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orino - Corso San Maurizio, un cortile circondato da gara- ge privati su cui si apre un’opera d’arte che ha mura perime- trali, immensi finestroni, un tetto con lucernaio ed un terrazzo con l’asfalto in terra ed una foresta di piante cittadine che svettano intorno. Si tratta della casa/laboratorio di Michela Fiorella Pachner, da lei vissuta nella sua quotidiana performance creativa di un allestimento vitale che porta il suo odore e l’affollamento cromatico delle sue opere, riordi- nate e rivisitate ogni mattina. Classe 1926, la sua esperienza artistica attraversa due secoli partendo dai lontani anni 40’ – formativi alla scuola di Evangelina Alciati e felice Castrati – e passa in rassegna l’Informale, il New Dada, la Pop Art nella continua sperimentazione di materiali e di tecniche, come espressione esauriente della sua poetica e dell’essere sempre se stessa al di là dei soliti 46 Life club primavera 2009 In the moods for arts Vivere in un laboratorio d’artista. Incontro con Michela Fiorella Pachner T lifestyle

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orino - Corso San Maurizio, un cortile circondato da gara-ge privati su cui si apre un’opera d’arte che ha mura perime-

trali, immensi finestroni, un tetto con lucernaio ed un terrazzo con l’asfalto in terra ed una foresta di piante cittadine che svettano

intorno. Si tratta della casa/laboratorio di Michela Fiorella Pachner, da lei vissuta nella sua quotidiana performance creativa di un allestimento

vitale che porta il suo odore e l’affollamento cromatico delle sue opere, riordi-nate e rivisitate ogni mattina. Classe 1926, la sua esperienza artistica attraversa due secoli partendo dai lontani anni 40’ – formativi alla scuola di Evangelina Alciati e felice Castrati – e passa in rassegna l’Informale, il New Dada, la Pop Art nella continua sperimentazione di materiali e di tecniche, come espressione esauriente della sua poetica e dell’essere sempre se stessa al di là dei soliti

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In the moods for artsVivere in un laboratorio d’artista. Incontro con Michela Fiorella Pachner

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cliché artistici e sociali. Il suo Laborato-rio è la sua vita, il privilegio di svegliarsi ogni mattina nel Museo delle sue ope-re con il conforto della propria storia in continua catalogazione nelle decine di album - collages, raccolti e selezionati con cura quotidiana. La minuziosa ricostruzione fotografica e

In the moods for artsletteraria del suo vissuto e del suo pen-siero sensibile, è capace di interpreta-re la coscienza sociale di ottant’anni di Italia. Il suo anticonformismo è sta-to puntualmente spietato e autocritico verso tutto quanto assimilasse l’idea di convenzione a quella di tomba per lo spirito. Non c’è centimetro quadro del

suo Laboratorio Ireor – oggi Laborato-rio Luca dopo la prematura scomparsa del figlio Luca Pron, noto fotografo e regista televisivo – che non rappresenti la sintesi della sua opera nell’ accosta-

mento di lavori apparentemente lontani e diversi fra loro ma obbiettivamente conciliati dalla continua ricerca di “spa-zi rianimati” nella loro odierna colloca-zione. Se il soffitto ha per allestimento

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Milena Prisco

“I miei servizi di viaggio sono ricchi di ritratti perché mi concentro sull’umanità che incontro, sulla condition humaine...”

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verticale un salotto di sedie capovolte e decine di suoi quadri pendenti, il pa-vimento di resina - spruzzato di mille colori - supporta sculture di ferro, ple-xiglas o legno e allestimenti di stoffe. Michela Pachner continua a vivere di scelte forti, dando prove insistenti del suo pensiero che non lascia nul-la al caso ma che si materializza nella abnegazione per l’esercizio, lo studio e la disciplina interiore ed esteriore “ unica cosa che conferisce la maturi-tà artistica di ogni abilità naturalmente posseduta se perfezionata dall’eserci-zio”. Non impressioni la commistione di pietre e fossili - raccolte dalle colline del Roero alle spianate dell’Oregon – di frammenti di oggetti e vetri rotti, di lembi di stoffe tagliati e adagiati su letti di polveri colorate in strati sovrapposti a foggia di puzzles in vasi trasparanti. Sono i suoi assemblages polimaterici. Tolga invece il fiato la varietà della in-finita produzione che segna ogni fase della sua opera, sia che penda dall’alto con nature morte e ritratti ad olio, sia che dirompa in radici e pietre su basi di legno con attrezzi di uso quotidiano arrugginiti, sia infine che si specchi ne-gli “acciai” e nelle lamine di metallo po-lito e nei “Luminosi” light- box in plexi-glass speciali, realizzati negli anni 70’ così come i girasoli di ingranaggi e le aiuole di spazzole metalliche. L’unicità della signora Pachner è ancora oggi il risultato di un tormentato passaggio da una ricerca formale ad una pratica artistica non più finalizzata all’opera, ma funzionale ai processi interiori che trovarono nella meditazione e nello psicodramma le diverse tappe di un cammino nel quale i soggiorni in India ed il pensiero di Osho sono diventati momenti essenziali. La sua maturità artistica è riflessa nella stagione delle maschere e delle sculture di gruppo, degli happening e del teatro di strada. Oggi Michela Pachner vive della sua stessa energia creativa. La sua ope-

ra maggiormente rappresentativa di sé – la sua casa - esprime la sua arte nel tratto bambino della pittura attuale che in un espressionismo infantile ha abbandonato la sperimentazione tra-dizionale della materia e della tecnica per esplodere nella quasi incolta pen-nellata materica dei suoi folletti colora-ti, quasi a voler trovare nell’iniziazione del gesto infantile la purezza della sua forza espressiva, poi ridotta a natura pura come il fogliame fitto delle sue piante sul terrazzo. Un giorno lontano il suo mondo continuerà a parlare di sé e non basterebbero cinque vite a raccontare il miracolo della sua arte fatta di talento e di raffinata tecnica ma soprattutto di vita, la sua vita quo-tidiana.

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