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LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA Ufficio Stampa

Comunicato n. 131 del 15.10.19

Confronto istituzionale tra Libero Consorzio e comune di Modica

Confronto istituzionale tra il Commissario straordinario del Libero Consorzio

Comunale di Ragusa, Salvatore Piazza, e il sindaco di Modica Ignazio Abbate su

alcune problematiche riguardanti l’edilizia scolastica, l’impiantistica sportiva e la

viabilità provinciale ricadente nel territorio di Modica.

Durante il cordiale colloquio che ha avuto luogo a Palazzo San Domenico, il sindaco

di Modica Ignazio Abbate ha confermato al Commissario Piazza la disponibilità a

cedere il terreno di piazza Baden Powell dove insisteva prima l’Auditorium affinché

il Libero Consorzio Comunale di Ragusa possa realizzare un nuovo edificio

scolastico e potenziare sul piano strutturale quel polo didattico dove insistono i

maggiori istituti scolastici di istruzione secondaria superiore. E’ stata poi affrontata la

questione riguardante la gestione del ‘Palarizza’ (attualmente in capo

all’Associazione Sportiva ‘ Torre Palazzello’) e il sindaco Abbate ha chiesto di poter

entrare nella gestione del Palazzetto dello sport di Modica Alta al fine anche di

eseguire degli interventi strutturali per una maggiore fruibilità da parte dell’utenza

sportiva modicana. Infine, a conclusione dell’incontro, il sindaco Abbate ha chiesto al

Commissario Piazza nell’ambito della programmazione riguardante la viabilità

provinciale di pianificare alcuni interventi di manutenzione straordinaria in alcune

strade provinciali a forte densità veicolare del territorio modicano.

(gianni molè)

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Estratto da “RTM news”

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Estratto da “LA SICILIA”

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Estratto da “LA SICILIA”

VITTORIA

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Estratto da “LA SICILIA”

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Estratto da “LA SICILIA”

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Estratto da “LA SICILIA”

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

Armao: Roma ci aiuti o è emergenza I conti sono in rosso, salta la Finanziaria

Giacinto Pipitone Palermo

La Corte dei Conti emetterà il giudizio di parifica sul bilancio 2018 della Regione solo il 13 dicembre spostando

in avanti di almeno un mese o due tutti i piani della giunta Musumeci. Le nuove spese resteranno bloccate fino a

fine anno e poi si andrà a un esercizio provvisorio che permetterà uscite col contagocce.

L'agenda fissata dai giudici contabili è frutto di una serie di intoppi che, caso senza precedenti, hanno portato a

rinviare la parifica del bilancio dell'anno scorso (normalmente fissata a fine giugno). Il cosiddetto Rendiconto è

stato rifatto due volte dal governo Musumeci e solo la settimana scorsa tutti i documenti contabili richiesti dalla

Corte sono stati inviati.

Il problema sono i 780 milioni di ulteriore disavanzo scoperto fra marzo e agosto. Una somma che adesso andrà

ratificata dalla Corte dei Conti, che sulla carta potrebbe ancora ritenere stimato al ribasso il calcolo fatto dagli

uffici della Ragioneria generale. Per tutti questi motivi l'assessore all'Economia, Gaetano Armao, e il presidente

Musumeci già a fine agosto hanno scritto all'Ars imponendo il blocco di tutte le leggi che prevedono spese.

Sono finite così nel congelatore misure come il Collegato alla Finanziaria (che prevedeva finanziamenti a

pioggia per 48 milioni), e varie leggi fra cui la riforma del sistema di gestione dei rifiuti e quelle che bloccano la

nascita di nuovi centri scommesse e la diffusione di piatti e bicchieri di plastica.

Il blocco della spesa, nei piani del governo, doveva terminare entro fine ottobre. Per allora Musumeci e Armao

speravano di aver già ottenuto la parifica sul bilancio 2018. Invece un paio di giorni fa la Corte ha comunicato

che si va al 13 dicembre. Dunque tutto resta congelato fino ad allora.

Alla vigilia di Natale il governo potrà dunque solo far approvare in aula il Rendiconto con le correzioni che la

Corte avrà indicato, chiudendo così l'esame del bilancio 2018 e liberando la strada alla nuova manovra.

Nell'attesa della quale dovrebbe però far approvare all'Ars l'esercizio provvisorio, un po' come è accaduto l'anno

scorso, rinviando la Finanziaria a febbraio.

Non a caso al bozzone del bilancio 2020 e della Finanziaria non si è neppure iniziato a lavorare, se non per

sommi capi. Al momento la Regione sa di dover coprire il disavanzo di 780 milioni nei prossimi 3 anni. E ciò

imporrebbe una manovra lacrime e sangue. In assessorato si ipotizzano tagli mai visti prima. E tuttavia le

proposte arrivate da ogni singolo assessorato per la redazione della Finanziaria sono in senso diametralmente

opposto: i tecnici del bilancio hanno stimato che i desiderata della giunta varrebbero almeno 500 milioni di

nuova spesa. Mentre delle proposte di tagli chieste da Armao per iscritto a inizio settembre non c'è traccia.

Questo rende tremendamente difficile la stesura della manovra 2020. E in quest'ottica l'allungamento dei tempi

imposto dalla Corte dei Conti potrebbe perfino divenire un assist per Armao e Musumeci.

Nei tre mesi e mezzo che, a meno di sorprese, saranno necessari per uscire dall'impasse la Regione avrà il

tempo di trattare con lo Stato una norma che già è stata ribattezzata «Salva Sicilia». È un emendamento alla

legge di Stabilità che il governo Conte sta scrivendo in queste settimane che permetterebbe alla Regione di

rendere meno duro il ripianamento del deficit. Una mossa che, se avallata, alleggerirebbe in modo decisivo i

conti della Regione e dunque i tagli da imporre a tutti i settori che gravitano intorno al suo bilancio.

Le prime trattative col governo nazionale sono già iniziate: un nuovo incontro è già fissato al ministero

dell'Economia per il 22. È, questo, in realtà il piano B. Mentre il piano A, a cui Armao lavora da mesi, viaggia

su un altro binario. La commissione paritetica Stato-Regione ha già approvato una norma che permetterebbe di

spalmare in 10 anni il maxi deficit e che attende adesso il via libera proprio della Corte dei Conti nazionale (un

primo esame è previsto per domani) e poi del Consiglio dei ministri. Il via libera entro fine anno permetterebbe

di annullare del tutto il rischio di maxi tagli.

Sono i tempi a questo punto a fare la differenza: bisogna arrivare entro fine anno per fare in modo che a gennaio

la Regione possa lavorare alla propria manovra. In ogni caso senza il piano A o il piano B la Finanziaria

regionale rischia di non vedere la luce prima di febbraio e tutte le spese collegate rimarrebbero bloccate o quasi.

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Estratto da “LA SICILIA”

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

Contratto e indennità Oggi protesta dei regionali

Palermo

La Regione si ferma per un'ora. Stamani dalle 10 alle 11 in tutti gli uffici, quelli centrali e quelli periferici, non

si lavorerà. Ufficialmente per una assemblea che ha tutto il sapore di uno sciopero e che, dopo anni, vede i

sindacati confederali e gli autonomi firmare una lunga piattaforma di rivendicazioni.

Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Cobas-Codir, Sadirs, Siad e Dirsi lamentano innanzitutto lo stop ai lavori della

commissione che avrebbe dovuto portare a una riclassificazione di tutto il personale: oggi alla Regione ci sono

quattro fasce di impiego che avrebbero dovuto essere portate almeno a 3. Ciò avrebbe provocato la riscrittura

delle mansioni di ciascun dipendente. Tutto questo si lega alle progressioni verticali che i sindacati si

attendevano dopo la firma del contratto collettivo la scorsa primavera. Non ci sarebbe stato neppure un passo

avanti nell'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale. Bloccata anche la trattativa sul rinnovo del

contratto collettivo dei dirigenti regionali (rivendicazione che qualche mese fa ha portato anche al primo,

storico, sciopero di una parte della dirigenza).

«Per tutti questi motivi - spiega Luca Crimi della Uil - quella che inizia oggi è la prima tappa di una lunga

mobilitazione. Chiediamo che ci sia una vera programmazione delle politiche sul personale».

Più diplomatici gli autonomi: «L'iniziativa dei sindacati - commentano Fulvio Pantano e Franco Madonia del

Sadirs - non è un'azione contro il governo. Al contrario, nel governo regionale cerchiamo un alleato che lavori

al nostro fianco nella risoluzione di tutti quei problemi già noti e che garantiscono il bene del pubblico impiego

regionale. In particolare riteniamo importante accelerare nell'applicazione del contratto da poco firmato e fare

chiarezza sulle risorse che spettano dipendenti».

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Estratto da “LA SICILIA”

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

Pioggia di assunzioni negli Atenei: in Sicilia 120 docenti Angelo Meli Palermo

Il governo accelera per sbloccare le assunzioni di docenti nelle università, disponibili quasi 2.450 posti di cui

120 in Sicilia. Il primo dicembre scade lo stop ai concorsi disposto dalla scorsa legge di bilancio e gli atenei

potranno cominciare a utilizzare i nuovi «punti organico», cioè i margini di flessibilità che il ministero dell'

Istruzione riconosce annualmente sulla base delle cessazioni precedenti e della virtuosità di bilancio. Due

decreti appena vidimati dalla Corte dei conti autorizzano fino a 2.444 ingressi di ordinari, associati e ricercatori.

Vera boccata d'ossigeno per la didattica universitaria che, secondo le ultime rilevazioni ministeriali, dal 2011 ha

perso l'8,6% del corpo docente.

Il primo decreto ministeriale distribuisce 2.223 «spazi di flessibilità» ordinari sulla base di due parametri: gli

atenei con un rapporto spesa di personale/Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) almeno dell' 80% o con un

indicatore di sostenibilità finanziaria inferiore a 1 potranno fermarsi al 50% delle uscite 2018 mentre quelli al di

sotto di tale soglia citata potranno arrivare anche al 100% delle cessazioni dell' anno prima. Il secondo ne

assegna altri 221 sulla base di criteri diversi: i primi 26 punti organico saranno ripartiti in parti eguali (0,50

ciascuna) tra tutte le università con un rapporto spesa di personale/Ffo inferiore al 75% e un indicatore di

sostenibilità finanziaria maggiore di 1,10; gli altri 195 andranno alle accademie in base al rapporto

studenti/docenti, alle borse di dottorato e alla virtuosità finanziaria.

Decideranno le singole università quando far partire i bandi e quanti posti mettere a concorso per gli aspiranti

professori che nel frattempo sono entrati in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale di prima e seconda

fascia. In valore assoluto i margini di manovra maggiori li avranno La Sapienza di Roma (con 188 punti

organico ordinari e aggiuntivi), l'Alma Mater di Bologna (154) e la Federico II di Napoli (145). In Sicilia è

Palermo che si piazza prima con 51 posti, Messina 38 e Catania 30.

Intanto, trentamila aspiranti professori possono tirare un sospiro di sollievo. Al terzo tentativo la proroga

dell'abilitazione scientifica nazionale (Asn) è arrivata. Grazie al decreto sui precari della scuola che è stato

approvato dal Consiglio dei ministri di giovedì scorso e che risponde a un'esigenza esplosa nei mesi scorsi:

evitare che gli studiosi in possesso del «patentino» nazionale necessario per accedere ai concorsi per docenti di I

e II fascia banditi dai singoli atenei lo vedessero scadere senza aver neanche partecipato alla selezione.

L'articolo 5 del Dl precari consente il mantenimento dell'Asn per 9 anni purché il candidato abbia gli altri

requisiti (attività di ricerca scientifica e pubblicazioni) richiesti dalla legge. A beneficiare della proroga sarà una

platea piuttosto ampia. Considerando che dal 2014 a oggi, secondo i numeri in possesso dell' Agenzia Anvur,

gli abilitati sono stati 42.171 a fronte di 1.475 assunti fino al 2017, ultimo dato disponibile. Se al conto

aggiungiamo i 10.302 passaggi di ruolo da ricercatore ad associato o da associato a ricercatore arriviamo ai

30mila prof con il «patentino» in scadenza.

Proprio in tema di passaggi interni degna di nota è un' altra proroga, stavolta di due anni, contenuta nello stesso

provvedimento. Fino al 2021 sarà possibile stipulare un contratto di prima o seconda fascia con associati o

ricercatori a tempo indeterminato in possesso dell' Asn. Prevista anche la stabilizzazione di 500 precari degli

enti di ricerca.

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

L'invasione del falso extravergine

Andrea D'Orazio

Oltre 2000 chili di falso extravergine pronti per essere imbarcati e diverse tonnellate di miele non tracciato

destinate alle tavole dei consumatori: sono gli ultimi sequestri inferti al commercio di prodotti agricoli illegali in

Sicilia, spina nel fianco per tutta la filiera agroalimentare dell'Isola. La partita di extravergine taroccata è stata

bloccata ieri al porto di Palermo dai funzionari dell'Agenzia Dogane e Monopoli, che durante l'attività di

verifica biochimica della merce hanno rilevato che l'olio, in realtà, era non commestibile e di qualità

«lampante», cioè da destinare in raffineria per essere purificato.

Il miele non tracciato è stato invece scoperto lunedì scorso dai carabinieri del Nas di Catania, durante l'attività

di ispezione nell'area di Zafferana Etnea: il prodotto confiscato era semilavorato, senza alcuna indicazione

sull'origine e la provenienza, in violazione della procedura di rintracciabilità commerciale obbligatoria dal 2005.

L'esito dei controlli, sottolinea il presidente regionale di Coldiretti, Franceso Ferreri, plaudendo ai due sequestri,

«dimostra quanto siano frequenti le attività illecite in questo settore. Il miele e l'olio d'oliva sono due prodotti

che connotano la nostra Isola e spacciare per siciliano ciò che non è rappresenta un danno all'economia e ai

produttori». A destare allarme è soprattutto il business dell'extravergine taroccato, in Sicilia come nel resto

d'Italia. Secondo un'elaborazione diffusa ieri da Unaprol, l'Unione nazionale dei produttori olivicoli, negli ultimi

dieci anni il commercio dell'olio d'oliva falso o irregolare è cresciuto oltre l'87, mentre nell'Isola, spiega Mario

Terrasi, coordinatore regionale del consorzio olivicolo, «il falso extravergine rappresenta almeno il 20% del

mercato illegale scoperto in Italia. Un fardello per tutti i produttori onesti, che quest'anno peserà più del solito,

visto che la raccolta delle olive non è andata a gonfie vele, con una riduzione del 50% sulla media annuale

siciliana».

Il tema della tracciabilità torna così in primo piano, insieme alla domanda di sempre: come garantire la filiera di

un prodotto alimentare? Una risposta, ricorda Maurizio Lunetta, responsabile per la Sicilia di Valoritalia,

società leader in Italia nelle attività di controllo sui vini Docg e Igt e per l'agricoltura biologica, «arriva oggi

dalla blockchain, una specie di registro virtuale, consultabile sul web, strutturato come una catena di blocchi

contenenti tutte le transazioni, la cui validazione è affidata a un meccanismo di consenso: le informazioni sulla

merce possono essere controllate e aggiornate da chiunque abbia interesse, dal produttore fino al consumatore».

Nell'Isola, uno strumento che usa lo stesso principio è già utilizzato dal Consorzio arance rosse di Sicilia Igp: è

la piattaforma digitale ideata da Almaviva, basata sull'interazione tra il portale del Consorzio, che mostra i dati

provenienti dalle varie fonti produttive, e da un'App su smartphone ad uso del consumatore, che dà

informazioni sull'intera filiera. Ma i settori «in cui questa tecnologia può essere applicata proficuamente»,

spiega Alessandro Mantelli, Chief Technology Officer e Practice Leader di Almaviva, «sono molteplici e

coinvolgono non solo la grande industria, ma anche le Pmi e la pubblica amministrazione». Oltre

all'agroalimentare, dunque, anche «il manifatturiero, la logistica e i trasporti», solo per fare alcuni esempi,

«possono trarre vantaggio dalla blockchain nella protezione e valorizzazione dei marchi, nella lotta alla

contraffazione e nella trasparenza verso cittadini e consumatori».

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

Paura per altri 180 migranti Pelagie, recuperati 12 corpi

Pinella Drago Pozzallo

Un barcone stracarico «in precarie condizioni di galleggiabilità» a 35 miglia da Lampedusa, acque sar maltesi, è

stato soccorso ieri in mattinata da motovedette italiane di Guardia costiera e Guardia finanza, che hanno preso a

bordo i circa 180 migranti e si sono dirette verso La Valletta. Ma dalle autorità dell'isola non è ancora arrivata

l'indicazione del «pos», il porto sicuro di sbarco. Ed è di nuovo braccio di ferro tra Italia a Malta a pochi giorni

dal vertice ospitato proprio a La Valletta che avrebbe dovuto segnare una svolta verso una condivisione

dell'accoglienza in Europa. Intanto, la Commissione europea, come avvenuto in tanti casi precedenti, coordinerà

gli sforzi degli Stati che si faranno avanti per accogliere una quota dei 176 migranti salvati dalla Ocean Viking

in arrivo stamattina alle 8 a Taranto. E sale la polemica politica.

I 176 soccorsi dalla Ocean Viking (tra di loro 4 donne incinte e 33 minori, di cui 23 non accompagnati)

sbarcheranno invece stamane alle 8 a Taranto, saranno quindi trasferiti all'hotspot per le operazioni di

identificazione e successivamente smistati in altri centri. In tanti, informa Msf, presentano sintomi da inalazione

di carburante e diversi hanno ferite subite nei campi di detenzione in Libia. Attaccano Lega e Fratelli d'Italia,

che parlano di «accordi di Malta-bluff» e accusano il premier Conte di «voler trasformare Taranto nella nuova

Lampedusa». In mancanza del meccanismo europeo di distribuzione automatica per quote dei migranti salvati

dalle navi umanitarie, continua il metodo del «caso per caso“ sull'accoglienza, con richiesta a Bruxelles di

trovare i Paesi volontari disposti a farsi carico di una parte dei soccorsi.

Novità, infine, sul caso del barcone naufragato lo scorso 7 ottobre a poche miglia da Lampedusa. È stato

individuato ad una sessantina di metri di profondità ed i sommozzatori della Guardia Costiera - che con un robot

subacqueo da giorni perlustravano la zona - hanno visto almeno 12 corpi, tra cui una giovane donna e un

piccolo bimbo, madre e figlio di cui parlavano i sopravvissuti: erano abbracciati. È possibile vi siano anche altri

cadaveri nelle vicinanze del barcone.

Una sosta lampo. Poco più di un giorno, giusto il tempo per essere sottoposti alle procedure di fotosegnalazione

da parte delle forze di polizia ed ai controlli medici. Nel pomeriggio di ieri i 66 immigrati, giunti il giorno prima

all'Hotspot di Pozzallo, sono stati trasferiti in Calabria, in un centro a Cosenza, secondo un piano di

ridistribuzione. Uno svuotamento, quello operato nella giornata di ieri dal personale dell'Hotspot, volto a

liberare il posto ad altri arrivi in un susseguirsi costante. Sono attesi, infatti, per le prime ore di oggi (mercoledì)

nel centro di Pozzallo cento immigrati o poco più che arriveranno da Lampedusa. Fanno parte del folto numero

di 200 persone sbarcate nella notte fra domenica e lunedì scorso al porto lampedusano a bordo di piccole

imbarcazioni. Da mesi Pozzallo rappresenta il luogo dove far confluire i migranti che affollano Lampedusa e da

qui, poi, farli partire per altre destinazioni.

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

Furbetti del cartellino, un licenziato a Trapani

Francesco Tarantino

Un «furbetto del cartellino» scoperto al Comune di Trapani. Si tratta di un dipendente comunale di 55 anni che

è stato licenziato in tronco dall'amministrazione perché attestava falsamente la sua presenza in ufficio. Il

licenziamento è avvenuto nel primo fine settimana di ottobre. Il provvedimento è stato firmato dal segretario

generale del Comune, Alfonso Spataro, nelle vesti di responsabile dell'ufficio unico per i procedimenti

disciplinari. La pesante sanzione disciplinare è stata determinata ai sensi dell'articolo 55 quater del decreto

legislativo 165 del 2001, la cosiddetta «legge Madia».

Il comportamento scorretto del dipendente, secondo quanto verificato dagli uffici comunali, si ripeteva dal

2018. Nel dettaglio, l'ormai ex dipendente chiedeva al dirigente del proprio settore dei brevi permessi per

allontanarsi dall'ufficio per motivi personali che gli venivano accordati. Al momento di utilizzare il badge per

segnalare l'uscita, però, l'uomo anziché utilizzare il corretto codice identificativo, inseriva quello che

corrisponde al «servizio fuorisede». In questa maniera il sistema non contabilizzava le ore da recuperare e

quindi il dipendente risultava al lavoro, quando, in realtà, si era allontanato per questioni personali.

Il dipendente comunale, che aveva un contratto a tempo indeterminato, è stato licenziato senza preavviso, come

dispone in casi del genere la legge Madia.

È plausibile ipotizzare che ora le carte saranno trasferite all'Autorità giudiziaria competente e che possa essere

avviata un'indagine per truffa ai danni del Comune. Il decreto furbetti del cartellino è un provvedimento inserito

nella Riforma della pubblica amministrazione siglata dall'allora ministro Marianna Madia, al fine di contrastare

l'assenteismo dei dipendenti pubblici che timbrano e poi vanno in palestra, a fare la spesa o il secondo lavoro. Il

fenomeno, che ormai in Italia ha preso il nome di «furbetti del cartellino», è in continua crescita, malgrado i

primi arresti e sospensioni.

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

Manovra, primo sì Quota 100 resta e calano le tasse per i lavoratori

Serenella Mattera ROMA

Nel 2020 Quota 100 non cambierà e le tasse saranno tagliate soltanto ai lavoratori. Su questi due pilastri regge il

primo accordo sulla Manovra, siglato da Partito democratico e Movimento Cinque Stelle.

Il confronto prosegue: manca l'intesa su temi delicati come il carcere agli evasori. E Matteo Renzi attacca sia su

Quota 100 sia sull'abbassamento da tremila a mille euro del tetto all'uso del contante, una scelta su cui si scontra

con il premier Giuseppe Conte. Ma intanto il M5S ottiene che le finestre per le pensioni anticipate non slittino e

il Pd che i tre miliardi di taglio del cuneo non vengano spalmati anche sulle imprese ma dati solo ai lavoratori.

Si sblocca così la convocazione del Consiglio dei ministri per approvare il Documento programmatico di

bilancio (Dpb) che indica i cardini della legge di bilancio da inviare alla Commissione europea e la cui scadenza

era la mezzanotte di ieri.

Nella notte di lunedì tutto sembra di nuovo in discussione. Poi tra Palazzo Chigi e il ministero dell'Economia

parte la mediazione tra i partiti di maggioranza. Conte fa sapere che non accetterà di trasformare la manovra in

un terreno per le «bandierine dei partiti» o in uno «strumento da campagna elettorale». Il premier parla uno ad

uno con i capi delegazione, poi in una riunione con il ministro Roberto Gualtieri e i tecnici del ministero, alla

quale intervengono i sottosegretari M5S e Pd Riccardo Fraccaro e Antonio Misiani, definisce le linee dell'intesa

da sottoporre nella notte di martedì al via libera dei partiti e dei ministri in Consiglio dei ministri. Entro la

mezzanotte è, infatti, obbligatorio approvare e mandare all'Unione europea soltanto il il Documento

programmatico di bilancio: la Manovra e il Decreto fiscale (che assicura circa tre miliardi di coperture) non

compaiono all'ordine del giorno, è probabile che serva un secondo Consiglio dei ministri, forse lunedì 21, per

approvarli. Di sicuro i testi finali non arriveranno prima del 20 ottobre.

Il ministro Gualtieri derubrica a «dettagli» le questioni ancora aperte e spiega che «il quadro di fondo è definito:

l'Iva non aumenterà, ci saranno più soldi in busta paga, più investimenti e un robusto pacchetto famiglia»,

elenca. Anche Conte sottolinea lo «sforzo significativo» fatto per usare le «non molte» risorse a disposizione

(solo per l'Iva servono 23 miliardi sui circa trenta totali della Manovra) per dare «potere d'acquisto» ai

lavoratori dipendenti. Quest'anno si abbassano le tasse solo a loro. Ma la manovra, dice, imposta una «svolta».

Il presidente del Consiglio ritiene che si tratti di norme indispensabili per il Paese. Soddisfatti si dicono il

ministro degli Esteri Luigi Di Maio («Non alziamo le tasse») e il segretario dem Nicola Zingaretti («Ci sono i

pilastri Pd, inclusa la svolta verde»): l'accordo «consegna» al primo Quota 100, al secondo il taglio del cuneo ai

lavoratori.

Sulle finestre per il pensionamento anticipato nulla cambia nel 2020 ma, a dire il vero, non si esclude un

intervento nel 2021. Mentre arriva una mini-rivalutazione per le pensioni tra i 1.500 e i 2.000 euro. Ma i

sindacati parlano di una «presa in giro» dato che questi pensionati hanno già una rivalutazione al 97%

dell'inflazione. In pratica, sostengono, ci sarebbe un aumento di circa 50 centesimi di euro al mese, pari a poco

più di 6 euro all'anno per 2,5 milioni di pensionati. «Sono cifre irrisorie - ha detto il segretario generale dello

Spi-Cgil, Ivan Pedretti - è offensivo. Si rafforzano le ragioni per la manifestazione del 16 novembre».

Per il resto, Roberto Speranza incassa lo stop ai superticket da luglio 2020. Renzi e Di Maio si vantano di aver

sventato la tassa sulle sim card aziendali. Tutti celebrano il Fondo da due miliardi per la famiglia, viatico

all'assegno unico.

Ma tanto è ancora in discussione: in Manovra dovrebbero arrivare la tassa sulla plastica e la «sugar tax» sulle

bevande con zuccheri aggiunti. E tra M5S e Pd è ancora in corso il braccio di ferro sull'inasprimento del carcere

per gli evasori del Fisco: i pentastellati lo vogliono nel decreto fiscale, insieme con la confisca dei beni, mentre i

Dem vorrebbero affrontare il tema in una legge ad hoc. Un capitolo a sé è quello del tetto all'uso del contante: fu

alzato dal governo Renzi a tremila euro, adesso la bozza del Decreto fiscale prevede che torni a mille euro. La

scelta piace al Partito democratico: Dario Franceschini ricorda che era contrario quando Renzi l'alzò e ora è

bene abbassarlo. Fa, invece, storcere il naso a Italia Viva, che con Luigi Marattin chiede di alzare la soglia in tre

anni ma soltanto a patto che si azzerino le commissioni sulle carte di credito. Il premier Conte rimprovera i

renziani: «Bisogna schierarsi con gli onesti e il tetto al contante è un tassello fondamentale». «Non è

fondamentale», ribatte a muso duro Renzi, che torna a bollare come «iniqua» Quota 100. Nel complesso la

Manovra piace poco a Italia Viva, che mormora contro le scelte «fatte dai Visco boys»: i renziani assicurano

che non faranno «ricatti», nessuna «barricata». Ma le prossime settimane si annunciano turbolente.

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Estratto da “LA SICILIA”

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

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Estratto dal GIORNALE DI SICILIA

Renzi e Salvini, scintille da Vespa «Sei un rosicone» «Tu incompreso»

Osvaldo Baldacci Roma

Sciabolate senza sosta nel duello Matteo contro Matteo a Porta a Porta, ma a restare feriti spesso non sono i due

contendenti quanto gli assenti, dato che in fondo i leader di Lega e Italia Viva avevano interesse a legittimarsi a

vicenda colpendo altri rivali. Non che per questo Matteo Renzi e Matteo Salvini si siano risparmiati colpi di

ogni genere l'un contro l'altro, passando dal tu al lei e spaziando dalla recente crisi di governo alle spinose

questioni legate alla Russia, dai migranti alle tasse.

Alla fine tutti e due hanno espresso soddisfazione.

«Lui ha parlato ai suoi. Ha fatto la sua parte solita. Io chiedo quota 100, lui risponde coi migranti, il suo

evergreen. È stato un confronto utile: ce ne fossero di più», commenta Matteo Renzi. Salvini a chi gli chiedeva

con chi sarà il prossimo duello televisivo ha risposto «Giuseppi», riferendosi al premier Conte: «Quando vuoi,

all'ora che vuoi, sul canale che vuoi». Il segretario leghista si è detto «molto soddisfatto» del dibattito con l'ex

premier Renzi: «Decidete voi chi ha vinto».

Lo scontro a suon di battute è partito proprio dalla formazione del nuovo governo. «Renzi in maniera geniale si

è inventato un governo sotto il fungo per evitare queste elezioni. Lui si inventa un governo dalla sera alla

mattina. Dice 'Bruno stai sereno'. E poi traaac. Fa un governo», attacca il leader della Lega. Renzi replica: «Il

colpo di sole da Papeete che ha preso il collega Salvini è evidente. E lo fa rosicare ancora adesso». Il leghista

allora attacca su Italia Viva: «Renzi crea partiti, non è un rottamatore per caso». Ma Renzi non cede: «Potevo

starmene in panciolle e fare il grande manovratore dentro il PD. C'è uno spazio nuovo ed è uno spazio che

prende gente che viene da sinistra e gente che viene da destra. Tu invece di governare stavi alle sagre, stai

sempre a mangiare, hai uno stomaco di amianto. Stare in spiaggia col figlio è legittimo, ma se sei un ministro

non stai in piazza, stai nelle istituzioni». Ribatte Salvini, tirando in mezzo anche Conte: zIo adoro i paesi e se ho

il 34 per cento e tu il 4 un motivo ci sarà. Io ho il senso dell'onore, Conte quello della poltrona. Non porto

rancore. Semplicemente quando io dico 'Mai col Pd' è mai col Pd. Rimprovero a Conte che è passato con

nonchalance dai porti aperti ai porti chiusi dalla flat tax sì e alla flat tax no».

Vespa insinua che l'avversione a Conte li accomuni. Ma Renzi non ci sta: «Non è vero che voglio fare la festa a

Conte. Sei una banderuola, non tieni la parola per più di un minuto. Era per la Padania e poi nazionalista, da

comunista a Casapound, contro l'Italia nel 2006 quando tifava Francia, e poi i canti contro i napoletani... È 27

anni che fai politica. Non hai portato a casa nessun risultato se non tanti spot». Salvini la butta sull'ironia:

«Renzi è un genio incompreso, ha fatto tutto e gli italiani non se ne sono accorti, ha portato pure la pace nel

mondo».

Un tema che davvero li divide sembra quello dell'immigrazione. Salvini espone un cartello con i numeri degli

ultimi sbarchi, Renzi attacca che quella dei migranti e della sicurezza è un'arma strumentale che Salvini usa

sempre per cambiare discorso, mentre nella pratica «Il governo Conte-Salvini ha messo due miliardi sulle forze

dell'ordine. I governi Renzi-Gentiloni ne hanno messi sei. Allora, parliamo di numero e fatti: Salvini racconta

cose che sono palesemente false».

Nel frattempo un'altra assente finisce nel mirino: Renzi come Salvini pensa che la sindaca di Roma Virginia

Raggi debba andarsene, e anzi il leader di Italia Viva concede: «I sindaci della Lega sono molto meglio di lei».

Tema caldo invece le elezioni che non ci sono state: per Salvini, «hanno fatto tutto per non far votare gli italiani,

perché avremmo stravinto”. Renzi replica: “Non sei tu a decidere quando sciogliere le Camere, c'è da salvare il

bilancio dell'Italia».

Non mancano gli attacchi personali. Salvini rinfaccia a Renzi l'aereo di Stato, e allude al coinvolgimento dei

governi precedenti nel Russiagate. Renzi contrattacca sui fondi russi («Io ho querelato Papadopoulos, Salvini

non ha querelato Savoini»), e sui 49 milioni spariti della Lega.

«Io non li ho mai visti, non starei qui a parlare di Papeete», replica Salvini che dice «rispondo solo dei bilanci

certificati dopo quei fatti». Alla fine i due se ne vanno entrambi sorridenti.

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