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La libertà spontanea.

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una breve introduzione

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La libert spontanea.

Nessuno pi schiavo di chi si crede libero, ma non lo .

(J.W. Goethe)

Che cos' la libert?

Libert, parola incancrenita da secoli di retorica, non smette di essere l' unica parola che abbiamo a disposizione per parlare di quanto di spontaneo e meraviglioso ci sia nella vita.

L' opposizione classica tra libert e istinto, su cui si fondano ancora pi secoli di ideologia umanista e scientifica, a dir poco problematica.

Pagine di metafisica cercano di dimostrare l' appartenenza dell' uomo a due mondi separati: quello del corpo (il mondo della natura) e quello dell' anima (il mondo della libert). E per ogni mondo si affrettano a specificare l' esistenza di una Legge.

Ma che fine fa la libert sotto l' influsso di psicofarmaci, droghe e persino di bevande spiritose? Ecco che i due mondi si toccano.

Dove si trova allora, nell' uomo, nel corpo umano, quest' anima che ha per patria il cielo e che per torna brutalmente sulla terra, non appena si alza un po' il gomito (o si finisce nelle mani, per dire, di uno psichiatra)? A questo problema Descartes, dissezionando un cervello, rispose provando a individuare la "sede" dell' anima nella ghiandola pineale, notando che era l' unica parte del cervello visibilmente centrale e non ripetuta a coppie nei due emisferi. Sede geometricamente perfetta. Tutto questo ce lo raccontano ancora oggi i sagaci manuali di neuroscienze, tra foto di malati, animali seviziati e altri cadaveri.

Ma la storia della libert andata avanti.

L' approccio cosiddetto continuista, che cerca cio di mettere in relazione (piuttosto che contrapporre) libert e istinto in un rapporto di causa-effetto di stampo evoluzionista, la versione pi sofisticata (e non priva, come vedremo di risvolti interessanti)di quello stesso apparato ideologico che pur cambiando i mezzi non ha perso di vista il suo fine ultimo di porre l' uomo gerarchicamente al di sopra di ogni altra forma di vita, facendolo per ora non pi abitante di un mondo libero dalle catene del corpo animale, come voleva la vecchia metafisica cui abbiamo prima accennato (gi i greci in proposito notavano, strizzando l' occhio, come la parola "soma", da cui somatico, fosse misteriosamente simile a "sema", che in greco vuol dire carcere, o tomba) bens tiranno di diritto di questo carcere naturale in quanto emancipato attraverso la conquista della coscienza e della ragione dall' egida dell' istinto. In questo senso l' anima diventa pi sobriamente la mente, che di volta in volta pu essere considerata una funzione del corpo (del sistema nervoso) o un suo dispositivo, ma in ogni caso la giustificazione razionale della libert umana all' interno del carcere naturale dell' istinto.

Con un tale fondamento di libert, la perdita della ragione, la sua immaturit o la sua assenza totale o parziale sono tutte causa di un ricadere pi o meno brutalmente nell' ambito dell' istinto.

Ma lasciamo stare, almeno per ora, i problemi da laboratorio degli scienziati, e continuiamo a chiederci testardamente: che cos' la libert?

Nella sua accezione comune, cio politica, notiamo che la libert si trova sempre accompagnata da una giustificazione: razionale (se siamo in democrazia,

le leggi democratiche) o coercitiva (se siamo in dittatura, il potere autoritario).

Io sono libero, cio posso fare quello che mi pare, se so argomentare a favore di questa mia libert e farla cos accettare dagli altri convincendoli che non c' nulla da temere nel mio fare questo e quello (ma molto pi spesso la questione si risolve in maniera estremamente pi efficiente: la mia libert individuale non arriva quasi mai a contraddire razionalmente quanto espresso dalla legge fino al punto di cambiarla) oppure se ho la forza e i numeri per imporre questa mia libert agli altri.

In tutti gli altri casi io non sono libero, non sono libero infatti di fare quello che non mi permesso, in quanto quello che non permesso non consentito poich non giusto.

Questa libert, quindi, sempre parziale, limitata a quanto concesso fare, dire, pensare. Si continua a parlare di libert nonostante a rigor di logica si dovrebbe parlare di non-libert, di quello che resta di questa libert. Chi sostiene che la libert rimane nell' assumersi la responsabilit di venire punito e privato della libert stessa, ha ragione, ma spesso non onesto: accettare di essere privato della propria libert, in quanto ingiustificata, significa essere libero di essere non libero. Piuttosto contorto questo concetto di libert, ne convenite?

La libert democratica dunque quella libert che viene giustificata razionalmente. La libert autoritaria libert invece che viene giustificata dalla forza.

Entrambe queste idee di libert, democratica e autoritaria, richiedono comunque una giustificazione: la libert cos giustificata (e smembrata in due: bene e male, consentito e non consentito, giusto e sbagliato) prende il nome di giustizia. Libert e giustizia sono cos strettamente connesse che finiscono quasi per confondersi. La libert si confonde con la giustizia? Ma la giustizia l' idea su cui si sono costruite tutte le carceri!

A noi cittadini democratici la libert democratica sembra qualitativamente migliore, "pi giusta", di quella autoritaria (ma non forse normale che il mondo che si finisce per accettare diventi ai nostri occhi il migliore dei mondi possibili?) in quanto ci sembra permettere anche a chi non ha la forza, di argomentare e imporre la sue ragioni attraverso la forza della sua Ragione o come pi realisticamente accade, attraverso la forza della Ragione dei suoi delegati rappresentanti. Ma gi ai tempi della giovanissima democrazia ateniese i sofisti avevano dimostrato che se esistono molte tecniche e trucchi per usare la ragione a scopi governativi non esiste invece un principio razionale assoluto che garantisca la possibilit di un governo "giusto" in assoluto (si veda, per la versione pi radicale di questo discorso sui limiti della ragione i discorsi di Gorgia da Lentini). Cos anche la morte del pi grande virtuoso della ragione di quei tempi, Socrate, per mano della stessa democrazia ateniese, ha dimostrato quale trattamento riserva il potere democratico verso chi usa la ragione per interrogare fino ai fondamenti quel potere.

La Sofistica ha dimostrato cio che la ragione fondamentalmente uno strumento, che nelle mani del potere -la cui natura sempre violenta, anche nel caso del potere democratico, come la condanna a morte di Socrate ci dimostra- diventa un' arma; con profondo scandalo e rossore di Platone, che ha dovuto inventarsi una religione della ragione per non sottomettersi alle tremende conclusioni della sofistica.

La ragione dunque uno strumento. Rimane da chiedersi: e' possibile utilizzare questo strumento per cercare un principio sulla cui base erigere un buon governo? E' possibile cio una limitazione della libert che si fondi su un principio di giustizia razionale valido per tutti? La sofistica ha dimostrato di no. Ma allora la ragione solo un' arma. Questo stato il grande problema dei filosofi dopo la sofistica.

Anche la libert democratica si fonda, direttamente o indirettamente, sulla forza. Il potere ha bisogno di un suo fondamento di forza. Che rimane allora della libert di fronte a questo potere? E' possibile una libert senza forza? Io credo di s: lo sfondo comune su cui entrambe queste impostazioni della libert si ergono in effetti quello della libert che non sa, non pu e non vuole giustificarsi in alcun modo: la libert dei bambini, quella che io chiamo la libert spontanea, e che poi la libert che si manifesta in assenza di coercizione in tutta la sua scandalosa gioia. I bambini, queste piccole creature (insieme ai cuccioli degli animali) che portano pur sempre nel DNA millenni di violenza e repressione, sono la cosa pi vicina all' uomo libero che si possa osservare concretamente: a riprova del fatto che nonostante millenni di educazione necessario comunque un lungo addestramento, per diventare un individuo noioso, oppresso e represso.

Si tratta allora di rovesciare il principio democratico-autoritario della libert come giustizia (secondo cui lecita ogni libert che sia giustificata, in ultima istanza, dalla forza, come abbiamo visto) e utilizzare la forza contro chi (o cosa) osteggia e tenta di limitare questa libert spontanea. In questo senso la forza necessaria alla libert spontanea, ma solo come strumento difensivo. E' necessario cio utilizzare la forza per limitare il pi possibile la violenza con cui il potere cerca di imporre la sua idea di libert. E' necessaria cio una forza negativa, reattiva e strategica, consapevole della natura violenta sia del potere quanto della ragione al servizio del potere, e proprio per questa consapevolezza estremamente cauta nell' utilizzo sia della forza diretta che della ragione.

Si tratta allora non di fondare la libert sulla forza, per farne un principio, e cos incatenarla, bens di difendere la libert (che non ha bisogno di alcun principio, essendo spontanea) *attraverso la forza, almeno finch esister qualcuno che vorr sottomettere la nostra libert con le sue pretese di giustizia. Difendere la libert spontanea allora un principio strategico che deve guidare ogni discussione morale proprio come guida chi si difende da un' aggressione. Chi tenta di educare, convincere, sottomettere razionalmente, deve essere affrontato esattamente come chi tenta di sottometterci con la violenza delle bastonante. L' educazione potr essere quindi solo negativa: l' autodifesa sar il suo fine principale. I migliori valori dell' Occidente sono in effetti solo negativi: nel nichilismo infatti si riassume quanto di meglio l' Occidente possa offrire contro ogni dottrina positiva (religione, scienza, ideologie).

Ovvero, il nulla.

***"Uomo significa pensatore. Qui sta la follia.

I pensieri sono azioni. Perch non si considerano la religione, la metafisica e la scienza come "giochi per adulti"?

F.W. Nietzsche, Antologia Aforistica di Frammenti PostumiDavanti al confronto tra un europeo di cultura media, abbastanza smaliziato da non credere pi in alcunch di manifestamente dogmatico (Scienza, Religione, Ideologia, Denaro ...) e un qualunque appartenente ad una cultura forte e autoritaria, come un Islamico, abbastanza verosimile immaginare che il confronto si svolgerebbe su un terreno poco comune. L' Europeo, forte del suo riuscire a non credere in niente, del suo essere indipendente da principi di condotta autoritari che guidano il modo di vivere nei suoi aspetti pi generali (ma anche in aspetti molto concreti), non potr che porsi in una posizione di superiorit intellettuale e quindi alla fine rifiutare il confronto tout court. Qualora ci fosse un dialogo alla pari, orizzontale, su cosa potrebbe avvenire infatti il confronto? Chiaramente su dei valori, valori che a loro volta si fondano su principi di base (Dio, la Patria, il Progresso, la Ricchezza) che l' Europeo per non pu contrapporre ad altri di diverso tipo, proprio perch rifiuta di accettare qualsiasi principio come assoluto: rifiuta cio ogni principio in quanto principio e per principio. Mi si perdoni il gioco di parole ma qui la questione realmente seria e paradossale allo stesso tempo: il principio europeo, l' unico principio che la civilt europea possa realmente contrapporre ad una cultura forte, fondata su valori forti, positivi e autoritari, un principio negativo: la negazione del valore assoluto di tutti i principi. La grande conquista dell' Occidente quindi un aver messo a principio l' assenza stessa di principio: fenomeno che conosciamo come Nichilismo. L' Islamico per, sorpreso da tanta leggerezza nel liquidare questioni cos importanti, si sentirebbe da parte sua giustamente fiero della propria ricchezza di fronte a tanto vuoto e a una cos arrogante mancanza di senso e prospettiva. Si sentirebbe giustamente pi ricco. In fondo, cosa si sta qui tentando di confrontare? Una moneta, per quanto non pi corrente, resta comunque un qualcosa, e un qualcosa ha pur sempre un valore rispetto a niente. Un valore negativo non si trasforma automaticamente in positivo per il semplice fatto di farsi principio, seppure autocontraddittorio.

E anche l' Europeo forse, di fronte a tanta fierezza, di fronte a una visione della vita cos ricca (di storia, cultura, monumenti, abitudini, fantasia...) potrebbe sentirsi alla fine un po' misero guardando al suo passato di rovine, e quando, invidioso di non riuscire pi a credere nella bellezza di quelle favole tanto false quanto inconfutabili, sentir la solita voce dirgli che Dio morto, un senso di tristezza lo avvolgerebbe.

E se decidesse, preda della mestizia e cadendo in tentazione, di abbandonare per un attimo la sua superiorit evoluta per confrontarsi alla pari con il bizzarro credente, non si sentirebbe forse alla fine irrimediabilmente solo con le sue ridicole opinioni private e i suoi vergognosi residui di dubbi irrisolti su eternit, Dio, senso della vita e altre importanti sciocchezze? Di fronte a lui lo sguardo straniero del suo interlocutore, saldo della credulit assurda ma coerente di una schiera di fanatici, sia vivi che appartenenti a un lontano passato, disposti a rinunciare a molti piaceri della vita per la verit del Corano, rimarrebbe a fissarlo immobile. Che aridit, l' ateismo materialista! Che miseria, la condizione umana consapevole di essere nient' altro che un essere vivente, e anzi, morente.

Dov' qui il problema? Dovrebbe forse l' Europeo a questo punto rimpiangere la morte, l' assassinio del suo Dio? Io non credo. Il punto che Dio morto, ma il suo cadavere putrescente ancora l che appesta col suo odore di carogna la cultura europea e che ha finito per avvelenare il nichilismo fino a spingerlo a fagocitare nel suo vortice distruttore anche la gioia e la salute. La risposta al dogma non un altro dogma, ma la risata. La grandiosa opera del nichilismo europeo non avrebbe dovuto lasciarsi contaminare dall' odore mefitico delle sue vittime. Una questione di igiene, di salute. La nauseabonda e pestifera nube di veleno che sprigiona dal cadavere degli Idoli stata lasciata troppo tempo nell' aria perch l' europeo non ne abbia accusato l' impatto fisiologico. Una profonda tristezza, una cupa sete di distruzione senza fine ha avvolto il nichilismo spingendolo nella direzione della decadenza. Ma Dio si sotterra con una risata! Dobbiamo re-imparare a ridere, a divertirci, a stare bene.

A stare bene: cio a prenderci cura di noi senza preoccuparci di noi. Dobbiamo imparare dai bambini.

Ricominciamo, chiediamoci: da dove nasce il Nichilismo, ultima frontiera del lungo viaggio della Cultura Europea? La radice storica del fenomeno da ricercarsi nella matrice culturale europea par excellence: dobbiamo tornare nell' antica Grecia, percorrere il lungo tunnel del Cristianesimo, arrivare nel campo di battaglia della rivoluzione francese, per finire nell' inferno delle ideologie. Non faremo questo lungo viaggio nella storia a piedi, ma saliremo invece sulle ali del pensiero e ne ripercorreremo le tappe a volo d' uccello, in un baleno, osservandone dall' alto il disegno.

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