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Introduzione

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Dopo il ricco confronto emerso in un anno di lavoro e di “camminoinsieme”, sfociato nei primi cinquanta numeri già approvatidall’assemblea sinodale che entreranno nel documento finale del nostro

Sinodo, siamo giunti alla terza e ultima tappa del percorso previsto.L’itinerario sinodale è scandito dai cinque verbi generativi: desiderare, concepire,mettere al mondo, prendersi cura, lasciar andare.

Il momento del DESIDERARE ha guidato la prima tappa del cammino durantela quale ci siamo voluti confrontare sullo stile di Chiesa diocesana da assumereper il futuro (numeri 1-19).

Nel secondo momento, CONCEPIRE, abbiamo messo a fuoco il senso, i compiti ela struttura delle Unità Pastorali Missionarie e abbiamo precisato il ministero delprete e le nuove figure di ministeri per questa nostra Chiesa (numeri 20-50).

METTERE AL MONDO è quanto ci attende in questa terza tappa nella qualesiamo chiamati a fermarci a prendere in considerazione la pastorale familiare e lapastorale giovanile come due momenti ineludibili per dare concretezza alcammino delle Unità Pastorali Missionarie ed essere una “Chiesa in uscita”.

Dopo questa terza tappa potremo consegnare alla Chiesa novarese il documentofinale che richiederà a tutte le comunità un tempo sufficiente per assimilarlo efarlo entrare nella quotidianità della vita e delle scelte pastorali.

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Terza tappa:MMEETTTTEERREE AALL MMOONNDDOO

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La pastorale familiare e la pastorale giovanile

nelle Unità Pastorali Missionarie

In questa tappa ci apriamo al terzo movimento: METTERE AL MONDO.L’obiettivo è quello di dare concretezza alle Unità Pastorali Missionarie

mettendo a fuoco due ambiti fondamentali dell’azione pastorale, la famiglia e igiovani. Sono le scelte e le attenzioni da tenere in primo piano come il Vescovo ciha chiesto con forza nella sua lettera pastorale del 2013 “Come sogni la Chiesa didomani?”.

IL CALENDARIO

- Questa terza tappa inizia con l’assemblea sinodale del 12 settembre e siconcluderà con l’assemblea del 5 dicembre 2015.

- Altre sessioni sinodali saranno convocate per espletare le diversevotazioni richieste. (vedi calendario in appendice).

LA SCHEDA DI LAVORO

La scheda di lavoro della terza tappa è così strutturata:

- l’icona biblica- i testi di riferimento che suggeriamo per la riflessione- alcune domande, traccia per il lavoro vicariale, le cui risposte saranno

sintetizzate in vista delle assemblee generali

Le domande servono a titolo esemplificativo e funzionale ad avere sempresott’occhio il lavoro da svolgere.

In questa tappa avremo come riferimento tutti i documenti giàpresentati nei precedenti instrumenta laboris ai quali si aggiungono itesti riportati in questo libretto.

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Per rispondere alle domande dovremo tenere ancora sullo sfondo, anchequando non fossero esplicitamente citate, le tre prospettive pastorali con cuiabbiamo lavorato finora e i criteri che abbiamo scelto nel percorso:

- ospitalità dell’umano- differenza cristiana- lo stile di comunione nelle e tra le parrocchie

Saremo così accompagnati ed aiutati a rimanere fedeli allo stile di lavoro e diriflessione sino ad ora adottati.

COME FARE SINTESI

Ciascuna assemblea vicariale dovrà compilare una scheda riassuntiva con lerisposte alle domande proposte. Le sintesi dei vicariati devono essere inviate allasegreteria entro il 22 novembre 2015 per permettere alla Presidenza di elaborarele proposizioni che saranno poi discusse nella sessione del 5 dicembre.

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ICONA BIBLICAFILIPPO BATTEZZA UN ETIOPE: AT 8, 26-40

26Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: «Àlzati e va' verso il mezzogiorno,sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta».27Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etiope, eunuco, funzionario diCandace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venutoper il culto a Gerusalemme, 28stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva ilprofeta Isaia.29Disse allora lo Spirito a Filippo: «Va' avanti e accostati a quel carro».30Filippocorse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello chestai leggendo?».

31Egli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?». E invitò Filippo asalire e a sedere accanto a lui.

32Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo:Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voceinnanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. 33Nella sua umiliazione ilgiudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché èstata recisa dalla terra la sua vita.

34Rivolgendosi a Filippo, l'eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dicequesto? Di se stesso o di qualcun altro?».35Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciòa lui Gesù.

36Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c'era dell'acqua e l'eunuco disse:«Ecco, qui c'è dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». [37]38Fecefermare il carro e scesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lobattezzò.39Quando risalirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco nonlo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada.40Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava,finché giunse a Cesarea.

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L’incontro tra Filippo e l'Etiope, che culmina con la conversione e il battesimodi quest'ultimo, rappresenta, per una Chiesa in uscita, un paradigma di primoannuncio e d’iniziazione cristiana. Approfondiamone insieme qualche aspettosenza pretesa di completezza.

Filippo il missionario

Filippo è uno dei sette diaconi, uomini di buona reputazione, scelti dopo laPentecoste affinché si prendessero cura delle vedove e dei poveri come aiutantinelle incombenze pratiche, e consacrati dagli apostoli con l'imposizione delle

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mani in un ministero stabile. Essi non si limitano, però, a essere collaboratori,sono corresponsabili, come Stefano, dell'evangelizzazione. Non per niente,anche per distinguerlo da uno dei Dodici, gli Atti degli apostoli chiamano Filippo“evangelista”, nel senso di annunciatore del Vangelo.

A causa della persecuzione anticristiana capeggiata, tra gli altri, da Saulo diTarso, Filippo, con altri membri della prima comunità cristiana, fugge daGerusalemme, e si fa poi evangelizzatore in Samaria con straordinari risultati.Predica, esorcizza, guarisce, battezza, riportando gioia tra le folle e crea così laprima comunità cristiana oltre i confini della Giudea.

Tra i neo-battezzati c'era Simone, un “mago” notissimo in città che stavasempre vicino a Filippo ma che dopo il suo arrivo aveva perduto la popolarità dicui aveva goduto fino allora. Quando arrivarono Pietro e Giovanni daGerusalemme, a completare l'iniziazione cristiana di quei battezzati conl'effusione dello Spirito, Simon Mago svelò le sue vere intenzioni. Già chiamato“Potenza di Dio” prima dell'arrivo di Filippo, cercò di “comprare” da Pietro ilpotere di conferire lo Spirito. Pietro riconobbe così in lui, il più vicinocollaboratore di Filippo, un battezzato “non cristiano”, un arrivista, uncalcolatore, interessato solo alla ricerca del potere e incapace di comprendere lagratuità di Dio. Rivolse però anche a lui l'appello alla conversione, esortandolo achiedere perdono per “l’intenzione del suo cuore” che amareggiava la sua vita dicollaboratore di quella comunità.

Filippo era, con ogni probabilità, “a terra” quando Gesù gli disse di alzarsi. Nonsi era reso conto di chi fosse e soprattutto del perché stesse con lui il più fedeledei suoi nuovi fratelli. Brav'uomo, coraggioso evangelizzatore dei samaritani,ritenuti eretici dagli israeliti, guaritore e battezzatore, fondatore di comunità esuscitatore di gioia, non era stato in grado di valutare con saggezza la personalitàdel suo collaboratore.

L’Etiope evangelizzato

Ebrei discendenti dal figlio nato dall'unione tra la leggendaria regina di Saba ere Salomone, sarebbero all'origine di una comunità ebraica 'anomala', quasiquanto quella samaritana, presente in Etiopia, terra lontanissima e, per queitempi, misteriosa. Certamente questa lontananza geografica e religiosadell'Etiope racchiude una lontananza ancora più profonda, perché di lui si diceche è eunuco. Da quella terra, infatti, proviene questo funzionario che era salitoa Gerusalemme per prestare culto al Dio di Salomone nel luogo del tempio da luistesso costruito. E' stato un lungo viaggio, reso possibile dalla sua agiatacondizione economica, derivante dall'avere una posizione lavorativa dieccellenza: era un funzionario di corte amministratore di tutti i beni della suaregina.

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Ricco e potente questo funzionario era tuttavia un eunuco e probabilmente lasua carriera presso la corte iniziò così: fin da ragazzo, una mutilazionedell'apparato genitale, gli aveva permesso di entrare tra coloro che potevanooccuparsi dei delicati compiti di sorveglianza dei ginecei. Di certo c'era alloragrande richiesta di persone come lui, cui poter affidare senza timore taleincarico. La sua carriera fu poi favorita anche dal fatto che compiti diresponsabilità economica potevano essergli affidati non dovendo eglipreoccuparsi di tramandare beni ai suoi eredi. Inoltre, essendo nell'impossibilitàdi avere una famiglia e dei figli propri, era completamente dedito alla suamansione. Carriera, potere e denaro erano però stati pagati ad alto prezzo:l'esclusione di affetti familiari e, dietro le spalle, il disprezzo dei suoi sottoposti.Nel Dio dei suoi padri, Jahvé, aveva così trovato conforto. Lui lo avrebbe accoltocome uomo vero, come parte del suo popolo. Ben diversa, invece, sarebbe statala cruda realtà: nel Deuteronomio è scritto che gli eunuchi non possono entrarenella comunità del Signore a partecipare alle assemblee cultuali. Qualedelusione, dunque, quando, giunto al tempio di Gerusalemme, dovette rimanerenel cortile dei gentili, dei non circoncisi! Lo stesso motivo che aveva reso sterilela sua vita, che lo aveva allontanato da uomini e donne, lo teneva lontano anchedal suo stesso Dio.

Tornando dal culto, durante il viaggio, aveva aperto una delle sue amate paginesacre, per lui così oscura, eppure, apparentemente così adatta alla sua attualecondizione spirituale. Di chi stava parlando Isaia, si chiedeva? Come si puòrestare a bocca chiusa, lasciarsi portare ingiustamente alla morte, senzaribellarsi a Dio e agli uomini? Che senso ha una vita di umiliazioni senzapossibilità di riscatto, neppure potendo vedere i propri figli godere del frutto deisuoi sacrifici? Tutti i suoi averi andranno perduti, il suo potere svanirà e di lui nonresterà nulla, se neppur Dio lo vuole accanto a sé. A che allora il sacrificio che glifu imposto da ragazzo e che l’ha drammaticamente segnato per tutti quegli anni?

La grazia dell’incontro

Un apostolo “a terra” e un uomo, scuro di pelle e di volto, fallito e finito, sonosul punto di incontrarsi per iniziativa del Risorto. A essa Filippo acconsente e sirialza interiormente. Dopo la bruciante umiliazione della vicenda di SimonMago, ci sorprendiamo della sua docilità: recarsi su una strada deserta, parolache evoca un'immagine di distruzione, di abbandono, di sterilità, e in un'oraimpossibile. Ora, però, della sua saggezza troppo umana aveva imparato adiffidare. Preferiva ascoltare gli inviati del suo Signore e la voce interiore del suoSpirito prima dei suoi ragionamenti. Alzati, va e cammina, fatti avanti, accostati:sono i verbi rivolti a Filippo, i verbi rivolti ad una Chiesa che deve “uscire” perevangelizzare con gioia. Filippo, che non solo si avvicinò, ma corse verso l'Etiopee verso il suo carro in cui si era chiuso in solitudine, lo ascoltò e lo capì. Non

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diede risposte, non fece discorsi, ma pose una semplicissima domanda.Comprendi il senso di ciò che leggi, di ciò che stai facendo?

La crisi dell'Etiope rende ora possibile la svolta: lui invita a entrare un altro nelluogo dove egli è drammaticamente solo, lo invita come fratello che gli siedeaccanto, lo fa salire accanto a sé riconoscendo, con umiltà, di aver bisogno di unaguida per capire e per capirsi.

E Filippo è una strana guida, perché parte ponendo una domanda e aspettache nel cuore dell'altro sorga e gli sia espressa la domanda più profonda: l'uomodescritto da Isaia è lo stesso profeta? Potrò forse trovar conforto sentendo Isaiacosì simile a me? O, cosa incredibile, proprio essendo profeta, potrà forse averpreveduto la mia vita? Possibile che nella Scrittura si parli proprio di me? O forsedi qualcun altro che ha vissuto ciò che sto vivendo io ora? Potrà forse realizzarsiin me per primo la profezia per cui “L'eunuco non dirà mai più: ecco, io sono unalbero secco” e che ho letto in questo stesso rotolo?

Solo a questo punto Filippo prende la parola e partendo dalla Parola annunciala buona notizia che è Gesù. È Lui che Filippo svela all'eunuco, portandolo per icammini della fede, attraverso il racconto di Gesù morto e risorto, che subisce lapassione e la distruzione del corpo per giungere alla vera vita e condurvi tutti ifratelli. Egli solo può farlo passare dalla sua condizione di morte alla possibilitàdi vita piena e feconda. E questo perché è innanzitutto Lui quello di cui parla ilprofeta prima di tutti quelli che unendosi a Lui possono passare dalla sterilitàalla fecondità. L'Etiope crede alla parola di Filippo, anzi, vedendo dell'acqua eavendo saputo del modo sacramentale con cui la vita divina inizia a donarsi agliuomini, chiede il battesimo. Anche il deserto sterile, se bagnato, rifioriscemeravigliosamente... e l'acqua di cui ha bisogno è la vita nuova che il Crocefissorisorto può dargli qui e ora.

Un versetto, aggiunto posteriormente e perciò non riportato nell’attuale testo(v.37), poneva sulla sua bocca anche un’antica confessione di fede battesimaleper esigenza di completezza celebrativa, ma ciò che è più interessante è cheanche Filippo scende nell’acqua. Quando una Chiesa missionaria genera nuovifigli, anch’essa ringiovanisce, si salva dalla sterilità e rinasce come madre.

La gioia del Vangelo si compie così sia per l’Etiope sia per l’evangelizzatore che,infatti, torna con rinnovato slancio alla sua missione: non rimane attaccato aldiscepolo convertito ma gli lascia il tempo disteso della libertà perché la sua fedepossa, attraverso la prova, crescere sempre più.

Un parallelo interessante

E ora una breve nota conclusiva: il precedente sinodo novarese aveva usatocome icona biblica unica quella dei discepoli di Emmaus. Ebbene, questanarrazione di Atti ha molti punti in comune con essa.

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Innanzitutto, siamo in situazione di cammino: l'Etiope è sulla strada che daGerusalemme scende verso Gaza; i discepoli, dice Luca, “erano in cammino perun villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus”.Stanno tornando dalla città santa ma la situazione è per tutti difficile: l'Etiope èsterile, toccato dalla morte; i discepoli hanno il «volto triste», hanno perso lasperanza di vedere Israele liberato e sono sconvolti. Per tutti, c'è incapacità dicapire: l'Etiope non sa interpretare quello che legge; i discepoli non sannointerpretare quello che hanno visto e in ambedue i casi, c'è uno sconosciuto cheprende l'iniziativa e fa la domanda iniziale: "Capisci quello che leggi?", chiedeFilippo; "Che sono questi discorsi?”, domanda Gesù. E poi, c'è la spiegazionedello sconosciuto, che cammina con loro, e li guida alla scoperta della fede.Filippo spiega all'Etiope la Scrittura partendo dall'evento del Cristo morto erisorto. Gesù spiega la sua morte e rivela la sua risurrezione a partire dallaScrittura. Quando poi la fede è stata aiutata a nascere e guidata, apparel'elemento sacramentale: Filippo battezza l'Etiope; Gesù ripete il gestoeucaristico. E alla fine, sia Filippo sia Gesù spariscono: il maestro esteriorevisibile sembra andarsene, ma c'è lo Spirito ora ad ammaestrare il cuore dicoloro che hanno creduto, e a guidarli nella comunità ecclesiale e sulle strade delmondo, sulla via della vita nuova.

La missione verso i giovani e le famiglie non potrà, dunque, essere di formadiversa o dimenticare quella diretta a coloro che dalla comunità cristiana si sonoallontanati, fisicamente o anche solo interiormente. Anche per loro è l’annuncioevangelico, perché possa riaccendersi la fede.

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A. La pastorale familiare

1. La Pastorale Familiare per rinnovare le parrocchie e avviare le UPM

Dal Direttorio di Pastorale familiare della Chiesa ItalianaSecondo il disegno di Dio, il matrimonio trova la sua pienezza nella famiglia, di

cui è origine e fondamento. Da questo intimo e costitutivo legame con ilmatrimonio e con l'amore che lo definisce, ogni famiglia deriva, perciò, la suaidentità e la sua missione di custodire, rivelare e comunicare l'amore, attraversola formazione di una autentica comunità di persone, il servizio alla vita, lapartecipazione allo sviluppo della società1.

La famiglia cristiana, comunione di persone, segno e immagine dellacomunione del Padre e del Figlio nello Spirito Santo, oltre ai compiti oraricordati, ha anche quello di partecipare alla vita e alla missione della Chiesa.Infatti, nata ed alimentata dal sacramento del matrimonio, la famiglia cristiana,già a partire dalla coppia coniugale che ne costituisce il nucleo originario,possiede un'essenziale struttura ecclesiale. Essa è “comunità d'amore e di vita”,formata dalla coppia e dal nucleo familiare, ma è anche, e in profondità,“comunità di grazia”, in intimo e vivo legame con la Chiesa. Anzi, il suo legamecon la Chiesa è così profondo e radicale da risultare elemento costitutivodell'identità cristiana della famiglia. Essa, a suo modo, è una “rivelazione” e una“realizzazione” del mistero della Chiesa, il quale, a sua volta e reciprocamente,vive e si manifesta anche dentro e attraverso la concreta e tangibile realtà dellafamiglia cristiana. (n. 14)

Per questi motivi, secondo l'autorevole insegnamento del Vaticano II, lafamiglia cristiana può essere chiamata «Chiesa domestica», poiché essa è, a suomodo, «viva immagine e storica ripresentazione del mistero stesso dellaChiesa2». In virtù di questa sua connotazione, essa partecipa alla fecondità dellaMadre Chiesa e si presenta insieme come comunità salvata dall'amore di Cristoche le è donato e come comunità che salva perché chiamata ad annunciare e a

TESTI DI RIFERIMENTO PER LA RIFLESSIONEE DOMANDE PER IL LAVORO NEI GRUPPI

La pastorale familiare e la pastorale giovanilenelle Unità Pastorali Missionarie

1 Cf Familiaris consortio, n. 17.2 Familiaris consortio, n. 49.

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comunicare lo stesso amore di Cristo ed è messa in grado di rispondere a questasua chiamata.

Affonda, inoltre, le sue radici in questo mistero la missione della famigliacristiana nei confronti sia della Chiesa sia della società e del mondo intero. Glisposi, infatti, che già per il Battesimo sono partecipi della vita e della missionedella Chiesa, in forza del sacramento del matrimonio da essi celebrato, sonochiamati a ravvivare e a vivere costantemente i loro impegni battesimali informe e contenuti nuovi, secondo uno stile coniugale e attraverso le realtàproprie della loro esistenza.

Così pure la famiglia intera - chiamata a configurarsi come comunione-comunità di fede, nella quale la fede viene accolta, vissuta, annunciata,testimoniata e trasmessa da tutti i suoi membri3 - «è posta al serviziodell'edificazione del Regno di Dio nella storia mediante la partecipazione allavita e alla missione della Chiesa4» . Con il suo stesso esistere, prima cheattraverso specifiche attività, in quanto stato particolare di vita cristiana, èannuncio del Vangelo e partecipa così alla missione evangelizzatrice di tutta laChiesa. (n. 15)

Nello stesso tempo e condividendo l'unica missione della Chiesa, «in quanto“piccola Chiesa”, la famiglia cristiana è chiamata, a somiglianza della “grandeChiesa”, ad essere segno di unità per il mondo e ad esercitare in tal modo il suoruolo profetico testimoniando il regno e la pace di Cristo, verso cui il mondointero è in cammino». Per altro, tale missione, che può e deve essere vissutasecondo diverse forme e modalità, trova certamente nella fisionomia di “Chiesadomestica” nuove sottolineature, ragioni e contenuti; ma essa sgorga dallacaratteristica nativa di ogni famiglia quale cellula primaria e originaria dellasocietà. La famiglia, infatti, «è la società naturale in cui l'uomo e la donna sonochiamati al dono di sé nell'amore e nel dono della vita. L'autorità, la stabilità ela vita di relazione in seno alla famiglia costituiscono i fondamenti della libertà,della sicurezza, della fraternità nell'ambito della società. La famiglia è lacomunità nella quale, fin dall'infanzia, si possono apprendere i valori morali, sipuò incominciare ad onorare Dio e a far buon uso della libertà. La vita difamiglia è un'iniziazione alla vita nella società». (n. 16)

Una pastorale familiare autentica non potrà mai fare a meno di annunciare,celebrare e servire il “Vangelo del matrimonio e della famiglia” in tutti i suoicontenuti. La Chiesa intera lo annuncerà nella predicazione, con la catechesi e

3 Cf Comunione e comunità nella Chiesa domestica, n. 19.4 Familiaris consortio, n. 49; cf Deliberazioni conclusive della XII Assemblea Generale della CEI.

Criteri fondamentali della pastorale matrimoniale, n. 1.

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attraverso la testimonianza; lo celebrerà nella liturgia e con la grazia deisacramenti; lo servirà con le diverse iniziative e strutture di sostegno e dipromozione che appariranno più opportune e più urgenti.

Come in ogni altra azione pastorale, la Chiesa nello svolgere questo compitodovrà rispondere ad alcuni criteri fondamentali, che scaturiscono dalla stessamissione salvifica affidatale dal Signore Gesù. In virtù di questi criteri, anchel'operatore di pastorale familiare dovrà comunicare la fede e l'insegnamentoautentici della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia; sarà attento allecondizioni concrete in cui vivono gli uomini e le donne di oggi; inseriràorganicamente la sua opera nella permanente azione educativa svolta dallaChiesa per lo sviluppo della vocazione battesimale nelle sue diversespecificazioni; sosterrà e accompagnerà con gradualità il cammino degli sposi edelle famiglie verso la santità e li aiuterà a fare del matrimonio, al tempo stesso,il punto di arrivo e di partenza nella vita e nella missione della famiglia cristian.(n. 17)

Soprattutto è indispensabile aiutare gli sposi e le famiglie cristiane a viveresecondo questo “Vangelo”: è un compito che riguarda tutta la Chiesa e, in essa,tutti e singoli i fedeli secondo il loro posto e il loro ministero. In tal modo, iconiugi e le stesse famiglie saranno aiutati a prendere piena coscienza della lorodignità, del loro dono e della loro responsabilità. Coerentemente saranno messiin grado di farsi a loro volta soggetto attivo e responsabile di una missione disalvezza, radicata nel battesimo e nel matrimonio, che non solo li riguarda e licoinvolge, ma che chiede anche di compiersi a beneficio proprio e di altri anchemediante la loro parola, azione e vita. (n. 20)

Così intesa, la pastorale familiare ha come soggetto responsabile ogni Chiesalocale e, proprio per questo, è compito di tutta la comunità cristiana e, in essa,delle coppie e delle famiglie cristiane. E', quindi, necessario e urgente che«l'esposizione della fede e dell'insegnamento della Chiesa circa il matrimonio ela conseguente opera evangelizzatrice in ordine alla preparazione, allacelebrazione del sacramento e alla vita coniugale che da esso procede,impegnino in modo organico e permanente ogni comunità ecclesiale, con lapartecipazione di tutte le sue componenti e con il servizio di tutti i ministeri edoni, dei quali il Signore l'ha dotata». (n. 21)

Inoltre, poiché la famiglia rappresenta uno snodo obbligato per rifare il tessutodelle comunità ecclesiali e della società, la pastorale familiare appare come parteintegrante di tutta l'azione pastorale della Chiesa. Ne consegue che la Chiesa, giàvivendo quotidianamente la sua missione, esprime la sua cura per la famiglia el'aiuta e la sprona ad essere se stessa secondo il disegno di Dio; mediante poi una

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costante e sistematica opera di coordinamento tra i vari ambiti e organismipastorali, la Chiesa deve considerare i riflessi e le implicazioni familiari di ogni suainiziativa o proposta e deve accogliere e valorizzare il contributo che, in virtù delsacramento del matrimonio, gli sposi e le famiglie sono in grado di offrire. (n. 22)

2. Le tradizionali occasioni di incontro tra comunità ecclesiale efamiglia (i cammini di preparazione al matrimonio, i primi anni di vitamatrimoniale, l’incontro dei genitori negli anni dell’iniziazionecristiana, ecc.): una occasione per la missione paradigmatica

Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia – CEI (2012)

Alleanze educative attorno alle giovani famiglieOccorre sempre più costituire un collegamento fra la preparazione al

matrimonio, i primi passi della vita di coppia e l’iniziazione cristiana attraversosignificativi progetti di accompagnamento. La comunità cristiana può alloraproporsi come una rete di famiglie in grado di custodire un patrimonio ricco diesperienza che affonda le radici nella tradizione viva del magistero della Chiesa.In questo modo possono essere offerte iniziative e percorsi che favoriscanoquesto scambio di stimoli ed esperienze fra famiglie, per sostenere la crescitadella coppia nelle fasi più critiche dei suoi passaggi evolutivi. «La famiglia vaamata, sostenuta e resa protagonista attiva dell’educazione non solo per i figli,ma per l’intera comunità… Corroborate da specifici itinerari di spiritualità, lefamiglie devono a loro volta aiutare la parrocchia a diventare famiglia difamiglie» (Educare alla vita buona del Vangelo, 38). Le forme diaccompagnamento che possono emergere dalla creatività ed esperienza dellediverse realtà pastorali sono molte e variegate. Ad esempio, quella di creareoccasioni di dialogo in coppia, fornire metodologie per migliorare lacomunicazione, intrecciare relazioni di amicizia con altre coppie, proporre

Abbiamo nelle precedenti sessioni ragionato sulla necessitàdi passare da una pastorale settoriale a una pastoraleintegrata e missionaria. In quest’ottica (vedi n° 11 “Il voltomissionario delle parrocchie…) come possono le nostrecomunità porre la famiglia come centro delle attivitàpastorali, valutando i riflessi e le implicazioni familiari diogni iniziativa?

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incontri per imparare a pregare e a confrontarsi con la parola di Dio attraverso laSacra Scrittura, suggerire luoghi o persone che possono offrire un ascolto attentoe qualificato in momenti di difficoltà, favorire l’incontro con presbiteri e coppiepiù mature che sappiano porsi accanto e offrire uno sguardo di fede sulleesperienze quotidiane, ritiri o forme di esercizi spirituali per le famiglie.Attraverso queste modalità, la comunità cristiana può esprimere il suo desideriodi farsi carico della fragilità e della complessità del vivere la relazione coniugale,offrendo sostegno e accoglienza, stimolando una riflessione consapevole sulvalore del sacramento del matrimonio e della famiglia, lasciandosi interpellaredalla novità che nasce dall’incontro con le coppie che incontra. (n. 37)

Itinerari di fede: verso la celebrazioneSoggetto degli itinerari di fede verso il matrimonio è la comunità cristiana, che

attua così la sua opera di evangelizzazione. Pertanto i percorsi di fede verso ilsacramento del matrimonio non possono essere delegati ad altri (cfr n. 26), inquanto costituiscono un impegno primario della Chiesa che, con la presenza epartecipazione dei suoi vari membri, esprime la varietà dei carismi, annuncia ilVangelo e si propone ai fidanzati nel concreto vissuto della loro esistenza.Proprio in questa occasione, talvolta essi fanno di nuovo, spesso dopo anni,l’esperienza della Chiesa che li cerca e li accoglie con premura. La proposta dipercorsi di fede verso il sacramento del matrimonio incontra oggi le molteplicisituazioni di vita dei destinatari dovute al lavoro, allo studio, alla maggioremobilità, e richiede anche una formulazione nuova e duttile, che però non devemai contraddire il carattere di percorso e negare, di fatto, la presenza e lasoggettività della comunità cristiana. Anche quando ci si avvale del contributo diesperti e di professionisti per affrontare alcune tematiche, è opportuno che ilgruppo sia accompagnato nel cammino da una équipe fissa di animatori,costituita – come già detto – da un sacerdote, da coppie di sposi e da personeconsacrate, in proporzione ragionevole rispetto al numero di coppie di fidanzatipartecipanti. Questa sinergia tra diverse figure è importante: i fidanzati hannocosì la possibilità di sperimentare dal vivo la complementarità e cordialecollaborazione tra i ministeri e i carismi con cui si edifica la Chiesa. (n. 23)

Papa Francesco Udienza Generale - Mercoledì, 27 maggio 2015

I corsi prematrimoniali sono un’espressione speciale della preparazione. E noivediamo tante coppie, che magari arrivano al corso un po’ controvoglia, “Maquesti preti ci fanno fare un corso! Ma perché? Noi sappiamo!” … e vannocontrovoglia. Ma dopo sono contente e ringraziano, perché in effetti hannotrovato lì l’occasione – spesso l’unica! – per riflettere sulla loro esperienza intermini non banali. Sì, molte coppie stanno insieme tanto tempo, magari anche

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nell’intimità, a volte convivendo, ma non si conoscono veramente. Sembrastrano, ma l’esperienza dimostra che è così. Per questo va rivalutato ilfidanzamento come tempo di conoscenza reciproca e di condivisione di unprogetto. Il cammino di preparazione al matrimonio va impostato in questaprospettiva, avvalendosi anche della testimonianza semplice ma intensa diconiugi cristiani. E puntando anche qui sull’essenziale: la Bibbia, da riscoprireinsieme, in maniera consapevole; la preghiera, nella sua dimensione liturgica,ma anche in quella “preghiera domestica”, da vivere in famiglia, i sacramenti, lavita sacramentale, la Confessione, … in cui il Signore viene a dimorare neifidanzati e li prepara ad accogliersi veramente l’un l’altro “con la grazia di Cristo”;e la fraternità con i poveri, con i bisognosi, che ci provocano alla sobrietà e allacondivisione. I fidanzati che si impegnano in questo crescono ambedue e tuttoquesto porta a preparare una bella celebrazione del Matrimonio in mododiverso, non mondano ma in modo cristiano!

Lettera Pastorale: “Come sogni la chiesa di domani”

Le nuove famiglie: generare nella fedeLa seconda scelta tenta di introdurre un percorso nuovo, che propone

un’attenzione singolare alle coppie e alle famiglie dei primi dieci/quindici annidi matrimonio. È noto che questo tempo della vita della famiglia sembraparticolarmente trafelato e talvolta assente alla vita della Chiesa. D’altra parteanche l’attenzione delle nostre parrocchie non sembra focalizzare questomomento nella sua specifica grazia e nelle opportunità che porta con sé.Dobbiamo riconoscere con franchezza che non è facile dire, in questo periododella vita di famiglia, parole persuasive e incoraggianti sui due temi piùimportanti per le giovani famiglie: iniziare a vivere insieme e la generazione deifigli. Sono questi due aspetti che segnano il primo periodo della vita a due comeun momento di grazia arduo e pieno di nuove sfide. Anzi qui si gioca il futurostesso della famiglia che nasce: sarebbe un imperdonabile peccato se la Chiesanon sapesse e non fosse presente nel momento più bello e più intrigante deiconiugi che, mentre generano la vita, ridefiniscono anche il loro legame di sposi.

* * *La parrocchia del futuro avrà a cuore in modo particolare le giovani famiglie.

Sarà possibile farlo almeno nel contesto dell’unità pastorale, dove un sacerdote,un diacono e una coppia sensibili si prenderanno cura di un cammino di crescitainsieme. Suggerisco alcuni spunti per i due temi cruciali sopra ricordati.

L’“inizio della vita” a due è diventato un momento trepido. Nei primi anni glisposi novelli fanno una particolare esperienza dell’amore personale. Essisperimentano appunto la pienezza dell’essersi fidati, accolti, consegnati l’uno

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all’altra. Certo nella fase del fidanzamento questo era già fortemente presente,persino in modo travolgente. Si poteva correre il rischio di pensare che la forzatrascinante dell’eros, dell’attrazione fisica, psichica e spirituale desse buonaprova della bontà della relazione personale. La “prova” è una delle parole cheforse ricorre di più nel fidanzamento: uno ha bisogno quasi di un segno corporeodell’amore dell’altro, vuole provare prima di tutto a sé che l’altro è fatto per lui.Lo stesso dilagare del fenomeno della convivenza dice questo bisogno di“provare”. Ma questo può contenere un’illusione: il difetto ottico di confondere“esperimento” con “esperienza”. Per quanto si possa sperimentare prima, l’altronon può essere sottoposto a esperimento e non si potrà mai dire che cosasuccede dopo. Non solo ciò che avverrà molto più avanti negli anni, ma già dasubito quando l’incontro diventa comunione stabile di vita. Solo la stabilità ponenella condizione di fare “esperienza”, cioè di costruire un cammino comune chenon solo metta alla prova l’altro, ma si affidi (la fede!) alla promessa contenutanel cammino.

* * *Appartiene ai primi anni del matrimonio anche l’esperienza di mancanza,

d’indigenza, talvolta persino di logoramento. Niente in tutto ciò dell’esperienzatraumatica del conflitto e della solitudine che esplode a volte quando i figlistanno diventando grandi. Tuttavia la fine improvvisa di un fidanzamento duratoa lungo, l’aumento dei matrimoni brevi, dopo non molti anni se non appenadopo pochi mesi dalla celebrazione, richiede di sostare su questa specifica formadi crisi. È l’altra faccia dell’esperienza travolgente e sognante dell’inizio della vitaa due. Come ogni cosa grande essa porta con sé la possibilità di capovolgersi nelsuo contrario. Succede quando l’esperienza intensa e intima dell’amorepersonale viene consumata con voracità, quasi con ingordigia, senza prendere ilrespiro, senza interporre un momento di pausa, di silenzio, di rinvio, di attesa.Occorre invece prendere ritmo anche nei gesti dell’amore, accompagnarli con imomenti simbolici della parola, dell’attenzione, del riposo, della festa,dell’apertura a un servizio alla comunità e al bisogno dei fratelli. In una parola,l’inizio della vita a due richiede di distendersi nel tempo. Si può offrire una regolasemplice ma importante: l’unità di misura delle nostre emozioni e della nostraesperienza non può avere l’orizzonte ristretto di una giornata, ma deve guardarealla settimana o forse a un periodo più grande. Dentro questo sguardo devonostare insieme la tenerezza e l’attesa, la parola e il silenzio, la gioia e la fatica, ildivertimento e il lavoro, la cura della casa e l’apertura verso gli altri. La fisiologiadell’inizio della vita a due sta nella giusta armonia di questi aspetti.

La generazione dei figli irrompe come una forza travolgente nei primi anni divita a due. È l’evento sorprendente della nascita del bimbo. È un’esperienza chetocca nel profondo la vita della coppia nei primi anni del matrimonio e che puòcorrere il rischio persino di oscurare, tanto è piena di emozioni, l’altra nascita

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che abbiamo descritto sinora, quella alla vita “insieme”. Tra le due nascite, però,c’è una profonda continuità: la communio vitae tra gli sposi è così reale, corporeae profonda, che fiorisce nel frutto della comunione che è il figlio. Finito ilrodaggio, trovato il ritmo comune, subito s’affaccia per istinto di natura, maanche come esigenza profonda, alla mente degli sposi il pensiero del figlio. Tra ilfiglio sognato e il figlio reale c’è l’evento della nascita, che ha i tratti diun’e¬sperienza che ci fa toccare il mistero della vita. E tuttavia il figlio sognato eatteso è importante per rivelare il cuore degli sposi: se egli sia atteso come unbisogno di realizzazione di sé o sia accolto come una benedizione promessa.Proviamo a collocarci a fianco di due giovani sposi che aspettano la nascita delfiglio.

* * *Per questo vorrei che prendesse avvio nella nostra diocesi una particolare cura

dei primi anni della vita di famiglia. Viene incontro a questo desiderio il bel testopubblicato dalla Conferenza Episcopale Piemontese, Una Chiesa madre.Iniziazione cristiana dei bambini (2013), pubblicato dopo un lungo cammino diconfronto e riflessione tra la Commissione catechesi e la Commissione famigliadella regione. Lascio alle Linee Guida di indicare alcuni percorsi e strumenti.Desidero sottolineare soprattutto l’idea centrale del testo: l’iniziazione cristianadel bambini nei primi anni di vita non è solo preparazione al Battesimo,celebrazione del sacramento e accompagnamento dopo il Battesimo. Essa èpiuttosto “iniziazione” alla vita umana e cristiana di un figlio dentro una famigliache ha avviato i primi passi nel suo cammino di coppia. La celebrazione delbattesimo diventa quasi il momento “simbolico” che raccoglie un percorso piùampio che non va ristretto al rito del battesimo, ma accompagna il prima e ildopo del sacramento per ciò che esso significa e realizza: l’introduzione alla vitacristiana nella famiglia che si apre alla parrocchia. Non è più la relazione di duegiovani fidanzati diventati sposi, ma di una famiglia che vive la comunitàcristiana e di una parrocchia che accoglie una famiglia con il dono di una vitanuova. Chiamiamo questo tempo iniziazione battesimale (e pastoralebattesimale) insieme del bimbo e della coppia. Quando generano, gli sposi nonsolo “danno alla luce” un figlio, ma devono dargli anche “una luce per vivere”.Questa luce è il lumen fidei, che fa risplendere gli altri doni che i genitoritrasmettono: la vita, la casa, l’affetto e la lingua/parola. La fede dà colore e saporea questi doni che sono virtualmente contenuti nell’atto di generare e nelcammino dell’educare. Non c’è un cammino che prepara al battesimo e unapastorale postbattesimale, ma la domanda del battesimo introduce la coppia-che-diventa-famiglia in un cammino battesimale: gli sposi diventano genitori, ilfiglio viene accolto come un dono e portatore di una vocazione: la chiamata dellavita cristiana.

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INCONTRIAMO GESÙ Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia (CEI – 2014)

60. L’iniziazione cristiana oltre i 6 anni: una relazione tra famiglia e comunità. Le dinamiche e i valori colti nella realizzazione della pastorale dei primi anni

non vanno confinati in questa fascia di età. A poco servirebbe, in ordine allafecondità degli itinerari di iniziazione cristiana, se a partire dai 6-7 anni di età ipercorsi di gruppo dei bambini e dei ragazzi fossero interamente delegati aicatechisti, lasciando sullo sfondo il possibile apporto dei genitori e il contestoofferto dalla stessa vita comunitaria. L’accompagnamento dei genitori non potràche continuare, evolvendosi nelle forme e negli stessi obiettivi, dal momento checon l’innalzarsi dell’età i ragazzi reclamano maggiore autonomia dalla famiglia.Questa richiesta non va ignorata, ma preparata e gestita, perfezionandol’alleanza educativa con i genitori e con i contesti – innanzitutto ecclesiali – chepossono offrire un grande contributo alla realizzazione dei percorsi diiniziazione: oratorio, associazioni e movimenti. In concreto, si tratta non solo difissare veri e propri itinerari di catechesi per i genitori, ma anche e soprattutto diresponsabilizzarli a partire dalla loro domanda dei Sacramenti. Molte esperienzein questi anni hanno mostrato l’efficacia che deriva dal coinvolgere genitori efigli nella condivisione di alcuni appuntamenti di preghiera, di riflessione e diapprofondimento, suffragati da una sussidiazione semplice e mirata, vissuti inambito domestico, in gruppi, nella comunità. Fruttuosi sono pure quei metodiche convocano genitori e figli in appuntamenti periodici, dove si approfondisceil medesimo tema con attività diversificate, rimandando poi al confronto infamiglia. Si tratta di non lasciare sole le famiglie, ma di accompagnarle, aiutandoi genitori a trasmettere ai loro piccoli uno sguardo credente con cui leggere imomenti della vita. Lo si fa a partire da strumenti semplici: la preghiera e lalettura del Vangelo in famiglia, specie nei momenti forti dell’anno liturgico, leparole di fede per accogliere un momento di gioia, come la nascita di unfratellino o di una sorellina, un buon risultato nella scuola o nello sport, unaricorrenza familiare; ma anche per affrontare i motivi di tristezza che derivanoda un lutto, una malattia, un insuccesso, una delusione. Così pure si educainsegnando il valore del perdono donato e ricevuto, come del ringraziamento. Lafragilità della famiglia non di rado si ripercuote anche sui piccoli per cui icatechisti – in costante dialogo coi genitori – devono essere molto delicati eattenti di fronte alle situazioni che i bambini vivono in casa, valorizzando il benepossibile e offrendo sempre un orizzonte di pace, misericordia e perdono, senzail quale anche il migliore annuncio evangelico avrebbe poco senso e scarsaefficacia.

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3. La famiglia: il luogo della missione programmatica

Evangeli Gaudium

66. La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunitàe i legami sociali. Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventaparticolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società,del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri edove i genitori trasmettono la fede ai figli. Il matrimonio tende ad essere vistocome una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasimodo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno. Ma il contributoindispensabile del matrimonio alla società supera il livello dell’emotività e dellenecessità contingenti della coppia. Come insegnano i Vescovi francesi, nonnasce «dal sentimento amoroso, effimero per definizione, ma dalla profonditàdell’impegno assunto dagli sposi che accettano di entrare in una comunione divita totale». (Conférence des Évêques de France. Conseil Famille et Société,Élargir le mariage aux personnes de même sexe? Ouvrons le débat! (28septembre 2012).

Sinodo dei Vescovi - XIV Assemblea Generale Ordinaria -Instrumentum LaborisLa vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo

La dimensione missionaria della famigliaAlla luce dell’insegnamento conciliare e magisteriale successivo, viene

suggerito di approfondire la dimensione missionaria della famiglia come Chiesadomestica, che si radica nel sacramento del Battesimo e si realizza adempiendola propria ministerialità all’interno della comunità cristiana. La famiglia è persua natura missionaria ed accresce la propria fede nell’atto di donarla agli altri.Per intraprendere percorsi di valorizzazione del ruolo missionario loro affidato,

Le occasioni ordinarie di incontro con le famiglie in ogniparrocchia (Cammini di preparazione al matrimonio,accompagnamento delle giovani famiglie, catechesibattesimale e Iniziazione cristiana, ecc.) sono una primaoccasione per rendere concreta una pastorale integrata inmodo missionario.

Quali attenzioni porre per rinnovare questi percorsi?

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è urgente che le famiglie cristiane riscoprano la chiamata a testimoniare ilVangelo con la vita senza nascondere ciò in cui credono. Il fatto stesso di viverela comunione familiare è una forma di annuncio missionario. Da questo puntodi vista, occorre promuovere la famiglia come soggetto dell’azione pastoralemediante alcune forme di testimonianza, tra le quali: la solidarietà verso i poveri,l’apertura alla diversità delle persone, la custodia del creato, l’impegno per lapromozione del bene comune a partire dal territorio nel quale essa vive. (n. 48)

Catechesi e famigliaMolti ritengono necessario un rinnovamento dei percorsi catechistici per la

famiglia. Al riguardo, si abbia cura di valorizzare le coppie come soggetti attividella catechesi, specialmente nei confronti dei propri figli, in collaborazione consacerdoti, diaconi e persone consacrate. Tale collaborazione aiuta a considerare lavocazione al matrimonio come una realtà importante, a cui ci si deve preparareadeguatamente per un congruo periodo di tempo. L’integrazione di famigliecristiane solide e ministri affidabili rende credibile la testimonianza di unacomunità che si rivolge ai giovani in cammino verso le grandi scelte della vita.

La comunità cristiana rinunci ad essere un’agenzia di servizi, per diventareinvece il luogo in cui le famiglie nascono, si incontrano e si confrontano insieme,camminando nella fede e condividendo percorsi di crescita e di reciprocoscambio. (n. 53)

L’intimo legame tra Chiesa e famigliaLa benedizione e la responsabilità di una nuova famiglia, sigillata nel

sacramento ecclesiale, comporta la disponibilità a farsi sostenitori e promotori,all’interno della comunità cristiana, della generale qualità dell’alleanza fra uomoe donna: nell’ambito del legame sociale, della generazione dei figli, dellaprotezione dei più deboli, della vita comune. Questa disponibilità richiede unaresponsabilità che ha diritto di essere sostenuta, riconosciuta e apprezzata.

In virtù del sacramento cristiano ogni famiglia diventa a tutti gli effetti un beneper la Chiesa, che chiede per parte sua di essere considerata un bene per la stessafamiglia che nasce. In questa prospettiva sarà certamente un dono prezioso, perl’oggi della Chiesa, l’umile disposizione a considerare più equamente questareciprocità del “bonum ecclesiae”: la Chiesa è un bene per la famiglia, la famigliaè un bene per la Chiesa. La custodia del dono sacramentale del Signore investela responsabilità della coppia cristiana da un lato e quella della comunitàcristiana dall’altro, ciascuno nel modo che le compete. Di fronte all’insorgeredella difficoltà, anche grave, di custodire l’unione matrimoniale, ildiscernimento dei rispettivi adempimenti e delle relative inadempienze dovràessere lealmente approfondito dalla coppia con l’aiuto della comunità, alloscopo di comprendere, valutare e riparare quanto fu omesso o trascurato daentrambe le parti. (n. 59)

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La misericordia è verità rivelataPer la Chiesa si tratta di partire dalle situazioni concrete delle famiglie di oggi,

tutte bisognose di misericordia, cominciando da quelle più sofferenti. Nellamisericordia, infatti, risplende la sovranità di Dio, con cui Egli è fedele sempre dinuovo al suo essere, che è amore (cf. 1Gv 4, 8), e al suo patto. La misericordia è larivelazione della fedeltà e dell’identità di Dio con se stesso e così al tempo stessodimostrazione dell’identità cristiana. Perciò la misericordia non toglie nulla allaverità. Essa stessa è verità rivelata ed è strettamente legata con le fondamentaliverità della fede – l’incarnazione, la morte e risurrezione del Signore – e senza diesse cadrebbe nel nulla. La misericordia è «il centro della rivelazione di GesùCristo» (MV, 25). (n. 68)

Annunciare il Vangelo della famiglia oggi, nei vari contestiIl dialogo sinodale si è soffermato su alcune istanze pastorali più urgenti da

affidare alla concretizzazione nelle singole Chiese locali, nella comunione “cumPetro et sub Petro”. L’annunzio del Vangelo della famiglia costituisce un’urgenzaper la nuova evangelizzazione. La Chiesa è chiamata ad attuarlo con tenerezza dimadre e chiarezza di maestra (cf. Ef 4,15), in fedeltà alla kenosi misericordiosa delCristo. La verità si incarna nella fragilità umana non per condannarla, ma persalvarla (cf. Gv 3,16 -17). (n. 69)

Tenerezza in famiglia – tenerezza di DioTenerezza vuol dire dare con gioia e suscitare nell’altro la gioia di sentirsi

amato. Essa si esprime in particolare nel volgersi con attenzione squisita ai limitidell’altro, specialmente quando emergono in maniera evidente. Trattare condelicatezza e rispetto significa curare le ferite e ridonare speranza, in modo daravvivare nell’altro la fiducia. La tenerezza nei rapporti familiari è la virtùquotidiana che aiuta a superare i conflitti interiori e relazionali. Al riguardo, PapaFrancesco ci invita a riflettere: «Abbiamo il coraggio di accogliere con tenerezzale situazioni difficili e i problemi di chi ci sta accanto, oppure preferiamo lesoluzioni impersonali, magari efficienti ma prive del calore del Vangelo? Quantobisogno di tenerezza ha oggi il mondo! Pazienza di Dio, vicinanza di Dio,tenerezza di Dio» (Omelia in occasione della Santa Messa della Notte nellaSolennità del Natale del Signore, 24 dicembre 2014). (n. 70)

Evangelizzare è responsabilità di tutto il Popolo di Dio, ognuno secondo ilproprio ministero e carisma. Senza la testimonianza gioiosa dei coniugi e dellefamiglie, Chiese domestiche, l’annunzio, anche se corretto, rischia di essereincompreso o di affogare nel mare di parole che caratterizza la nostra società (cf.NMI, 50). I Padri sinodali hanno più volte sottolineato che le famiglie cattolichein forza della grazia del sacramento nuziale sono chiamate ad essere esse stessesoggetti attivi della pastorale familiare. (n. 71)

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La famiglia soggetto della pastoraleLa Chiesa deve infondere nelle famiglie un senso di appartenenza ecclesiale,

un senso del “noi” nel quale nessun membro è dimenticato. Tutti sianoincoraggiati a sviluppare le proprie capacità e a realizzare il progetto dellapropria vita a servizio del Regno di Dio. Ogni famiglia, inserita nel contestoecclesiale, riscopra la gioia della comunione con altre famiglie per servire il benecomune della società, promuovendo una politica, un’economia e una cultura alservizio della famiglia, anche attraverso l’utilizzo dei social network e dei media.

Si auspica la possibilità di creare piccole comunità di famiglie come testimoniviventi dei valori evangelici. Si avverte il bisogno di preparare, formare eresponsabilizzare alcune famiglie che possano accompagnarne altre a viverecristianamente. Vanno pure ricordate e incoraggiate le famiglie che si rendonodisponibili a vivere la missione “ad gentes”. Infine, si segnala l’importanza dicollegare la pastorale giovanile con la pastorale familiare. (n. 72)

Conversione missionaria e linguaggio rinnovatoPer questo si richiede a tutta la Chiesa una conversione missionaria: è

necessario non fermarsi ad un annuncio meramente teorico e sganciato daiproblemi reali delle persone. Non va mai dimenticato che la crisi della fede hacomportato una crisi del matrimonio e della famiglia e, come conseguenza, si èinterrotta spesso la trasmissione della stessa fede dai genitori ai figli. Dinanzi aduna fede forte l’imposizione di alcune prospettive culturali che indeboliscono lafamiglia e il matrimonio non ha incidenza. (n 76)

La conversione è anche quella del linguaggio perché esso risulti effettivamentesignificativo. L’annunzio deve far sperimentare che il Vangelo della famiglia èrisposta alle attese più profonde della persona umana: alla sua dignità e allarealizzazione piena nella reciprocità, nella comunione e nella fecondità. Non sitratta soltanto di presentare una normativa ma di proporre valori, rispondendoal bisogno di essi che si constata oggi anche nei Paesi più secolarizzati. (n. 77)

Il messaggio cristiano deve essere annunciato prediligendo un linguaggio chesusciti la speranza. È necessario adottare una comunicazione chiara edinvitante, aperta, che non moralizzi, giudichi e controlli, e renda testimonianzadell’insegnamento morale della Chiesa, restando contemporaneamentesensibile alle condizioni delle singole persone.

Poiché su diversi temi il Magistero ecclesiale non viene più compreso da molti,si avverte l’urgenza di un linguaggio in grado di raggiungere tutti, specialmente igiovani, per trasmettere la bellezza dell’amore familiare e far comprendere ilsignificato di termini come donazione, amore coniugale, fecondità eprocreazione. (n. 78)

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La mediazione culturalePer una trasmissione più appropriata della fede appare necessaria una

mediazione culturale capace di esprimere con coerenza la duplice fedeltà alVangelo di Gesù e all’uomo contemporaneo. Come insegnava il Beato Paolo VI: «Anoi specialmente, Pastori nella Chiesa, incombe la cura di ricreare con audacia esaggezza, in piena fedeltà al suo contenuto, i modi più adatti e più efficaci percomunicare il messaggio evangelico agli uomini del nostro tempo» (EN, 40).

Oggi, in modo particolare, è necessario porre l’accento sull’importanzadell’annuncio gioioso e ottimista delle verità della fede sulla famiglia, ancheavvalendosi di équipes specializzate, esperte in comunicazione, che sappianotenere in giusto conto le problematiche derivanti dagli stili di vita odierni. (n. 79)

B. La pastorale giovanile

2. Dalla lettera pastorale“Come sogni la chiesa di domani?” (2013)di mons. Franco Giulio Brambilla

I giovani ancora: un volano per il futuroLa terza scelta riguarda ancora i giovani. Ho già indicato nella prima lettera

pastorale sulla fede questo percorso come preferenziale per l’anno appenatrascorso. Ora si tratta di raccogliere i frutti su cui i vicari parrocchiali impegnaticon i giovani e la Commissione diocesana di pastorale giovanile hannoconvenuto attraverso l’assiduo confronto avvenuto quest’anno. Ringrazio dicuore coloro che ci hanno creduto e hanno accolto con convinzione la sfida.Ricordo a chi fosse ancora timoroso o autosufficiente che, se fa da solo, il suoagire corre il rischio di essere sterile. Una vera pastorale giovanile deve proporrecammini che aiutano i giovani a diventare adulti nella vita e nella fede e a stareda grandi nella comunità cristiana e nel mondo. Raccolgo soltanto due serie diindicazioni: la prima riguarda le scelte e gli strumenti su cui ci si è trovatid’accordo per rilanciare la pastorale giovanile nei prossimi anni; la seconda èun’opzione strategica che s’inserisce nel discorso più ampio delle unitàpastorali.

Nell’ultimo incontro di quest’anno pastorale i preti impegnati in pastoralegiovanile hanno convenuto saggiamente su cinque punti di cui gli ultimi quattro

Una Chiesa in uscita deve saper programmare azioni nuoveper raggiungere quelle famiglie che non si incontrano nellapastorale ordinaria.

Quali potranno essere realizzate nei vostri territori?

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sono le scelte importanti che riguardano i responsabili e le iniziative qualificantiper tutta la diocesi. Esse sono le seguenti: indicazione dei Responsabili preti edei Direttori d’Oratorio (con i loro collaboratori) per le Unità di PastoraleGiovanile (UPG); attivazione dei percorsi di formazione per i Responsabili,Direttori e collaboratori; inizio del cammino di Traditio/Redditio per i 18-19enni; proposta di cammini differenziati per giovani, da aprire alla dimensionedella carità e della missione. Come si vede agevolmente due sono scelte cheriguardano i responsabili: cioè le persone e gli strumenti perché la pastoralegiovanile diventi un’opera corale, bisognosa di molteplici presenze e di unaformazione intensa. Si tratta di scelte che avranno futuro soltanto se sonocollocate dentro una prospettiva distesa nel tempo, a cui bisogna dedicare,fiducia, energie e risorse. Il vescovo conferma di cuore questa prospettiva chesarà decisiva per il futuro, se verrà assunta da tutti come la direzione verso cuicamminare con decisione. Le altre scelte riguardano due iniziative che possonodare un tocco di novità a due età decisive della vita giovanile. La prima riguardail compimento del cammino adolescenziale da proporre ai 18/19enni, conl’iniziativa della Traditio/Redditio: si propone per chi ha raggiunto questa etàun’assunzione del cammino di fede e di chiesa, da traghettare verso una sceltadi vita personale. La seconda riguarda i giovani più grandi (circa dopo i 22-23anni), a cui proporre significative esperienze (la carità, la missione, masuggerisco anche l’impegno civile) per consolidare la propria scelta di vita.Queste quattro proposte mi sembrano i punti essenziali di convergenza, a cuirichiamare tutti coloro che hanno a cuore la crescita degli adolescenti e giovani.

L’ultimo aspetto mi pare prospettico per il futuro ed è in realtà il primo della“carta di intenti” che è stata proposta dai giovani preti: l’individuazione delleUnità di Pastorale Giovanile (UPG) sul territorio della diocesi. Su questo vorreispendere una parola precisa. Ritengo che sia la questione decisiva: non tantoper la preoccupazione di definire, per tutta la diocesi, i confini delle UPG,quanto piuttosto per trovare luoghi di vita cristiana e persone di riferimento chesi prendano cura degli adolescenti e dei giovani (in particolare di questi ultimi,che per varie ragioni sembrano rarefarsi in molte zone della nostra vastadiocesi). Anzi penso che la maggiore mobilità e duttilità degliadolescenti/giovani e della pastorale a essi dedicata possa costituire il “volano”per il decollo del movimento virtuoso delle stesse Unità Pastorali. Saranno gliadolescenti e i giovani di oggi, se li aiuteremo a vivere in questa prospettiva, cheabbatteranno domani le barriere della parrocchia autonoma e autosufficiente.Per questo ho ripreso in questa lettera “ancora” il tema della pastorale giovanilee ho evidenziato questo momento che ritengo strategico per disegnare la Chiesadel futuro e alimentare la linfa della vita ecclesiale delle nostre comunità. (pag.81-84)

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2. “Il laboratorio dei talenti”Nota pastorale della CEI sul valore e la missione degli oratori nel contesto dell’educazione alla vita buona del Vangelo (2013)

Identità ecclesiale dell’oratorioL’oratorio è espressione della cura materna e paterna della Chiesa. Nasce

dall’amore della comunità ecclesiale per le nuove generazioni e, quindi, non puòessere affidato ad altri soggetti, seppur competenti, che non abbiano le stessefinalità, perchè quando viene meno una chiara appartenenza ecclesialel’oratorio perde la sua identità. Quest’originaria e vitale appartenenza vadeclinata nelle diverse situazioni e nelle molteplici forme con cui la Chiesa èpresente nel territorio. L’appartenenza ecclesiale dell’oratorio è espressaanzitutto a livello di Chiesa particolare attraverso la comunione con il Vescovodiocesano, il quale indica le principali linee educative e gli orientamentipastorali, a cui devono riferirsi anche le realtà promosse da istituti religiosi o altrisoggetti ecclesiali. Per favorire e incentivare un cammino educativo unitario puòessere utile costituire un coordinamento diocesano.

L’oratorio deve, inoltre, poter contare su di un clima di costruttivacollaborazione con tutti i soggetti ecclesiali presenti nel territorio. E’fondamentale l’apporto dei consigli pastorali e delle consulte di pastoralegiovanile, ai diversi livelli (parrocchiale, zonale, vicariale, diocesano) sia perl’elaborazione del progetto sia per la costante verifica dell’attività educativadell’oratorio. Il progetto educativo, mentre evidenzia l’identità dell’oratorio, nefavorisce anche la crescita nella condivisione e nella sapiente regia, nellaprogettualità, nella responsabilità, nella operatività di tutti i soggetti e di tutte lepersone coinvolte. Tale progetto deve essere largamente condiviso e verificato datutti i soggetti coinvolti: sacerdoti, educatori, giovani e famiglie. Tutto cio?richiede pazienza, attenzione e corresponsabilità condivisa.

La convergenza di tutti attorno al progetto educativo dell’oratorio potràfavorire anche la valorizzazione di una “ministerialità educativa” in grado dipromuovere i carismi, valorizzare i talenti e mettere a frutto i doni suscitati dalloSpirito. Preziose sono le iniziative degli ordini religiosi e degli istituti di vitaconsacrata, così come il coinvolgimento delle aggregazioni laicali, soprattutto diquelle particolarmente contrassegnate da un carattere educativo. Interpretifondamentali dell’identità ecclesiale dell’oratorio sono i responsabili e glieducatori. Chi assume il compito di educatore non può farlo semplicemente atitolo personale, ma deve sentirsi espressione della comunità: stimato e seguito,incoraggiato e sostenuto. Tale servizio, infatti, rappresenta una vera e propriachiamata: è una vocazione che ha bisogno del discernimento e del dovutoaccompagnamento formativo.

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Il coinvolgimento della comunità deve vedersi anche nella cura degli ambienti,delle strutture e delle attività dell’oratorio. La vivacità di un oratorio e la suacapacità di essere di richiamo per i ragazzi e i giovani si vede anche dallacollaborazione dei vari membri della comunità che a diverso titolo e in molteforme possono contribuire al buon andamento dell’esperienza. L’oratorio puòtrarre notevoli vantaggi da una precisa e organica strutturazione dellecollaborazioni che, evitando sovrapposizioni e invadenze, favorisca ilcoinvolgimento di tutti con un senso profondo di comunione e dipartecipazione alla sfida educativa. Anche gli ammalati con il loro silenziosoapostolato contribuiscono non poco al bene dell’oratorio: preziosa è lasofferenza donata, testimoniata e vissuta con i figli nell’amore. (n. 22)

Formazione e profilo delle figure educativeRipercorrendo la memoria delle tradizioni dell’oratorio, la prima evidenza che

ci viene consegnata è il valore insuperabile dell’autorevolezza delle figureeducative. Centrale è la figura del “padre e della madre secondo lo spirito”: SanFilippo era chiamato padre nell’accezione piu? intensa dai giovani romani chefrequentavano l’oratorio per gli eccezionali sentimenti di paternità con luisperimentati e don Bosco volle ricreare nei suoi oratori un ambiente di famigliasotto la sua cura di padre, maestro e amico. Altrettanto si dovrebbe dire delleopere femminili, ad esempio delle Orsoline di Sant’Angela Merici o delle Figlie diMaria Ausiliatrice. In molte diocesi i giovani sacerdoti erano quasi interamentedediti all’oratorio, in taluni casi risiedendo addirittura nella stessa strutturaoratoriana e assumendone la responsabilità educativa e gestionale.

Ancor oggi il più grande patrimonio dei nostri oratori è rappresentato dalledecine di migliaia di educatori, formatori, animatori e collaboratori che prestanoun generoso servizio, donando tempo e competenze. Tutti possono farequalcosa per il proprio oratorio, ma secondo i ruoli e le responsabilità non potràmancare una specifica e adeguata formazione. La disponibilità da sola nonbasta, è necessaria anche la competenza che si realizza attraverso un attentocammino di formazione pensato e progettato insieme nei luoghi e nelle formepiù appropriate. Perciò tutti, parrocchie, istituti di vita consacrata, aggregazionilaicali con un carisma educativo devono sentire forte la necessità di camminareinsieme e stringere alleanze educative per il servizio da offrire a supporto deisingoli oratori.

In ogni oratorio si porrà poi la dovuta attenzione affinchè la gestione delleattività non diventi mai prevalente rispetto al fine educativo. Al di sopra del faree dell’organizzare dovrà essere sempre salvaguardata la relazione, lacondivisione dei programmi, la comunione d’intenti, considerando i ragazzi maicome “utenti” ma sempre come figli di Dio, protagonisti della loro crescita.Pertanto vanno garantiti, all’interno della progettazione, momenti e spazi per la

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formazione della comunità educativa dell’oratorio: è necessario cheperiodicamente ci si ritrovi per la formazione, per pregare, per verificare il lavorosvolto. La formazione andrà pensata anche in base al ruolo che ciascuno ricopre,tenendo conto che la dinamica educativa, in un quadro di comunione econdivisione, esige sempre una chiara articolazione delle responsabilità. Inconsiderazione dello sviluppo che gli oratori stanno registrando su tutto ilterritorio nazionale, si dovranno sempre più prevedere e organizzare momentiqualificati di formazione a livello parrocchiale, diocesano, interdiocesano,regionale e nazionale, anche con il supporto di centri universitari specializzati,facoltà e istituti teologici, istituti superiori di scienze religiose.

All’interno di un oratorio è insostituibile la presenza del sacerdote anche in untempo in cui, a causa della carenza di vocazioni, diventa difficile poterlagarantire a tempo pieno. Pure laddove non si può beneficiare di una presenzaassidua non potrà mancare una figura sacerdotale di riferimento, specie per gliaspetti spirituali e formativi. Peraltro questa presenza non deve essere relegatasolo ai giovani sacerdoti: l’esperienza insegna che l’efficacia educativa noncoincide con la vicinanza generazionale fra educatori e ragazzi, anche se questoaspetto a volte può avere un suo valore. E’ sempre più necessario che i sacerdotistiano in oratorio più per gli aspetti religiosi che per quelli organizzativi, perfavorire un autentico clima di scambio, di conoscenza, di stima e per offrire unaccompagnamento umano e spirituale ai ragazzi e agli educatori. Vedere unsacerdote attento alla vita dell’oratorio e felice della propria scelta è un segnoforte e fecondo, anche in vista di proposte vocazionali concrete e affascinanti.Allo stesso modo anche la presenza dei consacrati è un grande dono. Essi, con laprofessione dei consigli evangelici, danno concreta testimonianza di un amorelibero e disinteressato che si fa carico, in particolare, dei più poveri, deboli eindifesi. Tra tutte le presenze non deve essere assolutamente trascurata quelladegli stessi giovani adulti, il cui protagonismo deve essere sostenuto e orientatoal servizio.

La necessità di avere in oratorio figure stabili di riferimento è indiscutibile:tradizionalmente essa è individuata nel direttore, coordinatore o responsabiledell’oratorio, ma in alcuni grandi oratori operano stabilmente diversi educatori.I ruoli di responsabilità, in passato, venivano svolti per lo più da sacerdoti oreligiosi/religiose. Oggi, sempre più spesso, tale compito viene affidato a dei laicipreparati. Al di là delle tradizioni e delle odierne situazioni, chiunque, sumandato ecclesiale, ne assuma la responsabilità deve operare perchè l’oratorio“funzioni bene”, coordinando le varie attività, operando nell’ottica evangelica evocazionale, garantendo la cura delle relazioni interpersonali, lo stiledell’accoglienza e la qualità educativa dell’ambiente. Il responsabile è chiamatoa favorire un positivo e armonico intervento di tutte le altre figure educative:deve possedere pertanto buone doti di coordinamento e una spiccata attitudine

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al lavoro comune e condiviso. Non agisce mai a titolo personale e per questoriceve un incarico dall’autorità ecclesiale di riferimento che ne certifica laformazione e ne determina la funzione.

La questione dell’eventuale remunerazione di laici impegnati in modo stabiledeve essere affrontata con prudenza e saggezza, tenendo conto che è semprebene promuovere la gratuità e il volontariato, anche per una chiara sceltaeducativa, senza però che questo pregiudichi la qualità della proposta. Quandol’impegno richiesto e il mandato affidato assumono carattere di prolungatastabilità ed implicano alta professionalità, non sempre possono essere ricondottiad un profilo di solo volontariato. Le soluzioni possono essere molteplici e vannoindividuate in base alle situazioni concrete, alle esperienze e alle determinazionidell’autorita? ecclesiastica. In ogni caso occorre tener presenti alcuni criteri:l’appartenenza e la dedizione ecclesiale, la testimonianza di vita coerente con lamorale cattolica, le competenze e la professionalità, il livello di responsabilità el’impegno richiesto, il senso della giustizia, la sostenibilità dell’onere da partedella comunità o dell’ente titolare dell’oratorio. (n. 23)

3. Educare alla vita buona del Vangelo.Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020.

La parrocchia, crocevia delle istanze educativeSolo una comunità accogliente e dialogante può trovare le vie per instaurare

rapporti di amicizia e offrire risposte alla sete di Dio che è presente nel cuore diogni uomo72. Oggi si impone la ricerca di nuovi linguaggi, non autoreferenziali earricchiti dalle acquisizioni di quanti operano nell’ambito della comunicazione,della cultura e dell’arte73. Per questo è necessario educare a una fede piùmotivata, capace di dialogare anche con chi si avvicina alla Chiesa solooccasionalmente, con i credenti di altre religioni e con i non credenti. In taleprospettiva, il progetto culturale orientato in senso cristiano stimola in ciascunbattezzato e in ogni comunità l’approfondimento di una fede consapevole, cheabbia piena cittadinanza nel nostro tempo, così da contribuire anche allacrescita della società74.

La parrocchia – Chiesa che vive tra le case degli uomini – continua a essere illuogo fondamentale per la comunicazione del Vangelo e la formazione dellacoscienza credente; rappresenta nel territorio il riferimento immediato perl’educazione e la vita cristiana a un livello accessibile a tutti; favorisce lo scambio

72 Cfr COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LACATECHESI, Lettera ai cercatori di Dio, 12 aprile 2009.

73 Cfr BENEDETTO XVI, Incontro con gli artisti nella Cappella Sistina, 21 novembre 2009.74 Cfr “Rigenerati per una speranza viva”, n. 13.

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e il confronto tra le diverse generazioni; dialoga con le istituzioni locali ecostruisce alleanze educative per servire l’uomo.

Essa è animata dal contributo di educatori, animatori e catechisti, autenticitestimoni di gratuità, accoglienza e servizio. La formazione di tali figurecostituisce un impegno prioritario per la comunità parrocchiale, attenta acurarne, insieme alla crescita umana e spirituale, la competenza teologica,culturale e pedagogica.

Questo obiettivo resterà disatteso se non si riuscirà a dar vita a una “pastoraleintegrata” secondo modalità adatte ai territori e alle circostanze, come giàavviene in talune sperimentazioni avviate a livello diocesano75. (n. 41)

Un ambito in cui tale approccio ha permesso di compiere passi significativi e?quello dei giovani e dei ragazzi. La necessità di rispondere alle loro esigenzeporta a superare i confini parrocchiali e ad allacciare alleanze con le altre agenzieeducative. Tale dinamica incide anche su quell’espressione, tipica dell’impegnoeducativo di tante parrocchie, che è l’oratorio. Esso accompagna nella crescitaumana e spirituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidandoloro responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprimeil volto e la passione educativa della comunità, che impegna animatori,catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesiarmoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suo linguaggio sono quellidell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport, musica, teatro,gioco, studio. (n. 42)

Nelle diocesi e nelle parrocchie sono attive tante aggregazioni ecclesiali:associazioni e movimenti, gruppi e confraternite. Si tratta di esperienzesignificative per l’azione educativa, che richiedono di essere sostenute ecoordinate. In esse i fedeli di ogni età e condizione sperimentano la ricchezza diautentiche relazioni fraterne; si formano all’ascolto della Parola e aldiscernimento comunitario; maturano la capacità di testimoniare con efficaciail Vangelo nella società.

Tra queste realtà, occupa un posto specifico e singolare l’Azione Cattolica, cheda sempre coltiva uno stretto legame con i pastori della Chiesa, assumendocome proprio il programma pastorale della Chiesa locale e costituendo per i sociuna scuola di formazione cristiana. Le figure di grandi laici che ne hanno segnatola storia sono un richiamo alla vocazione alla santità, meta di ogni battezzato. (n.43)

75 Cfr Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 11.

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5 Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n.1

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4. Linee principali del progetto di pastorale giovanile diocesano

Sintesi del lavoro del Laboratorio Diocesano di Pastorale Giovanile, delleCommissioni Vicariali e dei sacerdoti impegnati nella pastorale giovanile dellaDiocesi di Novara dal 2012 al 2014, per un nuovo Progetto di Pastorale Giovanile.Viene ora consegnato ai lavori di questo Sinodo perché possa diventare uncontributo per la riflessione sulla pastorale giovanile.

I. UNA RINNOVATA MISSIONARIETA’

L’incontro con Cristo e la Vita Nuova nello Spirito Prima di tutto occorre rimettere al centro dell’impegno pastorale il desiderio di

portare i giovani all’incontro con Cristo, raccogliendo l’invito di Papa Francescoa comunicare la gioia del Vangelo.

“La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontranocon Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dallatristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce erinasce la gioia”5.

L’incontro con Cristo apre alla vita nuova nello Spirito: una vita da figli di Dio,da fratelli, sposi e custodi del Creato. Questa vita nuova è la pienezza e il sensodella vita umana e rende i cristiani capaci di essere fermento e lievito nella pastadella società e della cultura contemporanea.

Questo deve essere l’orizzonte di fondo in cui collocare tutto lo sforzoeducativo e missionario delle nostre comunità verso i ragazzi, gli adolescenti e igiovani in tutti gli ambiti della loro vita.

Una pedagogia della fede capace di accompagnare le età della vitaLa Chiesa ha sempre riconosciuto la necessità di articolare l’annuncio e la

catechesi alle giovani generazioni in una pedagogia della fede attenta alle diverseetà della vita, che nel nostro contesto culturale si vanno ridefinendo in manierasignificativa.

L’adolescenza, ma si direbbe tutta la fascia di età che separa il bambino dallavita adulta, è un’invenzione abbastanza recente della società tecnologicaoccidentale: i riti di passaggio tradizionali che segnavano l’ingresso nella vitaadulta si sono trasformati in un periodo di tempo prolungato, in cui il bambinodeve apprendere tutta una serie di nozioni e sviluppare competenze. Durantequesto periodo, preadolescenza, adolescenza e giovinezza si susseguono in uncontinuum su cui è sempre più difficile definire indicatori precisi. Conl’allungamento della vita media, infatti, l’entrata nella vita adulta èulteriormente procrastinata, mentre si dilata moltissimo il tempo dipreparazione/formazione che dovrebbe mettere il giovane in grado di affrontarele responsabilità che lo aspettano.

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Occorre ripensare le diverse fasi dell’età giovanile (preadolescenza,adolescenza, età giovanile) e immaginare riti e momenti di accompagnamento aipassaggi significativi della vita fino al raggiungimento della vita adulta. Adesempio il passaggio alla maggiore età (18 anni) può essere pensato con l’avviodi una dinamica di Traditio e Redditio Fidei in cui il giovane - in un periododecisivo per la propria vita che va dai 18 ai 22 anni – si senta chiamato acompiere delle scelte personali e pubbliche riguardo alla propria fede.

Inoltre, a fronte dell’ampio allontanamento di adolescenti e giovani dallapratica della fede e della vita delle comunità cristiane, è urgente riprendere undeciso slancio missionario che sappia intercettare la domanda di fede e di sensoche spesso si risveglia in età giovanile (18-30 anni) in concomitanza alladomanda sul proprio progetto di vita (la propria vocazione).

Tra cammini differenziati ed accompagnamento personaleIl precedente progetto di pastorale giovanile (“Progetto Emmaus”) faceva la

scelta di fondo del Gruppo come “opzione strategicamente prioritaria per laformazione dei giovani”6. Oggi questa scelta sembra debba essere rivista eripensata. Certamente la dinamica del gruppo dei coetanei rimane importante,ma oggi non ci si può più limitare ad essa. Sempre più occorre pensare camminidifferenziati e personalizzati, ariosi e aperti, capaci di intercettare i giovani neivari ambiti della loro vita e nelle domande profonde di cui sono portatori.

E’ dunque importante che nella vita dei nostri oratori convergano perpreadolescenti (12-14 anni) e adolescenti (14-18 anni) “una molteplicità dipercorsi e di linguaggi, un variegato insieme di proposte culturali e sportive, unaricca offerta formativa”7. Occorre tenere conto delle nuove sfide dellainterculturalità e delle nuove forme di comunicazione, ma anche delle nuovemarginalità.

Per i giovani (18-30 anni) - fascia sulla quale si rileva una fatica ad articolareuna proposta significativa nei nostri Oratori - occorrono un nuovo pensiero, unanuova creatività e una rinnovata cura e attenzione nella creazione di percorsidifferenziati che sappiano uscire dai confini parrocchiali e sappiano offrireproposte forti e significative: percorsi missionari, esperienze di servizio e carità,riflessione e accompagnamento della vita giovanile nella scuola e nell’università,nel mondo del lavoro, nella vita affettiva e famigliare, nello sport enell’espressione artistica, nella cittadinanza e nell’impegno sociale e politico. Laprospettiva unificante deve essere quella della vocazione: una libertà maturacapace di giocarsi in un orizzonte generativo e responsabile.

Se da una parte occorre quindi offrire percorsi molteplici e aperti, dall’altradiventa fondamentale riscoprire l’accompagnamento personale dei giovani:occorre accompagnare i giovani in un itinerario più personale che, dallaframmentarietà della vita, sappia trovare una sintesi matura della fede cristiana

6 XX Sinodo Diocesano della Chiesa Novarese, libro V, cap. VII, p.3127 CEI, Il laboratorio dei talenti. Nota pastorale sul valore e la missione degli oratori nel contesto

dell’educazione alla vita buona del Vangelo, n. 24

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in una spiritualità in ascolto della Parola di Dio e in una vita sacramentale. E’ inoltre necessario avere fiducia nei giovani e renderli sempre più

protagonisti del loro cammino, in modo tale che le proposte pastorali non sianosolo proposte “per” i giovani ma anche proposte “dei” giovani ad altri giovani, almondo adulto, alla comunità cristiana e alla società civile.

II. LE UNITA’ PASTORALI E I SOGGETTI DELLA PASTORALE GIOVANILE

E’ necessario tornare a porre la riflessione sui soggetti della PastoraleGiovanile: troppo spesso si assiste alla delega ad alcuni operatori ed “esperti”,perdendo di vista che il compito della trasmissione della fede alle nuovegenerazioni investe tutta la Chiesa e tutte le comunità cristiane.

In un tempo di mobilità e di pluralità delle appartenenze, per poter offrire aigiovani cammini di qualità e capaci di slancio missionario, è ormai necessariouscire dai confini della parrocchia e dell’Oratorio, entrando in una logica chesappia articolare la base territoriale delle Unità Pastorali con le iniziative e leproposte che possono essere offerte dai Vicariati e dalla Diocesi, e anche al difuori della nostra Diocesi. La necessità di accompagnamento e di attenzione allapersona chiede però ancora con forza il radicamento della pastorale giovanile insoggetti locali, capaci di abitare i territori e di prendersi cura delle relazioni.

Sembra pertanto importante ripensare i soggetti locali della pastorale giovanileall’interno delle nuove Unità Pastorali Missionarie, ricordando che l’impegnodella pastorale giovanile riguarda le comunità cristiane, coordinate fra loro, nelradicamento in un territorio.

Occorre una nuova collaborazione fra sacerdoti, religiosi, laici, educatori eanimatori della pastorale giovanile, ma anche educatori cristiani impegnati nellascuola (soprattutto gli insegnanti di religione), nel mondo dello sport (allenatori)e in altre agenzie formative. E’ oggi prezioso creare alleanze educative e pensareuna pastorale d’insieme. Un altro passo importante è quello del dialogo con lealtre agenzie educative: la Scuola, lo Sport, ecc…

Occorre anche una nuova attenzione per i giovani dai 18 ai 30 anni: bisognaarticolare una proposta organica di cammini differenziati e diaccompagnamento personale. Ogni Unità Pastorale potrebbe avere un CentroGiovanile, non necessariamente individuato in un luogo, ma nella forma di una“equipe” di persone che si prenda cura delle proposte per i giovani,accompagnandoli e coinvolgendoli in un sempre maggiore protagonismo.

Resta fondamentale nelle nostre comunità l’esperienza consolidatadell’Oratorio soprattutto per preadolescenti (12-14 anni) e adolescenti (14-18anni). “L’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità, cheimpegna animatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre ilragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suolinguaggio sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione,sport, musica, teatro, gioco, studio”. Ogni Unità Pastorale potrebbe avere uno opiù Oratori, a seconda dell’opportunità pastorale e della disponibilità di risorsee strutture.

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III. NUOVE MINISTERIALITA’

Per l’attivazione e il coordinamento dei Centri Giovanili e per il rinnovatoimpegno pastorale degli Oratori, si rende necessaria una nuova formazione cheaiuti a ripensare in maniera organica la pastorale giovanile, in particolare per chidovrà coordinare queste realtà. La necessità di figure specifiche che coordininoil Centro Giovanile e l’Oratorio non deve far però dimenticare l’importanza chela pastorale sia pensata insieme, attuando una vera corresponsabilità frasacerdoti, religiosi, famiglie e giovani. Tuttavia sembra necessario pensare afigure che possano dedicarsi in maniera più istituita a un ministero rivolto aigiovani: ad esempio la figura di un responsabile o coordinatore di CentroGiovanile, per le attività dell’Unità Pastorale dedicate ai giovani (18-30 anni).Un’altra figura che in Italia sta cominciando a diffondersi è quella del direttored’oratorio, per coordinare le attività dell’Oratorio, soprattutto per ipreadolescenti (12-14 anni) e gli adolescenti (14-18 anni). Diventa poi necessariooffrire a queste figure un percorso diocesano che permetta di dare la necessariaformazione spirituale, teologica e comunitaria, pastorale ed educativa. Questiruoli, fino ad oggi ricoperti genericamente dai sacerdoti, chiedono un’aperturaanche a religiosi e religiose, laici, coppie sposate e giovani.

Accanto a queste figure sarà importante continuare a coltivare la presenza diAnimatori ed Educatori che già nella tradizione consolidata dei nostri Oratori edelle nostre comunità parrocchiali offrono un generoso servizio nella pastoralegiovanile. Occorre sempre più coinvolgere e formare i giovani che si rendonodisponibili per mettersi al servizio dei più piccoli: educatori e animatori deigruppi post-cresima, animatori per i bambini, animatori delle varie attivitàproposte in Oratorio (ludiche, sportive, artistiche…). Anche per loro è necessarioripensare e riorganizzare una formazione che abbia un respiro ecclesiale ediocesano, che sia capace di meglio qualificarsi e di mettere in circolo fra i variterritori diocesani (con tradizioni anche molto disomogenee) le buone prassi e lerisorse che sono ancora ben presenti nei nostri Oratori.

1. Come già detto, è necessario passare da una pastorale settoriale a unapastorale integrata e missionaria. In quest’ottica come possono le nostreparrocchie ripensare la pastorale giovanile nella vita della comunità?Quali relazioni dovranno crescere con le associazioni e i movimenti egruppi ecclesiali che vivono la stessa missione?

2. Quali proposte, luoghi e modalità si possono pensare per annunciare ilVangelo in modo significativo alle giovani generazioni?

3. Quali figure e quali ruoli saranno necessari nelle comunità parrocchiali enelle Unità Pastorali Missionarie per accompagnare il camminoeducativo e di fede di ragazzi, adolescenti e giovani?

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PER IL LAVORO NEI GRUPPI�

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AAPPPPEENNDDIICCEE

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1122 sseetttteemmbbrree 22001155 sessione di presentazione della terzatappa e prima votazione sullaseconda parte della seconda tappa

77 nnoovveemmbbrree 22001155 votazione degli emendamenti dellaseconda parte della seconda tappa

55 ddiicceemmbbrree 22001155 sessione di discussione sulla terzatappa

1166 ggeennnnaaiioo 22001166 sessione di votazione sulla terzatappa

1122 mmaarrzzoo 22001166 votazione degli emendamenti dellaterza tappa

1144 mmaaggggiioo 22001166 VEGLIA DI PENTECOSTE –celebrazione conclusiva del Sinodo eapprovazione documento finale adexperimentum

CCCC aaaa llll eeee nnnn dddd aaaa rrrr iiii oooo ssss eeee ssss ssss iiii oooo nnnn iiii ssss iiii nnnn oooo dddd aaaa llll iiii

Tutti gli incontri delle sessioni sinodali, salvo avvisocontrario, si terranno presso l’oratorio di Borgomanerodalle ore 9,30 alle 12,30.

I delegati sinodali che non potranno essere presenti allesessioni sono invitati a comunicare in anticipo la loroassenza motivata direttamente alla segreteria del Sinodo.