Liliana Segre: bisogna spiegare i fatti di Parigi senza ... · Liliana Segre, lei da anni ac-cetta...

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Liliana Segre: bisogna spiegare i fatti di Parigi senza ripararli dal dolore E poi raccomandare loro di non odiare mai d i Paolo Conti poranee. Ho sempre raccontato la mia storia, riscontrando spes- so quanto i ragazzi siano disabi- tuati a comprendere cosa sia ac- caduto con la Shoah nel Nove- cento, e che oggi si ripropone sotto altre forme». Quale messaggio tenta di co- municare agli studenti? «Che di fronte a simili trage- die occorre trovare la forza di an- dare avanti partendo prima di tutto da se stessi. E che non biso- altà, quindi ad affrontarla un do- mani. Molte scuole organizzano viaggi a Dachau per spiegare co- sa sia stato un campo di concen- tramento. La mattina le scolare- sche vanno lì, ascoltano le guide, magari stanno attenti. E poi la se- ra... tutti in birreria». Come in una qualsiasi gita scolastica... «Ecco, quando io sento dire che si organizza una "gita scola- vita. Partendo, come ho già detto prima, da se stessi. Perché è lì il motore essenziale: la forzava tro- vata dentro di noi, sempre e co- munque. E nelle scuole si dovrà dire che la strada non è certo chiudersi in casa e lasciare fuori il mondo». Compito difficile, bisogna ammetterlo. «Certamente. Basta leggere proprio sul Corriere tante illustri isogna avere il coraggio di spiegare ai nostri ragazzi \ \ - * cosa è accadu- to a Parigi. Dicendo la verità e senza ripararli dal dolore e dal pericolo. Perché le nuove gene- razioni qui in Italia sono state troppo protette e isolate dal con- cetto di sofferenza, che invece fa parte reale, concreta della vita di tutti noi... Una responsabilità che hanno sia i genitori che i profes- sori». Liliana Segre ha un raro dono: quello di affrontare il racconto di quel «dolore indicibile» che fu la Shoah, con la semplice pacatezza che le riconoscono i tanti ragazzi delle scuole in cui lei ha narrato la sua tragedia di internata quat- tordicenne nel campo di concen- tramento di Auschwitz-Birkenau con la matricola 75190 stampata sull'avambraccio, dopo essere partita il 30 gennaio 1944 dal Bi- nario 21 della Stazione Centrale di Milano. Liliana Segre è tra i 25 sopravvissuti dei 776 bambini di età inferiore ai 14 anni deportati ad Auschwitz. Dagli anni Novan- ta, dopo un lungo tempo di si- L'offlo Al compito è difficile Davanti al mistero di questo odio succede di non sapere cosa fare» lenzio e solo dopo essere diven- tata nonna, ha proposto la sua te- stimonianza in centinaia di scuole, e continua a farlo. E oggi riflette su quale sia il modo più adatto per raccontare ai ragazzi un lutto collettivo contempora- neo, quello di Parigi. Liliana Segre, lei da anni ac- cetta inviti nelle scuole e quindi conosce bene la mentalità dei ragazzi, le loro domande, i loro dubbi. Oggi riaprono le scuole. Come raccontare il massacro di Parigi? «Io non mi sono mai trovata ad affrontare questioni contem- gna mai girare la faccia dall'altra parte, come capitò a noi ebrei mentre venivamo deportati. Su- bito dopo raccomando di non odiare mai. Perché l'odio genera altro odio. Ultima cosa. Mai ge- neralizzare». Quindi , in queste ore.... «Mai generalizzare sull'Islam. Assurdo pensare che chi è fedele di quella religione è automatica- mente un terrorista. Noi ebrei abbiamo vissuto sulla nostra pel- le quali possano essere gli effetti di una generalizzazione. E stata la chiave dell'antisemitismo. Per- ciò oggi bisogna trovare le parole giuste per spiegare, per distin- guere». I professori si trovano oggi di fronte a un dilemma: come "insegnare " ai ragazzi i fatti di Parigi? «Dire la verità. Spiegare i fatti. Raccontarli senza troppe edulco- razioni. Le nuove generazioni so- no completamente disabituate al dolore, al concetto stesso di tra- gedia. Sono tenute troppo al ri- paro, dai professori e dai genito- ri». Forse come reazione dei pa- dri e dei nonni a ciò che è acca- duto nel Novecento in Europa. «E probabile che sia così. Ma c'è un eccesso di protezione che non aiuta i giovani a capire la re- opinioni per scoprire che non è Ondiifferenza Di fronte alle tragedie non bisogna mai girarsi dall'altra parte, come successe con la Shoah stica" a Dachau mi indigno. Ma quale gita? Semmai è una lezione di Storia. O un pellegrinaggio. E poi, trovo insopportabile questa abitudine di "consolare" i giova- ni la sera dopo aver toccato con mano la follia dello sterminio na- zista. Molto meglio non partire, non andare. La vita non funziona così. Dopo i dolori non arrivano le caramelle di consolazione, co- me si fa con i ragazzi di oggi». Lei ha fiducia nella capacità dei professori italiani di spie- gare cosa sia accaduto a Parigi venerdì notte? «Esistono due categorie di professori. Quelli che avvertono una autentica missione per un lavoro importante. E gli altri, im- piegati statali che più banalmen- te insegnano. Ai primi tocca il compito di riflettere e di aiutare i ragazzi a farlo. Ricorrendo alla verità, senza spaventarli inutil- mente e spingendoli ad andare avanti, a riprendersi in mano la necessario essere giovani per non sapere cosa fare di fronte al mistero di tutto questo odio». Perché tutto questo odio, di- ce lei, in fondo è un mistero «Sì, in fondo è un mistero. Che spero abbia alla fine una soluzio- ne». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Liliana Segre: bisognaspiegare i fatti di Parigisenza ripararli dal doloreE poi raccomandare lorodi non odiare mai

d i Paolo Conti poranee. Ho sempre raccontatola mia storia, riscontrando spes-so quanto i ragazzi siano disabi-tuati a comprendere cosa sia ac-caduto con la Shoah nel Nove-cento, e che oggi si riproponesotto altre forme».

Quale messaggio tenta di co-municare agli studenti?

«Che di fronte a simili trage-die occorre trovare la forza di an-dare avanti partendo prima ditutto da se stessi. E che non biso-

altà, quindi ad affrontarla un do-mani. Molte scuole organizzanoviaggi a Dachau per spiegare co-sa sia stato un campo di concen-tramento. La mattina le scolare-sche vanno lì, ascoltano le guide,magari stanno attenti. E poi la se-ra... tutti in birreria».

Come in una qualsiasi gitascolastica...

«Ecco, quando io sento direche si organizza una "gita scola-

vita. Partendo, come ho già dettoprima, da se stessi. Perché è lì ilmotore essenziale: la forzava tro-vata dentro di noi, sempre e co-munque. E nelle scuole si dovràdire che la strada non è certochiudersi in casa e lasciare fuoriil mondo».

Compito difficile, bisognaammetterlo.

«Certamente. Basta leggereproprio sul Corriere tante illustri

isogna avere ilcoraggio dispiegare ainostri ragazzi

\ \ - * cosa è accadu-to a Parigi. Dicendo la verità esenza ripararli dal dolore e dalpericolo. Perché le nuove gene-razioni qui in Italia sono statetroppo protette e isolate dal con-cetto di sofferenza, che invece faparte reale, concreta della vita ditutti noi... Una responsabilità chehanno sia i genitori che i profes-sori».

Liliana Segre ha un raro dono:quello di affrontare il racconto diquel «dolore indicibile» che fu laShoah, con la semplice pacatezzache le riconoscono i tanti ragazzidelle scuole in cui lei ha narratola sua tragedia di internata quat-tordicenne nel campo di concen-tramento di Auschwitz-Birkenaucon la matricola 75190 stampatasull'avambraccio, dopo esserepartita il 30 gennaio 1944 dal Bi-nario 21 della Stazione Centraledi Milano. Liliana Segre è tra i 25sopravvissuti dei 776 bambini dietà inferiore ai 14 anni deportatiad Auschwitz. Dagli anni Novan-ta, dopo un lungo tempo di si-

L'offloAl compito è difficileDavanti al mistero diquesto odio succede dinon sapere cosa fare»

lenzio e solo dopo essere diven-tata nonna, ha proposto la sua te-stimonianza in centinaia discuole, e continua a farlo. E oggiriflette su quale sia il modo piùadatto per raccontare ai ragazziun lutto collettivo contempora-neo, quello di Parigi.

Liliana Segre, lei da anni ac-cetta inviti nelle scuole e quindiconosce bene la mentalità deiragazzi, le loro domande, i lorodubbi. Oggi riaprono le scuole.Come raccontare il massacrodi Parigi?

«Io non mi sono mai trovataad affrontare questioni contem-

gna mai girare la faccia dall'altraparte, come capitò a noi ebreimentre venivamo deportati. Su-bito dopo raccomando di nonodiare mai. Perché l'odio generaaltro odio. Ultima cosa. Mai ge-neralizzare».

Quindi, in queste ore....«Mai generalizzare sull'Islam.

Assurdo pensare che chi è fedeledi quella religione è automatica-mente un terrorista. Noi ebreiabbiamo vissuto sulla nostra pel-le quali possano essere gli effettidi una generalizzazione. E statala chiave dell'antisemitismo. Per-ciò oggi bisogna trovare le parolegiuste per spiegare, per distin-guere».

I professori si trovano oggidi fronte a un dilemma: come"insegnare" ai ragazzi i fatti diParigi?

«Dire la verità. Spiegare i fatti.Raccontarli senza troppe edulco-razioni. Le nuove generazioni so-no completamente disabituate aldolore, al concetto stesso di tra-gedia. Sono tenute troppo al ri-paro, dai professori e dai genito-ri».

Forse come reazione dei pa-dri e dei nonni a ciò che è acca-duto nel Novecento in Europa.

«E probabile che sia così. Mac'è un eccesso di protezione chenon aiuta i giovani a capire la re-

opinioni per scoprire che non è

OndiifferenzaDi fronte alle tragedienon bisogna mai girarsidall'altra parte, comesuccesse con la Shoah

stica" a Dachau mi indigno. Maquale gita? Semmai è una lezionedi Storia. O un pellegrinaggio. Epoi, trovo insopportabile questaabitudine di "consolare" i giova-ni la sera dopo aver toccato conmano la follia dello sterminio na-zista. Molto meglio non partire,non andare. La vita non funzionacosì. Dopo i dolori non arrivanole caramelle di consolazione, co-me si fa con i ragazzi di oggi».

Lei ha fiducia nella capacitàdei professori italiani di spie-gare cosa sia accaduto a Parigivenerdì notte?

«Esistono due categorie diprofessori. Quelli che avvertonouna autentica missione per unlavoro importante. E gli altri, im-piegati statali che più banalmen-te insegnano. Ai primi tocca ilcompito di riflettere e di aiutare iragazzi a farlo. Ricorrendo allaverità, senza spaventarli inutil-mente e spingendoli ad andareavanti, a riprendersi in mano la

necessario essere giovani pernon sapere cosa fare di fronte almistero di tutto questo odio».

Perché tutto questo odio, di-ce lei, in fondo è un mistero

«Sì, in fondo è un mistero. Chespero abbia alla fine una soluzio-ne».

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La storia

Liliana Segre,85 anni, nata aMilano in unafamiglia ebraica,fu deportata il30 gennaio1944 dalBinario 21 dellaStazioneCentrale alcampo diconcentramentodi Auschwitz-Birkenau, cheraggiunse settegiorni dopo

Fu subito

separata dal

padre, che morì

ad Auschwitz il

27 aprile 1944.

II successivo 30

giugno furono

uccisi nello

stesso campo

ancheisuoi

nonni paterni

Alla fine delgennaio del '45affrontò lamarcia dellamorte verso laGermania dopol'evacuazionedel campo.Fu liberata il 1°

maggio 1945

a Malchow, un

sottocampo di

Ravensbrück.

Dei 776 italiani

sotto i 14 anni

deportati a

Auschwitz,

Liliana Segre fu

tra i soli 25

sopravvissuti

I;i,lr iii

In lacrimeLondra, unadonna allaveglia per Parigiieri a TrafalgarSquare (Reuters)

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` L'invito del ntinista•o Giannini

Dalle lezioni ai flashmob: oggi a scuola si riflette sull'attaccoROMA Non sarà un solo minuto disilenzio. Stamattina alunni, studenti euniversitari ricorderanno le vittime diParigi. Lo ha chiesto la ministradell'Istruzione Stefania Giannini, perché«le nostre scuole, le nostre università, inostri centri di ricerca sono il primoluogo dove l'orrore può essere sconfitto,a diversi livelli di consapevolezza, cheresta l'antidoto più efficace di fronte allaviolenza e a questa guerra senza frontieree senza eserciti». Ma oggi in tutte le aule

sarà anche la giornata della riflessione.Per pensare, capire, cercare dellerisposte: assemblee, flashmob con icolori della Francia e tanti prof cheascolteranno e parleranno con i ragazzi.In Italia sono Soo mila gli studentimusulmani. «Siamo vicini alla Francia -scrive la Giannini - per difendere inostri valori di libertà, apertura e rispettoperla diversità». E la preside del liceoromano Giulio Cesare Micaela Ricciardidice: «Sono fiduciosa, i ragazzi sono i

primi a chiedere momenti di riflessionecome questi». A Roma, 6 scuole lancianouna diretta sulla radio dell'istitutoKennedy (radiokennedy.com) anche conla ministra: «Invitiamo tutte le scuoled'Italia a parlare». E domani, giornata dimobilitazione studentesca, la Rete deglistudenti lancia un appello contro laviolenza e in onore di Parigi e «ognunoesponga la bandiera arcobaleno».

Claudia Voltattorni

La parola

GIORNODELLA MEMORIA

F sul dovere del ricordo edella verità che insisteLiliana Segre in questaintervista. Gli stessi principiche ispirano la Giornata,della Memoria per le vittimedell'Olocausto, celebrataogni 27 gennaio: è il giornodella liberazione del campodi concentramento diAuschwitz, avvenuta nel1945 ad opera delle truppedell'Armata Rossa.

J RIPRODUZIOP,E RISERVATA