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Lezione 3 – La tassazione delle attività finanziarie in Italia Tassazione e mercati finanziari Silvia Giannini [email protected] Laurea Specialistica Corso di laurea in Direzione aziendale novembre 2007 - dicembre 2007 30 ore – 5 crediti

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Lezione 3 – La tassazione delle attività finanziarie in Italia

Tassazione e mercati finanziariSilvia Giannini

[email protected]

Laurea Specialistica Corso di laurea in Direzione aziendale

novembre 2007 - dicembre 2007

30 ore – 5 crediti

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Il regime fiscale dei redditi delle attività finanziarie (interessi, dividendi e plusvalenze) distingue tre casi (1)

1. Redditi percepiti da persone fisiche al di fuori di ogni attività di impresa:

12,5% sugli interessi delle obbligazioni pubbliche e delle più rilevanti tipologie di obbligazioni private (durata maggiore 18 mesi)

inclusione del 40% di dividendi e plusvalenze azionarie nell’imponibile Irpef per partecipazioni qualificate (nel caso dei titoli quotati, almeno il 2% dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria o il 5% del capitale della società partecipata. Nel caso dei titoli non quotati le due percentuali salgono, rispettivamente, al 20 e al 25%);

12,5% sulle plusvalenze e sui dividendi, derivanti da partecipazioni non qualificate, ossia quelle che riguardano il pubblico dei risparmiatori che detengono porzioni molto piccole del capitale delle società (vedi sopra);

12,5% sul risultato di gestione dei fondi comuni, in capo al fondo; 27% sui depositi e conti correnti bancari e postali, accettazioni

bancarie, titoli atipici, obbligazioni private inferiori 18 mesi

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Il regime fiscale dei redditi delle attività finanziarie (interessi, dividendi e plusvalenze) distingue tre casi (2)

2. Redditi percepiti da un soggetto-Irpef che esercita attività di impresa

dividendi e plusvalenze azionarie sono inclusi per il 40% nell’imponibile Irpef, con aliquote che vanno attualmente da un minimo del 23% ad un massimo del 43%. In queste ipotesi, l’aliquota effettiva (tenendo conto della parziale inclusione in Irpef) va pertanto da un minimo del 9,20% (0,40*0,23) ad un massimo del 17,20% (=0,40*0,43). (Lo stesso trattamento si ha nel caso in cui questi redditi vadano a un socio persona fisica diversa da impresa su partecipazioni qualificate; vedi slide precedente)

interessi e altri redditi di capitale sono inclusi in Irpef e sottoposti a tassazione ordinaria

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Il regime fiscale dei redditi delle attività finanziarie (interessi, dividendi e plusvalenze) distingue tre casi (3)

3. Redditi percepiti da società di capitalidividendi e plusvalenze azionarie godono di un

regime di sostanziale esenzione (se valgono le condizioni per la cosiddetta PEX)

interessi e altri redditi di capitale sono inclusi in Ires e sottoposti a tassazione ordinaria

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La tassazione per un soggetto persona fisica che non esercita attività di impresa (1)

1. Interessi: Non sono inclusi in Irpef (erosione base imponibile Irpef e scostamento

da Comprehensive Income Tax) Tassazione proporzionale (non progressiva); reale (non personale) In passato molte discriminazioni. Esenzione dei titoli pubblici fino al

1986. Nel tempo si è proceduto ad una uniformità delle aliquote, ma permangono ancora due aliquote: 12,5% e 27% poco giustificabili sia sul piano dell’equità, sia su quello dell’efficienza

Dal primo gennaio 1997 non si applica ritenuta alla fonte, ma imposta sostitutiva dell’Irpef, operata dagli intermediari. (modifica importante per soggetti per i quali la ritenuta era d’acconto o che essendo esenti, avevano diritto a un rimborso, come nel caso di investitori non residenti; sistema attuale più trasparente ed efficiente per la negoziazione dei titoli, che avviene su rendimenti lordi)

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La tassazione per un soggetto persona fisica che non esercita attività di impresa (2)

2. Dividendi: differenza fra soci con partecipazioni qualificate e non qualificate

Fino al 2003 era in vigore un credito di imposta ai dividendi, in grado di rimborsare l’imposta pagata in capo alla società a titolo di Irpeg. I dividendi erano inclusi nell’imponibile Irpef. Il sistema era obbligatorio per soci con partecipazioni qualificate e opzionale per altri soci (in alternativa all’imposta sostitutiva con aliquota 12,5%)

Dal 2004 il sistema del credito di imposta è stato abolito. I dividendi su partecipazioni non qualificate restano assoggettati al 12,5% (senza più opzione) e gli altri (partecipazioni qualificate) devono essere inclusi in Irpef il 40% dei dividendi

Tra i motivi dell’abolizione del credito vi sono alcune sentenze della Corte di Giustizia Europea che hanno condannato regimi di tassazione dei dividendi che discriminano fra soci residenti e non residenti (come è solitamente il caso del credito, che è riservato ai soli soci residenti). L’abolizione dei sistemi di imputazione (credito di imposta) è tratto comune ad altri paesi UE.

Ora la doppia tassazione (Ires/Irpef) è solo attenuata, non è eliminata

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La tassazione per un soggetto persona fisica che non esercita attività di impresa (3)

3. Plusvalenze (redditi diversi)3a. Plusvalenze azionarie: anche in questo caso, come per i dividendi, vi

è differenza fra plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate e non qualificate

Fino al 2003: 12,5% se derivanti da cessioni di partecipazioni non qualificate; 27% se qualificate

Dal 2004: 12,5% se derivanti da cessioni di partecipazioni non qualificate; inclusione del 40% della plusvalenze in Irpef, se qualificate

Dalla tassazione alla maturazione (riforma del 1998) alla tassazione al realizzo (dal 2001, con abolizione equalizzatore)

3b. Altre plusvalenze (relative a qualsiasi tipo di partecipazione, ogni altro valore mobiliare, valute e metalli preziosi): 12,5%. Vengono compresi fra i redditi diversi anche tutti i proventi dei derivati, con o senza attività sottostanti.

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Dividendi: funzionamento del credito di impostaIntrodotto nel 1978; abolito nel 2004

Obiettivo, se piena integrazione su utili distribuiti:

T= Tp +Ts= tpDIVL’imposizione complessiva coincide con l’imposta sul socio; si ha piena

integrazione fra le due imposte. L’imposta societaria (funge da “acconto” dell’imposta personale.

Es. utili tutti distribuiti a un solo azionista:

UD=U(1-ts), dove ts = aliquota imposta societaria

Tp = tp(UD+ts/(1-ts) UD) - ts/(1-ts) UD, dove tp = aliquota imposta personale

Tp = tpUD/(1-ts) -UD ts/(1-ts) = (tp-ts)UD/(1-ts)

Tp = U(tp-ts)

T = Tp+Ts =tpU-tsU+tsU= tp U NB se il socio è società di capitali tp=ts; Tp = 0, non c’è doppia (o

multipla) tassazione a fronte di diversi passaggi societari. Se tp<ts: rimborso!

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Esercizio (1)

1. Nel 2003 l’aliquota Irpeg era il 36% e il credito di imposta i 9/16 dei dividendi netti.

• Le aliquote Irpef erano le seguenti:

– Fino a 15000 euro: 23%– da 15000 a 29000: 29%– da 29000 a 32600: 31%– da 32600 a 70000: 39%– oltre 70000: 45%.

• Descrivere il funzionamento del credito e ricavare l’imposizione complessiva sul socio e sulla società, nell’ipotesi di piena distribuzione degli utili e per diverse tipologie di azionisti.

• Calcolare se e se si quando poteva convenire ad un azionista con partecipazioni non qualificate optare per il credito, invece che per la tassazione definitiva del 12,5%.

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Esercizio (2)

2. Nel 2004 l’aliquota Ires è il 33% e un socio qualificato deve includere il 40% dei dividendi in Irpef.

• Le aliquote Irpef sono le seguenti:– Fino a 26000 euro: 23%– da 26000 a 33500: 33%– da 33500 a 100000: 39%– oltre 100000: 43%

• Calcolare se e se si quando il nuovo regime è più conveniente del precedente (usate nel confronto le nuove aliquote Irpef e ricalcolate il credito di imposta ai dividendi sulla base della nuova aliquota Ires del 33%)

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Confronto fra regimi: credito e parziale esenzione

Imposta complessiva (società più socio) su un utile di 100tassato con un'Ires del 33% e poi integralmente distribuito ad un unico soggetto

soggetto soggetto soggettocon aliquota con aliquota con aliquotapari a 0 pari a 33 pari a 43

credito di imposta 0 33 43

cedolare secca (12,5%) 41,375 41,375 41,375

inclusione in irpef del 40% dell'utile distribuito 33 41,844 44,524

I soggetti a basso reddito preferiscono il credito di impostaI soggetti ad alto reddto preferiscono la cedolare secca

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Tassazione delle plusvalenze (CG): aspetti problematici (1)

• Alcuni CG sono imputabili a variazioni nel livello dei prezzi: andrebbero tassate solo le plusvalenze reali (difficilmente si corregge per l’inflazione).

• In alcuni casi, es. zero coupon bond, le variazioni patrimoniali non si discostano dal reddito: andrebbero tassate come il relativo reddito es. interessi); così è in molti ordinamenti tra cui il nostro

• I CG possono essere di origine speculativa: vi è generalmente consenso che questi debbano essere tassati più onerosamente di altri CG, ma è difficile distinguere (in alcuni casi si fa riferimento al periodo di detenzione)

• Se i CG derivano da utili trattenuti e già tassati in capo alla società si pone problema di doppia imposizione

• I CG dovrebbero essere tassati al netto delle eventuali minusvalenze (solitamente le minusvalenze sono deducibili dai redditi di uguale natura)

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Tassazione delle plusvalenze (CG): aspetti problematici (2)

• Tassazione alla maturazione o al realizzo?

• Equità: secondo un concetto di reddito entrata andrebbero tassate alla maturazione

• Efficienza: la tassazione alla maturazione evita il fenomeno del lock in effect

• Elusione: la tassazione alla maturazione elimina l’interesse a trasformare altri redditi in plusvalenze, per beneficiare dei vantaggi del differimento, e a realizzare subito le minus, posticipando il realizzo delle plus

• Controindicazioni della tassazione alla maturazione:– Difficoltà di conoscenza del prezzo di mercato del titolo (per titoli non

quotati e per soggetti non tenuti alla contabilità a prezzi di mercato)

– Possibili vincoli di liquidità per il contribuente

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Tassazione retrospettiva delle plusvalenze maturate

• Possibile applicazione:– Si tassano le plusvalenze alla realizzazione

– Si corregge la tassazione per tener conto del vantaggio del differimento dell’imposta

– Se non si conosce il valore del titolo alla fine di ogni periodo (ossia il CG maturato di periodo in periodo) si può presumere un certo sentiero di maturazione delle plusvalenze

– Le imposte dovute su tali incrementi maturati (veri o presunti) vengono capitalizzate attraverso un opportuno tasso di interesse (ad esempio di un paniere di titoli rappresentativi)

– Un correttivo di questo tipo è stato introdotto con la riforma 1998 (equalizzatore). Abolito nel 2001

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Tassazione retrospettiva delle plusvalenzeHp: r=5%; t=10%; titolo acquistato 1/1/2001 al prezzo p=1000 e

venduto il 31/12/2003 al prezzo di 1500

CG maturato

Relativa imposta capitalizzata

CG imputato (es. 1/3)

Relativa imposta capitalizzata

31/12/2001 200 0,10*200*(1+0,05)2

=22,05166,67 0,10*166,67*(1+

0,05)2 = 18,37

31/12/2002 100 0,10*100*(1+0,05) = 10,5

166,67 0,10*166,67*(1+0,05) =17,50

31/12/2003 200 0,10*200= 10 166,67 0,10*166,67 =16,667

Totale 500 52,55 500 52,54

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Riforma 1998: principali obiettivi

• Prima della riforma: le plusvalenze erano generalmente escluse dal prelievo. Tassate solo se derivanti da titoli partecipativi (azioni o quote di società) con regimi sostitutivi fortemente agevolativi (tassazione sospesa per titoli quotati)

• Obiettivo riforma 1998: introdurre un sistema generale e omogeneo su tutti i redditi delle attività finanziarie. Finalità:

– Equità: evitare che redditi di uguale natura siano tassati in modo difforme;

– Efficienza: evitare di distorcere le scelte allocative;– Efficacia antielusiva: se il sistema non è generale e

uniforme si apre la possibilità di arbitraggi volti a sfruttare il differenziale di tassazione.

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Riforma 1998: principali caratteristiche Principali caratteristiche della riforma 1998:

Progressiva uniformità delle aliquote: ne permangono due (12,5% e 27%, tuttora in vigore) ma l’obiettivo era unificazione al 19% o 20% (come la prima aliquota Irpef di allora)

Generalità della tassazione (soprattutto con la tassazione generalizzata delle plusvalenze e dei derivati)

Tassazione delle plusvalenze alla maturazione Ampio coinvolgimento degli intermediari nell’accertamento e

nel prelievo dell’imposta. Tre regimi di prelievo:

Risparmio amministrato Risparmio gestito Regime della dichiarazione

Con i primi due sistemi è centrale il ruolo degli intermediari. E’ garantito anche l’anonimato.

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Regime del risparmio amministrato

Risparmio amministrato: il risparmiatore tiene i propri titoli, quote o certificati in custodia o amministrazione presso intermediari, senza affidarne loro la gestione. La tassazione di interessi e dividendi avviene con le

imposte sostitutive descritte in precedenza. Sulle plusvalenze l’intermediario effettua il prelievo del

12,5% sulla singola operazione. Le minus possono essere dedotte dalla plus nell’anno in corso o nei quattro successivi.

Il prelievo avviene in forma anonima a carico dell’intermediario

L’opzione per questo regime non è ammessa per le partecipazioni qualificate

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Regime del risparmio gestito (1)

Risparmio gestito: il risparmiatore affida a un intermediario la gestione di parte o di tutto il proprio patrimonio. E’ il sistema più innovativo della riforma 1998.

Si applica con alcuni adattamenti anche ai fondi comuni e alle Sicav. In questo modo gestioni collettive e individuali del risparmio hanno lo stesso trattamento fiscale (il fisco è neutrale…) la tassazione dei redditi di capitale (interessi e dividendi) e dei redditi

diversi (plusvalenze e proventi da derivati) è unitaria e contestuale la base imponibile, infatti, è il risultato netto di gestione:

Valore del patrimonio al termine del periodo

meno

Valore del patrimonio all’inizio del periodo

più prelievi

meno conferimenti e altri redditi (es. i redditi tassati al 5%, ad eccezione depositi c/c bancari la cui giacenza media non ecceda il 5% dell’attivo

gestito…. )

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Regime del risparmio gestito (2)

Sono dunque comprese nel risultato netto di gestione: Tutte le plusvalenze, I proventi dei prodotti derivati I redditi tassati al 12,5% Gli interessi sui c/c bancari la cui giacenza media non superi il

5% dell’attivo Il risultato netto di gestione:

è tassato al 12,5% se negativo può compensare il risultato positivo dei periodi

successivi, ma non oltre il quarto I CG sono tassati alla maturazione Il prelievo avviene in forma anonima Le minusvalenze e le altre perdite sono deducibili anche da

redditi di diversa natura (es. interessi e dividendi tassati al 12,5%). Importante vantaggio rispetto agli altri regimi.

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Regime della dichiarazione

Regime della dichiarazione: opzionale ai primi due e obbligatorio nel caso il risparmiatore non si affidi ad un intermediario per la custodia o gestione delle proprie attività patrimoniali. I redditi di capitale (interessi e dividendi) sono

assoggettati alle imposte sostitutive descritte in precedenza.

Il regime non è anonimo ed è soggetto a monitoraggio

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Tassazione delle plusvalenze nei tre regimi

Riforma 1998: per equiparare la tassazione delle plusvalenze alla maturazione nel caso di risparmio gestito, con quella al realizzo, nel caso di dichiarazione e risparmio amministrato si applicava un correttivo chiamato equalizzatore.

Equalizzatore abolito nel 2001 Adesso vi è un regime misto, che crea distorsioni Le plusvalenze realizzate nell’ambito del risparmio gestito

sono tassate alla maturazione Le altre sono tassate al realizzo Discriminazione fra fondi comuni interni ed esteri (tassati

al realizzo) Legge delega di riforma fiscale n. 80/2003 prevedeva il ritorno

generalizzato ad un sistema di tassazione delle plusvalenze al momento del realizzo.

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Proposte di riforma: unificazione delle aliquote

Precedente governo: unificazione dell’aliquota al livello intermedio tra 12,5% e 27%. Sistema coerente di imposizione diretta tipo Dit Nordica

Legge delega 80/2003: unificazione al 12,5%. Dibattito su opportunità innalzamento aliquota del 12,5% (tra le

più basse nella UE, ma i confronti internazionali sono difficili) La differenza tra 12,5% e 27% non è giustificabile sia sotto il

profilo dell’equità, sia sotto quello dell’efficienza Il livello a cui decidere di uniformare le aliquote dipende da

molti fattori, ma soprattutto deve essere deciso congiuntamente alla tassazione del reddito di impresa e degli altri redditi, inclusi quelli di lavoro. Come abbiamo visto la tassazione dei redditi di capitale è un tassello centrale nel definire il sistema di imposizione diretta

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Effetti dell’unificazione delle aliquote

Un aumento generalizzato dell’aliquota del 12,5% potrebbe avere effetto controproducenti, come si nota dalla seguente tabella, che tiene conto anche dell’imposta societaria (Ires, ad aliquota del 33%)

Occorre tenere conto dei riflessi dell’imposta societaria!

D.d.l. finanziaria 2008 prevede riduzione Ires dal 33% al 27,5%.

Legislazione vigente

Aliquota unica 23%

Aliquota unica 27%

Interessi tranne depositi bancari e postali 12,50% 23% 27% Interessi su depositi bancari e postali 27% 23% 27% Dividendi e CG azionista non qualificato 41,38% 48,41% 51,09% Dividendi e CG azionista qualificato 39,16%-

44.52% 39,16%- 44.52%

39,16%- 44.52%

Redditi delle società di persone 23%-43% 23%-43% 23%-43%

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Obiezioni all’unificazione delle aliquote

Timori che un aumento dell’aliquota del 12,5% possa rivelarsi un boomerang, con effetti negativi sul gettito: Costituisca in larga parte una partita di giro, per gli interessi sui

titoli del debito pubblico. Argomentazione: per collocare i titoli più tassati lo stato dovrebbe

aumentare il rendimento lordo; a fronte delle maggiori entrate vi sarebbero maggiori spese per interessi

Obiezione: non vi può essere traslazione completa (i soggetti interessati all’aumento dell’aliquota detengono meno di un quarto dei titoli in circolazione)

Possa provocare una fuga di capitali. Argomentazione: si preferirebbe investire all’estero per evitare la

maggiore imposta. Obiezione: non vi è perfetta mobilità di capitali (ad es. home bias);

vi è monitoraggio e soprattutto nuova direttiva UE sullo scambio di informazioni. Tuttavia, la concorrenza fiscale può giustificare la non inclusione in Irpef (vedi motivazioni Dit Nordica)

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Proposta di riforma: Commissione di studio 2006 (1)

Commissione di studio (Ministero dell’Economia) sulla tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria

La Commissione suggerisce l’adozione di un’aliquota unica, intermedia rispetto a quelle esistenti, coordinata con quella riservata ai redditi di altra natura, specie redditi di lavoro.

Per evitare fughe di capitali e ingiustificati allarmismi è indicata una aliquota, intermedia fra quelle esistenti, ma non superiore al 20% (non più elevata di quella vigente negli altri paesi europei.

La Commissione ritiene infondato il timore che un innalzamento del prelievo sui titoli pubblici, attualmente tassati al 12,5%, possa tradursi in un aumento del costo del debito pubblico. L’Italia fa infatti parte di un’area monetaria unica, con tassi di interesse allineati. Inoltre i titoli pubblici in circolazione sono collocati per circa il 75% nelle mani di soggetti (non residenti e imprese) non interessati dall’aumento delle aliquote.

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Proposta di riforma: Commissione di studio 2006 (2)

La Commissione sconsiglia l’adozione di misure volte a compensare gli effetti dell’unificazione delle aliquote per finalità equitative (ad. esempio esenzioni per patrimoni o redditi sotto una certa soglia) l’unificazione delle aliquote ha in sè una valenza

equitativa (riduce l’onere di imposta sui depositi, attività in cui è investita la quota più rilevante del portafoglio dei soggetti a più basso reddito);

vi sarebbero problemi applicativi, dal momento che il prelievo sui redditi finanziari avviene nel nostro paese in forma anonima, mentre le agevolazioni dovrebbero, per forza di cose, richiedere l’identificazione del percettore o la rilevazione del suo patrimonio finanziario.

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Proposta di riforma: Commissione di studio 2006 (3)

La Commissione suggerisce inoltre: che l’aliquota unica sia applicata a tutti gli

strumenti finanziari in circolazione (per evitare di attribuire indebiti guadagni ai possessori degli strumenti finanziari i cui rendimenti siano gravati da un’aliquota superiore rispetto al livello scelto per l’aliquota unica e per non favorire operazioni di arbitraggio da parte dei soggetti come imprese, banche e non residenti, che non sono interessati dalla variazione dell’aliquota)

che la nuova aliquota sia applicata solo ai redditi maturati a partire dalla data prevista per il cambio dell’aliquota (anche per evitare che la norma in questione abbia effetti retroattivi)

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Proposta di riforma del governo – Disegno di legge delega, 2006 (AC 1762)

Il governo ha presentato, nel settembre 2006, un disegno di legge delega per il “riordino della normativa sulla tassazione dei redditi, sulla riscossione e accertamento dei tributi erariali, sul sistema estimativo del catasto fabbricati, nonché per la redazione di testi unici delle disposizioni sui tributi statali“.

L'articolo 1 delega il Governo ad emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riordino del trattamento tributario dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, delle gestioni individuali di patrimoni e degli organismi di investimento collettivo del risparmio.

L'articolo, dopo approfondita attività istruttoria, è stato profondamente modificato nel corso dell'esame in sede referente presso la Commissione VI

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RELAZIONE DEL DEPUTATO DONATELLA MUNGO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1762-A.

(seduta del 29.6.2007)

Il testo approvato in Commissione stabilisce all'articolo 1, comma 1, che nell'esercizio della delega dovranno essere osservati i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) conservazione degli attuali regimi del risparmio amministrato e del risparmio gestito individuale con semplificazione degli adempimenti dei contribuenti e delle procedure degli intermediari, anche ai fini di una riduzione dei costi amministrativi;

b) equiparazione del trattamento fiscale degli organismi di investimento collettivo del risparmio con gli analoghi organismi esteri, allo scopo di dare una soluzione positiva al noto problema della penalizzazione rappresentata, per i fondi comuni di diritto italiano, dalla applicazione di una imposizione sostitutiva sul risultato maturato di gestione a fronte della tassazione per cassa prevista per i proventi della partecipazione a fondi armonizzati di diritto estero percepiti da investitori residenti. Infatti, nell'ordinamento attuale, gli organismi di investimento collettivo del risparmio italiani sono tassati alla maturazione e il prelievo avviene in capo al fondo, mentre quelli comunitari armonizzati sono tassati alla realizzazione e il prelievo è a carico dei partecipanti;

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c) omogeneizzazione della base imponibile dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, indipendentemente dagli strumenti utilizzati per produrli, con riconoscimento della possibilità di dedurre i relativi costi, di compensare le minusvalenze e le perdite e di utilizzare le eccedenze entro un periodo di tempo da stabilire. Nelle ipotesi in cui la base imponibile sia determinata senza tenere conto di costi, minusvalenze o perdite, il legislatore delegato potrà riconoscere al contribuente un risparmio di imposta da scomputare dalle imposte dovute sui redditi di capitale e sui redditi diversi di natura finanziaria, a determinate condizioni e con particolari limiti;

d) applicazione di formule di correzione temporale per la determinazione dei redditi di natura finanziaria (come si legge nella relazione illustrativa all'emendamento 1.1, in tale categoria sono compresi i redditi delle polizze assicurative a carattere finanziario) soggetti ad imposizione al momento della percezione. Tali formule, che avranno finalità analoghe a quelle dell'equalizzatore, dovranno essere semplificate e non dovranno comportare una tassazione positiva nei casi in cui il reddito realizzato sia negativo o nullo;

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e) utilizzabilità dei risparmi di imposta iscritti nel patrimonio degli organismi di investimento collettivo del risparmio, relativi a periodi di imposta antecedenti al primo periodo di imposta per il quale opera la omogeneizzazione di cui alla precedente lettera c). Utilizzabilità di minusvalenze, perdite e risultati negativi realizzati o maturati dal contribuente relativi agli stessi periodi di imposta. Al legislatore delegato è riconosciuta la possibilità di prevedere particolari condizioni e limiti per l'utilizzo dei risparmi di imposta, minusvalenze, perdite e risultati negativi distribuito su più periodi di imposta.

Il legislatore delegato dovrà inoltre provvedere al coordinamento della nuova disciplina con la normativa vigente in materia [lettera f)]; potrà attuare la riforma in modo graduale, differendo l'entrata in vigore dei decreti legislativi da un minimo di quattro ad un massimo di dodici mesi dalla data della loro pubblicazione [lettera g)]; dovrà prevedere che gli emittenti, i sostituti di imposta e gli intermediari predispongano accorgimenti informatici idonei a realizzare un'ordinata gestione delle modifiche normative introdotte [lettera h)], evitando l'emersione di ingiustificati guadagni o perdite [lettera i)].

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Rispetto alla versione originaria dell'articolo 1 si segnala la soppressione del criterio di delega relativo alla revisione delle aliquote delle ritenute sui redditi di capitale e sui redditi diversi di natura finanziaria e delle misure delle imposte sostitutive, con la previsione di un'unica aliquota del 20 per cento [lettera a) del testo originario]. Conseguentemente non è inoltre più prevista l'introduzione di misure compensative, anche sotto forma di deduzioni o detrazioni, a favore dei soggetti economicamente più deboli [lettera c) del testo originario]”.

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D.d.l. delega: sintesi

Principali contenuti d.d.l. delega: Fondi comuni: tassazione alla realizzazione

con equalizzatore (anche per fondi esteri); Tassazione alla maturazione (come adesso)

per regime di risparmio gestito individuale (es. gestioni patrimoniali);

Tassazione alla realizzazione per risparmio amministrato (come adesso), ma con equalizzatore e con possibilità di dedurre minusvalenze anche da redditi di capitale;

Rinviata per il momento l’unificazione delle aliquote.

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Riferimenti bibliografici

P. Bosi, M.C. Guerra, I tributi nell’economia italiana, Bologna Il Mulino, ed. 2007, cap.VI.

Per saperne di più: Ministero dell’Economia e delle finanze, Commissione di studio sulla

tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, Relazione finale, http://www.finanze.it/commissione_tassazione_redditi_capitale/index.htm

G. Ricotti, A. Sanelli, Conti finanziari e fiscalità: un’analisi storica, presentato al Convegno “I conti finanziari: la storia, i metodi, l’Italia, i confronti internazionali”, Perugia, SADIBA, Banca d’Italia, 1-2 dicembre 2005.