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L’inedito Battaglie LA DOMENICA 34 DOMENICA 6 MAGGIO 2012 Anno 1939, la guerra è appena scoppiata, la censura si abbatte sull’Algeria francese e sul quotidiano in cui lavora il futuro Nobel. E su un suo articolo, finora sconosciuto, che fissa le regole dell’informazione indipendente Lo pubblichiamo in esclusiva C AMUS Manifesto per la libertà di stampa È giàun uomo in rivolta Albert Camus quando scrive il manifesto sulla libertà di stampa che pubblichiamo per la prima volta in Italia in queste pagine. È il 25 novembre 1939, Hitler ha invaso la Polonia, la Seconda guerra mon- diale è cominciata da due mesi. Camus ha ventisei anni, ha pubblicato due rac- colte di racconti e soprattutto un’inchiesta sulla miseria della Kabilya su Alger ré- publicain, prima di fondare con Pascal Pia Le Soir républicain, che dal 27 agosto di quell’anno combatte ogni giorno contro la censura introdotta nell’Algeria francese. Ma quello per la libertà di stampa è solo uno dei fronti sui quali Camus è in rivolta. Dall’anno prima e per tutto il periodo in cui lavorerà al nuovo gior- nale (che chiuderà il gennaio dell’anno successivo), sui taccuini che ha iniziato a tenere compare, si sviluppa e si conclude il suo primo romanzo, Lo straniero. Di giorno caporedattore, di notte scrittore. Di giorno riempie le colonne con le notizie che faticosamente riesce a dare, mentre lascia bianche quelle con le no- tizie censurate, un atto di denuncia, perché «nessuna forza al mondo può fare accettare a un uomo di servire la menzogna». Di notte a confrontarsi con la sua creatura letteraria, questo strano uomo che con lo stesso stato d’animo ama una donna, assiste alla morte della madre, uccide, viene processato e su- bisce la condanna a morte. Di giorno la rivolta, di notte l’assurdo. Di gior- no la vita ha un senso, di notte non ne ha. Per il resto dei suoi anni Albert Camus combatterà contro questa con- traddizione. Si può essere uomini giusti se nulla ha senso? Può Sisifo continuare a portare il suo masso sulla cima della montagna sapendo che una volta arrivato il masso rotolerà di nuovo giù? Ci si può ribella- re sapendo che non c’è una causa superiore a cui votarsi? E infine, si può essere giornalisti liberi quando non c’è libertà? Camus ha risposto nell’unico modo che sentiva possibile: agendo con l’ostinazione del- l’uomo che si rivolta «di fronte a ciò che lo nega». È l’ostinazione del giornalista che viene fuori da questo articolo sulla libertà di stampa ri- trovato da Le Monde in un archivio di Aix-en-Provence e di cui non si sa- peva nulla fino a oggi. Il giornalista che si batte per nazionalizzare l’in- dustria bellica perché la guerra non sia decisa da interessi privati, contro il razzismo dei pieds noir, i coloni francesi in Algeria, e dei governi che con- tinuano a opprimere «quelli che hanno il naso come non dovrebbero avere o parlano una lingua che non dovrebbero parlare». Tutto questo mentre contemporaneamente cresceva nascosto den- tro di lui lo scrittore, il filosofo. Racconta Meursault, voce narrante de Lo straniero, mentre si svolge il suo processo e guarda verso i giornalisti in aula: «Avevano già la penna in mano. Avevano tutti la stessa aria indiffe- rente e un po’ ironica. Tuttavia uno di loro, molto più giovane degli altri, aveva lasciato la penna appoggiata sul tavolo e mi guardava. Nella sua faccia un po’ asimmetrica non vedevo che i suoi occhi, molto chiari, che mi esaminavano attentamente, senza esprimere nulla che fosse defini- bile. E ho avuto l’impressione strana di essere guardato da me stesso». Giornalista o scrittore sempre uomo in rivolta DARIO OLIVERO A LBERT © RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale

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L’ineditoBattaglie

LA DOMENICA■ 34

DOMENICA 6 MAGGIO 2012

Anno 1939, la guerra è appena scoppiata, la censurasi abbatte sull’Algeria francese e sul quotidianoin cui lavora il futuro Nobel. E su un suo articolo,finora sconosciuto, che fissa le regoledell’informazione indipendenteLo pubblichiamo in esclusiva

CAMUSManifesto per la libertà di stampa

Ègiàun uomo in rivolta Albert Camus quando scrive il manifesto sulla libertàdi stampa che pubblichiamo per la prima volta in Italia in queste pagine. Èil 25 novembre 1939, Hitler ha invaso la Polonia, la Seconda guerra mon-

diale è cominciata da due mesi. Camus ha ventisei anni, ha pubblicato due rac-colte di racconti e soprattutto un’inchiesta sulla miseria della Kabilya su Alger ré-publicain, prima di fondare con Pascal Pia Le Soir républicain, che dal 27 agostodi quell’anno combatte ogni giorno contro la censura introdotta nell’Algeriafrancese. Ma quello per la libertà di stampa è solo uno dei fronti sui quali Camusè in rivolta. Dall’anno prima e per tutto il periodo in cui lavorerà al nuovo gior-nale (che chiuderà il gennaio dell’anno successivo), sui taccuini che ha iniziatoa tenere compare, si sviluppa e si conclude il suo primo romanzo, Lo straniero.

Di giorno caporedattore, di notte scrittore. Di giorno riempie le colonne conle notizie che faticosamente riesce a dare, mentre lascia bianche quelle con le no-tizie censurate, un atto di denuncia, perché «nessuna forza al mondo può fareaccettare a un uomo di servire la menzogna». Di notte a confrontarsi con la suacreatura letteraria, questo strano uomo che con lo stesso stato d’animo amauna donna, assiste alla morte della madre, uccide, viene processato e su-bisce la condanna a morte. Di giorno la rivolta, di notte l’assurdo. Di gior-no la vita ha un senso, di notte non ne ha.

Per il resto dei suoi anni Albert Camus combatterà contro questa con-traddizione. Si può essere uomini giusti se nulla ha senso? Può Sisifocontinuare a portare il suo masso sulla cima della montagna sapendoche una volta arrivato il masso rotolerà di nuovo giù? Ci si può ribella-re sapendo che non c’è una causa superiore a cui votarsi? E infine, sipuò essere giornalisti liberi quando non c’è libertà? Camus ha rispostonell’unico modo che sentiva possibile: agendo con l’ostinazione del-l’uomo che si rivolta «di fronte a ciò che lo nega». È l’ostinazione delgiornalista che viene fuori da questo articolo sulla libertà di stampa ri-trovato da Le Mondein un archivio di Aix-en-Provence e di cui non si sa-peva nulla fino a oggi. Il giornalista che si batte per nazionalizzare l’in-dustria bellica perché la guerra non sia decisa da interessi privati, controil razzismo dei pieds noir, i coloni francesi in Algeria, e dei governi che con-tinuano a opprimere «quelli che hanno il naso come non dovrebberoavere o parlano una lingua che non dovrebbero parlare».

Tutto questo mentre contemporaneamente cresceva nascosto den-tro di lui lo scrittore, il filosofo. Racconta Meursault, voce narrante de Lostraniero, mentre si svolge il suo processo e guarda verso i giornalisti inaula: «Avevano già la penna in mano. Avevano tutti la stessa aria indiffe-rente e un po’ ironica. Tuttavia uno di loro, molto più giovane degli altri,aveva lasciato la penna appoggiata sul tavolo e mi guardava. Nella suafaccia un po’ asimmetrica non vedevo che i suoi occhi, molto chiari, chemi esaminavano attentamente, senza esprimere nulla che fosse defini-bile. E ho avuto l’impressione strana di essere guardato da me stesso».

Giornalista o scrittoresempre uomo in rivolta

DARIO OLIVERO

ALBERT

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scano a pubblicare regolarmente i coraggiosi artico-li che sappiamo. Un giornalista libero, nel 1939, èdunque necessariamente ironico, per quanto spes-so lo sia suo malgrado. Ma la verità e la libertà, aven-do pochi amanti, con quei pochi sono molto esigen-ti.

È evidente che l’atteggiamento che abbiamo ap-pena descritto non potrebbe essere sostenuto conefficacia senza un minimo di ostinazione. Gli osta-coli alla libertà d’espressione sono molti. Ma non so-no i più severi a poter scoraggiare un animo saldo. In-fatti le minacce, le sospensioni, i procedimenti pe-nali in Francia ottengono generalmente l’effetto op-posto a quello voluto. Tuttavia bisogna ammettere

che degli ostacoli scoraggianti cisono: la costanza nella stupi-dità, l’ignavia organizzata, l’ot-tusità aggressiva e via dicendo. Èquella la grossa barriera che bi-sogna riuscire a sfondare. L’o-stinazione perciò diventa unavirtù cardinale. Per un parados-so curioso ma palese, essa passacosì al servizio dell’obiettività edella tolleranza.

Ecco dunque un insieme diregole per preservare la libertàanche nella schiavitù. E dopo? cisi chiederà. Dopo? Non faccia-moci prendere dalla fretta. Sesoltanto ogni francese fosse di-sposto a sostenere nel suo rag-gio d’azione tutto ciò che ritienevero e giusto, se volesse dare ilsuo piccolo contributo al man-tenimento della libertà, resiste-re all’abbandono e far conosce-

re la sua volontà, allora e soltanto allora questa guer-ra sarebbe vinta nel senso profondo del termine.

Sì, in questo secolo è spesso a malincuore che unospirito libero si esprime con ironia. Su cosa si ha vo-glia di scherzare in questo mondo in fiamme? Ma lavirtù dell’uomo è di conservarsi tale anche davantialla negazione dell’umanità. Nessuno vuole rico-minciare tra venticinque anni la duplice esperienzadel 1914 e del 1939, perciò bisogna sperimentare unmetodo completamente nuovo, basato su giustiziae generosità. Ma queste non si esprimono che neicuori già liberi e nelle menti ancora lungimiranti.Formare questi cuori e queste menti, o piuttosto ri-svegliarli, è il compito insieme modesto e ambiziosoche pertiene all’uomo indipendente. Bisogna atte-nervisi anche senza vedere oltre. La storia potrà te-ner conto di questi sforzi oppure no, ma saranno sta-ti fatti.

Traduzione Elda Volterrani(© Catherine e Jean Camus, pubblicato per genti-

le concessione di Catherine CamusL’articolo non è stato firmato da Albert Camus

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NOBELA sinistra, Albert Camus ritratto

da Tullio Pericoli. Nella foto in alto,

lo scrittore nel 1945

ggigiorno è difficile parlare della libertà di stampasenza essere tacciati di stravaganza, essere sospet-tati di essere Mata Hari, o vedersi incriminare conl’accusa di essere il nipotino di Stalin. Eppure, que-sta libertà tra le altre non è che uno dei volti della li-bertà tout court e si capirà la nostra ostinazione a di-fenderla se si è disposti ad ammettere che non c’è al-tro modo di vincere davvero la guerra. Certo, ogni li-bertà ha i suoi limiti. Bisogna però che questi limitisiano liberamente riconosciuti. Sugli ostacoli cheoggi si oppongono alla libertà di pensiero, abbiamogià detto tutto quello che abbiamo potuto e diremoancora, fino alla nausea, tutto ciò che ci sarà possi-bile dire. In particolare, non ci stupirà mai abba-stanza, una volta assunto ilprincipio della censura, che lariproduzione di testi pubblica-ti in Francia e approvati daicensori della Francia metropo-litana sia vietata, per esempio,al Soir républicain (il quotidia-no pubblicato ad Algeri di cuiall’epoca Camus era capore-dattore ndr). Il fatto che a que-sto riguardo un giornale di-penda dall’umore o dalla com-petenza di un uomo dimostrameglio di ogni altra cosa il gra-do d’incoscienza a cui siamoarrivati.

Uno dei buoni precetti diuna filosofia degna di questonome è di non profondersi invane lamentazioni di fronte auno stato di fatto che non si puòpiù evitare. Oggi in Francia nonsi pone più il problema di capi-re come preservare le libertà della stampa. La que-stione è capire come, davanti alla soppressione diquelle libertà, un giornalista possa rimanere libero.Il problema non riguarda più la collettività, bensìl’individuo.

E, per l’appunto, ciò che ci piacerebbe definire quisono le condizioni e i mezzi con cui, nel contesto del-la guerra e delle sue schiavitù, la libertà possa esserenon soltanto preservata ma perfino manifestata.Detti mezzi sono quattro: la lucidità, l’opposizione,l’ironia e l’ostinazione. La lucidità presuppone la re-sistenza agli impulsi dell’odio e al culto della fatalità.Nel mondo della nostra esperienza è certo che tuttosi possa evitare. La stessa guerra, che è un fenomenoumano, può essere in ogni momento evitata o fer-mata con mezzi umani. È sufficiente conoscere lastoria degli ultimi anni della politica europea per sa-pere per certo che la guerra, qualsiasi guerra, ha cau-se evidenti. Questa visione chiara delle cose escludel’odio cieco e la disperazione che lascia correre. Ungiornalista libero, nel 1939, non dispera e lotta perciò che crede vero come se la sua azione potesse in-fluire sul corso degli eventi. Non pubblica niente chepossa istigare all’odio o provocare la disperazione.Tutto questo è in suo potere.

Dinanzi alla marea crescente della stupidità è an-che necessario opporre qualche rifiuto. Non c’ècoercizione al mondo che possa indurre una perso-na con un minimo di rettitudine ad accettare di es-sere disonesta. Ora, per poco che si conosca il mec-canismo dell’informazione, è facile accertarsi del-l’autenticità di una notizia. Ed è a questo che un gior-nalista libero deve prestare tutta la sua attenzione.Infatti, se non può dire tutto quello che pensa, gli èpossibile non dire quello che non pensa o che credefalso. Analogamente, un giornale libero si valuta tan-to per quello che dice quanto per quello che non di-ce. Questa libertà in negativo è di gran lunga la piùimportante, se la si riesce a mantenere. Perché pre-lude all’avvento della vera libertà. Di conseguenza,un giornale indipendente indica la fonte delle sueinformazioni, aiuta il pubblico a vagliarle, ripudia illavaggio del cervello, evita le invettive, sopperiscecon dei commenti all’uniformazione delle informa-zioni e, in breve, serve la verità nell’umana misuradelle sue forze. Questa misura, per relativa che sia, glipermette almeno di rifiutare ciò che nessuna forza almondo potrebbe fargli accettare: servire la menzo-gna.

Veniamo ora all’ironia. Si può affermare in linea diprincipio che una persona che ha il gusto e i mezziper imporre la coercizione è impermeabile all’iro-nia. Non si immagina Hitler, giusto per citare unesempio tra altri, fare uso dell’ironia socratica. Non-dimeno l’ironia continua a essere un’arma impa-reggiabile contro chi è troppo potente. Essa comple-ta la resistenza, nel senso che permette non già di re-spingere ciò che è falso ma, spesso, di dire ciò che èvero. Un giornalista libero, nel 1939, non si fa troppeillusioni sull’intelligenza di quelli che lo opprimono.È pessimista per quanto riguarda l’uomo. Una veritàenunciata in tono dogmatico viene censurata novevolte su dieci. La stessa verità detta scherzosamente,solo cinque volte su dieci. Questo meccanismo illu-stra in modo abbastanza preciso le potenzialità del-l’intelligenza umana. E spiega anche come dei gior-nali francesi come Le Merleo Le Canard enchaînérie-

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OstinazioneLe condizioni

con cui la libertàpuò esseremanifestata

sono quattro:la lucidità,

l’opposizione,l’ironia

e l’ostinazione

OnestàÈ necessario opporre

un rifiuto alla stupiditàNon c’è coercizioneal mondo che possaindurre una persona

con un minimodi rettitudinead accettare

di essere disonesta

SilenzioSe non si può dire

tutto quelloche si pensa,

è possibile non direquello che non si pensa

Si è valutati tantoper quello che si dice

quanto per quelloche non si dice

VeritàUn giornale serve

la verità nell’umanamisura delle sue forze

Questa misura,per relativa che sia,

gli permette di rifiutareciò che nulla potrebbe

fargli accettare:servire la menzogna

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