Lezione 1

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MASTER UNIVERSITARIO DI II LIVELLO “MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEL RISCHIO AMBIENTALE, MUTAGENO, CANCEROGENO E TERATOGENO” Fisiologia cellulare e molecolare applicata al monitoraggio delle risposte biologiche Prof. V. Cardile

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MASTER UNIVERSITARIO DI II LIVELLO

“MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEL RISCHIO AMBIENTALE, MUTAGENO, CANCEROGENO E TERATOGENO”

Fisiologia cellulare e molecolare applicata al monitoraggio delle

risposte biologiche

Prof. V. Cardile

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Il corso si prefigge:introdurre alla conoscenza delle tecniche utilizzate nel laboratorio di colture cellulari e tissutali rivolgendo particolare attenzione alla definizione delle condizioni necessarie per preservare in vitro la vitalità e le funzioni delle cellule eucariote;

ottenere dati utili per il laboratorio di oncologia sperimentale per ridurre la crescita tumorale e l’invasione metastatica.

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la cellula…

...è l’unitàfondamentale della materia vivente

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Le cellule…… sono le unità costitutive delle piantee degli animali

… sono prodotte dalla suddivisione di preesistenti cellule

… sono le più piccole unità che svolgono tutte le funzioni fisiologiche vitali

…mantengono la propria omeostasi

La tendenza dei sistemi fisiologici a stabilizzare le condizioni interne

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Le funzioni tessutali,di organo, di apparato

e di organismo

le azioni coordinatedi molte cellule

riflettono

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• La cellula è l’unità fondamentale di tutti i viventi

• Tutti gli organismi sono formati da cellule (gli organismi unicellulari sono formati da una sola cellula, gli organismi pluricellulari sono formati dall’unione di più cellule specializzate per compiere diverse funzioni)

• Ogni cellula deriva da una cellula preesistente (ogni cellula è in grado di produrre cellule uguali a se stessa attraverso la riproduzione)

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Atomi Ossigeno

Molecole DNA

Strutture/Organuli Nucleo

Cellula Cardiomiocita

Tessuto Muscolo cardiaco

Organo Cuore

Sistema S. circolatorio

Organismo Zebra

LIVELLI DI ORGANIZZAZIONE DEI VIVENTI

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Livelli di organizzazione•Cellula – è l’unità fondamentale in biologia – è costituita da organelli, i quali a loro volta sono un insieme di molecole.•Tessuto – gruppi di cellule che svolgono una specifica funzione (es. tessuto muscolare cardiaco).•Organo – gruppi di cellule o tessuti che svolgono una funzione globale (cuore).•Apparati – gruppi di cellule, tessuti e organi che svolgono una specifica funzione principale (es. sistema cardio-vascolare).•Organismo – una o più cellule caratterizzate da un unico corredo di cromosomi (DNA).

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LA CELLULAè costituita da:

MEMBRANAPLASMATICA

MATERIALENUCLEARE

CITOPLASMA(citosol + organuli)

Mitocondri Ribosomi

Apparato di GolgiReticolo endoplasmatico

(liscio e rugoso)

Lisosomi e vacuoli Cloroplasti

Citoscheletro

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principali costituenti chimici della cellula

carboidrati

lipidi ioni

proteine

acidi nucleici

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proteine

le proteine sono costituite da catene di aminoacidi (polipeptidi)

le proteine sono costituite da catene di aminoacidi (polipeptidi)

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Sequenza lineare di amminoacidi connessi da legami peptidici.

STRUTTURA PRIMARIA

STRUTTURA SECONDARIA

Foglio ripiegato o spirale prodotto dalla tensione degli atomi di CO e NH.

STRUTTURA TERZIARIA

Struttura tridimensionale prodotta da collegamenti tra i radicali ai lati degli

amminoacidi. Vengono creati i siti attivi.

Più catene polipeptidiche producono una QUARTA STRUTTURA tridimensionale, grazie alla presenza di tasche, in cui avvengono specifiche reazioni chimiche.

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aminoacidi

questi sono i 20 aminoacidi che si trovano nell’organismo umano e che costituiscono le proteine

questi sono i 20 aminoacidi che si trovano nell’organismo umano e che costituiscono le proteine

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� Gli aminoacidi (o amminoacidi) sono composti organici che contengono contemporaneamente uno o più gruppi amminici -NH2 e uno o più gruppi carbossilici -COOH. � Sono i componenti essenziali delle proteine; hanno grande importanza nella costituzione biochimica dei tessuti dell'organismo umano e, di conseguenza, nell'alimentazione.� Si formano alla fine del processo di digestione delle proteine grazie ai fermenti pepsina, tripsina ed erepsina. � Gli otto aminoacidi essenziali che l'organismo non può sintetizzare, e che deve ricevere dalla digestione, sono triptofano, fenilalanina, lisina, treonina, valina, leucina, isoleucina e metionina. Per i bambini risultano aminoacidi essenziali anchearginina e istidina. � L'organismo sintetizza anche altri aminoacidi che si dicono aminoacidi non essenziali. � Gli aminoacidi non servono solo nell'anabolismo muscolare; alcuni di essi vengono anche utilizzati a fini energetici. Il processo per il quale alcuni aminoacidi vengono trasformati in glucosio (gluconeogenesi), poi usato come fonte energetica, dipende dall'intensità del lavoro e dalla durata.

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CN2H

R

H

Gruppo amminico

Gruppo carbossilicoRadicale

Atomo di idrogeno

Atomo di carbonio

N2H

H2O

Legame peptidico

COOHCOOH

H2O

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Prot

eina

: co

nfor

maz

ione

in condizioni fisiologiche, le proteine assumono complesse conformazioni tridimensionali

in condizioni fisiologiche, le proteine assumono complesse conformazioni tridimensionali

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Prot

eina

: co

nfor

maz

ione

La forma tridimensionale della proteina èdeterminante per la sua funzione

La forma tridimensionale della proteina èdeterminante per la sua funzione

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batterio

Il sito ad alta affinità di legame degli anticorpi

Gli anticorpi, per esempio, sono proteine che possiedono una porzione di forma complementare a quella di un antigene (il bersaglio dell’anticorpo)

Gli anticorpi, per esempio, sono proteine che possiedono una porzione di forma complementare a quella di un antigene (il bersaglio dell’anticorpo)

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� I carboidrati, detti anche glucidi o glicidi, sono sostanze organiche costituite da carbonio, idrogeno, ossigeno.� Sono molecole di aldeidi (composti organici di formula bruta CnH2nO che recano nella loro struttura il gruppo funzionale formile, indicato con –CHO) o di chetoni (di formula bruta CnH2nO che recano un gruppo carbonilico C=O all'interno della catena carboniosa) alle quali sono stati aggiunti vari gruppi ossidrilici, solitamente uno per ogni atomo di carbonio che non fa parte del gruppo funzionale aldeidico o chetonico.� Ogni grammo di carboidrati fornisce quattro calorie e a secondadel numero di zuccheri semplici presenti nella formula si suddividono in monosaccaridi, disaccaridi e polisaccaridi. � Sono presenti in modo consistente nei tessuti dei viventi con funzione energetica attraverso il processo di respirazione, di riserva (amido, glicogeno) e di sostegno (cellulose, emicellulose ecc. dei vegetali, chitina degli Insetti). � Si originano nelle piante dall'anidride carbonica dell'aria e dall'acqua del suolo tramite l'energia solare in presenza di clorofilla (fotosintesi). � Sono stati identificati più di duecento monosaccaridi formati da una sola molecola di zucchero semplice.

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Carboidrati: monosaccaridi

glucosio

galattosio

fruttosio

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Carboidrati: disaccaridi

glucosiogalattosio

fruttosioglucosio

lattosio

saccarosio

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Carboidrati: polisaccaridi

glicogeno

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LipidiVengono identificati sulla base delle loro proprietà comuni di solubilità: sono insolubili in acqua (definiti per

questo idrofobi), mentre sono solubili in solventi organici non polari, come etere dietilico o acetone, alcoli e idrocarburi.

Dal punto di vista strutturale, i lipidi sono costituiti

prevalentemente da atomi di carbonio e di idrogeno uniti tra loro con legami covalenti scarsamente

polari (caratteristica che conferisce il comportamento

idrofobo) e disposti simmetricamente.

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le proteine sono certamente le molecole più versatili della cellula;

ma c’è una cosa importante che le proteine non sanno fare:

replicare se stesse

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Il DNA: struttura e funzioni

Il DNA, l’acido desossiribonucleico, è un polimero formato da quattro tipi diversi di nucleotidi; esso ha una struttura a doppia elica molto lunga e spiralizzata, frammentata da pioli costituiti dalle complementarità di basi azotate specifiche.

La funzione principale del DNA è trasportare l’informazione genetica attraverso le generazioni seppur con parziali

cambiamenti dovuti allo scambio di geni durante il processo di duplicazione delle cellule che lo contengono.

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Acidi nucleici

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I geni risiedono nella doppia elica del DNA

Coppiedi basi

Scheletrozucchero-fosfato

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P

Base azotata

Zucchero a 5 atomi

di C

I nucleotidi sono le unità che

compongono un acido nucleico (RNA o DNA)

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Molecola con proprietà basiche, contenente azoto. E’ una componente dei nucleotidi che formano gli acidi nucleici: può essere una purina o una pirimidina.

Una purina presenta una struttura a due anelli; esempi sono l’adenina (A) e la guanina (G).

Una pirimidina presenta una struttura ad un solo anello; esempi sono la citosina (C) e la timina (T).

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forcelle

bolla

Punto d’origine

Basi azotate appaiate

La duplicazione del DNA, durante la divisione cellulare, inizia da una specifica sequenza di nucleotidi detta punto d’origine della duplicazione sul quale comincia a svolgersi il doppio filamento con lo spezzamento dei legami idrogeno tra le basi azotate grazie ad enzimi come l’elicasi e la topoisomerasi. Si forma una bolla di duplicazione delimitata da strutture ad Y dette forcelle di duplicazione.

Su uno dei due filamenti, detto filamento stampo, scorre un ulteriore enzima, la DNA-polimerasi, che sintetizza il nuovo filamento e si occupa di correggere eventuali errori (azione di proofreading). La duplicazione avviene in entrambe le direzioni per questo è detta bidirezionale.

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Cambiamenti nella sequenza o nel numero dei nucleotidi nell’acido nucleico di una cellula o di un organismo sono detti mutazioni genetiche.

Esse possono dare origine alla sostituzione di un nucleotide con un altro (mutazione puntiforme), oppure a perdita durante la duplicazione di materiale genetico (delezione) oppure ad aggiunte di nucleotidi.

Le sostituzione di nucleotidi possono dar luogo a mutazioni di senso, in cui un amminoacidoviene sostituito da un altro, o a mutazioni di non senso, in cui la sintesi proteica termina in un modo prematuro.

Le delezioni o le aggiunte di nucleotidi possono provocare spostamenti del sistema di lettura e la produzione di proteine nuove, che sfuggono alla correzione da parte dell’enzima DNA-polimerasi, ma di solito non sono funzionali.

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DNA: filamento stampo

RNA messaggero

Processo enzimatico per cui l’informazione genetica contenuta in un filamento di DNA viene utilizzata per specificare una sequenza complementare di basi in una molecola di RNA detta messaggero.L’RNA messaggero viene sintetizzato con lo stesso principio dell’accoppiamento di basi azotate che regola la duplicazione del DNA, ma il filamento è unico e da un’estremità procede verso l’altra in un completamento delle basi azotate rispetto al filamento stampo del DNA.

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Successivamente alla trascrizione dell’RNA messaggero, questo acido nucleico esce dal nucleo e raggiunge il citoplasma in cui si lega ai ribosomi. Il filamento di RNA per prima cosa si lega alla subunità piùpiccola del ribosoma ponendo in evidenza il suo primo codone. Poi giunge l’RNA di trasporto che si colloca secondo il criterio “codone-anticodone” portando con sé il primo amminoacido (in genere è la metionina): si è formato il complesso d’inizio (mRNA, tRNA, subunitàpiù piccola). Da qui giungono altri tRNA che trasportano altri amminoacidi che legandosi fra di loro creano una catena polipeptidica complementare all’informazione trasportata dal RNA messaggero.

Subunitàpiùpiccola

Subunitàpiù grande

RNA messaggero

tRNA + ammin.

tRNA + ammin.

tRNA + ammin.

Legame peptidicoCodone-

anticodone

RIBOSOMA

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Acido desossiribonucleico

Il segreto del DNA risiede

nella sua struttura…

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DNA

S P

N

S P

N

S P

N

S P

N

nucleotide

S

P

N

Zucchero (desossiribosio)

Gruppo fosfato

Base azotata

5’3’

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Le 4 basi azotate del DNA

•• AAdenina

•• TTimina

•• CCitosina

•• GGuanina

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La doppia elica

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Il messaggio cifratoTTAGCACTACCGTATTTGCGCATTACCAGATTAGAGAAATGCTAGTCGATCTTAGCACTACCGTATTTGCGCATTACCAGATTAGAGAAATGCTAGTCGATC

TATCGATCGGCTATTCGCAAAGCTGCGCGACTGCGATGCGCTAGCATGCTATCGATCGGCTATTCGCAAAGCTGCGCGACTGCGATGCGCTAGCATGC

GATTCGCGATCGCCGAGCGCTCGCGAGCGCGCTAGCGGAATACTATATAGATTCGCGATCGCCGAGCGCTCGCGAGCGCGCTAGCGGAATACTATATA

GCGCGGATCAGTCTAGATCTATGAGATCGATAGCGATCTAGAGATAGGATGCGCGGATCAGTCTAGATCTATGAGATCGATAGCGATCTAGAGATAGGAT

CGAGATCGAGGCGAGATCATATGAGCGCGGCTATTTAGGCTTAGAGGATCGAGATCGAGGCGAGATCATATGAGCGCGGCTATTTAGGCTTAGAGGAT

TCGGAGATTCGGAGCTTAGGATTACAGAGAGCTTCTTAGGCGCTCCCGGTTCGGAGATTCGGAGCTTAGGATTACAGAGAGCTTCTTAGGCGCTCCCGGT

ATCGCTCCCATCCCATATTAAAATCTATCGATCGAGCTCTCCAATGCGATCATCGCTCCCATCCCATATTAAAATCTATCGATCGAGCTCTCCAATGCGATC

GATAGGACTAGTAGCTAGCTAGCTGAGCATGATAGGCTCGATGAGCATGGATAGGACTAGTAGCTAGCTAGCTGAGCATGATAGGCTCGATGAGCATG

AGATGCATGTACGACTGCATAGGCATGACTGATCGACTGCATCATGACGCAGATGCATGTACGACTGCATAGGCATGACTGATCGACTGCATCATGACGC

ATGACTGCATGCATGACTGCATATGACGGACTCGCAATGACTGCATGCATGACTGCATATGACGGACTCGCA

l’eccezionalmente lunga sequenza di basi azotate nel DNA costituisce il messaggio

cifrato contenuto nei “manuali” (cromosomi)

conservati nel “locale di controllo” (nucleo) della

fabbrica cellulare

l’eccezionalmente lunga sequenza di basi azotate nel DNA costituisce il messaggio

cifrato contenuto nei “manuali” (cromosomi)

conservati nel “locale di controllo” (nucleo) della

fabbrica cellulare

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Dall’anticodon alla catena peptidica

A T G T T T G T T G C C T A A

T A C A A A C A A C G G A T T

A U G U U U G U U G C C U A A

U A C A A A C A A C G G A U U

Met Phe Val Ala Stop

DNA

mRN

A

peptide

tRNA

Page 40: Lezione 1

L'RNA transfer (o RNA di trasporto), abbreviato in tRNA, è una piccola catena di RNA (di 74-93 nucleotidi) che trasferisce un amminoacido specifico ad una catena polipeptidica in crescita al sito ribosomiale della sintesi proteica durante la traduzione. Il tRNA ha un sito di attacco per l'amminoacido ed una regione con tre basi (nucleotidi), chiamata anticodone, che riconosce il corrispondente codone a tre basi dell'mRNA attraverso l'appaiamento di basi complementari. Ogni tipo di molecola di tRNA può legarsi ad un solo tipo di amminoacido, ma essendo presenti nel DNA tipi diversi dicodoni che specificano uno stesso amminoacido, molti tipi di tRNA con anticodoni differenti possono portare lo stesso amminoacido.

La molecola di RNA transfer è dunque il dispositivo "adattatore" ipotizzato da Francis Crick, che media il riconoscimento della sequenza del codone nell'mRNA e permette la sua traduzione nell'amminoacido appropriato.

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il ciclo cellulare

• le cellule si riproducono attraverso un processo detto mitosi

• prima della mitosi, l’intero genoma produce una copia di se stesso tramite la replicazione del DNA

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bioticoabiotico

rappresenta uno stato di disagio nei confronti di tutto ciò che viene imposto

troppo intensamente dall’esterno

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si intendono stimoli esterni (stressogeni) provenienti dall’ambiente, che possono provocare danni alla salute

o condurre a morte verso i quali un organismo risponde in maniera attiva.

STRESS AMBIENTALI

Page 44: Lezione 1

Modello Hans Selye(Vienna 1907-Montreal 1982)

Stadi della dinamica dello stress o Sindrome Generale di Adattamento

� Fase di allarme in cui l'organismo risponde agli stressor mettendo in atto meccanismi di fronteggiamento (coping) sia fisici che mentali (aumento del battito cardiaco, pressione sanguigna, ecc.).

� Fase di resistenza in cui il corpo tenta di combattere e contrastare gli effetti negativi dell'affaticamento prolungato, producendo risposte ormonali specifiche da varie ghiandole.

� Fase di collasso in cui l’organismo entra in uno stato di esaurimento, non essendo più in grado di mantenere attivi i meccanismi di difesa.

La morte può sopravvenire sia nella fase di allarme sia nella fase di esaurimento.

La morte può sopravvenire sia nella fase di allarme sia nella fase di esaurimento.

Page 45: Lezione 1

� Fattori intrinseci: genotipo, tessuto/organo, età, stato nutrizionale e sanitario.

� Fattori estrinseci: intensità, durata, rapidità di insorgenza, altre condizioni.

� Fattori intrinseci: genotipo, tessuto/organo, età, stato nutrizionale e sanitario.

� Fattori estrinseci: intensità, durata, rapidità di insorgenza, altre condizioni.

Tuttavia è difficile definire con precisione uno stato di stress, dato che le risposte degli esseri viventi in termini di resa dipendono da fattori intrinseci

ed estrinseci ai viventi stessi.

Tuttavia è difficile definire con precisione uno stato di stress, dato che le risposte degli esseri viventi in termini di resa dipendono da fattori intrinseci

ed estrinseci ai viventi stessi.

Page 46: Lezione 1

•Variazioni fisiologiche in risposta a variazioni dell’ambiente esterno

1.Variazioni acute (risposte immediate reversibili che si instaurano subito dopo la variazione ambientale)2.Variazioni croniche (acclimatazione e acclimatizzazione) (cambiamenti fisiologici reversibili che si instaurano dopo un’esposizione al nuovo ambiente che si prolunghi per giorni, mesi o settimane)3.Variazioni evolutive (cambiamenti che avvengono per modificazione delle frequenze geniche nell’arco di molte generazioni in popolazioni esposti ad ambienti nuovi)

•Variazioni fisiologiche che sono programmate internamente per aver luogo sia in presenza sia in assenza dell’ambiente esterno

1.Variazioni di sviluppo (che si svolgono in sequenza programmata, via via che l’individuo matura dal concepimento all’età adulta)2.Variazioni controllate da orologi biologici periodici (che ricorrono periodicamente sotto il controllo di un orologio biologico interno all’individuo)

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Le risposte acute e croniche sono risposte fenotipiche di individui alle variazioni ambientali

Le risposte evolutive comportano un cambiamento del genotipo

Page 48: Lezione 1

Gli animali che affrontano le variazioni del proprio ambiente hanno tre tipi di risposta

evitanopossiedono alcuni meccanismi per allontanarsi dal problema

ambientale sia in termini spaziali (anfratti, fessure,

microhabitat) sia in termini temporali (usando il torpore o

producendo uova, cisti…).

si conformanovanno incontro a

variazioni dell’ambiente interno simili ai cambianti

di stato imposti dall’esterno.

regolano

mantengono alcuni o tutti i componenti dell’ambiente

interno in condizioni vicine al livello originario o

“normale”indipendentemente dalle condizioni esterne.

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processo con cui un individuo reagisce alle variazioni ambientali secondo le proprie capacità.

espressione dell’insieme dei caratteri che geneticamente caratterizzano una popolazione e che si sono evoluti per innalzare la soglia di tolleranza allo stress imposto da una particolare pressione ambientale.

Acclimatazione:

Adattamento:

Page 50: Lezione 1

Esistono adattamenti di tipo diverso che rappresentano le soluzioni ai problemi posti dalla

complessità dell’ambiente nei suoi aspetti biologici, fisici, chimici, ecologici e sociali.

Vista la casualità con cui insorgono le variazioni, gli adattamenti sono generalmente una delle

tante possibili risposte, ma non necessariamente la migliore, ad un problema posto dall’ambiente.

Page 51: Lezione 1

I cambiamenti evolutivi sono del tutto casuali e non è sempre corretto

cercare una spiegazione adattativa

Quindi dapprima avviene un cambiamento, in seguito se il cambiamento è vantaggioso,

viene selezionato dall’ambiente

adattamento

Page 52: Lezione 1

ACCLIMATAZIONE comprende modificazioni funzionali in risposta ad un

determinato stress ambientale prodotto in laboratorio.

ACCLIMATIZZAZIONE si riferisce a modificazioni fisiologiche che si producono in

risposta a stress naturali.

• ACCLIMATAZIONE VELOCE

• ACCLIMATAZIONE A LUNGO TERMINE (da 1-2 giorni a 1 settimana)

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Page 54: Lezione 1

è il complesso dei caratteri visibili di un individuo dovuti

all’interazione tra il patrimonio genetico (genotipo)

e le condizioni ambientali.

Il termine adattamento è spesso impropriamente utilizzato per descrivere modificazioni compensatorie a breve termine

in risposta a variazioni ambientali. Queste modificazioni sono, invece, il risultato della plasticità fenotipica per cui i caratteri esistenti vengono espressi in maniera diversa e

appropriati alle condizioni ambientali, in questo caso sono più corretti i termini acclimatazione o acclimatizzazione.

Page 55: Lezione 1

ESPRESSIONE DIFFERENZIALE DEI GENIESPRESSIONE DIFFERENZIALE DEI GENI

� Nelle diverse forme ambientali, i vari geni presenti sui cromosomi possono esprimere o meno il loro contenuto informativo (e quindi tradursi in una determinata proteina enzimatica strutturale).

� L’espressione differenziale dei geni deriva, in pratica, dalla diversa risposta del programma genetico alle diverse condizioni ed inoltre dalle possibili interazioni fra cellule dell’organismo.

� I vari cambiamenti che derivano dall’espressione differenziale dei geni non modificano il programma genetico contenuto nelle varie cellule.

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Page 57: Lezione 1

Il DNA, insieme a diverse proteine si organizza in una struttura che è detta CROMOSOMA.

Nelle cellule umane i cromosomi si possono osservare durante la divisione cellulare e distinguere per forma e dimensioni.

I cromosomi sono costituiti da cromatina, che consiste di fibre contenenti DNA e proteine. Quando una cellula non è in divisione, la cromatina si trova sotto forma di lunghi filamenti. Durante la divisione le fibre di cromatina si condensano e si rendono visibili come strutture distinte.

Page 58: Lezione 1

I geni corrispondono a porzioni di codice genetico localizzate in precise posizioni all’interno della sequenza (DNA o, più raramente, di RNA) e

contengono tutte le informazioni necessarie per la produzione di una proteina. Essi sono contenuti ed organizzati all’interno dei cromosomi, presenti in tutte

le cellule di un organismo. Le cellule umane contengono tutte 23 coppie di cromosomi, con la sola eccezione dei gameti, che presentano una singola copia

di ciascun cromosoma. Nei procarioti il gene è costituito esclusivamente da sequenze codificanti,

negli eucarioti anche da sequenze non codificanti. Nel gene eucariotico la sequenza codificante si definisce esone e quella non codificante introne. Ogni gene può presentare delle forme alternative, che

differiscono leggermente fra loro nella sequenza nucleotidica e che prendono il nome di alleli.

Il gene è l'unità ereditaria fondamentale degli organismi viventi

Page 59: Lezione 1

OGNI CROMOSOMA E’ COSTITUITO DA UNA SUCCESSIONE LINEARE DI GENI O LOCI.

GENE: UNITA’ EREDITARIA FONDAMENTALE

LOCUS: POSIZIONE OCCUPATA DA UN GENE SU UN CROMOSOMA.

OGNI PAIO DI CROMOSOMI CONTIENE GLI STESSI GENI NELLO STESSO ORDINE MA NON NECESSARIAMENTE IN FORMA IDENTICA.

Geni e cromosomia

b

c

d

Page 60: Lezione 1

ALLELI: FORME DIVERSE DI UNO STESSO GENE

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Con il termine espressione genica si intende il processo attraverso cui l'informazione contenuta in un gene (costituito da DNA) viene convertita in una macromolecola funzionale (tipicamente una proteina, ma anche un altro tipo di acido nucleico, come alcuni

RNA che non vengono tradotti in proteine).

L'espressione genica è finemente regolata dalla cellula. Tutti i passaggi dell'espressione genica

possono essere modulati, a partire dal passaggio della trascrizione del DNA ad RNA, fino alle modificazioni

post-traduzionali della proteina prodotta. La regolazione dell'espressione genica è fondamentale per la cellula, perché le permette di controllare le

proprie funzioni interne ed esterne, come la differenziazione cellulare, la morfogenesi o i vari

processi di adattamento alle necessità dell'organismo.

Page 62: Lezione 1

Nella cellula eucariote, un gene consiste concretamente (nella maggior parte dei casi) in una sequenza di DNA. Tale

sequenza è caratterizzata dalla presenza di:

un promotore, che controlla l'espressione genica;

esoni, regioni codificanti;

introni, sequenze non codificanti, che possono avere funzione regolatoria.

Sia gli esoni che gli introni sono copiati durante un processo chiamato trascrizione, a produrre un filamento di pre-mRNA. Esso viene in seguito processato per diventare un RNA messaggero (o

mRNA), in grado di dirigere la sintesi delle proteine.

Page 63: Lezione 1

splicing , sottrazione degli introni non codificanti (in molti casi si ha uno splicing alternativo, che permette alla cellula di sintetizzare più proteine a partire da un unico gene);

capping, viene aggiunto un "cappuccio" di 7-metil guanosina al residuo 5-terminale della catena con un insolito legame 5,5' trifosfato (condensazione di una molecola di GTP con il trifosfato dell'estremità del trascritto e metilazione in posizione 7). Questa modificazione èimportante per il riconoscimento e l'aggancio appropriato dell'mRNA al ribosoma e ne impedisce la degradazione;

poliadenilazione , consiste nell'aggiunta di una sequenza poliadenilica di circa 200 nucleotidi (poli(A)), all'estremità 3'-OH del pre-mRNA tramite legame covalente. Quasi tutti gli mRNA possiedono una coda poli(A) che ha lo scopo di proteggere il trascritto. Un'eccezione èrappresentata dall'mRNA che codifica per le proteine istoniche.

Maturazione dell’mRNA

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Un microarray di DNA (comunemente conosciuto come gene chip, chip a DNA, biochip o matrici ad alta densità) è costituito da un insieme di microscopiche

sonde di DNA attaccate ad una superficie solida come vetro, plastica, o chip di silicio formanti un array (raggruppamento).

È una tecnica che è stata sviluppata negli anni '90 e oggi permette l'analisi dell'espressione genica monitorando in una sola volta gli RNA prodotti da migliaia di geni. Consiste nel fissare tutti i segmenti di DNA (detti probe) su un supporto e nel marcare

invece l'acido nucleico che vogliamo identificare (detto target).

Per studiare gli mRNA, essi vengono prima estratti dalle cellule, convertiti in cDNA, con l’uso di un enzima chiamato transcrittasi inversa e allo stesso

momento marcati con una sonda fluorescente. Quando si fa avvenire l'ibridazione fra la sonda presente sulla matrice e il cDNA target, quest'ultimo rimarrà legato alla sonda e può essere identificato semplicemente rilevando la

posizione dove è rimasto legato.

Le principali applicazioni sono: l'analisi dei polimorfismi SNP, il confronto di popolazioni di RNA di cellule diverse e l'utilizzo per nuove metodologie di

sequenziamento del DNA, nonché per lo screening di sequenze senso e antisenso nella ricerca degli oligonucleotidi usati in campo farmaceutico.

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Meccanismi che regolano l’espressione genica�Trascrizione, in generale viene controllata dall’azione combinata di numerose proteine note come fattori di trascrizione, che si legano a sequenze regolatorie specifiche e modulano l’attività dell’RNA polimerasi. Esistono inoltre meccanismi di silenziamento dei geni, come la condensazione del DNAnella cromatina o meccanismi di metilazione tramite il legame di proteine specifiche ai gruppi metilici che bloccano la trascrizione dei geni.

�Proteine che si legano al DNA, si riferisce a quelle molecole come gli ormoni che attraversano la membrana plasmatica e si legano a specifiche molecole recettoriali presenti all’interno della cellula bersaglio. Il complesso ormone-recettore (HR) è quindi in grado di penetrare nel nucleo e di legarsi al DNA in corrispondenza di un sito specifico. La proteina recettoriale appartiene ad una famiglia di proteine che si legano al DNA e che possiedono dei domini a dito di zinco (zinc-finger), i quali sono delle regioni della proteina che legano gli ioni di zinco e che si avvolgono in strutture ad ansa (dita) che possono legarsi al DNA. Il legame del complesso HR con il DNA aumenta la trascrizione di geni, il che modifica la quantità di mRNA e di conseguenza conduce all’aumento della sintesi proteica.

�Splicing alternativo, si riferisce alle molecole di RNA che possono essere modificate cambiando l’ordine con cui gli esoni sono “cuciti (spliced)” assieme.

�Stabilità degli mRNA, che avviene quando la trascrizione di un gene produce una molecola di mRNA molto stabile che rimane nel citoplasma per svariati giorni e che può essere utilizzata ripetutamente per la traduzione e la sintesi di un specifica proteina.

�Eventi posttraduzionali, si riferiscono ai polipeptidi di nuova sintesi che vanno incontro ad uno o più tipi di modificazioni covalenti (es. le proteine che vengono secreti come precursori).

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Che cosa ci ha insegnato il Progetto Genoma Umano?�Il genoma umano contiene 3 miliardi di coppie di basi e circa 25000 geni.

�Il genoma completo di un organismo fornisce soltanto una visione relativamente statica delle sue potenzialità funzionali, mentre non può descrivere l’immensa mole di processi dinamici che hanno luogo in un organismo vivente. Al contrario le proteine fatte soltanto di circa 20 amminoacidi hanno una varietà di proprietà chimiche: sono ordinati in diverse proteine e per di più queste si ripiegano dando origine a strutture tridimensionali che stanno alla base di migliaia di funzioni. In sostanza il DNA conserva le informazioni quasi invariate per migliaia di anni mentre le proteine fanno il resto.

�Inoltre se il DNA dei circa 252 tipi di cellula somatica del corpo umano ha sostanzialmente la stessa sequenza, la composizione proteica di queste cellule è molto diversa sia come quantità che come tipo.

�E’ nato pertanto un nuovo indirizzo chiamato genomica funzionale o fisiologica che riguarda l’analisi dell’mRNA e dei prodotti proteici espressi dai geni.

È emersa una visione dell’intrigata rete di regolazione, che soppianta il dogma “un gene, una proteina, una

funzione”, ma anche quello per cui l’informazione fluisce dai geni alle proteine e non viceversa.

Che cosa ci ha insegnato il Progetto Genoma Umano?�Il genoma umano contiene 3 miliardi di coppie di basi e circa 25000 geni.

�Il genoma completo di un organismo fornisce soltanto una visione relativamente statica delle sue potenzialità funzionali, mentre non può descrivere l’immensa mole di processi dinamici che hanno luogo in un organismo vivente. Al contrario le proteine fatte soltanto di circa 20 amminoacidi hanno una varietà di proprietà chimiche: sono ordinati in diverse proteine e per di più queste si ripiegano dando origine a strutture tridimensionali che stanno alla base di migliaia di funzioni. In sostanza il DNA conserva le informazioni quasi invariate per migliaia di anni mentre le proteine fanno il resto.

�Inoltre se il DNA dei circa 252 tipi di cellula somatica del corpo umano ha sostanzialmente la stessa sequenza, la composizione proteica di queste cellule è molto diversa sia come quantità che come tipo.

�E’ nato pertanto un nuovo indirizzo chiamato genomica funzionale o fisiologica che riguarda l’analisi dell’mRNA e dei prodotti proteici espressi dai geni.

È emersa una visione dell’intrigata rete di regolazione, che soppianta il dogma “un gene, una proteina, una

funzione”, ma anche quello per cui l’informazione fluisce dai geni alle proteine e non viceversa.

Page 82: Lezione 1

� La costruzione dei caratteri si verifica attraverso una stretta collaborazione di geni e proteine influenzata da stimoli ambientali, ad esempio nei complessi di trascrizione.

� Perciò il fenotipo non è solo il prodotto passivo dell’azione del genotipo, ma è anche lo strumento attraverso cui quest’azione può verificarsi.

� Pertanto la costruzione di un fenotipo si attua su tre livelli d’interazione:

1. quello delle interazioni geniche,

2. quello dato dalle interazioni fra proteine, RNA e DNA, bidirezionali e con fenomeni di retroazione nei processi di espressione genica attraverso trascrizione e traduzione,

3. quello dato da interazioni fra proteine ed altre sostanze che siverificano a livello fenotipico sia nell’ambito della cellula che intercellulare.

Tutti sono influenzati da processi epigenetici collegati a stimoli ambientali esogeni ed endogeni, un insieme di effetti e di vincoli che nel loro insieme costituiscono

l’epigenotipo.

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1897 Edmund Beecher Wilson (Columbia University)

pose le basi della genetica moderna dimostrando che la localizzazione fisica dell’eredità era nel cosiddetto “idioplasma”, che oggi

chiamiamo cromatina, cioè il complesso di molecole di DNA e di proteine che comprende i cromosomi e descrivendo la cromatina

come una sostanza attiva e dinamica nel nucleo cellulare.

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1952 Alfred Hershey e Martha Chase (Carnegie Institution of Washington)

dimostrarono che il materiale ereditario non era la proteina del nucleo, ma il vettore dell’informazione erediatabile era il DNA.

1953 James D. Watson e Frances H.C. Crick (Cambridge University)

pubblicarono la struttura chimica del DNA.

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1963 Francois Jacob, Jacques Monod e André Michael Lwoff (Istituto Pasteur)

diffusero la teoria dell’operone:

�uno o, di solito, più geni strutturali, �un promotore, situato a monte dei geni, ovvero una sequenza di DNA che, legandosi all'RNA polimerasi, permette l'inizio della trascrizione, �un operatore, un frammento di DNA, che può essere situato a monte, a valle o anche lontano dal promotore, che regola l'espressione dei geni strutturali.

L'operatore svolge questa funzione interagendo con una specifica proteina chiamata proteina repressore o proteina attivatore, a seconda che, appunto, impedisca o stimoli l'espressione.L'operone può anche contenere un gene regolatore, che codifica appunto per la proteina regolatrice. Questo gene, tuttavia, non viene normalmente considerato parte integrante dell'operone, in quanto in alcuni casi può essere dislocato in un punto del genoma anche molto lontano dall'operone stesso.

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�la rappresentazione dell’operone sembrava semplice e completa;

�l’attenzione si spostò verso la ricerca di fattori proteici che controllano i geni senza cercare un ruolo per la cromatina;

�sembrava che il ruolo principale del nucleo cellulare fosse quello di deposito per il grande insieme di informazioni cifrate a quattro lettere.

Oggi i biologi sono molto interessati al funzionamento dinamico del nucleosoma, il mattone fondamentale della cromatina che si forma quando il DNA si avvolge intorno a un nucleo formato dalle proteine degli istoni.

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1997 Karolin Luger (Eidegenössische Technische Hochschule (ETH) di Zurigo

determinò la struttura molecolare del nucleosoma.

Il nucleosoma consiste di due coppie di quattro tipi di proteine istoniche (H2A, H2B, H3 e H4) che formano un ottamero, detto anche nucleo dell’istone a otto unità, avvolto a due giri di una sequenza di DNA di 147 basi.Da allora altri ricercatori hanno determinato altre strutture cromatiniche di ordine poco più grande, che consistono di diversi istoni.

Tuttavia non siamo ancora in grado di descrivere in maniera precisa la geometria dei fili di DNA dentro la cellula, formata da milioni di istoni

disposti in una matrice a portata di mano ma ancora sconosciuta.

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Sappiamo che l’interazione del DNA con il nucleo del nucleosoma sembra preferire sequenze ripetute di 10 o 11 basi; queste ripetizioni sembrano

facilitare la piega pronunciata del DNA sull’orlo del nucleosoma.

2006 Jonathan Widom (Northwestern University) e Eran Segal (Weizmann Institute, Istraele)

analizzando frammenti di DNA legati ai nucleosomi, avevano confermato e ulteriormente identificato gli schemi di disposizione dei nucleosomi sul DNA.

In questi studi, la ripetizione principale sembra quella di alcuni accoppiamenti di dinucleotidi adiacenti (AA, TT e TA) più frequenti nei punti di contatto tra la sequenza di DNA e il nucleo dell’istone. Ora è chiaro che il periodo naturale di 10,4 basi nella struttura elicoidale del DNA aiuta a

generare la periodicità di 10-11 coppie di basi, che favorisce la deformazione del DNA sulla superficie.

Attualmente si stanno studiando le forze molecolari che agisconodurante la formazione del nucleosoma e le energie necessarie affinché una qualsiasi sequenza si adatti al nucleo istonico.

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2009 Remo Rohs (University of Southern California)

studiando i dettagli della biofisica delle interazioni tra DNA e proteine, ha dimostrato che le sequenze di DNA con brevi serie ripetute di

adenina (A) o della sua base complementare timina (T), formano un’elicapoco più stretta e quindi più rigida.

Quando il DNA con brevi serie di A è deformato dal legame DNA-proteine, il restringimento delle pieghe più piccole del DNA concentra il potenziale elettrostatico in modo da attrarre l’arginina, amminoacido con carica positiva. Questa attrazione sembra spiegare perché molti fattori di trascrizione, ricchi di arginina, trovano il proprio sito di

legame senza leggere base per base la sequenza del DNA.

Stiamo imparando che il DNA è una struttura biofisica, con importanti implicazioni per le interazioni a scala nanometrica tra DNA e proteine alla base delle reti di regolazione del genoma.

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R Rohs et al. Nature 461, 1248-1253 (2009) doi:10.1038/nature08473

Specific examples of minor-groove shape recognition by arginines.

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� Mentre la struttura primaria della cromatina è definita dalla posizione dei nucleosomi nel DNA, che a sua volta dipende dalla sequenza di basi, il livello successivo della struttura della cromatina è probabilmente prodotto dalle interazioni tra nucleosomi adiacenti, controllate dalle modificazioni chimiche dell’istone stesso.

� In particolare, H3 e H4 hanno lunghe code che interagiscono con le sequenze di DNA all’esterno dei nucleosomi adiacenti.

� L’acetilazione di specifici amminoacidi sulle code di H3 e H4 promuove la dissociazione dei pacchetti di nucleosomi, in modo da aprire la cromatina e permettere l’attivazione dei geni (perché consente ai fattori di trascrizione di accedere al DNA).

� La metilazione degli altri siti è invece associata alla cromatina chiusa, e quindi alla soppressione dell’attività dei geni.

� Inoltre le regioni istoniche nel nucleo del nucleosoma subiscono modificazioni specifiche che producono varianti degli istoni, le quali a loro volta, influenzano la regolazione genica.

� Poco si conosce del modo in cui il DNA di ogni cellula umana lungo due metri si ripiega nei 5 micrometri del nucleo.

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Acetilazioneè promossa da una classe di enzimi chiamate HATs (Histone

Acetyltransferases) e prevede il trasferimento di un gruppo acetile [(CH3(C=O)-), il donatore è l'acetil-coenzima A] su un residuo

amminoacidico di lisina presente all'estremità N-terminale di tutti gli istoni che formano il nucleosoma. La lisina perde così la carica positiva

normalmente presente a pH cellulare sull'azoto della catena laterale e di conseguenza non è più in grado di legare con alta affinità i gruppi fosfato del DNA (che ha carica negativa). Il DNA viene quindi rilassato in quel punto permettendo ad altre proteine o enzimi di interagire con esso.

Metilazioneè mediata dalla classe di enzimi istone metil-trasferasi (HMTs) e prevede il trasferimento di un gruppo metilico (-CH3) ad una lisina o un'arginina presente all'estremità N-terminale degli istoni H3 o H4. Il donatore dei gruppi metilici è la S-adenosil-metionina (o SAM). Gli effetti possono essere differenti (la metilazione della lisina 9 sull'istone H3 porta alla

formazione di un sito di legame per la proteina principale dell'eterocromatina (heterochromatin protein-1 o HP1), una proteina in

grado di indurre impacchettamento e quindi il silenziamento; viceversa una metilazione della lisina 4 su H3 ha l'effetto opposto e promuove l'apertura

cromatinica con conseguente aumento dell'espressione genica.

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L’evoluzione a livello molecolare o delle sequenze può avere effetti strutturali o regolatori.

� L’evoluzione strutturale si riferisce alle mutazioni del DNA che hanno effetto sulla struttura delle proteine. Questi cambiamenti sono limitati alle regioni codificanti del DNA. In genere, le mutazioni della terza base dei codoni (le parole di tre basi che codificano uno specifico amminoacido) non alterano l’amminoacido che entra nella sequenza proteica: sono mutazioni silenti, che non hanno effetto sulla struttura della proteina. Nelle altre posizioni del codone, invece, le mutazioni non sono silenti. Questa peculiarità del codice genetico ha consentito agli evoluzionisti molecolari di dedurre l’effetto della selezione naturale sull’evoluzione strutturale delle proteine confrontando il rapporto tra mutazioni silenti e non silenti, con il risultato che si avrebbe se la selezione fosse neutrale.

� Dedurre l’azione della selezione sulle regioni regolatorie non codificanti del DNA èun problema più complesso, perché il DNA non codificante non ha un marcatore adatto come la terza base dei codoni.

Studi recenti hanno mostrato che i geni sono accompagnati da regioni di DNA senza nucleosomi, più rigide della media e non facilmente

avvolte intorno ai nuclei dei nucleosomi. Situati sia a monte sia a valle delle regioni codificanti, questi segmenti aperti di DNA consentono un

accesso più facile ai fattori di trascrizione.

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In futuro i metodi per dedurre l’evoluzione molecolare dei siti di regolazione nel genoma dovranno affrontare tutte le complesse

interazioni molecolari coinvolte.

� Un errore comune è l’idea che i nostri fenotipi (le nostre caratteristiche morfologiche o fisiologiche misurabili) siano principalmente il prodotto o dei geni o dell’ambiente, la cosiddetta dicotomia natura/cultura.� I biologi che studiano gli organismi e mettono in relazione il genotipo con il fenotipo devono essere consapevoli che natura, cultura e caso non possono mai essere completamente separati nello sviluppo di un dato fenotipo.

E dove avvengono queste interazioni all’interno della cellula? Nella cromatina.

Studi pubblicati nel 2010 hanno dimostrato che la cromatina è molto stabile (e quindi ereditabile) e di conseguenza relativamente duratura alla scala

evolutiva, ma anche molto dinamica, perché soggetta ai cambiamenti indotti dall’ambiente nell’individuo. Funziona da interfaccia primaria per l’incontro

tra geni e ambiente.

A livello molecolare come fa la cromatina a svolgere questo doppio ruolo?

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Esistono diversi livelli di organizzazione della cromatina:

1.La fibra da 11 nm di diametro è il primo livello, è uno stadio detto "filo a collana di perle" per il suo aspetto. In questo stadio il DNA è avvolto attorno ai nucleosomi, senza ulteriori ripiegamenti;2.La fibra da 30 nm di diametro è il secondo livello. In esso la cromatina assume un aspetto solenoidale grazie alle interazioni tra le code degli istoni di un nucleosoma, con quelle dei nucleosomi adiacenti, nonché grazie agli istoni H1. Questi istoni sono piùgrandi di quelli che formano l'ottamero del corpo del nucleosoma e si trovano in rapporto 1:1 con esso. Ogni istone H1 possiede un corpo centrale e due code che aderiscono sia all'ottamero che ai filamenti di DNA in entrata e in uscita. La sua interazione con il DNA linker gli permette di direzionarlo in modo da contribuire al ripiegamento solenoidale. Tuttavia non sono del tutto note le sue funzioni in rapporto al superavvolgimento della cromatina. La fibra da 30 nm è lo stadio in cui si trova la cromatina attiva in interfase (periodo compreso fra due divisioni cellulari), cioè la cromatina che viene trascritta;3.La fibra da 300 nm di diametro o fibra ad ansa, la cromatina si ripiega ulteriormente su se stessa grazie anche all'aiuto di altre proteine;4.La fibra da 700 nm di diametro, la cromatina si superavvolge, è il diametro dei singoli cromatidi;5.La fibra da 1400 nm di diametro, è il livello di condensazione massimo, quello dei cromosomi mitotici.

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Un passo iniziale per fare ricerca sul ruolo della cromatina nelle malattia sarà determinare il modo in cui l’organizzazione della

cromatina influenza la regolazione genica.

� le caratteristiche identificative (le firme) ereditabili e quindi passibili di evoluzione della cromatina sono probabilmente limitate all’interazione fisica diretta con il DNA, dato che l’organizzazione fine della cromatina, definita dal posizionamento del nucleosoma sul DNA, è dipendente dalla composizione e dalla disposizione spaziale della sequenza di nucleotidi.

�la componente non ereditabile e dinamica della cromatina è probabilmente una caratteristica dell’organizzazione di livello superiore, più lontana dalle influenze biofisiche dirette delle sequenze di DNA, poiché la cromatina èanche modificabile in modo reversibile a livelli superiori di organizzazione strutturale, per esempio per mezzo di modificazioni chimiche delle code dell’istone.La ricerca nel campo della biologia della cromatina ha conosciuto una

crescita enorme negli ultimi anni. La nuova area della epigenetica, che include qualsiasi cambiamento ereditabile nel fenotipo o nell’espressione genica non direttamente dovuto a un mutamento della sequenza del DNA, è ora una delle piùimportanti linee di finanziamento dei National Institutes of Health.

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Che cos’hanno in comune la fioritura di una pianta, gli influssi della dieta materna sul metabolismo del figlio da

adulto e una serie di tumori e malattie neurologiche?

Tutti dipendono dall’azione, normale o alterata, dei processi epigenetici: cioè modifiche chimiche, a volte permanenti o persino trasmesse alla progenie, che la cellula introduce sul DNA, spesso in risposta a stimoli ambientali, per regolare l’espressione dei vari geni

rendendoli più o meno accessibili. Il DNA va letto per assemblare le proteine, ma va anche riparato, si

combina per dare la diversità e così via dicendo.

Negli ultimi 10-15 anni si è scoperto che tutte le molecole che devono accedere al DNA per questi processi devono fare i conti con l’impalcatura su cui il DNA si avvolge: istoni e altre proteine che lo impacchettano per far rientrare i suoi lunghi filamenti nel piccolo spazio del nucleo. Per regolare l’avvolgimento del DNA, e quindi

quanto è accessibile ai macchinari cellulari, le cellule dispongono sul DNA stesso, o sugli istoni, molecole come gruppi metilici o acetilici.

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Ma i meccanismi del controllo epigenetico si stanno rivelando sempre più articolati.

Sta emergendo un ruolo importante degli RNA non codificanti (ncRNA): piccoli RNA di 10-20 nucleotidi costituiscono una parte strutturale

della cromatina, che contribuiscono ad avvolgere il DNA e non codificano per proteine.

Il DNA si avvolge intorno agli istoni, ma questo filamento di DNA e istoni, a sua volta, si arrotola su se stesso in spirali di ordine superiore. Gli

ncRNA restano intrappolati in queste spirali, legandosi alle sequenze con cui hanno un’omologia, e sono essenziali nel mantenere una data regione del

DNA aperta o chiusa, quindi attiva o inaccessibile.

Pertanto, gli ncRNA non codificanti sono parte del nostro epigenoma.

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Interferenza a RNALa RNAi, scoperta nelle piante come meccanismo di difesa dai virus, è un

processo specifico e potente portato avanti dalla cellula. Sebbene non tutti i dettagli del processo stesso siano ancora chiari, sembra che il cosiddetto macchinario dell'RNAi, una volta individuata una molecola di RNA a doppio

filamento (dsRNA), sia in grado di avviare il meccanismo della RNAi.

1. Attraverso un enzima (chiamato Dicer), la sequenza di dsRNA è tagliata in frammenti di lunghezza minore (19-21 paia di basi).2. Il breve frammento di dsRNA (chiamato short interfering RNA, o siRNA) si associa ad un complesso enzimatico denominato RISC (dall'inglese RNA-interference silencing complex, complesso silenziatore della RNAi).3. L'RNA a doppio filamento viene aperto, probabilmente da una elicasi: solo il filamento di RNA antisenso rimane associato a RISC, mentre il filamento senso viene degradato.4. La RISC è ora attiva: è in grado di scansire molti mRNA presenti nel citosol fino a trovarne uno complementare al frammento di RNA antisenso associato al complesso stesso.5. Se l'appaiamento tra siRNA e mRNA è perfetto (o quasi perfetto), una componente della RISC (detta argonaute protein o Argo) è in grado di operare un taglio sull'mRNA. I due frammenti di mRNA risultanti, privo di cappuccio al 5' uno e di coda di poliA al 3' l'altro, vengono così rapidamente degradati dalle RNAsi della cellula stessa. Se l'appaiamento, invece, non è perfetto, si pensa che la RISC sia comunque in grado di inibire la traduzione del gene. Sebbene il meccanismo di questo secondo evento non sia chiaro, sembra che possa essere molto diffuso negli animali.

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2010 Davide Corona (Istituto Telethon di Palermo)

ha pubblicato che i geni attivi non producono solo il trascritto codificante, ma anche piccoli RNA antisenso, che restano attaccati al promotore,

pronti a intervenire: se il trascritto si fa troppo abbondante, vi si legano formando un RNA a doppio filamento, che quindi è distrutto.

Questi RNA antisensi sono parte dell’epigenoma, poiché sono integrati nel cromosoma e possono essere trasmessi alle cellule figlie, che cosìricorderanno quanto RNA devono produrre.

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Per capire meglio come il genoma dirige la sinfonia di attività biologiche che chiamiamo vita si sta analizzando la disposizione dei cromosomi, e dei geni che ospitano, nello spazio tridimensionale del nucleo cellulare e come questa disposizione può influenzare le loro attività.

E’ noto che:�all’interno del nucleo, i cromosomi interagiscono fisicamente con cromosomi vicini, i geni si spostano verso regioni nucleari diverse a seconda del compito che devono portare a termine e le molecole che regolano l’attività genica si raggruppano in punti ben precisi. �i cromosomi si condensano durante la divisione cellulare, assumendo la forma a clessidra che immaginiamo quando pensiamo alla forma delle entitàche trasportano i geni da una generazione alla successiva. I cromosomi hanno una forma più rilassata quando le cellule non sono in fase di divisione e sono impegnate nelle consuete attività.

L’ipotesi più diffusa era che i cromosomi si mescolassero tra loro come gli spaghetti nel piatto.

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Theodor Boveri

uno scienziato tedesco, nei primi anni del Novecento, aveva contestato questa organizzazione a spaghetti e aveva sostenuto che, sebbenepotesse cambiare forma e dimensione durante la vita di una cellula,

ciascun cromosoma occupava una regione distinta e definita del nucleo, che lo scienziato tedesco aveva chiamato “territorio cromosomico”.

Per lungo tempo questo concetto non fu preso nella giusta considerazione.

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All’inizio degli anni ottanta i fratelli tedeschi Thomas e Christoph Cremer

dimostrarono che:

� nel nucleo della cellula i cromosomi sono entità individuali;� che ciascuno occupa uno spazio separato rispetto agli altri;� che alcuni cromosomi preferiscono la periferia del nucleo, mentre altri preferiscono raggrupparsi verso il centro; � la posizione di ciascun cromosoma e la sua vicinanza a uno o piùcromosomi specifici possono influenzare notevolmente il funzionamento della cellula.Nei globuli bianchi, per esempio, di solito il cromosoma 18 si trova vicino alla parete del nucleo,

mentre il cromosoma 19 preferisce rimanere al centro; il cromosoma 7 invece si trova tra queste due posizioni.

La tendenza di ciascun cromosoma a occupare una posizione preferita, vicina o lontana dalla parete del nucleo, crea anche “quartieri” distinti in tutta la regione nucleare.

Di conseguenza, ciascun cromosoma ha una serie di “vicini di casa” che di solito sono costanti da cellula a cellula, nell’ambito dello stesso tipo cellulare. Nei globuli bianchi murini il cromosoma 12 spesso si aggrega con i cromosomi 14 e 15.

La posizione dei cromosomi, però, non è sempre fissa e immutabile.

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La posizione di un gene ne influenza la funzioneE’ stato scoperto e dimostrato che:

�i cromosomi sono disposti diversamente in differenti tipi di cellule;�le disposizioni cambiano durante lo sviluppo e le malattie; �la posizione occupata da un cromosoma influenza l’accensione e lo spegnimento dei geni che trasporta.

Per esempio, gli astrociti, contengono una copia attiva del gene GFAP e una copia silenziata. E’ stato scoperto che la versione silenziata si trova alla

periferia del nucleo, mentre la copia attiva si trova all’interno.

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Nel 2008 alcuni esperimenti condotti in diversi laboratori hannodimostrato che la periferia del nucleo aiuta a mantenere in forma

quiescente almeno alcuni geni.

L’interno del nucleo, potrebbe offrire qualcosa di speciale a cromosomi e geni a cui è richiesta un’attivazione rapida: gruppi di aggregati proteici noti come

transcription factory.

Si tratta di aggregati di componenti cellulari necessarie per attivare i geni, tra cui gli enzimi polimerasi (che trascrivono il DNA in RNA, che poi è

tradotto nella proteina per cui codifica un gene), e i fattori di trascrizione (proteine che si legano a regioni regolatrici dei geni e attivano le polimerasi). Un’ovvia spiegazione per questo schema suggerisce che si creino ammassi di molteplici geni in centri di attività trascrizionale, dove i geni condividono

polimerasi e fattori di trascrizione. Quest’idea ha un precedente: centinaia di geni che codificano per RNA

ribosomiali sono trascritti insieme nel nucleolo, una sottostruttura del nucleo abbastanza grande da essere visibile al microscopio.

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Lo spazio nucleare in cui si trovano i geni è importante per uno sviluppo normale e uno stato di buona salute.

Esperimenti sulle cellule staminali embrionali, elementi indifferenziati “pluripotenti”, dotati della capacità peculiare di differenziarsi in uno dei circa 220 tessuti

specializzati del nostro organismo, hanno dimostrato che sono prive degli ampi tratti di eterocromatina in cui i geni sono silenziati e sono prive di proteine chiamate

lamine, che aiutano a legare il DNA non attivo alla periferia del nucleo.

Di conseguenza, quasi ogni gene nel genoma di una cellula staminale è attivo a livello di base.

Quando le cellule staminali embrionali ricevono un segnale che le induce a differenziarsi per esempio in cellule delle ossa o neuroni, la loro struttura nucleare cambia drasticamente. Compaiono le lamine, proteine che si uniscono a formare un

reticolo estremamente intrecciato, la lamina nucleare, sotto la membrana del nucleo. In questo modo, la comparsa delle lamine durante lo sviluppo embrionale permette alle cellule di silenziare geni che non sono più necessari, relegandoli in periferia.

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Mutazioni delle lamine determinano un gran numero di malattie negli esseri umani, che vanno dalle distrofie

muscolari e i disturbi neurologici all’invecchiamento precoce.

�forse le mutazioni indeboliscono la lamina, rendendola incapace di proteggere il nucleo da forze meccaniche e di conseguenza gran parte del genoma viene danneggiato da un punto di vista fisico. �forse le lamine difettose non sono in grado di organizzare a dovere il genoma e quindi spostano i geni nel posto sbagliato, alterandone il normale funzionamento.

La posizione dei cromosomi svolge un ruolo più decisivo in alcune forme di tumore.

Alcune forme di tumore si formano quando due cromosomi in una stessa cellula si rompono (forse a causa di radiazioni o di tossine) e poi si uniscono tra loro in modo improprio, formando una combinazione anomala chiamata traslocazione. Spesso le cellule maligne contengono traslocazioni cromosomiche. In alcuni casi queste traslocazioni provocano il cancro perché la fusione crea un gene mutante che promuove una proliferazione cellulare eccessiva; in altri casi le traslocazioni cromosomiche sono semplici spettatori.

Page 111: Lezione 1

Esperimenti sul linfoma di Burkitt (traslocazione del gene MYC, che si trova nel cromosoma 8 e il gene IGH, che si trova sul cromosoma

14) suggeriscono un collegamento fra la distanza tra i geni e laprobabilità di traslocazione.

Lo stesso collegamento è stato trovato per numerosi altri tumori.

Inoltre, quando un cromosoma si spezza le estremità danneggiate rimangono vicine al punto di rottura e non si allontanano molto da

dove si trovavano al momento della rottura.

Questo spiega perché:

� i cromosomi ammassati in una stessa regione del nucleo hanno piùprobabilità di fondersi rispetto a cromosomi distanti tra loro; � perché specifiche traslocazioni sono un elemento distintivo di tumori che colpiscono un tessuto ma non un altro.

Page 112: Lezione 1

La conoscenza delle posizioni abituali dei cromosomi nel nucleo potrebbe offrire opportunità per scoprire tumori?

Esperimenti preliminari hanno dimostrato che la posizione dei geni può aiutare a indicare se una cellula è tumorale.

Per esempio alcuni geni hanno una posizione diversa nelle cellule tumorali rispetto a quella osservata nelle cellule di tessuto mammario normale. Questo

geni si sono dimostrati buoni marcatori del cancro al seno.

Forse un giorno le analisi sulla posizione dei geni possono diventare un potente strumento molecolare con cui

diagnosticare il cancro in stadi precoci.

Page 113: Lezione 1

Che cosa determina la posizione di un gene o di un cromosoma nel nucleo?

Come fanno a sapere dove devono andare e come arrivano a destinazione via via che le cellule si differenziano nel

loro stato specializzato?

� Forse una proteina che lega il DNA e che riconosce una specifica sequenza genica si lega a quella sequenza e quindi sposta quella parte di cromosoma fino a una particolare posizione nel nucleo.

� Oppure la posizione all’interno del nucleo è un processo auto-organizzato, simile a quello di studenti che formano tanti piccoli gruppi perché attratti da interessi comuni e non perché sollecitati da genitori o insegnanti.

Page 114: Lezione 1

Quando un gene in una cellula differenziata viene attivato in risposta a un segnale, per esempio un ormone. Prima

dell’arrivo del segnale nella cellula il gene è inattivo, molto probabilmente si trova in una regione di cromatina condensata, forse addirittura in un agglomerato di

eterocromatina che avvolge la periferia nucleare. Quando il segnale arriva nel nucleo, molecole conosciute come “complessi che rimodellano la cromatina” distendono il DNA condensato nel gene e intorno al gene, rendendo più accessibile questa

regione all’apparato di trascrizione. In un nucleo auto-organizzato, grazie a questo processo quella regione di

cromatina può scollegarsi dall’eterocromatina alla periferia e penzolare all’esterno, esplorando nuove regioni del nucleo. Con un pizzico di fortuna, alla fine l’anello che sporge entrerà in

contatto con una transcription factory.

Page 115: Lezione 1

Questo modello porta a una conseguenza affascinante:

suggerisce che sebbene la posizione di un gene nel nucleo non sia casuale, può essere casuale il modo in cui un gene arriva in una

determinata posizione.

Quando i leucociti sono stimolati da citochine, i geni che codificano per proteine del sistema immunitario chiamate “molecole MHC di classe II” si

allontanano parecchio dalla struttura del cromosoma su cui si trovano a volte arrivando anche a metà del nucleo.

I ricercatori dovrebbero riuscire a determinare la posizione di cromosomi nel nucleo di differenti tessuti in momenti e in condizioni

diverse per ottenere una conoscenza su come l’organizzazione nucleare influenza la funzione dei geni e su come le alterazioni di questa

organizzazione contribuiscono alle malattie.

Page 116: Lezione 1

La prima bozza della sequenza del genoma umano ha richiesto circa 10 anni di duro lavoro.

Spinti dal desiderio di capire di più rispetto a quello che le sole sequenze di DNA possono rivelare, i ricercatori hanno iniziato a scoprire e a studiare il modo in cui si

comportano i genomi nel loro ambiente cellulare naturale.

Data la complessità, è probabile che gli scienziati saranno impegnati per molto più tempo rispetto a quanto è stato necessario per il primo

sequenziamento del genoma umano.

Page 117: Lezione 1

Il metodo scientifico

La scienza è un insieme sistematizzato di conoscenza derivata da osservazioni ed

esperimenti.

I ricercatori eseguono esperimenti, fanno osservazioni e cercano di spiegare i risultati,

queste spiegazioni possibili si chiamano ipotesi e la loro validità viene controllata sistematicamente formando e rigettando

spiegazioni alternative.

Page 118: Lezione 1

Il metodo scientifico è la modalità tipica con cui la scienza procede per

raggiungere una conoscenza della realtàoggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile. Esso consiste, da una parte, nella raccolta di evidenza empirica e misurabile attraverso l'osservazione e l'esperimento;

dall'altra, nella formulazione di ipotesi e teorie da sottoporre nuovamente al

vaglio dell'esperimento.

Page 119: Lezione 1
Page 120: Lezione 1

CELLULA UNITA’ STRUTTURALE E FUNZIONALE DI UN SISTEMA BIOLOGICO

TESSUTO AGGREGATO DI CELLULE SIMILI

ORGANO PARTE DIFFERENZIATA DI UNORGANISMO CON UNA FUNZIONE DEFINITA

Page 121: Lezione 1

COLTURA DI TESSUTO

CAMERA GESTAZIONALE

Page 122: Lezione 1

SACCO VITELLINO

CAMERA GESTAZIONALE

Page 123: Lezione 1

PRELIEVO DI UN PICCOLO FRAMMENTO

DI MEMBRANA

Page 124: Lezione 1

FRAMMENTAZIONE DI UN PICCOLO PEZZO DI CAMERA

Page 125: Lezione 1

PRELIEVO DI PARTE DELLA MEMBRANA FRAMMENTATA

Page 126: Lezione 1

POSIZIONAMENTO DEI FRAMMENTI IN UNA

CAPSULA PETRI PICCOLA

DISTRIBUZIONE DEI FRAMMENTI NELLA

CAPSULA PETRI PICCOLA

Page 127: Lezione 1

POSIZIONAMENTO DEL VETRINO ROTONDO

AGGIUNTA DEL TERRENO

ELIMINAZIONE DELLE BOLLE D’ARIA

Page 128: Lezione 1

●Triturazione tessuto

● I frammenti vengono sottoposti all’azione di agenti chelanti (EDTA, ecc.) o enzimi proteolitici (tripsina o collagenasi) che

degradano la matrice del tessuto

Page 129: Lezione 1

FIBROBLASTI CRESCIUTI INTORNO AD UN FRAMMENTO DI TESSUTO

Page 130: Lezione 1

MDA-MB-435 MCF-7 MCF-10

COLTURE CELLULARI

Page 131: Lezione 1

TECNICHE DI COLTURE CELLULARI

Page 132: Lezione 1

Preclinica studia gli effetti di una sostanza su cellule o animali prima di essere testate sull’uomo.

In particolare studia:

� DL50 (Dose Letale 50)� concentrazione minima inibente� concentrazione senza alcuno effetto� prima concentrazione con effetti tossici� prima concentrazione con effetti benefici

Può essere effettuata:su colture di cellule, di tessuti e/o organi (in vitro)su animali da laboratorio (in vivo)

Clinica studia gli effetti di una sostanza sul’uomo dopo gli studi preclinici.

FASI DI SPERIMENTAZIONE

Page 133: Lezione 1

Sperimentazione preclinica

COLTURE IN VITRO� Tecnica che implica l’isolamento e il mantenimento in vitro di cellule isolate da tessuti od organi

� Strumento di indagine che evita i problemi etici e morali legati alla sperimentazione animale

Page 134: Lezione 1

COLTURA CELLULARE

� Insieme di cellule mantenute in vitro, derivanti dalla disgregazione di tessuti o isolate da fluidi biologici come il sangue.

� Le cellule vengono poste a contatto di tutti i fattori e metaboliti necessari alla loro crescita.

Page 135: Lezione 1

DIFFERENZE PRINCIPALI FRA IN VIVO E IN VITRO

� Il sistema passa da architettura 3-D a 2-D� In vitro si perde l’interazione tessuto specifica� Incremento in vitro di frazione cellulare in crescita� Metabolismo più alto in vitro� In vitro si perde la regolazione sistemica (endocrina e nervosa)

Vantaggi� Controllo di ambiente fisico-chimico

� Risposta rapida

� Omogenizzazione e caratterizzazione di cellule/tessuto

Svantaggi� Senza esperienza è difficile

� Molte cellule sono necessarie ed il costo è alto

� Cellule possono cambiare caratteristiche col tempo

Page 136: Lezione 1

VANTAGGI� Sistemi semplificati e altamente riproducibili� Consentono l’analisi di meccanismi cellulari e molecolari� Controllo ambientale� Economicità e rapiditàdi risposta� Disponibilità

SVANTAGGI� Sistemi semplificati rispetto ad un organismo integrato� Condizioni di esposizione alle sostanze diverse da quelle in vivo� Difficoltà di correlare le concentrazioni in vitro con quelle in vivo� Le sostanze somministrate possono interagire con il terreno di coltura

COLTURE CELLULARI

Page 137: Lezione 1

� Studio di processi intracellulari:- sintesi proteica- meccanismi di trasduzione dei segnali� Studio di citotossicità� Studio del meccanismo di azione dei farmaci� Studio dei meccanismi di interazione cellula-cellula� Studio di anomalie genetiche (analisi del cariotipo)� Biologia molecolare (mappature, trasfezioni, analisi dimutanti, proteine ricombinanti, anticorpi monoclonali)

� Studio di processi infettivi virali� Caratterizzazione di tumori� In campo industriale:studio di effetti farmacologici e tossici di farmaci

APPLICAZIONI DELLE COLTURE CELLULARI

Page 138: Lezione 1
Page 139: Lezione 1

� Colture a breve/lungo termine:ridotto/elevato (infinito) numero di cicli cellulari

� Colture in monostrato/in sospensione:- le cellule che crescono in monostrato risentono della inibizione da

contatto-le cellule che crescono in sospensione non necessitano di alcunastruttura di adesione

�Co-colture:nello stesso recipiente cellule di tipo diverso (ricostruzione di un semplice sistema tissutale)

CLASSIFICAZIONE COLTURE CELLULARI

Page 140: Lezione 1

Colture cellulari� ADERENTI: le cellule aderenti solitamente crescono fino ad occupare l'intera superficie disponibile (coltura confluente). A confluenza le cellule devono essere staccate e trasferite in nuove fiasche (divisione).

� IN SOSPENSIONE: in generale crescono in sospensione le linee di origine emopoietica. La crescita in sospensione può avvenire in condizioni statiche o in agitazione (per produrre grandi quantità di cellule).

Page 141: Lezione 1

Sistemi di CrescitaADESIONE: cellule di origine nervosa, epiteliale o mesenchimale (che in vivo fanno parte di tessuti solidi)

SOSPENSIONE: cellule di origine ematopoietica (che normalmente vivono in un mezzo fluido)

Fenomeno che richiede l’interazione di recettori di membrana con proteine adesive, adsorbite sulla superficie della

piastra di coltura

Page 142: Lezione 1

� Molecole di adesione cellula-cellula (CAM, indipendenti da Ca2+)� Caderine (dipendenti da Ca2+)� Integrine, recettori per molecole della matrice (fibronectina, laminina, collageno)� Proteoglicani interagiscono con la matrice

Page 143: Lezione 1

Le colture si distinguono a seconda che le cellule siano in sospensione o aderenti.

Le cellule di origine emopoietica, che normalmente crescono in mezzo fluido, crescono in sospensione e si moltiplicano in vitro senza aderire.

Le cellule che, invece, fanno parte di tessuti solidi crescono in vitro aderendo alla superficie delle piastre da coltura.

Cellule confluenti in monostrato (100 x magnification) L929 mouse fibroblast cells

Page 144: Lezione 1

I tipi di cellule rientrano in due categorie generalmente indicate come:

COLTURE CELLULARI PRIMARIE

COLTURE CELLULARI SECONDARIE

Page 145: Lezione 1

Tipi di coltura di cellule in vitro

coltura primaria coltura secondaria

Page 146: Lezione 1

Tipi di colture cellulari� Colture primarie: cellule ottenute direttamente dalla dissociazione di tessuti Vantaggio

- Cellule molto simile al tessuto di origine

Svantaggio

- Cellule molto simile al tessuto di origine

- Piccole quantità sono disponibili

- Sterilità è difficile

� Colture secondarie: linee cellulari stabili immortalizzate spontaneamente o con virus- Possono essere cresciute per molte generazioni e in grande quantità

- Le cellule sono molto simili da esperimento a esperimento

Page 147: Lezione 1

Le colture preparate direttamente da un tessuto si dicono colture primarie; le cellule isolate da un qualsiasi tessuto animale sono in grado di compiere un numero finito di divisioni cellulari in vitro, dopodiché vanno incontro a degenerazione e morte. Tale fenomeno avviene indipendentemente dalla presenza di metaboliti appropriati per la crescita e si indica come senescenza. In genere, il numero di “cicli” che una cellula è in grado di effettuare in vitro dipende dall’età dell’animale.

Colture cellulari

Le linee cellulari continue derivano da singole cellule in cui mutazioni spontanee o indotte hanno annullato il programma genetico della senescenza. Si dicono perciò immortali: proliferano in modo continuo in presenza degli opportuni metaboliti. Molte linee cellulari continue sono state ottenute a partire da tessuti tumorali.

Le cellule trasformate, invece, presentano caratteristiche simili alle cellule cancerose: sono immortali, proliferano in vitro fino a raggiungere una densitàmaggiore delle cellule normali e, spesso, crescono senza aderire ad alcuna superficie.

Page 148: Lezione 1
Page 149: Lezione 1

Le cellule discendono direttamente dal tessuto di origine.Una volta consumato il terreno di coltura bisogna provvedere ad

una subcoltura in un nuovo recipiente con terreno fresco

COLTURE PRIMARIE

Si ottengonobiopsia

digestione enzimatica dei tessuti

VANTAGGIVANTAGGI

• mantengono le caratteristiche delle cellule in vivo

SVANTAGGISVANTAGGI

• numero finito di divisioni (cicli) senescenza• popolazione eterogenea• isolamenti ripetuti per progetti a lunga scadenza

Page 150: Lezione 1

Prelievo del repertoIl prelievo deve essere effettuato in

condizioni di sterilità ed il reperto posto inapposito recipiente contenente una

soluzione salina bilanciata o terreno dicoltura addizionati con antibiotici

(gentamicina, penicillina o streptomicina).

N.B.: Il prelievo e la dissezione del tessutodevono essere effettuati a 4 °C

Page 151: Lezione 1

COLTURE PRIMARIEL‘isolamento delle cellule da tessuto si può ottenere mediante varie metodiche, ad es.:

A)

� fluorescence activated cell sorter (FACS)

B)

� omogeneizzazione meccanica del tessuto

� incubazione in terreno di coltura fino a che si notano gli aloni di crescita

� tripsinizzazione e piastratura

C)

� omogeneizzazione meccanica del tessuto

� tripsinizzazione

� dissociazione e piastratura

Page 152: Lezione 1

Sospensione cellulare mista

Approcci per separare i diversi tipi cellulari:

● proprietà fisiche

● capacità di adesione

● proprietà di legame con anticorpi specifici

● uso di terreni o condizioni di coltura selettivi

Page 153: Lezione 1
Page 154: Lezione 1

ALLESTIMENTO DI UNA COLTURA CELLULARE PRIMARIA

Da frammenti di tessuto in coltura- Tecnica dell’espianto

Da una sospensione cellulare ottenuta per disgregazione enzimatica o meccanica del tessuto

Page 155: Lezione 1

ISOLAMENTO DEL TESSUTO

� Rimozione del tessuto in maniera asettica� Trasferimento immediato in BSS o terreno� Dissezione dell’area di interesse

TECNICA DELL’ESPIANTO

� Il tessuto di partenza è sminuzzato finemente e seminato in piastre con un mezzo di coltura contenente un’alta concentrazione di siero.� Le cellule, entro pochi giorni, migrano alla periferia dell’espianto, adereriscono al substrato e iniziano a proliferare.

Page 156: Lezione 1

Principali fasi dell’allestimento di colture con la tecnica dell’espianto

Page 157: Lezione 1

Esempi di espianto primario

Carcinoma a cellule squamose di topo

Cellule di tubulo renale

Page 158: Lezione 1

SOSPENSIONE CELLULAREDISGREGAZIONE MECCANICA

� Il tessuto di partenza è sminuzzato finemente con bisturi o forbici in un mezzo di coltura� successivamente è passato attraverso setacci con maglie progressivamente più strette o aghi di calibro decrescente o semplicemente attraverso pipette� infine la sospensione ottenuta è filtrata con filtri di nylon di porosità 40-50 µm in modo da eliminare gli aggregati di maggiori dimensioni.

Page 159: Lezione 1

DISGREGAZIONE ENZIMATICA

Il tessuto di partenza è trattato mediante una soluzione contenente enzimi digestivi che agiscono a livello delle

giunzioni cellula-cellula e cellula-matrice extracellulare.

Gli enzimi più usati sono:tripsina (idrolasi, che catalizza il taglio proteolitico con specificità per l'arginina e la

lisina)

collagenasi (taglia i legami peptidici presenti nel collagene, componente della matrice extracellulare)

pepsina (idrolasi con specificità per i residui: isoleucina, leucina, valina, metionina, fenilalanina, triptofano)

ialuronidasi (idrolasi che degrada l'acido ialuronico, idrolizzandone i legami 1→4 tra residui di N-acetil-β-D-glucosamina e di D-glucuronato)

neuraminidasi (idrolasi, che scinde il legame glicosidico tra un acido sialico (o N-acetilneuraminico) e uno zucchero nelle glicoproteine che costituiscono il muco)

dispasi (amino-endopeptidasi che idrolizza legami peptidici dal lato N-terminale di aminoacidi non polari. Agisce tagliando legami a livello della membrana basale)

Sono anche usate combinazioni di enzimi.

Page 160: Lezione 1
Page 161: Lezione 1

VANTAGGI

Controllo dell’ambiente di coltura (pH, temperatura, pressione osmotica, ossigeno, CO2)

Controllo delle condizioni fisiologicheOmogeneità “relativa” delle celluleEconomicità e rapidità di rispostaRiduzione dell’impiego di animali

SVANTAGGI

Organizzazione ed esperienzaQuantità e costiInstabilitàIdentificazione del tipo cellulare

Page 162: Lezione 1

DIFFERENZE “in vivo”-”in vitro”

Architettura bidimensionale in vitro rispetto ad una tridimensionale nel tessuto in vivo

Mancanza delle interazioni intercellulari tipiche del tessuto

Acquisizione di motilitàModificazione della proliferazione (aumento

della frazione di crescita)Selezione delle celluleMancanza di regolazione endocrina e nervosaModificazione del metabolismo cellulareModificazione del processo di differenziazione

Page 163: Lezione 1

Ciclo vitale di cellule primarie

Page 164: Lezione 1

Ciclo vitale delle colture primarie

Page 165: Lezione 1

COLTURE CELLULARI PRIMARIE

da cellule normali

• Vita finita• Inibizione da contatto• Dipendenza dall’ancoraggio• Dipendenza dal siero

da cellule tumorali

• Immortali• Nessuna inibizione da contatto• Indipendenza dall’ancoraggio• Minore dipendenza dal siero

Page 166: Lezione 1

Coltura primaria

a breve termine a lungo termine

< 10 duplicazioni 50-60 duplicazioni

Page 167: Lezione 1

● Isolamento di ceppi clonali: il programma genetico della senescenza è stato annullato attraverso mutazioni spontanee o indotte

● Derivazione: da colture primarie di tumori o da manipolazioni genetiche di colture primarie non tumorali Le cellule trasformate presentano caratteristiche simili alle cellule cancerose

Vantaggi: cellule (clonali) più facili da coltivare, risposte riproducibili con risultati meno variabili delle colture primarie

Svantaggi: non riproducono esattamente l’ambiente fisiologico cellulare

Linea cellulare continua

Page 168: Lezione 1

Coltura secondaria

Linea cellulare continua

>150-200 duplicazioni

Page 169: Lezione 1

Linea cellulare continua

• Capacità di crescere indipendentemente

dall’organismo da cui è derivata

• Crescita ininterrotta per oltre un anno

• Immortale

Page 170: Lezione 1

La proliferazione rende possibile la propagazione tramite l’allestimento di sottocolture.

LINEA CELLULARE

coltura che si propaga dopo il primo trasferimento o passaggio

Caratteristiche:aumento del numero totale di celluleprevalgono solo le cellule con capacità simili di

crescitaelevato grado di uniformità

Page 171: Lezione 1

LINEA FINITA

� Si propaga per un numero limitato di generazioni e infine diventa senescente e muore.� Il numero di generazioni è determinato geneticamente.

LINEA CONTINUA

� Cellule con capacità illimitata di sopravvivenza: implica trasformazione.� La trasformazione può essere spontanea o indotta da agenti virali, chimici, fisici.

Page 172: Lezione 1

Il termine trasformazione di cellule in coltura indica una modificazione fenotipica permanente spontanea o indotta che deriva da una modificazione nel DNA e nella espressione genica.La trasformazione è caratterizzata da:immortalizzazione, acquisizione di una durata di vita

illimitata;controllo aberrante della crescita, perdita dell’inibizione

da contatto, della limitazione della proliferazione da parte della densità, della dipendenza dall’ancoraggio;malignità, dimostrata dalla crescita di tumori in vivo.

Page 173: Lezione 1

Quando si effettua una subcoltura si parla di linee cellulari, che possono essere divise in:

Linee cellulari a vita finita:� numero limitato di cicli in coltura,� crescita in monostrato,� inibizione da contatto,� forte dipendenza dai fattori di crescita del sieroLinee cellulari continue:� hanno origine da mutazioni a partire dalle colture primarie o dallelinee cellulari a vita finita� si possono ottenere direttamente da tumori� hanno minore inibizione da contatto� hanno minore dipendenza da fattori di crescita del sieroLinee cellulari clonali:� linee derivanti da una singola cellula (popolazioni altamente omogenee)

LINEE CELLULARI

Page 174: Lezione 1

Le cellule discendono da colture primarie trasformate o indotte mediante agenti

chimici, fisici o biologici

COLTURE SECONDARIE

Vantaggi

� Fedeltà del cariotipo� Presentano più cicli cellulari rispetto alle colture primarie

Svantaggi

� Possono differenziarsi in altri tipi cellulari

Page 175: Lezione 1

1) Coltura primaria: ) Coltura primaria: tempo di crescita lento2) Linea cellulare primaria: Linea cellulare primaria: maggiore velocità di crescita3) Linea cellulare secondaria: Linea cellulare secondaria: tempi di crescita progressivamente più lunghi (sino alla morte)

fenomeno di trasformazionefenomeno di trasformazione

linea cellulare stabilizzatalinea cellulare stabilizzata(si replica indefinitamente)

EVOLUZIONE DI UNA LINEA CELLULARE PRIMARIA IN SECONDARIA

Page 176: Lezione 1

Il processo della trasformazione rende immortale una linea cellulare, che altrimenti muore dopo un certo numero di passaggi in coltura.

La trasformazione può essere provocata da:La trasformazione può essere provocata da:- trattamento con cancerogeni- esposizione a virusLe cellule trasformate (Le cellule trasformate (““cellule immortalizzatecellule immortalizzate””))� perdono la capacità di regolare la crescita: crescono continuamente e quindi hanno durata di vita infinita� perdono alcune caratteristiche che hanno in vivo (mancata espressione di certi geni)� richiedono meno siero per la crescita� hanno tempo di raddoppiamento più breve

TRASFORMAZIONE

Page 177: Lezione 1

Linee cellulari trasformate sono disponibili commercialmente presso banche cellulari

• European Collection of Animal Cell Culture (ECACC)

• American Type Culture – Collection (ATCC)

Page 178: Lezione 1

LE PRIME LINEE CELLULARI CONTINUE

1952, John Hopkins University

HELAda tumore alla cervice uterina

1963, University of Ibadan

RAJIlinea neoplastica di linfociti B

Page 179: Lezione 1

Henrietta Lacks donna dalle cellule immortali

Le cellule (più di 50 milioni di tonnellate) di Henrietta Lacks sono state usate per centinaia di migliaia di esperimenti, come quelli per testare il vaccino della poliomielite prima che venisse usato sulle persone, o quelli

nello spazio per vedere come le cellule umane reagivano alla gravità zero, fino alla mappatura dei primi geni. Sono state usate anche per sviluppare

alcuni dei principali farmaci antitumorali come il tamoxifen. Il range di ricerche per cui sono state usate è semplicemente incredibile.

Page 180: Lezione 1

Morfologia colturale

Cellule aderenti

Cellule in sospensione

Cellule semi-aderenti

Page 181: Lezione 1

Epithelial

Linee cellulari continue aderenti

Fibroblast

Endothelial

Neuronal

Page 182: Lezione 1

Linee cellulari aderenti epiteliali

HeLa

Page 183: Lezione 1

Linee cellulari aderenti epiteliali

P-19

Page 184: Lezione 1

CPAE a bassa densità

Linee cellulari aderenti endoteliali

Page 185: Lezione 1

Linee cellulari aderenti fibroblastoidi

COS-1

Page 186: Lezione 1

Linee cellulari aderenti neuronali

NEURO 2-A

Page 187: Lezione 1

Linee cellulari continue semi-aderenti

U-266

Page 188: Lezione 1

Linee cellulari continue semi-aderenti

CCRF-CEM

Page 189: Lezione 1

Linee cellulari continue in sospensione

• a singole cellule

• a piccoli clumps

• a grandi clumps

Page 190: Lezione 1

A singole cellule

BV-173

Page 191: Lezione 1

K-562

A singole cellule

Page 192: Lezione 1

NB-4

A singole cellule

Page 193: Lezione 1

A piccoli clumps

Page 194: Lezione 1

Kasumi-1

A piccoli clumps

Page 195: Lezione 1

A grandi clumps: il caso delle PC-12

Page 196: Lezione 1

A grandi clumps

PC-12

Page 197: Lezione 1

PC-12

A grandi clumps

Page 198: Lezione 1

Le colture cellulari richiedono:

� Ambiente sterile� Elementi nutritivi di base (glucosio, aminoacidi, sali minerali)� Fattori di adesione, presenti nel siero� Fattori di crescita, presenti nel siero� Stabilità di pH e temperatura

COLTURE CELLULARI:COME SI LAVORA?