
5
• 2010: Europe 2020 Strategy: promossa dalla Commissione Europea per definire gli obiettivi del
decennio, tra cui la riduzione di povertà ed emarginazione, con importanti ricadute anche sulle
minoranze
• 2011: EU Framework for National Roma Integration Strategies:11 per sostenere gli Stati membri nella
presentazione di strategie nazionali di azione a sostegno dell'inclusione dei Rom
Un importante sostegno a queste iniziative è fornito da organizzazioni e agenzie specifiche. Sul territorio europeo
l'organizzazione più importante è sicuramente il Consiglio d'Europa (CoE), il quale ha iniziato ad occuparsi dei
Rom intorno agli anni Settanta12 e ha proseguito negli anni Novanta, periodo a cui risalgono la Raccomandazione
1203 (1993) relativa ai Rom e Sinti in Europa,13 la Carta Regionale delle lingue Regionali o minoritarie e la
Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali (1995) e soprattutto le due risoluzioni ̶ n. 16
(1995) e n. 44 (1997) ̶ sul Contributo dei Rom alla costruzione di un'Europa tollerante14. Ma anche il CoE ha
ampliato la sua azione a partire dagli anni Duemila, con una serie di indicazioni e decisioni mirate (Rizzin e
Tavani, 2009) che svolgono soprattutto funzioni di coordinamento e indicazione per 47 paesi, non solo il 28
membri UE. Anche in questo caso, però, le indicazioni proposte non sono vincolanti per gli Stati aderenti, ma
hanno comunque il vantaggio di avere un approccio allargato oltre i confini dell'UE e fornire un'ampia visione
rispetto alle condizioni dei Rom.
Altre organizzazioni istituzionali e non governative interessate che si occupano di diritti umani e diritti dei
Rom sono:
• A livello internazionale
- United Nations Development Programme (UNDP)
- Banca Mondiale (World Bank)
- Comitato per l'eliminazione della Dicriminazione Razziale delle Nazioni Unite (CERD)
• A livello europeo
- European Commission against Racism and Intolerance (ECRI)
- European Court of Human Rights (ECHR)
- European Federation of National Organisations working with the Homeless (FEANTSA)
- European Monitoring Center for Racism and Xenophobia (EUMC)
regionali e locali 9. coinvolgimento della società civile 10. partecipazione attiva dei Rom.11 Per approfondimenti si rinvia all'indirizzo http://ec.europa.eu/justice/discrimination/roma/eu-framework/index_en.htm
(27.06.2014).12 I due atti principali sono: Consiglio d'Europa, Raccomandazione 563/1969 sulla Situazione dei Rom in Europa; Concil of Europe,
Parliamentary Assembly, Res(75) 13, Resolution, Raccomandation on Social situation of Nomads in Europe. Sito di riferimentoper questi e per i successivi documentI: coe.int (27.06.2014).
13 Consiglio d'Europa, Assemblea parlamentare del consiglio d'europa raccomandazione 1203 (1993) relativa ai Rom e Sinti in Europa reperibile all'indirizzo http://www.asgi.it/wpcontent/uploads/public/raccomandazione.1203.1993.pdf(29.06.2014).
14 Cfr. Risoluzione 249 (1993), I Rom e i Sinti: ruolo e responsabilità delle autorità locali e regionali ; Recommendation 1203 (1993),on Gypsies in Europe. Risoluzione 16 (1995) e 44 (1997) Contributo dei Rom alla costruzione di un'Europa tollerante.
6
- European Network of Independent Experts on Social Inclusion
- European Union Agency for Fundamental Rights (FRA)
- Organisation for Security and Co-operation in Europe (OSCE) e Office for Democratic Institution and
Human Rights (ODIHR)
- Racism and Xenophobia European Network (RAXEN)
• Specifiche per Rom e Travellers
- Committee of Expert on Roma and Travellers (MG-S-ROM)
- Committee of Experts on Roma Issues (CAHROM)
- European Roma Information Office (ERIO)
- European Roma and Travellers Forum
- Roma Platform for Roma Inclusion
Ulteriori strumenti di coordinamento sono forniti dai report e dalle iniziative informative (conferenze e meeting)
prodotti nell'ambito di progetti specifici:
• Decade of Roma Inclusion 2005-2015
• EURoma
• European Roma Platform
• European Roma Summit
• EU Framework for National Roma Integration Strategies up to 2020
• Dosta!
• Roma-Net
Accanto alle istituzioni operano numerose NGO come Open Society Institute, European Roma Rights Center
(ERRC), European Roma Policy Coalition (ERPC), Amnesty International, Unicef.
Le funzioni svolte sono varie e su temi specifici con compiti informativi, di monitoraggio e promozione rispetto a
condizioni di vita, antiziganismo, migrazioni e richieste d'asilo, advocacy, housing e sgomberi abitativi,
educazione, politiche specifiche, situazione economica e lavorativa, diritti dei minori e delle donne.
1.3 Strumenti finanziari
Gli strumenti finanziari sono sostenuti principalmente dall'Unione Europea e consistono principalmente in:
• Programma PHARE per il sostegno ai Paesi dell'Europa centro-orientale in vista dell'adesione
• Fondo sociale europeo (FSE)
• Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR)
• Fondo Europeo per l'Integrazione di cittadini di Paesi terzi
• Fondi agricoli europei per lo sviluppo rurale (EASFRD)
7
• Quadro finanziario pluriennale 2014-2020
• Politica di coesione 2014-2020
Tali fondi applicano il principio dell'intervento mirato ma non esclusivo (Riniolo, 2010), infatti non sono rivolti
specificatamente ai Rom ma al miglioramento delle condizioni di vita delle persone svantaggiate e delle comunità
vulnerabili, declinabili in progetti specifici: il meccanismo di erogazione prevede infatti l'assegnazione in base alla
richiesta esplicita.
1.4 Gli strumenti europei tra retoriche di sfondo e politiche in azione
Dall'analisi di questi materiali si possono riconoscere aspetti importanti, più o meno espliciti, a partire
dall'articolazione fondamentale tra paesi UE ed extra-UE, e dal relativo peso che le istituzioni dell'Unione hanno
assunto nel corso del tempo attraverso un'evoluzione dell'approccio rispetto alla presenza e alle necessità dei
gruppi zigani sul territorio europeo.
Il primo aspetto evidente è la crescente europeizzazione della tematica rom, che si collega ai processi di
espansione dell'UE evidenziandone il ruolo di organismo arbitrale rispetto ai contrasti internazionali (Sigona,
2009) ma soprattutto di distinzione in termini di accesso ai diritti e ai mezzi di sviluppo. Emerge con forza la
distinzione tra Rom comunitari e non come effetto dei processi di uniformizzazione interna che però producono
una immediata differenziazione dei diritti anche all'interno di ciascun Paese, dove comunità storiche e migranti
subiscono trattamenti diversi.
Da qui si evidenzia il passaggio di frame nell'orientamento generale dai temi della sicurezza e degli aspetti
migratori a quelli relativi ai diritti e alla protezione delle minoranze (Guglielmo e Waters 2005; Sigona, 2009;
2010), attraverso il riconoscimento della presenza romanì come parte integrante della realtà sociale europea che
guida un cambiamento di prospettiva rispetto alle modalità dell'integrazione e non solo sulla sua opportunità
(Sigona, 2009). Tale spostamento si evidenzia dagli anni Novanta in occasione della promozione delle prime fasi
dell'allargamento e si rinforza nei Duemila con le successive: in questo periodo il dibattito sui 'valori comuni' e
sulla possibilità di ampliare il concetto di condivisione dell'UE al tema della democrazia e dei diritti, spinge i paesi
ad orientare la programmazione delle politiche verso l'ambito interno per sostenere la stabilità sociale, puntando
sulle politiche di integrazione e modificando le retoriche ad esse collegate. Nonostante i tentativi di
sistematizzazione attraverso l'uso della categoria di 'minoranza', questa si è rivelata uno strumento insufficiente
al sostegno di iniziative di promozione perchè non pensata per i Rom, per i quali prevale la definizione etnica
rispetto a quella nazionale, con una focalizzazione sulle peculiarità culturali che rinforza la percezione delle
differenze (Guglielmo e Waters, 2005), le quali divengono elemento saliente dei rapporti con il contesto culturale
e sociale, ostacolando il cambiamento di prospettiva in direzione dell'effettiva integrazione. A questo problema si
sono affiancati, poi, deboli interventi sul piano della discriminazione diretta, perché la direzione dei progetti di
inclusione in direzione economico-sociale solo nei confronti della minoranza ha trascurato il contesto di
accoglienza indebolendo gli interventi proprio nei loro aspetti simbolici e il cambiamento culturale e percettivo a
livello maggioritario (Henriques, 2012). Altro aspetto emergente dai documenti europei è l'attenzione alle
minoranze rom richiesta ai Paesi candidati dell'area orientale che non ha trovato però lo stesso spazio nei paesi
8
dell'Europa occidentale celando un processo di europeizzazione a due livelli: il tema migratorio, dunque, appare
non totalmente superato perchè l'attenzione ai diritti e alle condizioni di vita nell'Est trascura di specificare
concreti standard e strumenti di protezione e sembra rivolto piuttosto a prevenire le migrazioni verso l'area
occidentale (Sigona, 2009) dove ancora numerose politiche sono dirette a restringere il numero di ingressi.
Infine dall'analisi delle retoriche si evidenzia un ulteriore elemento, forse meno palese ma non per questo
meno importante: se, infatti, i termini usati nel discorso politico contribuiscono a costruire la percezione della
questione e le politiche conseguenti, un cambiamento in questo senso appare evidente proprio nei documenti
europei (Simhandl, 2006) dove il peso delle definizioni istituzionali e delle modalità di categorizzazione che
orientano l'analisi e l'azione delle politiche si ricollegano alla questione della definizione identitaria e
dell'articolazione tra differenti comunità. Dalla lettura diacronica dei materiali si può infatti notare l'utilizzo di una
pluralità di termini diversi che si succedono nel corso del tempo.
In una prima fase intorno agli anni Settanta, prevale l'uso di nomi secondo riferimenti generali e parzialmente
indefiniti: gypsies, zingari, nomadi, itineranti e viaggianti. Questi ultimi persistono anche in un secondo tempo
anche per il meccanismo che porta ad identificare una singola caratteristica ̶ il nomadismo ̶ come elemento
identitario chiave, riconducendo un fenomeno particolare a stile di vita tradizionale (Simhandl, 2006) e portando
alla modellazione di politiche dedicate a regolare mobilità e residenzialità (Sigona, 2002; 2005). Ma emergono in
questa seconda fase anche: Travellers, Sinti, Gitani, Kalé, Caminanti15, che riportano alle varie comunità nazionali,
in base alla maggiore consapevolezza delle differenze tra comunità e, contemporaneamente, si diffondono le
specificazioni di 'minoranza rom' o 'migranti rom', soprattutto in distinzione ad altri gruppi nazionali o alla
generalità dei migranti.
Nell'ultima fase, quella attuale, i documenti europei hanno ridotto i termini usati principalmente a due: 'Roma' e
'Gypsies' al fine di costruire uno sfondo uniforme di riferimento, anche se essi restano largamente indefiniti e
non sono riconosciuti da tutte le persone che vorrebbero indicare. Il primo, in particolare, è utilizzato come
indicazione prevalente in qualità di 'termine ombrello'(Goldston, 2002; EU, 201016) ma, secondo alcune
interpretazioni, esiste una connotazione geografica per cui il termine 'Roma'17 è maggiormente legato alla
caratterizzazione di minoranza, soprattutto in riferimento all'est-Europa, mentre il termine 'Gypsy' identifica una
categoria legata a particolari stereotipi soprattutto nei Paesi dell'Europa occidentale (Simhandl, 2006) e ciò si
evidenzia talvolta nelle distinzioni tra comunità autoctone e migranti in uno stesso Paese. Anche se in modo
meno evidente lo stesso procedimento di evoluzione lessicale è riconoscibile anche per altre parole, è il caso ad
esempio dell'espressione "problema rom" molto utilizzata nei primi documenti ufficiali, ma recante un significato
negativo nel presentare un gruppo sociale come intrinsecamente pericoloso e preoccupante. L'espressione è
stata sostituita gradualmente da termini più neutri come 'issue' o 'questione', che hanno accompagnato il lento
15 Tali nomi si riferiscono per lo più a comunità specifiche, presenti soprattutto in alcune aree geografiche, i Travellers in Irlanda,Sinti in Italia e Germania, Gitani e Kalé in Spagna, Caminanti nel sud Italia. Tali denominazioni venogono quindi utilizzate di voltain volta in riferimento al contesto geografico di riferimento o tutte insieme per discorsi più generali riguardo al contestoeuropeo.
16 Si veda ad esempio SEC(2010) 400 final.17 Katrin Simhandl (2006) specifica inoltre che tale termine appare spesso aggiunto nell'espressione 'Rom e altre minoranze
nazionali', ma spesso la stessa cosa si può notare anche nei report e ricerche che si occupano di migrazioni: 'migranti e Rom'.
9
passaggio dall'approccio securitario a quello integrativo.
In generale si può dire che l'utilizzo di termini semplificati ha contribuito a cristallizzare una
categorizzazione uniforme che ha finito per modellare il complesso delle comunità romanì in una categoria
politica funzionale a discorsi e iniziative istituzionali, guidando scelte diverse a seconda degli interessi del
momento, senza tenere in considerazione aspetti contestuali come l'antiziganismo, che rappresenta una
problematica specifica in grado di ostacolare i processi locali di inclusione (Uzunova, 2010) i quali possono
frenare l'azione politica a causa della loro impopolarità (Vitale, 2009; Uzunova, 2010).
2. L'housing per l'integrazione dei gruppi rom
Uno degli elementi più evidenti della situazione di marginalità e deprivazione di molte comunità romanì è
la persistenza di condizioni abitative sotto standard, caratterizzate da precarietà e scarso accesso a servizi e
utenze pubbliche, con insediamenti collocati in aree degradate e marginali che espongono a maggiori rischi di
segregazione sociale, attacchi xenofobi e sgomberi forzati (FRA, 2009a; Housing Right Watch, 2010). Tali
condizioni di estremo disagio abitativo rappresentano un nodo fondamentale con importanti ripercussioni che,
assieme alla povertà, condiziona ambiti della vita come la salute, le possibilità di accedere a condizioni ottimali di
scolarizzazione e lavoro e divengono importante elemento simbolico perchè influenzano le relazioni con il resto
della società, rappresentando un fattore di stigmatizzazione (FRA, 2009; Redhnet 2013).
Se alcune comunità rom sono state storicamente nomadi per questioni legate alle attività di lavoro, molte altre
sono sedentarie da secoli o decenni, e hanno sperimentato la mobilità migratoria solo in periodi recenti per
dinamiche socio-economiche più ampie (Sigona, 2009; 2010) ma questa, a livello istituzionale e culturale viene
spesso interpretata come legata ad elementi etnici, ostacolando l'inserimento nelle politiche di welfare comune a
favore di un approccio specifico (Vitale, 2011) che confonde mobilità volontaria e indotta e si rivela spesso
insufficiente proprio nelle politiche abitative (Tosi, 2011), conducendo a soluzioni che alimentano il legame tra
precarietà e marginalizzazione e giustificando un approccio repressivo (Sigona, 2009; Vitale, 2009a; 2011).
Le difficoltà incontrate dai Rom in questo campo si inseriscono nel più ampio contesto del disagio abitativo
che riguarda settori crescenti di popolazione, soprattutto immigrata, nei contesti urbani (Alietti, 2013). La qualità
dell'alloggio influisce sulla qualità della vita, sulle possibilità di inclusione nella società (Palvarini, 2006) e sulla
riduzione delle disuguaglianze (Dell'Olio, 2004). Per questi motivi il tema abitativo ha superato i confini delle
politiche urbane per entrare in quelle sociali e di welfare (Tosi, 2010) e la correlazione tra politiche della casa e
politiche di promozione della coesione sociale18 è divenuto tema comune seppure talvolta problematico nella
definizione dei reciproci rapporti (Alietti, 2013) che richiedono interventi articolati di implementazione tra
politiche legali, economiche e di welfare, rendendo la dimensione abitativa una questione particolarmente
complessa da trattare.
18 La definizione data del Consiglio d'Europa è la coesione sociale la "capacità di una società di promuovere il benessere dei proprimembri minimizzando le disuguaglianze e evitando la marginalizzazione. Cfr. Il sito di riferimento coe.int/t/dg3/ (31/07/2014).
10
Le problematiche incontrate dai Rom rispetto all'housing sono correlate alle variabili contestuali19 e sono
riconosciute all'interno del quadro comunitario per l'integrazione dove rappresentano uno degli assi
fondamentali di intervento20 individuati come quelli di maggiore criticità assieme alla discriminazione.
I programmi di riferimento internazionale sul tema abitativo sono: UN-Habitat, promosso dalle Nazioni
Unite per proteggere il diritto all'alloggio e, a livello europeo, la già citata Decade of Roma Inclusion 2005-2015,
oltre ai fondi di sviluppo che possono essere utilizzati direttamente per questa destinazione.
Dal punto di vista normativo e informativo la disponibilità di un alloggio adeguato è riconosciuta come un
diritto fondamentale oggetto di diverse comunicazioni, documenti e resoconti specifici promossi da organismi
internazionali, UE e CoE, tra cui i più rilevanti sono:
• UN, Dichiarazione universale dei Diritti Umani (UDHR), art.25
• ONU, Comitato dei diritti economici, sociali e culturali, Osservazione generale n. 4 (1991), Il diritto ad
un alloggio adeguato, art. 11
• ONU, The Habitat Agenda, Istanbul Declaration on human settlement, II Conference Habitat, Istanbul
13-14 giugno 1996
• ICESCR, General Comment 7, The Right to Adequate Housing; Forced Evictions (1997)
• Consiglio d'Europa, 1999, Housing, urban planning and poverty: problems faced by Roma/Gypsy
communities with particular reference to central and eastern Europe
• Council of Europe, Committee of Ministers, Rec(2005)4 to member states on Improving the housing
conditions of Roma and Travellers in Europe
• FRA, 2009, Housing condition of Roma and Travellers in the European Union. Comparative Report
• FRA, 2009, Housing discrimination against Roma inselected EU Member States: An analysis of EU-
MIDIS data
• FRA, 2010, The State of Roma and Traveller Housing in the European Union. Steps towards Equality;
• UNDP, 2011 The housing condition of Roma communities
• Eurofound, 2011, Living conditions of the Roma: substandard housing and health
I report ad oggi più completi sono quelli del FRA, risalenti al 2009 e 2012 e basati sulla comparazione tra
differenti Paesi: nel primo vengono descritte nel dettaglio condizioni di vita a livello locale, problematiche, livelli
di discriminazione, impatto degli sgomberi e ruolo delle autorità locali nei paesi membri. Gli aspetti analizzati si
rifanno ai criteri di adeguatezza stabiliti nella Commento Generale n. 4 del CESCR The Right to Adequate
Housing21 e nel dettaglio si riferiscono a tutta una serie di aspetti e servizi che fanno di un alloggio un luogo
confortevole e rispettoso dei diritti della persona, non solo un riparo.:
19 Si individuano in particolare gruppi residenti in distretti suburbani, in villaggi di zone rurali, comunità migranti tra paesi membri,migranti da paesi terzi o rifugiati. Si veda in particolare EC, COM (2010) 133 Final.
20 Gli assi sono: istruzione, lavoro, salute e alloggio SEC (2010) 400 final: par. 2.1. e COM(2011) 173 final O.J. L 76/68, 22.3.2011.21 CESCR General Comment No. 4: The Right to Adequate Housing (Art. 11 (1) of the Covenant).
11
• sicurezza del possesso
• disponibilità di servizi pubblici
• affordabilità
• abitabilità
• accessibilità
• collocazione
• adeguatezza culturale
Nel secondo rapporto, in collaborazione con UNDP e World Bank (2012) la situazione dei Rom in 11 Paesi
europei22 viene monitorata tramite la comparazione con i non-Rom residenti in aree vicine o entro simili contesti,
considerando elementi come il sovraffollamento e la mancanza di servizi domestici interni fondamentali,23 da cui
emerge una condizione negativa pari a circa il doppio per gli abitanti zigani rispetto agli altri (FRA, UNDP, WB
2012).
Dalla lettura di questi rapporti emerge un aspetto comune e particolarmente complesso da affrontare,
prima ancora degli aspetti strutturali delle aree residenziali: il problema della discriminazione specifica che
origina fenomeni di segregazione ed esclusione dal mercato comune degli alloggi impedendo, di fatto, la
normalizzazione dei processi di stabilizzazione attraverso la residenzialità e ostacolando il raggiungimento del
benessere e l'inclusione sociale. Il fatto che la discriminazione possa assumere forme implicite o esplicite a
diversi livelli rappresenta un ostacolo sia per la fase di progettazione delle policy che per la loro realizzazione.
3. Strategie e politiche abitative per le comunità rom nei Paesi europei
La relazione tra i principi di uguale trattamento dei cittadini europei, le politiche migratorie e le retoriche
sulla riduzione delle disuguaglianze mostra le proprie contraddizioni proprio nel trattamento dei Rom sul
territorio europeo. La mancata attuazione delle Raccomandazioni sull'integrazione ha spinto l'UE a promuovere
nel 2011 una maggiore responsabilizzazione a livello interno a partire dall'elaborazione di strategie nazionali 24
(EU, 2014)25. Gli anni successivi sono stati dedicati alla raccolta di dati sistematici26, all'analisi della fase di
implementazione27 delle politiche e, più recentemente, alla valutazione dei primi risultati. Da questi risultano
22 11 Paesi membri analizzati dal FRA: Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Grecia, Italia, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania,Slovacchia, Spagna, 5 paesi membri analizzati da UNDP Bulgaria, Repubblica Ceca,Ungheria, Romania, Slovacchia più 6 paesinon membri: Croazia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Serbia, Albania e Macedonia. Moldova
23 Tuttavia nel report si specifica che sono esclusi dalla ricerca i gruppi che abitano in residenze mobili o di fortuna.24 Consiglio Europeo, Conclusioni (2011/C 258/04).
25 2014 EU (2014), Roma implement strategies 2014.26 ERPC (2012), Analysis of the national roma integration strategies; UNDP (2012), The housing situation of Roma communities-
Regional Roma Surve,; UNDP (2012), The housing situation of Roma communities-Regional Roma Survey; FRA e UNDP (2012),Roma situation in 11 state member in Europe-Roma-at-a-glance_EN
27 CoE (2013), Implementing national Roma integration strategies; 2013 EC (2013), Communication Steps forward in implementingnational roma integration strategies; EU (2013), Proposal for a council recommendation on effective roma integration measuresin the MS; OSCE (2013), Implementation of the action plan for Roma and Sinti.
12
strategie nazionali ancora insufficienti nel ridurre l'esclusione sociale (OSCE, 2013), mancanti di pianificazione
dinamica e soggette al vecchio problema della difficoltà di traduzione delle strategie in benefici tangibili (O'Nions,
2014). La valutazione stessa è resa difficile dalla difficoltà di avere stime numeriche, anche per la varietà di
metodi utilizzati dalle agenzie europee in base alle possibilità fornite da ciascun paese (Brown, Martin, Scullion
2014).
Per quanto riguarda la questione abitativa e la valutazione della sua adeguatezza è necessario considerare
sia le strutture sia i servizi ad essa collegati. In generale esistono diversi modelli abitativi, in aree rurali e urbane,
qui spesso in aree periferiche e in condizioni di maggiore isolamento. Le situazioni presentano forti
differenziazioni entro i diversi paesi e altrettanto diversi appaiono gli interventi e le soluzioni proposte, in base
alle concezioni riguardanti i modelli e le politiche di integrazione, la normativa su minoranze e immigrati, la
disponibilità di risorse economiche e materiali e la stessa considerazione delle comunità romanì.
Di seguito verranno presentati i casi dei Paesi europei che negli ultimi anni hanno attuato i maggiori sforzi
in direzione di un cambiamento di azione nei confronti dell'inserimento abitativo dei gruppi rom più svantaggiati,
con l'obiettivo primario di ridurre segregazione ed esclusione sociale.
Nel contesto europeo occidentale si può iniziare del Regno Unito la cui popolazione Rom è composta
soprattutto da richiedenti asilo e immigrati arrivati tra gli anni Novanta e i primi Duemila. Esiste una concezione
diffusa che separa i Rom migranti da Gypsies e Travellers di lunga residenza, e che assume valore negativo
riguardo a comportamenti percepiti come incomprensibili o antisociali (Clark, 2014). Tali concezioni culturali
prendono forma in stereotipi che distinguono tra 'veri' e 'finti' gitani, basati su rappresentazioni romantiche e
positive risalenti al periodo vittoriano, in contrasto ad altre percepite come negative, riemerse in un recente
dibattito sulla pianificazione delle politiche che ha discusso un cambiamento delle correnti definizioni legali di
'travellers' (Clark e Taylor, 2014).
In questo quadro la questione della casa è percepita come una delle prime per le famiglie Rom, soprattutto
per i problemi riguardanti la proprietà e gli sgomberi, i servizi e i costi dell'affitto privato (Clark, 2014). Le
condizioni abitative negative riguardano, infatti, molte comunità e sono collegate ad alti livelli di razzismo,
soprattutto verso i Rom rumeni e bulgari (Craig, 2011) sebbene il concetto di 'ghetto' possa non essere applicato
a Rom e Travellers nel Regno Unito (Powell, 2013). Dal 2010 le autorità locali sono state individuate come
responsabili nei confronti delle necessità abitative delle comunità zigane e travellers, ma la realtà indica come
queste siano trascurate spesso a causa dei pregiudizi (FRANET, 2013c). La strategia nazionale è stata concepita
come rivolta più alle comunità residenti che a quelle migranti, e nei loro confronti mira più a prevenire il 'turismo'
per i benefici sociali (O'Nions 2014) che a promuovere l'integrazione sociale ma il coinvolgimento di associazioni
e organizzazioni ha permesso di muovere alcuni cambiamenti, attuando progetti in grado di agire sugli stereotipi
più diffusi attraverso il coinvolgimento attivo dei Rom (Clark, 2014). Alcuni di questi progetti hanno un carattere
integrato come nel caso di Glasgow, centro scozzese con un'alta percentuale di residenti Rom di origine ceca,
slovena e romena, i cui arrivi recenti hanno posto pressione proprio sul settore abitativo in un contesto
fortemente multietnico (ROMANet, 2013). Qui molti Rom risiedono in affitto nello stock residenziale sociale
anche se con bassi livelli qualitativi e carenza di igiene. Il governo ha avviato un programma di prevenzione
13
incendi ma ulteriori azioni restano da compiere da parte di autorità pubbliche e associazioni per sostenere i
processi di mix culturale e integrazione. Una buona pratica è rappresentata dal progetto denominato Cambridge
Sub-Region Traveller Needs Assessment 2005-2010 (Cambridge Model of Gypsy/Traveller), sviluppato nel 2006
per risolvere il problema degli insediamenti illegali: l'approccio seguito è di ampio respiro e si basa sulle linee
guida stabilite per identificare le comunità interessate a livello locale e le loro necessità abitative e di servizi, per
fornire soluzioni diversificate sul territorio programmando un piano di azione a lungo termine (FRA, 2009a).
Elementi positivi sono la cooperazione attuata tra istituzioni a livello locale e il livello di coinvolgimento delle
comunità interessate.
In Irlanda sono presenti i cosiddetti Travellers, una comunità nomade indigena che condivide lingua e
cultura e viene spesso associata alla popolazione Rom, pur costituendo un gruppo differente. I Travellers non
sono riconosciuti come gruppo etnico ma come comunità dalle leggi antidiscriminazione del 1998 e del 2000. La
comunità Rom è arrivata in Irlanda solo in tempi recenti e ammonta a circa 3-6.000 persone (FRANET, 2013). La
maggior parte dei gruppi è sedentaria presso le aree urbane a ovest, i dati sono aggiornati da un censimento
annuale e la questione della segregazione appare controversa perchè gli insediamenti sono abitati soprattutto da
Travellers ma questo non sembra avere effetti negativi (FRANET, 2013a). Il problema maggiore appare il mancato
accesso ai servizi domestici come l'acqua corrente e la distanza da servizi essenziali (FRA, 2009d). Le normative
abitative si rivolgono prevalentemente ai Travellers e risalgono all'Housing Act del 1998, che dà il compito alle
strutture locali di organizzare e fornire sistemazione attraverso organismi dedicati, mentre dal 2002 un nuovo
documento punisce col carcere la sosta su terreni senza consenso dei proprietari. La maggior parte delle famiglie
vive in siti autorizzati o in abitazioni comuni, ma in condizioni peggiori rispetto ai non-travellers. Il primo dei
recenti progetti di miglioramento è il South Dublin County Council diviso in tre fasi dal 2000 ad oggi per il
superamento dei campi illegali e la ricollocazione in nuovi alloggi affittati sul mercato privato e pubblico. Il
secondo è il Meath County Council (MCC) Local Traveller Accommodation Consultative Committee (LTACC) e il
Meath County Council Traveller Accommodation Programmes (TAP), attuato tra il 2009 e il 2013 con
quarantanove famiglie travellers che hanno fatto domanda per abitazioni standard pubbliche, trentadue per i siti
specifici, e quattro in lista d'attesa senza specifiche preferenze: la scelta è caduta su un'ampia area rurale con
diverse piccole e medie cittadine e i siti autorizzati sono in una zona che ha una lunga storia di integrazione. Il
progetto è inserito in una strategia integrata che cura anche salute, educazione, giustizia e impiego.
In Belgio è presente una percentuale minima di Rom, per la maggior parte di origine immigrata, sedentaria
e residente in appartamenti e poche aree sosta vicino alle grandi città. Le condizioni abitative sono in genere
abbastanza buone per i siti pubblici anche se la mancanza di posti sufficienti può renderle sovrappopolate,
mentre le condizioni delle aree private sono maggiormente legate alle condizioni economiche del proprietario
(De Hert, Van Caeneghem, Milieu, 2013). Le Fiandre hanno investito nel miglioramento della qualità delle
abitazioni e hanno promosso un maggiore impegno dei comuni per la creazione di aree per i caravan: questi nel
2012 sono stati riconosciuti come abitazioni e ciò ha migliorato la situazione dei gruppi itineranti. Tra i Rom
sedentari molti, non potendosi permettere le abitazioni, vivono in slum o in edifici occupati abusivamente
mentre altri vivono in case di bassa qualità. Dal 2011 sono aumentati i servizi informativi per l'integrazione e dal
14
2013 mediatori culturali, rappresentanti di quartiere e consulenti lavorano nell'area di Bruxelles e nelle Fiandre
per informare e supportare Rom e non-Rom rispetto agli interventi abitativi (EU, 2014).
In Francia risiedono circa 400 mila Rom, comprendenti diversi gruppi tra autoctoni e migranti, pari a meno
dell'1% della popolazione totale. Il mancato riconoscimento della minoranza non permette però di avere dati
aggregati e informazioni specifiche. I maggiori problemi delle comunità romanì in Francia sono sicuramente la
discriminazione etnica e le espulsioni di massa (ERRC, 2013). La maggior parte risiede presso le aree urbane,
spesso in zone periferiche e disagiate, nel tentativo di evitare gli sgomberi. La Francia non fa parte della Decade
for Roma Inclusion ma ha aderito alla richiesta UE di proporre una strategia nazionale di intervento pur tenendo
conto dello specifico contesto legislativo, che rifiuta l'utilizzo di politiche esplicitamente dirette alle minoranze a
favore di un approccio indirizzato alle disuguaglianze sociali su base territoriale: entro la strategia nazionale
proposta all'UE il focus è dunque sulla riduzione della discriminazione ma le politiche di implementazione
risultano ancora carenti e scarsamente attuate (ERRC, 2013b). Nel 2006 e soprattutto nel 2010 è stato eseguito
un altissimo numero di sgomberi e 'rimpatri assistiti' in condizioni di scarsa informazione (Doytcheva, 2012;
ERRC, 2013F). Questi provvedimenti, spesso attuati con motivazioni di pubblica sicurezza ma di fatto limitati ai
campi-rom (O'Nions, 2014), violano gli stessi principi fondamentali francesi dell'eguale trattamento, che non
permettono politiche esclusive di integrazione basate su fattori etnici ma di fatto non hanno impedito
provvedimenti discriminatori in base a motivazioni securitarie.
Nel tentativo di trovare una mediazione locale rispetto alle politiche repressive nazionali dal 2006 sono stati
inaugurati nove 'Villaggi di Integrazione' (Village d'insertion), dispositivi abitativi consistenti in insediamenti di
roulotte o case modulari dedicati solo a Rom, con precise regole di accesso e permanenza. Il primo è nato tra il
2007 e il 2011 ad Aubervilliers con intenti di accoglienza positiva per ottanta persone inserite in case
prefabbricate ma ciò non ha escluso aspetti coercitivi e soprattutto selettivi (Doytcheva, 2012) con l'ammissione
al villaggio solo per un sesto degli abitanti dell'insediamento originario e il rimpatrio forzato degli altri. Altro
progetto è quello di Montreuil, che si è proposto di evitare la selezione degli abitanti, creando un programma di
aiuto denominato MOUS Roms per un'area di accoglienza dotata di servizi e accompagnamento all'inserimento
sociale per trecentocinquanta persone in due villaggi di caravan. Entrambi questi progetti, concepiti come
temporanei, sono ancora attivi, a dimostrazione di un parziale superamento delle condizioni emergenziali
precedenti e di una persistente ambigità di fondo nella loro progettazione, che sembra basarsi su principi di
selezione, sicurezza e omogeneità etnica (Bessone e al., 2014) e sembra confermare una politica dell'eccezione
(Doytcheva, 2012) che non si inserisce nelle azioni di policy invocate dai riferimenti europei e non ne utilizzano i
fondi (Bessone e al., 2014). I campi, giustificati nella loro monoetnicità dalla numerosità delle famiglie coinvolte e
presentati come soluzioni amministrative che riducono le condizioni di vita indecenti rispettando i diritti umani,
rientrano nel meccanismo di giustificazione delle stesse espulsioni, presentate come rispettose delle procedure,
lasciando in secondo piano la loro legittimità e motivazione (Parker, 2012).
In Italia i Rom rappresentano lo 0,25% della popolazione totale, la maggior parte vive nelle città, in aree
periferiche e suburbane. Quasi la metà dei Rom sono italiani (UNAR, 2012) e, di questi, il 48,5% vive in condizioni
di disagio in baracche, case mobili o roulotte, solo il 23,1% risiede in abitazioni private e il 26,6% in appartamento
15
(Palvarini, 2012). In Italia la strategia abitativa istituzionale è rappresentata dai cosiddetti 'campi-nomadi', aree
predisposte a livello municipale per la sosta temporanea e l'accoglienza delle comunità identificate come
nomadi, caratterizzate da collocazione periferica, strutture abitative temporanee e sotto standard, sistemi di
sorveglianza (ERRC, 2000): in questo modo i campi hanno avuto la funzione di definire le comunità rom come
categoria istituzionale bisognosa di assistenza e controllo (Brunello, 1996; Sigona, 2002; 2005). Ma la condizione
peggiore è vissuta dai Rom immigrati di recente arrivo. Assieme ai campi ufficiali, infatti, sono nati numerosi
campi informali e non autorizzati, spesso costituiti da baracche mancanti di servizi essenziali, posizionati in aree
distanti dai centri urbani. La Strategia Nazionale proposta nel 2012 ha riconosciuto la necessità di superare la
soluzione dei campi in quanto luogo di degrado (UNAR, 2012).
Il vero livello politico di azione è quello locale dove si possono rintracciare esempi di un cambiamento di
strategia attraverso la pluralizzazione delle proposte abitative che descrivono approcci alternativi alla questione
(Vitale e Brembilla, 2009; Vitale e Caruso, 2009), ma anche qui non sono escluse ambiguità (cfr. Manzoni, 2012).
La sperimentazione è sostenuta dallo sfondo normativo stabilito a livello regionale e dal trasferimento agli enti
locali delle competenze regolative in materia di welfare abitativo, politiche di immigrazione e integrazione. Le
formule utilizzate differiscono in base alle risorse disponibili sul territorio e alle modalità progettuali più o meno
integrate secondo approcci differenziati rivolti al superamento della segregazione, della precarietà abitativa e
dell'isolamento. Le soluzioni proposte sono differenti e propongono strumenti come l'accesso all'edilizia pubblica
(Trento, Reggio Calabria), la costruzione di micro-aree abitative (Modena), il recupero e autocostruzione di
strutture inutilizzate (Settimo Torinese, Messina) o l'accompagnamento all'autonomia abitativa attraverso
l'accesso al mercato privato degli affitti (Bologna, Torino). In molti casi risulta importante il ruolo anche delle
associazioni e del settore privato (Bia, 2009; Vitale, 2009).
In Spagna la situazione abitativa appare più equilibrata e avanzata, con i cittadini Rom distribuiti nelle aree
rurali e nelle piccole cittadine, in aree non periferiche. L'88% della popolazione rom vive in abitazioni normali
mentre continua il lavoro per eradicare gli slum (Commissione Europea, 2010) perchè l'accesso alla casa
rappresenta da diversi decenni una priorità del programma spagnolo di inclusione delle comunità gitana,
attraverso l'insediamento in appartamenti sul mercato pubblico e privato. La prima fase fu attuata attraverso la
concentrazione di questa popolazione negli stessi palazzi, ma i problemi legati alla segregazione spinsero a
modificare le politiche verso modelli residenziali misti, con migliori esiti (Palvarini, 2012). Le abitazioni del
mercato privato sono divenute accessibili grazie all'alta percentuale di lavoratori stabili, che ha permesso di
accedere al sistema finanziario e bancario, mentre l'accesso all'housing sociale è dovuto ad un sistema regolato
in base al reddito e non all'etnia. Tra i programmi di maggiore successo ci sono il Programa de Vivienda de
Integración Social (VIS) (programma di housing per l'integrazione sociale) attuato tra il 1998 e il 2008 nella
regione della Navarra e l'Instituto de Realojamiento e Integracion Social (istituto per il ri-alloggiamento e
l'integrazione sociale) realizzato a Madrid tra 1999 e 2008 (FRA, 2009a). Il primo, rivolto al superamento degli
slum, ha permesso la ricollocazione di ottocento famiglie, di cui trecentoventi rom, in abitazioni private
attraverso la collaborazione di ONG e il finanziamento diretto di metà dei costi degli alloggi. Caratteristiche
fondamentali sono state l'intervento privato e la dispersione territoriale. Il secondo, sempre mirato
16
all'eliminazione degli slum dei 'quartieri speciali', ha trasferito circa duemila famiglie in abitazioni dell'istituto che
ne ha garantito la ristrutturazione, in cambio di un minimo affitto mensile più basso dei prezzi di mercato.
Bisogna però specificare che tali progetti hanno coinvolto soprattutto i gitani spagnoli (gitanos) ma non i migranti
rumeni e bulgari.
In Germania esiste una varietà di situazioni abitative riguardanti i Rom e Sinti residenti, molti vivono in
abitazioni non ottimali ma molti altri hanno abitazioni normali o migliori dei non-Rom. Esistono alcuni
insediamenti precari ma non sono legati al nomadismo, ormai non presente. Il fattore che sembra differenziare le
condizioni abitative sembra il possesso della cittadinanza. La situazione più difficile è vissuta dalle famiglie
numerose e dai migranti che spesso non hanno abbastanza soldi per pagare il deposito e sono più soggetti a
discriminazioni. Rom e Sinti sono sovrarappresentati anche nell'edilizia pubblica. Molti che entrano in Germania
con richiesta d'asilo non riescono a trovare sistemazione diversa dai centri per rifugiati. Gli sgomberi riguardano
soprattutto i siti illegali, ma sono meno frequenti per gli altri alloggi grazie ad una legge sugli sgomberi che
fornisce molte garanzie. Esistono alcuni progetti di miglioramento delle condizioni abitative soprattutto per Rom
tedeschi, due in particolare sono: Horizons of Roma - Empowerment for Roma Families per sostenere
l'integrazione sociale attraverso attività interculturali condivise, e Mobile Contact Point for European Migrant
Workers and Roma – Conflict Intervention against Anti-Gypsyism un centro informativo per le questioni
riguardanti la casa, i contratti ela ricerca dell'abitazione (FRANET, 2013b).
Nell'Europa centro orientale, nonstante una presenza più alta e più duratura di popolazioni rom, persistono
situazioni molto differenziate e di alta criticità, connesse al già citato passaggio dal sistema socialista a quello
liberista. Il problema più diffuso in tutti i Paesi è la mancanza di titoli di proprietà delle abitazioni, dovuta anche
alla fase di privatizzazione, con conseguenti alti numeri di sgomberi forzati spesso non bilanciati da sufficiente
protezione legale (Perić, 2012). Altro problema sono le forti discriminazioni, più o meno indirette, per l'accesso
agli alloggi pubblici. Da un report datato 2011 in grado di confrontare cambiamenti e progressi rispetto al 2004
risultano scarsi migliormenti generali per quanto riguarda le condizioni abitative, dove solo l'accesso ai servizi
sanitari segna un generale miglioramento (Perić, 2012).
La Bulgaria è uno dei paesi per i quali il miglioramento delle condizioni di vita delle minoranze è stato
condizione di accesso all'Unione, dunque sono stati avviati alcuni tentativi in questo senso grazie ad un
programma nazionale. É uno dei pochi paesi ad aver compiuto progressi nel settore abitativo per i Rom per
quanto concerne l'accesso ai servizi idrici e sanitari, il miglioramento delle condizioni di sicurezza e l'adeguatezza
degli spazi, ma problema persistente è la segregazione abitativa, collegata alla forte discriminazione (European
Commission, 2010): la maggior parte degli insediamenti abitati da Rom si trova infatti in aree suburbane e
periferiche anche se esistono alcuni progetti per rispondere al problema degli insediamenti informali e fatiscenti
come nella città di Kavarna, dove la municipalità ha stabilito di assegnare un terzo dei fondi per il miglioramento
dei quartieri a quelli abitati da Rom, investendo in strade e infrastrutture (Perić, 2012).
I Rom in Repubblica Ceca sono riconosciuti come minoranza nazionale e rappresentano circa l'1,4% della
popolazione (ERRC, 2013a). Durante il comunismo il miglioramento delle condizioni economiche era concepito
17
come passaggio per l'assimilazione culturale ma con la repubblica si è aperto il dibattito sull'opportunità di un
approccio specifico o generale alle problematiche della minoranza romanì. La tendenza politica di escludere un
atteggiamento neutrale è stata recentemente ribaltata dall'UE che ha richiesto un maggiore impegno nel
contrasto delle discriminazioni specifiche antizigane. A livello locale, però, sembra diffusa la concezione che siano
preferibili i programmi generali di sviluppo, sia per evitare fenomeni di competizione con i non-Rom che
alimentano ulteriori discriminazioni sia per ridurre la stessa percezione dei Rom di subire trattamenti speciali o
essere considerati persone disagiate: il vero nodo sembra dunque essere l'azione sui pregiudizi anti-zigani
piuttosto che l'integrazione in senso generale (Cashman, 2008). Nell'ambito abitativo la Repubblica Ceca è il
paese col maggior numero di sgomberi forzati (ERRC, 2013) ma anche con un'alta percentuale di residenti rom in
strutture di housing sociale concentrate soprattutto nei centri urbani. Questo riduce i problemi di abitabilità
(Perić, 2012) ma anche la percentuale di proprietari veri e propri. Un caso particolare riguarda gli alloggiamenti di
famiglie rom in ostelli residenziali privati che offrono però una minore protezione legale rispetto agli sgomberi e
sono soluzioni solo temporanee (ERRC, 2013a). Esistono poi situazioni particolarmente critiche collegate alle
condizioni di povertà, che limitano le alternative e hanno condotto a fenomeni di concentrazione in aree povere
come nella città di Usti Nad Laben dove nel 1998 fu costruito un muro separatorio del quartiere rom dal resto
della città (O'Nions, 2014), recentemente sgomberato senza fornire soluzioni alternative (ERRC, 2013). Ci sono
però anche progetti considerati buone pratiche come quello del Coexistence Village nato su iniziativa di una ONG
che ha coinvolto volontari e società civile nella città di Hrušov, in seguito ad un'alluvione che ha lasciato
quindicimila persone senza casa (FRA, 2009b): per superare le abitazioni temporanee allestite dalla municipalità,
che presentavano uno standard inferiore per i Rom rispetto ai non-Rom, il progetto ha portato alla costruzione
nel 2002 di un'area con trenta abitazioni, assegnate per un terzo a Rom, un terzo a non-Rom e un terzo a famiglie
miste. L'innovatività è data dall'iniziativa privata in collaborazione con attori istituzionali e nell'approccio
integrato con attenzione al contesto culturale al fine di superare gli stereotipi, nell'ottica della convivenza,
secondo la linea dell'approccio aperto a tutta la comunità civile.
Anche in Ungheria la transizione dal sistema socialista ha lasciato un sistema economico in crisi che ha
portato all'allargamento delle fasce povere della popolazione e alla crescita del numero di homeless, i quali
hanno subìto un processo di criminalizzazione ed esclusione morale (Udvarhelyi, 2013). Tra questi molti Rom che,
sebbene riconosciuti quale maggiore minoranza nazionale, sono stati particolarmente coinvolti nel processo di
stigmatizzazione. Il processo di adesione all'Unione ha però richiesto interventi di miglioramento che hanno
avviato alcuni cambiamenti. Dalle verifiche dell'UNDP (Perić, 2012) l'Ungheria emerge come uno dei pochi paesi
ad aver attuato dei miglioramenti nei vari ambiti del settore abitativo per i Rom ed è il secondo Paese con la
maggiore percentuale di Rom abitanti in case pubbliche. Nel 2005 è stato lanciato il programma Housing and
Social Integration Programme (HSIP) e un ampio programma di eradicazione degli slum è stato avviato con
ingenti investimenti diretti a trentanove villaggi con comunità romanì entro un piano nazionale di eliminazione
della segregazione (European Commission, 2010; EU, 2014). A Kerecsend è stato attuato il trasferimento dagli
slum ad abitazioni integrate ad affitto calmierato e con una quota aggiuntiva da pagare per l'acquisto futuro di
un'abitazione, in modo da lasciare il posto a nuove famiglie, è previsto poi il miglioramento delle aree segregate
18
e l'obiettivo della riduzione delle disuguaglianze scolastiche e lavorative. Aspetti innovativi sono stati l'appoggio
di una rete di esperti e la collaborazione dei beneficiari ai lavori di rinnovamento. A Szomolya sono state
eliminate le 'case-cantina' attraverso il trasferimento di quattordici famiglie in abitazioni normali, sostenendo
anche le loro condizioni sociali attraverso il supporto alla scolarizzazione, al lavoro e alle associazioni specifiche
(FRA, 2009b).
In Romania risiede una delle maggiori popolazioni Rom, costituita da diversi gruppi, per circa il 10% sul
totale (ERRC, 2013c). Tale popolazione si presenta abbastanza stratificata, con alcune comunità piuttosto ricche,
abitanti in grandi case per le famiglie estese e in quartieri omogenei, altre comunità di classe media composte da
lavoratori artigiani e artisti e infine comunità molto povere, che vivono ai margini della società: il livello di
integrazione sociale rispecchia il livello economico di ciascuna (Creţan e Turnock, 2008) e la maggior parte abita
in piccoli villaggi di campagna. Da qui sono partiti consistenti flussi migratori verso l'Europa occidentale, dovuti
alle condizioni interne di estrema povertà ed emarginazione: ad essi sono legate le espulsioni di massa attuate
dalla Francia nel 2010. Nonostante una legge del 1993 sull'housing sociale che ha consentito l'accesso di
quindicimila Rom, le condizioni di vita delle comunità più povere sono caratterizzate da alloggi sottostandard,
discriminazione nell'accesso a situazioni abitative autonome e frequenti sgomberi da siti formali e informali,
privati e pubblici ma soprattutto da isolamento spaziale. A livello legislativo non esistono chiari riferimenti per il
riconoscimento delle minoranze e l'approccio nazionale proposto nel 2012 per il quadro strategico europeo è di
tipo socio-economico e non fa riferimento ai diritti umani nè al contesto discriminatorio, che rappresenta un
aspetto rilevante (ERRC, 2013c), ma prevede un piano di costruzione di housing sociale, seppure non definito in
termini di investimenti economici, calendario e obiettivi. Tra il 1993 e il 2003 i Rom romeni hanno avuto accesso
al programma di finanziamento europeo PHARE, ma negli anni Duemila, come in altri paesi candidati ad accedere
all'Unione, i loro livelli di integrazione apparivano ancora insoddisfacenti. Allora sono stati avviati diversi
programmi di azione per il miglioramento della situazione, anche col coinvolgimento di esperti rom. Da qui alcuni
progressi come nel quartiere Măguri a Lugoj, dotato di nuovo sistema idrico e fognario e di una strada di
collegamento al centro-città, di un centro culturale e del sistema di riscaldamento per la locale chiesa ortodossa,
oltre allo spazio disponibile per cento nuove abitazioni (Crețan e Turnock, 2008). Nel 2008 è stato approvato un
programma di Housing Sociale per le comunità rom, che mira alla costruzione di trecento appartamenti in social
housing nelle otto regioni nazionali (Commissione Europea, 2010).
Anche la Slovacchia ha una delle maggiori popolazioni rom europee, intorno al 6-8% della popolazione
totale, la maggior parte vive in quartieri integrati ma il 40% in comunità segregate alle estreme periferia della
città e senza infrastrutture (ERRC, 2013d), mentre la riforma del welfare del 2003-2004 ha previsto condizioni che
escludono dall'accesso ai benefit per la casa gli abitanti degli insediamenti rom informali e le famiglie con debiti.
In Slovacchia si trova, a Košice, uno dei più grandi e famosi ghetti rom d'europa. 'Lunìk IX', costruito negli anni
Settanta in periferia come quartiere di coabitazione per Rom e ufficiali di polizia e concepito come una "buona
pratica", con la caduta del sistema comunista ha visto collassare il sistema economico basato sul sostegno statale
e il lavoro nella vicina area industriale diventando un'area economicamente problematica. Col tempo la
municipalità ha concentrato nel quartiere anche gli abitanti rom di insediamenti vicini mentre i non-Rom si sono
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spostati, rendendolo di fatto un'area monoetnica sovrappopolata e caratterizzata da gravi problemi socio-
economici come povertà, disoccupazione e degrado (Perić, 2012). La problematicità del quartiere ha spinto le
aree circostanti ad erigere dei muri divisori, arrivati oggi a quattordici (O'Nions 2014,) aggravando le condizioni di
isolamento, mentre altri muri sono stati eretti in quartieri simili. Altri aspetti problematici permangono
nonostante l'esistenza di piani di policy alternativi - Revised Action Plan, Strategia Nazionale, Roma Reform
(ERRC, 2013) – che restano però inattuati, sia per quanto riguarda la costruzione di strutture di housing sociale
che per i programmi di social mix, mentre rimane ancora molto alto il numero di sgomberi attuati in base alle
leggi ambientali e alla complessità delle procedure di legalizzazione delle abitazioni, troppo complesse da gestire
per molti abitanti rom (ERRC, 2013).
Tra i programmi che invece hanno apportato qualche miglioramento si segnala l'Housing Development
Programme, che indirizza fondi ai comuni per l'affitto abitativo e la costruzione di infrastrutture: un'ampia fetta è
stata riservata al miglioramento degli insediamenti rom per cui sono stati previsti due modelli costruttivi, uno di
medio e uno di basso livello con diverse quote di sostegno economico da parte della municipalità (FRA, 2009e).
Entro questo programma sono stati attuali progetti positivi, il primo a Vaľkovňa per la costruzione in centro città
di due nuove strutture abitative per un totale di dieci abitazioni per famiglie rom in situazione di disagio
abitativo: iniziato nel 2000 si è concluso nel 2009 con l'ingresso delle famiglie interessate, provenienti da case
sovrappopolate. L'approccio è stato di tipo integrato, ha coinvolto il consiglio municipale inizialmente negativo,
ha previsto servizi aggiuntivi come un asilo e un centro comunitario e ha scelto lo standard di alto livello
prevedendo un contributo anticipato dai futuri occupanti e il loro coinvolgimento nelle fasi di implementazione,
oltre a costi di affitto inferiori ai contributi statali e a chiare regole e sanzioni per i mancati pagamenti (FRA,
2009e). L'altro caso è quello di Nálepkovo, anche qui attraverso la costruzione di nuovi alloggi per la comunità
rom locale abitante in case sovrappopolate e in precari insediamenti periferici: la strategia prescelta è stata la
costruzione di casette e nuove infrastrutture nel quartiere rom alla periferia e appartamenti in un quartiere
cittadino e in un'area poco fuori città. Ci sono state tre fasi di ricollocazione abitativa tra il 1994 e il 2006, ma
un'alluvione nel 2008 ha distrutto parte delle strutture e la municipalità ha trasferito gli abitanti in tende precarie
e poi in case prefabbricate, dopo le proteste e l'attenzione dei media, però, è ora è in progettazione una quarta
fase costruttiva. Il programma aveva previsto dei fondi per il micro-credito per il miglioramento degli alloggi di
Rom e non-Rom entro il programma PHARE, in collaborazione con diversi enti ed ONG ma i progetti proposti
dalla facoltà di architettura, elaborati su una concezione ideale della cultura rom, si erano dimostrati distorti e
poco funzionali nella realtà e avevano costretto la municipalità a modificare i piani originari per abitazioni in
legno, mentre un approccio integrato è stato impiegato solo alla fine. Il programma ha avuto quindi diverse fasi e
adattamenti durante il percorso, presenta alcuni aspetti positivi come la progettualità a lungo termine, l'impegno
economico diretto della municipalità attraverso l'uso di strumenti diversi, la collaborazione tra istituzioni
pubbliche e ONG private, ma permangono alcune criticità come l'isolamento territoriale che riguarda soprattutto
uno dei quartieri, non fornito di mezzi pubblici di collegamento alla città, la qualità costruttiva non ottimale e la
dubbia sostenibilità nel tempo legata al crecere della popolazione (FRA, 2009e).
La popolazione rom in Macedonia è circa il 7% di quella totale: molti sono giunti come profughi dal Kosovo
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nel 1999, e questo loro status crea ancora oggi delle difficoltà a livello burocratico e istituzionale. La maggioranza
vive a Skopje (ERRCm, 2012). I costi dei servizi appaiono molto più alti per i Rom rispetto ai non-Rom. Da ricerche
recenti emergono alcuni progressi per quanto riguarda gli spazi, la sicurezza delle abitazioni e l'accesso ai servizi
sanitari, ma ancora molto lavoro rimane da fare. Il problema maggiore è rappresentato dalla segregazione
soprattutto in area urbana e dalla mancanza di documenti regolari che rendono difficile la stabilizzazione e il
riconoscimento della proprietà nonchè l'adeguamento delle condizioni abitative. Esistono in particolare due siti -
Cicino Selo e Strahil Andasarov - che rappresentano zone particolarmente critiche: il primo è un campo vacanze
trasformato in campo profughi nel 1990 e ancora abitato da una maggioranza di profughi rom, il secondo, situato
vicino a Skopje, è stato chiuso alla fine del 2012 e alcune famiglie, tranne sei che hanno trovato sistemazione
alternativa, trasferite a Cicino Selo (ERRC, 2013mac). Esiste un fondo per l'housing sociale che è ancora poco
incisivo (solo trenta abitazioni sono assegnate ai Rom su settecentocinquantatre disponibili) e una legge sugli
alloggi abusivi che possono essere legalizzati se costruiti entro il 2011, che potrebbe interessare molti Rom
(ERRCmac, 2012): il problema dei costi di regolarizzazione è stato in parte superato grazie all'intervento di alcune
associazioni specifiche in diciotto città. Nel 2012 è stato proposto dal sindaco della città di Shtip un piano di
ricollocazione di quaranta famiglie Rom in tre insediamenti alla periferia della città nei pressi di una nuova strada,
secondo un graduale piano di costruzione di nuovi palazzi ma questo non è apparso soddisfacente alle famiglie
coinvolte per via della distanza dell'area proposta dal centro della città.
La Bosnia-Erzegovina ha aderito alla Decade of Roma Inclusion nel 2008, decidendo lo stanziamento
decennale di fondi per il miglioramento della condizione dei Rom. Dopo un bando pubblico è stato stabilito il
finanziamento di otto progetti abitativi, mentre altri nove sono stati finanziati da un'organizzazione privata (SIDA)
secondo i seguenti criteri: costo per unità abitativa, collegamenti infrastrutturali, partecipazione dei Rom al
processo di selezione e monitoraggio, selezione condivisa dei beneficiari. Nel 2010 sono quindi state ricostruite o
migliorate duecentounidici unità abitative. Nel 2010 sono stati selezionati altri tredici progetti a Zenica e Teslić
(Dzuderija, 2012). Anche grazie a questi progetti la Bosnia registra numerosi miglioramenti soprattutto nel campo
della sicurezza, degli spazi abitativi per persona e dei servizi sanitari (UNDP, 2012).
Conclusioni
Dall'analisi dei casi presentati, emerge un quadro europeo fortemente disomogeneo per quanto riguarda le
azioni di miglioramento delle condizioni abitative di molte comunità zigane. Il forte intervento istituzionale
europeo dei primi anni Duemila, che ha tentato di uniformare i riferimenti normativi e le azioni di policy almeno
all'interno del contesto dell'Unione, si è scontrato con l'effetto imprevisto della deresponsabilizzazione a livello
interno (McGillan e O'nions 2014, Kovats, 2012). La riduzione dell'impegno diretto dei governi ha costretto ad un
cambio di strategia, attraverso la promozione nel 2011 dei piani di azione nazionale, rimasti però ancora in buona
parte sulla carta. Se le retoriche dei documenti, infatti, ribadiscono con forza il tema dell'integrazione e della
promozione delle comunità, nei fatti non sempre la normativa è pronta ad appoggiare schemi di azione positiva
e, anzi, in alcuni casi appare sostenere i provvedimenti più negativi come accaduto per i processi di
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identificazione ed espulsione forzata in Francia e Italia, attuati proprio grazie alla legislazione dell'Unione che
riconosce la motivazione della sicurezza come sufficiente a regolare accessi e libertà di movimento dei cittadini
(Parker, 2012). Fatti come questo mettono in luce non solo la limitatezza delle politiche di regolazione dei
processi di integrazione, ma soprattutto l'intrinseca ambiguità della definizione di cittadino europeo,
potenzialmente riducibile in base alle esigenze di controllo e securizzazione.
Il vero problema sembra essere quello della limitata comunicazione tra livelli istituzionali differenti ma
soprattutto quello dell'implementazione, che rende molto lenta la traduzione degli intenti in pratiche reali di
inclusione (Millant, 2014). Questo accade perchè, anche dove esistono strumenti sovranazionali di riferimento,
norme e indicazioni non hanno il potere di agire per conto delle autorità locali e non possono assumerne le
responsabilità (Goldston, 2002), e vedono il proprio ruolo ridimensionato a funzioni di orientamento o sostegno
economico, mentre il ruolo politico rimane alle autorità nazionali e locali che applicano scelte differenti inoltre
non è sempre forte la coordinazione tra i vari stakeholder e manca la volontà di riconoscere le reali necessità dei
Rom coinvolti (Millant, 2014).
Quindi, analizzando la situazione all'interno dei vari contesti si può riconoscere come gli interventi proposti non
sempre abbiano carattere innovativo e integrato, e spesso si limitino a riproporre strumenti già fallimentari in
altri contesti (Francia), dalla portata limitata nel tempo (Kosice) o caratterizzati da uno scarso utilizzo delle risorse
disponibili (Anderini e Racioppo, 2013).
Scendendo ulteriormente nel dettaglio emerge come significativa la condizione di status delle persone
interessate dagli interventi di promozione: il possesso della cittadinanza e l'articolazione tra cittadini e non-
cittadini UE crea molte differenze nelle fasi di traduzione e di accesso ai progetti sul territorio e si dimostra,
ancora una volta, limitata nel tenere conto delle variabili individuali rispetto alla rete di definizioni utilizzata a
livello isituzionale.
Altro fattore è la differenza di contesto tra paesi dell'Europa occidentale e orientale: non solo il processo di
europeizzazione sembra viaggiare su percorsi diversi, ma le stesse condizioni interne si presentano abbastanza
differenti da richiedere approcci di tipo diverso. Nell'area europea orientale la presenza di popolazioni
maggioritarie in condizioni di povertà simili alle comunità zigane porta a fenomeni di competizione per l'utilizzo
delle risorse disponibili, alimentando episodi di discriminazione, mentre nell'area occidentale persistono forti
differenze tra comunità zigane autoctone e immigrate, con evidenti trattamenti disparitari (Regno Unito,
Germania) ed effetti limitativi sulle politiche di miglioramento, dovute alla concezione che azioni positive
possano costituire un fattore attrattivo per nuovi immigrati (Redhnet, 2013). La specificazione dei target di
azione, dunque, può condurre a microinterventi locali fortemente etnicizzati che alimentano competizioni
interne alle comunità e differenze tra concittadini su base etnica (Sigona, 2009) lasciando in secondo piano gli
effetti relazionali e l'integrazione sociale, che rimangono al livello di retoriche di sfondo.
Nonostante questi aspetti che necessitano di essere ulteriormente approfonditi e affrontati esistono anche
esempi positivi: è il caso dei progetti che presentano un carattere integrato e agiscono su più fronti, non solo su
quello della fornitura di alloggi (Ungheria, Romania), o dei piani che agiscono sull'intero contesto sociale,
coinvolgendo Rom e non-Rom (Germania, Belgio, Repubblica Ceca) oppure programmi che agiscono a lungo
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termine secondo obiettivi graduali ma di ampia portata (Spagna).
Accanto alla persistenza di situazioni caratterizzate da segregazione ed esclusione sociale esistono dunque
progetti che hanno buoni risultati e che dimostrano come un'azione alternativa ed efficace sia possibile,
attraverso la messa in relazione delle risorse territoriali e degli strumenti generali.
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