libera officina di pensieri motociclistici · 28 e 29 gennaio 2017 Varie ed eventuali—n. 1...

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Motociclistisempre num. 1 2/2017 Varie ed eventuali libera officina di pensieri motociclistici Il movimento motociclistisempre è nato nel quotidiano, nel desiderio di contribuire al sistema nel suo complesso. Un gruppo di appassionati che hanno maturato esperienze concrete e reali nelle istituzioni ma che non fanno del potere il loro obiettivo bensì il loro strumento. Abbiamo lottato, discusso, scritto, parlato, urlato in occasione dell’Assemblea Nazionale FMI. Abbiamo raccolto il disagio di tanti ma evidentemente non è ancora cosi forte o basta poco per lenire le grandi ferite. Ab- biamo deciso che il dovere di continuare non veniva meno e quindi rimaniamo sentinelle attive dell’utenza motociclistica nel suo complesso. Avevamo già anticipato che ci saremmo fatti risentire, che avremmo fatto delle proposte concrete e non intendiamo venir meno alle nostre promesse. A breve ci costituiremo in un soggetto giuridico, un’associazione attraverso la quale promuo- vere i diritti dei motociclisti con riferimento a tutte le varie declinazioni dell’essere motociclista nei vari periodi. Non vogliamo infatti tralasciare la storia ed il patrimo- nio storico motoristico, non vogliamo dimenticare da dove veniamo. Vogliamo la- vorare sui servizi, sulle attività, vogliamo essere un soggetto attivo che sia operativo e di stimolo alle Istituzioni. Rimaniamo fedeli a noi stessi, al nostro progetto e quindi continuiamo ad urlare che siamo “motociclistisempre” e continuiamo a inserire la scheda nell’urna perché il voto non è solo quando ci sono le elezioni, il voto è quo- tidiano con il nostro contributo, con il nostro atteggiamento, con la nostra etica e la nostra moralità. Vi aspettiamo perché questa sarà un’associazione aperta a tutti coloro che ci vo- gliono credere! A breve info ed istruzioni, un saluto motociclistico IL NON SENSE DEL MOTOCICLISMO Ognuno di noi tende a scacciare la disgrazia, l’evento tragico, il dolore, da sé e da chi lo circonda. Ci sentiamo protetti, diciamo di sapere a cosa andiamo incon- tro ma, in cuor nostro, è qualcosa che tocca sempre altri in altre dimensioni, in altri mondi…poi arriva la notizia, per chi è sul posto anche lo shock di vivere tutto dal vivo, come testimoni oculari. E allora lì crolla il mondo, ci si sente piccoli, coinvolti in un gioco che non ha alcun senso, che se andiamo a vedere è una maledizione. Quanti ce ne ha portati via? Quante volte abbiamo pianto oppure la rabbia è montata dentro per conseguenze spesso gravissime? È di questi giorni la notizia dell’ennesimo lutto, dell’ennesima tragedia. Tra chi grida all’eroe, chi è fatalista e chi invece non perde l’occasione per dire la sua sul perché e sul per come, ci ritro- viamo ancora a cercare di capire. Il livello di sicurezza passiva è sicuramente cre- sciuto, ma è cresciuta contestualmente la consapevolezza di certi rischi? Moto sempre più potenti e leggere, ricerca della velocità con predilezione di tracciati dove aprire a manetta, lunghi, lunghissimi. Da una parte quindi una domanda che chiede, che è esigente. Dall’altra un’offerta che si deve adeguare ma allora serve un fronte unito e compatto, un approccio che faccia condividere la problemati- ca. Vincoli che non distruggano l’entusiasmo costringendo ad andare a fare i mat- ti per strada, vincoli che aiutino a crescere e a gestire potenze e situazioni. Si azze- rerà cosi il pallottoliere di chi ci lascia? Se ci limitiamo alla tragedia di Stefano Togni proprio no, non si azzera. Stefano era uno esperto, di quelli con il curriculum impor- tante, non un pilota della domenica. E allora che fare? Piangeremo ancora una volta, chiedendoci per altri cinque minuti se tutto questo valga la pena e poi, ipo- criti anche con noi stessi, gireremo pagina. No, non dimenticheremo ma sarà un altro callo sulla nostra pelle, più o meno vivo. Che non si fermi però la ricerca di sempre maggior tutele e soprattutto, come per l’alpinista che va in montagna, ci sia sempre il massimo rispetto per il mezzo che usiamo e per le curve dove lo usia- mo. Rispetto per tutto questo che non vuol dire paura. La paura è solo quella di dover piangere ancora.

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Motociclistisempre num. 1 2/2017

Varie ed eventuali

libera officina di pensieri motociclistici

Il movimento motociclistisempre è nato nel quotidiano, nel desiderio di contribuire

al sistema nel suo complesso. Un gruppo di appassionati che hanno maturato

esperienze concrete e reali nelle istituzioni ma che non fanno del potere il loro

obiettivo bensì il loro strumento. Abbiamo lottato, discusso, scritto, parlato, urlato in

occasione dell’Assemblea Nazionale FMI. Abbiamo raccolto il disagio di tanti ma

evidentemente non è ancora cosi forte o basta poco per lenire le grandi ferite. Ab-

biamo deciso che il dovere di continuare non veniva meno e quindi rimaniamo

sentinelle attive dell’utenza motociclistica nel suo complesso.

Avevamo già anticipato che ci saremmo fatti risentire, che avremmo fatto delle

proposte concrete e non intendiamo venir meno alle nostre promesse. A breve ci

costituiremo in un soggetto giuridico, un’associazione attraverso la quale promuo-

vere i diritti dei motociclisti con riferimento a tutte le varie declinazioni dell’essere

motociclista nei vari periodi. Non vogliamo infatti tralasciare la storia ed il patrimo-

nio storico motoristico, non vogliamo dimenticare da dove veniamo. Vogliamo la-

vorare sui servizi, sulle attività, vogliamo essere un soggetto attivo che sia operativo

e di stimolo alle Istituzioni. Rimaniamo fedeli a noi stessi, al nostro progetto e quindi

continuiamo ad urlare che siamo “motociclistisempre” e continuiamo a inserire la

scheda nell’urna perché il voto non è solo quando ci sono le elezioni, il voto è quo-

tidiano con il nostro contributo, con il nostro atteggiamento, con la nostra etica e la

nostra moralità.

Vi aspettiamo perché questa sarà un’associazione aperta a tutti coloro che ci vo-

gliono credere! A breve info ed istruzioni, un saluto motociclistico

IL NON SENSE DEL MOTOCICLISMO

Ognuno di noi tende a scacciare la disgrazia, l’evento tragico, il dolore, da sé e

da chi lo circonda. Ci sentiamo protetti, diciamo di sapere a cosa andiamo incon-

tro ma, in cuor nostro, è qualcosa che tocca sempre altri in altre dimensioni, in altri

mondi…poi arriva la notizia, per chi è sul posto anche lo shock di vivere tutto dal

vivo, come testimoni oculari. E allora lì crolla il mondo, ci si sente piccoli, coinvolti in

un gioco che non ha alcun senso, che se andiamo a vedere è una maledizione.

Quanti ce ne ha portati via? Quante volte abbiamo pianto oppure la rabbia è

montata dentro per conseguenze spesso gravissime? È di questi giorni la notizia

dell’ennesimo lutto, dell’ennesima tragedia. Tra chi grida all’eroe, chi è fatalista e

chi invece non perde l’occasione per dire la sua sul perché e sul per come, ci ritro-

viamo ancora a cercare di capire. Il livello di sicurezza passiva è sicuramente cre-

sciuto, ma è cresciuta contestualmente la consapevolezza di certi rischi? Moto

sempre più potenti e leggere, ricerca della velocità con predilezione di tracciati

dove aprire a manetta, lunghi, lunghissimi. Da una parte quindi una domanda che

chiede, che è esigente. Dall’altra un’offerta che si deve adeguare ma allora serve

un fronte unito e compatto, un approccio che faccia condividere la problemati-

ca. Vincoli che non distruggano l’entusiasmo costringendo ad andare a fare i mat-

ti per strada, vincoli che aiutino a crescere e a gestire potenze e situazioni. Si azze-

rerà cosi il pallottoliere di chi ci lascia? Se ci limitiamo alla tragedia di Stefano Togni

proprio no, non si azzera. Stefano era uno esperto, di quelli con il curriculum impor-

tante, non un pilota della domenica. E allora che fare? Piangeremo ancora una

volta, chiedendoci per altri cinque minuti se tutto questo valga la pena e poi, ipo-

criti anche con noi stessi, gireremo pagina. No, non dimenticheremo ma sarà un

altro callo sulla nostra pelle, più o meno vivo. Che non si fermi però la ricerca di

sempre maggior tutele e soprattutto, come per l’alpinista che va in montagna, ci

sia sempre il massimo rispetto per il mezzo che usiamo e per le curve dove lo usia-

mo. Rispetto per tutto questo che non vuol dire paura. La paura è solo quella di

dover piangere ancora.

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I circus del del motorismo, che sia due o quattro ruote, sono spesso ter-

reno di caccia degli speculatori. I grandi interessi economici fanno sì

che si creino delle situazioni al limite: per poter correre bisogna spende-

re, per poter organizzare bisogna investire ma in ogni caso si possono

avere dei ricavi, stipendiare delle persone, creare reddito. Insomma si

può fare azienda. Il problema è quando dal giusto profitto si passa alla

speculazione. Si entra in un vortice pericolosissimo e dannosissimo per

cui si sfrutta la passione di alcuni di quelli che partecipano e di quelli che

assistono. Chiaramente ogni gioco ha un suo livello, dal nazionale al

mondiale, dal rally alla Formula 1, dall’enduro alla velocità. Il primo pas-

so dovrebbe essere quello di conoscere al meglio le varie situazioni e

capire quando la corda rischia di spezzarsi.

Un soggetto istituzionale dovrebbe essere in grado di coordinare le varie

anime tra i vari gradi del commerciale o passionale, perché il sistema

giri nel migliore dei modi. Oggi questo ruolo è solo di facciata, essendo

nelle mani dei professionisti il vero potere con un equilibrio sempre più

precario ed una deriva votata al profitto. Nessuno scende dalla monta-

gna del sale, ed è chiaro che tutto questo per certi versi è inevitabile.

Per altri però, soprattutto quando la situazione è più vicina a noi e possi-

amo toccare con mano le conseguenze di certi atteggiamenti, la do-

manda se tutto questo sia necessario, diventa obbligatoria.

La recente vicenda di una nota casa petrolifera divenuta in un batter

d’occhio title sponsor di un campionato italiano, pone diversi interroga-

tivi con i team che si sentono sempre più stressati e sfruttati, e l’or-

ganizzatore, nel caso l’ente istituzionale, che invece vanta il successo

riportato. Interrogativi, non giudizi né condanne nonostante nelle

risposte dello stesso ente si colga una irritazione quando ci si chiede se

tutti coloro che sono stati coinvolti, siano veramente d’accordo con chi

ha stilato la lettera di protesta. Una nota quanto meno stonata quando

l’intento dovrebbe essere di spiegare e rendere consapevoli tutti del

proprio operato e delle proprie ragioni. Ma questa è già un’opinione,

quindi lasciamola da parte cosi come lasciamo da parte I palliativi che

sono stati messi in campo dopo le proteste.

Entriamo nello specifico e per farlo, proprio per essere asettici e volendo

solo osservare dall’alto il tutto, spersonalizziamo la questione e rivedia-

mola al rallentatore. Supponiamo che ci sia un centro commerciale ed

un ente istituzionale il cui compito sia coordinare l’attività e verificare che si tenga nel rispetto

delle regole. Supponiamo che l’attività venga gestita operativamente da dei soci di questo

ente, in forma volontaristica. Ad un certo punto, si decide che i soci mancano di quell’aspetto

professionistico necessario per far evolvere le attività di maggior livello. Allora ci si affida a dei

professionisti con i quali si stipula un contratto: tra chi mugugna, per poi magari ricredersi nel

tempo, e chi applaude, la situazione migliora e diventa professionale. Un bel giorno l’ente de-

cide di essere esso stesso l’organizzatore e quindi entra a gamba tesa nel sistema e, paventan-

do pubblicità a destra e manca, alza i “prezzi” per coloro che entrano nel centro commer-

ciale. I soci a quel punto sono costretti, pur di continuare a fare quell’attività che hanno sem-

pre fatto, ad organizzare dei banchetti per vendere subendo chiaramente la concorrenza dei

negozi in mano all’ente che li dovrebbe tutelare.

Con i soci che vanno sempre peggio, i clienti che cominciano a scarseggiare, l’ente cerca

soldi fino ad arrivare ad un accordo con una ditta di scarpe per imporre l’utilizzo della stessa

marca a tutti i clienti. Ora, premesso che ogni cliente si sentiva parte del sistema e comunque

un soggetto che era altro per la passione che lo legava a quel che veniva offerto nel centro

commerciale, ora. ogni cliente si sente ulteriormente vessato. Magari ha un accordo con

un’altra azienda per degli sconti speciali o magari gliele regalano basta che lui dica che le

usa. Magari ha un tipo di piede che non va bene con quelle imposte dall’ente, magari si può

irritare a pagarle comunque di più nell’attività che porta pure il nome di quella azienda…

Fino a quando verranno clienti – appassionati nel centro commerciale? Fino a quan-

do mancherà la consapevolezza che l’interesse di ciascuno, se ben calibrato, può essere stru-

mento di soddisfazione comune?

Varie ed eventuali—n. 1 02/2017 Motociclistisempre pag. 2

Tra benzina, diritti e passione nel motorsport Quando la sensazione di essere usati superare il piacere di esserci

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FIERA DI FERRARA

28 e 29 gennaio 2017

Varie ed eventuali—n. 1 02/2017 Motociclistisempre pag. 3

La nostra storia

Motociclistisempre vanta tra i suoi “accoliti” personaggi di

tutto rilievo per quel che riguarda la battaglia per la pro-

mozione e la tutela del patrimonio storico motoristico italia-

no e mondiale. La storia di Massimo Mita in questo è deci-

samente nota e, nel solco di tutta una vita spesa in questo

senso, massima attenzione alla Fiera di Ferrara alla quale il

nostro ha contribuito attivamente nell’organizzazione. Il ri-

sultato finale è stato una serie di collezionisti più che mai

disponibili sia nel portare che nel gestire gli spazi tutti insie-

me, e quindi un coinvolgimento che è andato oltre i soliti

addetti del settore con intere famiglie che alla domenica

hanno goduto di questo spettacolo. Non per niente anche

Rai3 ha pensato bene di dare spazio all’iniziativa...