Libertà di coscienza e libertà di scelta -...
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Il divorzio arrivò in Italia agli inizi del 1800 con il Codice di Napoleone, che consentiva di sciogliere i matrimoni civili. La Legge, poco sfruttata all’epoca, era davvero molto complicata nell’applicazione: i coniugi per separarsi avevano necessità dell’approvazione dei genitori e dei nonni..
Nel 1902 il Governo di Giuseppe Zanardelli elaborò una direttiva che prevedeva il divorzio solo in caso di adulterio, di lesioni al coniuge, ma anche di condanne gravi. Non venne approvata.
Nel 1965 il deputato socialista Loris Fortuna presentò alla Camera un progetto di Legge per il Divorzio e iniziarono anche le prime manifestazioni di piazza del Partito Radicale, accanto alla Lega italiana per l’istituzione del divorzio (LID). Il 1° dicembre 1970 i Radicali, il Partito socialista Italiano, il Partito Comunista Italiano e il Partito Liberale Italiano approvarono la Legge
Codice Penale, art. 587:
“Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della
sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale
e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o
della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni.
Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona
la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale
col coniuge, con la figlia o con la sorella.
1956: lettera del vescovo di Prato «Oggi, 12 agosto, due suoi parrocchiani celebrano le nozze in Comune rifiutando il matrimonio religioso. Questo gesto di aperto, sprezzante ripudio
della religione è motivo di immenso dolore per i sacerdoti e per i fedeli. Il matrimonio cosiddetto civile per due
battezzati assolutamente non è matrimonio, ma soltanto l’inizio di uno scandaloso concubinato» [...]
«Pertanto lei, signor Proposto, alla luce della morale cristiana e delle leggi della Chiesa, classificherà i due tra i
pubblici concubini e, a norma dei canoni 855 e 2357 del Codice di Diritto Canonico, considererà a tutti gli effetti
il signor Bellandi Mauro come pubblico peccatore e la signorina Nunziati Loriana come pubblica peccatrice.
Saranno loro negati i sacramenti, non sarà benedetta la loro casa, sarà loro negato il funerale religioso» [...]
«Infine, poiché risulta all’autorità ecclesiastica che i genitori hanno gravemente mancato ai propri doveri di genitori
cristiani, permettendo questo passo immensamente peccaminoso e scandaloso, la Signoria Vostra, in
occasione della Pasqua, negherà l’acqua santa alla famiglia Bellandi e ai genitori della Nunziati
Loriana. La presente sia letta ai fedeli»
ebbe conseguenze assai gravi: l’attività commerciale del Bellandi si ridusse della metà, per non parlare degli
insulti, delle lettere anonime, e di un’aggressione subita da sconosciuti che lo picchiarono con violenza.
1960, monsignor Montini
L’arcivescovo esortava poi il popolo cattolico a vigilare su
la non mai sopita campagna in favore del
divorzio,ricordando la circostanza, che fa onore all’Italia e
che ne tutela uno dei beni migliori, e cioè la non esistenza
del divorzio nella legislazione civile, e non dimenticando
che ogni infrazione,foss’anche col così detto «piccolo
divorzio», alla stabilità della famiglia non sarebbe rimedio
ai mali che si vorrebbero togliere con tale legalizzazione
dell’infedeltà coniugale.
L’amore coniugale
8. L’amore coniugale rivela massimamente la sua vera natura e nobiltà
quando è considerato nella sua sorgente suprema, Dio, che è "Amore", che è
il Padre " da cui ogni paternità, in cielo e in terra, trae il suo nome ". Il
matrimonio non è quindi effetto del caso o prodotto della evoluzione di
inconsce forze naturali: è stato sapientemente e provvidenzialmente istituito
da Dio creatore per realizzare nell’umanità il suo disegno di amore. Per
mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli
sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano
a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di
nuove vite. Per i battezzati, poi, il matrimonio riveste la dignità di segno
sacramentale della grazia, in quanto rappresenta l’unione di Cristo e della
chiesa.
LETTERA ENCICLICA DEL SOMMO PONTEFICE PAOLO PP. VI
HUMANAE VITAE
25 luglio dell’anno 1968
Il 27 marzo 1970 nasce un governo di centro-sinistra
"organico". In maggio il Parlamento approva lo statuto dei
lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300) e le norme
sui referendum (articolo 75 della Costituzione) (legge 25
maggio 1970, n. 352). Tra il 1968 ed il 1970 vengono
approvati i provvedimenti relativi all'istituzione delle
regioni (Titolo V della Costituzione) e, nel giugno del
1970 si tengono le prime elezioni regionali.
Il 1° dicembre la Camera approva la legge sul divorzio
(legge 1° dicembre 1970, n. 898).
il Consiglio permanente della Cei che, in
una notificazione del 21 febbraio 1974, affermava: «Il
cristiano, come cittadino, ha il dovere di proporre e
difendere il suo modello di famiglia». Il che è tanto «più
urgente quando i valori fondamentali della famiglia sono
insidiati da una legge permissiva che, di fatto, giunge a
favorire il coniuge colpevole e non tutela adeguatamente i
diritti dei figli, degli innocenti, dei deboli».
A questo blocco se ne contrappose un altro: circoli intellettuali; singole personalità; le Comunità cristiane di base; i «Cattolici democratici», per il No. Ma chi si oppose in modo più argomentato alla presa di posizione dei vertici della Cei fu Giovanni Franzoni, ex abate della basilica Ostiense, dimessosi da quella carica – a causa delle pressioni vaticane – nel luglio del ’73. Il 14 aprile ’74, infatti, l’allora monaco benedettino pubblicò Il mio regno non è di questo mondo. Una risposta alla Notificazione della Cei sul referendum: un libro nel quale demoliva le argomentazioni teologiche accampate dai vescovi e proclamava il diritto di tutti, cattolici compresi, alla libertà di scelta nell’incombente referendum. Pochi giorni dopo fu proibito a Franzoni di andare a parlare del divorzio; egli, pur ritenendo ingiusto l’ordine, obbedì, ma egualmente il 27 aprile fu sospeso a divinis. Il tutto senza alcun processo canonico. Anche alcune decine di preti «divorzisti» furono variamente puniti dai rispettivi superiori. Ma anche «laici» furono puniti: a Venezia il patriarca Albino Luciani, il futuro Giovanni Paolo I, sciolse la Fuci, gli universitari cattolici che si erano espressi per il No.
I piani per il “Golpe”
Piano Solo –Gen. Giovanni De Lorenzo 1964
Golpe Borghese 8/12/1970
La rosa dei venti 1971-1973
Golpe Bianco - Edgardo Sogno 15/8/1974
Dopo piazza Fontana, il 12 dicembre del 1969,
il 17 maggio del 1973, davanti alla Questura di Milano un ordigno causò quattro morti
e otto feriti;
il 28 maggio 1974, bomba in piazza della Loggia, con otto morti e 103 feriti;
il 4 agosto 1974, attentato al treno Italicus con 13 morti e 48 feriti;
e così in un tragico crescendo, sfociato nell’orrore della bomba esplosa alla stazione di
Bologna, il 2 agosto 1980, che fece 85 morti.
In definitiva per 15 anni , dal 1969 al 1984, l’Italia fu un paese insanguinato dalla logica
del terrore: alla fine si contarono 11 stragi con 150 morti e 652 feriti.
Vittime del terrorismo: i morti
(1969-1982)
0
10
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30
40
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19
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19
82
Sinistra
Destra
Sinistra Destra
1969 17
1970 6
1971
1972 1 4
1973 4
1974 6 24
1975 8 2
1976 10 2
1977 12 3
1978 31 5
1979 28 3
1980 38 92
1981 13 11
1982 17 13
totale 164 186
LETTERA ENCICLICA DEL SOMMO PONTEFICE PAOLO PP. VI
HUMANAE VITAE
25 luglio dell’anno 1968
Vie illecite per la regolazione della natalità
14. In conformità con questi principi fondamentali della visione umana e cristiana sul matrimonio, dobbiamo ancora una volta
dichiarare che è assolutamente da escludere, come via lecita per la regolazione delle nascite, l’interruzione diretta del
processo generativo già iniziato, e soprattutto l’aborto diretto, anche se procurato per ragioni terapeutiche. È parimenti da
condannare, come il magistero della chiesa ha più volte dichiarato, la sterilizzazione diretta, sia perpetua che temporanea,
tanto dell’uomo che della donna. È altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o
nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione. Né, a
giustificazione degli atti coniugali resi intenzionalmente infecondi, si possono invocare, come valide ragioni: che bisogna
scegliere quel male che sembri meno grave o il fatto che tali atti costituirebbero un tutto con gli atti fecondi che furono posti
o poi seguiranno, e quindi ne condividerebbero l’unica e identica bontà morale. In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un
minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni
gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente
disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari
o sociali. È quindi errore pensare che un atto coniugale, reso volutamente infecondo, e perciò intrinsecamente non onesto,
possa essere coonestato dall’insieme di una vita coniugale feconda.
Questo momento di improvvisa “rivelazione” è così descritto
in un documento dal titolo “Aborto di Stato” redatto dal
Movimento Internazionale Femminista, nato a Padova nel 1972:
Furono distribuiti volantini, diffusi documenti, vennero organizzate
riunioni, dibattiti pubblici, interventi nelle assemblee: strappato dalle
femministe al chiuso delle confidenze tra amiche, tra vicine di casa
o tra parenti; strappato alla realtà dei sordidi ambulatori della
clandestinità, alla realtà dei processi a porte chiuse, alla realtà di
confessionali in cui i preti promettevano l’inferno in vita e dopo la
morte; strappato all’indifferenza degli uomini: l’aborto cominciò
allora diventare un fatto politico (Aborto di Stato, p. 11).
546. Aborto di donna consenziente. – Chiunque cagiona l’aborto
di una donna, col consenso di lei, è punito con la reclusione da due
a cinque anni. La stessa pena si applica alla donna che ha consentito
all’aborto.
Art. 547. Aborto procuratosi dalla donna.
La donna che si procura l’aborto è punita con la reclusione da uno
a quattro anni.
Codice Rocco
Dei delitti
contro la integrità e la sanità della stirpe
(Artt. 545-555)
553. Incitamento a pratiche contro la procreazione. –
Chiunque pubblicamente incita a pratiche contro la
procreazione o fa propaganda a favore di esse è punito con
la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire
diecimila.
Art. 545. Aborto di donna non consenziente. Chiunque cagiona l’aborto di una donna, senza il consenso di lei, è punito con la
reclusione da sette a dodici anni.
Art. 546. Aborto di donna consenziente. Chiunque cagiona l’aborto di una donna, col consenso di lei, è punito con la reclusione da
due a cinque anni.
La stessa pena si applica alla donna che ha consentito all’aborto.
Si applica la disposizione dell’articolo precedente:
1) se la donna è minore degli anni quattordici, o, comunque, non ha capacità d’intendere o di volere;
2) se il consenso è estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero è carpito con inganno.
Art. 547. Aborto procuratosi dalla donna.
La donna che si procura l’aborto è punita con la reclusione da uno a quattro anni.
Art. 548. Istigazione all’aborto.
Chiunque fuori dei casi di concorso nel reato preveduto dall’articolo precedente, istiga una donna incinta ad abortire, somministrandole
mezzi idonei, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
sent. n. 49/1971 della Corte costituzionale: dichiara illegittimo l’art. 553 (incitamento a pratiche
contro la procreazione
Loris Fortuna nel 1973 presenta il primo progetto di
legge per la legalizzazione dell’aborto; a favore di quel
progetto vengono raccolte 800.000 firme, mentre
l’on. Andreotti (DC) ne parla come di “un atto
provocatorio”
Il settimanale L’Espresso, che da qualche settimana seguiva la vicenda ed era già uscito in edicola il 19 gennaio con una
copertina che aveva fatto scandalo...
L’Espresso, 19 gennaio 1975
26 GENNAIO 1975 - Roma
Adele Faccio, presidente del PR, durante una manifestazione al
Teatro Adriano, si autodenuncia per praticato aborto e si fa
arrestare dalla polizia
sent. n. 27/1975 della Corte costituzionale : dichiara illegittimo l’art. 546 (aborto di donna consenziente) nella parte in cui non prevede che la gravidanza possa essere interrotta per pericolo grave alla salute della madre, dando così al concepito “una prevalenza totale ed assoluta” senza considerare (e difendere) anche la salute della madre.
Legge 22 maggio 1978 n. 194
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 140 del 22 maggio 1978)
NORME PER LA TUTELA SOCIALE DELLA MATERNITA' E SULL'INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVIDANZA
Articolo 1
Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la
vita umana dal suo inizio.
L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-
sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
Articolo 4
Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la
prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in
relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il
concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi
dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o
a un medico di sua fiducia.
Articolo 9
Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7
ed agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La
dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale
o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento
della abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla
stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l'esecuzione di tali prestazioni.
Nel maggio del 1981, tramite referendum, gli elettori
italiani confermarono la legge 194/78. I quesiti referendari
relativi alla legge del 1978 erano due; uno era stato
proposto dal Partito radicale che chiedeva l’abrogazione
di alcune norme per rendere più libero il ricorso
all’interruzione volontaria della gravidanza; l’altro, di segno
opposto al primo, era stato promosso dal Movimento per
la Vita per restringere i casi di liceità dell’aborto. Né il
Partito Radicale né il Movimento della Vita raggiunsero il
proprio scopo; i sì all’abrogazione nel primo caso
arrivarono al 11,60%, mentre nel secondo caso arrivarono
al 32%.