L'Evoluzione Ideoplastica Delle Specie Viventi

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L’Evoluzione ideoplasticadelle specie viventi

Pellegrino De Rosa

Saggio divulgativo

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Titolo | L’Evoluzione ideoplastica delle specie viventi

Autore | Pellegrino De Rosa

Copertina a cura dell’autore

ISBN | 978-88-67512-91-1

© Tutti i diritti riservati all’AutoreNessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza ilpreventivo assenso dell’Autore e dell’Editore.

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La scienzaci aiuta a scorgerel’impronta di Dio

Ogni verità attraversa tre fasi.Prima viene ridicolizzata.Poi incontra una violenta opposizione.Infine, viene accettata come palese.

(Arthur Schopenhauer)

(Papa Benedetto XVI)

Dedico questo libroa mio figlio Antonio De Rosa

con stima e affetto imperituri.

Pellegrino De Rosa

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Sommario

Presentazione di Enzo Pecorelli

Introduzione dell’autore

1. Il quesito di partenza: come si è evoluto l’insetto-foglia?

2. L’inadeguatezza della teoria darwiniana

3. Considerazioni sul Lamarckismo

4. Relazione tra mimetismo, evoluzione e convergenza evolutiva

5. Tutti gli esseri viventi sono dotati di una mente?

6. Relazione tra mente, genoma, ipnologia e scienze quantistiche

7. SAM, Podaciris sicula e rapporti con la genetica

8. Il Plasticismo Evolutivo

L’oggetto della discordia

FAQ (Darwinismo, Intelligent Design o “Plasticismo Evolutivo”?)

Note sull’autore

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Presentazione

In questo saggio divulgativo viene presentata una teoria “madein Italy” sull’evoluzione delle specie viventi, chiamata PlasticismoEvolutivo, che si propone come possibile terza via tra le opposteposizioni dei neo-darwinisti e dei sostenitori dell’Intelligent Design.

Questa nuova ipotesi di studio è stata presentata, nel 2009, daldr. Pellegrino De Rosa, che è agronomo e botanico, nonchégiornalista e scrittore di romanzi.

Essa vuole provare a rispondere ad alcuni interrogativi, scaturitida precise osservazioni naturalistiche, e cioè:

1. In che modo l’insetto-foglia è riuscito a rendere il suo corpodel tutto simile, fin nei più piccoli particolari, alle foglie del suohabitat naturale? Solo grazie a mutazioni casuali e alla successivaselezione naturale? Oppure per azione di qualche meccanismoancora ignoto?

2. Oltre al fatto, già noto, che la selezione naturale agisceselettivamente sulla diffusione degli individui mimetici, è possibileche esista qualche altra correlazione, più diretta e ancora nonstudiata, tra il mimetismo e l’evoluzione delle specie viventi?

3. La psiche degli individui può, oltre che influire sull’espressionedei geni, indurre anche la comparsa di geni del tutto nuovi?

Come si evince sia dal presente saggio introduttivo sia dal breveracconto riportato in appendice, l’autore ha cercato di risponderea queste domande adottando un approccio multidisciplinare, cioètenendo conto non solo delle sue personali osservazioninaturalistiche e dei dati scientifici disponibili, ma anche di alcuniaspetti filosofici, teologici e di fisica teorica.

Pellegrino De Rosa non mette affatto in discussione il fenomenodell’evoluzione, né i risultati della genetica, né l’azione di alcunimeccanismi ecologici come la selezione naturale (di cui, però,propone di ridimensionare l’importanza evoluzionistica). Tuttavia,egli ritiene che le mutazioni del corredo genetico delle specie viventi(e, quindi, anche la loro evoluzione) non siano causate né da fortuitevariazioni casuali né da un’azione diretta di un Dio, bensì daun’azione “ideoplastica” esercitata dalla psiche degli individui sulgenoma e sull’epigenoma.

È bene anche chiarire che questa ipotesi non nasce da astratte

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elucubrazioni teoriche, ma si fonda sull’osservazione, oggettiva eripetibile, del comportamento degli organismi rapido-mimetici(come le seppie) e della forma del corpo degli organismi cripto-mimetici (come gli insetti-foglia). E solo in una seconda fase provaa spiegare queste osservazioni naturalistiche stabilendo deicollegamenti originali con altre discipline.

In sintesi, secondo il “Plasticismo Evolutivo”, la forza che general’evoluzione sarebbe la stessa che determina le modifiche,temporanee o permanenti, del corpo degli organismi mimetici. Sitratterebbe, cioè, di una presunta azione “ideoplastica” e mutagenadella psiche degli esseri viventi. Per cui, in definitiva, l’evoluzionenon sarebbe altro che “una volontà che prende forma”.

Secondo tale ipotesi, quindi, la psiche degli esseri viventi sarebbein grado non solo di regolare alcune funzioni fisiologiche e dicondizionare epigeneticamente l’espressione dei geni già esistenti(cosa questa già dimostrata, per esempio, dall’effetto placebo e daifenomeni di somatizzazione osservati nella pratica ipnotica e nellaMPD, o Multiple Personality Disorder), ma sarebbe anche in grado dicreare geni completamente nuovi.

Ma tale impostazione pone subito alcuni tipi di problemi.Il primo è: se è la mente a determinare le mutazioni evolutive,

allora tutti gli organismi che si sono evoluti, comprese le piante,sono dotati di una mente?

Il secondo è: di che natura è la presunta interfaccia tra la mente ei geni?

Il terzo è: con riferimento alla comparsa di mutazioni complessee di cui non esiste ancora uno schema in natura, a quale fonte diinformazione accede la mente dell’individuo?

Ora, mentre l’osservazione naturalistica dell’esistenza delsorprendente insetto-foglia è un dato oggettivo e incontestabile, efacilmente verificabile da chiunque, per provare a rispondere alledomande prima formulate è necessario, secondo l’autore, compiereun collegamento - multidisciplinare e coerente - con le scienzecosiddette “di frontiera”.

Per comprendere la posizione intellettuale dell’autore è necessariosoffermarsi brevemente sul suo atteggiamento speculativo, da luidefinito di “coerenza intellettuale”.

In sintesi, egli afferma che se alcune conclusioni vengono accettatein particolari ambiti scientifici e speculativi, esse devono essereconsiderate ugualmente valide anche negli altri ambiti.

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Perciò, se in psichiatria e in ipnologia si ammette l’effetto dellapsiche sul corpo, tale effetto deve essere considerato reale anchequando si studia l’evoluzione delle specie viventi.

E, se alcuni concetti di cosmologia e di meccanica quantistica sonoritenuti accettabili quando si studia la materia inanimata (collassodella funzione d’onda, pattern interferenti, paradigmi olografici,non-località, ecc.), essi devono essere considerati validi anchequando si studiano i sistemi biologici e l’evoluzione. In particolare,se la meccanica quantistica ammette che l’osservatore possa influenzareil comportamento duale (ondulatorio e corpuscolare) della materia,si deve pure ammettere che un fenomeno simile possa avvenireanche nei sistemi biologici. Di conseguenza, non è corretto scartarefrettolosamente l’ipotesi che la mente dell’osservatore possacondizionare anche la materia biologica, compreso il DNA, che haanch’esso una struttura quantistica.

Infine (e questo vale solo per i credenti), se si crede in un Dio,bisogna continuare a farlo anche quando si esce dal luogo di cultoe si vive la propria vita e si indossa il camice bianco del ricercatoreo dello scienziato. Chi non lo fa soffrirebbe, secondo l’autore, diuna forma di schizofrenia ideologica.

Ciò precisato, Pellegrino De Rosa risponde al primo puntoipotizzando che anche le piante abbiano una mente, e rafforza lasua tesi facendo riferimento alle ricerche sulla neurobiologia vegetaledel prof. Stefano Mancuso, dell’Università di Firenze, e ad alcuneosservazioni dello stesso Darwin.

Per rispondere al secondo punto, poi, fa riferimento alla quantumbiology e a tutta una serie di indizi (neurologici, fisici, psichici ebiologici) accennati nel testo.

Per rispondere al terzo punto, infine, si ricollega al paradigmaolografico di Bohm e al pensiero filosofico di Platone, di GiordanoBruno e di Hegel.

Egli, pur avendo una formazione scientifica, fa intenderechiaramente di non ritenere che la scienza sia la massimaespressione dell’intelletto umano, soprattutto quando degenera inscientismo. E al di sopra di essa pone la filosofia e, ancora più su,l’intuizione e l’arte. E osserva che tutti i grandi geni scientifici delpassato avevano una mente aperta al dubbio, all’esplorazione dinuove possibilità e al pensiero filosofico. Al contrario, quelli chelui definisce SAM (acronimo che sta per “Studiosi AccademiciMedi”, con cui indica quelle persone che si autodefiniscono scienziati

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pur essendo, spesso, solo dei tecnici di laboratorio o semplici professori,che non hanno mai scoperto o proposto niente di rilevante), sono prontia rifiutare, a volte anche con arrogante maleducazione, qualunquenuova ipotesi di studio venga loro proposta.

Alle teorie neo-darwiniste, l’autore contesta soprattutto il dogmache il cieco caso sia la sorgente dell’evoluzione. E fa notare chetutti i fenomeni osservabili in natura sono regolati da leggi, più omeno complesse. Perché, dunque, egli si chiede, solamentel’evoluzione delle specie viventi dovrebbe essere prodotta dal caso?

Egli ritiene che tale posizione sia conformista e ideologica, enient’affatto scientifica. E sottolinea, riportando anche degli esempi,che l’ipotesi della comparsa di mutazioni complesse e funzionalicausate dal caso non è mai stata provata scientificamente - in nessunlaboratorio e in nessun contesto ecologico. E fa notare che provarea spiegare con le variazioni casuali l’evoluzione di organi complessinon è accettabile neppure statisticamente.

Egli, in effetti, ammette che la selezione naturale agisceeliminando i “meno adatti” e favorendo la sopravvivenza e ladiffusione dei “più adatti”, ma fa notare che essa può agire solodopo che sono comparsi e presenti entrambi tali competitors.

La selezione naturale, perciò, non va confusa con la causa primadell’evoluzione, che è costituita invece dalla forza (la cui natura,ancora controversa, secondo l’autore è di natura psichica eondulatoria), che ha portato alla comparsa degli individui mutati.

Nel precisare questo aspetto, l’autore sottolinea la differenza trala normale variabilità genetica che si osserva all’interno della stessarazza e la comparsa di variazioni evolutive complesse checonducono alla formazione di nuove specie, e conclude accettando- per grandi linee - la teoria darwiniana come “teoria ecologica dellerazze” ma rifiutandola come “teoria evoluzionistica delle specie”.

Infine, pur condividendo l’importantissimo ruolo della genetica,l’autore dichiara di considerare i geni più il veicolo che la sorgentedell’evoluzione, e invita gli scienziati a realizzare degli esperimentitendenti a indagare se la mente umana possa, in particolaricondizioni “monoideistiche” o di stress o di coscienza alterata,provocare mutazioni funzionali nel DNA o nell’epigenoma enell’ipergernoma.

Egli fa anche osservare che il fatto di accettare acriticamente idogmi darwiniani danneggia gravemente il progresso scientifico, inquanto spinge a ridicolizzare e a scartare a priori qualunque altra

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ipotesi di studio, scoraggiando così la ricerca di spiegazionialternative dell’ancora misterioso fenomeno evoluzionistico.

Qui di seguito Pellegrino De Rosa narra, in maniera informale econ stile narrativo, com’è nata la sua teoria e ne spiega i caratterisalienti, i rapporti con le altre teorie evoluzionistiche e i collegamenticon le discipline coinvolte.

Egli non si dilunga più di tanto nella confutazione delle altreteorie che confermano oppure che si oppongono all’evoluzione dellespecie viventi, in quanto lo scopo del presente saggio non è quellodi confutare le teorie altrui ma quello di presentare la sua ipotesi.

I pochi accenni alle altre teorie hanno, perciò, il solo scopo dicontribuire a chiarire le loro differenze e i loro punti di contatto con il“Plasticismo Evolutivo” e non hanno nessuna pretesa di completezza.Perciò, rimanda chi volesse approfondire le critiche a tali teorie (siacreazionistiche che evoluzionistiche), peraltro non tutte condivisibili,alle centinaia di migliaia di testi pubblicati su tali argomenti.

In appendice sono raccolte le FAQ più comuni sul “PlasticismoEvolutivo”, desunte dalle risposte che l’autore ha fornito in variarticoli di giornale, sui social network e nel corso delle presentazionidei suoi libri.

Altri aspetti della teoria sono trattati nei suoi saggi “Plasticismoevolutivo. Una nuova ipotesi evoluzionistica basata sulla biologia quantisticae sull’entanglement olografico” e “E se Darwin si fosse sbagliato?”.

Ma molto si capisce anche dalla lettura del suo romanzo“Metamorfer. La gemma di Darwin”, che è ambientato nella magicaatmosfera di Napoli e nel suo splendido Golfo. Esso, pur essendosoprattutto un divertente e avvincente fanta-thriller, ricco di humore di un elegante erotismo, lascia trapelare una serie di concettievoluzionistici e filosofici non approfonditi nel presente saggio.

(Enzo Pecorelli - giornalista)Bibliografia:

P. De Rosa - Leggendo una foglia. (2009). Gruppo editoriale L’Espresso.P. De Rosa - Metamorfer. La gemma di Darwin. (2011). Simple editore.P. De Rosa - Plasticismo evolutivo. Una nuova ipotesi evoluzionistica basata sulla biologia quantistica e sull’entanglement olografico. (2011). Simple editore.P. De Rosa - Metamorfer. La gemma di Darwin. (2012). Youcanprint editore.P. De Rosa - E se Darwin si fosse sbagliato? (2012). Youcanprint editore.P. De Rosa - The intelligent evolution (2012). Youcanprint editore.

L’autore può essere contattato direttamente al seguente indirizzo email:[email protected]

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La stupefacentesomiglianza di uninsetto-foglia con lalamina e le nervaturefogliari della paginainferiore delle fogliedel suo habitat.

Phyllopteryx taeniolatus o cavalluccio-dragone.

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Il fatto che le specie viventi non siano sempre state come levediamo oggi e che invece si siano evolute nel corso del tempo èritenuto un dato di fatto oggettivo, quasi universalmente accettato,con il quale concordo pienamente.

L’evidenza dei fossili e altri fatti incontestabili, come laconvergenza evolutiva e la presenza di geni vestigiali - al di là dellediverse interpretazioni - stanno a provarlo oltre ogni ragionevoledubbio.

Ciò, tuttavia, non esclude affatto la possibilità che la spintaevolutiva sia causata da una qualche causa intelligente - nonnecessariamente divina - e non da una serie di variazioni casuali oda improbabili e ciechi meccanicismi molecolari o genetici.

Infatti, come provo a spiegare nel mio saggio “Plasticismo evolutivo.Una nuova ipotesi evoluzionistica basata sulla biologia quantistica esull’entanglement olografico”, la teoria oggi maggiormente accreditata- quella di Darwin - essendo fondata su tre presupposti fallaci (ilparziale equivoco tra i termini evoluzione e selezione naturale,l’imprecisa definizione di specie e, soprattutto, l’affermazione cheil caso sia la fonte delle mutazioni), non può essere ritenuta valida,e dovrebbe veder ridotto il suo campo di competenza da teoriaevoluzionistica delle specie a teoria ecologica delle razze.

In questo scenario, il Plasticismo evolutivo, partendo da osservazioninaturalistiche (mimetismo, mente collettiva degli insetti sociali,convergenza evolutiva, neurobiologia vegetale, ecc.), vuole proporreun evoluzionismo “intelligente e consapevole” - che coinvolge,direttamente, le facoltà mentali delle specie viventi - e provare,infine, a conciliare le posizioni evoluzionistiche con quellecreazionistiche, attraverso considerazioni filosofiche cherichiamano il monismo panteistico bruniano.

L’impresa non è delle più semplici, ma la biologia quantistica(quantum biology) e l’entanglement olografico ci potranno fornire,forse, gli strumenti utili per comprendere, o anche solo peripotizzare, alcuni meccanismi di interazione tra mente e corpoe tra individuo e universo. Interazioni, tra l’altro, già ritenutepossibili sia da alcuni filosofi e mistici del passato sia da alcuniscienziati dei nostri giorni.

Introduzione

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In particolare, la teoria fa esplicito riferimento alle concezioniquantistiche di Bohm, Aspect e Pribram (paradigmi olografici).

Questa mia teoria ideoplastica introduce anche gli inediti concettidi complessione ipergenomica e di iperspecie, che, a mio parere, potrebberospiegare la comparsa dei singoli step evolutivi e suggerire un puntod’incontro tra la teoria degli equilibri punteggiati di Gould ed Eldredge eil gradualismo.

Questo saggio naturalistico non pretende affatto di essereesaustivo, e vuole solo proporre una visione alternativa dellaquestione evoluzionistica, che tenga conto delle possibilicorrelazioni esistenti tra i fenomeni presunti “ideoplastici”(mimetismo, ideoplasia ipnotica, monoideismo) e l’evoluzione dellespecie viventi, nonché le possibili interazioni tra la psiche e i geni.Il tutto alla luce dei risultati e delle ipotesi provenienti dai settoridi frontiera (come la fisica quantistica, l’ipnologia e la neurobiologiavegetale) e di quella, forse più illuminante, della speculazionefilosofica.

Tutto ciò con la speranza che la mia proposta teorica possastimolare futuri studi e ricerche multidisciplinari che possanoportarci a meglio comprendere il processo che ha portato allaformazione dell’insetto-foglia e, di conseguenza, al meccanismoche ha determinato la comparsa di tutte le mutazioni evolutivedegli esseri viventi.

L’autore

Kallima inachus (farfalla foglia secca)

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1. Il quesito di partenza: come si è evoluto l’insetto-foglia?

«E se Darwin si fosse sbagliato?» sbottai, osservando gli insetti-fogliarinchiusi in una bacheca di vetro appoggiata sul tavolo davanti a me.

Mi trovavo nell’aula di entomologia della Facoltà di Scienze eTecnologie Agrarie, nello splendido edificio settecentesco della ReggiaBorbonica di Portici, nei pressi di Napoli, per completare lapreparazione dell’esame di entomologia agraria, che avevointenzione di sostenere prima delle vacanze estive. E alternavo losguardo tra l’insetto-foglia e un multicolore arcobaleno di luce chela vetrata proiettava sugli attillatissimi short beige di una collegachina sinuosamente su una bacheca più avanti, mentre la frescabrezza del Golfo si insinuava tra le ante socchiuse dell’anticaveranda e ci portava l’odore del mare e i giocosi garriti dei gabbiani.

«Sbagliato in che cosa?» chiese, con gentilezza estrema, una vocemaschile alle mie spalle.

Mi girai e deglutii per la sorpresa. Era il prof. ErmenegildoTremblay, eminente entomologo e scopritore della Trioza tremblayi.Aveva il portamento nobile di un lord e indossava, come sempre, ilcamice bianco sbottonato sopra il vestito elegante.

«Che l’evoluzione sia dovuta a mutazioni casuali...» risposi io,balbettando.

«Ah!» fece il professore, con gli occhi che mi scrutavano, sorridentied enigmatici, da dietro i vetri tondi dei suoi occhiali da vista.«Studi, studi. E non si faccia distrarre da Darwin... e dalle belleragazze» aggiunse, con un sorriso cordiale, girando lo sguardo versola mia collega.

La ragazza, che aveva una certa somiglianza con la bambolaBarbie, si girò per salutare rispettosamente il professore, incrociò ilmio sguardo per un attimo e arrossì lievemente.

Io non seguii i consigli del professore e feci quell’esame solo moltotempo dopo. Ma, a distanza di anni, ho compreso che, in quellacircostanza, c’erano già molti degli elementi di quella che poi sarebbediventata l’ipotesi del “Plasticismo Evolutivo” e, in parte, dellastoria di fantasia che avrei narrato nel fortunato fanta-thriller“Metamorfer. La gemma di Darwin”.

Ma torniamo agli insetti-foglia.Questi sbalorditivi insetti, hanno il corpo incredibilmente simile,

per forma e colore, alla pagina inferiore delle foglie delle piante.

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E mostrano una serie di segni simili alle nervature dei fasci vascolarie alcune sfumature di colore che simulano perfettamente le macchiedi seccume. Anche le loro uova sono mimetiche e somigliano aisemi delle piante erbacee.

Appartengono, insieme agli insetti-stecco, all’ordine deiPhasmatodea.

Il termine Phasma deriva dal greco e significa fantasma, e sta aindicare il fatto che questi insetti si confondono così bene nel loroambiente da non risultare più distinguibili dalla vegetazionecircostante (cripto-mimetismo).

Chi non li avesse mai visti dal vivo può farsene un’idea cercandosu un motore di ricerca i termini leaf insect e leaf bug, oppure i nomidi alcune delle specie più rappresentative (Phyllium giganteum,Phyllium bioculatum, Phyllium pulchrifolium, Phyllium philippinicus,Phyllium jacobsoni, Phyllium ericoriai, ecc.).

Sono insetti ovipari e, spesso, partenogenetici. Inoltre, sono ingrado di rigenerare parzialmente le appendici perdute, come lezampe e le antenne.

Ebbene, osservandoli attentamente, io mi convinsi che il loroaspetto, così simile alle foglie che mimavano, non poteva essereassolutamente spiegato né dalla teoria evoluzionistica di Darwinné dalle altre teorie a me note e che, quindi, era necessario ricercarenuove spiegazioni del meccanismo che li aveva fatti evolvere inquel modo.

E mi sembrò evidente che il meccanismo che conduce a tutti glialtri tipi di adattamento evolutivo non doveva essere troppodissimile da quello che innescava quei fenomeni mimetici. E miconvinsi, pure, che tale meccanismo doveva essere di tipo psichico.

Ma, procediamo per ordine.Analizzeremo prima i motivi che - secondo me - rendono

inaccettabile le altre teorie evoluzionistiche, e poi passeremo aprendere in considerazione gli aspetti che collegano l’evoluzionismocon il mimetismo.

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2. L’inadeguatezza della teoria darwiniana.

Com’è noto, la teoria evoluzionistica di Charles Darwin si fondasul concetto di selezione naturale, ovvero sull’osservazione che imeccanismi ecologici e ambientali hanno l’effetto di favorire lasopravvivenza e la diffusione degli individui che presentanocaratteristiche fisiche, fisiologiche e comportamentali più idoneeall’ambiente in cui essi vivono.

Tali meccanismi sono reali e incontestabili, tuttavia, vorrei farealcune precisazioni.

La prima è che il concetto di selezione naturale non è statointrodotto da Darwin ma da Arthur Russel Wallace, che lo presentòprima in tre lettere da lui inviate proprio a Darwin e poi nell’articolopubblicato nel 1858 con il titolo: “On the tendency of varieties to departindefinitely from the original type”. E riporto questa notizia, che è ormaiconsiderata una certezza storica, non per sminuire gliimportantissimi studi compiuti da Charles Darwin, ma solo permettere in evidenza l’inspiegabile conformismo ideologico che haportato una parte del mondo accademico, per circa un secolo emezzo, a difendere sempre e comunque le posizioni di Darwin,anche a costo di negare l’evidenza dei fatti.

La seconda precisazione è che la selezione naturale non può esserel’unica spiegazione del meccanismo evoluzionistico: essa infatti,come già accennato, agisce eliminando i “meno adatti” e favorendoi “più adatti” ma, ovviamente, può fare ciò solo dopo che sia iprimi che i secondi siano comparsi.

E come comparirebbero, secondo i neo-darwinisti, questi individuimutati?

Ebbene, la risposta fornita dei vari studiosi (e, ahimé, anchedai divulgatori che si sono immeritatamente arricchiti sfruttandole polemiche attorno a una teoria alla quale loro non hannocontribuito in alcun modo) è che le mutazioni evolutiveavvengono per caso!

Ed è proprio questo il principale punto debole della teoriadarwiniana. Poiché voler attribuire le mutazioni evolutive, moltedelle quali di una complessità impressionante, all’effetto randomdel cieco caso non è certo un atteggiamento scientifico!

Personalmente, penso che si tratti di una “non spiegazione”.I neo-darwinisti più arroganti, poi, interpretando in maniera errata

alcuni esperimenti, arrivano addirittura a dichiarare che la casualità

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delle mutazioni sarebbe stata provata in vari laboratori sparsi intutto il mondo!

Ma ciò non è assolutamente vero e ne riparleremo nel capitolodedicato ai SAM, al conformismo e alla genetica.

Qui, riallacciandomi al quesito di partenza, mi vorrei solo limitarea discutere del fatto che mentre è accettabile che la selezione naturaleabbia potuto favorire la diffusione degli insetti-foglia non èassolutamente sostenibile l’ipotesi che essi si siano formati per caso.

Quando mi è capitato di accennare alla mia ipotesi di un possibilelegame tra mimetismo ed evoluzionismo (ipotizzando, cioè, cheentrambi i meccanismi potessero essere indotti da una stessa forzaideoplastica) i SAM, dopo avermi sorriso come si fa con i bambini,mi hanno sempre risposto ricordandomi il solito esempio scolasticodel melanismo industriale e della Biston betularia!

E io, dopo aver ricambiato il loro sorriso di sufficienza, ho semprechiesto loro cosa c’entrava questo esempio con quello che eraaccaduto agli insetti-foglia, ma non ho mai avuto una rispostasoddisfacente, anzi ho capito che alcuni di essi non sapevanoneppure dell’esistenza di questi sorprendenti insetti mimetici.

La Biston betularia è una falena appartenente alla famiglia deigeometridi, le cui larve si nutrono di foglie di betulla, faggio, salicee olmo. Esiste in tre forme cromatiche: il fenotipo chiaro (con alibianco sporco), il fenotipo melanico (con ali nere) e un fenotipointermedio (marmorizzato), che si manifesta nel caso di eterozigosi.Il carattere fenotipico “colore delle ali” è controllato da un unicogene, in cui l’allele carbonaria (ali nere) ha una dominanza quasicompleta sull’allele typica (ali bianche).

Ebbene, si vide che mentre prima della rivoluzione industriale,in Inghilterra, la maggior parte delle Biston betularia presentava ilfenotipo chiaro, con l’inquinamento prodotto dall’industrializ-zazione si affermò il fenotipo nero. Questo fenotipo aumentava lafitness della specie perché aveva il vantaggio di potersi mimetizzaresui tronchi, anneriti dall’inquinamento, delle betulle presenti in zoneindustriali. E avveniva che mentre le falene nere sfuggivano allapredazione da parte degli uccelli quelle bianche venivano individuatepiù facilmente e venivano eliminate.

Questo esempio conferma, perciò, gli effetti della selezionenaturale sulla distribuzione di un certo allele in una popolazione.

E, in questo caso, si tratta di un carattere semplice che può essere

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mutato anche per caso (in quanto la sostanziale differenza tra i duealleli è che un gene produce un certo pigmento e l’altro no).

Ma deve essere chiaro che, se spostiamo il discorso sulla comparsadell’insetto-foglia, ci ritroviamo in tutt’altro livello di complessità.

Quanti geni, infatti, avrebbe dovuto cambiare l’insetto-foglia perassumere quella particolare forma dei margini del corpo, identica allalamina delle foglie? Quanti geni avrebbe dovuto cambiare per farapparire al posto giusto le nervature corrispondenti alle nervaturefogliari? Quanti geni, ancora, per far apparire le macchie di seccume? Equanti geni, infine, per far somigliare le sue uova ai semi delle piante erbacee?

E quante sono le probabilità che tutte queste variazioni sianopotute avvenire contemporaneamente, per far sì che l’aspettocomplessivo risultasse così simile alle foglie vegetali?

In realtà, come è stato messo in evidenza dal noto dilemma di Haldane,le probabilità che una mutazione così complessa sia potuta avvenireper caso sono così irrisorie da essere ritenute quasi pari a zero.

Ma i sostenitori delle mutazioni casuali non si arrendono cosìfacilmente: essi suppongono che l’evoluzione sia avvenuta perpiccole mutazioni casuali che si sarebbero sommate nel tempo e che,ogni volta, la selezione naturale avrebbe scartato quelle non adatte.

Ciò vorrebbe forse significare che, nel corso dell’evoluzionedell’insetto-foglia, c’è stata anche una fase in cui, per esempio, lenervature erano spinose, o puntiformi, o tratteggiate? E la formadel corpo dell’insetto era quadrata o pentagonale o a stella? E ilcolore magari rosso o blu o giallo, invece che verde? E che, dopo lacomparsa di un certo numero di mutazioni sbagliate, siano poicomparse alcune mutazioni giuste? E queste si sarebbero sommatea quelle precedenti giuste e non a quelle precedenti sbagliate?

A me, questa seconda ipotesi, sembra ancora più incredibile dellaprima. Con essa, infatti, si moltiplica enormemente il numero di“tentativi ed errori” che la natura avrebbe dovuto compiere pergiungere, alla fine, a creare l’insetto-foglia.

E mentre gli insetti-foglia subivano questa lunga serie di mutazioniparziali e poco mimetiche, cosa facevano i loro nemici naturali invece dipredarli e di eliminarli dal pianeta? Lanciavano casualmente le monetine?

Inoltre, vorrei far notare che la casualità della comparsa dellemutazioni adattative è inaccettabile non solo dal punto di vistastatistico ma anche da quello concettuale. Intendo dire: perchél’insetto-foglia ha assunto proprio la forma di una foglia del suoambiente e non quella di una foglia di banano, di patata o di Cannabis?

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La risposta dei neodarwinisti è: perché se avesse assunto la formadi una foglia diversa sarebbe stato individuato e predato.

Ma questa risposta non è affatto valida: infatti, gli insetti e gliuccelli entomofagi non mangiano le foglie di banano o di patata néfanno uso di quelle di Cannabis (contrariamente ad alcuni SAM dimia conoscenza che, a giudicare dai loro discorsi, sembra ne faccianoun uso poco consigliabile). Perciò è evidente che la domanda nonha avuto ancora una risposta soddisfacente.

Ma vorrei andare ancora oltre e chiedermi: come mai non abbiamomai trovato un insetto a forma di iPhone? Perché nessun animaleha il logo di Facebook o di Google sulla schiena?

Eppure, il caso avrebbe potuto produrre anche animali con taliscritte. E questi di sicuro non sarebbero stati attaccati dai loropredatori (questo l’ho verificato di persona: nessun insetto o uccelloha mai attaccato il mio iPhone o la schermata di Google) e, quindi,sarebbero stati risparmiati dalla selezione naturale e dovrebberoancora esistere in natura!

Insomma, se si lascia il caso libero di agire non avrebbero dovutoprodursi anche le forme più bizarre e improbabili?

E perché, invece, in natura troviamo solo l’insetto-foglia e nonanche l’insetto-Google?

È semplice: noi troviamo l’insetto-foglia perché un suo progenitoreha desiderato assumere proprio la forma delle foglie del suo habitatnaturale, oppure perché la sua mente è stata sollecitata da ciò cheesso vedeva nel suo ambiente circostante! E Google, Facebook egli iPhone non esistevano ancora e, pertanto, non potevano esseremimati.

Ed è proprio da questa constatazione che nasce l’idea di basedella teoria che ho chiamato Plasticismo evolutivo e che propone unEvoluzionismo ideoplastico. Ovvero: l’insorgenza delle mutazionievolutive non è un processo casuale ma un processo orientato dallavolontà dei viventi, che risponde a precise sollecitazioni ambientali.

E nulla vieta che possa essere sia graduale (quando si hannomutazioni che si realizzano in step successivi in più generazioni)che totale (quando l’adattamento si completa in una solagenerazione).

L’unica differenza sarebbe che, nel primo caso, a causa delpermanere delle condizioni di necessità e dell’adattamento soloparziale ottenuto, l’azione ideoplastica verrebbe esercitata dallementi degli individui, solo parzialmente mutati, di più generazioni.

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3. Considerazioni sul Lamarckismo.

Il Lamarckismo, che è precedente al Darwinismo, ha il grandemerito di aver introdotto il concetto di evoluzione in opposizionea quello del fissismo, che riteneva che le specie viventi fosseroimmutabili.

Inoltre, anche se nel corso degli anni è stato ampiamenteconfutato, ritengo che esso conservi tuttora un impianto concettualedegno della massima considerazione. E mi riferisco all’averipotizzato che l’evoluzione non derivi dal caso ma da una necessitàevolutiva - cosa questa che condivido pienamente.

Di questa rivoluzionaria teoria fu contestato sia il presuntomeccanismo di induzione delle mutazioni sia il fatto che essa nonriesce a spiegare come le caratteristiche acquisite a livello somaticovengano poi trasmesse alle generazioni future.

Per quanto riguarda il primo punto, è noto che, secondo ilLamarckismo, la comparsa di nuove caratteristiche avverrebbeattraverso uno sforzo fisico esercitato da un individuo sulle suecellule e strutture somatiche (attraverso sollecitazionimeccaniche e lo spostamento di “fluidi” negli organimaggiormente sollecitati) mentre la scomparsa di alcuneappendici era dovuta al fatto che queste non venivano più usatee sollecitate (principio dell’uso e del non uso).

Gli esempi tipici erano quello dell’allungamento del collo dellegiraffe (che avrebbero sviluppato un collo così lungo a causa deglisforzi fisici da esse prodotti per poter raggiungere le foglie postepiù in alto) e dei serpenti (che avrebbero perso le zampe perchénon le utilizzavano).

Ma alcuni studiosi, tra cui Georges Cuvier, il fondatore dellapaleontologia dei vertebrati, si opposero a questa teoria in quantoessa non spiegava la comparsa di caratteristiche non dipendenti dall’usoe disuso delle parti, come la pelle maculata e mimetica delle stessegiraffe (e, aggiungo io, come anche tutte le mutazioni con finalitàmimetiche accennate nel presente saggio divulgativo).

Altri oppositori ricorsero a un sadico esperimento per contestaresia la validità del principio dell’uso e disuso sia l’ipotesi che lecaratteristiche acquisite, a livello somatico, potessero poi esseretrasmesse alle generazioni successive. Essi tagliarono le code, pervarie generazioni, ad alcuni topini di laboratorio (che, così, nonavevano modo di usarle) e fecero notare che i discendenti

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nascevano sempre con le code: quindi le variazioni del corpo deigenitori, causate da fattori fisici, non venivano trasmesse ai figli.

Tuttavia, io condivido con Lamarck l’idea che la comparsa dinuove caratteristiche in un essere vivente non sia dovuta al caso maalla necessità dell’individuo di rispondere alle pressioni ambientali odi adattarsi a nuove condizioni di vita.

La sostanziale differenza tra Lamarckismo e Plasticismo evolutivo (oEvoluzionismo ideoplastico) consiste nel fatto che, mentre secondoLamarck l’individuo induceva la comparsa di nuove caratteristicheattraverso azioni fisiche (uso e non uso), secondo me l’individuo è ingrado indurre le mutazioni adattative agendo - tramite un’azionepsichica e ideoplastica - direttamente sul genoma delle sue cellulegerminali.

Questa mia ipotesi spiegherebbe, perciò, sia la comparsa - in tempibrevi - di nuove caratteristiche desiderabili (e che non costringono,come vorrebbero i neo-darwinisti, il caso a fare miliardi di tentativied errori), sia la comparsa di caratteristiche non legate al principiodell’uso e non uso, sia la modalità di trasmissione dei nuovi caratterialla progenie.

Quindi, secondo la mia ipotesi, l’allungamento del collo dellagiraffa non sarebbe stato causato dallo sforzo fisico esercitatodall’animale (cosa questa che avrebbe potuto provocare un minimoeffetto solo sull’individuo che provava a raggiungere le foglie piùin alto e non certo sui suoi discendenti) ma dal desiderio e dall’azioneideoplastica della mente dello stesso individuo che - con le modalitàche illustrerò più avanti - avrebbe indotto le necessarie variazionidirettamente nel genoma delle sue cellule germinali e, diconseguenza, negli individui delle generazioni successive.

E ciò sarebbe accaduto non solo per l’allungamento del collodella giraffa, ma anche per la mobilità del pene degli elefanti (glielefanti maschi hanno sviluppato un pene che è mobile propriocome la proboscide e che tasta l’addome della femmina fino a trovarela giusta strada) e per tutte le altre mutazioni evolutive di qualsiasinatura e di qualsiasi specie vivente.

Aggiungo che anche tutte le mutazioni descritte nel capitolosuccessivo, e che riguardano variazioni evolutive con finalitàmimetiche, non possono essere spiegate in alcun modo secondo ilprincipio lamarckista dell’uso e non uso mentre vengono spiegateagevolmente dalla teoria del Plasticismo evolutivo.

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4. Relazione tra mimetismo, evoluzione e convergenzaevolutiva.

Nel corso dei miei studi di zoologia ho avuto modo di osservareun particolare comportamento dei sepiidae che mi ha fatto moltopensare.

Questi animali sono molluschi cefalopodi marini, estremamenteintelligenti, noti con il nome comune di seppie. La caratteristicache mi ha più interessato è che essi posseggono spiccate capacitàmimetiche che usano in maniera estremamente creativa. Adesempio, alcuni maschi giovani talvolta assumono l’aspetto difemmine sessualmente immature e riescono così a eludere lavigilanza dei maschi più grandi e ad accoppiarsi con le loro femmine.

Ma, soprattutto, queste seppie riescono ad adeguareistantaneamente il colore del proprio corpo a quello del substratosul quale poggiano.

Tale fenomeno viene detto rapido-mimetismo perché si trattadi una reazione istantanea e temporanea, per certi versi simileall’arrossimento dell’essere umano.

Ebbene, io ipotizzo che questo fenomeno non sia involontarioma che, al contrario, sia una reazione volontaria dovuta a unfenomeno di somatizzazione ideoplastica (azione della psiche sulcorpo) dello stesso tipo di quello (cripto-mimetico) che si èverificato nell’insetto-foglia, che però è riuscito addirittura afissare la somiglianza con le foglie in maniera stabile nei suoigeni (imprinting genomico).

Ritengo, cioè, che i fenomeni mimetici, sia quelli rapido-mimeticiche quelli cripto-mimetici, costituiscano essi stessi una chiara provadell’effettiva influenza della psiche sia sul corpo che sui geni, e cheil meccanismo che li induce abbia molto in comune con quello chedetermina l’evoluzione di tutte le specie viventi.

Secondo la mia ipotesi, quindi, la mente sarebbe in grado nonsolo di condizionare la fisiologia dell’individuo e di controllarel’espressione dei geni, ma anche di creare nuovi geni.

Quanto finora ipotizzato non è stato ancora provato ma puòcostituire un fertile campo di indagine.

Per conto mio, nei capitoli seguenti, proverò a superare leprincipali obiezioni alla mia ipotesi evoluzionistica, presentandoalcuni indizi che sembrano confermarla e suggerendo alcunepossibili spiegazioni dei meccanismi coinvolti. E invito chi

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volesse approfondire tali aspetti a prendere visione delle altremie pubblicazioni al riguardo.

Per il momento, inviterei i lettori a osservare gli individuimimetici senza preconcetti, poiché il loro attento studio puòdavvero condurci a comprendere meglio l’intero meccanismoevolutivo.

Ad esempio, se osserviamo la Kallima inachus, di cui consigliodi cercare le immagini su Internet, non possiamo evitare dirimanere meravigliati dal suo aspetto e di porci alcune stimolantidomande.

Questa farfalla ha la parte superiore delle ali dipinta con colorisgargianti, utili per il corteggiamento, ma se chiude le ali,appiattendole verticalmente l’una sull’altra, mostra la colorazionedel lato inferiore, simile in tutto per tutto, anche per la forma, aquella delle foglie secche tipiche dell’habitat in cui vive.

Altri animali da osservare con attenzione sono il “cavallucciodragone” (Phyllopteryx taeniolatus), il cavalluccio marino che hamodificato il suo corpo per somigliare alle alghe del suo ecosistema,e la Aegeria o Sesia apiformis, una farfalla che ha scelto di somigliarea un’ape per sfuggire ai suoi predatori (mimetismo foberico).

Ebbene, mi pare evidente che anche l’evoluzione di questespecie mimetiche, come delle numerose altre osservabili innatura, sia stata mirabilmente “orientata” e che non possa esserestata prodotta né da un meccanismo casuale né dall’uso e non uso.

E ciò vale anche per l’evoluzione degli insetti foglia, dellagiraffa e, sia chiaro, anche per tutti gli animali non mimetici.

Ad esempio, è noto che tutti gli animali che vivono in un certotipo di ambiente finiscono per avere la stessa forma e le stessefunzioni.

Gli ittiosauri (sauri acquatici primitivi), i cetacei (delfini, orche,balene, focene, ecc.) e i pesci, hanno tutti una forma idrodinamicamolto simile e hanno sviluppato le pinne.

Il pipistrello, che è un mammifero insettivoro, e il guacharo, che èuno strano uccello dalle penne oleose, vivendo entrambi nel buiodelle grotte, hanno sviluppato una sorta di sonar per orientarsi.

E, ancora, la talpa comune e la talpa marsupiale, che a parte ildiverso colore del pelo (la prima è nera, la seconda è giallastra),hanno identica conformazione, pur essendo la prima un mammiferoe la seconda un marsupiale, come i canguri.

Queste specie vengono dette “convergenti” e la spinta evolutiva

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che causa la comparsa delle caratteristiche comuni prende il nomedi “convergenza evolutiva”.

Ebbene, secondo la teoria del Plasticismo evolutivo, siccome questespecie subiscono tutte lo stesso tipo di pressioni ambientali,finiscono per desiderare di acquisire tutte gli stessi adattamenti e,in tal modo, orientano nello stesso senso il processo evolutivo(evoluzione ideoplastica) e, di conseguenza, finiscono perassomigliarsi fortemente.

Naturalmente, nulla impedisce che la selezione naturale possa poiagire sull’eterogenea popolazione presente favorendo la diffusionedegli individui che si saranno rivelati più adatti. Tuttavia è chiaroche essa non può essere considerata la causa prima dell’evoluzionema solo uno dei fattori che la completano.

Con quali meccanismi ideoplastici la mente degli esseri viventipossa determinare la comparsa di mutazioni evolutive e produrrenuovi geni non è affatto chiaro, e cercheremo di ipotizzare insiemele possibili modalità nei capitoli che seguono.

Ma il fatto di non aver ancora ben compreso come funziona ilmeccanismo ideoplastico delle mutaz ioni mimetiche non significaaffatto che esso non esista. L’insetto-foglia esiste, è proprio identicoa una foglia, e in qualche modo deve pure essersi prodotto! E unavolta che sarà chiarito di che natura è l’interfaccia mente-geniavremo anche compreso il meccanismo generale dell’evoluzionedi tutte le specie viventi.

Ma prima dovremo affrontare una questione di primariaimportanza: valutare la credibilità dell’ipotesi che tutte le specieviventi, compresi i vegetali, posseggano una mente.

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5. Tutti gli esseri viventi sono dotati di mente?

In sintesi, la mia opinione personale coincide con quella delpremio nobel Max Planck, ritenuto il padre della teoria quantistica,secondo cui: “Tutta la materia ha origine ed esiste solamente in virtù diuna forza... dobbiamo supporre che dietro questa forza ci sia una menteconsapevole e intelligente. Questa mente è la matrice di tutta la materia”.

Inoltre, non sarei affatto sorpreso se si scoprisse che tutti isistemi in cui scorre energia (stelle e plasma, compresi)manifestino fenomeni di consapevolezza e di intelligenza.E, ancora, considerando che la materia non è altro che una delletante forme di energia, non faticherei neppure a credere cheanch’essa possa essere intelligente.

Ovviamente, allo stato attuale, non abbiamo alcuna prova diciò, ma alcuni studiosi dalla mentalità più aperta stannoindagando anche in questi settori di frontiera.

Alcuni di essi, per esempio, stanno cercando di capire se anchei computer possono essere coscienti (es. Can Machines BeConsciuous?, Koch C. e Tononi G., in “IEE Spectrum”, Vol 45, n.6,pp.54-59, giugno 2008).

Ma agli aspetti quantistici e filosofici connessi con talecontroverso argomento accennerò nei prossimi capitoli, perchèin questa fase vorrei l imitarmi alle sole considerazioninaturalistiche.

In particolare, voglio sottolineare che, a mio parere, è stataproprio la convinzione - piuttosto ingenua oltre che erronea -che gli animali, i vegetali e i microbi non posseggano alcunafacoltà mentale ad aver impedito agli studiosi del passato diesporsi fino al punto di ipotizzare che il processo evolutivopotesse essere innescato da un fattore psichico, come invecepropongo a chiare lettere io.

Di conseguenza, tali studiosi hanno dovuto sforzarsi di trovaremeccanismi di induzione alternativi: i darwinisti hanno tentatodi spiegare la spinta evolutiva con il caso, i lamarckisti con ilprincipio fisico dell’uso e non-uso, i sostenitori dell’Intelligent Designcon l’azione diretta di Dio, e gli studiosi new-age con improbabiliinterazioni automatiche di varia natura.

Eppure già lo stesso Darwin, in “The power of movement in plants”,aveva osservato che gl i apici radical i dei vegetal i s i

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comportavano come un cer vello esteso , simile a quello deglianimali inferiori. Ma, evidentemente, neppure lui aveva osatorischiare di esporsi al ridicolo affermando che le piante potesseroaddirittura essere coscienti e possedere una vera mente. Infatti,in epoca più recente, alcune osservazioni tendenti a dimostrarele presunte capacità psichiche dei vegetali (l’effetto Kirlian,osservato nel 1939, e gli esperimenti condotti nel 1966 da CleveBackster), sono state pesantemente avversate e derise dallascienza ufficiale.

Per quanto mi riguarda, io non ho nessuna difficoltà a credereche gli animali e i microbi posseggano spiccate capacità mentali.E la cosa, a mio parere, è dimostrata già dal semplice fatto cheessi interagiscono con l’ambiente, si nutrono, si riproducono esopravvivono da milioni di anni, e lo fanno con indiscutibilesuccesso nonostante le osservazioni - talora davvero esilaranti- di alcuni scienziati e dei soliti SAM.

Quando noto la sorpresa e lo stupore di alcuni ricercatori nelconstatare, per esempio, che una scimmia riesce a prendere unanocciolina in un bicchiere facendo alzare il livello dell’acqua inesso contenuto, non rimango per niente sorpreso dell’intelligenzamostrata dalla scimmia (che in natura, per sopravvivere, risolvecontinuamente problemi ben più complessi e vitali), macomincio ad avere serissimi dubbi sull’intelligenza dei ricercatorie su come essi sprechino il loro tempo e i soldi dei contribuenti.

Per quanto riguarda invece la presunta intelligenza dei vegetalifaccio esplicito riferimento, oltre che alle osservazioni di Darwinprima citate, agli studi condotti dal prof. Stefano Mancuso,dell’Università di Firenze, e al suo filone di ricerca denominato“neurobiologia vegetale” o “plant neurobiology”.

Ammetto, in conclusione, che su tali aspetti non si è giuntiancora a conclusioni definitive e condivise. Tuttavia faccionotare che anche nei vegetali si verificano fenomeni dimimetismo che non possono essere ritenuti casuali e che mifanno ipotizzare che anch’essi abbiano utilizzato le loro facoltàmentali per assumere determinate forme.

Mi riferisco, per esempio, alla particolare forma del fioredell’Ophrys apifera, un’orchidea che, per attrarre le api e perfavorire l’impollinazione, ha sviluppato una parte del fiore finoa renderla perfettamente simile (per colore, forma, dimensionie odore) a quello dell’addome di un’ape femmina.

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Inviterei perciò i ricercatori a non ignorare le osservazioninaturalistiche da me riportate e a ricercare spiegazionievoluzionistiche diverse dal caso.

Anche riprendendo vecchie ipotesi - come quelle avanzate daKirlian e da Backster (teoria della percezione primaria), forseaccantonate troppo frettolosamente - e riconsiderandole eventual-mente alla luce delle nuove prospettive fornite dalla fisicaquantistica e delle osservazioni relative al presunto bio-entanglement,alcune delle quali riportate nel mio precedente saggio.

Le neuroscienze stanno compiendo passi da gigante e non è daescludere che gli studi condotti sulla BCI (brain-computer interface,chiamata anche MMI, BMI, oppure direct neural interface) possano inparte essere utilizzati, da qualche ricercatore più ispirato, ancheper studiare l’effetto ideoplastico della psiche sulla produzione dinuovi geni, come da me ipotizzato.

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6. Relazione tra mente, genoma, ipnologia e scienzequantistiche.

Come è stato già detto, l’ipotesi che la mente possa agire sul corpoe sul genoma, fino a determinare la comparsa di nuovi geni,costituisce la base principale della teoria del Plasticismo Evolutivo.

E ribadisco che lo stesso fatto che gli organismi rapido-mimeticisiano in grado di cambiare a volontà l’aspetto del proprio corpocostituisce già una chiara prova del potere ideoplastico della psiche.

Nel saggio “Plasticismo evolutivo. Una nuova ipotesi evoluzionisticabasata sulla biologia quantistica e sull’entanglement olografico” ho riportatoalcuni indizi e considerazioni tendenti ad avvalorare questa miaipotesi di studio, e ad esso rimando per ulteriori approfondimenti.

Qui mi limito a evidenziare alcuni esempi provenienti dai settoridella medicina, della psichiatria e dell’ipnologia.

Ricordo, innanzitutto, che in medicina sono normalmente consideratireali sia l’effetto placebo che il suo opposto, l’effetto nocebo. Ed essidimostrano chiaramente come le convinzioni e lo stato mentale degliindividui possano condizionare sensibilmente il loro stato di salute.

Anche la psichiatria ci offre un interessante esempio dell’influenzadella mente sul corpo: la MPD o Multiple Personality Disorder.

Le persone affette da questa patologia quando credono di essereuna determinata personalità hanno certe manifestazioni fisiologiche(per esempio, sono violentemente allergiche alla puntura degliinsetti) mentre, quando credono di essere un altro individuo, hannotutt’altro tipo di comportamento (per esempio, mostrano reazioniallergiche nulle o molto limitate). È stato anche osservato che, inalcuni casi, i soggetti variano addirittura i colori dell’iride dei loroocchi.

Tali manifestazioni non hanno basi genetiche - poiché si trattasempre dello stesso individuo con lo stesso corredo genetico - mapsichiche, e si possono spiegare solo ammettendo che la psichedell’individuo possa condizionare profondamente la fisiologia, forseinteragendo con i meccanismi di controllo epigenetico.

Altri impressionanti effetti di somatizzazione, talora associati allaMPD, sono costituiti dalle gravidanze isteriche e forse - quantomenoin alcuni casi - dalle stimmate e dalle autoguarigioni miracolose.

In particolare, per quanto riguarda queste ultime, non è daescludere qualche tipo di interazione con le cellule staminali.

Anche l’ipnologia ci fornisce alcuni esempi di un possibile controllo

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della mente, soprattutto della sua componente inconscia, sul corpo.In letteratura sono riportati, infatti, numerosi casi che

testimoniano come un soggetto in stato di trance ipnotica sia ingrado di controllare il dolore, di far sparire le verruche, e anchedi causare un aumento della circonferenza del seno.

A tale proposito, riporto un estratto di uno studio condotto dal dott.Willard (Willard, R. D., Accrescimento del seno tramite immaginazione visivae ipnosi. “The American Journal of Clinical Hypnosis”, 1977, 4:195-200):«Alla fine di 12 settimane, il 28% aveva raggiunto l’obiettivo prefissatoall’inizio del programma e non desiderò più alcun accrescimento. L’85%riportò che c’era stato un accrescimento significativo dei seni, e il 46%trovò necessario comprare biancheria intima più grande. Il quarantadueper cento ebbe un calo di peso maggiore di 4 pounds (1,81 kg) e avevaanche un accrescimento del seno. L’accrescimento medio dellacirconferenza fu di 1,37 pollici (3,48 cm.); l’accrescimento in verticaledelle misure fu di 0.67 pollici (1,702 cm.) e l’accrescimento inorizzontale fu di 1.01 pollici (2,565 cm.)».

Tutti questi esempi, però, provano solo che la mente può avereeffetti sulla fisiologia e su alcune caratteristiche somatiche(somatizzazione), e non che ci sia una relazione diretta tra azionementale e modifica del patrimonio genetico. Tuttavia, se si ammetteche la mente possa agire sulle cellule somatiche non si comprendeperché non possa agire anche sulle cellule germinali e sul DNA.

Io sono convinto che la prova dell’interazione tra mente e DNAsia già sotto i nostri occhi, e che sia facilmente riconoscibile,purché accettiamo di osservarla senza preconcetti.

E mi riferisco sia ad alcuni episodi di “imprinting somatico” cheho riportato nel mio saggio precedente (come i gattini nati con unadata o con la scritta cat sul corpo, e una gallina che deponeva uovaa forma di noci) sia alla particolare forma assunta dagli insetti fogliae dalle loro uova, al mantello mimetico della giraffa e al corpo aforma di alga del cavalluccio dragone.

Poiché, come ho ribadito più volte, secondo la mia ipotesiideoplastica è stata la mente, in risposta a un desiderio diadattamento o a una visualizzazione eidetica (insight), a fissare lemutazioni nei geni dei gameti, che poi hanno provveduto atrasmetterle alle generazioni successive.

Ma questa, allo stato attuale, è solamente un’ipotesi ancorada dimostrare. Perciò, voglio nuovamente invitare i ricercatori aconsiderare seriamente la possibilità che l’induzione evolutiva non

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sia un evento casuale ma che sia un evento orientato dalla forza mentaledegli individui, e a realizzare una serie di esperimenti che possanoconfermare o confutare tale ipotesi, tenendo presente che essasembra essere suffragata dalle mie osservazioni naturalistiche sullespecie mimetiche.

Io, in particolare, suggerirei di adottare un approccio che tengaconto dei risultati delle scienze quantistiche. E ciò per unaquestione di “coerenza intellettuale”, e cioè che le conclusionia cui è giunta la fisica quantistica a proposito della materiainanimata devono essere ritenute valide anche per la materiabiologica, che ha la stessa struttura elementare.

Quindi, se la materia ha una natura duale (corpuscolare eondulatoria) anche i sistemi biologici devono essere studiatitenendo conto degli aspetti quantistici.

E, se alcune conclusioni sono ritenute valide in campoinanimato (es. l’influenza da parte dell’osservatore tramite il“collasso della funzione d’onda”, il tunneling, l’effetto Einstein-Podolsky-Rosen, l’entanglement, la non-località, ecc.) esse devonoessere ritenute ugualmente valide anche a quando si studiano ifenomeni biologici.

In definitiva, pur non escludendo altre possibili interpretazionio interazioni (eventuali relazioni con la proteomica, presunteproprietà mnemoniche dell’acqua, ecc.), tenendo conto delleconsiderazioni che riporto brevemente qui di seguito, iopropendo per l’ipotesi che l’interfaccia mente-corpo e mente-geni possa essere di tipo ondulatorio, e faccio diretto riferimentoai paradigmi olografici di Pribram e di Bohm.

Karl H. Pribram, insigne medico neurochirurgo austriaco,stimolato dalle teorie quantistiche di Bohm, teorizzò un modelloolografico del cervello (Holonomic Brain Theory) secondo il qualele informazioni e i ricordi non sarebbero registrati nei neuroni,ma sarebbero il risultato di figure d’onda (o pattern interferenti),rappresentabili con le equazioni di Fourier, e spiegò in tal modola capacità del cervello di immagazzinare un’enorme quantitàdi informazioni in uno spazio relativamente piccolo.

Ebbene io, in accordo con quanto ipotizzato da Bernstein,penso che sia collegato in maniera olografica non solamente ilcervello ma l’intero corpo. Pertanto, tutte le informazioni,memoria compresa, sarebbero distribuite e memorizzate in tuttoil corpo, in un campo ondulatorio di natura quantistica.

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E sostengo questa ipotesi collegandomi a tre considerazioni:la presunta memoria degli organi dei trapiantati, le possibiliimplicazioni dell’esperimento di Valerie Hunt, e la presunta mentecollettiva degli insetti sociali.

Pare, infatti, che molte delle persone che hanno subito il trapiantodi uno o più organi, abbiano acquisito, senza aver ricevutoinformazioni da altre fonti, alcune abitudini dei donatori. Come segli organi trapiantati avessero conservato, con un meccanismoancora sconosciuto, ma che io ipotizzo possa essere di naturaolografica e ondulatoria, la memoria del donatore.

E a un campo energetico e immateriale che avvolge l’essere umanofarebbe pensare anche un esperimento di Valerie Hunt.

Questa ricercatrice americana, studiando le risposte di alcunisoggetti a uno stimolo luminoso e confrontando le letture deglielettromiogrammi (EMG) e degli elettroencefalogrammi (EEG),osservò che, inaspettatamente, l’elettromiogramma registrava larisposta allo stimolo prima ancora dell’encefalogramma. Fattoquesto che farebbe proprio supporre l’esistenza di un campoenergetico mentale che circonderebbe il corpo e che addiritturasovrintenderebbe alle funzioni cerebrali.

E l’ipotesi che la mente possa essere costituita da un campoenergetico separato dal substrato biologico ma ad esso collegato(bio-entanglement) può essere rafforzata anche dall’osservazione delcomportamento dei cosiddetti “insetti sociali” (formiche, api,termiti).

Le colonie di questi insetti vengono, infatti, spesso definitesuperorganismi, proprio a causa del fatto che il loro comportamentosembra essere coordinato da una “mente collettiva” che li porta acompiere azioni così complesse da non poter essere spiegate con isoli linguaggi chimici (feromoni) o mimici.

D’altra parte, l’esistenza di campi morfogenetici, capaci di modellarela forma e le funzioni di un individuo in via di sviluppo, non èun’idea nuova, ed è stata ipotizzata dai biologi fin dagli anni ‘20del secolo scorso e, in tempi più recenti, è stata ripresa anche daaltri studiosi, tra cui il più eminente è sicuramente Rupert Sheldrake.

Ed è anche il caso di precisare che l’idea che attorno al corpoumano esista un “campo” di forza, più o meno intelligente,generalmente definito “aura”, è antichissima: in India da oltre 5.000anni viene chiamato prana; in Cina viene chiamato ch’i e la Kabalahebraica lo definisce nefish e lo descrive come una bolla iridescente

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di forma ovale che circonderebbe il corpo umano e che sarebbe visibileda alcuni mistici.

Nonostante che, lo ripeto, il Plast i c i smo Evolut i vo si basisoprattutto su considerazioni naturalistiche (in particolare, sulrapporto tra mimetismo ed evoluzione delle specie), il riferimentodiretto al paradigma olografico di Bohm può, forse essere utile ancheper rispondere a un preciso quesito. E cioè: da dove la psichedell’individuo può acquisire le informazioni necessarie per unamutazione evolutiva la cui soluzione non sia già presente in natura?

La risposta è: nella porzione dell’universo fisico dove le matricidi tali forme risiedono.

Lo so: questa risposta starà facendo gongolare di gioia tutti i SAMdel pianeta, che la ritengono così fantasiosa da sfiorare quasi l’idiozia.

Tuttavia questa idea non appariva così strana a molti filosofi(pensiero filosofico di Giordano Bruno e di Hegel, l’iperuranio diPlatone, ecc.) né agli studiosi di scienze cognitive (es. inconsciocollettivo di Jung). E neppure a una buona parte di fisici teoriciche - sia in cosmologia che in fisica quantistica - hanno presentatoteorie simili, secondo le quali la realtà oggettiva, a quattrodimensioni (le tre spaziali, più il tempo), sarebbe la proiezioneolografica di una matrice bidimensionale situata altrove.

Bohm, in particolare, ha teorizzato l’esistenza di due piani fisicicollegati in maniera olografica e non-locale: un implicate order, in cuirisiederebbero tutte le informazioni olografiche di ciò che esistenella realtà fisica, e la realtà oggettiva, da lui chiamata esplicate order.

E lo stesso Albert Einstein ha avuto modo di esprimere un analogoconcetto, con la frase: “Tutto è determinato da forze sulle quali nonabbiamo alcun controllo. Vale per l’insetto come per gli astri. Esseri umani,vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa,suonata in lontananza da un pifferaio invisibile”.

Aggiungo che l’implicate order di Bohm, così simile al mondo delleidee di Platone, potrebbe essere anche il luogo in cui risiedono nonsoltanto le matrici fisiche degli esseri viventi ma anche le matricidei loro comportamenti istintuali, con cui si potrebbero spiegarealcuni sbalorditivi comportamenti di alcuni esseri viventi (peresempio, l’incredibile perizia con cui i ragni tessono le loro tele e leapi le cellette esagonali dei loro alveari).

Infine, ammetto che molte delle osservazioni riportate in questocapitolo (come, per esempio, gli effetti ideoplastici e di

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somatizzazione osservati in ipnologia e in psichiatria) non sonocosì frequenti e, talora, non facilmente ripetibili, ma ciò non vuoldire affatto che non esistano e che non debbano essere studiati.

Del resto, faccio notare che anche gli stessi eventi evoluzionisticinon sono poi così frequenti. Ad esempio, l’essere umano negli ultimimillenni non si è per niente evoluto.

Abbiamo a che fare, quindi, con fenomeni non frequenti e ciò, amio modo di vedere, è un’altra importante caratteristica che hannoin comune i fenomeni indotti psichicamente e l’evoluzione.

Questo forse perché, affinché si verifichino, c’è bisogno dicondizioni particolari ed estreme, corrispondenti in ipnologia almonoideismo, e in ambito evoluzionistico a particolari e intensistati di necessità, in qualche caso forse anche protratti per un certotempo.

E, a questo punto, voglio ribadire due concetti basilari.Il primo è che ricercare le possibili spiegazioni del fenomeno

evoluzionistico anche tra le ipotesi più fantasiose è sempre meglioche accontentarsi della non-spiegazione rappresentata dalla sterile,dogmatica e non scientifica ipotesi delle presunte mutazioni casuali.

Il secondo è che, se si accettano alcune conclusioni in un settoredi ricerca, esse devono essere ritenute ugualmente valide anchenegli altri settori di ricerca (principio che io definisco di “coerenzaintellettuale”): quindi, per esempio, non vedo alcun problema nelprovare ad applicare alcuni dei principi di fisica quantistica allostudio dell’evoluzione delle specie viventi.

E, per concludere, vorrei segnalare un altro possibile elemento diriflessione: tutti i fenomeni osservabili in natura sono regolati daprecise leggi, forze e regole. Perché proprio l’evoluzione dovrebbefare eccezione? Solo per accontentare i SAM e i neo-darwinisti?

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7. SAM, Podaciris sicula e rapporti con la genetica.

I SAM (Studiosi Accademici Medi) sono un particolarissimogruppo antropologico i cui caratteri principali sono costituiti daegocentrismo, presunzione, maleducazione e irascibilità.

Spesse volte si tratta di anonimi ricercatori che non hanno maiscoperto niente di rilevante e che sono piuttosto frustrati per avertrascorso tanti anni della loro vita a fare niente.

A volte sono titolari, incredibilmente e chissà come, di unacattedra universitaria. Altre volte scrivono libri su argomenti di cuinon hanno contribuito in alcun modo ad accrescere la conoscenzae - talora - ci guadagnano pure bene, oltre che immeritatamente.

In quest’ultimo caso, difendono il loro campetto di interesse conparticolare veemenza, come quei cani che proteggono il loro ristrettoe vitale territorio fino alla morte.

Anche se hanno spesso una formazione settoriale e limitata, equasi sempre diversa dall’argomento di cui scrivono, pensano diessere esperti di tutti i campi dello scibile e offendono pesantemente(sia nei titoli che nei contenuti dei loro libri) tutti coloro che hannoopinioni diverse dalle loro.

Non faccio nomi, per il momento. Ma costoro si riconosconofacilmente per le loro posizioni fondamentalistiche e scientiste.

Sono, metaforicamente, come gli asini con i paraocchi (accessoriche li costringono a guardare solo una parte della realtà che licirconda) e, spesso, hanno pure problemi con la cervicale (patologiache non gli consente di ruotare nemmeno un po’ il collo di lato, percambiare visione), e sono anche miopi (poiché non vedono più inlà della lunghezza limitata del proprio naso). Sono estremamenteconformisti (si veda, a tale proposito l’illuminante esperimento sulconformismo eseguito da Solomon Asch nel 1956) e tendono anegare ogni evidenza contraria alle loro rigide convinzioni o alleloro convenienze, e difendono strenuamente le ideologie dominanti.

E sono, di sicuro, meno simpatici dei creazionisti (che,quantomeno, non sono così presuntuosi da credere solo in sé stessi)!

Infine, anche se non se ne rendono conto, rallentano gravementeil progresso scientifico, perché ostacolano lo studio di tutto ciò chenon sia già acquisito e non comprendono che, con taleatteggiamento, l’umanità non scoprirebbe mai niente di nuovo!Inoltre, trattano con sufficienza, presunzione e maleducazione tutticoloro che hanno opinioni diverse dalla loro.

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I creazionisti, invece, sono molto più simpatici e, anche senon condivido affatto le loro posizioni, devo dire che, per parcondicio, anche le loro opinioni meriterebbero un minimo diconsiderazione.

A livello puramente speculativo, infatti, nonostante ci sianomolti fossili intermedi che fanno propendere per la teoriaevoluzionistica e che la geologia abbia dimostrato che l’età dellaTerra è di circa 4,54 miliardi di anni, essi potrebbero anchesostenere che la Terra abbia solo tre giorni di vita e che i fossilinon provino proprio un bel niente.

Infatti, se è stato davvero un Dio a creare la Terra nulla vietache avrebbe potuta farla, appena tre giorni fa, “già vecchia” di4,54 miliardi di anni. E, sempre tre giorni fa, potrebbe ancheaver disseminato un po’ di falsi fossili qua e là e impiantatonella nostra testa mortale i ricordi (tasse e mutui compresi) diquella che pensiamo sia stata tutta la nostra vita fino ad oggi.

E va bene: ammetto che questa teoria è piuttosto balorda!Ma, se vogliamo essere obiettivi, non lo è molto di più di quella

dei sostenitori dell’evoluzione casuale e che affermano - sapendobene di mentire - che nei laboratori di tutto il mondo ci sarebberole prove che l’evoluzione delle specie viventi viene prodottadal caso.

E ai SAM vorrei anche dire che, se qualche volta hanno vistoentrare in qualche laboratorio una femmina pelosa e dall’aspettoprimitivo e poi uscirne una bella e affascinante donna moderna,che controllino bene: il laboratorio dinanzi al quale si trovavanodoveva essere certamente quello di un centro estetico e noncerto di genetica!

Ironia a parte, so bene - almeno quanto i SAM - che conl’ingegneria genetica si riescono a far acquisire alle specie viventinuove e interessanti caratteristiche. E segnalo che, come agronomo,ho preso visione di numerosi studi a riguardo, i primi dei quali sonostati realizzati proprio nel settore di mia competenza: ovvero, quellodegli organismi vegetali e degli animali di interesse zootecnico.

Ma deve essere chiaro che tutte le variazioni ottenute inlaboratorio non sono state affatto casuali (visto che sono stateoperate intenzionalmente dall’uomo) e che mai, finora,variazioni sperimentali minime, anche artificiali, hanno portatoa mutazioni significative e funzionali, paragonabili cioè allacomparsa di una nuova specie o di un nuovo organo funzionale.

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Le mutazioni genetiche casuali possono forse portare a piccolevariazioni (micro-mutazioni), spesso dannose e raramentefunzionali, ma che possano addirittura condurre alla comparsadi complesse mutazioni evolutive - che coinvolgono numerosiorgani e che devono agire in perfetta sintonia - è un’ipotesi ancoratutta da dimostrare.

Ma, ovviamente, sono sempre disposto a rivedere le mieopinioni se mi verrà dimostrato il contrario. Nel frattempo, inassenza di dimostrazioni inconfutabil i , e pur credendofermamente nell’evoluzione degli esseri viventi, continuerò aritenere che essa non possa essere determinata dal caso ma chesia orientata da qualche forza che non abbiamo ancora compreso.

Perciò, basandomi sulle mie osservazioni naturalistiche sulmimetismo, continuerò a sostenere la validità dell’evoluzionismoideoplastico o Plasticismo evolutivo.

Vorrei poi chiarire che anche l’esempio della Podaciris sicula,che tanto piace ad alcuni SAM, può avere spiegazioni moltodiverse da quella casuale da loro proposta.

Com’è noto, nel 1971 il prof. Eviatar Nevo immise nelloscoglio dalmata di Hrid Pod Mrèaru un certo numero di esemplaridi una piccola lucertola, la Podaciris sicula, per studiare come sisarebbe adattata al nuovo habitat.

Nel 2004 un team di scienziati guidato da Duncan Irschick eAnthony Herrel ritornò sull’isola e osservò che si erano verificatialcuni cambiamenti morfologici della lucertola.

L’analisi del DNA mitocondriale eseguita sulle lucertole presentisullo scoglio confermò che esse erano appartenenti alla speciePodarcis sicula ma presentavano importanti differenze: erano piùgrandi di quelle del continente, le loro mascelle erano diventatepiù robuste, avevano modificato il loro regime alimentare (che dainsettivoro era diventato erbivoro) e nel loro apparato digerenteera comparsa una nuova struttura: la valvola ileocecale, unfavorevole adattamento al nuovo tipo di alimentazione.

Secondo i sostenitori del neo-darwinismo questo sarebbe un chiaroesempio di evoluzione. E io tendo a concordare con loro anche se,purtroppo, non si può escludere del tutto che su quell’isolotto fosserogià presenti, o fossero giunte tra il 1971 e il 2004, a insaputa nostra edei ricercatori, delle lucertole maschio portatrici del carattere “valvolaileoceale”. In tal caso queste ultime avrebbero potuto incrociarsi con

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le femmine delle lucertole introdotte nel 1971 e tale ipoteticoincrocio non sarebbe stato evidenziato dall’esame del DNAmitocondriale, la cui trasmissione è madre-dipendente (poiché, dinorma, i pochi mitocondri maschili vengono eliminati dallo zigote).

Tuttavia, se si esclude questa ipotesi, tutt’altro che improbabile,non è corretto né automatico concludere che la presunta mutazionesia stata causata da mutazioni casuali.

Anzi, è più probabile l’esatto contrario.Infatti, lo stretto lasso di tempo (non superiore a 33 anni, ma

forse anche di molto inferiore, poiché non sappiamo con certezzaquando sia apparso il carattere “valvola ileocecale”) rende pococredibile che in tale breve intervallo di tempo ci siano statetutta una serie di mutazioni casuali tra le quali poi la selezionenaturale avrebbe scelto quella più adatta al nuovo habitat. Ancheperché sull’isolotto non sono state osservare specie intermedie(per esempio, con valvola ileocecale abbozzata o parzialmentefunzionante) o presentanti altre mutazioni “sbagliate”.

Perciò è più probabile, se mutazione c’è stata, che essa sia stataorientata dalla psiche delle lucertole, stimolata dal forzatocambiamento di regime alimentare causato dalle caratteristicheambientali del nuovo habitat.

E tale forza ideoplastica avrebbe potuto agire, anche nello spaziolimitatissimo di una sola generazione e senza necessità di ricorrerea prove ed errori casuali, direttamente sul DNA delle cellulegerminali, con tre possibili modalità: o, come ipotizzo nel mioprecedente saggio, attivando una “complessione genomica” giàpresente nell’iperspecie Podacirisi sicula; o causando una mutazioneideoplastica nel DNA; oppure accedendo alle informazioni presentinella matrice dell’implicate order teorizzato da Bohm.

Sull’eterogenea popolazione così prodotta avrebbe poi agito laselezione naturale, eliminando le lucertole introdotte nel 1971.

Quindi, come si vede, l’ipotesi di studio da me denominataPlasticismo evolutivo, non nega affatto la stretta relazione tra le specieviventi e la genetica (nonché con l’epigenetica e con la proteomica),ma considera il DNA più il veicolo che la sorgente dell’evoluzione,in quanto ipotizza che la presunta azione ideoplastica o mutagenadella psiche avrebbe come “bersaglio” ultimo proprio il complessoepigenomico e la molecola del DNA, la quale poi esplicherebbe lesue funzioni secondo le modalità studiate e validate in tutti i laboratoridi genetica del mondo, e che la mia teoria accetta totalmente.

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Ma torniamo agli aspetti naturalistici.Per chiarire meglio la questione vorrei accennare brevemente

all’esempio del camaleonte.Questo rettile, oltre che essere mimetico, ha sviluppato una lingua

estroflettibile, lunga circa il doppio del suo corpo, con la qualecattura le sue prede. Ebbene, osservando questo simpatico animaledurante la caccia, si comprende subito che tale carattere non puòessere comparso per caso: il rettile ha “voluto” sviluppare un simileorgano, si è esercitato e ha desiderato a lungo colpire le sue prede adistanza e, alla fine, è riuscito a trasmettere questo carattere aisuoi discendenti, modificando i geni delle cellule germinali, forsecon un meccanismo spiegabile con gli strumenti messi adisposizione della fisica quantistica.

Lo stesso processo si è verificato, presumibilmente, anchenell’evoluzione della rana pescatrice o coda di rospo (Lophiuspiscatorius). Questo poco attraente ma saporito pesce ha modificatoil primo raggio della spina dorsale fino a trasformarlo in unastruttura chiamata illicio, simile a un canna da pesca completa diun’escrescenza carnosa a forma di vermetto, con la quale attira ipesci davanti alla bocca e li divora.

Ebbene, neanche questa evoluzione può essere attribuita al caso oall’uso e non uso ma è stata sicuramente orientata dal desiderio dei progenitori.E questo, a mio parere, costituisce un’altra prova che l’evoluzionedelle specie viventi non è altro che una volontà che prende forma.

E mi preme sottolineare che, in natura, esistono numerosi altriesempi di evoluzioni mimetiche che sarebbe il caso di studiare. Econsiglio ai lettori di cercare in rete, per esempio, le immagini dellamantide-orchidea (Hymenopus coronatus) e degli insetti stecco (Bacillusrossius, ecc.). Questi ultimi, simili a rametti, per mimetizzarsi megliosi dispongono allineati ai rami e, quando c’è vento, prendono aoscillare anch’essi come i rametti mossi dalla brezza. Hanno cioèla totale consapevolezza di somigliare ai veri rametti e fanno ditutto per massimizzare il loro mimetismo! Eppure, chissà perché,alcuni studiosi sono convinti che essi non siano in grado di pensare!

Infine, ritornando all’esempio della Podaciris sicula con la valvolaileocecale, mi preme sottolineare che la sua comparsa non può essereritenuta, in nessun caso, come la comparsa di una nuova specie,poiché, da quanto mi risulta, gli individui mutati possono incrociarsinormalmente con le lucertole senza valvola ileocecale e dare vita auna progenie fertile.

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8. Il Plasticismo Evolutivo.

Riassumendo, l’ipotesi di studio denominata Plasticismo Evolutivoo Evoluzionismo Ideoplastico propone che l’evoluzione degli esseriviventi sia dovuta a una presunta azione mutagena della psiche deiviventi che agirebbe direttamente sul genoma e sull’epigenoma dellecellule germinali (o, più in generale, delle cellule riproduttive).

Si fonda su precise osservazioni naturalistiche e, in special modo,sullo studio degli organismi mimetici.

In particolare, suppone che il meccanismo che induce le variazionitemporanee negli organismi rapido-mimetici (es. sepiidae) sia dellostesso tipo di quello che ha indotto le variazioni fissategeneticamente negli organismi cripto-mimetici (es. phasmidae), e cheentrambi abbiano dei punti in comune con il meccanismo checonsente l’acquisizione di nuove caratteristiche a tutte specie inevoluzione.

Si distingue dal neo-darwinismo perché non accetta il caso comecausa delle mutazioni evolutive e, al contrario, ritiene chel’evoluzione sia orientata dalla volontà degli esseri viventi. Tuttavia,pur ridimensionandolo, accetta la fondatezza del meccanismo dellaselezione naturale.

Si distingue dal lamarckismo perché, pur ritenendo che lemutazioni siano indotte da una necessità vitale, non le spiega conl’azione di stimoli fisici (principio dell’uso e non uso) ma attraversostimoli di natura psichica (azione ideoplastica). Inoltre, rispetto allamarckismo riesce anche a spiegare la comparsa di caratteri nondipendenti dall’uso e non uso e l’ereditarietà dei caratteri acquisiti(per azione diretta della psiche sul genoma).

Riconosce il fondamentale ruolo della genetica nell’espressionedei caratteri fenotipici, ma considera i geni più il veicolo che lafonte dell’evoluzione (non accetta, cioè, che mutazioni casuali neigeni possano condurre a mutazioni complesse e funzionali, ma soloa micro-mutazioni, spesso deleterie).

Suppone che tutti gli esseri viventi siano dotati di funzioni mentalie, per quanto riguarda i vegetali, fa anche riferimento allaneurobiologia vegetale.

Ipotizza che alcuni aspetti evoluzionistici possano essere spiegatisecondo il paradigma olografico di Bohm. E, infine, pur ammettendodi non conoscere le modalità con cui la psiche agirebbe sui geni,

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avanza l’ipotesi che il meccanismo coinvolto possa essere di tipoquantistico (poiché le conclusioni della fisica quantistica relativealla materia inanimata devono essere ritenute valide anche per isistemi biologici).

Ciò precisato, concludo invitando i ricercatori a voler tener contodelle mie osservazioni naturalistiche e a provare a verificare (oanche a confutare) la mia ipotesi di studio, sia con osservazioninaturalistiche sia con esperimenti di laboratorio che studino glieventuali effetti della psiche sui geni. Anche provando a indagare,come da me suggerito nel mio romanzo, i possibili effetti deipotenziali somatosensoriali evocati e dell’ideoplasia ipnotica sul presuntocampo quantistico che avvolgerebbe il corpo e che condizionerebbeolograficamente il DNA.

Accetterei di buon grado anche una confutazione, poiché, perdirla con Karl Popper: «Ogni confutazione dovrebbe essere consideratacome un grosso successo; non semplicemente un successo dello scienziato che haconfutato la teoria, ma anche quello dello scienziato che ha creato la teoriaconfutata e che in questo modo ha suggerito in prima istanza, anche se solo inmodo indiretto, l’esperimento che l’avrebbe confutata».

Chiarisco, infine, che considero la teoria del Plasticismo Evolutivocome una terza via tra l’evoluzionismo classico e l’intelligent design:poiché se si ammette che l’evoluzione sia indotta dalla psiche dellespecie viventi e che queste non sono altro che particelle di Dio,

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allora affermare che l’evoluzione è determinata dall’azioneideoplastica della psiche non nega affatto l’azione di un Dio, chepuò esprimersi attraverso le opere e le richieste delle sue creature.

Dal punto di vista filosofico, infine, la mia ipotesi ideoplastica siriallaccia al monismo panteistico del monaco domenicano GiordanoBruno (nato a Nola, nei pressi di Napoli, nel 1548, e arso vivodall’inquisizione romana, per le sue idee ritenute eretiche, nel 1600),che nel suo scritto “Spaccio de la bestia trionfante” del 1584, cosìscriveva: «La qual natura (come devi sapere) non è altro che Dio nelle cose».

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L’oggetto della discordia(Racconto di Pellegrino De Rosa)

L’oggetto si stagliava immobile e silenzioso, sospeso a mezz’aria,sopra il mare in bonaccia.Aveva la forma di un triangolo isoscele, con la base a sinistra e lapunta a destra, e sembrava di metallo.

Il bambino spalancò gli occhi e corse, trafelato, dall’uomochiamato “il Maestro” e lo strattonò tirandogli la tonaca.

«Che c’è?»«Guarda!» fece il bambino, indicando l’oggetto nel cielo. «Cos’è?»L’uomo alzò lo sguardo e rimase a bocca aperta.L’oggetto era enorme e inquietante, come il dubbio che rode le

vite dei mortali.«Non so cos’è. Da quanto tempo è lì?» chiese l’anziano uomo a

sua volta.Il bambino alzò le spalle e sgambettò via, corrucciato: dal Maestro

si aspettava delle risposte, non delle domande.

Il vecchio si mordicchiò un labbro.Per quanto ne sapeva lui, quell’oggetto poteva anche essere stato

là, sospeso nel cielo, fin dai tempi della Creazione, senza che nessunose ne fosse mai accorto. Gli uomini, infatti, erano troppo presi dailoro affari e non alzavano mai lo sguardo al cielo.

La notizia dell’avvistamento si sparse in un battibaleno e tutti,nell’isola, presero a camminare con il naso all’insù in attesa chel’oggetto facesse qualche movimento, che andasse via o che cadesseo che emettesse qualche rumore.

Ma non avvenne proprio un bel niente!E l’oggetto rimase al suo posto per giorni, per mesi e per anni.Gli uomini, nel frattempo, si divisero in fazioni: alcuni ebbero

paura, temettero la fine del mondo e formarono una setta religiosa;altri si misero a studiare un piano per abbatterlo; altri, ancora, preseroa osservarlo con grossi telescopi; altri, infine, cominciarono adadorarlo come un Idolo e si diedero alla fornicazione.

Poi al Maestro venne un’idea.Pensò che, oltre che dalla loro isola, quella dei naturalisti, l’oggetto

potesse risultare visibile anche dalle isole vicine. Perciò, vincendo

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l’innata ritrosia, sollevò il telefono e chiamò i suoi colleghi cheabitavano nell’isola dei fisici.

E la loro risposta lo lasciò stupefatto: «Noi abbiamo visto l’oggettoda un bel po’ di tempo. Ma vi sbagliate: non è un triangolo... è uncerchio!»

«Un cerchio?»«Proprio così... e ha un punto giusto al centro!» continuò il fisico.«Ah, ma allora deve trattarsi di un altro oggetto! Strano, però,

che noi non lo vediamo».«Se è per questo anche noi vediamo un solo oggetto nel cielo e -

ti ripeto - è un cerchio. Mentre non riusciamo a scorgere il vostrotriangolo».

«E se vi sbagliaste?» ribatté il professore naturalista. «Forse lavostra vista non è così buona come credete. Io potrei giurare che sitratta di un triangolo!»

«E allora facciamo una cosa» propose il fisico, «chiamiamo ireligiosi e chiediamogli cosa vedono loro».

«Ottima idea. Vedrai che daranno ragione a noi» rispose ilnaturalista.

Allora telefonarono all’isola dei religiosi e gli chiesero se, dal loropunto di vista, vedessero qualcosa nel cielo, sospeso sul maredavanti a loro.

Il religioso alzò lo sguardo al cielo e ammutolì.Era proprio vero!Anche nel loro cielo c’era un gigantesco oggetto sospeso a

mezz’aria e non se ne era mai accorto prima.Per lo stupore lasciò cadere il telefono, e suonò le campane per

chiamare a raccolta tutti gli abitanti della sua isola.«Qualcuno di voi si era già accorto di questo oggetto nel cielo?»

domandò.Tutti scuoterono la testa.Nessuno lo aveva mai notato!Chiamò, quindi, i naturalisti e i fisici e parlò loro: «Anche nel

nostro cielo c’è un oggetto misterioso ma, da come lo vediamonoi, ha la forma di un cerchio schiacciato - più un’ellissi che uncerchio - con un piccolo triangolino sulla destra. Perciò, nondovrebbe trattarsi dello stesso oggetto! Lo osserveremo, cirifletteremo, e vi faremo sapere».

Il Maestro, allora, andò alla spiaggia e piazzò un potentetelescopio.

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Era ben determinato a non desistere fino a quando non avessescoperto cosa fosse quel misterioso oggetto sospeso a mezz’aria.E rimase ad osservare quell’oggetto per anni, ma senza alcunrisultato.

Tutti gli altri abitanti dell’isola avevano ormai accettato l’ideache si trattasse di un triangolo, come dicevano tutti gli altrinaturalisti, e deridevano sia i fisici che i religiosi che vedevanooggetti diversi. Ma lui non ne era per niente persuaso.

Una risatina soffocata dietro di sé lo costrinse a girarsi.Strinse le palpebre, per mettere meglio a fuoco il volto del

visitatore e, dopo qualche istante, lo riconobbe.«Ah, sei tu!» sospirò, imbarazzato.Molto tempo era passato e quello che era un bambino era ormai

diventato un ragazzino dallo sguardo vispo e sicuro e lo guardavasghignazzando, mentre mangiava con gusto un gelato.

Era proprio il bambino che, anni prima, gli aveva fatto notarel’oggetto incombente.

«Senti, non so come dirtelo» sbuffò il Maestro, «ma non ho alcunaidea di cosa sia quell’oggetto. Per la verità ho chiesto anche adaltri: ma vedono cose diverse. Alcuni vedono un cerchio, altri untriangolo, altri un’ellisse con una punta triangolare di lato...» spiegò,spalancando le braccia e spiando le reazioni del ragazzino, chesorrideva e continuava a leccare il suo cono gelato.

«È un cono» dichiarò il ragazzino, alzando il cornetto al cielo.«Lo vedo che è un cono gelato» rispose il Maestro, per fortuna

questo riesco ancora a capirlo!«Non dicevo questo. Io parlavo di quell’oggetto enorme nel cielo...

è un cono, come questo!»Il Maestro sorrise, divertito. «Hai una bella fantasia, e questo è

bene. Però ti sbagli: quello nel cielo non è affatto un cono gelato!»«E invece sei tu che ti sbagli, Maestro, perché non hai fantasia e

ragioni solo in base a quello che puoi vedere...»Il Maestro arrossì, offeso.«Come ti permetti? Io ho studiato tanto, sono un grande accademico,

mentre tu hai la mente vuota, proprio come un foglio bianco!»«Ed è proprio per questo che nella mia c’è posto per qualcosa di

nuovo» ribatté il ragazzino. «Guarda: se il gelato lo metto così vedoun cerchio, se lo giro di lato vedo un triangolo e, se lo metto un po’obliquo vedo un’ellisse e una punta triangolare di lato» continuò,sghignazzando.

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Il Maestro, stupefatto, si lasciò cadere sulla sabbia.«Non era poi così difficile» osservò il ragazzino. «Perché mai voi

studiosi non vi siete mai degnati di considerare ognuno anche ilpunto di vista degli altri ed elaborare una sintesi?»

Il ragazzino aveva ragione: la realtà apparente cambiava a secondadel punto di vista ma l’essenza dell’oggetto era immutabile: l’oggettonel cielo era un cono, proprio come un cono gelato!

E avrebbero potuto capirlo anni prima, se solo ognuno avessefatto uno sforzo per ascoltare l’opinione degli altri.

«E cosa rappresenta quel cono?»«Mi sembra chiaro: è il pregiudizio; è il punto di vista fazioso e

parziale»«E riusciremo mai a liberarcene?»«Forse. Ma si scioglierà solamente se sarà riscaldato dalla luce

della tolleranza… come un cono gelato sotto i raggi del sole!»rispose il ragazzino, girandosi per andare via.

«Te ne vai?»«Sì. Andrò ad abitare nell’isola dei filosofi. È molto più estesa di

quelle degli scienziati e dei religiosi messe insieme: è a forma diarco e consente molteplici punti di vista; inoltre, proprio al centro,ha una montagna, la Vetta della Meditazione, che ti consente divedere le cose dall’alto».

«E noi cosa potremo fare, separati come siamo gli uni dagli altri?»«Potreste costruire dei ponti che colleghino le vostre isole tra di

loro, magari anche con quella dei filosofi!»«Sarà difficile» commentò il naturalista, «da tempo ho compreso

che ogni capo-isola vuole rimanere separato per dominare megliogli abitanti della sua isola...»

«E allora, almeno parlatevi ogni tanto e cercate di scambiarvi ipunti di vista!»

Il Maestro storse il naso, dubbioso.«Ma tu chi sei veramente?» chiese, infine. «Dimmi chi sei!»Il ragazzino fece una lunga pausa e sgranocchiò con gusto il resto

del cono gelato.«Sono uno che osserva e che ha la mente e il cuore bianchi come

un foglio vuoto» rispose, con un largo sorriso.

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Darwinismo, Intelligent Design o “Plasticismo Evolutivo”?(FAQ raccolte da: Benedetta Napolitano, Dante Casoria, Armando

Cenni, Francesco Colucci, Antonio De Rosa e Enzo Pecorelli).

Che cos’è il “Plasticismo evolutivo”?Il “Plasticismo evolutivo” è una nuova ipotesi sull’evoluzione

delle specie viventi presentata, nel 2009, dal dr. Pellegrino De Rosa,scrittore e agronomo italiano.

Secondo tale ipotesi la spinta evolutiva sarebbe costituita da unapresunta azione ideoplastica e mutagena della psiche degli individuisul complesso genetico (genoma ed epigenoma) delle loro celluleriproduttive.

È una ipotesi evoluzionistica o creazionistica?È una ipotesi evoluzionistica e “ideoplastica”, poiché ipotizza

che le mutazioni evolutive siano causate dalla volontàdell’individuo, e presenta alcuni punti in comune sia con le teorieevoluzionistiche classiche (Darwinismo e Lamarckismo) che conl’Intelligent Design.

È una teoria scientifica o filosofica?È una teoria caratterizzata da un approccio multidisciplinare.Essa parte da precise osservazioni ecologiche e naturalistiche

(rapido-mimetismo dei sepiidae, cripto-mimetismo dei phasmidae,presunta mente collettiva degli insetti sociali) e poi compie alcunicollegamenti con la genetica, con le scienze cognitive e con la filosofia.

Per tentare di spiegare, poi, alcuni particolari aspetti teorici fariferimento ad alcuni settori di frontiera, come la quantum biology ela plant neurobiology.

In cosa si differenzia dal Darwinismo?Il Plasticismo Evolutivo, come il neo-Darwinismo, accetta le

numerose evidenze fossili e genetiche, e concorda con il fatto chele specie viventi si siano evolute e che ancora si possano evolvere,e ammette che la selezione naturale conduce all’affermazione ealla sopravvivenza degli individui “più adatti” (survival of the fittestt).

Tuttavia, fa notare, in primo luogo, che la selezione naturale agiscesolo dopo che la mutazione evolutiva è già intervenuta e, in secondoluogo, che il neo-Darwinismo non spiega in maniera convincentecome tali individui “più adatti” si siano formati.

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Infatti, il Plasticismo Evolutivo non accetta che sia il cieco “caso”a produrre le mutazioni evolutive e ipotizza, invece, che esse sianocausate direttamente dall’azione ideoplastica della psiche degliindividui sul loro stesso materiale genetico, non solocondizionandone l’espressione ma giungendo addirittura a produrredei nuovi geni.

Cosa differenzia il Plasticismo Evolutivo dal Lamarckismo?Entrambe le teorie partono dal presupposto che le specie viventi

non si siano evolute casualmente ma a causa di una loro precisanecessità o desiderio di adattamento.

Tuttavia, mentre il Lamarckismo attribuisce l’evoluzioneesclusivamente a un’azione di tipo somatico (uso e non-uso di partidel corpo) da parte dell’individuo (es. allungamento del collo dellagiraffa), il Plasticismo Evolutivo l’attribuisce a un’azioneideoplastica, di natura dichiaratamente psichica, che agirebbetramite meccanismi quantistici, sia di natura ondulatoria (patterninterferenti, collasso della funzione d’onda, ecc.) sia di natura non-locale (paradigmi olografici di Bohm e Pribram).

Il Lamarckismo, inoltre, non spiega come le caratteristicheacquisite a livello somatico si possano trasferire alla discendenza,mentre il Plasticismo Evolutivo suppone che l’azione ideoplasticadella psiche causi direttamente le corrispondenti mutazioni nelgenoma e nell’epigenoma delle cellule riproduttive.

Infine, il Lamarckismo non riesce a spiegare la comparsa dicaratteri evolutivi non condizionati dall’uso o dal non uso di partidel corpo (es. mantello mimetico della giraffa, forma dell’insetto-foglia), mentre il Plasticismo Evolutivo lo spiega in manieraesauriente.

Quali sono i rapporti tra la genetica e il PlasticismoEvolutivo?

Il Plasticismo Evolutivo ammette totalmente gli effetti dei geni(e dei meccanismi epigenetici) sull’espressione dei caratterifenotipici, nonché gli effetti delle manipolazioni e delle terapiegenetiche sugli esseri viventi, ma considera i geni più il veicolo chela sorgente dell’evoluzione.

In effetti, esso non accetta solamente l’ipotesi che l’evoluzionedelle specie viventi sia dovuta a mutazioni casuali e non coordinatedei geni. E, come già detto, ipotizza che la psiche degli individui

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non solo condizioni epigeneticamente il funzionamento dei geniesistenti ma che possa anche produrre la comparsa di geni del tuttonuovi.

Inoltre, il dr. Pellegrino De Rosa suggerisce che il DNA debbaessere studiato, sempre più, secondo un approccio quantistico eondulatorio, e propone che i ricercatori realizzino degli esperimentiper verificare i presunti effetti mutageni della psiche sia sullastruttura dei geni sia sulla comparsa di nuovi geni.

Il Plasticismo Evolutivo è una teoria evoluzionistica validaanche per i vegetali e per i microbi. Anch’essi sono, quindi,dotati di mente?

Secondo l’autore, è possibile - ma bisognerà verificarlo - che tuttii sistemi in cui circoli energia siano potenzialmente intelligenti (forselo sono anche i computer e il plasma) e, siccome la materia è unodei tanti stati dell’energia, è possibile che anch’essa sia intelligente.

Egli non è né il primo né l’unico a pensarla in questo modo. E lostesso autore, in alcune occasioni, ha riportato l’opinione di MaxPlanck, secondo cui: “Tutta la materia ha origine ed esiste solamente invirtù di una forza... dobbiamo supporre che dietro questa forza ci sia unamente consapevole e intelligente. Questa mente è la matrice di tutta la materia”.

Per quanto riguarda i vegetali, poi, l’autore fa esplicito riferimentoalle osservazioni del prof. Stefano Mancuso, dell’Università diFirenze, e al suo filone di ricerca sulla presunta intelligenza deivegetali (la cosiddetta “neurobiologia vegetale”, o “plant neurobiology”).

Inoltre, suppone che sia stata proprio l’errata convinzione che ivegetali non avessero una loro intelligenza ad aver spinto -erroneamente - i darwinisti a spiegare la spinta evolutiva con ilcaso, i lamarckisti con il principio fisico dell’uso e non-uso, icreazionisti con l’azione diretta di Dio, e gli studiosi new-age conpresunte e improbabili interazioni automatiche di vario tipo.

Il Plasticismo Evolutivo, invece, prendendo spunto dall’ipnologia,mette al centro del processo evolutivo la volontà ideoplasticadell’individuo.

Infine, l’autore ritiene che anche i microbi, come tutti gli altriesseri viventi, siano dotati di mente: la qual cosa sarebbe dimostratadal semplice fatto che essi riescono a sopravvivere, a riprodursi, anutrirsi e a interagire con l’ambiente, fin dagli albori della vita sullaTerra, e continuano a farlo con successo e senza preoccuparsi delparere contrario degli scienziati.

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Come sono collegati Plasticismo Evolutivo e mimetismo?Si tratta di un collegamento fondamentale. Infatti, la teoria

del Plasticismo Evolutivo è stata elaborata dall ’autoreproprio in seguito alle osservazioni da lui condotte sugliorganismi mimetici, in particolare sugli insetti-foglia e sulleseppie.

Secondo il dr. Pellegrino De Rosa, l’azione rapido-mimetica delleseppie (che si adeguano istantaneamente al colore del fondalemarino) ha la stessa origine psichica e ideoplastica dell’azionecripto-mimetica degli insetti-foglia (che hanno assunto stabilmentela forma ed il colore delle foglie del loro habitat). Con la soladifferenza che, nel secondo caso, gli individui hanno trovato il mododi fissare l’adattamento nei geni delle loro cellule germinali. Inconclusione, l’azione mimetica, supposta di natura quantistica,sarebbe molto simile al processo che conduce alle mutazionievolutive.

L’evoluzione, pertanto, non sarebbe altro che “una volontà cheprende forma”.

Questo ipotetico processo potrebbe, forse, spiegare comeun organismo si adegua alle forme già presenti in natura, allequali la psiche si potrebbe ispirare, ma come potrebbespiegare la comparsa di nuove forme e funzioni?

Accedendo alle informazioni conservate in quella dimensionefisica che Bohm chiama “implicate order”, Platone “Iperuranio” o“Mondo delle idee”, ed Hegel “spirito” o “idea fuori del sé” (cfr.Phänomenologie des Geistes).

Ciò potrebbe spiegare anche come l’orchidea Ophrys apifera abbiasviluppato il suo tepalo inferiore simile, per forma, colore,dimensione, peluria e odore, a quello dell’addome di un’ape, perattirarle e favorire l’impollinazione, e, oltre a ciò, anche la naturadegli istinti.

L’autore fa anche notare che esistono alcune teorie cosmologichesecondo le quali l’Universo non sarebbe altro che una proiezionetridimensionale di una matrice bidimensionale (analoga,concettualmente, all’implicate order di Bohm) posta ai suoi margini,e si chiede come mai alcuni concetti vengano normalmente presiin considerazione, quantomeno come ipotesi di studio, in altri ambititeorici, mentre non vengono ritenuti validi quando si parladell’evoluzione delle specie viventi.

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Quali sono i rapporti tra la quantum mechanics e il“Plasticismo Evolutivo”?

Oltre al collegamento appena citato (paradigma olografico diBohm), l’autore fa esplicito riferimento agli studi di Pribram esuppone che l’interfaccia mente-corpo o mente-gameti sia di tipoolografico e quantistico (bio-entanglement) e, sia nel saggio chenel romanzo, presenta una serie di indizi che convaliderebberoquesta sua personale interpretazione.

Quali sono i rapporti tra Plasticismo Evolutivo e scienzecognitive?

L’autore, che è un appassionato di ipnologia di scuolaericksoniana, ha ipotizzato che quando un individuo si trova inuno stato di necessità o di pericolo, in lui si attiva uno stato psichicosimile al monoideismo ipnotico (in cui, com’è noto, l’individuo èin grado di mutare alcune funzioni del proprio corpo).

Ebbene, l’autore ipotizza che, in tale particolare stato mentale lapsiche dell’individuo possa essere in grado non solo di controllarealcuni meccanismi epigenetici ma anche di creare vere e propriemutazioni genetiche ed evolutive.

Quali sono i rapporti tra Plasticismo Evolutivo e l’IntelligentDesign?

Entrambe le ipotesi negano che l’evoluzione possa esseredeterminata dal cieco caso (e fanno, tra l’altro, ambedue riferimentoal “Dilemma di Haldane”).

Tuttavia, mentre l’Intelligent Design, ipotizza un intervento divinodiretto di un Dio, il Plasticismo Evolutivo ipotizza uncoinvolgimento diretto della volontà degli individui, che agirebbe,con meccanismi ondulatori e olografici, direttamente sulle cellulegerminali.

A sostegno dell’ipotesi “ideoplastica” dell’evoluzione, ilPlasticismo Evolutivo porta una serie di indizi (presunta memoriadegli organi dei trapiantati, monoideismo ipnotico, presunta mentecollettiva degli insetti, la stupefacente somiglianza dell’insetto-fogliacon le foglie del proprio habitat, ecc.) e propone che i meccanismid’azione coinvolti siano di natura quantistica.

L’autore fa poi notare, in accordo con il monismo panteistico diGiordano Bruno, che se Dio risiede in tutte le cose - vegetali, animalie uomini - affermare che l’evoluzione è prodotta dalla volontà del

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singolo individuo, che altro non è che una particella di Dio, equivalea dire che l’evoluzione è prodotta da Dio.

Cosa risponde l’autore a coloro che vorrebbero inquadrareil Plasticismo Evolutivo in una categoria neo-lamarckista ditipo psichico?

L’autore, non nasconde né le sue personali simpatie per Lamarckné le sue perplessità su Darwin (che, a quanto pare, si sarebbecomportato in maniera poco edificante, scippando a Wallace ilconcetto di “selezionane naturale”). Tuttavia, sottolinea che quelladel Plasticismo Evolutivo è una ipotesi ideoplastica dell’evoluzione, eche pur presentando punti di contatto sia con il Darwinismo checon il Lamarckismo, è una teoria a sé stante, concettualmentediversa e più articolata.

È vero, infatti, che essa ha in comune con il lamarckismo l’ideache l’evoluzione non sia prodotta da mutazioni casuali ma dallanecessità e, con il darwinismo, il concetto, seppur ridimensionato,di selezione naturale. Ma si differenzia sostanzialmente sia daldarwinismo, di cui rifiuta in maniera categorica il concetto dimutazioni evolutive casuali, sia dal lamarkismo, di cui non condividela natura della spinta evolutiva (che sarebbe, per Lamarck, di tipofisico mentre per il Plasticismo Evolutivo sarebbe di tipo psichicoe quantistico e con azione diretta sul DNA). Oltre a ciò, ilPlasticismo Evolutivo compie una serie di fondamentalicollegamenti con il fenomeno mimetico, con il monoideismoipnotico, con la fisica quantistica e con la neurobiologia vegetale -aspetti che non sono presenti né nel lamarckismo né nelle altreteorie evoluzionistiche.

In definitiva, perché c’era bisogno di questa nuova teoria?L’autore ha spesso risposto a questa domanda nel seguente modo:

«Perché nonostante l’insetto-foglia esista, le altre teorie non spieganoin maniera esauriente come esso sia riuscito ad assumere proprioquella particolarissima forma, così precisa fin nei più piccoliparticolari. E perché il meccanismo che gli ha conferito quellaparticolare forma deve essere lo stesso che sta alla basedell’evoluzione di tutti gli esseri viventi».

Secondo l’autore, infatti, tale forma non può essere stata determinatané secondo i principi lamarckisti (uso e non uso) né secondo i principidarwinisti o neo-darwinisti (casualità delle mutazioni).

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Egli, inoltre, sostiene che - mentre gli effetti della selezionenaturale sono indiscutibili - non è stato mai veramentedimostrato che le mutazioni casuali del DNA possano condurrea mutazioni complesse, funzionali e integrate. E sottolinea cheanche quando in laboratorio si sono ottenuti organismi ibridi ochimerici, si è sempre trattato di variazioni non casuali maprogettate dall’uomo.

Le difese delle posizioni darwiniane (limitatamente alla questionedel “caso”) apparirebbero, perciò, secondo l’autore, pesantementeideologiche e prive di qualsiasi fondamento scientifico, in quantospiegare la comparsa di caratteristiche complesse e funzionali,facendo riferimento a un evento “random”, è una “non spiegazione”che ha davvero poco di scientifico e che, soprattutto, non èstatisticamente sostenibile.

Cosa pensa l’autore delle ipotesi secondo le quali l’evoluzionedegli esseri umani può essere stata condizionata da interventidi ingegneria genetica da parte di extraterrestri o da incrocitra esseri umani e alieni?

L’autore ritiene che, allo stato attuale, questa deve essereconsiderata un’ipotesi fantascientifica e precisa che essa nulla ha ache vedere con la teoria del Plasticismo Evolutivo (che, tra l’altro,si riferisce all’evoluzione di tutte le specie viventi e non solo aquella dell’uomo).

Tuttavia, secondo l’autore, non è metodologicamente correttoscartare del tutto questa eventualità, poiché la vita è sicuramentepresente anche in altre parti dell’Universo e, anche facendoriferimento alle antiche scritture, non si può affatto escludereche il nostro pianeta sia stato visitato da esseri extraterrestri ingrado, come noi, di agire artificialmente sui geni.

Tra l’altro, qualche dubbio può essere anche alimentato dalfatto che, come affermano i genetisti Lynn Jorde e HenryHarpending dell’università dello Utah, la variabilità geneticadell’uomo moderno è molto bassa se paragonata a quella dellealtre specie, cosa che dimostrerebbe che esso discende da pochemigliaia di coppie genitoriali.

Ma egli sottolinea che un eventuale episodio di manipolazionegenetica (aliena o umana) nulla ha a che vedere con il processo piùgenerale di evoluzione di tutte le specie e dei meccanismi che nestanno alla base e di cui il Plasticismo Evolutivo si interessa.

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Parere sulle tesi olistiche.L’autore, soprattutto nel romanzo, sembra ritenere che tutti gli

organismi siano “entangled” (cioè collegati non-localmente) tra diloro, e che tutte le teorie, comprese quelle più fantasiose, meritinodi essere prese in considerazione, quantomeno come ipotesi diindagine. Poiché, spesso, appaiono più convincenti di quelle fondatesul caso e che nonostante ciò si autodefiniscono scientifiche.

Tuttavia, egli sottolinea che il “Plasticismo Evolutivo” non èfondato su ipotesi, per così dire, immateriali. Esso, al contrario,parte dall’osservazione di organismi viventi mimetici, che sono realie non frutto di fantasia, e che chiunque può osservare in natura. E,solo in un secondo momento, visto che le altre teorie non sono ingrado di spiegare la loro esistenza in maniera esauriente, ha ricercatouna serie di possibili spiegazioni che spaziano dalla fisica quantisticaal monoideismo plastico.

Si tratta di ipotesi da verificare, ovviamente.L’importante è di cercare di rispondere al quesito di partenza

(Come si è formato l’insetto-foglia?) e mantenere la porta aperta a tuttii possibili indizi, compresi quelli suggeriti dalle teorie ritenute piùinverosimili, come per esempio, quella della percezione primaria diBackster, poi ripresa con diverse terminologie e sfumature da altriautori (presunti campi di vario tipo, masse critiche, costellazionifamiliari, psicogenealogia, slancio interno, ecc.).

Poiché nessuna di esse è meno credibile di quella che vorrebbespiegare sia il mimetismo che l’evoluzione facendo appello al caso!

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Cav. Prof. Pellegrino De Rosa

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Note sull’autore

Pellegrino De Rosa è dottore agronomo, giornalista, saggista e scrittore.È laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie, e ha un master in Gestione e difesa delterritorio. Ha una formazione multidisciplinare: ha diretto alcune testategiornalistiche locali e si è interessato per anni dei settori di informatica,elettronica e di collaudo autoveicoli, introducendoli nella ditta di famiglia.

È agronomo libero professionista e insegna materie scientifiche e tecnichepresso le scuole medie superiori.

Si interessa di progettazioni e di studi in ambito ambientale, botanico,faunistico, e di ingeneria naturalistica. Settore, quest’ultimo, nel quale hapresentato una particolare metodica adatta per i suoli piroclastici dell’areavesuviana.

Ha pubblicato vari saggi etnografici e tecnici, tra cui un testo sulle erbealimurgiche (erbe selvatiche commestibili) edito dalla Regione Campania.Si interessa di ipnologia di scuola ericksoniana, è istruttore elementare discacchi, e si occupa di varie attività legate al mondo dei libri.

È Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana.

Per contatti:Email: [email protected]: Pellegrino (Rino) De Rosa

Altre pubblicazioni dell’autore

Piante alimurgiche (del Baianese e del Lauretano)

Studio botanico ed etnografico su 74 specie di erbe selvatichecommestibili e sulla loro utilizzazione gastronomica.

Stampato a cura della Regione Campania - Assessorato all’Agricoltura ealle Attività Produttive e con la prestigiosa prefazione del prof. AntonioSaracino di Scienze Forestali e Ambientali di Portici (Na).

La gestione dell’ambiente e del territorioe la “Metodica De Rosa”

Studio ambientale sulle aree interne a rischio di dissesto idrogeologico.Presentazione di una innovativa metodica di Ingegneria Naturalistica da

adottarsi nei suoli piroclastici e in quelli presentanti orizzonti pedologiciinerti per cause di natura fisica, chimica o biologica.

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ROMANZO

Metamorfer. La gemma di Darwin. (romanzo)

(Recensione di Emanuele Pettener, scrittore, saggista e docente di Lingua e Letteratura Italiana allaFlorida Atlantic University di Boca Raton - Florida – U.S.A.)

Golfo di Napoli.Aria fresca, mare un po’ mosso, atmosfera sensuale.Subito un personaggio fosco e affascinante, Raf, assetato di vendetta.Subito una splendida giornalista, dai capelli color del grano maturo, Eva Nabokova.E subito una serie di misteriosi interrogativi: chi o che cosa ha folgorato il cane

terranova? chi ha sparato al delfino? chi ha fatto saltare in aria il campo nomadi diPonticelli? e chi è la misteriosa creatura che Raf ha cercato di liberare portando consé il chip della “gemma di Darwin”?

Il romanzo di esordio di Pellegrino De Rosa non perde tempo: t’inchioda allapagina fin dalle prime righe e ti tiene sulla corda fino all’ultimo e sorprendente capitolo,con il ritmo incalzante e avvincente dei migliori action-movie.

E subito la storia principale si intreccia con tante altre storie: quella di un simpaticofotoreporter, donnaiolo incallito; quella di una sexy spia italo-americana; quella diuna misteriosa e vecchia zingara napoletana; quella di un gruppo di “femminielli” edi un nostalgico boss della camorra, e di tanti e tanti altri personaggi, più o menosecondari, ma tutti descritti con cura e pathos.

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E, sullo sfondo, la magica Napoli, i suoi vicoli, i suoi odori, le sue leggende e i suoicoloratissimi personaggi.

Soprattutto, viene presentata una inedita ipotesi evoluzionistica (il PlasticismoEvolutivo) che mette in relazione l’evoluzionismo con il mimetismo e con le scienzequantistiche.

Ma la complessità dell’argomento non appesantisce affatto la narrazione che, anzi,scorre via fluida, leggera e allegra, come l’acqua trasparente di un ruscello di altamontagna.

L’autore, infatti, è riuscito a combinare - con stile gradevole e con sovrana leggerezza- affreschi paesaggistici, battute napoletane, leggende popolari ed erotismo, conazione, mistero, scienza e filosofia.

Finalmente un fanta-thriller italiano che, per contenuti, suspense e humor, è ingrado di competere degnamente con i colossi stranieri dello stesso genere, e conuna marcia in più: la scanzonata e fatalistica ironia napoletana.

(Recensione di Albino Albano, giornalista professionista, corrispondente del quotidiano “Corriere”dell’Irpinia).

È un romanzo di ben 382 pagine ricche di azione, ironia, di colori e di paesaggi.Dalla lettura particolarmente agevole e invitante. Poi, attorno a pagina 150, la storiadecolla definitivamente e il ritmo si fa incalzante, avvolgendo il lettore in un’atmosferadivertente e coinvolgente che richiama le atmosfere delle spy-story di Fleming.

E allora si comprende che ci troviamo di fronte a un vero capolavoro.La descrizione di Napoli, viva e palpitante; la vicenda articolata ma fluida, come

una sceneggiatura a montaggio alternato; i personaggi caratteristici e affascinanti,rendono questo romanzo già pronto per una trasposizione cinematografica.

Mirabile è la descrizione del miglio d’oro, il tratto di costa vesuviana compreso traPortici e Torre del Greco. Magica e sfavillante quella del Golfo di Napoli e dei suoisplendidi fondali. Evocativa e multisensoriale quella dei misteriosi sotterranei e deibrulicanti vicoli di Napoli, dei suoi suoni, dei suoi odori e della sua gente, così solaree positiva.

Ma impressiona anche la descrizione, puntuale e dettagliata, dei luoghi archeologici,delle apparecchiature scientifiche e delle implicazioni naturalistiche.

È un romanzo a più strati, piacevole e profondo allo stesso tempo. Lo consiglioa tutti.

Il romanzo è disponibile in ebook e in cartaceo nei migliori bookstore on-line

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Finito di stampare nel mese di Agosto 2012per conto di Youcanprint Self - Publishing