L'impero degli Ercolano

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L’impero degli Ercolano L’operazione Caronte della Dda di Catania ha riportato al centro dell’attenzione uno dei cognomi importanti di Cosa nostra catanese: Ercolano. Dal padre Pippo ai figli Enzo, ritenuto il nuovo capo dell’organizzazione, e Aldo, uno degli esecutori dell’omicidio dell’intellettuale Pippo Fava. Una storia di vecchi e nuovi assetti mafiosi di Saul Caia e Dario De Luca 4 | gennaio/febbraio 2015 | narcomafie Mafia a Catania

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L’impero degli ErcolanoL’operazione Caronte della Dda di Catania ha riportato al centro dell’attenzione uno dei cognomi importanti di Cosa nostra catanese: Ercolano. Dal padre Pippo ai figli Enzo, ritenuto il nuovo capo dell’organizzazione, e Aldo, uno degli esecutori dell’omicidio dell’intellettuale Pippo Fava.Una storia di vecchi e nuovi assetti mafiosi

di Saul Caia e Dario De Luca

4 | gennaio/febbraio 2015 | narcomafie

Mafia a Catania

«Chi è, il dottor Enzo, Enzo Ercolano in persona […] da Catania, il numero uno di Cata-nia! Il numero uno siciliano!». Un imprenditore bolognese, senza sapere di essere intercet-tato dagli uomini del Ros dei Carabinieri, pronuncia non un nome qualsiasi, ma quello del figlio di Giuseppe Ercolano: un cognome che “conta”, ai piedi dell’Etna, non solo in ambito imprenditoriale ma soprattutto all’interno di Cosa nostra. Conosciuto con il diminutivo di Zio Pippo, Giuseppe Er-colano è morto per un male incurabile il 29 luglio 2012, all’età di 76 anni; per decenni ha occupato il ruolo di uomo illustre della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano, un dop-pio cognome sancito da un vincolo parentale nel segno di un patto mafioso fatto di san-gue e affari. Uno dei figli dello zio è infatti l’ergastolano e “uomo d’onore” Aldo, fratello di Enzo, ormai da anni recluso al 41bis per essere stato uno degli esecutori dell’omicidio del giornalista Giuseppe Fava, ucciso il 5 gennaio 1984. Aldo e Pippo sono anche le più fidate spalle di Benedetto “Nitto” Santapaola, il capo dei capi della mafia in Sicilia orientale, di cui lo zio ha sposato una sorella, Grazia. Enzo, conosciuto con il dimi-nutivo di Enzuccio, ha eredita-to dal padre Giuseppe non solo la fiorente attività del trasporto su gomma ma, secondo i magi-strati della Procura di Catania guidata da Giovanni Salvi, an-che un peso importante dentro Cosa nostra. Ercolano è stato arrestato lo scorso novembre, nell’ambito dell’operazione an-timafia denominata “Caronte”,

insieme ad altre 22 persone. L’indagine – coordinata dalla Procura etnea e dal Ros dei Carabinieri del comandante Mario Parente – è il prosieguo dell’inchiesta “Iblis” del 2010, in cui ad essere coinvolti fu-rono non solo boss di primo piano ma anche imprenditori e politici: su tutti, l’allora pre-sidente della Sicilia, Raffaele Lombardo, condannato nel febbraio 2014 in primo grado a 6 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio aggravato. Il blitz scattato all’alba del 21 novembre 2014 prefigura l’infiltrazione della famiglia ca-tanese nei settori dei trasporti e della distribuzione di carne negli hard discount, oltre ai collaudati rapporti con le fami-glie mafiose di Agrigento e con quella di Belmonte Mezzagno (provincia di Palermo), guidata dai Pastoia. Vincenzo Ercolano, secondo quanto messo nero su bianco nell’ordinanza di custodia cautelare, “sarebbe il principale esponente dell’orga-nizzazione”, forte “di uno spes-sore criminale elevatissimo”, con un modus operandi “da vero e proprio capo”. Non un semplice imprenditore per gli investigatori, ma “un soggetto abituato a fare tutto ciò che vuole in nome e per conto della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano”. Enzuccio non è nuovo a inciampi giudiziari, fino ad oggi risoltisi in suo favore: nel 2009 era stato as-solto dal Tribunale di Catania dall’accusa di associazione mafiosa percependo anche un maxi rimborso per ingiu-sta detenzione. Il suo nome, insieme a quello del padre, rientrò anche nell’operazione

“Sud Pontino” condotta dalla Dia di Napoli e dalla Squadra mobile di Caserta in merito all’alleanza tra mafia siciliana e camorra per la gestione del mercato strategico di Fondi, in provincia di Latina. Nonostan-te gli Ercolano furono assolti con formula dubitativa, secon-do i magistrati etnei i siciliani avevano consolidati “rapporti economici con esponenti della camorra nel casertano”. Un vero e proprio impero im-prenditoriale, quello della fa-miglia Ercolano, che coinvolge a 360 gradi i suoi componenti: dal padre Giuseppe, titolare negli anni 80 della ditta Avi-mec (poi confiscata e messa in liquidazione nel 2000), fino ad Enzo appunto, che ereditò la Geotrans Srl insieme alla so-rella. Con quest’ultima società – dal marzo 2014 confiscata con provvedimento ancora non definitivo – Vincenzo Ercolano si sarebbe imposto sul mercato con il ruolo di dominus, stringendo alleanze e accordi commerciali, come quello con Amadeo Matace-na, ex parlamentare di Forza Italia trapiantato in Calabria e attualmente latitante a Dubai dopo essere stato condannato per concorso esterno in asso-ciazione mafiosa dal Tribunale di Reggio Calabria (è di questi giorni la notizia che gli Emirati Arabi potrebbero accordarsi con l’Italia per l’estradizione di Matacena, n.d.r.).

Business via mare. Il settore dei trasporti, marittimi e su gomma, è dunque la miniera d’oro per gli Ercolano. L’in-chiesta “Caronte” ha svelato i retroscena degli affari tra la famiglia e l’imprenditore etneo

Tra l’ottobre 2005 e il gennaio 2006,

la Athos Matacena, la Amedeo

Matacena e la Ladies Matacena

caricano e scaricano tir e camion facendo

da spola tra le due estremità di Sicilia e

Calabria, mentre il Consorzio

autotrasportatori italiani Service Srl

(Cai) di Giuseppe e Salvatore Scuto si

occupa della documentazione e della gestione

delle pratiche per accedere agli

incentivi

5 | gennaio/febbraio 2015 | narcomafie

Francesco Caruso, titolare della società Servizi Autostrade sul Mare Srl (Sam Srl) specializzata nel trasporto marittimo. Obiet-tivo: usufruire degli eco bonus, gli incentivi erogati agli auto-trasportatori che privilegiano il movimento via mare rispetto a quello via terra. Caruso, infatti, ne aveva già usufruito quan-do faceva parte del consorzio Setra, in cui risultava socio di Filippo Giuseppe Spina, cugi-no di Rosario e Filippo Riela, uomini d’onore dell’omonima famiglia mafiosa catanese poi condannati per mafia. Per il collegamento Messina-Reggio Calabria, Caruso si rivol-ge direttamente all’ex forzista Amedeo Matacena, che insieme al fratello Elio aveva fondato nel 1966 la Caronte Spa. L’affare è siglato nel 2005, con la stipula di un contratto che prevede un corrispettivo di 120 mila euro al mese, e l’impegno della Amadeus Spa di Matacena a fornire tre navi alla Sam Srl per il trasporto marittimo dei tir. Tra l’ottobre 2005 e il gennaio 2006, la Athos Matacena, la Amedeo Matacena e la Ladies Matacena caricano e scaricano tir e camion facendo da spola tra le due estremità di Sicilia e Calabria; il Consorzio autotra-sportatori italiani Service Srl (Cai) di Giuseppe e Salvatore Scuto (entrambi indagati nell’o-perazione “Caronte”) si occupa intanto della documentazione e della gestione delle pratiche per accedere agli incentivi. Sembra andare tutto liscio, fino a quando sorge un problema: mancano le autorizzazioni nel-la gestione, in comune con le Ferrovie dello Stato, delle ban-chine di approdo per l’attracco delle navi a Villa San Giovanni,

in Calabria. Per risolvere la questione, il presidente del Cda dell’Amadeus Sergio Giordano si muove prontamente, provan-do a rassicurare tutti e prospet-tando anche l’attivazione di una nuova tratta che colleghi la Sicilia direttamente a Reggio Calabria. Passano alcuni mesi ma (non è ancora chiaro il mo-tivo), Giordano decide di fare un passo indietro e dimettersi dalla società, compromettendo gli accordi. Nonostante l’au-mento di capitale, la Sam Srl fallisce alcuni mesi più tardi. Eppure, “l’affare delle navi”, come viene chiamato in gergo dagli stessi indagati, è decisa-mente al centro degli interessi dell’organizzazione, che decide di ripartire nello stesso anno con una nuova società. All’azienda Sam Srl di Francesco Caruso su-bentra quindi il consorzio Lo.Tr.As. di Campobello di Licata, in provincia di Agrigento. Gli inquirenti sostengono che die-tro l’azienda ci sia l’ombra dei fratelli Vincenzo e Alfio Aiello, figure di spicco di Cosa nostra etnea in ottimi rapporti con quel-la agrigentina, nonostante alla presidenza e alla vice presidenza del Cda del consorzio risultano esserci rispettivamente Tomma-so Lo Coco e Domenico Rizzo. «Da ieri è ripartito il traghetto, Matacena line, quello là che abbiamo [...] spostato e poi si è bloccato e ora è ripartito. Ora aspettiamo che, ci sono una corsa ogni due ore». A parlare – sempre intercettato dai Ros – è Vincenzo Ercolano che, telefonando a un’azienda a lui vicina, fa presente che il servizio di logistica via mare per la tratta Messina-Villa San Giovanni è ricominciato. In più, l’organizzazione ha deciso di

fare le cose in grande e allar-gare le offerte di mercato per gli autotrasportatori; è lo stesso Ercolano a spiegare ad un suo interlocutore che il gruppo sta studiando «un traghettamento Messina-Reggio e Tremestieri-Reggio», perché in questo modo si risparmia tempo e «non c’è confusione». Ercolano chiama le aziende a lui vicine, organiz-za volantinaggi e pubblicizza le nuove rotte, eppure le cose lentamente si complicano. La gestione degli Aiello non con-vince, ci sono pochi clienti e gli affari non decollano, quindi tutto torna a bloccarsi nuo-vamente. Francesco Caruso, che era stato quasi costretto a farsi da parte per volere della cupola, in un’intercettazione ambientale con Giuseppe Scuto spiega la nuova fase di stallo: «Mi pare ca, che navi semu a moddu!! Che navi a misunu a moddu». Le navi le hanno mes-se a mollo, è un chiaro riferi-mento all’impasse del rapporto tra il gruppo e Matacena, e solo con l’intervento de «i testi di l’acqua», come Caruso chiama i “padroni”, la situazione può essere risolta. Alla fine però tutto salta inesorabilmente e la caccia all’eco bonus è riman-data di qualche anno. Ercolano ci riprova usando come cavallo di troia la Boccardi Srl, società acquistata e poi trasformata in Geotrans Logistica Frost Srl, che prova ad aderire al Consor-zio Ruote sul Mare, controllata dal gruppo Fita-Log. Quello che però Ercolano non sa è che il consorzio è già in liquidazione e in seguito all’inchiesta “Sud Pontino”, che lo coinvolge di-rettamente, è accantonata anche la sua richiesta di accedere agli incentivi.

In vista delle elezioni europee del 2009, Vincenzo Caruso e Giuseppe Scuto cercarono di accreditarsi con il loro “Partito nazionale degli autotrasportatori” all’interno del mondo politico siciliano, che all’epoca aveva in Raffaele Lombardo l’uomo di punta. Grazie all’intesa elettorale con il partito dei tir, il logo del movimento autonomista di Lombardo finì sui camion degli autotrasportatori: un vero e proprio accordo politico

6 | gennaio/febbraio 2015 | narcomafie

Il partito degli autotraspor-tatori. Secondo gli inquirenti etnei, per accaparrarsi i tanto agognati finanziamenti per il mondo dei tir, Cosa nostra ave-va deciso anche di scendere in maniera diretta in politica con la creazione del Partito naziona-le degli autotrasportatori. Come ideatori e promotori ritroviamo due tra i nomi caldi finiti al centro dell’inchiesta “Caronte”: Vincenzo Caruso, ex consigliere comunale del comune etneo di Misterbianco, e il suo socio Giuseppe Scuto. Nell’estate del 2006, entrambi rimasero vittime di un attentato nelle strade della provincia etnea, quando venne-ro raggiunti da alcuni colpi di pistola. A distanza di due anni, in vista delle elezioni europee del 2009, Caruso e Scuto cerca-rono di accreditarsi con il loro movimento al mondo politico

siciliano, che all’epoca aveva in Raffaele Lombardo l’uomo di punta. Una macchina di voti, quella dell’autonomismo, che aveva consentito a Lombardo di essere il successore alla pre-sidenza della Sicilia di Totò Cuffaro, caduto in disgrazia dopo essere stato condannato per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra, passando dai salotti di palazzo d’Orléans, sede del parlamento isolano, alle celle del carcere romano di Rebibbia. Il logo del movimen-to autonomista di Lombardo, proprio alle europee del 2009, finì sui camion degli autotra-sportatori, grazie all’intesa elettorale con il partito dei tir. Un vero e proprio accordo politico, sancito con tanto di comunicato stampa. A fare da intermediario per il buon esito dell’accordo, secondo

gli investigatori, sarebbe stato Giovanni Cristaudo, all’epoca dei fatti deputato regionale proprio del partito di Lom-bardo. Il suo nome finirà suc-cessivamente nel calderone dell’inchiesta “Iblis”, sfociata nella recente condanna in ap-pello per concorso esterno in associazione mafiosa. Dal can-to suo Lombardo, dopo il blitz “Caronte” (in cui non risulta indagato), a distanza di anni dall’accordo con Caruso e con una condanna in primo grado sulle spalle per aver favorito la famiglia mafiosa dei Santa-paola-Ercolano, ha replicato tramite un comunicato stam-pa: «Il Caruso mi parlò del suo fantomatico partito, con “decine di migliaia di iscritti”, della cui inconsistenza, per mia consolidata esperienza, mi resi subito conto».

7 | gennaio/febbraio 2015 | narcomafie

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Gli affari di Vincenzo Ecolano e del-le aziende a lui riconducibili non si limitano ad operare solamente nel settore dei trasporti alimentari e ortofrutticoli, ma riescono a par-tecipare, spesso in sub-appalto, a grandi opere pubbliche e private realizzate sia nella provincia di Catania sia nel resto dell’isola. A cominciare dal “Parco Commer-ciale La Tenutella”, meglio noto come Centro Sicilia, a ridosso dell’uscita autostradale San Gior-gio di Catania. Il progetto è della società sarda Coalbo, che affida i lavori a tre aziende consorziate tra loro: Sant’Agostino Scarl, Home Progetti Srl e la Industria e Costru-zioni Spa. I materiali arrivano dalle cave della Co.p.p. Srl, di proprietà di Cosima Palma Ercolano e Di-stefano Concetto, rispettivamente sorella e cognata di Enzuccio Er-colano. Come già emerso nel corso dell’inchiesta giudiziaria “Iblis”, anche il trasporto del materiale è avvenuto con i mezzi della società di famiglia, la Geotrans Srl. Dagli accertamenti svolti dagli in-quirenti, risultano diversi versa-menti nei conti correnti, tra il 2010 e il 2011, delle società di Ercolano, che ha ricevuto un compenso di quasi due milioni di euro per i lavori svolti. Il business del movimento terra è da sempre considerato dalla ma-gistratura a rischio infiltrazione mafiosa, e anche i maggiori centri commerciali di Catania e provincia hanno subìto, come già dimostrato ampiamente da inchieste giudizia-rie, la presenza di Cosa nostra. Con un ipermercato, centocinquanta ne-gozi e circa cinquemila posti auto, “Le Porte di Catania” – a pochi passi dal quartiere periferico di Librino e dall’aeroporto Fontanarossa – è una delle più grandi gallerie com-merciali della città. Anche questa vicenda è stata oggetto d’indagine della Procura e ampiamente dibat-tuta nel processo Iblis. I terreni su cui sorge la struttura avevano una

destinazione agricola, poi converti-ta dall’amministrazione comunale in commerciale, e sono di proprietà di Mario Ciancio Sanfilippo, editore di diversi quotidiani ed emittenti televisive, che tramite la sua so-cietà Icom Srl si è occupata anche della progettazione. I lavori sono stati realizzati dalla Sicep e dalle imprese riconducibili a Vincenzo Basilotta, condannato in primo grado per mafia nell’inchiesta Dio-nisio; anche in questo caso, viene scelta la Geotrans per il trasporto dei prefabbricati. Ercolano lavora nuovamente con Basilotta anche nel cantiere per il tratto autostra-dale Caltanissetta-Agrigento, con la Geotrans incaricata del trasporto di alcuni materiali. Stesso discorso per la costruzione del mercato ortofrutticolo e ittico di Catania, realizzato dalla Mercati agro-alimentari Sicilia S.C.p.A. (Maas), società consortile di pro-prietà della Regione Sicilia. I lavori sono appaltati alla Cooperativa di Muratori e Cementisti (Cmc) di Ravenna, che a sua volta li affida alla Intercor e Judica Appalti di Basilotta e alla Icob dell’imprendi-tore ennese Mariano Incarbone, già condannato in appello a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. A trasportare i materiali, sempre i camion della Geotrans di Enzuccio Ercolano. Altro cantiere, altro affare. Per il parco commerciale “Sicily Outlet” di Agira in provincia di Enna, i lavori sono realizzati dalla Sicep, mentre Ercolano trasporta i prefab-

bricati; la storia si ripete a Palermo per il parcheggio multipiano sorto vicino al Tribunale. Un sodalizio tra i due imprenditori che troviamo anche in un’altra opera, attual-mente posta sotto sequestro dalla magistratura: il cinema multi sala in zona San Gregorio. In questo caso, la Sicep mette a disposizione i propri prefabbricati ma utilizza i camion di Ercolano per trasportarli.Infine, c’è l’autostrada Catania-Siracusa, di cui si era occupato il giornalista Sigfrido Ranucci nella puntata “Il Progetto” trasmessa dal-la trasmissione televisiva «Report». La società parmense Pizzarotti & C. vince l’appalto di circa 750 milioni di euro, in gran parte provenienti da fondi Fas, per realizzare 27 km di superstrada, affidandosi alla Unical Spa per il materiale. Quest’ultima a sua volta usa le cave e i mezzi della Co.p.p. degli Ercolano.  La Pizzarotti sigla il protocollo di legalità con il quale si impegna a sospendere eventuali forniture di aziende legate alla mafia, e invia alla Prefettura di Catania l’elenco delle ditte che operano nel cantiere, tra cui figura anche la ditta di Er-colano. I lavori proseguono senza intoppi, fino a quando l’Ufficio territoriale del Governo chiede la sospensione della Co.p.p. Srl. L’azienda incriminata però decide di fare ricorso, che porterà a nuovi accertamenti. Dopo alcuni mesi, la Prefettura etnea dichiara di essersi sbagliata e garantisce che l’azienda degli Ercolano è provvista della certificazione antimafia.

di Saul Caia e Dario De Luca

8 | gennaio/febbraio 2015 | narcomafie