L’EVOLUZIONE DEL VAMPIRO NELLA LETTERATURA · 2009-07-14 · Europa, il vampiro tipico era sempre...

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L’EVOLUZIONE DEL VAMPIRO NELLA LETTERATURA Rassegna stampa ragionata a cura di Mara Bevilacqua | Oblique Studio | luglio 2009 rs_vampiri_bevilacqua.qxp 14/07/2009 19.30 Pagina 1

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L’EVOLUZIONE DEL VAMPIRONELLA LETTERATURA

R a s s e g n a s t a m p a r a g i o n a t a a c u r a d i M a r a B e v i l a c q u a | O b l i q u e S t u d i o | l u g l i o 2 0 0 9

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L’evoluzione del vampiro nella letteraturaRassegna stampa ragionata a cura di Mara Bevilacqua

Progetto grafico e impaginazione a cura di Oblique Studio

© Oblique, luglio 2009www.oblique.it

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I vampiri sono realmente immortali.Perlomeno in letteratura e al cinema. Daquasi tre secoli ci mostrano i loro canini

affilati dagli scaffali delle librerie o sui grandie piccoli schermi. «Certo è possibile» sugge-risce Franco Pezzini «che il successo dellamaschera conosca flessioni, forse persinoimminenti: a livello cinematografico,per esempio, le fasi di crescita eapogeo del tema – gli anniTrenta-Quaranta e poi Ses-santa-Settanta – sono stateseguite da periodi di silen-zio […]. Non stupirebbedunque se l’età gothicainiziata coi Novanta egiunta ormai a muovereinteri settori del mercato– quello, per esempio,vampiresco-adolescenzia-le alla Stephenie Meyer –dovesse presto vedere unafase di crisi e ripensamenti.[…] L’evoluzione stessadella figura ha conosciutomutazioni significative negliultimi decenni: se per chi scrive ilvampiro maschio resta quello terribile,fascinoso e ferino di Christopher Lee (delresto il Dracula più stokeriano della storiadel cinema), le generazioni recenti lo associa-no piuttosto, inevitabilmente, alle creature diAnne Rice, belle, carine e molto occupate nelcancellare un’alienità che in fondo rappre-sentava un punto di forza. La sua forma clas-sica si delinea tra Sei e Settecento, “vampiriz-zando” anche figure folkloriche minori – peresempio il dispettoso brucolaco egeo – eoccupando la nicchia di altre più antiche –per esempio le empuse, lamie e strigi classi-che; ma dopo il successo mediatico settecen-

IL MITO

tesco è con la letteratura che l’arcaico upiravvia la sua irresistibile ascesa per poi dilaga-re nel cinema»1.

Infatti, come riporta Gabriella Bosco, «unbel giorno del Settecento, il secolo dei Lumi,giunse per i vampiri l’imbrigliamento nellapagina scritta. Don Augustin Calmet, abate

di Senones, constatando la loro presen-za sempre più massiccia nell’imma-

ginario popolare, decise che eraarrivato il momento di scrive-

re, a eterna memoria, unTrattato sulle apparizionidegli spiriti, fantasmi cor-porei, angeli, demoni evampiri di Slesia eMoravia. Era il 1749, daallora i vampiri esistonoanche in letteratura e persempre vi esisteranno»2.

La prima opera di narrativache vede protagonista la

figura del vampiro è TheVampyre. «Pubblicato nel 1819

sul New Monthly Magazine»spiega Domenico Marino «è il rac-

conto che può essere considerato allabase della letteratura moderna e contempora-nea sui vampiri, l’atto di nascita dell’ormaiclassica figura del Principe delle Tenebre.[…] Nelle storie e nelle cronache di mezzaEuropa, il vampiro tipico era sempre statotutt’altro. Nella quasi totalità dei casi si trat-tava del cadavere di un contadino, un pasto-re o magari un artigiano che, animato da unascintilla di bestiale malvagità, abbandonava iltumulo e si aggirava goffamente per il suo vil-laggio, dissanguando capi di bestiame o i suoifamiliari, per poi rientrare nella propriatomba, gonfio e intorpidito dall’abbondante

Vlad Dracula, detto Tepes

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pasto, ad attendere placidamente di essereimpalato e bruciato sulla pubblica piazza dauna folla inferocita. […] L’origine dell’operaè interessante quasi quanto il racconto stesso.Nel giugno del 1816 un gruppo di intellettua-li riuniti a Villa Diodati, sul lago di Ginevra,decise di ingannare le noiose giornate diun’estate piovosa leggendo una raccolta distorie di fantasmi tedeschi, Phantasma-goriana. Tra i presenti vi erano anche i poetiinglesi George Byron e Percy B. Shelley, oltrealla giovane amante di quest’ultimo, MaryWollstonecraft Godwin (meglio nota inseguito come Mary Shelley), e il medico per-sonale di Byron, John William Polidori. Lacompagnia fu profondamente colpita dallalettura di quelle storie […] tanto che Byronlanciò una sfida ai presenti: ciascuno di loroavrebbe dovuto scrivere un racconto dell’or-rore. La proposta suscitò un immediato entu-siasmo che si esaurì però in fretta: Byron stes-so non andò oltre la stesura di un frammentodi racconto, e solo due degli altri partecipan-ti alla sfida crearono effettivamente una sto-ria del terrore. Una di questi fu Mary Shelleyche pubblicò due anni dopo il suoFrankenstein. L’altro fu Polidori, che […]decise [di riprendere] il frammento compo-sto dal poeta […]. Scrisse una storia di vam-piri e per scherno modellò il mostro sul suoillustre paziente, assegnandogli anche ilnome di Ruthven, lo stesso che CarolineLamb, amante delusa di Byron, aveva usatoalcuni anni prima nel romanzo Glenarvoncome pseudonimo del poeta. The Vampyrefu pubblicato inizialmente proprio a firma diByron: forse fu un’ulteriore beffa, o forse unamanovra dell’editore per assicurarsi maggio-re visibilità. Qualunque fosse il motivo, ilsuccesso fu enorme e immediato: il raccontofu tradotto in tutta Europa, ne furono pro-dotti adattamenti teatrali, se ne scrisseroseguiti. […] Il racconto proponeva ancheuna novità assoluta: lord Ruthven, il vampi-ro, è quanto di più lontano possa esserci dainon-morti delle leggende. È un uomo cheappartiene all’alta società, affascinante e

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intelligente, capace di attirare l’attenzionedelle donne senza apparentemente curarse-ne. Ed è animato da una malvagità che ha deldiabolico […]. Una figura titanica, solitaria etenebrosa, che spicca ancora di più accantoall’evanescente Aubrey, il supposto eroedella storia, e che sembra costruita apposita-mente per essere in sintonia con la nuovasensibilità romantica»3.

Nel 1897 viene invece pubblicato Dracula diBram Stoker, caposaldo della letteraturavampiresca e no, matrice di innumerevoliepigoni. Secondo Biagio Catalano la «fortu-na [del romanzo] non risiede in intrinsechequalità artistiche dell’opera in questione:molto probabilmente (ma non ne abbiamo leprove certe) Bram fece parte di qualche con-clave misterica (forse l’Astrum Argentum,affiliata all’Ordo Templi Orientis), e ciòpotrebbe in parte giustificare la presenzanella sua opera omnia di quei temi che nehanno fatto la fortuna. Si trattava di archeti-pi, di elementi culturali ben presentiti a livel-lo di inconscio di massa, ma che affondava-no al di là di quelli apparenti […]. Malgradola critica lo abbia sempre ritenuto semplice-mente un romanzo gotico, l’intreccio di

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Dracula implica la presenza di concetti con-taminanti a vasto raggio […]. Per Stoker ilvampirismo è un pretesto discorsivo folklo-ristico su cui sostratizzare elementi […]insospettabili, elusivi, striscianti, misterici,che eludono e si appropriano di quelli fol-kloristici standard, e delle derivate critichesull’ambiente vittoriano, modificandoli, pla-giandoli, piegandoli a piacimento alle suenecessità narrative. […] Il nome Dracula èstato fatto inerire al personaggio storico delprincipe Vlad Dracula (1430-1476), detto“Tepes” per la simpatica abitudine di puni-re i nemici impalandoli o squartandoli; l’ico-nografia deriverebbe, più propriamente, dal-l’ordine del Drago […] ma risultacomunque, per uno scherzo del caso, con-nesso in origine alla glossa drakul, che signi-fica “il diavolo” o “piccolo drago”, e, perestensione, “figlio del drago” o “di Satana”,[…] pertanto il mito balcanico di Draculavenne codificato da Stoker sulla figura diTepes, che fu un cristianissimo eroe naziona-le rumeno ricordato a tutt’oggi addiritturanel corso di funzioni religiose solenni. […]Vlad fu identificato in un vampiro solo daStoker, e la sua storia riadattata cripticamen-te a tematiche che lo scrittore dovette cono-scere alla perfezione. […] La valenza è quel-la di un’entità a carattere luni-solare, maanche legata a concezioni basate sul tema delDrago e del suo avversario.

La Romania medievale fu un crogiolo divarie nazionalità (veneziani, olandesi, sassoni,turchi etc.); come conseguenza, fu anche unmelting pot di folklore, credenze e costumi.[…] In questa mitologia, l’asse del mondo,ossia la croce, era il frassino […], legato al diosupremo Odin, […] su quest’albero, alle cuiradici stava arrotolato il drago del caosMidgardrsomr, il dio si inchiodava e si ferivain omaggio a sé stesso, con una lancia, di fras-sino anch’essa. […] Con l’instaurazione deirapporti commerciali e culturali fra area brè-tone, baltica, Transcaucasia, Scandinavia eIrlanda (nella quale sussisteva l’usanza di con-ficcare un palo nel petto dei cadaveri al fine di

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immobilizzarne il fantasma […]), questenozioni iniziarono a filtrare a vasto raggio[…]. Il concetto base di Dracula affonda per-tanto nel mistericismo a carattere dionisiacocristianizzato, sulla falsariga del tema dellalotta contro il mostro del caos e della rivalitàdel “terzo incomodo”, unificato a temi disacrificio»4.

Per Emilio De’ Rossignoli, citato da DaniloArona, «la prima causa storica [della leggen-da di Dracula] va ricercata nella divisione trale due chiese cristiane, la cattolica e l’orto-dossa, con le loro opposte concezioni sullasopravvivenza dei corpi. La cattolica attribui-sce ai corpi dei santi una conservazione cheesclude la decomposizione. L’integrità delcorpo dopo la morte diventa quindi un pre-mio. Secondo gli ortodossi invece sono icorpi degli empi che non decadono, rima-nendo integri per l’espiazione. Essi sono con-siderati tanto orribili che la terra rifiuta loroil giusto castigo»5.

Se questo è il sostrato misterico di Dracula,le motivazioni del successo e della forza dellafigura del vampiro afferiscono soprattutto adaspetti psicologici e sociologici.

Come spiega Franco Pezzini nell’intervistaad Alfredo Ronci «il vampiro, soprattuttoquello rivisto e corretto dalla fiction, è figuradell’ambiguità – a cavallo tra vita e morte,umanità e ferinità, inafferrabilità spettrale econcretezza corporea, ripugnanza e fascina-zione. Un signore dell’indicidibile fermo alcrocevia della possibilità: come un perenneadolescente in agguato all’incrocio tra tutte ledeterminazioni di natura e cultura. In più èun irriducibile trasformista, un attore e undominatore dei media […]. Il passaggio stes-so dall’impresentabile babau del folkloreall’x-man belloccio di Twilight la dice lunga:anzi il suo metamorfismo gli permette diassurgere oggi a supermetafora del fantastico,un passe-partout per spendere i temi dellamorte, del sesso e dell’irresolubilità esisten-ziale nell’ambito dei più vari generi narrativi.

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[…] Col suo statuto sfuggente il vampiro èinsomma immagine di un’ambiguità che hamolto a che vedere con la nostra condizione(post)moderna di fedi oscurate, categorie incrisi, mancate scelte e possibilità non chiuse.Per questo, d’altra parte, piace tanto agli ado-lescenti, con cui condivide una condizione diindefinitezza che pare proiettata verso ognifuturo possibile, la sensazione d’immortalità edi potere illimitato, la scoperta del sesso maanche delle nostre zone più oscure e segrete[…]. C’è poi la dimensione seduttiva: sortodalle nebbie di un oscuro immaginario sullasessualità dei morti, il vampiro diventa divo-ratore sessuale. E per noi, che viviamonell’Età della Seduzione (erotica ma anchemediatica, politica, finanziaria…) una similefigura risulta terribilmente intrigante. […]

[Inoltre] la forma soggettiva, rispettiva-mente memoriale ed epistolare, delle duegrandi narrazioni anglosassoni ottocente-sche sui vampiri, Carmilla e Dracula, sem-bra ricordarci qualcosa di impegnativo: checioè l’icona del seduttore vampiresco haanzitutto le sue radici in noi, nei nostri sognispesso di piccolo cabotaggio, nella nostradisponibilità a farci assoggettare […]. Nonè un caso che i vampiri trionfino neimomenti di crisi, quando il mondo intorno,quello delle nostre appartenenze familiari emagari ideologiche […], sembra costituitoda vecchi impotenti. Che nella furia didistruggere il vampiro finiscono con l’asso-migliargli […]. Noi conosciamo Draculasolo attraverso le memorie dei suoi nemici,che oltretutto sono sempre in dubbio sullapropria lucidità mentale. [Mentre] i vampi-ri suoi nipoti brilleranno per presenziali-smo, seminando persino interviste, Dracularesta distante, ombra irriconosciuta dei suoistessi avversari e lettori. E qualcosa delgenere vale anche per Carmilla […]. Certo,ci sono infiniti altri vampiri, ma il fatto chei capisaldi del filone offrano questo quadrosfuggente sembra già molto significativo.Diciamo che Dracula e Carmilla sono perso-ne, soprattutto nel senso latino di maschere:

e maschere anzitutto nostre e delle nostrecrisi individuali e sociali».

La figura di Dracula non manca però dilati deboli. Infatti Pezzini riconosce che èafflitto da una «patologia esistenziale di que-sto passato-che-non-passa, [da una] malinco-nica senescenza/impotenza venata a tratti didelirio […]. La dimensione di senescenza[…] è presente già nel modello di Stoker.Dracula vi appare come un vecchio, e concaratteristiche piuttosto ripugnanti: la sua èuna sopravvivenza da sanguisuga, una derivadella vita bloccata un passo prima delladecomposizione. Persino quando “ringiova-nisce” dopo essersi nutrito, il suo aspetto haqualcosa di gonfio e laido. […] Come il dia-volo della teologia, Dracula è anzitutto vitti-ma del male cui si è abbandonato (probabil-mente con l’adesione alla Scolomanzia, lascuola degli stregoni, anche se il tema nonviene sviluppato); e, divenuto non-morto, ilsuo comportamento è forzato da una sorta diincoercibile patologia dell’anima. In sostanzanon è libero: un limite generale che si sovrap-pone a tutti i limiti particolari rispetto allacroce, l’aglio, eccetera. Mettiamo poi daparte le improbabili storie d’amore assegna-tegli dal cinema […]: per il Dracula delromanzo l’amore è qualcosa che, se mai c’èstato, appartiene al passato. E questo limitetocca la stessa dimensione sessuale. In quan-to (non-)morto, il vampiro è sterile […].L’impotenza di un personaggio che per con-sumare deve mordere, quasi ingrippato nellafase orale, è stata ovviamente oggetto di studipsicanalitici. Ma Stoker fa un discorso piùampio su vecchiaia e senescenza, fecondità esterilità: pensiamo a quando, all’improvviso,nel romanzo spariscono quasi contempora-neamente tutte le figure di genitori dei prota-gonisti. È la crisi di una generazione che sitrova improvvisamente orfana, e l’alternativadiventa quella tra due possibili padri d’ado-zione, due vecchi contrapposti: il tirannico eincestuoso Dracula e il buono e saggio VanHelsing, modello di Uomo Nuovo». Pezziniprosegue sottolineando che «il fatto di essere

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però il mordere, il succhiare sono evidentiatti sessuali. Finito il freudismo, abbiamovampiri con dentini da latte, giusti per questagenerazione di ragazzi senza una forte identi-tà di genere: giovani maschi ben vestiti, petti-nati, che provano un richiamo sessuale moltodebole. E che hanno una sublimazione moltopiù eterea, come nell’Edward di Twilight»7.

Nella mitologia vampiresca hanno un ruolo diprimo piano anche le vampire. Se «il mito delvampiro» scrive Valerio Evangelisti «[…] hauna chiara matrice cristologica sottoposta adistorsione […] il discorso cambia radical-mente per ciò che riguarda il mito dei vampi-ri femminili. Intanto le loro origini sono piùantiche. Non solo il racconto Carmilla diSheridan LeFanu […] è precedente al roman-zo di Bram Stoker [è del 1872, NdR], maattinge a tradizioni più remote e molto meglioidentificabili. Per trovare dei succhiasanguedavvero simili a Dracula […] non possiamospingerci più indietro del XV secolo. Invecedi donne che si alimentano del “sugo dellavita” […] ne troviamo a bizzeffe. A partiredall’archetipo ebraico Lilith, curiosa creaturache ha ogni prerogativa della donna ma cheodia la maternità, tanto che rapisce neonati eli dissangua, pronta a ghermirli accanto alletto della partoriente. Sta di fatto che la vam-pira, e Carmilla in particolare, a differenza diDracula si radica nel paganesimo. La vampiraè dunque la figura più “sovversiva”, in forzadei miti che la alimentano, della letteraturahorror e del cinema che ne è derivato. Mortaeppure quanto mai viva, portatrice di unasensualità che – esplicita o sottintesa che sia –è comunque dirompente, svincolata da reli-gioni e subordinazioni»8.

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creatura intermedia tra la vita e la morte – maanche tra umano e ferino, concreto e spettra-le, seduttivo e ripugnante – rende il vampiroindefinitamente adattabile […]. Diventasempre più carino, sempre più avvicinabile:Twilight non è insomma che la tappa ultima(per ora) di un’evoluzione vorticosa, da con-sumato fantasista. Ma se non vediamo il vam-piro nello specchio è anzitutto perché non loriconosciamo nel riflesso della nostra imma-gine individuale e sociale: la questione cen-trale, insomma, non riguarda tanto i nuoviconnotati del personaggio – bello, buono epoliticamente corretto, visto che appartienepure a una minoranza – quanto l’ambiguadinamica di rifrazione tra lui e noi. Il sogno ola pretesa di sfuggire alle coordinate dellarealtà, di restare al crocevia delle possibilitàsenza la costrizione a determinarci; il ricono-scimento dei nostri vampirismi personali ecomunitari, delle necrosi inconfessate che ciportiamo addosso; il rapporto con il tempo;il rapporto con l’Altro…»6.

Più psicanalitiche le affermazioni dello psi-chiatra Vittorino Andreoli, autore dell’intro-duzione al Dracula dell’edizione Bur GrandiRomanzi, riportate da Ranieri Palese: «Dopola fine del freudismo, anche il vampiro è cam-biato. Quel libro-capostipite nasceva in con-temporanea con la psicoanalisi: uscì infattinel 1897, tra gli Studi sull’isteria di Freud-Breuer, 1895, e l’Interpretazione dei sogni,1899. Dracula rappresenta il bisogno sessua-le, il dominio attraverso il sesso. In fondo,freudianamente, Dracula è mosso dal deside-rio di conquista della madre. In lui la materiaerotica è predominante, anche se è una ses-sualità “spostata”: il vampiro non scopa,

«IL VAMPIRO, SOPRATTUTTO QUELLO RIVISTO E CORRETTO DALLAFICTION, È FIGURA DELL’AMBIGUITÀ – A CAVALLO TRA VITA EMORTE, UMANITÀ E FERINITÀ, INAFFERRABILITÀ SPETTRALE

E CONCRETEZZA CORPOREA, RIPUGNANZA E FASCINAZIONE»

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R iguardo all’orientamento della narrati-va vampiresca degli ultimi anni nell’ar-ticolo di Palese si legge che «Leslie S.

Klinger, il curatore del nuovo Dracula anno-tato [The New Annotated Dracula, Norton,2009, NdR], indica chiaramente le due ten-denze maggiori: i vampiri con un’anima e ivampiri adolescenti. Alla prima appartieneLestat, creato da Anne Rice […] così come ilconte di Saint Germain dei libri di ChelseaQuinn Yarbro […], Joe Pitt, vampiro detec-tive a Manhattan (l’autore è Charlie Huston)e la nobile Geneviève Dieudonné dei roman-zi di Jack Yeovil […]. I teenager non-morti siincontrano nella serie tv Buffy, con la biondacacciatrice di vampiri e il suo fidanzato (vam-piro) Angel, nelle vicende di Twilight (Fazi)e in True Blood, con la coppia Sookie e Bill,barista lei, vampiro lui. La discendenza vam-piresca, comunque, non è destinata a estin-guersi perché, scrive L.S. Klinger, “temicome la morte e l’immortalità continuerannosempre ad affascinare”. […] Che cosa piacein questa nuova covata di adolescenti non-morti? Perché Twilight ha un successo cosìdilagante? “Il vampiro contemporaneo rap-presenta l’outsider sensibile, solitario, chevive in disparte dalla società cosiddetta nor-male”, ha scritto sul Times Leslie S. Klinger.È l’ultima incarnazione di una figura cara allacultura giovanile, il bad boy o la bad girl: ilbastardo bello e tormentato, che affascinaeppure fa paura. Insomma, l’Edward diTwilight come un nuovo James Dean. Sì,però – è sempre Klinger che lo scrive – que-sta nuova Vampire Lit “non dà i brividi,quelli che il vecchio Dracula continua ancoraoggi a regalare”»9.

Delle stesso avviso Eleonora Porcello:«Pian piano, sono diventati sempre menomostri e sempre più esseri fatati. La sedutti-

vità irresistibile del vampiro ottocentesco si ètrasformata in romanticismo»10.

Secondo la classifica dei 150 best seller dellasettimana stilata da USA Today le prime 4posizioni sono attualmente [giugno 2009,NdR] occupate dai libri di Stephenie Meyer,ma ancora di più colpisce vedere da quantosono al top: New Moon (del 2006) da 141settimane, Twilight (del 2005) da 131 setti-mane, Eclipse (del 2007) da 94 e BreakingDawn (uscito nell’agosto 2008) da 43.

I romanzi sono stati tradotti in 20 lingue e34 paesi. Le copie vendute superano i 50milioni, «come Harry Potter. O come la gran-de letteratura popolare di sempre, dei Salgari,dei Sue, e perché no, dei Balzac»11, e intornoalle vicende della saga i suoi fan hanno creatoun mondo attivissimo: «Si cerchi Twilight suDeviantArt.com, che è il sito dove gli appas-sionati di tutto il mondo postano disegni ama-toriali sui loro personaggi preferiti: oltre tre-centomila risultati. Su Fanfiction.net, il piùimportante sito in lingua inglese dove vengo-no raccontate le storie alternative dei lettori,Twilight vanta il maggior numero di fan fic-tion (quarantamila) dopo Harry Potter, a parimerito con Il Signore degli anelli. In parolepovere, la saga di Meyer ha un numeroimpressionante di fan che commentano, dise-gnano, scrivono»12, riporta LoredanaLipperini.

«Ma perché tanti giovani sono attratti daEdward?, si chiede la Porcello. “Ogni adole-scente, soprattutto maschio, è un vampiro”,risponde la psicologa Anna Oliverio Ferraris,“nel senso che, uscendo dall’infanzia, scoprein sé stesso pulsioni sessuali e aggressivemolto forti, che non è sicuro di poter domi-nare. È l’eroe di Twilight. Così tormentatoma anche così potente, affascina i ragazzi,

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L’ESPLOSIONE DEL NEOGOTICO

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che aspirano al suo autocontrollo. Le ragaz-ze, spesso spaventate dall’aggressività deiloro compagni, vedono in lui l’innamoratodolce e protettivo dei loro sogni”»13.

I romanzi della Meyer hanno scatenatol’idolatria di masse di ragazzine attratte dallastoria d’amore tra Edward, il vampiro, eBella, la goffa mortale. «“Beh”, racconta lascrittrice alla Lipperini, “io penso che tutti,ragazze e ragazzi, uomini e donne, sogninol’amore. L’amore romantico non è la solacosa buona nel mondo, ma è una delle piùgrandi ed eccitanti. Per questo motivo hatanta parte in letteratura, musica e film. E perquesto i miei libri hanno tutti un elementoromantico”. A rendere diversa la saga diTwilight da un romanzo rosa c’è l’elementosovrannaturale, sia pure addolcito. E i vampi-ri hanno il loro peso sul successo dei libri, dalmomento che da sempre esercitano il propriofascino letale sulle lettrici». Dall’intervista,inoltre, risulta che non ha avuto un modellodi riferimento: «Non c’è un vampiro che pre-

ferisco in letteratura, perché non sono maistata appassionata di horror e non leggo librisui vampiri: grazie a questo, sono stata liberada nozioni preconcette quando ho comincia-to a costruire la mitologia di Twilight. Pensodi essere stata influenzata, semmai, dalle sto-rie di supereroi. Per questo non mi sono pre-occupata di lavorare sugli stereotipi del non-morto: Twilight è una storia fantastica e ipersonaggi sono come io li ho fatti. I Cullensono vampiri, ma hanno scelto di controllarela loro indole nella maggior parte del tempo:ecco, mi piaceva l’idea di raccontare creatureche vogliono essere qualcosa di meglio di unmostro». Ma perché proprio i vampiri?, lechiede la giornalista: «Non li ho scelti io.Sono stati loro a scegliere me. Ho sognato unvampiro, e ho cominciato a scriverne: ma nonso perché»14.

Il revival del gotico però non si esaurisce inStephenie Meyer. Le riviste letterarie e nonsolo, cartacee e online, quotidiani e periodici

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Una scena tratta dal film di Tomas Alfredson Lasciami entrare (2008)

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abbondano di recensioni su romanzi convampiri protagonisti: da Marked di P.C. eKristin Cast edito da Editrice Nord, all’anto-logia La sete a cura di Alberto Corradi eMassimo Perissinotto per l’editore Coniglio,I ribelli delle terre orride di Riccardo Re(Progetto cultura) o Graziano Diana che hapubblicato Demonio con Einaudi, e ancoraRichard Brautigan de Il mostro degliHawkline (Isbn) e addirittura Un luogoincerto, l’ultimo romanzo di Fred Vargas. Stadiventando un caso anche Charlaine Harrisdi cui Fazi ha appena ripubblicato Finchénon cala il buio, primo capitolo della sagaSouthern Vampire, che è diventato il telefilmTrue Blood in onda sulla rete Fox.

Quelli di maggior successo al momento sonole opere di Lisa Jane Smith, John AjvideLindqvist e Jacques Chessex.

Il romanzo di John Ajvide Lindqvist,Lasciami entrare, è uscito nel 2006 per i tipidi Marsilio. Claudia Arduino ne parla così:«Perturbante, crudele, tesa, Lasciami entra-re è una superba opera prima per la quale sipotrebbe andare avanti per pagine e pagine afuria di aggettivi entusiastici. Ne basta solouno: imperdibile. Un romanzo da annovera-re senz’altro tra gli acquisti obbligati dell’an-no. In attesa di un film che, speriamo arden-temente, non sciupi l’incanto di una letturaperfetta»15.

Satisfiction riporta questa affermazionedell’autore: «Scrivo horror perché comescrittore ho imparato che bisogna scrivere diciò che si sa, e forse anche di ciò che si ama.Io so molto poco dei poliziotti, e li amo anco-ra meno; non ho la pazienza di studiare laStoria; e così via. Quello che conosco, e chein una certa misura amo, sono le cose inagguato negli angoli bui. Del mondo. Dellamente. Mi sono dato all’horror perché conce-de la massima libertà. Puoi metterci dentrodi tutto. Poliziotti, se vuoi. Storia, amore orane geneticamente modificate. Qualsiasicosa, purché abbia risvolti sinistri. E purchéalla fine arrivino i mostri. Inoltre, l’horror è

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un modo meraviglioso di esplorare la menteumana e affrontare gli interrogativi esisten-ziali. Questa è la specifica bellezza del gene-re: è uno strumento per dissezionare la menteumana, per tratteggiare la psicologia dellesituazioni estreme». Poi continua: «La miainnovazione – e questo vale per tutto ciò chescrivo – consiste nell’esplorare il tema per ciòche realmente è. Per esempio, in Lasciamientrare mi sono chiesto: se i vampiri esistes-sero veramente, come sarebbe la loro vita?Non credo che avrebbe molto a che fare conl’immagine romantica e affascinante che gliviene attribuita di solito. No. Avremmo unapersona o una creatura costretta a ucciderealtra gente e berne il sangue per sopravvive-re. Più probabilmente sarebbe una vita assaidura, triste e disgustosa da vivere»16.

Anche Pincio registra questo fatto e scriveche è «un romanzo di potente suggestione[…] trattando il tema come fosse un fattoreale […]. Così Lindqvist ha accantonato ilclassico armamentario di croci, bare e palet-ti. Il titolo […] allude ad un dettaglio menonoto del folklore in materia: se un vampirovuole entrare in una casa, deve essere invita-to. […] Il romanzo vira spesso al thriller […]ma il motivo conduttore resta la miserevole,solitaria, dolorosa esistenza di persone con-dannate alla perversione»17.

«Il merito di Lidqvist» sottolinea Lore-dana Lipperini «però, non è soltanto quellodi aver portato agli onori delle classifichel’horror svedese (“l’horror non è poco comu-ne nel mio paese”, ha dichiarato lo scrittorealla rivista HorrorMagazine, “non esiste pro-prio. Anche se io ho avuto tanto successo coimiei libri, continua a non esserci nessun altroromanziere dell’orrore in Svezia”). Soprat-tutto, Lindqvist ha restituito dignità, valoresimbolico e potenza mitica alla figura stessadel vampiro»18.

Newton Compton è invece l’editore delDiario del vampiro di Lisa Jane Smith, di cuisono usciti 4 volumi, tradotti in circa trentalingue e che in Italia hanno venduto oltre 130

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mila copie. «Lisa Jane Smith», scrive DiMauro, «una ventina di romanzi all’attivo,brilla nel firmamento del new gothic grazie aquella doverosa mancanza di reverenza neiconfronti di una tradizione ricca di titoli maavara, per necessità, di ampi spazi di mano-vra che consentano agli autori strappi, rottu-re, innovazioni. La Smith, dunque, non pati-sce alcuna “angoscia dell’influenza”. […][Riguardo al] Diario del vampiro, che haavuto un enorme successo internazionale (inInghilterra mezzo milione di copie), si verifi-chi il grado di efficacia della narrazione che,tra pagine di diario e avvenimenti in presadiretta, non si inceppa mai»19.

Una delle ultimissime uscite della vampireliterature è Il vampiro di Ropraz di JacquesChessex, edito da Fazi. La storia è una rico-struzione romanzata di un terribile fatto dicronaca, l’esumazione e l’oltraggio più abiet-to del cadavere di una giovane donna, real-

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mente accaduto nella Svizzera francese.«Eventi, come scrive Gallo, che innescanouna caccia al vampiro, resuscitando credenzepassate ma non completamente dimenticate,retaggi di saperi appartenenti a un mondospirituale molto superstizioso e ricco di figu-re spaventose. Con una scrittura precisa emisurata […] Chessex imbastisce un verothriller che amplifica la suspense attraversol’ambiguo teorema della storia vera»20.

Daria Galateria, che firma anche la prefa-zione al libro, parla di «un racconto truculen-to e inverecondo che è anche un’incantatasociologia sulla morte nei paesi poveri»21.

«Con una scrittura incandescente e sinco-pata Chessex racconta l’isteria collettiva, ilclima di sospetto e il bisogno spasmodico diun capro espiatorio […]. La notte di Ropraz[sic] è un pugno nello stomaco che parla diun passato terribile per mettere in guardiadalle follie del presente»22, scrive FabioGambaro.

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Nel marzo del 2005 nasce a Roma la casaeditrice Gargoyle Books. Ha una mis-sion ben precisa: colmare un vuoto del-

l’editoria italiana, vale a dire pubblicareesclusivamente horror (con una spiccata pre-dilezione per i vampiri). L’editore Paolo DeCrescenzo dichiara infatti che «mentre inmolti altri paesi l’editoria specializzata digenere è consolidata da decenni e la tradizio-ne horror occupa in tale ambito un posto diprimo piano, in Italia non solo tutto quelloche è classificabile come “genere” viene guar-dato con sufficienza dalla c.d. cultura, mal’horror riveste addirittura il ruolo di “paren-te povero”, dopo fantascienza e fantasy. Cosìanche editori che avevano approcciato tra iprimi questo genere se ne sono via via distac-cati, privilegiando altre scelte. Tutto questomentre gli altri media (cinema, televisione,fumetti, videogiochi) basano molti tra i lorosuccessi principali proprio sull’horror»23.

Federico Ercole gli ha chiesto perché inItalia il genere horror appare ghettizzato,sostenuto solo da pochi appassionati e DeCrescenzo risponde così: «Gli appassionatinon sono così pochi ma sono stati costretti auna specie di clandestinità. Poi in Italia c’è lapresenza del Vaticano, che è molto condizio-nante. Il Vaticano ha sempre fatto la guerraall’horror, come se voglia l’appalto su tuttociò che è sovrannaturale». Invece, aggiunge,«il buon horror, letterario o cinematografico,può trattare qualsiasi argomento. Ed è unostrumento più gratificante degli altri per rac-contare una storia, perché credo che risvegliin tutti quella che è un’emozione primaria,quel brivido piacevole di paura che avevamoda bambini»24.

In definitiva il 2005 è stato un anno impor-tante per la letteratura vampiresca, tra la

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VAMPIRI ITALIANIGARGOYLE BOOKS E LE ALTRE VOCI DEL GOTICO NOSTRANO

pubblicazione di Twilight negli Stati Uniti ela fondazione di questa casa editrice in Italia,a conferma della forza di quella che Pezzinichiama età neogotica: «Ne Le vampire indi-viduavamo nell’epoca attuale e a partire daglianni Novanta un’età gothica – o neogotica –come fase ben identificabile [non solo] nellaproduzione vampiresca su grande schermo,ma in riferimento a un quadro più ampio: ladiffusione di internet, lo strutturarsi di unacultura giovanile che recupera miti e formedel gotico come chiavi importanti per comu-nicare… e avvicina l’horror su schermo conmodalità un po’ diverse dal passato. […]Con l’età neogotica, il pubblico – almeno uncerto pubblico – ha preso a varcare lo spaziosimbolico: Dracula e Carmilla appaiono figu-re positive, appartengono all’orizzonte mora-le dello spettatore che può identificarvisi,rifrangere in loro le proprie perplessità edemozioni, stare dalla loro parte e magarivestire come loro. E internet permette diaccedere anche materialmente a una vitaoltre lo schermo, accessibile a indefinite pla-tee di spettatori»25.

In questi anni il lavoro di De Crescenzo hamostrato la fertilità anche economica dell’hor-ror – al di là del fenomeno Meyer – e notaDanilo Arona che «con Gargoyle Books altimone del mutamento di rotta, più di unamajor si è data una mossa e diverse proposte,nuove e variegate, affollano parecchi listini,persino con autori italiani. Mondadori,Einaudi, Piemme, Sonzogno, Bompiani,Marsilio, Nord, Fazi, Baldini&Castoldi,Sylvestre Bonnard, Newton&Compton (maanche Dino Audino, Perdisa, Il FoglioLetterario, Ferrara Edizioni più tutto un vita-lissimo sottobosco underground)», questo per-ché «Gargoyle Books […] ha dimostrato cheesiste un pubblico. Un pubblico che compra,

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che investe e che ama – crescendo esponen-zialmente – farsi “serializzare”»26.

De Crescenzo vede nella ricerca della qua-lità il punto di forza della sua casa editrice:«Il principale limite del nostro genere prefe-rito è costituto dal fatto che a una produzio-ne vastissima fa riscontro molto spesso unaqualità di tipo B o peggio. Alla base dellenostre scelte c’è invece una ricerca svolta conpassione, leggendo e visionando decine dititoli prima di sceglierne uno. Ma, pur nonvergognandoci affatto di operare nell’ambitodi un genere, abbiamo l’orgoglio di poteraffermare che i titoli che pubblicheremovivono una loro dignità letteraria assoluta».Inoltre aggiunge: «Noi leggiamo personal-mente tutto quello che i traduttori ci sotto-pongono e spendiamo una “cifra” – almenoper i nostri budget – in revisioni e adattamen-ti. Ma alcuni dei bravissimi traduttori chestiamo utilizzando mi raccontano di editoriche pubblicano il testo così come arriva e, inun caso, assemblano una traduzione commis-

sionando diversi capitoli di prova (gratuiti) atraduttori in cerca di lavoro». Sarà quindianche per questo che la casa editrice sta rice-vendo «già molte segnalazioni da parte diautori italiani (ma anche stranieri, e qualchevolta molto famosi) che desiderano proporrele loro opere»27.

Nel catalogo della Gargoyle si possonoindividuare quattro percorsi: la pubblicazio-ne di saghe di successo contemporanee, laripubblicazione integrale di due autori fon-damentali (Robert McCammon e Dan Sim-mons), quella di autori “perduti”, e nuoveproposte che “nuove” lo sono veramente neicontenuti, quasi una enciclopedia essenzialedella paura in letteratura, aperta anche allasaggistica come The Dark Screen di FrancoPezzini e Angelica Tintori.

Qual è l’importanza dell’horror? Perché hacosì successo? Secondo Federico Ercole,«parlare d’orrore richiede parole orrende.Nell’era del terrore in diretta, delle stragi in

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Edvard Much, Il vampiro (1893)

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primetime e di arti amputati al tg dove larealtà della morte viene zoomata, commenta-ta e annebbiata con parole da salotto o dabar dello sport, l’horror, inteso come genere,funziona da macchina da presa “verista” del-l’orrore mondiale di passato e presente Laletteratura, il cinema e i videogiochi horrorpossiedono una lucidità di sguardo naturali-sta nel mostrare rovina, morte e distruzionenella corretta dimensione di tragedia. Attra-verso un lessico dello spavento, dell’angosciae del ribrezzo si avvera il miracolo di unametamorfosi licantropica e la finzione esibi-ta dell’horror diviene realismo sfrenato. LaCreatura, sovrannaturale o derivato scientifi-co che sia, funge da parametro, da metro dimisura per calcolare la prossimità tra l’orro-re fittizio e quello vero. […]

Il brivido e il raccapriccio sono una chia-ve di lettura indispensabile per comprende-re la realtà quotidiana e l’horror è per il XXIsecolo quello che la fantascienza è stata perquello trascorso: il genere più lucido nell’in-terpretare un’epoca»28.

Tra le ultime più importanti uscite dellaGargoyle Books ci sono Il 18° Vampiro diClaudio Vergnani e Ho freddo diGianfranco Manfredi.

Quest’ultimo, si legge su panorama.it, è«un romanzo gotico dall’allure decadente,che riporta il tema del non-morto verso coor-dinate crepuscolari, malate e perturbanti incui storia e speculazione filosofica si aggrovi-gliano attorno al tema dell’oscurità, che siaquella dell’orrore notturno o quella dellaragione, con un ritmo dal sapore avventuro-so». Come spiega Manfredi nell’intervista, illibro nasce «dalla lettura di un opuscolo cheriportava alcuni casi di cronaca nel RhodeIsland, dalla fine del Settecento a quella delsecolo successivo. La storia di alcune ragazzeconsiderate vampire e i cui cadaveri venneroprofanati dai familiari mi è parsa stimolanteper un romanzo che non trattasse dei vampiriromantici in cappa nera, ma delle persone“reali” che vennero davvero straziate post-mortem. Com’è stato possibile che dei padridi famiglia timorati di Dio siano giunti alpunto di violare i cadaveri delle loro figliemorte? Davvero si trattava solamente disuperstizione? Secondo le cronache deltempo il rito avveniva a scopi “curativi”. Dichi e in che senso? Cosa può esserci di curati-vo nell’estrarre un cuore e bruciarlo? Questesono le curiosità che mi hanno mosso»29.

Sergio Pent parla di «istinto e ragione,ricostruzione storica esemplare e attenzioneprivilegiata ai caratteri [che] fanno di questoromanzo un unicum nella nostra recente nar-rativa. […] Nella sua strepitosa precisionedocumentale e nella torpida, magica lentezzadell’impianto narrativo, si colloca in una di-mensione appartata e davvero poco visitatanella nostra letteratura. Poiché di letteraturasi tratta, non di evasione dopolavoristica»30.

Elogiativa anche la recensione di SilviaAlbertazzi: «Liquidare questo lavoro comeprodotto di consumo, romanzo horror desti-nato alla fruizione di massa, è non solo ridut-tivo, ma decisamente sbagliato. Con Ho fred-do, Manfredi fa rivivere un sottogenere

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canonico di grande rilievo e vasta popolaritàtra Sette e Ottocento, il romanzo gotico, rivi-sitandone tutti gli stilemi e aggiornandone lecaratteristiche salienti. In questo modo se, daun lato, la narrazione abbonda di vampiri,fantasmi e zombie, giocando dalla primaall’ultima pagina sul “che cosa vedo mai?”,ovvero sull’esitazione tra percezione soprat-tutto visiva e elementi soprannaturali, dall’al-tro non manca mai di fornire una possibilespiegazione scientifica o filosofica a situazio-ni che sembrano sfuggire all’umana com-prensione e alla logica razionale»31.

Manfredi ha raccontato a Brunella Schisache «l’horror è diventato troppo confortante,un padiglione del luna park alla fine innocuo.E noi siamo abituati a vedere i vampiri comesupereroi maledetti. Io volevo andare all’ori-gine storica del tema e parlare della “pestevampirica” […]»32, e aggiunge in un’altraintervista: «Ho cercato di fare tutto il contra-rio, per una volta, e cioè parlare dei vampiriveri, quelli storici. […] Mi fa più paura ciòche gli umani hanno fatto ai cosiddetti vampi-ri, piuttosto che ciò che i presunti vampiriavrebbero fatto a noi. Nell’horror, per comelo vedo io, i veri mostri sono gli esseri umani,i nostri simili. È da loro (e da noi stessi) chedobbiamo temere il peggio. I genocidi nellastoria, non li hanno fatti gli spettri, i demonio i cosiddetti scherzi di natura, li abbiamocompiuti noi. Forse è anche per questa oscu-ra consapevolezza che nei romanzi contempo-ranei i vampiri ci sembrano più affascinantidegli umani. Le nostre vere angosce non ven-gono affatto da loro, ma dalle persone cosid-dette “normali”. Quello spiritoso scrittore diDouglas Adams, nel suo Guida galattica pergli autostoppisti, ha scritto che ormai gli esse-ri umani si fanno talmente schifo da coltivarenostalgie, invidia e affetto per i dinosauri epersino per i batteri, perché qualsiasi specienaturale gli pare migliore della propria»33.

Per scrivere la sua storia Manfredi è anda-to fino nel New England, luogo che per la cul-tura horror è ben più di un riferimento geo-grafico, essendo la culla di Poe e Lovecraft

nonché dei più contemporanei Simmons eMcCammon, passando per King.

Nella prefazione Loredana Lipperini hascritto che «è solo in apparenza un libro suivampiri. Le riflessioni sulla storia, e sullemenzogne costruite a ridosso del divenire, viabbondano»34. Sarà perché secondo Man-fredi «più che un genere chiuso in sé, il goti-co individua una dinamica ascensionale:dalla carne allo spirito, dal basso all’alto, dal-l’orrore al meraviglioso, dal crudamente rea-listico al visionario. Il gotico si nutre del con-trasto e disegna una spirale, dove certi“luoghi” tornano, ma sempre a un livello piùelevato. Io lo considero come una forma delromanzo filosofico»35; e ancora: «Nel goticoclassico c’è in più una sorta di tensione spi-rituale. Più che la Morale, conta la Ricercadella verità, intesa come tensione verso laverità, perché il mistero (o una buona quotadi mistero) resta e questo è l’insegnamentopiù prezioso»36.

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Anche nell’altro romanzo Gargoyle citatonon siamo di fronte ai soliti vampiri. L’operadi Vergnani, Il 18° Vampiro, ha per protago-nista «un prodotto letterario atipico: il tran-silvano nostrano, – così lo definisce Gian-franco Franchi – […]. L’opera, ambientata aModena, è caratterizzata da chiari artifici rea-listici, da una prepotente presenza di sanguee da episodica sessualità carogna: ne derivaun ibrido tra horror, kitsch e pulp, citazioni-sta [e] amerikano»37.

L’autore parla a Jodel Andreetto di «classi-ca lotta tra poveri. Una lotta tanto più atroce eimpietosa perché sotterranea, priva di regole,dai risultati comunque tragici […]. I vampirinon vestono marsine o mantelli e i loro ucciso-ri non brandiscono crocifissi. La loro è unaprofessione oscura dove c’è spazio solo perl’amarezza, il disgusto, la frustrazione e lapaura. È la lotta di uomini e donne disperatiche fanno ciò che fanno non per convinzione,ma unicamente per necessità e per caso […].Non c’è gloria, non c’è speranza, non c’èscampo. Che poi alcuni dei personaggi sianoanche depressi, demotivati e anche franca-mente limitati rende il tutto più difficile. Maanche più divertente»38.

La scelta di protagonisti così “normali”,racconta nell’intervista a Lipperini, viene«dalla considerazione che – a parte qualcheeccezione – dal Dracula di Stoker in poi, ilvampiro è stato sempre rappresentato con lestesse caratteristiche: uno scopo malvagio daperseguire, un bell’abito da sfoggiare e unafanciulla da sedurre. A questa rappresenta-zione può aggiungersi un quarto elemento –che di solito i vampiri sono obbligati a trasci-narsi dietro, come una sorta di irrinunciabilepeculiarità un po’ imbarazzante, la condannaa essere sempre e di gran lunga più dotati deiloro avversari umani, all’insegna di una supe-riorità a volte quasi ridicola (sono immortali,dotati di forza prodigiosa, possono volare emagari trasformarsi). Malgrado tutto ciò, inqualche modo, i vampiri riescono sempre afarsi sopraffare dal protagonista umano diturno, compiendo errori tali da mettere in

soggezione anche il lettore/spettatore piùbonario e accondiscendente. […] Ho comin-ciato, quindi, a cercare qualcosa sui vampiriche secondo me riuscisse a fare qualchepasso in una direzione diversa […]. Una sto-ria di poveri diavoli che cercano di fare delloro meglio, a volte senza crederci troppo,divisi tra il desiderio infantile di scoprirsi unpochino eroi e la consapevolezza di vivereuna condizione molto precaria. I miei caccia-tori di vampiri non si confrontano solo con laminaccia rappresentata dai non-morti, maanche e soprattutto con la loro condizioneumana»39.

I vampiri italiani non sono però solo una pre-rogativa della Gargoyle. Grande successohanno avuto i romanzi sulla saga di Mirta-Luna di Chiara Palazzolo editi da Piemme eL’eterna notte dei Bosconero di Flavio Santiuscito per Rizzoli.

La trilogia della Palazzolo ha venduto piùdi sessantamila copie40 e il primo episodio staper diventare un film. Secondo la Lipperiniquesta è «una saga horror colta e di linguag-gio raffinato [che], nel giro di tre anni e dialtrettanti libri [Non mi uccidere, Strappamiil cuore e Ti porterò nel sangue, NdR], [ha]conquistato un pubblico appetibile comequello degli adolescenti. […] Sotto le sem-bianze gotiche si dipana il più classico deiromanzi di formazione: e poco importa che acompiere il cammino da ragazza a donna sia,nei fatti, una zombie»41.

Anche qui, come in molti altri libri a temavampiresco, c’è un forte legame con la realtàstorica che giace nel fondo delle leggende suivampiri. In questo caso si tratta della setta deiBenandanti, infatti la trilogia «ha un’ambien-tazione nostrana – racconta la Lipperini – fra iboschi umbri e le gelaterie di Roma [e] italia-nissima è la setta dei Benandanti, che, comeraccontò Carlo Ginzburg, intorno alla fine delCinquecento, difendeva i raccolti dalle animedei morti. Nella saga, i Benandanti viaggianochiusi in automobili nere, sono esperti diinformatica e combattono senza tregua i

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Sopramorti. I quali non sono creature nostal-giche e letali come i vampiri, ma ritornantidivorati dalla fame e dalla rabbia. Fra i duegruppi, una ragazza amante dei libri, trascina-ta nella morte da un compagno adorato ebugiardo, tormentata dalla necessità di impa-rare a nutrirsi (di carne umana). Unico confor-to, le discussioni filosofiche con il fantasma diWittgenstein. […] Mirta/Luna non è l’eroinastilizzata che si aggira abitualmente nei territo-ri fantasy, ma incarna le oscurità e i desideridelle ragazze che devono abituarsi ad unmondo enigmatico».

Il romanzo di Flavio Santi invece, comeriassume Roberto Carnero, «mette in scena ilcapitolo mancante del celebre Viaggio inItalia di Goethe, il capitolo più sofferto eindicibile, quello che ha portato lo scrittoretedesco alla composizione del Faust. A pochigiorni dalla morte, Goethe rievoca una terri-bile esperienza vissuta durante il soggiorno aPalermo nel lontano 1787. In una città mefi-tica e claustrofobica viene a conoscenza diuna catena di misteriosi omicidi e fatti appa-rentemente inspiegabili. Il successivo incon-tro con un singolare barone, FederigoBosconero, che si rivelerà poi essere un vam-piro, lo porterà, in un crescendo di colpi discena, a confrontarsi con la più tremendadelle esperienze: la conoscenza del Demonioe del Male assoluto».

La figura del vampiro viene qui utilizzatada Santi per cercare di rispondere «all’inter-rogativo di Sant’Agostino: da dove viene ilmale. Siamo abituati a pensare al male comea qualcosa di corporeo, preciso, compiuto.Proviamo invece a porre il problema in ter-mini metafisici: esiste il male assoluto? Esisteil demonio? Che forme assume sulla terra?»,si è chiesto l’autore. E prosegue: «L’orrorerappresentato dal vampiro è un ponte getta-to verso qualcosa che non siamo noi. […] Letenebre portano conoscenza, la paura ècognitiva, parla di noi, delle nostre attese, deinostri desideri, con una precisione sconcer-tante. Il vampiro ha poi a che fare col sangue,“il sugo della vita”, come recita un libro di

Camporesi. “La vita vive nel sangue”: non èlo slogan di un vampiro, bensì un verso delFaust di Goethe, e lo troviamo già nell’An-tico Testamento». Inoltre «il vampiro èanche una figura allegorica: le sue declinazio-ni sono molteplici. E questo è un Paese estre-mamente e variamente vampirizzato. I vam-piri sono coloro che barattano la vita conl’immobilismo e il parassitismo: il politicocorrotto, il funzionario compiacente, ilmafioso. Sono coloro che vivono e si impon-gono sulle disgrazie altrui […]. Sono coloroche distruggono, anche fisicamente, la vitaaltrui»42.

Ad una domanda di Danilo Arona sulgotico come genere, Santi risponde così:«L’Epodo 17 di Orazio parla di streghe,Petronio nel Satyricon parla di necrofagia elicantropia, Apuleio di zombie nel raccontodi Telifrone, l’Inferno di Dante è una sara-banda di purissimo splatter, Petrarca in unaepistola latina racconta una possessionedemoniaca (altro che L’Esorcista), il Faustdi Goethe ha per protagonista Mefistofele emette in scena un sabba lunghissimo e trucu-lento, Baudelaire parla spesso e volentieri divampiri, Gogol vi dedica un racconto, ecc.Gli autori e le opere citate sono gotiche? Percarità!, direbbe qualcuno. Eppure vivonodegli stessi elementi del cosiddetto gotico(suspense, sangue, morti viventi, fantasmi,nebbie avvolgenti, fuoco e fiamme, mistero,ecc.). Allora? Allora secondo me i generisemplicemente non esistono: esistono solo,wildianamente, libri scritti bene o male...». Elo stesso vale per la definizione di horrorquando Arona gli fa notare che Rizzoli «edi-toria che conta […] si guarda bene dal pro-nunciare e dallo scrivere da qualche parte lamefitica parola anglosassone: horror». Infattilo scrittore risponde: «È una bellissima paro-la. […] Viene dal latino horreo, ha a che farecol diventare ispidi, irsuti, spinosi. L’orrore èuna componente fondamentale dell’arte: LeBaccanti di Euripide sono “horror” (losquartamento di Penteo è puro splatter),Eschilo è “horror” (quel sublime verso che

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dice: “Il fetore del sangue umano mi sorri-de”), le tragedie di Seneca, Shakespeare contutti quei fantasmi e quegli sgozzamenti, gliesempi sono infiniti...»43.

Il libro ha ricevuto un’entusiastica recensioneda Giuseppe Genna. «Impressionante eappassionante. Complesso come un labirintocatacombale […] eppure capace di mesme-rizzazione del lettore, con colpi di scena chenon sono tali, poiché sono lenti rovesciamen-ti totali, sismatici, della narrazione – una nar-razione incastonata in una narrazione incasto-nata a sua volta in una narrazione: qualcosache da anni stiamo vedendo allargarsi nelpanorama letterario e che con L’eterna nottedei Bosconero raggiunge apici di altissimalevatura, anche grazie a uno stile inarrivabile,[…] perché qui ci troviamo, senza peso perchi legge, all’incrocio più alto degli ultimianni tra prosodia prosastica e poetica.Insomma, Flavio Santi […] con questo suoneogotico, sfonda le barriere del suono finqui ascoltato negli ultimi vent’anni, inverauna poetica che in diversi scrittori italiani staottenendo i risultati migliori: i più potentiperché i più veritativi. […]

L’eterna notte dei Bosconero è una medi-tazione di ineffabile teologia negativa e, al

tempo stesso, antispiritualista e antimateriali-sta, condotta da un autore che, oltre a com-provate capacità poetiche e sapienze critiche,assomma competenze apparentemente distan-ti, in una colossale dote personale da portarealle mistiche nozze narrative col lettore: fisica,neuroscienze, cosmologia, storia, epistemolo-gia, filosofia teoretica, teologia. […]

L’eterna notte dei Bosconero è una trap-pola. Una trappola che funziona a un dupli-ce livello. Uno va a verificare, secondo i det-tami delle poetiche di genere, e si dice: bene,qui viene disseppellito e portato a nuova glo-ria il genere gotico (e Santi non smentisce pernulla, anzi), solo che è un gotico contempo-raneo, deformato – ed ecco che Santi avreb-be spaccato la gabbia del gotico, rivitalizzan-done la poetica. Non è così. Quando sicompiono affermazioni critiche simili […]bisognerebbe domandarsi con cosa l’autoredistorce la gabbia che è storicamente data.[…] È infatti con il lavoro metafisico dell’im-maginario puro che la distorsione viene com-piuta da Santi […]. Il fenomeno del vampiri-smo, tema centrale della saga dei Bosconero,altro non è che una figura dinamica di ordineteologico: una teologia del nulla, svoltasecondo i ritmi preziosi di un BaltasarGraciàn del nostro tempo»44.

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Èabbastanza chiaro, a questo punto,come la figura del vampiro abbia subitouna profonda mutazione, o comunque

delle alterazioni.«La parola vampiro, nei tempi recenti»,

riflette Loredana Lipperini, «si associa infat-ti a una fisionomia ben precisa: ha i capellicolor bronzo, lo sguardo ardente e le buonemaniere di Edward Cullen, principe piùadatto al castello di Biancaneve che a quellodi Dracula. […] Cullen beve solo sangue ani-male e rispetta gli umani: qualcosa di inedito,e forse di profondamente sbagliato, nella let-teratura fantastica. Come notavano anni fanel saggio Le vampire i due studiosi AriannaConti e Franco Pezzini, i vampiri sono, sem-pre, sintomo di ribellione a-ideologica al con-formismo. Cullen incarna l’esatto contrario.Invece di essere portatore di una non mora-le, ne ripristina una. Invece di spezzare lenorme comunitarie, se ne fa portatore: è inte-grato nella società umana, impone il matri-monio alla sua amata Bella, rimandando ilcontatto sessuale a dopo le nozze, non inten-de farne una sua simile mordendola. E, noncasualmente, il sole, indispensabile agli uma-ni e fatale per i non-morti, non lo uccide, malo fa brillare come un gioiello. Il modelloCullen si estende a non pochi dei numerosis-simi libri sui vampiri usciti in questi ultimitempi. […] Ovunque, ci si imbatte in model-li più o meno estremi di inserimento dei vam-piri nella società degli uomini, con la perditadella loro parte aliena»45.

Coglie quindi nel segno Daniela DelleFoglie quando scrive che «i vampiri voglionoessere considerati membri responsabili dellasocietà»46.

«Dunque», continua la Lipperini, «quelche predomina è un sovrannaturale addome-sticato, che si rende identico al naturale.

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DA PRINCIPE DELLE TENEBRE A PRINCIPE AZZURRO

Mentre la dimensione altra del mondodovrebbe, per parafrasare Stephen King,colare a poco a poco nella nostra, come liqui-do dal fondo di un sacchetto di carta.Contaminandola. Questa, per King, è lapaura. Che è anche la parola chiave delnostro tempo: e forse è proprio l’accresciutotimore verso quel che ci è estraneo a spinge-re gli scrittori ad ammorbidire la figura miti-ca più spaventosa dell’immaginario. I vampi-ri sono morti che tornano. Sono, dunque,incarnazione di una tremenda anomaliasociale. Peggio: la estendono attraverso ilcontagio, rendendoci contemporaneamentevittime e colpevoli».

Secondo Giuseppe Montesano, Dracula èl’untore moderno e Stoker «metteva a nudoil meccanismo psichico del terrore del conta-gio, e innalzava l’epidemia a mito moderno.L’angoscia che afferra il lettore di Stoker èche il nemico sia dovunque, che anche il pro-prio prossimo più caro possa trasformarsi inuntore, che non si possa sfuggire al contagioperché esso non sottostà alla ragione»47.

Conclude la Lipperini: «E di contagioparla [anche] Lindqvist: ne fa, anzi, uno deipunti di forza di Lasciami entrare. Eli dif-fonde il male, anche se suo malgrado. […]C’è una parola serba, ocajinik, che in tempilontani indicava il morto che torna e che orasignifica semplicemente “infelice”. Il porta-tore di contagio fa paura e ha paura, perchéè solo. La solitudine unisce Eli e Oskar. […].La solitudine condanna coloro che si allonta-nano dal contesto sociale, come dimostraGianfranco Manfredi in un altro romanzo sultema, Ho freddo, uscito per Gargoyle, dovel’autore risale alle origini storiche del vampi-rismo dimostrando come la rabbia e la pauradegli umani producano catastrofi peggiori diun paio di canini aguzzi. Negli indifferenti

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Oblique Studio

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anni Ottanta in cui è ambientata la storia di Lindqvist, esseri umani picchiano, sniffano, bevo-no, insidiano bambini. Eppure, è Eli la loro paura. Perché non appartiene all’umanità, non haun sesso, non ha dimora. […] Sarà Oskar a trasgredire ogni possibile norma pur di restarlevicino, allontanandosi per sempre dalla comunità. I docili vampiri di Stephenie Meyer, al con-trario, cercano con ogni mezzo di adeguarsi al mondo umano: facendo propri gli aspetti super-flui del medesimo, come le automobili lussuose e le carte di credito da donare alla fidanzata.Ma l’horror, dice Lindqvist, non deve rassicurare, bensì mostrare “le cose in agguato degliangoli bui. Del mondo. Della mente”».

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1. Cfr. F. Pezzini, «The mask of Saint Just», www.carmillaonline.com, 8 marzo 2008.2. Cfr. G. Bosco, «Da oltre due secoli protagonista della letteratura, grazie a un abate del ’700», La Stampa, 11 dicembre 1995.3. Cfr. D. Marino, «The Vampyre – Alle origini dei vampiri», horrormagazine.it, 23 ottobre 2007.4. Cfr. B. Catalano, «Doctor Stoker, I suppose…», www.carmillaonline.com, 7 maggio 2005.5. Cfr. D. Arona, «Lo schermo oscuro e l’archetipo di Dracula – Intervista a Angelica Tintori eFranco Pezzini», www.carmillaonline.com, 11 gennaio 2009.6. Cfr. A. Ronci, «Intervista a Franco Pezzini», www.ilparadisodegliorchi.com.7. Cfr. R. Palese, «Il boom dei vampiri coi denti da latte», Corriere della Sera, 17 febbraio 2009.8. Cfr. V. Evangelisti, «Arianna Conti, Franco Pezzini: Le Vampire. Dracula cristiano, Carmilla pagana», www.carmillaonline.com, 15 febbraio 2005.9. Cfr. R. Palese, «Il boom dei vampiri coi denti da latte», Corriere della Sera, 17 febbraio 2009.10 Cfr. E. Porcello, «Fenomeno Twilight: noi, adolescenti vampiri», Panorama, 21 dicembre 2008.11 Cfr. B. Ventavoli, «Nostra Signora dei Vampiri Stephenie Meyer, anatomia di un caso editoriale:con Twilight ha conquistato il mondo», La Stampa, 22 dicembre 2008.12 Cfr. L. Lipperini, «Twilight, ecco il vampiro gentiluomo. Intervista a Stephenie Meyer», La Domenica di Repubblica, 19 ottobre 2008.13 Cfr. E. Porcello, «Fenomeno Twilight: noi, adolescenti vampiri», Panorama, 21 dicembre 2008.14 Cfr. L. Lipperini, «Twilight, ecco il vampiro gentiluomo. Intervista a Stephenie Meyer», La Domenica di Repubblica, 19 ottobre 2008.15 Cfr. C. Arduino, «Lasciami entrare», www.lettera.com, 4 marzo 2007.16 Cfr. J.A Lindqvist, Satisfiction, 3, pag. 9.17 Cfr. T. Pincio, «Trame da brivido. Ultimi aggiornamenti sul mito del vampiro», il manifesto, 23 aprile 2009.18 Cfr. L. Lipperini, «Il nuovo Dracula è politically correct», la Repubblica, 13 gennaio 2009.19 Cfr. E. Di Mauro, «Una studentessa liceale alle prese con il vampiro», Corriere della Sera, 15 luglio 2008.20 Cfr. D. Gallo, «Jacques Chessex. Il vampiro di Ropraz», Pulp, 79, maggio-giugno 2009.21 Cfr. D. Galateria, «Vampiri e orchi. Le ossessioni di Chessex», la Repubblica, 14 marzo 200922 Cfr. F. Gambaro, «Una storia vera», D – la Repubblica delle Donne, 14 marzo 2009.23 Intervista concessa a www.splattercontainer.com24 Cfr. F. Ercole, «Mordendo e succhiando. Intervista a Paolo De Crescenzo», Alias del manifesto,15 novembre 2008.25 Cfr. E. Sciallis, «Intervista a Franco Pezzini», elveziosciallis.blogspot.com, maggio 2009.26 Cfr. D. Arona, «Gargoyle Books: l’horror necessario», www.carmillaonline.com, 3 aprile 2008.27 Intervista concessa a www.splattercontainer.com28 Cfr. F. Ercole, «L’orrore fittizio e quello quotidiano», Alias del manifesto, 15 novembre 2008.29 Cfr. J. Andreetto, «Ho freddo. I vampiri di Gianfranco Manfredi tra storia e leggenda»,www.panorama.it, 23 novembre 2008.30 Cfr. S. Pent, «Ho freddo. Tra istinto e ragione i vampiri del ‘700», TuttoLibri della Stampa, 6 dicembre 2008.

NOTE

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31 Cfr. S. Albertazzi, «Il terrore settecentesco rivisitato da Manfredi», il manifesto, 3 dicembre 2008.32 Cfr. B. Schisa, «E se, invece degli esseri umani, le vittime fossero i vampiri?», Il Venerdìdella Repubblica, 17 ottobre 2008.33 Cfr. A. di Matteo, «Intervista a Gianfranco Manfredi», New CityVox, dicembre 2008-gennaio 2009.34 Cfr. D. Arona, «Ho freddo. Intervista a Gianfranco Manfredi», www.carmillaonline.com, 25 ottobre 2008.35 Cfr. J. Andreetto, «Ho freddo. I vampiri di Gianfranco Manfredi tra storia e leggenda»,www.panorama.it, 23 novembre 2008.36 Cfr. D. Arona, «Ho freddo. Intervista a Gianfranco Manfredi», www.carmillaonline.com, 25 ottobre 2008.37 Cfr. G. Franchi, «Vergnani Claudio – Il 18° Vampiro», www.lankelot.eu, aprile 2009.38 Cfr. J. Andreetto, «Il 18° Vampiro: con Gargoyle il gotico è padano», www.panorama.it, 24 aprile 2009.39 Cfr. L. Lipperini, «Vampiri a Modena. Intervista a Claudio Vergnani», www.carmillaonline.it, 12 marzo 2009.40 Cfr. T. Gullo, «Morti, sangue e cannibali: il boom di Chiara Palazzolo», la Repubblica edizionedi Palermo, 29 maggio 2008.41 Cfr. L. Lipperini, «Una zombie che parla di filosofia», la Repubblica, 27 marzo 2007.42 Cfr. R. Carnero, «I vampiri esistono. Ancora oggi», l’Unità, 27 ottobre 2006.43 Cfr. D. Arona, «La décade prodigieuse. Nell’eterna notte di Flavio Santi»,www.carmillaonline.com, 2 ottobre 2006.44 Cfr. G. Genna, «Flavio Santi: L’eterna notte dei Bosconero», www.carmillaonline.com, 15 novembre 2006.45 Cfr. L. Lipperini, «Il nuovo Dracula è politically correct», la Repubblica, 13 gennaio 2009.46 Cfr. D. Delle Foglie, «I vampiri vogliono essere considerati membri responsabili della società», Il Foglio, 10 dicembre 2008.47 Cfr. G. Montesano, «Dracula, ovvero l’untore moderno», la Repubblica, 11 maggio 2009.

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