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Indagine su:
Condizioni di vita e occupazionali
dei lavoratori domestici di origine straniera
in Puglia
RAPPORTO DI RICERCA
A CURA DI GIUSEPPE GABRIELLI(*) E ANNA PATERNO(**)
(*) UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II
(**) UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI ALDO MORO
Indagine svolta all’interno del progetto Network – Rete antidiscriminazione e finanziato con fondi FAMI 2014-
2020 OBIETTIVO SPECIFICO 2.Integrazione / Migrazione legale OBIETTIVO NAZIONALE 3. Capacity building –
lett.l) Contrasto alle discriminazioni.
1
Indice
Introduzione ......................................................................... pag. 2 Il contesto dei dati dell’INPS sui lavoratori domestici in Italia e in Puglia ................................................................................ pag. 4
DINAMICA DEL LAVORO DOMESTICO IN ITALIA .......................................... PAG. 4
CARATTERISTICHE ATTUALI DEL LAVORO DOMESTICO IN ITALIA ...................... PAG. 9 EVOLUZIONE, CARATTERISTICHE E DISTRIBUZIONE TERRITORIALE IN PUGLIA ...... PAG.13
L’indagine campionaria sulle “condizioni di vita e occupazionali dei lavoratori domestici di origine straniera in Puglia” .................................................................................. pag.19
QUESTIONARIO ................................................................................ PAG.19 METODO DI CAMPIONAMENTO E SCELTE OPERATIVE .................................. PAG.21 RILEVAZIONE SUL CAMPO.................................................................... PAG.23
I risultati dell’indagine campionaria: evidenze sui lavoratori domestici in Puglia .............................................................. pag.26
CARATTERISTICHE INDIVIDUALI ............................................................. PAG.26 RELAZIONE DI COPPIA, FAMIGLIA E CONDIZIONE ABITATIVA .......................... PAG.33 LAVORO E REDDITO ........................................................................... PAG.36 DISCRIMINAZIONE: LAVORO, RICERCA DEL LAVORO, IN ALTRE OCCASIONI ......... PAG.43 MOLESTIE, VIOLENZE, ACCUSE INGIUSTIFICATE, RICATTI E UMILIAZIONI............ PAG.47
3
Introduzione
Il lavoro in ambito domestico è un settore dell’economia spesso trascurato, ma
certo non trascurabile. Si tratta di un lavoro che porta il lavoratore a stretto contatto
con la vita privata del datore di lavoro, che implica una varietà di scelte fiduciarie
minute, che cancella la distinzione tra luogo di lavoro e abitazione e che comporta
complicati processi di adattamento reciproco tra aspettative molto diverse
(Catanzaro e Colombo, 2009).
Per studiare adeguatamente le caratteristiche, le dinamiche e le relazioni di
tale fenomeno con i flussi migratori è necessario disporre di informazioni adeguate.
Nei fatti, gli studiosi del lavoro domestico straniero si trovano di fronte a un campo
che presenta seri problemi di reperimento delle informazioni: alle ben note difficoltà
di ottenere dati adeguati sui sistemi migratori si aggiunge quella di conoscere la
struttura e gli andamenti di un mercato del lavoro con una significativa componente
irregolare o semi-irregolare.
Colmare almeno in parte queste lacune è uno degli obiettivi della ricerca di cui
si presentano in questo rapporto i principali risultati empirici definendo, nello
specifico, tipologia e condizione lavorativa in un determinato contesto regionale. Un
secondo obiettivo è quello stimare il numero di persone che hanno subito
esperienze negative, con particolare riferimento a quelle verificatesi nel contesto
lavorativo (distinto in “ricerca di lavoro” e “attività lavorativa”), descrivendone
caratteristiche e circostanze.
4
Alla base della ricerca è l’indagine campionaria sui cittadini stranieri in Puglia
realizzata nell’ambito del progetto Network – Rete antidiscriminazione (FAMI 2014-
2020) e coordinato da Cidis Onlus. L’indagine in Puglia è stata coordinata da
Giuseppe Gabrielli e Anna Paterno in collaborazione con Francisca Mahawasala.
Hanno partecipato alla somministrazione del questionario gli intervistatori e
mediatori Albourini Karim, Bakashvili Maia, Bekele Seifro Kassaye, E Syed Rehan UD
Din, Kasareli Teona, Radu Irina Anca, Spinelli Antonia, Vita Skop. La codifica delle
risposte su supporto elettronico è stata effettuata anche con Bakary Coulibaly e
Freya Serna Cobo.
Questo rapporto è suddiviso in tre parti. Nella prima, utilizzando
essenzialmente i dati provenienti dall’osservatorio INPS, si analizzano le dinamiche
temporali e le principali caratteristiche del lavoro domestico relativamente al
contesto nazionale e a quello locale di riferimento. Nella seconda parte vengono
introdotti nello specifico gli obiettivi ed i contenuti informativi della ricerca sul
campo, descrivendo il metodo di campionamento e le scelte operative. Infine nella
terza parte sono presentati i risultati descrittivi più significativi della ricerca
riguardanti: le caratteristiche individuali, le relazioni di coppia, la condizione
lavorativa, abitativa e familiare, gli episodi di discriminazione, molestie/violenze,
accuse ingiustificate, ricatti e umiliazioni subite.
5
Il contesto dei dati dell’INPS sui lavoratori domestici in Italia e in Puglia
DINAMICA DEL LAVORO DOMESTICO IN ITALIA
Le caratteristiche e l’evoluzione del lavoro domestico straniero costituiscono
un argomento di analisi indispensabile per comprendere alcune peculiarità sia della
società in cui questo si inserisce, sia della presenza di immigrati provenienti
dall’estero. Durante gli ultimi decenni tale tema è stato piuttosto trascurato negli
studi nazionali, anche a causa del ridotto utilizzo, nel passato, di addetti al servizio
domestico da parte delle famiglie e della convinzione che questo fosse un segmento
residuale del mercato del lavoro.
Tuttavia, in anni più recenti il lavoro domestico straniero sta provocando
conseguenze importanti sugli stili di vita delle famiglie. Ciò con riferimento sia ai loro
modelli riproduttivi e alla propensione verso la fecondità, sia sulla possibilità di cura
dei componenti più anziani, non autosufficienti o afflitti da patologie.
L’intento di tracciare una sintetica panoramica della dinamica verificatasi negli
ultimi decenni nel lavoro domestico di italiani e stranieri si scontra con notevoli
difficoltà di reperire informazioni quantitative attendibili, a causa dell’ampia
diffusione della presenza irregolare o semi-irregolare in questo comparto del
mercato del lavoro. I pochi dati disponibili, che per gli anni 1951-1991 sono di fonte
censuaria, mostrano che tale periodo è stato caratterizzato da un trend discendente,
che ha ridotto i lavoratori domestici, nella quasi totalità autoctoni, a circa 200.000
6
alla fine del periodo. In questo ambito, la presenza di lavoratori stranieri era
costituita da immigrati in prevalenza provenienti da ambiti territoriali vicini all’Italia
e con progetti di permanenza di durata modesta.
A partire dagli anni Settanta, sono iniziati un lento incremento numerico e
soprattutto un progressivo cambiamento delle caratteristiche degli immigrati, che
ha assunto rilevanza durante gli anni Novanta, contemporaneamente alla riduzione
dei lavoratori italiani.
Secondo autorevoli studi sul tema (Colombo e Caponio 2005), l’incremento dei
lavoratori stranieri, e soprattutto delle lavoratrici, ha comportato anche una rapida
crescita dell’offerta di impiego da parte delle famiglie autoctone. Il trend crescente
della presenza straniera in questo settore, pertanto, è stato considerato sia come
prodotto, sia come causa di cambiamenti della struttura sociale e del mercato del
lavoro, ampliando, anche grazie alla sua flessibilità, spazi precedentemente più
ristretti.
A seguito della sanatoria Dini del 1995, che ha regolarizzato la posizione di
poco meno di 250.000 stranieri presenti in Italia che lavoravano senza contratto, nel
1996 l’ammontare degli stranieri impiegati come domestici (poco più di 126.000)
per la prima volta ha superato quello degli italiani (poco più di 124.000). Nel 2002,
la sanatoria collegata alla legge “Bossi-Fini”, dovuta soprattutto alla richiesta, da
parte dei sindacati e delle istituzioni cattoliche, di regolarizzare la posizione delle
lavoratrici domestiche impiegate presso le famiglie italiane, parzialmente destinata
proprio ai lavoratori domestici e successivamente estesa agli altri lavoratori
dipendenti ha fatto incrementare al 76% la quota di stranieri sul totale degli addetti
(420.000 su 552.000). Infine, il “decreto flussi” del 2006 ha provocato un ulteriore
aumento di tale proporzione, che però è difficilmente quantificabile.
In questo contesto, la programmazione dei flussi di ingresso è stata
determinata esplicitamente dalla volontà di realizzare un orientamento attivo e
7
selettivo favorevole all’ingresso e al reclutamento di lavoratrici domestiche,
progressivamente sempre più esplicito. La richiesta di lavoratori e di lavoratrici
collocati nei segmenti più dequalificati del mercato del lavoro rispondeva alla
volontà di mantenere stabile un modello di welfare connotato dai cambiamenti
socio-demografici e fondato sul ruolo determinante svolto dalle famiglie.
Successivamente, la crisi iniziata nel 2008 ha indotto a formulare
un’interpretazione secondo la quale le donne italiane, costrette dalla recessione a
ripiegare sull’occupazione di colf e badante in mancanza di prospettive migliori,
sarebbero entrate in competizione con le straniere in un comparto che, nonostante
la recessione, ha continuato a richiedere manodopera (Catanzaro e Colombo, 2009).
I dati rilevati e pubblicati dall’INPS mediante l’Osservatorio sui Lavoratori
domestici, che contabilizza il numero di coloro che hanno ricevuto almeno un
versamento contributivo nel corso dell’anno o del trimestre osservato, evidenziano
innanzitutto il picco di lavoratori registrato nel 2012 per effetto della sanatoria
riguardante i lavoratori extracomunitari irregolari (D. Lgs. n.109 del 16 luglio 2012).
Gli anni successivi (2013-2016) sono invece stati caratterizzati da un trend in discesa,
che, nell’ultimo anno, ha portato il numero di lavoratori domestici a quasi 870.00
(Fig. 1).
La composizione per genere di tali lavoratori evidenzia, indipendentemente
dallo status di italiani o stranieri, che alla compagine maschile corrispondono in tutti
gli anni proporzioni modeste. Queste si innalzano considerando esclusivamente gli
immigrati, ma solo per alcune specifiche nazionalità (in primis Bangladesh, India, Sri
Lanka e Filippine).
8
Fig. 1. Lavoratori domestici in Italia per cittadinanza, 2007-2016. Valori assoluti.
0
200.000
400.000
600.000
800.000
1.000.000
1.200.000
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016
Italiani Stranieri Totale
Ciò induce a ipotizzare la presenza di peculiari strategie di ingresso nel mercato
del lavoro da parte degli immigrati di tali nazionalità, soprattutto al fine di garantirsi
un primo inserimento occupazionale e/o talvolta volta di aggirare i vincoli in entrata
facendosi assumere anche fittiziamente come lavoratori domestici in attesa, in molti
casi, di opportunità migliori.
Questa ipotesi viene confermata dalla circostanza secondo la quale, dopo le
sanatorie, il personale di sesso maschile iscritto all’INPS diminuisce più rapidamente
rispetto a quello femminile (Fig. 2).
9
Fig. 2. Lavoratori domestici in Italia per genere, 2007-2016. Valori assoluti.
0
200.000
400.000
600.000
800.000
1.000.000
1.200.000
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016
Maschi Femmine Totale
In questo contesto, disaggregando i dati disponibili in base alla qualifica di
“colf” e “badante”, si nota che il trend verificatosi tra il 2007 e il 2016 appare
decisamente opposto, diminuendo soprattutto a partire dal 2012 per la prima
categoria e aumentando rapidamente fino a tale anno, per poi ridurre il ritmo di
crescita, per la seconda (Fig. 3). In generale, questa situazione si verifica
indipendentemente dalla nazionalità dei lavoratori, tranne che per quelli provenienti
dall’Europa dell’Est e dall’Asia Medio Orientale.
10
Fig. 3. Lavoratori domestici in Italia per tipo di occupazione, 2007-2016. Numeri indici (base=2007).
0,0
50,0
100,0
150,0
200,0
250,0
300,0
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016
Badante Colf
CARATTERISTICHE ATTUALI DEL LAVORO DOMESTICO IN ITALIA
I dati di fonte INPS sugli occupati indipendentemente dalla loro nazionalità
evidenzia che, al 2016, poco più di 866.318 persone svolge un lavoro domestico in
Italia. Il 56,2% di queste è occupato come colf, ossia come collaboratori e, molto più
spesso, collaboratrici familiari. Il 43,7% lavora invece come badante, assistendo
persone anziane o disabili. Ciò è dovuto soprattutto all’ampia presenza tra le
famiglie, comprese quelle unipersonali, di uno o più frequentemente una
ultrasettantacinquenne. La quota corrispondente alle altre occupazioni (soprattutto
baby sitter) è invece quasi del tutto nulla.
11
All’interno del valore totale, una netta prevalenza, sempre superiore all’80%
corrisponde al genere femminile che ha raggiunto nel 2016 il valore massimo degli
ultimi sei anni, pari all’88,1%.
In questo contesto, gli stranieri sono 650.358. I dati riguardanti la loro
distribuzione per età mettono in luce che gli individui in età compresa tra i 45 e i 49
raggiungono la maggior frequenza, pari al 16,9%, mentre quelli di età pari o
superiore ai 60 anni corrispondono al 12,4% e i minori di 25 anni superano di
pochissimo il 2%. Uomini e donne assumono profili per età leggermente diversi tra
loro. Infatti, mentre per i primi le classe più rappresentata è quella compresa tra i 35
e il 39 anni, seguita dalle due adiacenti (40-44 anni e 30-34 anni), per le donne si
rileva un profilo più “anziano”, con la proporzione di lavoratrici 45-49enni che
prevale sulle altre due maggiormente diffuse, ossia quelle delle 50-54enni e quella
delle 55-59enni (Fig. 4).
La distribuzione territoriale dei lavoratori domestici stranieri in base al luogo di
lavoro nell’anno 2016, disaggregata per le 5 macroaree in cui generalmente si
suddivide la nostra penisola, evidenzia, secondo dati INPS qui non riportati, che il
Nord-ovest e il Centro sono le aree che si distinguono per il maggior numero di
occupati (207.240), seguite dal Nord-est e, a grande distanza, dal Sud (72.076 unità)
e dalle Isole (31.412 individui). Disaggregando tali dati per regione si evince che
quelle che fanno registrare i maggiori valori sono la Lombardia (131.198 persone), il
Lazio (111.253), l’Emilia Romagna (65.488) e la Toscana (57.376 persone). In queste
quattro regioni si concentra più della metà dei lavoratori domestici in Italia, mentre
la Puglia raggiunge solo 15.319 individui.
12
Fig. 4. Lavoratori domestici stranieri in Italia per genere e classe di età, 2016. Valori percentuali.
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
16%
18%
20%
15-19 20 - 24 25 - 29 30 - 34 35 - 39 40 - 44 45 - 49 50 - 54 55 - 59 60 - 64 65+
Maschi Femmine
Disaggregando gli immigrati per paese di nazionalità, si rileva un’evidentissima
maggioranza di quanti provengono dall’Europa Orientale, che raggiungono il 60%
(Fig. 5). Molto inferiori sono i valori corrispondenti alle altre nazionalità, tra le quali
spiccano i Filippini (11,2%) e i provenienti dall’America centro-meridionale (10,8%).
Pertanto, la maggioranza dei lavoratori che si prende cura degli ambienti
domestici, degli anziani o dei disabili, e talvolta dei bambini, proviene da un numero
ristretto di paesi e in molti casi questi non coincidono con quelli che forniscono le
proporzioni più elevate per quanto riguarda le presenze in ambito generale.
Questo processo di contemporanea etnicizzazione e segmentazione del
mercato del lavoro tende ad autoalimentarsi, probabilmente a causa di strategie
adottate dei lavoratori, e soprattutto delle lavoratrici, e/o dalle famiglie. Rilevante
appare, in questo contesto, anche il ruolo del lavoro coresidente, meno appetibile
13
ma per il quale vi è una maggiore offerta di impiego, soprattutto per le mansioni di
badanti, che spesso condividono l’abitazione con la persona di cui si prendono cura.
Fig. 5. Lavoratori domestici stranieri in Italia per nazionalità, 2016. Valori percentuali.
Europa Est
60%
America
Centro-meridionale
11%
Resto Asia
2%
Asia:
Filippine11%
Asia
Orientale7%
Africa
Nord5%
Africa
Centro-Sud3%
Altro
1%
14
EVOLUZIONE, CARATTERISTICHE E DISTRIBUZIONE TERRITORIALE IN PUGLIA
I lavoratori domestici in Puglia evidenziano un deciso incremento negli ultimi
anni, essendo passati dalle 15.402 unità del 2007 alle 26.729 del 2016 (+73,5%).
Distinguendo tali valori per nazionalità, si nota che tale risultato è il prodotto di un
incremento degli italiani, passati da 7.852 a 11.410 (+51,1%), ma soprattutto degli
immigrati, passati da 7.852 a 15.319 (+95,1%), nonostante una contrazione rilevata
nell’ultimo quinquennio (al 2012 erano 19.783 individui). Come conseguenza di tali
tendenze, la prevalenza della componente proveniente dall’estero è aumentata, con
quote che, nel decennio, sono passate dal 51,0% al 57,3%.
Questa predominanza, insieme agli scopi dell’indagine realizzata, inducono a
concentrare l’attenzione sugli stranieri, che al 2016 risultano nell’89,3% dei casi di
genere femminile.
Con riferimento alla professione svolta, gli immigrati si distribuiscono
abbastanza equamente tra quella di badante (53,7%) e quella di colf (46,3%).
La distribuzione per età è simile a quella che caratterizza l’intera nazione, con la
prevalenza delle classi meno giovani tra quelle adulte e soprattutto, tra le donne, di
quella composta dalle persone in età compresa tra i 45 e i 49 anni, seguita dalle due
classi successive (50-54 e 55-59). Tra gli uomini, la fascia più consistente è costituita
dai 35-39enni, seguiti dai 30-34enni. Per entrambi i generi, molto scarsa, soprattutto
tra le donne, è la presenza di persone di età inferiore ai 25 anni (Fig. 6).
15
Fig. 6. Lavoratori domestici stranieri in Puglia per genere e classe di età, 2016. Valori percentuali.
0%
5%
10%
15%
20%
25%
15-19 20 - 24 25 - 29 30 - 34 35 - 39 40 - 44 45 - 49 50 - 54 55 - 59 60 - 64 65+
Maschi Femmine
Stratificando gli immigrati per paese di provenienza si conferma, come per
l’Italia, una netta predominanza delle persone originarie dell’Europa orientale, che
raggiungono il 60,2% del totale. Notevole nella regione è pure la presenza degli
asiatici, che raggiunge complessivamente il 26,6%. Al loro interno si evidenziano,
oltre ai filippini, soprattutto i georgiani, nella quasi totalità rappresentati da donne.
Anche nel contesto pugliese, come in quello nazionale, la presenza di africani è
minore del 10%. Decisamente meno consistente rispetto al resto del Paese (dove
raggiunge l’11,2%) è la componente che proviene dall’America Latina, che è minore
del 2% (Fig. 7).
La dislocazione dei lavoratori domestici stranieri nei cinque ambiti geografici in
cui l’INPS suddivide il territorio regionale (Bari, Brindisi, Foggia, Lecce e Taranto) non
ha subito, nel corso dell’ultimo decennio, variazioni di rilievo, confermando la netta
preponderanza della quota di individui che lavorano nell’ambito barese, seguita de
16
quello leccese e, a distanza, dagli altri tre. Per ognuno di essi il trend verificatosi tra
il 2007 e il 2016 è abbastanza simile, evidenziando soprattutto, da un lato, aumenti
del contingente numerico nel 2008 e nel 2011 e, dall’altro, diminuzioni nel 2009-
2010 e dal 2012 in poi, in linea con l’evoluzione nazionale già descritta.
Fig. 7. Lavoratori domestici stranieri in Puglia per nazionalità, 2016. Valori percentuali.
Europa Est
61%
America
Centro-meridionale
2%
Resto Asia
16%
Asia:
Filippine6%
Asia
Orientale5%
Africa
Nord5%
Africa
Centro-Sud4%
Altro
1%
I dati più aggiornati, relativi al 2016, dimostrano che, dei 15.319 lavoratori
domestici in Puglia, ben il 42,6% si trova nel barese e il 29,3% nel leccese, mentre
17
ciascuna delle proporzioni corrispondenti al tarantino e al foggiano supera poco il
10% e il brindisino raggiunge il 6,9% (Fig. 8).
Fig. 8. Lavoratori domestici stranieri in Puglia per ambito territoriale di presenza, 2007-2016. Valori assoluti.
0
1.000
2.000
3.000
4.000
5.000
6.000
7.000
8.000
9.000
10.000
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016
Bari Brindisi Foggia Lecce Taranto
In quattro ambiti su cinque l’ammontare numerico di quanti esercitano
l’occupazione di badanti supera quello di quanti svolgono il lavoro di colf. Si discosta
da questo quadro il contesto barese, dove la presenza della prima categoria di
lavoratori e soprattutto lavoratrici supera le 3.400 unità, mentre gli occupati come
badanti sono leggermente inferiori a 3.100 persone (Fig. 9).
18
Fig. 9. Lavoratori domestici stranieri in Puglia per ambito territoriale di presenza e tipo di occupazione, 2016. Valori assoluti.
0
500
1.000
1.500
2.000
2.500
3.000
3.500
4.000
Bari Brindisi Foggia Lecce Taranto
Badante Colf
Infine, considerando i paesi di nazionalità dei lavoratori domestici in ciascuno
degli ambiti in cui risultano presenti, si nota la predominanza degli individui originari
dell’Europa orientale, che varia tra il 72,4% del leccese all’82,2% del foggiano. La
provenienza asiatica contraddistingue pochissimi lavoratori nel foggiano, e una
proporzione inferiore al 20% negli altri ambiti. In questo panorama, due aree si
contraddistinguono per differenti peculiarità. La prima corrisponde alla presenza di
poco più di 2.800 persone di origine asiatica nel barese, nella quasi totalità dei casi
donne di nazionalità georgiana, e la seconda a quella di 811 persone venute
dall’Africa e che vivono e lavorano nel leccese (Fig. 10).
19
Fig. 10. Lavoratori domestici stranieri in Puglia per ambito territoriale di presenza e nazionalità, 2016. Valori assoluti.
0
500
1.000
1.500
2.000
2.500
3.000
3.500
Bari Brindisi Foggia Lecce Taranto
Europa Est Asia Medio Orientale Altro Asia Africa Altro
20
L’indagine campionaria sulle “condizioni di vita e occupazionali dei lavoratori domestici di origine straniera in Puglia”
QUESTIONARIO
L’indagine campionaria dal titolo “Condizioni di vita e occupazionali dei
lavoratori domestici di origine straniera in Puglia” raccoglie numerose informazioni
attraverso un questionario strutturato con circa 100 domande a risposta chiusa
somministrate con intervista diretta (o faccia a faccia).
L’obiettivo principale è stato quello di definire le esperienze di discriminazione
vissute dagli intervistati, con particolare riferimento a quelle subite nel contesto
lavorativo (distinto in “ricerca di lavoro” e “attività lavorativa”). In aggiunta, una
batteria di quesiti ha riguardato anche le molestie, le violenze, le accuse
ingiustificate, i ricatti e le umiliazioni. Nello specifico, circa 20 domande concernono
gli aspetti sin qui elencati per definire tipologie, motivazioni, luoghi, numerosità
degli eventi e attori. Tali quesiti sono stati strutturati prendendo come riferimento
le informazioni raccolte dall’indagine su “Condizione e integrazione sociale dei
cittadini stranieri” effettuata dall’Istat nel periodo 2011-2013 e inserita nel
Programma Statistico Nazionale (IST- 02066). Tale indagine è stata eseguita su un
campione teorico di circa 12 mila famiglie con stranieri, residenti in circa 800 comuni
Italiani di diversa ampiezza demografica. Il confronto tra le due indagini potrà
permettere in futuro di svolgere analisi comparative tra i risultati conseguiti e di
21
inserire lo studio condotto sui lavoratori domestici in Puglia in un contesto più
ampio.
Al fine di meglio definire le caratteristiche ed il profilo degli intervistati, ulteriori
quesiti riguardano le principali caratteristiche individuali (genere, anno di nascita,
luogo di nascita, cittadinanza, anno dell’arrivo in Italia, iscrizione all’anagrafe,
numero di anni di studio, titolo di studio, religione, condizione giuridico-
amministrativa, conoscenza dell’italiano, uso dell’italiano, relazioni personali),
aspetti della vita familiare e di coppia (condizione affettiva, cittadinanza e luogo di
presenza partner, numero di figli, composizione nucleo familiare in Italia, persone
conviventi) e la condizione abitativa (tipologia dell’abitazione, numero di stanze,
opinioni sulla condizione abitativa). Una sezione è dedicata alle opinioni: condizione
dei lavoratori stranieri in Italia rispetto agli autoctoni, difficoltà riscontrate presso gli
uffici pubblici, senso di appartenenza all’Italia e gradimento della vita in Italia.
Infine, distinguendo i lavoratori domestici e i disoccupati che hanno svolto in
passato un lavoro domestico, una ampia parte del questionario è dedicata alla
tipologia e alla condizione lavorativa nel paese d’origine e attuale: tipo di lavoro
domestico, numero di datori di lavoro, numero di ore di lavoro, regolarità delle ore
di lavoro, reddito mensile, anno di inizio, relazioni con il datore di lavoro, relazioni
con altre persone per le quali lavora, diritti riconosciuti, numero di persone con cui
lavora, soddisfazione del lavoro, intenzione di cambiare lavoro, opinioni sulla
condizione lavorativa e stipendiale, ultimo lavoro svolto per i non occupati che
hanno svolto in passato un lavoro domestico, motivo per cui non lavora, ricerca di
lavoro, motivi per cui non trova lavoro, motivo per cui non cerca lavoro.
22
METODO DI CAMPIONAMENTO E SCELTE OPERATIVE
Nella rilevazione sul campo si è cercato innanzitutto di tenere in considerazione
la pluralità dei lavoratori domestici immigrati presenti sul territorio pugliese
provenienti da contesti di provenienza molto diversificati per lingua, percorso
migratorio, condizioni lavorative e di vita. Per tale motivo, sulla base delle
informazioni ufficiali esistenti, sono stati individuati vari intervistatori, diversificati
per origine di provenienza, in base alla numerosità delle diverse collettività presenti
in Puglia.
Riguardo al metodo di campionamento utilizzato, si è innanzitutto tenuto conto
che, come è stato già ampiamente descritto in letteratura, “nel caso dei lavoratori
domestici stranieri, il principale problema è l’impossibilità di costruire un campione
rappresentativo estraendo casualmente i nominativi da una lista che realisticamente
coprisse l’universo di indagine” (Catanzaro e Colombo, 2009: 37).
In modo analogo a quanto fatto in precedenza, la soluzione adottata è stata,
dunque, quella di procedere a un disegno di campionamento che vincolasse gli
intervistatori, restringendo i loro margini di autonomia. Si è così scelto di introdurre
– partendo dai dati dell’"Osservatorio sui lavoratori domestici" forniti dall’Istituto
Nazionale Previdenza Sociale (INPS) – un insieme di vincoli che facesse sì che le
interviste da raccogliere si distribuissero in modo equilibrato nelle tre province che,
in base ai dati precedentemente descritti (vd. pagg. 15 e seguenti), mostrano i
valori più elevati di presenze di tali lavoratori (Bari, Lecce e Foggia), per sesso e per
macro-area di provenienza (Europa dell’Est, Asia, Africa).
Tali vincoli hanno consentito di formare una banca dati che garantisse una
varietà strutturata delle informazioni raccolte e che fornisse uno strumento di
23
conoscenza adeguato all’importanza e alla complessità del fenomeno che si voleva
studiare.
L’elaborazione e l’applicazione di un sistema di pesi ha poi consentito di
correggere ex-post le distorsioni esistenti del campione effettivamente intervistato,
riportandolo alla distribuzione dell’universo di riferimento.
Inoltre, attraverso incontri e riunioni prima e durante la fase di rilevazione, si è
voluta orientare, attraverso criteri comuni, l’individuazione degli intervistati da parte
degli intervistatori in modo omogeneo, al fine di evitare l’emergere di distorsioni
difficilmente controllabili. In primo luogo, è stato chiesto agli intervistatori di
utilizzare, per contattare gli intervistati, canali diversi e differenziati, evitando così
che le interviste venissero svolte con lavoratori domestici stranieri appartenenti,
vista l’identità del contatto utilizzato, sempre alle stesse reti.
Il canale utilizzato per individuare l’intervistato è stato registrato tra le
informazioni che accompagnano ogni intervista e può quindi essere utilizzato per
ogni tipo di controllo che dovesse sembrare necessario.
Dalle interviste effettuate risulta che tutti i luoghi di rilevazione
preliminarmente individuati sono stati utilizzati dagli intervistatori: centri servizi,
centri di formazione, centri culturali, luoghi di culto, luoghi di svago, negozi e centri
commerciali, mercati, luoghi di ritrovo, luoghi di lavoro, abitazioni private. In
particolare, il 34,3% delle interviste sono state effettuate in abitazioni private, il
19,9% in luoghi di ritrovo all’aperto, il 7,2% in luoghi di svago, mentre i luoghi nei
quali sono state svolte meno interviste sono stati i centri commerciali (0,5%), i
negozi etnici (1,2%) e i luoghi di culto (1,9%).
Una seconda istruzione data agli intervistatori è stata relativa alla disponibilità
e alle competenze linguistiche dell’intervistato. Data la complessità dell’intervista (la
durata di somministrazione del questionario è stata stimata in circa 50 minuti), si è
scelto di richiedere che i lavoratori domestici contattati avessero una competenza
24
linguistica sufficiente in italiano (o in un’altra lingua che l’intervistatore fosse in
grado di maneggiare e tradurre in modo competente). L’intervistatore doveva
inoltre accertarsi che l’intervistato fosse disponibile a dedicare all’intervista un
tempo sufficiente e individuare un luogo che fosse abbastanza piacevole e riservato
così da non ostacolare il racconto dell’intervistato.
Grazie alla mediazione degli intervistatori, il questionario è stato somministrato
utilizzando 15 diverse lingue: oltre all’Italiano, tre lingue dell’Unione Europea
(Inglese, Francese, Rumeno), quattro lingue dell’ex-federazione russa (Russo,
Ucraino, Moldavo, Georgiano), l’Arabo, tre lingue asiatiche (Pashtu, Urdu, Hindi,
Tamil) e due lingue africane (Amarico, Creolo).
Ciò ha consentito di raccogliere informazioni adeguate con un numero sempre
contenuto di risposte mancanti su un numero rilevante di lavoratori stranieri.
RILEVAZIONE SUL CAMPO
Tra il mese di Aprile ed il mese di Novembre del 2017 sono state raccolte in 40
Comuni pugliesi 1.005 interviste rivolte a lavoratrici e lavoratori di 15 anni e più con
cittadinanza alla nascita non-italiana inseriti al momento dell’intervista o in passato
nel settore domestico in qualità essenzialmente di colf, baby-sitter e badanti. Dal
campione sono stati, poi eliminati 50 individui che non possedevano le
caratteristiche necessarie per far parte della popolazione osservata. Dei 955
individui intervistati, 474 sono stati rilevati nella Provincia di Bari (di cui 366 nel
Comune capoluogo), 358 nella Provincia di Lecce (di cui 333 nel Comune capoluogo)
e 123 nella Provincia di Foggia (Tab.1).
25
Tab. 1. Interviste per Provincia. Valori assoluti e percentuali.
Provincia Val. assoluti Val. percentuali Bari 474 49,6 di cui: capoluogo di Provincia (366) (77,2)
Lecce 358 37,5 di cui: capoluogo di Provincia (333) (93,0)
Foggia 123 12,9 Totale 955 100,0
Tra le 46 diverse cittadinanze alla nascita presenti nel campione, le principali,
con più di 50 intervistati, sono (Fig.11): Georgia (332 individui), Romania (88 ind.),
Sri Lanka (73 ind.), Etiopia (70 ind.), Albania (60 ind.), Filippine (60 ind.), Ucraina (51
ind.). Ciò mostra quanto la grande eterogeneità delle provenienze sia stata
rispettata nel campione intervistato.
Fig. 11. Interviste per le principali cittadinanze alla nascita. Valori assoluti.
Nel campione inoltre risultano 84 intervistati con partner italiano e 66
intervistati che hanno acquisito la cittadinanza italiana, provenendo da 21 paesi
26
differenti (28 nuovi italiani hanno il partner italiano, 16 provengono dall’Albania, 9
dallo Sri Lanka, 5 dalla Romania).
Infine, nella valutazione degli intervistatori sul grado di padronanza dell’Italiano
da parte dei rispondenti al questionario (Tab.2), si nota una distribuzione generale
più che positiva, che evidenzia che solo il 17,7% del campione intervistato raggiunge
un punteggio insufficiente o mediocre. La competenza linguistica almeno sufficiente
in italiano, riscontrata nella larga maggioranza del campione, ha permesso in
generale un buon grado di comprensione del questionario fornendo una certa
tranquillità sul grado di attendibilità delle risposte fornite.
Tab. 2. Intervistati per grado di padronanza dell’Italiano. Valori assoluti e percentuali.
Provincia Val. assoluti Val. percentuali Insufficiente 11 1,0 Mediocre 160 16,7 Sufficiente 519 54,5 Discreto 201 21,1 Ottimo 64 6,7 Totale 955 100,0
27
I risultati dell’indagine campionaria: evidenze sui lavoratori domestici in Puglia
CARATTERISTICHE INDIVIDUALI
Le caratteristiche dei lavoratori domestici intervistati in Puglia delineano un
profilo generale piuttosto definito e circonstanziato, seppure siano ben evidenti
eccezioni anche marcate e significative. I risultati dell’indagine di seguito presentati
sono stati pesati per rendere il campione rappresentativo dell’universo osservato
per genere, nazionalità e provincia di riferimento.
Per tale motivo la percentuale di donne (89,3% nella Fig.12) risulta in linea con
quanto già mostrato nel capitolo sui dati di contesto prodotti dall’INPS. La
componente maschile dunque risulta sicuramente numericamente minoritaria, ma
non per questo poco significativa. Tale componente riguarda innanzitutto gli
intervistati provenienti dalla Georgia (18.0% del totale sono uomini), dalle Filippine
(13,1%) dall’Etiopia (10.6%), dall’Albania (8,8%) e dall’India (8,2%).
Fig. 12. Lavoratori domestici in Puglia per genere. Valori percentuali.
28
La figura 13 mostra invece la distribuzione per cittadinanza alla nascita
dell’intero collettivo intervistato, espressione, in massima parte, della componente
femminile (per semplicità si continuerà a parlare di lavoratori, senza distinzione di
sesso, piuttosto che di lavoratrici). L’analisi dell’area di provenienza dei lavoratori
domestici in Puglia (già evidenziata attraverso i dati pubblicati dall’INPS) delinea un
preciso percorso migratorio esistente tra i lavoratori domestici in Puglia. Dalla figura
si evidenzia come la presenza straniera nel lavoro domestico abbia origini da paesi
dell’ex-blocco sovietico o dell’Europa dell’Est. Oltre alla importante presenza
georgiana (17%) collocata nella quasi totalità di casi nella provincia barese, il 29%
proviene da paesi dell’Est appartenenti all’Unione Europea ed il 33% da altri paesi
dell’Est-Europa.
Fig. 13. Lavoratori domestici in Puglia per cittadinanza. Valori percentuali.
Vista la provenienza osservata, non sorprende nella distribuzione riportata in
figura 14 che il 60,6% degli intervistati sia di religione cristiano-ortodossa e che solo
circa il 20% sia di altra religione (di cui 10,5% mussulmana).
29
Fig. 14. Lavoratori domestici in Puglia per religione. Valori percentuali.
La distribuzione per età (Fig.15) mostra un elevato livello di eterogeneità dei
lavoratori domestici intervistati, con la percentuale maggioritaria in età 40-49 anni
all’intervista (27,4%) e una età media di oltre 42 anni. Si tratta, anche in questo caso,
di una caratteristica piuttosto specifica della categoria osservata, già nota in
letteratura, consistente in una età piuttosto avanzata rispetto alla media della
presenza straniera: basti pensare che quasi il 30% (oltre uno su quattro individui)
supera i 50 anni.
Fig. 15. Lavoratori domestici in Puglia per età. Valori percentuali.
Tale contingente è formato essenzialmente da primo migranti (donne) arrivate
in maggioranza solo da meno di 10 anni (il 68,3% è arrivato dopo il 2006). Tale dato
30
(Fig.16) è espressione di una migrazione piuttosto recente che potrebbe dipendere
da un suo specifico carattere di temporaneità in questa regione del Sud Italia. E’
noto in letteratura quanto il percorso migratorio in Italia sia spesso associato ad un
primo insediamento nelle regioni del mezzogiorno (attraverso il quale si hanno le
prime esperienze lavorative e si inizia a conoscere la lingua, il mercato di lavoro e le
condizioni di vita), seguito da un processo di stabilizzazione nelle regioni centro-
settentrionali.
Fig. 17. Lavoratori domestici in Puglia per anno di arrivo. Valori percentuali.
Anche il motivo del permesso di soggiorno per i cittadini extra-UE (Fig.18)
avvalora quanto sin qui evidenziato con una percentuale maggioritaria di individui
presenti in Italia per lavoro (51,5%) e una percentuale piuttosto esigua, rispetto ad
altre collettività ed ad altri contesti, di soggiorni per ricongiungimento (19,2%).
Fig. 18. Motivo del permesso di soggiorno. Valori percentuali.
La distribuzione per titolo di studio (Fig.19), mostra un livello d’istruzione tra i
lavoratori domestici piuttosto elevato rispetto ad altri contesti lavorativi e alla
31
media della presenza straniera in Italia: oltre la metà ha un titolo di diploma di
scuola superiore di secondo grado (52,1%) e uno su quattro ha un titolo perfino
superiore (25,9%). Gli intervistati dichiarano in media di avere studiato 13 anni
nell’arco della loro vita. Tale dato evidenzia quanto i lavoratori domestici svolgano in
larga parte mansioni meno qualificate rispetto al livello di istruzione conseguito
(essenzialmente nel paese d’origine) e come il lavoro attualmente svolto risulti un
adattamento alla domanda di lavoro piuttosto che ad una realizzazione delle
aspirazioni personali.
Fig. 19. Lavoratori domestici in Puglia per titolo di studio. Valori percentuali.
La condizione giuridica della presenza è in larga parte regolare (Fig.20) con solo
l’8% di intervistati in possesso di un permesso di soggiorno in fase di rinnovo o
scaduto e solo 9,4% senza alcun titolo di soggiorno. Le numerose regolarizzazioni
messe in atto negli anni, in particolare la cosiddetta sanatoria sulle badanti (L.
102/2009), ma anche il più recente d.lgs.109/2012, sembra abbiano praticamente
sanato la condizione giuridica dei lavoratori domestici in Puglia. Ciò ha permesso
altresì di avere una larga quota di lavoratori domestici che hanno la residenza in
Italia (Fig. 21).
32
Fig. 20. Lavoratori domestici in Puglia per condizione giuridica. Valori percentuali.
Fig. 21. Lavoratori domestici in Puglia per residenza. Valori percentuali.
Ulteriori caratteristiche, utili a comprendere il grado di inserimento nella
società ospitante, sono costituite dall’auto-percezione del grado di conoscenza e
utilizzo della lingua italiana e dalle frequentazioni esistenti distinte per nazionalità.
L’auto-percezione del livello di conoscenza della lingua italiana è stata definita
sulla base di quattro indicatori: capire, parlare, leggere e scrivere. Il valore sintetico
medio (Fig.22) mostra dei buoni livelli, nonostante si osservino percentuali non
sempre in linea a quelle espresse dagli intervistatori sul grado di padronanza
dell’Italiano da parte dei rispondenti (Tab. 2).
33
Fig. 22. Auto-percezione sul grado di conoscenza della lingua italiana. Valori percentuali.
Tuttavia, il buon grado di conoscenza auto-percepito viene fondamentalmente
utilizzato in ambito lavorativo (63,2% usa sempre l’italiano al lavoro) e mai (35,3%) o
raramente (25,3%) in famiglia (Fig.23). Tale risultato mostra un grado di
inserimento, tipico dei primo migranti, ancora molto funzionale all’attività lavorativa
che poco coinvolge la sfera privata.
Fig. 23. Utilizzo della lingua Italiana al lavoro e in famiglia. Valori percentuali.
Anche per quanto riguarda le frequentazioni, la distribuzione riportata in figura
24 evidenzia uno squilibrio verso altri stranieri (essenzialmente connazionali)
piuttosto che verso gli italiani. Ciò sembra essere indice non solo di un difficile
inserimento nella società d’accoglienza, ma anche di una preoccupante
segregazione in atto. Nondimeno significative sono le quote di quanti dichiarano di
34
avere frequentazioni paritarie tra stranieri e italiani (29,6%), piuttosto che solo con
italiani (21,8%).
Fig. 24. Frequentazioni per nazionalità. Valori percentuali.
RELAZIONE DI COPPIA, FAMIGLIA E CONDIZIONE ABITATIVA
Pochi sono i celibi o le nubili che svolgono lavori domestici in Puglia (fig.25).
Solo il 9,6% si dichiara single all’intervista, mentre il 32,0% ha vissuto un matrimonio
in passato. Si tratta di individui che spesso stanno vivendo in Italia una seconda fase,
alle volte anche affettiva e sentimentale, della loro vita. La maggior parte degli
intervistati ha attualmente una relazione di coppia formale (46,0%) o informale
(12,4%).
Fig. 25. Tipo di relazione di coppia attuale dei lavoratori domestici in Puglia. Valori percentuali.
35
Indipendentemente dalla relazione affettiva, dalla figura 26 emerge che oltre
un individuo su tre vive attualmente solo (35,3%), mentre il 37,1% insieme ad un
partner senza (9,3%) o con figli (22,0%) o con figli e parenti (5,8%).
Fig. 26. Persone con cui vivono i lavoratori domestici in Puglia. Valori percentuali.
Tale risultato mostra l’esistenza di almeno due distinti modelli familiari tra i
lavoratori domestici: da un lato quelli che, single o in coppia, vivono in Puglia
fondamentalmente per lavoro; dall’altro coloro che oltre il lavoro stanno realizzando
una vita affettiva e familiare.
36
Questo binomio viene confermato anche osservando il titolo di godimento
della abitazione e le persone con cui si vive (Fig.27). Da un lato il 40,9% vive o sul
luogo di lavoro (29,0%) o in affitto con persone senza vincoli di parentela (11,9%),
dall’altro il 40,4% degli intervistati vive in una casa in affitto con la propria famiglia.
E’ interessante notare anche che solo l’11,0% ha una casa di proprietà, segno di un
legame al territorio ancora molto variabile in base, probabilmente, alle opportunità
di lavoro.
Fig. 27. Tipo di abitazione in cui vivono i lavoratori domestici in Puglia. Valori percentuali.
In questo senso, interessanti appaiono anche le opinioni relative al senso di
radicamento sul territorio (Fig.28). L’80% si dichiara soddisfatto della propria
soluzione abitativa, ma oltre la metà degli intervistati (53%) prova un senso di
isolamento, sintono di una certa condizione di disagio. Ancora inferiore è la
percentuale di coloro che mostrano un certo legame di appartenenza alla società
d’accoglienza (44%). Secondo quando già osservato riguardo alle caratteristiche
individuali, si tratta di primo migranti giunti in Italia e in Puglia, per la maggior parte
da meno di 10 anni, che sono in una fase ancora piuttosto iniziale nel percorso
migratorio.
37
Fig. 28. Auto-percezione sulle condizioni di vita dei lavoratori domestici in Puglia. Valori percentuali.
Ciò nonostante, se si fa riferimento in generale alla presenza in Italia (Fig.30), il
69,8% dichiara di trovarsi abbastanza o molto bene, dimostrando un progressivo
senso di adattamento alle nuove condizioni di vita e lavorative rispetto a quanto
lasciato nel paese d’origine.
Fig. 30. Gradimento della presenza in Italia per i lavoratori domestici in Puglia. Valori percentuali.
38
LAVORO E REDDITO
Il 69,2% degli intervistati risulta attualmente occupato in un lavoro domestico,
mentre il 30,8% dichiara di essere disoccupato o inattivo, ma di avere svolto un
lavoro domestico in passato (Fig.31). A tal proposito, si ricorda che la scelta del
campione è stata vincolata allo studio dei fenomeni discriminatori tra i lavoratori in
ambito domestico e per tale motivo sono compresi unicamente coloro che svolgono
attualmente o hanno svolto in passato un tale tipo di mansione.
Fig. 31. Condizione lavorativa attuale. Valori percentuali.
Coloro che sono attualmente occupati, nella maggior parte dei casi svolgono
lavori a tempo pieno, con o senza contratto (rispettivamente 32,6% e 30,7%). Come
già noto, alta è la quota di lavoro irregolare tra i lavoratori domestici.
Fig. 32. Tipologia di occupazione attuale. Valori percentuali.
39
I dati riguardanti la tipologia del lavoro domestico svolto (Fig.33), sono stati
rilevati considerando le diverse categorie in modo indipendente l’una dall’altra. In
altre parole, ciascun lavoratore ha potuto dichiarare di svolgere una o più mansioni
tra quelle elencate.
Il 57,3% svolge la mansione di badante e il 44,6% svolge (anche o
esclusivamente) la mansione di colf. De tutto marginale risulta invece la quota di
coloro che svolgono il compito più “nobile” tra le mansioni domestiche (11,8% fa da
baby-sitter) o altri lavori domestici (12,2% di chiarano di essere governanti,
camerieri, cuochi ecc.). Tale dato è in linea con i dati pubblicati dall’INPS e
riguardante sia l’intera nazione, sia la regione Puglia. Inoltre, anche dai risultati della
indagine multiscopo sulle famiglie «Aspetti della vita quotidiana» dell’Istat si rileva
come la quota di italiane e italiani sia di gran lunga preponderante su quella di
straniere e stranieri nel caso delle baby-sitter. Le famiglie che assumono baby-sitter
italiane sono tre volte e mezzo in più di quelle che assumono straniere.
Fig. 33. Tipologia di lavoro domestico attuale. Valori percentuali.
40
Ciò risulta meno evidente considerando coloro che risultano attualmente
disoccupati (Fig.34). Tra le mansioni svolte nel lavoro domestico, la percentuale più
alta è quella di coloro che dichiarano di avere svolto in passato le mansioni di baby-
sitter (46,2%). Molto simile è la percentuale di coloro che dichiarano di essere stati
badanti (45,4%), mentre solo un intervistato su quattro dichiara di avere avuto
esperienze lavorative come colf (23,6%).
Fig. 34. Tipologia di lavoro domestico svolto in passato per chi attualmente è disoccupato. Valori percentuali.
Le informazioni concernenti le ore settimanali effettivamente svolte
disaggregate in base alla tipologia di lavoro domestico evidenziano le differenze
degne di nota. Considerando i valori medi (Fig.35), si nota che le badanti svolgono il
41
maggior numero di ore (45 ore in media alla settimana), mentre le baby-sitter
lavorano in media 8 ore in meno alla settimana (32 ore in media alla settimana).
Fig. 35. Ore settimanali per tipologia di lavoro domestico attuale. Valori medi.
Tali ore solo nel 21,9% dei casi sono effettivamente dichiarate (Fig.36). In
particolare, tale quota sale a 43,3% tra coloro che hanno un lavoro a tempo pieno
formalmente dichiarato. Risulta, dunque, molto ampio il numero di lavoratori
domestici, anche con contratto, che svolgono un numero di ore superiore a quelle
effettivamente dichiarate.
Fig.36. Ore effettivamente dichiarate nel lavoro domestico svolto. Valori percentuali.
Il salario medio mensile personale percepito (Fig.37) si aggira, nella
maggioranza dei casi, tra i 400 e gli 800 euro (69,7%), mentre circa il 23,5%
percepisce uno stipendio anche superiore, però rimane al di sotto dei 1.200 euro.
Fig. 37. Reddito medio mensile personale nel lavoro domestico attuale. Valori percentuali.
42
Con riferimento ai diritti lavorativi maggiormente riconosciuti dai datori di
lavoro presso i quali sono occupati gli intervistati (Fig. 38), i risultati evidenziano gli
straordinari pagati (76,1%) e il giorno di riposo (73,0%), mentre la copertura
assicurativa (55,5%) e le ferie pagate (56,7%) sono i diritti meno concessi.
Fig. 38. Diritti riconosciuti nel lavoro domestico attuale. Valori percentuali.
43
Passando ad analizzare gli aspetti di carattere maggiormente soggettivo nel
rapporto di lavoro, si osserva un discreto grado di soddisfazione, sia in generale
(Fig.39) nei confronti della retribuzione (Fig.40).
Il 63,3% dichiara di essere molto o abbastanza soddisfatto del tipo di lavoro
svolto. Solo il 3,5% di chiara di non essere per nulla soddisfatto
Fig. 39. Grado di soddisfazione del lavoro domestico svolto. Valori percentuali.
Per quanto invece riguarda lo stipendio, il 41,4% dichiara di ricevere una
retribuzione adeguata al lavoro svolto; tale percentuale è superiore rispetto a quella
di coloro che dichiaratamente non sono soddisfatti (39,6%), mentre la percentuale
di quanti preferiscono non esprimere una posizione esplicita su questo raggiunge il
19,0% degli intervistati.
Fig. 40. Adeguatezza della retribuzione percepita nel lavoro domestico svolto. Valori percentuali.
Nonostante si rilevi un significativo grado di accettazione del lavoro svolto e
della retribuzione percepita, la percentuale di coloro che vorrebbero esplicitamente
cambiare lavoro raggiunge ben il 47,3%, mentre la quota di coloro che preferiscono
non dichiarare una esplicita posizione su questo è pari al 27,2%. Da una sintesi dei
risultati sulla percezione soggettiva nelle condizioni di lavoro sin qui mostrati,
44
emergerebbe dunque un certo grado di adattamento alle possibilità esistenti, che
non esclude però la speranza di miglioramenti futuri, casomai anche mediante il
raggiungimento di situazioni occupazionali più adeguate alle capacità dei singoli.
Fig. 41. Intenzione a voler cambiare lavoro. Valori percentuali.
L’ultima batteria di domande sul lavoro riguarda alcune opinioni espresse dai
rispondenti (Fig.42). I risultati ottenuti sono esposti in un ordine basato sul livello di
riscontro tra gli intervistati (ossia, partendo da quelle in cui hanno espresso
maggiore consenso per poi giungere a quelle in cui esprimono maggiore disaccordo).
Innanzitutto, dall’alto grado di adesione alla prima affermazione “meglio un lavoro
senza contratto che rimanere senza lavoro” emerge la necessità per i rispondenti di
avere una occupazione, anche se irregolare (il 60% è molto o totalmente d’accordo
in questo). Quello che conta maggiormente è la retribuzione, relativamente alla
quale solo un quarto degli intervistati è disposto ad “avere un lavoro pagato male,
piuttosto che non lavorare” (25% è molto o totalmente d’accordo).
“Conoscere la lingua italiana” assume, tra i rispondenti, ampia rilevanza per
trovare lavoro (58% sono molto o totalmente d’accordo). La più ampia variabilità
nelle risposte emerge considerando le differenze di trattamento tra italiani e
stranieri.
Fig. 42. Grado di adesione ad alcune affermazioni sul lavoro. Valori percentuali.
45
I dati raccolti evidenziano la percezione dell’esistenza di una discriminazione,
non necessariamente reale, che i lavoratori domestici di origine straniera dichiarano
di subire, sentendosi in tal modo in una situazione di inferiorità nel trattamento
rispetto agli italiani. Tale percezione riguarda spesso, in primo luogo, il trattamento
retributivo: infatti, il 44% degli intervistati dichiara di essere molto o totalmente
d’accordo con l’affermazione che “a parità di lavoro, gli stranieri sono pagati meno
degli italiani”. Il 40% si dichiara poi anche molto o totalmente d’accordo sul fatto
che “gli stranieri svolgono lavori peggiori degli italiani”. Meno condivise sono invece
le differenze percepite tra italiani e stranieri nel trattamento lavorativo e nella
ricerca del lavoro. Il 33% dichiara di essere poco o per nulla d’accordo sul fatto che
al lavoro “gli stranieri sono trattati peggio degli italiani” e il 31% che “gli italiani
trovano più facilmente lavoro degli stranieri”.
46
DISCRIMINAZIONE: LAVORO, RICERCA DEL LAVORO, IN ALTRE OCCASIONI
Il tema della “discriminazione” è stato affrontato nell’intervista facendo
riferimento a episodi che il rispondente potrebbe aver subito nel corso della propria
vita, durante l’attività lavorativa, oppure mentre era alla ricerca di un lavoro, oppure
in altre situazioni. La parola “discriminato” è stata definita come: “essere trattato in
maniera meno favorevole di altri per una o più caratteristiche personali che in sé
non sono rilevanti ai fini dell’attività da svolgere o della situazione di contesto”.
Nella figura 43 si osserva come i maggiori episodi di discriminazione siano stati
segnalati dai rispondenti soprattutto durante l’attività lavorativa (40,4%) o mentre si
era alla ricerca di un lavoro (46,4%). Nonostante i contesti in cui sono stati subiti
maggiormente gli episodi di discriminazione siano gli stessi di quelli evidenziati con
riferimento a tutta la popolazione in Italia, le percentuali riscontrate tra i lavoratori
domestici di origine straniera in Puglia risultano nettamente superiori alla media.
Infatti, secondo l'indagine sulle “Discriminazioni in base al genere, all'orientamento
sessuale e all'appartenenza etnica” condotta dall’Istat nel 2011, il 9,5% della
popolazione in Italia afferma di essere stata discriminata durante lo svolgimento di
una attività lavorativa e il 9,6% mentre era alla ricerca di un lavoro. Anche
considerando la sola compagine straniera nel contesto nazionale si rilevano valori
inferiori quelli riscontrati in Puglia per i lavoratori domestici. Inoltre, i dati
provenienti dall’indagine Istat su “Condizione e integrazione sociale dei cittadini
stranieri. Anno 2011-2012” evidenziano che il 19,2% degli stranieri ha subito in Italia
un trattamento meno favorevole mentre lavorava o cercava lavoro (16,9% sul lavoro
e il 9,3% nella ricerca del lavoro).
47
Fig. 43. Se. Episodi di discriminazione per determinati contesti. Valori percentuali.
Le ragioni riportate dalle vittime come probabili cause della discriminazione
subìta in questi due ambiti sono varie (Fig.44). Le prime due tra quelle prevalenti
corrispondono, sia con riferimento alle discriminazioni subite al lavoro che a quelle
sperimentate nella ricerca di un lavoro, a motivazioni strettamente legate alla
provenienza: il fatto di essere di origine straniera (rispettivamente 22,2% e 26,3%) e
il modo di parlare in italiano (12.6% e 19,3%). Tali motivazioni risultano sicuramente
più importanti di altre caratteristiche come il genere o l’età che, insieme all’aspetto
esteriore, ricoprono una maggiore importanza nella ricerca del lavoro piuttosto che
al lavoro. Viste le caratteristiche individuali, precedentemente descritte, dei
lavoratori domestici in Puglia, episodi di discriminazione dovuti al il colore della pelle
o alla religione professata sono meno diffusi.
Fig. 44. Motivi di discriminazione al lavoro e durante la ricerca di un lavoro. Valori percentuali.
48
Tra le discriminazioni subìte al lavoro (Fig. 45), quella dichiarata più
frequentemente è il non mancato rispetto delle normali regole di assunzione e/o
licenziamento (30,1%), seguita nell’ordine da: non avere avuto aumenti di
stipendio/straordinari/premi economici etc. meritati (29,3%); vedersi affidati carichi
di lavoro penalizzanti (27,5%); avere una retribuzione inferiore a quella adeguata
per la mansione svolta (18,7%); essere stato forzatamente licenziato, prepensionato,
messo in cassa integrazione o in condizione di lasciare il lavoro a seguito di proprie
dimissioni (13,7%); vedere sminuite le proprie capacità e risultati raggiunti (12,6%);
vivere in un clima ostile nei propri confronti da parte di colleghi e superiori (10,8%).
Fig. 45. Episodi di discriminazione al lavoro. Valori percentuali.
49
I principali attori delle discriminazioni perpetuate al lavoro sono, nel 32,2% dei
casi, i datori di lavoro e nel 12,0% altri italiani (Fig.46).
Fig. 46. Attori degli episodi di discriminazione al lavoro. Valori percentuali.
MOLESTIE, VIOLENZE, ACCUSE INGIUSTIFICATE, RICATTI E UMILIAZIONI
Un ultimo aspetto analizzato mediante l’indagine condotta in Puglia riguarda le
molestie e/o violenze subite (Fig.47). La maggiore quota rilevata riguarda quelle
50
psicologiche (15,7%), seguita da quelle fisiche (7,8%), mentre solo il 2,9% si riferisce
a molestie/violenze a sfondo sessuale. Tali valori risultano in linea con il valore
medio nazionale emerso dall'indagine Istat sulla “Sicurezza dei cittadini” condotta
nel 2016, che ha stimato il numero delle donne che, nel corso della loro vita e nei tre
anni precedenti all’indagine, sono state vittime di un'altra forma specifica della
violenza di genere: le molestie e i ricatti sessuali in ambito lavorativo. In particolare,
in Italia sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito
molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Rappresentano l'8,9% per cento
delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione.
Fig. 47. Molestie/violenze subite per tipologia. Valori percentuali.
Come per le discriminazioni, il principale luogo in cui gli intervistati dichiarano
di avere subito molestie e/o violenze è quello lavorativo: osservando la figura 48 si
evince che il 54,4% degli intervistati ha subito molestie/violenze nel luogo di lavoro.
Circa un quarto ha però anche subito tali episodi nella propria abitazione (24,8%) e il
16,7% in altri contesti (locali, negozi, uffici postali, ospedale ecc.).
Fig. 48. Molestie/violenze subite per luogo. Valori percentuali.
51
Anche in questo caso, come per le discriminazioni, il principale attore risulta il
datore di lavoro: il 50,7% degli intervistati ha subito molestie/violenze da
quest’ultimo, mentre il 30,3% da altri italiani e il 25,4% da connazionali (Fig. 49).
Fig. 49. Molestie/violenze subite per attore. Valori percentuali.
Inoltre, come mostrato nella figura 50, un quarto del campione intervistato ha
subito accuse ingiustificate, ricatti o umiliazioni (26%).
Fig. 50. Accuse ingiustificate, ricatti, umiliazioni subite. Valori percentuali.
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Tre quarti del campione (Fig. 51) indica il luogo di lavoro come principale
contesto in cui è stato vittima di soprusi (74,3%), mentre ciò è avvenuto in misura
minore, pari al 40%, in altri contesti (come locali, negozi, uffici postali, ospedale
ecc.). Solo il 10% ed il 13% dichiarano che tali episodi si sono verificati
rispettivamente nella propria abitazione per strada o in autobus.
Fig. 51. Accuse ingiustificate, ricatti, umiliazioni subite per luogo. Valori percentuali.
Interessante, in ultimo, è notare che le persone che le persone che hanno più
frequentemente rivolto accuse ingiustificate, ricatti o umiliazioni agli stranieri
intervistati sono costituite nel 58% dei casi da persone italiane, diverse dal datore di
lavoro, mentre questi solo nel 47% dei casi sono indicati come attori di tali episodi.
Fig. 52. Accuse ingiustificate, ricatti, umiliazioni subite per attore. Valori percentuali.
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Riferimenti bibliografici essenziali Catanzaro R., Colombo A. (a cura) (2009), Badanti & Co. Il lavoro domestico straniero
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