libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten...

24
ArNoS ARCHIVIO NORMANNO-SVEVO Testi e studi sul mondo euromediterraneo dei secoli XI-XIII del Centro Europeo di Studi Normanni Texts and Studies in Euro-Mediterranean World during XIth-XIIIth Centuries of Centro Europeo di Studi Normanni 2 2009 Miscellanea Giovanni Orlandi Autori, redazioni, trasmissioni, ricezione. I problemi editoriali delle raccolte di dictamina di epoca sveva e dell'epistolario di Pier della Vigna FULVIO DELLE DONNE Estratto

Transcript of libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten...

Page 1: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

ArNoS

ARCHIVIO NORMANNO-SVEVO Testi e studi sul mondo euromediterraneo dei secoli XI-XIII

del Centro Europeo di Studi Normanni

Texts and Studies in Euro-Mediterranean World during XIth-XIIIth Centuries

of Centro Europeo di Studi Normanni

2

2009

Miscellanea Giovanni Orlandi

Autori, redazioni, trasmissioni, ricezione.I problemi editoriali delle raccolte di dictamina di epoca sveva e dell'epistolario di Pier della Vigna

FULVIO DELLE DONNE

Estratto

Page 2: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

Finito di stampare nel dicembre 2010

ArNoS ARCHIVIO NORMANNO-SVEVO

Testi e studi sul mondo euromediterraneo dei secoli XI-XIII del Centro Europeo di Studi Normanni

COMITATO SCIENTIFICO G. Arnaldi, Th. Asbridge, P. Bouet, M. Caravale, G. Coppola, M. D’Onofrio, H. Enzensberger, S. Fodale, C.D. Fonseca, J. France, G. Galasso, V. Gazeau, E.C. van Houts, Th. Kölzer, C. Leonardi (†), O. Limone, G.A. Loud, J.M. Martin, E. Mazzarese Fardella, F. Neveux, M. Oldoni, A. Paravicini Bagliani, A. Romano, V. Sivo, W. Stürner, A.L. Trombetti, H. Takayama, S. Tramontana REDAZIONE L. Russo, T. De Angelis COMITATO DI DIREZIONE A. Cernigliaro, E. Cuozzo, E. D’Angelo, O. Zecchino Editrice Il Girasole Napoli [email protected]

ArNoS 2 (2009)

Page 3: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

7

1 Sulla sua vita cfr. soprattutto J.L.A. HUILLARD-BRÉHOLLES, Vie et correspondancede Pierre de la Vigne, Paris 1865; H.M. SCHALLER, Della Vigna Pietro, in Dizio-nario Biografico degli Italiani, XXXVII, Roma 1989, pp. 776-784; F. DELLE

DONNE, Nobiltà minore e amministrazione nel Regno di Federico II. Sulle originie sui genitori di Pier della Vigna, «Archivio Storico per le Province Napoletane»116, 1998, pp. 1-9.

AUTORI, REDAZIONI, TRASMISSIONI, RICEZIONE.I PROBLEMI EDITORIALI DELLE RACCOLTE DI DICTAMINA DIEPOCA SVEVA E DELL’EPISTOLARIO DI PIER DELLA VIGNA

FULVIO DELLE DONNE

Tra le fonti relative all’età di Federico II di Svevia e dei suoi successorial trono del Regno di Sicilia, un ruolo di preminente importanza va attri-buito, senz’alcun dubbio, all’epistolario di Pier della Vigna, in quanto per-mette di approfondire la conoscenza e la comprensione di quell’epoca nonsolo dal punto di vista istituzionale, amministrativo o politico-ideologico,ma anche da quello culturale e letterario. Tuttavia, le conoscenze che si pos-sono rica vare dai testi che esso contiene sono rese piuttosto problematichedalla loro stessa natura, ovvero dal fatto che, concepiti originariamentecome epistolae di tipo ufficiale o privato, sono stati successivamente tra-sformati in dicta mina, ovvero in modelli esemplificativi di tipo retorico-formale o argomen tativo-politico, e quindi decontestualizzati e spessoprivati degli iniziali rife rimenti più contingenti. Infatti, l’epistolario di Pierdella Vigna, o meglio il cosiddetto epistolario di Pier della Vigna contienecirca 550 dictamina tra manifesti, mandati, epistole e documenti di vario ge-nere risalenti al periodo che va dal 1198 al 1264 e oltre: molti di essi, dun-que, sicuramente non po tettero essere scritti dal dictator capuano, chedovette entrare a far parte della cancelleria federiciana intorno al 1220 emorì all’inizio del 12491.

L’epistolario è tramandato, innanzitutto, da circa 125 codici che, in variomodo, raccolgono il materiale in maniera sistematica, nonché da altri 30, al-

Page 4: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

8

2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe-trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters» 12, 1956, pp.114-159 (ristampato in H.M.S., Stauferzeit. Ausgewählte Aufsätze, Hannover 1993,pp. 225-270); H.M. SCHALLER, L’epistolario di Pier della Vigna, in Politica e cul-tura nell’Italia di Federico II, cur. S. Gensini, Pisa 1986, pp. 95-111 (ristampato intedesco in SCHALLER, Stauferzeit, pp. 463-478). H.M. SCHALLER, Handschriften-verzeichnis zur Briefsammlung des Petrus de Vinea, Hannover 2002, descrive, intotale, 246 manoscritti.3 La prima edizione (contenente solo 33 lettere del libro I) venne stampata a Ha-genau nel 1529, ed. Johannes Setzer (Secerius). Altre edizioni, complete, furonostampate a Basilea nel 1566, stampatore Paul Queck (Paulus Quecus), editoreSimon Schard (Schardius); ad Amberg nel 1609, stampatore Johannes Schönfeld,editore (probabilmente) Melchior Goldast; a Basilea nel 1740, editore Johann Ru-dolf Iselin (Iselius; ristampa anastatica con introduzione di H. M. Schaller, Hilde-sheim 1991).4 Cfr. SCHALLER, Zur Entstehung, passim; SCHALLER, L’epistolario, pp. 103-105.

l’incirca, che hanno la forma di frammenti e florilegi estratti da raccolte or-dinate. Accanto a questo tipo di tradizione si pone quella non sistematica(o, più semplicemente, “stravagante”), attestata da un’altra trentina di mano -scritti, nonché da altri 80, circa, che riportano lettere singole spesso noncomprese nelle raccolte sistematiche. Altri 50 manoscritti, circa, sono infineandati dispersi o distrutti in epoca moderna2.

Il motivo per cui le lettere di Pier della Vigna abbiano goduto, antica -mente, di tanta fortuna, non solo manoscritta ma anche a stampa3, risiedenon solo nel loro significato politico e quindi storico, ma anche e soprattuttonel loro particolare rilievo retorico. Non sappiamo, tuttavia, né quando, nédove l’epistolario sia stato riunito e redatto. I testi in esso contenuti presen -tano caratteristiche troppo varie per pensare che possano essere stati raccoltida destinatari, anch’essi, del resto, troppo numerosi. Le lettere, quindi,dove vano essere già inserite in registri o in quaderni, oppure dovettero es-sere riu nite da uno o più funzionari della cancelleria sveva, che, forse, di-sponevano di quel materiale per uso personale.

Il tentativo, o meglio i tentativi di raccogliere quei documenti in ma-niera più o meno sistematica, comunque, non dovettero necessariamenteavere luogo nella cancelleria del regno. Anzi, in base agli studi condotti daHans-Martin Schaller, l’ipotesi più probabile è proprio quella che un primolavoro di redazione e codificazione sistematica sia stato compiuto negli ul-timi de cenni del Duecento presso la curia papale4, e non tanto per studiaree disinnescare le armi della propaganda politica avversa, quanto per il loroalto valore retorico, se è vero, come sembra, che in quell’ambiente furono,con temporaneamente, raccolti anche altri epistolari di eminenti dictatores.Presso la curia papale, però, quel lavoro di redazione e di codificazione si -stematica non dovette essere condotto in maniera univoca e definitiva, dal

Page 5: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

9

5 Per i caratteri e per la composizione di questa redazione cfr. SCHALLER, Zur Ent-stehung, pp. 121-123, con l’elenco dei manoscritti; SCHALLER, L’epistolario, p.109, dice che i codici che contengono la raccolta grande in sei libri sono 12, senzaperò elencarli.6 SCHALLER, Zur Entstehung, pp. 129-131.7 SCHALLER, Zur Entstehung, pp. 130-132,8 SCHALLER, Zur Entstehung, p. 134. Per questa redazione, come anche per le altre,i manoscritti variano il contenuto in maniera più o meno sensibile, o per lacune mec-caniche, o per interventi attribuibili al copista o all’organizzatore della raccolta. 9 SCHALLER, Zur Entstehung, pp. 130-131; SCHALLER, L’epistolario, pp. 108-109.

momento che l’epistolario è giunto secondo quattro tipologie di redazionesistematica ben distinte: la «grande in sei libri» (M6), tramandata da 11 co-dici, che contiene un numero massimo di 477 lettere5; la «piccola in seilibri» (P6), che ha goduto della maggiore diffusione in quanto tramandatada circa 95 codici e che riporta in genere 366 lettere6; la «grande in cinquelibri» (M5), tramandata da 7 codici, che accoglie in genere 279 lettere7; la«piccola in cinque libri» (P5), tramandata da 3 codici, che riunisce in genere133 lettere8. Tutti questi gruppi sono naturalmente legati tra loro, ma non èancora chiaro il modo in cui essi si vennero a formare. Hans-Martin Schal-ler ha avanzato con cautela l’ipotesi che le redazioni in cinque libri siano lepiù antiche, e che la redazione “grande in sei libri” sia quella più recente,for matasi come un ampliamento della redazione “piccola in sei libri”, pursenza escludere del tutto il percorso inverso9.

Nelle raccolte in sei libri, le lettere di Pier della Vigna sono divise se-condo la seguente tipologie generale:

Libro I: lettere e manifesti di protesta e di polemica scritte in occasionedello scontro con il papato;

Libro II: lettere di narrazione di battaglie e di vittorie;Libro III: lettere sulla nascita dei figli dell’imperatore; commercio epi-

stolare, di argomento privato, tra Pier della Vigna e l’arcivescovo di Capua;elogi di Federico e di Pier della Vigna; lettere sullo Studium di Napoli; esor-tazioni alla fedeltà verso l’imperatore;

Libro IV: lettere consolatorie;Libro V: lettere e mandati relativi a problemi amministrativi;Libro VI: privilegi ed esordi di privilegi.In quest’organizzazione, spicca il fatto che il quarto libro è dedicato alle

consolationes, così come nell’epistolario di Tommaso di Capua, a cui quellodi Pier della Vigna, come vedremo ancora, è strettamente legato. Per cui sipuò ipotizzare che l’epistolario di Pier della Vigna fosse stato strutturatoini zialmente in cinque libri, e che poi, su imitazione di quello di Tommasodi Capua, siano state scorporate dal terzo libro e, con l’aggiunta di altre let-tere, sia stato creato un libro specificamente dedicato a quel tipo di testi,

Page 6: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

10

10 Sulle consolationes mi si consenta il rimando a F. DELLE DONNE, Le consolatio-nes del IV libro dell’epistolario di Pier della Vigna, «Vichiana» 4, 1993, pp. 268-290.11 Cfr. SCHALLER, L’epistolario, p. 107, H.M. SCHALLER, Einführung alla ristampaanastatica (Hildesheim 1991) dell’edizione Iselin (Iselius) dell’epistolario di Pierdella Vigna (Basilea 1740), p. X, dove si ipotizza che la divisione in sei libri possarimandare allo schema di organizzazione del Corpus iuris canonici (cinque libri diDecretales e Liber sextus).12 Cfr. SCHALLER, Zur Entstehung, p. 147; SCHALLER, L’epistolario, pp. 103-105.L’ipotesi è ricordata e ampiamente ridiscussa anche in B. GRÉVIN, Rhétorique dupouvoir médiéval. Les Lettres de Pierre de la Vigne et la formation du langage po-litique européen XIIIe-XIVe siècle, Roma 2008, pp. 65-120.13 Cfr. NICOLA DA ROCCA, Epistolae, ed. F. Delle Donne, Firenze 2003, pp. LXXX-LXXXII; F. DELLE DONNE, Una costellazione di epistolari del XIII secolo: Tom-maso di Capua, Pier della Vigna, Nicola da Rocca, «Filologia Mediolatina» 11,2004, pp. 143-159.

molto importanti per i dictatores dell’epoca10; infine, che a quel nuovo librosia stato attribuito, per omologia con il modello o per comodità di ricercadelle epistole che interessavano, lo stesso numero d’ordine che aveva nel-l’epistolario di Tommaso di Capua11.

L’operazione di costituzione di questi epistolari dovette, in ogni caso,du rare diversi decenni, e c’è da credere che essi arrivarono alla loro piùampia diffusione solo quando vennero impiegati come strumenti finalizzatiall’insegnamento e alla trasmissione delle tecniche retoriche: quindi inun’epoca anche molto successiva a quella in cui vissero gli autori a cui lelettere venivano attribuite. Questa circostanza, per un verso, spiega il fattoche la tradizione dell’epistolario di Pier della Vigna si confonde e si inter -seca con quella degli epistolari di altri dictatores, come Tommaso di Capua,oppure Trasmondo, Pietro di Blois, Riccardo da Pofi e Nicola da Rocca:non di rado, infatti, le epistole di uno si trovano nell’epistolario dell’altro.Ma, per un altro verso, rende plausibile l’ipotesi che tutti quegli epistolarifurono raccolti nello stesso luogo e forse anche dalla stessa persona: comegià detto, non è possibile pensare che siano state raccolte dai destinatari let-tere tanto varie e scritte nell’arco di molti decenni; e non possono esserestate raccolte, ovviamente, nemmeno dai mittenti, perché non avrebberoconfuso le proprie lettere con quelle scritte da altri. Molto probabilmentequel luogo – come già detto – fu la curia papale. Schaller propone l’ipotesiche a compiere quel la voro di raccolta sia stato Nicola da Rocca, dal mo-mento che, dopo aver lavo rato presso la cancelleria sveva, fino a pochi annifa si riteneva che negli anni successivi al 1266 avesse offerto i propri ser-vigi presso la curia pa pale12. La lettura completa e approfondita delle letteredi Nicola da Rocca, tuttavia, ha permesso di correggere quell’ipotesi13. In-fatti, ci furono due Nicola da Rocca (zio e nipote) e non fu Nicola da Roccasenior, notaio della cancelleria sveva, a operare presso la curia papale, mail suo omonimo ni pote, che è attestato come cappellano del cardinale Si-

Page 7: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

11

14 Cfr. NICOLA DA ROCCA, Epistolae, p. XX, e le lettere 57, 76, 77, 83 e 84.15 Cfr. soprattutto P. SAMBIN, Un certame dettatorio tra due notai pontifici, Roma1955; ma si vedano anche le lettere edite in NICOLA DA ROCCA, Epistolae, nn. 203e 214, e in Una silloge epistolare della seconda metà del XIII secolo. I dictaminaprovenienti dall’Italia meridionale del ms. Paris, Bibl. Nat., Lat. 8567, ed. F. DelleDonne, Firenze 2007, n. 182.16 Cfr. E. HELLER, Die Ars dictandi des Thomas von Capua, «Sitzungsberichte derHeidelberger Akademie der Wissenschaften. Phil.-hist. Kl.», 1929, pp. 7-8; H.M.SCHALLER, Studien zur Briefsammlung des Kardinals Thomas von Capua, «Deut-sches Archiv für Erforschung des Mittelalters» 21, 1965, pp. 407-410.17 Cfr. A. PARAVICINI BAGLIANI, I testamenti dei cardinali del Duecento, Roma1980, p. 17.18 G.B. LADNER, Formularbehelfe in der Kanzlei Kaiser Friedrichs II. und die‘Briefe des Petrus de Vinea’, «Mitteilungen des Instituts für Österreichische Ge-schichtsforschung. Ergänzungsband» 12, 1933, pp. 92-198: 150-153, parla di unacollezione primitiva («Ur-Petrus de Vinea») ricavata sostanzialmente dai registri dicancelleria. Non è da escludere che alcune lettere abbiano quella origine, ma ri-sultano valide le obiezioni di SCHALLER, Zur Entstehung, pp. 118-120.19 Va considerato, a questo proposito, che la notizia più antica relativa a un mano -scritto contenente l’epistolario di Pier della Vigna è contenuta in un inventario deicodici posseduti da Pietro Peregrosso, camerario della Chiesa romana, morto nel1295: cfr. D. WILLIMAN, Bibliothèques ecclésiastiques au temps de la papautéd’Avignon, I, Inventaire de bibliothèques et mentions de livres dans les Archives duVatican (1287-1420), Paris 1980, p. 105; F. CENNI, Il valore del libro ‘vecchio’ aSiena nel XIII secolo: alcuni esempi e prime considerazioni, in Liber/Libra. Il mer -

mone Paltinerio di Monselice e che dovette lavorare anche al servizio delcardinale Giordano di Terracina14. Il cardinale Giordano di Terracina fu uninfluente vicencancelliere della curia pontificia e fu anche un illustre dic-tator15. Inol tre, Giordano di Terracina appare essere il presumibile racco-glitore delle lettere di Tommaso di Capua16. A questo punto, non appare deltutto pere grina l’idea che sia stato sempre Giordano di Terracina a organiz-zare la rac colta anche delle lettere di Pier della Vigna, che magari gli eranostate date da Nicola da Rocca senior o dal suo omonimo nipote: questo po-trebbe spiegare non solo la confusione tra le tradizioni degli epistolari diPier della Vigna e di Tommaso di Capua, ma anche il fatto che alcune let-tere di Nicola da Rocca siano confluite tanto nell’epistolario di Tommasodi Capua, quanto in quello di Pier della Vigna. In ogni caso, il raccoglitoredelle lettere di Pier della Vigna – come già visto – non dovette riuscire a ul-timare in maniera de finitiva il suo lavoro, dato che di quell’epistolario esi-stono ben quattro rac colte sistematiche di tipo diverso. E questo potrebbeforse essere dovuto alla morte del cardinale Giordano di Terracina, avvenutail 9 ottobre del 126917: circostanza che permetterebbe anche di datare, inmaniera più o meno ap prossimativa, una primitiva18 organizzazione reda-zionale19. Ma non è da escludere, tuttavia, che alcune riorganizzazioni del-

Page 8: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

12

cato del libro manoscritto nel medioevo italiano, cur. C. Tristano - F. Cenni, Roma2005, pp. 31-61, qui 53; inoltre, GRÉVIN, Rhétorique du pouvoir, pp. 108 e 555-556.I manoscritti datati di cui si ha attestazione sembrano, del resto, rimandare allacuria papale: Paris, BNF, lat. 4042, contenente la redazione M6 e databile, almenoper una sua parte (pur se non quella contenente l’epistolario di Pier della Vigna),al 1294 (cfr. SCHALLER, Handschriftenverzeichnis, n. 155, p. 233); Sankt Gallen,Stadtbibl., Vadian. Samml. 299, contenente la redazione M5 ed esemplato nel 1303dallo scriptor papale Nicola Campellensis de Fractis (cfr. SCHALLER,Handschriftenver zeichnis, n. 196, pp. 329-330); Paris, BNF, lat. 8563, contenentela redazione P6 e databile anteriormente al 1318 (cfr. SCHALLER, Handschriften-verzeichnis, n. 158, p. 237-238; GRÉVIN, Rhétorique du pouvoir, pp. 510 ss.).20 Cfr. SCHALLER, Zur Entstehung, pp. 124-129; SCHALLER, L’epistolario, pp. 109-110, dove viene avanzata l’ipotesi che la raccolta grande in sei libri sia stataorganiz zata presso l’università di Parigi. Su tale ipotesi, tuttavia, cfr. F. DELLE

l’epistolario siano state approntate anche in altri luoghi, diversi dalla curiapapale, e forse anche in ambito universitario, dove a quanto pare furonoesemplati alcuni manoscritti secondo la tecnica della pecia20.

Comprendere il modo in cui tali raccolte si andarono formando costitui -sce la premessa necessaria alla preparazione di un’edizione critica, che è lostrumento imprescindibile per ogni studio che tenti di esaminare non solola lingua e lo stile di uno dei rappresentanti più illustri dello stile epistolaredel XIII secolo, ma che voglia anche comprendere meglio lo svolgersi deglieventi di quel periodo. Si possono, infatti, riscontrare in ogni lettera del-l’epistolario di Pier della Vigna – allo stesso modo di altre raccolte di dic-tamina attribuite ai dictatores più famosi – differenze anche molto evi denti,di cui, spesso, non si può venire a capo ricostruendo uno stemma codi cumdi tipo tradizionale.

A parte il fatto che, comunque, nel caso di testi dalla tradizione molto va -ria e mobile, come quelli contenuti nelle raccolte di dictamina, risulta, difatto, impossibile ricostruire uno stemma codicum vero e proprio. E che, sepure si riuscisse a delineare le principali linee di trasmissione del testo, cisi troverebbe a un bivio in cui, se si seguisse una strada, solo con grandediffi coltà si riuscirebbe a ricongiungerla con l’altra. Ovvero, si dovrebbedeci dere se seguire la linea che fa capo all’originale inteso nel senso tradi-zionale del termine, oppure quella che fa capo alla ricezione del testo, cioèal testo che è stato generalmente letto, citato, imitato e riusato. Insomma,si do vrebbe decidere se attribuire al testo prevalentemente il significato difonte letteraria oppure quello di fonte storica. Il problema, però, consiste nelcapire e nello spiegare le differenze che ci si trova ad affrontare, quando sianalizza la tradizione di un testo. E per fare questo – data la natura e il con-tenuto dei documenti – bisogna riuscire a fondere insieme gli strumentidella ricerca filologica con quelli della ricerca storica, e incrociare i datiche ne risultano. Qualche esempio tratto dall’edizione dei documenti rela-

Page 9: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

13

DONNE, Un’inedita epistola sulla morte di Guglielmo de Luna, maestro presso loStudium di Napoli, e le traduzioni prodotte alla corte di Manfredi di Svevia, «Re-cherches de Théologie et Philosophie Médiévales» 74, 2007, pp. 225-245, qui 239.21 F. DELLE DONNE, «Per scientiarum haustum et seminarium doctrinarum»: edi-zione e studio dei documenti relativi allo Studium di Napoli in età sveva, «Bullettinodell’Istituto storico italiano per il Medioevo» 111, 2009, pp. 101-225, ri pubblicatoin volume col titolo «Per scientiarum haustum et seminarium doctrina rum». Sullastoria dello Studium di Napoli in età sveva, Bari 2010, si veda anche G. ARNALDI,Fondazione e rifondazioni dello studio di Napoli in età sveva, in Università e societànei secoli XII-XVI, Pistoia 1982, pp. 81-105 (ristampato in Il Pragmatismo degli in-tellettuali. Origini e primi sviluppi dell’istituzione universitaria, cur. R. Greci, To-rino 1996, pp. 109-23); F. VIOLANTE, Federico II e la fondazione dello ‘Studium’napoletano, «Quaderni Medievali» 54 2002, pp. 29-33; G. ARNALDI, Studio di Na-poli, in Federico II. Enciclopedia fridericiana, II, Roma 2005, pp. 803-808.22 Cfr. DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, n. 21, p. 203.23 Cfr. l’introduzione a NICOLA DA ROCCA, Epistolae, e a Una silloge epistolare.

tivi alle vicende dello Studium di Napoli in epoca sveva21 può, probabil-mente, rendere questo assunto più evidente e chiaro.

Nel cosiddetto epistolario di Pier della Vigna è conservata, come ema-nata da Federico II di Svevia, una lettera (la nr. 67 del III libro) che annun-cia ai maestri dello Studium di Bologna l’invio della traduzione latina dialcuni trattati logici e matematici di Aristotele e di altri autori scritti in grecoe in arabo. Tale lettera è riportata solo dalla redazione piccola in sei libri(P6) dell’epistolario di Pier della Vigna, quella che ebbe maggiore diffu-sione, e quindi fu quella che venne maggiormente letta e usata; e secondoquesta re dazione la lettera fu prodotta dalla cancelleria di Federico II escritta da Pier della Vigna, dato che è inserita nel suo epistolario. Tuttavia,questa lettera è riportata anche da un manoscritto “stravagante” rispetto allatradizione che organizza l’epistolario in maniera sistematica. Secondo que-sto codice, con servato a Parigi (Bibliothèque Nationale Lat. 8567, che pos-siamo siglare P), a far scrivere quella lettera non fu Federico II, ma suofiglio Manfredi, e de stinataria fu non l’università di Bologna, ma quella diParigi22. E qui nascono i problemi. Quale delle due tradizioni, quella che facapo alla redazione si stematica o quella “stravagante”, riporta le informa-zioni corrette? Per com prenderlo, bisogna esaminare attentamente tutto ilmanoscritto P, che attri buisce la lettera a Manfredi. Facendo questa opera-zione ci si rende conto che questo manoscritto stravagante spesso offre le-zioni più convincenti: ma potrebbe trattarsi di un’impressione. Tuttavia,spesso, questo manoscritto fa conoscere anche il nome dell’autore delle let-tere che riporta: nome che non sempre coincide con quello della tradizionesistematica, ma che risulta cor retto incrociando informazioni prosopogra-fiche e diplomatico-documenta rie23. E questo attribuisce un valore premi-nente al codice parigino.

Page 10: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

Ma nel caso della lettera relativa alle traduzioni, il ms. parigino P non ri -porta il nome dell’autore. Insomma, la lettera fu scritta da Pier della Vignaper conto di Federico II, quindi in un’epoca anteriore al 1249 (come si ri-cava dalla tradizione sistematica), oppure (come afferma il ms. parigino)fu scritta da un ignoto dictator per conto di Manfredi, probabilmente in-torno 126324, quando Manfredi riuscì a ricostituire lo studium di Napoli,centro in cui fu rono fatte le traduzioni? La questione non è di secondaria im-portanza, so prattutto per chi si occupa di filosofia medievale e dell’influenzache ebbero le traduzioni dei commenti aristotelici; i quindici anni di diffe-renza che, come minimo, intercorrono tra le due possibili datazioni pos-sono sembrare pochi, ma costituiscono un discrimine imprescindibile, tantoche qualche anno fa padre René-Antoine Gauthier ha dedicato alla que-stione un saggio specifico che continua a essere considerato fondamentale25;e ancora adesso la questione suscita notevole interesse26.

Ora, come si spiega tale divergenza di informazioni tra i manoscritti cheriportano la redazione P6 dell’epistolario di Pier della Vigna, che attribui-sce la lettera a Federico II, e il codice parigino che attribuisce la lettera aMan fredi? Si tratta di differenti redazioni, di successive riutilizzazioni del-l’epistola, o addirittura di falsificazioni coscienti mirate ad alterare il testooriginale, così come ha supposto padre Gauthier? La risposta a tali que-stioni non è semplice, ma è possibile. Però bisogna fare un piccolo passo in-dietro e prendere in considerazione quello che accade nella trasmissioneanche di al tre lettere del cosiddetto epistolario di Pier della Vigna. Per con-tiguità tema tica è opportuno soffermersi su tre lettere che riguardano lo Stu-dium fondato a Napoli da Federico II nel 1224.

Questi tre documenti sono trasmessi da manoscritti che riportano il co -siddetto epistolario di Pier della Vigna. Più specificamente, due sono conte -nuti in manoscritti che trasmettono, rispettivamente, ciascuna delle quattroredazioni dell’epistolario organizzato in maniera sistematica, nonché da altrimanoscritti che lo trasmettono organizzato in maniera non sistematica (traquesti, per il primo c’è anche il ms. P, lo stesso che riporta la lettera sulle tra-duzioni27): si tratta delle lettere III 12 e III 10 dell’edizione a stampa del-

14

24 Su tale ipotesi di datazione cfr. J.F. BÖHMER - J. FICKER - E. WINKELMANN, DieRegesten des Kaiserreichs unter Philipp, Otto IV., Friedrich II., Heinrich (VII.),Conrad IV., Heinrich Raspe, Wilhelm und Richard 1198-1272, in Regesta Imperii,V, 1-3, Innsbruck 1881-1901, 4750, nonché DELLE DONNE, Per scientiarum haus-tum, p. 202, nota 1.25 Cfr. R.A. GAUTHIER, Notes sur les débuts (1225-1240) du premier “Averroïsme”,«Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques» 66, 1982, pp. 321-374.26 Su tale questione cfr. DELLE DONNE, Guglielmo de Luna, pp. 225-245.27 Il primo documento (III 12) è riportato anche da altri mss. che non contengonoredazioni sistematiche, ma che sono con esse strettamente legati, come può risul-

Page 11: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

l’epistolario28. Mentre il terzo documento è trasmesso solo da quattro mano -scritti che tramandano l’epistolario organizzato in maniera non siste matica29.

Per quanto riguarda quest’ultimo documento, tutti i manoscritti – che, varibadito, contengono l’epistolario organizzato in maniera non sistematica– fanno riferimento a Salerno come sede dello Studium che è stato rifor-mato, ovvero riorganizzato30; due manoscritti31, poi, ricordano nella rubricache il mittente dell’epistola fu Corrado, mentre gli altri codici ne omettonoil nome32. Dunque, da questa lettera si viene a sapere che Corrado riformòlo Studium e lo spostò a Salerno: e questo è un primo dato di fatto.

15

tare evidente leggendo gli apparati all’edizione contenuta in DELLE DONNE, Perscientiarum haustum, n. 13, pp. 186-188. Anche il secondo documento (III 10) è ri-portato da un certo numero di mss. che non contengono redazioni sistematiche, maper evitare elenchi (che qui risulterebbero inutili) e confusioni, si farà riferimentoa due soli di essi: Wroclaw (Breslavia), Biblioteka Uniwersytecka, R 342, che è an-dato perso, ma di cui, per il documento in questione possediamo la trascrizione diP. SCHIRRMACHER, Die letzten Hohenstaufen, Göttingen 1871, pp. 590-591 (lo si-gleremo R); e Città del Vaticano, Vat. Lat. 4957 (S). Per questo documento si vedaanche l’edizione in DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, n. 15, pp. 190-194.28 Per l’edizione a stampa dell’epistolario di Pier della Vigna si fa riferimento aquella curata da Johann Rudolf Iselin (Iselius), Basilea nel 1740. Queste letteresono state edite anche in DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, come indicatonella nota precedente.29 Si tratta dei seguenti codici: Berlin, Staatsbibliothek, Lat. fol. 188 (B); Cam-bridge, University Library, Add. 3040 (C); Leipzig, Univ.-Bibilothek, 1268 (L);Wien, Österreichische Nationalbibliothek, 526 (V). I primi tre manoscritti risul-tano strettamente connessi tra loro. Si veda anche l’apparato all’edizione in DELLEDONNE, Per scientiarum haustum, n. 14, pp. 189-190.30 Così si dice: «cumque noster animus secum ipse disceptarit interdum, ubi studiumfundare predictum et eius sedem statuere deberemus, fidelem civitatem nostramSalerni amenitate situs, fertilitate rerum et habilitate loci singulariter refulgentemgimnasiorum hospitium, immo propriam domum eligimus ad eorum stabilem in-colatum, ubi doctores et discipulos universaliter singulos et singulariter universosomni gaudere volumus privilegio libertatis, qua dudum per dominum augustumclare memorie dominum patrem nostrum in Neapolitano et Salernitano studio ute-batur, preter illud quod eis favorem nostrum, honorem et gratiam pollicimur»:DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, n. 14, p. 189. In corsivo sono state se-gnalate le parti che fanno riferimento alla città e al sovrano che ha emanato il do-cumento. Sulle riorganizzazioni dello Studium in epoca sveva cfr. DELLE DONNE,Per scientiarum haustum, pp. 109-111.31 Sono quelli che nella nota 29 abbiamo siglato B e C. La loro rubrica è la se-guente: «invitat rex Conradus studentes ad scolas quas statuerat in Salerno».32 Il ms. che nella nota 29 abbiamo siglato L scrive: «Invitat rex studentes ut vadantad scolas quas statuerat in Salerno», omettendo solo il nome di Corrado; il ms. V,invece, non riporta alcuna la rubrica.

Page 12: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

Per i primi due documenti, invece, la situazione è più complessa, sia peril numero dei testimoni che li trasmettono, sia per la loro differente carat-terizzazione. Infatti, alcuni dei manoscritti che contengono l’epistolario diPier della Vigna organizzato in maniera non sistematica, ma non tutti, fannoriferimento a Salerno come sede dello Studium riformato, e a Corrado comemittente; mentre gli altri testimoni parlano di Napoli come sede e di Fede-rico II come mittente33.

Ci si trova, insomma, nella stessa situazione della lettera relativa all’in-vio delle traduzioni dal greco e dall’arabo dei trattati logici e matematici. Eanche a questo proposito la questione, naturalmente, assume un significatopreponderante per la storia istituzionale del Regno di Sicilia, per quelladelle università medievali, per quella della cultura dell’epoca, etc. Perchédalla soluzione di questo problema ne dipendono altri, relativi non solo allevicende amministrative del Regno o alla ideologia politico-culturale sveva,ma anche alla struttura organizzativa dello Studium, alle materie che vi ve-nivano insegnate, alla presenza o meno di scuole locali, alla sopravvivenzadella scuola medica salernitana, e così via.

Dunque, il problema può e deve essere risolto. E, attraverso l’esame delcontenuto delle lettere, si deve concludere che i due documenti non potet-tero certamente essere scritti per conto di Federico II, perché in essi il mit-tente dice di voler seguire l’esempio dei progenitori nella gestione delloStudium34, e si richiama al tempo in cui regnava il padre, che viene definitoanche divus Augustus35. Dunque, se si fa riferimento a un predecessore nellagestione dello Studium, colui che emanò il documento non può certamenteessere Federico II, che fondò lo Studium e quindi non ebbe predecessori. Percui, per riconoscere il mittente e le lezioni “corrette”, bisogna affidarsi sen-

16

33 Cfr. gli apparati in DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, n. 13, pp. 186-188,e nr. 15, pp. 190-194. I mss. che menzionano Salerno e Corrado sono P per il primodocumento; e quelli che nella nota 30 abbiamo siglato R e S per il secondo docu-mento. Come già detto, tali documenti sono riportati anche da altri mss. che con-tengono l’epistolario di Pier della Vigna organizzato in maniera non sistematica.34 Nel primo documento (III 12) si dice: «ad quod licet progenitorum nostrorum nosclara prioritas invitet exemplis [...]» (cfr. DELLE DONNE, Per scientiarum haustum,n. 13, p. 187); e nel secondo (III 10): «ad quod, etsi progenitorum nostrorum nosmemoranda prioritas invitet exemplis [...]» (cfr. DELLE DONNE, Per scientiarumhaustum, n. 15, p. 191).35 Nel secondo documento (III 10), «te igitur, quem antique fidei prescripta since-ritas et prestita dudum felicis memorie domino patri nostro grata servitia nobis ef-ficaciter recommendant [...]», scrivono concordemente tutti i mss. che qui abbiamopreso in esame (cfr. DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, n. 15, p. 193). Nelprimo documento (III 12), invece, si dice: «ad hoc igitur tam salubre convivium ma-

Page 13: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

z’altro a quei testimoni “stravaganti” che riportano come mittente un so-vrano diverso da Federico II, e cioè Corrado IV.

Questi testimoni, costituiti da manoscritti che contengono il cosiddettoepistolario di Pier della Vigna organizzato in maniera non sistematica, oltrea farci sapere questo, ci dicono anche che la sede dello Studium riformatoera, in quell’occasione, Salerno e non Napoli36, e, in un caso, fanno sapereanche il tempo e il luogo in cui il documento fu emanato, ovvero «in obsi-dione Neapolis»37: dato omesso dagli altri codici. Se a tali manoscritti bi-sogna necessariamente concedere la preferenza per quanto riguarda il nomedel mittente, logica vuole che lo stesso criterio spinga anche a pensare cheil nome corretto della città sia quello di Salerno, e che esso sia stato modi-ficato in Napoli nelle redazioni sistematicamente organizzate dell’epistola-rio di Pier della Vigna. Del resto, si sa da una fonte normativa che CorradoIV ebbe effettivamente l’intenzione di spostare da Napoli a Salerno la sededello studium38. Quindi, incrociando dati filologici e storici, si può conclu-dere che la lettera scritta «in obsidione Neapolis» risalga al periodo com-preso tra il maggio e l’ottobre del 1253, quando Corrado, appunto, assediòNapoli, dopo che si era ribellata39. E che le altre scritte in suo nome risal-gano a quello stesso periodo: per inciso, il 21 maggio 1254 Corrado muore.

Come si spiegano queste differenze così notevoli tra diversi manoscrittie diverse tradizioni? Lo si vedrà tra poco, dopo essere tornati alla lettera dacui siamo partiti, quella relativa alle traduzioni dal greco e dall’arabo.

17

gistros quoslibet et scolares hilariter invitamus, fidelitati tue mandantes quatenuspresens beneplacitum nostrum per iurisdictionem tuam solemniter studeas publi-care, firmam singulis fiduciam oblaturus, quod immunitates et libertates omnes,quibus olim tempore divi Augusti tam in Neapolitano quam Salernitano studio utiet gaudere sunt soliti, faciemus universis et singulis illuc ire volentibus inviolabi-liter observari», dove, comunque, «tempore divi Augusti» viene riportato solo daP (cfr. DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, n. 13, p. 188).36 Nel primo documento (III 12), seguendo il ms. P si arriva a questa edizione: «vo-lentes itaque super hoc antiquorum gratam renovare temperiem, et regni nostri fa-stigia tripudialibus novitatis nostre primitiis augmentare, universale studium incivitate nostra Salerni, consulta nuper deliberatione, providimus reformandum»(cfr. DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, n. 13, p. 188). Nel secondo (III 10),seguendo R e S, si può leggere: «civitatem Salerni [...], generale studium in civi-tate ipsa mandavimus reformari [...]» (cfr. DELLE DONNE, Per scientiarum hau-stum, n. 15, pp. 192-193).37 Si tratta dell’epistola III 10, dove la data è fornita dai mss. R e S: cfr. DELLEDONNE, Per scientiarum haustum, n. 15, p. 194.38 Nella Curia di Foggia del febbraio 1252 viene deliberato «quod studium, quodregebatur apud Neapolim, regatur in Salerno»: cfr. B. CAPASSO, Historia diploma-tica Regni Siciliae inde ab anno 1250 ad annum 1266, Neapoli 1874, p. 28.39 Cfr. DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, p. 190, nota 1.

Page 14: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

Seguendo il criterio esposto riguardo alle lettere relative allo Studiumdi Salerno, si può concludere che anche la lettera relativa alle traduzionivenne inviata da Manfredi e non da Federico II, e che la versione del testopiù vi cina all’originale, come nel caso delle lettere relative a Salerno, siaquella trasmessa dal manoscritto che tramanda una raccolta di dictaminaorganiz zata non sistematicamente (P). Innanzitutto, come si è appena visto,anche altrove P riporta in maniera corretta il nome del mittente. Inoltre,congruen temente con l’attribuzione a Manfredi o a Federico, nel finale dellalettera, il ms. che trasmette la raccolta non organizzata sistematicamente(P) invita i maestri e gli studenti parigini ad accogliere con gratitudine ildono inviato dall’amicus rex («libros ipsos tamquam amici regis enxeniumgratanter acci pite»), mentre nei manoscritti che trasmettono l’epistolario diPier della Vigna organizzato in maniera sistematica si parla dei Bolognesie del dono offerto dall’amicus cesar, con un appellativo, cesare, che siadatta a un impe ratore e non a un “semplice” re40. Quindi, attribuendola aManfredi, la lettera in questione si può datare al 1263, circa, in una fase incui Manfredi inter venne per ristrutturare lo Studium, che frattanto era tor-nato da Salerno a Napoli41.

Ma se questa è la situazione che caratterizza la tradizione di queste let -tere, è necessario capire perché essa si è verificata. E bisogna tornare alladomanda che è stata posta prima: tali divergenze che appaiono macroscopi -che quando si tratta di nomi, ma che riguardano anche lezioni apparente -mente meno significative, costituiscono la spia di differenti redazioni, disuccessive riutilizzazioni, di falsificazioni coscienti?

Come si è visto, il cosiddetto epistolario di Pier della Vigna, quello si -stematicamente organizzato, contiene molte lettere che sicuramente furonoscritte in periodi che non concordano con gli anni in cui egli fu attivo pressola corte sveva, e che quindi non potettero certamente essere scritte da lui.Ma perché potessero essere inserite nell’epistolario che venne trasmessosotto il suo nome, dovevano essere necessariamente modificate in manieratale da ri sultare congruenti con il contesto e con il contenuto dell’epistola-rio prodotto da chi, di fatto, resse la cancelleria di Federico II. Dunque, inconcreto, per fare riferimento agli esempi sopra proposti, i manoscritti cheriportano l’epistolario di Pier della Vigna organizzato in maniera sistema-tica mutano i nomi di Corrado e di Manfredi in quello di Federico II, per-ché Pier della Vigna lavorò per Federico II e non per i suoi figli; trasformanoSalerno in Napoli, perché in quella città, e non a Salerno, Federico II – alquale aveva prestato i suoi servizi Pier della Vigna – aveva fondato lo Stu-dium; Parigi in Bologna, perché con l’università di Bologna Federico II

18

40 Cfr. DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, n. 21, p. 205.41 Cfr. DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, p. 202, nota 1.

Page 15: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

ebbe rapporti frequenti, anche se non sempre pacifici42. Invece, in genere,i manoscritti che tramandano le lettere in maniera non sistematicamente or-ganizzata sono quelli che riportano le informazioni esatte e trasmettono itesti in una versione più vicina all’originale, perché i loro copisti o orga-nizzatori, non dovendo costringere le lettere entro le strutture di una raccoltasistematica da attribuire a un ben determinato dictator, non sentirono la ne-cessità di operare modifiche e adeguamenti. Si è detto in genere perché ca-pita anche che i manoscritti che riportano raccolte non sistematiche abbianoantologizzato lettere prese proprio dalla raccolta sistematica. Per cui vasempre valutato con attenzione ogni singolo manoscritto e ogni singolo do-cumento in esso contenuto, e non bisogna cadere nell’errore di consideraresempre più attendibile il codice che tramanda la raccolta non sistematica;tanto più che anche le raccolte non sistematiche possono risultare “corrette”solo per alcune lettere, ma non per tutte. Pur se, in linea di massima, so-prattutto nei casi in cui si riscontrino divergenze nei nomi di persona o diluogo, spiegabili secondo i criteri prima proposti, si può attribuire una mag-giore “affidabilità” a quelle raccolte non sistematiche di cui si sia riuscita adimostrare una generale attendibilità.

Insomma, le lettere organizzate in raccolta sistematica di dictamina fu ronotrasmesse sotto il nome di Pier della Vigna, perché egli fu considerato a lungoun maestro indiscusso di dictamen, e il suo stesso nome costituiva, da solo,una garanzia di bellezza stilistica e perfezione formale. Pertanto, le modifi-che che si possono riscontrare nei testi risultano motivate da esigenze di adat-tamento a una collezione resa forzatamente unitaria dall’attribuzione a ununico autore; e tali modifiche sono, inoltre, giustificate dal fatto che, nel-l’intenzione del suo organizzatore (o dei suoi organizzatori), l’epistolario diPier della Vigna doveva essere usato, dai contemporanei, non come fonte diinformazioni storiche, ma come raccolta di lettere-modello, ovvero come“manuale” di bello stile per maestri e studenti di retorica. Quindi, quell’epi-stolario, così come quello di altri illustri dictatores dell’epoca, funse sem-plicemente da collettore di epistole ritenute utili dal punto di vista reto rico,e di cui poteva essere imitato lo stile. Questo spiega perché – come si è giàdetto – alcune lettere dell’epistolario di un dictator sono presenti anche nel-l’epistolario attribuito a un altro dictator, e fa sospettare che tali raccolte si-stematiche trovarono tutte una primitiva organizzazione nello stesso luogo,e probabilmente presso la cancelleria papale, il luogo verso cui, come si èvi sto, portano alcune tracce, e il principale luogo, del resto, in cui, in quel-l’epoca, c’era l’organizzazione e l’interesse ad approntare tali raccolte.

D’altronde, la natura di modello retorico di tali testi è inequivocabil-

19

42 Cfr. DELLE DONNE, Per scientiarum haustum, p. 107 ss., da cui si possono rica-vare ulteriori riferimenti.

Page 16: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

mente confermata dal modo in cui essi furono messi assieme: non secondouna consequenzialità cronologica, ma secondo la loro contiguità tematica,e, non di rado, si riscontrano successioni di lettere che recano all’incirca lostesso incipit. Dunque, la costituzione dell’epistolario di Pier della Vigna –così come quello di altri eminenti dictatores – dovette essere inizialmentedeter minata soprattutto da un’esigenza pratica e funzionale, innanzituttoprofes sionale e, solo in seconda battuta, didattica. Simili compilazioni do-vevano essere considerate alla stregua di prontuari, da tenere a portata dimano, in nanzitutto, nelle cancellerie, e poi (o, magari, anche nello stessotempo) nelle scuole finalizzate essenzialmente alla preparazione dei notai.Probabilmente molti notai se ne fabbricarono uno a uso e consumo perso-nale, specifica mente adatto al proprio ufficio e ai propri corrispondenti, riu-nendo lettere proprie mischiate a quelle di altri dictatores, magari ancheattingendo, tal volta, direttamente ai registri di cancelleria. Non è detto, però,che tali copie fossero esemplate sulle redazioni definitive, quelle ultimatedagli autori delle epistole. È possibile, infatti, che alcuni manoscritti atte-stino una redazione primitiva, quella di una minuta che sarebbe stata sotto-posta a ulteriore revi sione: eventualità che probabilmente si può riscontrarenel ms. P a proposito dell’elogio di Pier della Vigna scritto da Nicola daRocca, dictator a cui sembra che si possa ricondurre, in definitiva, quel co-dice43. Tale possibilità, che già mette fortemente in crisi il sistema ecdoticotradizionale in situazioni più semplici, finisce per rendere addirittura im-possibile pensare – come ab biamo già anticipato – di poter mettere ordinecon uno stemma codicum tra dizionale a un intrico di tradizioni testuali chesi pongono su più livelli. Tanto più che la situazione è complicata ulterior-mente dalla natura pubblica di molti documenti, che vennero prodotti in unufficio che proprio in epoca federiciana venne organizzato in maniera sem-pre più tecnica.

A partire dal 1220, con Federico II, viene sviluppato un efficiente uffi-cio di scrittura nell’ambito della curia, strettamente legato soprattutto al-l’amministrazione centrale delle finanze44. E il frammento di registro di

20

43 Sull’ipotesi che per tale elogio il ms. P presenti una fase redazionale primitiva deltesto cfr. l’introduzione a NICOLA DA ROCCA, Epistolae, pp. LXXII-LXXIV.44 Cfr. gli elenchi dei notai in K.A. KEHR, Die Urkunden der normannisch-sicili-schen Könige, Innsbruck 1902, pp. 64-65; ENZENSBERGER, Beiträge zum Kanzlei-und Urkundenwesen der normannischen Herrscher Unteritaliens und Siziliens, Kall-münz 1971, pp. 50-52; T. KÖLZER, Urkunden und Kanzlei der Kaiserin Konstanze,Königin von Sizilien (1195-1198), Köln-Wien 1983, pp. 52-55; H.M. SCHALLER, DieKanzlei Kaiser Friedrichs II. Ihr Personal und ihr Sprachstil, «Archiv für Diplo-matik» 3, 1957, pp. 207-286; 4, 1958, pp. 264-327; SCHALLER, Die Kanzlei, 3, 1957,

Page 17: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

can celleria del 1239-124045, che contiene più di mille registrazioni per solisette mesi, attesta l’aumento della mole di lavoro, che da un lato testimo-nia le tecniche di registrazione, con l’adozione di sistemi di semplificazionee di snellimento procedurale, come l’accorciamento o la totale omissionedelle parti protocollari ed escatocollari, come l’intitulatio, l’inscriptio, lasalutatio o la datatio46, che si riscontra anche nelle raccolte di dictamina47;dall’altro spiega il motivo per cui si dovette ricorrere a una precisa regola-mentazione. Così, già negli anni Quaranta del Duecento, furono emanate daFederico specifiche Ordinanze di cancelleria, che permettono di conoscere,sia pure non nei più minuti dettagli, l’iter che le pratiche avrebbero dovutocom piere48. In tali ordinanze viene stabilito il modo in cui petizioni e letteredeb bono essere accolte davanti alla cancelleria; quello con cui si devonopren dere decisioni per la risposta, che vengono appuntate summatim sulretro della petizione; e sul modo in cui devono essere distribuite ai notaiperché essi redigano il documento. Dopo la stesura, i documenti dovevanoessere letti ancora una volta («littere vero omnes relegentur») dinanzi aidue giudici della magna curia, Pier della Vigna e Taddeo di Sessa, e munitidel loro si gillo personale a garanzia della regolarità dell’atto. Infine, tutti idocumenti ultimati venivano portati ai sigillatores, e convalidati dal cap-pellano Filippo, che apponeva sul documento la sua parafa. Insomma, l’iterera abbastanza complesso, e prevedeva diverse fasi di scrittura, lettura e ri-lettura, che, evi dentemente, comprendeva anche occasioni di correzione oriscrittura dei do cumenti. In quelle prime Ordinanze non si fa menzione diun obbligo di te nere registri, che pure doveva essere implicito, dal momentoche parte delle scritture ufficiali accompagnava la corte nei suoi sposta-menti, mentre un’altra parte rimaneva in sedi fisse49. Del resto, dopo la con-quista di Lu cera, nell’agosto del 1269, Carlo I d’Angiò incaricò Innocenzo

21

pp. 207-286, qui 258-260; la seconda parte dell’articolo è apparsa nel volume suc-cessivo della stessa rivista, 4, 1958, pp. 264-327. Su tali questioni, inoltre, si vedaR. DELLE DONNE, Le cancellerie dell’Italia meridionale (secoli XIII-XV), «Ricer-che Storiche» 24, 1994, pp. 361-388.45 Cfr. C. CARBONETTI VENDITTELLI, Il registro della cancelleria di Federico II del1239-1240, Roma 2002.46 Cfr. CARBONETTI VENDITTELLI, Il registro, pp. LXIII-LXV.47 Questo non significa, però, necessariamente, che i dictamina delle raccolte sianostati tratti direttamente dai registri di cancelleria. Tale prassi “compendiaria” do-vette essere senz’altro comune ai notai di quella e della successiva epoca, che, comevedremo, furono tra i principali organizzatori e fruitori di quelle raccolte.48 Cfr. E. WINKELMANN, Acta imperii inedita, I, Innsbruck 1880, n. 988, pp. 733-737.49 Cfr. CARBONETTI VENDITTELLI, Il registro, pp. L-LI. Del resto, già nelle primeOrdinanze, si fa riferimento a un luogo determinato, una domus, in cui aveva sedela cancelleria: cfr. F. DELLE DONNE, Una perduta raffigurazione federiciana de-

Page 18: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

di Termoli, Iozzolino ed Angelo della Marra di recarsi a Lucera, Canosa eMelfi, per cercare i registri dei sovrani svevi custoditi in quei castelli e por-tarli a corte50. In ogni caso, in un’ordinanza del 1268 relativa all’ufficio delprotonotario, Carlo I d’Angiò, rifacendosi alle prassi procedurali della pre -cedente tradizione sveva51, stabiliva così: «Item prothonotarius habebit rege -strum in cancellaria pro habenda noticia negociorum et precedenciumlittera rum»52. E in un’altra ordinanza di cancelleria, probabilmente risalenteal 1272, si prescriveva che «omnes insuper littere tam patentes quam clause,que pondus important, regestrentur in tribus registris, quorum unum habeatcancellarius, aliud magistri rationales et reliquum prothonotarius»53. Puòdarsi che questa prescrizione sia stata applicata solo sotto Carlo II54, maforse non è assolutamente impensabile che già in epoca sveva potesseroesi stere prassi di registrazione multipla. E se così fosse, si moltiplichereb-bero i possibili punti d’origine della tradizione dei dictamina contenuti nellevarie raccolte organizzate o meno in forma sistematica.

Comunque, una volta ultimato l’iter strettamente amministrativo, talilet tere erano ancora lungi dall’aver compiuto il loro percorso. Infatti, al dilà dei registri ufficiali, si è già detto che i notai dovettero approntare raccoltedi dictamina da utilizzare come modelli nello svolgimento del proprio la-voro: dictamina esemplati direttamente dalle stesure in mundum del docu-mento, da quelle compendiate riportate nel registro o nei registri dicancelleria, o anche dalle minute del singolo scriptor. Ma, molto presto do-vette accadere anche che le lettere venissero, per dir così, antologizzate aduso degli studenti delle piccole scuole locali di retorica, a cui attinsero sia

22

scritta da Francesco Pipino e la sede della cancelleria imperiale, «Studi Medie-vali» 38, 1997, pp. 737-749 (ripubblicato con lievi modifiche in F.D.D., Politica eletteratura nel Mezzogiorno Medievale, Salerno 2001, pp. 111-126).50 Cfr. E. STHAMER, Die Reste des Archivs Karls I. von Sizilien im Staatsarchive zuNeapel, «Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bibliotheken»14, 1911, pp. 124-125. 51 Cfr. E. STHAMER, Die Verwaltung der Kastelle im Königreich Sizilien unter Kai-ser Friedrich II. und Karl I. von Anjou, Leipzig 1914, pp. 27-28, 84; E. STHAMER,Bruchstücke mittelalterlicher Enqueten aus Unteritalien, «Abhandlungen der preu-ßischen Akademie der Wissenschaften. Phil.-hist. Kl.», 2, Berlin 1933, p. 14. L’ideadella continuità tra regno svevo e regno angioino risulta, del resto, è riaffermata co-stantemente in Le eredità normanno-sveve nell’età angioina. Persistenze e muta-menti nel Mezzogiorno, cur. G. Musca, Bari 2004.52 WINKELMANN, Acta, n. 990, p. 741.53 WINKELMANN, Acta, n. 992, p. 745.54 Cfr. P. DURRIEU, Les Archives angevines de Naples. Étude sur les registres du roiCharles Ier (1265-1285), I, Paris 1887, pp. 43-44.

Page 19: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

la cancelleria papale, sia quella regia dell’Italia meridionale. Risulta essereavvenuto piuttosto di fre quente, almeno per la Terra di Lavoro, che i notaipiù eminenti della cancel leria imperiale costituissero proprie scuole per l’in-segnamento del dicta men55, generando quella tradizione retorica che im-propriamente è stata defi nita “capuana”56. Questa prassi può spiegareprobabilmente l’esistenza di quei manoscritti che non offrono gli epistolariorganizzati in maniera siste matica per autore (ma che pure presentano unasia pur minima struttura in terna) e che forniscono testi più vicini alla formaoriginaria. Mentre i mano scritti contenenti le epistole organizzate entro unaprecisa e sistematica struttura, probabilmente, devono la loro più tarda dif-fusione (si badi, non ne cessariamente l’origine) soprattutto al fatto che fu-rono usati, e modificati, presso studia o università. Anche se, pure in seguitoa questa nuova fase, continuarono a essere prodotte “antologie” più o menoampie, che univano le lettere prese dalle raccolte sistematicamente orga-nizzate ad altre ricavate da altre fonti.

Insomma, proprio la complessa e intricata trasmissione di questo tipo ditesti rende oltremodo difficile la constitutio textus dei singoli dictamina, ol -tre che quella delle loro raccolte complessive, siano esse di tipo sistematicoo non sistematico. Ovvero, è possibile, in via teorica, la ricostruzione deglistemmi delle diverse redazioni sistematiche: cosa comunque resa problema -tica dalle continue e difficilmente riconoscibili interferenze contaminativetra redazioni sistematicamente organizzate, da un lato, e redazioni non si -stematicamente organizzate, dall’altro. Ma quand’anche si riuscisse a com -piere l’operazione di ricostruzione stemmatica che seguisse i criteri ecdoticitradizionali, quale testo si riuscirebbe a ricostruire?

La situazione prospettata rende labile il concetto stesso di “originale” e,quindi, anche quello di “autore”57. Si tratta di concetti che già di per sestessi, nel Medio Evo e in precedenza, risultano problematici, dal momento

23

55 Cfr. F. DELLE DONNE, La cultura e gli insegnamenti retorici latini nell’Alta Terradi Lavoro, in ‘Suavis terra, inexpugnabile castrum’. L’Alta Terra di Lavoro dal do -minio svevo alla conquista angioina, cur. F. Delle Donne, Arce 2007, pp. 133-157.56 L’espressione “scuola capuana” risale a K. HAMPE, Über eine Ausgabe der Ca-puaner Briefsammlung des Cod. lat. 11867 der Pariser Nationalbibliothek, «Sit-zungsberichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften. Phil. - hist. Kl.»,1910, 8. Per una rettifica e una puntualizzazione della questione, tuttavia, cfr. DELLEDONNE, Le consolationes, pp. 287-290; DELLE DONNE, La cultura e gli insegnamenti,pp. 133-157. Sulla diffusione della tradizione retorica campana cfr. da ultimo B.GRÉVIN, Les mystères rhéthoriques de l’État médiéval. L’écriture du pouvoir en Eu-rope occidentale (XIIIe-XVe siècle), «Annales. Histoire, Sciences Sociales» 63, 2008,pp. 271-300, qui 278-281; inoltre, GRÉVIN, Rhétorique du pouvoir, pp. 267-270.57 Il concetto di “autore”, tra l’altro, in questo contesto, è complicato ulteriormentedal fatto che, per i documenti cancellereschi di tipo ufficiale, l’autore, almeno in via

Page 20: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

che chiunque poteva ritenersi libero, senza incorrere in alcuna condannamo rale o giuridica, di appropriarsi di brani di un’opera altrui, oppure dirico piarli o di riutilizzarli ad altri fini58. Questa libertà nella gestione e nel-l’utilizzo delle opere spiega, naturalmente, anche le notevoli trasforma zionidei testi, che intervengono lungo il percorso della loro trasmissione.

Questa sorta di “infedeltà” che, di fatto, rende i copisti, allo stesso tempo,anche “autori”, in quanto scelgono cosa trascrivere, stabiliscono in chemodo organizzare i testi e li modificano, probabilmente rende perspicuaanche ai nostri dictamina la distinzione, proposta soprattutto per i testi ro-manzi, tra tradizione “quiescente”, che riproduce il testo in maniera mec-canica, e tradi zione “attiva”, che innova continuamente e su larga scala iltesto che ripro duce. A distinguere i due tipi di tradizione è essenzialmentel’atteggiamento dello scriba, che nella tradizione quiescente dimostra ri-spetto per il testo e, quando innova, lo fa con uno spirito restaurativo; nellatradizione attiva, invece, il copista ritiene il testo qualcosa di non defini-tivo, e, quindi, lo ricrea attualizzandolo e innovandolo59.

Ma entro quali limiti la tradizione di un testo può considerarsi attiva opersonalizzata? Ovvero, è possibile che quella tradizione innovativa e attua -lizzante dia vita a un testo diverso? È difficile rispondere in maniera univocaa queste domande, che comportano, di conseguenza, le scelte editorialidiffe renti a cui si è accennato prima, ovvero mirate alla ricostruzione del-l’originale o alla riproduzione del testo che circolò. È difficile rispondere,perché ogni testo, ovvero ogni manoscritto, andrebbe considerato nella suaspecifica natura, nonché nel suo specifico contesto: cosa assai ardua, per-

24

formale, è il sovrano o l’imperatore che li emana. Per un’analisi del problema del-l’attribuzione a Federico II dei testi tradizionalmente a lui attribuiti cfr. E. D’AN-GELO, Federico II scrittore, Avellino 2006, dove si parla più specificamente dellascrittura giuridica alle pp. 41-60.58 Cfr. L. HOLTZ, Autore, copista, anonimo, in Lo spazio letterario del Medioevo. IlMedioevo latino, I/1, cur. G. Cavallo - C. Leonardi - E. Menestò, Roma 1992, p. 334.Cfr. anche F. TRONCARELLI, L’attribuzione, il plagio, il falso, nello stesso volume allepp. 373-90; P.G. SCHMIDT, Perché tanti anonimi nel medioevo? Il problema dellapersonalità dell’autore nella filologia mediolatina, «Filologia mediolatina» 6-7,1999/2000, pp. 1-8; e, per l’età tardo-medievale e rinascimentale, cfr. M. ROSE, Au-thors and Owners: the Invention of Copyright, Cambridge (Massachusset) 1993, eC.J. BROWN, Poets, Patrons and Printers: Crisis of Authority in Late MedievalFrance, Ithaca - London 1995.59 Cfr. A. VARVARO, Critica dei testi classica e romanza, «Rendiconti dell’Accade-mia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli» 45, 1970, pp. 73-117, qui pp.86-87; inoltre F. DELLE DONNE, Le formule di saluto nella pratica epistolare me-dievale. La Summa salutationum di Milano e Parigi, «Filologia Mediolatina» 9,2002, pp. 251-279.

Page 21: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

ché quasi mai si riescono a ricavare con precisione assoluta tali informa-zioni. E, oltre a ciò, andrebbe considerato l’atteggiamento del copista-or-ganizzatore, e soprattutto il suo grado di consapevolezza nel compierel’operazione di co pia, ovvero di riscrittura. Ma forse, se ci si basa soprat-tutto sulla consapevo lezza di tali copisti-organizzatori, si arriva alla con-clusione che essi, quando modificarono i testi, non ebbero mai davverol’ambizione di farsi “autori”. Almeno non più di un funzionario che tiene inordine i suoi strumenti di la voro, o di un insegnante che prepara il materialedidattico più adatto ai pro pri studenti, se è vero quanto si è supposto, ossiache furono essenzialmente notai di cancelleria e maestri a organizzare leraccolte di dictamina al fine di poterne ricavare modelli esemplificativi dautilizzare ogni volta che se ne fosse presentata la necessità.

Questa conclusione, se condivisa, comporta alcune conseguenze nonsolo sul piano teorico della natura delle raccolte di dictamina, ma anche suquello più concreto del metodo ecdotico da adottare, giacché conduce aescludere che, per l’edizione di testi di questo tipo, ci si possa basare su ununico ma noscritto, sia pure il migliore o l’unico che riporta in maniera esattaalcune informazioni. Questo perché, da un lato, come si è visto, nessun ma-noscritto può considerarsi esente da interventi o rimaneggiamenti di chi loesemplò o lo organizzò; dall’altro perché nessun manoscritto può dare l’im-magine del testo in un ben determinato momento o in una ben determinatazona, se contemporaneamente ci sono altri testimoni che, nello stesso mo-mento o nella stessa zona, offrono un’immagine diversa.

A questo punto, sia consentita una ulteriore riflessione conclusiva suiproblemi connessi col lavoro di edizione del cosiddetto epistolario di Pierdella Vigna. Le soluzioni operative, naturalmente, possono essere varie emolteplici, pur se riconducibili, sostanzialmente, a due principali linee:quella che porta alla fase della ricezione e quella che, invece, riconduce almomento della produzione originaria del testo. Il primo tipo di edizione,fa cendo perno sulle redazioni sistematicamente organizzate, o principal-mente su una di esse60, mira a rappresentare l’epistolario come un’operastruttural mente unitaria, indipendentemente dalla correttezza delle infor-mazioni stori che in esso contenute, dalla datazione delle singole lettere edalla loro attri buzione a persone diverse da Pier della Vigna o, in ultimaistanza, da Federico II; consentirebbe, quindi, di ricostruire – almeno agrandi linee – le influenze culturali esercitate. Il secondo tipo, conferendoil dovuto risalto alla tradizione stravagante, prende in esame le lettere come

25

60 Varie soluzioni sono prospettate in SCHALLER, Zur Entstehung, pp. 157-158, dove,tuttavia, risulta prevalere l’orientamento a seguire l’ordine della redazione grandein sei libri (M6). Su questa linea sembra che intendano muoversi i Monumenta Ger-

Page 22: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

unità indipen denti dalla loro collocazione all’interno di una struttura siste-matica, permet tendo di evidenziare – come si è visto – le corrette informa-zioni contenute nei documenti ai fini della ricostruzione storica.

Le due ipotesi sembrano irrimediabilmente alternative, e il discrimine ècostituito dalla funzione preminente che si vuole attribuire alla raccolta, de -rivante dalla caratterizzazione della sua natura come fonte retorico-letterariaoppure storico-istituzionale. Tuttavia, questa apparente impasse metodolo -gica può essere risolta seguendo alcune fondamentali indicazioni metodolo -giche offerte da Giovanni Orlandi: «dovendo rassegnarsi a intraprendereedi zioni provvisorie di testi patristici o mediolatini dalla tradizione sconfi-nata [...] una condotta pragmatica come quella del Lachmann, fondata su unascelta anche violenta e talora aprioristica dei testimoni e sul tenersi le manilibere nella constitutio textus (fatta salva l’individuazione dei gruppi princi -pali dei mss. utilizzati, ma senza insistere nel delineare uno stemma troppo ri-gido) può ancora rendere buoni servigi»61.

26

maniae Historica: cfr. R. SCHIEFFER, Monumenta Germaniae Historica. Berichtüber das Jahr 2007/08, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters» 64,2008, pp. IX-X: «Prof. K. Borchardt hat mit Dienstantritt im Institut die Edition derBriefsammlung des Petrus de Vinea übernommen und unter Verwendung des Nach-lasses von Hans Martin Schaller mit der Bearbeitung der großen sechsteiligenSammlung begonnen. Angestrebt wird, für das erste Buch einen kritischen Textauf der Basis der elf vorhandenen Handschriften mit Variantenapparat und wenig-stens provisorischem Kommentar zu erstellen, um mit dieser Erfahrung dann denZuschnitt der genannten Edition festlegen zu können». Questa scelta ha il vantag-gio indubbio di essere più facilmente gestibile, dato il numero piuttosto contenutodi manoscritti che tramandano questa redazione, ma comporta, a mio parere, moltiproblemi dal punto di vista dei risultati, dal momento che la redazione M6, da unlato, non è quella che circolò normalmente, e che ci permetterebbe di ricostruire –almeno a grandi linee – le influenze culturali che esercitò l’epistolario; dall’altro,non riproduce nemmeno la forma più vicina all’originale, quella che ci consenti-rebbe di usare le informazioni contenute ai fini della ricostruzione storica. Quindi,non fa perno né sul momento della produzione, né, veramente, su quello della ri-cezione, tanto più che i manoscritti che riportano la redazione M6 non presentanotutti la medesima struttura, e che, se risulta condivisibile quanto è stato detto finora,l’organizzatore di quella redazione non aveva neanche l’ambizione di trasformarsiin autore. Oltre a ciò, poi, è da tenere presente che nella redazione grande in sei librimancano più di settanta lettere rispetto alla piccola in sei libri (quella che ebbemaggiore diffusione), e tra queste anche alcune (nel terzo e quinto libro) che risal-gono al periodo federiciano e che potrebbero essere state compilate proprio da Pierdella Vigna, o che, addirittura, risultano proprio da lui scritte in forma privata (comela III 81, indirizzata a Roffredo Epifanio di Benevento).61 G. ORLANDI, Perché non possiamo non dirci lachmanniani, «Filologia Mediola-tina» 2, 1995, pp. 1-42, qui 25 (ristampato in G.O., Scritti di filologia mediolatina,Firenze 2008, pp. 95-130). Il metodo suggerito da Orlandi è stato già seguito nel-

Page 23: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

Dunque, l’edizione di testi contenuti in raccolte di dictamina può essereapprontata con l’intento di dare l’immagine più ampia e, al tempo stesso, piùaffidabile possibile della complessità della tradizione manoscritta, utiliz -zando solo un numero limitato di manoscritti che contengono le redazionisi stematicamente organizzate62. Data l’intricata e vastissima tradizione diquei documenti, ad ogni modo, i codici non possono essere scelti a caso: inbase alle indicazioni fornite da Hans-Martin Schaller63, andranno presi inconsiderazione esemplari rappresentativi di ciascuna delle quattro redazioniordinate sistematicamente dell’epistolario di Pier della Vigna64. Tuttavia, alfine di recuperare le corrette informazioni contingenti, va collazionato ancheun certo numero manoscritti che recano raccolte non ordinate sistematica -mente. Questo soprattutto in considerazione del fatto che, come si è visto,essi, talvolta, recano i testi in una versione che non ha subìto i pesanti filtrie gli adattamenti (come nei nomi dei sovrani o di luogo, ad esempio) chein vece si riscontrano nei testimoni che trasmettono le organizzazioni piùsi stematiche, e quindi possono fornire lezioni più vicine a quelle originali:perciò, in alcuni casi ritenuti significativi e spiegabili sulla base di tale prin -cipio, possono essere preferite le lezioni offerte da questo tipo di tradizione.

Una possibile soluzione metodologica consiste nell’impostare l’edizionedelle singole lettere finalizzandola, per quanto possibile, alla ricostruzionedell’originale e non della forma che ebbe maggiore circolazione: un’edi-zione “pragmatica” e “non definitiva” (se pure è mai concepibile una edi-zione “de finitiva”), che ha il vantaggio di essere condotta in tempi piuttostorapidi, e di avere un sufficiente livello di affidabilità e verificabilità, con-servando sempre l’opportunità di recuperare le varianti caratterizzanti diuna determinata redazione: infatti, se si segue tale sistema ecdotico, è ne-cessario segnalare in apparato il maggior numero di varianti – a volte deci-samente numerose – giudicate in qualsiasi modo significative, conl’esclusione, natu ralmente, di quelle grafiche relative a nomi non di per-

27

l’edizione di testi contenuti in raccolte di dictamina: cfr. soprattutto NICOLA DAROCCA, Epistolae, Una silloge epistolare, DELLE DONNE, Per scientiarum haustum.62 Considerando sempre come ineludibile l’avvertimento pasqualiano sintetizzatonella formula «recentiores non deteriores», bisogna, tuttavia, convenire che «il li-mitarsi allo strato dei vetustiores dovrebbe almeno in parte garantire dal deteriora-mento o dall’entropia inevitabile col trascorrere dei secoli» (ORLANDI, Perché nonpossiamo, p. 6).63 SCHALLER, Zur Entstehung, pa WINKELMANN, Acta, passim.64 Per la redazione grande in sei libri si potranno, ora, mettere a frutto le importanticonclusioni raggiunte da A. BOCCIA, La redazione maggiore dell’epistolario di Pierdella Vigna. Rapporti tra i testimoni e prospettive editoriali, «Archivio Normanno-Svevo» 1, 2008, pp. 151-160.

Page 24: libro 2 arnosold · 2011. 10. 31. · 8 2 Cfr. H.M. SCHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe- trus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»

sona. Questo perché, non essendo possibile disegnare uno stemma codicumpreciso e affidabile, ogni lezione, anche quella singolare (specialmente seriportata da tradizione stravagante), potrebbe essere importante65.

Quanto alla disposizione delle singole lettere, l’ipotesi più funzionaleed economica, probabilmente, è quella di seguire l’ordine offerto dall’edi-zione a stampa di S. Schard, poi ripreso, con alcune aggiunte, anche da J.R.Iselin (Iselius)66: tale ordine non solo rimanda sostanzialmente alla reda-zione pic cola in sei libri, quella che ebbe maggiore diffusione, ma costitui-sce anche il punto di riferimento tradizionale per gli studi, sia storici sialetterari, relativi all’epoca sveva. Le altre lettere contenute nelle restanti re-dazioni possono, invece, trovare collocazione adatta in una o più appen-dici, e contestualizza zione adeguata in appositi indici e in tavole diriscontro67. Queste soluzioni avrebbero il vantaggio di coniugare, entro i li-miti del possibile, l’interesse sia letterario sia storico che hanno quei testi.Testi che ci permettono di ve nire a capo di una tradizione retorica che, svi-luppatasi nell’Italia centro-me ridionale del XIII secolo, si diffuse in tuttaEuropa68, ma che ci consentono anche di definire con precisione le vicendeistituzionali e politiche che ca ratterizzarono il regno svevo.

28

65 Sull’impossibilità di disegnare uno stemma codicum in senso proprio cfr. ancheSCHALLER, Zur Entstehung, pp. 154-155.66 Iselin aggiunse, dopo la lettera II 37, tre epistole che aveva trovato in un mano-scritto (Bern, Burgerbibl., 237) da lui utilizzato per migliorare l’edizione di Schard,il quale, a sua volta, aveva inserito, alla fine del primo libro, cinque lettere (35-39), che non sono trasmesse da alcuna raccolta sistematica: cfr. SCHALLER, Einfü-hrung, pp. XIX.XX.67 Altre soluzioni sono prospettate in SCHALLER, Zur Entstehung, pp. 157-158, dove,tuttavia, sembra prevalere l’orientamento a seguire l’ordine della redazione grandein sei libri.68 Cfr. soprattutto E.H. KANTOROWICZ, Petrus de Vinea in England, «Mitteilungendes Österreichischen Institut für Geschichtsforschung» 51, 1937, pp. 43-88; E.H.KANTOROWICZ, The prologue to ‘Fleta’ and the school of Petrus de Vinea, «Specu-lum», 32 (1957), pp. 231-249 (i due saggi sono ripubblicati, in ordine inverso, inE.H.K., Selected Studies, Locust Valley - New York 1965, pp. 167-183 e 214-245);H. WIERUSZOWSKI, Rhetoric and Classics in Italian Education of the ThirteenthCentury, «Studia Gratiana», 11 (1967), pp. 169-208 (ripubblicato in H.W., Poli-tics and Culture in Medieval Spain and Italy, Roma 1971, pp. 589-627; e, da ultimomolto più ampiamente, GRÉVIN, Rhétorique du pouvoir.