Lezione a coop sociale

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LE TRASFORMAZIONI DEL TERZO SETTORE Fabrizio Panozzo Università Ca’ Foscari di Venezia Marghera, 22 marzo 2006

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LE TRASFORMAZIONI DEL TERZO SETTORE

Fabrizio PanozzoUniversità Ca’ Foscari di

Venezia

Marghera, 22 marzo 2006

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IL PERCORSO FORMATIVO

Fabrizio Panozzo

Il management delle imprese sociali

1. Le trasformazioni nel terzo settore2. Le trasformazioni nei servizi pubblici3. Le trasformazioni del lavoro4. Organizzazione e risorse umane nell’impresa sociale5. Motivazione e comunicazione nell’impresa sociale6. Comunicazione esterna e marketing sociale 7. Le strategie competitive 8. Controllo di gestione e valutazione dei risultati

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IL WELFARE STATE

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Un sistema socio-politico-economico in cui la promozione della sicurezza e del benessere sociale ed economico dei cittadini è assunto dallo Stato come propria responsabilità Forte presenza pubblica in importanti settori quali la previdenza e l’assistenza sociale, l’assistenza sanitaria, l’istruzione e l’edilizia popolare Forte partecipazione nella vita economica sia attraverso la pianificazione e la programmazione e sia attraverso imprese pubbliche. Centralita dei rapporti sociali e politici tra pubblica amministrazione e cittadini come “proprietari” del sistema Realizzare la tutela di una vasta serie di diritti come: salute, istruzione, integrità fisica, ecc. Due grandi obiettivi di liberazione dal bisogno e protezione contro il rischio

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L’ASCESA DEL WELFARE STATE

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Il modello di Welfare State si mantiene all’altezza delle aspettative fino alla seconda metà degli anni Settanta

Tra le circostanze favorevoli c’e il compromesso raggiunto tra logica del mercato e logica della solidarietà

La produttività ed i salari crescono ad un ritmo tale da rendere i lavoratori i principali protagonisti del consumo

Gli elevati guadagni permettono lo sviluppo di una vasta rete pubblica di misure di protezione sociale

Si afferma un mix sostenibile di opportunità economiche, società civile e libertà politica

Questo circolo virtuoso subisce un brusco arresto in coincidenza del verificarsi del primo shock petrolifero

La spesa pubblica comincia a crescere e si riduce la spesa sociale

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IL DECLINO DEL WELFARE STATE

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Caduta del modello fordista basato sulla figura del lavoratore maschio occupato in modo stabile in una grande impresa Passaggio ad una società post-industriale fondata su modi di produzione flessibili e decentrati e lavoro autonomo Notevoli incrementi delle probabilità di sopravvivenza in tutte le età, con conseguente allungamento della durata media della vita Il Welfare State orientato al benessere delle classi giovanili si è progressivamente trasformato in uno stato del benessere per la popolazione anziana con alle spalle molti anni di lavoro. Manifestazione di nuovi bisogni e aspettative circa la qualità della vita, del lavoro, della sicurezza e della promozione sociale Incapacità del soggetto pubblico di seguire la progressiva frammentazione dei bisogni individuali e di trovare risposte specifiche

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LE RIFORME DEL WELFARE STATE

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La crisi del Welfare State attiva una serie di reazioni: Graduale riduzione dell’apparato burocratico, della spesa pubblica e del prelievo fiscale Liberazione di risorse in modo che possano essere investite più efficacemente ed efficientemente dai privati Progressiva riduzione dell’intervento pubblico e rivalutazione dell’iniziativa privata in campo economico e sociale Restituzione alla persona, alla famiglia e alla società di ruoli di cui lo Stato si è appropriato Perseguimento dell’equità dello scambio fiscale tra risorse e prestazione Perseguimento dell’equità dello scambio tra generazioni. Assicurare uno “standard di benessere” attraverso la garanzia di qualita ed efficacia di servizi ed interventi

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LE RIFORME NELLA P.A.: IL SISTEMA SOCIO-SANITARIO

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Negli anni ’90 si avvia l’aziendalizzazione del Servizio sanitario con obiettivi di uso efficacie ed efficiente delle risorse della sanità Le ASL non sono più strumenti operativi dei comuni ma aziende regionali autonome e “manageriali” Si introduce un sistema di finanziamento dell’assistenza sanitaria basato sulla remunerazione delle prestazioni effettuate, a tariffe stabilite in via preventiva dalle regioni Si separano gli interventi sanitari da quelli socio-assistenziali Si introduce il sistema dell’accreditamento: rapporto con strutture anche private basato sulla corresponsione di una tariffa predeterminata e sulla verifica della qualità delle attività svolte e delle prestazioni erogate Al cittadino viene data la facoltà di scegliersi liberamente la struttura sanitaria pubblica o privata a cui rivolgersi.

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LE RIFORME NELLA P.A.: LE AUTONOMIE LOCALI

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Negli anni ’90 si avvia Il decentramento della Pubblica Amministrazione verso un modello federalista Vari provvedimenti normativi vanno verso l’applicazione del principio di sussidiarietà e ad una nuova definizione del rapporto tra Stato, enti locali e regioni Legge n. 59 del 1997 : riassetto dei poteri amministrativi tra Stato, regioni ed enti locali e snellimento dell’attività amministrativa Principio fondamentale di attribuire a regioni ed enti locali tutte le funzioni che permettevano di perseguire nel miglior modo possibile gli interessi delle comunità Il principio di responsabilità manageriale (accountability) per il raggiungimento dei risultai in condizioni di efficacia ed efficienza Promozione di un processo di delegificazione e semplificazione e partecipazione dei cittadini ai processi amministrativi (trasparenza) Incentivazione alla collaborazione tra enti locali con gli strumenti dell’unione, del consorzio ed in genere delle logiche di rete per la gestione dei servizi

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WELFARE STATE E TERZO SETTORE

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La domanda crescente di servizi non trova risposte immediate a causa dei forti limiti del modello burocratico e della crisi fiscaleIn tutti i sistemi di welfare la riforma dell’intervento statale avviene tramite l’integrazione del terzo settore Ma il terzo settore ha un ruolo di supplemento o di legittimazione dell’azione pubblica, considerata il solo il fulcro del sistema Il terzo settore cresce quindi come complemento del Welfare grazie agli aiuti del settore pubblico Situazione caratterizzata da relazioni privilegiate che non avevano come obiettivo quello di assicurare una maggiore qualità ed efficienza. All’inizio degli anni ’70 il Terzo settore italiano ha solo ruoli di tutela e promozione dato che le funzioni redistributive restano solo allo Stato (non ci sono fondazioni private)

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I RAPPORTI TRA STATO E TERZO SETTORE IN ITALIA

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Fase pionieristica: sviluppo del volontariato a favore dei “nuovi poveri”: drogati, emarginati, anziani, handicappati,ecc. Sostegno pubblico limitato all’erogazione di modesti contributi Rapida evoluzione verso la forma della cooperativa Fase del riconoscimento: Eliminazione dell’obbligo della forma pubblica per le organizzazioni operanti nel campo dei servizi sociali Leggi del 1991 sul volontariato e sulle cooperative sociali Si avviano le convenzioni per l’erogazione di servizi sociali Crescenti finanziamenti dagli enti locali che cercavano di soddisfare nuovi bisogni minimizzando i costi. Fase del consolidamento Aumento della fornitura di servizi sociali, del numero delle ONP e degli occupati; Forte intervento finanziario dei comuni a favore delle ONP che rischiano di perdere autonomia e motivazioni iniziali

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“TERZO” SETTORE: UNA LETTURA CRITICA

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Spiegazioni convenzionali: Le ONP offrono maggiori garanzie rispetto alle imprese spinte dalla ricerca del profitto in quanto hanno meno incentivi a sfruttare l’ignoranza dei consumatori

Le ONP producono beni analoghi a quelli pubblici che vengono richiesti da cittadini non soddisfatti dalla qualità (o dal costo) dei beni forniti dallo stato

L’esistenza del terzo settore non si fonda sulle sue caratteristiche ma è considerata solo come ricostruzione di situazioni di equilibrio all’interno del modello “stato mercato”

Nasce così l’idea del settore “terzo”, mero sostituto dello stato e del mercato, che fornisce beni e servizi solo grazie allo spazio lasciato libero dai “fallimenti” di altri soggetti

La realtà fa sorgere dubbi sulla fondatezza delle teorie economiche in quanto mostra significativi esempi di collaborazione

Le ONP sono passate dall’essere risorse complementari all’intervento dello stato ad attori delle politiche di welfare

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IL WELFARE MIX

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Il mix nei sistemi di welfare e frutto della pluralità: di soggetti responsabili delle politiche, di soggetti attuatori, di assetti organizzativi, di modelli di relazione tra i soggetti L’esigenza di trovare risposte personalizzate e specifiche ai problemi sociali è difficile da soddisfare in una pura logica universalistica Si devono rivedere i concetti di equità e di democrazia combinando diritti universali di cittadinanza e diritti legati a specifiche condizioni Il concetto di democrazia si allarga rispetto alla concezione tradizionale, legata ai meccanismi di delega La società civile non cerca solo di salvaguardare i diritti sociali garanti dallo stato, ma si pone anche come soggetto attivo per la realizzazione di politiche di welfare

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LA TEORIA DEL WELFARE PLURALE

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Riflette una concezione per cui lo stato ha la responsabilità di facilitare la crescita del terzo settore (e del privato in generale) che viene considerato più efficiente ed efficace nella fornitura diretta dei servizi di welfare Riguarda soprattutto la produzione privata di beni e di servizi per i quali lo stato non riuscirebbe a garantire adeguati livelli di qualità Il soggetto pubblico: attua la liberalizzazione e garantisce la concorrenza nel mercato dei servizi verifica l’indipendenza del settore da condizionamenti politici subordinando le agevolazioni alla effettiva neutralità si riserva il ruolo di gestore strategico che identifica i bisogni collettivi e definisce le politiche pubbliche In questo modello si definiscono con chiarezza i distinti ruoli dell’operatore pubblico e delle organizzazioni nonprofit. Ma la densità dei legami finanziari con la P.A. rischia di burocratizzare le ONP e renderle sempre più simili al soggetto pubblico

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VARIANTI NAZIONALI DI WELFARE MIX

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Il rapporto tra stato e terzo settore può reggersi su presupposti diversi e assumere connotazioni differenti, a seconda del contesto istituzionale analizzato Negli USA il terzo settore viene utilizzato ideologicamente per ridurre il raggio d’azione delle politiche pubbliche Forte trasferimento di responsabilità dal governo federale, ai governi degli stati e da questi governi locali, fino alla cosiddetta “società civile” In UK tra terzo settore e P.A. tendono sempre più a stabilirsi rapporti “di mercato” del tipo acquirente-fornitore Nel welfare scandinavo, la crescita del terzo settore è il tentativo di adeguare i principi di fondo del welfare state Nell’Europa continentale il terzo settore assume nuovi ruoli in un’atmosfera di netta divisione dei compiti e di cooperazione Nell’Europa mediterranea il particolarismo delle politiche e delle prestazioni ha rallentato la crescita di importanza del terzo settore

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UN MODELLO INTERPRETATIVO

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Due variabili fondamentali che compongono quattro modelli ideali di rapporti tra stato e terzo settore. Distanza delle ONP dallo stato legata alla storia, alle tradizioni politiche ed alla cultura Dipendenza delle ONP dallo stato in termini di finanziamento e di controllo. Dipendenza integrata: Il contatto tra stato e ONP è forte e la prestazione assistenziale privata è integrata nel sistema complessivo di Welfare state (Norvegia, Germania e Paesi Bassi) Dipendenza a distanza: Lo stato ha una presenza rilevante nel welfare ed il rapporto con il terzo settore è poco istituzionale (Francia, l’Ungheria e la Gran Bretagna) Autonomia integrata: situazione ideale in cui la vicinanza tra stato e ONP si traduce in un rapporto in cui i due soggetti mantengono la loro autonomia Autonomia indipendente: situazione di totale distinzione dei ruoli tra stato e ONP (caso spagnolo ?)

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IL MODELLO A DOMINANZA PUBBLICA

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In questo modello il problema cruciale è la regolazione del terzo settore Tipico dei contesti politico-istituzionali in cui il welfare state è ancora molto forte ed efficiente Lo stato interviene con il sostegno finanziario alle organizzazioni nonprofit, ma esercita anche un controllo, diretto e di natura funzionale, sulle loro attività L’obiettivo e di correggere i limiti del terzo settore connessi al particolarismo e alla discrezione non riconoscendo ad esso la dignità di interlocutore Lo stato non solo offre un quadro normativo di garanzia dell’azione nonprofit ma influenza anche i contenuti dell’attività delle ONP per renderli coerenti con gli obiettivi di programmazione pubblica Il rischio è che il ruolo dello stato limiti l’autonomia delle organizzazioni nonprofit e le consideri mero strumento di politiche pubbliche

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IL MODELLO SUSSIDIARIO O NEO-CORPORATIVO

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In questo modello non vengono scambiate solo risorse finanziarie ma viene anche costruito collettivamente il consenso intorno alle politiche e ai loro obbiettivi È il modello che caratterizza l’esperienza italiana e tedesca di welfare con forte rilevanza delle organizzazioni di rappresentanza degli interessi che partecipano alle decisioni sulle politiche pubbliche Lo stato interviene con aiuti finanziari al terzo settore ma non necessariamente in una logica contrattuale Il rischio di questo modello è il neo-corporativismo: il sostegno alle ONP serve a creare legami particolaristici con uso “deviato” del finanziamento pubblico a fini politici In questo modello, il terzo settore diventa luogo di mediazione tra principi regolativi diversi e costruisce legame tra le politiche pubbliche e la società civile Il rischio in questo modello è che il sostegno finanziario consenta alle autorità pubbliche di deresponsabilizzarsi rispetto alla soluzione dei problemi sociali

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IL MODELLO COLLABORATIVO

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Caratterizzato dalla funzione di finanziamento e regolazione affidata al pubblico con l’erogazione a carico del terzo settore Nel caso italiano il modello viene confermato normativamente dalla 328/2000 che focalizza l’attenzione sulla erogazione di servizi alla persona da parte del terzo settore Ma la legge definisce un sistema di erogazione articolato: nuove forme di gestione, esternalizzazione, accreditamento, partneship con il volontariato Quindi è cruciale la scelta della modalità di intervento e delle forme tecniche di collaborazione Ma anche la fase di progettazione può non essere chiaramente distinta perché la legge prevede che la P.A consenta al terzo settore la “piena espressione della propria progettualità” Previsione anche di analisi e verifiche per valutare la qualità e le caratteristiche delle prestazioni offerte dal terzo settore.

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I RISCHI NEL RAPPORTO TRA ONP E P.A.

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Sul piano operativo: L’azione delle ONP può andare incontro a “fallimenti”, che possono pregiudicare la validità e l’efficacia dei servizi prestati La scarsa cultura della razionalità economica nel terzo settore può portare ad una gestione che lascia spazio a sprechi ed inefficienze L’iniziale riduzione dei costi da parte della P.A. può tradursi in minore efficienza dei servizi rivolti alla cittadinanza Sul piano programmatico: Sempre più difficile individuare l’utilità collettiva in realtà sociali diversificate che presentano problematiche eterogenee Rischio che il ricorso al terzo settore serva alla P.A. per “esternalizzare” la ricerca dell’utilità collettiva Ma per loro natura le ONP svolgono attività discrezionali, fondate sui valori di cui sono portatrici e non sul riconoscimento formale di un diritto di cittadinanza

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LE SFIDE PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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Lo sviluppo del terzo settore all’interno dei sistemi di welfare richiede quindi nuove forme di regolazione pubblica capaci di integrare le esigenze e i compiti delle autorità pubbliche con quelli attribuiti al terzo settore La vera sfida dei futuri sistemi di welfare è proprio quella di sviluppare una efficacie attività di regolazione del terzo settore che abbia come obiettivi principali: Garantire la copertura universalistica dell’offerta e il rispetto dei diritti di cittadinanza Valutare la qualità dei servizi erogati dalle organizzazioni di terzo settore Creare un regime contrattuale che assicuri un livello adeguato di efficienza e di efficacia dei servizi prodotti Individuare la forma di collaborazione più idonea a garantire gli obiettivi di efficacia dei servizi di welfare

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LE SFIDE PER L’IMPRESA SOCIALE

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In un contesto di welfare mix l’impresa sociale trova nuove opportunità ma anche nuove domande di evoluzione, flessibilità ed adattamento Le questioni si possono riassumere nel ripensamento del concetto stesso di “impresa sociale” Forse può essere utile partire dagli elementi di fondo che caratterizzano l’azione imprenditoriale per vedere come questi si saldano con la dimensione sociale Quelli che si potrebbero considerare sono: Innovazione Autonomia Competitività Organizzazione Identita organizzativa Responsabilità

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INNOVAZIONE

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L’innovazione é all’origine dell’azione imprenditoriale: non si fa impresa se non si inventa qualcosa che prima non c’era All’origine dell’impreditorialita sociale c’e quasi sempre un episodio innovativo Ma l’innovazione non puo essere solo un episodio: deve caratterizzare il processo evolutivo dell’impresa e garantirne la sopravvivenza L’innovazione richiede capacita di analisi del contesto in cui opera l’impresa soprattutto per quanto riguarda I bisogni non soddisfatti ed I mercati emergenti Lo sviluppo di nuovi servizi si fonda sull’attivita di ricerca (anche nelle imprese sociali) L’innovazione é sempre anche un processo di critica dell’esistente e di proiezione nel futuro L’innovazione mette in gioco l’identita organizzativa

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AUTONOMIA

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Ogni impresa dovrebbe tendere all’autonomia da terze economie Evitare la dipendenza sistematica e costante dai processi di produzione e consumo di una o pochi clienti o fornitori Difficile da perseguire in un contesto di welfare mix che sembra dominato dai processi di esternalizzazione della PA Ma anche nei rapporti di esternalizzazione si possono creare equilibri diversi in relazione alla capacita dell’impresa sociale di affermare le proprie competenze distintive Autonomia riguarda anche la capacita di intervenire nella dimensione progettuale e non solo in quella produttiva Autonomia riguarda anche lo sviluppo di fonti di entrata indipendenti da rapporti contrattuali (fundraising) Importanza della capacita di agire in una logica di rete che sposta la questione dell’autonomia sul piano inter-organizzativo

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COMPETITIVITÀ

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Quasi una sintesi delle precedenti: la capacita di avere successo in quanto organizzazione dotata di una identità propria fondata su competenze distintive In altre parole: fare le cose meglio degli altri Banalizzazione della competitività é il solo riferimento alla variabile prezzo o quantità Chiama in causa i meccanismi e le logiche di mercato che mettono al centro l’idea di scelta e di concorrenza tra fornitori Rischio della visione estrema che assolutizza la necessita di prendere l’appalto Ma la competitività si misura nel medio-lungo termine come capacita di rimanere in un determinato contesto competitivo Relazione stretta con capacita di costruire relazioni fiduciarie che producano quel valore aggiunto che l’impresa “normale” non riesce a generare

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ORGANIZZAZIONE

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Critica frequente alla fragilità organizzativa delle imprese sociali con scarsa formalizzazione delle strutture e dei processi Diventa sempre più rilevante il presidio professionale di aree cruciali come la gestione delle risorse finanziarie ed il marketing Ma c’è scarsità di figure professionali specializzate all’interno delle imprese sociali Si nota una crescente adozione degli strumenti manageriali con preferenza per quelli che hanno immediate visibilità esterna Ma necessita di gestire il rapporto tra professionalita ed adesioni ai valori organizzativi di fondo (“é meglio un bravo compagno o un bravo ragioniere?”) Cruciale anche la relazione tra razionalità organizzativa e democraticità dei processi decisionali

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IDENTITÀ

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Per lungo tempo l’impresa sociale é stata tale anche perche offriva un contesto organizzativo “alternativo” a quello dell’impresa tradizionale Ma ora molte imprese tradizionali hanno “scoperto” il benessere organizzativo (in chiave edonistica) come fattore di competitivita Problema della leadership: molte imprese sociali sono nate in seguito all’azione di una o poche figure carismatiche che non durano in eterno Problema di gestione del passaggio generazionale simile a quello che affrontano le imprese (profit) famigliari Necessita di ripensare per (eventualmente) riproporre I valori dell’impresa sociale Problema della comunicazione con le giovani generazioni per le quali non é per niente scontata la specificita dell’impresa sociale

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RESPONSABILITÀ

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Il problema origina dalla delega di funzioni da parte del soggetto pubblico A che tipo di controllo “democratico” sono sottoposte le imprese sociali titolari di sempre maggiori funzioni collettive ? Siamo sufficientemente garantiti (come cittadini) dai controlli tecnico-formali sul costo o dalla logica dell’accreditamento? Ovvero: come si configura la “responsabilità sociale” dell' impresa sociale? Per essere “sociale” l’impresa deve essere “responsabile” anche secondo logiche diverse da quelle della PA (controllo democratico) e delle imprese profit (competitività) La responsabilità dell’impresa sociale si manifesta nella capacita di creare relazioni fiduciarie (legittimazione) attorno al proprio operato E questo lo si fa costruendo capitale sociale su base locale (anche senza pubblicare il bilancio sociale….)

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