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L'IMPIANTO CIRCOLARE Si è già accennato, analizzando le forme del contenitore motivate dall'architettura al carattere simbolico che contrae la forma par- ticolarmente frequentata costruita a partire da una pianta circolare: assenza evidente di fi- ne e di principio, estrema manipolabilità sia per quanto riguarda la forma esterna, facil- mente adattabile alla mano protesa a impu- gnarla, sia per quanto riguarda quella interna, quando il contenuto soprattutto risulta pol- verizzato, o comunque dalla forma comples- siva tale da adattarsi a qualsiasi superfìcie. Sono questi i motivi che hanno portato a scorporare, comunque a distinguere, nell'uni- verso delle forme di riferimento, quella circo- lare: a ben vedere si tratta di un atteggiamen- to radicalmente diverso rispetto a quanto pre- cedentemente descritto. Si vuol dire cioè che l'origine del contenitore a pianta circolare può essere quella di una forma ritagliata sulla figura del contenuto: nel nostro caso l'esem- pio più evidente di rapporto fra esterno e in- terno è costituito dall'ostia della cerimonia cattolica e dall'adeguamento fra forma del contenitore e forma del contenuto, facendo in questa coincidenza giocare una molla im- maginativa particolarmente evidente. Il con- tenitore in altri termini che amplifica e espri- me all'esterno le fattezze, o comunque alcune caratteristiche di figura dell'interno. Ma questa relazione affonda il proprio ter- reno di coltura nell'identificazione del conte- nitore-madre e del contenuto-figlio, quindi nella particolare relazione di somiglianza e di dipendenza che possiamo immaginare; a essa si deve aggiungere un ragionamento dichiara- tamente più funzionale, che vede nella cella interna di base circolare la realizzazione del massimo utilizzo del volume. La mano che può percorrere, senza incontrare l'incidente traumatico dell'angolo retto, la superfìcie in- terna della scatola quando il contenuto è rac- coglibile, costituisce un'esperienza storica e individuale che orienta la lettura della forma del contenitore anche quando la funzione o le azioni corrispondenti non sono più quelle delle origini. E certamente la forma circolare, in questo momento parliamo soprattutto del- la stanza interna, costituisce a tutti gli effetti quella più refrattaria a una aderenza e a un contatto rispetto al contenuto, quand'esso ri- sulti di forma definita, non sia cioè polveriz- zato. Se mettiamo in relazione due figure con- trapposte, l'una relativa al contenitore e l'al- tra al contenuto, intuitivamente tendiamo a identificare come fragile e come rigido, o co- munque capace di proteggere, il contenitore, adibito appunto a preservare quanto celato dal trauma occasionale e dalle intemperie co- muni. Il ragionamento potrebbe sembrare ba- nale ma se confrontiamo le due soluzioni fi- gurali contrapposte (un contenitore di pianta rotonda e un oggetto quadrato e viceversa) intuitivamente respingiamo la prima soluzio- ne perché giudicata incongrua, in quanto gli spigoli acuti del contenuto risultano offensi- vamente fragili rispetto alla continuità della superfìcie della scatola. Quando invece, nella soluzione opposta, gli spigoli esterni costitui- scono altrettanti elementi di diaframma ri- spetto al fuori e i punti di frizione fra l'ogget- to e la parte risultano dominati dalla conti- nuità e dall'assenza di asperità della figura pe- rimetrale dell'oggetto. Non a caso fra le pare- ti interne del contenitore e la superficie del 91

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L ' I M P I A N T O C I R C O L A R E

Si è già accennato, analizzando le forme del contenitore motivate dall'architettura al carattere simbolico che contrae la forma par­ticolarmente frequentata costruita a partire da una pianta circolare: assenza evidente di f i ­ne e d i principio, estrema manipolabilità sia per quanto riguarda la forma esterna, facil­mente adattabile alla mano protesa a impu­gnarla, sia per quanto riguarda quella interna, quando i l contenuto soprattutto risulta pol­verizzato, o comunque dalla forma comples­siva tale da adattarsi a qualsiasi superfìcie.

Sono questi i m o t i v i che hanno portato a scorporare, comunque a distinguere, nell 'uni­verso delle forme di riferimento, quella circo­lare: a ben vedere si tratta di un atteggiamen­to radicalmente diverso rispetto a quanto pre­cedentemente descritto. Si vuol dire cioè che l 'origine del contenitore a pianta circolare può essere quella d i una forma ritagliata sulla figura del contenuto: nel nostro caso l'esem­pio più evidente di rapporto fra esterno e in­terno è costituito dall'ostia della cerimonia cattolica e dall'adeguamento fra forma del contenitore e forma del contenuto, facendo in questa coincidenza giocare una molla im­maginativa particolarmente evidente. I l con­tenitore in altri termini che amplifica e espri­me all'esterno le fattezze, o comunque alcune caratteristiche d i figura dell ' interno.

Ma questa relazione affonda i l proprio ter­reno di coltura nell'identificazione del conte­nitore-madre e del contenuto-figlio, quindi nella particolare relazione di somiglianza e di dipendenza che possiamo immaginare; a essa si deve aggiungere un ragionamento dichiara­tamente più funzionale, che vede nella cella interna di base circolare la realizzazione del

massimo utilizzo del volume. La mano che può percorrere, senza incontrare l'incidente traumatico dell'angolo retto, la superfìcie in ­terna della scatola quando il contenuto è rac-coglibile, costituisce un'esperienza storica e individuale che orienta la lettura della forma del contenitore anche quando la funzione o le azioni corrispondenti non sono più quelle delle or igini . E certamente la forma circolare, in questo momento parliamo soprattutto del­la stanza interna, costituisce a t u t t i g l i effetti quella più refrattaria a una aderenza e a un contatto rispetto al contenuto, quand'esso r i ­sulti di forma definita, non sia cioè polveriz­zato.

Se mettiamo in relazione due figure con­trapposte, l'una relativa al contenitore e l'al­tra al contenuto, intuitivamente tendiamo a identificare come fragile e come rigido, o co­munque capace di proteggere, i l contenitore, adibito appunto a preservare quanto celato dal trauma occasionale e dalle intemperie co­m u n i . I l ragionamento potrebbe sembrare ba­nale ma se confrontiamo le due soluzioni f i ­gurali contrapposte ( u n contenitore d i pianta rotonda e un oggetto quadrato e viceversa) intuitivamente respingiamo la prima soluzio­ne perché giudicata incongrua, in quanto g l i spigoli acuti del contenuto risultano offensi­vamente fragili rispetto alla continuità della superfìcie della scatola. Quando invece, nella soluzione opposta, g l i spigoli esterni costitui­scono altrettanti elementi di diaframma r i ­spetto al fuori e i punt i di frizione fra l'ogget­to e la parte risultano dominati dalla conti­nuità e dall'assenza di asperità della figura pe­rimetrale dell'oggetto. N o n a caso fra le pare­t i interne del contenitore e la superficie del

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contenuto, quando quest 'ultimo si presenti in forma definita e solida, a volte nella scatola ma sempre nella custodia, esiste un ulteriore diaframma capace di neutralizzare l 'urto, o comunque di rendere più morbida la frizione fra i due corpi : e, come si è già rilevato, i l rive­stimento dell ' interno può acquistare anche-valore simbolico, come cioè capace di respin­gere, normalmente con una superficie riflet­tente come la lamina e la doratura, o comun­que la lisciatura quando la cedevolezza del contenuto può aggredire i l materiale di rive­stimento.

D'altra parte l ' impianto circolare della sca­tola, a differenza di quella cubica o a parallele­pipedo che a tu t t i g l i effetti denunciano la lo­ro artificialità, la loro origine legata alla co­struzione, alla sezione e all'assemblaggio, tro­va i suoi riscontri più immediat i , come forme d'origine e come materiale d'uso, nella sezio­ne cilindrica dell'osso o del dente d'animale: è lo scavo che permette d i mantenere integre le pareti esterne del contenitore costruendo un incavo, una nicchia, una cella contenitrice. U n portaunguento romano a forma di con­chiglia, peraltro replica rispetto all'uso del gu­scio reale come contenitore, ora conservato al Museo Nazionale romano costituisce da que­sto punto di vista un riferimento particolar­mente stringente in quanto l ' interno della valva è stato appunto scavato in forma di semi-sfera per accogliere i l contenuto pre­zioso.

Si vuol dire comunque in sede i n t r o d u t t i ­va che la forma assunta dalla pisside, nella sua capacità di percorrere geograficamente e cro­nologicamente la storia dell'insediamento umano, contrae la sua longevità prima di tut­to per un mot ivo legato alla facilità del reperi­mento del materiale, vegetale o organico che

sia, adatto alla costruzione: secondariamente e dipendentemente dal pr imo fattore, essa co­stituisce la forma più semplice e naturale che un intervento manuale sul materiale può pro­durre. A questo si deve aggiungere un ulte­riore mot ivo di natura ingegneristica legato a un particolare materiale frequente nel conte­nitore a base circolare: nel caso della terracot­ta infatt i la ruota del vasaio determina una forma complessiva (capace di impegnare omogeneamente interno e esterno) dipen­dente dal movimento rotatorio grazie al qua­le l 'oggetto viene modellato. Si veda, anche-se estranea al mondo f ino a ora frequentato, ma stringente per valori formali , l 'urna Vera Cruz di tav. 92 che conosce uno sviluppo spe­culare delle due parti , realizzando in questo modo una loro significativa indifferenza e l'accentuazione dell'unità realizzata.

E in effetti la forma sferica, o la pianta cir­colare del contenitore affondano le loro radici in un universo simbolico legato all 'origine della vita, alla necessità della sua memoria co­me segnale culturale, alla stessa area inconscia di un immaginario collett ivo. Per certi versi l ' impianto circolare sembra essere costitutiva­mente diverso rispetto a quello di derivazio­ne architettonica o anche alla citazione dal mobile : ragioni funzionali legate alla materia e al m o d o con cui è costruito i l contenitore, ragioni tecniche legate alla caratteristica del contenuto e al suo rapporto d i frizione con l ' involucro, ragioni simboliche infine, tese a r iprodurre nella miniatura della scatola la complessità e la chiave dell 'universo, pongo­no questa forma in modo radicalmente estra­neo ai casi precedentemente affrontati .

A g l i esordi, come si è detto, la pisside si presenta come modificazione l imitata d i un materiale naturale facilmente adattabile alla

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92 - Porta sementi in terracotta, Vera Cruz, I X - X I secolo, collezione privata.

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93 • Pisside in avorio, Micene X I V secolo. Museo dell 'Agorà, Atene.

funzione di contenitore: è questo i l caso di una scatola per gioiel l i micenea (tav. 93) in avorio che presenta una ben netta sezione ci­lindrica e la sovrapposizione di un coperchio piatto decorato con figure fantastiche. E ana­loga dipendenza dal materiale deve essere de­nunciata per la grande fioritura d i pissidi in terracotta dell'area greca e delle colonie, co­me nell'esemplare italiota d i tav. 94 caratteriz­zato da un particolare sviluppo della base r i ­spetto al coperchio. Modificazione di un re­perto naturale e «creazione» dall ' informe so­no le due logiche contrapposte che pure co­stituiscono la testimonianza più evidente

dell'ampiezza che la genesi della forma a pian­ta circolare può avere: collezionare immagini e render conto della successione anche di po­ter mettere in evidenza differenze chiaramen­te decisive nella comprensione della fisiono­mia dell 'oggetto.

N o n è questo comunque l'aspetto in cui è possibile testimoniare d i ciascuna situazione o area segnalante l 'evoluzione e la vitalità nel tempo; non si può cioè rendere conto della persistenza e della trasformazione che nell'area antica la pisside può conoscere, ma­gari partendo dal contenitore in legno di bos­so che è responsabile del termine adottato e

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di cui si è precedentemente discusso. Doven­do allora forzatamente lasciare i l repertorio variato dell'oggettistica greca è opportuno, per continuità, segnalare la sua continuità nel mondo italico e romano illustrato in questo frangente da un portaunguenti in vetro (tav. 96) e quindi realizzato in un materiale tecno­logicamente diverso rispetto alla terracotta, ma anch'esso plasmabile. La forma cilindrica della base e quella semisferica del coperchio risultano a t u t t i g l i effetti contrastanti citazio­ni da altri contenitori , realizzati con materiali diversi, e alla figura d i chiusura mutuata dall'universo architettonico.

Radice naturale, da oggetto trovato e l i m i ­tatamente modificato, intervento di plastica e di modellato sono le tappe f ino a ora eviden­ziate mentre successivamente si dovrà affron­tare anche la presenza di una vera e propria costruzione, di un assemblaggio anche nell'universo del contenitore a pianta circola­re: a ben vedere le anime della forma in d i ­scussione sembrano presentare un intreccio particolarmente complesso, se oltretutto te­niamo conto che a ragioni legate alla fisicità e alle qualità dei materiali utilizzati, si aggiunge frequentemente una volontà imitativa, d i ca­rattere conservatore rispetto alle forme con-

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96 - Portaunguenti in vetro, Roma, epoca imperiale, collezione privata.

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97 - Pisside in avorio, V - V I secolo d . C , Tesoro della Cattedrale di Sens.

98 - Pisside in avorio, Renania-Palatinato, V secolo d . C , Staatliche Museum, Berlino.

solidate di un immaginario, per cui una forma precedentemente necessitata dalle caratteri­stiche tecniche del materiale adottato si pro­trae nel tempo anche con materiali con cui si potrebbero realizzare forme diverse. E anche quest 'ultimo è aspetto che merita una ulterio­re riflessione.

Indipendentemente dalle diverse traietto­rie che costituiscono l'intelaiatura logica po­sta alla base della persistenza e della ricorren­za del modello della pisside nella cultura me­diterranea (ma una t imida escursione nel mondo tribale porta a scoprire anche in quell'universo la medesima forma - si vedano, esempio unico nella sterminata letteratura e nella sua eterogeneità, le scatole Batak - e so­

stanzialmente le medesime motivazioni poste per la sua esistenza e ricorrenza) vi è ulterior­mente da aggiungere che nel complesso si tratta d i un manufatto caratteristico della stanzialità, di arredo della persona o del r i to legato a un ambiente stabile, e non provviso­rio come può essere quello del nomade.

Ecco allora la sua significativa presenza in tut to l'arco dell'esperienza romana, sia in quella dell'epoca d'oro, sia in quella più pros­sima della decadenza come nell'esemplare fra V e V I secolo ora nel Tesoro della Cattedrale di Sense (tav. 97) che presenta la soluzione già conosciuta dell'alzato cilindrico e del co­perchio piatto.

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99 - Pisside in osso, Bisanzio, V I I secolo, collezione privata.

La caccia al leone e al leopardo percorre senza soluzione di continuità la faccia del con­tenitore, e questo sarà spesso una costante nella produzione delle scatole a impianto ro­tondo: i l giganteggiare delle figure e l'occupa­zione anche disordinata del campo a disposi­zione indicano l'abbandono di un ordine equilibrato, di un rapporto omogeneo fra ar­chitettura della scatola e figurazione che era stato del mondo classico per una aggressività e una efficacia espressiva, segnale della nuova sensibilità nata dalla sintesi fra esperienza ro­

mana e sollecitazioni provinciale e barbarica. La forma della pisside a impianto rotondo

trova una sua particolare interpretazione nel m o n d o bizantino, vero e proprio momento di sintesi fra Occidente e Oriente, fra eredità e persistenza del m o n d o figurale romano, par­ticolarmente attento alla presenza spaziale del l 'uomo come del corredo decorativo, e universo orientale in cui la simmetria e l'itera­zione tendono a una maggiore astrazione, al­lo sradicamento dell ' immagine dal suo detta­to imi ta t ivo . La pisside in osso di base ovale

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100 - Reliquiario in argento, Siria, V I secolo, 101 - Reliquiario in osso, Italia X I V secolo, St. Louis Art Museum. collezione privata.

(tav. 99) presenta uno dei soggetti caratteri­stici dell'iconografìa bizantina: i pavoni sul tralcio della vite che diparte dal vaso posto al­la base. A p p u n t o luogo comune, riscontrabi­le nel mosaico monumentale come nel più r i ­dot to bassorilievo dei sarcofaghi, i l tema r i ­sulta plasticamente inserito indicando nella serialità e nella simmetricità dell ' impianto, diversi fuochi che segmentano il continuo circolare della faccia.

Rispetto alla continuità della faccia della pisside latina, quelle legate all'area bizantina offrono come significativa costante una occu­pazione della superficie più contenuta, co­munque gerarchizzata a un disegno normati­vo : anche se nella faccia non presenta elemen­t i di figurazione, i l reliquiario in argento siria­no del V I secolo (tav. 100) conosce, nella suc­

cessione identica delle scanalature, un im­pianto nel complesso non dissimile: ricordo di una dimensione architetturale nello svilup­po della faccia e citazione di una dimensione organica nel coperchio depresso che contiene l'iscrizione dedicatoria.

Abbiamo fino a ora discusso di un impian­to basato sulla figura circolare: può essere si­gnificativo esempio di una capacità correttiva i l reliquiario di area italiana di tav. 101 che sul­le due figure di santi presentati nella faccia longitudinale vede uno smusso accentuato dalla cadenzata presenza di colonne, dalle fi­gure ancora disposte in riquadri sui lati corti e una decorazione a tralci vegetali che impegna la faccia posteriore, che oltretutto ha la pre­senza dello sportello, e lo stesso tetto della scatola. Aldilà delle dimensioni relative a

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102 - Scatola in avorio. Ambiente ispano-moresco X I - X I I secolo, Chiesa di Caunes-Minervois.

103 - Pisside in avorio per il califfo A l - H a k a m (961-976), Victoria and Albert Museum, Londra.

quanto contenuto, la forma allusiva alla circo­larità evidenzia in questo esemplare i l caratte­re manipolatorio, la possibilità d i racchiudere nell'arto la totalità dell 'oggetto senza appa­renti o fìsiche interruzioni .

I l ridisegno di origine bizantina presenta un particolare equil ibrio fra presenza della f i ­gura umana e sviluppo di una decorazione ve­getale: questa attenzione lega in m o d o indis­solubile l'insediamento di Costantinopoli con la messa in crisi della presenza dell ' imma­gine umana che per m o t i v i religiosi forte­mente radicati nella tradizione ebraica prima, in quella araba successivamente, favorisce l'espansione del décor vegetale e Pingiganti-mento architettonico della scrittura. A l c u n i segnali d i questo nuovo sentire la decorazio­ne dell 'oggetto, probabilmente legata alla es­clusione di un suo valore illusionistico e a una più rassicurante e perentoria affermazione

dell 'ambito del l 'uomo e del suo d o m i n i o , ap­punto differente anche dal punto di vista i l lu ­strativo, sono stati già messi in evidenza nel corso di questa ricognizione. Citare allora al­cuni esempi della grande produzione di con­tenitori , normalmente in avorio, provenienti dall'insediamento arabo, vuol dire evidenzia­re «alle fonti» un processo di individuazione del valore «artificiale» dell 'oggetto contenito­re, che sarà poi esperienza profonda e co­mune nello svi luppo successivo della sua storia.

È questo certamente i l luogo meno adatto per affermare l'influsso che l ' immaginario ebraico prima e arabo successivamente può avere avuto nella costituzione dell'esperienza europea: possono essere da questo punto di vista sufficienti alcuni esempi di pissidi arabe, quella ispano-moresca di tav. 102 prima di tut to , in cui la figura d i r i ferimento tende alla

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sfera e la decorazione serializzata sul coper­chio come sulla faccia del contenitore replica esperienze e temi già affrontati a proposito del mondo bizantino. I l grande rilievo assun­to dalla linea curva simmetrica nel registro su­periore e in quello inferiore replica quella so­luzione di identità fra coperchio e alzato cita­to all'esordio del discorso: è allora Pindifife-renza apparente del verso, i l basso confuso con l'alto a costituire la figura dominante del documento.

Altret tanto significative, sempre dall 'uni­verso arabo, altre soluzioni come quella della pisside del califfo A l - H a k a m (tav. 103) carat­terizzata da una castigata decorazione nelPal­zato e dalla presenza sul bordo della striscia dell'iscrizione la cui associazione alla «citazio­ne» architettonica, riscontrabile nella forma complessiva del coperchio, apre anche per una figura come quella appena discussa i l ver­sante della contaminazione, dell'accostamen­to capace di produrre altre e diversificate i m ­magini.

Analogo ragionamento sulla figura com­plessiva del contenitore deve essere fatto per la pisside dedicata al figlio del califfo Abd-el Rahman (tav. 104) in cui assistiamo da una parte a un forte sviluppo dell'alzato e alla pre­senza simultanea di elementi di figura umana inserita i n mandorle strutturalmente integra­te in un apparente continuo decorativo che si rivela, a una seconda e più approfondita lettu­ra, altrettanto affollato fra racemi e animali subordinati a un ordine composit ivo che co­nosce l 'annullamento della profondità illusio­nistica e i l t r ionfo di una concezione lineare della superficie da decorare: i l corpo dell'ani­male risulta allora determinato, deformato dalla concezione generale del campo la cui continuità plastica sembra esaltare la forma

perimetrale del contenitore, annunciando certamente, con le mandorle figurate, una possibile segmentazione del continuo, i l ver­so di lettura dell'oggetto, ma accentuando nello stesso tempo i l carattere avvolgente del­la forma.

La forma di un riferimento architettonico, già presente nella pisside araba, diventa espli­cito e capace di modificare lo sviluppo dell'al­zato in un Reliquiario federiciano della prima metà del X I I I secolo (tav. 105). N e l definire e nell'organizzare l 'ornamento, la matrice di r i ­ferimento si presenta in tutta la sua evidenza, con la scansione delle colonne e degli archi che impegna sia la faccia sia i l tetto della com­posizione realizzando un «tutto pieno» affatto diverso rispetto alla situazione figurale prece­dente.

Allusione moderata all'architettura, so­prattutto nella figura conica del coperchio, può essere riscontrata anche in area limosina, che abbiamo già visto protagonista dei reli­quiari a forma di edifìcio. La figura, che si pre­senta e che conosce una estensione produtt i ­va di grande rilievo fra X I e X I I I secolo, risul­ta nel complesso stabile con una soluzione-che vede uno sviluppo moderato dell'alzato e un accentuato elevarsi del tetto. Per propor­zioni d i forme e originalità d i composizione si tratta d i una delle soluzioni a base rotonda più tipiche, diventando quasi i l versante og­gettuale del termine «pisside» una volta usato come contenitore di ostie nel culto cattolico.

E certamente una delle ragioni di questa solidarietà inconsueta dipende dall'instaurar-si d i un rapporto d i necessità fra forma del contenuto e forma del contenitore a cui si è fatto riferimento all'esordio del paragrafo. Ragioni tecniche, legate alla custodia, ma an­che ragioni legate alla zona di rispetto che i l

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104 - Pisside in avorio per AI-Moughira , figlio del califfo Abd-el -Rahman I I I (968), Museo del Louvre, Parigi.

105 - Reliquiario in avorio, Colonia , metà del X I I I secolo, Hessisches Landesmuseum, Darmstadt.

valore prezioso del contenuto tendeva a evi­denziare, la possibilità infine d i replicare all'esterno la forma della singola particola: è nel concatenarsi di questi fattori , l 'uno imme­diatamente indipendente dall 'altro, che si giunge alla stabilità dell ' immagine e alla sua replica senza sostanziali variazioni. La persi­stenza di una forma nell'evolvcrsi dei com­portamenti e degli arredi risponde in questo

caso a una necessità d i riconoscibilità imme­diata, evidentemente non necessaria per l'ad­detto al culto, ma importante per i l fedele.

L'apparato l i turgico, legato al r i to e alla ce­lebrazione in presenza di un udi tor io , è una lingua chiusa, in cui non possono avvenire sorprese o violazioni senza che l ' intero corpo att ivo alla cerimonia non ne sia preventiva­mente informato. La singola parte dell'arredo

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risulta allora essere dipersé significativa della propria funzione, esplicitandola eventual­mente con la persistenza di forme che la tradi­zione ha consolidato.

La tav. 106 presenta tre smalti champkvé che, pure nella varietà delle figure inserite nel medaglione, mantengono nell'ornamento una struttura nel complesso analoga: sono in ­fatti i cerchi, replicati sia sulla faccia sia sullo

spiovente del tetto, a costituire g l i elementi ordinatori del campo: i ritagli che conseguo­no alla seriazione vengono riempit i con race­m i vegetali. U n impianto dell 'ornamento analogo sarà anche adottato negli esemplari illustrati alle tavv. 107 e 108 che, a differenza delle altre soluzioni, presentano un coperchio piatto. A questa omogeneità di soluzione si deve contrapporre una varietà di temi affron-

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107 - Pisside in metallo e smalto, Limoges X I I I secolo, collezione privata.

108 - Pisside in metallo e smalto, Limoges X I I I secolo, collezione privata.

tati nel medaglione, che può spaziare dalla f i ­gura umana a mezzo busto, al monogramma di Cristo e alla stilizzazione a stella del fiore, con una scelta iconografica particolarmente estesa f in dall'area bizantina.

La soluzione con la decorazione centrata sulla figura rotonda tende a scomporre i l con­t inuo della superficie in momenti salienti, ca­paci di ordinare i l campo; nello stesso tempo può tendere a replicare la figura d i base del contenitore e alludere alla qualità e alla figura dello stesso contenuto, accentuando in que­sto modo le capacità di replica che i l décor può contrarre rispetto a quanto custodito.

È necessario però segnalare una seconda soluzione figurale legata alla pisside limosina, capace di enfatizzare nel continuo la circolari­tà della forma: saranno allora gl i esiti illustrati alle tavv. 107 e 109, in cui i l ramaggio, pur pre­sentando alcune figure maggiormente stabili, e quindi alcuni fulcri su cui la decorazione si sofferma, conosce una organizzazione seria­lizzata in m o d o omogeneo, senza interruzio­ni di figura umana come nel décor preceden­temente indicato.

La pisside limosina, nella semplicità della sua concezione e della sua realizzazione, ten­de a porsi come continuità rispetto alla forma a scatola precedente, ma nello stesso tempo impegna un materiale nel complesso nuovo come i l metallo e realizza la decorazione con lo smalto che, sia pure d i eredità bizantina, permette una maggiore libertà compositiva nell'abbandono della tecnica cloisonné e l'ado­zione di quella champkvé. Una situazione di «citazione» della tradizione da una parte, dall'altra la ricerca d i nuovi materiali e nuove figure. Ecco allora nel cuore dell 'Europa got i ­ca l'affermarsi d i una pisside che, mantenen-

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L09 - Pisside in metallo e smalto, Limoges X I I I secolo, ubicazione ignota.

do la custodia dell'ostia nella tradizionale for­ma a base rotonda, costruisce attorno a essa una amplificazione di figure come la base e la vetta. N e vengono dati alcuni esempi, r idot t i come quantità per la loro figura in qualche modo «laterale» rispetto alla natura tenden­zialmente omogenea dei reperti i l lustrati ; la pisside d i tav. I l i , ora al Museo del Louvre di Parigi, prima di tut to , capolavoro d i scultura nella base e nel pinnacolo, altrettanto impor­tante per i l modo con cui la decorazione l i ­mosina «chiusa» risulta diversificata e amplif i ­cata nell'emergere delle figure umane all ' in­

n o - Pisside in metallo e smalto, Limoges X I I I secolo, ubicazione ignota.

terno della chiusura del reticolo. E successivamente una più tarda rielabora­

zione dei temi l imosini - siamo nel X V secolo - con la pisside d i tav. 112 che porta, nella semplicità della decorazione vegetale, a una lettura dell'architettura del contenitore capa­ce di evidenziarne i l particolare equilibrio fra gl i elementi che compongono l'oggetto. E da notare infatti che in documenti come quelli presentati, come d'altra parte anche nella pis­side d i tav. 113 che presenta la base e i l corpo del contenitore decorato con figure «rispar­miate» rispetto al fondo smaltato, si deve d i -

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I l i - Ciborio di Alpais, Limoges X I I I secolo. Musco del Louvre, Parigi.

stinguere una parte destinata alla custodia e una parte legata in m o d o indissolubile a una manipolazione, come può essere l'ostensione dell ' intero oggetto ai fedeli. E questo partico­lare uso, come si è. detto, allontana i docu­menti presenti dalla fisionomia che la nostra ricerca ha assunto. Citare l 'evoluzione della

forma della pisside ha i l l imitato scopo di co­prire una eventuale dimenticanza.

N e l ridisegno del mondo e del suo arredo che l ' immaginario gotico organizza, anche la scatola a impianto circolare in avorio conosce un suo particolare sviluppo nelle botteghe trecentesche francesi e in particolare parigine.

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113 - Ciborio in metallo e smalto, Limoges X I V secolo, collezione privata.

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114 - Pisside in avorio, Francia, seconda metà X I V secolo, Museo dì Digione.

Le due scatole in avorio, la seconda evidente replica della prima realizzata con una più cal­ligrafica cura del dettaglio (tavv. 114, 115) svi­luppano la verticalità dell'alzato tagliato da una figura architettonica che conosce, nei due scomparti determinati , soluzioni sostanzial­mente contrastanti. Al la scena continua nella fascia superiore, capace di percorrere l'intera circonferenza della scatola, si contrappone una scansione dì archi e colonne nella fascia inferiore, che incornicia le singole scenegiun-

115 - Pisside in avorio, Scuola di Parigi, X I V secolo, Museo di Digione.

gendo anche, come ne!l'«Annunciazione» della prima scatola e nella «Presentazione al Tempio» della seconda, a interromperle.

Ciò che comunque interessa i l nostro ra­gionamento è la presenza della verticalità del­la scatola e la sua divisione figurale, probabil­mente una citazione di forme precedenti oltre che evidentemente un accorgimento tecnico per diversificare e moltiplicare i campi a d i ­sposizione per l 'ornamento.

N o n è nostra intenzione seguire dettaglia-

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temente l'evoluzione della scatola a base cir­colare d'uso religioso nell'evoluzione del gu­sto e soprattutto nel ruolo che i l contenitore assume al variare dei modi del r i to ; si ritiene sufficiente aver indicato alcuni caratteri alla radice del problema: seguire le novità, ma an­che la continuità di una forma, al succedersi di un gusto particolare ta parte di una storia i l i versa rispetto a quella che è stata impagina­ta in questo frangente.

È allora possibile, anche se è necessario ve­rificare un certo trauma nella successione del­le illustrazioni, indicare mol to brevemente l'affermazione in area laica, legata all'arredo della persona, della scatola a base rotonda.

Contenitore per oggetti m i n u t i , frequen­temente preziosi, la scatola che si afferma all'alba della Rinascenza contrae una semplifi­cata figura d i base eventualmente variata dalla qualità e dall'incidenza su essa dell 'ornamen­to.

L'impalcatura, si è detto, è relativamente stabile: possono essere elementi varianti la d i ­versa figura che i l tetto può realizzare, da quello leggermente arcuato della scatola me­tallica al n. 9 0 del catalogo, alla depressione del coperchio della scatola in avorio di tav. 116 che sviluppa un bordo particolarmente evidenziato per rispondere alla necessità di apertura del contenitore, alla presenza infine di un rilievo l imitato culminante in un pomo-Io, come nell'esemplare sempre in avorio d i tav. 118.

Proprio la stabilità della figura complessi­va e le dimensioni l imitate dell 'oggetto fanno sì che sia la decorazione a incidere in modo determinante nella fisionomia dell 'oggetto: siamo nella preziosità dell ' intaglio che modi­fica l ' impatto cromatico della superfìcie liscia in un caso o alla creazione di un continuo a

spirale capace di rompere l'omogeneità dell'alzato e accentuare l'andamento conti­nuo, instabile, della figura circolare.

Luogo concentrato del décor allora, pre­potentemente capace di intervenire struttu­ralmente nella definizione del carattere della scatola le cui dimensioni, o l t retut to ulterior­mente enfatizzate dall 'ornamento, suggeri­scono l'appartenenza a una classe di oggetti di scala maggiore. E i l ri l ievo acquista una sua giustificata importanza se si tiene conto del pregiudizio dimensionale con cui per consue­tudine o per uso consolidato nel X I X secolo, contenitori dalle forme come le presenti, o si­milari , si sono affermati e quindi immediata­mente suggeriscono. Superando mediamente i dieci centimetri di diametro, le scatole di cui stiamo discutendo appartengono a buon d i ­r i t to alla sfera del soprammobile più che a quello d'uso personale, alla toeletta e alla sua diversificata attrezzeria.

Portagioie, portaspezie o portaoggetti , la scatola a impianto circolare si afferma dalla Rinascenza in poi come soprammobile nor­malmente legato al prezioso e al personale, conoscendo ol tretut to miniaturizzazioni tal­mente estreme da ridurne sensibilmente una possibilità aggregativa in sede di analisi. Co­me tale i l nostro oggetto scompare per riap­parire illustrato, umile o aulico, in lacca pre­ziosa o in legno, nelle «Tavole apparecchiate» di u n j u a n van der Hamen y Leon, negli stipi d i Georg Elegel o d i Georg Haintz sotto for­ma di portagioie o d i portadolci , spesso con un riferimento simbolico alla Vergine Maria ( l o scrinium Dàtatìs dei testi b ib l ic i ) , a richia­mare una simbolicità della figura che abbia­m o evidenziato precedentemente e che pro­babilmente risultava comune alla sensibilità del tempo.

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119 - Scatola in legno decorato, X V secolo, Victoria and Albert Museum, Londra.

120 - Scatola in legno intagliato, Italia o Francia, X V I I I secolo, ubicazione ignota.

Nell'arredo civile la forma rotonda è d'al­tra parte segnacaso dichiarato della stanziali­tà, risultando incommensurabile i l suo stoc­caggio se non a prezzo di particolari costi d ' ingombro: se ne vedano le due soluzioni f i ­guralmente contrapposte come coperchio e come decorazione, la prima (tav. 119) del X V secolo e in legno decorato con stucchi racemi-formi e medaglioni, la seconda in legno inta­gliato (tav. 120) di due secoli più tarda e carat­terizzata dallo sviluppo arcuato del coper­chio.

Certamente non esauriente dal punto di vista documentativo, i l percorso della scatola a impianto circolare può comunque essere considerato concluso sul piano dell ' imposta­zione del problema: come detto all'esordio, cercare una ricorrenza e una continuità in un

arco di tempo e in aree geografiche t roppo vaste rischia i l naufragio presuntuoso.

Risultano allora figure conclusive del ra­gionamento alcuni esiti per così dire laterali rispetto al percorso tracciato, ma di indubbio interesse come spunti per una ulteriore rifles­sione. Quasi per simmetria con i l ragiona­mento fatto in area religiosa, quando dalla pisside limosina a edifìcio si è passati a quella più complessa dotata d i piede, è allora oppor­tuno ricordare due esempi d i pianta circolare che presentano una concezione costruttiva analoga. I l p r i m o si riferisce alla seconda fiori­tura dello smalto di Limoges (tav. 12l) realiz­zato con i l fondo blu punteggiato d i oro e una figurazione mitologica che impegna sia la parete esterna sia quella interna del conteni­tore.

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121 - Coppa in metallo e smalto, Limoges X V I secolo, collezione privata.

Contenitore dalla funzione limitata (la fa­scia equatoriale della sfera è costituita da una griglia metallica traforata) i l documento l i ­mosino, per l'architettura complessiva, dalla base al coperchio e per la stessa forma della sfera centrale, allude in modo evidente alla coppa. E a una figura non dissimile si deve r i ­

ferire i l secondo documento, tedesco, (tav. 122) d i fattura estremamente elaborata che racconta nella circolarità del calice i l tragico banchetto in cui Rosmunda è costretta dal marito A l b o i n o a bere da un calice costituito dal teschio del padre Cunimondo.

Padronanza della superficie da impagina­

l i

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122 - C o p p a in avorio, Germania , primi X V I I secolo, collezione privata.

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123/124 - Portapolvere in avorio, Germania dei Sud, X V I I secolo, ubicazione ignota.

re, esuberanza tridimensionale della scultura, che conosce aggetti e depressioni fortemente accentuati, dinamicità dell 'ornamento infine, che trasforma e muove l'intera figura del con­tenitore realizzando i due gambi che lo so­stengono con una fantasia figurativa e un vir­tuosismo di grande effetto.

E l'accenno fatto alla capacità «narrativa» dell ' impianto circolare, del particolare «conti­nuo» della figura d i contorno che modifica e indirizza l'intera composizione, è una costan­te riscontrabile in un oggetto d i diversa fun­zione rispetto al precedente, ma di fattura al­

trettanto coinvolgente. Si tratta d i un porta-polvere della Germania del Sud sempre in avorio (tavv. 123,124) che appunto interpreta il tema del volume curvo a partire da un vuo­to centrale realizzando una figura continua nella sovrapposizione e nell'accavallamento degli animali alla caccia, moltiplicando i versi in cui la zuffa si svolge.

N o n esistono fuochi particolari: l ' imme­diata impressione di ammasso indifferenzia­to, da cui emergono isolate figure riconosci­bil i per una loro sostanziale interezza, viene successivamente corretta da una intelligenza

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- U r n a cineraria in marmo, Roma, II secolo d . C , collezione privata.

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126 - Cista in marmo, Italia meridionale, X I I secolo, collezione privata.

delle tensioni del racconto ai l i m i t i della verti­gine, comunque della perdita d'orientamen­to. M a sulla capacità narrativa delle facce del contenitore si dovrà successivamente discute­re: l 'anticipo che ne è stato fatto ha la funzio­ne d i risolvere a parte i l caso anomalo di una superficie circolare.

I l contenitore a cui abbiamo fatto riferi­mento in queste pagine prefigura o comun­que suggerisce la manipolabilità, la possibilità di possedere nel palmo della mano l'oggetto senza particolari o eccessive asperità. Può es­sere allora significativamente conclusivo se­gnalare due casi che, mantenendo la forma

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circolare, pure non appartengono al mondo della manipolabilità come e stata caratterizza­ta in queste pagine e si riferiscono anche a epoche e funzioni differenziate.

I l pr imo è i l caso di un'urna cineraria ro­mana del I I secolo d.C. (tav. 1 2 5 ) che conosce la sua figura di riferimento nel ritaglio da par­ticolari architettonici nella base, nel fusto e nella cornice, mentre la decorazione strigliata dell'alzato si riferisce all'analoga figura che compare frequentemente nell 'ornamento del sarcofago.

La somma delle citazioni dal mondo dell'architettura e dall'arredo funerario (a es­so deve essere riferita la tabella che impegna parte dell'alzato con grande ril ievo dimensio­nale) viene appunto risolta con una variazio­ne d i scala degli elementi aggregati, giungen­

do a una soluzione particolarmente contenu­ta e omogenea.

E questa capacità d i raccogliere e d i riela­borare figure o m o t i v i da epoche o usi diversi deve essere ascritto al secondo documento, di area romanica (tav. 126) che sembra sintetica­mente raccogliere sia l'eredità architettonica del mondo latino, con i l fine esercizio delle foglie d'acanto sul coperchio, sia l'esperienza simmetrica della statuaria contemporanea, con i quattro vo l t i umani che scandiscono i possibili assi costrutt ivi del l ' impianto. Anche in questo caso il r iferimento potrebbe essere quello del contenitore di origine monumen­tale: la disposizione e i l modo con cui l'orna­mento si inserisce nel corpo della superfìcie curva denunciano in m o d o perentorio questa ascendenza.

L A F O R M A A P A R A L L E L E P I P E D O

Discutendo delle caratteristiche delle f igu­re d i riferimento che possono essere suggerite alla base della costruzione del contenitore si è, per opposizione, fatto già più volte riferi­mento alla forma a parallelepipedo designan­dola come immediatamente autonoma rispet­to a altre soluzioni. E lo stesso esordio con cui abbiamo inaugurato la nostra ricognizione ( i l frammento di affresco dal palazzo imperiale di Trèves - tav. l ) riproduceva non a caso un contenitore realizzato con questa forma. E al­tre tracce, evidentemente non esaurienti, pos­sono essere trovate nella produzione di cofa­netti in avorio in area imperiale. Quanto allo­ra discutiamo in questa sede è, come opposi­zione a altre figure, già stato individuato al­

meno nelle sue linee generali. Si tratta even­tualmente d i ricollegare g l i spunti e offrire, pur nella sfuggevolezza che la copertura di un arco d i tempo cosi ampio necessariamente provoca, un quadro sintetico del problema.

Anche se allora possono esistere altri do­cumenti precedenti quelli i l lustrati ( tavv. 127, 128) in questa fase e nonostante le dimensioni certamente r idotte per una frequente mani­polazione (si passa infat t i dalle misure d i 3,8x4,7x6,5 del p r i m o a quelle d i 1,6x2,3x1,9 del secondo contenitore) le due scatole pre­ziose, proveniente l'una dall 'Europa del Sud Est e databile fra la fine del quarto e l ' inizio del qu in to secolo e l'altra bizantina del sesto secolo dopo Cristo) , possono costituire

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