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Xmas Project è il regalo che vogliamo farci a Natale. E che abbiamo scelto di farci per tutti i Natali. Ci siamo regalati un’idea, la speranza e il coraggio di farla diventare realtà. Le abbiamo dato un nome, Xmas Project, l’abbiamo fatta diventare Associazione, le abbiamo consegnato un compito da portare a termine; faremo un libro, diverso ogni anno.

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È il regalo che vogliamo

farci quest’anno a Natale.

E che abbiamo scelto di farci

per tutti i prossimi Natali...

L’Associazione Xmas Project

L’Associazione Xmas Project è nata nel settembre delDuemilauno. I soci sono Roberto Bernocchi, Dario Bertolesi,Elena Casadei, Francesca Castelnuovo, Francesca Colciaghi,Alberto Cometto, Maurizio e Stefano D’Adda, Jacopo Dalai,Claudio Elie, Matteo Fiorini, Filippo Marconi, Benedetta Nocita,Sarah Nocita, Sara Panizza, Renato Plati, Viviana Sprefico.ll Gruppo Media, azienda di arti grafiche, e Beecreative, Web Agency, sono partner del progetto.

Per contattare l’Associazione e partecipare al progetto:

Associazione Xmas Project ONLUSVia Luigi Settembrini, 4620124 MilanoFax: 02 700 308 [email protected]

@xmas_project XmasProjectOnlus

www.xmasproject.org

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Il Librosolidale

Il libro che state tenendo in mano è un libro speciale. È un“Librosolidale”. Non è in vendita, ma se lo desiderate, potetecontribuire a crearlo, a diffonderlo e soprattutto a finanziarlo.

Il Librosolidale è il frutto dell’impegno di molti. Questi moltisono il Xmas Project. Un’Associazione costituita per daresostanza e realtà a microprogetti di solidarietà, in giro per ilmondo, là dove c’è del bisogno.

Chi vuole sostenere il progetto, e quindi aderire al XmasProject, prenota una certa quantità di Librisolidali e versa uncontributo proporzionale alle copie ricevute. Potrà così utiliz-zare i libri come doni, in occasione del Natale, trasformandoliin ambasciatori del progetto stesso.

Non solo: questi doni saranno particolari, perché conterannoqualcosa di “proprio”. Perché chi aderisce al Xmas Project con-tribuisce in prima persona alla costruzione del Librosolidale,fornendo un proprio contributo: una foto, uno scritto, unapoesia, piuttosto che semplicemente la propria firma. Se avetericevuto questo libro in dono da qualcuno, sfogliatelo: vi tro-verete un suo segno.

L’aspirazione, di Natale in Natale, è quella di costituire unaCollana di solidarietà. Contattateci: è questo il regalo cheanche voi potete donare e donarvi il prossimo Natale.

Xmas Project 2011

Port-de-Paix, Haiti, Mar dei Caraibi, America Centrale.Posizionato sul bordo della faglia Caraibica e sulla rotta degliuragani e delle tempeste tropicali che periodicamente flagellanoi Caraibi, Haiti è il paese più povero delle Americhe. Il 12 gennaio 2010 un potente terremoto si è abbattuto sullacapitale e la zona sud dell’isola, provocando oltre 250milamorti. Un numero enorme di vittime segno di un profondosottosviluppo economico e della mancanza di ogni politica diprevenzione. A nord ovest, a 250 km dalla capitale, in una zonadi estrema frontiera e povertà, opera una piccola comunità disuore Lasalliane in una casa accoglienza per oltre 100 bambinihaitiani. Un punto di riferimento per la popolazione localepriva di sostegno pubblico, un rifugio prezioso per tanti bambinitraumatizzati e sopravissuti al terremoto. Xmas Project ha sceltodi sostenere la comunità delle sorelle Lasalliane: assistenzamedica ai bambini, vaccinazioni, integratori alimentari, supportopsicologico e anche un forno, per la panificazione.

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“E se non puoi la vita che

desideri cerca almeno questo

per quanto sta in te:

non sciuparla”

Costantino Kavafis

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HiiXmas Project

Xmas Project è il regalo che vogliamo farci a Natale. E che abbiamo scelto di farci per tutti i Natali. Ci siamo regalati un’idea, lasperanza e il coraggio di farla diventare realtà. Le abbiamo dato un nome, Xmas Project, l’abbiamo fatta diventare Associazione, leabbiamo consegnato un compito da portare a termine; faremo un libro, diverso ogni anno. Tutti coloro che desiderano farsi questoregalo: sono loro il Xmas Project. L’idea nasce dalla necessità di dare una soluzione a un vecchio disagio, a un bisogno che non avevaancora trovato risposta: il disagio del regalo inutile, della forma che ha perso significato, del piacere di donare divenuto sterile. Tutti noi facciamo regali diversi, in occasione del Natale: regali colmi di affetto, regali innamorati, regali pazientemente cercati,regali che non potevamo non fare, regali riciclati, regali “socialmente corretti”, regali di rappresentanza, regali frettolosi. Mille regali.Tanti soldi. Un vecchio e trito discorso. Che si lega a un’altra, solita, considerazione: l’inimmaginabile divario fra il tanto che noisprechiamo e il poco che altri non hanno. Xmas Project si sostituisce al regalo di Natale, diventa dono, si fa libro che propone un’idea e che contemporaneamente la realizza.Perché il libro racconta di se stesso, del progetto di aiuto che, con i suoi proventi, riesce a realizzare e raccoglie i volti, le frasi, idisegni, le speranze di tutti coloro che hanno contribuito a esso. Puoi scegliere anche tu di regalare e regalarti il Xmas Project, èmolto facile: basta credere in un progetto di solidarietà; scegliere all’interno della tua cerchia di parenti, amici, conoscenti, clienti idestinatari di questo dono; quindi acquistare le copie del Librosolidale, alla cui realizzazione hai partecipato con un tuo segno, econtribuire così alla realizzazione del progetto, da un lato finanziandolo, dall’altro diffondendolo.

Milano, settembre 2001

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IndiceProgetto 2011: Port de Paix, Haiti 5

Il budget: tra le suore di frontierache ridanno il sorriso ai bambini 29

Noi, Xmas Project 2011 35

Xmas Project... nelle scuole! 62

Xmas Project... e le aziende 96

2001-2010: i nostri progetti 109

Xmas Project 2012: segnalateci i vostri progetti 115

vita già difficili di milioni di persone. La tragedia non li ha peròabbattuti. Sono caduti e si sono rialzati. Di queste persone cicolpisce la dignità, la forza e la capacità di lasciarsi alle spalle ledifficoltà per ricominciare a immaginare un futuro. Questadignità ha ogni volta qualcosa di straordinario.Per questo abbiamo scelto come tema “In piedi”. “In piedi” esprime la capacità delle persone di rialzarsi, dopo cheil destino avverso le ha ferite. “In piedi” è il motto che può vale-re per tutti noi, ogni volta che affrontiamo piccoli grandi cam-biamenti della nostra vita e sappiamo farli diventare occasioni dicrescita, di rinnovamento. Su questo tema abbiamo raccolto ivostri contributi, le pagine delle aziende che ci sostengono e, daquest’anno, in una forma a loro adatta, abbiamo anche raccoltogli straordinari contributi di molti bambini, elaborati in classecon la guida dei loro insegnanti.Allora buon Natale anche quest’anno. Un Natale che speriamo civeda uniti nel desiderio di ritrovarsi in piedi, pronti per cambiaree per fare la propria parte. E, se guardiamo all’Italia e al mondo,ci sembra che mai come oggi ci siano i germogli del cambiamen-to. Che la sconfitta, la caduta, la crisi, la decadenza, chiamatelacome vi pare, sia l’occasione per ripartire in direzioni più nobili.Il momento è teso. Ci servirà molto impegno e tanta fortuna.

Un tempo le catastrofi naturali erano eventi eccezionali. Ter-remoti, alluvioni, eruzioni. Di quanto avveniva nel mondo ciarrivava solo qualche notizia, qualche foto, qualche testimo-nianza. Ma il più rimaneva distante chilometri da noi.Oggi le notizie arrivano su twitter, le foto vengono subitopostate su Facebook, e viviamo in diretta col mondo. Nullaè più lasciato all’immaginazione. Le catastrofi naturali sonodiventate uno spettacolo della stessa natura. Le tragediesono raccontate da dentro. Servizi, interviste, video rubatialla morte. Molti organi di informazione sono trepidanti esolerti al tempo stesso nel descrivere i minuti, le facce, leparole, i pianti della catastrofe. Attenzione morbosa, scien-tifica, ma in fondo superficiale. Dopo qualche giorno, setti-mana o eccezionalmente mese, il faro che ha illuminato latragedia si sposta sui nuovi fatti del momento. E tutto quel-lo che è successo prima rimane un ricordo vivido che appar-tiene al passato. Le storie si chiudono. Le luci si spengono.Le vite vivono o muoiono, poco importa. Non ci è mai datodi conoscere il finale.È questo uno dei motivi che ci ha spinto a scegliere Haiti.Un paese alla ribalta per qualche mese. Un paese che habeneficiato della solidarietà internazionale e poi è tornatonell’ombra. Invece Haiti esiste ancora e vive tuttora inmezzo alla difficile impresa della ricostruzione, ecco perchél’abbiamo scelta. L’abbiamo fatto in fondo anche per edu-care noi stessi a non subire i meccanismi del “faro illumi-nante”. Perché è facile lasciarsi guidare dalla luce, ma è ter-ribilmente comodo e terribilmente ingiusto: ci abitua al sen-sazionalismo e alla superficialità e ci allontana dalla sincerae intima solidarietà umana. C’è molto altro nella scelta di Haiti – che ancora oggi molticonfondono con Tahiti, splendida e florida isola della Poline-sia francese. Vi è il desiderio di interrogarsi, ancora una volta,sull’ingiustizia planetaria, sulla povertà, sulla disuguaglianza.Haiti occupa la parte occidentale dell’isola di Hispaniola, nelmar dei Caraibi. È il paese meno sviluppato dell'emisferosettentrionale e uno dei più poveri al mondo. A est, sullastessa isola, confina con la Repubblica Dominicana, che vivedi tutt’altra situazione economica e sociale. Il terremoto hacolpito Haiti e risparmiato la Repubblica Dominicana. Mortee distruzione solo dove c’era povertà. Non è questa unaeccezionale occasione per interrogarsi sul senso della vita?In questa isola stanno lavorando Gaetano Vivo e GiovanniCassani, due nuovi amici del Xmas Project. Entrambi lavora-no in importanti organizzazioni internazionali e conosconobene la realtà di Haiti. È loro la narrazione a parole e aimmagini che vi accompagnerà nelle prossime pagine (men-tre sono di Francesco Giusti, che ringraziamo, gli impressio-nanti scatti fotografici post terremoto). Gaetano e Giovannici hanno raccontato la difficile sfida per la sopravvivenzache si consuma quotidianamente su quest’isola disperata.Una sfida spesso animata da persone coraggiose e straordi-narie, come le suore lasalliane che gestiscono la casa diaccoglienza a Port de Paix, che grazie a loro abbiamoincontrato e conosciuto e delle quali vogliamo quest’annooccuparci, insieme a voi. In questo angolo di mondo da sempre si vive di stenti. E ilterremoto non ha fatto altro che peggiorare le condizioni di

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Il progetto 2011

“Tanti morti ci sono negli occhi della mia isola”.

Louis-Philippe Dalembert

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Dati e numeri

Popolazione: 9.719.932 (0-14 anni: 35,9%; 15-64: 60,1%; oltre i 65: 3,9%)Gruppi etnici: neri 95%, mulatti e bianchi 5%Forma di governo: repubblicaCapitale: Port au Prince (2.143.000 abitanti)Lingue: francese e creoloReligioni: cattolici 80%, protestanti 16%Età media: 21,4 (Italia 43,5)Indice natalità: 24,4/1000 (Italia 9,2)Indice di mortalità alla nascita: 300/1000 (Italia 5/1000)Aspettativa di vita : 62,17 (Italia 81,77)Accesso ad acqua potabile: 63% popolazioneIndice di analfabetismo: 47,1% popolazioneDiffusione HIV/AIDS: 1,9% popolazioneIndice di disoccupazione: 40,6%Popolazione sotto indice di povertà: 80%Pil procapite: $1.200 (Italia $30.500)

Haiti.Il Paese più povero del nord del mondo.

Lo stemma di Haiti è stato introdotto nel 1807 e ha assunto la sua forma attuale nel 1986. Rappresenta una palma conattorno 6 bandiere, 6 lance e due cannoni su un prato inglese nel quale si può notare una catena con un anello spezza-to, simbolo contro la schiavitù. Vi sono anche due ancore, un tamburo e una bugola (una specie di tromba). Alla sommitàdella palma si trova un berretto frigio (simbolo di libertà adottato dalla Rivoluzione francese e utilizzato come simboloanche dall'Esercito degli Stati Uniti); al di sotto si trova il motto “L'union fait la force".

La Zuppa dell’Indipendenza

La "Soupe au Giraumon" (il giraumon è una sorta di zucca locale),è forse il piatto più tipico della cucina creola haitiana. È sopranno-minata “Soupe de l'Independance” perché un tempo era vietataagli schiavi e dopo l'indipendenza di Haiti (nel 1804) questo piattoè diventato un simbolo del paese. È una tradizione che si consumain famiglia, anche se c'è sempre abbastanza zuppa da servire agliamici e a chi passa per augurare loro un buon anno nuovo.

Ingredienti½ kg. di petto di manzo - ½ kg. di stinco di vitello - 250 g. dizucca - 1 cipolla media - 250 g. di pasta (tipo vermicelli) - 2 o 3carote - 1 porro e 1 cavolo (medio) - 1 pezzo di pancetta magra -1 pezzo di pancetta grassa - 1 gambo di sedano - 3 chiodi di garo-fano - 1 cucchiaio da zuppa di burro - 1 cucchiaio di aceto.

PreparazioneLavare tutta la carne con del limone e condirla con del succo d'a-rancio e un pugno di sale. Metterla a bollire in 3 o 4 litri d'acqua.Quando la carne si è intenerita, aggiungere le verdure e poi lazucca che una volta cotta dovrà essere poi passata. Aggiungere ivermicelli, salare e pepare quanto basta. Quando la zuppa è quasipronta, fare dorare le cipolle in rondelle in un cucchiaio d'olio,aggiungere il burro e l'aceto e mescolare il tutto alla zuppa.

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Haiti è il paese più povero delle Americhe, con il 54% della popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno. Un altro 24% arriva appena a due euro.

Muoiono 74 bambini ogni mille nati vivi. Quelli che ce lafanno hanno un’aspettativa di vita di 52 anni. Nel 2010occupava la 145esima posizione su 169 nella graduatoriadell'indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite.

Per molti aspetti è forse il paese caraibico più vicino all’A-frica occidentale, da quando circa trecento anni fa i france-si costruirono un immenso ed involontario ponte migrato-rio: dalle porte del non ritorno del Benin o del Senegal,milioni di persone hanno lasciato il continente ed una granparte di essi fu deportata nell’attuale Haiti, per lavorare

nelle piantagioni agricole della lorocolonia più ricca.

Gli Stati Uniti d’America occuparonol’isola con un colpo militare nel 1915per tenere alla larga le ambizionidelle potenze europee, in particolarela Francia (che controllava a quel

tempo l’altra metà dell’isola, quella chiamata oggi SantoDomingo) e la Germania. Riconquistata la sua indipenden-za nel 1934, Haiti si è purtroppo dimostrata incapace digestire il futuro della sua gente, sperimentando il dilagaredella corruzione, della violenza incontrollata, delle ambi-zioni sanguinarie e dittatoriali di colonnelli e generali chehanno usato la forza delle armi per spartirsi le ricchezzedell’isola. La “presidenza a vita” di Papa Duvalier (dal ’57al ’71) e poi del figlio Baby Doc (fino all’86) alla quale hafatto seguito un itinerario ininterrotto di colpi di stato chehanno prostrato il Paese.

Dall'inizio del 2004 Haiti è al centro di una rivolta popolareche ha causato disordini e violenza ed ha portato il 29 feb-braio alla partenza dall'isola del dimissionario presidenteJean-Bertrand Aristide. Il governo è stato retto ad interimdal presidente della Corte di cassazione, Boniface Alexandre,fino alle elezioni presidenziali tenutesi il 7 febbraio 2006 dacui, pur tra molte proteste ed accuse di broglio da parte deisuoi avversari, è uscito eletto René Préval.L'isola, colpita nell'estate 2004 dall'uragano Jeanne e nelgennaio 2010 dal disastroso terremoto, vive in uno stato diemergenza umanitaria. Attualmente è in corso una missioneinternazionale di aiuto sotto l'egida dell'ONU, che vede lapresenza di un contingente guidato dal Brasile.

Haiti è un paese situato nelMar dei Caraibi. La sua capitale è Port au Prince.

Un tempo colonia francese, è stata,dopo gli Stati Uniti, una delle prime

nazioni delle Americhe a dichiarare la propria indipendenzadalla Francia, il 1 gennaio 1804. Il territorio haitiano copre laparte occidentale dell'isola di Hispaniola, cosi chiamata daCristoforo Colombo prima di ritornare in Europa, e confina aest con la Repubblica Dominicana.

Il sistema economico si basa quasi esclusivamente su agricol-tura e turismo. Secondo la Banca Mondiale, dopo una pesan-te recessione nel 2004, il paese ha imboccato un percorso diripresa che si è però interrotto nel 2008, con pesanti scontridi piazza. Il Fondo monetario internazionale stima una cre-scita del 2,7% per il 2010. L’agricoltura vale quasi un terzodel Pil, l’industria è del tutto marginale mentre i servizi,soprattutto il turismo, pesano per circa il 40% dell’economia.Ad Haiti la disoccupazione supera il 60% della popolazione.Nonostante il consistente export di zucchero, caffè, bananee mango il commercio con l’estero è in costante rosso. Tutti gli indicatori di sviluppo economico e sociale vedono

Haiti in forte ritardo sugli altri paesi dell’area caraibica e del-l’America Latina. Sulla stessa isola, quella di Hispaniola, laRepubblica Dominicana ha trovato un percorso, pur limitato,di crescita e benessere sconosciuto ad Haiti. Il reddito mediopro capite dei dominicani è il doppio rispetto a quello degliabitanti di Haiti e la povertà è un fenomeno limitato: solo il3% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno.A fare la differenza è stata almeno in origine la dominazionecoloniale subita: spagnola per la Repubblica Dominicana,francese per Haiti. Ciò ha voluto dire rimanere sola in un’a-rea tutta sotto il controllo di Madrid e di conseguenza ancheisolata dal punto di vista linguistico.

Anche il territorio di Haiti è meno favorevole allo sviluppodel turismo e delle coltivazioni rispetto ai vicini. Ma la defi-nitiva chiusura verso l’estero e l’arretratezza sono venute poiin epoca più recente dalle dittature del paese che tra corru-zione e malgoverno ha letteralmente defraudato il paesedelle sue poche risorse.

Il paese è gravato da un pesante debito anche se la scorsaestate Fmi e Banca Mondiale ne hanno cancellato l’80%, per1,2 miliardi di dollari, dopo aver constatato i progressi nelleriforme economiche e nella lotta alla povertà.

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Ha i t i ha una s to r i a s enzaeguali in termine di disastrinaturali: più di novanta dal1900 ad oggi, in larga partedovuti alla sfortunata combi-nazione di una posizione geo-grafica che colloca l’isola sulbordo della faglia Caraibica esul la rotta degl i uragani e

delle tempeste tropicali cheperiodicamente flagellano iCaraibi. Nonostante il rischiosismico elevatissimo e noto aigeologi e sismologhi, l’estre-ma povertà di Haiti, la corru-zione e l’inesistente ammini-strazione hanno consentito diedificare senza alcun criterio

In una situazione di profondo sottosviluppo economico, insicurezza sociale e fragilità delleistituzioni, si è abbattuto su Haiti il terremoto del 12 gennaio 2010, provocando oltre 250milamorti, quasi lo stesso numero di vittime che lo tsunami del dicembre 2004 aveva causato in un'area vastissima dell’Oceano Indiano.

12 gennaio 2010:

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antisismico. Non solo per quelche r iguarda g l i ed i f i c i inl egno o mura tu ra pove ra ,costruiti senza alcuna regola ein modo cos i a f fo l l a to dalasciare le strade così stretteda impedire il passaggio deisoccorsi, ma anche per quelche riguarda le costruzioni in

cemento. Sono questa estremae profonda povertà e la man-canza d i p r evenz ione cheespongono larga parte dellapopolazione a rischi ancor piùelevati di fronte alle catastrofinaturali. Le stesse calamitàcolpiscono infatti e purtroppoanche altri paesi dove oppor-

tune strategie per ridurre lapropria vulnerabilità permet-tono pe rò d i con tene r e i lnumero de l l e v i t t ime : ne l1995 in Giappone, a Kobecittà di 2milioni di abitanti,un terremoto di magnitudoanaloga a quello che ha colpi-to Haiti ci sono stati 5mila

morti , un numero 50 volteinferiore a quello registratosull’isola caraibica. Nonostan-te ciò, quel terremoto fecescalpore e fu per i giapponesiuna grande sconfitta, essendoil Paese rinomato per avere unpiano di prevenzione dai ter-remoti di grande efficienza.

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La felicità di rimettersi in cammino

Sta albeggiando e la città si strappa a fatica dal sonno,ancora avvolta nei fumi di un’altra nottataccia. La sesta di fila.

Da due giorni le voci da sotto le macerie tremano sempredi meno e le urla isteriche non squarciano più il silenzio.Ma quale silenzio? Un misto di mormorii, di piccoli piantie talvolta — ma così raramente — una risata timidastrozzata per necessità, dall’obbligo di vergognarsi di un barlume di felicità.

Sotto la tenda, nel mezzo di un’enorme colonia di rifugiati, scampati alla disgrazia, alla negligenza, a una vulnerabilità così ben nascosta, lei sta sognandosenza speranza un’altra razione d’acqua, una mano pienae tesa verso di lei. Suo figlio dorme. Nella mano destrastringe la bambola della sorellina morta sotto le macerie e abbandonata sul marciapiede da sei giorni, sotto un lenzuolo bianco.

Lei prende il secchio più grande e parte ad affrontare la vita. Un ultimo sguardo al figlio addormentato. «La mamma è in piedi» gli dice, «la mamma va a cercartil’acqua».

«Soltanto dio ha il diritto di riposarsi il settimo giorno.Dormi bambino mio. La mamma non ha dimenticato la strada per la sorgente».

Jean-Euphele Milcé

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Un giorno nella vita a Port de Paix, Haiti

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Testi di Gaetano Vivo - Foto di Giovanni Cassani

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Finalmente ci chiamano per imbarcare. Tutti i dodiciposti del piccolo aereo sono occupati. I nostri com-pagni di viaggio sono un gruppo di missionari ame-ricani, una famiglia di haitiani della diaspora configli e nipoti al seguito. L’aereo si stacca dalla pistae in qualche minuto lasciamo sotto di noi lebidonvilles che negli ultimi quarant’anni hannoriempito la striscia di terra compresa tra la pistadell’aeroporto e la costa: Cité Soleil, WharfJeremie, La Saline. Migliaia di tetti di lamieresorti come funghi su un’enorme palude riem-pita di rifiuti e diventata discarica della capi-tale. La vista dall’alto è agghiacciante. Muc-chi di immondizie che bruciano e tetti dilamiera. In una delle bidonville più grandidel Nord del mondo, a meno di due ore divolo da Miami, mezzo milione di personevivono senza fogne, acqua corrente,energia elettrica.

Dopo circa quaranta minuti il piccoloaereo ha ormai attraversato in lungotutto il paese e può cominciare ladiscesa verso Port de Paix. Atterria-mo con un po’ di sobbalzi su unapista di ghiaia e in un nuvolone dipolvere. Quando scendiamo lascaletta troviamo una proces-sione di donne che portanotaniche d’acqua, venditori di

banane e perfino due muli carichiall’inverosimile di sacche di carbone. E

cominciano le prime sorprese: la pista dell’aeroportodi Port de Paix è in realtà lo stradone principale della città, un

luogo di transito per motorini, venditori, muli da soma, qualchecapra. Due volte al giorno, all’arrivo e al decollo dell’aereo per Portau Prince, la sola guardia dell’aeroporto deve fare una bella faticaper sgombrare dalla pista-strada tutta questa massa in transito.Un poliziotto ci attende al controllo passaporti, ma non sembraparticolarmente preoccupato. Con la mano ci fa segno di passaree, mentre aspettiamo che ci portino i bagagli, gettiamo unosguardo incuriosito alla sala d’attesa con quelle poltroncine rosse,che sembrano prese da uno scuolabus, piazzate all’ombra di altis-sime palme.

Erilien ci viene incontro festoso. Da quando era ragazzino è il fida-to autista delle suore. Carichiamo i bagagli sul suo pick-up biancoe attraversiamo il centro della città. Siamo al tramonto, il mercatosta per chiudere e i venditori urlano ancora più forte per cercarsi gliultimi clienti della giornata. Attorno a noi scene africane: donnesedute per terra che vendono frutta e verdure in piccoli mucchiet-ti, cipolle, carote, melanzane. Mi fermo a chiacchierare con una di loro e chiedo della provenien-za della verdura. Mi dicono “Port au Prince”, che può anche volerdire Repubblica Domenicana o Stati Uniti. Fingo di cercare il risolocale, quello che coltivano nella regione dell’Artibonite, soli 50kilometri più a sud, ma non si trova in tutto il mercato perché ètroppo caro, inarrivabile per le magre tasche della popolazionelocale. Così, paradossalmente, nel piatto degli haitiani si trovaquasi esclusivamente riso vietnamita e soprattutto americano, il cuiprezzo, grazie ai generosi sussidi governativi all’agricoltura, strac-cia quello locale. Lo stesso succede col caffè Blue Mountain, unodei più rinomati (e costosi, il prezzo al kilo è di circa 100 euro) cheviene coltivato solo in pochissimi posti al mondo tra cui Haiti.Bisogna andare nei bar più chic di Manhattan e Parigi per trovare ilcaffè prodotto nel paese più povero dell’emisfero occidentale:Haiti, terra di mille contraddizioni, dove tesori e brutture immondesono vicinissimi, si sfiorano, e a volte si scambiano quasi di posto.

Da Port au Prince a Port de Paix

Il piccolo aereo bimotore della compagnia nazionale haitiana Tortug’Air è fermo sulla pista dell’aeroporto regionaledi Port au Prince. Due ore di ritardo in partenza a causa di un guasto tecnico. Sono le tre del pomeriggio e il piccoloterminal è un forno. Siamo in piena stagione delle piogge e, con la cappa di umidità e inquinamento che avvolge lacittà, i 35° si sentono tutti. Io e Giovanni ci piazziamo su una panca davanti all’unico ventilatore: siamo intorpiditidall’afa e quel refrigerio improvviso concilia un’inattesa siesta pomeridiana...

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Arriviamo dalle suore che il tramonto èquasi finito. Giusto in tempo. Suor Marjorie, la superiora della comunità delle sorelleLasalliane di Port de Paix, ci sta già aspettando sotto alportone. Ci saluta contenta ma sembra soprattutto preoc-cupata di farci strada e accompagnarci in casa. D’un trat-to, alla fine del viale, ci troviamo davanti sessanta pargo-letti vestiti con l’uniforme della scuola, disposti in fileordinatissime sugli scaloni dell’ingresso. Ci stavano aspet-tando per salutarci e darci il benvenuto con una canzon-cina. Le suore intonano, parte un coro festoso. Ci guar-diamo un po’ confusi ma il coro e la gioia dei bambinisono contagiosi... In un attimo ci sediamo per terra sullascalinata e cominciamo a cantare anche noi. Suor Linda, comandante in seconda della comunità, cimostra le cellette dove passeremo le prossime notti. Sonosemplici, ma non manca niente. Il piccolo lettino è avvol-to con cura dalla zanzariera che è appesa al soffitto. Ilperché lo capiremo qualche ora più tardi, quando comin-ceremo a essere divorati da fameliche zanzare che sem-brano farsi un baffo anche dei nostri repellenti. Le collinetutto intorno sembrano infiammate da un tramontoarancione. Non c’è l’acqua calda ma dopo tutta l’afa e lapolvere del pomeriggio la doccia è un toccasana comun-que. Intanto sono le sei e mezza ed è già ora di cena.

I bambini scendono nel refettorio ordinatissimi, sidispongono al loro posto senza fiatare. Dicono la pre-ghiera e ringraziano chi ha preparato loro il cibo. I piùgrandi si spazzolano le pennette al sugo in pochi minuti esenza fiatare. I piccoli invece si distraggono e le suoredevono assicurarsi che non si alzino prima di aver finito.In tavola arriva la frutta estasera c’è pure il dolce. Lesquadre responsabili dellosparecchiare e del lavare ipiatti si alzano prima ditutti e sono già al lavoro.L’organizzazione del refet-t o r i o è p e r f e t t a , un asequenza di procedurecollaudate ed efficientissi-me: sembra di stare nelNord Europa… C’è chiaiuta a preparare da man-giare, chi apparecchia esparecchia, chi spazza learee comuni, chi racco-glie il bucato steso adasciugare. Ognuno con-tribuisce come può allavita della comunità.

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Nel dopo cena rimaniamo a fare due chiacchiere con le suore.

Da Port au Prince, insieme a un po’ di arti-coli che ci avevano chiesto, ci siamo porta-ti dietro un pezzo di Parmigiano e unabottiglia di Aglianico, entrambi ricordi diuna recente vacanza in Italia.

Le suorine fanno uno strappo alla regola esi consentono due dita di rosso ciascuna.Dopotutto è sabato sera. Inevitabilmente la conversazione si incen-tra sul terremoto, sembra quasi scontato. Ad Haiti chiedere “Tu dov’eri il 12 gen-naio?” è diventata una domanda rituale,quasi come chiedere “Che fai nella vita?”.Tutti quelli che il 12 gennaio 2010 alle16:52 erano ad Haiti si ricorderanno per

sempre di quello che stavano facendo, delposto in cui erano, di quello che hannopensato nell’udire quel boato spaventoso,col pavimento che ballava sotto i piedi chesembrava di stare in barca, col cielo diven-tato d’un tratto buio per i nuvoloni di pol-vere saliti da palazzi interi crollati comecastelli di carte. Quel pomeriggio, come ogni giorno, suor

Marjorie e suor Linda stanno aiu-tando i loro bambini a fare i compi-ti, quando una chiamata di padreHerman, loro fratello maggiore epadre spirituale, le scuote da quel-lo che sarebbe rimasto un anoni-mo martedì pomeriggio di gen-naio. “C’è stato un terremoto for-tissimo a Port au Prince, è venutogiù tutto... L’intera città è di -strutta; ci sono centinaia, mi -gliaia di persone sotto le mace-rie”. Provano a chiamare le con-sorelle Lasall iane di Port auPrince ma i cellulari sono muti...Nessun segnale di chiamata,solo un messaggio automatico:“L’utente non è raggiungibile”.Sa rà cos ì pe r i due g io rn iseguenti, fino allo squillo libe-ratorio del telefono: “Stiamotutte bene, ma parte della casaè crollata e per adesso siamonel giardino, sotto una tendache ci ha dato l’Unicef”.A Port de Paix, che è a 250kilometri a nord di Port auPrince e che pure si trova inuna zona ad alto r ischiosismico, il terremoto non si è

sentito quel 12 gennaio ma nei giorniimmediatamente successivi, quando leprime colonne di sfollati, in macchina, bus,e perfino a piedi sono cominciate ad arri-vare. Centinaia, forse migliaia di sfollatidalla capitale, gente che all’improvviso si èritrovata senza casa, senza lavoro o, ancorapeggio, senza genitori, fratelli, figli. E cosìil terremoto scuote pure la piccola comu-nità delle suore. Arrivano una, due, tretelefonate per chiedere aiuto, poi decine. Sono i parenti di bambini rimasti orfani dal

terremoto che chiedono di portarli dallesuore, perché non c’è nessuno che si possaoccupare di loro. Arrivano addirittura letelefonate di tre sindaci della regionemetropolitana, la più colpita dal sisma:l’eco delle suore di Port de Paix è arrivatofino alla capitale. Chiedono di poter man-dare alcuni dei loro bambini da loro perqualche mese, almeno i casi più disperati.Per suor Marjorie, Linda, Chantale, Sauva-nie e Magda, che da anni lavorano al fian-co dei più piccoli in una delle zone piùpovere del pianeta, tutta quest’attenzioneè una cosa nuova. Sono prese alla sprovvi-sta, si consultano, discutono, ma non ser-vono troppe parole. Davanti a quellerichieste di aiuto è ovviamente impossibiletirarsi indietro, lo impone loro la “caritas”cristiana e prima ancora l’amore per i bam-bini, soprattutto quelli abbandonati.

Così accettano la sfida: i bimbi da 30 passa-no a 120. Ai nuovi arrivati serve di tutto:cibo, vestiti, materassi, lenzuola. Ma soprattutto servono cure mediche, inalcuni casi specializzate. Molti dei bambinisono stati traumatizzati, fisicamente e psi-cologicamente, dal sisma. Alcuni di lorosono rimasti giorni interi sotto le macerie,certi hanno visto la morte strappargli unamamma, un papà, un fratellino.

Le suore lavorano notte e giorno per pre-parare la casa ai 90 bambini in arrivo. Perfortuna ci pensa la “Provvidenza” a soste-nerle: l’associazione ANPIL di Milano, daanni vicina ai missionari Lasalliani, mandaloro un container di aiuti dall’Italia. Il “fra-tello maggiore” Hermann e la comunità deiLasalliani si trasformano in loggisti, autistidi camion, traduttori. Alcuni vanno addirit-tura a trattare coi poco raccomandabilidoganieri alla frontiera con la RepubblicaDomenicana, pur di far passare il più rapi-damente possibile il camion e fare arrivaregli aiuti a Port de Paix. Sembrano perso-naggi d’altri tempi questi missionari. Nellezone di frontiera del mondo, là dove nonarrivano Nazioni Unite o diplomatici disorta, ci sono solo loro a fare gli interessidei più deboli.

Un sabato sera, a ricordare

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Suor Linda non mi fa neppurefinire la domanda: “Il valoreaggiunto di vivere in comunitàè proprio quello: sapere chepuoi contare sulle altre quandoti senti sola e quando il corag-gio ti viene meno. La cena pernoi è il momento più bello,condividiamo la nostra giorna-ta, ci raccontiamo le cose bellee brutte che ci sono successe.Ecco: la cena è quando ci sen-tiamo veramente comunità”.Mi guardo intorno, non ci sonotelevisori e neppure un telefo-nino in vista. La semplicità diqueste suore è contagiosa.Ho bisogno di fermare nellamente tutto quello che ho vistoe sentito oggi. Me ne vado sultetto. Una vista aperta a tre-centosessanta gradi e una stri-scia di stelle che sembra distare nel profondo dell’Africa.Port de Paix è un capoluogo diregione nel buio pesto. Sola-mente il 15% delle case sonoallacciate alla rete elettrica,ancora di meno nel le zonerurali. Le suore hanno il lorogeneratore e le batterie ricari-cabili per illuminare le stanze.Ma per funzionare il generato-

re brucia diesel e con quelloche costa lo si può tenere acce-so solo quattro-cinque ore algiorno, non di più. Alle dieci inpunto, quando suor Marjorie

spegne il generatore, la casapiomba nell’oscurità. Ora che losferragliare del generatore si èarrestato si sentono solo i grillie il vento che soffia dal mare.

Intanto si sono fatte le nove ebisogna mettere i più piccoli al e t to . P r ima però b i sognalavarli e giocare un po’ con lorofinché non si addormentano.Le tre suore più giovani ci salu-tano per andare a occuparsene.Rimaniamo con Marjor ie eLinda, le fondatrici e le verecolonne portanti di questa pic-cola comunità. Vorrei chiedereloro tante cose, vorrei saperequal è il loro segreto, comefanno in cinque a “fare damamme” a più di cento bambi-ni. Qualcosa come venti figli atesta da lavare, nutrire, curare.Da accudire ed educare ognigiorno. Tutti i giorni della set-timana, tutti i mesi dell’anno.Chiedo loro cosa le ha spinte adiventare suore e a entrare incomunità. Suor Marjorie nonesita un attimo: i bambini sonola sua “vocazione”. Lei che è ladirettrice della scuola e che,anche senza stare dietro la cat-tedra, quei bimbi li conoscemeglio di qualsiasi maestra.“Quando ero più giovane pen-savo di farmi una famiglia, maun giorno ho capito che con unmarito e i figli non mi sareipotuta dedicare totalmenteall ’altro”. Non c’è neppurebisogno di essere credenti.Sono parole pesanti di frontealle quali non sai che risponde-re. Chiedo a suor Linda qual èla cosa che la rende più soddi-sfatta alla fine della giornata.“Vedere i bambini contenti”, mirisponde. “È incredibile vedere iprogressi che fanno. Quelli chehanno vissuto i l terremotosono arrivati qui fragilissimi,malati, soffrivano la lontanan-za da casa, l’adattamento alnuovo ambiente. E pensareinvece che quando abbiamochiuso per le vacanze estivealcuni sono tornati ancoraprima del previsto perché ave-vano nostalgia di noi!”. Nonriesco a trattenermi e chiedo“Ma voi vi sentite mai sole?”.

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Regina e Guerlain sono due fratellini di cinquee tre anni. Appena arrivato, due mesi dopo ilterremoto, Guerlain se ne sta in silenzio tuttoil giorno ma scoppia in pianti inarrestabili nelcuore della notte. Regina invece è iperattiva,corre tutto il giorno da una parte all’altradella stanza, indossa abiti alla rinfusa, unosull’altro, spesso si comporta in modo strano.Un giorno, durante un temporale, Regina siavvicina a suor Marjorie spaventata da untuono assordante e comincia a parlare, per laprima volta da quando è arrivata dalle suore,del “suo” 12 gennaio, il giorno del tremendoterremoto. “Il rumore era proprio così, fortissi-mo. Non potevamo muoverci... eravamo tuttimorti. Poi sono venuti e ci hanno portati inospedale”. Regina ha una grossa cicatrice sullafronte: sembra sia stata causata da un pezzodi muro che le è crollato addosso e che permiracolo non l’ha uccisa. Dopo il sisma i geni-tori di Regina e Guerlain non sono più statirintracciati. Nessuno sa dove siano, se sonovivi o morti. Suor Marjorie mi racconta che ilpiccolo Guerlain, che negli ultimi mesi haripreso a giocare e a sorridere, spesso s’illumi-na di gioia alla vista di qualche visitatore per-ché pensa che sia suo padre, venuto finalmen-te a prenderlo per portarlo a casa. Servirebbe-ro assistenti sociali, psicologi dell’infanzia. Macome si fa a trovarne, quando a Port de Paixmancano perfino i medici di base? Le suore siarrangiano come possono: dove non arrivanogli specialisti arriva l’amore di cinque “nuovemamme” per aiutare Regina e Guerlain arimettersi in piedi. Ma non sono gli unici aessere stati lasciati soli troppo presto. Comeloro, altri sei bambini non hanno né padre némadre. E spesso quelli che i genitori ancora lihanno non riescono a vederli, perché nonpossono permettersi di pagare mille gourdes(circa 20 Euro) del biglietto di corriera fino aPort de Paix. Per alcuni, senza traccia di fami-liari né di documenti, è impossibile risalireall’identità anagrafica. A un bambino unmedico ha dovuto contare i denti prima dipoter stabilire l’età certa. Figurarsi risalire avaccinazioni, patologie o problemi specifici.Nell’epoca dell’informatizzazione generalizza-ta, delle tracce digitali per ogni minima cosadetta o fatta, a questi bimbi bisogna contare identi pur di poter trovare loro uno stracciod’identità, almeno quella anagrafica.

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L’indomani mattina la sveglia suona allecinque. Alle cinque e mezza siamo già inmarcia con i bambini verso la parrocchia diFatima per la messa domenicale. Il cielo ècolor rosa pesca, le albe a queste latitudinisono uno spettacolo. Il percorso verso lachiesetta è tutto un saliscendi di stradesterrate. Incrociamo ogni tanto piccoli fuo-chi con cui gli abitanti del quartiere brucia-no la spazzatura, che qui non viene raccol-ta da nessuno, se non occasionalmente nelcentro della città. Passano un paio di donne con due asinelliche trasportano verdure. I passanti si fer-mano a guardare la colonna ordinatissimadi bambini con le loro uniformi bianchissi-me, impeccabilmente lavate e stirate conamore dalle suore. Qui si fa tutto in casa. Inestate, quando non c'è scuola e i ritmi ral-lentano, le suore cuciono le uniformi per ibimbi. Come fanno con solo due settimane di ferieall’anno? Queste suore hanno una fibraindistruttibile, non si fermano mai. Dopo la messa, ci fermiamo fuori alla chiesaa fare due chiacchiere con Virgile, un avvo-cato e attivista locale di diritti umani. Sem-

bra sorpreso della nostra visita. Port de Paix,ci dice, non è una destinazione da weekendper quelli che stanno nella capitale. Gli spieghiamo del progetto, del libroattraverso il quale vogliamo raccontareun po’ di Haiti e di Port de Paix in Italia.Ci ascolta interessato, l’iniziativa lo incurio-sisce. Ci invita a sederci con lui all’ombradel grande mandorlo sul sagrato della chie-sa. “In tutta la regione del Nord Ouest, lesuore Lasalliane sono state le prime a crea-re una struttura organizzata per i bambini,con lo scuola, il dormitorio, lo spazio per laricreazione”. Gli chiedo cosa pensano dellesuore la comunità e le istituzioni locali: miripete quello che frate Herman mi aveva giàdetto mentre mi preparavo a questo viag-gio. “Le suore sono diventate un punto diriferimento non solo per i bambini, ma perla città intera”. La loro Casa si trova a Desrouiln, uno deiquartieri della periferia rurale di Port dePaix. Qui trovare qualcuno che sappia leg-gere e scrivere è quasi impossibile. La gentevive in condizioni di povertà estrema. L’u-nica fontana che pompa acqua dista 30minuti di cammino, alcuni raccolgono e

bevono l’acqua direttamente dai canali. Lagente è abbandonata a se stessa. Così lesuore si trovano a dovere dirimere litigi,distribuire cibo, a volte semplicementeascoltare i guai di tanti, soprattutto donne,che non sanno dove sbattere la testa. Pernon parlare dell’assistenza medica: suorLinda, che è infermiera, si ritrova a farevisite domiciliari in alcune famiglie dellazona che non possono permettersi di vede-re un medico. Il dispensario delle suore è una piccola far-macia d’emergenza per tutto il quartiere; laloro jeep serve all’occasione da ambulanzae ben più di una volta l’affidabile autistaErilien è stato buttato giù dal letto nelcuore della notte dai genitori di un bambi-no malato o dal marito di una donna chestava per partorire. Sono tanti i disgraziati che bussano allaporta delle suore, gente che non ha nientee nessuno che possa aiutarli, poveri e per dipiù con la sfortuna di essere nati nella peri-feria dello stato più povero del nord delmondo. Si sentono dimenticati dal loroGoverno, che sembra per lo più concentra-to sulle guerre politiche in corso nella capi-

Una domenica...

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tale e comunque da sempre più attento aquello che avviene a Port au Prince che inqueste lande desolate.

Hanno perso la fiducia negli “internaziona-li”, perché da queste parti i Land Rover

bianchi delle organizzazioni umani-tarie probabilmente non ci arrive-ranno mai. Fortuna che almeno ilportone di quelle cinque piccolesuore haitiane per loro non chiudemai.Dopo la chiacchierata con Virgiletorniamo dalle suore, dove trovia-mo la colazione della domenicamattina già in tavola. Pane fresco,burro d’arachidi piccante (mamba)e caffè locale. Niente male dav-vero. Suor Linda arriva con un

cesto pieno di manghi appena colti. Li haportati la mamma di una delle bambine; èil suo modo per ringraziare le suore diquanto fanno per la loro piccola. SuorLinda sorride. Per lei che stravede per quei piccoli, la gra-titudine di una mamma è la cosa che larende più felice al mondo.

...in prima linea

Per il Natale 2011 Xmas Project si pro-pone di aiutare le Suore di Port de Paixa dare accoglienza a un numero crescentedi bambini e a garantire loro una visitamedica mensile e le spese sanitarienecessarie per restituire loro l’opportunitàdi crescere sani e felici.

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Più tardi andiamo a trovare un collega delle Nazioni Unitedi stanza a Port de Paix. Si chiama Mike, è kenyota.

Quando l’abbiamo avvisato del nostro pas-saggio a Port de Paix ha insistito affinché loandassimo a trovare. Da queste parti le visi-te sono rare e lui sembra avere una granvoglia di chiacchierare. Ci ha invitato apranzo nella villetta di due piani a piccosulla scogliera che gli fa da casa e ufficio.Stappa due birre ghiacciate e ci fa sederesulla piccola terrazza, proprio di fronte al’Ile de la Tortue, l’Isola della Tortuga, laleggendaria isola di Emilio Salgari. Il soleallo zenit fa luccicare il mare blu cobalto. Inmezzo al quale l’unico puntino bianco è lavela di un caicco che sta puntando versoPort de Paix. Mike è un veterano degliinterventi umanitari e non è uno che s’im-pressiona facilmente. I nove anni passaticol Programma Alimentare Mondiale inSudan gli hanno lasciato come ricordo lecicatrici di tre proiettili che l'esercito diKhartoum gli aveva sparato addosso, per-ché portava cibo ai ribelli del Sud. Dopo il

Sudan lo hanno mandato in Somalia e infi-ne ad Haiti. Dice che, malgrado le apparen-ze di sonnolenta città di periferia, a Port dePaix bisogna stare attenti: non dare fasti-dio a nessuno per evitare problemi. Parladelle Nazioni Unite, di come hanno le manilegate dalla loro stessa burocrazia. L’Ile de la Tortue, ad esempio, è off limitsper i caschi blu dell’ONU e quindi una terradi nessuno per contrabbandieri, trafficantidi armi, droga. Qui perfino la polizia localeha paura di farsi vedere troppo in giro. D'al-tra parte, con soli quattro poliziotti a gesti-re un territorio di 200 Km2 e quasi 40.000abitanti, lo Stato haitiano ha grosse diffi-coltà a far sentire la sua presenza in que-st'isola che, a cominciare dal 1600, è stata ilregno di pirati (i “bucanieri”) e malviventi dimezzo mondo.

Suonano alla porta. È il loggista, Joseph, unhaitiano nato proprio su l’isola de la Tortue.Parla benissimo l’inglese, con un forte accen-to americano. Ha lasciato l’isola a 17 anni,diretto come molte altre migliaia di Haitianiin Florida, a Miami, dove si è pure fattosette anni di carcere. Ci fa capire che nonvuole parlarne, e noi lo assecondiamo.Invece ha voglia di parlare di casa sua, l'Ile

de la Tortue. “La terra è fertilissima - ci rac-conta - per quasi 6 mesi all'anno, cioè fin-ché piove”. Mais, piselli, cavolfiori sono tra-

Haiti, Nord Ouest:terra di frontiera

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sportati sulle barchette tradizionali e ven-dute al mercato di Port de Paix, a volte finoa Port au Prince. Se solo le strade lo per-mettessero, questi prodotti potrebbero sfa-mare un bel po’ di persone nel nord diHaiti. Invece per arrivare fino a Cap Haitien,seconda città di Haiti e capitale economicadella regione del Nord, a soli 200 Km, civogliono fino a otto ore e una buona jeep.Quando la stagione piovosa finisce però, anovembre, i locali sono costretti a svernaresull’isola madre alla ricerca di altri lavori. Ilmotivo è che la gente non ha dispositivi perstoccare acqua, e quindi per irrigare.

Purtroppo però a la Tortue succede anchealtro. L'isola è una vera e propria zona fran-ca per i traffici illeciti di ogni tipo e per lasua posizione è uno scalo strategico per lerotte di droga e armi tra l'America Latina eil Nord America. Ma non sono solo droga e armi a transitareper la Tortue. Di notte l’isola è uno dei prin-cipali punti di imbarco per i clandestini, ifamigerati “boat people”, come li hanno bat-tezzati gli americani. Le Isole Turks and Cai-cos, protettorato britannico, sono a 350Km;Cuba dista 270Km, le Bahamas appena 150.

Le rotte dei disperati che scappano dallamiseria passano tutte da qui. Ci sono quelliche, più coraggiosi o incoscienti, provanoad arrivare via mare negli Stati Uniti, l’uni-ca vera terra promessa per molti haitiani.Ma con le motovedette americane che pat-tugliano la costa e che negli ultimi annihanno cominciato a spingersi fino dentro leacque territoriali haitiane, i rischi sono sem-pre più grandi. “Il costo è lo stesso, puòarrivare fino ai quattromila dollari, docu-menti inclusi”, ci racconta Joseph che sem-bra parecchio informato. La rotta più sicuraè quella per Cuba, lo stato che tra tuttiquelli della regione è più benevolo nei con-fronti degli haitiani. “A Cuba si riesce perfi-no sostare qualche giorno per mettere apunto lo scafo e finire qualche passaporto”.Alle Bahamas la sorveglianza dei guardia-costa è alta, ma le molteplici isolette checompongono l'arcipelago sono un poten-ziale approdo in caso di avaria. E non èun'eventualità rara. L’ultima solo qualchesettimana fa, quando una dozzina di boatpeople haitiani che tentavano di arrivarealle isole Turks su una barchetta a vela tra-dizionale sono annegati. Il mare in tempe-sta ha spezzato il loro sogno quando ormaierano a meno di 15 miglia dalla costa.

Ci mettiamo in macchina. Erilien dice chenon possiamo tor-nare a Port au Princesenza aver visto unade l l e sp i agge p iùbelle del Nord Ouest.Allora ci porta a Cap

Rouge, una spiaggia di sabbia finissima auna ventina di kilometri verso est, ma quasiun’ora e mezza di strada sterrata che correparallela alla costa. Dobbiamo persino attraversare due fiumi,fortuna che la jeep 4x4 delle suore è abitua-ta a questi percorsi. Ai lati della strada scenedi desolazione. Un ragazzo arrampicato suuna vecchia nave arrugginita sta smontandotutto il ferro che riesce a recuperare per poirivenderlo. Altri stanno scaricando sacchi dicemento da una barchetta tradizionale. Arri-vano da Cap Haitien, per fare soli 200kmdevono farsi quasi due giorni in mare. Incamion ce ne vogliono otto ma c’è il rischioche diventino molti di più se il camion rima-ne bloccato nel fango o in un fiume o chevenga saccheggiato da predoni di passaggio.

Dopo due ore di una strada polverosa epiena di buche una nuotata nel mare caldoal tramonto è rigenerante. Sulla strada delritorno un gruppo di ragazzi ai bordi dellastrada ci ferma chiedendoci un passaggio.Sembrano contenti, tornano da una festa dipaese e hanno bisogno di uno strappo finoa Port de Paix. Li facciamo salire sul pick up,ci fanno grandi sorrisi per ringraziarci: ilgiorno volge al termine e non speravano piùdi trovare un passaggio a quest'ora. D'al-tronde col buio pesto di queste strade èun’impresa orientarsi persino a piedi. Con inostri nuovi amici assiepati sul cofano delpick up torniamo spediti dalle suore che ciaspettano per la cena. Davanti a noi c’è untramonto arancione come un tuorlo uovo.

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OSPEDALE DI LEHL’entrata dell’ambulatorio didiagnosi e terapia della sordità edelle patologie uditive costruito e allestito da Ascolta e Viviterminato nel 2002.

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In piedi!

Il terremoto del 12 gennaio 2010 ha avuto conseguenzeenormi su tutto il paese. La nostra Haiti è ancora più inginocchio, ha le mani tese e la bocca aperta.

Che immagine assurda! E che triste situazione per i bambini di questo paese. Erano già troppi i bambini abbandonati, traumatizzati,sfruttati, sottovalutati, privati di qualsiasi diritto, di qualsiasi supporto materiale, psicologico e spirituale.

Il terremoto li ha feriti ancora più profondamente, nel corpo e nell’anima. Insieme ai religiosi della miacomunità e con l’aiuto di tutti i fratelli e le sorelle delmondo, vogliamo rialzarci e rimetterci in piedi.

In piedi per essere a tutti gli effetti apostoli presso ibambini più sfortunati del mio paese. In piedi perpermettere ai bambini di Haiti di sorridere alla vita.

In piedi per dare ai bambini il migliore futuro possibile.Con la solidarietà, l’amicizia e la preghiera possiamoriuscirci.

Frate Hermann AustinvilFondatore della Comunità

dei Fratelli e Sorelle Lasalliani di Haiti

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Il progetto 2011

Tra le suore di frontierache ridanno il sorriso

ai bambini

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Ad Haiti l’80% della sanità è privata: visite mediche, farmaci, ricoveri ospedalierisono di fatto a carico della popolazione.

In un paese in cui quasi il 50% della popolazione vive conmeno di un dollaro al giorno e circa il 70% con meno di duedollari al giorno, prevenire e curare malattie, anche banali,risulta spesso impossibile. Secondo l’Organizzazione Mondialedella Sanità solamente sei bambini su dieci ricevono tutte levaccinazioni necessarie. Quasi un terzo di tutti i bambini hai-tiani sotto i cinque anni soffre di crescita stentata e manca divitamina A e il 75% di tutti i bambini tra i 6 e i 24 mesi soffredi anemia. La mortalità materna è sei volte più alta della mediadella regione caraibica, con solamente un parto su quattroseguito da un’ostetrica o da personale qualificato. Il colera,che oggi è una delle malattie infettive più semplici da preveni-re e curare, ha ucciso in un anno più di 6.500 persone per ladifficoltà di isolare i focolai di contagio e fornire le cureappropriate ai gruppi più vulnerabili della popolazione. Enor-mi sono le difficoltà per fare arrivare nelle zone più isolate delPaese cloro, antibiotici e soprattutto i messaggi per la preven-zione della malattia. Per molti haitiani, ogni giorno, la man-canza di un sistema sanitario accessibile ed efficace equivale auna condanna a morte.Oltre alla barriera insormontabile dei costi, per la grande mag-gioranza dei più poveri l’accesso alla sanità è anche difficile insenso “logistico”. In media, in tutto il paese, un malato su cin-que deve percorrere più di 5 Km per trovare una struttura sani-taria di base e quasi il 50% dei malati è costretto a recarsi apiedi in ospedale o a un dispensario. Nelle aree rurali e in quel-le più isolate del paese, dove le strutture sanitarie sono ancorapiù rade, la situazione è catastrofica. Port de Paix e il diparti-mento del Nord Ouest hanno l’indice di accesso ai servizi sani-

tari di base (calcolato dal rapporto tra numero delle strutturesanitarie e del personale medico con quello della popolazione)tra i più bassi di Haiti. Non stupisce quindi che per le Suore diPort de Paix garantire un’assistenza medica regolare ai bambi-ni della loro casa sia complicato e costoso. Complicato perchétrovare personale sanitario qualificato non è sempre possibile:non sono molti i medici che decidono di andare a lavorare nelremoto dipartimento del “Far West”, come è soprannominatodagli stessi haitiani. Costoso perche i pochi medici disponibilisono quindi tutti privati e nessun sistema sanitario pubblicocopre le loro prestazioni, tantomeno le prescrizioni, gli esamidi laboratorio, il trasporto dei malati. Nel difficile contesto igienico-sanitario della zona, la preven-zione delle malattie infettive e di quelle trasmesse da insetti oattraverso l’acqua passa da misure d’igiene e profilassi scrupo-lose. Si comincia dalle vaccinazioni e si continua con piccoligesti di prevenzione quotidiana come il lavarsi le mani primadi mangiare, proteggersi con una zanzariera quando si dorme,bere acqua pulita, avere un’alimentazione equilibrata. Diarrea,malaria, colera, polmoniti sono patologie relativamente sem-plici da curare e da prevenire nel resto dell’emisfero occidenta-le, ma che ad Haiti uccidono ancora.

Xmas Project 2011 si propone di aiutare le Suore di Port dePaix ad Haiti a fornire ai bambini ospiti della loro Casa unaserie di servizi basilari, per molti di noi insignificanti, mache per un bambino haitiano possono diventare dei verisalvavita. Ci si propone anche di finanziare l’acquisto di unforno (e del diesel necessario per alimentare il gruppo elet-trogeno) per la panificazione, grazie al quale è possibilemigliorare la “dieta” dei bambini, ridurne i costi, offrire unservizio alla comunità circostante e generare così ancheintroiti aggiuntivi per le suore.

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Il budget

VOCE SPESA COSTO I ANNUALITÀ COSTO II ANNUALITÀ

Un medico in servizio presso la Casa € 5.500 € 5.500(e reperibile per urgenze)* (un giorno a settimana) (un giorno a settimana)

Vaccinazioni e profilassi per malattie infettive € 1.500 € 1.500(micosi, parassitosi, etc.)

Farmaci ed esami di laboratorio € 3.000 € 3.000(a necessità) (a necessità)

Materiali e prodotti per igiene (disinfettanti, bollitori, etc.) € 1.000 € 1.000

Un corso di “Igiene e prevenzione” condotto da un medico o paramedico qualificato per i bambini ospiti della Casa € 600 € 600

Corso e kit di primo soccorso per le suore e personale della Casa € 600 –

Cibi energetici, integratori e vitamine € 2.000 € 2.000

Acquisto di un forno per panificazione e accessori € 7.000 –

Diesel per alimentazione gruppo elettrogeno € 1.500 € 1.500

TOTALE € 22.700 € 15.100

*Il medico deve garantire la predisposizione di una “cartella clinica” per ogni bambino con informazioni su vaccinazioni effettuate, patologie particolari, etc.

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http://lasalliennes.wordpress.com

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Foyer d'Accueil Lasallienpour EnfantsRue De La SallePort de Paix (Nord-Ouest) – HaïtiE-mail : [email protected]éléphone : (+509) 3845 63 84Soeur Majorie Jean Pierre S.L.J. Directrice de l'école

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Illustrazione di Viviana Spreafico

“In piedi, nonostante tutto. In piedi, per ricominciare. In piedi, per denunciare quelloche non ci piace e per gridare quello che riteniamo giusto.In piedi, per sognare un mondo migliore. Perché ogni volta che il cambiamento ci travolge, o più semplicemente porta disordine nelle nostre vite,quella è anche l’occasione per ricrearla, per tentare di immaginare cosa vorremmo di migliore, di più bello, di più felice.”

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Noi, Xmas Project 2011

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La vita non è altro che un’ombra che cammina; un mediocreattore che si pavoneggia e si dimena sul palcoscenico per iltempo della sua parte e poi non si ode più oltre. È una favolanarrata da un idiota, piena di strepito e furia e senzasignificato alcuno. MACBETH: ATTO V, SCENA V

Daniela Medici

Carissimi ragazzi, siete sempre ammirevoli per il vostro impegno.

Come contributo per il libro, alleghiamo un biglietto che ci ha inviatodal Giappone la nostra nipotina Maha ed è lo stesso messaggio"Gambaru" (traduzione compresa) che si scambiavano i giapponesi dopo il disastroso terremoto.

Jenny e Franco Manzocchi

……..

Sei seduto sul ciglio di un burrone ed aspetti….proprio lì, dove la terra finisce e comincia il vuoto…Provi a guardare sotto, oltre l’infinito, cerchi di scrutare un qualsiasi movimento, ma non si muove nulla….Ti giri e il sentiero è sempre meno chiaro, oramai da qua seduto ti sembra tuttoincredibilmente lontano….Avanti a te solo freddo e nebbia.La testa ti fa male, troppi pensieri impazziti che si colpiscono tra di loro.Si scontrano a velocità fotoniche….non si fermano mai, non ti lasciano neppure la notte..Senti la terra che si sgretola sotto, cerchi diarretrare un po’ per evitare di cadere… non vuoiancora cadere, vuoi credere, vuoi aspettarema aspettare cosa….Hai la terra tra le mani, i pugni chiusi, sporchi econsumati. E non sai cosa fare, non sai cosa sperare,non sai come reagire.Oramai è sera, non vedi piu la strada che ti haportato fino a qua, forse non ti resta che alzarti inpiedi e provare a volare, ma chissà….non vuoi ancora cadere, vuoi credere, vuoiaspettare, ma aspettare cosa……..

Marco Tuffi

Tutti noi sogniamo, c’è chi insegue i sogni, chi li dimentica, chi li mette nel cassetto, chi li rimanda.

Io ho alcuni sogni che cerco di realizzare, ma ce n’è uno in particolare che vorrei

si compiesse per primo e presto: che i sognidei bambini della casa di Port de Paix

si avverassero, tutti.

Sergio Dell’Anna

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Voglio diventare grande

Voglio diventare grandesoltanto per un minuto

giusto il tempo per porgere ai miei figli un saluto.

Voglio diventare grandesolo per sbirciare

dove alla fine ho sceltodi andare a lavorare.

Voglio diventare grandeper essere più matura

o forse per provare la tecnologia futura.

Voglio diventare grandeper poter essere ascoltata

per cambiare questa Terrapiù pacifica, meno armata.

Sofia Guerrato

Cara nonna Giuse,

La tua storia per me inizia quando hai conosciuto e sposato il nonno.

Sono stati anni felici: la tua casa, il tuo orto, il tuo giardino e le tue

quattro bambine. Sono stati anni faticosi, anni di guerra e di sacrifici. Il

tempo ti ha tolto troppo presto il fratello e il marito. Hai imparato a

contare solo sulle tue forze.

Pensavi sempre a chi aveva meno di te e aiutavi chi richiedeva anche

solo un po’ di compagnia e attenzione. Non hai mai fatto mancare una

parola affettuosa, un silenzio di ascolto e una preghiera alla tua famiglia.

Eri capace di stupirci con ironia spontanea e inaspettata anche se si

trattava della malattia che ti rendeva meno operosa di quanto tu volessi.

Sei stata in piedi per tutti noi. Ti ricordo così piccola forte e sorridente.

Non hai lasciato un vuoto, ma un esempio. Grazie.

Tua Francesca

La forza che vi serve per stare in piedi !

Cari bambini di Haiti, io vorrei che voi trovaste l’energia per rimettervi in piedi nonostantequello che è accaduto. La forza che vi serve, la dovete trovare dentro di voi. Con affetto,

Niccolò Rossetti

Se non si sta in piedi non ci si diverte.Se penso ai bambini che non possono starein piedi mi vengono in mente tutte le cosebelle che posso fare io, che ho la fortuna dicamminare e di muovermi.Perché, mi domando, allora io sono pigra?

Irene Fiorini

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La panchina di sasso

Un giorno di sole,ritrovo la panchina di sasso,grigia e anonima sulla riva del lago.Vi avevo appoggiato il mio malesseredei giorni oscuriquando nulla e nessuno poteva aiutarmiil dolore vissutopare ancora travolgermimentre l’acqua ha baglioricosi intensiche sembrano accecarmie lo splendore delle camelieè così forteche rasenta la sofferenza.

Ritornerò sulla panchina di sassoin un giorno di soleoppure di vento,vi appoggerò le mie contraddizioni,tra il rosa di una cameliae lo schianto di un ramo caduto,tra la pace di un tramontoe l’angoscia di un’attesa.Sarà il mio luogo segretosolitario ed anonimo,un luogo, o forse un tempo,dove sostare.

"IL COLORE DEI GIORNI", ROSANNA TRAVAGLINO

Paola Masini

...ma sulle punte

- per esserci ma non invadere troppo lo spazio altrui- per fare poco rumore- per ricordarmi che mi piaceva ballare il valzer- perché ho ancora voglia di “sprintare”- per nostalgia dei tacchi alti che non metto più

...ma soprattutto per allargare il mio spazio visivo e veder oltre la mia “altezza”.

Augusta Mamoli

11/11/11

In questa data magica abbiamo preso una seggiola, a turno siamo saliti per dirci cosa non ci piace:Cristina: “Non mi piace quando insieme ragioniamo sull’elenco delle spese del mese e non riusciamo più a distinguere ciò che è superfluo.”Lara: “Non mi piace quando litigo con le amiche per una sciocchezza, magari pretendendo di avere pure sempre ragione; non mi piacenemmeno quando tutto ci sembra dovuto.”Rino: “Non mi piace essere architetto e non riuscire ad esprimere la mia creatività perché mi sento un precario, incapace di non lavoraresenza tregua e senza spazio per un hobby, ritrovandomi troppo stanco per coltivare gli affetti di coloro che amo.”

Non ci piace pensare che il nostro Paese, quest’Italia malandata, non possa trovare la forza per ricominciare e la dignità che simerita agli occhi del resto del mondo.Dedicato a tutti coloro che in questo momento non hanno nemmeno la seggiola su cui salire perché noicerchiamo le verità nei nostri capricci elevando sempre più la soglia delle nostre necessità edadattandoci facilmente all’idea che vada bene così mentre buona parte dell’umanità si alza in piedi,giorno dopo giorno, per sopravvivere.

Cristina Poletti, Lara e Rino Cimmino

Mauro Ferrero

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Piedi

Quando sei felice i tuoi piedi camminano leggiadri come nuvole e fedeli al tuo cuore sfregano tra di loro

sotto le lenzuola scintillanti.Stretti nel buio soffocante di una scarpa camminano per ore, sotto la pioggia, sulla sabbia, sulla neve, sulla

strada, su pezzi di vetro, senza accorgersi di nulla.Nudi si adagiano sui sassi, nell’acqua, sull’erba, sentono la

brina dei campi, del legno la porosità e della lana il calore.Sono pronti a sorreggerti sempre, anche quando i piedi

hanno perso la terra.

Mary Pantano

Carissimi amici del Xmas Project, anche quest’anno avete scelto un tema attuale "in piedi", bene.

Ogni caduta è anche una nuova esperienza e quindi mi permetto di dire ad ognuno che “cade”: “Alzati fiducioso con serenità e rafforzata volontà. Rimettiti in piedi e cammina che sei ricco di maggiore esperienza, ottimismo e entusiasmo.”

Antonio Panizza

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A tutti i bambini che vanno protettie amati, perché non c’è niente di più bello che vedere il loro nasoall’insù come a guardare il cielo, e con gli occhi “sognanti” che brillano come le stelle.

Angela Sansone

In piedi. Rimettersi in piedi.

Riguadagnare una posizione di “salute”, un “come-è-naturale-che-sia”.Nei testi di storia sembra che la conquista della posizione eretta daparte dell’uomo primitivo sia una conquista fondamentale per losviluppo della coscienza e dell’uomo in senso stretto. Nello sviluppo delbambino mettersi in piedi è una delle tappe evolutive più significative.Percepirsi in piedi dà una visione differente del proprio corpo situato nelmondo: cambia lo stato fisico e cambia tutto il mondo. Mettersi inpiedi: da quel momento niente sarà più come prima. Tuttavia questopunto di partenza è l’esito di altri fenomeni meno visibili ma non perquesto meno importanti. Un bambino non nasce in piedi, anche se nell’immaginario collettivovediamo il nascituro innalzato alla vita tenuto per i piedi. Tuttol’organismo prepara se stesso a questa “rivoluzione” di postura. Tuttocontribuisce a raggiungere questo passaggio. L’equilibrio, l’armonia, ilcoordinamento, i muscoli , l’apparato scheletrico, la vista… ogniapparato si perfeziona senza istruzioni esterne, si realizza nelle suefunzioni per un processo naturale, spontaneo, i rresistibi le d icompletamento, di assimilazione del mondo e di interazione reciprocaed adattamento ad esso. Ogni apparato, ogni facoltà, ogni organo sisviluppa non da solo, ma in un concerto crescente di accordi con glialtri . E anche il mondo che accoglie il nuovo essere che camminanecessariamente muta. Gli adulti che ci sono intorno ne facilitano tuttele azioni, sistemano lo spazio affinché il piccolo si possa sentire semprepiù sicuro e stabile. Camminare va di pari passo con lo sviluppo dellafiducia. La chiamano “fiducia di base”. Non consiste in una singola azionema in processi per cui un essere umano acquisisce fiducia nelle altrepersone, da quelle significative a quelle sempre più esterne, a partiredall’accudimento che tutte queste le accordano, fino al resto del mondo.E parallelamente e unicamente così acquisisce fiducia in se stesso, nelfatto che sia una persona amabile, degna di essere protetta ed amata, chepossa avere bisogni, emozioni, desideri. Riceve convalida nel fatto che sialecito avere dubbi, timori e paure. Riceve convalida e risposte positive diaccoglimento quando è in difficoltà: è degna di essere sostenuta per il

solo fatto non di meritarselo bensì di essere semplicemente al mondo.Così il bambino impara, fa esperienza del fatto di poter ricevere aiuto eavendone fatto esperienza diretta potrà un giorno passarla a chi saràbambino vicino a lui o lei. Non è scontato tutto questo, basta un niente aperdere la fiducia di base. La percezione di un tradimento dalla vita. Masi può ricostruire, relazionandosi ad altre persone che si avvicinano esono disponibili a entrare in relazione, anche se la dimensione della faticac’è. È appena il bambino si mette in piedi che avverte impellente ilbisogno di ricevere rifornimento affettivo, aiuto, che ricerca ancora piùvicinanza al genitore: realizza che così come lui può allontanarsidall’adulto per esplorare il mondo allora anche l’adulto, quell’adulto a cuicominciando a camminare somiglia sempre di più, può allontanarsi enon essere più a portata di vista e di mano. Stare in piedi e camminare è assumersi il rischio di cadere, è non averepiù la certezza che qualcuno ci aiuterà o consolerà ma avere la fiduciache questo possa accadere. La fiducia che ci si possa ancora meravigliare:ci si può rialzare. Parafrasando un proverbio africano, chi vuole arrivareprimo cammina da solo, chi vuole arrivare bene cammina in gruppo.

Ecco, questa è anche l’avventura di Emanuela, Cristina, Stefania,Graziella, Sara insieme ad Elisa e Andrea, a cui poi si aggiunge un’altraElisa, (e l’aiuto costante e quotidiano esterno e custodito dentrociascuna di mariti, fidanzati, figlie, figli, ma anche di amici consolidati einaspettati e conoscenti). Nel testo di cui sopra alle parole “bambino”,“organismo” sostituite il nome “Il Nostro Giramondo”. Questa è ladescrizione migliore che trovo per parlare nella nascita del nuovo nido acui ciascuna di noi ha prestato i piedi (ma anche braccia, occhi, orecchie,cuore, schiena, pancia, testa…). Il nuovo nido si chiama “Il NostroGiramondo”, così simile e così diverso da quel Giramondo, giàprotagonista del Xmas Project. E la qualità che gli consente di stare inpiedi è proprio in quel “Nostro”. Ci appartiene. Mettersi in piedi non ènon cadere ma sentire che ci si può rialzare, assumersi la fatica di farlo estare nella responsabilità quotidiana di conservare la salute emotiva efisica perché ciò sia possibile.

Barbara D’Ambrogio

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Rimango sempre molto impressionata dai grandi alberi...

Nonostante il passare degli anni, nonostante la furia delle intemperie, loro rimangono al loro posto, saldi, forti,grandi monumenti naturali. È la prima cosa cui ho pensato quando ho letto il tema di quest’anno di questo libro;

capita spessissimo, nelle terribili immagini di catastrofi naturali che televisione e giornali ci propongono, divedere che i palazzi sono crollati, travolti dalla furia degli elementi, ma magari l’albero a fianco ad

un alto palazzo ora in briciole è rimasto lì, al suo posto, fedele alla sua posizione e al suoruolo nella natura. È un bel simbolo, una bella immagine cui rifarsi per darsi una

carica, uno sprone ad andare avanti nonostante tutto... è unospunto per pensare che con tutta la nostra tecnologia, il

nostro “tutto” non resisterà in eterno, che in ogni casoc’è qualcosa di più grande e potente, che ha già insito

in sè la capacità di rimanere saldo!Federica

(e MassiMatiGioia)

Mio nonno mi ha insegnato che è difficile trovare l’alba nell’imbrunire,ma non è così... basta solo un pizzico di coraggio e una manciata divolontà, solo questo serve per “rialzarsi e mettersi in piedi”.

Alice Chiapparino

Grazie Xmas Project per il giro del mondo della solidarietà

che ci stai facendo fare... grazie per portarci ogni Natale a scoprireche nel mondo esistono sofferenza e disperazione e ci sentiamoogni anno degli esploratori del volontariato grazie a questimicroprogetti. Il tema di quest’anno è impegnativo la dignità diogni uomo è un elemento fondamentale della vita e un diritto diognuno di noi, e deve essere rispettata sempre e dovunque. Bisognacapire quanto è importante testimoniare e salvaguardare la paroladignità. Siamo attorniati da molte persone, tanti amici e conoscentiche hanno conosciuto momenti di autentica disperazione,perdendo la loro dignità, la loro speranza nel futuro ed hannocreduto di non farcela distrutte da un lutto, dalla paura dellarecessione economica oppure dai semplici problemi di tutti i giorniche a volte sembrano montagne invalicabili da scalare. Mamediante un percorso di crescita personale e di battaglie talvoltaeroiche, sono riuscite a risollevarsi ed a tornare “in piedi”.Bisognerebbe riuscire a condividere di più con le persone che cistanno accanto i propri momenti di difficoltà, aprirsi con il nostroracconto e trovare il coraggio di reagire a un momento buio, alladepressione o a un’ingiustizia. Ma bisogna sperare, bisogna sempresperare, il comportamento peggiore, quindi, è restare indifferenti.Grazie a tutti i ragazzi del Xmas Project per la speranza che ciregalate ogni anno perché abbiamo il diritto di credere o almenosognare che il domani non ci potrà + mettere paura!

Bruno Quaini

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Claudia Mazzei, Paola Di Bello, Bartolomeo Carbone, Margherita Ghilardi, Simone Brogi, Anna Carbone, Diego, Giorgio e Federico Rallo, Vincenzo con Lorenzo e Francesco e......anche se invisibili Rosy, Aldo, Ross e gli altri “isolani e non”.

Cadere: giù nel baratro infinitoRisalire: fino a toccare l’infinito.

Cla

Perché: “la ripresa dei vostri sogni….. è il nostro sogno.” “La speranza e il coraggio di pochi, lasciano segni indelebili.”

BartolomeoI…nsiemeN…oiP…ossiamoI…mmaginareE…laborareD…edicarciI…ntervenire…per un futuro migliore…quindi … IN PIEDI!

Margherita

…IN PIEDI. Per favore! …che sdraiati ci staremo per l’eternità!

Simone

IN PIEDI: …per il bisogno di realizzare il sogno in cui ho sempre creduto.

Anna

IN PIEDI potrai camminare IN PIEDI potrai correre IN PIEDI potrai fermarti IN PIEDI puoi parlare ed ascoltare tutti IN PIEDI puoi vedere il cielo e la terra più da vicinoIN PIEDI puoi bere e mangiare IN PIEDI puoi essere sempre uguale agli altri IN PIEDI potrai fare meglio la pace SOLO IN PIEDI sei LIBERO di scegliere se fare un passo avanti o uno indietro.

Diego

I nostri piedini! Lorenzo e Francesco

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Il “95” era un numero qualunque durante la settimana...

... e non lo consideravo nemmeno tutte le volte che lo vedevo passarevicino a casa. Ma alla domenica era improvvisamente importante e perme diventava LA 95! Era un semplice autobus arancione dell’aziendadei trasporti milanesi ma di domenica è come se si facesse bella peruscire con noi. Almeno questo è quello che pensavo io perché mibrillavano gli occhi mentre la vedevo arrivare in fondo al viale fino afermarsi davanti a me che l’aspettavo insieme al mio papà. Ci portavaallo stadio. A vedere il Milan. Sulla 95 si stava sempre in piedi.All’andata o al ritorno non c’era mai posto. Del resto salivamo 4fermate dopo il capolinea ed era già piena. Ci reggevamo agli appositisostegni fino a san Siro così come al ritorno ma eravamo sempre inpiedi e io piccolo bimbo (avrò avuto sette o otto anni) stavo aggrappatoai calzoni tra le gambe di mio papà. Due gambone forti che resistevanoalle frenate e alle ripartenze. Resistevano anche alle spinte di chi salivanonostante l’autobus fosse al limite della capienza ma non riuscivano aproteggermi dalle flatulenze che ogni tanto mi bucavano le narici. Era la fine degli anni 70 e le domeniche erano ancora contraddistintedal pranzo dalla mamma. Le donne cucinavano cassoeula con la polentain inverno o bolliti misti o cotechini che sballottati negli stomaci daltrasporto pubblico scatenavano gli sfinteri più educati. In piedi iosubivo e annusavo anche se non volevo e il viaggio da via cermenate apiazza axum era davvero un calvario. Sempre in piedi guardavo fuoridal finestrino e man mano che capivo che ci stavamo avvicinando allostadio stringevo tra le braccia il cuscinetto rossonero come se fosse ilmio orsetto preferito al quale dicevo di tenere duro. Arrivati ai cancelli altra fatica, si stava in fila. Ma tanto. Si stava in piedi. Tanto! Sempre in piedi. E allora nell’attesadavo dei piccoli morsi al panino con la cotoletta senzaquasi tirarlo fuori dalla tasca del giubbotto

ma il più delle volte addentavo anche la stagnola e il tovagliolo di cartache mia mamma aveva avvolto dentro. Passati i cancelli era una corsaforsennata per mano a papà fino al tunnel che portava all’interno. Unavolta dentro mi guardavo attorno in preda allo stupore ma senza iltempo di godermi quella visione. Papà mi tirava per il giubbotto perchéil mio indugiare ad ammirare lo stadio ci faceva perdere secondipreziosi non tanto perché la partita stava per cominciare ma perché “ciportavano via il posto” diceva lui. Il nostro posto era sempre lo stesso.Nel parterre. Una lingua di cemento rigato di 5 scalini piatti e lunghiche divideva il campo dagli spalti. Un territorio neutro dove si potevastare perché era il punto di collegamento tra i vari settori dello stadioma anche un luogo unico dove si vedeva la partita rigorosamente inpiedi. Senza seggiolini. Senza gradoni. Senza possibilità di sederci. Soloin piedi si poteva stare. Mi aggrappavo alla recinzione che all’epoca eradi ferro ma di un bellissimo colore verde smalto e si trovava appuntitasul terrapieno di fronte a me a protezione del campo. Infilavo la testatra le due sbarre in modo che solo gli occhi avrebbero potuto seguire lapalla e i giocatori sul campo. Stavo in piedi fino alla fine del primotempo. “In piedi” era la prima cosa che mi diceva mio papà al terminedell’intervallo. Quel quarto d’ora era l’unico momento in cui potevosedermi sui gradoni ruvidi perché poi ricominciava la partita eriprendevo la mia posizione con la testa tra le sbarre. Mio papà miproteggeva da spintoni e strattoni mettendosi dietro di merigorosamente in piedi e io sapevo che così non mi avrebbe maidisturbato nessuno. Il momento più bello era quando il Milan facevagol perché l’Emilio mi tirava su di peso fin sopra al muretto chesorreggeva la cancellata e stavo in piedi e gridavo gridavo gridavo con

la testa fra le sbarre. Mi tirava giù soloquando la gente dietro di noi

cominciava a urlare e a lamentarsigridando di farmi sedere. Terminatala partita tornavamo a casa ancorain autobus. La 95 ci riportava lenti acasa inghiottiti nel traffico e nelbuio presto dell’ora solare. In piedi

come una giraffa dormivo con latesta appoggiata al corrimano e

sempre in piedi facevo pipì aigiardinetti appena sceso alla fermata.

Ora a san Siro ci sono dei bellissimiseggiolini colorati ma alla fine del primotempo io e papà anziché stare seduti ci

alziamo sempre in piedi. Chissà come mai...

Dario Bertolesi

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Avanti

Sono all’ombra di una pianta d’ulivoguardo il mare, è un oliouno spettacolo, c’è pace.

All’improvviso sento voci, voci di aiutouna catastrofe, un terremoto, forse una nuova

guerra.La pace finisce.

Penso, ripenso, mi agito, che fare?Mi risolvo e decido, c’è molto fare.

Un solo modo di fare, dare un mano.I colori sono molti, sono diversi,

stringiamo più fortetiriamoci su le maniche

e avanti camminiamo,fronte alta, dritti come fusi.

Gianpiero Fiorini

Non abbandonarti

Non abbandonarti, tienti stretto, e vincerai.Vedo che la notte se ne va: coraggio, non aver paura.Guarda, sul fronte dell’oriente di tra l’intrico della forestasi è levata la stella del mattino. Coraggio, non aver paura.Son figli della notte, che del buio battono le strade la disperazione, la pigrizia, il dubbio:sono fuori d’ogni certezza, non son figli dell’aurora.Corri, vieni fuori; guarda, leva lo sguardo in alto,il cielo s’è fatto chiaro.Coraggio, non aver più paura.RABINDRANATH TAGORE

Stefano D’Adda

La crisi

La sensazione che provo mentre pigio sui pulsanti della tastiera è che questi ultimi dieci anni abbiano consegnato alla storia così tantifatti, così tanti avvenimenti da aver reso tutto più piatto. Ogni giornohai la sensazione che non possa non capitare qualcosa. Si vive con uncostante senso di paura, una vibrante percezione del pericolo. Lo vivicosì tanto che se e quando qualcosa di davvero drammatico succedeanche a te sei incredulo. E pensi: “è capitato davvero”.Ma la voracità dell’informazione, la rapidità con la quale vienerilanciata una notizia, i titoli ultra drammatici che appaiono sui giornali, le previsioni apocalittiche rinnovabili e qualcuna persinoretroattiva si sprecano. E se vedere un telegiornale di questi tempi ècome assistere ad un horror, considerando che il coefficiente di terroreè pari ad un romanzo di Stephen King, intuisco perché il cinismo hasempre più spazio.La prima volta che ho scritto per Xmas project si era appenaconsumato il più assurdo attentato terroristico della storia occidentale. Da quella occasione il mondo ha assistito a centinaia difatti drammatici: terremoti, tsunami, alluvioni e attentati in diretta televisiva e video su youtube rilanciati pochi istanti dopo.Nessun filtro. Ora si somma il pericolo reale che accomuna tutti. La profezia deiMaya dedicata ai nostri portafogli.C’è la crisi. La più grande di sempre. Così grande da non sembrarcivera. E finalmente vedo la consapevolezza nella gente. La crisi come la malattia. La stessa reazione di incredulità, di speranzaangosciata, di incomprensione sui termini che vengono usati percomprenderla. I medici e gli esperti di Borsa parlano quello stessolinguaggio criptico che rende la soluzione qualcosa di sfuggente eindipendente dalla tua volontà.E se il termine “spread” suscita lo stesso disagio che provi nel sentire laparola “virus” significa che devi appellarti a santi che prima non invocavi e torni a frequentare te stesso, con quei corsi e ricorsi alpassato di quando non avevi troppe responsabilità, e la vita sembrava comunque migliore di quanto sia adesso. Vedo la preoccupazioneovunque, gente che ha saputo dell’amico licenziato, del parentedisoccupato da due anni che non riesce a trovare un lavoro, della pauradi non riuscire a tenersi il proprio di posto.

A qualcuno basta una brutta occhiata del capoufficio o le voci di unachiusura per accorgersi che la propria esistenza è del tutto senza controllo.Poi assisto a fatti drammatici come le alluvioni a Genova o nel Venetoe vedo quelle persone che arrivano per aiutarne altre. Senza chieder niente. Così, per il solo scopo di aiutare chi è più indifficoltà. Rifletto sul fatto che in questi ultimi anni ho perso amici senza nessunmotivo, semplicemente hanno preso a interessarsi sempre meno deglialtri e tolto la spina dal rapporto umano, dalla telefonata una tantum,dalla pizza insieme per via degli impegni, dei figli, il lavoro, la stanchezza e ragioni senz’altro valide. E allora penso che alcuni drammi, come quello di lungo corso chestiamo vivendo, abbiano un compito che ancora la maggior parte delle persone sembra ignorare. E sono arrabbiato per questo. Deluso.Adesso che le cose vanno male ho rivisto persone che prima eranointrovabili. Piccoli accenni ma significativi.Magari è solo una speranza ma se un disastro, qualunque forma abbia,può avere un compito, oltre a quello di distruggere e terrorizzare, è didar fondo al suo paradosso: unire. I rapporti umani sono il bene più sottovalutato e mortificato dei nostritempi, intangibile per molti, superfluo per alcuni, comunque nonindispensabile.Chissà che rimettersi in piedi non significhi soprattutto restare insiemeanche una volta finita la ricostruzione.Senza scuse.

Lapo De Carlo

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Cado e mi rialzo, cado un’altra volta

e mi rialzo ancora ...è così che ho imparato a camminare ...

da sola ... sempre ...

Paola Toniolo

Patrizia Sevieri

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Volteggio, salto, doppio salto,

faccio spaccate e giravolte ma per fortuna

alla fine cado sempre in piedi!

Camilla Fiorini

Il pugno poggiato al suolo, terminale d’essenza, intersezione con la terra, ove i piedi fanno leva,assecondando tutto il corpo a seguire la spinta verso l’alto, che nasce dalle falangi completamenteaderenti che sono fulcro, punto di gravità, luogo dell’anima. Sul fulcro, gioca, la natura bivalentedella forza che spinge a sollevarci o a non piegarci, a rinascere o a resistere, a inventare o a lottare, dove serve, ciò che serve. Punto di partenza o ultimo baluardo, prima di tornare punto di partenza. Omo su de tera!

Alberto Cometto

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“In piedi con... www.geniuslady.com”

... Chi scrive continuamente dei cervelli italiani in fuga all’estero non ha certoconsiderato la genialità di alcuni che invece restano qui, in questo Paese in piena crisi,ad aiutare e a sostenere l’eccellenza che da sempre ci contraddistingue. C’è crisi, c’è grossa crisi… e si sa che la necessità aguzza l’ingegno. Riporterò qui solouno di questi piccoli gioielli di estro e fantasia, scelto tra mille perché in linea con iltema di quest’anno. Vorrei avere avuto io un’idea così. Ma non sono mai stata un genio.

Francesca

Elenco delle cose per le quali vale la pena stare “In piedi” nonostante tutto (esclusi gli affetti e le persone)!

L’eternità si costruisce coi lego

Ho costruito un castello coi mattoncini e poi ho messo unabandierina in cima alla torre e proprio mentre lo guardavo felice e immaginavo di abitarlo, è caduto.È stato il vento oppure una mano sbadata, oppure sono stato io cheguardandolo troppo da vicino gli ho chiesto di cadere. Ho pianto tanto perché era bellissimo e soprattutto perché avevoimpiegato molto tempo a costruirlo mettendoci tutto l’impegnopossibile. Era diventato più grande e più bello di quantoimmaginassi, all’inizio l’ho inventato io, ma poi è stato come se sicostruisse da solo, io mettevo i pezzi che lui mi chiedeva, uno per uno. Dopo è caduto, ha fatto tanto rumore e ho piantosenza consolazione. I pezzi erano sparsi per tutta la casa, ovunquepezzetti di quel mio castello. Ora non ne ho più, no, non parlo dei

mattoncini di legno, delle lacrime. Sono stato seduto a guardare laconfusione, pensavo a quanti pezzi si erano persi, e credevo chenon mi sarei mai ricordato come si costruisce un bel castello. Era finita la magia.Senza lacrime non posso più piangere e allora ho chiesto alla lunadi farmi venire in mente un pensiero che mi facesse sentire ancoracapace di fare cose grandi. La luna mi ha risposto.“Guarda me e ascolta. Le cose nascono per finire e finiscono perrinascere”. Io l’ho guardata e senza dire niente ho preso in mano ilmattoncino rosso e poi quello verde e poi quello blu epoi quello giallo…

Mary Pantano

Un sorriso Un bacioUn abbraccioUna lacrimaUn progetto Una telefonataLa bicicletta

Il cioccolato“Martin Eden“ (il libro)“Local Hero“ Dire Straits (On the Night, 1993)“Caterpillar“ (radio)Il cineforumIl quotidiano (purché letto al bar)Il “boca“ (vino)

La birra La pizza (Margherita)Il “Barattolino” (alla crema)“Poang” (poltrona) Ipod shuffle ...

Federica Poletti

Saltimbanco

Corre forte,un filo teso,senza mani ad aggrapparsi.Giochi d’aria,obbligate pirouettes,sospesi dal fragore del batter delle mani.Ad atterrare in piedi,in bilico,su questa terra che scivola via.E di nuovo.

Fabio Russo

Mi alzo in piediogni giorno

con un sonnodella madonna.

Matteo Fiorini

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Impegnamocia riconoscere

la preziosità diogni singolo

giorno e alziamoci a

guardare in faccia alla vita nella sua

pienezza e nella sua brevità.

Elena Lamera

In piedi, per denunciare

Perché stai lì, seduto,occhi al televisore,mani al cellulare,gambe penzoloni,cuore addormentato,mente chissà dove…hai le orecchie,non solo per sentire,hai la voce,non solo per annuire…osserva…ascolta…parla…muoviti…agisci…questo mondo aspetta soprattutto te!In piedi, per ricominciarealzati e cammina!come tanti lazzaroora più che maivolgi lo spirito a quel Cristo fatto uomoche pronunciò queste parole…saper riconoscere la voce giusta può aiutarti a riprenderti la vitache ti sei fatta togliere…non è ancora giunta, la morte!In piedi, per sognare un mondo migliore non preoccuparti di cadere in piedi,preoccupati piuttosto di rialzarti,quando cadi: vedrai,

ti sentirai degno di chiamarti essere umano,ti sentirai finalmente “diverso”, non più quel giocattolo “sempreinpiedi”che tutti spingono di qua e di là.In piedi, nonostante tutto!

Chiara Palmieri

Controcorrente

Pontificare, suggerire, sentenziare, argomentare, incoraggiare, dimostrare, sforzare.Bla, bla, bla... troppi inutilmente in piedi.A parte importanti eccezioni, a mio parere, oggi sarebbe meglio un proficuo “siediti!”

Enrica Mamoli

La mia maestra, la montagna...

mi ha insegnato a resistere agli eventi esterni, anche a quellipiù erosivi... e stando diritto ci si

accorge (a volte) addirittura dicrescere, piano piano, e di risultare

più forti, nonostante tutto...l’importante è non stare mai fermi.

Sergio Virdis

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Io: stazione eretta correttamente mantenuta possibilesenza appoggio, normale tono e trofismo muscolare.Tu: tetraparesi flaccida con atrofia muscolare.

Io: piegata di fronte a te con le insicurezze e paure chemi accompagnano da sempre.Tu: “in piedi” con la forza della tua fede e la sicurezzadei tuoi principi.

Io: marcia autonoma, consentita con buona ampiezzadel passo, deambulante senza meta.Tu: deambulazione non possibile, non valutabile, “inpiedi” in viaggio verso il tuo destino con lo sguardofermo e il sorriso sereno.

Io: seduta accanto a te carica di dubbi e domande che miimpediscono stupidamente di comprendere fino infondo.Tu: “in piedi” con la tua forza, la tua dignità e bontà adindicarmi la via.

Eri tu e sei sempre stato tu in piedi con il tuo bastone,sulla tua carrozzina e nel tuo letto di fronte alla vita e difronte a me, angelo mio.

Laura

Grazie papà

"Se anche non avete potuto ascoltare la mia voce... Se anche non avete potuto raccogliere il mio abbraccio...Sappiate che il mio cuore oggi è pieno anche di voi... Delle vostre premure, delle vostre parole, delle vostre carezze.La mia preghiera è che ogni persona che incontrerete dopo di me possaricevere la stessa semplice ma presente cura che voi avete avuto per me.Poiché se questo cammino è tanto difficile...forse lo è un po’ di meno nel sentirsi ancora vivo... Ancora ascoltato... Ancora semplicemente guardato”.Grazie, Angelo

Queste parole sono state dettate da papà Angelo a Diego, prima dilasciare l’ospedale, per ringraziare tutti coloro che lo avevano assistito.Uno degli insegnamenti che il nostro papà ci ha donato è la capacità didire grazie.Oggi lo faremo noi per lui. Lo faremo noi con lui.Grazie a tutti voi che oggi siete qui e che lo avete visitato in questigiorni. Questa dimostrazione di affetto fa molto piacere a papà.Ha seminato tanto amore, non poteva che raccogliere tanto affetto.Questo non è un momento di tristezza. Papà non vuole che noi si scivoli nell’abisso della tristezza e del dolore;piuttosto che ci si innalzi, tutti insieme, nella celeste e profumataarmonia di un cielo splendente di serenità e speranza.Grazie a voi tutti.Grazie a tutti coloro, e sono tanti, che, nei lunghi giorni della malattia,sono stati prima la sua compagnia, poi le sue gambe, infine il suo

respiro. Grazie amici cari.Durante la degenza in ospedale, tutte le mattine, con la docilecomplicità di Laura, ci inviava un messaggio. Uno di questi messaggirecita: “Ringrazio Dio di avervi avuto come figli.”Questo grazie è per noi. Grazie Loredana, grazie Mariano, grazie Diegoe grazie a me. Per tutto quello che abbiamo fatto, per tutto quello cheavremmo voluto fare e per tutto quello che non siamo riusciti a fare.È bello essere fratello in questa famiglia.Un grazie speciale, particolarmente caloroso e carico di affetto, permamma Ivana. Prima di tutto perché Angelo, non sarebbe questoAngelo, l’Angelo che tutti conosciamo, senza Ivana. Poi per la forza, il coraggio, la dignità, la serenità e la fiducia che ci hainfuso durante la malattia di papà e soprattutto in questi giorni.Un esempio per tutti noi e per tutti coloro che hanno reso omaggio apapà. Grazie mamma. È bello essere figlio in questa famiglia.Infine grazie a te. Grazie papà.Per tutto quello che hai fatto e che farai per ognuno di noi.Grazie semplicemente per il papà che sei stato. E grazie per il nonnoche sei stato. Ieri parlando di te, Alice mi ha detto: "Se ci fosse una gara dei nonni, il nonno vincerebbe, perché è unsupernonno". È bello essere nipote in questa famiglia.A tutti noi restano due doni di papà Angelo: il calore del suo sorrisoper scaldare il cuore; la serenità e la speranza del suo sguardo peraiutarci a guardare la vita. Grazie papà.

Loredana, Stefano, Mariano e Diego

sla, sla SLA.

Evoca un rumore dolce, il calmo sciacquio delle onde.Invece entra nella tua vita con la forza devastante di unotsunami e a nulla valgono barriere, cure e difese. Ci si trovaimmediatamente senza tetto perché tutto ciò che ti staintorno deve essere riadattato con rapidità alle nuoveesigenze. Ti servono un esercito di volontari che possanopermetterti di spostarti, nutrirti, respirare.Ad Angelo, con grande affetto, perché mi ha dimostratogiorno dopo giorno il significato di “in piedi nonostantetutto” .Ad Ivana ed ai suoi ragazzi perché gli angeli custodi, nesono certa, hanno i tratti del loro volto.

Cristina Poletti

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Massimo

Si cade e ci si rialza, dicono. E tutte le volte che tu sei caduto, e noi losappiamo quante sono state, sono caduta un po’ anch’io. E tante volte ti hopreso per un braccio e ho tirato finché non ti rialzavi. Testona e stupidaforse. Ma ti volevo in piedi. E lo so che era troppo difficile per te. Ho passato più di vent’anni con il terrore di perderti, venendo arecuperarti in situazioni terribili e temendo ogni volta di non fare intempo. E alla fine basta, sei caduto per l’ultima volta.E ora ci provo aconvincermi che non hai sofferto, che eri felice perché stavi andando dallatua bambina, che il tuo cuore si è fermato senza darti il tempo di capire.Ma non so se ci riesco. So che da luglio io in piedi non riesco più a starci.

Sandra Casadei

Allegria di naufragiVersa il 14 febbraio 1917

E subito riprendeil viaggiocomedopo il naufragioun superstitelupo di mare.GIUSEPPE UNGARETTI

Stefano D’Adda

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Sono in piedi, nonostante tutto.

Non soccombo al fuoco dei proiettili, alla censura, alla violenza indiscriminata. È per questo che sono immobile?

Sarah Nocita

Se vacillassi

la mia mano prenderebbe la tuacontro il vento, contro il tempo…

Oltre il mare, oltre il maleche la vita serberà,

il mio volto nuova pace al cuore tuo donerà.

Marika Cenerini

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In piedi sulle mani.

Cadere, poi rialzarsi. Rialzarsi, poi cambiare.Sembra proprio che dietro ad ogni tragedia, dolore, lutto, o dispiacere sinasconda sempre il germe del cambiamento. Tutte le volte chequalcosa di brutto colpisce le nostre esistenze, la nostra vita cambia. A volte in meglio, a volte in peggio. A volte si reagisce bene, altre male.In tutti i casi ci trasformiamo. E più riusciamo a reagire in positivo, piùsarà facile ricominciare e riorganizzare la propria quotidianità.Succede nelle grandi tragedie, quando una catastrofe naturale è capacedi azzerare centinaia, migliaia o milioni di vite contemporaneamente, esuccede tutti i giorni, nella vita di qualcuno di noi, prima o dopo.Il dolore è talmente connesso al cambiamento, che anche l’eticacristiana, (permettetemi questa piccola eresia, so che in moltirimarranno infastiditi), per dare un senso al male, ha “prodotto” l’ideadella prova che ci fa crescere, che ci aiuta a riconfermare la nostra fedee a ritrovare nuova convinzione. A volte il dolore sembra quasi unafortuna: meno male che c’è il male, che ci aiuta a riscoprire la nostravirtù, che riporta in auge, ogni volta, il bene assoluto.Beh, molto sinceramente, ne farei anche a meno. Ma non farei a menodel cambiamento, perché è quello che dà ritmo alle nostre vite.E allora mi piacerebbe cercare di cambiare, prima ancora di cadere.Potrebbe forse essere un modo per cadere di meno.Come fare? L’idea me la suggerisce il tema di questo libro: “in piedi”.

Per stare in piedi e cambiare, senza cadere, potrei provare a stare inpiedi sulle mani. Fare al contrario tutto quello che sto facendo. Un modo per porsi le domande giuste e stimolare il cambiamento.Se lavoro sempre fino a tardi, domani uscirò alle sei. Se sputo dal mio divano sulla politica corrotta, domani proverò a farepolitica. Se evito immigrati ai semafori e nelle metropolitane, domani gli offriròun panino. Se guardo tutte le sere il TgLa7, domani guarderò il Tg4 e capirò molte cose. Se uso l’auto o la moto per andare al lavoro, domani ci andrò coi mezzi. Se aspetto un invito a cena dai miei amici, domani mi autoinviterò. Se la domenica mattina faccio pulizie di case, domani andrò al rito valdese. Se i bambini li mette a letto lei, se è lei che cucina, stira, lava e organizzale vacanze, domani lo farò io. Se non ho mai tempo per me, per te, per loro, domani me lo inventerò.Se ho perso le parole d’amore, d’amicizia, d’affetto, domani le ritroverò. Se le parole sono più dei fatti, domani parlerò poco. Se il passato è sempre meglio del presente, farò un viaggio nel futuro. Se a Natale spendo soldi in regali, domani regalerò pensieri.Se domani è tutto come ieri, mi rileggerò questo pezzo. Scommetto che qualcosa cambierà davvero.

Roberto Bernocchi

Non sempre una volta a terra ci si può rialzare.

A volte diventa impossibile, tanto è ilpeso che dobbiamo sopportare. E quando a cadere sono dei piccolibambini, costretti dalla Natura e dallaVita a diventare grandi troppo infretta, non basta la fede ad aiutarli, senza l’amore e la generosità dellepersone giuste. Aiutarli a rialzarsi, masoprattutto a camminare da soli pertornare a rincorrere quei sogni che ogniessere umano ha diritto di inseguire.

Renato Plati

In piedi, piccole mie,e se proprionon sempre in piediperlomeno mai stravaccate!

Papà Matteo

Beatrice Penzo

Io voglio stare “in piedi”

nonostante il mistero di non sapereIo voglio stare “in piedi”Nonostante la lotta continuaio voglio stare “in piedi”Nonostante la tristezzaVoglio migliorareVoglio vivereVoglio essere felice.

Cyndra Velasquez

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Riccardo Brioschi

Don’t give up

’cause you have friendsdon’t give up

you’re not the only onedon’t give up

no reason to be ashameddon’t give up

you still have usdon’t give up now

we’re proud of who you aredon’t give up

you know it’s never been easydon’t give up

’cause I believe there’s the a placethere’s a place where we belong

PETER GABRIEL

Benedetta Nocita

Quando sono giù dimorale so che devotirarmi su, solo che nonè facilissimo. E credoche per i bambini diHaiti sia almeno iltriplo più difficile.

Diego Plati

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Pensavo al mio futuro e non vedevo molte alternative, ma poi ho vistoi nostri giovani al lavoro e questo mi ha ridato speranza......una nuova luce che il mondo può ancora cambiare.

Pietro

Ci sono persone che indossano le ali e planano verso chi ha bisogno d’aiuto......tra queste persone ci sono gli Angeli col fango sulle magliette di Genova. Nel 1970 un’intera generazione si trovò a vivere una straordinaria avventura di solidarietà e di libertà. Il simbolo di quei giorni era l’impronta di una manata sporca di fango che i ragazzi si davano vicendevolmente sulle magliette. Bastava quella per salire su un autobus (allora c’erano i bigliettai) senza pagare e la gente ti guardava con rispetto e ammirazione. Si viveva fuori casa, si spalava per ore e ore sotto il sole e dai negozi di ogni strada (gente che aveva perso tutto o quasi) arrivava sempre la focaccia calda da mangiare e un fiasco di vino. Le regole abbastanza rigide di allora saltarono completamente (quasi più che durante il ’68) e, per la prima volta, la generazione dei "capelloni" che la serissima Genova aveva sempre considerato con una punta di severità, si guadagnò sul campo la stima di tutti. Per le strade fiorirono i cartelli "Grazie giovani" e i giornali lanciarono una specie di concorso di idee per ringraziare gli "angeli col fango sulle magliette".

Massimo RazziNel 2011, su Facebook, un gruppo di giovani genovesi, crea una pagina per raccogliere l’entusiasmo di chi vuole risollevare Genova.Il loro nome deriva da quello dato dai genovesi ai ragazzi che si mobilitarono durante l’alluvione del 70.

Davide

Sono arrivato sabato a Genova, fango, temporali... un inferno,me ne vado oggi col cuore gonfio d’orgoglio, sole, sorrisi!!!Poter dare una mano là dove la natura è stata inclemente, e poter aiutare tanta gente a tornare alla normalità è stata una bellissima esperienza!!! C’è ancora da fare, ma sicuramente si è imboccatala strada giusta!!! Daje Zèna!!!

Enrico

Ho visto un fiume cancellare una via, ho visto una città piegarsi sotto i colpi, ma poi ho visto prendere fiato e rialzarsi all’istante, quando non ci sono più beni materiali l’unica cosa che rimane è l’umanità...Non ho più visto il nero del cemento ma il marrone del fango, ho visto però ben chiare le lacrime cadutevi sopra, ho visto poi persone accorrere e prendere una pala ancora prima di dire “cosa faccio?”.Ho sentito menzogne dalle persone che non avevano più nulla... “pazienza andremo avanti”, ho bevuto un succo di frutta offertomi da un lupetto,odio il succo ma era la sua maniera di rendersi utile perché troppo esileper una pala, ho visto tatuaggi in vista, orecchini, piercing, sciarpe a coprirei volti... ma erano solo ragazzi... magari diffidati da uno stadio ma con tanta voglia di aiutare il prossimo, ho visto persone bere birra... perché di acquane hanno vista troppa... non ho visto nessuno tirarsi indietro alla domandasei stanco? “no!” ma da quanto sei qui? “3 giorni...” ho sentito più leggero quel secchio di fango, perché c’era qualcuno dietro di me ad aiutarmi senza neanche chiederlo, non ho più visto detriti ad un certo punto, e mi sono accorto che c’erano migliaia di persone sporche attorno a me, fai del benee dimenticalo dicono, ma una città capace di questo deve essere ricordataa vita col suono degli applausi, dico tutto questo non per celebrazione ma tante emozioni in un giorno solo ti riempiono così tanto che anchenon volendo esondano...

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Rosanna

Sono uscita, ovunque persone silenziose, passi lenti e sguardi tristi, spersi... ...una tristezza pesantissima......e poi c’erano loro, sporchi di fango,stivaloni e vanga,sorrisi sincerie tanta voglia di fare,tutti giovanissimie bellissimi:grazie ANGELI!!!

C’erano una volta gli Angeli del fango: avevano i capelli lunghi, le camicie a fiori, i pantaloni a zampa d’elefante, ascoltavano i dischi di vinile col mangiadischi, amavano i Beatles e i Rolling Stones... ci sono oggi gli Angeli del fango, hanno l’Iphone, smanettano sul Pc, interagiscono col telefonino, sono globalizzati... ma nulla è cambiato: stessa abnegazione, stessa voglia di mettersi a disposizione di chi più ha bisogno... una sola differenza siamo passati dal bianco e nero al colore.Un monumento!!!! Subito!!!!!!!!!!!!!!

Giampaolo

Tutti i commenti sono stati estrapolati dalla pagina Facebook“Angeli col fango sulle magliette”.Per le foto degli angeli di Genova ringraziamo Silvia Aresca.Un ringraziamento infinito anche a tutti gli angeli che hanno aiutato a risollevare la Lunigiana e lo spezino e, in particolare, a Gabriella Barresi, per la raccolta del materiale.

Sembrava la fine......più mi accingevo

a levare il fangopiù ne trovavo...

...la pala mi scappavadalle mani ormai esauste

di tenere il bastone......ma troppe mani

mi chiedevano aiutoe tra un’imprecazione

e un forza Mauro ancoraun metro andavo avanti...

...dopo 13 ore e dopo aver contribuito come molti altri

il premio più belloil tuo grazie

chiunque tu sia...

Mauro

Il Fereggiano ci ha portato via.I Ragazzi ci hanno restituitobontà, coraggio e generosità.GRAZIE Angeli del Fango.

Da un cartello su un negozio

Quando i bambini

torneranno a giocare

in questo parco,non penseranno

a chi lo ha ripulito......ma è questo il magico

lavoro degli angeli:esserci quando c’è bisogno,

senza però mai farsi vedere.

Carlo

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Quando si sente parlare didisastri naturali o di conflitti, le immagini catastrofiche che civengono in mente spesso siassociano a quelle di volontari e operatori umanitari che siadoperano per la ricostruzione e per cercare di restaurare lacapacità delle istituzioni e dellecomunità locali in modo chepossano fronteggiare il periododi transizione generato da taledisastro. Il vero obiettivo diquesto processo di transizione è infatti rimettersi in piedi,ricostruire in meglio e ridareforza e dignità alle persone chehanno subito perdite a livelloeconomico ma anche affettivo inmodo che possano andare avantie ricostruirsi una vita. Allo stesso modo speriamo eauguriamo che il 2012 portimiglioramenti anche nella vitadei bambini di Port de Paix ad Haiti!

Samantha Bobbo

Anche il mio paese ha avuto la sua terribile catastrofequest’anno, non naturale, anzi, direi innaturale, prima la bomba e poi Utoya.L’affetto di voi amici ci ha sostenuto enormemente in quel triste momento!Quel folle ci voleva indebolire; ha ottenuto il risultatoopposto: semmai siamo più compatti e più uniti che mai.Tristi, ma fieri, addolorati, ma fiduciosi.Non cerchiamo vendetta, ma giustizia.E con l’amore si soffocherà l’odio.

“Se un sol uomo può mostrare così tanto odio,pensate a quanto amore possiamo mostrare tutti insieme.”STINE RENATE HÅHEIM, SOPRAVVISSUTA

Berit Ness Johnsen

Patrizia Sevieri

In piedi!

Pensavo una volta di essere Dio Pensavo di esserci solo io

Pensavo che il mondo davanti a me fosse un frutto amaro ma tutto mio

Pensavo che un attimo fosse eterno nel battito

delle ali di un angelo solo mio In piedi, in piedi

io resterò, io resterò Senza voltarmi indietro

Camminerò, camminerò Ed ora che guardo

il mio volto allo specchio mi accarezzo i capelli d’argento

Ah, il tempo scorre e va via non sa dire nessuna bugia

non sa chiedere scusa Né sa, cosa sia, cosa sia

Ed ora che ho capito perché Tutto passa anche per me

La ricchezza più grande che c’è È vivere

In piedi, in piedi Io resterò, io resterò

Senza voltarmi indietro Camminerò, camminerò

In piedi, in piedi Io resterò, io resterò

Senza gettare un solo istante mai più Mai più dormirò

Ed ora che ho capito perché Tutto passa anche per me

La ricchezza più grande che c’è È vivere...

I NOMADI

Massimo Nocito

“Stomaco vuoto non ha orecchie”

“Seven for One” è una fondazione nata dall’iniziativa di sette giovani haitiani uniti per aiutare le vittime del terremotodel 12 gennaio 2010 a Sarazin, una delle frazioni montuose più isolate della regione metropolitana di Port-au-Prince,raggiungibile solo a piedi con trenta minuti di cammino in una zona assai impervia. Dopo aver fornito assistenzamedica e psicologica a molti feriti nei giorni immediatamente successivi al 12 gennaio, questi giovani si sono messi allavoro per aiutare le vittime del terremoto a ritornare a una vita normale. Hanno cercato e trovato fondi perpermettere ai bambini di Sarazin di ritornare a scuola. Il loro primo successo è stato che, a fine anno scolastico, tuttigli alunni della scuola hanno superato l’esame di scuola elementare. Oggi la fondazione sta cercando fondiper poter riabilitare la scuola distrutta dal sisma, assumere professori per garantire corsiregolari, e offrire al mattino, un pasto ai bambini prima dell’inizio delle lezioni. Perché,come recita un vecchio adagio haitiano, “stomaco vuoto non ha orecchie”.

Yolene Surena, Medico e Coordinatrice Protezione Civile di Haiti

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Ho scelto quest’immagine per il mio contributo di quest’anno. C’è tutto in questafoto, la forza distruttiva e la potenza originale della natura. Durante l’alluvioneaccaduta in Thailandia una scimmia salva un cucciolo di cane: non c’è molto da dire, né da spiegare. Si cade e ci si rialza, a volte più forti di prima, a volte più acciaccati ed insofferenti, ma si va avanti... è la forza della vita, sono le motivazioni quotidiane, forse è il non sapere cosa sarà domani, forse la speranza che quel domani sarà migliore. Io sono curiosa e, dunque, lotto, vado avanti per scoprire cosa ne sarà di me, fino a dove mi spingerò. E quando sono stanca, stanca morta, chiudo gli occhi, visualizzo i visi dei miei cari, immagino la musica del tuo respiro e solo così mi calmo e mi rimetto in piedi.

Erica Brovelli

In piedi!

Per guardare oltre il muro! Qualcuno ha uno sgabello?

Silvia Bailo

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In piedi!(auto personal training)

A volte mi sento proprio giù, non so più cosa fare…

In piedi allora!Tutto mi sembra senza senso, non vedo una direzione…

In piedi allora!Mi sembra di lasciarmi andare, tutto intorno a me mi demoralizza…

In piedi, forza!Ma dove troverò mai la tenacia per resistere e reagire? Ma come fanno tutti gli altri!?...

In piedi, adesso, in piedi!Questo nostro Paese, sempre così incasinato e litigioso, immorale, pieno di ladri e di furbi, le cose che non cambiano mai …

In piedi, presto, in piedi!Il mondo che stiamo uccidendo, i disastri ambientali,il riscaldamento climatico, siamo 7 miliardi, non possiamo farcela…

In piedi, in piedi ora, prima che sia tutto perduto, prima di non rialzarti mai più!

Trova la parte migliore di te in fondo al tuo cuore. Lei è al tuo fianco. Non scoraggiarti!

Stefano D’Adda

Chiusi su noi stessi, come la nostra città.

Schivi, come il nostro territorio. Forti come il vento di tramontana.

Sorprendenti, come i carrugi che proteggono tra le ombre piccole

perle architettoniche. Pratichiamo il mugugno, uno sport che si

tramanda di padre in figlio in modo istintivo.

La cosa che più mi stupisce di noi Genovesi? La solidarietà, sempre

e comunque, in qualsiasi momento, in qualsiasi situazione.

Pronti a tenderti la mano per farti stare nuovamente IN PIEDI.

Laura Aiello

Il magazzino della compagnia teatrale Scarti...

si trovava a Padivarma una zona dell’entroterra spezzino colpitadall’ondata di fango dopo lo straripamento del fiume e l’insistentepioggia. Molti nelle vicinanze hanno perso la casa e anche la vita. La compagnia teatrale molto famosa a La Spezia e affermatasi anchea livello nazionale grazie all’ultimo spettacolo messo in scena, hasubito notevoli danni alle attrezzature elettroniche, ai costumi e allescenografie. Sin dal giorno successivo alla dannata notte in cui tuttoè andato perduto ci siamo messi al lavoro per liberare dal fangoquel che era rimasto. Ci siamo riuniti tutti, grandi e piccini,ognuno ha fatto ciò che era nelle sue possibilità ma nessuno si ètirato indietro. Sono stati giorni difficili quelli del recupero... e piùdifficili sono stati quelli dopo in cui ci si è accorti di doverricominciare da capo dopo anni di sacrifici e conquiste. Nellefoto ho ritratto Alice, figlia di due musicisti spezzini (“Lecanzoni da Marciapiede”)... anche lei era li con noi in queigiorni di fatica... a metterci un po’ di allegria con il suo sorriso.

Ilaria Zappelli

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A Dani,

che ci ha chiesto di guardare in alto.

Francesca Colciaghi

Il mio contributo

al Xmas Project 2011

è una foto che ho scattato

in agosto alle dune di Pilat:

…a tutti quelli che resistono, lottano,

a chi è in difficoltà, a chi non smette,

nonostante tutto, di sperare,

perché la terra

vale comunque una visita…

Agnese Consonni

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Cambiare

Sono abbastanza certo che cambiare lavoro è proprio una di quelle coseche mettono profondo disordine nella mia vita. Non credo siaparticolarmente “giusto” (è questo il peso che il lavoro deve avere nellamia esistenza?), ma è successo in passato e mi sta accadendo di nuovo inquesti giorni. Oltretutto è un fatto che ha un po’ smesso di essere unavicenda solo mia personale, ma ha un certo impatto anche sulle personeche mi circondano e credo su quelle che mi circonderanno. Portodisordine nelle vite degli altri, senza chiedere il permesso. Chiedo scusa.Ma è la vita che va avanti e le cose accadono anche senza cercarle e forsesono proprio queste le occasioni che ci vengono date per rigenerarci, permigliorare e per cambiare qualcosa nella sfera delle cose sulle qualipossiamo avere influenza. Io me lo auguro e nel ripercorrere come in unfilm i miei ultimi quattro anni di gioie e dolori, aspettative e delusioni,gratificazioni e fatiche al Sole, vorrei abbracciare tutte le vite che hoincontrato e lanciarle come stelle luminose in un futuro radioso.

Sole 24 ORE : Aprile 2007 - Dicembre 2011Alessandro che mi chiama e mi propone la cosa – L’incontro con Fabio,che personaggio! – Andrea, rassicurante e concreto – Fabio che insiste:scelta lungimirante, entusiasmo contagiante – Ci sto e faccio incazzareAntonello – RGV in Sala Collina, mi presento e ritrovo un sacco dicolleghi (anche se grasso e canuto risulto un po’ irriconoscibile…) - LaFiore, un angelo subito al mio fianco – Nell’ufficio di Ferruccio a parlare difemminile: i carbonari ex RCS… - Renata, un grande sostegno su qualsiasitema – Primo impatto con “le argomentazioni di vendita”, con i “materiali”e, soprattutto, con i “progggetti”: molto fumo, ma necessario - Nuoviprodotti: House e Luxury... - Il contatore giornaliero e le mail cazzute delVacca: “Pensate al vostro futuro…” – Le riunioni di vendita: “Vi arriva unmissile in testa… non state fermi sulla collina!” - Gran gruppo al Mktg, ci sidiverte e soprattutto si fanno bambini! – La Brambi che si markettizza e(finalmente) si separa – La riunione a Villa Torretta con gli assegnoni, lastanding ovation a Giovanna, il photobook – La fuga della Gatti e l’arrivodi Spez e della Franci – Quel matto di Renato - L’arrivo di Grazia – LaBain e Gabriele e quegli altri pazzi di consulenti – In Sardegna con i“romani”: il Rena, il Mata e soprattutto l’Antonellina - Torino e Stefano,Firenze e la Susi, le due Luciane… – La quotazione e lo spot TV e il roadshow – “La cultura dei fatti”, cos’è San Patrignano? – Quella notte a finirpresentazioni con Gio, gli account, certe foto… - Con Daniele a trattareQuadratum - Compleanno in maglia granata – La festa di Natale el’incredibile coro assoldato dalla Betty - Bormio e il team building. La It’sCool. La cena al rifugio, sotto la neve, tutti ubriachi, gran cover band. Latenuta da sci di Davide. Marco al piano. Le ragazze del marketing che fanperdere la testa a tutti – Todi, la Claudia e la sbevazzante compaginedell’estero – Con Gio, a Pechino, si mangia di tutto. Ale e il vassoio di oneshot. Tatuaggi notturni. Ale e la vespa. MariLu e il codazzo di portaborseai grandi magazzini del falso. Barbara e le confidenze su vecchie amicizie -Cazzo Fiore questa non ci voleva – Mauro, gli speciali e la sua risata cherimbomba nel corridoio – Elena la timida, gran coraggio e due pargoli inarrivo – Il lancio di IL e l’amico Walter - La cultura che mai decolla e laGamadasi - La Michi e le sue ansie alla pizzata di Natale - Il ritorno dellaFiore - Prima le voci poi le certezze: Fabio se ne va - Seefeld e il giro digrappini – FdB torna al CdS e arriva Gianni - Andrea dg e una grandesintonia – Il torneo delle concessionarie, ancora imbattuti! - Greta e imitici gemelloni - Un’altra stella al mktg: Cristina - Todi e la gara di cucina– La RGV con i video dei ragazzi e Andrea immenso sul palco e le navi infiamme – Camilla! E Fede in paradiso - Andrea che torna dal Perù,asciugato… – I gemelli di Elena al bar del Sole - Il Melograno e il doppiocon Rena, Stefano e Danilo - Il tabloid e le ricerche con Renata e Barbara– I 10 temi di Ventiquattro e la straordinaria cena a casa di Fernanda - Sene va anche CC e poi arriva DT - Giovanni all’estero, sbocchi commerciali

per i “miei account” - Madonna di Campiglio e Fabio che si rompe – ConRoberta, Franca, Laura, Ginevra a chiacchierare una sera sul piazzale, suquelle sedie strane - La gara per la Nazionale, Stage up e la nostra squadra– Finalmente Quadratum, le ricette filmate, X-System e le improvvisate acasa di Claudia e Fabio con Paola – Il Road show di MPS, Cinzia e ilmitico Cira - Anche Ale se ne va, in un anno è cambiato tutto – ConGuido e poi Marina ed Elena a inseguire un’idea: prima o poi larealizzeremo - Il Sud Africa, Andrea-Rena-Ale e soprattutto lo Spez esoprattutto che botta – Porto Quatu e l’entusiasmante coro sardo – Ungiorno d’estate, a passeggio in centro, abbuffata al giapponese e acquisto dijeans - L’Anto a casa e poi Tommaso! - La strana alleanza, il pretestotabloid e le tensioni crescenti – Andrea malato e Alfo in difficoltà – ConAlessandra a scaricare le tensioni a spasso per la città – Via Alessandro:nuovi programmi… - Ciao Beba e ciao Michele: non servite più… –L’arrivo di GV e, puntuali, dei primi sabati lavorativi - L’uscita di Andrea,mi mancherà molto - Camillo! – Cri che ci lascia e le sue lacrime dicrescita - La fiducia di Gianni e le difficoltà e le ansie dei ragazzi dellaSystem – Tutte le sera a casa dopo le nove – Davide all’immobiliare: la suagratitudine, la sua determinazione - Non c’è più spazio per la Gio, machissenefrega: arriva Pietro! - Madonna di Campiglio, la gara di sci, ilviaggio con Fabio, la Betty e Alberto, la rottura del crociato, Michele eGiorgia – È allo studio la “graaande riorganizzazione” - Il “comunicatosindacale” dei ragazzi, le cose non funzionano e io che non sono nellecondizioni di porvi rimedio - Il lavoro con Alberto, i documentisull’organizzazione, l’unico vero scazzo con Gianni - Il marketing unicosenza la Emi, bell’amico che sono – La sintonia con Marco, lepreoccupazioni di Elisa, il rassicurante sorriso di Laura – La frustrazione diMichela e il suo tirare comunque avanti - La dolcezza e pacatezza diCristina - Le operation uniche: l’amarezza di Gino, la fatica di Marina,pranzo al giappo – Il numero speciale di Ventiquattro, Elisa stremata sullescale, il timone in redazione con Daniele - L’arrivo del vulcanicoNapoletano – Anche per Marina, fine collaborazione: purtroppo si tagliaovunque si può – I libretti della Domenica in tre settimane – Tresettimane, se va bene, è lo standard per ogni progetto – Il mktg unico:bell’idea poco smalto, le aspettative dei ragazzi, la stanchezza delle persone,il senso di abbandono di chi non ottiene mai riconoscimenti – Gliocchioni lucidi di Chiara - Le mail delle “collateraliste” – L’ultimo numerodi Ventiquattro, il cambio di nova, i progetti di femminile. Le affettuoserecriminazioni di Fernanda, la fermezza di Luca, le attese di Walter –Crescere tra le righe e il piccolo mondo dell’editoria, Andrea e la suaperseveranza - Con Luca e i bimbi: pellegrinaggio granata (conimmancabile sconfitta) - La riorganizzazione della rete e l’arrivo diRomano, colazione e feeling al Biffi – Fabio (non ce l’ha con me), poi Rena(ce l’ha con me), poi Stefano (non lo so): si cambia pelle - L’arrivo diAlberto e le telefonate estive con il suo nuovo amico… - L’amarezza diWilly, la sua rincuorante energia - Cena e confidenze a casa di Fabio e l’Aleche sfreccia con il rosso – Romano, quanti casini, come aiutarlo? – Lagrande crisi economica, il giornale che vende, i Quiz, le tirature e lefogliazioni. Inutili tensioni con il Direttore: ma non si può proprio mailavorare uniti e sereni?- Enrico e un’estate sfigata, poi però arriva Niccolò –Anna che mi sorride e che detesta la mensa - Il ritorno a settembre eGianni che mi chiede di cambiare passo… incontentabile! – Marco al webin cerca di chiarezza e Barbara che si chiede se ne vale la pena - I tagli sullarete e gli sguardi dei colleghi: perché io? - La prima RGV a rete unica, lacarica del Direttore – Spez cerca fortuna altrove, la troverà - Ledimissioni: l’abbraccio di Gianni, lo sconforto di Romano, i consigli diAlfonso - Negli occhi dei ragazzi molto affetto, timori e speranze, senso diabbandono e nuove opportunità, anche un po’ di comprensibile stizza. Mimancheranno molto. Tutti quanti.

Si cade e ci si rialza, si avanza e ci si ferma. Il passato e il futuro siintrecciano e si intrecceranno ancora. Arrivederci.

Maurizio D’Adda

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A chi un giorno il tetto è caduto sulla testa

A chi un giorno un terremoto ha spazzato via i ricordi.A chi un giorno ha osservato il proprio sogno infrangersi come il cristallo.Dalle macerie di quel giorno non si vede né passato né avvenire.Alzarsi in piedi è faticoso ma serve per guardare avanti.Serve ad accogliere e costruire nuovi tetti, nuovi ricordi e nuovi sogni all’orizzonte.

Martina Nencini

Rimango su per un soffio...

per le parole di unacanzone, il ricordo di un

periodo in cui stare in piediera questione da nulla.

C’è chi si fa un the, chi sinasconde dentro le pagine di

un libro e affonda nella vita diqualcun altro. Chi nellasolitudine trova l’equilibrio echi invece, nel silenzio, trovasoltanto più confusione.Non ho idea di quale sia ilmetodo, mi chiedo se ce nesia uno e se qualcuno l’abbiamai trovato. So solo chequesta vita và così, unostrattone e sei già per terra. Tu, io, una nazione. Si evoca la propria forza, si stringono i pugni, identi, ci si fa promesse e si continua a vivere, ainseguire le idee e i sogni,aspettando che il vulcanospento ricominci asinghiozzare.

Valentina Piletti

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Un giorno potrebbe essere l’ultimo e il primo di molti altri.

Federica Capuzzo

Danza lenta

Hai mai guardato i bambini in un girotondo ?O ascoltato il rumore della pioggiaquando cade a terra?O seguito mai lo svolazzareirregolare di una farfalla ?O osservato il sole allosvanire della notte?Faresti meglio a rallentare.

Hai mai detto a tuo figlio,“lo faremo domani?”senza notare nella fretta, il suo dispiacere ?Mai perso il contatto, con una buona amiciziache poi finita perché tu non avevi mai avuto tempodi chiamare e dire "Ciao"?Faresti meglio a rallentare.

Quando corri cosi veloceper giungere da qualche parteti perdi la metà del piacere di andarci.Quando ti preoccupi e corri tuttoil giorno, come un regalo mai aperto...gettato via.La vita non è una corsa.Prendila piano.Ascolta la musica.

Gianluca Sanvito

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Per Chiara, Gaia, Maddalena, e GiulioVi guardo e penso a quanto sia difficile per noi genitori

lasciarvi cadere e rialzarvi da soli.... L’istinto ci porterebbe adevitarvi ogni caduta, ogni difficoltà; ma quando siamo stati

capaci di aspettare abbiamo potuto vedere sui vostri volti

l’orgoglio per avercela fatta da soli.... Vi seguiamo da vicino ma

sufficientemente lontani par lasciarvi scoprire di avere la forza ela volontà per stare in piedi da soli...Monica Neuburger

Don Alessio ed i maratoneti della pace

Mamma Laura, Emma, Marco. Alberto Bruno

Edo, Davide, Tommy, Alessandro, Jacopo, Alice, Chiara, Francesca, Alessia, Matilde, Simone In piedi, confidenti nel futuro!

Isabel, Matteo, Pablo e Vania

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Su per le scale buio ma la luce corre dentro agli occhi. Sono un bambino io con ancora i graffi sui ginocchi. Dalla cucina, una voce cara, mia madreche mi dice: “Non farti cadere le braccia, corri forte va più forte che puoi”. Non devi voltare la faccia non arrenderti né ora né mai. Non so se ti ècapitato mai di dover fare una lunga corsa e a metà strada, stanco, dire a te stesso: adesso basta. Eppure altri stan correndo ancora intorno a te eallora non farti cadere le braccia, corri forte, va più forte che puoi. Non devi voltare la faccia non arrenderti né ora né mai. EDOARDO BENNATO

Giorgia Lodigiani

Due mesi fa abbiamo assistito con un’emozione fortissima ai primi passi del nostro

piccolo Federico, di 15 mesi. Era una sera, e dopo essersi alzato al centro della sala,

mentre tutta la famiglia era lì con lui, ha cominciato a camminare, due passi e una caduta,

poi si rialzava, due passi e una caduta, poi si rialzava ed ha continuato così per un bel po’,

traballando, ridendo, ridendo come non lo avevamo mai sentito, quasi ubriaco di gioia,

come se avesse raggiunto il più grande e desiderabile scopo della sua vita. Ogni volta che

riusciva a rialzarsi, sembrava ridere ancora di più, come a confermarsi che il miracolo si

poteva ripetere. Erano sei mesi che si spostava strisciando sul sederino, via via sempre più

veloce, ma ora aveva finalmente una nuova prospettiva, e di prospettive sul mondo, in

quel modo, se ne stavano aprendo molte altre per lui. Era bellissimo anche ascoltare le

reazioni gioiose dei fratelli e osservare sui loro volti increduli lo stupore per la

realizzazione inaspettata di un evento peraltro atteso. Sembrava che Federico avesse

scelto proprio quel momento, in cui c’eravamo tutti, per raccogliere la forza

dell’incoraggiamento di tutti noi e per condividere, con tutti noi, tutta l’intensa ed

incredibile emozione di quella straordinaria conquista.

Michela e Dario Regazzoni

Alzarsi in piedi è molto faticoso, però ci guadagni la tua vita felice e la bellezza del vivere.

Io ho avuto molti casi in cui mi sono dovuta mettere in piedi e andare avanti.

Per cui quando vi sentirete a terra, ricordatevi l’ultima volta come avete fatto

e ricordatevi amore, affetto e fedeltà. Tanti Auguri! Chiara Zelinda, 10 anni

Una volta, quando sono caduto mentre giocavo a basket,

mi sono sentito scoraggiato e volevo andare in panchina.

Invece mi sono rialzato e ho continuato la partita.

Un’altra volta, mentre giocavo all’oratorio, mi sono fatto

male, ma ho continuato a giocare per non far perdere

la mia squadra. Vorrei che i bambini di Haiti di 8 anni

come me, stessero bene come me. Alberto, 8 anni

Vorrei che tutti i bambini di Haiti andassero all’asilo

e a scuola perché è importante imparare. Elena, 5 anni

I ragazzi di San Siro

Matteo e NicolaViola, Anita & Arianna

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Xmas Project...nelle scuole!

Quest’anno il Xmas Project è entratoin alcune scuole come progetto educativoe di lavoro di classe. Sotto la guida dei loro insegnanti,che ringraziamo di cuore, i bimbi hannoprodotto alcuni lavori collettivi, stimolatidal breve testo in calce. Ecco quindi i loro straordinari contributi!

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“Sull’isola di Haiti i bambini vanno a scuola.

Gli piace fare i tuffi, giocare a palla e qualche volta

vanno a pesca col papà. Poi un giorno la terra trema. Trema come tanti anni

fa, come quando vi racconta la maestra, che poi

son spariti tutti i dinosauri. E così diventa un posto

dove nessuno ci vorrebbe stare più...

Allora ho bisogno che ci aiutate voi a farla

ritornare l’isola più bella che c’è.”

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Classi II sez. A/B/CScuola G. Rodari

Mazzo di Rho (MI)

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Classi II sez. A/B/CScuola G. Rodari

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Classe III sez. CIstituto Iseo

Milano

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Classe IV sez. BScuola Duca degli Abruzzi

Milano

L’isola più bella che c’è

Nell’isola più bella che c’èi nonni hanno tante panchine per raccontare le loro storiee un grande pino per rilassarsi e fare il pic nic.

Nell’isola più bella che c’èi bambini hanno giochi di legno e di corde per arrampicarsi e scavalcare gli ostacolie un hotel a dieci stelleper mangiare gratis tutti giornie una scuola di nuoto, di musicadi calcio, di disegno e di linguedove le maestre aiutano e i bambini sono liberi.

Nell’isola più bella che c’è gira una ruota panoramica per vedere il cielo e l’isola tutta intera, c’è un grande parco con splendide fontane magiche e un lungo scivolo per fermarsi un po’.

Nell’isola più bella che c’èci sono musei belli e interessantici sono orti rigogliosiper raccogliere la frutta e la verdura e spiagge dorate per riposarsi all’ombra degli ombrellonie un prato fiorito per restare sdraiatia guardare le nuvole.

Poesia scritta a 24 mani dai bambini di IV B

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Classe III sez. AScuola Luigi Galvani

Milano

Kidsland

La città si trova su un’isola, in partepianeggiante e in parte collinare. Cisi può arrivare solo con la nave e, incasi di emergenza, con l’aereo.L’aeroporto, infatti, serve solo pergli aerei che volano intorno all’isola.C’è anche un trenino che serve amostrare agli ospiti le bellezze diKidsland. Kidsland è formata datante strade, ma solo una di queste èuna “via”, cioè una “strada con tuttele case intorno”. Non ci sono piazze.C’è uno zoo con dentro un circo,tanti campi da baseball, da calcio,una pista di motocross, una diskateboard, un campo di bladeblade. C’è anche un centrocommerciale, un punto venditaIkea, un Decathlon, e un negozio“che vende tutto e ripara tutto”. Ci sono anche tantissimi ristoranti,uno vista mare e uno molto lontanodal mare. E tanti hotel, che servonoa ospitare i genitori. Kidsland è unacittà popolata solo da bambini. I genitori possono andarli a trovaredue (o anche tre) volte allasettimana per 24 ore. Non si crescee non si muore. Non ci si ammala enon vengono le carie. Quando ci siammala si va al centro dell’isola

dove c’è un grande fuoco cheguarisce da tutte le malattie. Ma cisi va solo di mercoledì. In questacittà tutto è gratis, non esistono isoldi. I bambini si divertono tutto ilgiorno, giocano a pallone e abaseball e non vanno a scuola. Machi sente la mancanza dei proprigenitori è libero di tornare a casaquando vuole. Una volta all’annoalcuni bambini “specializzati inquesto lavoro” vanno sul continentecon la nave a prendere i bambiniche desiderano abitare a Kidsland.Arrivati sull’isola, i bambini nuovipossono darle un’occhiata facendoun giro sul trenino, e decidono sevogliono rimanere o no. Gli autoridella città vivono tutti in unareggia: ce n’è una per la primavera-estate e una per l’autunno-inverno.La reggia ha quattro piani ed è piùlarga che alta. Ha un campo dabaseball, uno da calcio, uno dabasket e uno da rugby, una pista diatletica e un Mc Donald’s.

Dettagli tecnici: Kidsland è una città “vistadall’alto”, che è stata disegnata dai bambinisu 46 fogli uniti tra di loro con lo scotch. È stata colorata con i pastelli a cera. Mancaancora lo sfondo, che sarà realizzato conuna polverina multicolor (tranne il nero econ poco marrone.)

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Classe III sez. CScuola Luigi Galvani

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La nostra isola...

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Classe III sez. CScuola Luigi Galvani

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... e i nostri pensieri

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Classe III sez. BScuola Luigi Galvani

Milano

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Classe IV sez. BScuola Bacone

Milano

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La nostra isola...

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Prima del maremoto

i bambini dell’isola di Haiti

giocavano, saltellavano, adesso

c’è fango, e molti bambini

muoiono. L’amore verso gli altri

è una cosa bellissima, e noi li

aiuteremo a costruire, degli

asili, e delle scuola per farli

vivere felici e contenti.

Abbiamo scritto questo testo

con il cuore e per trasmettervi

un sentimento PERCHÉ LA

SPERANZA È L’ULTIMA AMORIRE!

Camilla e Agnese

Quando mi sento abbattuto

ho bisogno che qualcuno

mi parli: basta poco per

farmi tirare su il morale. J.P.

Alcune persone pensano chele cose difficili non si possono

risolvere … in verità bastaaffrontare con un po’ di

speranza. A me è successo e,adesso, io e la mia famiglia

siamo di nuovo felici. Sofia

Nei momenti più brutti non mollare mai!

Tommaso Ivaldi

Quando mi sembra di sprofondare

cerco l’aiuto di mamma e papà che

sono la mia forza. Cristiana

Per me per tornare a sorriderebasta un abbraccio.

Marco

Se non provi a fare le cose non è detto che avrai un’altraopportunità oltre a quella che ti è già stata data. Anche se haidei problemi devi riuscire adaffrontarli.

Fabiola

Io ho paura di

tante cose però le supero.

Anche se è difficile affrontarle,

ci si aiuta (ci si può RIMETTERE

IN PIEDI). Anche se la cosa

è molto difficile come è successo

a Haiti dove sono morte molte persone e molte

abitazioni. È importante avere la speranza e stare

tutti uniti perché così si può fare di più,

così ci sarà un futuro migliore! Alice

Non smettere di credere, di sognare

una cosa anche se è difficile che si

avveri anche quando hai perso le

speranze basta un po’

di gioia per tirarsi su. Andrea

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Classe IV sez. BScuola Bacone

Milano

Ho avuto tanta tristezza quando la mia mamma se ne è andata in Perù. Ero molto trsiet e depressa perché ero senza la mia mamma. Un giorno una mia compagna di classe mi ha raccontato che era successo anche lei e da quell’ora in poi ho avuto la speranza di sorridere di nuovo. Laura

Vorrei dire a quelle persone che stanno facendo il proprio megliodi non disperarsi. Sara

Io ho paura di tante cose:alcune sono ancheimpossibili ma io ho paurache possano succedere. io

ho paura di molte cose gravima ho anche paura di cose

banali; di tutte queste cosegravi e non, mi serve solo

un po’ di affetto per tornarecon il sorriso. N.P.

Una volta mi sono sentitagiù come se mi mancassequalcuno, ma mia sorellami ha sollevato il morale.

Sento tante persone che mivogliono bene.

Tea

Una settimana fa mi papà, con suo fratello gemello, è andatoa Brugnato dove c’è stata un’alluvione. Dove c’era un portico eun giardino con i fiori, ora c’è il fango … mia nonna e la miabisnonna hanno recuperato poche cose ma sono felici perchél’abbraccio dei figli ha dato loro la forza.

Benedetta

... e i nostri pensieri

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Classe I sez. BScuola Bacone

Milano

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Classe IIScuola GEIS

Arese

Classe IScuola GEIS

Arese

Classe IIIScuola GEIS

Arese

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Classe IVScuola GEIS

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Arese

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Xmas Project...e le aziende

Ogni anno alcune aziende scelgono di supportare il Xmas Projectutilizzando il Librosolidale come loro regalo di Natale. Devolvonocosì le loro risorse a una causa sociale; deducono il costo comecontributo a Onlus; comunicano in modo “responsabile” ai lorodipendenti, clienti e fornitori; regalano loro un prodotto (questolibro) che abbiamo l’ambizione di ritenere di buona fattura.

Ringraziamo quindi queste aziende per la loro sensibilità e generosità.

Eccole.

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SAFETY PARTNER SRL

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FORAK

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FONDAZIONEPROADAMO

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CAPRICORN SRL

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SPEED TRANSPORTSERVICE ITALIANA SRL

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DEVELOPMENT ENGINEERINGAUTOMATION SRL

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Page 106: Librosolidale_2011

EUROLOGOSMILAN & SHANGHAI

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PENTAPHOTO SRL

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Page 109: Librosolidale_2011

Xmas Project 2011 è cecilia digiuni ♥michele dalai ♥ chiara baj ♥ fabrizio lepri ♥ silvia saler ♥ lia gugino ♥ samuele maruca ♥ alice marangon ♥melanie del genio ♥ silvia maria mora ♥ lara cimmino ♥erika godi ♥ elena colli ♥ beniamino valsesia ♥ laura franco ♥ bertrand galbiati ♥ nicolò e matteo galbiati ♥ andrea bizzetti ♥ davide manzo ♥ carmela d’antonio ♥marika callegari ♥ graziella tabozzi ♥ giuliana dall’ara ♥mara fiorini ♥ annalisa castelli ♥mimma giannetto ♥ delicatissimo ♥michele teresa vittoria e matilde secco d’aragona ♥ caterina d’agostino ♥ agnese consonni ♥matteo marta cristina e alberto cannistrà ♥ fabrizio colciaghi♥ claudio dozio ♥ lucrezia giaime maura e giacomo ferrigno ♥ sandra graffigna ♥ guido bichisao ♥ elena fratti ♥ serena todesco ♥ roberto bernocchi ♥ giuseppe bettoni ♥ veronica d’angelo ♥ graziella e antonio panizza ♥benedetta nocita ♥ graziella e popi nocita ♥ sara giampaola e sandro mazzucchelli ♥ sara panizza ♥margherita bertolesi ♥ vania panizza ♥ isabel aranda ♥matteo e pablo panizza ♥ nicola carrù ♥ chiara foglia ♥ federicofontana ♥ andrea simone rosy e luca traverso ♥ laura maya milo umberto occoffer ♥mauro buratti ♥marco tuffi ♥ gianmarco pappalardo ♥ barbara castiglioni ♥ paola castiglioni ♥ francesca colombo ♥ barbara lanzillo ♥jenny e franco manzocchi ♥ lorenzo e alice vigorito ♥ greta spoladore ♥ titì fiorini ♥ elisa e pierfranco crosti ♥ emma e francesco cometto ♥ valentina russello ♥ alberto viganò ♥ chiara e goffredo bonasi ♥ paola masini ♥giuseppe bruno ♥ patrizia sevieri ♥walter roffinoli ♥ anna dall’osso ♥ raimondo gissara ♥ heather yang ♥ davide rossi ♥ edoardo sheila mauri bini ♥monica marini ♥ katia tumidei ♥ cicci carini ♥ sarah nocita ♥ giulia utili♥ chiara utili ♥ elena casadei ♥monica burdese ♥ alberto bruno ♥ emma e marco bruno ♥ alessandro bruno ♥ alessandro febbi ♥ alberto lazzaretti ♥ virgilio beltrando ♥ barbara boffa ♥ giorgio bertolo ♥ daniele allocco ♥franca miretti ♥ loris genesio ♥ giorgia morra ♥marco 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anselmi ♥manuela bocco ♥ federico barral ♥ danilo coglianese ♥ andrea gucciardi ♥ alberto ornago ♥ gianfranco tonoli ♥adriano tirelli ♥ benedetta maiocchi ♥ jennifer minasi ♥ lavinia basso ♥ marco carillo ♥ silvia acrocece ♥ sergio solero ♥ stefania bertelli ♥ riccardo chiesa e valentina ardone ♥ massimo rossi ♥ nicoletta salvia ♥ brunadell’agnese ♥matteo finassi ♥ enrico colpani ♥ andrea ciocca ♥ felice rizzi ♥ sofia sabrina e mirco nacoti ♥ vanni maggioni ♥ cristian ferrari ♥ elena besola ♥ elisabetta ferrario ♥ paola tocco ♥ raffaella gentilini ♥ giuseppegoisis ♥ nicola cazzalini ♥ fiorella corona ♥ alberto benigni ♥ fedele salvo ♥ giusi conti ♥ angelo minali ♥ paola di bello ♥manuela rinaldi ♥ guia berni ♥ roberta carpani ♥ andrea bristot ♥margherita tommaso pamela edavide agrati ♥ marco irene e marina mazzola ♥ giovanna depascalis ♥ veronica pitea matteo e giorgio gaddi ♥ andrea e greta negrinelli ♥ sara bossi ♥ ilaria bartolozzi ♥ massimo frida e margherita rebotti ♥ agostinainvernizzi ♥ giuseppe stefano e rachele fiore ♥ lilly alice ruby rhiannon ♥ alexandra rauter ♥ claudio covini ♥ max covini ♥ andrea marchetti ♥ alessandro marchetti ♥ maria borrelli ♥ davide volpi ♥ emma biraghi ♥giacomo lotti ♥ veronica chiara e stefano digiuni ♥ rosy volpi ♥ camilla francesco mascia michele panichi ♥ nadia paloma ♥ davide tassoni ♥ diana d’alterio ♥ diego tassoni ♥ ginevra volpi ♥ eva de luca ♥ pilar del aguila ♥rosanna travaglino ♥ upe e andrius gedgaudas ♥ alessandro frezza ♥ daniele bizzozero ♥ donato ferro ♥ fabio brancaglion ♥ fabrizio cucchi ♥ fabrizio pedrizzi ♥ franco angelini ♥ giorgio guccini ♥ leonardo brunetti ♥ lucastrinschi ♥ marco benvenuti ♥ marco camporiondo ♥ melinda frezza ♥ michele perego ♥ paolo gibertini ♥ mary pantano ♥ annamaria e mauro fumagalli ♥ ivan e luca olivieri ♥ elena pozzi ♥ luca musso ♥ gianalbertozanoletti ♥ roberta lamperti ♥ andrea lamacchia ♥ clara conti ♥ fabrizio carbone ♥ federica savorani ♥ letizia anna maria santagata ♥ chiara palmieri ♥ roberta martini ♥ lorenzo d’aprile ♥ francesca casella ♥ sara fumagalli♥ roberto donati ♥ daniela rocco ♥ diego rossi ♥ valentina kovacic ♥ dario inglese ♥ chiara forgillo ♥ chiara schimd ♥mauro favagrossa ♥ gherardo e luigi poli ♥ giovanna zanimacchia ♥ ivan laura martina provini ♥ francescavicoli ♥ gabriella fulvi ♥ anna claudio e noemi negri ♥matteo e giulia strigiotti ♥ simona dinetta ♥ luca strigiotti ♥ carmen patrizia grosso ♥ paolo artini ♥ sara baschetti ♥ francesca paltenghi ♥ sara falconi ♥ alastair farrugia♥ dionysius mintoff ♥ stefania colli ♥monica neuburger ♥ valentina raguso ♥massimo tuffi ♥ federica biasin ♥ ginestra ferraro ♥marco zanotti ♥ luca del bo ♥ edgardo sivieri ♥mariachiara merlano ♥marco esposito ♥ enniosantini ♥ umberto ambrosetti ♥ alberto scotti ♥ teresa masi ♥ emanuela domenichetti ♥ viviana gaglione ♥ valentina salviato ♥ chiara veronesi ♥ alberto dolci ♥ tashi namgyal ♥ liana stiavelli ♥ filippo del bo ♥marco marcato♥ loredana vergani ♥ donata berger ♥ edoardo e alessandro ciotta ♥ tommaso e matilde borghetto ♥ mauro strumendo ♥ annalisa tiranti ♥ sabina antonini ♥ annalisa rossi ♥ paola di bello ♥ bartolomeo carbone ♥margherita ghilardi ♥ simone brogi ♥ anna carbone ♥ diego giorgio e federico rallo e gli altri isolani ♥ gli angeli del fango ♥ guido giannelli ♥ stella perico ♥ silvia rucco ♥ barbara ballardin ♥ parrocchia san marcellinolausdomini ♥ alma center servizi medicali mariglianella ♥ laboratorio analisi alma center mariglianella ♥ farmacia dr. ettore vivo e collaboratori ♥ classe 5B a.s. 2011/2012 liceo scientifico colombo marigliano ♥ fabianabresciani ♥ paola falasca ♥ michael rainer ♥ ufficio acquisti BMW ♥ paolo e ida pogutz ♥ laura e pierceleste abbondanza ♥ marco e monica enriotti ♥ mila monti ♥ fabio iannuzzi ♥ max e cristina maresca ♥ momo eantonio clerici ♥ marco e diana finzi ♥ fedrico secondo ♥ massimo senatore ♥ cristiana lattuada ♥ fabio fiandanese ♥ mariangela del vecchio ♥ paola anzini ♥ laura ghio ♥ fabio belloni e silvia domante ♥ ass. teatrino alrovescio ♥ ufficio fiscale BMW ♥ vittorio milano ♥ francesca ugo ♥ francesca capurro ♥ andrea ferrari ♥ luca cervieri ♥ luca battiloro ♥ giuseppe rovito ♥ francesco martino ♥ paola granata ♥ jennifer minasi ♥ lauragobbini ♥ francesca sudati ♥ stefano ronzoni ♥massimiliano chizzali ♥ silvana terrini ♥ sara ioannes ♥ eliesabetta cremonesi ♥ roberto guglierminotti ♥ rosalba dinapoli ♥ angela sansone ♥ stefania bonafè ♥ ilaria zappelli♥ compagnia teatrale scarti ♥ yolene e leyla surena ♥ pauline zwaans ♥ sergio dell’anna ♥ gillian turnbull ♥ dana van alphen ♥ sergio virdis ♥ josy bizimana ♥ francesca lamanna ♥manuela e tommaso albinati ♥ luca danielae alice chiapparino ♥ carmine e tiziana perna ♥ pietro spigai ♥ claudia e enrico guglielmucci ♥maria grazia manca ♥maria roberta lucchesini ♥ s.g. coop. soc. onlus ♥ aldo vivo e maria sena ♥ gaetano vivo ♥ giovanni cassani♥world bank haiti country office port-au-prince haiti ♥ CLASSE 3A SCUOLA LUIGI GALVANI: azzam nouram bautista daniela caldito angela caravaggi elena carbonari stephane chica anamichel cigolini chiara donati tommasodufour luca guzzo carola mangini davide martinez alejandro paone milo riodil alessandro russo leonardo servadio caterina testa matilde enrico mariotti kathrin jean martinez ♥ CLASSE 3B SCUOLA LUIGI GALVANI: arrigoniedoardo biraghi emma bernard anna delia iusi bianchi edoardo carminati carlo cigolini davide ettore dini marina fedeli audrey finch geraldy franco noayla essai maria giovanna lastrico onorato sara romeo alessandro re ilariayael adriano tomasetta filippo pesenti ♥ CLASSE 3C SCUOLA LUIGI GALVANI: dennis alexander martinez mejia rocco calza alexia clavel moreno vincenzo cortese ettore d’adda carlotta gatti giulia gonzales aguinaldo navkirarkaur simone licata viola lombardini emanuel magni alessandro mauriello noureldin mohamed azzam camilla papagni edoardo randazzo duvindu ransika hetti arachige perera alessandro rinaldi davide romeo deborarosmarino pietro sarzi braga nina velardi ♥ CLASSE 4B SCUOLA DUCA DEGLI ABRUZZI: alyssa amedeo anna beatrice chiara g. chiara s. daira elisa giacomo irene lorenzo m. lorenzo p. luca m. luca n. manuel marco f. marco s.marta matteo nicola rebecca sabrina susanna tommaso ♥ SCUOLA GIANNI RODARI MAZZO DI RHO CLASSE 2A: asia alessandra alessandro c. alessandro l. alice andrea awa beatrice emma federico filippo b. filippo g. gabrielegaetano lorenzo martina niccolò riccardo silvia stefan valentina ♥ sCUOLA GIANNI RODARI MAZZO DI RHO CLASSE 2B: aiello beatrice atanowski alessandro bignami camilla casati sara di noia teresa dovera mattia forcillo marcogaslini mattia gorgone samuele laficara simone limonta giorgio maglio lorenzo mangiapane francesca mansueto giada marabello giulia minniti silvia nasuali chiara procopio zoe sacchetti alessio sala elisabetta ♥ SCUOLA

GIANNI RODARI MAZZO DI RHO CLASSE 2C: giulia alessandra francesca sofia amir adam vasco tommaso francesco laura giovanni mattia chiara elena giorgia zelda valeria riccardo marco ♥ CLASSE 3C ISTITUTO ISEO: alessandroclarissa claudia daniel davide diego giulia giulietta gregorio greta ibrahim irene luca matteo ronaldo samuele susanna vlada maestra alessandra maestra milena ♥ CLASSE 4B SCUOLA BACONE: sara sofia alice fabiola andreacristiana camilla massimo tommaso ivaldi agnese alessandro eugenio tea niccolò marco laura jacopo tommaso villa benedetta ♥ CLASSE 1B SCUOLA BACONE: beatrice pietro chiara alessandro giorgio lapo lucia davide alessiagallo aurora mirna dennis everaldo sandy carlo francesca francesco alessia salerno giovanni edoardo ♥ SCUOLA PRIMARIA GEIS CLASSE 1: sofia maria lupo davide carla alberto lucrezia miriam cristina rita giorgio giusepperebecca maria chiara tommaso sofia alessandro lavinia chiara andrea gaia giulia alessandra emanuele sara alessandro leonardo edoardo silvia simone ♥ SCUOLA PRIMARIA GEIS CLASSE 2: edoardo giorgio beatrice miriam lauranicoletta eleonora andrea francesca giulia carlotta daniel davide filippo simone giada anastasia sofia alisia michele maria martina mauro sofia yasmine francesco sofia costanza sofia ♥ SCUOLA PRIMARIA GEIS CLASSE 3:maddalena giulia alessandro margherita elisa edoardo tommaso elisa tommaso beatrice michela federica letizia alice giulia letizia andrea beatrice federica martina margherita camilla beatrice mattia ♥ SCUOLA PRIMARIA

GEIS CLASSE 4: alessandro flavio francesca edoardo mathilda gioele martina rosalba chiara caterina david rocco alberto chiara maria andrea giulia regina sofia chiara emma sara ♥ SCUOLA PRIMARIA GEIS CLASSE 5: francescopietro carlo luigi francesca riccardo michelangelo chiara giulia gaia marinella riccardo alessandra chiara alessia christian gaia valerio luca edoardo patrick olivia sara simone giulio cristiano nicolo francesco marcello ♥

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I progetti sono sognicon delle scadenze.

I dieci progetti sostenuti negli scorsi anni hanno riguardato luoghi, realtà sociali e interventimolto diversi tra loro. Abbiamo affiancato volontari negli ospedali in Romania, contribuito acostruire scuole in Niger e case alloggio in Colombia, formato gruppi di donne Dalit in Nepal,favorito la frequenza della scuola materna a figli di madri sole a Milano, sostenuto lo scavo diserbatoi per l’acqua in Etiopia e la costituzione di una biblioteca medica multimediale in CostaD’Avorio, supportato l’attività di promozione della mozione ILO 169 in favore dei popoliincontattati, collaborato alla realizzazione di una radio a Malta che potesse tenere in contattoi migranti che dal sud del mediterraneo fanno rotta verso la speranza di una vita migliore,assicurato l’acquisto di una clinica mobile in Ladakh. Le grandi differenze tra i progettisostenuti sembrano sfumare di fronte al punto in comune che tutti questi interventi ci hannomostrato: l’entusiasmo, l’impegno, la dedizione che abbiamo trovato in tutte le persone che inquesti anni, attraverso il Librosolidale, hanno percorso un piccolo tratto di strada insieme a noi.Poi, naturalmente, la strada di ciascuna delle Associazioni che abbiamo affiancato èproseguita, e noi del Xmas Project ne seguiamo ancora l’evolversi, soltanto un po’ più dalontano ma con il piacere di aggiornarci a vicenda sullo stato dell’arte...

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2001-2011: una collana di solidarietà

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Les Cultures ci informa che la scuola di Assada è arrivata al suo decimo anno di attività.Dieci anni di impegno, difficoltà e soddisfazioni, dieci anni nel corso dei quali centinaia dibambini hanno affollato i locali della piccola scuola, unica opportunità di istruzione dellazona. Nel corso dell’anno scolastico 2010/2011, 56 ragazzi e 32 ragazze hannofrequentato i corsi ad Assada, seguiti da 3 insegnanti. Rispetto all’anno precedente si sonoiscritte 7 ragazze in più. L’anno si è concluso con il 75% di alunni promossi, un buonrisultato, visto l’elevato numero di bambini che sono costretti ad abbandonare gli studiper aiutare i genitori nel lavoro. Il 2011/2012 si prevede che riaprirà con 81 studenti.

L’Associazione Niños de los Andes ci fa sapere che la loro attività prosegue con l’impegnodi sempre. In particolare, l’obiettivo del programma “Centro di Emergenza” di casaAlbachiara continua a essere diretto alla difesa e riacquisizione dei diritti dei minori indifficoltà. Sono state create classi di arti creative per stimolare i loro interessi: karaoke efumetti per lo sviluppo delle attitudini artistiche, yoga per conoscere ed esternare i propripensieri ed emozioni attraverso la meditazione. Queste nuove strategie sono dirette alpotenziamento delle capacità individuali dei ragazzi e per dare priorità all'identificazionedelle rispettive aspirazioni e di conseguenza implementare i propri bagagli personali per unadeguato recupero psicosociale. Il proposito è stato quello di avvicinare i ragazzi alle nuovetecnologie per ridurre il dislivello rispetto ai ragazzi con maggiori possibilità economicheche invece si confrontano quotidianamente con tali tecnologie. Nel 2010, hanno presoparte al programma 1.671 bambini e adolescenti, con una media di ingresso mensile pari a73 unità. Il 36% dei partecipanti risulta d’età compresa tra 12 e 14 anni, il 29% tra i 15 e16 infine il 23% tra 17 e 18. Nel 100% dei partecipanti si rileva dipendenza da sostanzestupefacenti e di vissuto in strada. Si sono riscontrati 209 casi che hanno subito precedentiabusi sessuali e 234 casi di maltrattamento fisico, altri 679 casi con precedenti in spaccio edistribuzione di sostanze stupefacenti. L’associazione Fedo prosegue la sua opera in Nepal,lavorando attraverso l’ufficio centrale di Kathmandu in collegamento con le attività didistretto estese su tutto il territorio nazionale, attraverso la presenza attiva in un distretto diognuna delle 5 regioni del Paese. Il lavoro parte dai villaggi, lavorando direttamente condonne dalit, fornendo loro strumenti di base, quale l’afabetizzazione, formazioneprofessionale per piccole attività commerciali e microcredito. Le attività nei villaggiprevedono sempre formazione di operatori sanitari che possano intervenire o che diventinoquel ponte per l’accesso ai servizi sanitari già esistenti. C’è un sostegno alle donne chehanno subito violenza sessuale o che hanno perso le tracce di familiari durate gli anni dellaGuerra civile. Nelle comunità Fedo lavora per la promozione e la promozione dellapartecipazione alla trasformazione sociale, sostenendo le donne ad essere loro stesse capacidi rivendicare i loro diritti di essere attive nella comunità. I leader di villaggio hanno incontricon i rappresentanti distrettuali che a loro volta si confrontano a livello regionale perarrivare all’ufficio centrale, a Kathmandu. Fedo, attraverso le sue rappresentanti, è presentedal 2008 in una delle commissioni di stesura della nuova Assemblea Costituente,promuovendo i diritti delle donne contro la discriminazione di casta e di genere.L’esperienza del Nido Giramondo, anche dopo la sua conclusione, ha lasciato una profondatraccia in tutte le persone che avevano partecipato alla sua realizzazione, tanto che una nuova

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realtà è stata recentemente avviata: il nuovo nido si chiama “Il Nostro Giramondo”, epromette la stessa qualità e la stessa cura del precedente. Omo ci comunica, attraverso i propri corrispondenti dall’Etiopia, che quest'anno ilCorno d'Africa è stato oggetto di una grave siccità, che ha colpito in misura variabilela Somalia, l'Eritrea e l'Etiopia. La zona di Gongode non è stata risparmiata, sebbeneper quelle comunità non sia un fatto nuovo. Comunque tutte le opere di ingegneriaidrica sono funzionanti ed in buono stato. I sistemi di raccolta di acqua piovanahanno lavorato poco, proprio in virtù dell'estrema scarsità di piogge. I pozzi invececontinuano a fornire acqua potabile e ora più che mai sono stati decisivi per la vitadelle comunità Maale che abitano la zona. Nel corso dell'anno sono stati effettuateattività di manutenzione ordinaria che hanno interessato 3 pompe a mano, sono statisostituiti dei pezzi danneggiati dall'usura ed i costi sono stati coperti con fondi dellaCatholic Church. Dagli amici di Sguazzi abbiamo la conferma che la biblioteca multimediale di Man èfunzionante e operativa ha consolidato il suo ruolo di polo per la comunicazione nella cittàdi Man. Ciò sta continuando a permettere la formazione di medici in loco, nonché laconsulenza, sui casi di maggiore complessità, di specialisti italiani. Il comitato della biblioteca(ACIM) è attivo e sta pianificando alcuni progetti di telemedicina in ambito cardiologico, incollaborazione con l'università di Abidjan (capitale della Costa d'Avorio e unica città con uncentro cardiologico). La collaborazione tra Sguazzi e ACIM continua con riunioni periodichesu Skype e il parziale finanziamento del progetto. Sguazzi, per il 2012, si propone disostenere parte del progetto di telemedicina. Il contatto con Survival ci ha permesso di sapere che il lavoro di lancio mediatico dellacampagna per gli Incontattati è finalmente entrato nella sua piena fase operativa. La sede diLondra ha realizzato un intero sub-sito web sulla campagna (www.uncontactedtribes.org), chepresto sarà disponibile online anche in lingua italiana. Il lancio della campagna ha datosubito dei frutti: le autorità peruviane hanno smesso di dire che le tribù incontattate nonesistono (sostenevano fossero una nostra invenzione, come la leggenda del mostro di LochNess), e hanno addirittura lanciato un piano di protezione in collaborazione con il Brasile.Per quanto riguarda la legge ILO 169, è stata depositata una mozione bipartisan firmataquasi all'unanimità dalla commissione diritti umani del senato. Ora attende solo di esseremessa ai voti, e ciò costituisce un grosso successo. Ma con il clima politico attuale, non èpossibile prevederne i tempi di approvazione. Il progetto PeaceLab sta infine proseguendo nei suoi intenti, pur con alcune difficoltà legateal passaggio al sistema digitale effettuato a Malta, che costringe gli operatori ad acquistarespazi per la messa in onda da altre stazioni radio maltesi. La questione dei flussi di migrantiprovenienti da Paesi in guerra è quantomai attuale soprattutto dopo i recenti avvenimentiaccorsi nei Paesi del Nord Africa. E ci riguarda da vicino! Sul tema vi segnaliamo un interessante reportage edito da Repubblica.it che trovateall'indirizzo web http://inchieste.repubblica.it/ in cui si racconta come l'Italia sta affrontandol'accoglienza dei profughi sbarcati sulle coste Italiane nei mesi scorsi e provenienti dallaLibia. Non abbassiamo la guardia e restiamo informati!

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Il Ladakh, regione himalaiana dell’India, è estremamente montagnosa, e gli insediamentiumani sono raggruppati in villaggi e piccoli paesi, distanti tra loro e caratterizzati dacollegamenti non sempre agili. Spesso le persone con problemi di salute o affette da infermitànon vengono nemmeno portate all’ospedale. Per questo motivo, Ascolta e Vivi si è attivata perla realizzazione di un’unità mobile di diagnosi della sordità, che possa raggiungere gliinsediamenti più remoti.

Con l’avvento della clinica mobile, operativa da Agosto 2011, si realizza l’idea diraggiungere l’intera area del Ladakh per effettuare lo screening neonatale e esamiaudiometrici per la popolazione. Questo passo contribuisce ulteriormente a rendere l’unità diotorinolaringoiatria dell’SNM Hospital di Leh un polo di riferimento per l’intera area. Il veicoloè equipaggiato con la strumentazione necessaria allo screening dell’udito e a una visita pervalutare la salute dell’orecchio. All’interno sono previsti tre file di sedili per il personalepreposto, più un posto letto per il paziente. Adiacente al posto guida è stata posta una cabinainsonorizzata con pannelli fono isolanti. Dispone inoltre di un piccolo lavabo interno per iservizi di pulizia ed igiene. Sul mezzo è collocata inoltre una piccola unità di generazioneelettrica mobile.

L’ingegner Alberto Dolci – il volontario di Ascolta e Vivi che si è occupato della messa inopera del mezzo – ha studiato insieme al Dottor Namgyhal – medico otorinolaringoiatra ecoordinatore dell’unità – e al personale dell’ospedale un piano di utilizzo del veicolo.

Il Ladakh è percorso da 1800 chilometri di strade. Di queste solo 800 chilometri sonoasfaltati. Analizzando la cartina del Distretto di Leh, si distinguono cinque macrozone: a nordil Blocco di Nubra – piuttosto problematico con un valico situato a 5.700m e strade moltoimpervie; a nord-ovest il blocco di Kahltse, molto più accessibile rispetto al precedente; alcentro, il blocco di Leh, che include i dintorni della capitale con con i suoi villaggi; a sud-est ilblocco di Durbuk, di semplice raggiungimento; a sud di Leh, il blocco di Nyoma con unastrada in altitudine piuttosto impervia. Ciascun blocco è dotato di uno scarno distrettosanitario di riferimento. L’obiettivo del progetto è raggiungere, ogni due mesi di escursionecon il mezzo mobile, ciascuno dei cinque blocchi, transitando nei vicini villaggi e operandoscreening uditivi.

Nel Ladakh, secondo le stime del servizio sanitario, il 50% dei neonati confluisce all’ospedaledi Leh. Il restante 50% fa capo ai distretti sanitari operanti in ciascuno dei cinque blocchi, cheperò sono privi di qualunque struttura di monitoraggio per il controllo neonatale. Le escursionidel mezzo mobile prevedono la presenza del guidatore, di un assistente infermieristico generico,di un tecnico audioprotesista, oltre al personale medico (più un eventuale altro tecnico di unaltro reparto: oculistica, cardiologia e altri, secondo l’accordo per il quale si prevede che ilmezzo venga utilizzato in supporto anche di altri reparti dell’ospedale di Leh).

È inoltre in fase di completamento un booklet informativo, contenente indicazioni circa lasalute dell’orecchio. Il testo è presentato in inglese e ladakho, lingua locale.

Tutto ciò è stato possibile anche grazie al ricavato della vendita del Librosolidale realizzatonel 2010 da Xmas Project. Grazie ancora per aver scelto Ascolta e Vivi e per il vostro contributo!

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Xmas Project 2012? In primavera la scelta.

Segnalateci i vostri progetti.

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Da qualche anno abbiamo inserito, in questa parte finale del Librosolidale, un piccolo grandecambiamento: non trovate infatti nessuna anticipazione sul progetto del prossimo Natale.Abbiamo deciso di rinviare la nostra scelta in primavera, perché desideriamo ampliare le nostrepossibilità di intervento: vogliamo infatti dare modo a tutti voi di segnalarci iniziative che riteneteinteressanti o di indirizzare verso di noi eventuali associazioni con le quali siete in contatto.Ecco i criteri che ci hanno sempre ispirato nelle nostre scelte e con i quali verranno valutate lefuture proposte.

Un progetto “finito”: scegliamo progetti il più possibile delineati e dettagliati, conobiettivi chiari, anche se piccoli, un budget definito e un tempo di realizzazione certo.

Un progetto “rispettoso”: appoggiamo progetti richiesti e voluti da chi ne beneficerà,o da chi opera direttamente sul campo. Pur gradite e necessarie tutte le associazioni “tramite”,ci piace alla fine arrivare ad aiutare un partner locale, che esprima un proprio progetto e il biso-gno di finanziarlo.

Un progetto “sostenibile”: diciamo intorno ai 30.000 euro. Questa è la nostra poten-zialità, quindi meglio tenerne conto. Ci piace avere un budget preciso e dettagliato del proget-to. A preventivo e poi a consuntivo.

Un progetto “diverso”: desideriamo che la nostra piccola collana di libri ci aiuti anche ascoprire la varietà del mondo. Ci piace immaginare dei Librisolidali che ci portino di anno inanno ad avvicinare luoghi e problematiche differenti.

Altre cose che ci piacciono: ci piacciono le piccole associazioni che hanno progetti serie interessanti, ma un po’ meno strade aperte per finanziarli. Ci sembra più utile portare ilnostro piccolo contributo là dove non ci sono grandi possibilità di finanziamento. Ci piaccionole associazioni ben organizzate, quelle disponibili e desiderose di contribuire attivamente alladiffusione del Xmas Project.

Segnalateci dunque i vostri progetti, segnalateci alle associazioni che li portano avanti. Ricordatevi che dovrà essere realizzato nel 2013, anno in cui noi potremo finanziarlo. Sarà il protagonista del Librosolidale 2012/13.

All’interno della copertina di questo libro, trovate tutti i dati per contattarci.

Appuntamento quindi in primavera per la scelta del progetto. Buon Natale a tutti voi!

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per la stampa del Librosolidale 2011

per il nostro sito www.xmasproject.org

per la rilegatura del Librosolidale 2011

Un grazie particolare a:

Gaetano Vivo e Giovanni Cassani che ci hanno guidato – il primo con il suo diario, il secondo con i suoi scatti – fino alle suorine di Port de Paix.Manuela Chiapparino per averci suggerito questo progetto e supportato nella stesura del libro.Francesco Giusti e le sue fotografie, immagini incredibili, davvero!Le équipe di Capricorn ed Eurologos Milano per il supporto grafico e il lavoro sui testi.Paola Scodeggio e Gianluca Sanvito per l’insostituibile “aiuto contabile”. Claudia Taddei per il prezioso lavoro di distribuzione libri.Tutti gli amici e le associazioni dei vecchi progetti che hanno contribuito alla realizzazione di questa Collana di solidarietà.

Tutti coloro che credono in questo progetto.

Realizzazione grafica: Jacopo Dalai & Matteo FioriniStampato a Milano, Novembre 2011

È consentita la diffusione parziale o totale dell’opera e la sua diffusione in via telematica a uso personale dei lettori, purché non sia a scopo di lucro.

Xmas Project ringrazia:

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Dedicato a chi cade.

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È il regalo che vogliamo

farci quest’anno a Natale.

E che abbiamo scelto di farci

per tutti i prossimi Natali...

L’Associazione Xmas Project

L’Associazione Xmas Project è nata nel settembre delDuemilauno. I soci sono Roberto Bernocchi, Dario Bertolesi,Elena Casadei, Francesca Castelnuovo, Francesca Colciaghi,Alberto Cometto, Maurizio e Stefano D’Adda, Jacopo Dalai,Claudio Elie, Matteo Fiorini, Filippo Marconi, Benedetta Nocita,Sarah Nocita, Sara Panizza, Renato Plati, Viviana Sprefico.ll Gruppo Media, azienda di arti grafiche, e Beecreative, Web Agency, sono partner del progetto.

Per contattare l’Associazione e partecipare al progetto:

Associazione Xmas Project ONLUSVia Luigi Settembrini, 4620124 MilanoFax: 02 700 308 [email protected]

@xmas_project XmasProjectOnlus

www.xmasproject.org

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Il Librosolidale

Il libro che state tenendo in mano è un libro speciale. È un“Librosolidale”. Non è in vendita, ma se lo desiderate, potetecontribuire a crearlo, a diffonderlo e soprattutto a finanziarlo.

Il Librosolidale è il frutto dell’impegno di molti. Questi moltisono il Xmas Project. Un’Associazione costituita per daresostanza e realtà a microprogetti di solidarietà, in giro per ilmondo, là dove c’è del bisogno.

Chi vuole sostenere il progetto, e quindi aderire al XmasProject, prenota una certa quantità di Librisolidali e versa uncontributo proporzionale alle copie ricevute. Potrà così utiliz-zare i libri come doni, in occasione del Natale, trasformandoliin ambasciatori del progetto stesso.

Non solo: questi doni saranno particolari, perché conterannoqualcosa di “proprio”. Perché chi aderisce al Xmas Project con-tribuisce in prima persona alla costruzione del Librosolidale,fornendo un proprio contributo: una foto, uno scritto, unapoesia, piuttosto che semplicemente la propria firma. Se avetericevuto questo libro in dono da qualcuno, sfogliatelo: vi tro-verete un suo segno.

L’aspirazione, di Natale in Natale, è quella di costituire unaCollana di solidarietà. Contattateci: è questo il regalo cheanche voi potete donare e donarvi il prossimo Natale.

Xmas Project 2011

Port-de-Paix, Haiti, Mar dei Caraibi, America Centrale.Posizionato sul bordo della faglia Caraibica e sulla rotta degliuragani e delle tempeste tropicali che periodicamente flagellanoi Caraibi, Haiti è il paese più povero delle Americhe. Il 12 gennaio 2010 un potente terremoto si è abbattuto sullacapitale e la zona sud dell’isola, provocando oltre 250milamorti. Un numero enorme di vittime segno di un profondosottosviluppo economico e della mancanza di ogni politica diprevenzione. A nord ovest, a 250 km dalla capitale, in una zonadi estrema frontiera e povertà, opera una piccola comunità disuore Lasalliane in una casa accoglienza per oltre 100 bambinihaitiani. Un punto di riferimento per la popolazione localepriva di sostegno pubblico, un rifugio prezioso per tanti bambinitraumatizzati e sopravissuti al terremoto. Xmas Project ha sceltodi sostenere la comunità delle sorelle Lasalliane: assistenzamedica ai bambini, vaccinazioni, integratori alimentari, supportopsicologico e anche un forno, per la panificazione.