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Lezione 14
•La concorrenza perfetta: definizione generale
•La domanda per la singola impresa
•La condizione per la massimizzazione del profitto
•La soluzione di breve periodo
•Il surplus del produttore
•La soluzione di lungo periodo
•Profitto economico, contabile e rendita economica
•L’efficienza dell’equilibrio concorrenziale
•Gli effetti delle politiche governative
Vi è concorrenza perfetta quando:
a) il n° dei compratori e venditori è così elevato
che nessuno di essi può influire sul prezzo;
b) i prodotti di tutte le imprese sono omogenei;
c) esiste una perfetta mobilità delle risorse;
d) l’informazione sui prezzi attuali e futuri è
perfetta.
14.1 LA CONCORRENZA PERFETTA:
DEFINIZIONE GENERALE
Naturalmente per ciascuna impresa l’obiettivo rimane quello di raggiungere il massimo profitto.
Il perseguimento di tale obiettivo avviene in condizioni particolari.
14.1 LA CONCORRENZA PERFETTA:
DEFINIZIONE GENERALE
L’analisi che segue, perciò, è suddivisa nelle seguenti due fasi:
1°) analisi della domanda e dell’offerta della singola impresa
2°) analisi della domanda e dell’offerta di mercato.
14.1 LA CONCORRENZA PERFETTA:
DEFINIZIONE GENERALE
In un mercato perfettamente concorrenziale, il
prezzo d’equilibrio è dato dall’incontro della
domanda di mercato e dell’offerta di mercato.
Questa ultima è data dalla moltitudine di imprese
che producono lo stesso bene:
14.2 LA DOMANDA PER LA SINGOLA
IMPRESA
P
D
O
P*
mercato
Una volta determinatosi il prezzo P*, questo
diventa un dato per i singoli agenti economici.
Ne consegue che per la singola impresa il prezzo
è fisso, qualsiasi sia la quantità di bene
domandata:
14.2 LA DOMANDA PER LA SINGOLA
IMPRESA
P
P*
Domanda per l’impresa
Ogni volta in cui tale impresa decidesse di
applicare un prezzo diverso da quello di
mercato, si troverebbe a fronteggiare una delle
due seguenti situazioni:
• prezzo più alto di P*, perde tutta la sua quota di
mercato;
• prezzo più basso di P*, si verifica un eccesso
di domanda per l’impresa che sarà costretta ad
rialzare il prezzo.
14.2 LA DOMANDA PER LA SINGOLA
IMPRESA
Ricapitolando:
La domanda per la singola impresa è, dunque, infinitamente elastica.
14.2 LA DOMANDA PER LA SINGOLA
IMPRESA
P
D
O
P*
D
Mercato Impresa P
Q
Importante: data la struttura della domanda, la quantità di bene effettivamente venduta (offerta) non può che dipendere dai costi di produzione della singola impresa.
Come abbiamo provveduto a dimostrare nella precedente lezione, la regola per la massimizzazione del profitto è:
R’ = C’
Tale regola deriva direttamente dall’approccio marginale all’analisi dei problemi economici.
14.3 LA CONDIZIONE PER LA
MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO
Domanda: ad attività già avviata, quando per una impresa è conveniente espandere la produzione?
Risposta: quando il costo sostenuto per produrlo è minore del ricavo ottenuto dalla sua vendita.
Naturalmente
costo dell’ultimo paio = C’
ricavo dell’ultimo paio = R’
Perciò se:
R’ > C’ conviene accrescere la produzione
R’ < C’ conviene smettere la produzione
La regola, appunto, è che l’impresa continua a produrre scarpe sino a che:
R’ = C’
14.3 LA CONDIZIONE PER LA
MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO
Per l’impresa concorrenziale, la regola generale appena ricordata, assume una connotazione particolare
Per il fatto che il prezzo è fisso, R’ è costante:
R’ = P
Perciò, il massimo profitto si ottiene per un livello di produzione rispetto al quale è rispettata la condizione:
P = C’
14.3 LA MASSIMIZZAZIONE DEL
PROFITTO (continua)
Tale condizione governa dunque le decisioni di tutte le imprese presenti in un mercato perfettamente concorrenziale.
Occorre precisare, però, che il rispetto della regola non garantisce il conseguimento di un profitto positivo.
Infatti, a seconda della struttura dei costi, il rispetto della regola semplicemente garantisce all’impresa di minimizzare il profitto negativo, cioè di minimizzare le perdite.
14.3 LA MASSIMIZZAZIONE DEL
PROFITTO (continua)
16.4.1 Offerta della singola impresa. Soluzione grafica
dell’ottimo in concorrenza perfetta.
Come sappiamo in concorrenza perfetta la domanda per
l’impresa è contemporaneamente ricavo marginale e
ricavo medio:
14.4 IL BREVE PERIODO
Q
P
Q
D = R’ = RM
Si rappresenti tale funzione in un grafico dove
siano rappresentati anche i costi marginali.
Questo è quanto avviene nel grafico seguente:
14.4 IL BREVE PERIODO
C’
Punto A regola C’ = P, pertanto la produzione Q1 è
quella che massimizza il profitto dell’impresa.
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
P
D
P*
D
Impresa
Q
C’
P≡R’≡D≡RM
Q1
A
Data la produzione Q1, a quanto ammonta il profitto?
Per rispondere ho bisogno di considerare i costi medi:
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
CMtot
CMvar
Q
Costi
P
D
P*
D
Impresa
Q
C’
P≡R’≡D≡RM
Q1
A
Sul grafico:
RT(Q1) = OQ1A P* area ricavo totale
CT(Q1) = BOQ1F area costo totale
(Q1) = AFB P* area profitto
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
P
P*
Impresa
Q
C’
Q1
CMtot
CMvarD
O
A
B
E F
G
Se interrompo la produzione prima di
giungere al punto A, riduco il profitto.
Se vado oltre produco in perdita.
Per questo motivo la curva del costo
marginale rappresenta l’offerta
dell’impresa.
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
Si osservi ora la situazione rappresentata nel
seguente grafico:
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
P
P*
Impresa
Q
C’
Q1
CMtot
CMvar
O
E G
F
B
A
Come si nota, l’area dei costi totali (BOQ1F) è maggiore rispetto a quella dei ricavi totali (OQ1AP*).
Automaticamente questo significa che l’impresa è in perdita.
L’area delle perdite è data dal rettangolo AFB P*.
Ecco perchè, la regola C’ = P = R’ può determinare un <0 (perdita)
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
Nel breve periodo, però, nonostante tale perdita, l’impresa può decidere di restare sul mercato qualora la perdita che ne conseguirebbe nel caso decidesse di interrompere la produzione fosse maggiore.
La perdita nel caso di mancata produzione è data da tutti i costi fissi che non vengono in alcun modo recuperati. I costi fissi nel grafico corrispondono all’area EGFB.
Come si evince dal grafico stesso, rispetto alla produzione ottima (cioè quella determinata dalla regola C’ = P), l’area dei costi fissi è comunque superiore all’area della perdita AFB P*.
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
Nota bene: situazioni analoghe a quella appena descritta si verificano ogni qualvolta il prezzo, sebbene inferiore al CMT, è comunque superiore al CMV.
Perciò, sintetizzando:
a) massimo profitto: C’ = P
b) cond. di permanenza sul mercato: P CMV
b1) punto di chiusura: P = CMV
b2) punto di pareggio, con profitti nulli: P = CMT
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
A questo punto siamo in grado di capire l’andamento della
curva di offerta dell’impresa: essa corrisponde al
tratto crescente dei costi marginali a partire dal punto
in cui tali costi uguagliano il CMV:
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
P
P*
Impresa
Q
Offerta dell’impresa nel breve
periodo
Q1
CMtot
CMvarD
O
A
B
E F
G
L’offerta d’impresa ha, dunque, andamento crescente rispetto al prezzo: l’impresa è disposta a offrire maggiori quantità del bene solo se aumenta il prezzo unitario.
Questo dipende dal fatto che nel breve periodo l’unico input variabile ha rendimenti decrescenti, per cui a maggiore produzione, corrispondono costi marginali crescenti e perciò prezzi più alti.
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
Tutto il ragionamento fatto sinora, presuppone costanza nel prezzo
degli input.
Se, al contrario, variano i prezzi degli input, il costo marginale trasla,
verso l’alto nel caso di un aumento e verso il basso nel caso di una
riduzione.
Naturalmente ad ogni traslazione dei costi marginali corrisponde una
traslazione della curva di offerta:
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
P
Impresa
Q
O1
O
O0
P0
16.4.2 L’offerta di mercato
Di solito si determina per somma
La regola della somma non è sufficiente quando l’aumento di produzione determina un aumento dei prezzi dei fattori produttivi.
Tale aumento, infatti, determina a sua volta una riduzione nella produzione
14.4 IL BREVE PERIODO (continua)
P
Mercato
Q
O1
O
O3
P0
O2
Om
Seguendo la regola della massimizzazione del profitto C’ = R’= P l’impresa vende tutte le unità prodotte, tranne l’ultima, ad un P > C’.
La somma delle differenze P – C’ formatesi su ciascuna unità determina la rendita del produttore.
Alternativamente le rendita del produttore può essere quantificata come differenza tra il RT ed i CV che, per definizione, corrispondono alla sommatoria dei costi marginali.
14.5 LA RENDITA DEL PRODUTTORE
In termini grafici, la rendita è data dall’area dei RT (a+b+c) cui deve essere sottratta l’area dei CV (a).
Perciò:
• rendita: b+c
• profitto: c
Vediamo come la differenza tra il concetto di rendita e quello di profitto è data dai costi fissi (b).
14.5 LA RENDITA DEL PRODUTTORE (continua)
P
P*
Impresa
Q
Offerta
dell’impresa nel
breve periodo
Q1
CMtot
CMvar
D
O
A
a
c
b
Come sappiamo nel lungo periodo:
a) può variare l’utilizzo di tutti i fattori
produttivi;
b) vi è libertà di uscita dal mercato da parte
di imprese esistenti;
c) vi è libertà di entrata di nuove imprese.
14.6 IL LUNGO PERIODO
16.6.1 L’offerta d’impresa
Non essendo distinguibili CV da CF, vale sempre, in modo
stringente, la regola P CM.
14.6 IL LUNGO PERIODO (continua)
P
P*
Impresa
Q
Offerta dell’impresa nel
lungo periodo
Q1
CMlp
O
A
c
Naturalmente, come si evince dal sottostante grafico, fintantoché anche una sola impresa consegue profitti, esiste un incentivo affinché nuove imprese entrino nel mercato.
Ovviamente, l’ingresso di nuove imprese erode piano piano il margine di profitto, annullandolo.
Il profitto è nullo quando il prezzo, oltre che uguagliare i C’, uguaglia anche il CM.
14.6 IL LUNGO PERIODO (continua)
Tale uguaglianza è verificata per un solo livello
produttivo, quello in corrispondenza del punto di
minimo dei CM:
14.6 IL LUNGO PERIODO (continua)
P
P*
Impresa
Q
Offerta dell’impresa nel lungo
periodo
Q1
CMlp
O
A
Concludendo: nel lungo periodo le imprese
massimizzano i profitti alla condizione:
P = C’ = CMLP (minimi)
Da ciò ne consegue che:
1) non esiste incentivo all’entrata di nuove
imprese;
2) il prezzo è tale per cui l’offerta di mercato
uguaglia la domanda totale.
14.6 IL LUNGO PERIODO (continua)
16.6.2 L’offerta di mercato
La regola secondo cui l’offerta di mercato è data
dalla somma delle offerte delle singole imprese
non è più applicabile.
Nel lungo periodo, infatti, non è possibile adottare
il principio della somma (breve periodo) poiché
le imprese sono libere di entrare ed uscire dal
mercato in risposta a variazioni di prezzo.
14.6 IL LUNGO PERIODO (continua)
Per tale ragione la forma della curva di offerta di
lungo periodo dipende da come variazioni di
produzione influiscono sul costo dei fattori
produttivi.
Distinguiamo tre casi:
1) costi costanti;
2) costi crescenti;
3) costi decrescenti.
14.6 IL LUNGO PERIODO (continua)
Nel primo caso, l’offerta del mercato, o del
settore, cui l’impresa appartiene è orizzontale:
14.6 IL LUNGO PERIODO (continua)
O1
O2
D1 D2 C’
CM
P1
P2
Olp
q1 q2 Q1 Q2
P P
q Q
Nel secondo caso, l’offerta del mercato, o del
settore, cui l’impresa appartiene è crescente:
Infine, nel terzo caso, per analogia rispetto al primo ed al
secondo, la curva di offerta del mercato è decrescente.
14.6 IL LUNGO PERIODO (continua)
O2
D1
D2
C1’
q1 q2 Q1 Q2
P P
q Q
C2’
Olp
P1
P3
P2
P1
P3
P2
CM2
CM1
Q3
Abbiamo detto che, poiché in concorrenza perfetta
vi è libertà di entrata, nel lungo periodo i profitti
sono nulli.
Può accadere, però, che in alcuni mercati il
numero delle imprese rimanga fisso a causa,
ad esempio, della presenza di fattori produttivi
che sono fissi per l’economia nel suo
complesso.
Pensate all’industria estrattiva: il petrolio, il gas ed
il carbone sono estraibili in quantità limitata.
14.7 PROFITTO ECONOMICO, CONTABILE E
RENDITA ECONOMICA
Pensate anche all’agricoltura: il terreno adatto alla
coltivazione ha una estensione limitata.
Naturalmente vi sono molti altri esempi: il talento
umano, numero limitato di licenze, etc. etc.
14.7 PROFITTO ECONOMICO, CONTABILE E
RENDITA ECONOMICA (continua)
Si potrebbe pensare che in tali condizioni, i profitti
non si annullino neanche nel lungo periodo,
ma non è così.
I profitti sono solo apparentemente positivi e
questo perché non si tiene conto in maniera
corretta di tutti costi di produzione.
Se, per esempio, il profitto dell’agricoltore, dopo
aver sottratto tutti i costi di produzione, risulta
positivo, significa che probabilmente non si è
tenuto conto del costo del suo terreno.
14.7 PROFITTO ECONOMICO, CONTABILE E
RENDITA ECONOMICA (continua)
Come sappiamo, tutti i fattori produttivi hanno un
costo che talvolta non è esplicito, ma è
comunque un costo opportunità.
Per questo si fa la differenza tra profitto economico
e profitto contabile: solo il profitto economico
considera anche la remunerazione
dell’imprenditore.
14.7 PROFITTO ECONOMICO, CONTABILE E
RENDITA ECONOMICA (continua)
Nel caso dell’agricoltore, questa remunerazione corrisponde al prezzo di affitto che chiunque sarebbe disposto a pagare per coltivare il terreno al posto suo.
Quindi il valore di mercato del terreno, cioè la sua rendita concorrenziale, corrisponde esattamente alla remunerazione dell’imprenditore (affitto).
Solo considerando tale remunerazione come costo opportunità, il profitto (economico) si annulla nel lungo periodo.
14.7 PROFITTO ECONOMICO, CONTABILE E
RENDITA ECONOMICA (continua)
Sintetizzando:
quando un fattore produttivo fisso
impedisce l’entrata di nuove imprese, vi
è sempre una rendita d’equilibrio per
quel fattore.
14.7 PROFITTO ECONOMICO, CONTABILE E
RENDITA ECONOMICA (continua)
La rendita economica è definita come la
remunerazione di un fattore produttivo che
eccede quella minima necessaria per disporne.
Una rappresentazione grafica renderà ancora più
chiaro il concetto.
14.7 PROFITTO ECONOMICO, CONTABILE E
RENDITA ECONOMICA (continua)
Consideriamo il caso della terra: sia P il prezzo del prodotto
ed y* la massima produzione agricola realizzabile. Tutti i
costi medi di produzione sono espressi da CM, esclusa la
terra (assumendo che la terra sia il solo fattore fisso).
Se il prezzo di mercato del prodotto è P*, i profitti
dell’imprenditore corrispondono all’area (a). Quel profitto
altro non è se non la rendita economica, ovvero il prezzo al
quale può essere affittato il terreno in un mercato
concorrenziale.
14.7 PROFITTO ECONOMICO, CONTABILE E
RENDITA ECONOMICA (continua)
Perciò, se si misura correttamente il valore della terra i profitti
dell’impresa agricola saranno nulli. Dato che la rendita di equilibrio è
quella quantità che rende nullo il profitto, avremo:
P*y – C – rendita = 0
oppure
rendita = P*y – C
14.7 PROFITTO ECONOMICO, CONTABILE E
RENDITA ECONOMICA (fine)
y* y
P
CM P*
CMT C’
rendita
La rendita del consumatore e del produttore
sono due concetti che trovano grande
applicazione nelle analisi economiche.
Una di queste applicazioni è data dall’analisi
degli effetti delle politiche governative
14.1 STRUMENTI PER IL CONTROLLO DELLE
POLITICHE GOVERNATIVE
Queste analisi hanno un duplice scopo:
1) individuare gli effetti economici di tali
politiche;
2) dimostrare l’efficienza dei mercati
perfettamente concorrenziali.
14.1 STRUMENTI PER IL CONTROLLO DELLE
POLITICHE GOVERNATIVE
Ragioniamo sul grafico:
area A: rendita del
consumatore
14.1 STRUMENTI PER IL CONTROLLO DELLE
POLITICHE GOVERNATIVE
area B: rendita del
produttore
P
Q
PE
Q
P OFFERTA
DOMANDA
PE
Ragioniamo sul grafico:
area A + B: misura del benessere aggregato.
14.1 STRUMENTI PER IL CONTROLLO DELLE
POLITICHE GOVERNATIVE
D
O
A
B
PE
P
Q QE
La teoria sul mercato concorrenziale dice
che:
l’area (A+B) rappresenta il massimo
benessere che una collettività può
conseguire qualora nessun intervento
esterno al mercato turbi l’equilibrio
individuato dalla coppia PE e QE.
14.1 STRUMENTI PER IL CONTROLLO DELLE
POLITICHE GOVERNATIVE
Prezzi massimi
Supponiamo che il governo intervenga
proibendo ai produttori di praticare un
prezzo superiore ad un livello massimo.
Il prezzo imposto è inferiore al prezzo di
equilibrio.
14.1 POLITICHE DI CONTROLLO SUI PREZZI
Con questa politica si registra una perdita di benessere sociale data dalla somma delle aree (b + c).
Tale perdita si determina così come segue:
consumatore: - b, + a (perde b, guadagna a)
produttore : - a - c (perde a, c)
totale: - b + a - a – c = (- b – c)
perdita secca: b + c
14.1 POLITICHE DI CONTROLLO SUI PREZZI
D
O
a
PE
P
Q QE Q1
c
b
E
Pmax
Nell’ipotesi in cui a > b, tale
politica si traduce in un
miglioramento nella
condizione di benessere
dei consumatori.
Viceversa, nel caso contrario,
quando in presenza di una
domanda particolarmente
rigida a < b.
14.1 POLITICHE DI CONTROLLO SUI PREZZI
D
O
a
PE
P
Q QE
Q1
c
b
E
Pmax
Prezzi minimi
Supponiamo ora che il governo voglia imporre un
prezzo al di sopra di quello concorrenziale
(esempio: salari quando ritenuti troppo bassi).
L’imposizione di un Pmin può produrre due effetti
diversi per l’impresa.
14.1 POLITICHE DI CONTROLLO SUI PREZZI
Caso 1. La produzione è inferiore a quella d’equilibrio
Effetto della manovra:
• consumatori: – a – b
• produttori: + a – c
• perdita secca: b + c
La perdita c per il
produttore dipende
dal calo delle vendite.
14.1 POLITICHE DI CONTROLLO SUI PREZZI
D
O
a
PE
P
Q QE Q1
c
b
E
Pmin
Caso 2. La produzione è superiore a quella d’equilibrio
Effetto della manovra:
• eccesso di offerta: F – G
• costo di produzione delle
quantità invendute: d
• produttore: + a – c – d
• consumatore: – a – b
• perdita secca: b + c + d
Concludendo: l’imposizione di un minimo salariale, secondo questa analisi, crea disoccupazione garantendo salari più alti agli occupati
14.2 POLITICHE DI CONTROLLO SUI PREZZI
O
a
PE
P
Q QE
Q1
c
b
Pmin
Q2
G F
D D d
Sostegno ai prezzi
Il governo vuole tenere alto il prezzo di un dato
prodotto al fine di garantire un certo livello di
reddito ai produttori.
Perciò, prima definisce un prezzo da sostenere poi
acquista tutto il prodotto necessario per
mantenere il prezzo al livello programmato.
14.3 POLITICHE DI SOSTEGNO AI PREZZI E
QUOTE DI PRODUZIONE
Effetto della manovra:
• consumatori: – a – b
• produttori: a + b + d
• costo per il governo: area
Q1Q2FG cioè (Q2 – Q1)*PG
14.3 POLITICHE DI SOSTEGNO AI PREZZI E
QUOTE DI PRODUZIONE
O
a
PE
P
Q QE
Q1
c
b
PG
Q2
G F
D
d
PG
D+G
Supponendo che il costo del
governo sia sostenuto da
nuova imposizione fiscale,
la variazione di
benessere totale si
quantifica nel seguente
modo:
a + b + d – a – b – (Q2 –
Q1)*PG
= d - (Q2 – Q1)*PG
perdita: (Q2 – Q1)*PG - d
14.3 POLITICHE DI SOSTEGNO AI PREZZI E
QUOTE DI PRODUZIONE
O
a
PE
P
Q QE Q1
c
b
PG
Q2
G F
D
d
PG
D+G
Se il governo in luogo dell’acquisto,
procedesse attraverso un trasferimento
diretto di un ammontare corrispondente
alla somma delle aree (a + b + d), per la
società il tutto si tradurrebbe in un
risparmio.
Esempi di queste politiche si sono avuti nel
campo dei prodotti agricoli.
14.3 POLITICHE DI SOSTEGNO AI PREZZI E
QUOTE DI PRODUZIONE
Quote di produzione
Siamo ora in presenza di un intervento
governativo volto a limitare la produzione di un
certo bene o servizio al fine di mantenerne alto il
prezzo (esempio: numero di licenze per la
vendita di alcolici …).
In agricoltura, la manovra si può attuare con
l’imposizione di quote o con una incentivazione
alla limitazione delle superfici coltivabili
14.3 POLITICHE DI SOSTEGNO AI PREZZI E
QUOTE DI PRODUZIONE
Effetti della manovra:
• consumatore: – a – b
• produttore: + a – c
• perdita secca: b + c
Nel caso in cui il governo decidesse di rimborsare il produttore per la mancata vendita, la situazione del produttore diviene:
• produttore: + a – c + c + b + d = a + b + d
14.3 POLITICHE DI SOSTEGNO AI PREZZI E
QUOTE DI PRODUZIONE
O
a
PE
P
Q QE Q1
c
b
PG
Q2
G F
D
d
PG
Potete notare come in questo ultimo caso, il
guadagno del produttore coincide con
quello da lui ottenuto attraverso la politica
di sostegno dei prezzi.
Perciò, se b + c + d < (Q2 - Q1)*PG, ne
consegue che l’imposizione di quote con
incentivazione è una politica meno
onerosa.
14.3 POLITICHE DI SOSTEGNO AI PREZZI E
QUOTE DI PRODUZIONE
Infatti:
• perdita sociale: -a –b +a +b+d-b-c-d= |b + c|
Notate bene che in termini di efficienza sarebbe
ancora meglio per la società se il governo
trasferisse direttamente l’area a + b + d
In questo caso infatti la perdita sociale sarebbe
nulla
14.3 POLITICHE DI SOSTEGNO AI PREZZI E
QUOTE DI PRODUZIONE
• Si consideri PE il prezzo
interno e Pw quello del resto
del mondo, con il primo
maggiore del secondo.
• Al prezzo Pw le quantità
comprese nell’intervallo (Qd
– Q0) verrebbero soddisfatte
dalle importazioni e solo la
quota di domanda Q0
dall’offerta interna.
14.4 CONTINGENTAMENTI ALLE
IMPORTAZIONE
O
a
PE
P
Q QE
Q0
c b
Qd
D
Pw
Ipotizziamo il passaggio da Pe a Pw, cioè apertura
al commercio con l’estero:
• Consumatori: +a +b +c
• Produttori: -a
14.4 CONTINGENTAMENTI ALLE
IMPORTAZIONE
O
a
PE
P
Q QE Q0
b
Qd
D
Pw c
Si consideri ora il passaggio da Pw a PE, cioè
chiusura delle importazioni:
• Consumatori: -a -b- c
• Produttori:+a
14.4 CONTINGENTAMENTI ALLE
IMPORTAZIONE
O
a
PE
P
Q QE Q0
c b
Qd
D
Pw
In questo ultimo caso, con le importazioni poste pari a zero, si avrebbero per ciò una perdita secca:
• perdita secca: b + c
Un risultato simile a quello appena descritto può essere ottenuto con l’imposizione di un dazio.
14.4 CONTINGENTAMENTI ALLE
IMPORTAZIONE
• Se si tratta di un’imposta unitaria “t”, la
situazione si può rappresentare attraverso
la traslazione dell’intera curva di offerta
verso l’alto poiché la tassa è un costo
aggiuntivo da considerarsi su ciascuna
delle unità prodotte.
14.5 L’IMPATTO DI UN’IMPOSTA
• Vediamo:
14.5 L’IMPATTO DI UN’IMPOSTA
O
a
PE
P
Q QE
c
b
D
P0 P0
P1
D
O +
t
Effetto complessivo
• Consumatori: pagano un
prezzo più alto e perdono a+b
• Produttori: ricevono un prezzo
più basso e perdono c+D
• Entrate tributarie: a+D
• Perdita secca: a+b+c+D-a-D =
b+c
14.5 L’IMPATTO DI UN’IMPOSTA
O
a
PE
P
QE
c
b
D
P0 P0
P1
D
O +
t
• Vediamo che l’effetto è quello di far aumentare il prezzo e diminuire le quantità scambiate, ma vediamo anche che il prezzo aumenta in misura inferiore alla tassa.
• Questo vuol dire che la tassa si scarica in parte sul produttore ed in parte sul consumatore. Il peso su ciascuno dei due dipende dall’elasticità della funzione di domanda.
14.5 L’IMPATTO DI UN’IMPOSTA
• Per questo qui di seguito mostriamo due
casi opposti.
1) La tassa che si scarica quasi per intero
sul consumatore:
14.5 L’IMPATTO DI UN’IMPOSTA
P
Q
Caso generato da:
a) domanda rigida
b) offerta elastica
2) La tassa che si scarica quasi per intero
sul produttore:
14.5 L’IMPATTO DI UN’IMPOSTA
P
Q
Caso generato da:
a) domanda elastica
b) offerta rigida