L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

102
1 CENNI STORICI La Provincia di Trapani, definita lo "zoccolo duro di Cosa Nostra siciliana", costituisce storicamente uno dei maggiori centri nevralgici dell'organizzazione mafiosa nella Sicilia occidentale di cui, anche dal punto di vista geografico, rappresenta l'epicentro confinando a nord-est con la Provincia di Palermo (dove comuni ad altissima densità mafiosa come quelli di S. Giuseppe Iato, Partinico, Camporeale e Terrasini sono vicini, tra gli altri, ai territori di Alcamo e Castellammare del Golfo ugualmente noti per essere capisaldi di "Cosa Nostra" ed in collegamento con l'omonima organizzazione operante negli Stati Uniti d'America); a sud-est con la Provincia di Agrigento (area anch'essa ad alta densità mafiosa caratterizzata da un forte contrasto tra Cosa Nostra e la c.d. Stidda, i cui effetti, nei primi anni 90, hanno condizionato gli equilibri mafiosi della Provincia di Trapani, in particolare del mandamento di Mazara del Vallo); a sud il Canale di Sicilia, che costituisce la porta di ingresso per l'Africa, ha favorito l'attivazione di commerci illeciti di ogni natura (in particolare di stupefacenti e contrabbando di sigarette) grazie alle complicità di appartenenti alla marineria di Trapani, Mazara del Vallo e Marsala. Siffatto giudizio trova oramai puntuale riscontro nelle molteplici emergenze processuali ed investigative acquisite: il territorio della provincia di Trapani ha rappresentato infatti una sorta di "zona franca" idonea a fungere da crocevia per illeciti traffici; da sicuro luogo di rifugio per uomini d'onore latitanti; da sede privilegiata per riservati summit degli organi di vertice di Cosa Nostra; da teatro di efferati delitti tutti riconducibili alle strategie e agli interessi criminali della consorteria mafiosa. La provincia di Trapani presenta, inoltre, caratteristiche morfologiche ed ambientali che da sempre favoriscono i latitanti, come dimostrato dal fatto che uomini d'onore del calibro di Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella e diversi altri vi abbiano in passato trovato rifugio anche per lunghi periodi operando in stretta sinergia con i locali capi mafia. Da Sinistra: Salvatore RIINA, Bernardo PROVENZANO, Giovanni BRUSCA, Leoluca BAGARELLA Antonio Federico Pane Pitittu e Mafia INTRODUZIONE Tratto dal Blog WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Transcript of L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

Page 1: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

CENNI STORICI La Provincia di Trapani, definita lo "zoccolo duro di Cosa Nostra siciliana", costituisce storicamente uno dei maggiori centri nevralgici dell'organizzazione mafiosa nella Sicilia occidentale di cui, anche dal punto di vista geografico, rappresenta l'epicentro confinando a nord-est con la Provincia di Palermo (dove comuni ad altissima densità mafiosa come quelli di S. Giuseppe Iato, Partinico, Camporeale e Terrasini sono vicini, tra gli altri, ai territori di Alcamo e Castellammare del Golfo ugualmente noti per essere capisaldi di "Cosa Nostra" ed in collegamento con l'omonima organizzazione operante negli Stati Uniti d'America); a sud-est con la Provincia di Agrigento (area anch'essa ad alta densità mafiosa caratterizzata da un forte contrasto tra Cosa Nostra e la c.d. Stidda, i cui effetti, nei primi anni 90, hanno condizionato gli equilibri mafiosi della Provincia di Trapani, in particolare del mandamento di Mazara del Vallo); a sud il Canale di Sicilia, che costituisce la porta di ingresso per l'Africa, ha favorito l'attivazione di commerci illeciti di ogni natura (in particolare di stupefacenti e contrabbando di sigarette) grazie alle complicità di appartenenti alla marineria di Trapani, Mazara del Vallo e Marsala. Siffatto giudizio trova oramai puntuale riscontro nelle molteplici emergenze processuali ed investigative acquisite: il territorio della provincia di Trapani ha rappresentato infatti una sorta di "zona franca" idonea a fungere da crocevia per illeciti traffici; da sicuro luogo di rifugio per uomini d'onore latitanti; da sede privilegiata per riservati summit degli organi di vertice di Cosa Nostra; da teatro di efferati delitti tutti riconducibili alle strategie e agli interessi criminali della consorteria mafiosa. La provincia di Trapani presenta, inoltre, caratteristiche morfologiche ed ambientali che da sempre favoriscono i latitanti, come dimostrato dal fatto che uomini d'onore del calibro di Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella e diversi altri vi abbiano in passato trovato rifugio anche per lunghi periodi operando in stretta sinergia con i locali capi mafia.

Da Sinistra: Salvatore RIINA, Bernardo PROVENZANO, Giovanni BRUSCA, Leoluca BAGARELLA

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

INTRODUZIONE Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 2: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

Del resto è noto che gli stessi Riina e Provenzano - titolari di notevoli interessi patrimoniali in diversi comuni della provincia di Trapani ove hanno avuto rilevantissimi collegamenti personali - hanno da sempre attribuito a questo territorio un valore strategico essenziale per l'intera organizzazione tanto da essere stato oggetto di una feroce contesa nel corso della guerra di mafia dei primi anni 80 che vide i c.d. "corleonesi" insediarsi al vertice di Cosa Nostra dopo avere proceduto alla sistematica eliminazione dei nemici storici tra i quali i componenti della famiglia Alcamese dei RIMI e di tutti coloro che, rimasti "vicini" agli esponenti di rilievo della c.d. mafia tradizionale, non si piegarono al nuovo corso. Dato storico di particolare rilievo questo, proprio perché in tale contesto si sono realizzate intese ed alleanze destinate a durare nel tempo e a contrassegnare lo sviluppo della stessa storia criminale di Cosa Nostra trapanese. MESSINA DENARO Francesco di Castelvetrano, AGATE Mariano di Mazara del Vallo, MILAZZO Vincenzo di Alcamo, GUCCIARDI Nicola e VIRGA Vincenzo di Trapani, allora personaggi emergenti della mafia trapanese, schierandosi a fianco di Totò RIINA e favorendo l'ascesa corleonese attraverso l'appoggio logistico e militare, coronarono il progetto di assumere la leadership dei vari mandamenti provinciali, così consolidando il nuovo assetto del potere mafioso che è rimasto sostanzialmente inalterato nel tempo non essendoci mai stato un grosso avvicendamento nella direzione delle locali famiglie di Cosa Nostra.

Così i predetti uomini d'onore, fedeli alleati dei Corleonesi, hanno da sempre dominato - ed in alcuni casi dominano tuttora - la scena mafiosa in quella provincia: se qualcuno è stato arrestato od eliminato la sostituzione è avvenuta il più delle volte attraverso una cooptazione in via dinastica o parentale, senza comunque apparenti traumi e sempre in tempo reale. Una straordinaria continuità storica che costituisce a tutt'oggi uno degli elementi di maggiore forza e potere di Cosa Nostra trapanese. Gli sporadici tentativi di incrinamento del potere dei Corleonesi, che pure vi sono stati nel corso degli anni, sono stati immediatamente soffocati nel sangue: il gruppo dei Greco ad Alcamo ed il clan di Carlo ZICHITELLA, legato agli "stiddari" agrigentini, a Marsala, che hanno osato sfidare il potere locale di "Cosa Nostra", sono stati letteralmente annientati con il diretto intervento dei capi della "cupola".

nella foto Lorenzo GRECO Con la medesima risolutezza si è agito anche nei confronti dei nemici "interni": coloro che hanno osato manifestare, più o meno apertamente disapprovazione o critiche alla linea di totale sudditanza imposta dai corleonesi ai loro alleati trapanesi, sono stati puntualmente eliminati, dopo essere stati opportunamente e preventivamente delegittimati all'interno delle rispettive famiglie. E sostanzialmente a tale causale sono da ricondurre le soppressioni tra la fine gli anni 80 ed i primi anni 90, di importanti uomini d'onore delle famiglie di Partanna, Alcamo, Castellammare del Golfo e Marsala.

L'ARTICOLAZIONE DEI MANDAMENTI E DELLE FAMIGLIE DI COSA NOSTRA NELLA PROVINCIA DI TRAPANI. Soltanto nel 1995, con le dichiarazioni del marsalese Patti Antonio, primo vero "uomo d'onore" della provincia apertosi alla collaborazione con la Giustizia, è stato possibile approntare una prima mappatura- della morfologia del potere mafioso in provincia di Trapani, poi successivamente definita con le fondamentali collaborazioni di SINACORI Vincenzo, reggente del mandamento di Mazara del Vallo, FERRO Giuseppe, rappresentante del mandamento di Alcamo, di altri importanti uomini d'onore quali MILAZZO Francesco, FERRO Vincenzo, GIACALONE Salvatore, CASCIO Antonino, ed infine di BONO Pietro e GERACI Francesco, quest'ultimi soggetti "vicini" all'organizzazione. Grazie alla notevole messe di dati ed

Page 3: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

informazioni ottenute dalle indagini e dai processi è stato possibile ricostruire puntualmente l'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani che si struttura su quattro mandamenti:

Comprende le Famiglie di Trapani, Valderice e Paceco. Il capo del mandamento era prima Totò Minore; successivamente, dopo la sua eliminazione, Cola Gucciardi, quindi dopo la morte di questi, Virga Vincenzo tratto in arresto7 anni di latitanza.

Nella foto Vincenzo Virga

Ricomprende le famiglie di Alcamo, Calatifimi e Castellammare; nel passato comprendeva anche la famiglia

di CAMPOREALE; durante la guerra di mafia dei primi

relative famiglie furono aggregate al mandamento di Mazara; successivamente venne ricomposta la

famiglia di ALCAMO e ricostituito il relativo mandamento con

sua eliminazione avvenuta nel luglio del 1992, da Giuseppe FERRO, apertosi alla collaborazione con la

Giustizia nel 1997. Attualmente, si ritiene che il rappresentante sia MELODIA Antonino, allo stato detenuto,

e che il reggente possa identificarsi nel di lui

Carcere.

Da sinistra: Vincenzo Milazzo, Giuseppe Ferro, Ignazio Melodia, Antonino Melodia

3

informazioni ottenute dalle indagini e dai processi è stato possibile ricostruire puntualmente l'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani che si struttura su quattro

MANDAMENTO DI TRAPANI

Comprende le Famiglie di Trapani, Valderice e Paceco. Il capo del mandamento era prima Totò Minore; successivamente, dopo la sua eliminazione, Cola Gucciardi, quindi dopo la morte di questi, Virga Vincenzo tratto in arresto7 anni di latitanza.

MANDAMENTO DI ALCAMO

Ricomprende le famiglie di Alcamo, Calatifimi e Castellammare; nel passato comprendeva anche la famiglia

di CAMPOREALE; durante la guerra di mafia dei primi ani '80 il mandamento di ALCAMO venne sciolto e le

relative famiglie furono aggregate al mandamento di Mazara; successivamente venne ricomposta la

famiglia di ALCAMO e ricostituito il relativo mandamento con a capo Vincenzo MILAZZO, sostituito, dopo la

eliminazione avvenuta nel luglio del 1992, da Giuseppe FERRO, apertosi alla collaborazione con la

Attualmente, si ritiene che il rappresentante sia MELODIA Antonino, allo stato detenuto,

e che il reggente possa identificarsi nel di lui fratello MELODIA Ignazio, di professione medico, in atto in

Vincenzo Milazzo, Giuseppe Ferro, Ignazio Melodia, Antonino Melodia

informazioni ottenute dalle indagini e dai processi è stato possibile ricostruire puntualmente l'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani che si struttura su quattro

Comprende le Famiglie di Trapani, Valderice e Paceco. Il capo del mandamento era prima Totò Minore; successivamente, dopo la sua eliminazione, Cola Gucciardi, quindi dopo la morte di questi, Virga Vincenzo tratto in arresto nel 2001 dopo circa

Ricomprende le famiglie di Alcamo, Calatifimi e Castellammare; nel passato comprendeva anche la famiglia

ani '80 il mandamento di ALCAMO venne sciolto e le

relative famiglie furono aggregate al mandamento di Mazara; successivamente venne ricomposta la

a capo Vincenzo MILAZZO, sostituito, dopo la

eliminazione avvenuta nel luglio del 1992, da Giuseppe FERRO, apertosi alla collaborazione con la

Attualmente, si ritiene che il rappresentante sia MELODIA Antonino, allo stato detenuto,

fratello MELODIA Ignazio, di professione medico, in atto in

Vincenzo Milazzo, Giuseppe Ferro, Ignazio Melodia, Antonino Melodia

Page 4: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

4

MANDAMENTO DI CASTELVETRANO Ricomprende le famiglie di Castelvetrano, Campobello di Mazara, Santa Ninfa, Gibellina, Partanna, Salaparuta e Poggioreale. Capo indiscusso è il latitante Matteo MESSINA DENARO che ha preso il posto padre Francesco deceduto per cause naturali nel 1998.

Nella foto Matteo MESSINA DENARO

MANDAMENTO DI MAZARA DEL VALLO Ricomprende le famiglie di Mazara del Vallo, Salemi, Vita e Marsala. Il rappresentante da sempre è stato Mariano AGATE, attualmente detenuto, mentre, dopo l'arresto di SINACORI Vincenzo, diventato collaboratore di Giustizia, reggente è il latitante MANCIARACINA Andrea

Da sinistra: Mariano AGATE e Andrea MANCIARACINA

LA COMMISSIONE PROVINCIALE

Nella Provincia di Trapani il rappresentante della Famiglia che fa mandamento diventa automaticamente capo del relativo mandamento, contrariamente a quanto avviene in altre province. Il capo provinciale è stato per quasi un ventennio Messina Denaro Francesco, capo del mandamento di Castelvetrano, che assunse la carica dopo Cola Buccellato, che l'aveva ricoperto per circa 40 anni, a seguito della Guerra di Mafia dei primi anni '80; negli ultimi anni, di fatto, (ed anche formalmente dopo il decesso del padre), tale carica è stata esercitata da Messina Denaro Matteo. La commissione provinciale è composta da tutti i capi del mandamento della Provincia di Trapani; alle riunioni possono partecipare, oltre i capi dei singoli mandamenti, anche i consiglieri o sottocapi delle Famiglie che fanno mandamento.

Page 5: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

5

La commissione provinciale si è riunita con cadenze ordinarie sino ai primi anni '90. Sulla base dei dati riguardanti la capillare diffusione sul territorio e tenuto conto del prevedibile rapporto numerico tra mafiosi già individuati e gli altri non ancora scoperti, si può amaramente ritenere che la "popolazione di Cosa Nostra" in provincia di Trapani comprenda diverse centinaia di persone (tra uomini d'onore, affiliati e fiancheggiatori) che controllano e condizionano buona parte del territorio e dell'economia di questa parte dell'Isola siciliana.

CAMPI DI OPERATIVITÀ DI COSA NOSTRA IN PROVINCIA DI TRAPANI:

- GLI OMICIDI Anche in provincia di Trapani l'organizzazione mafiosa si è "manifestata" con una lunga sequela di omicidi commessi dall'organizzazione mafiosa in pregiudizio di delinquenti comuni (ladri, piccoli spacciatori, rapinatori) per assolvere ad una sorta di compito di "polizia di sicurezza " nonché quelli per regolare i conti al suo interno e per imporre la propria egemonia sul territorio: condizione essenziale, questa, per l'esercizio di quelle regole di imposizione fiscale, di giustizia e di ordine pubblico che, anche in provincia di Trapani, connotano Cosa Nostra come un vero e proprio "antistato". Inoltre, secondo puntuali riferimenti provenienti dai più accreditati collaboratori di giustizia, proprio in questo territorio, sono state programmate strategie criminali che hanno fatto fibrillare pericolosamente la nostra democrazia. Basti pensare che proprio tra Mazara del Vallo e Castelvetrano è stata messa a punto, nei primi anni 90, la strategia di attacco allo Stato democratico che ha avuto il suo tragico epilogo nelle stragi del 93 di Roma, Firenze e Milano alle quali ha preso parte direttamente MESSINA DENARO Matteo. In questa stessa area Cosa Nostra aveva altresì progettato di attentare alla vita del dott. Paolo Borsellino, quando era Procuratore della Repubblica di Marsala. Nel tragico 1992, proprio dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio, la terribile sequenza di sangue era destinata a proseguire a Mazara del Vallo ove il gotha di Cosa Nostra ( Bagarella Leoluca, Graviano Giuseppe, Messina Denaro Matteo ed altri) su disposizione di RIINA si era mobilitato per attentare alla vita del dott. Calogero Germanà, all'epoca dirigente del Commissariato di Mazara del Vallo. Alla fine del 95 veniva inoltre ucciso a Trapani l'agente della polizia Penitenziaria MONTALTO Giuseppe nell'ambito di una più vasta strategia di attacco alle istituzioni posta in essere da Cosa Nostra in risposta ai provvedimenti sul carcere duro adottati per contrastare la criminalità mafiosa. Anche gli anni '80 sono stati contrassegnati da gravissimi fatti: gli omicidi di Ciaccio Montalto e Giacomelli, rispettivamente magistrati della Procura e del Tribunale di Trapani, e l'attentato dinamitardo di Pizzolungo, destinato all'eliminazione del giudice Carlo Palermo, che invece causò la morte della signora Barbara Asta ed i suoi due gemelli, ed il ferimento grave dei Poliziotti di scorta al magistrato.

Page 6: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

6

Nella foto l’attentato di Pizzolungo

Tali crimini sono stati per lungo tempo impuniti poiché tutte, o quasi tutte, le relative indagini sono miseramente naufragate di fronte all'impenetrabile muro di omertà che li avvolgeva concludendosi senza che sia mai stato possibile individuarne i responsabili. A tal proposito va osservato che in un contesto sociale dominato da sempre da una diffusa omertà, è stato difficile, se non addirittura impossibile, per gli organi investigativi trovare collaborazione o sostegno da parte di larghi strati della popolazione che nutre una atavica rassegnazione rispetto ad una organizzazione così potente e diffusa sul territorio. E così anche Cosa Nostra trapanese è riuscita a rimanere impermeabile ad ogni iniziativa investigativa, prima ancora che giudiziaria, alimentando il mito dell'impunità ed accrescendo enormemente il proprio potere. Solo dopo l'emergenza delle stragi del 1992 e del 1993 molte indagini relative agli omicidi commessi nella provincia di Trapani lungo un arco di oltre 20 anni sono state riaperte ed, im diversi casi, sono stati finalmente condannati i responsabili nel corso di molteplici processi che hanno contrassegnato positivamente l'azione investigativa della D.D.A. E ciò, non tanto per un mutamento del comune sentire, quanto per gli effetti positivi della legislazione premiale in materia di collaboratori di giustizia, per l'introduzione del carcere duro e di norme processuali più restrittive ispirate alla logica del c.d. "doppio binario" che avevano messo realmente in crisi l'organizzazione. Un accresciuto impegno antimafia dello Stato che oggi, purtroppo, come già avvenuto altre volte nel passato, sembra oramai un lontano ricordo!

- IL CONTROLLO DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE DA PARTE DI COSA NOSTRA

Anche in provincia di Trapani Cosa Nostra, allo scopo di affermare il proprio penetrante potere di controllo sul territorio, ha costantemente agito sulla vita della collettività con altre subdole e striscianti forme di intervento che hanno pesantemente pregiudicato il corretto e democratico sviluppo economico e sociale di quella realtà.

Page 7: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

7

Attraverso la fitta trama di rapporti e complicità che, nel tempo, è riuscita ad intessere, si è infiltrata nella pubblica amministrazione, nelle stesse istituzioni pubbliche, nei ceti della borghesia e della classe imprenditoriale, incidendo sul momento elettorale e gestendo il controllo dei pubblici appalti. A tal proposito va ricordato che i consigli comunali di Partanna, Mazara del Vallo e Campobello di Mazara, sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose; che diversi esponenti politici locali sono stati processati per concorso esterno nell'associazione mafiosa mentre, nel processo celebratesi a Trapani nei confronti di alcuni iscritti alla "Loggia Scontrino ", si è avuto il primo accertamento giudiziario della alleanza tra Cosa Nostra e la Massoneria deviata. In diversi procedimenti è emerso anche che molti degli uomini d'onore della provincia di Trapani (alcuni dei quali iscritti alla massoneria) sono essi stessi imprenditori, condizione questa che ha avvantaggiato le illecite attività di condizionamento degli appalti; è risultato inoltre che soggetti considerati "insospettabili", inseriti stabilmente nel contesto produttivo di quelle zone, hanno concorso alla gestione di iniziative imprenditoriali promosse direttamente dal sodalizio mafioso. Le recenti acquisizioni investigative indicano univocamente che il "gettito" relativo alle entrate illecite poggia sostanzialmente sul "drenaggio" di matrice estorsiva attuata capillarmente da Cosa Nostra trapanese nei vari settori dell'imprenditoria, dagli appalti pubblici alle imprese commerciali, tanto di rilevanti dimensioni quanto di medio livello, senza peraltro tralasciare i proprietari terrieri; intervento sapientemente graduato in modo da coniugare le pressanti esigenze di reperire nuove entrate finanziarie – a seguito dei successi conseguiti dalle Forze dell'Ordine negli ultimi anni - con la tradizionale vocazione a porsi come organo "extra ordinem" di mediazione e di perequazione degli apporti. Ed in tal senso diverse indagini hanno concretamente messo in luce lo stato di mobilitazione dell'organizzazione per reperire continuamente risorse economiche per sopperire alle necessità connesse allo stato di detenzione ovvero allo stato di latitanza dei propri accoliti con il risultato che, paradossalmente, l'incisività dell'azione di contrasto dello Stato nei confronti di Cosa Nostra ha provocato un'ulteriore estensione del già grave fenomeno estorsivo. Il fenomeno delle estorsioni continua, dunque, a costituire per Cosa Nostra fonte primaria di guadagno, importante strumento di arricchimento e contemporaneamente di controllo del territorio considerato che il c.d. "PIZZO" è imposto a tappeto. La metodologia è semplice e ripetitiva al contempo: o l'impresa si adegua spontaneamente in quanto ha già un referente cui rivolgersi per la "messa a posto", ovvero, non appena vengono iniziati i lavori, arriva un "segnale" dal significato inequivocabile, cui seguirà la richiesta di pagamento. La tariffa in genere è del 3% dell'importo dell'appalto; ma negli ultimi tempi sembra che le pretese ammontino a cifre superiori. Alcune indagini hanno consentito recentemente di individuare, a volte nella flagranza del reato, gli autori materiali di attentati incendiali e di altre attività di intimidazione mentre risulta che i latitanti MESSINA DENARO Matteo e MANCIARACINA Andrea continuano a pianificare dai loro luoghi di rifugio l'attività estorsiva sul territorio. Oltre alle tradizionali richieste di somme di denaro, le indagini hanno fatto emergere altre forme di estorsioni consistenti in sottrazioni di merci, compiacenti fatturazioni per operazioni inesistenti, assunzione di mano d'opera, imposizione di servizi di vigilanza, fino alla compartecipazione societaria cui spesso segue lo spossessamento dell'impresa da parte di Cosa Nostra, sovente utilizzata per il riciclaggio di denaro proveniente dalle illecite attività dell'organizzazione mafiosa.

Page 8: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

8

Altro dato significativo dell'attuale fase storica sono inoltre le nuove metodologie di condizionamento attuate dagli esponenti della consorteria mafiosa anche su quelle aziende poste sotto sequestro penale preventivo o, addirittura, già confiscate. Sul fronte del controllo degli appalti è altresì emerso come Cosa Nostra trapanese, di regola, avalla o addirittura coordina i patti di spartizione intervenuti tra gli imprenditori con i quali vengono pianificate la partecipazione, l'entità delle offerte, i subappalti, etc. All'aggiudicatario vengono quindi imposti il pagamento di una "tangente" e, con essa, anche i nominativi delle ditte a cui dovrà inderogabilmente rivolgersi per il rifornimento delle materie prime o per l'esecuzione di alcuni servizi, gli eventuali ulteriori oneri in caso di subappalto, l'assunzione di personale etc... Una prassi, questa, che falsando macroscopicamente le regole su cui poggia il meccanismo della libera concorrenza, comprime l'autonomia negoziale degli imprenditori, favorendo la formazione di illeciti gruppi e premiando i soggetti più spregiudicati e quelli economicamente più forti. In tale perverso contesto i titolari delle imprese (pochissimi) che non intendono venire a patti sono gravemente danneggiati: sanno di non avere serie possibilità di successo in caso di partecipazione alle aste pubbliche e spesso sono costretti ad assistere impotenti a forme di boicottaggio più o meno esplicite (danneggiamenti, ostracismo dei fornitori, etc.) che determinano, stante l'illecita concorrenza operata dall'impresa mafiosa (o paramafiosa), la spinta delle loro imprese ai margini del mercato, sino allo stato di decozione. Coloro che invece sottostanno a tale sistema - che probabilmente ritengono congeniale alla realizzazione di profitti- recepiscono il pagamento della "tangente" come un atto dovuto considerandola alla stessa stregua di un normale "costo "di produzione; ne consegue che, per compensare le perdite derivanti dalle cospicue tangenti versate "in nero", si fa sistematico ricorso alla violazione delle norme dei capitolati - in relazione alla qualità dei materiali e delle stesse opere da realizzare- di quelle in materia fiscale, contabile, previdenziale; di quelle che riguardano l'assunzione e la tutela dei lavoratori, attuando altresì, per come è emerso da più di un indagine, vere e proprie forme di estorsioni in danno dei lavoratori che, sotto minacciaci licenziamento, si vedono costretti a ricevere meno di quanto contrattualmente previsto. E così il costo della "tangente" diventa un costo sociale "scaricato" sull'intera collettività! A fronte di un fenomeno così imponente e dirompente, è amaro dovere comunque sottolineare come nessuna seria e concreta iniziativa di contrasto sia stata adottata dagli imprenditori del trapanese o dalle loro associazioni; anzi, non può sottacersi, come spesso siano stati negati alle A.G. o alle forze di polizia, impegnate fattivamente nell'azione di repressione, i doverosi contributi di conoscenza da parte di chi viene continuamente vessato dall'organizzazione mafiosa pure dinanzi a dati probatori certi costituiti non soltanto dalle ammissioni di chi si è aperto alla collaborazione con la Giustizia ma anche dagli esiti, evidentissimi, di rilevanti servizi di intercettazioni di comunicazioni! E il più delle volte, non è soltanto la paura di ritorsioni o la scarsa fiducia nelle forze di polizia o nella stessa magistratura, a sconsigliare agli imprenditori di intraprendere la faticosa e dispendiosa via della denuncia, quanto, piuttosto l'accettazione se non addirittura la condivisione di quel modello economico-sociale imposto da Cosa Nostra! E' emerso infatti che chi è costretto a pagare non sempre vive l'estorsione come una vessazione in quanto, secondo una mentalità distorta, ritiene di potere ricevere anche dei benefici: il negoziante che paga sa di essere al riparo da furti, rapine e danneggiamenti e può anche richiedere l'intervento del mafioso per impedire che un concorrente apra un'attività nelle vicinanze; mentre l'imprenditore estorto ritiene che gli convenga molto di più "l'efficiente" sistema di Cosa Nostra che, pianificando le assegnazioni delle varie gare d'appalto, assicura comunque lavoro, piuttosto che quello disciplinato dalla legge che prevede l'aggiudicazione della gara a chi fa l'offerta migliore.

Page 9: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

9

- L'AZIONE DI PROSELITISMO ED IL SUPPORTO LOGISTICO ASSICURATO AI LATITANTI

Nell'attuale fase caratterizzata dalla contestuale latitanza dei suoi -vertici "istituzionali" - del Capo provincia MESSINA DENARO Matteo che è anche capo del mandamento di Castelvetrano e di MANCIARACINA Andrea, reggente del mandamento di Mazara del Vallo e di PANDOLFO Vincenzo e BONAFEDE Natale, rispettivamente ai vertici delle famiglie di Partanna e Marsala (inseriti nell'elenco dei 500 ricercati più pericolosi)-l'organizzazione mafiosa della provincia di Trapani è spiccatamente impegnata nel reperimento di nuove risorse, in termini economici e logistico-militari, e nella pianificazione di nuove attività criminose, secondo un poliedrico e quanto mai convulso mutamento di strategie e schieramenti che nemmeno le più recenti ed evolute investigazioni sono state in grado di chiarire. Le penetranti indagini svolte, molte delle quali coronate dal successo della condanna di diversi "uomini

d'onore" e della cattura di importanti latitanti (tra le più recenti, quelle dei fratelli AMATO, esponenti di

spicco della famiglia mafiosa di Marsala e di VIRGA Vincenzo, capo del mandamento di Trapani) hanno

consentito di verificare la perdurante ed estrema pericolosità di Cosa Nostra nella provincia di Trapani:

principale punto di forza è la capacità di silente ma inflessibile controllo del territorio che è in grado di

esercitare soprattutto grazie al potere di intimidazione della sua componente militare, ma anche in virtù

della sua capacità di infiltrazione nel tessuto politico- amministrativo, delle alleanze stipulate con la

massoneria deviata e del consenso che riesce ad ottenere in diversi strati della popolazione, ivi compresa la

borghesia e la classe imprenditoriale che hanno ormai accettato di convivere con essa, traendone perfino

dei vantaggi.

L'organizzazione continua a praticare, nelle zone di propria influenza, un'opera sistematica di assistenza mutualistica finalizzata ad assicurarsi legittimazione, consenso e disponibilità incondizionata da parte dei cittadini, secondo un processo di fagocitazione culturale ormai secolare. Si è constatato, infatti, come essa svolga un’ incessante ed articolata azione di proselitismo spesso attuata attraverso il reperimento di un'occupazione lavorativa, l'elargizione di un sostegno economico, l'intervento diretto per il recupero di crediti altrimenti inesigibili, la risoluzione di controversie, sostituendosi così in tutte quelle forme di tutela con riguardo alla quale le Istituzioni preposte, muovendosi attraverso la lenta macchina giuridica e burocratica, sovente si dimostrano inadempienti. Attività, questa, che trova la sua genesi non in una causale disinteressata, quanto, piuttosto, in una più sottile e subdola strategia mirata alla costituzione di un pactum sceleris, secondo la pervicace logica del "do ut des"; con la conseguenza che, il più delle volte, il beneficiario di turno non solo non potrà più sottrarsi ad una sua futura illecita utilizzazione, ma finirà progressivamente con l'aderire, in ciò evidentemente favorito da un tessuto subculturale comune, al programma criminoso del sodalizio, contribuendo così a perpetuare la vitalità di una associazione criminale che su tale versante, culturale e sociale, difficilmente potrà essere danneggiata o più semplicemente, scalfita, dall'azione istituzionale della magistratura e delle forze di polizia! E' proprio sul fronte delle investigazioni dirette alla cattura dei citati latitanti che è stato possibile delineare questo spaccato nel quale peraltro si coglie la loro incredibile capacità di giovarsi sempre più di nuovi ed inusitati appoggi, ad ulteriore conferma del pieno consenso di cui essi godono da una parte non irrilevante della popolazione locale. Dai servizi di intercettazione risulta, infatti, come diversi soggetti insospettabili abbiano ripetutamente esternato la propria incondizionata disponibilità a venire incontro ad ogni esigenza logistica di sistemazione e di spostamento dei latitanti, esprimendosi in taluni casi con un linguaggio rivelatore di una vera e propria parossistica devozione.

Page 10: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

10

Proprio per offrire specifici elementi di valutazione sulle imponenti difficoltà che questa rete di consenso produce nell'azione delle forze dell'ordine e della magistratura, non appare inutile rimarcare come proprio con riguardo al maggiore latitante di Cosa Nostra, Matteo MESSINA DENARO, tale atteggiamento si sia talvolta manifestato con forme di mitizzazione, quasi di vera e propria venerazione religiosa, da parte di soggetti che hanno spesso prospettato una sorta di vitale necessità di beneficiare, anche se per un solo istante, del contatto fisico, o quantomeno della visione, con colui che hanno consacrato a loro idolo, utilizzando espressioni che suonano assai più significative ed eloquenti di ogni commento: "...a lu siccu (

MESSINA DENARO Matteo, nda) lo dobbiamo adorare...", lu beni veni di lu siccu...", "...lu vulissi viriri almeno

un momento...", et similia.

CENNI CONCLUSIVI Sulla base delle risultanze delle indagini fin qui svolte e dei numerosi processi che sono stati celebrati, può trarsi la conclusione che nella Provincia di Trapani "Cosa Nostra", ha avuto ed ha attualmente il monopolio assoluto delle attività criminali sul territorio con l'unica esclusione delle manifestazioni delittuose riconducibili alla c.d. microcriminalità che tuttavia viene da essa conosciuta e controllata. Si ritiene che attualmente alle strutture di base (famiglie e mandamenti) competa la gestione ordinaria degli affari nell'ambito del territorio di appartenenza (soprattutto estorsioni ed appalti), mentre i poteri decisionali riguardanti le strategie di fondo di "Cosa Nostra" sarebbero concentrati in una sorta di "direttorio" composto da pochissimi personaggi di vertice, tutti latitanti. "Cosa Nostra" in provincia di Trapani costituisce certamente l'espressione dell’ideologia mafiosa più classica, sia perché vanta solidissime tradizioni storiche di occupazione e controllo del territorio, sia perché inserita in un contesto/meno permeabile rispetto a stimoli estremi che, per esempio nella Provincia di Palermo, hanno contribuito a causare un maggiore numero di defezioni e collaborazioni di uomini d'onore. Essa costituisce un fenomeno criminale in continua evoluzione, adattandosi camaleonticamente al mutare delle situazioni in modo da potere continuare a sfruttare ogni occasione di illecito arricchimento e dominare incontrastata sul territorio "di appartenenza". Analogamente a quanto si è constatato nelle province di Palermo ed Agrigento, e ad ulteriore conferma dell'unicità dell'organizzazione e della sua vitalità ed estrema pericolosità, anche Cosa Nostra trapanese si è infatti conformata alla politica criminale di "inabissamento" per meglio procedere, dopo un periodo che ha visto molti mafiosi arrestati e condannati a gravi pene detentive, alla progressiva ricostruzione dell’organizzazione ed alla rivitalizzazione dei suoi traffici illeciti, al riparo dalle offensive delle forze dell'ordine e della magistratura. Questa fase di transizione è dedicata dall'organizzazione mafiosa al recupero delle tradizionali attività criminali come il traffico degli stupefacenti, il contrabbando, una gestione moderata degli appalti esercitata con forme di intimidazioni più convincenti e meno plateali, in un contesto di apparente "quieto vivere". Si ha fondato motivo di ritenere che essa stia attuando un graduale rinnovamento degli organigrammi delle famiglie scegliendo persone non formalmente combinate e possibilmente insospettabili, ricorrendo ad una maggiore compartimentazione interna allo scopo di ridurre la circolazione delle informazioni. Purtroppo l'avviato processo di compartimentazione e la politica di inabissamento si sono rivelati efficaci com'è dimostrato anche dalla circostanza della progressiva diminuzione del numero dei collaboratori di giustizia, L'organizzazione, inoltre, ha dato prova di essere in grado di riassorbire anche coloro che avevano manifestato qualche pur timida intenzione di collaborare, com'è accaduto nel recente caso di

Page 11: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

11

uomo d'onore di Mazara del Vallo che, dopo un'iniziale fase di collaborazione, è stato indotto a ritrattare da Cosa Nostra senza neppure bisogno di ricorrere a metodi violenti od intimidatori. Sul fronte dell'attività di contrasto, l'impegno investigativo, profuso dalla Magistratura e dalle forse di polizia con grande generosità ed elevata professionalità, pur tra oggettive difficoltà sia ambientali che organizzative, ha consentito di conseguire risultati eccezionali, anche se ovviamente, assai parziali. E tuttavia anch'essi saranno, a breve, definitivamente pregiudicati giacché, oramai da qualche anno, stanno per esaurirsi gli effetti dell'attività repressiva svolta con le operazioni di p.g. avviate tra il 1993 ed il 1997 con il ritorno in libertà della maggior parte del centinaio di "uomini d'onore" tratti in arresto per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa, che hanno già finito o stanno per terminare di espiare la pena; una pena statisticamente pari a 4/6 anni di reclusione già totalmente espiata durante lo stato di custodia cautelare, cioè nell'arco del lungo tempo che i vari gradi di processo richiedono oramai per accertare siffatto tipo di responsabilità! Perché, nella babele delle lingue che in questi anni hanno parlato, e talvolta pontificato sulle questioni di mafia, non si è mai posto l'accento su un dato fondamentale e cioè che per il reato di partecipazione a una delle più potenti organizzazioni criminale del mondo è prevista una pena sostanzialmente uguale a quella di un furto pluriaggravato. Una sanzione, specialmente nel minimo edittale, assolutamente incongrua per un'emergenza continua, poiché è noto, ma è il caso di ribadirlo, che da questa organizzazione si esce soltanto per morte o per aperta dissociazione; una sanzione che il mafioso non teme affatto poiché, come hanno riferito i collaboratori di Giustizia, i mafiosi, gli anni di galera per il reato di mafia, li hanno già messo nel conto, come una sorta di cambiale con lo Stato da pagare, prima o poi. Ed è così che oggi stiamo assistendo, ovviamente non soltanto nella provincia di Trapani, al ritorno in attività di soggetti che, condannati per il 416 bis, hanno già finito di espiare la pena; un ritorno in campo, che in taluni casi le indagini ci hanno indicato essere avvenuto immediatamente, non appena sono state aperte le porte del carcere. La sensazione che avvertiamo è dunque quella di trovarci come il bambino della metafora di Sant'Agostino, piegati sulla battigia per tentare di svuotare con una conchiglia un mare destinato ad ingrossarsi sempre più, con l'auspicio che non ci inghiotta. Perché, oltretutto, in assenza di rilevanti collaborazioni - l'ultima risale al 1998- ed operando investigativamente in un contesto sociale profondamente permeato di omertà, dove non soltanto non è possibile acquisire contributi da parte dei cittadini e meno che mai delle 'Vittime" dei reati mafia (che preferiscono quasi sempre subire e tacere temendo per la propria incolumità) ma dove neppure si assiste al sorgere di associazioni contro fenomeni come le estorsioni o l'usura, non è agevole sviluppare con successo una seria azione di contrasto a Cosa Nostra con gli strumenti tradizionali d'indagine e con un processo penale sempre più farraginoso, formale e burocratico. Occorrerebbe uno sforzo da parte di tutte le Istituzioni che superi la soglia dell'ordinaria amministrazione, senza dovere attendere un prossimo omicidio eccellente o addirittura una strage. Sarebbe, tuttavia, illusorio sperare in qualsivoglia cambiamento se, a questo auspicato maggiore impegno ed investimento di risorse sul versante repressivo-giudiziario, non si accompagnerà un'azione di rilancio su altri versanti non meno importanti come quelli dell'economia, dell’occupazione e dell’ educazione scolastica che coinvolga tutte le forze politiche, culturali e civili, perché prevenzione e repressione giudiziaria, pur se indispensabili, non saranno sufficienti a raggiungere l'obiettivo del ripristino della piena legalità nella provincia di Trapani, sino a quando cittadini e i Istituzioni non saranno in grado di avviare un profondo processo di rinnovamento dei modelli comportamentali, culturali ed etici.

Page 12: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

12

Il racconto che mi presterò a fare sarà libero e senza nessuna restrizione, cercando comunque di parlare sempre con rispetto, anche di coloro che si sono macchiati di crimini , di omicidi, di violenze, perché, al cospetto del Signore Dio siamo tutti uguali.

Antonio Federico

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 13: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

Foto del Viale Europa, anni 1950-1960

Provate a chiedere ad Alcamo di Nicolò Eboli, a chi oggi ha meno di trent’anni, e poi fate la stessa domanda a chi invece nel 1964 era già grande. Ai primi quel nome non dirà nulla. Nei secondi, invece, riaprirà una ferita mai sanata, un lutto mai elaborato. Tra le tantissime tragedie della nostra Alcamo, quella di Nicolò fu la più seguita e allo stesso tempo la più rimossa dalla nostra memoria. Di tanti altri avvenimenti drammatici conserviamo una parvenza di memoria, se pure spesso confusa e distorta. È difficile che un ragazzo del 2010 non abbia mai sentito nemmeno nominare la strage di Ustica o quella di Piazza Fontana mentre è quasi impossibile che conosca la tragedia di Nicolò Eboli. Prova a colmare questo vuoto scorrendo con gli occhi attentamente la sua triste storia. Un breve racconto impegnativo dal punto di vista psicologico per tanti giovani Alcamesi che vissero in diretta quel dramma. Una storia senza un lieto fine, in un pomeriggio di primavera del 1965, quando Nicolò, di 14 anni appena, viene inghiottito da uno stagno d’acqua. Questo, formatosi da una grossa sorgiva di forma irregolare, circondava i pilastri e le fondamenta di uno stabile in costruzione lasciato incompleto a causa dell’incuria delle persone.

01

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

LA TRISTE STORIA DI NICOLÒ EBOLI Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 14: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

Varco che da accesso al cantiere. Vista dall’esterno

La tragedia di Nicolò è una storia che ha segnato profondamente tutti quelli che l’hanno vissuta, anche solo come spettatori, per poi finire in qualche angolo remoto della loro coscienza, individuale e collettiva. Ma nessuno l’ha mai dimenticata. Ora è giunto il momento di raccontarla. Il suo nome è Eboli Nicolò di anni 14. Nome sconosciuto a molti e alla storia dell'epoca. Nome, però, che è stato censito tragicamente da un rapporto di polizia dell'epoca. Non come carnefice; non come vittima di mafia. Ma soltanto come vittima innocente di un tragico pomeriggio della primavera del 1965. Direte, ma che c'entra in un libro di mafia e di soprusi mafiosi, narrare la tragica morte di un bambino? Dal punto di vista narrativo non c'entra niente. Dal punto di vista tematico altrettanto. Ma non dal punto di vista umano. Quello sì, che c'entra. In una mite giornata di primavera del 1965 il povero Nicolò, insieme ad altri suoi compagni, stava giocando a calcio, sulla carreggiata del Viale Europa, quando all’improvviso la palla andò a cadere all’interno di un cantiere edile chiuso per fallimento. Sotto e intorno alle fondamenta si era creato col tempo uno stagno a causa dell’abbondante acqua che scorreva nel sottosuolo. Per tale motivo la stessa zona era perfino chiamata “Zona Gebbia”. La nostra storia avviene nei primi anni sessanta, anni in cui il viale Europa stava iniziando a conoscere la cementificazione selvaggia. Il povero Nicolò si tolse le scarpe e i pantaloni, e senza pensarci due volta, cercò di recuperare la palla, ma una volta entrato all’interno del laghetto, si rese conto di non potersi più muovere , per via del fango, che aveva creato il tipico effetto da sabbie mobili. Inutili purtroppo furono i soccorsi per il povero Nicolò che in quel laghetto trovò presto la morte.

Page 15: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

Foto dello stagno d’acqua in cui morì Nicolò

Le immagini, in bianco e nero e sbiadite dell'attento operatore della scientifica, immortalano sul posto il pretore e il dirigente del commissariato di P.S. di Alcamo da un lato, dall'altro, i genitori affranti da un dolore incontenibile per l'assurda morte del figlio. Non mancava anche un orda di passanti e astanti per una morbosa spettacolarizzazione della morte, che trasformano la curiosità in comportamento apotropaico, per esaltare la vita. La loro vita. In tali condizioni la morte ha sempre subito curiosità e timore. La morte di un ragazzino, scomparso in maniera assurda e tragica può solo suscitare sconforto e dolore difficilmente colmabile con la rassegnazione. Per questi motivi, non si capisce come mai le civiche amministrazioni che si sono succedute negli anni, non hanno mai pensato di inserire nella toponomastica alcamese il nome del ragazzino. Ma vi è di più... Nel luogo dove è morto Nicolò ora sorge una scuola elementare, che, ironia della sorte, è intitolata "Gebbia", proprio a denotare che in quel luogo sorgeva il lago artificiale diventato anche la tomba di Nicolò. Quindi, con il senno di poi, non si capisce come mai si intitolò la scuola suddetta con un nome riconducibile alla pregressa conformazione topografica del luogo e si omise il nome del ragazzino che in quel luogo perdette la sua giovane vita. Spero che questo mio racconto, senza nessuna velleità, possa aprire un varco nelle coscienze e finalmente far ricordare un giovane ragazzo che è morto tragicamente nel 1965. Tuttora il suo ricordo muore per l'oblio della storia.

Page 16: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

4

Nicolò Eboli, 14 anni.

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 17: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

Capire la mafia non è cosa semplice. Se si prende un qualsiasi vocabolario della lingua italiana, ad

esempio, è facile imbattersi in definizioni simili:

“organizzazione criminale sorta in Sicilia nella prima metà del sec. XIX e poi diffusa anche

all’estero, in particolare negli Stati Uniti D’America, che pretende di sostituirsi ai pubblici poteri,

nell’attuazione di una forma primitiva di giustizia fondata sulla legge della segretezza e

dell’omertà. Ricorre a intimidazioni, estorsioni, sequestri di persone e omicidi, allo scopo di

proteggere interessi economici privati, o di procurarsi guadagni illeciti”

Noi, per non annoiare con le solite interpretazioni letterarie su questo fenomeno, cercheremo di

ricostruire la nascita e gli sviluppi di questo terribile fenomeno, narrando fatti tramite un genuino

ed elementare racconto. Con parole semplici cercheremo di comprendere il passato e il presente

di questa organizzazione chiamata Mafia, Cosa Nostra, la Piovra, soprattutto nel nostro territorio.

Ad Alcamo, nell’immediato dopo guerra, la maggior parte della popolazione era costituita da

mezzadri e braccianti agricoli, sui quali dominavano incontrastati i famosi “campieri”. Queste

erano persone di fiducia assunte da grossi proprietari terrieri con il compito di sorvegliare,

naturalmente armati, l’andamento generale dei loro raccolti. A mio parere, è proprio in questi

famosi “campieri” che nasce lo “spermatozoo” denominato mafia.

A causa del malessere provocato dalla guerra, dalla carestia e dall’eccessiva tassazione, in tutta la

Sicilia si diffuse presto un fenomeno delinquenziale via via sempre più organizzato. La città e le

campagne di Alcamo furono infestate da diversi ladri e banditi che provocavano, con le loro

scorrerie, numerosissimi furti di cereali, di attrezzi agricoli e di bestiame.

Durante questa lunga carestia bande di briganti assaltavano quasi quotidianamente mercanti e

viandanti che passavano dalle campagne, mentre tra i pastori nascevano i contrasti per lo

sconfinamento dei loro pascoli in terrei di altrui proprietà. In assenza di leggi, la regola del più

forte si imponeva sulla popolazione e gli stessi proprietari terrieri furono costretti a compiacenti

protezioni per salvaguardare il loro potere e le loro proprietà.

02

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

LA MAFIA ALCAMESE PRIMA DEI RIMI Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 18: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

In questa breve sintesi abbiamo racchiuso la formazione della “ metastasi mafiosa” che in quel

periodo era soprattutto una mafia di carattere agricolo. Ovviamente pian piano ci si allontanerà

sempre più dalle campagne e la mafia comincerà ad occuparsi di appalti ed edilizia infiltrandosi

all’interno del mondo politico, e del traffico di sostanze stupefacenti.

Gli albori della mafia alcamese vedono come protagonista un mafioso vecchio stampo. Stiamo

parlando di Giuseppe Catalanotti, il padre indiscusso della mafia alcamese. Il Lucky Luciano

alcamese nasce il 4 Marzo del 1900 ad Alcamo, da Liborio Catanalotti e Giacalone Vincenza. Dopo

aver vissuto per diversi anni in via Mariano de Ballis 19, le aspettative di una vita migliore lo

convincono nel 1922 ad emigrare a Detroit con la moglie Marianna Ruisi. Negli Stati Uniti intuisce

l’importanza dei traffici internazionali di sostanza stupefacenti e trova alloggio in un quartiere

periferico e malfamato della vecchia città.

Durante il suo soggiorno negli Stati Uniti il Catalanotti venne inserito dal “Federal Bureau of

Narcotics”, l’agenzia federale sui narcotici (ovvero la futura DEA) , in uno speciale bollettino come

soggetto altamente pericoloso molto attivo nei traffici internazionali di sostanze stupefacenti.

Per questa sua condotta altamente pericolosa l’8 settembre del 1957, veniva espulso dagli Stati

Unti d’America, con l’obbligo di rientrare in Italia. Ritornato ad Alcamo il Catalanotti dopo otto

mesi si dava alla fuga, rifugiandosi in Francia, e successivamente nel 1961, veniva tratto in arresto

dalla Polizia Cubana e rispedito nuovamente in Italia.

Nella foto Giuseppe Catalanotti

Page 19: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

Nel 1965, entrato nuovamente clandestino a l’Avana, entrerà in affari con il suo amico di vecchia

data Onofrio Minaudo (altro personaggio inserito a pieno titolo nel traffico di droga). Con

quest’ultimo, intimo amico di Salvatore Luciano alias Lucky Luciano, Catalanotti darà vita a un

colossale traffico di droga internazionale in partenza dall’Avana e diretto verso gli Stati Uniti.

Nel 1966 Giuseppe Di Giorgi, alias Perre Canavese, noto trafficante di droga , aveva perfino fissato

come indirizzo per le sue operazioni proprio quello del Catanalotti e del Minaudo: Via Calle 16, 34.

Vevado, Avana.

Nel 1968 Catanalotti e Minaudo entrano in affari con il trafficante italo-americano Francesco

Cammarata, nato a San Cataldo in provincia di Caltanissetta. I tre metteranno su un locale di

copertura chiamato “Bermaid Club”, il club delle Sirene. Dal loro Club passeranno personaggi di

primo piano della potente mafia di quel tempo, del calibro di William Tocco, John Prizzola, Peter

Lombardo, Paul Cimino, Jon Ormento (alias” Big John), Giuseppe Gaudino e perfino il potentissimo

Francesco Paolo Coppola in arte “Frank Coppola”.

Il Catalanotti non si ferma però ai primi successi. Capisce che può diventare importante e passare

alla storia. Insieme al suo socio d’affari prosegue in investimenti che possono fornirgli un’adeguata

copertura per i suoi traffici. Ad esempio memorabile è l’acquisto del panificio “Roma Baking

Company” che costerà al boss alcamese 24 mila dollari (all’epoca una cifra da capogiro).

Diventato un “pezzo da novanta”, Giuseppe Catalanotti tenta il colpaccio: vuole diventare un

alleato del più potente boss d’America, Joe Masseria. La collaborazione fra i due risulta però fin da

subito ostacolata anche da numerosi problemi culturali: i due mostrano di essere molto diversi dal

modo di concludere gli affari fino al significato stesso dell’esser mafioso.

Masseria era un mafioso nel senso più antico del termine e considerava come valori assoluti gli

ideali dell’onore, della tradizione, del rispetto e della dignità. Catalanotti e il Minaudi invece erano

diventati i portavoce della “nuova generazione” di mafiosi: giovani, ambiziosi ed impazienti, volti a

sfidare apertamente l’ordine precostituito. Vennero così chiamati, ironicamente, i "Giovani

Turchi", come quelli originari dell’Impero Ottomano. Masseria e la vecchia “nobiltà” mafiosa,

invece, venivano chiamati "Baffo Pietro" (Moustache Pete). I cosiddetti “Baffo Pietro”, dunque,

proprio in base a queste regole, erano fortemente contrari a lavorare con chiunque non fosse

siciliano, o quantomeno italiano, e non rispettasse il codice d’onore tradizionale. Il boss alcamese,

invece, premeva per una collaborazione con chiunque potesse farlo diventare ricco e ancora più

potente .

Il clan Catalanotti non riuscì dunque a guadagnarsi la stima e l’appoggio di Joe Masseria e poco

tempo dopo un’imponente operazione condotta dall’F.B.I portò tutto il clan dietro le sbarre. Il

Catalanotti morirà il 18 Giugno del 1979.

Page 20: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

4

Giuseppe Catalanotti fu molto attivo anche nel territorio alcamese e diede il suo contributo nel

fondare anche la futura mafia locale dei Rimi.

Durante l’organizzazione dei suoi traffici internazionali, il boss e trafficante alcamese aveva intuito

di avere bisogno di un suo uomo di fiducia, in particolare di un cosiddetto “paesano”, per affidargli

il compito di legare rapporti di affari con personaggi mafiosi emergenti di Alcamo.

La posizione di cui godeva e gode la città di Alcamo è sempre stata molto interessante per il

traffico di droga come vedremo anche in futuro. Nel 1940, il Catalanotti, aveva perfino cercato un

contatto con il famigerato bandito Salvatore Ferreri, passato alla storia con il nome di “Fra

diavolo”. Ma il trafficante non riuscì nell’impresa in quanto il Ferreri era inaffidabile e

incontrollabile. Nel 1951 finalmente si prospettò un’ottima alternativa. La persona che avrebbe

rappresentato Catalanotti in Sicilia sarebbe stata Salvatore Mancuso.

Quest’ultimo, nato ad Alcamo il 27 maggio 1906, altro potente mafioso alcamese dimenticato dalla storia criminale italiana, era specializzato in traffici di sostanze stupefacenti tra l’Italia e gli Stati Uniti d’America. Conosciuto e sorvegliato costantemente dai servizi segreti americani, nel 1934 veniva tratto in arresto e condannato a quattro anni di carcere per traffico di droga.

Salvatore Mancuso non era affatto un personaggio di secondo piano; basti ricordare che mentre si trovava in carcere nel 1935, un’ulteriore condanna scaturita da un nuovo processo gli infliggeva altri 40 anni di reclusione per “sequestro di persona” e altri reati.

Nel 1949, dopo avere scontato circa 15 anni di reclusione, veniva espulso dagli U.S.A, perché considerato pericolosissimo e capace di compiere qualsiasi atto criminale con una crudeltà inaudita.

Nel 1951, recandosi con un visto temporaneo nuovamente negli U.S.A., grazie al Catalanotti che lo aiutò ad eludere la vigilanza della Polizia Statunitense, riuscì a far perdere del tutto le sue tracce e a compiere indisturbato i suoi loschi affari.

Del Mancuso si perderà ogni traccia fino al 3 Gennaio del 1961. Diranno gli investigatoti americani, concordi con quelli italiani, che durante il decennio della scomparsa del Mancuso, egli aveva

Page 21: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

5

diffuso la “metastasi moderna mafiosa” nella città di Alcamo, come aveva fortemente voluto il Catalanotti.

Ad ereditare il moderno cancro mafioso sarà Vincenzo Rimi, all’epoca un volgare bandito con interessi criminali esclusivamente nel campo agricolo e della pastorizia, che diventerà ben presto un “mafioso a S.P.A.”.

Ma chi aveva istruito un volgare bandito come Vincenzo Rimi facendolo diventare un perfetto imprenditore mafioso? I documenti di archivio ci indicano come possibili ideatori i fratelli Manciapane Francesco e Benedetto, personaggi, in quel periodo, dotati di una astuzia e intuizione fuori dal comune.

Da sinistra Salvatore Mancuso, Francesco Manciapane, Benedetto Manciapane

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 22: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

Su Salvatore Ferreri, in arte chiamato “Frà Diavolo”, emblematico e misterioso personaggio della

storia siciliana, sono stati scritti numerosi testi. Chi era però costui?

Dal punto di vista anagrafico abbiamo molte certezze: figlio di Vito Ferreri e di Coraci Maria, Frà

Diavolo nacque ad Alcamo il 13 Aprile del 1923 in Via Roma al numero 10. Su tutto il resto della

sua vita purtroppo di certezze ce ne sono poche. Molti alcamesi hanno conosciuto questo

personaggio grazie a molte narrazioni raccontate dai genitori o, addirittura, dai nonni che hanno

incrementato pian piano l’alone di mistero su questo spietato bandito.

Tra tutte le fonti, ritengo che la più attendibile sia quella che affiora da “materia celebrale

calendata di 92 anni” ovvero mio nonno Domenico, conoscitore diretto delle gesta criminali del

famigerato Frà Diavolo. Grazie ai suoi ricordi potete oggi leggere quanto segue.

In quel periodo, gli anni quaranta del novecento, nell’ambiente mafioso alcamese regnava

l’indiscussa figura di Vincenzo Rimi, classe 1902, temuto dagli alcamesi per le sue malefatte e per

le sue indiscusse capacita delittuose. Questi, a capo di tanti altri pericolosissimi soggetti, aveva

esteso il suo potere in tutta la provincia di Trapani e, in parte, anche nella provincia di Palermo.

In quegli anni, racconta nonno Domenico, nonostante l’Arma dei Carabinieri e la Polizia

conoscessero bene i crimini di Vincenzo Rimi, era praticamente impossibile trovare prove

schiaccianti di colpevolezza da usare contro di lui.

Nella foto il bandito Salvatore Ferreri, alias Frà Diavolo

03

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia GLI INIZI DI RIMI E LE GESTA DI FRÀ DIAVOLO Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 23: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

“Io”, ribadisce nonno Domenico, “con Vincenzo Rimi sono cresciuto assieme”. Nel 1933, quando

per la prima volta le forze dell’ordine riescono a dimostrare al giudice la pericolosità del mafioso

alcamese, finalmente questi viene allontanato dal territorio di Alcamo. Si trattava della famosa

misura del “Confine”, ovvero un soggetto dichiarato pericoloso veniva inviato al di fuori dalla sua

regione di residenza per un certo periodo di tempo. Nel periodo del confino, la famiglia del Rimi

versava nella più triste miseria, tantoché la moglie venne spinta a chiedere un sussidio al Ministero

dell’Interno, regolarmente concesso, di mille lire.

Finito il soggiorno forzato il boss ritornò ad Alcamo più forte di prima: costruì in pochissimo tempo

dal nulla una vasta azienda di allevamento con centinaia di ovini, equini e bovini. Ovviamente gli

spazi necessari per questo genere di attività dovevano essere vastissimi e Vincenzo Rimi ottenne

enormi appezzamenti di terreno senza tanti problemi. Con la forza dell’intimidazione, della

minaccia o dell’avvertimento infatti numerosi feudi, in particolare quelli di C/da Marchese, C/da

Ingrastone, Palmeto, C/da Ferricino (di proprietà dei fratelli Faraci), vennero immediatamente

messi a sua disposizione. Al boss non mancava nemmeno la liquidità per fare investimenti,

comprare e potenziare il proprio impero economico: in diverse banche possedeva conti e libretti

con somme rilevanti.

La forza del Rimi è immensa e in continua ascesa. Perfino in località notoriamente in infestate da

terribili bande, come quelle capeggiate dal bandito Giuliano e Lambruzzo, esercitava indisturbato

le sue attività senza mai subire alcuna angheria. La motivazione di tale condizione privilegiata

risiedeva nel fatto che il Rimi di quelle bande era uno dei più importanti favoreggiatori e

sostenitori: sono state diverse le occasioni in cui ai banditi veniva offerta dal boss ospitalità, aiuto

e sostegno perfino nel sottrarre questi dalle ricerche di Polizia e Carabinieri. Vincenzo Rimi diventò

così, in pochissimo tempo, uno degli uomini più potenti della Sicilia. La sua forza risiedeva nella

complicità apportata da tutti i suoi fedelissimi in una rete che spaziava dai feudi, agli uffici della

pubblica amministrazione e perfino dentro gli uffici di qualche caserma.

A tal proposito, continua il racconto nonno Domenico, l’amicizia che c’èra tra il boss alcamese e la

banda Giuliano era in quel periodo sulla bocca di tutti. Tale connubio si saldò fin dal 1946, quando

in occasione delle nozze di Filippo Rimi, figlio di Vincenzo, il bandito Giuliano aveva partecipato ai

festeggiamenti l’8 Giugno del 1946.

Tutti gli alcamesi del tempo sapevano bene del ruolo strategico esercitato da Rimi nell’alleanza

con la banda Giuliano. In quel periodo i banditi operavano ai confini del territorio alcamese

consumando numerosi crimini: in particolare diversi sequestri di persona vedevano come

protagonista il boss quale intermediario tra la banda e le famiglie del sequestrato. Proprio grazie a

questo ruolo di intermediazione, Vincenzo Rimi inizierà ad apparire a molti alcamesi come una

brava persona che lavorava per risolvere i problemi della gente. Ancora oggi qualcuno tra questi

contesta il fatto che sia stato un pericolosissimo mafioso in grado perfino di uccidere per i suoi

affari.

Page 24: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

Nella foto, da sinistra, Vincenzo Rimi e Filippo Rimi

In quegli anni Alcamo partorisce un’altra figura storica. Parliamo del già citato Frà Diavolo, al

secolo Salvatore Ferreri.

Sempre nonno Domenico racconta volentieri un fatto inedito sul bandito della banda Giuliano.

Quando il nonno era giovane lavorava con un certo Vito Ferreri sposato con una tal Maria Coraci.

La coppia aveva 3 figli: Maria, Vito e Salvatore. Quest’ultimo appunto, soprannominato “Frà

Diavolo”.

Durante le giornate di lavoro in campagna, nonno Domenico notava che spesso il figlio del suo

amico Vito, Salvatore, in quel periodo ancora sedicenne, già dimostrava una forte attitudine alla

violenza. Un giorno, solo per esser stato richiamato da un vicino che lo invitava a essere meno

violento con le sue pecore, il giovane Ferreri prese un fucile e sparò verso le pecore del vicino

uccidendone circa 20.

A questa reazione, cosi sproporzionata, nonno Domenico rimase terrorizzato, anche perché il

padre di Salvatore piuttosto che punire il figlio lo elogiò definendolo un vero “masculu”.

Dopo circa un anno da quel fatto, Salvatore Ferreri veniva spesso visto in giro per Alcamo con

Vincenzo Rimi. Dove c’era il boss c’era anche lui. Erano diventati inseparabili: il giovane Frà Diavolo

era praticamente l’ombra di Don Vicenzu.

Il boss aveva visto nel giovane Ferreri un futuro promettente e questi, dal canto suo, dimostrava

quotidianamente di cosa era capace. La sua fama iniziò a crescere dopo una grave rapina ad un

carico di alcool, del valore di circa 15 milioni di lire, commessa ai danni della ditta “Francesco

Palma di Napoli”, consumata nel pomeriggio del 5 Marzo del 1947 nel territorio di Calatafimi. In

quell’occasione il Ferreri poté ampiamente manifestare il proprio carisma criminale e la sua indole

delinquenziale. Vincenzo Rimi in realtà era sempre l’organizzatore di tutto nei minimi dettagli.

Pensava solo al suo tornaconto e non c’era cosa che accadesse senza il suo preventivo consenso.

Anche nel caso di questa fortunata rapina Vincenzo Rimi aveva escogitato tutto secondo i suoi

piani: uno scagnozzo così fedele come Frà Diavolo che facesse il lavoro sporco permetteva infatti

al boss di tenere al riparo i suoi due figli Filippo e Natale da eventuali guai con la giustizia.

Page 25: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

4

Nella foto da sinistra Filippo Rimi e Natale Rimi,i figli del boss alcamese Vincenzo

La polizia e i Carabinieri, dopo quella eclatante rapina, cercarono con ogni mezzo di rinvenire la

merce rubata, poiché nella popolazione alcamese iniziava a serpeggiare una forte rassegnazione

nella convivenza forzata con la delinquenza organizzata.

Quella volta, spiega nonno Domenico, le forze dell’ordine ebbero fortuna perché durante una

perquisizione eseguita in un feudo di C/da Ferricino nella disponibilità del Rimi Vincenzo,

rinvenivano finalmente il prezioso bottino. Questa brillante operazione permise di incoraggiare gli

onesti cittadini di Alcamo, a credere un po’di più nella Giustizia anche se il potere del boss restava

praticamente intatto.

Nei giorni 10, 11 e 12 Luglio del 1948 nelle c/da Marcanzotta di Alcamo e Mondello di Poggioreale

si verificarono altri gravi episodi delittuosi ad opera di una banda armata capeggiata da Salvatore

Giuliano e Vincenzo Rimi con la partecipazione del famigerato Salvatore Ferreri. Nel tentativo di

instaurare una strategia diffusa del terrore la banda tentò di sequestrare, a scopo di estorsione,

Giovanni Brucia Evangelista di Alcamo. La conseguenza di questo tentato sequestro però fu

devastante in quanto il Brucia, nel tentativo di difendersi e con l’aiuto di altre persone, aprì il

fuoco contro la banda e questa, del tutto impreparata, dovette desistere.

Sempre in quei giorni la banda riuscì a portare a termine un altro sequestro eccellente a danno di

Vincenzo Agosta di Camporeale che fruttò alla banda la riscossione di un cospicuo riscatto.

Proprio per questi crimini (e per tanti altri a noi poco noti) a Salvatore Ferreri venne dato il

soprannome di “Frà Diavolo”. A questa nomea però se ne aggiunse presto un’altra poco coerente

con la sua storia criminale. Si parlò molto del fatto che il Ferreri Salvatore fosse stato un

confidente dei Carabinieri e addirittura uomo infiltrato dai servizi segreti di quel tempo per

cercare di catturare l’altro, e più importante, bandito Salvatore Giuliano. Altra diceria che circolava

tra gli alcamesi era che la sua terribile uccisione (ancora oggi non del tutto chiarita) fosse stata

eseguita nella caserma dei Carabinieri di Alcamo proprio dal capitano dei Carabinieri Roberto

Giallombardo, oggi Generale in pensione.

Page 26: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

5

Queste ultime ipotesi (o dicerie) sono definite da mio nonno Domenico come bufale storiche. Con

tono deciso ha lanciato una provocazione: “non è che per caso il bandito Giuliano interpretava il

ruolo del capitano?”.

Secondo nonno Domenico alla radice della tragica fine di Frà Diavolo c’è l’invidia e la gelosia

nutrite da Vincenzo Rimi per il suo fidato Frà Diavolo. Proprio perché quest’ultimo in quel periodo

stava offuscando l’immagine del boss, Vincenzo Rimi aveva iniziato a mettere in giro la voce che il

Ferreri fosse un confidente dei Carabinieri e uomo vicino ai servizi segreti del tempo.

Infatti nonno Domenico ricorda che nel 1947, mentre si trovava in Piazza Ciullo in compagnia del

padre di Frà Diavolo e di un certo Coraci Antonio, si avvicinò a lui proprio Salvatore Ferreri che,

visibilmente sconvolto, disse al padre ad alta voce: “qualcuno dei nostri fa u muffutu cu li sbirri, e

gira voce che a fare u confidente sugnu io.”

A questo punto il padre del Ferreri, vedendo il figlio in quello stato tentò di tranquillizzarlo

dicendogli che avrebbe riferito tutto a Vincenzo Rimi per risolvere il problema. Nel frattempo in

piazza Ciullo arrivò anche il fratello Vito, che portato a conoscenza della discussione, prima si girò

per vedere chi ci fosse attorno a lui e poi esclamò: Salvatò a tramare tutte ste cose è stato proprio

Vincenzo Rimi !”. Poi urlò contro il fratello dicendo a voce molto alta: “Tu da Alcamo ti devi

allontanare!”.

Quella serata se la ricorda bene nonno Domenico perché il padre del bandito rimase sconvolto da

questa storia.

Nei giorni successivi i due si incontrarono nuovamente e il padre di Salvatore, questa volta sereno

e sorridente, gli confidò di avere organizzato una trappola proprio a Vincenzo Rimi non spiegando

però di cosa si trattasse.

Ma cosa avrebbe organizzato il Ferreri contro il Rimi?

Sempre dal racconto del nonno, la notte del 21 ottobre del 1947 in C/da Morana si registrò un

violento conflitto a fuoco tra i Carabinieri, circa 25, comandati dal Capitano Giallombardo, contro

un gruppo di circa 10 banditi della banda Giuliano.

In questo conflitto a fuoco, vennero usati perfino le bombe a mano tra i due schieramenti. Finito il

conflitto a fuoco, sul posto resteranno nove Carabinieri feriti compreso il Comandante

Giallombardo e cinque banditi uccisi .

Da una accurata ricognizione dei banditi uccisi, i carabinieri scoprirono che quattro di quei

malviventi erano il Ferreri padre, il figlio Salvatore detto Frà diavolo e i fratelli Pianelli.

Page 27: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

6

Nella foto il capitano dei carabinieri di Alcamo, Roberto Giallombardo

Ma cosa era accaduto poco prima del fattaccio? Sembrava, sempre secondo il racconto del

nonno, che i Carabinieri aspettassero i banditi e che gli stessi banditi, visto il loro inconsueto

armamento, sapessero dell’imboscata tesa dai Carabinieri.

Fu proprio il figlio del Ferreri, a confidare al nonno che la sera precedente alla sparatoria, il padre

Vito aveva fatto recapitare al capitano dei Carabinieri Giallombardo un lettera anonima. In questa

si avvisava l’Arma che il bandito Salvatore Giuliano, sarebbe transitato in quel giorno ed in

quell’ora con altri pericolosissimi banditi in c/da Morana, e quindi se il capitano voleva catturarlo

si sarebbe dovuto nascondere con i suoi uomini in quella C/da in attesa dell’arrivo dei banditi.

Il Ferreri voleva dunque vendicarsi dei Rimi e del potente alleato Giuliano ed è chiaro quindi il

motivo della lettera anonima. Meno chiaro risulta invece il motivo per cui i banditi fossero armati

fino ai denti e come mai quella sera ci fosse lo stesso Frà Diavolo con loro dato che era a

conoscenza della soffiata fatta ai carabinieri…

Nonno Domenico seppe, tempo dopo, dal fratello di Frà Diavolo, Vito, che in effetti il fratello e il

padre non dovevano essere lì quella sera. Inoltre spiegò anche come erano andati realmente i

fatti: per convincere la banda di Giuliano ed in particolare lo stesso Vincenzo Rimi, anche lui a

Montelepre quella sera, Ferreri padre e figlio si portarono nel paesino del bandito per convincere

loro della possibilità di fare un ottimo colpo. I Ferreri si inventarono, con molta fantasia, che la

sera successiva in c/da Morana sarebbe transitato un carico di soldi e preziosi di proprietà di un

certo Vincenzo Agosta di Poggioreale e che tale carico era scortato da un gruppo di uomini di

scorta ben armati.

Page 28: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

7

Nella foto il bandito alcamese Gaspare Chimenti

Il carico era sicuramente molto interessante e se lo stesso Agosta fosse stato presente sul posto si

sarebbe potuto procedere anche con un sequestro di persona che avrebbe portato di certo ad un

lauto riscatto.

Raccontata questa storia i Ferreri salutarono la compagnia e tentarono subito di tornare ad

Alcamo. Ferreri padre disse che era necessario crearsi subito un alibi con le forze dell’ordine dato

che Frà Diavolo era oramai super controllato.

Vincenzo Rimi, secondo il racconto fatto a nonno Domenico, si sarebbe messo di mezzo dicendo

che se che se c’èra qualcuno che doveva anticipare il ritorno ad Alcamo, quello era proprio lui.

Vincenzo Rimi, accompagnato dal pericoloso bandito alcamese Gaspare Chimenti, tornò subito in

città; i due Ferreri, per paura che venisse scoperta la trappola tesa e la soffiata fatta ai carabinieri,

furono costretti a far parte di quel commando di fuoco che il giorno dopo, la notte del 27 Giugno

1947, sarà in c\da Morana.

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 29: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

Tra il 1940 e il 1950 la povera cittadina Alcamese, oltre a dovere convivere con i soprusi mafiosi

inflitti da Salvatore Mancuso, Frà Diavolo e dagli scagnozzi dei Rimi, dovette fare i conti con la

carestia, la guerra e soprattutto con la fame.

Questa è una storia fatta di rabbia, stanchezza, fame. Questi ingredienti nel corso delle storia

hanno portato spesso a rivoluzioni, lotte di massa, manifestazioni anche violente; nel caso

alcamese sono sfociati invece in una generalizzata e poco utile devastazione che ancora oggi è

interessante per capire un po’ meglio gli alcamesi del tempo e il contesto di quegli anni.

È il 17 Dicembre del 1944, sono le 9.30 del mattino, e Piazza Ciullo è gremita di persone. Tra urla e

cartelloni contro la leva militare, la guerra e la disoccupazione, la folla di gente va crescendo

lentamente mentre un gruppo di giovani studenti organizzano la protesta e coordinano la

manifestazione. Milazzo Benedetto di appena 18 anni, Mirto Nicolò poco più grande e un tal Risico

hanno organizzato tutto nei minimi dettagli. Nelle loro mani sono visibili grossi cartelloni con

scritto: abbasso la Guerra; abbasso la monarchia; abbasso il luogotenente generale; abbasso

l’esercito.

04

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

LE DEVASTAZIONI DEL 1944 Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 30: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

Come sostenne il dirigente del commissariato di Polizia del tempo, il dott. Drago, la manifestazione

fu programmata con largo anticipo e ben organizzata. Alcuni giovani urlavano: “Pane, Pane !!!”.

Altri gridavano: “Andiamo ai mulini, tutti ai mulini!”. La gente in quegli anni era stanca di dover

pagare la tassa sul grano e anche la gestione dei mulini destava perplessità e sgomento. In più

magri raccolti e la leva militare obbligatoria aveva ridotto sul lastrico centinaia di famiglie di

contadini.

Per cercare di calmare gli animi infuriati degli alcamesi, il dott. Drago dal balcone del Municipio

disse ai manifestanti di star tranquilli e promise loro che il giorno dopo sarebbe andato

personalmente a Trapani per esporre la grave situazione a sua Eccellenza il Prefetto. Molti

alcamesi sembrarono calmarsi mentre Risico, uno degli organizzatori, invitò invece questi a non

cedere: il giorno successivo, il 18 Dicembre, ci sarebbe stata un’altra manifestazione per decidere

il da farsi a seguito delle decisioni della prefettura

L’indomani fu concessa un’autorizzazione all’apertura dei mulini sin dalle ore 9.00 del mattino e

quando il dott. Drago comunicò alla folla tale decisione gli animi degli alcamesi si rasserenarono e

tornò un’apparente calma tra la folla. Nonostante alcuni facinorosi urlassero ancora, la maggior

parte della popolazione alcamese manifestava la propria soddisfazione giungendo perfino ad

applaudire. In quel preciso istante dal balcone dell’Albergo Stella, ubicato nella stessa Piazza

Ciullo, si affacciava l’avvocato Cassarà a quel tempo il capo della lega giovanile separatista. Questi

gridò in direzione della folla: “Avete visto? Con la forza si ottengono questi risultati. E ora ci devono

togliere le tasse!”.

Dopo un fortissimo applauso i dimostranti si portarono presso l’Ufficio delle tasse, sito sempre in

Piazza, e cominciarono a buttar fuori da porte e finestre mobili e documenti. Il materiale venne

ammassato al centro della piazza e poco dopo alcuni dimostranti diedero fuoco a tutto. Pochi

istanti dopo stessa sorte toccò all’Ufficio del Registro.

Al centro, con in mano il cappello, il Commissario di Polizia Dott. Carlo Drago con il personale del

Commissariato di Alcamo. Foto del 1944

Page 31: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

Poiché il fuoco appiccato si stava propagando ad edifici vicini privati, il Dottor Drago dovette

ricorrere all’intervento dei Vigili del fuoco. Questi accorsero immediatamente sul posto ma i

dimostranti li ostacolarono e li costrinsero a ritornare indietro.

Dopo un’ora tutti si portarono presso le carceri dove, dopo un lancio di bombe a mano e una

breve sparatoria, si riuscì a mettere in libertà tutti i detenuti e dare fuoco a tutto il carteggio della

direzione carceraria.

I dimostranti insieme ai detenuti liberati si portarono poi nella locale pretura da dove asportarono

anche dei fucili e moschetti e dopo appiccarono, come sempre, le fiamme. Stessa sorte toccò dopo

agli Uffici dell’U.P.S.E.A. e a all’Ufficio di Polizia Rurale.

Oramai i manifestanti avevano il controllo di tutti gli uffici strategici del comune di Alcamo e la

folla era diventata una vera e propria banda armata di bombe a mano, pistole e fucili. L’attacco

della folla, ormai massa incontrollabile e non pensante, si spostò poi in massa al Municipio, la cui

porta d’ingresso venne distrutta a colpi di bombe a mano, e susseguirono saccheggi e analoghe

distruzioni. Al momento dell’assalto furono feriti perfino cinque Carabinieri a causa delle

deflagrazioni delle bombe a mano.

La devastazione toccò quasi contemporaneamente il Commissariato di Polizia, compreso l’Ufficio

del Dottor Drago, per proseguire poi al Circolo Centro ed all’Ufficio tecnico Erariale. Il carabiniere

Pietro Profeta, nel tentativo di difendere le sedi delle istituzioni, venne accolto a colpi di pistola

per fortuna andati a vuoto, ai quali seguirono altri colpi di arma da fuoco che colpirono e ferirono

il giovane Francesco Lo Monaco.

Le ultime devastazioni si commisero presso i granai del popolo, da dove vennero esportati 75

quintali di grano, un imprecisato quantitativo di fertilizzanti e diverse casse di scatolame.

Ristabilito l’ordine nel paese, a seguito dell’arrivo di numerosi rinforzi di Polizia, il Dott. Drago fece

arrestare diversi responsabili dei fatti sopra narrati.

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 32: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

Negli anni quaranta ad Alcamo sembrava che nessuna autorità, né mafiosa né istituzionale, fosse

in grado di imporre la legge, la sicurezza e l’ordine pubblico. Tra boss in ascesa e varie inefficienze

delle forze dell’ordine, ogni giorno accadeva sempre qualcosa di tragico, inaspettato,

imprevedibile. Anche il 6 Luglio 1942 non fu una bella giornata né per le forze di polizia né per

Messana Antonino che vide morire tra le sue braccia il fratello Francesco.

Ad Alcamo in via Trinità, Francesco Messana, classe 1891, gestiva un piccolo negozio insieme al

fratello: un’attività modesta, pochi spiccioli ogni giorno e la speranza rivolta a un futuro migliore.

Alle sette di sera di una calda e afosa giornata estiva, il 6 Luglio 1942, i due furono rapinati in

negozio. Mentre Francesco stava per chiudere tutto, all’improvviso un individuo a viso scoperto

entrò velocemente all’interno e gli scaricò numerosi colpi di arma da fuoco uccidendolo sul colpo.

Antonio, che in quel momento si trovava nel retro bottega, rimase nascosto e terrorizzato nel

vedere il povero fratello a terra in un mare di sangue. Il rapinatore, che era nel frattempo intento a

razziare il misero bottino, non si accorse della presenza del fratello della vittima e portò via poche

lire consapevole di non essere stato visto da nessuno.

05

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

IL DESTINO DI DUE FAMIGLIE Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 33: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

Il povero Antonino, fuggito immediatamente, venne soccorso e portato al Pronto Soccorso in stato

di shock . Ripresosi dichiarerà agli investigatori di avere assistito all’omicidio del fratello Francesco

e di avere riconosciuto l’assassino: Vincenzo De Simone nato ad Alcamo l’8 Marzo del 1897.

Per la famiglia Messana però le disgrazie non erano ancora finite e anche la famiglia De Simone si

avviava verso un destino, meno tragico, ma simile.

Antonino, nonostante la morte del fratello, tentò disperatamente di ritornare ad una vita normale.

Ogni giorno purtroppo, nell’attesa del processo per l’omicidio di Francesco, veniva continuamente

perseguitato e minacciato. In tutti i modi si doveva evitare la sua testimonianza che avrebbe

portato il De Simone a un ergastolo inevitabile. Il fratello dell’assassino, Giuseppe De Simone,

esercitava di continuo una violenza psicologica ai danni di Messana e questi oramai viveva con

l’ansia di raggiungere presto il fratello.

L’8 Giugno del 1948, quasi sei anni dopo, le sue preoccupazioni si rilevarono fondate. Mentre

Antonino passeggiava in Piazza della Repubblica, all’altezza della Santa Croce, un uomo lo seguiva

a pochi metri e con passo deciso.

Verso le undici di sera il Dottor Carbonetto, Commissario di Polizia di Alcamo, venne informato che

in Piazza della Repubblica un uomo era stato ferito gravemente a colpi di pistola e data l’assenza di

testimoni ogni utile informazione ricavata dal ferito sarebbe stata fondamentale per ricostruire

l’accaduto.

Giunti in Ospedale, gli investigatori, trovarono il Medico Dott. Pugliesi che stava prestando le

prime cure al ferito. Il dottore riscontrò subito che le ferite erano state provocate da un’arma da

fuoco e data una grave emorragia polmonare venne dichiarato il pericolo di vita imminente.

Finite le prime cure urgenti, Antonino Messana venne trasportato in una stanza vuota dove venne

interrogato dagli investigatori. Nonostante il dolore e le precarie condizioni Antonino riconobbe il

Commissario di Polizia Carbonetto e scoppiò in lacrime.

In piena lucidità mentale affermò di essere sempre stato una persona perbene e di non avere mai

arrecato danni a nessuno e infine, prima di spirare, confidò al commissario: “a ridurmi così è stato

Giuseppe De Simone!”.

De Simone aveva scaricato addosso a Messana tutti i proiettili della sua arma con una ferocia

inaudita. Stando a pochi passi dalla vittima lo aveva praticamente ridotto a brendelli. L’assassino

però fece male i conti. Nonostante l’ultimo colpo sparato sulla nuca della vittima, questi era

riuscito a sopravvivere giusto in tempo per raccontare alla Polizia quanto accaduto.

Un incredulo Giuseppe De Simone verrà arrestato poche ore dopo sconvolto in quanto certo che

nessuno lo avesse visto. I due assassini finiranno la loro vita in carcere ma le due famiglie erano

state oramai distrutte.

Page 34: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 35: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

A cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta anche ad Alcamo cominciarono i delitti passionali. Casanova

nostrani, storie di corna e vendette d’onore cominciarono ad alimentare il gossip del tempo e anche

qualche pagina dei giornali locali. In quel periodo c’era poco da scherzare: certe scelte amorose un po’

troppo libertine si pagavano con la vita come insegnano le storie di Gaspare Ferrara, Pietro Sucameli e

Liborio Lombardo.

All’alba del 18 Gennaio 1958, fra le anguste casupole dell’estrema periferia di Alcamo in località “manna

razza”, un colpo di fucile da caccia caricato a “lupara” colpiva mortalmente il 26enne vaccaro Ignazio

Ferrara mentre stava rovesciando una carriola piena di letame in una concimaia.

Per il vaccaro alcamese, complice anche il ritardo con cui fu portato in ospedale, non ci fu nulla da fare. Alle

nove della sera decedeva mentre gli investigatori stavano interrogando amici e familiari nel tentativo di

ricostruire quanto accaduto.

L’ipotesi che il Ferrara Gaspare fosse legato in qualche modo alla malavita locale venne subito scartata ed

emerse invece che il vaccaro nella sua breve vita era stato un noto donnaiolo dalle numerose avventure e

da un temperamento alquanto prepotente e rissoso. La più nota scappatella del 26enne era avvenuta con

l’alcamese Caterina Boni che, tra l’altro, era stata abbandonata dall’uomo nonostante fosse rimasta incinta.

La ragazza era stata immediatamente sentita dagli investigatori e le sue dichiarazioni poco convincenti

avevano indotto le forze dell’ordine a sospettare subito di lei.

Ma chi era costei? Scriveranno gli investigatori che era una donna di moralità molto discutibile,

decisamente più anziana del Ferrara e ripudiata dai suoi pochi parenti.

Le indagini appurarono che effettivamente la donna aveva partorito tempo prima un bambino morto e che

poi si era spostata presso l’abitazione di una famiglia trapanese dove svolgeva il ruolo di domestica. Il

giorno del delitto prestava regolarmente servizio nel capoluogo trapanese e ad Alcamo inoltre non aveva

più avuto alcuna relazione sentimentale con nessuno dopo essere stata abbandonata dal vaccaro.

Le voci sulle scappatelle del vaccaro continuavano ad essere protagoniste indiscusse di tante conversazioni

a la “chiazza” e nei bar del paese. In tanti affermavano che la sua ultima avventura, probabilmente con una

minorenne, gli era costata la vita ma le forze dell’ordine non trovarono mai indizi precisi e i responsabili del

delitto restarono per sempre impuniti.

06

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

SESSO, ONORE E SANGUE Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 36: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

Un mesetto dopo, il 22 Febbraio 1958, veniva segnalato al commissariato di Alcamo che in c/da Santa

Lucia ignoti avevano colpito con arma da fuoco un tale che giaceva per terra e che implorava aiuto. Si

trattava del cinquantenne alcamese Pietro Sucameli che stava perdendo molto sangue e che, sollecitato

dalle domande della Polizia, negava di conoscere gli attentatori che lo avevano ridotto in quello stato.

Ben presto le condizioni dell’uomo si aggravarono e perfino don Settipani, cappellano della chiesa di San

Paolo e Bartolomeo, venne invitato presso il pronto soccorso. Di fronte al prete e poco prima di spirare

l’uomo pronunciava la frase: “ Disgraziatu, unnu vitti cca era cchiù curtu di Popò! Malerittu quannu mi

susivu menzura prima!”.

L’unico testimone dell’omicidio era stato un certo Liborio Adragna che raccontò agli investigatori le ultime

ore di vita del Sucameli dato che la stalla che aveva preso in affitto da questi era di fianco a quella della

vittima. Adragna racconterà agli investigatori che poco prima dell’alba i due si erano visti nei pressi

dell’edificio e verso le 5.30 del mattino mentre Adragna era all’interno della stalla due fortissimi colpi di

arma da fuoco avevano colpito il vicino. L’uomo a quel punto sarebbe corso in paese per chiedere aiuto

mentre Sucameli giaceva a terra implorando soccorso.

L’interrogatorio non convinse gli investigatori che, considerati anche i precedenti penali del testimone,

ottennero dal magistrato il fermo dello stesso con l’accusa di omicidio. Secondo gli investigatori del tempo

Adragna era un vaccaro abbastanza astuto e prepotente ed era anche capace di rappresaglie e violenze.

All’epoca in quell’ambiente si fornivano spessissimo delinquenti, killer e uomini fidati per la cosca dei Rimi

che già dal secondo dopoguerra controllavano capillarmente il territorio delle campagne alcamesi.

I colpi di scena di questo secondo omicidio non finiscono però con l’arresto dell’Adragna perché gli

investigatori identificheranno un altro personaggio, un tale Nicolò Acccurso, nipote del Sucameli, affittuario

di una terza stalla in c/da S.Lucia sempre di proprietà della vittima. Quest’ultimo smentirà le ricostruzioni

dei fatti dichiarata da Adragna e porterà gli investigatori a ulteriori ricerche di prove e indizi alla ricerca

della verità. La Polizia arresterà, qualche giorno dopo, anche Benedetta Secchia e Maria Sucameli

rispettivamente suocera e moglie dell’Accurso poiché le dichiarazioni delle donne erano molto discordanti

fra loro.

Cosa successe in effetti quella mattina del 22 Febbraio 1958? Qual era il probabile movente sull’omicidio

Sucameli?

Questo omicidio fu inquadrato nella categoria “delitti d’onore”. Prima di essere ucciso, il Sucameli avrebbe

avuto un forte diverbio con Adragna perché il primo si era accorto che il secondo corteggiava

insistentemente la nipote Maria, moglie dell’Accurso, che giornalmente si recava sul posto per pulire la

stalla. Dalla discussione tra i due scaturì lo sfratto dalla stalla a danno dell’Adragna che, vistosi cacciato, si

trasferirà con i suoi animali ad Alcamo diramazione fino al 18 febbraio, data in cui farà nuovamente rientro

nella stalla di Santa Lucia.

Sucameli, visto lo sgradito ritorno del vicino, racconterà al nipote Nicolò Accurso delle avventure della

moglie di quest’ultimo Maria con l’Adragna. Maria aveva fatto cornuto il marito sotto i suoi occhi e a questi

non restava altro da fare che salvare il suo onore uccidendo l’avversario.

Sucameli avrebbe a quel punto aiutato il nipote a preparare il piano per far fuori il vaccaro prima dell’alba

quando, dato il buio, nessuno riesce a vedere e distinguere nulla.

Page 37: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

Come in parecchi omicidi preparati nei minimi particolari anche in questo caso qualcosa di imprevisto

accade e rovina quei piani solo apparentemente perfetti. Il Sucameli, secondo quanto stabilito, si sarebbe

dovuto recare da Adragna solo dopo la sua avvenuta morte. Per chissà quale motivo invece si recherà dal

vicino qualche minuto prima. Il nipote vedendo due sagome nel buio sparerà due colpi di arma da fuoco

alla persona sbagliata colpendo così lo zio e mettendo invece in fuga l’Adragna verso il paese.

Ecco così spiegate le frasi del morente “Malirittu a quannu mi susivu prima. Discraziatu, unnu vitti cca eru

cchiu’ curtu. Eravamu iu e Popò suli”. Senza alcun dubbio il bersaglio doveva essere Adragna Liborio e non il

Sucameli Pietro (co-organizzatore del delitto) il quale effettivamente era molto più basso dell’Adragna.

Nonostante le differenze di altezza il nipote non avrà notato nel buoi la differenza sparando all’obiettivo

sbagliato date le tenebre e un forte temporale in corso durante l’omicidio.

L’Adragna aveva capito subito che quelle fucilate erano dirette a lui ed ecco perche spaventato non usci

subito dalla stalla e fuggì dopo direttamente verso Alcamo. Ecco spiegato inoltre anche perche il Sucameli,

pur rimanendo per un breve tempo lucido, non rivelò mai agli inquirenti il nome del suo assassino dato che

si trattava di suo nipote Nicolò Accurso. Tutti i protagonisti di questa triste vicenda furono scarcerati,

tranne l’Accurso condannato per omicidio.

Sempre nello stesso anno un altro delitto di passione si consumò nella nostra zona. Stiamo parlando

dell’omicidio di Liborio Lombardo, agricoltore di 55 anni, avvenuto il 19 Dicembre 1958 in c\da Timpi Rossi.

Il contadino era conosciuto in paese come un uomo tranquillo e mite ma interrogando la moglie Oliva Grillo

venne fuori una descrizione del tutto inaspettata del Lombardo. La donna raccontò alle forze dell’ordine

che l’unione con Liborio fino al 1949 era stata dettata da reciproco rispetto e senso della famiglia fino a

quando il marito non conobbe una sua vicina di casa, tale Vincenza Regina, vedova e soprattutto ancora di

bella presenza.

Da quel momento, dichiarerà Oliva, i rapporti con suo marito divennero insostenibili e il marito ricorreva

perfino ad una vera violenza fisica nei suoi confronti vietandole (a suon di botte) di affacciarsi dal balcone

di casa per l’ora del suo rientro dalle campagne. Tale motivazione era dettata dal fatto che il contadino,

finito il lavoro di campagna e prima di rientrare a casa, passava quasi tutti i giorni dalla vicina Vincenza

Regina e voleva quindi evitare di essere visto dalla moglie. Per gli investigatori, purtroppo, anche questo

omicidio rimarrà impunito.

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 38: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

Dopo la Guerra, non c’era appezzamento di terreno attorno ad Alcamo che non fosse sotto

l’influenza di Vincenzo Rimi e dei suoi scagnozzi. Tra il 1945 e il 1950 il potente boss alcamese

aveva creato una vasta rete di controllori e fiancheggiatori del malaffare. Guardie campestri,

gestori di feudi e anche bassa manovalanza rispondevano del loro operato solo a lui. Proprietari

terrieri e grandi latifondisti erano invece, in diversi casi, solo fantocci che conoscevano poco le

terre e che via via stavano cedendo il loro poco potere alla mafia, ovvero a chi quelle terre le

viveva e nei fatti le gestiva.

Chi, volontariamente o inconsapevolmente, dava loro fastidio veniva punito. La strategia del

“colpirne uno per educarne cento” non era però affatto necessaria. Gli alcamesi avevano paura e il

clan dei Rimi mostrava tutta la propria forza seminando il terrore e ricorrendo a violenze e soprusi.

Il 14 Aprile 1949 in contrada Crivara veniva ucciso a colpi di fucile Baldassare Pugliesi, capraio

alcamese di 37 anni.

Un anno dopo, in seguito a indagini molto accurate, venne arrestato un certo Paolo Mirabella, di

34 anni, con l’accusa di omicidio volontario premeditato. In un contesto di paura e di totale

omertà non era affatto facile scovare indizi o racimolare qualche testimonianza coraggiosa.

07

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

A CHI TI LEVA IL PANE LEVACI LA VITA Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 39: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

In questo caso però la caparbietà degli investigatori venne premiata e in c/da Biurdo, presso il

casolare di proprietà del Mirabella, si trovarono diversi fucili e cartucce usati spesso proprio da

quei noti controllori abusivi di campi e latifondi. Paolo Mirabella era proprio uno di quelli che, per

conto dei Rimi, faceva rispettare le regole del boss in tutte le campagne limitrofe. Controllava i

terreni, gli sconfinamenti e gestiva, nei limiti dell’autorità concessagli, piccole controversie fra

braccianti o fra proprietari. Scriveranno gli investigatori del tempo che fin da piccolo il Mirabella

aveva vissuto in una famiglia di pregiudicati e aveva sempre respirato l’aria della violenza e

dell’illegalità.

“Fare carriera” in questo campo non era difficile per uno abituato come lui a vivere a contatto con

delinquenti e mafiosi. Ogni giorno andava in giro per le terre armato di fucile perché si era

autonomamente dato il titolo di “guardiano” ovvero colui che controllava i terreni di altri

proprietari al fine di evitare il loro danneggiamento. Per questo suo lavoro, ottenuto il placet di

Rimi, percepiva una somma di denaro pagata dai latifondisti che si basava poi sull’effettivo

raccolto della stagione.

Le indagini si erano vivacizzate in seguito alle dichiarazioni di Vita Amodeo, vedova del povero

Pugliesi. La donna infatti ammise che nel periodo natalizio del 1948, qualche mese prima

dell’omicidio del marito, il Pugliesi aveva varcato i confini delle sue terre portando le sue pecore e

capre in fondi altrui.

Il Mirabella, presente sul posto, accortosi dell’accaduto aveva iniziato a sparare in aria diversi colpi

di fucile ma voleva lasciare un messaggio chiaro al pecoraro: “Se non fosse stato per il rispetto che

ho per tuo cognato, a quest’ora ti avrei già ucciso insieme alle tue bestie”.

Purtroppo per il Pugliesi gli incontri con il feroce guardiano continuarono e stavolta nessuna

parentela lo avrebbe salvato. L’uomo dei Rimi infatti, a causa dei danneggiamenti subiti dal

proprietario del terreno in cui prestava il suo servizio di sorveglianza, questa volta non avrebbe

beccato una lira. Il raccolto era stato danneggiato e il proprietario del fondo non aveva alcuna

intenzione di pagare per un servizio non ricevuto. Mirabella così era andato su tutte le furie e poco

prima di uccidere il pecoraro gli disse ad alta voce: “Lo sai Come si Dice, a chi ti leva il pane, levacci

La Vita”!

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 40: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

Gli anni cinquanta ad Alcamo rappresentarono un periodo strano. Nonostante gli equilibri forti che

si erano instaurati tra le varie famiglie mafiose di Alcamo, in primis i Rimi e i Lauria, qualcuno

remava contro l’ordine “isituzionale” costituito e non tutta la criminalità locale obbediva e

rientrava all’interno delle strategie dei clan.

I Rimi oramai avevano un numeroso gruppo di affiliati, amici e prestanomi ma nelle campagne e

nella periferia della città anche a loro sfuggiva qualcosa. Delitti fra pastori e contadini ad esempio

mettevano in luce come il controllo assoluto di tutto quello che accadeva ad Alcamo era

impossibile. Mentre i Rimi stavano conquistando tutto quello su cui era possibile ottenere soldi e

potere anche i traffici di stupefacenti stavano cominciando a espandersi a livello internazionale.

Negli anni cinquanta si verificarono diversi eventi molto importanti per il crimine alcamese e altri

molto utili per capire oggi l’aria che si respirava ai tempi.

Nel Febbraio del 1952 quando il boss Frank Coppola veniva arrestato per il traffico internazionale

di droga anche Alcamo balzò agli onori della cronaca. Presso la stazione ferroviaria infatti un

grosso baule verde contenente cinque chili di eroina, destinato al noto alcamese Salvatore

Mancuso, veniva sequestrato mandando all’aria un giro d’affari di proporzioni enormi per quegli

anni.

Nell’Ottobre 1957 il boss Vincenzo Rimi venne invitato al famosissimo summit mafioso

internazionale presso l’Hotel delle Palme di Palermo durante il quale i capi di Cosa Nostra

americana e siciliana si spartirono il traffico della droga e dal quale scaturiranno presto le

gerarchie di potere di Cosa Nostra siciliana.

Mentre Vincenzo Rimi si guadagnava la fiducia, la stima e il rispetto a livello regionale da parte

della nascente organizzazione criminale il suo territorio era però soggetto a forti violenze, delitti e

altri eventi del tutto imprevisti e fuori dal suo controllo.

L’8 Gennaio del 1959, ad esempio, veniva ucciso Nino Colletta di soli 29 anni. Il capraio alcamese

era stato colpito con diversi colpi di lupara perfino alla testa. Mentre dormiva con il fratello

Antonio all’interno di un pagliaio di loro proprietà, i due furono svegliati dall’abbaiare dei loro

cani. In pochi secondi Nino si trovava già a terra e il fratello Antonio tentava di rispondere al fuoco

sparando a sua volta contro gli aggressori.

08

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

LA LEGGE DI VINCENZO RIMI Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 41: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

Nella foto Antonino (Nino) Bongiovanni

Quando il pastore alcamese sarà ormai morto il fratello dichiarerà agli investigatori soltanto come

si erano svolti i fatti non facendo i nomi degli aggressori. Nonostante un clima di forte omertà e

paura le forze dell’ordine riusciranno a ricostruire i fatti dopo aver perfino arrestato il fratello della

vittima Antonio.

Si stava indagando però su uomini fidati dei Rimi. I fratelli Colletta più volte si erano resi

protagonisti di minacce, violenze e piccoli attentati nei confronti di poveri contadini e delle loro

proprietà. Erano noti a tutti ed era anche famosa la loro parentela con i Rimi. Nonostante molti

girassero alla larga da loro, i fratelli Mistretta, che avevano degli appezzamenti di terra in c\da

Carminone nei pressi della stalla dei Colletta, mal sopportavano i due caprai. In particolare diversi

animali del gregge dei fratelli Colletta avevano più volte danneggiato gli appezzamenti di terra dei

Mistretta.

Quando la polizia scoprirà che i Mistretta avevano minacciato di morte i Colletta, Antonio Colletta

preciserà tutte le circostanze della morte del fratello Nino riferendo di aver riconosciuto gli

assassini, ovvero Giuseppe e Ignazio Mistretta che verranno arrestati.

Altro omicidio, simile per movente al precedente, fu quello del quarantaquattrenne Antonino

Bongiovanni ucciso in c\da Palmeri il 2 Agosto del 1959. Verso le 18.30 di quell’afoso pomeriggio

nelle campagne alcamesi un altro uomo dei Rimi perdeva la vita. Non si trattava però di un

regolamento di conti o di una guerra contro il potente clan di don Vincenzo.

Gli investigatori scopriranno presto l’autore del delitto: il trentenne Antonio Di Liberto. A questi

durante una perquisizione verrà ritrovato il fucile che aveva freddato il Bongiovanni e dichiarerà

che - stanco di sopportare le violenze, i danneggiamenti e le angherie da parte della vittima - aveva

deciso di eliminarlo.

Quell’Agosto infuocato del 1959 non era però ancora finito. Due giovani allora molto conosciuti

dalla popolazione alcamese, Giuseppe Calandrino di 20 anni e Antonio Di Giovanni di 52, stavano

discutendo animatamente in Piazza Ciullo. La discussione era sicuramente molto importante dato

Page 42: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

che diversi uomini dei Rimi si trovavano a debita distanza col fine di ascoltare l’animata

conversazione dei due.

Una volta finita la discussione mentre Di Giovanni si dirigeva verso casa, Calandrino invece veniva

seguito dagli uomini di Vincenzo Rimi che raggiunta una strada secondaria iniziarono a picchiarlo

selvaggiamente rompendogli il setto nasale e fratturandogli diverse dita della mano.

Quale pericolo si nascondeva per il clan dei Rimi in quella discussione animata di Piazza Ciullo?

Cosa legava Calandrino -giovane vaccaro e in cerca di un lavoro stabile- a Di Giovanni -

cinquantenne appena uscito dalla galera?

L’11 Agosto, 4 giorni dopo, Calandrino (che nel frattempo era sparito dalla circolazione e

frequentava solo posti poco affollati) sarà ritrovato cadavere in c\da Serrone nei pressi di una

trazzera ucciso da diversi colpi alla schiena e alla testa.

Gli investigatori scopriranno presto che nella vita di Calandrino c’erano altri misteri: ad esempio

degna di nota la sua relazione di lavoratore subordinato nei confronti di un potente affiliato dei

Rimi, Giuseppe Lucchese, assassinato in c\da Calatubo da ignoti killer. I Rimi sospettavano forse

che Lucchese fosse stato ucciso dallo stesso Calandrino?

Di Giovanni intanto non si faceva più vedere in giro. Conosceva il codice mafioso e sapeva che la

sua morte era stata già decisa. Proprio per questo motivo decise di cambiare strategia: passare

con il nemico! Incontratosi con alcuni uomini dei Rimi chiese un incontro pubblico col il boss

Vincenzo con l’intenzione di fare nomi, cognomi e di spiegare i progetti che dovevano portare alla

caduta dell’intero clan alcamese.

Il 27 Agosto del 1959 alle 13.25 Di Giovanni è seduto ai tavolini del Bar Noto nel Corso VI Aprile. È

questo il luogo dell’appuntamento su cui le due controparti hanno raggiunto l’accordo. Gli uomini

dei Rimi però non si presentarono all’appuntamento per parlare… Neanche il tempo di ordinare

una granita che una raffica di colpi uccise l’ultimo nemico dei Rimi degli anni cinquanta.

Nella foto il cadavere di Giovanni Calandrino

Page 43: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

4

Di Giovanni verrà ucciso davanti a tantissima gente, in pieno giorno, seduto ai tavolini di un bar.

Nessuno però intenderà parlare con gli ispettori, nessuno dirà di aver visto niente. Gli autori del

delitto non verranno mai scoperti e l’omertà della popolazione alcamese permetterà ancora di più

ai Rimi di rafforzare il loro già enorme potere quasi legittimando ogni loro gesto. Mettersi contro

Vincenzo Rimi non conveniva a nessuno. La legge, purtroppo, era lui!

Nelle foto la tragica morte di Antonio Di Giovanni

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 44: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

Tra moglie e marito… non mettere l’amante! I famosi triangoli amorosi degli anni cinquanta nella

città di Alcamo erano all’ordine del giorno, come oggi del resto. L’unica particolarità di quegli anni

era verosimilmente il pericolo di essere ammazzati da vendette, tragedie, gelosie.

La prima storia di questo capitolo riguarda la famiglia Bono di Via Leone XIII, civico 5. Verso le

10.30 di sera dell’11 Settembre 1959 sia al commissariato di Polizia che alla caserma dei

Carabinieri di Alcamo giungeva una curiosa e strana notizia: un tal Tommaso Bono aveva

avvelenato la moglie e subito dopo era scappato a gambe levate dalla sua abitazione.

Arrivati sul posto, gli investigatori trovarono Domenica Valenti in preda a forti dolori e in stato di

incoscienza. Vicino alla morente, oltre a diversi vicini di casa, stava anche la sorella di quest’ultima,

Antonina, e la figlia della morente stessa Giuseppina di anni 11.

Le donne avevano concordemente dichiarato che il loro congiunto Tommaso Bono, 33 anni,

rispettivamente cognato e padre, aveva avvelenato la moglie facendole ingerire un fico

avvelenato.

Poiché le condizioni di Domenica si presentavano gravissime, al punto da non poterla trasportare

in Ospedale, gli investigatori fecero immediatamente intervenire a casa della vittima il Dott. Enzo,

Amodeo, purtroppo invano. Dopo poche ore la giovane donna passava a miglior vita mentre alcuni

poliziotti fermavano sulla circonvallazione il marito intento alla fuga.

Dopo poche ore, presso il commissariato di Polizia, Il Bono dichiarava cinicamente di avere da mesi

pensato a sopprimere la moglie poiché da tempo era innamorato di una certa Rosa Cammisa e i

due amanti volevano sposarsi senza avere intoppi di qualsiasi tipo.

Il principale ostacolo non era altro che la moglie del Bono, ovvero la povera Valenti, e così istigato

quotidianamente dall’amante il giovane marito avrebbe preparato il piano per farla fuori.

L’uomo, recatosi qualche giorno prima dell’omicidio a Salemi con l’intento di acquistare del veleno

per uccidere dei cani, si era in realtà procurato facilmente l’arma del delitto. Secondo il Bono

inoltre la stessa amante lo aveva ripetutamente minacciato di morte e quindi l’omicidio della

moglie diventava una necessaria risoluzione di tutti i problemi.

09

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

ADULTERI DI UN TEMPO Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 45: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

Il cadavere di Salvatore Adamo

Dopo l’avvelenamento, l’uomo spiegherà che era uscito di corsa da casa perché pentito di quanto

aveva fatto e alla ricerca disperata di un dottore. Gli investigatori, dopo la confessione,

arresteranno sia Tommaso Bono che l’amante Rosa Cammisa per omicidio premeditato con

avvelenamento.

Una storia sempre tragica e molto più misteriosa accadrà invece il 9 Dicembre dello stesso anno

in via Tenente Fundarò al civico 6. Verso le otto di sera, a terra e ormai privo di vita, c’era un uomo

completamente vestito e con un vistoso cappello in testa. L’uomo era già morto e a pochi metri da

lui giacevano numerose cartucce calibro 7.65. Si trattava di Adamo Salvatore, un innocuo e ben

voluto 65enne in pensione ed ex membro delle guardie campestri di Alcamo.

L’uomo non aveva mai commesso crimini nel suo passato e aveva un curriculum giudiziario

decisamente pulito. Come mai allora era stato ucciso in strada così barbaramente?

Gli investigatori scoprirono che l’uomo si trovava in quella strada perché lì abitava la sua amante.

La donna, Vita Loria, vedova e di settantotto anni, dichiarò senza remore che era l’amante del

povero Salvatore. I due si frequentavano da 40 anni e la loro storia era durata fino ad un attimo

prima della sparatoria. La donna aveva anche dichiarato che non vi erano mai state liti,

incomprensioni o altre brutte faccende. Adamo era sposato con una certa Maria Cristina Nacler

mentre Vita si manteneva da sola conducendo la sua vita di povera vedova in cerca di conforto.

A chi poteva dare fastidio questa relazione così tanto segreta? Le indagini proseguirono per

parecchio tempo ma non verranno mai trovati i colpevoli né il movente di questo strano omicidio.

Page 46: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

Gli investigatori sul luogo del delitto Adamo

Dopo meno di un anno, una nuova storia di corna aveva portato nuovo sangue ad Alcamo. Il 4

Novembre 1960, verso le 8 e mezza del mattino veniva ricoverato presso l’Ospedale di Alcamo,

Francesco La Rocca, un impiegato alcamese di 37 anni; subito dopo, mentre i sanitari prestavano

soccorso all’uomo, veniva trasportata sempre d’urgenza al Pronto Soccorso Rosa Scalisi di soli 18

anni. Il primo era ferito a causa di diversi colpi di arma da fuoco, la donna invece, quasi

moribonda, aveva riportato delle ferite da arma da fuoco multiple alla mammella sinistra e

probabilmente i proiettili erano penetrati fin dentro la cavità toracica.

Dalle prime indagini effettuate dagli investigatori, coordinate dal Dirigente del Commissariato di

Polizia Girolamo Parrino, risultava che i due avevano riportato le lesioni predette in seguito ad una

sparatoria avvenuta nell’abitazione della Scalisi Rosa, dove entrambi si trovavano.

Mentre la donna era già morta, gli investigatori iniziarono a interrogare La Rocca. L’uomo raccontò

che l’amicizia con Rosa era nata per un semplice caso: l’abitazione della donna era posta di fronte

alla sede della ditta per cui lavorava l’uomo. In pochi mesi i due erano entrati molto in confidenza

e la giovane Rosa aveva iniziato a parlare di tutto con il suo nuovo confidente; diverse volte la

giovane donna si sfogava a causa del marito, Baldassare Rizzo, lamentandosi che era lasciata

sempre senza una lira e nessuno provvedeva mai al suo sostentamento.

La mattinata della sparatoria La Rocca era andato a trovare Rosa poiché la stessa lo aveva invitato

telefonicamente la sera precedente. Questi, una volta entrato presso l’abitazione di Via Balatelle,

si era visto scagliare addosso diversi colpi di arma da fuoco. La donna infatti dopo averlo colpito

ripetutamente e avendolo poi visto a terra aveva deciso infine di porre fine alla sua stessa vita.

Page 47: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

4

Secondo le dichiarazioni di La Rocca tutto ciò era incomprensibile: i due non avevano mai avuto

rapporti carnali, né storie platoniche o qualsiasi altro genere di avventura. Perché mai allora la

donna aveva sparato all’amico e poi aveva deciso di togliersi la vita puntandosi l’arma al petto? La

moglie di La Rocca, interrogata dagli inquirenti, negò ogni possibile storiella del marito con quella

giovane ragazza mentre la vicina di casa di Rosa, la signora Vincenza Dattolo raccontò i primi

minuti dopo che era avvenuto l’omicidio.

Vincenza Dattolo quella mattina si trovava in casa intenta a svolgere le faccende domestiche

quando all’improvviso un urlo squarciò la quiete della mattina. “La sta ammazzando, la sta

ammazzando!”, qualcuno aveva urlato a squarciagola nella strada. Una volta giunta nei pressi della

chiesetta di San Giuseppe molti passanti dichiaravano che un tal “Ciccio Puddastra” era uscito

sporco di sangue dall’abitazione della povera Rosa.

Il corpo della donna verrà scoperto successivamente dai Vigili del Fuoco che facilitarono l’ingresso

della Polizia nell’appartamento dato che il portone d’ingresso era chiuso. Un vigile del fuoco, una

volta vista la donna tutta sporca di sangue giacere per terra, le prestò soccorso e notò una pistola

per terra e un caricatore sul comodino. Alla domanda posta dal pompiere se l’omicida fosse stato il

marito, la giovane donna rispondeva seccamente di no.

Mentre La Rocca veniva medicato e curato in ospedale, il marito della vittima giungeva correndo

verso la stanza in cui i medici curavano l’uomo. Baldassare Rizzo, marito di Rosa Scalisi, era su

tutte le furie e cercava prepotentemente di entrare per dare una lezione a La Rocca. L’uomo verrà

immediatamente interrogato dagli investigatori e fornirà una versione dei fatti particolarmente

inaspettata. I due sposi si erano conosciuti molto giovani avevano iniziato a frequentarsi quando

Rosa aveva da poco fatto 18 anni. Pochi mesi dopo, secondo il marito, questi era stato costretto a

sposarla a causa di pressioni e minacce subite da parte dei parenti della donna. Rosa era stata

sottoposta a visita ginecologica ed era risultato che questa non era più vergine. Rizzo, contro la sua

volontà, dovette sposare Rosa ma disse al suocero che un giorno avrebbe saputo la verità sui

rapporti pre-matrimoniali della moglie.

Foto di Rosa Scalisi

Page 48: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

5

Dopo il matrimonio Rizzo tenterà diverse volte di far confessare Rosa. Questa però dirà in un

primo momento che la causa di quell’esito ginecologico era dovuta a una semplice masturbazione

e poi invece inizieranno le prime ammissioni: a sedurla prima del matrimonio era stato l’ex

fidanzato della sorella, un certo Giuseppe Fratello. Era stato lui a fare l’amore con Rosa prima del

matrimonio con Rizzo e il tutto all’insaputa della sorella e del padre. La Scalisi inotre confiderà che

a parte Fratello anche un altro uomo aveva tentato di sedurla, offrendole perfino 150 mila lire, ma

mai rivelerà il suo nome.

Secondo Rizzo, che possedeva tra l’altro la pistola regolarmente denunciata e con la quale Rosa si

era uccisa, il signor La Rocca altri non era che quell’uomo che in cambio di denaro aveva tentato di

sedurre la moglie.

Rizzo purtroppo le prove non le aveva ma da mesi andava in giro a dire che sua moglie prima o poi

l’avrebbe fatta morire di morte lenta. Perfino il giorno in cui la moglie era stata uccisa, un

testimone oculare racconterà che Rizzo non era affatto dispiaciuto anzi accennava perfino qualche

battuta.

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 49: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

“La chiamavano Bocca di Rosa, metteva l’amore sopra ogni cosa” cantava qualche anno fa Fabrizio De Andrè in una delle più belle canzoni di tutti i tempi. Il cantautore genovese, con la sua inconfondibile voce, raccontava la vicenda di una donna forestiera che con il suo comportamento passionale e libertino aveva sconvolto la quiete di un piccolo paesino della Liguria. Nei versi di questo capolavoro si ridicolizzava la mentalità perbenista della popolazione e gli atteggiamenti bigotti di tantissime donne che, non tollerando la condotta della donna, riuscirono a farla espellere dal paese. La nostra storia purtroppo, molto simile per diversi aspetti, avrà invece un finale molto più tragico… Prima della famosa legge Merlin del 1958, che aboliva in Italia la prostituzione legalizzata, anche ad Alcamo vi era stata l’epoca delle case chiuse. Due, in particolare, erano le sedi più frequentate: la casa chiusa di via Laurana nei pressi di Piazza Mercato e la casa di “vanchiteddu”, al secolo donna Emilia, in via Solferino. Ad Alcamo quindi il fenomeno della prostituzione legalizzata esisteva ed era molto diffuso nella nostra cittadina. Diversi alcamesi celebrarono in queste case la loro iniziazione sessuale mentre tanti altri affollavano questi piccoli bordelli solo per fare due chiacchiere con amici molto riservati in mezzo a ragazze poco vestite e disinibite.

10

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

ALCAMO E LA SUA BOCCA DI ROSA Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 50: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

Oltre a queste soluzioni esisteva anche la possibilità di incontrarsi con delle “prostitute di lusso”, spesso ragazze di fuori paese che pretendevano tanto offrendo servizi costosi e di alto livello, e infine tante casette e alberghetti che avevano come clienti i braccianti, gli operai e in genere gli alcamesi di un più basso ceto sociale. Nei bar ogni tanto si sentiva parlare delle gesta e delle grazie di queste protagoniste dell’epoca come “Pina la bella”, “Lola la statunara” o la più nota “Rosa la nivura”, mentre si mescolava tra una pasta e l’altra la realtà alla leggenda. La nostra storia racconta, purtroppo, della tragica fine di Rosa la nivura, nome d’arte di Maria Arusio, una bellissima donna di Montelepre che ad Alcamo aveva reso felici diversi uomini, vittime di matrimoni infelici o di mogli poco provocanti. Il 23 Febbraio 1960, verso le cinque del pomeriggio, arrivò la notizia che Rosa la nivura era stata ammazzata. Presso una grotta di Monte Bonifato, giaceva il suo corpo senza vita. Diversi colpi da arma da fuoco avevano messo la parola fine alla sua vita ma non alla sua leggenda. Rosa la nivura, come la più nota Bocca di Rosa, non era una vera e propria prostituta nell’accezione classica del temine; aveva avuto prima un marito, Gaspare Roccaforte, dal quale si era separata e anche un lavoro normale come quello della lavandaia. Il basso salario costringeva la donna a vendere il suo corpo sia occasionalmente sia ripetutamente a dei fidati clienti ma tentando sempre di concedere le sua grazie a persone celibi ed evitando di rovinare famiglie. Mai volgare, mai spudorata, la trentenne Rosa la nivura era anche un esempio di eleganza nel vestire e nei modi. Una donna diversa sia dalle prostitute che lavoravano ad Alcamo sia dalle tante mogli alcamesi che dopo il matrimonio si lasciavano andare verso una decadenza estetica intollerabile. Quando gli investigatori iniziarono ad indagare su questo delitto capirono subito che non si trattava del classico assassinio di una “buttana”. Il padre della vittima aveva spiegato alle forze dell’ordine che la figlia ormai da anni non conviveva più con il marito e che diversi erano stati i suoi amanti negli ultimi tempi: Arcangelo Milazzo e Gaetano Manno solo i più noti. Una pista, fin da subito seguita, fu quella che aveva lasciato intendere la stessa donna qualche giorno prima di morire. Rosa la nivura infatti si era presentata dai pubblici ufficiali per presentare un esposto in cui dichiarava di sentirsi in pericolo. Una donna, Giuseppa Balì, madre del giovane Gaetano Manno, amante della nivura, e altri suoi parenti l’avevano minacciato di morte pesantemente. “O non lo vedi più o ti ammazziamo” avevano urlato contro Rosa. Rosa, dal canto suo, tentava di spiegare che era vittima del Manno e che non riusciva a liberarsi di lui. Gaetano Manno, prima di contrarre matrimonio, era stato per diverso tempo amante e frequentatore del talamo di Rosa la nivura. Dopo il matrimonio però, non riuscendo a dimenticarla, la minacciava continuamente di morte se questa non cedeva alle sue voglie ogni volta che se ne presentava l’occasione. I due quindi avevano pian piano vissuto una storia parallela mentre la poverina subiva contemporaneamente le minacce dell’uomo e dei suoi parenti. La moglie del Manno, tra l’altro anche cugina, grazie alle comuni parentele negli ultimi tempi aveva iniziato a fare sul serio. Il fronte comune anti Rosa aveva sorpreso i due amanti in campagna

Page 51: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

cogliendoli sul fatto e lo stesso Manno oramai veniva ripetutamente minacciato di morte dalla moglie e da tutto il parentado. Questa storia si doveva troncare o sarebbero stati guai per tutti. Manno, oramai braccato, decise di confidarsi successivamente con il cugino Gaspare Mulè. Se doveva troncare la storia con Rosa allora era meglio risolvere il problema con la morte della donna. Il cugino si offrì di fare il lavoro sporco: avrebbe ucciso la donna senza esitare e avrebbero tutti ritrovato pian piano la serenità familiare. Mentre i due giovani amanti si incontravano nella solita grotta di Monte Bonifato, Mulè seguiva gli accadimenti con una pistola in mano. Forse per la paura o per il troppo buio, i colpi di arma da fuoco non andarono tutti a segno e così la povera Rosa la nivura morirà dopo una lunga agonia tra le braccia del mandante della sua morte. Manno la teneva tra le sue braccia, la copriva con le sue lacrime e tentava di scaldarla coprendola con uno scialle; ad Alcamo invece scompariva un’incona per sempre. Ventiquattro anni di carcere per Manno, come del resto per suo cugino, rappresentarono soltanto una magra consolazione per gli alcamesi ma almeno questa volta i colpevoli furono trovati e puniti.

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 52: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

Con questa appendice i lettori potranno trovare una comoda cronologia dei principali fatti di mafia

ordinati cronologicamente per anno. Sono, inoltre, evidenziati tutti quegli accadimenti che si sono

svolti nel territorio alcamese in modo tale da rendere agevole un loro inserimento nel contesto

regionale e nazionale entro cui sono maturati.

1893 1 febbraio- Linea ferroviaria Termini Imerese - Palermo Omicidio di Emanuele Notarbartolo, ex sindaco di Palermo ed ex direttore del Banco di Sicilia. Accusato di essere mandante del delitto è l’onorevole Raffaele Palizzolo, che fu prima condannato e poi assolto.

1903 12 marzo- Palermo Omicidio di Joseph Petrosino, tenente italo-americano della polizia di New York, giunto in Italia sotto falso nome per condurre una per condurre un'inchiesta sui rapporti tra mafia siciliana e americana

1905 14 ottobre - Corleone (Pa) Omicidio di Luciano Nicoletti, contadino, militante del movimento dei Fasci siciliani, impegnato nelle lotte contro il latifondo

1906 13 gennaio - Corleone (Pa) Omicidio di Andrea Orlando, medico, consigliere comunale. Sosteneva i contadini nelle lotte per le "affittanze collettive"

11

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

APPENDICE: CRONOLOGIA ESSENZIALE Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 53: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

1911 16 maggio - S. Stefano di Quisquina (Ag) Omicidio di Lorenzo Panepinto, dirigente dei Fasci e poi del Partito Socialista, in passato anche consigliere comunale, assessore e sindaco, si era battuto per l'affittanza collettiva, fondando la Lega di miglioramento dei contadini

1915 3 novembre - Corleone (Pa) Omicidio di Bernardino Verro, fondatore del Fascio di Corleone, eletto sindaco di Corleone nel 1914

1919 29 gennaio - Corleone (Pa) Omicidio di Giovanni Zangara, eletto consigliere e poi assessore nella lista di Bernardino Verro

22 settembre - Corleone (Pa) Omicidio di Giuseppe Rumore, il quale si era posto l'obiettivo di unire i contadini nella lotta contro il latifondo

29 febbraio - Prizzi (Pa) Omicidio di Nicola Alongi, dirigente del movimento contadino siciliano

1934

La vita di MANCUSO Salvatore

1940

La gesta di FRÀ DIAVOLO

1943

10 luglio - Gela (Cl) Sbarco degli alleati anglo-americani in Sicilia. L’operazione è denominata "Hushy"

1944 La Devastazione di Alcamo

1947 4 gennaio -Sciacca (Ag) Omicidio di Accursio Miraglia, sindacalista

Page 54: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

1° maggio -Piana degli Albanesi (Pa) Strage di Portella della Ginestra

8 novembre -Marsala (Tp) Omicidio di Vittorio Pipitone, sindacalista

1948 2 marzo -Petralia Soprana (Pa) Omicidio di Epifanio Li Puma, sindacalista

Alcamo Omicidio Messana

10 marzo -Corleone (Pa) Omicidio di Placido Rizzotto, sindacalista

14 marzo Corleone (Pa) Omicidio di Giuseppe Letizia, 13 anni, pastore, testimone oculare del rapimento e dell'uccisione di Placido Rizzotto. Il suo killer è il dottor Michele Navarra, capo della famiglia dei Corleonesi

1 aprile- Camporeale (Pa) Omicidio di Calogero Cangelosi, segretario della Camera del lavoro di Camporeale

13 aprile - Corleone (Pa) Arresto del dottor Michele Navarra, capo della famiglia dei Corleonesi

1949

Alcamo omicidio PUGLIESI Baldassare

1950 5 luglio - Castelvetrano (Tp) Omicidio di Salvatore Giuliano, capo della banda che sparò sulla folla a Portella della Ginestra

1954 9 febbraio - Palermo Gaspare Pisciotta, luogotenente di S. Giuliano, muore nel carcere dell'Ucciardone bevendo un caffè avvelenato

1955 16 maggio - Sciacca (Ag) Omicidio di Salvatore Carnevale, sindacalista

Page 55: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

4

1957 25 aprile Camporeale (Pa) - Sciacca (Ag) Omicidio di Pasquale Almerico, sindacalista

10-14 ottobre -Palermo Summit mafioso all'Hotel delle Palme tra i capi della mafia siciliana e quella italo-americana per discutere di traffico di droga e della riorganizzazione di Cosa Nostra in Sicilia

1958 18.febbraio. Alcamo omicidio FERRARA Gaspare

22.febbraio. Alcamo omicidio SUCAMELI Pietro

2 agosto - Corleone (Pa) Omicidio del dottor Michele Navarra, capo della famiglia mafiosa dei Corleonesi

19.dicembre. Alcamo omicidio LOMBARDO Liborio

1959

07.gennaio. Alcamo omicidio COLLETTA Antonino

02.agosto. Alcamo omicidio BONGIOVANNI Antonino

10.agosto. Alcamo omicidio CALANDRINO Giuseppe

27.agosto. Alcamo omicidio DI GIOVANNI Antonino

11.settembre. Alcamo omicidio VALENTI Domenica

9.dicembre. Alcamo omicidio ADAMO Salvatore

1960

23 febbraio. Alcamo omicidio ARUSIO Maria

4.novembre. Alcamo omicidio SCALISI Rosa

5.novembre. Alcamo omicidio FERRARA Giuseppe

Page 56: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

5

1962

25 gennaio - Napoli Muore il boss mafioso Lucky Luciano

15.maggio. Alcamo omicidio LAURIA Vincenzo

22. settembre. Alcamo omicidio MILAZZO Vito

08.ottobre. Alcamo scomparsa REGINA Giuseppe

18.ottobre. Alcamo omicidio MARCHESE Giovanni

20 dicembre - Roma Il Parlamento italiano approva la legge n. 1720 con la quale viene istituita la Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia

26 dicembre - Palermo Omicidio di Calcedonio Di Pisa, capo della famiglia palermitana della Noce. Inizia la prima guerra di mafia

1963 07.gennaio. Alcamo duplice omicidio fratelli DE SIMONE

10.marzo Alcamo omicidio MALTESE Pietro

17.aprile Alcamo omicidio CORACI Filippo

26 aprile - Cinisi (Pa) Omicidio di Cesare Manzella, boss di Cosa Nostra

30 aprile - Ciaculli (Pa) Strage di Ciaculli

15 dicembre - Ciaculli (Pa) Arresto, per la prima volta, di Salvatore Riina. Quest'ultimo sarà arrestato nuovamente nel 1969. Scarcerato si darà alla latitanza

28 dicembre - Catanzaro Conclusione del processo per la strage di Ciaculli. Su 144 imputati, 10 condannati. È il primo maxiprocesso alla mafia

Page 57: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

6

1965

1.aprile. Alcamo omicidio MIRRIONE Stefano

22.luglio. Alcamo scomparsa di MELIA Antonino

1964 14 maggio - Corleone (Pa) Arresto di Luciano Liggio, capo della famiglia mafiosa dei Corleonesi

1968

08.aprile Alcamo sequestro e omicidio del prof. STELLINO Graziano

8.agosto. Alcamo omicidio CATANZARO Gaspare

19.novembre. Alcamo omicidio ARTISTA Vito

Storia del Commissario di Polizia” PERI Giuseppe”

1969 10 giugno - Bari La Corte d'Assise assolve Luciano Liggio, Bernardo Provenzano, Calogero Bagarella e Salvatore Riina per i nove omicidi compiuti nella guerra di mafia di Corleone del 1958, tra i seguaci di Michele Navarra e quelli di Liggio

7 luglio - Palermo Salvatore Riina viene mandato al confino nel Nord Italia. Inizia la sua latitanza

10 dicembre - Palermo Strage di Viale Lazio

1970 16 settembre - Palermo Rapimento del giornalista Mauro De Mauro. Stava conducendo un'inchiesta sulla morte di Enrico Mattei, presidente dell'ENI, il cui aereo era precipitato il 27 ottobre 1962 in provincia di Pavia. La scomparsa di De Mauro rimane tuttora un mistero. Il corpo non è mai stato ritrovato

24 ottobre - Palermo Nasce ufficialmente la Nuova Camorra Organizzata, ideata dal boss Raffaele Cutolo. Può contare su un esercito di 5 mila affiliati

Page 58: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

7

1971 5 maggio - Palermo Omicidio di Pietro Scaglione, Procuratore della Repubblica e dell'autista Antonino Lo Russo

1972 28 ottobre - Ragusa Omicidio di Giovanni Spampinato, giornalista de L'Ora di Palermo

1973 30 marzo - Palermo Si presenta agli agenti della Squadra Mobile di Palermo, Leonardo Vitale, mafioso della famiglia di Altarello, racconta la struttura e i componenti di Cosa Nostra. Non viene creduto ed è rinchiuso in un manicomio criminale ssendo ritenuto pazzo. Sarà assassinato nel 1984. Vitale è considerato il primo collaboratore di giustizia nella storia di Cosa Nostra.

1974

7.marzo Alcamo omicidio FAILLA Baldassare

16 maggio - Milano Arresto di Luciano Liggio, capo della famiglia dei Corleonesi

7.novembre Alcamo omicidio SCARCELLA Giuseppe

1975 20.febbraio Alcamo tentato omicidio MANNO francesco

26.aprile Alcamo omicidio PISCITELLO Antonino

27.maggio Alcamo omicidio GUARRASI Francesco Paolo

1976 5.gennaio. Alcamo scomparsa di GRANONE Pietro

27.gennaio Alcamo duplice omicidio dei 2 Carabinieri Alcamo Marina

4 febbraio - Roma Approvata a maggioranza la prima relazione della Commissione parlamentare antimafia

11.febbraio. Alcamo LA MORTE DI TARANTOLA Giuseppe

Page 59: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

8

16.giugno Alcamo tentato omicidio CALABRESE Antonino

25.ottobre Alcamo tentato omicidio MANCUSO Giovanni

26.ottobre Alcamo omicidio STABILE Antonino

1977 11.maggio. Alcamo scomparsa di LOMBARDO Umberto

19.giugno. Alcamo scomparsa di DI LIBERTO Nicolò

1978 12.aprile. Alcamo. Omicidio MELODIA Filippo

9 maggio - Cinisi (Pa) Omicidio di Giuseppe Impastato detto Peppino, militante di Democrazia Proletaria. Impastato denunciava l'attività mafiosa del boss Gaetano Badalamenti e le sue collusioni con la politica

30 maggio - Palermo Omicidio del boss Giuseppe Di Cristina. Stava fornendo informazioni sui Corleonesi ad un ufficiale dei Carabinieri

9 settembre-Catania Omicidio di Pippo Calderone, capo di Cosa Nostra catanese. Mandante del delitto è Nitto Santapaola, divenuto alleato dei Corleonesi

16.ottobre. Alcamo omicidio di CAMARDA Vincenzo

1979 26 gennaio - Palermo Omicidio di Mario Francese, giornalista del Giornale di Sicilia

9 marzo - Palermo Omicidio di Michele Reina, segretario provinciale della Democrazia Cristiana

Page 60: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

9

11 luglio - Milano Omicidio di Giorgio Ambrosoli, avvocato, liquidatore della Banca Privata Finanziaria. Mandante dell’agguato è il banchiere Michele Sindona, esecutore il killer americano William J. Arico

21 luglio - Palermo Omicidio di Boris Giuliano, dirigente della Squadra mobile della Questura di Palermo. Aveva scoperto il traffico di eroina tra Sicilia e Stati Uniti

25 settembre - Palermo Omicidio di Cesere Terranova, magistrato, ex parlamentare componente della Commissione parlamentare antimafia. Nell’agguato muore anche il maresciallo Lenin Mancuso. Terravova aveva presentato domanda per dirigere l'Ufficio Istruzione

25.ottobre Alcamo omicidio BONVENTRE Nicasio

28.novembre. Alcamo omicidio RUISI Vincenzo

1980 6 gennaio - Palermo Omicidio di Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Sicilia

4 maggio - Monreale (Pa) Omicidio di Emanuele Basile, capitano dei Carabinieri. Stava indagando sull'omicidio di Boris Giuliano

27.luglio. Alcamo omicidio CORACI Vincenzo

6 agosto - Palermo Omicidio di Gaetano Costa, Procuratore della Repubblica di Boris Giuliano .

23 novembre - Campania/Basilicata Il terremoto sconvolge la Campania e parte della Basilicata. Migliaia le vittime, ingentissimi i danni. La Camorra si inserisce nel circuito degli appalti appropriandosi di buona parte dei fondi della ricostruzione ammontanti a circa 50 mila miliardi di lire

11 dicembre - Pagani (Sa) Omicidio del Sindaco Marcello Torre. Aveva contrastato l'affidamento di appalti post terremoto a ditte legate alla camorra

1981 23 marzo - Roma Arresto di Salvatore "Totuccio" Contorno, boss di Cosa Nostra. Stava preparando un attentato contro il boss filo-corleonese Michele Greco. Contorno diventerà collaboratore di giustizia

Page 61: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

10

1 aprile - Ottaviano (Na) Omicidio di Aldo Semerari, crimilogo legato all'estrema destra in rapporti con la banda della Magliana e la Camorra di Raffaele Cutolo

30 aprile - Palermo Omicidio di Pio La Torre, segretario regionale del Partito Comunista ed ex componente della Commissione parlamentare antimafia. Nell’agguato muore anche l’autista Rosario Di Salvo

16 giugno - Palermo Omicidio di Alfio Ferlito, boss catanese di Cosa Nostra, durante un trasferimento al carcere di Trapani. Muoiono anche i carabinieri di scorta Salvatore Raiti, Silvano Franzolin e Luigi Di Barca nonché l'autista Giuseppe Di Lavore

18 giugno- Londra Roberto Calvi, Presidente del Banco Ambrosiano, viene trovato impiccato sotto il ponte dei Frati neri. Il probabile movente è da rintracciarsi nella malgestione di fondi appartenenti a cosche mafiose

12 agosto- Palermo Omicidio del Prof. Paolo Giaccone, direttore dell'istituto di medicina legale. Si era rifiutato di modificare una perizia medica che avrebbe accusato il boss Filippo Marchese e il suo clan

1.settembre. Alcamo omicidio SANTANGELO Gregorio

3 settembre - Palermo Omicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa, Prefetto di Palermo. Nell’agguato muoiono anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo

13 settembre - Roma Il Parlamento italiano approva la legge n 646, nota anche come "Legge Rognoni-La Torre, che introduce nel codice penale italiano l'articolo 416-bis e attribuisce gli inquirenti la possibilità di svolgere acceretamenti patrimoniali e tributari. Vengono inoltre istituiti il primo Alto commissario per il coordinamento della lotta alla criminalità mafiosa e la Commissione parlamentare antimafia (VIII legislatura)

13.settembre Alcamo omicidio LA COLLA Calogero

16. settembre Alcamo scomparsa di MILAZZO Vito

21 settembre- Palermo Scompaiono due figli del collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta. Vengono giustiziati dai Corleonesi per vendicarsi delle confessioni del loro padre. I loro corpi non verranno mai trovati. A Buscetta, in totale, tra famigliari e parenti vengono uccise 12 persone

16-ottobre Alcamo omicidio MILAZZO Giuseppe

26.ottobre Alcamo Scomparsa di MELODIA Filippo

11.novembre. Alcamo omicidio LO CIACIO Francesco

Page 62: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

11

14 novembre - Palermo Omicidio di Calogero Zucchetto, agente di Polizia della Squadra mobile di Palermo. Aveva dato un importante contributo alla creazione del cosiddetto “rapporto dei 162”, la prima radiografia della Mafia dopo oltre dieci anni

24.novembre. Alcamo omicidio MANCIAPANE Faro

1982 19.marzo. Alcamo omicidio CAROLLO Salvatore

24.aprile. Alcamo omicidio RENDA Mariano

1983 Alcamo scoperto traffico di eroina arresto di GRAFFEO Pietro

26 gennaio - Trapani Omicidio di Gian Giacomo Ciaccio Montalto, magistrato

29 gennaio - Roma Omicidio di Vincenzo Casillo, braccio destro del boss camorrista Raffaele Cutolo, fondatore della Nuova Camorra Organizzata

09.febbraio Alcamo scomparsa di MANNO Nicolò

14.febbraio. Alcamo omicidio BRUNO Ottavio

18.febbraio Alcamo omicidio GARGAGLIANO Giuseppe

22.aprile Alcamo omicidio PIRRONE Salvatore

07.maggio. Alcamo omicidio GRECO Gaetano

13 giugno - Palermo Omicidio del capitano dei Carabinieri Mario D'Aleo, successore del capitano Basile, e dei carabinieri Giuseppe Bommarito e Pietro Morici

26 giugno - Torino Omicidio di Bruno Caccia, Procuratore della Repubblica. Stava indagando sulle infiltrazioni mafiose nel nord Italia. Mandanti ed esecutori dell'omicidio sono i membri del clan 'ndranghetista dei Belfiore-Piromalli di Gioiosa Jonica (Rc)

8.luglio Alcamo omicidio BIONDO Agostino

Page 63: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

12

29 luglio - Palermo Omicidio di Rocco Chinnici, capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. Uccisi gli agenti di scorta Mario Trapassi, Giuseppe Bortolotta e il portiere del palazzo Stefano Li Sacchi

12.ottobre Alcamo omicidio BONURA Leonardo

16.10. Alcamo omicidio BENENATI Giovanni

31.10. Alcamo omicidio ASTA Francesco

1984

5 gennaio - Catania Omicidio di Giuseppe Fava, giornalista, fondatore de I siciliani

23.marzo. Alcamo omicidio CAMARDA Gaspare

15 luglio - Roma Giunge in Italia, estradato dal Brasile, Tommaso Buscetta. Inizia la sua collaborazione con il giudice Giovanni Falcone

26 agosto - Torre Annunziata (Na) Strage di S. Alessandro

06.ottobre Alcamo omicidio RIMI Leonardo

3 novembre - Palermo Arresto di Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo, accusato di associazione mafiosa e esportazione di capitali all'estero

12 novembre - Palermo Giovanni Falcone ordina l'arresto di Nino e Ignazio Salvo, i cosiddetti esattori di Salemi, indicati come "cerniera" tra il mondo politico regionale e gli ambienti mafiosi

23 dicembre - S. Benedetto Val di Sambro (Bo) strage del rapido 904

1985 31.gennaio. Alcamo omicidio CAMARDA Mario

4 febbraio - Palermo Arresti i boss boss latitanti Giovanni e Giuseppe Prestifilippo siciliani

Page 64: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

13

28 febbraio - Palermo Omicidio di Piero Patti, imprenditore. Si era opposto al pagamento del pizzo alla mafia

2 aprile - Pizzolungo (Tp) Strage di Pizzolungo

02 .maggio. Alcamo scoperta raffineria di droga

28 luglio - Palermo Omicidio di Giuseppe Montana, dirigente della sezione "catturandi" della Squadra mobile di Palermo

6 agosto - Palermo Omicidio di Ninni Cassarà, dirigente della sezione investigativa della Squadra mobile di Palermo, e dell'agente Roberto Antiochia

09.agosto. Alcamo duplice omicidio MELIA Graziano e Mariano

23 settembre - Napoli Omicidio di Giancarlo Siani, giornalista de Il Mattino

26.ottobre. Alcamo omicidio BATTAGLIA Salvatore

8 novembre - Palermo L'Ufficio istruzione deposita l'ordinanza di rinvio a giudizio di 475 imputati del primo maxiprocesso alla mafia

12 dicembre - Villafranca Tirrena (Me) Rapimento di Graziella Campagna, 15 anni. Lavorava in una tintoria e aveva trovato un documento falso che celava l'identità di Gerlando Alberti Jr, boss di Cosa Nostra, latitante. Alcuni giorni dopo il corpo di Graziella viene trovato crivellato di colpi. Nel 2004 sono condannati all'ergasto Alberti Jr e il suo complice Giovanni Sutera

1986 31 gennaio - Roma Il Parlamento approva la legge n 12 che proroga la durata della Commissione parlamentare antimafia istituita nel 1982 per tutta la durata della IX legislatura

10 febbraio- Palermo Si apre il maxiprocesso alla mafia

20 febbraio- Caccamo (Pa) Arresto di Michele Greco, detto "Il Papa", capo della cupola di Cosa Nostra

18 marzo- Milano Il banchiere Michele Sindona viene condannato all'ergastolo come mandante dell'omicidio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli

22 marzo - Voghera (Pv) Michele Sindona muore in carcere dopo aver bevuto un caffè avvelenato. Il caso viene archiviato come suicidio

Page 65: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

14

1° luglio - Palermo Arresto di Pietro Vernengo, boss di Cosa Nostra

18.agosto Alcamo omicidio CUSUMANO Ciro(Catania)

29 settembre - Bagheria (Pa) Omicidio di Mario Prestifilippo, latitante, considerato il killer delle cosche vincenti della guerra di mafia iniziata dai Corleonesi

7 ottobre -Palermo Omicidio di Claudio Domino, 11 anni, figlio del titolare della ditta che gestisce il servizio di pulizia dell'aula bunker di Palermo

1987

13 gennaio- Palermo Arresto di Gerlando Alberti, boss di Cosa Nostra

31.gennaio. Alcamo omicidio CATALDO Andrea

21 marzo- Costa Azzurra Arresto di Antonino Calderone, boss catanese di Cosa Nostra

01.aprile. Alcamo scomparsa di SALASSO Gaspare

22 giugno-New York Il boss Gaetano Badalamenti è condannato a 45 anni di Carcere per traffico di sostanze stupefacenti

23.agosto Alcamo omicidio COSTA Mariano

16 dicembre - Palermo Chiusura del maxiprocesso ai boss di Cosa Nostra. Risultato: 19 ergastoli, 2.665 anni di condanna, 114 assoluzioni

1988 12 gennaio- Palermo Omicidio di Giuseppe Insalaco, ex sindaco della città

14 gennaio - Palermo Omicidio di Natala Mondo, agente di polizia, collaboratore di Ninni Cassarà

19 gennaio- Palermo Il Consiglio superiore della magistratura (CSM) nomina il giudice Antonino Meli nuovo consigliere istruttore di Palermo, bocciando la candidatura del giudice Giovanni Falcone

Page 66: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

15

14.febbraio Alcamo omicidio MANCUSO Simone

20.febbraio. Alcamo omicidio GIAMMANCO Giuseppe

23 marzo- Roma Il Parlamento italiano approva la legge n 94 con la quale viene istituita la Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari (X legislatura)

24.maggio. Alcamo omicidio FILIPPI Rosolino

14 settembre - Trapani Omicidio di Alberto Giacomelli, magistrato

25 settembre - Strada statale CL-AG Omicidio di Antonio Saetta, magistrato, e del figlio Stefano

26 settembre - Trapani Omicidio di Mauro Rostagno, sociologo e giornalista. Da una tv locale aveva denunciato le cosche mafiose e gli intrecci mafia e politica

01.dicembre. Alcamo omicidio BALI Tommaso

1989

22 marzo - Francia Arresto di Michele Zazza, boss della Camorra

18.aprile. Alcamo scomparsa di VARVARO-COLLETTA-COSTANTINO

8 maggio -New York Arresto di Rosario Spatola, boss del narcotraffico

26 maggio- S. Nicola l'Arena (Pa) Arresto di Salvatore "Totuccio" Contorno, divenuto collaboratore di giustizia

9 giugno - Vittoria (Rg) Omicidio di Salvatore Incardona, operatore del mercato ortofrutticolo di Vittoria. Sollecitava i colleghi della struttura pubblica a reagire alla mafia.

19 giugno- Palermo Sventato all’Addaura, sul lungomare di Palermo, un attentato alla villa in cui il giudice Giovanni Falcone trascorreva le vacanze, con due colleghi magistrati: 58 candelotti di esplosivo erano nascosti in una borsa da sub

Page 67: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

16

28 giugno- Roma Il CSM nomina Giovanni Falcone Procuratore aggiunto di Palermo

21 agosto- Bacoli (Rc) Omicidio di Ludovico Ligato, ex deputato della Democrazia Cristiana ed ex Presidente delle Ferrovie dello Stato

03.ottobre. Alcamo omicidio di CARADONNA Francesco ed il ferimento del figlio Giuseppe

16.ottobre.Alcamo omicidio di LIPARI Giuseppe

14.novembre. Alcamo scomparsa di FILIPPI Vincenzo

04.dicembre. Alcamo omicidio DAIDONE Giovanni

22.dicembre. Alcamo scomparsa di RENDA Liborio

23 novembre- Bagheria (Pa) Assassinate la sorella, la zia e la nipote di Francesco Marino Mannoia, collaboratore di giustizia, proveniente dalle fila di Cosa Nostra, trafficante di droga e killer

1990 La Guerra contro il Clan Greco

10.marzo. Alcamo omicidio CASCIOLA Antonio

10.aprile. Alcamo omicidio CORACI Giovanni

9 maggio - Palermo Omicidio di Giovanni Bonsignore, funzionario della Regione Sicilia

21 settembre - Agrigento Omicidio di Rosario Livatino, magistrato

7 dicembre - Capo d'Orlando (Me) Nasce la prima associazione di imprenditori contro il racket fondata da Tano Grasso

1991

5.febbraio Alcamo omicidio PROVENZANO Vito

24.febbraio. Alcamo triplice omicidio di: COLLETTA-COLLETTA-MULE’

26.febbraio. Alcamo omicidio CULMONE Sebastiano e ferimento di COPPOLA Pasquale

9.aprile Alcamo tentato omicidio ai danni di: GRECO-MANNO e GRECO Lorenzo

Page 68: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

17

10 aprile - Roma Il giudice Giovanni Falcone viene nominato direttore dell'Ufficio Affari Penali del Ministero della giustizia

17.aprile Alcamo tentato omicidio di INTERDONATO Pietro

23.aprile Alcamo duplice omicidio dei fratelli FERRANTELLI

24.aprile. Alcamo tentato omicidio CALANDRINO Girolamo

26.aprile Alcamo omicidio RENDA Liborio

26.aprile Alcamo omicidio MONTALBANO Nunzio

19.aprile.1991 Alcamo tentato omicidio ai danni di due Agenti di Polizia

… Alcamo omicidio di MILAZZO Vincenzo BONANNO Antonella e MILAZZO Paolo

13.maggio Alcamo omicidio VIOLA Vincenzo

23.maggio Alcamo omicidio SANZONE Giovanni

20.giugno Alcamo triplice omicidio di. PALMERI-SIRACUSA-e PARISI

26.giugno Alcamo omicidio di BANTIBA Hussen

29.giugno. Alcamo omicidio di GAROFALO Vito

03.luglio Alcamo duplice omicidio di: ABATE Natale e il figlio Vincenzo

06.agosto Alcamo omicidio GAROFALO tommaso

9 agosto - Villa San Giovanni (Rc) Omicidio di Antonino Scopelliti, magistrato. Avrebbe dovuto rappresentare l’accusa in Cassazione contro gli imputati del maxiprocesso

18.agosto Alcamo omicidio DARA Felice

20.agosto Alcamo omicidio MILOTTA Stefano

25.agosto Alcamo tentato omicidio di BAGLIO Giuseppe

29 agosto - Palermo Omicidio di Libero Grassi, imprenditore. Si era rifiutato pubblicamente di pagare il pizzo alla mafia

Page 69: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

18

26.settembre. Alcamo scompare CALVARUSO Pietro

1 ottobre - Palermo Arresto di Salvatore Annacondia, capo della criminalità a nord di Bari, affiliato a Cosa Nostra e in affari con la 'Ndrangheta. Diventerà collaboratore di giustizia nel 1993

20 ottobre - Roma Viene istituita la Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.)

20 novembre - Roma Viene istituita la Direzione Nazionale Antimafia

1992

11.gennaio. Alcamo duplice omicidio di DULCETTA Rosario e DI GIORGI Mario

4 gennaio - Lamezia Terme (Cz) Omicidio di Salvatore Aversa, sovrintendente della Polizia di Stato, e della moglie Lucia Precenzano

17 gennaio - Palermo La quinta sezione del Tribunale condanna Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo, a 10 anni di carcere per associazione mafiosa

30 gennaio - Roma La prima sezione penale della Corte di Cassazione conferma gli ergastoli del primo maxiprocesso a Cosa Nostra

11.febbraio Alcamo scompare PIRRONE Giuseppe

29.febbraio Alcamo duplice omicidio LOMBARDO e BRUNO

05.marzo Alcamo omicidio GRIMALDI Baldassare

10.marzo. Alcamo scomparsa di RIZZO Vincenzo

12 marzo - Mondello (Pa) Omicidio di Salvo Lima, eurodeputato della Democrazia Cristiana, leader della corrente andreottiana in Sicilia

4 aprile - Menfi (Ag) Omicidio del Maresciallo dei Carabinieri Giuliano Guazzelli

23 maggio - Capaci (Pa) Strage di Capaci

Page 70: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

19

19 luglio - Palermo Strage di via M..D’Amelio

25 luglio - Roma Il Governo italiano decide l'invio in Sicilia di 7.000 militari. L'operazione è denominata "Vespri siciliani"

27 luglio - Catania Omicidio di Giovanni Lizzio, ispettore di Polizia

7 agosto- Roma Il Parlamento approva lalegge nr.356 che istituisce la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia e sulle altre associazioni criminali similari (XI legislatura)

8.agosto.Alcamo Omicidio GENNARO Giacomo

31 agosto- Gioia Tauro (Rc) Arresto di Saro Mammoliti, boss della 'Ndrangheta

6 settembre-Longare (Vi) Arresto di Giuseppe "Piddu" Madonia, boss mafioso, considerato il numero due della Cupola

8.settembre Alcamo omicidio FILIPPI Giuseppe

11 settembre -Napoli Arresto di Carmine Alfieri, boss della Camorra, fondatore della Nuova Famiglia, contrapposta alla Nuova Camorra Organizzata fondata da Raffaele Cutolo. Nel 1993 diventa collaboratore di giustizia. Per la sua collaborazione con lo Stato la Camorra uccide il figlio e il fratello del boss, rispettivamente nel 2002 e nel 2004

12 settembre -Napoli Estradati in Italia, dal Venezuela, i fratelli Cuntrera, mafiosi e noti trafficanti di droga siciliani insieme alla famiglia dei Caruana

12 settembre -Napoli Estradati in Italia, dal Venezuela, i fratelli Cuntrera, mafiosi e noti trafficanti di droga siciliani insieme alla famiglia dei Caruana

17 settembre -Casteldaccia (Pa) Omicidio di Ignazio Salvo, esattore delle imposte statali in Sicilia, già arrestato nel 1984 con il cugino Nino per associazione mafiosa

06.ottobre Alcamo omicidio SIRACUSA Antonino

15 ottobre- Roma Arresto di Alfonso Di Mascio, boss della 'Ndrangheta incaricato di riciclare il denaro dei sequestri di persona e del traffico di droga

27 ottobre- Napoli Arresto di Aniello Nuvoletta, boss della Camorra, latitante da due anni

Page 71: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

20

10.novembre Alcamo scompare LO PORTO Vincenzo e BRUCIA Antonino

… Alcamo duplice omicidio MILANA e GAROFALO

… Alcamo omicidio FIORDILINO

8 novembre- Foggia Omicidio di Giovanni Panunzio, imprenditore. Aveva denunciato tentativi di estorsione e fatto arrestare 14 persone per associazione mafiosa

10 novembre - Gela (Cl) Omicidio di Gaetano Giordano, commerciante. Si era opposto al pagamento del pizzo alla mafia locale. Il 10 dicembre 1996 verrà condannato all'ergastolo il boss della Stidda Orazio Paolello

24 novembre - Roma La quinta sezione penale della Corte di Cassazione conferma le sentenza di condanna per la "strage del rapido 904" nei confronti di Pippo Calò, Guido Cercola, Franco Di Agostino, Friedrich Schaudinn, Giulio Pirozzi, Lucio Luongo, Giuseppe Misso

3 dicembre- Palermo Suicidio del giudice Domenico Signorino, accusato da un collaboratore di giustizia di collusioni con Cosa Nostra

24 dicembre - Palermo Arresto di Bruno Contrada, questore e funzionario del SISDE. È accusato di concorso in associazione mafiosa

1993 8 gennaio - Barcellona Pozzo di Gotto (Me) Omicidio di Giuseppe Alfano, giornalista del quotidiano La Sicilia

15 gennaio - Palermo Arresto di Salvatore "Totò" Riina, capo di Cosa Nostra, latitante da oltre 30 anni

6 febbraio - Palermo Arresto di Giuseppe Montalto, boss della famiglia di Villabate, latitante da 10 anni

8 febbraio - Ottaviano (Na) Arresto di Rosetta Cutolo, sorella di Raffaele Cutolo, boss della Camorra, fondatore della Nuova Camorra Organizzata

23 marzo - Ottaviano (Na) Arresto di Antonino Imerti, boss della 'Ndrangheta

27 marzo - Palermo La Procura della Repubblica chiede al Senato l'autorizzazione a procedere nei confronti del senatore Giulio Andreotti per associazione di tipo mafioso

Page 72: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

21

27 marzo - Catania Arresto di Salvatore Pulvirenti, considerato il capo della struttura militare di Cosa Nostra a Catania

6 aprile - Roma La Commissione parlamentare antimafia approva la relazione sui rapporti tra mafia e politica. È la prima nella storia delle Commissioni d'inchiesta sulla mafia

13 aprile -Palermo Arresto di Francesco Barbaccia, medico del carcere dell'Ucciardone di Palermo. È accusato di aver operato alle corde vocali il boss Mario Martello

17.aprile Alcamo omicidio RUBINO Antonio

20 aprile -Palermo Estradato dall'Argentina il boss Gaetano Fidanzati, accusato di aver svolto un ruolo di contatto tra Cosa Nostra e 'Ndrangheta.

20 aprile -Brasile Arresto di Antonio Salomone, mafioso di Cosa Nostra accusato di aver organizzato insieme a Liggio, Greco e Riina, l'omicidio del giudice Terranova

9 maggio -Agrigento Giovanni Paolo II, pronuncia una dura omelia contro la mafia, invitando i mafiosi a pentirsi e a cessare ogni violenza

14 maggio -Roma Esplosione di un'autobomba in via Fauro. Obiettivo dell'attentato era il giornalista Maurizio Costanzo

18 maggio - Catania Arresto di Nitto Santapaola, capo di Cosa Nostra catanese

1 maggio - Perù Arresto di Antonio Ammaturo, camorrista e trafficante di droga

1 maggio - Perù Arresto di Antonio Ammaturo, camorrista e trafficante di droga

27 maggio - Firenze strage di via dei Georgofili

2 giugno - Roma Scoperta un'autobomba a 100 metri da Palazzo Chigi

Luglio - Palermo Si consegna spontamente alle forze dell'ordine Salvatore Cancemi, capofamiglia di Porta Nuova

Luglio - Catania Arresto di Giuseppe Pulvirenti, detto "U Malpassotu", boss mafioso, latitante da 10 anni. Diventerà collaboratore di giustizia

Page 73: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

22

27 luglio - Milano Strage di via Palestro

27-28 luglio- Roma Durante la notte scoppiano due automba, una alla Basilica di S. Giovanni in Laterno e un'altra davanti alla chiesa di S. Giorgio al Velabro

29 luglio- Roma Suicidio di Nino Gioé, mafioso detenuto nel carcere di Rebibbia, ritenuto uno dei responsabili della strage di Capaci

11 settembre- Gravina (Ct) Collocamento di un'autobomba davanti alla caserma dei Carabinieri. Feriti gravi due militari

15 settembre - Palermo Omicidio di Padre Pino Puglisi, parroco del quartiere Brancaccio

28.settembre. Alcamo arresto del Carabiniere LA COLLA Vincenzo

07.ottobre. Alcamo Suicidio di VESCO Manlio

31 ottobre - Roma Fallito attentato con autobomba allo stadio Olimpico da parte di Cosa Nostra

15 novembre - Nuoro Muore in carcere colpito da infarto Luciano Leggio, detto Liggio, per lungo tempo capo della famiglia dei Corleonesi

23 novembre - Altofonte (Pa) Rapimento di Giuseppe Di Matteo, 11 anni, figlio del collaboratore di giustizia Santino. Dopo due anni di prigionia Giuseppe viene strangolato e il suo corpo viene sciolto nell'acido. Ad ordinare l'esecuzione, avvenuta l'11 gennaio 1996, è Giovanni Brusca, boss di San Giuseppe Jato (Pa)

1994 19 marzo -Casal di Principe (Ce) Omicidio di don Giuseppe Diana, sacerdote impegnato nella lotta contro la camorra

30 giugno -Roma Il Parlamento approva la legge nr. 430 che istituisce la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia e sulle altre associazioni criminali similari (XII legislatura)

1995

24 gennaio. Alcamo duplice omicidio dei fratelli PIRRONE Giuseppe e Caterina

Page 74: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

23

25 gennaio -Palermo Condannati all'ergastolo per l'omicidio del colonnello Russo e del suo amico F. Costa, Totò Riina, Filippo Provenzano, Michele Greco, Leoluca Bagarella

13 febbraio -Palermo Arresto di Calorgero Mannino, deputato della Democrazia Cristiana e più volte ministro. È accusato di concorso in associazione mafiosa

17 febbraio -Palermo Concluso il processo per gli omicidi di Beppe Montana, Ninni Cassarà e Roberto Antiochia. Condannati all'ergastolo Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Francesco Madonia e Bernardo Provenzano

25 febbraio - Milano Arresto di Antonio Nunziata, braccio destro del boss della camorra Carmine Alfieri

2 marzo -Palermo Il senatore Giulio Andreotti è rinviato a giudizio per associazione mafiosa. Il processo inizia il 26 settembre 1995

7 marzo - Palermo Leoluca Bagarella, boss di Cosa Nostra, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Boris Giuliano

23 marzo-Reggio Calabria Arresto di Antonino Saraceno, boss dell'omonima 'ndrina, latitate da 9 anni

24 marzo - Catania Omicidio di Luigi Botenza, agente di Polizia penitenziaria

4 aprile -Roccella Jonica (Rc) Arresto di Giuseppe Ierinò, boss della 'ndrangheta, latitante da 12 anni

12 aprile -Palermo Condannati all'ergastolo per gli omicidi di Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Rosario di Salvo e Michele Reina, i boss Michele Greco, Totò Riina, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Pippo Calo, Francesco Madonia e Nenè Geraci

24 giugno - Palermo Arresto di Leoluca Bagarella, ritenuto il successore di Totò Riina alla guida del clan dei Corleonesi

24 luglio Alcamo “UN PIANO PER UCCIDERE IL Sost. Proc. Di Trapani Dot. PISTORELLI

15 ottobre Alcamo omicidio DI MAGGIO Vito

13 ottobre. Alcamo scompare PIRRONE Filippo

8 novembre - Palermo Arresto del Presidente della Provincia, Francesco Musotto. È accusato di concorso esterno in associazione mafiosa

Page 75: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

24

9 novembre - Catania Omicidio dell'avvocato Serafino Famà

28 novembre - Palermo Aperto a Palermo il processo contro l'ex ministro Calogero Mannino

23 dicembre - Trapani Omicidio di Giuseppe Montalto, agente di polizia penitenziaria al carcere l'Ucciardone di Palermo

1996 11 gennaio -Palermo I mafiosi Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e Giovanni Scaduto sono condannati all'ergastolo per l'omicidio di Ignazio Salvo

26 gennaio -Palermo Confermata in appello la condanna all'ergastolo per Leoluca Bagarella accusato dell'omicidio del capo della squadra mobile Boris Giuliano

27 gennaio -Caltanissetta La Corte d'assise emette la sentenza di condanna per alcuni dei colpevoli della strage di Via D'Amelio. Ergastolo per Giuseppe Orofino (titolare dell'autorimessa in cui venne preparata l'autobomba) e Pietro Scotto (telefonista). Diciotto anni per il collaboratore di giustizia, Vincenzo Scarantino

30 gennaio - Prato Arresto di Antonio Messana, cognato del boss mafioso di Alcano (Tp) Giuseppe Ferro. È accusato di aver custodito l'esplosivo per la strage di Via dei Georgofili a Firenze

16 febbraio - Palermo Inizia il processo contro l'ex senatore della Democrazia Cristiana Vincenzo Inzerillo, accusato di associazione mafiosa. Sarà assolto nel dicembre 2004 dalla Corte d'Appello di Palermo

16 febbraio - Roma Arresto di Ernesto Diotallevi, boss della banda della Magliana

6 marzo - Roma Il Parlamento approva la legge nr. 108/96, meglio conosciuta come legge antiusura

7 marzo - Roma Il Parlamento approva la legge nr. 109/96, che prevede l'utilizzo per fini sociali dei beni confiscati ai mafiosi. La legge è stata sostenuta da una raccolta di un milione di firme promossa dall'associazione Libera

12 marzo- Palermo Scarcerato Francesco Musotto, ex Presidente della Provincia di Palermo. Per il Tribunale della libertà l'accusa è di favoreggiamento e non di concorso esterno in associazione mafiosa come sostenuto dalla Procura della Repubblica

21 marzo - Roma Si svolge la prima edizione della Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie, promossa dall'Associazione Libera

Page 76: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

25

5 aprile- Palermo La quinta sezione del Tribunale di Palermo condanna Bruno Contrada a 10 anni di reclusione per concorso aggravato in associazione mafiosa

15 aprile- Palermo Il Giudice per le indagini preliminari rinvia a giudizio l'ex Presidente della Provincia di Palermo, Francesco Musotto, e il fratello Cesare

11 maggio- Reggio Calabria Condannati all'ergastolo per l'omicidio del giudice Antonino Scopelliti, Totò Riina, Pippo Calò, Francesco Madonia, Giacomo Gambino, Giuseppe Lucchese, Bernardo Brusca, Salvatore Montalto, Salvatore Buscemi, Antonino Geraci e Pietro Aglieri

20 maggio - San Leone (Ag) Arresto di Giovanni Brusca, boss di Cosa Nostra. E' lui ad aver azionato il telecomando dell'esplosivo a Capaci il 23 maggio 1992

11 giugno - Corleone (Pa) Arresto di Giovanni Riina, figlio di Totò. È accusato di associazione mafiosa e omicidio

1 luglio - Reggio Calabria Arresto di Giorgio De Stefano, avvocato e boss della 'ndrangheta

07 luglio Alcamo omicidio PIRRONE Matteo

1 ottobre -Roma Il Parlamento approva la legge nr. 509 istitutiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari (XIII Legislatura)

29 ottobre - Palermo La Procura della Repubblica chiede il rinvio a giudizio per Marcello Dell'Utri, accusato di concorso in associazione mafiosa

9 novembre - Roma Arresto di Antonio Pagano, boss della Sacra Corona Unità

10 novembre- Perugia Arresto di Benedetto Stano, boss della Sacra Corona Unita

1 dicembre- Milano Suicidio nel carcere di S. Vittore di Giacomo Giuseppe Gambino capomandamento della famiglia mafiosa di S. Lorenzo a Palermo

14 dicembre - Venezia La Corte d'Assise d'Appello condanna a 11 anni di carcere Felice Maniero, boss della mafia del Brenta

17 dicembre - Palermo Rinvio a giudizio di Pasquale Barreca, ex Presidente della Corte d'Appello di Palermo con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa

Page 77: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

26

18 dicembre - Palermo Arresto di Filiberto Scalone, ex senatore di Alleanza Nazionale, con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa

1997 29 gennaio - Roma Arresto di Totuccio Contorno, collaboratore di giustizia. È accusato di traffico di droga. Un nuovo ordine di arresto sarà emesso nel mese di ottobre

15 febbraio - Palermo Giovanni Riina, figlio di Totò, viene condannato alla pena di 4 anni e 8 mesi per associazione mafiosa

15 febbraio - Palermo Giovanni Riina, figlio di Totò, viene condannato alla pena di 4 anni e 8 mesi per associazione mafiosa

28 febbraio - Roma La Corte di Cassazione conferma la condanna all'ergastolo per Leoluca Bagarella per l'omicidio del commissario Boris Giuliano

14 aprile - Napoli La Corte d'Assise condanna all'ergastolo i boss camorristi Angelo Nuvoletta e Valentino Gionta accusati di essere i mandanti dell'omicidio del giornalista Giancarlo Siani

07 luglio Alcamo scompare CARADONNA Giuseppe Nicolò

6 giugno-Bagheria (Pa) Arresto di Pietro Aglieri, boss di Cosa Nostra, accusato per le stragi di Capaci e Via D'Amelio

11 giugno-Napoli Omicidio di Silvia Ruotolo, una passante rimasta vittima di una sparatoria tra clan rivali. Illeso il figlio di 6 anni che teneva per mano

19 giugno -Palermo Arresto di Salvatore Grigoli, killer di Padre Pino Puglisi. Poco tempo dopo l'arresto collabora con la giustizia

11 agosto - Palermo Angelo Siino, considerato il "ministro dei lavori pubblici" di Cosa Nostra inizia a collaborare con la giustizia

3 settembre - Buenos Aires (Argentina) Arresto del boss camorrista Mario Fabbrocino, latitante da 10 anni

26 settembre - Caltanissetta La Corte d'Assise infligge 24 condanne all'ergastolo per la strage di Capaci ai boss che compongono la Cupola di Cosa Nostra

14 ottobre Arresto di Balduccio di Maggio, collaboratore di giustizia. Aveva riorganizzato il suo clan in Sicilia e ordinato alcuni omicidi

Page 78: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

27

19 ottobre Arresto del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo e del padre Giuseppe. Il medesimo provvedimento colpisce anche il collaboratore Gioacchino La Barbera

14 novembre - Palermo Arresto di Padre Mario Frittitta, parroco della chiesa di S. Teresa della Kalsa. È accusato di favoreggiamento alla mafia. Il sacerdote sarà scarcerato 4 giorni dopo. Nel novembre 1999 sarà assolto dalla quarta sezione della Corte d'Appello di Palermo

13 novembre - Palermo La Procura riapre le indagini sull'omicidio di Peppino Impastato, accusando il boss di Cinisi, Tano Badalamenti

1998 17 febbraio - Palermo La Corte d'Assise d'Appello conferma le condanne all'ergastolo per Riina, Provenzano, Bernardo Brusca, Michele Greco, Pippo Calò, Nenè Geraci e Francesco Madonia, accusati come mandanti degli omicidi di Michele Reina, Piersanti Mattarella, Rosario Di Salvo e Pio La Torre

4 aprile - Palermo La sesta sezione del Tribunale assolve Francesco Musotto, ex Presidente della Provincia di Palermo accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Condannato il fratello Cesare

6 aprile- Roma La Corte di Cassazione conferma le condanne all'ergastolo per Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano e Bernardo Brusca per gli omicidi dei commissari Beppe Montana, Ninni Cassarà e dell'agente Roberto Antiochia

7 aprile- Palermo Il Giudice per le indagini preliminari rinvia a giudizio il giudice Corrado Carnevale, presidente della prima sezione penale della Corte di Cassazione, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo inizia il 22 giugno

14 aprile- Partinico (Pa) Arresto di Vito Vitale, considerato l'erede di Totò Riina e Leoluca Bagarella

26 aprile Alcamo omicidio di EVOLA Lo Porto Dino

28 aprile- Caltanissetta Il Tribunale condanna a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa Giuseppe Prinzivalli, ex Procuratore della Repubblica di Termini Imerese (Pa). L'8 ottobre 2004, la Corte d'Appello di Caltanissetta ha assolto Prinzivalli con formula piena

1 giugno - Catania Arresto di Salvatore Pillera, capo dell'omonimo clan, rivale di Nitto Santapaola

25 giugno - Africo (Rc) Arresto di Francesco Palamara, capo della locale 'ndrina

Page 79: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

28

11 luglio - Casal di Principe (Ce) Arresto di Francesco Schiavone, detto Sandokan, capo del gruppo camorristico denominato i "Casalesi"

15 luglio - Canada Arresto di Alfonso Caruana, boss mafioso a capo del clan Caruana-Cuntrera di Siculiana (Ag), specializzato nel traffico di droga

15 settembre - Palermo Arresto di Mariano Tullio Troia, latitante, capo mandamento della borgata di S. Lorenzo a Palermo

8 ottobre - Caccamo (Pa) Omicidio di Domenico Geraci, esponente del Partito Popolare Italiano, candidato alla poltrona di sindaco

30 ottobre - Palermo Condannato a 2 anni e 2 mesi padre Mario Frittitta per favoreggiamento aggravato ad alcuni boss di Cosa Nostra, tra cui Pietro Aglieri

1999 2 gennaio - Vittoria (Rg) Strage in un autogrill. Vengono uccise 5 persone

23 gennaio - Caltanissetta La Corte d'Assise d'Appello ribalda la sentenza di primo grado per la strage di Via D'Amelio. Assoluzione per Pietro Scotto (telefonista) e di Giuseppe Orofino (titolare dell'autorimessa in fu fu preparata l'autobomba per uccidere il giudice Borsellino

13 febbraio - Caltanissetta Nel secondo troncone del processo per la strage di Via D'Amelio la Corte d'Assise infligge 7 ergastoli, tra i quali quello a Totò Riina e Pietro Aglieri

18 febbraio - Palermo Rinvio a giudizio del maresciallo Carmelo Canale, principale collaboratore del giudice Paolo Borsellino, accusato da diversi collaboratori di giustizia. Sarà successivamente assolto da ogni accusa nel novembre 2004

1 agosto. Alcamo scompare il Barone CHIARELLI

23 ottobre - Palermo La quinta sezione del Tribunale di Palermo assolve il senatore Giulio Andreotti dall'accusa di associazione mafiosa, in base all'articolo 530, comma 2, del codice penale (insufficienza della prova sulla commissione del fatto). Questa sentenza è stata in parte modificata il 2 maggio 2003 dalla Corte d'Appello di Palermo che ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di associazione per delinquere semplice commesso fino alla primavera del 1980 e, per il periodo successivo, ha confermato l'assoluzione del 23 ottobre 1999, con la medesima formula. La sentenza del 2 maggio 2003 è stata confermata dalla Corte di Cassazione il 15 ottobre 2004

11 novembre. Alcamo scompare MANNO Liborio

9 dicembre - Caltanissetta Nel terzo troncone del processo per la strage di Via D'Amelio vengono inflitti 17 ergastoli e 175 anni di carcere

Page 80: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

29

9 dicembre - Caltanissetta Nel terzo troncone del processo per la strage di Via D'Amelio vengono inflitti 17 ergastoli e 175 anni di carcere

2000 28 febbraio - Puglia Parte l'Operazione Primavera contro il contrabbando di sigarette. Schierati 1.900 uomini tra Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza

4 aprile - New York Muore Tommaso Buscetta

8 giugno -Palermo La sesta sezione del Tribunale di Palermo assolve il giudice Corrado Carnevale dall'accusa di associazione mafiosa

21 dicembre -Salonicco (Grecia) Arresto di Francesco Prudentino, detto "Ciccio la busta", boss del contrabbando di sigarette, affiliato alla Sacra Corona Unita, latitante dal 1995

2001 30 gennaio - Belmonte Mezzagno (Pa) Arresto di Benedetto Spera, capo mandamento, in stretto contatto con Bernardo Provenzano

9 febbraio. Alcamo omicidio DAIDONE Stefano

21 febbraio - Trapani Arresto di Vincenzo Virga, latitante, considerato il capo del mandamento di Trapani

5 marzo - Palermo Condanna a 30 anni per il boss Vito Palazzolo accusato dell'omicidio di Peppino Impastato

23 marzo. Alcamo e il sequestro della la piccola PROVENZANO

4 maggio - Palermo La Corte d'Appello di Palermo assolve Bruno Contrada dall'accusa di associazione mafiosa. Il sostituto procuratore generale impugna l'assoluzione

29 giugno - Palermo La terza Corte d'Appello di Palermo condanna il giudice Corrado Carnevale a 6 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa

5 luglio - Palermo La seconda sezione del Tribunale di Palermo assolve Calogero Mannino, ex deputato e ministro della Democrazia Cristiana, dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa

Page 81: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

30

19 ottobre -Roma Il Parlamento approva lalegge nr. 386, istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare (XIV Legislatura)

2002 24 gennaio- Palermo Arrestato Pino Lipari, geometra dell'Anas e gestore delle ricchezze e delle proprietà di Bernardo Provenzano. Arrestati anche la moglie, la figlia, il figlio e i generi di Lipari

11 aprile - Palermo La seconda sezione della Corte d'Assise di Palermo condanna all'ergastolo il boss Tano Badalamenti, accusato di essere il mandante dell'omicidio di Peppino Impastato

16 aprile - Roccapalumba (Pa) Arresto di Antonino Giuffré, braccio destro di Bernardo Provenzano, capomafia di Caccamo. Due mesi dopo l'arresto diventa collaboratore di giustizia

5 giugno - Corleone (Pa) Arresto di Giuseppe Salvatore Riina, figlio di Totò

30 ottobre -Roma Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione annullano, senza rinvio, la condanna a sei anni inflitta al giudice Corrado Carnevale

19 novembre -Roma Muore Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo, condannato per associazione mafiosa. Era agli arresti domiciliari

12 dicembre -Roma La Corte di Cassazione annulla la sentenza di assoluzione di Bruno Contrada e stabilisce la celebrazione di un nuovo processo. Il 25 febbraio 2006 Contrada è stato condannato a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Il 10 maggio 2007 la Corte di Cassazione ha confermato la condanna

2003 31 gennaio- Marsala (Tp) Arresto di Andrea Mangiaracina, boss di Cosa Nostra, latitante da 12 anni

23 febbraio- Brindisi Omicidio di Benito Nisi, uno dei capi della Sacra Corona Unita

4 marzo -Partinico (Pa) Arresto di Giusi Vitale, sorella di Vito Vitale, boss di Cosa Nostra. Dopo 4 anni di carcere diventa collaboratrice di giustizia

6 marzo -Palermo Arresto di Salvatore Rinella, capomafia di Trabia (Pa)

Page 82: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

31

11 marzo -Ercolano (Na) Omicidio di Mario Ascione, capo del clan camorristico di Torre del Greco

26 giugno -Palermo Arresto di Domenico Miceli, ex assessore comunale dell'Udc a Palermo, dei medici Salvatore Aragona e Vincenzo Greco, di Francesco Buscemi, già segretario dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. Tutti sono accusati di legami con Giuseppe Guttadauro, medico, reggente del mandamento mafioso di Brancaccio. Miceli è stato condannato a 8 anni di reclusione nel dicembre 2006 dalla terza sezione del Tribunale di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa

2 ottobre -Bari Omicidio di Gaetano Marchitelli, 15 anni, assassinato per errore durante una sparatoria tra clan rivali

5 novembre - Palermo - Bagheria Arresto di Michele Aiello, titolare della clinica privata S. Teresa di Bagheria nella quale si sospetta sia stato curato Bernardo Provenzano. Arrestati anche il maresciallo della Guardia di Finanza, Giueppe Ciuro, e il maresciallo dei ROS Giuseppe Riolo

2004 7 febbraio - Palermo Arresto di Antonio Borzacchelli, ex maresciallo dei Carabinieri, deputato del Biancofiore all'Assemblea Regionale Siciliana. E' accusato di concussione nei confronti di Michele Aiello, titolare della clinica privata S. Teresa di Bagheria (Pa).

18 febbraio - Cardeto (Rc) Arresto di Giuseppe Morabito, detto "U' Tiradritto" ritenuto il capo della 'Ndrangheta, latitante da 12 anni. Insieme al Morabito è stato arrestato il genero Giuseppe Pansera

22 febbraio- Reggio Calabria Arresto di Orazio De Stefano, boss della 'Ndrangheta, latitante da 16 anni

28 marzo- Napoli Durante un conflitto a fuoco tra esponenti di clan rivali, nel quartiere Forcella viene uccisa da Annalisa Durante, 14 anni.

30 aprile - Fairton - Stati Uniti Muore Gaetano Badalamenti

26 maggio - Roma La Corte di Cassazione conferma la condanna a 10 anni di reclusione per Ignazio D'Antone, ex capo della squadra mobile di Palermo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa

29 maggio - Venezuela Arresto di Vito Bigione, capomafia di Mazara del Vallo (Tp), latitante da 9 anni

12 giugno Arresto di Antonio Giorgi, boss della 'Ndrangheta, accusato di aver reclutato i killer dell'ispettore di Polizia Salvatore Aversa e della moglie

Page 83: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

32

28 giugno - Sulmona (Aq) Suicidio in carcere di Francesco Di Piazza, boss della mafia a Giardinello (Pa)

30 giugno. Alcamo omicidio MULE’ Raimondo

6 agosto - Reggio Calabria Arresto di Pasquale Tegano, boss della 'Ndrangheta, latitante da 10 anni

7 ottobre - Roma La Corte di Cassazione conferma gli ergastoli per Totò Riina, Michele Greco, Antonino Geraci e Francesco Madonia, accusati di essere i mandanti dell'omicidio del giudice Cesare Terranova e del maresciallo Lenin Mancuso

2 novembre - Palermo Rinviato a giudizio Salvatore Cuffaro, Presidente della Regione Sicilia, accusato di favoreggiamento a Cosa Nostra

22 novembre- Potenza Arresto di Roberto Martorano, considerato il capo dei "Basilichi", l'organizzazione mafiosa operante in Basilicata e in collegamento con la 'Ndrangheta e la Camorra

11 dicembre Palermo Il Tribunale di Palermo condanna in primo grado Marcello Dell'Utri, parlamentare di Forza Italia, e Gaetano Cinà per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa

2005 28 gennaio - Modena Suicidio in carcere di Francesco Pastoia, boss di Cosa Nostra di Misilmeri (Pa), fedelissimo di Bernardo Provenzano

16 febbraio - Rosarno (Rc) Arresto di Gregorio Bellocco, capo dell'omonima 'ndrina, latitante da dieci anni

27 febbraio - Barcellona - Spagna Arresto di Raffaele Amato, capo degli "scissionisti" del clan camorristico dei Di Lauro

24 maggio - Siderno (Rc) Omicidio di Gianluca Congiusta, 32 anni, commerciante

5 luglio - Roma La Corte di Cassazione annulla la sentenza di appello che nel 2004 aveva condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione l'ex Ministro Calogero Mannino. Il nuovo processo affidato ad un'altra sezione della Corte d'Appello di Palermo è iniziato il 9 novembre 2007

18 luglio - Novara Suicidio in carcere di Giuseppe Balsano, capo mafia di Monreale (Pa)

Page 84: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

33

16 settembre - Napoli Arresto di Paolo Di Lauro, capo della Camorra di Scampia

16 ottobre - Locri (Rc) Omicidio di Francesco Fortugno, vice presidente del Consiglio regionale della Calabria

27 ottobre - Amsterdam Arresto di Sebastiano Strangio, boss della 'Ndrangheta, latitante dal 1999, figura di primo piano del traffico di cocaina

15 novembre - Marsala (Tp) Arresto di David Costa, deputato regionale dell'Udc. È accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Sarà successivamente assolto nel dicembre 2006

30 novembre -Rosarno (Rc) Arresto di Salvatore Pesce, capo dell'omonima famiglia della 'Ndrangheta

13 dicembre - Spoleto (Pg) Suicidio in carcere di Michelangelo Pravatà, fedelissimo di Bernardo Provenzano

26 dicembre - Locri (Rc) Arresto di Francesco Cataldo, capo dell'omonima famiglia di 'Ndrangheta

2006 8 febbraio- Napoli Arresto di Salvatore Di Lauro, figlio del boss Paolo

20 marzo - Bianco (Rc) Omicidio di Enzo Cotroneo, incensurato. Avrebbe dovuto testimoniare sull'omicidio di Francesco Fortugno

11 aprile - Corleone (Pa) Arresto di Bernardo Provenzano, capo di Cosa Nostra, latitante da 43 anni

13 aprile - Sorbo S. Basile (Cz) Arresto di Giuseppe Arena, capo dell'omonima famiglia di 'Ndrangheta

11 giugno - Briatico (Vv) Trovati i resti del corpo carbonizzato di Fedele Scarscella, imprenditore agricolo, noto per le sue battaglie antiracket

20 giugno - Palermo Operazione Gotha. La polizia esegue 45 arresti su richiesta della DDA. Tra gli arrestati anche il triumvirato che gestiva Cosa Nostra a Palermo in alleanza con Provenzano, contro Salvatore Lo Piccolo. Si tratta dei boss Antonino Rotolo, Antonino Cinà (medico) e Francesco Bonura (imprenditore edile). Insieme a questi ultimi tra gli arrestati figurano altre 13 persone ritenute ai vertici della mafia a Palermo

Page 85: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

34

21 giugno- Locri (Rc) Arresto di Alessandro Marcianò, infermiere caposala dell'Ospedale di Locri. È accusato di essere il mandate dell'omicidio Fortugno. Arrestato anche il figlio Giuseppe

22 giugno- Campobello di Licata (Ag) Arresto di Calogero Gueli, sindaco DS, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Viene scarcerato alcuni giorni dopo per insufficienza di indizi

5 luglio- Palermo Condannato a 9 anni di reclusione per concorso in associazione mafiosa, Vito Roberto Palazzolo, finanziere residente in Sud Africa, considerato il cassiere di Cosa Nostra in contatto con Riina e Provenzano

10 luglio- Palermo Arresto di Giovanni Mercadante, primario di radiologia all'Ospedale Civico di Palermo e deputato regionale di Forza Italia. È accusato di associazione mafiosa e voto di scambio

27 ottobre - Roma Il Parlamento approva la legge nr. 277 istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare (XV Legislatura)

15 novembre - Roma Si insedia la Commissione parlamentare antimafia della XV legislatura

26 novembre - Agrigento Arresto di Maurizio Di Gati, boss di Racalmuto, considerato uno dei capi della mafia agrigentina, latitante dal 1999. A un mese dall'arresto diventato collaboratore di giustizia

26 dicembre - Locri (Rc) Muore all'ospedale per le gravi ferite riportate, Maria Strangio, moglie di Giovanni Luca Nirta, 'ndranghetista, colpita a morte da killer a San Luca. Tre i feriti, tra cui il figlio della giovane donna

2007 27 aprile- Palermo Assolto dall'accusa di associazione mafiosa, l'onorevole di Forza Italia, Gaspare Giudice

3 aprile Roma La Commissione parlamentare antimafia approva la Relazione sulla designazione dei candidati alle elezioni amministrative

12 giugno - Palermo Omicidio di Nicolò Ingarao, reggente del mandamento di Porta Nuova a Palermo

2 agosto- Palermo Arresto di Francesco Franzese, boss di Partanna-Mondello, braccio destro del boss latitante Salvatore Lo Piccolo

6 agosto- Cirò Marina (Kr) Omicidio di Vincenzo Pirillo, boss della 'Ndrangheta. I killer hanno sparato all'impazzata all'interno di un ristorante dove si trovava la vittima. Sfiorata una strage

Page 86: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

35

15 agosto- Duisburg - Germania Strage di Duisburg

12 ottobre- San Luca (Rc) Arresto di Francesco Vottari, considerato il capo della cosca 'ndranghetista di San Luca. È accusato di essere il mandate dell'omicidio di Maria Strangio

Chieti Suicidio di Bruno Piccolo, principale collaboratore di giustizia al processo per l'omicidio di Francesco Fortugno

5 novembre - Carini (Pa), località Giardinello Arresto di Salvatore Lo Piccolo, considerato il nuovo capo di Cosa Nostra dopo Bernardo Provenzano. Arrestati anche il figlio del boss, Sandro, e Andrea Adamo, reggente del quartiere di Brancaccio e Gaspare Pulizzi, boss del paese di Carini.

10 novembre -Palermo Nascita, per iniziativa dell'Associazione Addio Pizzo, della prima associazione antiracket denominata "Liberofuturo" in memoria dell'impenditore Libero Grassi ucciso dalla mafia nel 1991

16 novembre -Palermo La terza sezione penale del Tribunale di Palermo condanna Francolino Spadaro a 16 anni di carcere, Giovanni Di Salvo a 14 e Lorenzo D'Aleo a 10 anni e 6 mesi per estorsione nei confronti di Vincenzo Conticello, titolare della storica Focacceria di S. Francesco di Palermo. La sentenza viene definita esemplare per la lotta al racket

26 novembre - Caltanissetta Ignoti sono entrati nella sede di Confindustria rubando materiale informatico e altra documentazione relativa alla decisione dell'associazione degli industriali di espellere i soci che pagano il pizzo

27 novembre - Roma La Commissione parlamentare antimafia approva la Relazione sullo stato di attuazione della normativa e delle prassi applicative in materia di sequestro, confisca e destinazione dei beni della criminalità organizzata

2 dicembre - Petilia Policastro (Kr) Omicidio dei fratelli Luigi e Francesco Comberiati, rispettivamente di 24 e 29 anni, figli del boss 'ndranghetista Vincenzo

3 dicembre - Villapriolo (En) Durante un blitz della polizia finalizzato alla sua cattura, viene ucciso il boss Daniele Emmanuello, presente nelle'elenco dei 30 latitanti maggiormente pericolosi stilato dal Ministero dell'Interno

3 dicembre - Napoli Arresto di Salvatore Cutolo, ritenuto capo dell'omonimo clan camorristico operante nei quartieri occidentali del capoluogo partenopeo

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 87: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

Nei capitoli precedenti abbiamo già parlato della figura di Vincenzo Rimi, boss indiscusso di

Alcamo per quasi un ventennio. In questo capitolo descriveremo in sintesi la sua famiglia, alcuni

suoi affari e gli stretti legami di parentela con altri boss siciliani di primo livello. Don Vincenzo Rimi,

dal punto di vista storico, rappresenta sicuramente un ponte fra due modi diversi di “fare mafia”.

Egli, infatti, fu l’uomo chiave del passaggio dalla mafia agreste delle campagne a quella della droga

e delle speculazioni edilizie su scala nazionale e globale. Con Vincenzo Rimi però si iniziano a

vedere anche alcuni caratteri, oggi diremmo quasi scontati, di quel legame fortissimo tra politica e

malavita organizzata. Rimi godeva infatti di protezione e amicizie a tutti i livelli: dalle caserme, alla

pubblica amministrazione e perfino in qualche aula di tribunale. Con la Democrazia Cristiana – era

lui stesso membro del direttivo locale - aveva gettato le basi di un solido e proficuo rapporto di

collaborazione al fine di condividere i frutti di scellerate e meschine politiche edilizie e di

sfruttamento del territorio. Rimi inoltre fu uno dei primi mafiosi trapanesi a diversificare i rami

delle sue attività mischiando il malaffare con attività economiche pulite e al di sopra di ogni

sospetto. La rete di fiancheggiatori e i componenti del suo clan gli garantivano una tale sicurezza

che egli poteva permettersi di girare liberamente per la città disarmato e senza la paura di dover

temere attacchi di clan avversi. In più era un pozzo di segreti, basti pensare alle vicende della

Banda Giuliano e a tutti i segreti dei primi anni della Repubblica Italiana che avevano visto la Sicilia

protagonista indiscussa di trame nere ancora oggi avvolte da troppe ombre.

Quell’uomo indubbiamente ci sapeva fare con il malaffare e anche i figli, come vedremo tra poco,

contribuiranno fortemente nell’ammodernamento di quella mafia agreste e un po’ troppo

campagnola dal quale il Rimi era partito come capo indiscusso.

I due figli di Don Vincenzo, Filippo e Natale Rimi, come accennavamo prima, segnarono una

nuova traiettoria per Cosa Nostra alcamese. Fino agli anni cinquanta-sessanta il “pizzo” (in cambio

di protezione) richiesto ai proprietari terrieri, il controllo dei prezzi dei prodotti agricoli e di tutte le

più grosse controversie nei campi, il controllo del mercato degli animali e il contrabbando delle

sigarette rappresentavano il “core business” della famiglia.

12

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

BREVE STORIA DELLA FAMIGLIA RIMI Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 88: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

Nelle foto, da sinistra, Vincenzo, Filippo e Natale Rimi

Quando i figli, un po’ più al passo con i tempi, notarono, a partire dagli anni sessanta, le nuove

offerte e le grandissime opportunità che il boom economico e la ricostruzione del Belice stavano

portando in Sicilia, anche la mafia alcamese si adattò ai tempi. La nuova parola d’ordine divenne

l’imprenditoria e i vecchi luogotenenti del padre, che erano rimasti indietro e non capivano ancora

le potenzialità dei nuovi affari, furono messi a riposo.

LA NUOVA MAFIA ALCAMESE E I NUOVI AFFARI

Agli inizi del 1959, Natale e Filippo Rimi, si trovarono ospiti di un noto mafioso e costruttore di

Messina. Questi, durante la lunga conversazione, aveva dato ai due rampolli alcamesi diversi

consigli su come sfruttare al meglio il nostro bellissimo litorale di Alcamo Marina, a quel tempo

quasi incontaminato. Dalla discussione con il messinese erano emerse le enormi potenzialità

turistiche del posto e una nuova modalità per far soldi: strutture alberghiere di lusso con tutti i

confort che potevano anche servire per riciclare tutto quel denaro sporco frutto della attività

criminali. Inizio così una nuova era per i Rimi: l’imprenditoria mafiosa. Il 3 Agosto del 1961, quando

la commissione tecnica diede il parere favorevole all’apertura del Motel Beach, le terre di

proprietà di Filippo Rimi, Natale Rimi e Antonio Piazza stavano per accogliere una delle più belle

strutture ricettive dell’intera Sicilia occidentale.

Planimetria originale del Motel Beach (realizzata dal Geom. Pipitone) e foto del Motel

Page 89: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

Il successo del Motel Beach fu tale che i Rimi capirono che il “mattone” poteva essere uno degli

investimenti più sicuri. Tutto alla luce del sole, nessuno sbirro alle calcagne e si facevano più soldi

del contrabbando di sigarette. Intuizioni, per quel tempo, non così scontate. Su questa traiettoria

nacquero poco dopo “Immobiliare Alcamese” e successivamente la società “ICEA”, con a capo

Vincenzo Leone e Faro Mangiapane, che realizzarono i famosi palazzi (detti tuttora i palazzi dei

Rimi) in Viale Europa e in Viale Italia. I Rimi però, è necessario precisarlo, non si erano trasformati

da mafiosi a onesti imprenditori in quanto le pressioni esercitate su tutti i loro competitor e su

piccole e medie società rivali erano all’ordine del giorno. Le società dei Rimi non trovavano mai

ostacoli, nessun blocco o ritardo dovuto alla burocrazia o alle regole, mai nessun impiccio. Chi non

era sotto la loro ala ovviamente restava soffocato da minacce e mille impedimenti di natura

tecnica e burocratica.

LE PARENTELE IMPORTANTI

La famiglia Rimi ebbe la grande fortuna, tramite matrimoni ad hoc, di godere del supporto di altre

famiglie mafiose della Sicilia. Filippo Rimi, ad esempio, si era sposato con Giovanna Vitale, ed era

quindi diventato cognato del boss Gaetano Badalamenti dato che la moglie era sorella di Giovanna

Vitale, sposa del boss di Cinisi. La figlia di Don Vincenzo, Antonina Rimi, era invece andata in sposa

ad Antonino Buccellato, boss indiscusso di Castellammare del Golfo. Leonardo Rimi, figlio di

Filippo, sposerà invece Giusy Di Trapani, figlia di Ciccio Di Trapani di Cinisi.

Il sodalizio criminoso dei RIMI, nella provincia di Trapani era composto da elementi pericolosissimi in

particolare : EVOLA Giuseppe cl. 1941, ASARO Giuseppe cl.1932, ASARO Mariano cl. 1956, GENNA Santo cl.

1935, GENNA Girolamo cl. 1966, BONACCORSO Giliberto cl 1949, BONGIORNO Vincenzo cl 1938,

BUCCELLATO Giuseppe cl 1946, PLAIA Diego cl. 1908, VITALE Antonino cl.1922, CASSARA’ Leonardo cl.

1938,CALECA Antonio cl. 1937, TURRICIANO Antonio cl. 1925, MAGADDINO Giuseppe cl 1935,CALABRO’

Gioacchino cl 1946, MANNO Giuseppe cl 1937, BONVENTRE Vito cl 1938, BOSCO Francesco, cl 1934BOSCO

Michele cl. 1959,RIMI Leonardo cl.1952, ACCARDI Salvatore cl. 1930,MANNO Nicolò cl. 1938, LEONE

Vincenzo cl. 1937, PIZZO Mariano cl. 1926, PALAZZOLO Salvatore cl. 1924, PACE Francesco, cl 1941,

VARVARO Giuseppe cl 1937, CRIMI Leonardo cl 1925, BUCCELLATO Giuseppe cl. 1904, BUCCELLATO Nicolò

cl. 1901, DOMINGO Diego cl 1939, MINORE Antonino cl. 1935, MINORE Calogero cl.1924, MAIORANA

Giuseppe cl. 1938, BUCCELLATO felice cl. 1941, SCIACCA Baldassare cl. 1937, DOMINGO Vito cl.

1927,POLLINA Antonino, cl. 1934, SCIACCA Gaspare cl. 1933, PIOGIA Giovanni cl. 1956, LIPARI Mario cl.

1939, ABATE Natale, cl. 1938, TROVATO Onofrio cl. 1938, PULEO Filippo cl. 1938, GARGAGLIANO Giuseppe

cl. 1951, GARGAGLIANO Giovanni cl. 1919, MILAZZO Vito cl. 1954, GRAFFEO Pietro cl. 1954, FIORDILINO

Giovanni cl. 1927, CALANDRINO Girolamo cl. 1949, VILARDI Giovanni cl. 1930, MILAZZO Vincenzo cl. 1956,

MILAZZO Sebastiano, cl. 1951, EVOLA Giuseppe cl. 1941, MONTALBANO Pietro cl 1929, MELODIA Filippo cl.

1957, SCURTO Damiano cl. 1942, RIINA Giacomo cl. 1908, MALTESE Baldassare, cl. 1957, EVOLA Natale cl.

1951, DAIDONE Giovanni cl. 1943, BRUSCA Giovanni cl. 1957, CASSARA’ Leonardo cl. 1939, ALCAMO

Mariano cl 1929, CUSUMANO Ciro cl. 1951, MILOTTA Stefano cl. 1934, AGATE Mariano cl. 1939, MELODIA

Luciano cl. 1943, PIRRONE Liborio cl. 1939.

Page 90: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

4

Scatti d’epoca di Serafina Battaglia dopo la morte del marito e del figlio

UNA DONNA DA SOLA CONTRO I RIMI

Uno dei più grossi guai che ebbero i Rimi, in particolare il boss Vincenzo e il figlio Filippo, fu il caso

Serafina Battaglia che balzò agli onori delle cronache nazionali turbando l’atmosfera di silenzio e

del non far “scruscio” tanto cara al vecchio boss alcamese.

La donna aveva perso il marito e il figlio, Stefano e Salvatore Leale, a causa dei Rimi e si era decisa

a parlare e raccontare tutto della mafia di Alcamo, a suo dire, mandante del duplice omicidio. La

donna ammise che il marito era coinvolto nell' attività mafiosa e tirò in ballo le responsabilità del

capofamiglia di Alcamo coinvolgendo anche altre novantatre persone. Per il boss l'ergastolo fu

inevitabile, anche se, come si legge nella relazione antimafia, arrivarono pressioni consistenti di

uomini politici e funzionari per rendere meno pesante la permanenza di Vincenzo e Filippo Rimi

dietro le sbarre. In carcere i Rimi non resteranno così a lungo: il tempo di ottenere l' assoluzione

per insufficienza di prove e ritornare ai traffici illeciti assieme alle cosche emergenti del trapanese.

Giunto il processo in cassazione, il 3 dicembre del 1971, i due mafiosi vedranno annullare le loro

condanne all'ergastolo grazie alle pressioni di alti magistrati e influenti uomini politici. Il nuovo

processo si concluderà il 13 febbraio 1979 con l'assoluzione definitiva dei Rimi per insufficienza di

prove. Il vecchio Rimi però scomparirà prima di quest'ultima sentenza, il 28 marzo del 1975,

mentre a prendere le redini familiari della famiglia ci stava già pensando il giovane Leonardo.

Una celebre frase della donna, non affatto scontata per quei tempi, è rimasta nella memoria

storica di molte persone oneste: «Mio marito era un mafioso e nel suo negozio si radunavano

spesso i mafiosi di Alcamo. Parlavano, discutevano e io perciò li conoscevo uno ad uno. So quello

che valgono, quanto pesano, che cosa hanno fatto. Mio marito poi mi confidava tutto e perciò io so

tutto. Se le donne dei morti ammazzati si decidessero a parlare così come faccio io, non per odio o

per vendetta ma per sete di giustizia, la mafia in Sicilia non esisterebbe più da un pezzo».

NATALE RIMI SUI GIORNALI DI TUTTA ITALIA

Natale Rimi, ragioniere, fu assunto al Comune di Alcamo il 15 Luglio del 1959 in sostituzione del

ragioniere Di Gregorio andato in pensione l’1 Aprile 1956. Il posto venne tenuto vacante in

comune per ben 3 anni in attesa di un concorso vinto con molte stranezze dal figlio del boss. Il

primo Aprile 1971, per sottrarsi alla sorveglianza speciale della Polizia, Natale Rimi ottenne un

Page 91: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

5

posto a tempo indeterminato presso la Regione Lazio per chiamata diretta. Tale evento ben presto

scatenò le ire dell’opinione pubblica e la vicenda finì su tutti i giornali e anche nella sede della

Commissione parlamentare antimafia. Dopo diversi anni, nonostante tutti i giornali affermavano

che Natale Rimi si trovava a lavorare per la Regione Lazio grazie alla mafia e soprattutto grazie al

potere della sua famiglia, verrà scagionato dalla Corte d’Appello di Firenze nel 1978; chiuderà così

una sua fabbrichetta di camice messa in piedi durante il suo soggiorno obbligato a Zeme Lomellina

e ritornerà a Roma a lavorare da impiegato.

IL GOLPE BORGHESE

Natale Rimi sui giornali continua però a restarci. Quando il padre e il fratello Filippo sono dietro le

sbarre si dichiara disponibile a far parte del commando del Principe Junio Valerio Borghese che

doveva portare a termine un colpo di stato sensazionale nell’Italia degli anni settanta. Il Golpe

Borghese è stato un tentativo di colpo di Stato che doveva avvenire in Italia nella notte tra il 7 e l’8

dicembre 1970. Il golpe, progettato da diversi anni nei minimi particolari, prevedeva l’occupazione

del Ministero dell’Interno, del Ministero della Difesa, delle sedi RAI e dei mezzi di

telecomunicazione di massa e la deportazione degli oppositori presenti in Parlamento. Il piano

prevedeva inoltre il rapimento del capo dello stato Giuseppe Saragat e l’assassinio del capo della

polizia Angelo Vicari. Diversi esponenti di primo piano dell’aeronautica militare e di alcuni

ministeri, stavano già occupando il Ministero della Difesa, la sede Rai di Roma ed era già iniziata la

distribuzione di armi e munizioni ai cospiratori nella sede del ministero degli interni. Il golpe venne

però improvvisamente bloccato dallo stesso Borghese e ancora oggi questo improvviso contro-

ordine, a poche ore dall’attuazione effettiva del piano, non è stato ancora chiarito. Anche la mafia

siciliana e lo stesso Natale Rimi furono protagonisti di questo tentativo di colpo di Stato.

L’alcamese si trovava a Roma e aveva un ruolo ben definito nell’organizzazione. In contropartita

del ruolo attivo di Cosa Nostra, il principe Borghese aveva offerto la revisione di molti processi in

corso a carico di esponenti della mafia siciliana, facendo un particolare riferimento al “processo

Rimi” (si rammenti che, in quel momento, Vincenzo e Filippo Rimi erano già stati condannati

all’ergastolo anche in Appello).

IL DECLINO DEI RIMI

Nel 1981 in seguito alla rivoluzione corleonese all’interno di Cosa Nostra - tutte le famiglie ostili a

Totò Riina, compresa quelle dei Rimi, saranno annientate. Inizieranno pian piano così le lunghe

latitanze di Natale Rimi all’estero, soprattutto in Spagna, la scomparsa di uomini chiave del clan,

fughe dei parenti da Alcamo verso altre località del nord Italia e il definitivo declino della famiglia.

Che i corleonesi facessero sul serio e le glorie della vecchia famiglia Rimi stanno diventando un

ricordo del passato non era molto chiaro a tutti nei primi anni ottanta. Gli uomini di Totò Riina

infatti decisero nel 1983 di lanciare un segnale forte alla comunità alcamese.

Page 92: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

6

La villetta a Scopello di Natale Rimi danneggiata dall’esplosione del 6 Ottobre 1983

La notte del 6 Ottobre la villa a Scopello (frazione di Castellammare del Golfo) di Natale Rimi venne

danneggiata da una forte esplosione. La grossa carica di tritolo distrusse buona parte della villetta

e danneggiò quella vicina del presunto affiliato del clan Giuseppe Manno. Nel vocabolario della

mafia questo attentato aveva il valore di additare agli occhi di tutti che Filippo e Natale Rimi non

erano più nemmeno nella condizioni di potersi garantire la integrità patrimoniale che

corrispondeva dunque anche a quella personale.

Dopo una serie di omicidi, stragi - una vera e propria guerra di mafia di cui parleremo meglio nei

prossimi capitoli - i Rimi verranno cancellati dalla mappa del potere delle famiglie che contano e al

loro posto i nuovi mafiosi alleati di Totò Riina inizieranno a gestire il mandamento di Alcamo.

La lupara e la calibro 38 distruggeranno in pochi anni l'esercito superstite dei Rimi. L' ultimo

omicidio in ordine di tempo sarà l'omicidio di Agostino Biondo, l’uomo che gestiva gli affari e le

entrate derivanti da una sorgente di acqua della famiglia che assicurava un introito pari a 200 mila

lire al giorno necessari per il sostentamento dei familiari.

NATALE RIMI UFFICIALMENTE MAFIOSO

Per tantissimi anni Natale Rimi sarà soltanto il figlio e il fratello di mafiosi. Sui giornali e in diversi

processi ha la fortuna di uscire sempre pulito. Il 24 giugno del 1987 la svolta: davanti ai giudici

Falcone, Natoli e Sciacchitano, il pentito Antonino Calderone illumina con le sue parole la carriera

criminale di Natale Rimi e offre la conferma di quindici anni di sospetti.

Page 93: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

7

Foto di Natale Rimi arrestato in Spagna il 6 Marzo 1990

Comincia così il racconto di Calderone: “Posso dire che Alcamo è il regno dei Rimi: un monarca

assoluto Don Vincenzo Rimi, un patriarca, anche se restio ad assumere cariche formali all’interno di

cosa nostra e poi due principi, ovvero i figli Filippo e Natale, fedeli esecutori degli ordini dei boss

della famiglia, una delle più numerose ed influenti insieme a quella di don Tano Badalamenti,

cognato del Rimi Filippo. Quando don Vincenzo e il figlio Filippo vengono arrestati, è Natale che si

preoccupa di aiutarli. Natale in sostanza chiedeva aiuto per i suoi familiari per assicurare loro

un’efficace difesa, ma non solo… Natale Rimi era a disposizione di Badalamenti che voleva perfino

uccidere Michele Cavataio, e a tal fine aveva inviato a Catania proprio Rimi Natale, per dire a

Gaspare Sciacca di mettersi a disposizione per compiere insieme l’omicidio. […] Natale Rimi era

anche coinvolto nel golpe-borghese. La notte stabilita per il golpe non accadde nulla a Catania.

Ma l'indomani mattina Natale Rimi, che era stato incaricato di partecipare al golpe a Roma, venne

a Catania in aereo con il primo volo e disse che lui e gli altri congiurati erano stati muniti di mitra

ma che ad eccezione di qualche colpo che aveva udito sparare, non aveva sentito altro. Aggiunse

che non si era fatto più nulla… I Rimi erano, tra l’altro, fra coloro che erano più interessati, insieme

con Luciano Liggio alla realizzazione del golpe. Vincenzo e Filippo Rimi in quel periodo erano

detenuti mentre Liggio era stato condannato all’ergastolo. […]

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 94: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

Negli anni sessanta l’agricoltura alcamese conobbe un periodo di forte ricchezza. In particolare la

coltivazione della vite e, purtroppo, la sofisticazione del vino, furono protagonisti indiscussi di

quegli anni di forte boom. Dati anche i numerosi giri di affari e i rapporti sempre più stetti tra

mafia, politica e burocrazia sono principalmente due le figure che emergono nel contesto: i famosi

“sensali” e il nuovo ceto (decisamente più colto) costituito dai figli dei grossi proprietari terrieri.

Mentre molti di questi rampolli girano per l’Italia istruendosi e importando tecniche nuove e

innovazioni nel campo dell’agricoltura, i figli dei contadini sono costretti ad abbandonare gli studi

(almeno chi aveva fatto questa scelta) e cercano di trovare lavoro altrove dando vita a una

fortissima ondata di emigrazione verso il nord Italia e verso paesi stranieri come la Germania.

La mafia agraria di Vincenzo Rimi intanto inizia anche lei ad emigrare: dalle campagne gli interessi

economici si stanno spostando in città e la ricetta del boss alcamese resta sempre la stessa, ovvero

un regime di terrore e paura da imporre a tutti coloro che non obbediscono al volere dei Rimi.

In questo contesto matura l’omicidio del giovane Giuseppe Ferrara, appena diciassettenne, il 5

Novembre del 1960. Giuseppe Ferrara era figlio dell’allevatore Stefano, uomo affiliato al clan dei

Rimi che costituiva sicuramente una seconda linea data la scarsa visibilità e il poco potere

concessogli da Don Vincenzo. La famiglia Ferrara, che abitava in contrada Catoio, subiva da un paio

di mesi dei furti di bestiame e tutto questo non andava giù soprattutto al figlio diciassettenne.

Nelle foto, da sinistra, Ferrara Giuseppe e Ferrara Stefano

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

L’OMICIDIO GIUSEPPE FERRARA Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

SE

SENZ

Page 95: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

In varie occasioni il giovane Giuseppe avrebbe detto al padre che, se non avesse avuto il coraggio

di risolvere il problema, ci avrebbe pensato lui stesso. Cosi il giovane Giuseppe iniziò, da solo e no

curante del pericolo, a condurre indagini sulla ricerca dei colpevoli. Anche se Giuseppe era un

giovane arrogante e testardo era pur sempre un diciassettenne e muoversi in quel mondo, pieno

di pezzi da novanta e delinquenti, non sarà stato sicuramente una passeggiata.

Ancora oggi è poco chiaro come mai un uomo dei Rimi, tale era Stefano Ferrara, subisse dei furti

senza che mai nessun componente del clan abbia mosso un dito per tutelarlo. In condizioni

normali gli uomini affiliati ai Rimi diventavano degli intoccabili e la delinquenza comune si

guardava bene dal nuocere i loro affari. In questo caso invece sembra che Stefano Ferrara non

godesse di alcuna tutela e verosimilmente, come prima accennato, il suo ruolo nell’organizzazione

doveva essere molto limitato.

La sera del 3 Novembre 1960 il giovane Giuseppe Ferrara, dopo aver consegnato il latte ad

Alcamo, fece ritorno a casa con un’aria molto soddisfatta. La madre notò subito il suo

cambiamento e, incuriosita, ne chiese il motivo. Giuseppe, con fierezza, rispose di aver finalmente

scoperto chi era l’autore dei loro furti. A questa risposta la povera mamma, conoscendo il

carattere del figlio, gli disse di stare attento e di non esporsi troppo. E fu proprio in quel momento

che anche il padre, sentito il nome del sospettato dei furti, rimase come impietrito: forse aveva

capito che quella scoperta, o meglio, quel nome poteva essere una minaccia per il figlio.

Il colpevole era uno solo: Giuseppe Rizzo, altro affiliato del clan dei Rimi. Questa volta però si

trattava di un profilo molto diverso rispetto a Stefano Ferrara. Rizzo contava molto di più nelle

cerchie dei Rimi e se un diciassettenne avesse tentato di ucciderlo sicuramente sarebbero stati

guai per tutti.

Stefano Ferrara, sempre più preoccupato per le sorti del figlio, chiese aiuto al cognato Tommaso

Parrino, considerato a quel tempo un pezzo da novanta della gerarchia mafiosa alcamese.

Purtroppo i due cognati non avranno il tempo per fermare il giovane alcamese; questi infatti

comunicherà, proprio durante un loro incontro per decidere il da farsi, che aveva ucciso Rizzo.

Nelle foto, da sinistra, Rizzo Giuseppe e Parrino Tommaso

Page 96: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

Nelle foto, da sinistra, Francesco, Baldassare e Giuseppe Sciacca

“Si papà ho fatto quello che dovevi fare tu, ho ucciso Rizzo!” . Dopo quelle parole Parrino,

visibilmente preoccupato uscì da casa Ferrara e si diresse immediatamente in macchina con altri

tre uomini. Gli altri uomini in compagnia del Parrino erano probabilmente altri affiliati del clan e si

pensa che lo stesso Parrino avesse avuto l’incarico dal clan di mettere pace nel cuore pieno di

vendetta del diciassettenne alcamese.

Rizzo, per sua fortuna, era stato però solamente ferito e nemmeno in maniera tanto grave. Questo

ferimento, che non aveva portato dunque ad alcun omicidio, poteva rappresentare per il Ferrara

un’ancora di salvezza. Purtroppo, invece, non sarà così.

Il 5 Novembre alle ore 18.30, Giuseppe si stava preparando per portare il latte ad Alcamo, aveva

da poco messo in moto la sua Moto Guzzi, e dopo aver salutato la mamma si mise in viaggio verso

Alcamo. Ma il giovane non riuscì a fare nemmeno un chilometro quando all’improvviso una scarica

di pallettoni lo raggiunse su tutto il corpo. Stramazzato a terra il povero Giuseppe era ormai in fin

di vita. Gli spari avevano allarmato il padre Stefano che aveva già capito a chi erano stati diretti

quei colpi. Si precipitò immediatamente sul posto dove trovò il figlio sull’asfalto in un mare di

sangue, ma ancora in vita.

Al processo Stefano Ferrara dichiarò che il figlio prima di morire gli avrebbe confidato che gli

esecutori dell’agguato erano stati i mafiosi: Parrino Tommaso; Rizzo Giuseppe; Sciacca Baldassare;

Sciacca Francesco e il padre di questi ultimi SCIACCA Giuseppe. Ma i cinque esponenti malgrado la

coraggiosa testimonianza di FERRARA Stefano verranno assolti per insufficienza di prove dalla

Corte D’Assisi di Trapani. L’omicidio di Giuseppe ancora oggi rimane senza colpevoli

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 97: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

In questa appendice si descrive brevemente Gladio. Una conoscenza preliminare di tale struttura

sarà molto utile per guidare meglio il lettore nella comprensione di alcuni tragici fatti che

tratteremo nei prossimi capitoli. Senza alcuna pretesa riportiamo alcune delle informazioni più

note su di essa, soprattutto sulla Gladio siciliana, consapevoli del fatto che tuttora tale

organizzazione resta avvolta da numerosi segreti e da coperture del mondo politico-istituzionale.

Simbolo di Gladio

Gladio è il nome in codice di una struttura paramilitare clandestina di tipo stay-behind Spyro

("stare dietro", "stare al di qua delle linee") promossa durante la guerra fredda dalla NATO, per

contrastare un eventuale attacco delle forze del Patto di Varsavia ai Paesi dell'Europa occidentale

Il termine Gladio è utilizzato propriamente solo in riferimento alla stay-behind italiana. Il gladio era

il simbolo dell'organizzazione italiana, mentre quello internazionale era la civetta. Durante la

guerra fredda, quasi tutti i paesi dell'Europa occidentale crearono formazioni paramilitari, riunite

nella "Stay Behind Net" sotto controllo NATO.

14

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia

APPENDICE: CENNI SU GLADIO TRAPANESE Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 98: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

L'esistenza di Gladio, sospettata fin dalle rivelazioni rese nel 1984 dal membro di Avanguardia

Nazionale Vincenzo Vinciguerra durante un processo, fu riconosciuta dal presidente del Consiglio

italiano Giulio Andreotti il 24 ottobre 1990, che la definì una "struttura di informazione, risposta e

salvaguardia".

Nel nostro territorio in particolare nel trapanese Gladio viene legata a numerosi fatti di cronaca, in

particolare nelle indagini sulla scoperta del noto centro Scorpione considerato la Gladio

trapanese. Tuttora le indagini condotte in passato dalla Procura della Repubblica di Trapani sono a

uno stallo.

Ai magistrati venne a mancare una “pedina” importante per far luce su tanti misteri del trapanese,

il capo del “Centro Scorpione”, il maresciallo del Sismi Vincenzo Li Causi, ucciso nel 1993 in

circostanze misteriose in Somalia dove era andato in missione. La versione ufficiale dei fatti

riferisce di un improvviso conflitto a fuoco, ma tanti sono i dubbi tuttora inspiegati. Li Causi,

originario di Partanna, era in procinto di tornare in Italia per essere sentito proprio dai magistrati

di Trapani che indagavano su Gladio.

Il nome del maresciallo Li Causi è circolato anche a proposito del delitto, sempre commesso in

Somalia, un anno dopo, di Ilaria Alpi. Li Causi sarebbe stato la sua «fonte» sia sui traffici di armi sia

su quelli riguardanti le scorie radioattive con le complicità di numerosi governi.

Di Gladio trapanese si è tornati a parlare da quando è saltato fuori che l’ex sindaco di Palermo,

Vito Ciancimino, avrebbe potuto fare parte della struttura segreta. Lo ha svelato il figlio dell’ex

sindaco, Massimo, nelle ultime rivelazioni sulla trattativa tra Stato e mafia. Gladio, a questo punto,

potrebbe essere anche uno scacchiere nel quale si muovevano i mafiosi e i massoni trapanesi.

Alcuni di questi avrebbero avuto contatti perfino con agenti dei servizi. Legami maturati nel

tempo, dietro i quali ci potrebbero essere traffici di armi come un ex gladiatore afferma in una

intervista Rai del 2006.

Il video gira su Youtube. È estrapolato da una puntata di una trasmissione di Rai Tre che si occupò

del delitto della giornalista Rai Ilaria Alpi. Incappucciato e presentato da chi lo intervista come ex

appartenente a Gladio, c’è un uomo che parla di traffici di armi, e di scorie pericolose. Parla di

Gladio come di «una struttura impiegata per i traffici di armi». La ricostruzione non è nuova.

«Gladio» era usata per far passare da una punta all’altra dell’Italia, carichi di armi o di rifiuti tossici

destinati poi a paesi esteri. Un traffico che secondo un ex faccendiere, Francesco Elmo, si sarebbe

intensificato dagli anni ’80 in poi.

Quest’ultima dichiarazione fa presupporre che tali traffici e tale struttura segreta esistevano anche

anni prima. In Sicilia poi ci sarebbe stato un particolare in più rispetto al contesto nazionale: i

«contatti» con l’organizzazione mafiosa. «Gladio spiava Cosa nostra» ha fatto mettere a verbale

Paolo Fornaro, uno degli ufficiali che si occupava di «Gladio» trapanese; Elmo invece parlò semmai

di un vicendevole scambio di favori tra la struttura segreta ed i mafiosi. La presenza tra i

«gladiatori» di Ciancimino in questo senso potrebbe essere più che verosimile.

Page 99: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

Lo scenario in cui matura il delitto Rostagno (26 settembre 1988) basato su quei noti «contatti» tra

mafiosi e «soggetti esterni» potrebbe avere tra i suoi protagonisti anche persone legate

all’organizzazione.

La notizia dell’ iscrizione di Ciancimino alla Gladio e in particolare alla Gladio in Sicilia è una notizia

di non poco interesse. Non dimentichiamo che il magistrato Giovanni Falcone che seguiva il

processo La Torre e le attività dei Servizi Segreti fu bloccato nella sua richiesta di contatti con i

magistrati romani che indagavano su Gladio dal procuratore di Palermo Pietro Giammanco.

Falcone riteneva che su questo punto si dovesse indagare. Gladio poteva avere qualche legame col

delitto La Torre ma Falcone si trovò di fronte un muro posto dal procuratore Capo». «Gladio -

prosegue Accame - destò anche molto interesse al magistrato Carlo Palermo che nel suo libro "Il

quarto livello" scrive che "a Trapani era presente una base militare Nato.”

Nell’anno successivo alla scoperta delle logge segrete (Iside 2 ) venne creata la cellula "Stay Behind

Scorpione". Per 30 giorni – scrive Palermo – alloggiai presso quella base Nato. Ma fu altrettanto un

caso che da quella base venni allontanato dopo 30 giorni? Per subire 10 giorni dopo non avendo

più le protezioni che quel percorso offriva, l’attentato a Pizzolungo?».

I compiti di Gladio in Sicilia restano da chiarire. Il capo del Centro Scorpione Vincenzo Li Causi tra

l'altro faceva parte degli OSSI, gli Operatori Speciali del servizio informazioni che operarono tra

l'altro in Nord Africa, in Somalia, in Albania. Tra i compiti di Gladio in Sicilia probabilmente vi era

quello di collegamento con la Gladio all'estero. Ex presidente della commissione nazionale

antimafia ed ex ministro dell’Interno Beppe Pisanu, in una intervista a «Il Corriere della Sera» del 2

Aprile 97 ricorda che la Gladio all'estero operava nei Balcani, nel Nord Africa e nel Corno d'Africa.

C’è poi quel filo che porta come si diceva all’omicidio Rostagno e a quel via vai di aerei, che

quando atterravano erano circondati da uomini in mimetica, sull’aeroporto ufficialmente chiuso di

Kinisia. Immagini filmate da Rostagno ma sparite il 26 settembre 1988, nella notte del delitto.

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com

Page 100: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

1

“Lu spertu mori in manu a lu fissa” è un famoso detto siciliano che spesso racchiude la verità. In questo capitolo parleremo dell’omicidio di Lauria Vincenzo, considerato un pezzo da 90, ucciso da un giovane non mafioso il 15 Giugno del 1962 ad Alcamo.

Erano passati circa due anni dall’omicidio di Giuseppe Ferrara, era il 1962, e ad Alcamo si continuava a respirare la solita aria inquinata del malaffare, della violenza e della sopraffazione ai danni dei nostri onesti cittadini. Mentre all’interno del Comune di Alcamo l’amministrazione prendeva, probabilmente, importanti decisioni per la collettività, all’esterno del comune vi era un’altra amministrazione, quella mafiosa, che dominava e/o risolveva i problemi dei cittadini comuni. Piazza Ciullo, cuore pulsante di Alcamo, era sempre gremita in quanto ritrovo abituale di tutti gli uomini alcamesi, e, soprattutto all’imbrunire, anche i mafiosi si ritrovavano lì a passeggiare mostrando a tutti quanto fossero importanti per l’intera collettività.

A chiudere la serata in piazza arrivava spesso Vincenzo Rimi e anche chi non era mafioso tentava continuamente di scambiare due parole con lui, segno di chiara approvazione e stima verso il capo indiscusso del comprensorio. In quel tempo camminare a braccetto con don Vincenzo o avere semplicemente la sua attenzione era un grande onore, significava dimostrare agli altri che anche lui contava, insomma era come camminare con il ”Santo Padre”.

15

Antonio Federico

Pane Pitittu e Mafia LU SPERTU MORI IN MANU A LU FISSA:

LA FINE DI VINCENZO LAURIA

Tratto dal Blog

WWW.SENZAMEMORIA.WORDPRESS.COM

Page 101: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

2

In quel tempo la struttura piramidale mafiosa non era ancora ben definita come oggi; ad Alcamo vi era un capo, Vincenzo Rimi, i suoi due figli Natale e Filippo e infine tutti gli uomini più fidati del clan. Uno dei pezzi di novanta più autorevoli del clan era Vincenzo Lauria, famoso commerciante di vini, acclamato dagli alcamesi quasi alla pari di Vincenzo Rimi.

Vincenzo Lauria, nato ad Alcamo il 10 Gennaio del 1904, era un noto commerciante di vini, molto ossequiato dai contadini alcamesi soprattutto per la sua attività nel settore vinicolo. Lo stesso Lauria, a tal proposito, amava vantarsi dicendo che “non c’è una rappa di racina, che nun passa da le manu mie”. Da questa frase si può individuare non solo l'arroganza, la presunzione e la sicurezza del personaggio di cui stiamo parlando ma anche che tutto il settore vinicolo era nelle sue mani.

Un settore economico, quello vinicolo, che in quegli anni si espandeva sempre di più: tanti contadini abbandonavo la coltivazione di cereali per trasformare i loro campi in vigneti con sistemi di coltivazione sempre più evoluti e utilizzando tipi di uva sempre più ricercate. Il vino alcamese cominciò ad essere molto richiesto sul mercato nazionale e purtroppo molte cantine e diversi commercianti, incuranti del danno che potevano provocare, trovarono il modo di ricavare un guadagno più elevato e più facile ricorrendo alla sofisticazione del vino. Quelli sono gli anni del boom economico e Vincenzo Rimi, come del resto i suoi affiliati, non stavano di sicuro a guardare.

Anche Vincenzo Lauria, sia per la posizione di monopolio all’interno del settore agricolo sia per le sue amicizie strettamente legati ai Rimi, divenne agli occhi di tanti alcamesi un uomo di “tutto rispetto” acquistando il fascino misterioso del mafioso quasi alla pari di Don Vincenzo. A mio modesto parere i due però non avevano la stessa valenza e la morte del Lauria, se ben analizzata, non mostra assolutamente tutta questa acclamata considerazione a capo mafia. Per gli organi di polizia però Vincenzo Lauria era schedato come mafioso proprio per i suoi stretti rapporti intrattenuti con la famiglia dei Rimi.

Il 15 Maggio 1962, verso le nove del mattino, l’Arma dei carabinieri di Alcamo veniva informata da una telefonata che in Piazza Mercato era stato commesso un omicidio. Gli investigatori trovarono sul posto un uomo dell’apparente età di 55 anni che giaceva a terra privo di vita subito identificato come Lauria Vincenzo. Da una prima ricognizione fatta dagli investigatori sul cadavere, si capì che la sua morte era stata provocata da numerosi colpi di arma da fuoco sparati da breve distanza che lo avevano ucciso sul colpo.

Iniziate le indagini, gli investigatori vennero a conoscenza che l’autore del fatto delittuoso era stato un certo Parrino Liborio, macellaio, cl. 1930. Le forze di Polizia si misero subito alla ricerca dell’omicida che da alcuni testimoni del delitto veniva descritto come elemento non perfettamente sano di mente e altamente pericoloso dato che era fuggito con l’arma in pugno. Verso le 13.00 gli investigatori vennero a conoscenza che il ricercato, subito dopo l’omicidio, si era costituito presso la caserma dei Carabinieri di Balestrate e si interruppero le ricerche.

L'omicida, interrogato dagli investigatori, dichiarò che tempo prima, dietro invito della signorina Rocca Agnese, alla quale aveva manifestato i suoi sentimenti affettivi, si era presentato allo zio della ragazza, Rocca Matteo, per chiedere la mano della nipote. Purtroppo, per il giovane innamorato, la proposta era stata respinta. Inoltre Liborio Parrino continuava il suo racconto riferendo dell'atteggiamento incoerente della sua amata Agnese: la giovane donna a volte dimostrava di gradire il suo corteggiamento, altre volte invece si mostrava molto seccata. Questi comportamenti così altalenanti portarono a credere al Parrino che tutto ciò fosse dovuto all'interferenza di qualche persona estranea alla loro storia. Spesso, dichiarava inoltre il Parrino, riceveva perfino delle minacce di morte e tanti gli consigliavano di sparire da Alcamo. Nonostante ciò Liborio non riusciva a rinunciare al suo amore e continuava la sua opera di persuasione.

Page 102: L'evoluzione del potere e dell'assetto territoriale di Cosa Nostra in provincia di Trapani

3

Tale insistenza da parte del giovane aveva sicuramente infastidito la famiglia della ragazza che aveva chiesto aiuto a Vincenzo Lauria, certi che nella veste di grande boss sarebbe sicuramente riuscito a liberarli di questo fastidioso corteggiatore.

È bene sapere che in quegli anni molti si rivolgevano ai mafiosi per risolvere qualunque tipo di problema non solo economico ma anche familiare o di qualunque altro genere convinti che nessuno avrebbe avuto il coraggio di contrastare i loro ordini. Liborio Parrino, accecato dall’amore per Agnese o probabilmente perché non accettava le regole della mafia, non si lasciò però intimidire e continuò ad insistere con la ragazza e la sua famiglia. Il 15 Maggio 1962, avvicinato per l’ennesima volta da Vincenzo Lauria che gli rinnovava l'ordine di stare lontano dalla famiglia Rocca, estrasse dalla tasca una pistola tenuta illegalmente e cominciò a sparare su Lauria, che colpito in pieno viso, morì sul colpo.

Alcuni testimoni dell'omicidio raccontano che il giovane dopo aver ucciso il suo intimidatore cercò di suicidarsi puntando la sua arma alla tempia, ma al momento di fare fuoco, la pistola non sparò, perche durante la sua follia omicida aveva scaricato l’intero caricatore su Lauria.

È severamente vietato riprodurre quest’opera in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza autorizzazione dell’autore. Ogni violazione verrà punita.

www.senzamemoria.wordpress.com