Lettieri - Il Metodo Della Grazia. Pascal e l'Ermeneutica Giansenistica Di Agostino @
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Transcript of Lettieri - Il Metodo Della Grazia. Pascal e l'Ermeneutica Giansenistica Di Agostino @
GAETANO LETTIERI
B OO DD R D T D
ci) EDIZIONI DEHONIANE ROMA
Collana BIBLIOTECA DI RICERCHE TEOLOGICHE Diretta da CARMELO DOTOLO
R. FISICHELLA (ed.), Noi crediamo. Per una teologia dell'atto di ferle, pp. 196
1. FuCEK, La sessualità al servizio dell'amore. Antropologia e criteri teologici, 2• ed., pp. 206
E. PAVLfoou, La.ici e segni dei tempi. Il discemimento storico-salvifico dalla «Gaudium et spes» alla «Christi fideles laici», pp. 294
E. SANTIN!, Esistenza ed opposizione. Ermeneutica della liberta in Romano Guardini, pp. 272
C. DoTOLO (ed.), Teologia e sacra. Prospettive a confronto, pp. 264
C. CALABRESE (a cure di), Chiesa e profezia, pp.496
P. RICOEUR, Testimonianza, parola e rivelazione, pp. 160
C. GIORGIO, Il Dio ultimo corne origine della verità. Saggio sul pensiero di M. Heidegger, pp. 216
G. SILVESTRI, La Chiesa locale «soggetto culturale», pp. 318
G. LETTIERI, Il metodo della grazia. Pascal e l'ermeneutica giansenista di Agostino, pp. 472
GAETANO LETTIERI
ILMETODO DELLA GRAZIA
Pascale l'ermeneutica giansenista di Agostino
EDIZIONI DEHONIANE ROMA
Opera pubblicata con il contributo del Dipartimento di Studi storico-religiosi
dell'Università degli Studi di Roma «La Sapienza»
© Edizioni Dehoniane, 1999 Via Casale S. Pio V, 20 - OO 165 Roma Tel. 06/663.88.69 - Fax 06.662.83.26 E-mail: [email protected]
ISBN 88-396-0808-7
Per Irene
INTRODUZIONE
«Ce grand esprit croyait toujours voir un abîme à son côté gauche, et y faisait mettre une chaise pour se rassurer>> 1
«Tout est fait et conduit par un même maître: la racine, les branches, les fruits, les principes, les conséquences» 2
Questo volume muove da una semplice eppure sorprendente constatazione: Agostino è, lungo l'intero Seicento e ol-
1 Testimonianza dell'abbé BOILEAU su Blaise Pascal. 2 PASCAL, Pensées 698=577=119. Sono state utilizzate le seguenti edi
zioni: C. GIANSENIO, Augustinus, Lovanio 1640, tomi 1-III, ristampa anastatica Frankfurt/Main 1964; A. ARNAULD, Oeuvres, Paris-Lausanne 1775-1783, ristampa anastatica Bruxelles 1967, 1-XLIII; B. PASCAL, Oeuvres complètes (ed. J. Mesnard), Paris 1964-1992, 1-IV; essendo ancora incompleta l'edizione Mesnard, Les Provinciales e le Pensées sono citate nell'edizione di L. Lafuma, B. PASCAL, Oeuvres complètes, Paris 1963; le Pensées sono state quindi verificate sulle edizioni di J. Chevalier, B. PASCAL, Oeuvres complètes, Paris 1954; di M. Le Guern, Pensées, Paris 1977; di Ph. Sellier, Pensées, Paris 1991; e sulla rivoluzionaria edizione di E. Martineau, Discours sur la religion et sur quelques autres sujets, Paris 1992. Le opere sono qui citate riportando nell'ordine l'eventuale tomo (numero romano), libro (n. romano), capitolo (n. arabo), pagina o colonna (n. arabo); gli Écrits sur la grâce di Pascal saranno citati secondo la classificazione e la paginazione di Mesnard (relativa al III tomo delle Oeuvres), seguite dalla ripartizione in quattro scritti e la paginazione di Chevalier; le Pensées saranno citate secondo la numerazione di Lafuma, seguita da quelle di Sellier e di Brunschvicg; gli scritti minori di Pascal saranno citati secondo il tomo e la paginazione di Mesnard. Si precisa che si rispetterà sistematicamente la grafia, spesso desueta e talvolta contraddittoria, dei testi originali.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
tre, non solo l' autorità-chiave di tutti i dibattiti teologici, ma anche punto di riferimento imprescindibile per ogni fondamentale questione culturale e filosofica, si che a ragione il XVII secolo è stato definito corne «le siècle de saint Augustin»3. Si puo spiegare in gran parte questa centralità di Agostino con il prolungarsi della furiosa lotta tra Roma e la Riforma, corne la storia del cristianesimo dal concilio di Trento sino a Baio e Giansenio testimonia. Ma la stranezza è che Agostino non resta prigioniero delle erudite controversie teologiche ed ecclesiastiche, o di un fervente culto spirituale: oggetto delle indagini, talvolta persino ossessive, delle menti filosofiche più rilevanti del secolo - Cartesio, Arnauld, Pascal, Malebranche, Cudworth, Bayle, Leibniz -, di quelle di scienziati (si pensi a Galileo 4) e libertini, Agostino diviene addirittura argomento di moda, corne le Provinciales di Pascal dimostrano.
Cosa rivela dunque di tanto appassionante l'agostinismo alla modernità ormai matura, ad una mentalità divenuta sempre più sensibile ail' evidenza scientifica, ad una filosofia avviata ad una piena autonomia dalla questione teologica? È forse Agostino attuale soltanto perché identificabile con l' ormai inattuale, ultimo e più ingombrante residuo oscurantista, da superare o esorcizzare 5? 0 forse, proprio grazie a questa sua inattualità,
3 Cf. PH. SELLIER, Pascal et Saint Augustin, Paris 1970, p. 11; e Le siècle de saint Augustin, Introduction a Le siècle de saint Augustin=«XVIIe siècle», 135, 1982/2, pp. 99-102; Sellier riprende questa definizione da Jean DAGENS, che intitolè> una conferenza del 1951: Le XVI/ème siècle, siècle de saint Augustin.
4 Cf. M. PESCE, L'interpretazione della Bibbia nella lettera di Galileo a Cristina di Lorena e la sua ricezione. Storia di una difficoltà a distinguere cià che è religioso da cià che non Io è, in «Annali di storia dell'esegesi» 4, 1987, pp. 239-284, in part. pp. 254-261.
5 È questa la tesi non nuova riproposta dal volume di L. KOLAKOWSKI, God owes Us Nothing. A Brief Remark on Pascals Religion and on the Spirit of Jansenism, 1995, tr. fr. Dieu ne nous doit rien. Brève remarque sur la religion de Pascal et l'esprit du jansénisme, Paris 1997: i giansenisti si identificherebbero con «un parti réactionnaire au sein de l'église» (p. 126), sarebbero appunto «les réactionnaires» opposti ai gesuiti, «les modernistes» (p. 133). Non condivido affatto i presupposti (del tutto giansenisti, si badi bene!) di questa tesi: «Depuis la condamnation des pélagiens jusqu'à l'ère de la ContreRéforme, l'enseignement officiel et autoritaire de l'église fut dominé par l'interprétation augustinienne du péché originel, de la grâce et de la prédestina-
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Introduzione
l'antiumanistica teologia agostiniana rappresenta un'alta sfida, un' irriducibile provocazione - dal giansenismo profondamente raccolta - .non solo per il cristianesimo modemo, ma per la stessa storia della modemità e il soggettivismo che la caratterizza 6? Se infatti la sconfitta dottrinale del giansenismo «estompe le "tragique" chrétien au profit de la morale de l'honnête hom-
tion» (p. 64); Kolakowski trascura infatti corne, sin da Leone Magno e dall'evoluzione romana di Prospero di Aquitania (si pensi all'ambigua dichiarazione finale dell' lndiculus pseudo-celestino de gratia Dei, che si rifiuta di ratificare le dottrine estreme dell'agostinismo, affermando comunque corne superiore l'autorità dei documenti della sede apostolica), passando attraverso il Concilio di Orange, la condanna di Gottescalco, sino alla stessa condanna tridentina di Lutero e Calvino, e a quella di Baio, i pronunciamenti ufficiali della chiesa cattolica, pur condannando apertamente corne eretici pelagiani e semi-pelagiani, siano stati sistematicamente agostiniani nella Jettera, ma quasi sempre evasivi sulle dottrine agostiniane più radicali, rivelandosi semi-pelagiani nello spirito. Cf. in ta1 senso J. ÜRCIBAL, Jansénius d'Ypres (1585-1638), Paris 1989, in part. la sua lucidissima Introduction: Rome, Louvain et l'autorité de saint Augustin, pp. 15-56. Reazionarismo teologico e spavaldo modemismo compongono il contraddittorio monstru1m giansenista nelle faziosissime, ma intelligenti pagine di P. CHAUNU, in P. Chaunu, M. Foisil, F. de Noirfontaine, Le basculement religieux de Paris au XVlll siècle, Paris 1998, in part. pp. 62-70; 84-90: il giansenismo viene stigmatizzato corne «rigorisme étouffant» (p. 63), comunque responsabile di «prédications insoutenables» (p. 64), corne «l'archétype de la cabale philosophique» (p. 65), figlio del modernismo umanista, ma nel suo arcaismo «masochiste et, comme tout masochiste, fondamentalement sadique», donde «le jansénisme est la forme la plus hypocrite ou la plus élégante du sola gratia» (p. 85), capace di «faire cohabiter les sécurités et les avantages de l'Église et de la secte, la secte dans l'Église et l'Église par la secte» (p. 86). Anche per CHAUNU, il giansenismo rigorista e predestinazionista risulta del tutto Iontano rispetto aile «sensibilités nouvelles» (p. 105), ed è responsabile «de la menace de régression qu'il fait peser sur la société chrétienne» (p. 130); pertanto, il giansenismo è considerato corne una delle cause dell'ateismo modemo (cf. pp. 63-64)! Più profonda ed equilibrata, ma sostanzialmente convergente l'analisi di B. CHÉDOZEAU, Antoine Arnauld et Pierre Nicole: le conflit de La grâce générale, in «Chroniques de Port-Royal» 44, 1995, pp. 113-143: il contraddittorio tentativo di Nicole di affermare, accanto alla grazia efficace e predestinata, una grazia generale (l'aiuto che Dio concede ad ogni uomo) viene interpretato corne fallimentare, ma ammirevole e moderno tentativo «de surmonter l'obstacle que constitue l'augustinisme qui, pensé dans un univers ecclésial défini et clos, ne peut penser les barbares et les païens et se révèle profondément archaïque» (p. 139; cf. p. 113).
6 Cf. in tal senso le giuste osservazioni, sull'ispirazione antirinascimentale della teologia giansenista, di C. SENOFONTE, Ragione moderna e teologia. L'uomo di Arnauld, Napoli 1989, pp. 49-50.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
me», rappresentando un'epocale «victoire de l'esprit libéral» 7,
certo l' agostinismo rimane, proprio nel suo tragico radicalismo, nella sua paradossale dialettica tra antiumanesimo e difesa dei diritti della libertà e della dignità della coscienza, una riserva religiosa, esistenziale e dottrinale indispensabile per valutare la genesi e Io sviluppo della modemità, per ripensame quindi la stessa successiva crisi, il crollo della sua pretesa di assoluta autonomia, del suo totalitarismo storico e razionale.
Ma cosa si intende poi qui per Agostino, per agostinismo? In realtà la questione centralissima per la storia dell'agostinismo seicentesco, corne il giansenismo stesso testimonia, è la questione della grazia indebita e predestinata, quindi del rapporto tra necessitante assolutezza della volontà di Dio e problematica autonomia - ontologica e morale - del finito. Questa dialettica è comunque variamente declinata, interferendo inoltre in profondità con le nuove prospettive aperte dalla filosofia cartesiana: essa appare corne dialettica tra radicale scetticismo mondano e luminosa evidenza razionale della grazia, tra «agostinismo oscuro» e «agostinismo chiaro», tra agostinismo antiumanista e agostiriismo umanista 8, tra fede
7 R. TAVENEAUX, Le catholicisme dans la France classique, Il, p. 326. 8 Sulla complessa questione del rapporto tra «agostinismo chiaro» (ot
timistico, aperto al rapporto con la tradizione umanistica e quindi con l'idealismo razionalista cartesiano) e «agostinismo oscuro» (pessimistico, antiumanista, sensibile allo scetticismo cristiano di Montaigne o di Charron - difeso da Saint-Cyran contro il gesuita Garasse -, e all'epicureismo cristiano dell'anticartesiano Gassendi), cf. l'importante volume di H. GoUHIER, L'anti-humanisme au XVIIe siècle, Paris 1987, in part. i capitoli VII («Le vrai saint Augustin?») e VIII («Anti-humanisme et jansénisme»), pp. 75-111; cf. inoltre PH. SELLIER, Introduction a Le siècle de saint Augustin, 99-102; P. STELLA, Studi sut giansenismo. Presenza giansenista nella società e nella cultura da Pascal al tramonto del portorealismo in Italia, Bari 1972, pp. 233-237; e soprattutto A. McKENNA, De Pascal à Voltaire. Le rôle des Pensées de Pascal dans l'histoire des idées entre 1670 et 1734, 1-II, Oxford 1990, e in part. vol. 1, pp.1-56 e 136-159: vi si dimostra non solo l'irriducibilità delle Pensées pascaliane alla filosofia cartesiana, ma vi si evidenziano gli stessi contrasti interni a Port-Royal sull'interpretazione dell'agostinismo, corne testimonia in maniera eclatante l'edizione portroyalista delle Pensées, edizione che censura le più potenti e temerarie aperture scettiche di Pascal, per appiattirlo nella direzione filocartesiana (basti pensare all'indubitabile evidenza del cogito e delle idee chiare e distinte, con la quale viene identificato il «sentiment» pascaliano!) e antiscettica della Logique (cf. pp. 30-54 e 57-135). Cf. infine il
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lntroduzione
tragica nel Deus absconditus e cartesiana trasparenza razionale del sistema, tra horror vacui al cospetto dell'infinito e certezza metodica del fondamento metafisico.
E proprio la forza, persino la radicale spietatezza con la quale il cattolicesimo giansenista, tradizionalista e per certi aspetti reazionario, accoglie in sé il polo negativo e oscuro del-1' esistenza, spiega corne un intero secolo, che assiste al crescente affermarsi dell'opzione atea e libertina nella società sempre più mondanizzata del XVII secolo europeo e francese in particolare 9, possa vedere nella teologia della grazia di
fondamentale contributo di A. DEL NOCE, Il problema dell'ateismo, Bologna 1990(4), discusso infra, Capitolo quinto, Appendice III: cartesianesimo e pelagianesimo; a p. 414, Del Noce riporta un interessante brano di É. BAUDIN: «Si puô discernere, lungo tutto il corso della speculazione agostiniana, la presenza costante e Io sviluppo parallelo di due agostinismi filosofici, quello dell'ontologismo delle verità razionali, che giunge al suo svolgimento in Cartesio, e quello della esperimentazione delle verità religiose che ha il suo apogeo in Pascal. Agostinismi differenti che generano due intuizionismi differenti, quello della ragion pura e quello del cuore» (L'Esprit européen, Neuchâtel 1947, pp. 76-77). Va da sé che per moiti interpreti l'agostinismo oscuro, ovvero quello della esperimentazione delle verità religiose, corrisponde ail' «agostinismo eretico», mentre quello metafisico-filosofico, autentico e cattolico, corrisponderebbe ail' «agostinismo cattolico»: cf. le intelligenti osservazioni di P. STELLA, Studi sul giansenismo, pp. 235-236, nota 5, ove, in accordo con Mesnard, giustamente si prende posizione contro Dedieu. Ricordo comunque che !' opposizione tra !'Agostino "delle idee" e !'Agostino "della grazia" non solo è stata già proposta da L. BRUNSCHVICG, Le progrès de la conscience, Paris 1927, 1953 (2), 1, pp. 201-212, ma emerge perfettamente, corne vedremo, sin dalla polemica Malebranche-Arnauld.
9 Cf. in prop. l'importante volume di G. MINOIS, Histoire de l'athéisme. Les incroyants dans le monde occidental des origines à nos jours, Paris 1998, pp. 152-282; di grande interesse le pp. 223 e 227-228, dedicate alle accuse di ateismo rivolte dal gesuita Jean HARDOUIN (nell'opera Athei detecti, Amsterdam 1733) a Cartesio, al giansenismo, a Pascal e a Malebranche; su Hardouin, cf. C. FABRO, Introduzione all'ateismo modemo, 1-11, Roma 1969, 1, pp. 112-126. Sul libertinismo, ancora prezioso G. SCHNEIDER, Der Libertin. Zur Geistes- und Sozialgeschichte des Bürgertums im 16. und 17. Jahrhundert, Stuttgart 1970, tr. it. Il libertino. Per una storia sociale della cultura borghese nel XVIe XVII secolo, Bologna 1974; sulla portata filosofica del pensiero libertino moderno, cf. A DEL NOCE, Riforma cattolica e filosofia mode ma. /: Cartesio, Bologna 1965, pp. 433-461; sulla figura filosoficamente eminente del libertinismo seicentesco francese, La Mothe le Vayer, cf. R. PINTARD, Le libertinage érudit dans la première moitié du XVIIe siècle, 1-11, Paris 1943, pp. 131-147 e 505-538. Illuminanti le pagine dedicate da A. SAINTE-
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
Agostino un'altemativa certo tragica, eppure paradossalmente più attuale ed autentica del tentativo gesuitico di compromesso (politico e morale) tra cristianesimo e modemità io. Pascaliana-
BEUVE - ne! Discours préliminaire al suo monumentale Port-Royal (cit. infra, 1, pp. 97-103) - alla chiaroveggenza di Giansenio, Arnauld e Pascal, capaci di interpretare il sempre più diffuso pelagianesimo modemo corne deriva verso il deismo (che respinge quaisiasi riveiazione e redenzione soprannaturale), verso il razionalismo e quindi verso l'illuminismo ateistico.
10 Per un'interpretazione unilateraie deli'opposto rapporto con la modemità proprio di giansenismo (settario perché astrattamente antimodemo) e gesuitismo (maturo tentativo di mediazione tra modemità e cristianesimo), cf. il gesuita M. DE CERTEAU, De Saint-Cyran au jansénisme. Conversion et réfonne, in «Christus» 10, 1963, pp. 399-417, tr. it. in Politica e mistica. Questioni di storia religiosa, Milano 1975, pp. 149-168: «Bisogna distinguere due opzioni divergenti, quanto alla maniera di rimediare alla maiattia di tutta un'epoca: l'una che procura di raggruppare le forze cristiane all'intemo del recinto in cui sembra ridurla la "scristianizzazione", per costituire cosi dei "bastioni" da dove sprigionerà un'intensa verità cristiana; l'altra, ai contrario, che si porta nella zona dove il cristianesimo si dissolve, e cerca, col rischio di compromettercisi, di trarre dall'ambiente naturaie gii slanci di cui è suscettibiie e che si possono sperare da una grazia accordata a tutti» (p. 165). Per una comunque più serena stigmatizzazione dei rigorismo morale e del pessimismo giansenista, cf. Y. KRUMENACKER, L'école française de spiritualité. Des mystiques, des fondateurs, des courants et leurs interprètes, Paris 1998, in part. pp. 471-480; per Krumenacker, proprio il suo carattere pessimista non permette l'interpretazione dei giansenismo corne eredità dei berullismo, maigrado gii intimi rapporti tra de Bérulle e Saint-Cyran (cf. pp. 268-277). Per una più obiettiva valutazione della straordinaria capacità di interpretazione della modemità rivelata da Port-Royal, cf. i iavori di R. TAVENEAUX, e in part. La vie quotidienne des jansénistes aux XVIIe et XVllle siècle, Paris 1973, 1985(2), in part. pp. 249-261; e Le catholicisme dans la France classique. 1610-1715, 1-11, Paris 1994(2), in part. II, pp. 299-327; afferma in part. Taveneaux dei giansenismo: «il est la philosophie de l'insatisfaction, de l'inquiétude, de l'hostilité aux conformismes et aux situations acquises; l'affirmation des droits de la conscience considérés comme un absolu» (Il, p. 327). Non concordo pertanto con la tesi di L. KoLAKOWSKI, per il quaie il giansenismo rappresenterebbe soltanto un fenomeno storico di retroguardia teoiogica ed ecciesiale: cf. infra, nota 12. Mi pare infine del tutto riduttivo ricondurre il successo "mondano" del giansenismo francese alla modemità e quindi alla superiorità della sua retorica, della sua strategia divulgativa: «Chez le public intellectuel du dix-septième siècle, la théologie était à la mode, si j'ose dire. Mais celle qui attirait autant les gens de salons, était la théologie augustinienne, doctrine stricte et pessimiste. Or, ce qui la faisait prévaloir sur le molinisme, optimiste ... , n'était-ce pas tout d'abord la manière de l'exposer des théologiens de Port-Royal?» (Y. MoCHIZUKI, Théologie et expression littéraire: la controverse entre le jeune Ar-
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Introduzione
mente, il libertino è la faccia in ombra dell'uomo graziato; in una società sempre più decristianizzata, la fede tende a divenire il naturalmente inattingibile assoluto evento di grazia, nei confronti del quale la logica, il tempo e lo spazio mondani, il potere politico e, nel giansenismo estremista, persino il potere ecclesiastico vengono spregiudicamente, del tutto modernamente interpretati corne sistema della concupiscenza, ma proprio per questo corne autonomo ordine del "secolare". D'altra parte, il moderno soggetto autoreferenziale che cerca e trova se stesso, assolutizzandosi, puè> cristianamente essere messo profondamente "in crisi" proprio a partire dalla spietata analisi giansenista del «moi» concupiscente, che Io rivela corne «monstre» tragicamente contraddittorio (oltre alle Pensées pascaliane, si pensi alle tragedie di Racine). L'antiumanistica dialettica agostiniana natura (peccato)-grazia diviene pertanto un modernissimo strumento di demitizzazione sociale e individuale, e paradossalmente una possibilità di autentica umanizzazione: l'antica teologia patristica si rivela corne un'insospettata chiave di accesso ad una reinterpretazione critica del moderno.
Insomma, il giansenismo attrae "il mondo" proprio perché tragico, irriducibile al "mondo", quindi dialetticamente capace di lanciargli una sfida aperta, non accontentandosi di una sopravvivenza parassitaria: aut cristianesimo autentico, aut mondanità del tutto autonoma, modernamente decristianizzata, ma alla fine violenta, concupiscente e disperata. La fede assoluta in un Dio del tutto trascendente e indisponibile, la radicale serietà della sequela di Cristo, l'inflessibile resistenza contro le violenze del potere politico ed ecclesiastico, l' eroica ·confessione dell' intangibile verità della tradizione, rappresentano una testimonianza incondizionata di riattualizzazione dell' autentico cristianesimo, una volontà di rievangelizzazione radicale cui l'intera civiltà cattolica - chiesa divenuta "mondo", cristianesimo divenuto sistema sociale - è chiamata. Ed è proprio la persecuzione - tanto più violenta, quanto più ingiusta - a rendere al cospetto del "mondo" il
nauld et Habert, in «Chroniques de Port-Royal» 44, 1995, pp. 173-185, in part. p. 173). Come ho affermato supra, in realtà il giansenismo attrae il mondo non perché è gradevole, ma proprio perché è tragico, antimondano.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
giansenismo una figura storica della croce di Cristo, anarchica testimonianza della dottrina di un Dio nascosto e tragico, rivelato soltanto nel paradosso della sofferenza della Verità e della non universale elezione della grazia.
Non è allora la produzione antipelagiana, proprio la sezione dell' opera agostiniana considerata, spesso ancora oggi, teologicamente e filosoficamente più marginale e caduca, se non inaccettabile e assurda, la grande provocazione che Agostino costituisce per la modernità? Se infatti la modernità coïncide con l'umana rivendicazione di autonornia da qualsiasi dogmatico condizionamento esterno, quindi con l'esigenza di una radicale messa in questione del proprio status per approdare ad una fondazione certa di se stessa 11 , diviene necessario tornare ad indagare le origini della storia e della teologia cattolica, e quindi la verità e la validità dei principi del cristianesimo: il rapporta tra fede e ragione, grazia e natura, carità e peccato, autorità e libertà interiore, testa sacra e interpretazione. Agostino, il più autorevole e sistematico, il più profondo e dialettico dei Padri, non è quindi aggirabile 12•
11 Il giansenismo testimonia in ta! senso «une rupture profonde entre le christianisme et la société ambiante», esposta al rischio di essere «déchristianisée» (M. DE CERTEAU, De Saint-Cyran au jansénisme, p. 417); cf. in prop. H. GOUHIER, L'anti-humanisme au XVIIe siècle, il cap. IX («Antihumanisme et apologétique»), pp. 93-102, dedicato soprattutto a Pascal.
12 Non a caso scrive L. KOLAKOWSKI: «Ainsi Jansénius fournit-il innocemment à l'église l'occasion historique de se "désaugustiniser". Ce fut un événement capital dans l'histoire de l'église lorsqu'elle exploita cette occasion, adoptant pratiquement la doctrine jésuite (ou semi-pélagienne) sur les questions cruciales du péché originel, de la grâce et de la prédestination, rompant alors - tacitement cela va sans dire - avec une part importante de son héritage théologique ... Si l'église avait (presque per impossibile) adopté la théologie augustino-janséniste comme base de son oeuvre éducative, elle se serait embarquée sur la route de l'autodestruction» (Dieu ne nous doit rien, p. 47); «En condamnant par procuration l'enseignement de saint Augustin, elle abattait la barrière théologique essentielle entre l'église et la modernité» (p. 127); cf. 79. Cf. ancora di L. KOLAKOWSKI, Pan'stwowe '1-fydawnictwo Naukowe, Warszawa 1965, tr. fr. Chrétiens sans Église. La Conscience religieuse et le lien confessionnel au XVIIe siècle, Paris 1969, pp. 733-740, ove trattando delle peripezie di Jean Labadie, e la sua conversione da! giansenismo al calvinismo, sostiene la sostanziale identità dottrinale tra le due forme di agostinismo radicale, entrambe implacabilmente combattute dalla chiesa cattolica.
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lntroduzione
Dinanzi ail' altezza e alla complessità di tali questioni, cosl genericamente additate, si deve subito ovviamente confessare corne questo volume abbia un' ambizione decisamente più modesta: esso tenterà, tramite una sistematica, persino pedante analisi dei testi, di ricostruire il metodo ermeneutico giansenista, e in particolare il sua applicarsi ai testi agostiniani. Si affronteranno pertanto, tramite l' analisi dei più importanti trattati dei principali esponenti giansenisti (Giansenio, Arnauld, Pascal), le seguenti questioni: corne interpretare Agostino, corne ricostruirne la vera dottrina della grazia, esiste un metodo di soluzione di tutte le controversie teologiche da essa prodotte? Quai è il ruolo di Agostino all'intemo della tradizione cattolica? Quai è la condizione trascendentale della stesso processo ermeneutico, quale quindi la connessione tra l'interpretazione del testa e la dottrina della grazia predestinata? E ancora: chi insegna corne si interpreta, chi puo realmente interpretare? E quale metodo, quale retorica puo convincere della propria interpretazione? La giansenista ricerca di un metodo capace di svelare incontrovertibilmente il segreto della dottrina agostiniana della grazia approderà, quindi, alla confessione che esso stesso è rinvenibile e trasmettibile soltanto per grazia, sl che l' espressione il metodo della grazia si ri vela inevitabilmente equivoca (il genitivo è sia oggettivo che soggettivo), alludendo sia alla regola dell'interpretazione umana del data rivelato, che alla misteriosa via di rivelazione che accende nell'eletto il dono della retta interpretazione. Metodo e sistema umani si riveleranno pertanto corne uno schermo, un fragile punto d'appoggio, «une chaise pour se rassurer», per posare la vertigine che assale dinanzi all'abisso della predestinazione divina, al Metodo della grazia. Interpretare autenticamente Agostino significherà quindi passare dal «maître» umano al «Maître» divino, dalla ricostruzione razionale del sistema ermeneutico alla confessione della logica paradossale della rivelazione.
Una rassegna storiografica delle più recenti interpretazioni del giansenismo, e del sua rapporta con Agostino, mostrerà corne ancora oggi la questione dell'interpretazione di Agostino sia attuale, pur se sorprendentemente dominata da un pesante condizionamento confessionale, da una sistematica deformazione, normalizzazione dell'autentico Agostino, censurato anche tramite un'acritica stigmatizzazione dei suai au-
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
tentici interpreti seicenteschi, in realtà assai approssimativamente studiati e aprioristicamente condannati. Obiettivo di questo saggio sarà al contrario quello di mostrare la serietà dello sforzo di approfondimento teologico e il lucidissimo rigore scientifico del metodo storico-critico giansenista, metodo a mio parere ancora oggi del tutto esemplare nell'identificare e risolvere ricorrenti errori ermeneutici, quindi capace di confutare ante litteram tutte le critiche rivoltegli. Ritengo pertanto di primaria importanza notare corne tutte le odieme interpretazioni apologetiche, normalizzanti e/o confessionali di Agostino (volte a negargli una teologia della grazia indebita e predestinata) siano nient'altro che una riproposizione non originale delle tesi vanamente e sempre più acriticamente opposte dal fronte antigiansenista alla sistematica indagine giansenista, filologicamente impeccabile.
L'importanza del fenomeno giansenista travalica comunque il campo dell'indagine storico-critica, consentendo di leggere un'importantissima pagina della storia della chiesa, in particolare il difficile rapporto tra la più importante tradizione patristica dell' occidente e il magistero della chiesa cattolica, ambiguamente tesa ad un riconoscimento formale di Agostino, e ad una tacita, ma sostanziale rimozione della sua teologia della grazia. La questione dell' esegesi di Agostino si intreccia cosl alla questione dell' origine e della giurisdizione dell'autorità religiosa, ai limiti che lo stesso diritto deve riconoscere al fatto testuale, agli eventuali spazi di autonomia che la tradizione puo riconoscere alla ragione storico-critica, corne all'interiore libertà della coscienza.
Tengo a ringraziare in primo luogo don Enrico dal Covolo, che ha voluto generosamente promuovere la pubblicazione di questo studio presso le Edizioni Dehoniane di Roma; quindi gli intimi amici con i quali ho discusso di queste mie tesi: Isabella Adinolfi, Paolo Bettiolo, Alessandro Pardini, Michele Ranchetti, cui ho dedicato il saggio pascaliano da cui questo lavoro ha preso le mosse, e Irene Santori, preziosissima anche nella revisione del volume. Ringrazio infine il mio maestro, Manlio Simonetti: decisivo è stato collaborare ad un suo corso su Pascal e il giansenismo, tenuto presso l'Università La Sapienza di Roma; ma il mio debito nei suoi confronti è di ben diversa portata.
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CAPITOLO PRIMO
AGOSTINO: UNA SCOMODA EREDITÀ.
PER UN AGGIORNAMENTO BIBLIOGRAFICO
In un recente, ambizioso articolo 1 dedicato all' elaborazione di una nuova teologia del peccato originale attraverso un ripensamento critico di Agostino e dell'Augustinus di Giansenio, ALFRED VANNESTE rivendica con piena ragione -contro pur illustri tentativi di ridimensionarne la portata teologica 2 - l'importanza dottrinale della controversia giansenista,
1 A. VANNESTE, Pour une relecture critique de ['Augustinus de Jansénius, in «Augustiniana» 44, 1994, pp. 115-136; ma di Vanneste cf. anche il discutibilissimo Nature et grâce dans la théologie de saint Augustin, in «Recherches augustiniennes» 10, 1975, pp. 143-169. Entrambi gli articoli sono ora raccolti nel volume Nature et grâce dans la théologie occidentale. Dialogue avec H. de Lubac, Leuven 1996; manterro comunque la numerazione degli articoli, riportata anche nel volume.
2 Vanneste fa riferimento soltanto a L. CEYSSENS, Jansénisme et antijansénisme en Belgique au XV/le siècle. A propos d'un livre récent, in «Revue d'histoire ecclésiastique» 51, 1956, pp. 143-184 (=Jansenistica minora IIl,29), ove leggiamo in riferimento all'operato dell' Albizzi e alla storia della bolla In eminenti: «Un peu de bonne volonté, un peu de compréhension, au besoin un peu de charité et de courage auraient suffi pour qu'il ne fût jamais question ni de jansénisme ni d'antijansénisme. Il aurait suffi, je crois, de dire que les théories de Jansénius étaient condamnées, qu'elles concordassent ou non avec celles de S. Augustin. C'est la distinction entre jansénisme condamné et augustinisme autorisé qui fut à la base des difficultés. Il se peut que Jansénius se soit trompé sur la doctrine de S. Augustin, mais, après l'avoir étudiée durant vingt ans, il en savait certainement plus que la plupart de ses adversaires» (p. 172); cosi, aile pp. 177-178, in riferimento al-
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la bolla Cum occasione, Ceyssens parla di «inexorable intransigeance du pape, refusant une dernière fois de profiter de l'occasion pour écarter le malheur qui attend l'Église»; all'interno di un bilancio assai equilibrato sui due partiti, significativa infine la comunque irnpietosa presentazione del rnovimento antigiansenista aile pp. 166-169; in tal senso cf. ancora L. CEYSSENS, Le cardinal François Albizz.i et la liberté de professer l'augustinisme, in «Franziskanische Studien» 59, 1977, pp. 214-225; Le Cardinal François Albizzi (1593-I684). Un cas important dans l'histoire du jansénisme, Roma 1977, ove cf. in part. pp. 249-253 e le dure conclusioni alle pp. 264-265; La défiguration de Jansénius, in E.J.M. van Eijl (ed.), L'image de C. Jansénius jusqu'à la.fin du XVIIIe siècle, Leuven 1987, 23-31 e soprattutto il recente, pregevole bilancio Que penser finalement de l'histoire du jansénisme et de l'antijansénisme?, in «Revue d'histoire ecclésiastique» 88, 1993, pp. 108-130: in sostanziale continuità di giudizio con Arnauld e Nicole, che parlavano di eresia immaginaria o di fantasma giansenista, Ceyssens - con Orcibal il massimo storico del giansenismo - tende indubbiamente a ridurre la controversia ad una commedia degli equivoci, si che il giansenismo in sé non sarebbe mai veramente esistito, essendo piuttosto un prodotto in gran parte artificiale dell'antigiansenismo (cf. le conclusioni a p. 129: «ce jansénisme ... à vrai dire n'a jamais existé, du moins pas tel que les antijansénistes l'ont combattu, les papes lont condamné, lhistoire l'a retenu»), movimento esso si organicamente strutturato, guidato dai gesuiti e coordinato con Roma, e in part. con l' Albizzi (cf. in part. L. CEYSSENS, Pour une histoire plus poussée et plus explicite de l'antijansénisme, in Actes du colloque sur le jansénisme organisé par l'Academica Belgica (Rome, 2 et 3 novembre 1973), Louvain 1977, pp. 1-19). Analogamente, M. COTIRET, Jansénismes et Lumières. Pour un autre XV/lie siècle, Paris 1998, sostiene che il creatore del "giansenismo" (in realtà agostinismo rigoroso, assai diffuso nella religiosità del tridentinismo barocco) è stato addirittura Richelieu (cf. 11-14, in part. p. 12). Evidentemente, rimane ancora influente il classico e parziale studio di A. GAZIER, Histoire générale du mouvement janséniste. Depuis ses origines jusqu'à nos jours, Paris 1922, 1924(2), 1-11, in part. vol. 1, pp. V-IXe 13-14: il giansenismo sarebbe appunto un «fantôme... monstre, comparable aux hippogriphes ou aux licornes» (p. V); il carattere specifico del cosiddetto giansenismo sarebbe quindi «l'opposition des catholiques aux Jésuites» (VII), ovvero all'alternativa antipelagiana e antimolinista del cattolicesimo (cf. p. 17). Queste osservazioni di Gazier, eredi della strategia minimizzatrice dei giansenisti, possono quindi aiutare a reinterpretare la posizione di Ceyssens: se certo storicamente il partito giansenista si è costituito e compattato soprattutto in reazione ad alcune prese di posizione (spesso esclusivamente politiche) papali e gesuite, se certo le contestazioni antigiansenistiche erano in gran parte superficiali e deformanti, sino a divenire caricaturali, è comunque indubbio che la questione-Agostino (ovvero il problema teologico assolutamente decisivo della giustificazione e della grazia) non puo essere ridotta ad una mera controversia politico-ecclesiale, assumendo un ruolo assolutamente centrale non soltanto nel dibattito tra Riforma cattolica e Riforma protestante, ma anche nello scontrarsi tra le diverse tradizioni teologiche cristiane nel loro confron-
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e in particolare della sua questione centrale, quella del rapporto tra grazia e libero arbitrio 3• Al di là delle innovazioni teologico-dogrnatiche propostevi 4, il saggio di Vanneste è storicarnente altarnente rivelativo di una persistente deformazione della teologia agostiniana, corne dell'infelice destina storico dell'interpretazione propostane da Giansenio: a distanza di secoli una teologia della giustificazione sostanzialrnente pelagiana viene proposta corne rnodema reinterpretazione di un Agostino più autentico e profondo di Agostino stesso. Forrnalrnente difeso nella sua incontestabile autorità, pur se corretto in alcuni punti apparenternente rnarginali, Agostino viene in realtà condannato senza appello attraverso la condanna di Giansenio, sua sfortunata controfigura, con la Riforma vero e proprio capro espiatorio dell' agostinisrno nella storia del cattolicesirno rnodemo 5•
tarsi o confliggere con la filosofia moderna: il rapporto dialettico degli agostiniani Arnauld e Pascal con Cartesio e il cartesianismo ne è un esempio storicamente decisivo; fondamentale in prop. H. GOUHIER, Cartésianisme et augustinisme au XVIIe siècle, Paris 1978; cf. inoltre L. VERGA, Il pensiero filosofico e scientifico di Antoine Arnauld, Milano 1972, pp. 137-147.
3 Cf. VANNESTE, Pour une relecture, p. 115. 4 Vanneste propone una «déshistoricisation ou démythisation» (Pour
une relecture, p. 118) del dogma del peccato originale: negata l'esistenza storica di un peccatum originale originans (la trasgressione corne fatto storicamente avvenuto), corne quella di un peccatum originale originatum (lo stato peccaminoso universalmente ereditato, anteriore ad ogni peccato liberamente commesso; cf. p. 119, nota 18), il peccato di Adamo viene reinterpretato corne «symbole de cet état peccamineux universel de l'humanité» (p. 119), stato comunque inverato dalla libera scelta del singolo, e mai ereditariamente, naturalmente necessitato; si che (un po' banalmente!) «le péché originel, l'Ursünde représente les innombrables péchés que les adultes commettent quotidiennement» (p. 120). L'interpretazione simbolica del peccato originale permetterebbe cosi di spiegare meglio Rom. 5,12-21: «Adam n'est plus celui dont nous sommes nés, il est le symbole de nous tous, il est celui que nous sommes tous» (p. 121). Per un più onesto perché apertamente distruttivo tentativo di reinterpretazione della dottrina agostiniana della grazia predestinata, cf. il recente articolo di M.A. SMALBRUGGE, La prédestination entre subjectivité et langage. Le premier dogme moderne, in «Revue de théologie et de philosophie», 127, 1995, pp. 43-54.
5 Difficilmente contestabili mi paiono in prop. le celebri affermazioni di Bayle: «Il est certain que l'engagement ou est l'Eglise romaine de respecter le Systeme de Saint Augustin, la jette dans un embarras qui tient beaucoup du ridicule ... Il est si manifeste à tout homme qui examine les
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
La critica fondamentale che Vanneste rivolge allo stesso Agostino - appunto proposta corne correzione di un aspetto caduco e non essenziale dell'agostinismo, ma in realtà distruttiva dell' agostinismo tout court - è quella, certo non originalissima, di aver assolutizzato la nozione di natura viziata 6, ferita dal peccato, confondendola con quella di morte del libero arbitrio, di perdita radicale della possibilità naturale di fare il bene 7; al contrario per Vanneste la peccaminosità (l'indebolimento della
choses sans préjugé et avec les lumières nécessaires, que la doctrine de Saint Augustin et celle de Jansénius Evêque d'lpres sont une seule et même doctrine, qu'on ne peut voir sans indignation que la Cour de Rome se soit vantée d'avoir condamné Jansénius, et d'avoir néanmoins conservé à Saint Augustin toute sa gloire. Ce sont deux choses tout-à-fait incompatibles» (P. BAYLE, Dictionnaire historique et critique, Amsterdam-Rotterdam 1740(8), tomo 1, articolo Saint Augustin, e Remarque E). Analogo il giudizio di PASCAL, che pero vuole attribuire soltanto ai gesuiti la coerente politica di tutto il cattolicesimo romano: «Je dois donc apprendre à ceux qui l'ignorent, que votre principal intérêt dans cette dispute étant de relever la grâce suffisante de votre Molina, vous ne le pouvez faire sans ruiner la grâce efficace, qui y est tout opposée. Mais comme vous la voyez aujourd'hui autorisée à Rome, et parmi tous les savants de l'Église, ne la pouvant combattre en elle-même, vous vous êtes avisés de l'attaquer sans qu'on s'en aperçoive, sous le nom de la doctrine de Jansénius» (Les Provinciales [1655-1657] XVII, p. 460). Sulla perniciosa ambiguità dell'atteggiamento romano nella controversia, cf. L. CEYSSENS, Le drame de conscience augustinien des premiers jansénistes, in Augustinus Magister. Congrès international augustinien, Paris 1955, II, pp. 1069-1076 ( =.lansenistica minora III,24 ): cf. in part. la nota 2 a p. 1076; e ancora di L. CEYSSENS, Le "fait" dans la condamnation de Jansénius et dans le serment antijanséniste, in «Revue d'histoire ecclésiastique» 69, 1974, pp. 697-734. Sul complesso atteggiamento di Bayle nei confronti di Agostino, denunciato per il suo predestinazionismo inumano, contrario aile leggi stesse della ragione umana, eppure teologicamente preferito ai vari tentativi di teodicea e in particolare all'origenismo, interpretato corne eticamente e socialmente disastroso, cf. gli interessanti lavori di P. RANSON, Le "dépaysement" de l'augustinisme politique selon Pierre Bayle, in G. Canziani e Y.C. Zarka (edd.), L'interpretazione nei secoli XVIe XVII, pp. 789-804; e di G. PAGANINI, Analisi dellafede e critica della ragione nella filosofia di Pierre Bayle, Firenze 1980, e in part. pp. 123-132, dedicate ad analizzare il rapporto di analogia tra Pascale Bayle riguardo alla relazione tra scetticismo metafisico e rischio della fede.
6 Cf. VANNESTE, Nature et grâce dans la théologie de saint Augustin; e Nature et grâce dans la théologie occidentale, p. 17.
7 Cf. Pour une relecture, pp. 125-126. Si che «sur ce point (la realtà del peccato nell'uomo), la théologie médiévale nous semble avoir été beaucoup mieux inspirée que l'avait été Augustin» (p. 126).
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propria libertà) non è mai una condizione naturale ereditata, ma è sempre il risultato di un atto personale e individuale, dei propri molteplici peccati liberamente commessi. Solo questi determinano la prigionia spirituale dell'uomo 8, si che, rispetto alle «notions bibliques fondamentales en la matière comme le sont celles de mort, de captivité, etc.», quella agostiniana di «natura viciata» ( decisamente condizionata dalla polemica antimanichea: cf. Pour une relecture, p. 128) dev'essere riconosciuta si corne elemento integrante, ma comunque corne elemento secondario all'intemo di una nuova dottrina del peccato (cf. p. 127). Tramite il ricorso ad alcune affermazioni (dal punto di vista della lettera compatibili con il radicalismo agostiniano, nello spirito tese a smussarlo) tratte dai documenti dei concili di Orange e di Trento (pp. 122-126), e a Tommaso (pp. 127-128), Vanneste ribadisce che il peccato originale dev' essere considerato «dans son imprécision: le pécheur est blessé dans une certaine mesure, quodammodo ... La corruption comme conséquence du péché n'est jamais une corruption totale ou radicale»9•
Ora, quello che veramente sorprende è che la sostanziale e evidente ascendenza (semi)pelagiana 10 di queste tesi venga
8 «Si le péché d'Adam est le péché de nous tous, tous nous portons en nous les blessures de nos nombreux péchés» (Pour une relecture, p. 127); cf. pp. 125-126.
9 Pour une relecture, p. 127. Dello stesso VANNESTE, cf. Le "De prima hominis iustitia" de M. Baius. Une relecture critique, in M. Lamberigts (ed.), L'Augustinisme à l'ancienne Faculté de Théologie de Louvain, Leuven 1994, pp. 123-166, ora in Nature et grâce dans la théologie occidentale, pp. 185-228, in part. p. 189, ove riferendosi all'affermazione agostiniana, quindi baiana e gianseniana, del peccato originale universalmente derivato da Adamo, afferma: «Que vaut encore à l'heure actuelle cette assertation alors que, pour un esprit critique, il est désormais établi que 1' Adam dont il y est question n'a jamais existé?»; cf. inoltre pp. 190-194 (ove si propugna, contro un' interpretazione agostiniana letteralista e storicizzante del racconto genesiaco, il riconoscimento demitizzante del «mythe d'Adam»: 223, ovvero del peccato adamitico corne «symbole»); 203; 228; e l'intero Nature et grâce dans la théologie de saint Augustin.
'° Cf. ad esempio in Pour une relecture, p. 126, l'esplicito richiamarsi a Fausto di Riez e alla sua interpretazione della pena ereditata dal peccato originale corne «atténuation» del libero arbitrio. Il concilio di Orange, e sui suo esempio Io stesso concilio di Trento(!), seguirebbero quindi proprio il De gratia di Fausto, «dirigé à la fois contre ceux qui déclarent que la liberté humaine est restée intacte et contre ceux qui la disent complètement éteinte» (p. 123).
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
comunque spacciata per reinterpretazione fedele allo spirito di Agostino 11 • Come esempio del metodo arbitrario di Vanneste è sufficiente riportare la sua interpretazione della concupiscentia agostiniana; dopo aver precisato corne il suo ruolo dottrinale (già in sé eccessivo) sia stato spesso sopravvalutato proprio dai contraddittori di Agostino, egli afferma: «Mais nous tenons surtout à souligner que, pour notre part, nous n'avons jamais eu l'impression qu'il s'agit d'une concupiscence vraiment irrésistible» 12• A questo rigore critico confessatamente impressionista non fa quindi difficoltà affermare incredibilia: «Nous devons néanmoins ajouter tout de suite que nulle parte dans les oeuvres de l'évêque d'Hippone nous n'avons rencontré l'expression: le libre arbitre est blessé, affaibli, etc ... » (p. 126). A partire da queste premesse, è del tutto conseguente stigmatizzare corne giansenista l' errore di confondere piano ontologico e piano morale, trasferendo la negatività di un atto libero sulla struttura della natura creata 13•
Se Vanneste coglie a ragione l'inconfessabile spirito semipelagiano di Orange e Trento, certo, considerando semipelagiano Agostino stesso, nemmeno sospetta il travaglio teologico conciliare, Io sforzo di rimanere fedeli alla lettera di Agostino, per rendere possibile almeno una compatibilità formale del dogma cattolico con la sua teologia ormai tradizionalmente autoritativa.
11 Cf. ad esempio Le "De prima hominis iustitia" de M. Baius, p. 228, ove si sostiene che Agostino avrebbe affermato il dono universale del desiderio di Dio nel cuore delle creature e quindi l'universale volontà salvifica di Dio.
12 Pour une relecture, p. 129, nota 66. 13 Pour une relecture, p. 129. Opponendosi sistematicamente alla tesi
scolastica di una natura pura prelapsaria, e tentando quindi di colmare l'abisso tra natura e grazia, tra ordine naturale e ordine soprannaturale, tramite un'interpretazione meno radicale del vizio della natura umana, comunque capace di conservare il bene indelebile dell'universale desiderio naturale della contemplazione di Dio, Vanneste si pone corne continuatore e superatore di de Lubac. Per Vanneste, ciè> che differenzia il soprannaturale dal naturale rimane - molinisticamente - il libero consenso dell'uomo al dono universale della grazia divina: «la caractéristique propre et exclusive des gratuita est qu'à travers eux s'instaure le dialogue d'amour (di Dio) avec sa créature libre et responsable ... Ne reçoivent la grâce que ceux qui y consentent librement ... La grâce est toujours un appel à la liberté de l'homme qui peut larefuser à chaque instant» (Nature et grâce dans la théologie occidentale, pp. 305-307). Per Vanneste, l'autentica dottrina della grazia, che non cadrebbe nell 'errore agostiniano, tomista, baiano e in parte dello stesso de Lubac, di
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Giansenio viene cosi accusato di illegittima radicalizzazione, di «graves erreurs théologiques», spesso dovuti ad una interpretazione poco avvertita delle amplificazioni retoriche o polerniche di Agostino, al cadere nelle «multiples pièges que, sur ces divers points, les écrits anti-pélagiens d'Augustin contiennent» (p. 130): «Dans la logique du système (di Giansenio) la corruption devient une corruption radicale. La déchéanche du libre arbitre devient forcément une déchéance radicale. Chez Jansénius cette radicalisation a été favorisée plus concrètement encore par les imprécisions de langage et les raccourcis rhétoriques dont abondent les oeuvres anti-pélagiennes de l'évêque d'Hippone» (p. 129). L'importanza della distinzione agostiniana tra adiutorium sine quo non e adiutorium quo, che Vanneste stesso riconosce corne intimamente legata al problema della predestinazione, dev'essere quindi relativizzata in quanto tarda e espressa in un'unica opera14, si che «l'appel continuel» ad essa di Giansenio viene postulato corne «inconsidéré» (p. 130). Pertanto, «l'erreur de Jansénius est de durcir la pensée d'Augustin qui, précisément à cause d'un manque de rigueur systématique, est beaucoup plus nuancée et surtout beaucoup plus riche» (p. 133); questa durezza indica dunque una duplice accusa portata a Giansenio: 1) pretendere di attribuire compiuta sistematicità ad una teologia fluida e non ben strutturata; 2) dimenticare che il cuore della controversia antipelagiana è la proclamazione della misericordia divina (pp. 133-134), dunque svilire la libertà della creatura, considerata corne in sé del tutto impotente e quindi schiava di una grazia arbitrariamente irresistibile: «Si donc, pour l'homme, "tout est grâce", cela ne signifie pourtant aucunement que sa liberté lui
fisicizzare o naturalizzare la grazia, sarebbe quindi quella capace di riconoscerne la demitizzata dimensione assolutamente spirituale, cioè puramente libera, personalista; in tal senso la vera trascendenza o soprannaturalità della grazia è ridotta a mera dimensione spirituale (teologica o antropologica che sia): « ... la vraie "trascendance", c'est-à-dire son appartenance à un ordre radicalement différent, celui des relations morales et personnelles de l'homme avec son Dieu» (ivi, p. 308). Del tutto singolare questa sistematica molinistica moralizzazione, questa fiacca spiritualizzazione della antiumanistica teologia agostiniana della grazia indebita.
14 Pour une relecture, p. 130, nota 68, ove ci si limita a rimandare aile analisi di de Lubac, su cui tomeremo.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
serait enlevée. Dans son De gratia et libero arbitrio ... Augustin avait enseigné clairement que si sans la grâce nous ne pouvons rien faire de bien, son rôle n'est pas de supprimer notre volonté personnelle. Au contraire, c'est elle qui donne le pouvoir de pratiquer librement le bien ... Il est regrettable que l'évêque d'Ypres n'ait pu concevoir cette libération autrement que comme la libération d'un esclavage ou comme la guérison d'une blessure» 15• La studiata ambiguità delle espressioni agostiniane, volte a sottolineare al tempo stesso l'irresistibile azione della grazia e il consenso spontaneo ma inevitabile della libertà umana, viene del tutto fraintesa e inte:rpretata univocamente in senso semipelagiano, si che, tramite una vaga esaltazione del-1' azione della grazia nella libertà redenta, si puo rimproverare a Giansenio la confessione (in realtà indubitabilmente agostiniana) della radicale impotenza della libertà decaduta, comunque schiava del peccato se autonoma.
Ma al di là dei suoi tanti e gravi errori storico-critici, evidente risulta la debolezza non solo teologico-dogmatica, ma anche filosofica di questa prospettiva, che trascura del tutto il tragico e insuperabile enigma esistenziale da cui la matura dottrina agostiniana del peccato originale ha preso le mosse e a cui si è mantenuta duramente fedele, evidenziando quindi a livello metafisico il paradosso ontologico di una natura contraddittoria, della logicamente assurda presenza della morte, del male, della stessa possibilità della dannazione in una realtà confessata corne positiva creazione di un Dio buono, di un Amore onnipotente, si che al cospetto di tale radicale enigmaticità del reale, lo stesso compito della giustificazione o della ridentificazione dell'ordine del creato non puo es-
15 Pour une relecture, pp. 135-136; Io stesso Ad Simplicianum 1,2 viene piegato ad un'interpretazione sostanzialmente semipelagiana: cf. p. 135. Che l'interpretazione vannesteana della teologia della grazia sia evidentemente molinista, è apertamente confermato dalla sua Introduction al volume Nature et grâce dans la théologie occidentale, in part. p. 16: il «fossé», l' «abîme» che separa la natura e la grazia «ne peut être franchi que conjointement par Dieu et l'homme, c'est-à-dire par une initiative divine ... accueillie librement par l'homme prêt à ouvrir son coeur à l'Ami qui frappe à la porte». La soluzione del dualismo grazia-natura è quindi identificata nella «revalorisation de la dimension personnaliste de toute l' économie chrétienne du salut» (ivi, p. 20).
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Capitolo primo - Agostino: una scomoda eredità
sere affidato alla libertà creaturale, comunque radicalmente impotente, se non perversamente egocentrica. Se quindi l'assoluto, terribile rigore della dottrina agostiniana del peccato e della grazia predestinata appare oggi teologicamente e filosoficamente inattuale, soltanto il lucido riconoscimento dell'irrisolubile aporeticità dei problemi che essa evidenzia e l'appassionata riflessione sulle prospettive che comunque essa rivela (l'affermazione dell'irriducibilità della teologia alla metafisica, interpretata corne suprema sublimazione della volontà di potenza dell' amor sui; quindi l'indisponibile alterità della caritas rispetto all'ansia di identificazione della veritas; la rivoluzionaria e ancora oggi misconosciuta dottrina dell'interiorità, per la quale la libertà "autentica" è una soggettività del tutto dipendente dall' Alterità, un'identità paradossalmente sfondata dalla caritas, dalla grazia divina16) possono realmente mantenersi fedeli alla sua inquietante e percio liberante ricerca. Insomma, un Agostino riconosciuto nella sua storicità, nel suo reale, duro e al tempo stesso straordinario spessore di teologo della grazia e della predestinazione puo essere oggi filosoficamente e teologicamente assai più significativo di un Augustinus dimidiatus, censurato, normalizzato.
Il tentativo di Vanneste dipende in gran parte da un illustre precedente: nell'analogo tentativo di dissociare Agostino da Giansenio, in due opere ormai classiche HENRI DE LUBAC 17 ricorreva ad una capziosa reductio ad absurdum; paradossalmente, l'agostinismo di Giansenio 18, ricondotto a quello di Baio e al tempo stesso distinto da esso 19, viene stigma-
16 Cf. in prop. G. LETIIERI, L'altro Agostino. Ermeneutica e retorica della grazia dalla crisi alla metamorfosi del De doctrina christiana, Brescia 2000.
17 Cf. H. DE LUBAC, Surnaturel. Études historiques, Paris 1946; e Augustinisme et théologie moderne, Paris 1965, tr. it. Agostinismo e teologia moderna, Milano 1978(2): mi limitera a citare questa seconda opera, che, rappresenta una vera e propria seconda edizione rivista e aumentata della prima sezione del capolavoro di De Lubac.
18 Cf. Agostinismo, i capitoli II-III, dedicati a Giansenio (pp. 71-126) e in part. pp. 76-78; 103-110; 125.
19 Cf. Agostinismo, il capitolo 1, dedicato a Baio (pp. 39-69) e in part. pp. 40-43; 52-57; 61-62. Su questa linea cf. B. MATIEUCCI, Il giansenismo, Roma 1954, in part. pp. 39-43; V. GROSSI, Baio e Bellarmino interpreti di
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
tizzato non solo corne deformazione dell'autentico Agostino 20, ma persino corne errore inconsapevolmente pelagiano, ove l' autonoma perfezione della natura pura prelapsaria (per Baio, la stessa perfezione e integrità della creatura pura richiederebbe corne proprio necessario e naturale compimento l' agostiniano adiutorium sine quo non, la grazia sufficiente donata dallo Spirito Santo) coinciderebbe con l'incapacità di pensare la soprannaturalità della grazia, degradata a necessaria appendice ontologica della natura originaria21 ; lo stesso esagerato pessimismo infralapsario dell'agostinismo di Lova-
S. Agostino nelle questioni del soprannaturale, Roma 1968. Al contrario, sull'irriducibilità del giansenismo (apologeta di Agostino e non di Baio) al baianesimo, cf. L. CEYSSENS, Le jansénisme. Considérations historiques préliminares à sa notion, in AAVV, Nuove ricerche storiche sul giansenismo, (=Analecta Gregoriana 71), Roma 1954, pp. 3-32 (ora in Jansenistica minora IIl,24 ), in part. pp. 30-31. Sulla differenza tra Baio e Giansenio, riassume DE LUBAC: «Il primo tendeva a sopprimere, di fatto, l'idea della grazia; il secondo non la esagerava forse in qualche modo, considerandola corne una manifestazione della potenza, tanto più adorabile quanto più appariva arbitraria e tirannica?» (pp. 72-73). Mi pare piuttosto che considerare un errore esagerare l' assolutezza della grazia, sia, agostinianamente, un mero controsenso: cio che è assoluto non puo essere esagerato! La stessa esaltazione della incondizionata potenza della grazia è già tutta agostiniana, e non certo un'invenzione o un'esagerazione gianseniana. Le accuse contro Baio e Giansenio, «uomini del Vecchio Testamento» (p. 72), di proporre un Dio veterotestamentario, che dimentica di essere il Dio d'amore del NT (cf. pp. 72-73), mi paiono del tutto applicabili ad Agostino, sottolineando corne per J' Ipponate il Dio dell' AT e il Dio del NT, il Dio di giudizio e il Dio di grazia, sono comunque due facce, misteriosamente inseparabili e distinte, dell'unico Dio biblico.
20 «Malgrado la sbalorditiva conoscenza dei testi», l' Agostino di Giansenio non è che un «"coscienzioso equivoco"» (p. 72; la citazione di de Lubac è tratta da Blondel).
21 Già Louis Bail definiva Baio corne «Pelagio del Paradiso terrestre»; la stessa tesi è sostenuta da de Ripalda; cf. H. DE LUBAC, Agostinismo, p. 53; de Lubac, comunque, radicalizza sofisticamente l'accusa di pelagianesimo: Baio naturalizzerebbe la grazia anche nello stato postlapsario, in quanto il dono divino permetterebbe il merito, ma non Io costituirebbe intrinsecamente corne tale. Insomma, nello stato di grazia l'uomo ricostituirebbe quello stato autonomo di natura pura, nel quale l' azione della grazia era meramente estrinseca, e con esso la capacità autonoma di meritare la salvezza: cf. pp. 53-57. «Baio naturalizza il soprannaturale. Trasforma una dottrina spirituale in tesi d'ontologia» (p. 61). Cf. inoltre il cap. La preghiera di Adamo, in Agostinismo, 131-149 e in part. le pp. 139-144, in polemica con Arnauld.
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nio sarebbe l'effetto di questo eccessivo ottimismo prelapsario 22, si che soltanto una grazia irresistibile, deterministicamente e solo estrinsecamente operante, parrebbe in grado di restaurare la pienezza ontologica di una natura ormai evidentemente impotente 23 • Nella polemica contro il purismo prelapsario dei lovaniensi, l'obiettivo costante di de Lubac è pertanto quello di ridurre quanto più possibile la differenza (giansenisticamente, e in realtà agostinianamente assolutamente fondante) tra l' Adamo prelapsario e l'uomo decaduto: ridimensionata la perfezione originaria, si attenua la negatività dell'esistenza alienata. L'insistenza, con la quale de Lubac si ostina a reinterpretare forzatamente la dottrina dei due adiutoria del De correptione et gratia 24, si spiega cosi con
22 «L'ottimismo supra-lapsario (di Giansenio) ha determinato il suo pessimismo pratico ... Sulle rovine della natura, una volta padrona di se stessa, egli vede oggi regnare la grazia di Dio» (Agostinismo, p. 110). Per una messa a fuoco più obiettiva della questione della natura pura - respinta corne filosofica e pelagiana da Giansenio - cf. R. J. TEsKE, Augustine, Jansenius, and the State of Pure Nature, in K. Flasch e D. de Courcelles (edd.), Augustinus in der Neuzeit ... , pp. 161-174.
23 Cf. Agostinismo, pp. 78-79 e 105-107. 24 Cf. in part. Nota sui "De correptione et gratia", in Giansenismo,
pp. 127-130 e le importanti pp. 94-101 e 112-119. La delectatio della grazia, dell'adiutorium quo non sarebbe un irresistibile atto divino che accende la volontà guidandola, ma un divino sostegno perché l'uomo perseveri con la sua stessa libertà sino alla fine, sostegno più intenso e più "efficace" certo (cf. pp. 128-129), eppure analogo a quello dell'Adamo prelapsario: «Grazia che Adamo non ha ricevuto, perché è essenzialmente la grazia della perseveranza, e Adamo non ha perseverato. .. La distinzione fra la grazia dei due stati consiste, corne si è visto, nel fatto che la prima faceva potere Adamo, mentre la seconda giunge fino a far volere il santo» (p. 128); malgrado la lettera agostiniana sia rispettata, è evidente l'intenzione di far dipendere la differenza di efficacia tra le due grazie non dal diverso adiutorium divino, ma dall'esito finale di perseveranza che esso ha ricevuto dalla stessa libertà umana; nella tradizione gesuita, è bandita qualsiasi implicazione predestinazionistica. La capziosissima interpretazione di de Lubac è ancora una volta tutta giocata sull'indubbia affermazione agostiniana del consenso libero della volontà al dono divino della grazia: rifiutare (cf. pp. 99-100; 112-117) l'azione tirannica della grazia (con Agostino) serve cosl a rifiutame surrettiziamente (cf. p. 83) la stessa irresistibile efficacia (contro Agostino), per interpretarla tutt'al più corne grazia meramente congrua (cf. pp. 94-95 e 97, ove si parla di «invito sempre più pressante») e suasiva (pp. 92-93: «Ciè> che il dottore della grazia cercava di dimostrare contro Pela-
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l' esigenza di avvicinare la natura e l' operazione delle due grazie, distinte per intensità, ma non irriducibili e assolutamente differenti per divina intenzionalità redentiva, sl che la stessa grazia restauratrice non è in alcun caso irresistibile 25 • Il vero Agostino viene quindi reinterpretato corne l'antitesi del-1' Agostino lovaniense, senza mai verificare affermazioni o condanne a partire dagli stessi testi agostiniani studiati nella loro evoluzione storica, distillando piuttosto un sistema teologico astratto che filtra Agostino attraverso la tradizione cattolica e scolastica, minimizzandone le eventuali alterazioni, apertamente ammesse e considerate corne necessari corretti-
gio ... non era l'invincibilità della grazia, era soltanto la sua necessità»). De Lubac identifica «il concetto di delectatio victrix, analogo sebbene non del tutto identico a quello dell' adiutorium quo», con la «dilettazione onnipotente della giustizia, che risiede nella parte superiore dello spirito: delectatio justitiae, delectatio mentis. La vittoria, della quale essa è garanzia, procura la perfezione della giustizia, nell'esercizio della libertà» (pp. 115-116); la caritas della grazia non è qui un atto personale di Dio nella coscienza, ma è identificata con Io stesso ideale di divinizzazione immanente nell'anima, disponibile al suo stesso desiderio, dunque considerata non corne la causa divinamente efficiente, ma corne la causa formale (la giustizia) propria della libertà perseverante: in ta! senso il gesuita de Lubac mi pare non Iontano da! gesuita D. PETAU (non a caso citato in Agostinismo, p. 95), di cui cf. De Adiutorio sine quo non et Adiutorio quo Brevis Dissertatio ad illustrissimum quemdam Praesulem, Parisiis 1651; cf. in part. cap. III, pp. 15-22: «Quod Augustinus secundum gratiae genus, quod naturae lapsae proprium est, nihil aliud esse vult praeter causam formalem, hoc est formam ipsam, qua subiectum tale est ac nominatur. Assert enim in illius exemplum beatitudinem ipsam, non quae beatitudinem efficit in homine, sed qua beatus est... Quemadmodum iustitia non producit in ho mine iustitiam, tanquam formalem effectum suum a se diversum, sed est ipsamet forma, qua subiectum afficitur et formatur, appellaturque iustum» ( 16-17); identico il ragionamento riguardo al dono della perseveranza in IV,26-27. Il filtro scolastico permette di ontologizzare l' adiutorium quo, ridotto da atto efficace e irresistibile della grazia (comunque irriducibile alla libertà cui si dona), a stato metafisico, a aristotelico atto dell'uomo morale, a ultima meta (la forma stessa della perseveranza) in cui si compie il libero processo di perfezionamento dell'uomo.
25 lndicativa in Agostinismo, pp. 92-93 e 106-108, la misurata eppure esplicita preferenza attribuita al semipelagiano (e condannato corne molinista ne! 1690) Traité de la Nature et de la Grâce (1684[4]) di N. MALEBRANCHE rispetto alla confutazione delle Réflexions philosophiques et théologiques (1685-1686) di ARNAULD: il primo sarebbe perde Lubac più fedele ad Agostino del secondo!
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vi 26• Significativa in proposito è l'accusa portata da de Lubac contro Giansenio: «il limitare la ricerca alle opere della controversia pelagiana, voleva dire privarsi di elementi essenziali di inforrnazione sul pensiero profondo di Agostino» 27 ; dunque elementi essenziali del pensiero profondo di Agostino, fissato anteriormente alla polemica antipelagiana, sarebbero in essa del tutto inoperanti! L'esigenza di storicizzare la valutazione delle opere agostiniane è in realtà soltanto strumentale, e comunque criticamente autodistruttiva: infatti, con i giansenisti e contro de Lubac, bisogna ricordare corne in realtà la polemica antipelagiana divenga il centro logico e non meramente polemico della teologia agostiniana sin dal 411! Tutti gli ultimi vent' anni della ricerca teologica agostiniana verrebbero quindi messi tra parentesi, perché monopolizzati dagli inevitabili estremismi della controversia teologica, sl che persino il De civitate Dei, cosl decisamente condizionato dalla polemica antipelagiana, dovrebbe rappresentare un'opera non del tutto capace di rivelare «il pensiero profondo di Agostino». Non sarebbe invece opportuno, per recupe-
26 «Certamente non ne segue che tutto deve essere canonizzato nella dottrina di S. Agostino, anche in materia di grazia. Ben presto la tradizione seppe farvi una giusta distinzione e non c'è alcuno dei suoi più ferventi ammiratori che non riconosca in particolare dei tratti di un pessimismo eccessivo, pessimismo che si potrà, se ci si tiene, attribuire a qualche reminiscenza manichea» (Agostinismo, p. 36). «Per quanto grossolani siano tali equivoci, si rischia assai di cadervi quando si cerca il pensiero di Agostino sui soprannaturale unicamente negli scritti riguardanti la controversia sulla grazia. Non che si debba contestare l'importanza di queste opere, riducendo tutto il loro contenuto ad esagerazioni dovute alla vecchiaia o ad eccessi polemici. Malgrado queste innegabili intemperanze, malgrado gli irrigidimenti e le limitazioni che furono il prezzo della lotta, il loro valore è grande ... Ma non bisogna considerare isolatamente questi scritti dell'ultima ora, bisogna collocarli nell'insieme dell'opera agostiniana .... Ma la risposta opposta (ai giansenisti sulla natura dell' Adamo prelapsario), che è autenticamente quella di S. Agostino, bisogna andarla a cercare altrove» (pp. 119-120); cf. nota 78 a p. 120.
27 Agostinismo, p. 131. Sulla strategica negazione del carattere sistematico (postulato da Baio, corne da Giansenio) della teologia agostiniana e la normalizzante riduzione delle affermazioni antipelagiane a ipotesi o eccessi polemici, cf. le significative precisazioni di X. LE BACHELET nell'articolo Baius, in Dictionnaire de théologie catholique, tomo 11,1, Paris 1923, coll. 38-111, in part. col. 64.
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1 ial'l.11111 l .1·1111·11 /1111,·todo tlt•lla grazia
1an· 1111a l'OITl'lla prospcttiva storica, ritomare alle Retractatio-111·.,· dl'llo slcsso Agostino? Questi infatti vi afferma chiaralllL'lllc chc la dottrina della grazia operante e della predestina:1.io11c cra chiaramente messa a fuoco, nelle sue linee essenzia-1 i, sin dal 396-397, ovvero sin dall'Ad Simplicianum e dalle immediatamente successive Confessiones 28: la polemica antipelagiana consente quindi il perfezionamento sistematico di una concezione teologica personalissima, anteriormente definita (anzi per Agostino "rivelata"), dunque elaborata autonomamente rispetto alla controversia antieretica.
Rispetto alla tradizionale discriminante opposizione tra Agostino e il giansenismo riproposta da de Lubac e da Vanneste, maggiore acutezza critica, originalità di impostazione e spessore storico rivela il capitale, eruditissimo libro di BRUNO NEVEU, L'erreur et son juge 29, opera non solo espli-
28 Cf. G. LETIIERI, L'altro Agostino, Brescia 2000. Indicativo che H. DE LUBAC, Agostinismo, p. 122, chiami in causa le Confessiones per indicarle corne testo agostiniano teologicamente decisivo, in riferimento al quale viene comunque rilevata (ritengo del tutto a torto) l' assenza di una precisa dottrina sulla grazia; addirittura de Lubac sottolinea la strettissima vicinanza tra l' antropologia delle Confessiones e quella dei Padri greci, capaci di accordare regno della grazia e regno della natura (cf. a p. 104 Io schierarsi, con Habert e contro i giansenisti, a favore di una forzata armonia tra Agostino e i Padri greci): proprio in quanto natura creata, «creatura razionale» (p. 123), «l'anima umana (è) illuminata e fortificata dall'incessante azione di Dio» (ivi); in questo identificare con la provvidenziale, inesauribile creazione e l'illuminazione interiore di Dio Io stesso atto di grazia (per l'autentico Agostino del tutto nuovo e non universalmente comunicato aile creature), il riduzionismo semipelagiano di de Lubac attinge il suo culmine!
29 B. NEVEU, L'erreur et son juge. Remarques sur les censures doctrinales à l'époque moderne, Napoli 1993. Di B. NEVEU cf. inoltre l'importante raccolta di articoli: Érudition et religion aux XVIIe et XVIIIe siècles, Paris 1994; oltre alla preziosa Introduzione, cf. in part. gli articoli Augustinisme janséniste et magistère romain, pp. 451-472 (già pubblicato in Le Siècle de saint Augustin=«XVIIe siècle», 135, 1982, pp. 191-209); Le statut théologique de saint Augustin aux XVIIe siècle, pp. 473-490 (già pubblicato in AAVV, Actes du colloque sur le troisième centenaire de l'édition mauriste de saint Augustin, Paris 1990); Juge suprême et docteur infaillible. Le pontificat romain de la bulle In eminenti (1643) à la bulle Auctorem fidei (1794), pp. 385-450 (già pubblicato in «Mélanges de l'Êcole française de Rome. Moyen Age-Temps modernes» 93, 1981, pp. 215-275). Neveu amplia e sistematizza le magistrali linee interpretative che della storia del rapporto tra magistero romano e agostinismo aveva tracciato E. PORTALIÉ, nella
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citamente antigiansenista, ma anche del tutto consapevolmente (pur se prudentemente) antiagostiniana, apologetica nella sua certo sorprendente e piuttosto acritica ammirazione per la plurisecolare attività censoria romana, considerata corne legittima anzi ispirata pratica di difesa della tradizione cattolica. Procedendo nella direzione opposta del filogiansenista Ceyssens, Neveu attribuisce ai discepoli di Giansenio la responsabilità di trasformare in eresia, in opposizione sistematica e pertinace a Roma, quelli che comunque sono considerati gli errori dottrinali dell 'Augustinus 30, ricondotti ad un unico, fondamentale vizio: la pretesa 31 , tutta «moder-
voce Augustin (saint), Dictionnaire de théologie catholique, tomo 1,2, Paris 1923, in part. coll. 2463-2472; la stessa ambiguità che rileveremo in Neveu è già tutta in Portalié: da una parte si riconosce che la dottrina della grazia agostiniana non coïncide con quella ecclesiastica e dev'essere ad essa subordinata (l' autorità della sede apostolica romana, ispirata da Dio, è superiore a quella dello stesso Agostino; già secondo l' lndiculus pseudo-celestino, riaffermato da vari pontefici, le dottrine agostiniane più profonde, quelle della predestinazione, non devono essere considerate dogmaticamente vincolanti); dall'altra si riafferma l'errore interpretativo giansenista, negando che Agostino abbia mai inteso negare il libero arbitrio, e proponendo un'artificiale distinzione tra fondamentali dogmi agostiniani della grazia (del tutto cattolici) e sistema agostiniano della grazia (non accettabile, in quanto contenente alcuni errori particolari).
30 «Le penchant secret qu'aurait eu Jansénius pour des opinions hétérodoxes a certainement fait sur les juges inquisitoriaux moins d'impression que l'agitation et l'insubordination de ceux qui entendirent défendre son ouvrage. Sans les lprenses de Louvain et de Paris il n'y aurait pas eu de jansénisme» (B. NEVEU, L'erreur, pp. 485-486); cf. p. 166. Già nell'articolo di J. CARREYRE, Jansénisme, in Dictionnaire de théologie catholique, Paris 1924, tomo VIIl,l, coll. 318-529, leggiamo, in riferimento alla sottomissione in punto di morte del vescovo di Ypres: «Bref, Jansénius n'eût pas été janséniste» (col. 328); cf. in prop. col. 447.
3' Niente più che una pretesa, in quanto !'Augustinus sarebbe - contrariamente a quanto ad esempio afferma sistematicamente Ceyssens -un'opera essenzialmente polemica e non puramente storico-filologica: «C'est dire que l'oubli, volontaire ou involontaire, du caractère polémique très marqué de !'Augustinus et de celui de toute théologie positive du temps conduit les critiques à commettre un véritable contresens et à entretenir l'illusion que l'ouvrage serait un modèle d'érudition philologique et historique conçu selon les règles qui se sont imposées au monde savant depuis la seconde moitié du XIXe siècle» (B. NEVEU, L'erreur, pp. 177-178); ma cf. anche pp. 477-479; Juge suprême=Érudition, pp. 407-408; Augustinisme janéniste, pp. 459-460.
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nista» 32 e antitradizionale, di possedere quel rigore storicocritico capace di identificare la vera logica del pensiero agostiniano, al di là dell'interpretazione "cattolica" offertane dalla chiesa, unico giudice capace di discemere l' errore dal deposito di fede 33• Neveu stigmatizza quindi corne criptoprotestante la teologia positiva giansenista, condannandone il «vé-
32 Il giansenismo è per Neveu «Un modernisme d'autant plus difficile à débusquer qu'il se présentait, à la différence du probabilisme, sous le visage vénérable d'une antiquitas rediviva. Fallait-il pour autant renoncer à combattre un dogmatisme exercé au nom des Pères et des anciens canons et supporter une tyrannie livresque aussi pesante que le fondamentalisme scripturaire des communions protestantes?» (B. NEVEU, L'erreur, p. 212).
33 Cf. in tal senso di B. NEVEU l'intero cap. Le statut théologique=Érudition, pp. 473-490: vi si rivendica la superiorità della tradizione vivente non scritta rispetto ai documenti scritti, siano pur essi quelli autoritativi del passato patristico; si relativizza quindi il peso dell' autorità dei Padri rispetto ail' opera di reinterpretazione del magistero romano e dei teologi modemi che Io difendono (pp. 475-476); la pienezza felice della tradizione romana, che vive il suo presente corne frutto di una crescita millenaria, viene contrapposta alla "modemistica" e deformante fuga nel passato dei giansenisti, definiti «des déracinés, réfugiés dans un rêve archaïsant et utopique à la fois» (p. 476; cf. 477-478); quasi che il conflitto giansenista potesse essere semplificato attraverso l' opposizione tra rivoluzionaria erudizione razionalistica, filologia pedante e antistorica da una parte, e conservativa fede vivente, svilup_po tradizionale del dogma dall' altra; cf. sulla stessa linea Juge suprême=Erudition, pp. 405-408; e in L'erreur, pp. 472-473, gli interessanti riferimenti alla controversia Leibniz-Bossuet sui concetto di eresia. Contro l'interpretazione di Neveu sui carattere modemistico del giansenismo, cf. A. ADAM, Du mysticisme à la révolte. Les jansénistes du XVIIe siècle, Paris 1968, in part. pp. 96-98; H. GOUHIER, L'anti-humanisme au XVIIe siècle, p. 90; J. PLAINEMA!SON, Pourquoi «Les Provinciales» ou une guerre perdue d'avance, in «Revue historique» 116, 1992, pp. 61-88, in part. pp. 64-66: questi autori concordano nel considerare corne modemistica l'intepretazione molinista della dottrina della giustificazione, e nel ricondurre il giansenismo ad un tradizionale agostinismo (certo fedelmente e rigorosamente interpretato). Per un'interpretazione del giansenismo corne «figlio del Protestantesimo, figlio spurio perè»> (p. 75), cf. F. RUFFINI, Studi sui giansenismo, Firenze 1943, 1974(2), pp. 62-78. In realtà, cio che rende del tutto singolare il giansenismo è proprio la paradossalità con la quale media tradizione e modernità, radicalismo agostiniano, all'interno di un sistematico ritorno alle origini, e spregiudicata volontà di riforma e di libertà di giudizio. L'agostinismo giansenista è quindi, corne vedremo, rivoluzionario proprio perla sua radicale fedeltà all'originale, cosi corne l' assoluta, incrollabile fedeltà giansenista alla tradizione cattolica è rivoluzionaria proprio perché rnisticamente e sacramentalmente confessata al di là delle esteriori, contingenti vicende politico-ecclesiali.
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Capitolo primo - Agostino: una scomoda eredità
ritable fondamentalisme patristique»34, il metodo antiscolastico 35 e la pretesa di un ritomo alle fonti del cristianesimo, corne debolezza di pensiero e insipienza ermeneutica, responsabile di ridurre le autorità patristiche a morta lettera senza spirito 36• Ad un giansenismo ridotto a mera «nostalgie livresque» 37 di un puro agostinismo pretenziosamente spacciato per unica regola di fede, Neveu contrappone quindi «l'Église règle vivante» 38
34 In Le statut théologique=Érudition, p. 483, e in L'erreur, p. 179. Nell'lntroduzione a l' Érudition, definendo con Orcibal il giansenismo corne «une hérésie cultivée», Neveu Io considera, con de Certeau, corne manifestazione esemplare del «terrorisme qu'exerce l'érudition sur la théologie» (pp. 16-17). Le tesi di Neveu ripropongono moite delle accuse che l'umanesimo devoto rivolse precocemente ai giansenisti: cf. in prop. la faziosa, ma ancora mirabile trattazione di H. BREMOND, Histoire littéraire du sentiment religieux en France depuis la fin des guerres de religion jusqu'à nos jours, Paris 1923, rist. 1967, tomo l,l (="L'Humanisme dévôt: 1580-1660"), parte III, capitolo 1: "L'humanisme dévôt contre le jansénisme", pp. 386-420. Bremond parla appunto di «primitivisme puéril des jansénistes» (407). Cf. infine le accuse di F. Bona!, riportate infra, Cronologia, anno 1655.
35 «Comme Baius avant lui, Jansénius est persuadé que les scolastiques ont déformé le sens de l'oeuvre de saint Augustin en introduisant dans la théologie des idées reprises aux philosophes» (B. NEVEU, L'erreur, p. 177).
36 Cf. L'erreur, pp. 157-158 e 185. 1 lovaniensi e i giansenisti «veulent faire de la chaire de saint Pierre une chaire universitaire d'histoire des dogmes, qui va trancher la question de l'authenticité augustinienne de Jansénius, alors qu'en fait ce sujet n'est pas de la compétence de ministère enseignant... Bien loin de s'engager sur la voie historique, comme l'y invitaient avec quelque empressement les lprenses sûrs de la réponse, l'autorité romaine se résolut à demeurer sur le terrain disciplinaire et dogmatique où s'exercent sa régence et son magistère» (L'erreur, p. 503).
37 L'erreur, p. 239. Cf. sempre di B. NEVEU, Archéolâtrie et modernité dans le savoir ecclésiastique, in «XVIIe siècle» 131, 1981, pp. 169-184, quindi in Érudition et religion, pp. 365-383, in part. pp. 377-379: significativa la malcelata simpatia per uno sprezzante, sistematico distruttore dell' autorità dei Padri e nemico giurato della «archéolâtrie» giansenista, il gesuita Jean Hardouin, sfrenato sostenitore della piena autonomia spirituale della chiesa rispetto aile sue pretese autorità antiche (a suo parere in gran parte falsificate) ! Afferma Hardouin: «Satis est Romanae Ecclesiae sua fides, sua traditio, absque Augustini alteriusve privati cujuscumque subsidio»; e ancora: «Minus curant homines utrum sint christiani quam utrum sint et dicantur augustiniani. At mi satis est esse christianus» (citt. p. 378).
38 L'erreur, p. 235. È interessante rilevare la corrispondenza dei criteri ermeneutici di Neveu con quelli del domenicano FRANc1sco MELCHIOR CANO, il quale ne! De locis theologicis sistematizzava una vera e propria gerarchia di auctoritates theologicae, ove l'autorità dei Padri non costituiva uno
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«pour ainsi dire installée dans l'étemel»39, che sola puà giudicare dell' ortodossia di qualsiasi dottrina teologica: a Roma viene infatti riconosciuto un vero e proprio diritto all'imperialismo teologico, una vera e propria «supériorité de vision, naturelle et surnaturelle», ovvero «le don charismatique de l'infaillibilité» conferito «de l'assistance indéfectible de !'Esprit illuminateuD>; sl che al tentativo giansenista di distinguere l'ambito del diritto dogmatico da quello del fatto storico-critico, Neveu risponde propugnando un dogmatismo assoluto ed ubiquo: «Invisible aux yeux de chair de la raison, qui scrute en vain le droit séparé du fait, ce sens dogmatique se dévoile aux yeux de feu de 1' organe de la foi» 40•
Malgrado 1' evidente parzialità apologetica della sua ricostruzione 41 , dominata da un apriorismo teologico che relativizza sistematicamente il dato storico, pur mirabilmente indagato, Neveu ha comunque il merito di interpretare la contro-
dei cinque loci della certezza teologica (nell'ordine la Scrittura, le tradizioni apostoliche, la chiesa cattolica, i concili, la chiesa romana), ma soltanto un' autorità subordinata: cf. P. STELLA, Augustinisme et orthodoxie, p. 170.
39 B. NEVEU, Augustinisme janséniste=Érudition, p. 455. La chiesa possiede quindi un «regard divin» (L'erreur, p. 716).
40 Juge suprême=Érudition, pp. 432-433; le tesi di quest'articolo sono riprese, talvolta alla Jettera, nella Conclusion di L'erreur, in part. pp. 747-758; quella amauldiana è dunque la pretesa ermeneutica di «se substituer, en quelque manière, au pontife romain dans l'opération de détermination du sens» (L'erreur, p. 590). Le stesse tesi di Neveu sono state sinteticamente affermate da! violento volume antigiansenista di E. DAMMIG, Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del secolo XVIII, Roma 1945: «Anche la Chiesa rispetta l'autorità dei SS. Padri ... Ma un singolo Padre non costituisce perse stesso un'autorità infallibile, e quindi è soggetto ad errare. 1 giansenisti non vogliono riconoscere che non è da cattolici appellarsi ai Padri contro una definizione della Chiesa. Essi non riconoscono che per i fedeli esiste una sala fonte immediata della fede, il magistero vivo della Chiesa, e che soltanto questo magistero ha il compito di interpretare autenticamente le fonti più remote della fede, cioè la Sacra Scrittura e la Tradizione. Se pensiamo al principio protestantico del libero esame della Scrittura, troviamo presso i giansenisti, in una forma un po' più mitigata, un principio simile per l'interpretazione della seconda fonte della fede, la Tradizione» (p. 4).
41 Cf. in prop. le convincenti osservazioni di PH. SELLIER nella sua recensione a L'erreur e a L'Érudition, in «Revue des Études augustiniennes» 1995, 41, pp. 193-197, in part. pp. 195-197.
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versia sull 'Augustinus corne epocale conflitto ermeneutico tra la giansenista rivendicazione di una piena autonomia teologica e scientifica, e l'autoritativa pretesa romana all'interpretazione univoca e infallibile 42 • E pare evidente corne per controversia ermeneutica qui non si possa certo intendere una mera controversia erudita, bensl lo scontro tra due irriducibili modelli teologici ed ecclesiologici.
42 «Le jansénisme voudrait, lui, traiter de l'orthodoxie (ou de l'hétérodoxie) de !'Augustinus par les voies de la critique, comme "d'une chose de fait que lon conduit par les sens et par la raison", pour parler comme Pascal» (B. NEVEU, Augustinisme janséniste=Érudition, p. 468). «La compétence du magistère n'est pas d'ordre historique et philologique. La chaire de saint Pierre n'est pas une chaire universitaire de science patristique ... Le saint Augustin de la critique philologique, de la via histori;ca, ne se confond pas avec le saint Augustin de la traditio continuativa de l'Eglise, qui intègre, siècle après siècle, toute oeuvre particulière dans le courant plus large et toujours mouvant de sa propre interprétation d'ensemble. Comme le remarque le Père Annat, "nullam esse certiorem viam ad cognoscendam Augustini sententiam quam Ecclesiae interpretationem". Là est lavera mens sancti Augustini, aussi bien que la véritable interprétation du sens des Écritures elles-mêmes. Bien entendu, l'Église ne songe pas à attaquer la méthode critique et ses évidences, elle n'entend ni vérifier ces dernières ni les infirmer>> (ivi, p. 463); cf. L'erreur, pp. 220 e 501-503. È opportuno in prop. non lirnitarsi all'accenno di Neveu, e approfondire i riferimenti ad una delle più significative opere antigianseniste, quella di F. ANNAT, Cavilli Janseniarum, Paris 1654; cf. in part. il capitolo III, pp. 26-30, ove si nega la corrispondenza tra la dottrina di Giansenio (identificata con le cinque proposizioni condannate dal papa) e quella di Agostino, ma ciô non trarnite un esame teologico, ma soltanto trarnite l'argomento autoritativo: <<Nullam esse certiorem viam ad cognoscendam Augustini sententiam quam Ecclesiae interpretationem. Non licere nobis Augustinum interrogare de dubiis quae circa eius scripta suboriri possunt, adire autem Ecclesiam licere. Quid igitur tutius quam ut praesentem et loquentem Ecclesiam interrogemus de sententia sancti Augustini tacentis et absentis. Esto, scripto loquatur Augustinus, non posse tamen scripto dubia solvere quae circa scriptum ipsum nascuntur. Si veram putamus eius sententiam, cum sit certius verum etiam esse Summi Pontificis, certo concludendum non intelligi Augustinum ab iis a quibus trahitur in sententiam Pontifici contrariam»; e comunque l'autorità del papa supera quella stessa di Agostino: «Si deinde convincentur id quod definitum est contrarium esse quibusdam aliis eiusdem Sancti Augustini pronuntiatis, deserendam potius Augustini sententiam, quam sententiam Summi pontificis». Sulla figura di Annat, che collaborerà direttamente con I' Albizzi a Roma per la condanna delle cinque proposizioni, cf. L. CEYSSENS, François Annat S.J. et la condamnation des Cinq Propositions à Roma, 1649-1652, in «Bulletin de l'Institut historique belge de Rome» 44, 1974, 111-126.
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Infatti i differenti criteri di interpretazione della tradizione patristica rimandano a due diverse modalità di operazione dello Spirito Santo, e quindi al secolare conflitto (in Agostino e nello stesso giansenismo soltanto apparentemente o provvisoriamente mediato) tra potere e carisma: la vera rivelazione è essenzialmente svelata grazie all'elezione del singolo, oppure è accessibile soltanto se filtrata dalla plurisecolare tradizione cattolica, vivente attraverso le istituzioni ecclesiastiche? Se Dio salva operando interiormente nella coscienza del singolo, quale rimane il senso della mediazione ecclesiale, quale il rapporto tra fede interiore e religione tradizionale? All'ideale giansenistico di una rivelazione donata corne sistema immediatamente compiuto nella dottrina di un singolo pensatore, eccezionalmente illuminato dalla grazia divina, Neveu oppone (con Vincenzo di Lerino e con Newman) l'ideale cattolico di una verità dottrinale mai esauribile da alcun singolo pur grande teologo, verità quindi soltanto ecclesialmente interpretabile e totalizzabile43 , in fieri, capace di crescita organica soltanto attraverso un secolare sviluppo storico: il giudice cattolico non puo che relativizzare storicamente l'implicita anarchia storica della grazia agostiniana. D'altra parte, Neveu pare sottovalutare il dilemma teologico giansenista, ovvero il precario equilibrio tra la confessione dell' autorità cattolica, dell' unica tradizione storica che testimoni e renda partecipi del mistero della salvezza, e la confessione dell'interiorità della coscienza, spazio in cui la grazia puo "avvenire" del tutto liberamente; dopo i tanti, fallimentari e sinceri tentativi di compromesso, il giansenismo sarà costretto ad anteporre ai pronuncia-
43 «On n'a pas ici à évoquer la fortune des écrits augustiniens et leur empire sur le XVIIe siècle religieux. Un statut exceptionnel leur a été reconnu par les plus hautes autorités de l'Église. A vrai dire, celle-ci n'a jamais été jusqu'à faire du docteur africain la clef de voûte de son édifice doctrinal, à le tenir pour un oracle du dogme, chargé providentiellement de réinterpréter et de résumer l'ensemble multiforme de la tradition antérieure» (Augustinisme janséniste=Érudition, p. 457); la stessa pretesa di assolutizzare l'autorità di Agostino, e non tanto le specifiche verità dottrinali che gli si attribuiscono, è quindi l'origine stessa dell'eresia giansenista: «C'est la définition même de l'hérésie que cette élection d'une vérité, isolée, exaltée aux dépens des autres, au risque de provoquer un dérèglement dans l'économie de la foi: graece "haeresis", latine "electio"» (ivi); si noti la raffinata insinuazione!
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menti dell'autorità ecclesiale un "altro" dogmatismo: l'evidenza della verità interiormente accesa dalla grazia individualmente operante, atto che solo è capace di svelare il senso totale della storia stessa (si che il giansenismo potrà pretendere di ricondurre alla teologia della grazia agostiniana la totalità della storia ecclesiastica), di abilitare la ragione umana a giudicare della fedeltà della chiesa al deposito tradizionale di fede, di giudicare quindi dell'accordo tra tradizione (autorità religiosa) e interiorità (evidenza della fede).
Dinanzi all'implicita carica eversiva dell'agostinismo, inevitabile è quindi il decisivo slittamento dalla questione "qual è il vero Agostino?", alla questione "qual è il rapporta tra Agostino e il resto della tradizione ecclesiastica?". Neveu identifica perfettamente e fa convintamente propria la profonda, coerentissima logica che porto Roma - malgrado le forti oscillazioni, e comunque con infinite prudenze - a relativizzare nettamente l' autorità dei Padri in generale44, e soprattutto a relati vizzare 1' autorità di Agostino corne fondamento della dottrina ecclesiale della grazia45, nella consapevolezza della sua eccezionalità
44 «À la superlativisation d'une oeuvre, à l'exaltation d'un auteur particulier, fût-il le premier des Pères latins, la catholicité romaine répond d'instinct par des mesures propres à relativiser une expression dogmatique présentée à tort comme définitive» (B. NEVEU, L'erreur, p. 180); cf. Augustinisme janséniste=Érudition, p. 461. Sul paradossale rapporto della tradizione cattolica post-tridentina con l'autorità dei Padri (da difendere contro la pretesa protestante della sola Scriptura, ma da relativizzare e da subordinare al-1' autorità del magistero romano), cf. il notevole contributo di J.-L. QUANTIN, The Fathers in Seventeenth Century Roman Catholic Theology, in 1. Backus (ed.), The Reception of the Church Fathers in the West. From the Carolingians to the Maurists, 1-11, Leiden-New York-Kéiln 1997, II, pp. 951-986.
45 «Rome... a ressenti, au centre de l' orbis catholique, la convenance, voire la nécessité, d'une relativisation dogmatique, d'un "désengagement" augustinien de la part du magistère ... Rome n'est pas liée à la doctrine particulière d'un Père, fût-il docteur de l'Église. En admettant, comme le croyait Martin de Sarcos, que la vérité de M. d'Ypres fût la vérité de saint Augustin, la vérité de saint Augustin ne serait pas nécessairement la vérité de l'Église ... L'Église tient la doctrine de saint Augustin pour une référence privilégiée, non pour une norme doctrinale» (B. NEVEU, Augustinisme janséniste=Érudition, pp. 462 e 464); cf. Le statu théologique=Érudition, pp. 484-485 e L'erreur, p. 176. Sulla storia dell'agostinismo e del suo difficile rapporto con la tradizione cattolico-romana, cf. J. ÜRCIBAL, Jansénius d'Ypres, pp. 15-56; e il notevole contributo di P. STELLA, Augustinisme et
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all'interno della stessa tradizione patristica cattolica (unanimemente "pelagiana" o tutt'al più "semi-pelagiana" prima di Agostino, in gran parte "semi-pelagiana" dopo di lui). 1 pronunciamenti antigiansenisti sono quindi apertamente, significativamente intepretati corne «refus de ce statut hégémonique, de cette situation de monopole accordée à s. Augustin» 46• Ne deriva il rovesciamento dell'adagio agostinista: Ubi est Augustinus, ibi est Ecclesia41 ; Agostino non è l'interprete unico della chiesa e della sua infallibile tradizione, ma è la tradizione ecclesiastica la regola interpretativa dello stesso, vero Agostino. La storica identità dottrinale di Agostino è quindi del tutto apertamente relativizzata, minimizzata, subordinata alla selettiva opera di reinterpretazione dell'autorità romana, ove all'ermeneutica storico-critica giansenista viene opposta una deformante ermeneutica dogmatico-autoritativa 48, per la quale «il pensiero autenti-
onhodoxie, pp. 169-189; riguardo ad un arco temporale più ristretto, cf. J. ÜRCIBAL, De Baius a Jansénius: le "comma pianum'', in «Revue de sciences religieuses» 36, 1962, 115-139. Sull'antiprotestante, precoce, strategica relativizzazione cattolica di Agostino, realizzata o temperando le sue affermazioni predestinazioniste tramite il ricorso aile affermazioni del primo Agostino, o appoggiandosi sull'autorità altrettanto vincolante degli altri Padri (occidentali e orientali), cf. R. KEEN, The Fathers in Counter-Reformation Theology in the Pre-Tridentine Period, in 1. Backus (ed.), The Reception of the Church Fathers in the West, Il, pp. 701-743, in part. pp. 710-711.
46 B. NEVEU, Augustinisme janséniste=Érudition, p. 466. Neveu accusa pertanto Arnauld di «oublier que les théories avancées par l'évêque d'Hippone à la fin de sa vie n'ont jamais fait l'unanimité parmi les Pères. Il n'importe, Arnauld n'accorde de prix qu'à l'évidence du texte, non à la décision du siège apostolique, qui se prétend assuré de l'aide surnaturelle» (B. NEVEU, L'erreur; p. 216). Sulla relativizzazione dell'autorità teologica di Agostino, rivelativa è l'affermazione resa da Innocenzo X il 21 gennaio 1652 alla deputazione giansenista: «Il fallait y garder un peu de modération et ne pas s'attacher aux choses et aux paroles (di Agostino) de si près, mais considérer l'exagération avec laquelle s. Augustin et les autres Pères de l'Église pouvaient en certaines rencontres avoir parlé, comme aussi ne pas considérer et appuyer comme si c'était des paroles de l'Écriture ce qu'ils pouvaient avoir dit quelquefois dans la chaleur et la véhémence du discours» (L. GORIN DE SAINT-AMOUR, Journal de ce qui s'est fait à Rome dans l'Affaire des Cinq Propositions, Paris 1662, p. 179).
47 Citato in B. NEVEU, Juge suprême=Érudition, p. 405. 48 Sul conflitto tra la logica "spirituale" (e quindi dogmatico-giuridi
ca) ecclesiastica e l'inadeguatezza della logica storico-critica, matematizzante o geometrica, cf. B. NEVEU, L'erreur, pp. 513-514 e 741-742.
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co di Agostino» è niente altro che un pretesto o peggio un ostacolo da rimuovere: per «les organes romains et leurs théologiens ... la vera mens sancti Augustini n'est autre que le sens donné par l'Église aux textes augustiniens retenus pour l'édification de la doctrine catholique et pour la formulation des définitions proposées aux fidèles. Que l' Augustinus soit ou ne soit pas le reflet fidèle de la pensée personnelle d'Augustin dans ses derniers écrits n'est pas, dans cette perspective dogmatique, une question décisive»49•
Si comprende in tal senso l' opposizione di Neveu alla concezione giansenista della teologia corne riflessione razionale dipendente dalla memoria, dal fedele meditare il dono della rivelazione, mediato dall'interpretazione patristica e in particolare agostiniana50• In questa identificazione è infatti implicita l' equivalenza tra la retta interpretazione del singolo teologo illuminato dalla grazia e l'autonoma, compiuta evidenza veritativa del testo "sacro", e ciè> indipendentemente dalla mediazione ermeneutica dell'autorità cattolica51 • Nella condanna del giansenismo, la chiesa cattolica deve al contrario ribadire la necessità della propria mediazione dogmatica, quindi l' impossibilità di un accesso diretto ai misteri della fede, deve condannare corne tendenzialmente eretica l' assolu-
49 B. NEVEU, L'erreur, p. 176; cf. pp. 559-560, ove Neveu difende corne «candida>> (!) e al tempo stesso opportuna l'ambigua strategia di Innocenzo X dinanzi alla deputazione giansenista del 1653: condannare le cinque proposizioni, ma evitando la delicatissima questione del rapporto tra Agostino e Giansenio.
50 Quella giansenista, illegittimamente selettiva, sarebbe quindi una «théologie régressive, "discipline de la mémoire et non de l'entendement" selon Jansénius, empreinte de nostalgie pour la fraîcheur et la plénitude inaccessibles des premiers siècles, fort imparfaitement évoquées d'ailleurs puisque les Pères grecs n'y paraissent guère et que les Pères orientaux - syriens, perses, arméniens - y sont i$norés» (B. NEVEU, L'erreur, p. 160); cf. B. NEVEU, Le statut théologique=Erudition, pp. 484-486.
51 «Un débat comme celui que déchaîna un siècle durant !'Augustinus a pour ressort principal le penchant rationnel des jansénistes - Pascal tout le premier - à ramener le regard dogmatique au regard de l'évidence humaine, à exiger des yeux de la foi une lecture d'explication et non d'interprétation» (B. NEVEU, L'erreur, pp. 138-139); «L'acte de foi paraît se confondre avec un acte de connaissance affranchi de toute pesanteur existentielle; l'expression dogmatique s'offre à l'esprit comme un pur intelligible» (p. 514).
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tizzazione di una singola prospettiva teologica, autonomamente eletta e criticamente interpretata52•
52 Cf. il recente, notevole contributo di J.-L. QUANTIN, Ces autres qui nous font ce que nous sommes: les jansénistes face à leurs adversaires, in «Revue de l'histoire des religions» 212, 1995, pp. 397-417. Rivelativo il circolo vizioso in cui si risolve l'argomentazione di Quantin: 1) il giansenismo era in effetti un'eresia, certo occulta e nascosta, altrimenti non sarebbe stata «par une spéciale sagacité» (p. 398) indovinata e quindi sistematicamente combattuta dai suoi avversari: «en traitant, à tant de reprises, les jansénistes en hérétiques, il faut bien qu'elles aient visé quelque chose, un sens dans lequel, malgré toutes les raisons contraires, la notion d'hérésie convenait en quelque manière au jansénisme» (p. 405); «Il est de fait que les jansénistes d'alors, dénoncés comme coupables d'hérésie et de schisme alors même que rien ne les en pouvait objectivement convaincre, devinrent effectivement, en la personne de leurs successeurs et héritiers, fauteurs de l'un et de l'autre» (p. 400); 2) ma il giansenismo è appunto un'eresia occulta perché mai nessun rilievo di carattere dottrinale puo essergli mosso: «le jansénisme est perçu comme une "hérésie interne", d'autant plus dangereuse qu'elle est mieux dissimulée» (p. 405); «Il est bien connu, de même, que les jansénistes du XVIIe siècle, du point de vue même de l'orthodoxie de leur temps, ne sauraient être proprement qualifiés d'hérétiques» (p. 401); 3) il difetto fondamentale del giansenismo è stato comunque quello di ostinarsi nella difesa della propria ortodossia, affermando la propria identità, la propria cristiana purezza dottrinale indipendentemente dal e persino contro il giudizio dell'autorità cattolica: «Le succès même avec lequel ils réfutaient les accusations portées contre eux, les rendait plus suspects... Cette dénégation les préservait d'être jamais convaincus, les rendait, sur le terrain proprement théologique, invincibles: d'où la pente des anti-jansénistes aux mauvaises querelles et aux calomnies» (pp. 405-406). lnsomma il giansenismo sarebbe eretico perché pretenderebbe di essere autoreferenziale (e proprio nella fedeltà ai Padri i giansenisti fondavano la loro autoreferenzialità: «Les jansénistes trouvaient ainsi dans les Pères le principe d'une identité plus intime et permanente que celle qu'offrait la communion ecclésiastique visible», pp. 416-417), di poter autonomamente giudicare di aver ragione nel respingere false accuse di eresia! Questa autonoma autorità di giudizio (persino riguardante soltanto questioni di fatto) sarebbe incompatibile con l' autorità autoreferenziale di Roma: «Le jansénisme participe en cela de traits qui sont caractéristiques des hérésies modernes. Son originalité est de se trouver, si l'on peut dire, convaincu par son innocence même. C'est lespèce d'invincibilité des jansénistes - il faut y insister - qui donnait ultimement, aux yeux des autorités, raison aux anti-jansénistes. C'est précisément parce que les jansénistes étaient à l'abri de toute réfutation, au-dessus de toute censure, que ni controversistes ni pontifes ne pouvaient les atteindre, parce que les jansénistes, en un mot, avaient réponse à tout, qu'ils représentaient un tel defi pour l'institution ecclésiastique et une telle menace pour l'orthodoxie. Comment les autorités de l'Église auraient-elles pu s'accomo-
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La lucidità e l' onestà intellettuali con le quali Neveu comprende l'inevitabile approdo antiagostiniano della tradizione cattolica vengono pero talvolta offuscate dall'imperativo apologetico di non consegnare Agostino all'eresia53• Ritomano allora le tradizionali letture ambigue e deformanti di Agostino: la teologia agostiniana della grazia e della predestinazione viene se non apertamente respinta, certo minimizzata, marginalizzata in uno stadio tardivo e polemico dello sviluppo teologico agostiniano, si che l' errore dottrinale giansenista dipenderebbe da un vizio di prospettiva storica e da un' anacronistica esigenza di sistematizzazione. Cosi l'identità dottrinale dell' Agostino storico, in realtà mirabilmente ricostruita dai giansenisti, viene del tutto volatilizzata, smembrata in frammenti non coerenti, in fasi teologiche non coordinate ed autoritativamente equivalenti, in collezione di auctoritates parziali e comunque da depurare, a causa del loro estremismo controversistico e polemico, infine disponibili alla selezione dottrinalmente determinante della tradizione romana54•
der de sujets intouchables, incondamnables? Au discours janséniste on ne pouvait proprement répliquer: il avait toujours le dernier mot, était irrécusable dans son ordre. De ce fait. .. il se posait en rival de cette autre parole toujours à jamais vraie, de cette parole infalsifiable parce qu'autoréférentielle, devant laquelle il n'Y, a jamais qu'à s'incliner, contre laquelle il n'y a pas de recours, celle de l'Eglise enseignante, infaillible par l'assistance du Saint-Esprit. Le discours janséniste mimait la parole de l'autorité ecclésiastique, en ce qu'il reposait comme elle sur une logique de l'identité. De même que l'orthodoxie se donnait comme reprise invariable, au sein d'une Église sans taches ni rides, d'une vérité toujours semblable à elle-même, le jansénisme était construit sur une suite d'identifications» (pp. 407-408).
53 Cf. B. NEVEU, L'erreur, pp. 186-189, ove si contesta I'equivalenza giansenista tra Agostino e !'Augustinus; cf. pp. 499-503, ove Neveu si schiera apertamente con Io stesso Albizzi nel considerare erronea la ricostruzione di Agostino operata da Giansenio; cf. infine pp. 477-503 e pp. 544-590, dedicate alla ricostruzione dell'atteggiamento romano nei confronti delle cinque proposizioni.
54 «Sans se dissimuler l'extrême difficulté d'une restitution de la doctrine originale du grand Africain, Jansénius s'appuie sur le principe en vigueur de son temps, négliger les opinions antérieures à 397, puisque l'auteur les avait rétractées, et s'en tenir aux réfutations de l'hérésie par l'évêque d'Hippone, qui avaient valu à saint Augustin son titre de docteur de l'Église, le De correptione ,et gratia offrant la cristallisation définitive de sa pensée, de la mens que l'Eglise a fait sienne officiellement par la bouche
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Questo poco convincente, e, a me pare, persino poco convinto tentativo di salvaguardare un Agostino non giansenista, passa comunque in secondo piano dinanzi alla necessità di teorizzare la relatività di qualsiasi testo autoritativo, a vantaggio dell'atto ermeneutico proprio dell'autorità cattolica. Ricorrendo ad interessanti riferimenti all'ermeneutica contemporanea55, Neveu sottolinea corne l'au tore - il «moi de papier» nettamente distinto dalla ormai inattingibile persona reale, ritrattasi proprio nell'essersi consegnata alle proprie opere56 - si risolva nei testi,
des pontife~. Jansénius partage avec ses contemporains l'illusion que les Pères de l'Eglise ont construit au long de leur carrière une oeuvre dont les thèmes auraient été délibérément choisis, mûris, portés peu à peu à la plénitude de leur signification théologique. Il lui échappe qu'il s'agit en fait d'une suite d'écrits de circonstance, provoqués par le surgissement d'idées ou de pratiques hétérodoxes, et cette convinction l'invite à proposer des Opera omnia d'un écrivain de l' Antiquité - en fait les morceaux que le temps en a conservés - une intérpretation qui en surestime la cohésion et la perfection» (L'erreur, p. 179); cf. Augustinisme janséniste=Érudition, p. 460. Il giansenismo sarebbe pertanto soltanto una «offensive d'une forme d'augustinisme non plus spéculatif mais historique, visant à faire reconnaître officiellement un statut spécial à s. Augustin, en fait à une interprétation partiale et anachronique d'un état tardif de sa pensée» (L'erreur, p. 166). Neveu stigmatizza quindi «le préjugé en faveur de l'authenticité augustinienne de l'Augustinus ... , convinction naïvement partisane ... sourde aux lois de l'ars critica, qui rappellent Je caractère provisoire et relatif de toute reconstitution historique, quels qu'aient été les efforts déployés pour saisir la pensée la plus intime de l'auteur; elle oublie les dangers d'une lecture orientée vers Je triomphe d'une thèse et qui se nourrit sélectivement d'une partie seulement d'une production vaste et complexe entre toutes qui n'est pas un traité systématique» (pp. 186-187); cf. Je stesse espressioni in Le statut théologique=Érudition, p. 480. Cf. ancora M. BLONDEL, Le jansénisme et l'anti-jansénisme de Pascal, Paris 1923, tr it. Cartesio, Malebranche, Spinoza, Pascal, Firenze1975, pp. 111-149, in part. pp. 118-123: i giansenisti tradirebbero Agostino proponendo «Un' ermeneutica perfettamente contraria al suo spirito», pretendendo di tradurre in formule e sistema intellettualistico la complessità inesauribile di una vita spirituale, quanto più libera e persino incoerente, tanto più ricca: «Cos'è difatti questo grande dottore della grazia? Una vita, una vita piena di contrasti e tutta plastica, che volta a volta, giunge alle tesi più provocanti, alle formule più spinte ... Egli è sempre pronto alle compensazioni e aile "ritrattazioni"» (p. 119).
ss Cf. B. NEVEU, L'erreur, pp. 505-518; Le statut théologique=Érudition, pp. 479-480.
56 Con questa distinzione Neveu compie la sua apologia dell'attività censoria romana: l'eventuale condanna di un autore (ovvero di alcune pro-
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corne la sua identità rimanga dunque problematica, essendo piuttosto divenuta il fuoco ipotetico, il subiectum postulato dai testi che tentano di esprimerlo, dalle stesse interpretazioni che gli si riferiscono; si che con Ricoeur, Neveu afferma: «Le texte est le lieu même où l'auteur advient>>57• La stessa chiesa cattolica considererebbe quindi Agostino non in sé, nella sua identità pienamente definita e rivelata, ma soltanto nei suoi testi consegnati alla libera interpretazione o meglio al giudizio della tradizione. A partire da alcune suggestive indicazioni di Foucault, Neveu considera quindi Agostino corne un geniale creatore de «la possibilité et la règle de formation d'autres textes» 58, l' «instaurateur» e la «fonction classificatrice» 59 di un nuovo orizzonte o gioco linguistico-concettuale, all'intemo del quale vigerebbe un'assoluta libertà di utilizzazione, di ricreazione; interpretare Agostino significherebbe pertanto certo riprendeme soluzioni, terni, suggestioni, parlame insomma il linguaggio dottrinale, ma nella piena libertà di metteme in discussione il centro di gravità teologica, di dire trarnite quel linguaggio altre cose 60, fermo restando che soltanto all'autorità papale è riconosciuto il diritto di parola. Mi pare inevitabile, in tal senso, l' approdo ad un assoluto relativismo ermeneutico, alla dissoluzione dell'identità di qualsiasi pensiero teologico in favore dei molteplici possibili lettori, essi stessi interpretati dall'unica autorità
posizioni dei suoi testi) non investe la sua profonda personalità: cf. L'erreur, pp. 509-511.
57 L'erreur, p. 509; cf. inoltre 512-514, ove contro una concezione matematico-cartesiana, univoca e sistematica dei testi teologici, Neveu sottolinea, ancora rifacendosi a Ricoeur, «la polysémie du texte», la legittimità «d'une pluralité des lectures d'un texte». Quanto sia influente la posizione reazionaria di Annat, al di sopra dei tanti riferimenti contemporanei, è rivelato da! brano citato supra, nota 42.
58 B. NEVEU, Le statut théologique=Érudition, p. 479; cf. L'erreur, pp. 167-168.
59 L'erreur, p. 507. 60 «Le "retour au texte" de ces fondateurs a sa spécificité propre, il
est un travail effectif et nécessaire de transformation de la discursivité ellemême, qui peut en déplacer l'accentuation ou le centre de gravité» (B. NEVEU, Le statut théologique=Érudition, p. 479). Cf. in L'erreur, pp. 742-743, i riferimenti a Gadamer: «Entre le sens original et le sens qui nous atteint aujourd'hui une tradition d'interprétation vivante a véhiculé le texte à l'intérieur [de la communauté des fidèles]».
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che garantisce la verità e la comprensione di qualsiasi testo, ne ricostituisce il senso, si che realmente il testo in sé non è altro che un pre-testo per un'assolutamente arbitraria ed esclusiva attività ermeneutica. Opponendosi a «la conception statique de la fides Patrum», scrive infatti Neveu: «Comment affirmer, autrement que par des expressions assez discrètes, comme mens sancti Augustini, que les textes ecclésiastiques de l' Antiquité, y compris ceux du maître d'Hippone, n'ont de valeur que relative et présentent des témoignages que l'Église doit corriger, suppléer, en tout cas interpréter, comme mater et aussi comme magistra?» 61 •
Eppure, in questa stessa teorizzata esigenza di relativizzazione dell' identità teologica del pensiero di Agostino, il tentativo di Neveu appare storicamente assai più significativo di quello di de Lubac o di Vanneste: comunque Neveu ha il coraggio di riconoscere la necessità storica, per il cattolicesimo romano, di reinterpretare, ovvero di relativizzare, quindi di esorcizzare e sacrificare il pensiero di Agostino, il che, giustificando le posizioni più radicali dei gesuiti corne di un Albizzi, al tempo stesso confessa implicitamente - in questo convergendo, pur se per una via del tutto opposta, con lo stesso Ceyssens - la correttezza dell'esegesi giansenista di Agostino, tutt'al più colpevole di sacralizzare un'ermeneutica meramente scientifica, storico-critica di un singolo Padre.
Nella convinzione dell'ancora attuale rilevanza dottrinale di una ben precisa identità teologica agostiniana, contro il tentativo di distinguere forzatamente la «vera mens sancti Augustini», solo tradizionalmente o autoritativamente accessibile, dall' Agostino storico, l'estremo Agostino polemista dal-1' Agostino sistematico, o l'autorità di Agostino cattolicamente ribadita dalla deformazione di Giansenio condannata corne eretica, il proposito di questo mio volume è quello di evidenziare il grande e coerentissimo sforzo ermeneutico giansenista, da un punto di vista storico-critico ancora oggi validissimo e scientificamente difficilmente superabile. Le prospettive storico-dogmatiche di Vanneste, di de Lubac, di Neveu ripo-
61 B. NEVEU, Le statut théologique=Érudition, p. 478.
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Capitolo primo - Agostino: una scomoda eredità
pongono infatti gli stessi sistematici fraintendimenti ermeneutici che Giansenio, Arnauld e Pascal contestavano alla teologia scolastica e molinista 62, o alla reazione antigiansenista.
62 Come esempio di una parziale e sistematicamente deformante anaIisi teologica della dottrina agostiniana della grazia, interpretata corne compatibile con la teologia molinista della grazia congrua e della scientia media, cf. gli imponenti lavori del gesuita C. CREVOLA, La interpretaci6n dada a San Agust(n en las disputas "de auxiliis'', in «Archivio Teol6gico Granadino» 13, 1950, pp. 5-171 (cf. in part. le pp. 146-165); e Concurso divino y predeterminaci6n fisica segun san Agust{n en las disputas "de auxiliis'', in «Archivio Teol6gico Granadino» 14, 1951, pp. 41-127 (cf. in part. le pp. 48-53, e le pp. 114-126, ove si citano e si riducono molinisticamente le limpide quindici proposizioni nelle quali Clemente VIII aveva riassunto la dottrina agostiniana della grazia predestinata e indebita).
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CAPITOLO SECONDO
GIANSENIO: DALL' AMBIGUIT À DELLA TRADIZIONE
AL SISTEMA DELLA GRAZIA
1. LA CONCORDIA DELLA TRADIZIONE
L'esigenza primaria di Giansenio è quella - programmaticamente cattolica, antiprotestante - della coerenza, della dialettica concordia di una secolare tradizione teologica che certo appare ambigua, se non contraddittoria o persino ipocritamente compromissoria. In tal senso, l 'Augustinus non vuole essere, corne sostiene Neveu, soltanto un'opera di (fanatica, per i suoi avversari) teologia positiva 1, desiderosa di risalire
1 Scrive L. CEYSSENS, Les voies détournées dans l'histoire du jansénisme, in J. van Bavel e M. Schrama (edd.), Jansénius et le jansénisme dans les Pays-bas. Mélanges Lucien Ceyssens, Leuven 1982, pp. 11-26: «Jansénius n'a pas composé un traité de théologie spéculative; il n'a pas inventé et proposé sa propre doctrine; à force d'études sur les sources, il a mis en lumière celle de saint Augustin... "/taque non rationibus philosophicis, sed ex ipso Augustino... de Augustini adultera vel non intellecta mente renvincendus sum" ... Il les (gli eventuali oppositori) prie de suivre le chemin droit -non pas les voies détournées -, en collationnant son ouvrage avec ceux de saint Augustin, sed données avec ses sources ... Ainsi donc, pris pour ce qu'il était, c.-à-d. une monographie de théologie positive, le livre pouvait contenir des erreurs historiques, non pas des erreurs théologiques. Eventuellement celles-ci tomberaient» (pp. 18-19 e 21). Se la tesi di Ceyssens è del tutto condivisibile, essa corre il rischio di sottovalutare la portata teologica dell'opera: per Giansenio l'identificazione del pensiero di Agostino coïncide non soltanto con un mero problema storiografico, ma con il ribadimento dell'au-
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
al vero Agostino, alla vera dottrina della grazia da lui "rivelata", ma anche un grandioso tentativo storiografico volto a dimostrare la coerenza, quindi la veridicità dell' intera storia del cristianesimo a partire dal suo cuore teologico, dalla dottrina della giustificazione. Tutte le diverse, spesso discordi voci della tradizione patristica e (in parte) scolastica devono essere armonizzate in un sistema coerente delle verità di fede, concatenate in maniera chiara e distinta, si che veramente oeil' Augustinus è possibile scorgere, parallelamente realizzato nell'ambito dell'ermeneutica storico-teologica, quello stesso ideale dialettico postulato dal Discours de la méthode (1637) cartesiano 2: ricondurre l'oscurità del complesso all'evidenza
tentica fede cristiana, rivelata dalla grazia stessa, che dev'essere difesa dall'eresia. Per una messa a fuoco della peculiarità della teologia positiva gianseniana (basata sulla «scoperta o "inventio" di un autore ispirato» ), «terzo spazio» rispetto alla teologia scolastica e alla teologia mistica, cf. le interessanti considerazioni di M. DE CERTEAU, La Fable mystique, XVI-XVII siècle, Paris 1982, tr. it. Fabula mistica. La spiritualità religiosa tra il XVI e il XVII secolo, Bologna 1987, pp. 148-155; chiaramente la teologia positiva non è una peculiarità né gianseniana, né giansenista, corne testimonia la grande figura del gesuita Petau: cf. in prop. J.-L. QUANTIN, The Fathers in Seventeenth Century Roman Catholic Theology, pp. 968 e 972-973; ricordo inoltre che la distinzione tra teologia positiva e teologia scolastica ricorre già in IGNAZIO Dl LoYoLA, Exercitia spiritualia, Regulae ad sentiendum cum Ecclesia, Regula undecima. Sulla teologia positiva, cf. il prezioso R. GUELLUY, L'évolution des méthodes théologiques à Louvain d'Erasme à Jansénius, in «Revue d'histoire ecclésiastique» 37, 1941, pp. 31-144, in part. pp. 126-142; ancora utile J. TuRMEL, Histoire de la théologie positive, Paris 1931.
2 Discutibili eppure interessanti le pagine di Ctt. A. SAINTE-BEUVE dedicate all'analisi dei rapporti tra il metodo gianseniano e quello cartesiano: cf. Port-Royal (1840-1859; qui citato nell'ed. in tre tomi a cura di M. Leroy, Paris 1953), l,II,10,595-598. Mi pare non sia stata mai indagata a sufficienza la relazione tra !'Augustinus di Giansenio e il Discours de la Méthode (1637) cartesiano, che non puo certo essere interpretata corne mera relazione antitetica (risoluzione della ragione nella memoria razionale dell'autorità contra autonomia della ragione da qualsiasi autorità): cf. in prop. A. DEL NoCE, Riforma cattolica, pp. 210-214; 367; e C. BoRGHERO, La certezz.a e la storia. Cartesianesimo, pirronismo e conoscenza storica, Milano 1983, pp. 84-90; ricordo infatti - dato troppo spesso trascurato - che Libert Froidmont, editore dell'Augustinus, fu tra i primissimi a rivolgere ail' opera cartesiana profonde e apprezzate obiezioni. lnoltre, sono noti i rapporti di profonda stima e di amicizia tra Cartesio e gli oratoriani Charles de Condren e soprattutto Guillaume Gibieuf: quest'ultimo ebbe un'influenza notevole sullo
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Capitolo secondo - Giansenio: dall'ambiguità della tradizione al sistema
del semplice, identificare il fondamento della verità attraverso l'intuizione di principi chiari e distinti, procedere per connessioni dimostrate, capàci di dedurre o ricostruire rigorosamente da quei principi un coerente sistema delle verità.
Ora, Agostino e le sue dottrine sulla grazia e la predestinazione fungono per Giansenio da principi assolutamente evidenti e mai (apertamente) messi in dubbio dal magistero romano, capaci quindi, nella loro luminosissima chiarezza eautoritativa certezza, di ricondurre l'oscuro complesso della storia della chiesa alla coerente e provvidenziale continuità della tradizione cattolica. Diviene in proposito centrale il problema del rapporto fede/ragione, agostinianamente interpretato: se solo la grazia puô illuminare nella coscienza la consapevolezza della propria peccaminosa contingenza, donando il principio evidente, la chiave (i due amores corne atti reciprocamente irriducibili, umanamente non mediabili) delle verità cattoliche, questa fede deve poi tradursi in sistema della verità; cosl, circolarmente, la luminosa evidenza razionale rinvia alla semplicità della fede donata dalla grazia che illumina la ragione umana, quindi la coerenza storico-teologica, la cattolica capacità di dare ragione di ogni momento della tradizione è il segno dell'azione della provvidenza divina, della vis unitiva propria dello Spirito Santo. Paradossalmente soltanto la fedeltà ad Agostino, a questo ingombrante pilastro della teologia cattolica della grazia, puô permettere di difendere l' intera tradizione patristica e cattolica, si che la stessa scolastica o si mantiene, con Tommaso, sostanzialmente fedele ad Agostino, o erra moltiplicando filosoficamente distinzioni razionali e termini tecnici, allontanandosi quindi dalla semplice evidenza dei principi agostiniani.
stesso Giansenio, che ne !esse e ne apprezzô profondamente l' antimolinista De libertate Dei et creaturae (1630), almeno in un primo momento capace di far dubitare Giansenio dell'opportunità di continuare a dedicarsi all'Augustinus. Ora i contatti tra Gibieuf e Cartesio sono databili intomo al 1626; si puô quindi ipotizzare un'influenza diretta del metodo cartesiano (le Regulae ad directionem ingenii sono ultimate tra il 1627 e il 1628) sui metodo teologico di Gibieuf, e quindi indirettamente su quello di Giansenio? Viceversa, è possibile ipotizzare un'influenza del metodo teologico positivo sulla stessa definizione del metodo cartesiano?
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
Proprio il comune animus antiscolastico conforma la profonda vicinanza tra giansenismo e cartesianesimo: l'esigenza umanistica, e quindi riformata, di ·un ritomo alle fonti si specifica nel ridurre il complesso oscuro e indistinto del portato della tradizione teologica, filosofica ed ecclesiastica, all'intuizione semplice, all'evidenza indiscutibile (sia essa il cogito o l' amor) dell'interiorità; è quindi necessario fare tabula rasa di qualsiasi condizionamento estemo (della tradizione scolastica e filosofica o dell'innovazione protestante e molinista, che pretendono di imporre o di respingere autorità dogmatiche senza vagliarle criticamente, di interpretare la tradizione senza fame vera memoria), per affermare la centralità dell'interiorità, della semplice intuizione della propria soggettività illuminata da Dio: l'io al cospetto di Dio, questo rapporto è l' orizzonte comune a cartesianesimo e giansenismo, pur consapevoli della loro autonomia e irriducibilità 3•
Solo a partire da questa interiore e certissima evidenza, è possibile riconoscere il senso di ciô che è estemo, dedurre l'ordine della storia sacra o del mondo naturale. D'altra parte, per Giansenio corne per Agostino, l'interiorità è davvero vivificata dalla grazia soltanto se resa capace di riconoscere e di confessare l'ordine "esteriore" della rivelazione, la verità salvifica della chiesa cattolica storicamente operata dallo Spirito. La storia del cattolicesimo si presenta perô corne strutturalmente ambigua: 1) in analogia con il protestantesimo, Giansenio ne stigmatizza la decadenza modema, caratterizzata dalla corruzione scolastica, culminante nell'innovazione pemiciosa del molinismo; 2) contro il protestantesimo, Giansenio evidenzia comunque la continuità dell'azione dello Spirito, che illumina
3 Sul rapporto tra Cartesio e alcuni esponenti giansenisti, in part. Arnauld, e sui rapporto tra teologia positiva, teologia speculativa (scolastica) e la metafisica razionale della filosofia cartesiana, che confessa l'alterità della teologia positiva e le presta fede, separandola del tutto dalla ricerca razionale, cf. H. GOUHIER, Cartésianisme et augustinisme, in part. il cap. Il, Le dialogue avec Arnauld, pp. 33-43, e il cap. V, Du coté de Port-Royal, pp. 123-146 (e soprattutto pp. 123-133 e 137-140); sulla legittimità dell'interpretazione arnauldiana riguardo alla profonda influenza sui cogito di Cartesio del De Trinitate agostiniano, cf. P. CAHNÉ, Saint Augustin et les philosophes au XVJ/e siècle: ontologie et autobiographie, in «XVIIe siècle» 135, 182, pp. 121-132.
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Capitolo secondo - Giansenio: dall'ambiguità della tradizione al sistema
la storia del cattolicesimo tramite la provvidenziale identità dogmatica agostiniana, sancita e ininterrottamente ribadita dai papi romani. Infatti, una chiesa che si contraddice dogmaticamente non puo essere vera mediatrice di salvezza: soltanto l'invariabile continuità dogmatica - persistente malgrado fenomeniche variazioni, novità o contraddizioni - rende credibile la fede cristiana in un Dio incamato nella storia e immanente nella chiesa tramite il suo Spirito di grazia. Ma solo la grazia interiormente operante rende possibile discemere il noumeno dal fenomeno, confessando la coerente verità della tradizione salvifica, respingendo la vanità contraddittoria dell'innovazione scolastica, protestante e molinista.
Al contrario, i gesuiti molinisti rendono cronico l 'errore della scolastica, si da lacerare prima ancora che lo stesso Agostino il sistema della rivelazione, la coerente e quindi vera continuità della tradizione cattolica 4, si da mettere in questione (pelagianizzando, ovvero aristotelizzando o giudaizzando) il fondamento stesso della fede cristiana: l' Agostino antipelagiano, l'unico vero inteprete di Paolo, l'unica chiave di una storia della teologia cristiana altrimenti casualmente contraddittoria, viene infatti dai gesuiti considerato, più o meno apertamente, corne il più gigantesco equivoco, il più fatale infortunio della storia del cristianesimo, implicitamente eretico (criptomanicheo) nel suo contraddire gran parte della tradizione cattolica a lui anteriore, nel suo essere contraddetto o rimosso da gran parte della tradizione cattolica a lui posteriore.
Contro questa lettura di Agostino e della stessa tradizione cattolica, Giansenio, erede della tradizione teologico-positiva di Lovanio 5, reagisce con un grandioso sforzo storico-er-
4 Parallela alla polemica antiscolastica e antigesuita di Giansenio, è la polemica tradizionalista e agostinianamente antiumanista di Saint-Cyran contro il gesuita Garasse: cf. J. ÜRCIBAL, Les origines du Jansénisme: li, Jean Duvergier de Hauranne abbé de Saint-Cyran et son temps (1581-1638), Louvain-Paris 1947, pp. 249-289, in part. pp. 260-278.
5 lnsuperato in prop. R. GUELLUY, L'évolution des méthodes théologiques à Louvain; peculiare dell'approccio gianseniano e lovaniense (si pensi a Latomus e a Driedo) al mistero della fede è il carattere esistenziale, concreto, vivente della teologia, opposto all'intellettualismo scolastico: la rivelazione è un messaggio di vita e non un oggetto di scienza. Il Dio del Vangelo è quindi il Dio che salva, non un'astratta verità dottrinale: « ... neque
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
meneutico: risolvere la suprema questione teologica, quella della giustificazione, significa definire un metoclo ermeneutico che consenta di risalire alle genuine fonti, aile auctoritates della fede cristiana, dimostrando appunto la coerenza e la continuità dell'intera tradizione cattolica non solo contro i gesuiti, ma contro gli stessi protestanti 6• 1 principi ermeneutici dell 'Augustinus 7 sono chiaramente messi a fuoco nel Liber
Christus Dominus quicquam ipse scripserit neque scribendum quicquam Apostolis una cum ipso in hoc vita conversantibus imperavit, sed nuda mysteriorum suorum praedicatione contentus, cordibus potius ea ruminanda quam intellectu penetranda dereliquerit>> (GIANSENIO, Augustinus, tomo Il, Liber prooemialis, 4,9); cf. in prop. R. GUELLUY, L'évolution, pp. 111-117.
6 Per una preziosa messa a punto del dibattito cinquecentesco tra cattolici e protestanti sull'autorità dei Padri, cf. E. NORELLI, L'autorità della chiesa antica nelle Centurie di Magdeburgo e negli Annales di Baronio, in AA.VV., Baronio storico e la Controriforma, Sora 1982, pp. 253-307. Sull'atteggiamento protestante (comunque non univoco: si pensi agli svizzeri e a Calvino, su cui cf. L. SMITS, L'autorité de saint Augustin dans l'"lnstitution chrétienne" de Jean Calvin, in «Revue d'histoire ecclésiastique» 45, 1950, pp. 670-687) di sostanziale relativizzazione o persino di aperta critica dell'autorità dei Padri (difficili da interpretare perché radicati in un ormai non del tutto recuperabile contesto storico-polemico; comunque fallibili, spesso in contraddizione reciproca, sempre portatori di opinioni personali da vagliare criticamente), in nome di un ritomo alla Scrittura corne unico criterio interpretativo della fede cristiana, cf. l'interessantissimo saggio di M. TURCHETII, Jean Daillé et son Traicté de l'employ des saincts Pères ( 1632). Aperçu sur les changements des critères d'appréciation des Pères de l'Église entre le XVIe et le XVlle siècles, in E. Bury e B. Meunier (edd.), Les Pères de l'Église au XVlle siècle, Paris 1993, pp. 69-85. Sulla contrapposizione tra la lucida visione storico-critica di Daillé, teologicamente evolutiva, e il fissismo teologico-storico giansenista, cf. anche F. LAPLANCHE, La controverse religieuse au XVlle siècle et la naissance de l'histoire, in A. Le Boulluec (ed.), La controverse religieuse et ses formes, Paris 1995, pp. 373-404, in part. pp. 397-404. Sul rapporto e il contrasto tra Giansenio e il calvinismo, cf. il cap. Jansénius controversiste, in J. ÜRCIBAL, Jansénius, pp. 193-205. Sul rapporto della Societas con la tradizione patristica, prezioso il saggio di D. BERTRAND, The Society of Jesus and the Church Fathers in the Sixteenth and Seventeenth Century, in 1. Backus (ed.), The Receptian of the Church Fathers in the West, Il, pp. 889-950: in part. si documenta corne la strategia ermeneutica dei gesuiti fosse finalizzata a temperare l' autorità dei Padri con quella dei dottori scolastici e alla maggiore promozione dei padri greci rispetto a quelli latini (e ad Agostino in part.): cf. in part. pp. 930-935.
7 Sull'Augustinus, oltre alla notevole pue se non sempre attendibile analisi di J. CARREYRE, Jansénisme, coll. 330-448, cf. il cap. IX, Le rédac-
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prooemialis 8 che apre il II tomo dell'opera. Luminoso atto di misericordia - «Deo inluminante» (2,2) - ed esigenza di un nuovo metodo enneneutico sono immediatamente connessi nella descrizione della ratio che ha guidato Giansenio nel «labyrinthus quaestionum» della grazia; nell' ambito di una tradizionale descrizione della modemità corne decadenza rispetto alla originaria perfezione cristiana, alla «tanta certitudo et securitas» della tradizione cattolica agostiniana, alla «tanta LUX>> rivelata da Agostino sui «mysteria gratiae» viene opposta la contemporanea «inextricabilis doctissimorum virorum pugna dimicantium», ove quei misteri giacciono
«tantis tenebris immersa et obruta» 9: «Alterutrum profecto necessarium esse mihi persuasum fuit, aut rem istam ( gratiae) inventu impossibilem, aut in modo investigandi esse peccatum» (2,5).
Assodata tramite Agostino la possibilità di comprendere il mistero della grazia, questo nuovo «modus investigandi» si concretizza nel violenta rifiuto del metodo scolastico, delle sue «dialecticae metaphysicaeque speculationes» colpevoli di anteporre alla «Vera Theologia», alla «Scripturarum sacrarum auctoritas vel veneranda Patrum canities», le ragioni della «Philosophia, secundum quam potentia voluntatis habitu virtutis instructa sufficiens principium perfectae operationis existimatur» (3,5-6); sostituendosi o anche soltanto affiancandosi ail' «ecclesiastica auctoritas» (3,8), gli strumenti dialettici della «Philosophia» (quella <<Aristotelica» in particolare10)
corrompono necessariamente la sacra materia cui sono applicati, pretendendo di dominare il mistero divino attraverso operazioni logiche che in ultima istanza rimandano alla paga-
tion de ["'Augustinus" et les préparatifs du combat, in J. ÜRCIBAL, Jansénius, pp. 207-222.
8 Augustinus, tomo Il, De ratione et auctoritate in rebus theologicis. Liber prooemialis, in quo limites humanae rationis in rebus Theologicis indagantur, et auctoritas S. Augustini in tradendo mysterio Praedestinationis et gratiae declaratur, capp. 1-30, coll. 1-70.
• 2,3-5; cf. 10, 15-16. 10 Sulla sostanziale identificazione tra eresia pelagiana e aristoteli
smo, cf. ad esempio III, VI, Praefatio, 606-601.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
na fiducia nell'autonoma «potentia» conoscitiva e quindi pratica dell'uomo. L'identificazione del nuovo metodo della grazia coïncide, quindi, con il ribadimento del netto «discrimen» che intercorre tra teologia e filosofia:
«Sic igitur quemadmodum intellectus Philosophiae suscipiendae propria facultas est, ita memoria Theologiae. Ille quippe intellecta principia penetrando Philosophum facit; haec ea, quae sibi scripto aut praedicatione tradita sunt, recordando, Theologum Christianum» (4,7-8);
rispetto alla filosofica capacità di penetrazione intellettuale e di approfondimento logico di principi perfettibili perché umanamente fissati, l'umile atto dell'accogliere e conservare «similiter>> (4,8) il «depositum inalterabile» trasmesso dalla tradizione specifica la teologia, che si deve limitare a «nude accepta tradere» (4,9), a trasmettere quindi principi rivelati dalla grazia11 ; corne agostinianamente il Verbum trinitario è eternamente generato dalla Memoria del Padre, cosl a livello teologico la comprensione della verità rivelata è puro dono, dipende dall'avere «memoria» della parola divina, si che significativamente l' atto ermeneutico, cui è ricondotta l'intera attività teologica, rimanda, nella sua totale dipendenza dalla Parola di vina, all' eterna predestinante visione generatice di Dio12• La semplice e luminosa evidenza della rivelazione divina viene quindi contrapposta alle vane complicazioni dell'intelletto naturale, cosl corne la grazia, che tocca direttamente il cuore dell'uomo, non dipende dall'atto di assenso della «ratio», ma lo produce. Cristo stesso infatti non ha lasciato nulla di scritto: i suoi «mysteria, ... cordibus potius ru-
11 «Tota doctrina christiana coelitus, hoc est ex divina revelatione per auditum accepta et credita, derivatur>> (II, Liber prooemialis, 4,9).
12 «Nec enim cuiquam absurdum aut mirum videri debet, quod ex traditarum revelationum ac divinorum verborum memoria, Christiana nascatur sapientia, nisi qui nesciat aeternam illam sapientiam, quae est Verbum Patris, ex quo tanquam fonte et exemplari omnis nostra propagatur sapientia, ex foecunda Patris memoria prodijsse» (4,7). Disinteressato alla decisiva connessione tra memoria e predestinazione divina P. FONTANA, "Propria facultas". Per Io studio della memoria nel Liber Prooemialis del/' Augustinus di Giansenio, in «Ricerche teologiche» I, 1993, pp. 89-100.
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Capitolo secondo - Giansenio: dall'ambiguità della tradizione al sistema
minanda, quam intellectu penetranda» ( 4,9), sono atti di grazia e non verità di ragione; di importanza decisiva risulta in tal senso il riferimento a 2 Cor. 3,3 e quindi a Ger. 31,33 e Ez. 11, 19, ovvero ai testimonia-chiave del De Spiritu et littera agostiniano, che ripetutamente Giansenio analizza nell' Augustinus:
«Lex enim nova ... non postulat, ut in chartis, membranis et lapidibus, sed tantummodo ut in tabulis cordis carnalibus conscribatur» (4,10);
il nuovo testamento consegnato da Cristo alla memoria della sua chiesa è Io stesso mistero della predestinata grazia operante - «nova lex ... juxta Prophetam, in corde scripta delectat intrinsecus» ( 4, 10) -, accessibile soltanto al teologo, ovvero all'eletto che si riconosce corne puro ascolto, «auditus» della Parola divina, corne memore comprensione accesa dalla grazia indipendentemente dal naturale, razionale comprendere e interpretare dell'uomo.
Ad Origene, colpevole di inseguire una vana curiosità al di là del dato rivelato, viene opposta la semplicità dei Padri apostolici, che soltanto
«ex capitalibus scripturis... tanquam veris principijs, elucidationes suas deductionesque derivabant» ( 5, li):
il puro lavoro teologico è quindi un mero lavoro deduttivo. Nei secoli successivi il sorgere delle eresie costringerà pero i teologi cristiani ad approfondire la loro scienza (cf. 6,11-16 e 7,15-16), argomento strategico questo per sottolineare perché la compiuta dottrina della grazia, quasi del tutto implicita nei primi secoli, sarà rivelata tanto tardi, solo con Agostino (5,11). E comunque, dinanzi alle «densae quaestiones» della fede, la chiesa definirà nei suoi concili il dogma in funzione antieretica «non per modum conclusionis .. ., sed per modum sententiae», ovvero non tramite ragionamenti filosofici, «in humana ratiocinatione et consecutione», ma autoritativamente, «tanquam judex .. ., divina inspiratione gubemata» (6,15). Vi è dunque un «duplex modus penetrandi divina my-
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
steria»; il primo opera <<per humanas ratiocinationes», ed è il metodo vano 13 proprio della filosofia e dell' eresia,
«alter modus ex incensa charitate proficiscitur, qua cor hominis purgatur et illuminatur, ut secreta Dei penetret» (7,15-16).
L'opposizione tra ermeneutica filosofica (comunque rivolta ad un oggetto teologico, si che la stessa teologia scolastica è qui considerata filosofica) e ermeneutica teologica è chiaramente ricondotta ad un'opposizione di intenzionalità: all'opposizione tra ratio e charitas, ove per ratio si intende la ragione naturale che pretende di affidare autonomamente alla propria potenza logica il compito di attingere la veritas divina, mentre per charitas non si intende certo una generica virtù umana, il naturale desiderio di Dio 14, ma l' atto di grazia
13 «Cum aliquid in Scripturis definitum est, acquiescendum esse statuit (Augustinus), neque superflue curioseque de modo esse satagendum» (6,14); proprio la curiosa ricerca del modus è il vizio della filosofia e quindi della stessa scolastica, incapaci di confessare umilrnente i misteri della fede corne di per sé evidenti: «Nam etjam in hac materia divinae gratiae, quam tractamus, quid praecipuas lites in Scholas intulit, nisi ista ipsa curiositas istius pernoscendae quaestionis, quomodo gratia in voluntate operetur?» (6,13); cf. 8,19-22 e 10,25-26. lnteressante rilevare corne il «lapsus» sopra ricordato di Origene sia anche terminologicarnente identico ail' errore degli «Scholastici, vero illi (petulantiae) nulla necessitate compulsi, sed sola plerumque quidlibet indagandi et resolvendi cupiditate» (9,23); essi pretendono infatti di penetrare gli stessi misteri rivelati da Agostino «secundum humanae rationis regulas» (28,63), «per naturales rationes vel Philosophiae principia» (29,66). Su Origene corne vero e proprio anti-Agostino e fonte di tutti gli errori pelagiani, cf. infra, paragrafo III. Contro gli scolastici, allontanatisi sulla questione della grazia «a mente veterum Patrum» (=da Agostino e dai suoi discepoli), cf. ancora III, IV, 17, 468-471.
14 Rirnane assolutamente centrale in Giansenio la dottrina agostiniana della volontà corne irresistibilmente guidata dalla delectatio, santa o perversa che essa sia; se quindi in ogni creatura intelligente permane il desiderio naturale di Dio, soltanto la rivelazione soprannaturale della grazia, delectatio victrix che irrompe nell'intimità della volontà, puo davvero perfezionare la natura umana, altrirnenti necessariamente costretta dalla propria ereditata peccaminosità a pervertire il desiderio irrealizzabile di Dio in desiderio delle creature, cornunque insoddisfacente e negativamente inquieto, perché volto a realizzazioni sernpre defettive: «Haec enim inquietudo non ex ulla superaddita Dei ordinatione, sed ex ipsa naturae rationalis conditione seu creatione nascitur; qua sicut non potuit eadem manens propter seipsam vel
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divino operante nella stessa ratio dell'uomo. Pertanto l'oggetto teologico e il retto atto ermeneutico coincidono, sl che la teologia si risolve nell'operazione di Dio stesso: I'atto di grazia, la charitas che converte l'interiorità perversa dell'uomo, è infatti l'unico accesso al mistero, l'unica possibile comprensione della verità della grazia 15: «Non intratur in veritatem, nisi per charitatem», scrive Giansenio (7, 19), citando Contra Faustum 32,18.
Tornando all'impietoso confronto tra il miracoloso Agostino e la scolastica, Giansenio ricorda il suo più che ventennale affaticarsi sui testi agostiniani, sino a ricostituirne un vero e proprio sistema fondato su «immobiles bases doctrinae», cui riconnettere
«dispersas sententias quas hic illic in Scholasticorum scriptis legeram, corpori unde avulsa erant restituendo» ( 10,26).
Le morte, astratte auctoritates agostiniane utilizzate dagli scolastici divengono irresistibilmente illuminanti, se riconnesse nel sistema organico del pensiero agostiniano, corpo comunque ricomposto e vivificato soltanto ad opera della Spirito di grazia. L'iperbolico elogio di Agostino culmina nel definire riassunte in lui tutte le supreme confutazioni delle più pericolose eresie (11,19-32), quella ariana (che nega l'unità di umano e divino nel Capo che è Cristo), quella donatista (che nega l'unità del
propter angelos creari, sed propter Deum, ita nec potest in ullius rei creatae amore conquiescere ... Semper enim ulterius urgetur pondere suo tamquam cui deest id, quod ejus naturae quietandae praestitutum est» (Il, De statu purae naturae, 1,3,687). Il peso dell'anima è quindi naturalmente orientato verso Dio, ma perversamente capace soltanto di desideri e di appagamenti peccaminosi, si che solo nella infelice insoddisfazione dell'inquietudine si legge, in negativo, la grandezza ontologica dell'immagine divina. Sull'eudaimonismo agostiniano, fortemente antistoico (e dunque antimolinista, corne antiquietista), e quindi tendenzialmente più prossimo all'epicureismo, certo cristianamente corretto, cf. l'interessante articolo di J. LAFOND, Augustinisme et épicureisme au XV/le siècle, in «XVIIe siècle» 135, 1982, pp. 149-168.
1' «Quis autem dubitet charitatem veritatis, hoc est Dei, esse quae mundat cor? ... Nulla vero aequitas vitae habetur. .. nisi eam charitas impetraverit ac donaverit>> (Il, Liber prooemialis, 7,18); è la carità divina quella «lux arcana in cordibus» (7,18) che sola illumina la comprensione teologica.
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corpo ecclesiale e l'unità del sacramento battesimale), quella pelagiana (che nega l'unità di grazia tra Capo e corpo). E proprio in riferimento alla definizione del dogma della grazia, anticipando la distinzione newmaniana tra ragione implicita e ragione esplicita, Giansenio giunge ad affiancare Agostino allo stesso Giovanni 16; entrambi assolvono ad una decisiva funzione rivelativa, definendo pienamente ciè> che prima era solo oscuramente intuito e presupposto, sia esso la cristologia alta (presente, ma latente nei sinottici), sia esso la dottrina della grazia predestinata. Questa era già stata «nudis tantum ac simplicibus enuntiatis» (13,31) annunciata da Paolo, ma solo Agostino
«innumeris discursibus, quicquid clausum tegebatur, ingenio certe non humano, sed per illud: "Toile, lege" divinitus illustrato, posteritati tanta ubertate reclusit» (13,32 ).
Quest' opera di piena rivelazione di ciè> che prima era ancora «clausum», deriva eccezionalmente «ex uno solo», è affidata al solo Agostino, le cui «sententias dogmaticas et canonicas habendas esse, tota Ecclesia judicavit » attraverso vari concili (13,32), e l'unanime consenso dei papi, da Innocenzo I, Zosimo, Celestino, a Ormisda e Felice II, da Giovanni II a Clemente VIII (15,33-36). I «recentiores», incapaci di penetrare Agostino e quindi ostili alla dottrina della grazia irresistibile e predestinata, non fanno che «vellicare atque concutere ... non opiniones Augustini, sed Catholicae doctrinae fundamenta, quae Romani Pontifices ex Augustini libri hausta consecrarunt» (16,38). Agostino infatti è «naturalis et gratuiti luminis abundantia» ( 17 ,39-40) il primo tra tutti i Padri latini e greci; la stessa eccezionalità della sua conversione - paragonata a quella della Maddalena, di Pietro e soprattutto a quella
16 «Ut non immerito dici queat, id in explicatae divinae gratiae publicatione praestitisse sanctum Augustinum, quod in propalatione divinitatis Verbi Dei /oanni Euangelistae tribui solet. Ut enim iste in scriptis suis, inter Apostolos et Euangelistas primus, clara praedicatione divinitatem Verbi Dei intonuit: "ln principio erat Verbum", quantumvis alijs Apostolis ante ipsum ea fuisset revelata; ita licet Patribus antiquioribus divina gratia in fide et oratione et actione, agnita fuerit, primus tamen Augustinus id, quod in eorum fide ac disciplina /atebat, aperuit, thesaurosque gratiae ac charitatis absconditos fidelium intelligentiae patefecit» (13,31).
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di Paolo (19,43-46) - prova la sua qualità di interprete assolutamente privilegiato. Paolo e Agostino sono i supremi teologi perché fanno memoria del dono che li illumina, rivelano la dottrina testimoniandola con la propria stessa esistenza del tutto immeritatamente operata dalla grazia predestinata17 ; infatti se Paolo rivela i <<principia» della grazia, per primo Agostino ne trae, corne «terminos fzxos» (23,51) oltre i quali è impossibile spingersi, tutte le
«conclusiones ... Nec vero incongruum, si ista duo lumina pleniorem gratiae sensum hauserint, qui amplioribus infirmitatibus, in quibus virtus perficitur, faerant agitati. Quemadmodum enim nihil magis gratiam gratuitam ac victricem esse declarat, quam enormitas peccatorum» (21,49).
La perfetta coerenza della dottrina agostiniana della grazia risalta ancor più se paragonata alla confusa tradizione patristica greca, significativamente riassunta in Origene, rimproverata di frequenti errori o imprecisioni (22,49), infine accusata di semipelagianesimo. Al contrario, rispetto aile frequenti deformazioni scolastiche, Tommaso ha il grande merito di attenersi fedelmente ad Agostino, sino ad essere definito «nihil aliud nisi Augustinus contractus»18• D'altra parte, con una certa sorprendente incoerenza rispetto alla costante esaltazione della luminosa semplicità dei Padri, Giansenio ammette la difficoltà e soprattutto l' ambiguità di gran parte dei testi agostiniani sulla grazia:
«lpse inter omnes vere subtilis, qui tot secreta et mirabilia doctrinae capita in suis lucubrationibus quadam obscuritate
17 20,45-48; cf. 13-14,31-34 e 17,39-42. Il «Doctor gratiae Dei», il «Pater Patrum, Doctor Doctorum» è quindi l'unico vero «Doctor angelicus» (24,54; cf. 25,56), l'unico Padre paragonabile agli apostoli per «amor seraphicus» (24,54). Per un'analisi dell'interpretazione gianseniana dell'autobiografia agostiniana corne confessione della grazia indebita di Dio, cf. P. COURCELLE, Les Confessions de saint Augustin dans la tradition littéraire. Antécédents et Postérité, Paris 1%3, pp. 394-397.
18 22,50. Arnauld ribadirà: la Summa tomistica non è «autre chose qu'un abrégé de saint Augustin» (A. ARNAULD, Premiere Apologie pour M. Jansénius, citata infra, p. 154); cf. A. ARNAULD, Apologie pour les Saints Peres, citata infra, V,12,514-14,528.
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tecta sparsit, ut in eis eliciendis diligentes lectores earum perpetuam discendi materiam, usque ad mundi finem, acceperint. Non enim ea semper promiscui lectoris firmitas et capacitas est, ut ea passim nudare conveniret; sed multa diligentioribus lumen a Deo postulantibus dereliquit, quibus ea nudentur, si quae forte quaestio ad illa aperienda compellat, ne infirmiores aliqua falsitate capiantur. Sic enim profundissima illa fundamenta, quibus tota gratiae coelestis oeconomia nititur, per totam vitam in omnibus libris obscure et dissimulanter expresserat, ne majorum forte quaestionum ansas infirmis daret. Quae quidem arcana fundamenta nemo posterorum vel suspicione cogitasset, nisi ipse illa sub finem vitae quorundam quaestionibus pulsatus coactusque detexisset» (24,53 ).
Dietro quest' apologetica esaltazione della provvidenziale oscurità dei testi agostiniani, si nasconde la delicata questione dell'evoluzione della teologia della grazia dell'Ipponate: con grande sensibilità storica Giansenio sottolinea corne, sin dalla svolta dell'Ad Simplicianum, questa sia ben definita e non subisca alcuna variazione di sostanza19; certo i suoi «secreta et mirabilia doctrinae capita», già chiaramente compresi, sono inizialmente soltanto prudentemente espressi, per non turbare i semplici con questioni troppo profonde; si che gli «arcana fundamenta» della predestinazione divina sarebbero rimasti probabilmente nascosti, se provvidenzialmente Agostino non fosse stato <<pulsatus coactusque» a proclamarli apertamente, definendoli con indubitabile chiarezza contro i pelagiani. In proposito di grande importanza ( e destinata a grande fortuna presso i port-royalisti) è in 26,57-60 l'intepretazione giansenista della riserva (pseudo )celestina contenuta nell' lndiculus romano del 430-440 ca. 20, il quale, pur defininendo cattolica la
19 Ad esempio, cf. in III,11,30-31,218-229 il riferimento alla centralità dell'Ad Simplicianum nell'evoluzione teologica di Agostino e il forte peso dato al bilancio sui proprio pensiero fornito da Agostino nelle Retractationes; interessante la precisazione in IIl,IX,24,988-989: in Ad Simplicianum 1,2 Agostino ha già compreso la grazia predestinante di Dio, pur non avendo ancora perfezionato la sua terminologia.
20 Cf. in prop. M. ADRIAN!, La questione dell'lndiculus, in B. Bocchini Camaiani e A. Scattigno (edd.), Anima e paura. Studi in onore di Michele Ranchetti, Macerata 1998, pp. 139-151.
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Capitolo secondo - Giansenio: dall' ambiguità della tradizione al sistema
dottrina agostiniana della grazia, afferma di non voler né rninimizzare né "dogrnatizzare" le sue <profandiores vero difficilioresque partes»; per Giansenio queste partes non sarebbero che gli stessi misteri confessati corne irrisolvibili da Agostino (la rnodalità del «tradux peccati» o l'insondabile ragione che spinge Dio a eleggere l'uno e non l'altro uorno), e non certo la dottrina della predestinazione «ante praevisa merita». Per Giansenio, infatti, Agostino non ha affatto lasciato «multa indecisa, multa solum probabiliter asserta» (26,57), corne sostengono gli scolastici disposti a confonderne e deformarne rovinosarnente la coerentissirna «doctrina solide fandata» (26,58), contravvenendo a quelle «sancti Augustini regulae» (26,60), da lui «constanter>> (26,57) ribadite:
«Multae quippe conclusiones de quibus tantopere hac tempestate disputatur, solidissime fortassis ex Augustini principijs religatae sunt; quarum vincula, propter nebulas novorum principiorum intercurrentes, non sinantur advertere» (26,60).
Contro la rnodema teologia scolastica ottenebrata dalle «nebulae» di oziosi argornenti filosofici 21 , il cornpito della "nuova" ermeneutica agostiniana è quindi quello di rendere evidenti i «vincula», le connessioni logiche tra i <principia» o le «regulae» agostiniani e tutte le «conclusiones» di dettaglio da essi deducibili. È questo giansenista un rnetodo eminenternente dialettico: riassurnere il cornplesso delle dottrine nella sernplice evidenza di alcuni principi, e viceversa dedurre da questi la totalità del sisterna teologico:
«Quicquid in spiritualibus argumentando colligitur, totum in quibusdam principijs conglobatum collectumque continetur» (27,59).
Se già Paolo contrae per volontà divina la grazia in misteriosi «brevissima principia» ( «illa arcana caelestia paucis
21 <<ln hoc miserabili saeculo» la scolastica è colpevole di insediare la filosofia sulla cattedra della teologia (25,57), mentre non puè> essere aggiunto ad Agostino «nihil... nisi Metaphysicarum quarundam formalitatum et quaestionum spinae» (25,55); sulla agostiniana stigmatizzazione della filosofia corne «Babylonica confusio», cf. 28,61-64.
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characteribus implicata») 22, solo Agostino li svolge e li esplica totalmente, anticipatamente capace di «enodare omnes quaestiones, omnes dubitationes solvere», di «retundere adversantium argumenta» (27, 60), di confutare in anticipo tutte le possibili obiezioni eretiche. Pur essendo l'unica mediazione capace di «educere» cio che in Paolo «clausum erat>> (27 ,60), Agostino stesso non è del tutto facilmente e immediatamente comprensibile: Giansenio pretende in tal senso di dedurre e di spiegare cio che in Agostino stesso rimane «clausum» o non sufficientemente evidente, ma cio senza nulla aggiungere, appunto limitandosi a risalire ai principi agostiniani 23 e a collegare, ordinare «sparsa», «dispersa» (27,60), per ricondurre il tutto alla chiara evidenza della sua fonte 24, ove il termine <1ons» rimanda allo stesso Paolo, prima fonte e matrice della rivelazione sulla grazia 25, ovvero del senso più profondo del-1' intera rivelazione cristiana: il fine giustificante dell'incarna-
22 «Sic Apostolus Paulus in tertium coelum raptus, quicquid de divina gratia et praedestinatione, per omnium Doctorum disputationes, concertationes, meditationes, contemplationes hauritur, velut abyssus et matrix fontium et in se continuit, et brevissimis quibusdam principijs in Epistolarum suarum contextu illigavit» (27 ,59).
23 Cf. III, Epilogus omnium, 1070-1071, ove Giansenio conclude l'opera ribadendo il suo essere niente più che un inteprete di Agostino. Sulla necessità di un travaglio decennale per apprendere le retta esegesi di Agostino, comunque concessa dalla grazia, cf. Il, Liber prooemialis, 27,60-28,64; 29,63-66; III, VI, Praefatio, 607.
24 «Ausim dicere, nullum esse reliquum argumentum tot acerrimis litigantium conatibus excogitatum, quod non ille vel tanquam ad rem non pertinens praeteriverit, vel in principijs jactis abunde solverit, contriverit, dissipaverit: nullum dubium quod a Theologis moveri mereatur, cui non satisfecerit. Sed hoc advertere, vel ad intellectum principiorum ejus tanquam venarum latentis auri pertingere, hoc opus, hic labor est» (27 ,60); Agostino stesso, «Dialecticae scientissimus, mirabilior artis dissimulator fuit. Ex quo contingit, ut non ita cuivis obvium, planumque fit, quid ex quo educat, advertere, vel insurgentium quaestionum nodos ad sua principia per Augustini libros multum dispersa revocare. Non enim occurrunt pauca, quae a principijs immutabilibus quibus pendent avulsa, speciem absurditatis non minimam prae se ferunt; sed ad occultos unde manant fontes revocata, veritate in ipsis supeme radiante, certissima et omni acceptione digna deprehendas» (27,60-61); sull' «ad principia revocare», cf. ancora 29,64.
2S Cf. 27,59, cit. supra alla nota 22; cf. inoltre 21,47-50. Su Agostino corne unico vero interprete di Paolo, cf. A. ARNAULD, Apologie pour les Saints Peres, citata infra, Vl,24,702-25,718.
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Capitolo secondo - Giansenio: dall'ambiguità della tradizione al sistema
zione. Di fronte alla compatta e complessa coerenza sistematica di Agostino, del tutto vana risulta la pretesa di comprendere veramente Agostino «semel eum percurrendo», riportandone soltanto «lacinias hinc inde citatas abreptasque» 26: Agostino
26 28,61. Cosl in Il, De statu naturae lapsae, IV,8,581-582 Giansenio contrappone la sistematica ed evidente coerenza della dottrina agostiniana sulle virtù naturali alla defonnazione operatane dalle arbitrarie e parziali esegesi scolastiche: «Doctrinae quippe ipsius in hac materia istud omnino peculiare est, ut sibi mirum in modum a capite ad calcem usque consonet, utpote quae ab ijsdem principijs tota pendeat, quaquaversum ad extremas conclusiones usque penetrantibus. A quorum filo si Philosophiae humanae rationibus deductus semel aberraveris doctrinam ejus universam perturbari, nulloque nexu colligatam fluctuare, sibique contradicere necesse est. Hinc enim factum est, ut nonnulli recentiores, dum Augustini principia de hac re vel non satis assequuntur, vel tanquam nimis sublimia supplicij nostri infirmitate metiuntur, mirabiles tenebras in doctrinam ejus apertissimam intulerint... /taque Glossis a sensu Augustini disiunctissimis doctrina sancti Doctoris perspicua alio detorta est: quarum interpretationum non est aliud fondamentum, nisi quia alioquin falsum esset id quod ipsi verum putant. Quo sane modo si autorum quorumcumque verba ac documenta tractare licet et non potius ex perpetuo doctrinae filo sensus eorum ... perquirendus, nihil in universis Patrum sanctissimorum scriptis ita manifestum est et categoricis propositionibus adversus haereses assertum, quod non facillimo negotio eludi, adulterari, pervertique possit. Et revera per illam liberam quidlibet opinandi pruriginem, quae per disputationes nonnullorum recentiorum in Theologiam invecta est, mu/toque liberiorem interpretandi, seu potius pervertendi Patrum antiquorum scripta licentiam eo ventum est, ut nemo, quicquid tandem senserit, Augustino vel Patribus gravioris notae contradicere sibi videatur. Neglecta enim totius doctrinae consonantia, quae ante omnia debebat explorari, abruptas quasque sententias ita exponunt vel componunt potius, ut non tam admirationem, quam horrorem peritioribus inijciant. Ex quo solemni liberrimae interpretationis more, Auctoritas Patrum Antiquorum, quae primum olim habere solebat locum, nunc ita apud quosdam eviluit, ut nullum argumentum contemptibilius eis fit, solutuque facilius, quam quod ex eorum scriptis ducitur, dummodo ratiunculae nonnullae novitati suffragari videantun>. Sulla perfetta coerenza della dottrina agostiniana, traducibile in una sistematica catena di principi assolutamente evidenti, cf. ancora Il, De statu naturae lapsae, IV,15,617-624, ove Giansenio riporta a sette «corollaria» la dottrina agostiniana delle virtù e dei meriti operati dalla grazia: <<lsta igitur septem corollaria hic breviter indicata volui, quae alibi latius pleraque tractanda sunt, ut facies magnae partis doctrinae sancti Augustini uno intuitu lectorum oculis subijceretur, et intelligerent, ex quibus principijs ista dogmata, quae passim in scriptis ejus obvia sunt, religata penderent» (622). Come vero e proprio coerente sistema è concepita la stessa dottrina pelagiana in l,Vl,7,349-354: il «primum totius haeresis Pelagianae scopus» o «Cardo» da cui dipende l'intera «dogmatum connexio» o «ordo» (coïncidente con
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non puè> essere ridotto a manipolabili citazioni, a scolastiche «auctoritates» posticce in quanto avulse dall'intero contesto della sua dottrina, né questa stessa dottrina puè> essere degradata a materia inerte di una mera operazione logico-filosofica o filologica, in quanto essa è il dono dello stesso Spirito Santo. Agostino, «divinitus electus» (27 ,59), «divinitus illustratus» ( 13,32; 30,69), dotato di «divinum ac stupendum ingenium» (27 ,59), è infatti l' inteprete predestinato della predestinazione gratuita, nella perfetta coincidenza tra l'oggetto dell'interpretazione (la grazia divina) e l'atto ermeneutico (la grazia divina che opera la comprensione di Agostino). Proprio sotto l'ispirazione dello Spirito, tutti i concili della chiesa cattolica si sono pronunciati sulla grazia tramite «ipsissima tanti Doctoris verba» (17,41 ), unanime la tradizione della chiesa cattolica l'ha invariabilmente seguito corne supremo e unico «Sol» (30,70) teologico 27, corne «unicum Theologiae nostrae compendium» (17,41) 28• La stessa temibilissima obiezione che la tradizione
una «series cormexarum absurditatum» ), è il «pendere» della salvezza dal libero arbitrio umano universalmente donato con la creazione: «lluic veritati consectaneum et vinculis adamantinis connexum esse putaverunt, sibi ipsis tantum tamquam suum et proprium bonum esse tribuendum, quod bene et laudabiliter viverent>> (350). Cf. in tal senso l,Vl,12,364: «.Duobus enim omnino capitibus tata doctrina Pelagiana continetur, et negatione peccati originalis, et assertione potestatis humanae ad operandam justitiam. Unde duo errorum cardines: "Peccatum Adae ipsum solum laesit et non genus humanum ": et: "Potest homo sine peccato esse si velit". Illud totius impietatis basis est, istud scopus; atque ita implexa sunt inter se, ut utrumvis dederis, non solum alterum, sed universae Pelagianae doctrinae molem certa quadam concatenatione sequi necesse sit: ut nihil mirum sit ex uno in alterum, atque in tot cohaerentia sententiarum portenta Pelagium consequenter esse praecipitatum».
27 L'identificazione di Agostino con il Sol della teologia cattolica è comunque già proposta dal gesuita G. VASQUEZ, Commentariorum ac disputationum in primam partem Sancti Thomae tomus primus, Anversa 1621: «.Multo autem melius nabis est cum Augustino quam cum aliis sentiri. Qui, ut dixi, in materia de gratia et praedestinatione inter caeteros Ecclesiae Patres, non aliter, quam Sol inter caetera minora sydera, praefulget>> (p. 521).
28 Cf. Augustinus, Il, Liber prooemialis, 30,65-70; in part.: «semel traditam a Patribus veritatem sequendam imperavit (Christus). Quam in hac materia de gratia et praedestinatione Patrem Patrum Augustinum tenuisse ac docuisse certi et securi sumus» (30,69).
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scolastica, interprete della fede della chiesa, da centinaia di anni difende tesi condannate da Agostino (30,65), viene respinta da Giansenio con il ribadimento della maggiore antichità della «doctrina tot saeculis ante recepta» (30,66) di Agostino, suprema autorità che la chiesa cattolica non ha mai contraddetto e cui mai potrà rinunciare (30,66-67). Dunque, o gli scolastici errano sostenendo opinioni recenti e erronee respinte dalla chiesa (30,67-68), oppure andrà ricercata una teologica mediazione tra diverse «auctoritates», rimanendo comunque intangibile il principio di gerarchia tra di esse:
«Quod si vero auctoritati auctoritas componenda est, unus est Augustinus instar omnium, loco omnium, supra omnes» (30,70); «Si quis vobis annunciaverit praeter id quod ex Augustino accepistis, anathema sit» (III, De gratia Christi Salvatoris, Praefatio, 7-8).
Il. «DE CONCORD/A GRATIAE ET LIBER/ ARBITRIJ»
Si è già rilevato corne il problema della concordia tra le differenti «auctoritates» teologiche della tradizione sia questione assolutamente centrale, strategica nell'Augustinus; ora, essendo la tradizione cattolica del tutto unanime nella difesa della libertà umana e della sua responsabilità, e venendo invece l' agostinismo identificato con la confessione dell' irresistibile e predestinata grazia divina, per Giansenio il problema storico della coerenza della teologia cattolica si riassume nella questione teologica - già decisiva in Agostino - della concordia tra grazia e libero arbitrio umano. Già nel Prooemium al II tomo dell'Augustinus era stata considerata vana la pretesa scolastica di trovare una concordia tra grazia e libertà altemativa rispetto alla soluzione agostiniana (25,57); la questione viene comunque ampiamente sviscerata nel fondamentale VIII libro del III tomo, il De concordia gratiae et liberi arbitrij 29• L'intero dibattito teologico del tempo «de gratia efficaci» viene riassunto definendo le «duas capitales opiniones» ( 1,816) che op-
29 De gratia Christi Salvatoris liber octavus, qui est de concordia gratiae et liberi arbitrij=tomo III, libro VIII, capp. 1-21, coll. 814-883.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
pongono 1) Tommaso e i domenicani ai 2) gesuiti Suârez 30,
Lessio, Molina (1,817). 1) il domenicano Baiiez propone l'identificazione della
grazia efficace con la predestinante <<praedeterminatio physica» della libertà umana ad opera della etema volontà divina; ne deriva il concorso necessario della volontà umana (causa o natura seconda) con la causa prima di Dio, natura assoluta, necessariamente e irresistibilmente efficiente:
«Necessitatem ejus tantam ex duplici capite proficisci, ex subordinatione secundae causae sub prima et ex indifferentia liberae voluntatis, quae non est apta ut aliquid agat, nisi ab agente superiori determinetur» ( 1,816).
Il pericolo di deriva di questa soluzione è per Giansenio l' eresia calvinista, determinismo teologico che non solo nega alla libertà dell'uomo qualsiasi concorso nell'atto di fede e di perseveranza, ma che finisce per rendere Dio stesso responsabile dell'umana elezione del male, essa stessa predeterminata dalla causa prima, essendo la natura seconda incapace di risolversi autonomamente ad alcunché.
2) contro questo errore, i gesuiti «excogitaverunt aliud gratiae genus» (1,816), quello della «gratia congrua», (semi)pelagianamente interpetata corne grazia meramente suasiva, che rimette del tutto l' atto di fede all' autonomo consenso dell'uomo, alla «libera optio voluntatis» (1,817).
Il dialettico richiamarsi dei due errori opposti postula, per Giansenio, una mediazione dialettica da rintracciare nello stesso metodo teologico agostiniano: «Dicendum est enim, ex
30 Sul ruolo assolutamente centrale di F. Suarez nella definizione della teologia della grazia gesuitica, cf. il prezioso studio di J.M. DALMAU, San Agustfn en la teologia de la gracia del P. Francisco Suarez, in «Estudios ecclesiâsticos» 22, 1948, pp. 339-374: Suarez è davvero un antigiansenista ante litteram, proponendo una reinterpretazione semipelagiana di Agostino, disinteressandosi del tutto al problema dell' evoluzione della sua teologia, si che le affennazioni giovanili hanno Io stesso valore autoritativo di quelle dell'ultimo Agostino; si rifiuta quindi un'interpretazione pessimista della teologia dell'Ipponate, affennando aprioristicamente la subordinazione dell'interpretazione dell' Agostino storico al sensus tradizionalmente affennatone dalla chiesa cattolica; cf. in part. le conclusioni, pp. 371-374.
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integro cum neutra convenire, sed aliquid ab utraque sumere» (1,817). La più significativa delle contestazioni rivolte alla teoria domenicana (2,818-823) è quella di considerare astrattamente la grazia corne necessità rnetafisica estrinseca e invariabilrnente efficace, e non agostinianamente corne rnedicinale (2,820) «verissimus motus voluntatis, ineffabilis delectatio ... , verissima et realissima voluntatis affectio» (2,818), che quindi richiede il concorso spontaneo e dilettevole, non passivo, coatto e dunque invariabile della libertà urnana 31 ; per altro verso, contro i gesuiti Giansenio sirnpatizza apertamente per la soluzione dornenicana 32 : «impossibile est, ut adjutorium illud caelestis delectationis non determinet, immo praedeterminet voluntatem; ... necesse est ut velimus et operamus» (3,825); infatti Dio opera
«voluntatem inclinando, applicando, determinando; et quia praevenit ipsam voluntatis praedeterminationem, etjam praedeterminando, non solum moraliter, sed vera reali et physica determinatione » 33 ;
31 «Praedetenninatio physica talis esse dicitur, ut in quibuscumque circumstantijs voluntas collocetur, semper faciat facere et operetur effectum suum omnemque superet resistentiam; Christi adjutorium nullo modo. Nam delectatio victrix, quae Augustino est efficax adjutorium, relativa est: tune enim est victrix quando alteram superat» (2,819). Dunque, per Giansenio, agostinianamente la libertà umana puô, in senso relativo, resistere alla grazia divina, la concupiscentia puô prevalere sulla delectatio della carità! Sulla «duplex necessitas», ovvero sulla distinzione tra «necessitas coactionis» (interpretata corne mera, estrinseca «vis ... violentia. .. coactio», che costringe una «nolens voluntas») e «necessitas simplex vel voluntaria» ( attraverso la quale, la volontà consente non invita, perché irresistibilmente operata dalla grazia), cf. la limpida trattazione in III,Vl,6,628-637; chiaramente, il contesto è decisivo per valutare la III delle cinque proposizioni.
32 Cf. in 21,878 l' analogo atteggiamento nei confronti del calvinismo: denunciarne i gravi errori, ma riconosceme la profonda esigenza, coïncidente con una pur relativa fedeltà all'agostinismo.
33 3,823. L'operazione interiore della grazia è la charitas, la delectatio victrix agostiniana, la quale è definita da Giansenio «non aliud esse, quam caelestem quandam atque ineffabilem suavitatem; seu spiritalem delectationem, qua voluntas praevenitur et flectitur, ad volendum faciendumque quicquid eam Deus velle etfacere constituerit» (IIl,IV,1,394). Non concordo affatto, in prop., con la tesi di J. WALGRAVE, L'"Augustinus" de Jansénius, in J. van Bavel e M. Schrama (edd.), Jansénius et le jansénisme, pp.
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ove contra i gesuiti la «moralis determinatio» è respinta perché «se habet in ipsa potentia voluntatis» (3,824), conferisce alla volontà della creatura il potere di consentire alla vocatio di vina, determinandone l' efficacia.
Ma corne accordare queste esigenze apparentemente del tutto contraddittorie, affermando insieme il rifiuto di una libertà passivamente operata da un «motus» necessitante, e la difesa dell'irresistibile predeterminazione della grazia? Nel fondamentale capitolo 4, Giansenio distingue tra «sensus divisus» e «sensus compositus» 34, due possibilità diverse di
27-38, che sostiene (pp. 36-38) che per Giansenio la grazia operante non agirebbe all'intemo della volontà, ma la muoverebbe irresistibilmente «ab extrinseco». Se infatti è vero che la grazia non si sostituisce alla volontà libera dell'uomo, ma la converte e la orienta irresistibilmente senza costringerla invita, certo la sua azione è da Agostino e da Giansenio pensata corne intrinseca, Spiritus operante nella profondità del desiderio dell'uorno: interior intima suo; insomma, la nuova volontà della charitas è cornunque un atto trascendente, generato dallo stesso Spirito di Dio, irriducibile cioè ad un desiderio autonomo dell'uorno o ad un desiderio estrinsecarnente sollecitato: «Delectatio ista ... non est aliud, quam actus quidam indeliberatus coelitus immissus in voluntatem» (III,IV, 111,435). Mi pare dirirnente in prop. un brano ove Giansenio insiste agostinianamente sulla grazia corne interiore determinazione del desiderio dell'uomo e corne sostituzione di una nuova ad una vecchia volontà, di un cuore di came ad un cuore di pietra: «Quid est flectere voluntatem in bonum, quid est in lapsum pronam convertere, nisi eam vel fluctuantem, vel in alteram partem jam nutantem ac propendentem, ista determinatione revocare et in alteram partem determinare? Flexus enim et conversio voluntatis in hanc vel illam partem, nihil est aliud quam ejus in alterutram partem determinatio. Numquam enim Deus hominis voluntatem in bonum reipsa flectet atque convertet, nisi hic et nunc determinet ... Et h.oc ipsum et nihil aliud est, auferre unam voluntatem ac dare alteram, seu ut Scriptura loquitur, auf erre cor lapideum, ac dare cor cameum» (III,11,23,191-192 e 194).
34 Questa distinzione scolastica dipende da ARISTOTELE, Confutazioni sofistiche 20,177a-b, ed è ripresa e teologicamente applicata nella Logique di A. ARNAULD e P. NICOLE (citata infra), III,19,6,253-255, ove, trattando della <<fallacia compositionis» e della «fallacia divisionis», per illustrare il sensus divisus è portato antiluteranamente l'esempio del peccatore giustificato: «C'est aussi dans le même sens qu'il est dit, dans ['Ecriture, que Dieu justifie les impies, car cela ne veut pas dire qu'il tient pour justes ceux qui sont encore impies, mais qu'il rende justes, par sa grâce, ceux qui auparavant étaient impies» (p. 254). Analogarnente, per illustrare il sensus compositus, si sottolinea corne il Vangelo affermi corne precluso all'empio il regno dei cieli.
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Capitolo secondo - Giansenio: dall'ambiguità della tradizione al sistema
concepire il concorso tra grazia irresistibile e libertà di consenso (cui dev'essere immanente la possibilità di dissentire dall'azione della grazia). Il «sensus divisus» indica una legittima compresenza potenziale (quindi sempre astratta, mai effettiva) dell'umana «potestas dissentiendi» (4,827) con l'azione irresistibile della grazia divina, mentre il «sensus compositus» ammette un'assurda compresenza attuale (quindi un effettivo esercizio) di questa «potestas dissentiendi» con la grazia immanente nella volontà; ovvero il «sensus divisus» implica il «simul posse non velle» (4,825), dunque la sempre presente possibilità di successione di due stati o atti (la presenza della grazia irresistibile cui la libertà non puo resistere, poi il successivo resistere della libertà, comunque conseguente al ritrarsi della grazia stessa), assolutamente contraddittori se simultanei; mentre il «sensus compositus» afferma illegittimamente il «simul non velle» ( 4,825), la simultanea compresenza di questi due stati o atti contraddittori 35, quindi assurdamente l'effettivo resistere della libertà umana all'operante grazia divina:
«/taque in sensu divisa potest voluntas non facere id quod Deus per gratiam efficacem in ea operatur, in sensu vero composito, nequaquam ... Sicut ergo in sensu composito verae sunt hujusmodi phrases (Augustini), quibus voluntas acta per divinam gratiam, dicitur non posse resistere Deo, non posse dissentire ab eo quod per eam vult operari Deus, non posse declinari, non posse superari; ita e contrario, in sensu diviso verae sunt, quibus dicitur posse declinari, passe superari, posse dissentire» (4,826).
La «potentia non volendi» (4,825) permane sempre nella libertà, anche se è impossibile un «dissensus actualis» ( 4,827) concomitante o simultaneo con l'atto della grazia irresistibilmente efficace; dunque nella libertà si dà sempre
«simultas potentiae ad operandum et non operandum, non potentia simultatis, ut videlicet simul agat et non agat» (4,825).
35 «ln libero arbitrio est potestas ad opposita, non tamen potestas ad opposita simul in se habenda» (4,825).
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Dimostrata la possibilità di concordare grazia irresistibile e «potestas dissentiendi», più agevole è la dimostrazione della coesistenza tra spontaneo consenso della libertà e irresistibile delectatio della grazia, chiaramente affermata da Agostino,
«sufficientissime putans se liberum arbitrium defendisse, quia quantumcumque Deus efficaciter per gratiam operetur, non nolens aut invitus homo facere cogitur, sed volendo id facit propria voluntate» (5,829).
La grazia agostiniana non violenta la libertà dell'uomo, ma muovendola l' accende di tale amore, che essa non puo fare a meno di desiderare del tutto liberamente e spontaneamente l'operare dello Spirito Santo, che la chiama irresistibilmente a cooperare nel bene: contro i pelagiani e i gesuiti, che pensano che il Dio agostiniano «per gratiam totum solus facit et hominem invitum et reluctantem ad bonum cogit>>36, Giansenio replica:
«non sola (gratia) in homine operatur, sed etjam voluntas ex nolente et repugnante fit volens, et volendo cum gratia aliquid facit» (5,833), «non sine voluntate, per voluntatem» (8,840)37•
Questa «concordia», questa asimmetrica relazione dialettica tra due grandezze infinitamente distanti, considerate «repugna.ntia» (7 ,836) 38 dai pelagiani, è per Giansenio postulata
36 5,833. Cf. le chiarissime precisazioni in 18,864-867. Contro la riduttiva concezione molinista della gratia congrua, che rimette alla stessa libertà dell'uomo la potenza di rendere efficace la suasiva vocatio divina, quindi di decidere o risolvere la propria naturale «indifferentia» o equivalente altemativa di scelta, scrive Giansenio: «Delectatio quippe non indifferentem facit voluntatem, sed indifferentiam ad alteram partem vehementissime trahit» (9,844); ove comunque la stessa «indifferentia» della libertà priva di grazia è una mera astrazione, in quanto la forza irresistibile è in ta! caso la concupiscenza, vera e propria «necessitas peccandi» (9,844-845); sull'irrealtà dell' «indifferens agendi et non agendi aequilibrium», cf. le chiarissime precisazioni in 20,874.
37 La «concordia» tra delectatio irresistibile (della grazia) e volontà umana è riscontrabile nella stessa necessitante forza della concupiscenza, operante tramite il consenso perverso della libertà umana (9,842-845).
38 Sul giansenismo corne tentativo di mediare teologicamente opposti apparentemente inconciliabili, cf. F. RUFFINI, Studi sui giansenismo, pp. 120-124.
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dalla stessa Bibbia, che, in apparenza contraddittoriamente, esalta simul la responsabilità della libertà umana e l' assoluta dipendenza di essa dalla grazia operante e predestinante di Dio (7 ,836-837). Avendo indicato apertamente (8,838-839) nel De gratia et libero arbitrio agostiniano la più sistematica teorizzazione della chiave ermeneutica capace di schiudere il principium della loro concordia 39, sistematicamente Giansenio puo ricondurre con grande disinvoltura 40 la totalità della tradizione cattolica alla soluzione agostiniana: se Agostino ha dimostrato la coesistenza di grazia irresistibile e libertà di consenso, ogni accanito apologeta della libertà dell'uomo in relazione all'operazione della grazia concorda con la soluzione di Agostino; dunque sono agostiniani radicali non solo Prospero di Aquitania 41 e Fulgenzio di Ruspe, ma diventano tali persino Cirillo d' Alessandria (11,848-849), Gregorio, Beda, Anselmo (12,850-853), Bernardo e i Vittorini (13,852-855), Pietro Lombardo e Alessandro di Hales ( 14,854-856), Tommaso, Bonaventura, Duns Scoto, Enrico di Gand (15,856-16,858); l'invariabile e unanime agostinismo, che i Padri e le somme autorità scolastiche «tanta consensione tradiderunt» ( 17 ,860), è con-
39 «Quod ut remota omni ambiguitatis et obscuritatis nebula, manifestissime cuilibet lectori pateat, cui oculos non clauserit pervicacia, liber de gratia et libero arbitrio perlustrandus est ... ut a capite usque ad calcem nit aliud agat nisi ut alternatim singula, nunc liberum arbitrium, nunc vicissim gratiam librando et utriusque officia trutinando, ipsam in eandem actionem concorditer, salva utriusque proprietate fluere demonstrentur» (8,838)
40 Cf. in prop. le osservazioni polemiche - e non sufficientemente vagliate - di P. CHAUNlJ, Le basculement religieux de Paris ... , 85-87, che rimprovera al giansenismo una sostanziale ipocrisia, capace di accordare Padri greci ed Agostino, o persino Agostino e Molina. In realtà, si deve ricordare a Chaunu che questa è la strategia secolare di Roma, corne testimoniato dalla Jettera del cardinale Borghese, citata infra, nota 44; la differenza è che il giansenismo ha tentato di dare una soluzione teologica ad una discordia composta soltanto politicarnente o pragmaticarnente da Roma.
41 A Prospero (che com'è noto è passato da posizioni agostiniane radicali, a posizioni più moderate e "romane") Giansenio attribuisce Io stesso "semi-pelagiano" De vocatione omnium gentium, considerato comunque corne opera perfettamente in linea con il De gratia et libero arbitrio di Agostino!; cf. 10,844-849. Analoga la posizione di ARNAULD, che nei primi libri dell'Apologie pour les Saints Peres, pur negando l'attribuzione del De vocatione a Prospero, concorda nell'attribuirgli un'impostazione teologica costantemente agostiniana radicale.
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fermato «unanimi consensu» (17 ,862) dai concili e dai pronunciamenti dell'autorità papale42•
Nell'ambito di questa totalizzazione agostiniana della storia ecclesiastica, Giansenio non poteva non farsi forte ( 17 ,860-865) del Decretum de iustificatione del concilio di Trento, e in particolare dei capp. 5-6 e del canone 4 43 • Giansenio si serve della ambigua adesione tridentina alla littera della dottrina agostiniana (in realtà finalizzata ad un senso apertamente antiluterano e anticalvinista, che non escludesse persino un'interpretazione semipelagiana) 44, comunque rein-
42 «Hanc ipsam concordiam gratiae cum libero arbitrio etjam Apostolica Sedes et ipsa Concilia Ecclesiae· generalia contra Pelagianos et alios veritatis hastes, qui libertatem exstingui per operationem gratiae arbitrati sunt, disertissimis verbis expresserunt ac canonica auctoritate sanxerunt>> (17,860); cf. 19,866-867.
43 Per il testo del Decretum de iustificatione tridentino (VI sessione, 13 gennaio 1547), cf. G. Alberigo, P-P. Joannou, C. Leonardi, P. Prodi (edd.), Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Basilea-Barcellona, Friburgo, Roma, Vienna 1962, pp. 647-657.
44 Che il Concilio di Trento avesse operato Io stesso ambiguo tentativo di mediazione, considerando Agostino (tacitamente interpretato in senso semipelagiano) corne intermedio tra pelagianesimo e calvinismo, è a ragione affermato da P. BAYLE, Remarque E, p. 393 (cf. infra, nota 55). Una lettera del Segretario di Stato, il cardinale Scipione Borghese, inviata nel 1611 al nunzio in Spagna Antonio Caetani, conferma limpidamente corne da Trento in poi, nell'ambito delle laceranti controversie teologiche tra gesuiti e domenicani, l'obiettivo fondamentale di Roma rimanga innanzi tutto politico-ecclesiale; il cardinale cerca di motivare la decisione del papa Paolo V di sospendere la controversia De auxiliis, evitando un pronunciamento di condanna dell'una o dell'altra parte: «Che si conservi la reputazione et fama di queste due Religioni, senza che ne venghi discredita una di esse, di che gl'heretici fariano gran feste et trionji»; inoltre dottrinalmente, in perfetta continuità con Je ambigue formule tridentine, Roma cerca (tatticamente) quella mediazione (o meglio quel compromesso) che ritroveremo affermata teologicamente in tutti i principali autori giansenisti, per i quali la verità dogmatica si identifica con il tenere insieme posizioni apparentemente contraddittorie, rispettivamente rappresentate da molinisti e baneziani ( o calvinisti). Ma mentre per i giansenisti gli estremi sono entrambi errati, quindi eretici, e compatibili subordinando quello "molinista" a quello agostiniano, per Roma gli estremi, se disposti ad una attenuazione, cioè alla subordinazione all'autorità cattolica romana, sono entrambi legittimi e cattolici, comunque nella direzione di una subordinazione dell' estremo agostiniano a quello "molinista". Leggiamo infatti nella nostra lettera: «.Nel punto principale che consiste nell'efficacia della gratia et libero arbitrio, l'una et l'altra parte con-
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terpretandola secondo l' autentico spiritus agostiniano:
«Ubi (nel cap. 6 del Decretum) nulla prorsus alia explicatur gratiae et libertatis concordia, nisi illa quam semper Augustinus docuit, nempe quod nec homo nihil omnino agat instar trunci se habendo, et tamen gratia praestet ut agat. Verba quippe Concilij sunt ipsissima verba sancti Augustini, quibus ipse Pelagianos, destrui conquerentes liberum arbitrium, saepe suffocavit» (17,861).
Giansenio nota che Trento, affermando che la libertà umana viene disposta ad un «libere assentire et cooperare» dal-1' immeritata «vocatio» della «gratia praeveniens» (Decretum, cap. 5), utilizza le stesse espressioni antipelagiane di Agostino; se dunque la lettera puà apparire ambigua, per Giansenio il senso non puà essere che quello dell'asimmetrica concordia agostiniana, a meno che non si voglia per assurdo accusare il concilio, divinamente ispirato, di ipocrisia e di intenzionale deformazione dei testi di Agostino. In effetti quando Trento
viene, et seguita la verità cattolica, dichiarata molto apertamente et dilucidamente dal Sacra Concilia Tridentino nella sessione VI De Iustificatione, dove nelli canoni si mostra quali fossero in quella materia gli errori di Pelagiani, Semipelagiani et Calvinisti, et si insegna la dottrina cattolica, quale, si è deto, viene abbracciata et seguita indubitatamente dall'una et dall'altra parte, ma sono solo differenti nel modo, volendo i Domenicani, che Dio nostro Signore con l'efficacia della sua santa gratia predetennini fisicamente, cioè attualmente e realmente il libero arbitrio, et i Gesuiti che Io faccia con la gratia congrua et moralmente, opinioni che appresso moiti huomini dotti et pii sono state reputate probabili» (cit. in L. LoPETEGUI, Renovaci6n y fracaso de las tentativas para obtener una definici6n dogmatica en la Controversia de Auxiliis:l607-1614, in «Archivio Teol6gico Granadino» 37, 1974, pp. 45-81, in part. p. 58). L'evidente inconciliabilità delle due prospettive teologiche (chiara al Borghese, corne rivela quel «probabili», che vuole relativizzare entrambe le affermazioni, incompossibili se assolutizzate) interessa poco a Roma, preoccupata soltanto di tenerle insieme senza cercarne un'effettiva mediazione dottrinale; !'Augustinus di Giansenio pretenderà di realizzare questa mediazione, certo subordinando nettamente la grazia sufficiente a quella operante, la libertà alla grazia. Sul tentativo del tomista Caetano di evitare l'analisi teologica della questione, confessando l'assoluta impenetrabilità del rapporto tra grazia predestinata e libero arbitrio ad analogia dell'impenetrabilità del mistero della Trinità, cf. D. FERRARO, L'uso delle auctoritates nella seconda scolastica, in Canziani e Zarka (edd.), L'interpretazione, pp. 83-101, in part. pp. 90-92.
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adotta le espressioni agostiniane di apologia della libertà umana 45, mostra con le sue prudenti precisazioni e i suoi strategici silenzi di interpretarle in realtà «in senso composito»; Giansenio invece se ne serve per riportarle al «sensus divisus», all'originario, dialettico senso agostiniano46, che esclude sia l'errore della luterana e calvinista negazione del consenso e del concorso della libertà umana, che l' errore della pelagiana e gesuita negazione della grazia irresistibilmente efficace (17,862).
L' «admirabilis consonantia», l'efficacia dialettica dell'ermeneutica giansenista risulta ancora più evidente se applicata -sia consentito questo anacronismo - alle celebri (prime) cinque proposizioni denunciate da Cornet alla Sorbona nel 164947 ; nel decisivo XX capitolo dell'VIII libro del III tomo, è possibile
45 Ad esempio, ricevendo l' ispirazione della grazia, «illam et abiicere potest» (Decretum, cap. 5); cf. ancora Canones, n. 4: «Si quis dixerit, liberum hominis arbitrium a Deo motum et excitatum nihil cooperari assentiendo Deo excitanti atque vocanti... neque posse dissentire si velit, sed velut inanime quoddam nihil omnino agere mereque passive se habere, anathema sit>>.
46 Sull'attribuzione gianseniana del solo «sensus divisus» ai documenti tridentini sulla giustificazione, cf. la loro chiarissima analisi in Augustinus, III, VIII, 4,826-827; 20,807-877; 21,879-882. In riferimento al cap. 4 e al canone 5 del Decretum, scrive Giansenio: «Dicimus igitur liberum arbitrium, quantumcumque vehementi atque efficaci gratiae delectatione praeventum atque determinatum ad faciendum bonum, ad.hue tamen posse bonum non tantum non facere, sed etiam malum. Verum est enim istud non quidem in sensu composito, ut vulgo dici solet, sed in sensu divisa. Nimirum quia eodem tempore, quo voluntatis arbitrium sub gratiae delectatione efficaciter eam movente positum est, imo quo etiam actum voluntatis bonum facit, est in eadem voluntate potestas illud non faciendi imo peccandi, non quod cessatio ab actu quem tune elicit, aut actuale peccatum cum gratiae delectantis influxu consistere possit (quod sensus compositus postularet), sed quia cessandi et peccandi potestas cum eadem gratia simul in eodem voluntatis arbitrio coniungi potest. Nam quamvis duo actus contrarij sint oppositi, et in eadem voluntate simul esse non possint; potestates tamen ad opposita non sunt oppositae, nec sibi invicem nec actibus oppositis et in eodem simul subiecto, sive agente sive quiescente commorantur. Sic ergo voluntas quantumcumque gratiae suavitate capiatur; potest non agere id quod rapitur; quia veram non agendi potestatem etiam sub gratia rapiente retinet, quamvis fieri nequeat ut ipsa non actio cum gratiae operatione in eadem simul voluntate copuletur. .. Sic etiam iuxta Tridentinum, homo "recipiens inspirationem, illam abycere potest"; et "liberum arbitrium a Deo motum potest dissentire, si velit"» (20,870-871).
47 Cf. L. CEYSSENS, Nicolas Cornet (1592-1663), promoteur des Cinq Propositions jansénistes, in «Antonianum» 52, 1977, pp. 395-495.
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rintracciare (concettualmente, se non alla lettera) le prime quattro proposizioni 48 dialetticamente connesse con le tesi ad esse opposte, accettate secondo il compatibile «sensus divisus», tesi invece negate corne false e eretiche se sostenute secondo l' illegittimo e contraddittorio «sensus compositus».
1 - Senza la grazia efficace, per "i giusti" è impossibile operare alcuni comandamenti di Dio, pur volendolo ( comunque imperfettamente); eppure è vero «in sensu diviso» che "i giusti" privi di grazia possono operare il bene, volendolo, una volta ricevuta la grazia 49 •
II - La grazia interiore è sempre irresistibile o determinante nello stato di natura corrotta; eppure è vero «in sensu diviso» che la libera volontà puo resisterle e peccare50•
48 Sulla V proposizione (Dio non è morto per redimere tutti gli uomini, ma solo per redimere i predestinati; eppure Dio è morto per tutti coloro che vogliono essere salvati), cf. invece III,IIl,21,379-392 e l,VII,5,409-18,442.
49 Secondo la prospettiva giansenista, i giusti privi di grazia o i fedeli privati della grazia sono merl peccatori; pertanto: «Quae credendi aut benefaciendi operatio, licet cum in.fidelitate vel detenninatione ad peccandum jungi in eadem voluntate nequeat, potentia tamen illa credendi et benefaciendi cum infidelitate simul manet: quam ob causam recte dicuntur infideles posse credere, posse diligere, posse benefacere, in sensu similiter diviso, non composito, quamdiu in hac vita constitutis gratia Dei et illuminatio eis conferri potest ... Possunt ergo infideles credere, quia ut Augustinus dicit "mutari in melius homines possunt", sed per gratiam Dei ... Hoc sensu alloquimur homines etiam in.fideles ut credant, credentes ut diligant, ut operentur, omniaque praecipiendi, consulendi, hortandi, corripiendi incentiva adhibemus, non ut signi.ficetur adesse illam immediatam operandi potestatem, quam tribuit gratia, ut nutu voluntatis ei tantum accedente, influxus ejus sequatur aut non sequatur; sed (quod sapius ex professo sanctus Augustinus docet) ut signi.ficetur eos quibus loquimur, habere liberum voluntatis arbitrium, quo praeceptum aut consilium fieri potest et non fieri, et per nostrum illud adminiculum sciant, quo debeant suam convertere voluntatem. Sed si de.fit gratia, quae voluntatem peccato inhiantem flectat in bonum, potestas illa benefaciendi ejfectu suo cassa remanebit» (IIl,VIIl,20,872-873). Dunque, «(Cum Augustinus dixisset) "omnes homines ad Dei praecepta se convertere posse si velint", ut intellegeremus istam potestatem proximam convertendi se non praecedere, sed sequi seu comitari ipsam bonam voluntatem, et in ipso primo et forti bene velte constitutam esse, loco explicationis adiungit: "Verum est omnino omnes homines hoc posse si velint, sed praeparatur illa voluntas a Domino"» (20,875). Cf. IIl,IIl,13,334 e I,VIl,5,409-18,442.
50 «Qui sub gratia ad opus bonum detenninante operatur, simul etiam peccare potest>> (IIl,VIIl,20,872); <<Liberum arbitrium, qualicumque gratia ad
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III - La libertà esclude soltanto la necessità coercitiva, non esclude qualsiasi necessità (al bene o al male); eppure è vero «in sensu diviso» o potenziale che la volontà possiede l' «indifferentia ad contraria», la <<potestas» di scegliere liberamente 51 •
IV - La libertà umana non ha la <<potestas» di resistere o obbedire alla grazia che dona la fede; eppure «in sensu diviso» il libero arbitrio conserva naturalmente la «potestas» della propria fede 52•
Il De concordia gratiae et liberi arbitrij si conclude quindi con uno strategico capitolo (21,878-883) dedicato a Calvino, utilizzato (analogamente al predeterminismo fisico domenicano in apertura di libro) corne estremo dialettico da contrapporre all'estremo pelagiano e molinista, si da interpretare agostinianamente l'intera storia delle eresie cristïane corne oscillazione tra due verità parziali e contrapposte, che comunque confermano, nel loro dialettico richiamarsi, la verità della sinottica teologia agostiniana della grazia. In linea con la condanna tridentina dell'agostinismo protestante, Giansenio rimprovera a Calvino di misconoscere il perfetto equilibrio
agendum rapiatur; rectissime dici potest posse peccare; licet fieri nequeat, ut ipsum peccatum simul in sensu composito cum gratiae operatione societur» (20,871); cf. il testo riportato supra alla nota 46 e IIl,Il,25,202-203.
51 «Nulla necessitas actibus voluntatis liberis formidanda est, sed sola vis, coactio et necessitas violentiae» (IIl,VIIl,l9,869); cf. 21,882. Eppure: «Respondetur quamdiu hic vivimus, sive in infidelitate ante gratiam, sive jam sub gratia, indifferentiam ad contraria, hoc est ad volendum faciendumque bonum et malum semper inesse libero arbitrio; sed non eo modo quo isti Scholastici putant... qui quocumque modo arbitrium, sive gratiae, sive peccati delectationibus imbuatur, semper existimant cum utravis ejus dispositione posse fieri, ut utrumlibet velit sive bonum sive malum, pro illa sola scilicet innata indifferentia voluntatis, quae sub quacumque dispositione actum praeveniente sese sua libertate in utramvis partem flectit» (20,869-870). Cf. II,IV,24,657-664; IIl,Vl,8,698-701; IIl,VIII,19,866-869.
52 «Homo naturaliter per liberum arbitrium habet potestatem, qua dici potest posse credere, nam posse habere fidem, nihil aliud est quam posse credere» (IIl,VIIl,20,873); «Sed istud consentire (alla possibilità di credere) nisi per gratiam, quae liberum arbitrium in malum pronum retorqueat in Deum, voluntati reipsa tribuatur; frustra adhibebitur qualecumque praecipientis et consulentis et exhortantis et increpantis eloquium» (20,874). Cf. 1, VIIl,6,455-466; IIl,Il, 15, 148-152.
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della concordia agostiniana, annullando il ruolo del libero arbitrio nel processo di giustificazione 53, considerando la grazia corne invariabilmente irresistibile 54, affermando insomma il «non esse in nostra potestate» (21,879) della determinazione dell'agire umano55• Agostino, al contrario, ha sempre difeso, contro le calunnie pelagiane, la libertà o la potestas della volontà umana:
" «Primum est, quod Calvinus negat esse in homine boni et mali electionem: quam tamen semper Augustinus libero arbitrio asserit» (Ill, VIII, 21,878).
54 «Secundum est, quod Calvinus doceat gratiam ita movere hominem, ut non sit ei liberum resistere» (21,879).
ss In realtà, la stigmatizzazione dell 'eresia calvinista corne determinismo negatore del libero arbitrio è eccessiva, strumentale e, in effetti, storicamente infondata: calvinismo e giansenismo sono in realtà assai più vicini di quanto Giansenio e i giansenisti non volessero ammettere, essendo entrambi fedeli (al di là di qualche sfumatura teologica) al vero Agostino. Chi ha perfettamente messo a fuoco questa scomoda parentela, smascherando la finzione - più o meno convinta, e attribuibile già al Concilio di Trento - di una reale differenza tra Agostino e calvinismo, corrispondente a quella tra giansenismo e calvinismo, è stato P. BAYLE, Dictionnaire historique et critique, I, Articolo Augustin, p. 393, Remarque E: «Le Concile de Trente, en condamnant la doctrine de Calvin sur le franc arbitre, a nécessairement condamné celle de saint Augustin; car il n'y a point de Calviniste, qui ait nié, ou qui ait pu nier le concours de la volonté humaine, et la liberté de notre ame au sens que Saint Augustin a donné au mot de concours, et de coopération, et de liberté. Il n'y a point de Calviniste, qui ne reconoisse le franc arbitre, et son usage dans la conversion, si l'on entend ce mot selon les idées de Saint Augustin. Ceux que le Concile de Trente a condamnez, ne rejettent le franc arbitre, qu'entant qu'il signifie la liberté d'indifférence. Les Thomistes le rejettent aussi sous cette notion, et ne laissent pas de passer pour très-Catholiques. Voici une autre scene de Comédie. La prédétermination physique des Thomistes, la nécessité de Saint Augustin, celle des Jansénistes, celle de Calvin, sont au fond la même chose; et néanmoins les Thomistes renoncent les Jansénistes, et les uns et les autres prétendent qu'on les calomnie, quand on les accuse d'enseigner la même doctrine que Calvin. S'il étoit permis à l'homme de juger des pensées de son prochoin, on seroit fort tenté de dire que les Docteurs sont ici de grans Comédiens, et qu'ils n'ignorent pas que le Concile de Trente n'a condamné qu'une chimere, qui n'étoit jamais montée dans l'esprit des Calvinistes, ou qu'il a condamné Saint Augustin, et la prédétermination physique: desorte que, quand on se vante d'avoir la foi de Saint Augustin, et de n'avoir jamais varié dans la doctrine, on ne le fait que pour garder le decorum, et pour éviter la dissipation du Systême, qu'un aveu de la vérité produit nécessairement».
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«Nam secundum Augustini principia, liberum non est aliud, nisi quod est in nostra potestate... Hoc est Augustino esse in potestate, quod "cum vultfacit"» 56•
L'uomo, pur determinato dalla grazia o dalla concupiscenza, mai agisce «invitus» 51, mai è forzato a compiere cio che non vuole 58, pur se effettivamente la libertà operata dalla dilectatio divina non puo che volere il bene, si che la potestas di electio concorre attualmente corne consenso alla grazia irresistibile, mentre la sempre immanente capacità di dissenso è soltanto astratta:
«Potentia quippe dissentiendi non repugnat actuali gratiae motioni et consensui, quamvis fieri nequeat, ut actualis dissen-sus cum actuali Dei motione jungatur» (21,879). ·
Paradossalmente, la più profonda apologia dell'agostinismo radicale si conclude con l'apologia (certo condizionata e del tutto relativizzata) della libertà umana: nella sua totale fedeltà al metodo teologico "concordistico" di Agostino, la
56 21,880. Sul libero arbitrio, cf. i libri VI e VII del III tomo. Cf. in part. la ricostruzione storico-teologica in IIl,Vl,13-33,662-713 e in part. il bilancio riassuntivo in 34,714-717: a partire dal riconoscimento agostiniano (certo del tutto condizionato, secondo le ribadite prospettive del De gratia et libero arbitrio) del libero arbitrio, tutta la tradizione cattolica apologeta del libero arbitrio (persino quella preagostiniana e orientale: cf. il disinvolto cap. 12,658-659) è forzatamente concordata con l'agostinismo radicale (cf. ad esempio l'interpretazione di Bernardo al cap. 17): il tutto culmina nel-1' affermazione che la libertà implica comunque il non posse (Dio non puô peccare, Cristo, gli angeli, i beati, ovvero Je creature assolutamente libere, non possono peccare; corne i demoni o i dannati non possono volere il bene, pur compiendo liberamente il male); cf. il cap. 35,716-723 - significativamente intitolato: Actus voluntatis deliberatae necessarius, est in potestate et dominio voluntatis - e i capp. 36-38,724-731. Sulla connessione tra azione irresistibile della delectatio e libero volere (=necessario consenso non coatto, ma spontaneo ad essa), cf. III,VII,1-4,732-747; sulla negazione della pelagiana e gesuita identificazione della libertà con J' «indifferentia ad bonum et malum», cf. IIl,VIl,11-15,780-809.
51 «Quod non invitum arbitrium cogitur, aut alius de ipso, sed ipse homo proprio motu vult>> (IIl,VIII,21,882).
58 «Gratia non cogit violente voluntatem, sed suaviter ei velle tribuit» (21,881).
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Capitolo secondo - Giansenio: dall'ambiguità della tradizione al sistema
teologia positiva di Giansenio culmina cosi in una sistematica dialettica storico-teologica tra l'indubitabile univocità dogmatica delle tesi radicali di Agostino e la subordinata, risolubile equivocità delle tesi apologetiche della libertà dell'uomo, proprie della massima parte della tradizione cattolica 59• Le Apologies di Arnauld, l' Écrit à trois colonnes del 1653 o gli Écrits sur la grâce di Pascal riprenderanno e perfezioneranno quell' ermeneutica dialettica già perfettamente definita nell'Augustinus.
Ill. LA RAGIONE SENZA GRAZIA: ÜIANSENIO INTERPRETE Dl ÜRIGENE
Nel primo tomo dell'Augustinus, De haeresi pelagiana, massiccia e sistematica si staglia la polemica contro Origene60, considerato corne il superiore maestro, l'ispiratore teologico di Pelagio, della teologia umanistica (erasmiana), quindi del molinismo gesuita: Origene rappresenta pertanto il vero e proprio polo negativo dell'agostinismo, la cellula germinale dell'errore pelagiano e della deformazione scolastica, filosofica, razionalistica della verità rivelata. Giansenio si astiene dall'analisi delle opere origeniane conservate in greco, traendo tutte le numerose citazioni origeniane 61 esclusivamente
59 «lllam liberi arbitrij et gratiae intelligentiam Augustinus ac discipuli ejus cum tota Ecclesia antiqua tradiderunt>> (21,883).
60 Cf. 1,11, 4,106; 1,11, 5,109-110; 1,11, 7,114; 1,111, 14,151-152; l,III, 24,182; l,IV, 7,199-8,203; l,IV, 9,203; l,IV, 19,225-228; l,VI, 6,343-348; la sistematica trattazione di l,VI, 12,365-18,380; l,Vll, 4,404 e 408; l,VIII, 4,452; I,VIII, 15,512; cf. inoltre Il, Liber prooemialis, 5,11-12; 22,49-50, ove Agostino sottolinea l'insufficienza della tradizione patristica greca, dominata da Origene, nell'ambito della dottrina della grazia.
• 1 Per dimostrare quanto sia sistematica I' analisi origeniana di Giansenio, mi limito ad elencare le più importanti citazioni dal De principiis e dal Commentario ai Romani ricorrenti nelle pagine dell'Augustinus, spesso con rimandi generici, che ho comunque cercato di rintracciare nei testi origeniani. Aug 1,11, 4,106: DePrinc III, 2,4. Aug 1,11, 5,109-110: InRom I, 18,473,866a-c; lnRom VI, 8,582,108lb; 1080a; lnRom Il, 9,486,892b; lnRom V, 6,558,10331-b. Aug 1,11, 7,114: lnRom IV, 5,530,978b; DePrinc III, 6,1. Aug 1,111, 14,151-152: lnRom V (sulla trasmissione e la punizione del peccato originale). Aug 1,111, 24,182: InRom 11,7, 484,888a-b. Aug l,IV,
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
dalle traduzioni latine del De principiis e dal Commentario sull 'epistola ai Romani, letti comunque integralmente, corne dimostrano i frequenti rimandi alla pagina che rinviano ad una delle tre edizioni cinquecentesche delle opere origeniane.
Malgrado la sistematica, martellante polemica, cio che colpisce è comunque l' acutezza e la modemità del senso storico di Giansenio 62, la sua capacità di identificare l'intuizione fondante della teologia origeniana, di ricostruime quindi la duratura e insospettabile fortuna nell' Occidente 63 • Giansenio in-
7,199-9.203: InRom III, 6,509,938d; DePrinc III, 2,2; lnRom II, 9,486,892b-c; 893a. Aug I,IV, 19,225-228: DePrinc 1,5. Aug l,VI, 6,343-348: DePrinc Il, 6,3-4; IV, 4,4. Aug l,VI, 13,367: DePrinc I, 6,3; 1, 5,5; II, 3,3; lnRom V; DePrinc II, 1. Aug l,VI, 13,368: lnRom VI, 3,571,1059c; DePrinc III, 1,3 e 5; InRom X, 38,686,1287c; IV, l,522,963d-964a; DePrinc III, 2,3. Aug l,VI, 13,3369-370: DePrinc III, 1,20 e 24. Aug l,VI, 14,369: lnRom Il, 7,484,888a-b; II, 9,486,892c-893a; lnRom Il, 5; III, 6,509,938d-939a. Aug l,VI, 14,370-372: JnRom IV, l,523,965b; V, l,550,1017b-d; V, 6,558,1033a; DePrinc III, 2,4; II, l; I,2; II, 9,7. Aug l,VI, 15,371: lnRom IV, 5,528,974c-975a; IX, 3,649,1214b; lnRom IX, 3,648,1213c; lnRom VII, 16,614,1145b. Aug l,VI, 15,372: DePrinc l, 3,7; III, 1,15; III, 1,19; III, 1,17. Aug I,VI, 15,373: DePrinc I, 7,4; lnRom VII, 17,616,ll49a-b; IX, 2,648,1212b-c; DePrinc III, 1,22. Aug I,VI, 16,373-376: lnRom IX, 2,648,1212c; DePrinc II, 6,4; InRom I, 3,463,844a-845a; VII, 8,604,1125d-605,1126b; IX, 2,648,1213c-1214a. Cf. la citazione laudativa di Origene, lnRom VI, l2,589,1095a, in Aug II, De statu naturae lapsae I, 13,229. Spesso le citazioni origeniane vengono da Giansenio utilizzate corne perfetta anticipazione, e anzi superiore sintesi delle dottrine pelagiane, e quindi interpretate tramite la confutazione che Agostino ha condotto degli stessi errori pelagiani.
62 Da rilevare la capacità storica di contestualizzazione gianseniana in I,VI,13,367-368: l'ostinazione origeniana a difendere la piena indifferenza d'arbitrio della libertà umana deriva dalla polemica contro le «pestes» dei Marcioniti e dei Manichei (=degli gnostici), polemica quindi giusta, «recte atque Catholice» intenzionata, ma unilaterale, e alla fine altrettanto erronea, perché responsabile di trascurare il ruolo decisivo della grazia operante nella libertà convertitasi a Dio.
63 In I,VI,12,363-366, Giansenio abbozza una rapida genealogia del-1' errore pelagiano, riportato alla diffusione delle dottrine origeniane in Occidente ad opera di Gennadio e Rufino (che, osserva Giansenio, è al conciIio di Cartagine direttamente indicato da Celestio corne divulgatore delle dottrine pelagiane in Occidente) e della loro traduzione del De impassibilitate e del De impeccantia di Evagrio Pontico, il quale per Giansenio fu «Origenis defensor et ejus doctrinae sectator non postremus» (12,366). Pertanto, Rufino in I,VIII,7,465 è significativamente definito «primus Pelagia-
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Capitolo secondo - Giansenio: dall' ambiguità della tradizione al sistema
fatti non si abbandona mai ad una polemica volgare e stereotipata, non demonizza Origene attraverso la troppo facile e tradizionale stigmatizzazione delle sue dottrine metafisiche più ardite e scandalose; la preesistenza delle anime 64, l' apocatasta-
nae haeresis architectus». Lo stesso Ambrosiaster è riportato ad Origene, vero e geniale capostipite di tutti i pelagiani occidentali, nell'errore più moderati dell' Alessandrino per minore libertà di ingegno e per maggiore rispetto della grazia liberatrice: «Nec tamen Ambrosiaster ille, primus opinionem illam Semi-Pelagianam excogitavit aut docuit. Praeivit istis omnibus Origenes et ita viam stravit ut non opus esset adijcere quicquam novi. Nam totum ilium errorem ita perpolivit, ut poene quotquot post ejus aetatem eandem amplexi sunt, Doctoris illius autoritate et doctrinae verisimilitudine et eloquentiae splendore, seducti esse et quaecumque palliando instruendoque dixerunt, ex ejus monumentis hausisse videantur. Hoc tantum discrimen est, quod ille, quemadmodum haec omnia supra fasius ostensa sunt, longius ad pleraque Pelagianismi dogmata, nimia ingenij libertate progressus sit, in quo et ante Pelagium nonnullos imitatores habuit; alij gratiae liberatricis magis memores, se intra Semi-Pelagianae opinionis limites tenuerunt» (l,VII,4,408). Sulla tradizione origeniana in Occidente, culminante in Cassiano e nei semipelagiani Massilienses, ovvero negli ambienti monastici di Lerino che con forza si opposero al predestinazionismo agostiniano, scrive Giansenio: «Quid mirum si praecedentibus nonnullis Patribus, maxime Graecis, qui studiosissime Origenis Pelagianorum antesignani lucubrationes triverant, aliquid ex pulvere subtilissimi illius erroris adhaesisset? Neque enim pauca passim in scriptis eorum occurrunt loca quae Massiliensium sententiam in exteriori cortice prae se ferunt>> (l,VII,4,404-405). Il brano è di grande interesse: la tradizione patristica orientale viene al tempo stesso rimproverata per la sua imperfezione, dall'altra preservata dall'accusa di errore teologico; condizionata in profondità da! magistero di Origene, essa rimane soltanto impolverata in superficie, e certo non contaminata da! suo sottilissimo errore; quindi solo «in exteriori cortice» la tradizione patristica greca sembra concordare con l'errore semipelagiano dei Massilienses; e comunque, nello stesso contesta, Io stesso primo Agostino ( « ... et Augustinum in opinionem illam lapsus est») è inserito tra gli occidentali fuorviati dalla ambigua tradizione patristica orientale. Per valutare la fondatezza storica della genealogia gianseniana dell'errore origeniano-pelagiano, cf. T. BOHLIN, Die Theologie des Pelagius und ihre Genesis, Uppsala 1957.
64 Cf. I,VI,15,371: «Sed nullus error interimendae gratiae capitalior est, quam quod meritis humanis praecedentibus detur ... »; l'errore teologico quindi non è trattato corne fine a se stesso, ma soltanto in quanta mette in crisi I' assoluta centralità agostiniana della grazia. Di grande interesse quest' altro brano: «Cum enim animadverterent, tantam divinae beneficentiae erga quosdam abundantiam, et adversus alios tantam judicij severitatem, quorum causam invenire non poterant, et in conditorem innoxiae naturae referre metuebant; merita alterius vitae commenti sunt, ex quibus tamquam per liberi arbitrij jlexum partis, tanta diversitas nasceretur. Origenis iste
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
si e la stessa dottrina della successione dei mondi 65, la dottrina della preesistenza dell' anima di Cristo e dei suoi meriti capaci di fonderla con il Verbo 66, vengono certo interpretate negativa-
error fuit, ab Apostolo refutatus ad Romanos, exemplo geminorum Jacob et Esau, et ab Ecclesia condemnatus. Alii merita vitae praeteritae suffocata cementes, merita praesentis vitae protulerunt ex quibus gratia Dei, etiam prima, totaque praedestinationis catena suspenderetur. Pelagiani isti sunt» (IIl,IX,25,992-993). Il brano è davvero di grande importanza, in quanto identifica lucidamente il ruolo strategico che la dottrina della preesistenza delle anime assume nella teologia origeniana, nel tentativo di difendere, contro gli gnostici, la giustizia dell'unico Dio e la piena libertà razionale dell'uomo, dinanzi alla constatazione fenomenica di una realtà storica in preda al male, all'imperfezione, ad un'irrazionale casualità. Caduta l'ipotesi-chiave origeniana della preesistenza dell'anima, il pelagianesimo è allora costretto, certo più superficialmente e contraddittoriamente, a contrarre al-1' interno di una sola esistenza il dramma della libertà, del merito, e della grazia conseguente.
65 Cf. ad esempio in l,IV,19,227-228 e l,Vl,13,367 il considerare la dottrina dei cicli dei secoli corne conseguenza deleteria e necessaria di una radicale teoria della «indifferentia» della volontà umana. La stessa ipotesi dell'apocatastasi è qui subordinata, secondo quanto Agostino stesso faceva in De civitate Dei XII, 14-21, alla disperante constatazione della perennità dei cicli di ascesa e di caduta, si che Origene, per difendere la libertà umana, insegnerebbe l'infinito ritorno degli empi nella beatitudine e al tempo stesso il ritorno dei beati nel peccato: «Quod principium ita mordicus ubique tenuit, ut inde circulas illos perpetuos cadendi atque surgendi hoc est reparationis damnatorum, ad damnationis Beatorum in futuro saeculo fabricaverit, ne alioquin illa liberi arbitrij indifferentia laederetur» (13,367).
66 Cf. l'accurata, lucidissima analisi dell"'errore" origeniano in I,Vl,6,343-348, e in part.: «Nam in libris JTicpi dp,.rt()v Dominicae incamationis arcana tractans ex generali suo principio quo totam rationalis creaturae dispensationem ex libero suspendit arbitrio, atque unamquamque tantam ex Verbo Dei participationem sumpsisse putat, quanto erga illud dilectionis inhaesisset affectu, tandem ad animam Christi delabendo dicit: cum liberi arbitrij facultate varietas unumquemque ac diversitas habuisset animorum, ut alius ardentiore, alius tenuiore et exiliore erga autorem suum amore teneretur, illa anima de qua dixit lesus "quia nemo auferet a me animam meam" ab initio creaturae (nempe ante corpus) et deinceps inseparabiliter ei atque indissociabiliter inhaerens, utpote sapientiae et Verbo Dei et veritati ac luci verae, ac tota totum recipiens, atque in ejus lucem splendoremque ipsa cedens, jacta est cum ipsa principaliter unus spiritus... quo Christi animam una cum came quam assumpserat, pro merito indissolubilis dilectionis Dei filium ac Dei sapientiam appellatam esse delirat» (347). Si notino le capacità di sintesi e la lucidità storico-critica. Chiaramente, Giansenio contrappone a quella origeniana la dottrina agostiniana dell'uomo Gesù corne indebitamente predestinato dalla grazia ad unirsi con il Verbo.
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Capitolo secondo - Giansenio: dall'ambiguità della tradizione al sistema
mente, ma soltanto di passaggio, quasi fossero corollari, conseguenze abnormi eppure del tutto coerenti, derivanti dall'intuizione chiave dell'origenismo: la dottrina della inalienabile autonomia della libertà umana, la subordinazione ad essa della stessa libertà della grazia divina. Insomma, nel caso dell'errore di Origene, corne in quello della verità di Agostino, il problema è l'individuazione della figura storica rivelatrice, dell'autorità patristica, e dell'identificazione del suo principio ispiratore, della concezione fondante l'intero sistema 67 •
In tal senso davvero Origene diviene non solo il padre del pelagianesimo (corne già Girolamo aveva affermato), ma anche il simbolo di un'altemativa (greca) teologica ad Agostino, che la modemità sempre più chiaramente andava proponendo corne più razionale e compatibile con la bontà e la provvidenza onnipotente di Dio (si pensi al ruolo decisivo di Erasmo in proposito, a quello dei gesuiti, o, più in là, ai platonici di Cambridge, ad Huet, o ai rationaux, avversari di Bayle 68). Giansenio risponde comunque con violenta nettezza
67 «Sed quinam illi scriptores Catholici, quibus testibus se sententiae illius novitatem probare testantur? Non alium esse puto quam Origenem, qui hujusmodi dispensationis Euangelij in libris TTEpt dpAÛV non obscura fundamenta jacit: totum enim errorem Semi-Pelagianorum ut supra de Pelagianis disputantes magna ex parte declaravimus, Origenes accuratissime tradidit>> (l,VIIl,4,452).
68 Per Erasmo, mi limito a rinviare al classico A. GODIN, Érasme lecteur d'Origène, Genève 1982. Sull'utilizzazione gesuita dei Padri, rimando al sopra citato D. BERlRAND, The Society of Jesus and the Church Fathers; sulla rivalutazione gesuitica di Origene, cf. É. BINET, Du Salut d'Origène (1629) e P. HALLOIX, Origenes defensus (1648): cf. C. FALLA, L'apologia d'Origène par Pierre Halloix (1648), Paris 1983. Sul Huet, editore e studioso di Origene, cf. J.-M. MATHIEU, Huet et Origène, in AaVv, Pierre-Daniel Huet (1630-1721), Actes du Colloque de Caen (12-13-Xl-1993), ParisSeattle-Tübingen 1994, pp. 229-236. Sulla sistematica (e intenzionalmente antipuritana, quindi antiagostiniana) rinascita origeniana presso la scuola platonica di Cambridge, cf. la preziosa raccolta di saggi di M. BALDI (ed.), "Mind Senior to the World". Stoicismo e origenismo nella filosofia platonica del Seicento inglese, Milano 1996. Sui rationaux e in part. su Jean Le Clerc, cf. S. BROGI, Teologia senza verità. Bayle contrai "rationaux", Milano 1998, in part. pp. 187-203; M. SINA, Origenismo e anti-agostinismo in Jean Le Clerc diffusore della cultura inglese, in M. Baldi (ed.), "Mind Senior to the World", pp. 293-312. In generale, cf. G. LETTIERI, Lafortuna di Origene nell'Occidente medievale e modemo, in A. Monaci Castagno (ed.),
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
ai tentativi di relativizzare l'autorità di Agostino tramite le autorità di altri Padri, in particolare greci: «[Cum] nec ulli impeifectius de gratia quam graeci locuti sint>> (Ill, Ill, 20, 378). Ma se l'antichità è una delle condizioni fondamentali dell'autorità, corne risolve Giansenio il problema dell'anteriorità di Origene, e del suo errore teologico, rispetto ad Agostino? Come puè> Origene essere considerato l'eretico che perverte il dogma della grazia predestinata, se questo è stato enunciato con assoluta chiarezza, per Giansenio stesso, soltanto da Agostino ispirato dallo Spirito? Al di là dell'ovvio riferimento a Paolo, corne primo evidente fondamento della rivelazione della grazia, la dialettica storica tra Origene ed Agostino è risolta attraverso la stessa dialettica teologica agostiniana tra natura e grazia, peccato e redenzione, primo e secondo Adamo, quindi tra un cristianesimo naturalmente interpretato e un cristianesimo la cui comprensione è direttamente opera ta dalla grazia. Origene è infatti l' incarnazione della stessa ratio naturale (continua è l'insistenza sui rapporto di profonda osmosi tra Origene e Aristotele ), della libertà quindi abbandonata alla sua naturale ambiguità: curiositas e perversa complessità, vanità e profondità, miseria dell'arbitrio e corrotta grandezza dell'intelligenza, convivono nel padre della teologia senza grazia.
L' elemento caratterizzante la geniale perversione origeniana del cristianesimo rivelato è quindi identificato con la stessa esigenza di sfrenata libertà di ricerca razionale, di novità intellettuale (e si badi che Giansenio identifica e definisce perfettamente il metodo teologico zetetico origeniano) 69,
che trova nel conseguente asservimento alla filosofia pagana
Dizionario origeniano, Roma 2000; e il prezioso M. SCHÂR, Das Nachleben des Origenes im Z.eitalter des Humanismus, Basel-Stuttgart 1979.
69 Il brano più importante e notevole per serenità di giudizio e acume critico, per un bilancio di Giansenio su Origene, è in l,Vl,17,376: «lngenium quippe Origenis ut foecundissimum fuit, ita liberum et quaqua versum in speculationes novas ebulliens: quas cum non veluti dogmata fixasque sententias, sed per modum dubitationum, variorum sensuum ad ostendendam Scripturarum ubertatem effùnderet, inter multas bonas fruges, infinitam quoque zyzaniorum segetem protulit». Cf. anche il più critico I,VI,15,371: tutto cio che viene affermato da pelagiani e semipelagiani è comunque luculentius, audacius già stato afferrnato da Origene.
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Capitolo secondo - Giansenio: dall'ambiguità della tradizione al sistema
il suo giusto contrappasso. Il desiderio di novità si traduce quindi nella sistematica imprudenza razionale (propria di una natura che considera se stessa del tutto integra e autonoma) al cospetto della tradizione 70• In tal senso Origene è il modello della teologia scolastica: la ragione pretende di dialogare o di reinterpretare la rivelazione biblica tradizionale, e cosi facendo precipita nella vanità filosofica 71 •
Gli errori di Origene deriverebbero quindi dalla sua dipendenza dallo stoicismo ( e in particolare dalla superba idealizzazione della libertà capace di dominare le passioni 72), dal-1' epicureismo, dal platonismo 73 e soprattutto dall' aristotelismo, recuperato disastrosamente dalla scolastica; non a caso gli stessi pelagiani vengono definiti simiae Aristotelis 14• Il rapporto Origene-Aristotele richiama quindi quello tra Origene, la scolastica e il molinismo: il razionalismo, l'autonomia di un'intelligenza sicura di sé, la fede in un Dio reso disponibile, in un mondo ingenuamente e perversamente considerato corne hello e armonico, l' ottimistica, superba e del tutto contraddittoria fiducia nell'integrità della propria intelligenza e della natura.
Proprio la «disserendi cupiditas» - il desiderio perverso di progredire autonomamente oltre i misteri rivelati, di <<disputa-
7° Cf. l,VIIl,1,443: «Siquidem nihil aliud ex professo Pelagiani studuerunt quam sublata funditus Christi Salvatoris fide, puram putamque Philosophiam in Ecclesiam cum gentilibus introducere, ut cum Philosophis hujus mundi natura hominis illaesa putaretur, beatamque vitam virtute propriae voluntatis efficere»; cf. in tal senso l,VIII,6,457 e 11,De statu naturae lapsae, IIl,14,493-494.
71 Cf. soprattutto I,Vl,18,377-380. 72 Cf. soprattutto 1,11,4, l 06. 73 Proprio perché quella di Platone rimane comunque la filosofia ago
stinianamente privilegiata da Giansenio, essa viene messa in secondo piano rispetto all'aristotelismo, vero responsabile della perversione filosofica di Origene. Sull'apprezzamento gianseniano del platonismo, cf. II, De statu purae naturae 11,2,791-798 e ancor più I,VI,18,377-380; rimando a J. ÜRCIBAL, Néo-platonisme et jansénisme. Du de libertate du P. Gibieuf à l'Augustinus, in AAVv, Nuove ricerche storiche sut giansenismo, 33-57; Thèmes platoniciens dans /'Augustinus de Jansénius, in AAVV, Augustinus magister, Paris 1955, Il, 1077-1085.
74 Il, De statu purae naturae Il, 2, 797. Su Giuliano simia Aristotelis, cf. Il, De statu purae naturae 11,11,833. Sull'accusa di aristotelismo rivolta ai pelagiani, cf. l,Vl,18,380.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
re... nulla necessitate... per Platonicae et Aristotelicae Philosophiae principia» - è stata quindi il «lapsus» di Origene, con il suo De principiis significativamente indicato corne padre di tutte le eresie, dall'arianesimo al pelagianesimo 75; ad Origene viene opposta la semplicità dei Padri apostolici, che soltanto «ex capitalibus scripturis... tanquam veris principijs, elucidationes suas deductionesque derivabant>> (Il, Liber prooemialis 5,11). L'eresia è quindi identificata con l'elucubrazione non dedotta dai principi evidenti della rivelazione, ma sovrapposta ad essi corne un corpo estraneo; al contrario, l'ortodossia è la deduzione di ogni affermazione dogmatica da principi del tutto evidenti perché rivelati. Paradossalmente, Origene è allora il primo teologo modemista, in quanto corrompe razionalisticamente il deposito di fede ( = Paolo), che invece Agostino, illuminato dalla stessa grazia che aveva operato in Paolo, riafferma in tutta la sua sacralità, approfondendolo e sviluppandolo fedelmente. Rivelativa in ta1 senso la sistematica e profonda trattazione in l,VI,13,365-18,380:
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«Sed inter omnes qui praecesserunt Pelagium, neminem peritiorem totius Pelagianae haeresis architectum inveni quam Origenem: qui sicut propter ubertatem ingenij veteribus Scripturarum sacrarum interpretibus et fidei defensoribus multum profait, ita propter effraenem ratiocinandi libertatem Ecclesiasticae doctrinae sinceritati vehementer nocuit. Nam plerisque haeresibus quae post obitum ejus aliquot saeculis Ecclesiam infestarunt scriptuis suis maxime TT€pt dpxwv Origenes originem dedit. Ut merito errorum diversorum lacuna vocari posset. Sed nullum exactius non modo delineavit, sed et formavit et omnibus paene expressif lineamentis atque coloribus quam Pelagianum. Nec enim facile uno excepta ullum dogma reperies a Pelagio lulianoque contra Ecclesiam propugnatum, ullamve Scripturae interpretationem isti haeresi suffragantem, quam non Origenes eis praeformavit: usque adeo ut ijsdem nonnumquam verbis ab eis in praejudicium veritatis usurpentur. Quod quia multis videbitur incredibile et ad intelligenda illius erroris secreta magni momenti est, operae praetium est paulo fasius demonstrare. Ne vero singulis Pelagianae et Ori-
75 Cf. Il, Liber prooemialis 5,12; 6,11-16.
Capitolo secondo - Giansenio: dall'ambiguità della tradizione al sistema
genianae doctrinae dogmatibus collidendis nimium immoremur, ad quinque capita omnia revocabimus, liberum arbitrium, naturalem ejus possibilitatem, legem naturae ac Moysis, gratiam et meritum, et praedestinationem, in quibus velut cardinibus haeresis Pelagiana tota vertitur» (13,365-366).
Dalla identificazione dei cinque errori origeniani (l'affermazione dell' assolutezza del libero arbitrio 76; della sua integra possibilità naturale 77 ; della sufficienza della legge naturale e della legge giudaica 78 ; di una errata relazione tra la concezio-
76 L'affermazione di una assoluta libertà d'indifferenza, conservata anche nello stato decaduto, è non solo l'intuizione portante di tutto il sistema origeniano, ma la stessa base del pelagianesimo; Giansenio la definisce filosofica, e ovviamente intende con questo riferirsi alla dottrina etica aristotelica, capace di attingere soltanto una natura umana del tutto astratta: «Gravissime fuisse reprehensos ab Augustino Pelagianos propter illam inamissibilem et quasi essentialem in omni statu liberi arbitrij indifferentiam ad bonum et maLum exclusamque aLterius partis necessitatem ... Haec est enim totius PeLagianae structurae basis paene praecipua. Sed illam Origenes omnibus numeris absoLutam tradit. Usque adeo namque Philosophicae istius libertatis admirator, et indifferentiae ad bonum et maLum, patronus fuit, ut illa subLata brutis, aut lapidibus hominem accensendum esse decerneret» (l,Vl,13,367).
77 « ... etiam nunc in hac damnata mortalium vita indifferentiam statuit» (l,Vl,13,368). Si ribadisce che in Origene possono essere rintracciati i punti essenziali del pelagianesimo: «Duobus enim omnino capitibus tota doctrina PeLagiana continetur, et negatione peccati originalis et assertione potestatis humanae ad operandam justitiam» (l,Vl,12,364). Il peccato è quindi per Origene, corne per Pelagio, trasmesso soltanto per imitazione, non pregiudicando affatto la capacità che ogni libertà razionale ha di autodeterminarsi: cf. l,IIl,14,l51-152.
78 Con rara lucidità critica, Giansenio comprende benissimo corne la dottrina della grazia origeniana e quella pelagiana corrispondano perfettamente nell'identificare la rivelazione divina con un'azione estrinseca e suasiva, comunque rivelativa soltanto di una doctrina o di una Lex, che l'integra libertà dell'uomo è chiamata a conoscere e praticare: «Quae suasionis, hortationis, ac provocationis vocabuLa ipsa illa sunt, quae Pelagiani ad gratiam suam explicandam ex similibus locis Origenis transtulerunt>> (l,Vl,14,372). La rivelazione cristiana è quindi identificata con la legge interiormente inscritta in ogni uomo, ovvero con la stessa legge mosaica (cf. 14,369-370), qualitativamente non distinguibili dalla morale rivelata dal Vangelo. Giansenio, pertanto, definisce la grazia origeniano-pelagiana corne una mera «sciendi ... gratiam ... Legis officium docentis, suadentis, provocantis» (14,370); cf. in prop. l'importante analisi della equiparazione origeniano-pelagiana della leg-
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
ne della grazia e l' autonomia del merito 79; di una errata concezione della predestinazione, ridotta a mera prescienza 80), risulta certo evidente corne Giansenio interpreti Origene tramite la stigmatizzazione agostiniana del pelagianesimo; impressiona comunque il riconoscimento - comunque già agostiniano,
ge naturale con la grazia in l,11,5,109-110 e l,IV,8,201-9,204. Cf. inoltre l'interessantissima analisi dei «Semina virtutum naturalia» in l,IV,7,197-200, corne possibilità (più o meno sviluppate, a seconda dei meriti preesistenti) immanenti in ogni libertà razionale (niente affatto intaccata dal peccato), capace di far crescere e compiere autonomamente la propria virtù indipendentemente da un'azione intrinseca della grazia; per Giansenio, Origene trasmette questa dottrina non solo ai Pelagiani, ma all'intera patristica greca. Su Cristo corne mero (preesistente aitre che incarnato) «exemplum» delle buone opere, in Origene e nei Pelagiani, cf. l,Vl,7,349.
79 «Sed nullus error interimendae gratiae capitalior est, quam quod meritis humanis praecedentibus detur. .. Alibi vero laborem et sollicitudinem homini tribuit, Deo vero successum operis et laboris effectum ... Sed pansis velis in libris ffépl. dpxu7v humani operis merita adversus gratiam ventilat, omniaque Dei dona ex libero suspendit arbitrio. .. Totus Origenis in libris ffépl. dpxu7v scopus est, ut ostendat sicut loquitur Providentiam Dei iuste omnia moderantem et aequissimis dispensationibus pro singulorum meritis et causis regere immortales animas ... Usque adeo quidem, ut nec praeterita vita rationalium creaturarum ijs meritis vacet, sed, inquit, futuri status causam praestat semper anterior meritorum status (DePrinc III, l, 17)» (1, VI, 15, 371-372).
80 La pelagiana riduzione della libera predestinazione divina a mera prescienza del merito della libertà dipende ancora una volta dalla dottrina fondante dell'origenismo, quella della preesistenza delle anime, dotate di una libertà autonoma inalienabile: essa presuppone una sistematica riduzione delle vicende dell'esistenza storica ad un preesistente esercizio della libertà. Pertanto, l'atto e Io stesso essere della creatura sono sempre autonomi, in quanta l' esistenza che Dio affida loro dipende dai meriti antecedenti, che determinano il decreto creativo di Dio corne non libero e predestinante, ma soltanto presciente di una realtà già determinata da quei meriti: «Omnium enim deliriorum Origenis, quibus et veram gratiam, et electionem et praedestinationem sustulit, et merita finxit liberi arbitrij, in quae refunderetur omnis diversitas quam in rationalibus creaturis, ipsisque corporibus earum cemimus, non alia prorsus causa est... nisi quod alias fortunam, vel fatum, vel duas naturas, vel acceptionem personarum et iniustitiam Dei in huius mundi administratione vereretur>> (l,Vl,16,376); l'unica preoccupazione origeniana e pelagiana è quindi quella umanistica di salvaguardare l'autonomia della scelta umana da tutto ciè> che puè> minacciarla; i rimandi, veramente decisivi, sono a DePrinc. IIl,l,6 e 11,9,5. Cf. infine la decisiva confutazione della riduzione origeniana della predestinazione a previsione di meriti preesistenti in I,Vl,15,372-373.
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Capitolo secondo - Giansenio: dall'ambiguità della tradizione al sistema
geronimiano e quindi tradizionale - della genialità esegetica origeniana e del suo aver giovato non solo agli esegeti, ma anche ai teologi della chiesa antica 81 • E soprattutto, del tutto coerentemente con la dottrina agostiniana della grazia predestinata, la netta distinzione tra Origene e Agostino dipende non da un'astratta idolatria del secondo rispetto al primo, né da una demonizzazione acritica dell' Alessandrino, ma dalla coerente confessione che nella stessa storia del cristianesimo rivive quella dialettica tra natura e grazia, tra ragione e fede predestinata, tra reiezione ed elezione che non dipende certo da autonomi meriti dell'uomo, ma soltanto dall'inattingibile decreto di Dio. Origene rappresenta allora la ragione abbandonata a se stessa, ad un'inquietudine vana e disperata (si pensi all'infinità dei cicli di conversione e di caduta) assolutamente priva di grazia 82 •
" Cf. G. SFAMENI ÜASPARRO, Agostino difronte alla "eterodossia" di Origene: un aspetto della questione origeniana in Occidente, in Origene e la tradizione origeniana in Occidente. Letture storico-religiose, Roma 1998, pp. 123-150 e G. LETI1ERI, Lafortuna di Origene.
82 Come vedremo infra, Arnauld segue del tutto Giansenio nella valutazione di Origene. Più complessa sarà la posizione di PASCAL, che in Provinciales, XVII, p. 458, pur rifacendosi alle condanne ecclesiastiche degli scritti origeniani (in particolare alla condanna dell'apocatastasi), si dichiara contrario a condannare la persona con i suoi errori, richiamandosi ai cattolici che hanno sostenuto «la pureté de la foi d'Origène .. ., comme Pic de la Mirande et Genebrard, docteur de Sorbonne ... et votre (dei gesuiti) Père Halloix»; sulla stessa linea si porrà TILLEMONT, che d'altra parte rimprovererà l'eccessiva dipendenza del De principiis dalla filosofia pagana, riproponendo - comunque attenuata - la distinzione gianseniana tra le straordinarie doti naturali di Origene e gli errori dottrinali ( deterrninati dall' eccessiva curiosità) nei quali è caduto, in quanto non sufficienternente illuminato dalla grazia di Dio; cio non impedisce a Tillemont di nutrire la speranza che Origene stesso sia tra i beati: cf. B. NEVEU, Un historien à l'école de Port-Royal. Sébastien Le Nain de Tillemont (1637-1698), La Haye 1966, pp. 252-254.
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CAPITOLO TERZO
ARNAULD: AUGUSTINUS MORE CARTESIANO DEMONSTRATUS
«Preuves claires et indubitables... regles justes et raisonnables» (Seconde Apologie, pp. 89-90).
Leader indiscusso dei "discepoli di sant' Agostino'', figura centralissima in tutta la storia intellettuale, religiosa e persino politica del '600, Antoine Arnauld, severo monsieur de Port-Royal e ammiratore di Cartesio, umile ermeneuta di Agostino e idolo de «la république des lettres» 1, riassume nella sua stessa figura il paradosso del giansenismo: cattolicesimo protestante, ortodossia settaria, culto modemista della tradizione 2, apologia razionalista della fede in una predestinazione del tutto metarazionale, scienza della luminosa coerenza del mistero, ascetismo ostinatamente tradotto in egemonia culturale, filologia della grazia 3•
1 Cf. in prop. l'interessante ricostruzione di M. FuMAROLI, Préface a B. Neveu, Érudition et religion, pp. 1-XVI. Sulla persistente influenza dell'umanesimo erasmiano su Arnauld, cf. il contributo (un po' unilaterale) di PH. DIEUDONNÉ, Thèmes "humanistes" dans la correspondance d'Antoine Arnauld, in J. van Bavel e M. Schrama (edd.), Jansénius et le jansénisme ... , pp. 148-160.
2 Cf. P. CHAUNU, Le basculement religieux ... , pp. 65-67. 3 Di grande interesse il sintetico bilancio del giansenismo tracciato
da P. HAZARD, La pensée européenne au XV/lie siècle, Paris 1963, pp. 105-107; se è vero che «le jansénisme a miné de l'intérieur la religion
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
1. IL METODO E LE REGOLE DELL'ERMENEUTICA AGOSTINIANA:
LE APOLOGIES
Nell' opera di Arnauld il metodo ermeneutico-teologico di Giansenio trova una ancora più rigorosa, quasi ossessiva sistematizzazione: la struttura teologica dell'agostinismo gianseniano viene riordinata attraverso un'originale applicazione delle regole del metodo cartesiano4• Infatti, sin dalle due Apologies5, l'esigenza di difendere l'ortodossia agostiniana di Giansenio si concretizza nella definizione di un metodo ermeneutico capace di dimostrare, con modemi procedimenti storico-scientifici, la vera logica del sistema agostiniano e il suo perfetto, evidente accordo con !'Augustinus, che ha
qu'il voulait défendre», con la scomparsa di Port-Royal «disparut de la conscience publique un élément d'austérité et de rigueur dont les philosophes sentaient bien qu'il représentait l'extrême opposition à leurs facilités».
4 Sulle regole del metodo logico, cf. infra, Appendice /- Il metodo nella Logique de Port-Royal. Sulla dottrina port-royalista corne «concezione di grazia quasi cartesiana, a livello di idee chiare e distinte», cf. V. GROSSI, Gerolamo Seripando e la scuola agostiniana del '500, in AAVV, Geronimo Seripando e la chiesa del suo tempo net V centenario della nascita, Roma 1997, 51-79, in part. 72.
5 A. ARNAULD, Premiere Apologie pour monsieur Jansénius, évêque d'Ypres et pour la doctrine de S. Augustin, expliquée dans son Livre, intitulé: Augustinus, contre trois Sermons de M. Habert, Théologal de Paris, Paris 1644, riprodotta in Oeuvres XVI, n. 5; e Seconde Apologie pour Monsieur Jansénius eveque d'Ypres et pour la doctrine de S. Augustin expliquée dans son Livre intitulé: Augustinus, contre le Réponse que M. Habert, Théologal de Paris, a faite à la premiere Apologie & qu'il a intitulée: La Défense de la Foi de l'Eglise, Paris 1645, quindi in Oeuvres XVII, n. 3; Io stesso P. BAYLE definisce le due Apologies «Ecrits d'une grande force» (Dictionnaire historique et critique, Articolo Arnauld Antoine, tomo 1, p. 340). Si farà inoltre riferimento a A. ARNAULD, Apologie pour les Saints Peres de l'Église, défenseurs de la grace de Jesus Christ, contre les erreurs qui leur sont imposées, Paris 1651(2), riprodotta in Oeuvres XVIII, n. l. Per uno studio della vita, delle opere e del pensiero di Arnauld, rimando all' ottimo volume di C. SENOFONTE, Ragione moderna e teologia. L'uomo di Arnauld; indispensabile J. LAPORTE, La doctrine de Port-Royal, tomo II, Exposition de la doctrine (d'après Arnauld), vol. 1: Les vérités de la grace, Paris 1923. Sulla figura di Habert, cf. L. CEYSSENS, L'antijanséniste Isaac Habert ( I 598-I 668 ), in «Bulletin de lInstitut historique belge de Rome» 42, 1972, 237-305.
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
«éclairci toute la doctrine de ce Pere, par la déduction claire et par l'enchaînement perpétuel de tout ses principes»6•
Se Agostino è «la regle unique et inviolable et !'Oracle de l'Eglise universelle» in materia di grazia7, Giansenio assume il
6 l Apologie 1,2,76; cf. l'identica definizione in 1,3,89 e IIl,11,307; li Apologie 11,1,82. Mi pare opportuno riportare le quattro regole o <<préceptes» del metodo cartesiano: «.Le premier était de ne recevoir jamais aucune ch.ose pour vraie, que je ne la connusse évidemment être telle: c'est-à-dire, d'éviter soigneusement la précipitation et la prévention; et de ne comprendre rien de plus en mes jugements, que ce qui se présenterait si clairement et si distinctement à mon esprit, que je n'eusse aucune occasion de le mettre en doute. Le second, de diviser chacune des difficultés que j'examinerais, en autant de parcelles qu'il se pourrait, et qu'il serait requis pour les mieux résoudre. Le troisième, de conduire par ordre mes pensées, en commençant par les objets les plus simples et les plus aisés à connaître, pour monter peu à peu, comme par degrés, jusqu'à la connaissance des plus composés; et supposant même de l'ordre entre ceux qui ne se précèdent point naturellement les uns les autres. Et le dernier, de faire partout des dénombrements si entiers, et de revues si générales, que je fusse assuré de ne rien omettre. Ces longues chaînes de raisons, toutes simples et faciles, dont les géomètres ont coutume de se servir pour parvenir à leurs plus difficiles démonstrations, m'avaient donné occasion de m'imaginer que toutes les ch.oses, qui peuvent tomber sous la connaissance des hommes, s 'entresuivent en même façon, et que, pourvu seulement qu'on s'abstienne d'en recevoir aucune pour vraie qui ne le soit, et qu'on garde toujours l'ordre qu'ilfaut pour les déduire les unes des autres, il n'y en peut avoir de si éloignées auxquelles enfin on ne parvienne, ni de si cachées qu'on ne découvre. Et je ne fus pas beaucoup en peine de chercher par lesquelles il était besoin de commencer: car je savais déjà que c'était par les plus simples et les plus aisées à connaître» (Discours de la Méthode pour bien conduire sa raison et chercher la vérité dans les sciences, Leiden 1637, in Oeuvres de Descartes, 1-XII, Paris 1897-1913, Paris 1996, vol. VI, Seconde partie, pp. 18-19); ricordo che le quattro regole del metodo cartesiano sono citate per esteso in A. ARNAULD e P. NICOLE, Logique IV,2,317. 1 portroyalisti hanno operato nei confronti di Agostino cos} corne hanno operato nei confronti della geometria euclidea: riordinare la scienza, deducendola dai primi principi assolutamente evidenti, secondo un concatenarsi metodico e razionale di proposizioni; cf. A. ARNAULD, Nouveaux éléments de Géométrie (1667; 1683[2]), con Préface di NICOLE; sulla dipendenza dell'opera da una bozza di PASCAL, essa stessa sottoposta ad un lavoro di metodico riordinamento da parte di Arnauld, cf. J. DARRnJLAT, L'arithmétique de la grdce. Pascal et les carres magiques, Paris 1994, pp. 1-8; e l'introduzione di J. MESNARD, Le problème des carrés magiques appendice de la Géométrie d'Arnauld, in B. Pascal, Oeuvres complètes, IV, Paris 1992, pp. 1584-1585.
7 l Apologie I,2,77; cf. Apologie pour les Peres VIIl,18,939-941. Torna in Arnauld l' esaltazione gianseniana di Agostino, culmine della natura e
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
ruolo storico decisivo di mettere in piena luce 8 il sistema dot-
della grazia, «Dieu n'ayant permis que l'Eglise fût attaquée par le venin si caché et si pénétrant de l'impiété pélagienne, qu'après l'avoir pourvue d'un Défenseur invincible, et avoir répandu, dans l'un des plus grands esprits qui ait jamais paru dans le monde, les plus grands dons de Grace et d'intelligence, qu'il ait presque jamais départis à aucun des hommes» (li Apologie 11,2,88). Cf. Apologie pour les Peres, Conclusion=VIII,18,939-941. Questa "divinizzazione" dell'autorità agostiniana non è espressione di un cieco fanatismo, ma riveste un ruolo strategico nell'ambito della teologia e della gnoseologia portroyalista: essa evidenzia corne la fede nella rivelazione divina (nelle verità religiose e morali, logicamente non necessarie, ma fondate su testimonianze riguardanti fatti storici e contingenti, nei riguardi dei quali è possibile formulare soltanto un giudizio di verosimiglianza, di maggiore o minore probabilità o credibilità, e non di scientifica certezza) dipenda da un'autorità esterna storicamente indiscutibile, universalmente riconosciuta e mai decisivamente messa in dubbio, la cui certezza e evidenza rivelativa (certo morale o "sentimentale'', e non scientifica) superano le stesse interiori evidenze intellettuali. Rivelativi in prop. i nn. X e XI degli assiomi della Logique: «Axiome X. Le témoignage d'une personne injinement puissante, infinement sage, infinement bonne et infinement véritable, doit avoir plus de force pour persuader notre esprit que les raisons plus convaincantes. Car nous devons être plus assurés que celui qui est infiniment intelligent ne se trompe pas, et que celui qui est infiniment bon ne nous trompe pas, que nous ne sommes assurés que nous ne nous trompons pas dans les choses les plus claires... Axiome XI. Les faits dont les sens peuvent juger facilement étant attestés par un très-grand nombre de personnes de divers temps, de diverses nations, de divers intérêts, qui en parlent comme les sachant par eux-mêmes, et qu'on ne peut soupçonner d'avoir conspiré ensemble pour appuyer un mensonge, doivent passer pour aussi constants et indubitables que si on les avait vus de ses propres yeux. C'est le fondement de la plupart de nos connaissances, y ayant infiniment plus de choses que nous savons par cette voie que ne sont celles que nous savons par nous-mêmes» (IV,7,337); cf. nello stesso senso A. ARNAULD, Réflexions philosophiques et théologiques, cit. infra, Liv. II, chap. XXII, pp. 562-567. Cf. infine A. McKENNA, De Pascal à Voltaire, 1, i parr. «Les domaines de la science et de la morale» e «Le langage et le mystere», pp. 48-54; C. BoRGHERO, La certezza e la storia, pp. 100-124.
8 Nel suo limitarsi a «éclaircir>> le «maximes constantes et indubitables» di Agostino, Giansenio ne è il semplice «lnterprete et Disciple» (1 Apologie m,ll=Conclusion, 307), e non è affatto <<Janséniste», ovvero «Maître ... Auteur de ses sentiments» (ill, 11,309); cf. li Apologie 11,2,87 e V,5,578. Cosi nel Cas proposé par un docteur touchant la signature de la Constitution demiere du Pape Alexandre VII et du Formulaire, Paris 1657, riprodotto in Oeuvres XXI, n. 1, sono «raisons ... claires et évidentes» che impongono la convinzione della piena coincidenza tra «le sens de S. Augustin touchant la grace efficace» e «le vrai sens» di Giansenio (p. 6). Sulla fedeltà di Arnauld all'autorità e alla
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
trinale dell' agostinismo, manifestando e quindi permettendo di risolvere definitivamente quel sotterraneo conflitto tra le due civitates nelle quali si divide la storia del cristianesimo e della teologia cattolica, in superficie unanimemente agostiniana:
«Avant l'ouvrage de M. !'Evêque d'Ypres, les Théologiens de l'un et de l'autre parti, se déclaraient Sectateurs de S. Augustin: les uns, par l'amour de sa doctrine, qui leur étoit vénérable; les autres, par la consideration de son autorité, qui leur étoit redoutable. Et bien que ceux-ci témoignassent assez qu'ils la condamnaient dans leur coeur, puisqu'ils l'altéraient dans leurs Ecrits, et qu'ils n'avaient pas pour but de régler leurs sentiments sur ceux de ce Pere, mais d'accomoder les sentiments de ce Pere aux leurs, néanmoins, toute la doctrine de ce grand Saint n'étant pas alors si clairement expliquée, ni si puissamment affermie, qu'elle a été par ce grand Prélat, ils trouvaient quelques obscurités favorables à leurs fuites et à leurs déguisements» (/Apologie, I, 2, 76).
Il conflitto tra agostinismo ( coerentemente fedele alla totalità della vera dottrina) e antiagostinismo (diviso tra il timore della indiscutibile autorità dell'lpponate e il trovare la sua dottrina almeno «un peu sévere» 9) appare quindi ad Arnauld teologicamente risolto dalla nuova «clarté» della «science véritable» (ivi, pp. 76-77) di Giansenio, capace di dissolvere <<par des preuves claires et indubitables ... , par des raisons invincibles» (ivi, pp. 89-90) le disoneste oscurità, le false «opinions» di chi forza alcune espressioni, ambiguità o difficoltà di Agostino, per smembrarne il compatto sistema, per alterarne del tutto l' identità teologica, non solo contro la tradizione ecclesiale 10, ma
stessa autocomprensione di Giansenio, cf. É. JACQUES, Antoine Arnauld défenseur de Jansénius, in E.J.M. van Eijl (ed.}, L'image de C. Jansénius, pp. 66-76. Sul complesso rapporto tra scienza teologica e autorità dogmatica, ovvero tra questione di fatto e questione di diritto, cf. infra, Appendice li- Sul rapporta tra ragione e autorità in ambito teologico.
9 l Apologie 1,3,89: questa espressione arnauldiana mi pare cogliere assai bene, nella sua ironia, Io spirito e il valore storico e teologico dei tentativi contemporanei di reinterpretazione "moderata" o "riduzionistica" della dottrina di Agostino, quali quelli di de Lubac o Vanneste.
rn Come Giansenio, cosi Arnauld non ha alcun dubbio sull'agostinismo sostanziale della tradizione cattolica: «Dans la matiere de la Grace ...
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
l'Eglise a toujours suivi cette maxime ... de s'arrêter aux sentiments de S. Augustin, sans avoir recours aux autres Peres» (I Apologie 1,3,90); interessantissima in prop. è la polemica di Arnauld contro Habert riguardo aile auctoritates patristiche greche: questi infatti aveva proposto «en chacun de ses Sermons un des Peres Grecs, pour justifier leur doctrine touchant la Grace et témoignant assez, qu'il aime mieux examiner leurs sentiments que ceux de S. Augustin sur cette matiere, quoique ce ne soit pas à eux, mais à S. Augustin seul, que les Papes nous ont renvoyés, pour savoir, sur ce point, les sentiments de toute l'Eglise» (I Apologie Ill, 11,309); in III, 11,308 «quelques passages obscurs des Peres Grecs» vengono polemicamente ricondottti a «les vieilles objections des Sémipélagiens». Cosi, le auctoritates preagostiniane, spesso in evidente contrasto con la dottrina della giustificazione dell'Ipponate, vengono da Arnauld minimizzate e subordinate a «le plus éclairé de tous ses Docteurs après les Apôtres»; dunque Habert «recherche les obscurités et les ténebres de quelques passages des anciens Peres, qui, ayant écrit avant la naissance de l'hérésie Pélagienne, n'ont pas pu parler si exactement de cette matiere, et avec tant de clarté» (II Apologie 11,1,85). Del tutto antitetica la posizione di RICHARD SIMON, nei suoi Avis importants à Monsieur Arnauld sur le projet d'une nouvelle bibliothèque d'auteurs jansénistes (1691): «Nous préférions le sentiment de toute /'Antiquité à l'autorité d'un seul évêque ... Si l'on juge de la doctrine des. Augustin par ses oeuvres qui nous restent, il est manifestement contraire à toute /'Antiquité sur les matières de la grâce ... Il n'a pu consulter les Pères grecs qui ne sont pas moins une partie de l'Église que les latins, et il n'a eu même qu'une connaissance très médiocre des derniers ... Il a inventé un système particulier sur les matières de la grâce, il a donné occasion à des grands différents qui ont troublé l'Église de temps en temps»; pertanto, adottando la prospettiva giansenista, si deve concludere che «toute l'Église a été semi-pélagienne et ennemie de la grâce de Jésus-Christ avant s. Augustin» (citato in B. Neveu, L'erreur, pp. 224-225). Il giudizio di questo grande antigiansenista e grande antiagostiniano è tanto più significativo quanto più criticamente fondato; cf. R. SIMON, Histoire critique du Vieux Testament, Paris 1678, III, 9, pp. 493-500; e Histoire critique des principaux commentateurs du Noveau Testament, depuis le commencement du Christianisme jusques à nôtre temps, Rotterdam 1693, ristampa anastatica Frankfort am Main 1969; in part., cf. il cap. XX, "De la methode que Saint Augustin a suivie dans l'interpretation de plusieurs passages du Nouveau Testament, dans ses disputes contre les Pelagiens", pp. 285-300. In sistematica polemica contro l'interpretazione giansenista della storia del cristianesimo, aperta è l'affermazione della incolmabile differenza tra le arbitrarie interpretazioni teologiche di Agostino e la vera dottrina cristiana, biblicamente fondata e tradizionalmente trasmessa: «Cela ne nous doit pas empêcher d'examiner la doctrine de saint Augustin selon les regles de Vincent de Lerins, qui veut avec toute l'antiquité, qu'en matiere de doctrine elle soit premierement appuyeé sur l'autorité de /'Ecriture, et en second lieu sur la tradition de l'Eglise Catholique, Primo scilicet Divinae legis auctoritate; tum deinde Ecclesiae Catholicae traditione. L'Evêque d'Ypres devoit considerer,
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contro la stessa <<Dialectique» e il «sens commun» dell' «homme raisonnable» 11 • L' ordine logico, la chiarezza sistematica delle dimostrazioni sono quindi essi stessi segno della verità assolutamente evidente della dottrina che espongono, corne ribadisce la Seconde Apologie, ove si esalta
«l'éclaircissement merveilleux que cet illustre Prélat a donné à la haute et profonde Théologie de ce divin Maître de la Gra-
qu'en publiant si librement que ce docte Pere a eu des sentiments opposez à tous ceux qui l'ont précedé, et l'Mme à tous les Theologiens depuis plus de 500 ans, il le rendoit suspect... Il a été à-propos de faire ces remarques, afin qu'on se précautionne en lisant dans Saint Augustin plusieurs passages du Nouveau Testament, expliquez par rapports à ses opinions sur la grace et sur la prédestination. Ces explications sont plûtôt Theologiques que litera/es» (p. 291). Simon contrappone quindi sistematicamente Giovanni Crisostomo, fedele interprete letteralista della Scrittura, ad Agostino. Significativamente, l'errore teologico di Agostino - l'irruzione di una prospettiva appunto meramente «theologique», cioè non biblicamente fondata - ha per Simon una data di nascita: la composizione dell'Ad Simplicianum, ovvero il passaggio dall' affermazione della grazia interiore, fino ad allora difesa da Agostino in consonanza con il Nuovo Testamento e la tradizione cattolica, ad una·nova grazia irresistibile ed efficace (cf. p. 292-295); non a caso, prima della svolta dell'Ad Simplicianum e della sua indebita dogmatizzazione, «Pélage pouvoit être Chrêtien sans entrer dans l'opinion particuliere de Saint Augustin, sur la prédestination et sur la grâce efficace» (p. 295). Alle pp. 290-291, significativa l'esplicita polemica contro Giansenio, che, pretendendo che solo con Agostino la chiesa fosse riuscita ad attingere la piena conoscenza della rivelazione del Nuovo Testamento, identificata con la grazia, finiva per affermare che non solo Agostino era stato più illuminato dalla grazia dello stesso Paolo, ma che la stessa rivelazione cristiana era stata prima di lui incompleta. In realtà, per Simon, Agostino è un arbitrario e discutibile innovatore, comunque criptomanicheo, malgrado il suo monoteismo teologico; mentre i pelagiani continuavano infatti a parlare il linguaggio dei Padri più antichi, «Saint Augustin au contraire leur a opposé plusieurs autres passages, dont les Gnostiques et les Manichéens se sont servis contre les Catholiques: mais il n'en tire pas les mêmes consequences. Peutêtre êut-il été mieux de suivre en cela les explications reçuës, que d'en inventer de nouvelles» (p. 300). Sull'interpretazione simoniana dell'agostinismo, di grande importanza il volume di P. RANSON, Richard Simon ou du caractère illégitime de l'augustinisme en théologie, Lausanne 1990; e l'interessante saggio di J. LE BRUN, Sens et portée du retour aux origines dans l'oeuvre de Richard Simon, in «XVIIe siècle» 131, 1981, pp. 185-198.
11 l Apologie 1,3,89-90. La Logique precisa cartesianamente che «le caractère d'un honnête homme est de rendre les armes à la vérité, aussitôt qu'il l'aperçoit, et de l'aimer dans la bouche l'Mme de son adversaire» (IV,6,329).
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ce, par la conformité d'un nombre infini de passages exprès et formels et par la réduction de ses conclusions à leurs principes; de sorte qu'il ne falloit que rapporter avec ordre et avec clarté ses fondements et ses preuves invincibles, pour montrer aux plus aveugles, que ceux qui ont voulu diviser /'Augustin d'Ypres d'avec celui d'Hippone, se sont extrémement trompés, puisqu'il est visible qu'ils ne sont qu'une même chose» 12•
Per la definizione del metodo ermeneutico di Arnauld, di decisiva importanza risulta il II capitolo del II libro della Seconde Apologie, che tratta De quelques Regles pour bien juger de la doctrine de ce Pere, e quindi dei criteri capaci di assicurare una chiara e certa comprensione della dottrina di Agostino, corne della sua coincidenza con l'interpretazione di Giansenio:
«Pour le faire avec assurance, il est nécessaire d'y observer quatre reg/es, qui sont si justes et si raisonnables, que M. le Théologal (Habert) ne sauroit refuser de s'y soumettre, à moins que de renoncer au sens commun» 13•
Queste regole di interpretazione dei testi agostiniani sono quindi capaci di ricondurre - secondo la sana logica accessibile allo stesso senso comune, ovvero a qualsiasi intelligenza priva di prevenzioni o condizionamenti - ad unità o sistema di senso le ambiguità o le contraddittorietà soltanto appa-
12 Il Apologie, Avant-propos, pp. III-IV, ove Arnauld esalta l'«e.xactitude prodigieuse» del metodo di Giansenio. Per «passages exprès et formels», Arnauld intende citazioni «clairs» (1,11,61) e testuali; cf. 11,1,82. Sul rapporto tra metodo della chiarezza razionale e teologia della grazia, scrive giustamente C. SENOFONTE in riferimento alla Logique di Port-Royal: «La Logique si conclude con un'apertura alla fede sia umana che divina ... Quest'apertura finisce per dare a tutta !'opera l'aspetto di una introduzione alla teologia. Infatti essa, sebbene non contenga nessun tentativo di far entrare la ragione nell'ambito delle verità di fede, mostra corne l'atteggiamento razionale più rigoroso conduca fino alla soglia dell'atto di fede; il quale nascerà poi dall'intervento della grazia di Dio, ma il lavoro compiuto con la ricerca logica dà allo stesso atto di fede una rispettabilità e una dignità che Io esima da qualsiasi rischio di cadere sotto l'accusa di debolezza e di irrazionalità» (Ragione modema e teologia, p. 309).
13 //Apologie 11,2,87-88; « ... ces regles si équitables et si conformes au sens commun de tous les hommes» (11,2,89).
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renti di singole affermazioni teologiche. Possiamo definirle corne regole: I - dell'evoluzione storico-teologica; II - della predominanza qualitativa o dell'evidenza intenzionale; III -della predominanza quantitativa o dell'evidenza oggettiva; IV - della connessione logica o della coerenza sistematica.
I: «La premiere est: Que S. Augustin a écrit divers Ouvrages durant les sept ou huit premieres années de sa conversion, dans lesquels, quoiqu'il n'ait pas traité formellement 14 de la Grace, il en a néanmoins toujours parlé, selon la Doctrine de l'Eglise, contraire à l'hérésie des Pélagiens. Mais nous savons de lui-même15, que Dieu ne lui avoit pas encore révélé le dernier point de la vérité, qui regardoit l'erreur plus subtile des Prêtres de Marseille Sémipélagiens. Et qu'il ne reçut cet éclaircissement du ciel, qui acheva en lui la parfaite intelligence de tous les mysteres de la Grace, que depuis son Episcopat. De sorte qu'il faut principalement rechercher ses sentiments touchant la Grace dans ce grand nombre d'excellents Ouvrages, qu'il a composés après cette haute et divine instruction, qu'il reçut de l'esprit de Dieu, pour la communiquer à toute l'Eglise et pour détruire la plus dangereuse de toutes les hérésies, qui ne se leva que depuis qu'il fat Evêque ... C'est pourquoi s'il se trouve quelque contrariété apparente entre quelque peu de passages de ses premiers Ouvrages, et la Doctrine constante de tous les Livres qu'il a faits durant plus de trente années, on ne
14 Sulla distinzione tra trattazione formale e trattazione «en passant», cf. la regola Il.
15 In nota Arnauld cita De praedestinatione sanctorum 4,8: «Cum de hac re aliter saperem, quam mihi Deus in hac quaestione solvenda, cum ad episcopum Simplicianum scriberem, revelavit>>. Contro la pretesa di interpretare diversamente l'evoluzione del pensiero teologico agostiniano, significative le polemiche affermazioni arnauldiane: « ... S. Augustin, que l.'on peut croire être un assez bon interprete de ses propres Ouvrages» (Il Apologie IIl,2,236), «le meilleur interprete de lui-même que l'on puisse desirer>> (Apologie pour les Peres VI,31,753). Ricordo che già Giansenio aveva insistito con profondo senso storico sull'evoluzione delle dourine agostiniane della grazia, e sulla confessione agostiniana di aver condiviso egli stesso, prima dell'episcopato, posizioni semipelagiane: cf. Augustinus, l,VIl,4,403-408, e I,VIIl,8,473-478. Pertanto, « ... ex illis Divi Augustini operibus, quae ante Episcopatum condidit, non parum lucis posse petit, ut ad accuratam SemiPelagianae opinionis intelligentiam perducamur>> (l,VIl,4,404); comunque, anche prima dell'episcopato, Agostino ha confessato la necessità della grazia (suasiva e sufficiente) perla fede: cf. l,VIIl,8,474.
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peut douter, que l'obscurité qui se pourrait trouver dans les uns, ne se doive éclaircir par la lumiere de tous les autres, comme nous voyons que ce grand Saint les a lui-même éclaircis dans ses Rétractations, en faisant voir, que quelques-uns de ces passages regardent l'erreur des Sémipélagiens, sur le sujet de laquelle il dit lui-même, qu'il n'était pas encore bien instruit dans ces premieres années, et que les autres, qui semblent favoriser en apparence l'hérésie des Pélagiens, ne se doivent pas prendre au sens de ces Hérétiques ... (preso) encore aujourd'hui contre S. Augustin même» (11,2,88).
Con notevolissimo senso storico, Arnauld evidenzia corne l 'esigenza di interpretazione sisternatica e unitaria della teologia di Agostino non escluda affatto un chiaro riconoscirnento della sua persino drarnrnatica evoluzione storica, dunque del succedersi dei suoi errori teologici (il confessato "semipelagianesirno" giovanile), della sua crisi (coïncidente con la chiarnata all'episcopato), della sua svolta decisiva (I'Ad Simplicianum). L'agostinismo giansenista si conforma essere tutt' altro che la forzatura di un pensiero sfaccettato e cornplesso nella carnicia di forza dei tardi scritti antipelagiani, la fanatica e antistorica riduzione di una quarantennale ricerca teologica all'univoca, miope prospettiva di un tardo e polernico radicalisrno predestinazionista; al contrario (dando il giusto peso aile stesse indiscutibili affermazioni di Agostino nel De praedestinatione sanctorum, nel De dono perseverantiae e, soprattutto, nelle Retractationes, bilancio conclusivo di tutta la sua traiettora teologica) la dottrina della grazia operante e predestinante è riconosciuta da Arnauld corne il cuore, il baricentro strutturale dell'intero pensiero agostiniano per <<plus de trente années», ovvero sin dall'Ad Simplicianum, opera che precede di ben quindici anni la stessa esplosione della questione pelagiana, eresia «qui ne se leva que depuis qu'il fut Evêque»16. Se quindi il pensiero di Agostino urge inevitabilmente,
16 Il Apologie 11,2,88. Cf. il brano della Il Apologie riportato, supra alla nota 7: provvidenzialmente prima Dio rende il Medico invincibile e poi permette Io scatenarsi del veleno pelagiano. Invece, in piena controversia antimanichea, prima dell'Ad Simplicianum e soprattutto prima dell'esplosione della questione pelagiana, l'obiettivo principale dell'attività teologica di
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per propria necessità intrinseca, verso la definizione del mistero della grazia, la sua stessa evoluzione storica rivela l'unica modalità ermeneutica di quel mistero: le verità della grazia possono essere intuite soltanto ad opera di un divino «éclaircissement», dono sopraggiunto per un atto di grazia che illumina l'impotenza della natura umana, condannata a fermarsi ai margini del mistero, quindi ad errare (tutt'al più in senso "semi-pelagiano"), se abbandonata al mero autonomo sforzo della propria ragione. Le eventuali contraddizioni di Agostino sono allora in gran parte da attribuire alla sfasatura tra i due stadi del tutto consapevolemente distinti del suo pensiero, armonizzabili si, ma per netta subordinazione del primo ( e della libertà umana che esso esaltava) al secondo stadio (all'onnipotenza della grazia divina in questo confessata corne irresistibile motore della libertà convertita), di quello ingenuo (e in seguito ritrattato) a quello maturo che consapevolmente ritratta, "toglie" in sé il primo, Io supera riassumendolo in se stesso: gli eventuali errori teologici o oscurità di senso del primo periodo vengono quindi corretti e risolti dalle evidenze, ripetutamente e sistematicamente ribadite, della seconda fase del suo pensiero, si che la pretesa modema, di fare leva sull' Agostino del primo periodo per difendere una teologia semipelagiana, si riduce ail' astrarre affermazioni isolate e superate dal contesto vivente dell'evoluzione di un pensiero, ovvero all'affermare «S. Augustin contraire à S. Augustin» (11,2,90), opponendo un Agostino artificiale, smembrato, al vero, integrale, storico Agostino 11 •
Agostino non poteva non essere quello della difesa della libertà umana: cf. Il Apologie III,2,235.
17 Cf. Apologie pour les Peres V,10,600-608: in questo capitolo, ancora oggi storicamente validissimo, Arnauld sviluppa ulteriormente le argomentazioni (cf. quelle lucidissime sull'Ad Simplicianum) a favore di questa prima regola ermeneutica, affermando (606) che è semi-pelagiano chi si appoggia unicamente sulle prospettive del De Zibera arbitrio o delle aitre opere anteriori all'episcopato, da Agostino stesso tutte ritrattate corne "semipelagiane" riguardo al problema della grazia e della predestinazione (cf. li Apologie V,3,566-567 e III,2,235). Sulla capacità di interpretare geneticamente il pensiero agostiniano, cf. la ricostruzione della sua evoluzione sulla decisiva questione della perseveranza degli angeli, in li Apologie 11,17,176-180.
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II: «La seconde est: que le sentiment de ce Saint, comme de quelque autre Docteur que ce soit, se doit toujours plutôt prendre des endroits où il traite une matiere à fond, et de propos délibéré, que de ceux où il n'en parle qu'en passant. Et qu'ainsi, quand on est en peine d'accorder quelques passages qui semblent contraires en apparence (car il n'y en a point qui le soient en effet, dans tous ses Livres de la Grace) la raison veut que l'on explique ceux qui sont pris des endroits où il ne parle d'une chose qu'en passant, par ceux où il en parle à fond et de propos délibéré» (11,2,89).
Il corretto metodo storico volto ad interpretare il senso complessivo di un'opera intellettuale non potrà non evidenziare, in relazione a problemi o ambiti specifici, il maggior valore, la predominanza qualitativa di determinate opere o consapevoli prese di posizione di un autore, rispetto a sue asserzioni pronunciate «en passant», prive quindi di un'autentica intenzionalità costruttiva18• L'evidenza, la chiarezza probante di un testo di pende dal grado di intenzionalità che l' autore intende assegnargli («de propos délibéré»), comunque all' intemo del senso unitario della singola opera, e quindi all'intemo del contesta, del fine complessivo (teologicamente ineludibile) cui la
18 Cf. Il Apologie V,10,611: «Voilà quelle est la doctrine de S. Augustin, non dans quelques questions incidentes, qui n'appartiennent point au fonds de la Grace, mais dans le propre différent qu'il avoit avec les Pélagiens, touchant la nécessité de la Grace». Su questa linea, JEAN MABILLON affermerà ne! Traité des études monastiques (1691): «La meilleure règle qu'on puisse observer dans le choix des Pères c'est de préférer ceux que Dieu a singulièrement appliqués à éclaircir les questions particulières à ceux qui ne les ont traitées qu'en passant et par occasion, et dans un temps où la chose n'avait pas encore été agitée ni décidée par l'Église; et même de préférer les ouvrages d'un Père qui traite d'un point particulier à certains endroits où le même Père n'a parlé qu'en passant. C'est par cette règle que l'Église a toujours préférés. Augustin à tous les autres Pères sur les matières de la grâce, c'est-à-dire les ouvrages qu'il a composés contre les Pélagiens» (citato in B. Neveu, L'erreur, p. 222). Sulla netta differenza tra affermazioni pronunciate «en passant» e affermazioni sistematicamente articolate, cf. B. PASCAL, De l'esprit géométrique, II: De l'art de persuader [1655], III, 424-425, cit. infra. Sulla peculiarità del metodo ermeneutico arnauldiano, finalizzato ad identificare l'intenzionalità dell'autore e il contesto complessivo ove vanno inquadrate le sue affermazioni, cf. Y. MocHIZUKI, Théologie et expression littéraire, pp. 175-178.
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sua intera attività intellettuale mira. Dunque riguardo alla dottrina della grazia agostiniana, rispetto ad affermazioni isolate, spesso oscure perché poco sorvegliate o genericamente allusive, si dovranno privilegiare le intere opere esplicitamente dedicate all'approfondimento del tema (dall'Ad Simplicianum a quelle antipelagiane, i «ses Livres de la Grace» per Arnauld sempre «en effet» coerentissimi tra di loro ), comunque nella consapevolezza che la grazia è il principio sistematico, l'idea guida dell'intera matura teologia agostiniana. Dietro l'evidente buon senso della seconda regola di Arnauld si cela in realtà la consapevole polemica ermeneutica giansenista (inscindibilmente connessa con la teologia della grazia) nei confronti dei tradizionali metodi scolastici (di recente apologeticamente rivalutati proprio da Neveu) di interpretazione dei testi sacri o delle autorità patristiche: la Sacra Scrittura o gli stessi testi dei Padri non sono mere raccolte di sentenze o auctoritates, di verità teologiche o precetti morali a disposizione della tradizione, perché essa possa fissare un'edificante verità di fede comunque sovratestuale, giudicando, selezionando, troncando e reinterpretando 19 un patrimonio sedimentato di spirituali verità oggettive; nelle pagine sacre, corne nei testi dei loro interpreti privilegiati, l'affermazione dottrinale si manifesta invece inseparabile dal «sens» complessivo (Il, 14, 157), ovvero dal «sentiment», dall'intenzionalità, dalla singolare identità del loro autore, di quello umano (i profeti, Paolo, Giovanni, Agostino, Giansenio) corne dell'etemo ispiratore divino. Questa antiscolastica e tutta modema personalizzazione dell'opera teologica, descrizione di una singola esistenza alla ricerca di Dio non riducibile a collezione di massime impersonali, rimanda infatti per i giansenisti all'unitario atto di grazia che ispira ogni singola opera rivelata, microcosmo in cui accade la divina opera di giustificazione. Tomiamo dunque alla prima regola: il senso di un autore si risolve nella sua stessa storia intellettuale, nel caso di Agostino nel suo ascendere dalla propria sempre limitata comprensione all' illuminazione della grazia. La comprensione del senso, del «sentiment>> di un autore dovrà quindi es-
19 Cf. Apologie pour les Peres 11,10,106-107 e i brani riportati infra, alla nota 10.
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sere storicamente complessiva, totalizzante, nel considerare l'interezza di un'opera teologica corne l'esito di uno sforzo costruttivo necessariamente sistematico. Eventuali incoerenze dovranno essere considerate affermazioni «qui semblent contraires en apparence», ma che comunque possono essere riaccordate tra di loro.
III: «La troisieme: que, dans cette même contrariété apparente, il est ridicule de vouloir expliquer cinq cents passages clairs et formels, par un seul qui contiendra quelque obscurité: ce qui est une méthode, non seulement contraire au sens commun; mais qui va au renversement de toute la Religion, en rendant inutiles tous les Saints Auteurs, et les Livres Sacrés de l'Eglise; puisqu'il est impossible de découvrir jamais quels ont été leurs sentiments, s'il est permis d'éluder, à l'imitation de nos Hérétiques, cinq cents passages exprès, par un seul obscur 20, qu'il sera toujours aisé de trouver dans quelque Auteur que ce soit» (11,2,89).
lnsensato e scientificamente disonesto è quindi quel metodo ermeneutico che pretenda di prescindere dalla predominanza quantitativa («cinq cent passages exprès»), dalla frequenza con la quale determinate affermazioni ricorrono nelle opere di un autore, per postulare corne senso autentico dello stesso una singola e per di più oscura espressione («par un seul obscur>>) 21 , del tutto astratta dal suo contesto e ipostatiz-
20 Un esito grottesco del vizio ermeneutico di astrarre ambigue auctoritates dal loro contesto originario, prescindendo dalla coerenza dottrinale dell'autore, è da Arnauld evidenziato in riferimento a lncmaro di Reims: per la sua ignoranza, questi arriva ad attribuire ad Agostino espressioni di Pelagio citate nel De natura et gratia (cf. Apologie pour les Peres, V,6,455-456); sui rapporti di Incmaro con Giovanni Scoto Eriugena e sulla loro polemica contro Gottescalco, difeso da Arnauld corne del tutto ortodosso, cf. ivi l' interessantissima ricostruzione in V,4,429-6,461.
21 «Ainsi tout le Traité de la Grace de ces Théologiens ne roule que sur trois ou quatre passages de S. Augustin ... Habert s'imagine qu'en quatre mots, il renversera ce que M. d'Ypres a établi par des volumes entiers: qu'une citation en l'air de S. Augustin, sans en rapporter même aucune parole, aura plus de force sur l'esprit des hommes, pour leur persuader quels sont les véritables sentiments de ce Saint, que cent passages formels, rapportés par M. d'Ypres» (Il Apologie 11,2,90-91).
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zata a univoca verità, a prescindere dalla sua eventuale connessione o peggio dalla sua contraddizione rispetto a «tes principes de ce Saint» (II,2,90), dedotti dalla stragrande maggioranza di chiarissime affermazioni22• Ogni testo è quindi dotato di una autonoma coerenza, di un'evidenza oggettiva che l'interprete deve constatare, tanto più se il testo in questione è destinato a comunicare verità salvifiche di fede. Il metodo stesso dell' eresia è infatti quello di selezionare astraendo, di forzare una citazione rnorta perché separata dal suo contesto vivente e rivelatore, di lacerare il testo per poterne in realtà prescindere. Se ad esernpio in Agostino vi sono singole afferrnazioni che difendono il libero arbitrio o il decisivo consentire della volontà alla grazia, queste non possono essere glossate e assunte corne la dottrina agostiniana tout court, prescin-
22 La superiorità del metodo di Giansenio rispetto a quello dei suoi avversari consiste ne «la différence des ses solutions, toutes fondées dans un éclaircissement merveilleux des lieux difficiles de ce Pere, par de plus clairs, d'avec celles de ses adversaires, qui ne subsistent que sur de vaines distinctions d'une vaine Philosophie; ou qui ne tendent qu'à obscurcir les plus clairs et le plus indubitables sentiments de ce grand Saint, par quelque endroit plus obscur>> (Il Apologie 11, l 7, 180); «ils ont trouvé, en quelque lieu écarté de ses Ouvrages, quelque passage obscur, qui ne contient point formellement cette fausse opinion; mais duquel ils pensent pouvoir tirer quelque chose qui la favorise, par de mauvaises conséquences, fondées sur des principes tout opposés aux principes de ce Saint» (Il Apologie 11,2,90). Al contrario, nell'Augustinus di Giansenio «on y voit toute la doctrine de ce Pere établie sur des volumes entiers, et prouvée par une nuée de passages, rapportés avec une fidélité parfaite, et éclaircis avec une lumiere et une intelligence merveilleuse. On y voit les principes d'ou se forment les conclusions, et les conclusions tirées des principes. On y voit des maximes dépendantes les unes des autres, et enchainées les unes avec les autres, qui doivent nécessairement, ou subsister toutes ensemble, ou être renversées toutes ensemble, parce qu'elles sont tellement liées, que si l'une est fausse, il faut qu'elles soient toutes fausses, et si l'une est véritable, il faut qu'elles soient toutes véritables. On y voit une idée et un tableau d'une Théologie toute céleste... et enfin, on y voit, non pas une image vaine et fantastique de ce Pere, mais S. Augustin même, vivant et parlant, s'expliquant lui même» (Apologie pour les Peres, Préface, 12). Cf. in prop. la definizione di «démonstration» in Logique IV, De la méthode, 296: «elle ne consiste pas d'ordinaire en un seul argument, mais dans une suite de plusieurs raisonnements, par lesquels on prouve invinciblement quelque vérité ... Le tout est de bien arranger ses pensées, en se servant de celles qui sont claires et évidentes, pour pénétrer dans ce qui paraissait plus caché».
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dendo dalla schiacciante maggioranza di affermazioni che definiscono la libertà lapsa serva del peccato e la grazia efficace irresistibile: al contrario, quelle, comunque oscure e ambigue, equivoche 23, devono essere concordate con queste, chiarissime e univoche, devono quindi ricevere il proprio senso effettivo dalla possibilità di compatibilità con le più sicure e numerose 24.
23 Proprio perché gran parte delle controversie teologiche nascono dal significato equivoco di terrnini non ben definiti, aristotelicamente la Logique toma continuamente sulle «questions de mots... J'appelle ici questions de mots, non pas celles où on cherche des mots, mais celles où, par les mots, on cherche des choses, comme celles où il s'agit de trouver le sens d'une énigme, ou d'expliquer ce qu'a voulu dire un auteur par des paroles obscures et ambiguës» (IV,2,309); le prime due «règles nécessaires pour les définitions» del metodo portroyalista (che riassumono le tre Règles pour les définitions del pascaliano De l'esprit géométrique, p. 419) affermano: «1) Ne laisser aucun des termes un peu obscurs ou équivoques sans le définir, 2) N'employer dans les définitions que des termes parfaitement connus ou déjà expliqués» (IV,3,319); pertanto <<par là on démêle une infinité de disputes qui n'ont souvent pour sujet que l'ambiguïté des termes, que l'un prend en un sens et l'autre en un autre; de sorte que de très-grandes contestations cesseraient en un moment, si l'un ou l'autre des disputants avait soin de marquer nettement et en peu de paroles ce qu'il entend par les termes qui sont le sujet de la dispute» (IV,4,321); cf. in prop. 1,11,82-12,91. Analogamente, le «règles nécessaires pour les démonstrations» (che riassumono le tre regole corrispondenti pascaliane nel De l'esprit géométrique, p. 419) affermano: «1) Prouver toutes les propositions un peu obscures ... ; 2) N'abuser jamais de l'équivoque des termes, en manquant d'y substituer mentalement les définitions qui les restreignent et qui les expliquent» (IV,3,319-320); cf. IV,8,337-339. Sul linguaggio e le ambiguità che esso produce e sui suo rapporto con il piano del sermo interior, cf. R. SIMONE, Il sogno di Saussure. Otto studi di storia delle idee linguistiche, Roma-Bari 1992, il cap. «Grammatica e logica di Port-Royal», pp. 93-132, in part. pp. 121-132.
24 «Conduite perpétuelle» di chi intende alterare Agostino «est de vouloir ruiner une infinité des passages clairs et formels de S. Augustin par quelque autre passage, qui ne dit rien expressément de la question dont il s'agit» (Apologie pour les Peres IV,15,400). «Et lorsqu'ensuite ils (gli avversari di Giansenio) s'objectent les passages clairs et formels, rapportés par M. d'Ypres, qui montrent tout le contraire et qui, par exemple, disent en termes exprès, qu'il ne peut y avoir aucune bonne oeuvre sans la foi et sans la grace, ils avouent que ces passages sont presque infinis ... ; mais ils s'imaginent qu'il leur est permis de se jouer de cette infinité de passages, par une froide distinction; parce que leur seul passage obscur semble dire quelque chose d'opposé à la clarté manifeste de cette multitude innombrable. Et comme ils voient bien, qu'il leur est impossible de répondre à ce nombre in-
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IV: «La quatrieme: que, pour bien reconnaître la véritable doctrine d'un Auteur, et principalement de ceux qui traitent à fond les matieres, comme a toujours fait S. Augustin, durant vingt années qu'il a combattu l'hérésie pélagienne, il ne la faut pas seulement considérer dans quelques conclusions séparées, mais dans l'enchaînement de tous ses principes; rien n'étant capable de persuader plus puissamment tous les esprits raisonnables, qu'une maxime particuliere est le véritable sentiment d'un Auteur, que lorsqu'on lui montre le parfait rapport qu'elle se trouve avoir avec tous les autres sentiments du même Auteur. Car il est indubitable, que la doctrine entiere d'un aussi grand Théologien qu'a été le Maître de tous les Théologiens, est fidellement rapportée, quand elle fait un corps accompli, dont aucune partie ne se dément, et dont toutes les conclusions et tous les principes son tellement liés ensemble, qu'on ne saurait rompre aucun anneau de cette chaîne, sans que toute la chaîne s'en aille en pieces» (11,2,89).
La dottrina di un pensatore (in particolare quella agostiniana sulla grazia, divinamente ispirata e approfondita instancabilmente attraverso una polemica ventennale) è un sistema quanto più possibile coerente, metodicamente concatenato e dedotto da alcuni chiari e indubitabili principi (l'originaria integrità della creazione, il peccato e l'impotenza della libertà lapsa, la redenzione rivelata da Cristo, la grazia irresistibile e dilettevole, la predestinazione non universale di questa gra-
fini de passages clairs et formels, que par de mauvaises gloses, qui ruinent le texte, tout ce qu'ils peuvent faire, pour les rendre un peu plus supportables, c'est de dire qu'il sont forcés, de les employer; parce qu'autrement ce certain passage, qui est l'unique appui de toute leur mauvaise doctrine, ne se pourrait pas expliquer commodément; comme si la raison et le sens commun ne les devaient pas plutôt forcer à chercher; dans la lumiere de cinq cents passages exprès, la véritable interprétation d'un seul obscur; que de prendre l'obscurité d'un seul, pour la regle nécessaire de l'intelligence de tous les autres» (Il Apologie 11,2,90). Cf. Apologie pour les Peres 11,20, 159-161. Nella Logique (IIl,20, Des faux raisonnements qui naissent des objets mêmes) ARNAULD e NICOLE affermano significativamente: «Les fausses inductions par lesquelles on tire des propositions générales de quelques expériences particulières sont une des plus communes sources des faux raisonnements des hommes. Il ne leur faut que trois ou quatre exemples pour en former une maxime et un lieu commun, et pour s'en servir ensuite de principe pour décider toutes choses» (4,284); cf. Ill,20,9,258-259.
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zia), senza i quali niente terrebbe (il cristianesimo si dissolverebbe corne religione della giustificazione). Interpretare significa quindi connettere secondo un «parfait rapport>>, concatenare al tutto qualsiasi «conclusion séparé», ricondurre a totalità o concordia sistematica non solo tutte le opere25, ma qualsiasi dottrina, massima o espressione dell' autore, anche se essa possa apparire oscura o addirittura contraddittoria rispetto al sistema stesso 26• È quindi assurdo pretendere che in Agostino si dia la dottrina della grazia operante senza quella della radicalmente peccaminosa impotenza del libero arbitrio, o quella della gratuità misericordiosa della grazia senza quella
25 Cf. Apologie pour les Peres, 1, 35: di un autore «on ne peut d'ordinaire mieux découvrir les vrais sentiments, que par la conférence de ce qu'il dit en différents Ouvrages, et en recueillant, en un corps de doctrine, ce qu'il a répandu en divers Livres».
26 La questione di fatto riguardo aile cinque proposizioni non è altro che una questione ermeneutica, risolvibile attraverso l'applicazione di quel metodo (che gli antigiansenisti si ostinano a non applicare) dell'esame sistematico, della coerenza razionale, del rispetto dell'integrità del testo, del rifiuto dell'astrazione di affermazioni ambigue: «Quant aux cinq Propositions, il y a deux questions sur ce sujet.' L'une de droit; si elles sont bonnes ou mauvaises; l'autre de fait; si elles sont ou ne sont pas de Jansénius. Il n'y a aucun doute touchant le droit, et il (Arnauld stesso) croit très-sincérement que les Propositions sont hérétiques, et qu'elles ont été avec raison condamnées comme telles. Mais pour le fait, non seulement il ne croit pas qu'elles soient de Jansénius, mais il est très-persuadé que les quatre dernieres n'en sont en aucune sorte, ni quant au sens, ni quant aux tennes, et qu'il s'y en trouve même de toutes contraires. Et quant à la premiere, que le mots dont elle est composée se trouvent dans Jansénius, mais tellement tronqués, qu'ils ont tout un autre sens dans cet Auteur étant joints avec ce qui les précede, et ce qui les suit, et étant expliqués selon que lui-même a déclaré qu'il entendait ces tennes, qu'ils n'ont, étant pris absolument et séparés de toute autre discours, comme ils sont dans cette premiere Proposition» (Cas proposé, p. 3); Io stesso Innocenzo X le ha giustamente condannate in loro stesse, ma «in abstracto et ut praescindunt ab omni proferente» (p. 4). Sulla storia delle cinque proposizioni, cf. (malgrado il suo titolo in tal senso non del tutto preciso) C. SENOFONTE, Antoine Arnauld e le proposizioni condannate dell'Augustinus, in «Sapienza» 48, 1995, pp. 129-156. Sulla storia delle cinque proposizioni a Roma e del loro esame al Santo Uffizio, Io studio fondamentale (tra l'altro preziosissimo perla selezione e l'esame approfondito delle fonti) è quello di L. CEYSSENS, Les cinq propositions de Jansénius à Rome, in «Revue d'histoire ecclésiastique» 66, 1971, pp. 449-501 e pp. 821-886.
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della predestinazione 27 : al di là della sua rigorosissima e studiatissima articolazione, comunque la dottrina agostiniana riveta l'etema verità divina, le supreme ragioni salvifiche, dunque necessariamente essa deve rifulgere corne evidenza razionale, indubitabile coerenza 28• Ma se l' esigenza del corretto metodo teologico approda al sistema, all' ordine perfetto di una rigorosa consequenziale riduzione dell' oscuro, del complesso, del molteplice delle definizioni dottrinali all' evidenza assolutamente semplice e unitaria di massime o principi dai
27 «Combattant S. Augustin dans la doctrine de la prédestination, il est impossible qu'il (l'antigiansenista) ne le combatte dans la doctrine de la grace, la liaison de ces deux points étant telle, que les Sémipélagiens même ont reconnu, que l'on ne pouvoit être d'accord avec S. Augustin, en ce qui regarde la grace, qu'on ne fût aussi d'accord avec lui en ce qui regarde la prédestination gratuite. Et c'est ce qui nous donne un moyen court et facile de ruiner toutes les distinctions, toutes les chicaneries et toutes les fausses subtilités» (Apologie pour les Peres VI,22,694).
28 Nell'Apologie pour les Peres Arnauld riassume più volte, pur se meno schematicamente, le regole del suo metodo ermeneutico: «Car étant clair; par le seul sens commun de tous les hommes, que, pour bien comprendre l'opinion d'un Auteur; on en doit juger par la conformité de ses maximes; par le rapport et l'alliance de toutes les parties de ses ouvrages, qui conspirent toutes à la même fin; par la liaison et l'enchainement de tous ses principes; par les éclaircissements que lui-même se donne à luimême, et enfin, en préférant un grand nombre de passages à quelques paroles détournées, qui n'auront été dites qu'en passant, et en éclaircissant ceux qui paroissent obscurs et difficiles, par la lumiere de ceux qui sont claires et indubitables» (Préface, 9-10); cf. 11,10,106-107; 11,20,159-161. II metodo degli avversari di Giansenio è invece quello eretico di «chercher quelques lieux obscurs, pour détourner le sens de ceux qui sont clairs»: infatti 1' autore antigiansenista <<prétend que deux ou trois endroits obscurs, choisis parmi dix grands volumes que ce Pere a composés, doivent suffire pour rendre inutile tout le reste de ses ouvrages; que des livres entiers, où il a traité à fond toute la matiere de la Grace, ne doivent pas être si considérables que les deux ou trois paroles qu'il en cite; qu'il ne faut point croire ce S. Docteur lorsqu'il dit, qu'on doit expliquer ses premiers ouvrages par ses derniers; mais que la regle unique, pour le bien entendre est, la fantaisie et la préoccupation de ceux qui les lisent» (Préface, 10; cf. 14-15), si che con Tertulliano e Agostino (e con Cartesio stesso) Arnauld puo concludere che è «Sa (dell'antigiansenista) passion qui l'oblige de violer toutes les regles de la raison» (Préface, li). II metodo antigiansenista pretende infatti di opporsi «à cette lumiere, que la nature même nous a imprimée dans l'esprit et en renversant tous ces principes, qui subsisteront parmi les hommes, tant que les hommes seront raisonnables» (Préface, 10).
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quali esse sono state dedotte, a loro voltai molteplici semplici principi devono essere ricondotti ail' uno, al principio assolutamente semplice e "evidente" che essi stessi cercano di esplicare 29 : la ragione o meglio la volontà etema di Dio, causa prima e verità assoluta.
Già il sistema gianseniano della grazia culminava nell'identificazione di un principio teologico-dogmatico geometricamente assiomatico 30• Risulta in proposito decisivo il capitolo 17 (coll. 165-170) del De statu naturae innocentis seu de gratia prima hominis et angelorum, liber singularis del tomo II dell'Augustinus, ove i capitoli 10,26-12,38 del De correptione et gratia vengono apertamente indicati corne il luogo agostiniano teologicamente fondante ( «basis», <<fundamentum») e ermeneuticamente rivelativo ( «clavis», <<filum» ): vi viene infatti perfettamente chiarita la dottrina della distinzione tra l 'adiutorium sine quo non donato da Dio alla natura prelapsaria e l'adiutorium quo donato da Dio alla natura lapsa predestinata 31 •
29 «La liaison des principes avec les conclusions qui en dépendent, et la lumiere mutuelle qu'ils se donnent les uns aux autres, est tout-à-fait merveilleuse. La vérité des conclusions ne se voit bien que dans les principes, et la vérité des principes ne nous paroît jamais dans tout son éclat, que lorsque nous la voyons, comme étendue dans les conclusions ... d'où nous apprendrons, que cette vérité n'est pas seulement sainte en elle-même, et appuyée sur des maximes inviolables, mais que, de plus, elle est d'une telle conséquence, qu'on ne la sauroit renverser, sans renverser en même temps tout ce que les SS. Peres ont enseigné touchant la grace contre l'hérésie pélagienne» (li Apologie III,25,349-350). Evidente risulta l'influenza delle regole del metodo cartesiano.
30 Cf. il brano dell'Augustinus di Giansenio, citato infra, alla nota 31 (col. 170). L'ambizione di Giansenio era infatti riuscire a dimostrare che «omnia Augustiniana pendere ab uno principio, unde tota doctrina ejus de gratia quadam catena devincta esset» (L. LE BRUN, Disputatio de C. Jansenii vita et morte, Utrecht 1694, p. XX; citato in J. ORCIBAL, Jansénius, p. 98, nota 19).
31 «Qui vero, jacto isto fundamento, distinctionem illam velut filum in labyrintho scriptorum ejus secutus fuerit, mirabilis ei occurrit contextus rerum; respondent extrema primis, media utrisque, omnia omnibus. In geometria si prima dederis, danda sunt omnia; hic si duo illa adjutoria stantis et lapsi, sani et agri, integri et fracti arbitrij amplexus fueris, omnia velut ex ipsa re nata ita se consequuntur, ut ipsa tanta rerum omnium concatenatio et consonantia altissime clamet, ibi latere, vel potius evidentissime patere veritatem: sin vero distinctionem istam velut basin omnium sustuleris, omnium ruinam opprimeris» (Augustinus, Il, De statu naturae innocentis ... li-
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Ancora una volta Arnauld rimane fedele interprete di Giansenio interprete di Agostino:
«La maxime fondamentale de toute sa doctrine est la différence des deux graces du Créateur et du Rédempteur, de la volonté saine et forte avant le péché, et de la volonté malade et foible après le péché; des Anges et du premier Homme dans l'état de son innocence, et des Hommes déchus et réduits, par le péché, à cette extrême faiblesse, qui a besoin d'être assistée par un secours plus puissant» (Il Apologie, 11,16,167).
Veramente la chiave dogmatico-ermenutica giansenista si riveta corne nodo concettuale densissimo, corne dialettico principio ordinatore dell'intero sistema della giustificazione cristiana: nella figura della contrapposizione tra l' Adamo prelapsario (e il divino adiutorium sine quo non) e l'uomo lapso redento (e il divino adiutorium quo) rifulge infatti corne concordia discors la contrapposizione tra creazione e redenzione, tra natura e grazia, quindi quella tra grazia sufficiente e grazia efficace, tra la impotente autonomia del libero arbitrio originario e la potentissima dipendenza dalla grazia del servo arbitrio liberato, e ancora la stessa contrapposizione tra peccato e Dio redentore, natura umana e natura divina in Cristo, consenso della libertà umana e irresistibile movimento della grazia nella carità dell'eletto. Il tutto delle determinazioni teologiche è dunque complicato nel semplice e predestinante volere divino e nel suo misterioso eterno scindersi in due adiutoria (nella potenziale universalità dell'adiutorium sine quo non adamitico e nella non universalità dell' adiutorium quo), si che, essendo il semplice (il principio della volontà assoluta di Dio) al tempo stesso assolutamente evidente e del tutto ambiguo (la volontà di Dio non opera unitariamente ), solo nel suo essere esplicato sino aile sue estreme conseguenze puo rifulgere nella sua logica dialettica. Se dunque la dialettica della
ber, 17,170). La dottrina dei due adiutoria è quindi la «Vera et immobilis basis ... cui universa doctrina de Gratia Christi Salvatoris incumbit ... Haec est enim vera clavis, qua aditus in scripta ejus aperiendus est et sine qua qui ea molitur ingredi, velut caecus palpabit in meridie»; «Subtracto illo fandamento, tot altercationibus doctrina de gratia lacerata est» (169)
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grazia è comunque asimmetrica, si che non si dà alcuna .indipendenza del molteplice (le creature nel loro diversificato destino) rispetto al principio assoluto (la volontà divina che Io crea e Io giustifica), d'altra parte essa non puà non riconoscere al molteplice il suo ruolo di gloriosa manifestazione e di libero riconoscimento della stessa volontà divina.
Cosi la dottrina della grazia efficace viene tradizionalmente presentata corne logica medietà, in sé dialettica, tra gli errori del molinismo e del calvinismo 32• Sia nel caso del calvinismo che in quello del molinismo, l'errore sta in una incapacità di concordia, di comprensione dialettica: il primo afferma l'assolutezza del principio (la grazia divina) senza riconoscere la pur relativa causalità della creatura e quindi senza comprendere l'effettivo, l'irresistibile, ma non coattivo, l'interiore operare dell'Uno (la grazia) nel molteplice derivatovi (le libertà redente) 33; il molinismo invece è incapace di ridurre il molteplice derivato alla concordia con il semplice assoluto, pretendendo quindi di rendere del tutto autonomo l 'effetto deri vato dalla causa prima 34, dunque consentendo che l'effetto
32 Sulla agostiniana e gianseniana affermazione della concordia tra grazia e libertà, cf. Il Apologie 11,23,212-24,220; IIl,2,234-237. Sull'agostinismo autentico corne via media tra gesuitismo e calvinismo, cf. Cas proposé, 10-11; interessante la dimostrazione dell'agostinismo di Tommaso: «... comme dit S. Thomas, que Dieu ne fait pas seulement agir comme il veut les causes secondes, mais qu'il les fait encore agir conformément à leur nature; et ainsi il fait agir librement et contingemment les causes libres, en sone qu'elles pourraient ne faire pas ce qu'il leur fait faire par la force toute-puissante de sa grace» (11): dialettica affermazione della efficacia assoluta della causa prima (contro Annat e il semipelagianesimo molinista) e della libertà di consenso delle cause seconde (contro la praedeterminatio physica di Banez e dello stesso calvinismo).
33 Cf. Il Apologie 11,13,151-156 e 15,163-167, contro il supralapsarismo calvinista; cf. inoltre 11,24,217-218, contro la giustizia imputata luterana e calvinista: in entrambi i casi, una non dialettica esaltazione della grazia vanifica del tutto il ruolo della libertà umana, reietta senza essere interiormente responsabile del peccato, eletta senza essere interiormente partecipe della giustificazione imputatagli dalla grazia.
34 Respinto il calvinista misconoscimento del ruolo della libertà umana, «l'on peut concevoir en deux manieres, que la Grace coopere avec la volonté; l'une catholique, et l'autre pélagienne. La catholique est, que la Grace coopere avec la volonté, en déterminant la volonté à faire le bien, et formant en elle le vouloir même, selon la doctrine de /'Apôtre. Et la péla-
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molteplice e contingente sia la causa della sua stessa semplice causa, diventi quindi il principio determinante il suo stesso principio assoluto 35•
Nell'ambito di questo tentativo di rigorosa sistematizzazione della dottrina agostiniana della grazia, assolutamente fondante è l'analisi dei principi-chiave dei duo amores, la concupiscentia e la caritas 36; attraverso un'analisi prolissa e tediosa, Arnauld deduce geometricamente l'intera morale cristiana, a partire dai 1) <<principes» generali dei due amores, passando per 2) «maximes» dedotte da questi principi, ai 3) <<principes» specifici in cui si concretizzano queste massime, sino alle 4) «suites infallibles», alle specificazioni morali capaci di rendere concreti i principi; a loro volta, da queste «suites» (ad esempio la dottrina particolare della impossibilità delle buone opere senza la fede) si ri sale a principi sempre più semplici e quindi evidenti, sino a riattingere la prima e assoluta evidenza (immediata evidenza spirituale, assiorna non dimostrabile o deducibile, verità del coeur, presupposto dello stesso ordine geometrico-teologico ), esistenzialrnente verificata, oltre che teologicamente rivelata, dei duo amores: l'amor sui corne autonomo e quindi concupiscente atto dell'uomo, l'amor Dei corne atto rnosso dall'irresistibile e gratuita grazia divina 37• La sintetica e quindi arnbigua espressio-
gienne est, que la Grace coopere avec la volonté, en l'aidant simplement, après qu'elle s'est déterminée d'elle même» (li Apologie 11,24,219). Sul retto concorso tra grazia operante e libera volontà umana, cf. J. LAPORTE, Les vérités de la grace, pp. 402-443.
" Sulla critica alla riduzione molinista della grazia ad una chimerica grazia sufficiente, resa efficace soltanto dal consenso del libero arbitrio del-1 'uomo e quindi determinata da esso, cf. li Apologie 11,21,195-22,212 (in part. 198-199) e soprattutto V,10, 603-612.
36 Cf. la lunga analisi condotta in //Apologie IIl,14,303-25,350. Cf. in prop. Giansenio, Augustinus, II, De statu naturae lapsae, III,19,517-21,530: in part. cf. l'importante capitolo 19, significativamente intitolato. <<Non datur medium inter charitatem et culpabilem cupiditatem»; cf. inoltre Il, De statu purae naturae, 1,14,743-746.
37 «Toute la Doctrine de S. Augustin touchant la nécessité de la grace de Jesus Christ pour faire de bonnes oeuvres, est fondée sur cet enchaînement de principes très-clairs, et très-indubitables en soi, mais qui paraissent néanmoins très-faux aux adversaires de M. d'Ypres. Toutes les actions volontaires procedent nécessairement du mouvement de quelque amour. Cet
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ne amor Dei (o charite1 dev'essere inoltre dialetticamente interpretata al tempo stesso corne genitivo oggettivo e sernpre anche corne genitivo soggettivo:
«Toute la nécessité de la grace, pour bien vivre, ne dépend que de ces deux maximes fondamentales de la Morale Chrétienne: l'une, que nos actions, pour être bonnes, doivent être faites pour Dieu et par un mouvement d'amour de Dieu ... ; l'autre, que ce mouvement d'amour de Dieu ne peut naître dans notre coeur, par la seule force de notre nature; mais seulement par un don particulier de la grace du S. Esprit» (IIl,25,352) 38•
amour ne peut être que l'amour de la créature, ou de Dieu; c'est-à-dire, Cupidité, ou Charité. Toute action qui procede de la cupidité, c'est-à-dire, d'un amour qui se termine à la créature, est mauvaise. Il ne peut donc y avoir aucune bonne action, que celle qui procede d'un mouvement d'amour de Dieu, et qui se rapporte à Dieu comme à sa fin. Or il ne peut y avoir en nous aucun mouvement d'amour de Dieu, que par la grace; parce que la charité est de Dieu ... et afin que nous aimions Dieu, il faut qu'il nous aime le premier. Et la corruption de notre nature n'étant autre chose que le poids et l'inclination qui est demeurée dans notre volonté, de rapporter tout à soi-même, il n'y a que la grace de Jesus Christ, qui puisse guérir cette maladie; qui puisse dégager la volonté de la servitude où elle gémit, et rompant ses chaînes, l'élever à Dieu, en Lui inspirant un bon amour, au Lieu du mauvais amour, c'est-à-dire, l'amour de Dieu au Lieu de L'amour des créatures qui La tient captive; et par conséquent, nous ne pouvons faire aucune bonne oeuvre que par la grace de Jesus Christ. Voilà Le fondement inébranlable sur Lequel S. Augustin établit par-tout la nécessité de la grace de Jesus Christ» (li Apologie III,25,351).
38 Commenta Arnauld: «Cette excellente conclusion ne nous découvre pas seulement très-clairement les véritables sentiments de S. Augustin touchant les actions des lnfideles; mais aussi la grandeur de son esprit, et la maniere admirable dont ce grand Maître de l'Eglise traite les vérités divines, en réduisant toujours les conclusions à leurs principes, comme ayant reçu de Dieu non seulement La foi, mais aussi l'intelligence des plus hauts mysteres; car, en ce peu de paroles, il a compris tous les principes sur. .. les actions des Payens. Il y représente des deux amours, qui sont les deux sources de toutes les actions des hommes: l'amour de monde, et l'amour de Dieu; c'est-à-dire la Cupidité et la Charité ... IL y enseigne que cet amour du monde et des créatures, n'est point de Dieu; parce que ce n'est autre chose que la corruption originelle de la volonté de l'homme, et cette concupiscence, qui, selon S. Jean, n'a point Dieu pour Auteur, mais le péché du premier homme. Il y soutient, que l'amour de Dieu, opposé à cet amour vicieux, que la charité céleste, dont Les mouvements seuls peuvent arrêter les mouvements de la charité terrestre, ne peut venir que de Dieu seul, par la
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Il tentativo di sfuggire alla assoluta evidenza di questa dialettica, alla ferrea logica della sua alternativa, non puo quindi essere considerato che corne sofistica chimera:
«Les adversaires de M. d'Ypres veulent trouver un milieu imaginaire entre la Cupidité et la Charité» (IIl,25,352).
Il tentativo antigiansenista di sottrarsi all'alternativa teologicamente e esistenzialmente inevitabile tra amor sui e amor Dei, ovvero tra autonomia della propria soggettività e operazione divina che ne rompe l'identità perversa, si rivela costretto all'interno di una logica del tutto immanente ail' amor sui 39•
grace de Jesus Christ et par l'infusion de /'Esprit Saint» (Il Apologie IIl,24,348-349). Cosi riguardo ai comandamenti divini, Arnauld afferma: «Tous ces Commandements se réduisant à un seul, qui est le Commandement de l'amour divin, qui, n'étant autre chose qu'un mouvement de la volonté, se trouve en nous aussi-tôt que nous le voulons véritablement. Il est donc vrai, que tous peuvent observer les Commandements de Dieu, s'ils le veulent: mais /'Ecriture nous apprende, que c'est à Dieu à donner ce vouloir>> (IIl,2,234). Interessante in prop. l'interpretazione di alcune ambigue affermazioni, tratte dal primo blocco del De doctrina christiana, tramite passi delle opere contro Giuliano, si che il precetto della gemina caritas (l' amore di Dio e del prossimo) è considerato realizzabile soltanto tramite l'irresistibile e gratuita grazia divina: «Amor Dei quo pervenitur ad Deum non est nisi a Deo» (IIl,24,347).
39 Non a caso nella Logique ARNAULD e NICOLE dedicano numerose pagine ad identificare (con una singolare convergenza tra agostinismo e cartesianesimo) proprio nell'universale passione dell'amor sui la causa fondamentale dell'errore nei giudizi e quindi nei ragionamenti: causa «intérieure, qui est le déréglement de la volonté, qui trouble et dérègle le jugement ... Si on examine avec soin ce qui attache ordinairement les hommes plutôt à une opinion qu'à une autre, on trouvera que ce n'est pas la pénétration de la vérité et la force des raisons, mais quelque lien d'amour-propre, d'intérêt ou de passion» (111,20,261). Il riconoscimento dell'universale e trascendente verità è impedito dall' amor sui naturalmente perverso, che riconoscendo solo se stesso pretende idolatricamente di adattare la verità, e quindi le stesse opinioni altrui al proprio desiderio; soltanto la grazia divina è capace di rompere la prigione dell'amor sui, di convertire efficacemente l'uomo all'universale verità: «Et c'est pourquoi on peut appeler, ces sortes d'égarement des sophismes et des illusions du coeur, qui consistent à transporter nos passions dans les objets de nos passions, et à juger qu'ils sont ce que nous voulons ou désirons qu'ils soient; ce qui est sans doute trèsdéraisonnable, puisque nos désirs ne changent rien dans l'être de ce qui est hors de nous, et qu'il n'y a que Dieu dont la volonté soit tellement efficace,
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La polemica teologica rimanda quindi al suo ultimo fondamento, ail' ermeneutica dell' amor Dei ( ancora una volta ambiguamente significante), rivelandosi quindi corne ermeneutica della grazia; occhi pieni delle proprie tenebre, non illuminati dalla grazia, non possono realmente comprendere Agostino, ricostituime quell'ordine o sistema che culmina nel riconoscimento della grazia stessa corne supremo principio, incomprensibile se non gratuitamente esperito:
«Car il est vrai que ce Saint n'est pas seulement obscur, mais tout-à-fait inintelligible, à ceux qui n'apportent, à sa lecture, que des yeux remplis des ténebres, de mille fausses opinions; qui le lisent en maîtres plutôt qu'en Disciples; qui n'ont dessein que de faire dire à S. Augustin tout ce qui leur plaît, et non pas de découvrir les véritables sentiments de ce Saint, pour s'y soumettre et s'y conformer» (Il Apologie V, 5,578);
alle tenebre antigianseniste, Arnauld contrappone «la lumiere ... la clarté et la splendeur. .. (de) cette sagesse céleste», propria di Agostino definito «homme du ciel» (579), illuminato dalla stessa grazia divina. La superba ottusità degli antigiansenisti rispetto alla vera dottrina agostiniana della grazia è quindi segno della loro stessa chiusura ail' esperienza dell 'elezione, ove l' evidenza giansenista si ri vela soltanto apparentemente coïncidente con quella cartesiana: infatti, l' evidenza giansenista è fenomeno del noumeno della grazia, di una causa occulta, nascosta ma operante nel cuore, in assenza della quale nessuna salvifica evidenza si accende nell'intelligenza e nessun sistema è realmente significativo 40, in assenza della
que les choses sont tout ce qu'il veut qu'elles soient» (111,20,2,263 ). Sul rapporto tra errore di giudizio e passione peccaminosa, cf. A. McKENNA, De Pascal à Voltaire, 1, il par. «Les causes de l'erreur», pp. 45-48.
40 La trascendenza del mistero della grazia predestinata rispetto alla metodica dimostrazione razionale è gnoseologicamente ribadita in Logique IV,l,302: «Le plus grand abrégement que l'on puisse trouver dans l'étude des sciences est de ne s'appliquer jamais à la recherche de tout ce qui est au-dessus de nous, et que nous ne saurions espérer raisonnablement de pouvoir comprendre. De ce genre sont toutes les questions qui regardent la puissance de Dieu, qu'il est ridicule de vouloir renfermer dans les bornes
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quale il vero ordine divino non è ermeneuticamente deducibile, teologicamente ricostruibile 41 •
«Mais ce qui trompe les hommes, comme M. d'Ypres remarque fort bien, c'est qu'ils s'imaginent, qu'être délivré de la masse de perdition, n'est autre chose que de recevoir la rémission de la coulpe du péché originel: au lieu que, selon la doctrine constante et indubitable de S. Augustin, nul n'est délivré de cette masse de perdition, que par cette suite et cet enchaînement de graces et de faveurs, qui nous accompagnent jusqu'à la fin, qui nous délivrent de toute la contagion et de toutes le miseres qui naissent de ce péché; et qui sauvent infailliblement tous ceux qui sont sauvés... Si M. le Théologal (Habert) ne comprend pas cette doctrine si sublime et si élevée de ce grand Saint, qui n'est autre qu'une explication simple et fi.delle de celle que le Divine Apôtre nous a enseignée, qu'il prie Dieu qu'il la lui fasse comprendre. Qu'il emploie l'étude et les voeux, pour obtenir la grace d'entrer dans ces lumieres, et non pas les reproches et les injures, pour faire taire ceux à qui il a plu à Dieu de les découvrir. .. Et que, pour le moins, il ne prenne pas la hardiesse de nier, que cette doctrine de M. d'Ypres ne soit la Doctrine de S. Augustin, quand il auroit assez de présomption pour ne la vouloir pas suivre, et pour se croire plus éclairé en cette matiere, que le plus grand Docteur, au point de la Prédestination, qui ait été depuis les Apôtres» (II Apologie Il,14,161-162);
ove agostinianamente non solo l' efficacia, ma lo stesso desiderio di questa preghiera non dipendono che da Dio.
étroites de notre esprit, et généralement tout ce qui tient de l'infini; car notre esprit étant fini, il se perd et s'éblouit dans l'infinité, et demeure accablé sous la multitude des pensées contraires qu'elle fournit».
41 La stessa ermeneutica biblica, riduzione del molteplice della Jettera scritturistica all'unica verità della grazia, è possibile soltanto grazie alla comprensione operata dallo Spirito Santo: Arnauld afferma nella Praefatio alla Historia et Concordia Evangelica (1653), in Oeuvres V, n.2, p. 46: «Scripturae sanctae clavis aurea, vita sancta est... Cum Scripturae omnis, ex ejus mente, summa et finis amor sit, ejusdem etiam et illustrator et interpres, idem est amor>>. Cf. in prop. L. GINZBURG, La sinossi evangelica di Antoine Arnauld, in «Annali di storia dell'esegesi» 9\1, 1992, pp. 77-86.
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Per i giansenisti, la cecità spirituale, la relativizzazione delle prospettive teologiche42, l'inesistente rigore storico-critico degli antigiansenisti43 si traducono comunque a livello storico-ecclesiastico in uno scetticismo teologico-dogmatico, sovversivo nei confronti della stessa tradizione cattolica: «Ces principes qui sont les bases et les fondements de toute la doctrine de S. Augustin, et que les Papes ont pris pour des regles certaines du Droit canonique» vengono messi in questione da coloro che osano «vouloir faire passer le plus grand Maître de l'Eglise, après les Apôtres, pour un Docteur dangereux» (li Apologie IIl,25,359), sino
«à rendre la Théologie toute Pyrrhonienne, en mettant tout en dispute et en réduisant en questions problématiques, les vérités les plus constantes et le plus solidement établies par la Tradition de l'Eglise et par la doctrine des SS. Peres» (ivi, IIl,30,386).
Ove l'acuta obiezione di Habert («Jansénius est un impérieux et un superbe Censeur de !'Antiquité») viene respinta ribadendo la netta relativizzazione, o meglio confutazione delle autorità patristiche in materia alternative ad Agostino, riprendendo quindi l'accusa di implicito semipelagianesimo rivolta da Giansenio ai Padri greci (anche da Arnauld tutti ricondotti agli errori di Origene ), sottolineando quindi la stessa imperfe-
42 Sulla polemica di Arnauld contro il relativismo teologico degli avversari di Giansenio, cf. in li Apologie IIl,30,385-387 la confutazione della pretesa di giustificare «la vérité de plusieurs opinions différentes» in materia di grazia tramite il ricorso alla teoria agostiniana dei molteplici pur se divergenti significati veri di uno stesso passo scritturistico (teoria sostenuta ad esempio in Confessiones XII,31,42).
43 Di grande interesse un passo in cui Arnauld stigmatizza le accuse mosse da Habert (ma riproposte proprio in questi termini dallo stesso Neveu!) al metodo teologico-positivo giansenista, che potremmo definire già storico-critico: «Il ne reconnoît point d'autorité certaine et assurée dans les Peres, à laquelle nous soyons obligés d'ajouter foi; ne travaillant à autre chose, qu'à montrer, que les SS. Peres ne peuvent point servir de fondement à notre créance, et que, vouloir rechercher leurs sentiments, c'est entrer dans la critique de mille passages; c'est multiplier les questions à l'infini; c'est quitter la spéculation pour des ingrates matieres de fait, et enfin, c'est donner le temps à de vaines curiosités» (li Apologie V,3,564).
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zione delle loro occasionali, non soppesate e non sistematiche definizioni teologiche, non valide dogmaticamente per il loro essere pronunciate indipendentemente dall' emergere dell' eresia pelagiana 44•
Arnauld confuta con grande vigore la tesi (corne abbiam visto ancora oggi frequentemente riproposta) che le dottrine teologiche agostiniane più ardue e dure non siano dogmaticamente obbliganti, in quanto amplificazioni retoriche e estremizzazioni dialettiche contingenti, da relativizzare ricontestualizzandole nella controversia antipelagiana:
«"Ils (i Padri) n'ont pas", dit-il (Habert), "toujours parlé en termes de Loi et de Décision; mais comme Orateurs, qui donnent les amplifications nécessaires à leur sujet, et qui penchent ordinairement beaucoup du côté où est le défaut, pour après réduire plus facilement les choses à la médiocrité". Voilà un moyen fort court et fort facile, pour se moquer de tout ce que disent les Peres ... en rejettant leurs plus indubitables maximes, comme n'étant que "des amplifications ... , des apostrophes ou figures de Rhétorique, et que ces Saints parlent en Orateurs et non en Théologiens" ... Il ne parle pas seulement des écrits des Peres, mais il prétend aussi que leurs Ouvrages, même dogmatiques, ne sont que des "amplifications d'Orateurs"; qu'ils n'ont défendu les vérités de l'Eglise, qu'en se jettant dans les erreurs opposées à celles qu'ils combattoient, dont il apporte pour exemple, "que S. Augustin semble vouloir éteindre toutes les puissances de la nature, pour soutenir la nécessité de la Grace contre Pélagius, qui la nioit" ... puisque ... ce grand Saint, passant dans l'excès, a parlé trop désavantageusement du Libre Arbitre, "pour réduire plus facilement à la médiocrité" les Pélagiens, qui en par/oient trop avantageusement» (Il Apologie V,3,564-565);
44 «Les Peres Grecs, qui ont écrit avant l'hérésie pélagienne, ayant puisé une grande partie des explications de ['Ecriture des Commentaires d'Origene, qui sont remplis d'une infinité de pélagianismes (ce qui a fait dire à S. Jérôme, que cette hérésie étoit une branche de la doctrine de cet ancien Auteur) il ne faut pas s'étonner; s'ils sont tombés par mégarde dans quelques expressions dures et imparfaites, dont les Sémipélagiens ont abusé depuis» (li Apologie III,30,387); cf. III,30,388-389 e l Apologie III, 11,308; ricordo l'affennazione di Giansenio: «(Cum) nec ulli imperfectius de gratia quam Graeci locuti sunt» (Augustinus IIl,IIl,20,738).
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quello agostiniano sarebbe stato quindi «un esprit de contention et de dispute», si che i nemici di Giansenio attribuiscono «cette méthode à S. Augustin» e agli altri Padri:
«de s'être laissés emporter; par la chaleur de la dispute, ou par un artifice d'Orateur; dans les extrêmités opposées à celles des Hérétiques qu'ils avoient en tête» (ivi, 565-566).
Arnauld replica non soltanto definendo Agostino, con Cassiodoro, «cautissimus disputator>>, né soltanto ribadendo che la stessa chiesa cattolica ha dogmatizzato queste amplificazioni retoriche, considerandole quindi corne dottrine ben fondate, ma soprattutto rinviando allo stesso atto divino di illuminazione che le aveva operate nell'intelligenza di Agostino: <<parce que Dieu lui avoit profondément gravé dans le coeur, ce qu'il avoit enseigné en plusieurs endroits» (ivi, 566). L'autorità interna della perfetta chiarezza e coerenza logica delle opere agostiniane, l' autorità dogmatica della chiesa cattolica, l' autorità assoluta della stessa grazia di Dio rendono quindi Agostino l'unica regola ortodossa in materia di grazia.
È quindi possibile confutare le tre possibili obiezioni al riconoscimento di Agostino corne suprema, anzi unica e del tutto assoluta autorità in materia di grazia, ribadendo alcune delle regole ermeneutiche sopra fissate:
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«Car il ne peut trouver si mauvais, que l'on prenne S. Augustin pour le seul Juge des différents qui se sont élevés entre les Théologiens sur la matiere de la Grace, sinon pour l'une de ces trois raisons: ou parce que sa doctrine n'est pas assez ample; ou parce qu'elle n'est pas assez claire; ou parce qu'elle n'est pas assez certaine. /- Ou, parce que S. Augustin n 'auroit pas traité de cette matiere avec assez d'étendue; de forte que, n'ayant point traité à fond plusieurs points importants, il faudroit avoir recours aux autres Peres, pour apprendre d'eux ce qu'on ne pourroit pas apprendre de ce Saint; II -Ou, parce que, dans les points mêmes qu'il auroit traités, il en auroit parlé avec tant d'obscurité, qu'il seroit fort difficile de découvrir quels auroient été ses véritables sentiments, et qu'ainsi l'on seroit obligé de consulter les autres Peres, qui en auroient parlé avec plus de clarté que lui; III - Ou, enfin, parce qu 'encore qu'il se fût expliqué assez au long et avec assez de clarté, nous
Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
n'aurions néanmoins aucune assurance de trouver la vérité dans ses Ouvrages, plutôt que dans ceux d'un autre Pere; rien ne nous obligeant à croire, qu'une opinion de la Grace fût véritable, pour avoir été enseignée par ce grand Saint» (V,5,576).
Arnauld ribatte: 1 - Sistematicamente, Agostino è insuperabile in comple
tezza: la tradizionale suprema autorità di Agostino è ribadita da Clemente VIII (V, 5, 577) corne dai vari partiti teologici in latta, che pretendono tutti di interpretare Agostino, di «régler ses opinions selon les siennes», perché queste sono riconosciute corne dotate di
«tant de clarté et de solidité, que d'une pan, il soit facile de reconnaître ce qu'il en a enseigné, et que, de l'autre, ce qu'il en a enseigné doive être tenu pour véritable» (576).
Agostino infatti è stato l'unico Padre a trattare sistematicamente, «avec tant de soin et tant d'étendue», della grazia e della predestinazione, sl che
«tous ceux qui ont précedé l'hérésie pelagienne n'en ont jamais traité de propos délibéré, ni à dessein d'en donner aux fideles une entiere instruction, n'en ayant simplement parlé qu'en passant, et en fan peu de mots, en quelque lieu de leurs Ouvrages» (576-577).
II - Analiticamente, Agostino è insuperabile in chiarezza: dotato di «sagesse céleste», quest' «homme du ciel» (579) ha infatti trattato della grazia «durant près de vingt années», illuminando agni dettaglio della dottrina della grazia e della predestinazione 45 , avendo «souvent parlé vingt, trente et cin-
• 5 Cf. la riproposizione dell'interpretazione gianseniana (cf. II, Liber prooemialis, 26,57-58) della riserva (pseudo)celestina in li Apologie V,10,602-603: i giansenisti escludono che il divieto papale di occuparsi delle «profundiores vero dif.ficilioresque partes» della dottrina agostiniana possa essere riferito alla dottrina della grazia predestinata, assolutamente centrale e sistematica; piuttosto il documento papale fa riferimento a cio che Agostino stesso ritiene umanamente ininvestigabile: ad esempio, perché Dio ha predestinato un uomo e non un altro? etc ...
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
quante fois sur le même sujet» (578). Solo la disonestà intellettuale, prodotta dalla concupiscenza, puo dunque impedire la comprensione di verità di per sé assolutamente evidenti e incontrovertibili (578-579).
III - Autoritativamente, la dottrina agostiniana è la più certain quanto divinamente ispirata per confutare l'eresia pelagiana: in proposito Arnauld enuncia corne fondamentale regola dell'interpretazione teologica quella della (provvidenziale) dialettica tra eresia e confutazione specifica, quindi quella della perfezione storica e dello sviluppo dottrinale ( dialettica implicito/esplicito ).
«C'est pourquoi aussi l'une des plus importantes reg/es que les Théologiens doivent suivre, pour traiter exactement et solidement les mysteres de la foi, c'est d'en puiser la connoissance dans ceux d'entre les Saints Peres qui, ayant eu à combattre les hérésies qui se sont élevées contre ces sacrés mysteres, ont reçu du Ciel plus de lumiere pour les pénétrer et plus de Grace pour les exposer à l'intelligence des fideles. Ce sont eux qu'il faut particuliérement consulter, pour établir les maximes de la véritable Théologie, et prendre toujours leur langage clair et exact pour reg le de l'interprétation qu'on doit donner aux expressions dures ou obscures qui se peuvent trouver dans les autres Peres plus anciens qui ont précédé la naissance de ces hérésies... Les mysteres de notre Religion n'ont point été parfaitement expliqués, que depuis l' opposition des hérésies qui les ont voulu renverser» 46•
Negare carattere autoritativo alla confutazione agostiniana dell'eresia pelagiana significa dunque minare l'intera concezione cattolica di una storia continua provvidenzialmente guidata 47, oltre che
46 II Apologie V,6,580-583; sulla provvidenzialità della dialettica tra l'errore dell'eresia e le verità ortodosse che essa induce a manifestare, ribadire, precisare, cf. Apologie pour les Peres, Préface, 3-4 e soprattutto 30-31. Sintetizzerà mirabilmente PASCAL: «Les hérétiques, au commencement de l'Église, servent à prouver les canoniques» (Pensées, 313:::344=569); cf. 536:::458:::579.
47 «Autrement, il n'y auroit presque point de vérité catholique que l'on ne pût extrémement embrouiller, s'il étoit permis d'éteindre la lumiere que l'Eglise a reçue, par l'opposition des hérésies et le travail des grands Saints, qui ont comme développé ce qui étoit de plus caché dans sa créan-
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
«combattre le sens commun de tous les Théologiens, voire même de tous les hommes, qui peuvent juger par la seule lumiere de leur esprit combien elle est juste et raisonnable» (V,6,581).
Il. «INFRINGERE AUCTORITATEM AUGUSTIN!». ARNAULD, MALEBRANCHE E LA VISIONE DELLE IDEE IN DIO
Le ultime grandi opere di Arnauld - il Traité des vraies et des fausses idées (1683) e le Réflexions philosophiques et théologiques, sur le Noveau Système de la nature et de la grâce (1685-1686) - sono indirizzate contro la metafisica e la teologia della grazia dell' oratoriano Nicolas Malebranche, contro il suo tentativo di formulare un agostinismo né pelagiano né giansenista, accordato ad un cartesianesimo riveduto e profondamente corretto 48 •
ce, pour nous rejetter dans l'obscurité où elle s'est trouvée, auparavant que la nécessité de réfuter les erreurs, l'eût obligée de former avec plus de soin ses paroles et son langage. Et il seroit, par exemple, très-facile d'embarasser beaucoup la doctrine de l'Eglise touchant la très-sainte Trinité, si l'on vouloit s'arrêter plutôt à ce qu'en ont dit les Peres avant le Concile de Nicée, qu'à ce qu'en ont dit ceux qui, depuis ce Concile, ont défendu la foi catholique contre l'hérésie arienne» (JI Apologie V,6,581).
48 Giustamente A. DEL NOCE interpreta la polemica Arnauld-Malebranche corne «frattura dell'agostinismo del '600 ... urto tra l'agostinismo ritrovato attraverso la teologia, e l'agostinismo filosofico ritrovato attraverso il cartesianismo» (Riforma cattolica, p. 355), quindi corne «rottura tra l'agostinismo della Grazia e l'agostinismo dell'Illuminazione» (p. 494). Sulla polemica Arnauld-Malebranche relativa alla conoscenza di ogni realtà in Dio e a quella sul rapporta tra natura e grazia, e quindi tra volontà generali e volontà particolari di Dio, cf. C. SENOFONTE, Ragione moderna e teologia, pp. 221-272; più in part. in riferimento alla querelle sulla grazia, cf. A. DEL NOCE, Riforma cattolica, pp. 27-43. Per un'ottima introduzione al rapporto Malebranche-Agostino, nel segno della continuità nell'ambito metafisico e della discontinuità nell'ambito della grazia, cf. H. GOUHIER, La philosophie de Malebranche et son expérience religieuse, Paris 1926, in part. pp. 163-208 e 279-311; cf. anche l' Appendice "Saint Augustin et Ambrosius Victor", pp. 411-420, ove Gouhier dimostra la profonda influenza dell' oratoriano sulla conoscenza malebrancheana di Agostino, caratterizzata dal privilegiare i giovanili scritti filosofici dell'Ipponate. Per un'intelligente introduzione alla filosofia e alla teologia di Malebranche, cf. A. DE MARIA, Storia, sacra Scrittura e tradizione nel pensiero di Malebranche, Torino 1997; il limite della sua interpretazione sta pero nel tentare sistematicamente di ridurre l'eversiva novità della filosofia religiosa dell'oratoriano, ridimensionando il suo razio-
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
Da un punto di vista metafisico, Arnauld non accetta la tesi di Malebranche dell'univocità della visione divina e umana delle verità eteme, tesi che presuppone la naturale capacità metafisica che ogni uomo avrebbe di vedere, nella sua interiorità intellettuale, le idee immutabili che etemamente Dio contempla nel suo Verbo, si che vedere le idee significherebbe vedere la Verità in Dio stesso. Ciè> che qui ci interessa èche questa dottrina malebrancheiana è sostenuta tramite il ricorso all'autorità di Agostino, in particolare alla sua dottrina del Maestro divino corne luce interiore di ogni anima, corne Verità trascendente che accende e immanentizza nella mente dell'uomo lutte le verità universali necessarie ed immutabili. Arnauld, inoltre, polemizza contro l' occasionalismo di Malebranche, che riforrnula radicalmente la tesi cartesiana di Dio corne garante della connessione veridica tra idea della res cogitans e realtà della res extensa, affermando che in realtà noi conosciamo la stessa realtà sensibile soltanto nella visione intellettuale della sua idea in Dio (ove l'idea di estensione si rivela corne matrice di tutte le conoscenze sensibili). Per Malebranche, Dio è quindi l'unico garante della corrispondenza tra verità intellettuale (unico reale ambito della conoscenza dell'uomo) e realtà extraintellettuale, sl che ogni movimento spirituale (intellettuale e volitivo) e fisico deriva o dall'illuminazione interiore nella creatura, o dalla mozione esteriore di Dio sulla creatura.
Risulta già evidente, pur da questi superficialissimi accenni alla metafisica di Malebranche, il ruolo strategico della teologia di Agostino, non solo della sua dottrina della illumi-
nalismo, riconducendola ad una tradizionale, rispettosa indagine dei misteri della fede. Trovo più convincente la tesi di S. LANDUCCI, LA teodicea nell 'età cartesiana, Napoli 1986, cap. 1 e Il, pp. 17-81 (ma cf. anche pp. 236-243), ove la teologia della grazia del Malebranche maturo è interpretata, nel suo assolutizzare il razionale principio di economicità (=semplicità e generalità) dell'agire divino, corne rivoluzionario congedo dalla teodicea agostiniana e dall' arbitrarismo teologico ( quindi dalla stessa teoria cartesiana dell' assoluta libertà d'indifferenza di Dio), quindi corne svolta razionalistica che prepara la radicale distruzione di ogni teodicea da parte di Bayle. Indispensabile il recente volume di D. MOREAU, Deux cartésiens. LA polémique entre Antoine Arnauld et Nicolas Malebranche, Paris 1999. Perla citazione delle principali opere di Malebranche sulla grazia, mi servo delle Oeuvres, 1 e Il, Paris 1979 e 1992, edizione e commento a cura di G. Roms-LEw1s.
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nazione, ma della stessa dottrina della grazia, riconosciuta corne inconciliabile con il pelagianesimo, eppure interpretata in senso del tutto antigiansenista. lnfatti, per l' oratoriano, in Dio ragione e volontà si identificano assolutamente; Dio vuole e agisce secondo un ordine razionale del tutto universale, semplice, uniforme, economico. L'economia dell'azione di Dio nei confronti della creazione è la chiave per interpretare la dottrina della grazia di Malebranche: Dio, dovendo onorare la sua perfezione, deve economizzare al massimo i suoi interventi nei confronti del creato, sl che - corne vedremo - il delegare a Cristo uomo la donazione della grazia risponde proprio al fine di non intervenire nelle contingenti vicende del mondo, comunque imperfetto. Lo stesso male o la dannazione degli uomini, malgrado Dio voglia la maggiore bellezza possibile e la salvezza universale, rientrano nell'ordine superiore dell'economica razionalità dell' azione di Dio. Insomma, i mali sono conseguenze necessarie della necessaria subordinazione della volontà divina aile leggi della sua saggezza, che gli impongono di agire nel modo più semplice ( ovvero economico, degno della sua pura trascendenza, quindi razionalmente adeguato alla propria assolutezza) possibile nei confronti del creato ! 49 Ri pu-
49 Cf. Traité de la nature et de la grâce, 1 discorso, 1 parte, articoli XIV, p. 25; XVIII, pp. 27-28; XXIIe Additions, pp. 31-32; 1,11,XXXVIll e Additions, p. 42, ove il dato, ammesso da Malebranche, che sono più i dannati degli eletti, viene fatto dipendere dalle vie di Dio, la cui saggezza impone la maggiore semplicità possibile. Sulla profonda consonanza, aldilà di specifiche differenze, tra la teodicea di Malebranche e quella di Leibniz, entrambe preoccupate di subordinare l'onnipotenza alla saggezza divina, principio assolutamente semplice di regolarità e di ordine, cf. S. NADLER, "Tange montes et fumigabunt": Arnauld face aux théodicées de Malebranche et Leibniz, in «Chroniques de Port-Royal» 44, 1995, pp. 323-334. La novità storica di Malebranche in relazione al problema del male è stata quella di rifiutare la soluzione classica neoplatonico-agostiniana del male irreale in quanto metafisicamente insussistente, per riconoscerne invece l'intrascendibile, bruta ed opaca realtà di fatto (ontologicamente non volatilizzabile, ingiustificabile), effetto comunque necessario, perché implicato dalla superiore esigenza che Dio ha di assicurare la sua gloria trarnite la maggiore semplicità possibile delle sue leggi, delle sue volontà rivolte ad una creazione comunque esterna e contingente: Dio subordina cioè l'esigenza morale della sua provvidente bontà nei confronti di ogni singolo aspetto della creazione all'esigenza metafisico-razionale di semplicità ed economicità della sua azione; cf. in prop. S. LANDUCCI,
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gna quindi a Malebranche ammettere la possibilità che la Verità di Dio contraddica la sua universale semplicità tramite volontà particolari e composite, ovvero complesse; la grazia giansenista infatti, rivelando un Dio arbitrario e bizzarro, Io costringe nella contingenza e nella differenza dell' elezione.
L' esito dell' impostazione metafisica di Malebranche pare comunque discostarsi di poco da un determinismo assoluto: un'impersonale necessità sembra coincidere con questa universalizzazione della grazia efficace di Agostino, rispetto alla quale le varie libertà finiscono per essere nient' altro che fenomeni, più o meno rivelativi, dell'uniforme irradiarsi della luce divina, cause seconde o occasionali predeterminate dall'unica causa assoluta e determinante, quella di Dio. In tal senso la grazia universalmente donata è sistematicamente paragonata alla pioggia che cade sui buoni e sui cattivi, in quanto la Provvidenza non puo che agire in maniera uniforme nei confronti delle sue creature, siano esse convertite, siano esse pervertite. La grazia finirebbe in ta1 senso per essere nient'altro che una coloritura sentimentale della stessa universale irradiazione della Luce divina, più o meno evidente nelle varie coscienze degli uomini 50•
la teodicea nell'età cartesiana, pp. 28-46; D. MOREAU, Deux cartésiens, pp. 110-126. Conn-o Moreau, e la sua finissima analisi, sottolinerei comunque corne la posizione agostiniana di Arnauld - pur nell'assunzione del nito argomento dell'armonia ontologica del tutto all'intemo del quale il (non essere del) male rientra corne elemento meramente parziale e contingente - rimanga certo teologicamente più tragica di quella di Malebranche: pur ricondotto all'esito di una colpa originaria, o definito corne metafisicamente insussistente, il male non viene comunque volatilizzato; la sua terribile realtà rimane "irredenta", in quanto l'agostinismo confessa corne mistero impenetrabile il perché Dio non voglia già in Adamo, o comunque presso la totalità degli uomini, intervenire a toglierlo. In tal senso, rispetto ad un pensiero che fa del male un limite necessario e ineliminabile della creazione, comunque estraneo alla volontà di Dio, rivela maggiore tragicità (teologicamente spinta sino alla confessione agostiniana di un intimo scindersi della stessa volontà di Dio, scissione razionalmente inaccettabile) un pensiero teologico che ne riconosce la non necessaria eppure intrascendibile esistenza, oggetto di un'eterna volontà divina di non redenzione; Io stesso agostiniano argomento estetico dell'esemplarità del male - corne punizione del peccato e corne prova della natura assolutamente indebita della grazia - ne acuisce in realtà Io scandalo, rivelando in maniera ancora più evidente il paradosso di ogni teodicea.
50 Cf. Traité de la nature et de la grâce, 11,I,VI, p. 63; 1 Éclaircissement, XVIll, p. 156; III Éclaircissement, XXVI, p. 173. Interessantissimo -
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
Ma il pio Malebranche non ha alcuna intenzione di rinunciare ai dogmi della chiesa cattolica: afferma che l'uomo si salva soltanto grazie alla mediazione di Gesù Cristo, morto per tutti 51 , e alla sua grazia, agostinianamente donata del tutto indipendentemente dai meriti degli uomini, si che, malgrado Dio-Ragione universale voglia la salvezza di tutti gli uomini, sono salvati soltanto coloro che, comunque volendolo, sono efficacemente operati dalla grazia di Cristo. Il ruolo dell'uomo Gesù diviene quindi del tutto strategico quando Malebranche vuole antipelagianamente riconoscere l' esistenza di grazie diversamente efficaci: proprio perché necessariamente limitato, non onnisciente, ma d'altra parte etemamente ed economicamente predestinato da Dio ad essere mediatore tra l' etemità dei propri disegni e la temporale contingenza del mondo, l'uomo Gesù distribuisce la grazia secondo vie particolari, ha cioè volontà particolari di elezione, è la causa occasionale grazie alla quale le vie generali del Padre si applicano ad uomini particolari 52• La santa concupiscenza agostiniana è quindi reinterpretata corne l'azione di Dio attraverso l'uomo Gesù nell'interiorità dell'uomo: solo questa indebita grazia di Cristo 53 puo condurre
corne al solito - il giudizio di P. BAYLE, che, ammirando il sistema della grazia di Malebranche, Io riconduceva ad un sistema del fatum stoico, ove la ragione finisce per assorbire Dio stesso: cf. P. HAZARD, La crise de la conscience européenne, Paris 1961, 132-133. Come vedremo, Arnauld stesso è la fonte di Bayle: cf. infra, nota 84. Sulla critica arnauldiana all'occasionalismo (Dio corne causa prima di ogni moto naturale, quindi della stessa volontà della creatura razionale) malebrancheano corne determinismo assoluto e deresponsabilizzante, contraddittoriamente coesistente con un semipelagianesimo finalizzato a negare l'attribuzione a Dio di volontà particolari, non generali, cf. S. NADLER, Dualism and Occasionalism: Arnauld and the Development of Cartesian Metaphysics, in «Revue internationale de philosophie» 190, 1994, pp. 421-439, in part. pp. 434-436.
51 Cf. l' esplicita affermazione antigiansenista in Traité de la nature et de la grâce, I,Il,L, pp. 49-50; e 11,1, XVII, Additions, p. 77, ove vengono definiti eretici coloro che affermano che Cristo è morto soltanto per i predestinati.
52 Cf. 11,1, 1-XVII, pp. 59-69. 53 Come la pioggia cade sia sui terreno buono che su quello cattivo,
cosi la grazia giustificante di Cristo cade, ovvero è donata indipendentemente dalle disposizioni di chi la riceve: cf. 11,1, V-VII, pp. 62-63. Chiaramente l' assoluta gratuità della grazia è resa comunque efficace dalla qualità del terreno, ovvero da una disposizione a lei preesistente; questo è puro molinismo, agostinianamente inaccettabile.
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la creatura dal Cristo uomo al Cristo Dio, strappando l 'uomo dall'asservimento della concupiscenza (ereditata dal peccato di Adamo) per le realtà terrene ed esteriori, rivolgendolo verso l' amore delle cose eteme, cioè verso la conoscenza della Verità di Dio nella sua stessa interiorità, ove la luce divina naturalmente lo chiama: «la grlice de sentiment>>, la grazia donata dall'anima di Cristo, è quindi la condizione per la quale l'uomo recuperi «la grtice de lumière», la beatitudine adamitica della contemplazione di Dio non disturbata dal peso della came 54•
In questo farraginoso e debole tentativo di conciliare assoluta razionale universalità del disegno etemo di Dio e storica differenza della distribuzione della grazia indebita, Malebranche è costretto quindi ad oscillare tra due alternative: o, corne ha notato Jean Laporte 55 , rassegnarsi ad ammettere un'assoluta casualità nella distribuzione della grazia indebita da parte di un Gesù umanamente limitato e non onnisciente, o ripiegare comunque su una prospettiva sostanzialmente semipelagiana, che toma a far dipendere l' efficacia della grazia dal libero consenso o dalla preghiera dell'uomo. Se infatti antipelagianamente Malebranche sottolinea che la libertà dell'uomo non puà determinare i disegni dell'etema saggezza divina, si che indubbiamente potrà capitare che Cristo conceda la grazia ad una libertà ben disposta, trascurandone un'altra; d'altra parte l' oratoriano non solo ammette che una libertà, pur minimamente orientata verso la verità, puà determinare l'uomo Gesù nella distribuzione della grazia, ma - semi-pelagianamente -considera corne effettivamente efficace soltanto quella grazia (comunque non invincibile) cui la libertà dell'uomo ha acconsentito 56• Resta il fatto che, contro i giansenisti, l'etema Sa-
54 Cf. 11,I, XXVI-11,11,XLV, pp. 86-97. 55 Cf. J. LAPOIUE, Les vérités de la grace, pp. 304-339, dedicate al
l'analisi del Traité malebrancheiano. 56 <<Mais la force et l'efficace de la grâce doit toujours être comparée
avec l'action de la concupiscence, avec la lumière de la Raison, et principalement avec le degré de la liberté de la personne à qui elle est donnée» (111,II, XXII, p. 124). Sulla libertà corne potere di amare un bene senza essere invincibilmente attratto da lui, cf. IIl,I, III, p. 110; e IIl,I, XI, p. 116, ove vengono ammessi innumerevoli gradi di concupiscenza, più o meno resistibile. In IIl,II, XIX, p. 123, pur se la grazia di Cristo è definita sempre efficace, si evidenzia corne spesso - a seconda della resistenza della concu-
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
pienza divina non vuole nulla di particolare, e quindi questa confusa mescolanza di parzialità e di casualità, di merito e di dono gratuito, è del tutto confinata nel rapporto tra l'elezione operata dall'uomo Gesù e le scelte libere degli uomini.
L'intero sistema della grazia di Malebranche è comunque del tutto antigiansenista, colpendo al cuore la dottrina agostiniana della grazia, tutta impostata sulla non coincidenza dell' atto di rnisericordia di Dio (non universale) con il suo atto creatore (universale). L'escamotage di delegare la scandalosa (perché altrettanto arbitraria) elezione di grazia all'uomo Gesù, per natura contingente e non onnisciente s1, ha corne fine quello di salvare la petfetta unità e semplicità della Verità onnisciente, che vuole e agisce solo universalmente. All'alto costo di una radicale divisione intracristologica ( donde le accuse alla sua cristologia di nestorianismo, e quindi di origenismo e pelagianesimo ), e di un salto, razionalmente non fondato, dall'universalità della causa assoluta ( = Dio) alla parzialità della causa occasionale, efficace o strumentale (= l'uomo Gesù), Malebranche vuole preservare Dio dall'arbitrarietà dell'elezione e dallo scindersi in se stesso in una causalità universale e ordinaria (quella della creazione) e in una causalità non universale ed extra-ordinaria (quella della grazia). Per impedire questa scissione non razionale in Dio, egli distingue e subordina ontologicamente la seconda causalità alla prima, non riuscendo comunque ad impedire che l' arbitrarietà dell' elezione da una parte ( = il caso) e la pelagiana deterrnina-
piscenza - essa non riesca a realizzare interamente la sua efficacia! Sulle ambiguità della dottrina malebrancheiana della grazia, cf. A. DEL NOCE, Il problema Pascal, pp. 476-477; Riforma cattolica, pp. 28-39, ove si riprendono le fondamentali accuse di Arnauld alla metafisica dell'oratoriano, responsabile di affermare «la prigionia di Dio rispetto all'Ordine impersonale delle verità eteme» (pp. 30-31).
57 «Il est évident qu'il faut rejeter sur Jésus-Christ comme homme, toutes les difficultés qui se trouvent dans la distribution de la grâce» (11,I, XVII, Additions, p. 69). Tutte le Additions a quest'articolo XVII, pp. 69-80, ribadiscono la limitatezza della conoscenza e della prescienza dell'uomo Gesù, incapace di conoscere la totalità delle interiorità degli uomini e i loro individuali destini; cfü permette di giustificare perché una grazia donata con intenzionalità salvifica da Gesù possa poi rivelarsi insufficiente, vanificata quindi dalla mancanza di perseveranza dell'uomo.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
zione dell'elezione di grazia dall'altra (=il rnerito) 58 si disputino la stessa non necessaria grazia occasionale di Gesù Cristo 59•
L' intento di Malebranche è cornunque sisternaticamente apologetico: 1) dirnostrare che ogni atto intellettuale è nient'altro che visione della Verità in Dio, e che ogni nostra conoscenza, e persino ogni sensazione, è effetto dell' agire di Dio nella nostra interiorità; 2) difendere l'assoluta sapienza e giustizia della Ragione divina, che sarebbe empio accusare di parzialità o di irrazionalità; 3) difendere i dogmi della tradizione cattolica: in particolare l'urnanità di Cristo corne rnediatrice dell'azione di Dio nella storia; la grazia donata da Cristo corne unica condizione di salvezza; la responsabilità della libertà umana che ha l' obbligo di progredire dal sensibile allo spirituale 60 e
S8 «On mérite, lorsqu'on aime Dieu par choix, par raison. par la connaissance qu'on a qu'il est aimable; on mérite, en ce qu'on avance, pour ainsi dire, vers le bien, après que le plaisir a déterminé le mouvement de l'amour. C'est-à-dire en ce que l'on consent non seulement volontairement, mais librement à l'impression de la grâce>> (IIl,Il, XXIV, p. 126). Cf. in Il,I, XXIXXIY, pp. 82-86 la distinzione tra i «désirs actuels, passagers et particulierS>> che l'anima di Gesù concede a coloro che non sono preparati alla grazia, e i «désirs permanents» che ella dona a coloro che la meritano, frequentando i sacramenti, ubbidendo ai suoi comandamenti o consacrandosi a Dio; Gesù cioè ama di più coloro che vogliono diventare membra del suo corpo.
~ lnteressantissima l'accusa di Arnauld: «Le sentiment du père Malebranche est un composé monstrueux des hérésies de Luther et de Pélage>>, cit. da G. Roms-LEWIS in Oeuvres, Il, p. 1136, n. 5; l'intera nota 5, breve sintesi critica dei giudizi sui Traité malebrancheiano, conforma quest'accusa.
60 Cf. Traité de la nature et de la grâce IIl,l,XV-XVIl, pp. 119-121, ove è prospettata una vera e propria etica spiritualistica, finalizzata al distacco dal sensibile; pur ammesse delle grazie ordinarie, la libertà umana deve perfezionare se stessa anche con le sue forze naturali. In IIl,I, XVII, p. 121, si condanna tridentinamente la proposizione per la quale i comandamenti non sono possibili ai giusti. In Méditations chrétiennes et métaphysiques (1683) XV,XIII-XIV, in Oeuvres Il, pp. 353-354, Malebranche sottolinea corne la luce (ovvero la grazia) naturale, pur se insufficiente per la salvezza, consenta comunque all'uomo se non la capacità di vincere la concupiscenza, certo la capacità di disprezzare i piaceri sensibili, di umiliarsi e di invocare Dio; cio rende cosi efficace l'eventuale dono della grazia di Cristo, ovvero della grazia di sentimento. L'etica di Malebranche rimane comunque eudaimonistica: considerandosi fedele interprete di Agostino, l'oratoriano interpreta l'amore di Dio corne piacere preferibile perché più reale, intenso e duraturo rispetto al piacere sensibile. Pertanto Arnauld definirà polemicamente la sua etica antistoica e il suo calcolo dei piaceri corne epi-
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
che sempre conserva al cospetto della grazia il potere di consentirvi o di dissentirvi 61 :
«Comme la concupiscence n'a point entièrement détruit la liberté de l'homme, la grâce de Jésus-Christ, quelque efficace qu'elle ait, n'est point absolument invincible... On mérite par le bon usage qu'onfait de sa liberté» 62•
cureismo; gli opporrà un recupero dello stoicismo e dell'umanesimo pagano, capaci di rivelare alla ragione naturale l'insufficienza di qualsiasi piacere, anche se solo la grazia, ovviamente, opera l'effettiva conversione della volontà. Sul confronta tra Malebranche e Arnauld sui piacere, e sui ruolo in proposito di Bayle, cf. J.-L. SOLÈRE, Tout plaisir rend-il heureux? Une querelle entre Arnauld, Malebranche et Bayle, in «Chroniques del Port-Royal» 44, 1995,pp. 351-379.
61 La grazia di Cristo, a differenza della grazia del Creatore, non lascia l'uomo nell'indifferenza della grazia sufficiente dell' Adamo prelapsario, ma Io muove, Io trasporta: cf. Traité de la nature et de la grâce, IIl,II, XXI-XXII, pp. 124-125; ma appunto la forza e l'intensità di questo movimento puo essere contrastato dall'ostacolo della concupiscenza e dalla stessa libertà dell'uomo che Io riceve. L'insistenza sulla diversità dei gradi di libertà e di resistenza della concupiscenza rivela implicitamente la diversa capacità di ciascuna anima di rendere la grazia efficace più o meno efficace. Sull'inalienabile potere di resistere alla grazia e sull'apologia antigiansenista della libertà umana, cf. De la recherche de la vérité, XII éclaircissement, in Oeuvres 1, pp. 942-949, ove Malebranche considera corne meramente sofistica la dialettica gianseniana e giansenista tra senso diviso e senso composito, in relazione al rapporta grazia-libertà.
62 III,11, XXIII, p. 125. Dice Gesù all'anima: «Ainsi, mon fils, veille sans cesse de peur que tu ne sois pas en état de recevoir utilement la pluie de la grâce, lorsqu'elle se répandra sur toi. Travaille à défricher les mauvaises herbes que la concupiscence fait croître dans la terre de ton coeur, et n'attends pas que je proportionne mes dons à ta faiblesse et à ta négligence. En un mot agis comme si ton salut dépendait de tes soins, et que ma grâce fût très rare. Car si tu n'es pas disposé à me recevoir, lorsque je viendrai te visiter, j'en trouverai d'autres en état de recevoir l'effet de ma bonne volonté» (Méditations chrétiennes et métaphysiques XII.XXV, p. 317). L'uomo puo quindi autonomamente ben disporsi (cosa impossibile per l'agostiniano e giansenista uomo decaduto dominato dalla concupiscenza) alla recezione della grazia, senza la quale comunque non puo ottenere la salvezza, che Io incorpora al corpo mistico di Cristo. Indubbiamente qui Malebranche si rivela un molinista; è la predisposizione dell'uomo a determinare l'efficacia del dono di grazia. Afferma Gesù: «l'ai toujours un désir général de sauver les pécheurs: c'est à toi à tâcher de déterminer ce désir par rapport à tes besoins, en me priant humblement, et avec une foi qui honore ma puissance, et ma qualité de médiateur>> (ivi, XIl,XVI, p. 313).
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Arnauld, inizialmente entusiasta della Recherche de la vérité, viene del tutto disilluso dalla lettura del Traité de la nature et de la grdce di Malebranche (1 edizione, 1680; edizioni ampliate nel 1683 e nel 1684 ), decidendosi ad attaccare violentemente sia la metafisica, che la teologia della grazia dell' oratoriano. Per Arnauld, infatti, la prospettiva metafisica di Malebranche è, malgrado le sue buone intenzioni, religiosamente del tutto negativa: affermare che qualsiasi vera conoscenza (sensibile, fisica o matematica) è in realtà una visione delle idee in Dio, che quindi l' atto della coscienza umana è aperto sullo stesso atto assoluto di Dio, significa affermare una vera e propria divinizzazione dell'intelletto umano, assorbito nello stesso Verbo di Dio 63 ; non a caso per Malebranche l'intelletto umano si differenzia da quello divino non qualitativamente, ma soltanto quantitativamente 64• Per Arnauld, al contrario, l'intelletto umano rimane creaturalmente irriducibile all'etema visione di Dio, vede quindi non in Dio, ma soltanto nella sua interiorità la verità assoluta delle idee immutabili, verità certo non identifi-
63 Cf. A. ARNAULD, Traité des vraies et des fausses idées, l'intero cap. XIV, pp. 247-259.
64 Impressionante questo brano di Malebranche: <<Mais non seulement on peut dire que l'esprit qui connaît la vérité, connaît en quelque manière Dieu qui la renferme; on peut même dire qu'il connaît en quelque manière le choses comme Dieu les connaît ... L'esprit voit donc dans la lumière de Dieu comme Dieu même, toutes les choses qu'il voit clairement quoiqu'il ne les voie que d'une manière fort imparfaite, et en cela bien différente de celle de Dieu. Ainsi [orque l'esprit voit la vérité, non seulement il est uni à Dieu, il possède Dieu, il voit Dieu en quelque manière, il voit aussi en un sens la vérité comme Dieu la voit» (De la recherche de la vérité, V,5, in Oeuvres 1, pp. 525-526). In Malebranche, quindi, «la distinzione tra la conoscenza umana e la divina tende per cosi dire a quantificarsi; la nostra intelligenza è inferiore e certo infinitamente inferiore alla divina rispetto al numero di verità conosciute; ma quelle che vediamo le vediamo corne Dio le vede» (A. DEL NOCE, La gnoseologia cartesiana nell'interpretazione di Arnauld (1937), ora in Da Cartesio a Rosmini. Scritti vari, anche inediti, di filosofia e di storia dellafilosofia, Milano 1992, pp. 443-480, in part. p. 457; Riforma cattolica, pp. 38-39). Sul complesso dibattito tra Malebranche e Arnauld, relativo allo statuto delle idee, della loro conoscenza, del rapporto tra idee, rappresentazioni e realtà sensibili, cf. inoltre C. SENOFONTE, Arnauld et Malebranche. Le débat sur les idées, in «Revue internationale de philosophie» 190, 1994, pp. 441-461; R. GLAUSER, Berkeley et les philosophes du XVlle siècle. Perception et scepticisme, Sprimont 1999, pp. 131-146.
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cabile con quella del Verbo. Contro l'univocità (almeno parziale) tra conoscenza umana e conoscenza divina (cf. Recherche de la vérité, X Éclaircissement, pp. 916-932), contro un razionalismo inconsapevolmente panteista, tendenzialmente assimilabile allo stesso spinozismo, Arnauld ribadisce quindi la tripartizione cartesiana delle idee in idee innate (donate all'uomo con la creazione della sua anima), avventizie (derivate dall'esperienza, che non ci inganna in quanto garantita da Dio-Verità, che non puo consentire che l'uomo si inganni) e fattizie (composte dalla stessa intelligenza dell'uomo). L'uomo quindi vede le idee rappresentandosele nella propria interiorità spirituale, si che le stesse verità immutabili non sono gli eterni contenuti del Verbo, ma cartesianamente esse stesse realtà create, oggetto della libera e assoluta onnipotenza di Dio. lnsomma, il tentativo di Arnauld è quello di reinterpretare Agostino - corne vedremo contro Agostino stesso - contro la metafisica malebranchiana, e cio avvicinandosi alla più ardita delle dottrine metafisiche di Cartesio, capace di confessare - contro il gesuita Suarez - l'assoluta libertà della volontà divina, la cui potenza è creatrice della stessa verità di ragione 65 ; la reinterpretazione moderata arnauldiana della cartesiana dottrina della creazione delle verità eterne risponde quindi allo stesso presupposto teologico della grazia agostiniano-giansenista. Dio, nella sua assoluta potenza, puo eleggere trascendendo le stesse leggi razionali di causalità universale e assolutamente uniforme, leggi da Dio stesso create e fissate con la creazione.
In direzione del tutto contraria procede la dottrina malebrancheiana della visione delle idee corne visione della stessa
65 Cf. in prop. il finissimo studio di S. LANDUCCI, La creazione delle verità eterne, in La teodicea nell'età cartesiana, pp. 127-217; l'importante articolo di J.-L. MARION, De la création des vérités éternelles au principe de raison. Remarques sur l'anti-cartésianisme de Spinoza, Malebranche et Leibniz, in «XVIIe siècle» 70, 1985, pp. 143-164; e soprattutto, ancora di MARION, il fondamentale volume Sur la théologie blanche de Descartes. Analogie, création des vérités éternelles et fondement, Paris 1981, 1991(2); sempre prezioso il volume di É. GILSON, La liberté chez Descartes et la théologie, Paris 1913; cf. infine A. DEL NOCE, Riforma cattolica, pp. 43-48. Sulla genesi della dottrina cartesiana della creazione delle verità eteme in opposizione alla metafisica del gesuita Suarez (e del gesuita Vasquez), cf. J.-L. MARION, Sur la théologie blanche, pp. 43-69 e 110-139.
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etema Verità divina, basata sulla platonizzante identificazione agostiniana e patristica tra Verbo e totalità delle idee che il Verbo pensa. Malebranche non puo che respingere corne ernpia la concezione cartesiana di una creazione delle verità immutabili, finalizzata alla confessione dell'assoluta trascendenza della potenza di Dio rispetto allo stesso piano delle ragioni universali e necessarie urnanamente accessibili. Per Malebranche, ogni arbitrarisrno teologico o rnetafisico è irrazionale, al contrario l'ordine razionale della creazione è la suprerna rivelazione della grazia di Dio, che ubbidisce ad un assoluto criterio di verità e di giustizia, con il quale etemamente si identifica.
Non è certo questa la sede ove affrontare una fondamentale questione rnetafisica, la più rivoluzionaria e antiplatonica delle tesi di Cartesio, centralissirna nella storia della filosofia seicentesca 66; quello che qui ci interessa è rnostrare corne ancora una volta la posta in gioco tra Arnauld e Malebranche sia l' autorità di Agostino, e in particolare il rapporto tra teologia della grazia e rnetafisica dell' illuminazione. Per confutare infatti la tesi della visione delle idee in Dio, e per affermare al contrario l'assoluta equivocità tra i due atti intellettuali, uno etemo, l' altro creato, Arnauld deve cornpiere un passo di decisiva importanza: abbandonare Agostino. lnfatti, del tutto a ragione, Malebranche si richiama programmaticamente, sistematicamente all'autorità dell'Ipponate 67, dalla Recherche de la Vérité sino alla sua tarda sumrna teologica, gli Entretiens sur la Métaphysique, sur la religion, et sur la mort, nella cui prefazione redatta nel 1696 riassume quanto ripetutamente affermato:
66 Cf. ad es. L. DEVILLAIRS, Descartes, Leibniz. Les vérités éternelles, Paris 1998, pp. 25-44. Devillairs studia e la dottrina cartesiana della creazione divina delle verità immutabili e le critiche rivoltele da Leibniz, preoccupato di vedere cosi assolutizzato l'arbitrarismo teologico, l'assoluta indipendenza di Dio rispetto a regole universali capaci di fondare la repubblica degli spiriti, la civitas Dei leibniziana.
67 Sul ruolo strategico delle citazioni agostiniane nell'opera dell'oratoriano, cf. G. MADEC, Les citations augustiniennes de Malebranche, in «Recherches augustiniennes» 8, 1972, pp. 375-403; risulta evidente la preferenza di Malebranche per gli scritti agostiniani anteriori all'episcopato, in proporzione certo più frequentemente citati, e comunque ideologicamente determinanti.
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«Mais comme je soutiens dans cet ouvrage ce paradoxe qui révolte l'esprit, ou plutôt l'imagination de bien de gens: Que c'est en Dieu que nous voyons toutes choses, je crois le devoir prouver encore une fois par l'autorité de saint Augustin, quoique je l'aie déjà fait ailleurs. Un si grand nom tiendra peut-être les esprits en respect, et les disposera à examiner sans prévention une vérité de la dernière conséquence ... En effet, je reconnais et je proteste, que c'est à St. Augustin que je dois le sentiment que j'ai avancé sur la nature des idées ... Je tombais heureusement sur quelques endroits de saint Augustin, qui servirent à m'ouvrir l'esprit sur les idées. Et comparant ce qu'il nous enseigne sur cela avec ce que je savais d'ailleurs, je demeurai convaincu que c'est en Dieu que nous voyons toutes choses»68•
lndubbiamente, malgrado alcune forzature e l' evidente sovrastruttura cartesiana, Malebranche ha ragione nel sottolineare profonde affinità tra la sua concezione della visione intellettuale delle idee in Dio e la dottrina dell'illuminazione agostiniana. Ma la pretesa di Malebranche non si ferma qui: la fondamentale fedeltà ad Agostino è spostata dal piano della teologia della grazia al piano della metafisica dell'illuminazione, si che Io stesso criterio di interpretazione del corpus agostiniano è qui chiamato in causa. Dio non è cioè l'irrazionale tiranno giansenista, ma la neoplatonica luce di sapienza che rifulge in ogni sua creatura razionale, operando nell'intera creazione; e se indubbiamente alcune opere o alcune fasi della produzione agostiniana suggeriscono una dottrina della grazia razionalmente inaccettabile, essa dev'essere reinterpretata alla luce della luminosa metafisica agostiniana, e comunque relativizzata a partire dalle aitre autorità patristiche, scolastiche e
68 N. MALEBRANCHE, Entretiens sur la métaphysique, sur la religion, et sur la mort, 1711(2), Préface, in Oeuvres, Il, pp. 654 e 663. Cf. alle pp. 654-661 l'elencazione e l'analisi delle citazioni agostiniane relative alla dottrina dell'illuminazione del Maestro interiore; cf. infine la Réponse au Livre des vraies et fausses idées, capp. VII e XXI. Identica affermazione in Traité de la nature et de la grélce, 1,1, VII, Additions, p. 21. Ricordo la durissima affermazione di Malebranche nella Réponse: «M. Arnauld ne sait pas trop bien son saint Augustin»; l'oratoriano si riferisce evidentemente proprio alla dottrina agostiniana dell'illuminazione e più in generale alla metafisica platonizzante dominante non soltanto nelle opere giovanili, ma anche nel De Trinitate.
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conciliari. Insomma, ritroviamo qui messa in questione gran parte dei principi ermeneutici gianseniani e arnauldiani.
Di grande importanza in proposito l' Extrait d'une lettre de monsieur*** à un de ses amis, pubblicato nella seconda edizione del 1681 del Traité de la nature et de la grâce. Esso si apre con un chiaro riferimento ad una fondamentale critica giansenista (arnauldiana) alla prima edizione dello stesso trattato:
«L'auteur de ce traité n'appuie point son sentiment de l'autorité de saint Augustin: Donc il abbandonne ce saint docteur» (Oeuvres II, p. 3).
La risposta di Malebranche è assai articolata: 1) nega di aver voluto escludere Agostino a detrimento di altre autorità, rilevando che nessun Padre e nessun documento conciliare è stato citato nella prima edizione del trattato; 2) afferma di aver voluto intenzionalmente accantonare l' autorità di qualsiasi Padre, per sviluppare un discorso puramente razionale, quindi accessibile agli «esprits attentifs» (p. 4); 3) attacca violentemente i giansenisti nella loro pretesa di aver interpretato il vero Agostino, e nella loro pretesa di assolutizzare Agostino corne unica autorità decisiva in materia di teologia della giustificazione. Infatti l' interesse principale dell' autore è quello di
«rendre Dieu aimable aux hommes, et de justifier la sagesse de sa conduite dans l'esprit de certains philosophes qui outrent la métaphysique, et qui pour faire un Dieu puissant et souverain, le rendent injuste, cruel et bizarre... Au reste, l'auteur est bien persuadé que l'on a déjà fait voir que ses sentiments sur l'efficace de la grâce sont conformes à ceux de saint Augustin» (pp. 3-5).
L' attacco contro i giansenisti non poteva essere più radicale e, in fondo, tradizionale: accusarli di pervertire Dio in un ingiusto e irrazionale principio di vuota onnipotenza 69, per di più fraintendendo il vero Agostino. Non a caso Io stesso Augustinus
69 Cf. le notevoli osservazioni anti-gianseniste (contro coloro che «mettent Dieu au-dessus de toute Raison»: p. 175), in Traité de la nature et de la grâce, ill Éclaircissement, XXVI, pp. 173-180.
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di Giansenio viene esplicitamente chiarnato in causa corne esempio di monumentale e fanatica esaltazione dell'esclusiva autorità di Agostino, o meglio dell' «Augustin pretendu»70, di un Agostino cioè divinizzato da tutti i giansenisti corne «leur unique maître, comme leur raison et /,a règle de leur foi» (p. 4), ma in realtà erratamente, tendenziosarnente interpretato. Nelle successive edizioni del trattato (1683 e 1684), Malebranche aggiunge cosl Additions e lunghi Éclaircissements, ove dimostra la sua interpretazione (antigiansenista) di Agostino, perfettarnente concordato con la metafisica dell'illuminazione dell'oratoriano.
La pretesa di identificare un Agostino antipelagiano e antigiansenista, che si congiunge con il tentativo di far concordare con il vero senso di Agostino (per il quale la sagesse e la volonté di Dio si identificherebbero assolutamente) l' intera tradizione patristica greca e latina71 , è evidente nel III Éclaircissement (articolo XXVI) del Traité: qui Malebranche riduce cripto-pelagianarnente l'intera teologia della grazia agostiniana ail' affermazione che Dio non fonda la sua elezione sui meriti naturali dell'uomo72, ma soprattutto sostiene che, riferendosi ai decreti abissali della predestinazione divina, Agostino
70 «Il n'y a point de livre où il y ait plus de passages de saint Augustin que dans l' Augustin de Jansenius: et cependant on n'est pas trop convaincu, que /'Augustin de cet évêque soit conforme au véritable ... Jansenius, qui a prétendu expliquer le sentiment de saint Augustin, a composé sur ce sujet trois tomes qui font un fort gros volume in-folio; et il n'a presque point parlé des autres Pères. Il aurait fallu réfuter les sentiments de cet auteur, parler des Pères qu'il a négligés, et établir le vrai sens de saint Augustin» (ivi, p. 4).
71 «le crois que les Grecs et les Latins ne sont point fort différents les uns des autres; et que s'ils parlent souvent d'une manière bien différente, c'est qu'ils ne sont point également en garde contre le mêmes erreurs, et qu'ils ne les ont pas également examinées» (ivi, p. 178). L'accusa di pelagianesimo alla teologia greca pre-agostiniana è quindi respinta, pur riconoscendo che non solo i padri Greci, ma Io stesso Agostino anteriore al suo episcopato (corne confessano le Retractationes), hanno potuto dare talvolta l'impressione di cadere nell'errore pelagiano in quanto non avevano ancora di fronte un'eresia da cui guardarsi: cf. p. 177.
72 «Les Pères, dit-on, et saint Augustin principalement, ne veulent point qu'on cherche de raison touchant le choix que Dieu fait de ses élus. Je prétends que cela n'est pas vrai, et que la seule chose que saint Augustin demande, est que le choix de Dieu ne sont point fondé sur nos mérites naturels» (ivi, pp. 175-176).
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«ne dit nulle part, que ces jugements ne sont point conformes à la Raison et à la sagesse que tous les hommes consultent, lorsqu'ils font taire leurs sens et leurs passions. Les jugements de Dieu sont impénétrables, parce qu'il est impossible d'en connaître le détail: mais on ne doit point craindre d'assurer qu'ils sont justes, sages, raisonnables, pleins de bonté et d'équité» (III Eclaircissement, XXVI, 178).
L'intenzione è chiara: riprendendo alcune affermazioni dell' Agostino predestinazionista (che postulano l'umanamente incomprensibile e imperscrutabile giustizia e saggezza di Dio, che del tutto gratuitamente sceglie l'uno e abbandona l'altro), Malebranche assolutizza il riferimento alla Ragione divina, subordinandole l'invero decisiva affermazione della totale gratuità dell'elezione. Non soltanto: affermare che i giudizi di Dio sono saggi, ragionevoli, giusti (e quindi universali), minimizzandone l'impenetrabilità, che diviene meramente quantitativa (il dettaglio soltanto è inaccessibile), significa dissolvere Io iato tra Dio e intelletto umano, affermare quindi che il mistero della predestinazione in realtà non è che la rivelazione dell'assoluta uniforme sapienza di Dio 73, appunto la subordinazione della volontà di Dio alle leggi della sua sapienza 74•
Contro l'interpretazione di Malebranche, bisogna rilevare che se Agostino insiste sistematicamente sul fatto che Dio non è mai ingiusto, Io fa presupponendo la colpa del peccato di Adamo, che in tutti gli uomini potrebbe essere giustamente punita da Dio; quando poi Agostino afferma la saggezza di Dio, identifica con essa non certo una regola universale e as-
73 Cf. in tal senso Traité de la nature et de la grâce, l,l, VI, Additions, pp. 17-21, ove Malebranche equipara la conoscenza dei giudizi predestinati di Dio a quella della Trinità, per l'oratoriano da Agostino stesso definita razionalmente accessibile, pur se non esauribile. Cf. ancora Traité 1,1, XXI, Additions, p. 31: i Tractatus in lohannem 8 e 28 di Agostino sono citati a sostegno della te si metafisica di Malebranche: «Dieu se fait admirer aux sages ou aux vrais philosophes dans les productions ordinaires».
74 Cf. in prop. 1,11, LVII, Additions, pp. 55-56, ove, citando il De dono perseverantiae di Agostino, Malebranche sottolinea esplicitamente la necessità di identificare perfettamente volontà e ragione universale di Dio, respingendo nettamente la tesi giansenista dell'eccedenza della libera volontà divina rispetto alle leggi razionali chiare e universali.
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soluta di bontà, ma la stessa volontà onnipotente di Dio, che la fede non puè> non confessare corne assolutamente vera, pur constatando la sua non coincidenza con il metro umano di giudizio razionale (la ragione umana non puè> che obiettare: perché Dio non salva tutti, pur potendolo?); in tal senso, per Agostino rimane incolmabile lo iato tra il decreto nascosto di Dio e la capacità umana di scrutarlo razionalmente (per la ragione umana Dio appunto elegge senza un perché dimostrabile). L'interpretazione di Malebranche è quindi evidentemente tendenziosa. Eppure, Malebranche arriva a proporre una regola interpretativa delle autorità - spesso contraddittorie - dei Padri, regola che al di sotto della sua apparente attendibilità, nasconde l' operazione di scardinamento e di reinterpretazione della teologia agostiniana della grazia:
«Car il y a des gens qui comptent les passages pour juger des sentiments des auteurs, lorsque les auteurs semblent se contredire. Ils ne prennent pas garde, que tout ce qu'on dit par préjugé, selon l'opinion de ceux à qui on parle, et sans avoir sérieusement examiné ce qu'on dit, ne signifie rien: mais qu'il suffit de dire une seule fois une vérité qui choque les préjugés, pour faire connaitre son sentiment» (III Éclaircissement, XXVI, pp. 177-178).
Questa regola di interpretazione dei testi dei Padri -abilmente introdotta corne giustificativa degli errori "pelagiani" dei Padri greci ! - è veramente la contraddizione di quelle regole che Arnauld e i giansenisti avevano cercato di definire per la comprensione filologica, storico-critica dei testi agostiniani. lnfatti, permette di relativizzare non soltanto singole approssimative affermazioni teologiche, ma anche tutte le affermazioni radicali e sistematiche di un autore, neutralizzate perché contestualizzate in ambito polemico, quindi razionalmente non puro e non obiettivo, o in ambito retorico-colloquiale, quindi dogmaticamente non vincolante (l'intera controversia antipelagiana potrebbe quindi essere interpreta corne condizionata da un «préjugé» polemico 75).
75 Scrive N. MALEBRANCHE in una lettera del 1687: «Il faut interpréter les Pères par rapport aux erreurs qu'ils réfutaient. On ne peut prendre
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Questa regola, piuttosto innocua in apparenza, giustifica in effetti una sistematica forzatura della teologia agostiniana. Certo, in Agostino vi sono affermazioni che paiono contraddirsi: quelle che affermano la assoluta gratuità della grazia non universalmente predestinata sembrano non accordarsi con quelle che affermano l' assoluta saggezza e la sapienza di Dio nel suo atto di predestinazione, oppure con quelle che esaltano l'universale rifulgere di Dio nella sua creazione razionale. Ma per Malebranche non è la quantità, ovvero non sono le tantissime sistematiche affermazioni predestinazionistiche di Agostino che possono stabilire l' interpretazione del suo vero «sentiment» della grazia, ma è l'universale chiarezza della ragione metafisicarnente conternplata che stabilisce la gerarchia delle diverse, contraddittorie affermazioni di Agostino (corne della Scrittura stessa o di un qualsiasi autore), si che dinanzi ad affermazioni giudicate dalla ragione corne evidenternente irrazionali o polernicarnente iperboliche, si deve sernpre e cornunque preferire «une vérité qui choque les préjugés», ovvero le affermazioni razionalmente accettabili e commisurate ai lumi razionali dell'intelletto puro 76, già sernpre concordato con l'universale divina Sapienza, l' agostiniano Maestro interiore, il «Verbe éternel ... , la Raison universelle des esprits» 77 • Il vero senso di Agostino sarebbe quindi del tutto coïncidente con la teologia della grazia di Malebranche:
leur pensée, si on ne connaît leur dessein.... Il est clair que saint Augustin ne pensait point à ce que pensent bien des gens qui lisent ses ouvrages, l'esprit prévenu des controverses des théologiens de ce temps-ci» (in Oeuvres II, p. 1134). Le stesse affermazioni scritturistiche, che affermano l'intervento diretto della grazia di Dio nella storia e nei cuori tramite volontà particolari, sarebbero esplicitamente considerate da Agostino corne affermazioni adattate alla comprensione materiale degli uomini; Dio appunto non puè> che agire per volontà semplici e universali: cf. Traité de la nature et de la grâce 1,11, LVIII, pp. 56-57.
76 Coloro (=i giansenisti o i calvinisti) che affennano l'assoluta arbitrarietà della predestinazione divina rivelano quindi una mancanza di purezza di intelletto, preferendo la potenza alla saggezza, l'anarchia delle loro passioni alla Verità cui esse dovrebbero essere subordinate: cf. ivi, p. 175.
77 «Ce que je dis ici que c'est la sagesse éternelle qui nous éclaire, et le reste, est tout pris de saint Augustin» (ivi, p. 21).
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«Dieu aime les hommes. Il veut qu'ils soient tous sauvés, il les veut tous sanctifier, il veut faire un bel ouvrage, il veut faire son Église la plus ample et la plus parfaite qui se puisse. Mais Dieu aime infiniment davantage sa sagesse: car il l'aime invinciblement, il l'aime d'un amour naturel et nécessaire. Il ne peut donc se dispenser d'agir de la manière la plus sage et la plus digne de lui, de suivre la conduite qui porte le plus le caractère de ses attributs... Donc la sagesse de Dieu l'empêchant de composer ses voies, ne lui permettant pas de faire des miracles à tous moments, l'obligeant d'agir d'une manière générale, constante et uniforme, il ne sauve point tous les hommes, quoiqu'il veuille véritablement qu'ils soient tous sauvés» (Ill Eclaircissement, XXIII, p. 171).
La saggezza divina assorbe del tutto l'ordine della grazia 78; Dio infatti agisce per vie semplici e generali, costanti e uniformi, ubbidendo necessariamente e naturalmente alla sua stessa razionalità, che gli impedisce di agire secondo vie composte, ovvero non semplici, particolari, straordinarie; la grazia di Dio è quindi universalmente donata, e non puô essere quella giansenista di un Dio che irrompe continuamente nella storia sospendendo eccezionalmente (con i suoi irrazionali perché discriminanti, extra-ordinari (= miracolosi) doni di grazia particolari) l'universale e uniforme volontà della sua saggezza, per Malebranche unico vero assoluto miracolo. Per l' oratoriano, dunque, la teologia della grazia agostiniana, nella sua sostanza, al di sotto della sua superficie polemica, si accorda perfettamente con la metafisica dell'illuminazione agostiniana, che è una metafisica dell'ordine universale, accordabile con una dottrina della predestinazione che «n'a rien de dur» (Ill Éclaircissement, XXVI, p. 173):
78 «C'est la même sagesse et la même volonté, en un mot, le même Dieu qui a établi l'un et l'autre de ces ordres, c'est à dire, celui de la grâce et celui de la nature ... Car Dieu ne peut se démentir soi-même, ou ne pas suivre sa sagesse dans l'établissement de l'ordre de la grâce. Il est donc nécessaire afin que la conduite de Dieu porte le caractère des attributs divins, que ses voies soient simples, uniformes, générales et constantes» (ivi, 1,1, XXIII, Additions, p. 33); cf. 1,11, XXXVI, pp. 40-41 e l'importante XXXVII, pp. 41-42, ove si afferma che Dio, luce assoluta, proprio perché perfetto agisce per vie semplici, non deve cioè moltiplicare i propri disegni e le proprie volontà per agire nel mondo corne grazia.
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«Les hommes ne feront-ils jamais cette réflexion: que le Verbe de Dieu est la Raison souveraine et universelle; que cette raison est coéternelle et consubstantielle à Dieu même; qu'il l'aime nécessairement, invinciblement, inviolablement: et que bien qu'il soit obligé de la suivre, il demeure indépendant; et qu 'ainsi tout ce que Dieu veut, est juste, sage, réglé, à cause que Dieu ne peut agir que selon ses lumières, qu'il ne peut aimer que selon l'ordre, qu'il ne peut mépriser sa sagesse et se démentir soi-même?» (III Éclaircissement, XXVI, p. 175).
La volontà del tutto anarchica e metarazionale del Dio agostiniano e giansenista viene quindi identificata con, e subordinata a, la luminosa Ragione universalmente creativa, si che gli attributi della grazia efficace agostiniana vengono ora riferiti all'universale illuminazione operante in ogni coscienza creata. Ma questa metafisicizzazione sistematica di Agostino non sfocia in un razionalismo che confonde la legge etema di Dio con la comprensione intellettuale dell'uomo, che subordina appunto la stessa volontà d'amore di Dio all'economia di una Ragione assolutizzata, preoccupata più della sua quieta perfezione, più della coerenza dell'ordine che ne deriva, che del destino delle sue creature 79?
Non a caso le monumentali Réflexions di Arnauld insistono ossessivamente sull'irriducibilità della volontà di Dio alle sole malebrancheane volontà generali, escludenti volontà particolari di Dio 80; sull'empietà dell'assioma malebrancheia-
79 Scrive Malebranche: «C'est que sa sagesse le rend pour ainsi dire impuissant» (ivi, 1,11, XXXVIII, Additions, p. 42); «C'est que Dieu aime davantage sa sagesse que son ouvrage» (1,11, XXIX, Additions, p. 43); cf. 1,11, XLIII e Additions, pp. 44-45.
80 Nelle Réflexions philosophiques et théologiques sur le nouveau système de la nature et de la grace (1685-1686), in Oeuvres XXXIX, Arnauld 1) rifiuta la sostanziale identificazione malebrancheiana tra ordine della natura e ordine della grazia, accusando Malebranche di confondere l'idea di legge con l'idea di volontà (cf. Liv. 1, chap. 1, pp. 174-185). 2) Respinge la tesi che nell' ordine della natura Dio agisca soltanto seconda volontà generali e universali, assolutamente semplici (cf. in part. Liv. 1, chap. Il, pp. 186-206; chap. IV, pp. 214-219; chap. X, pp. 257-264, dedicate soprattutto all'analisi della dottrina agostiniana dei miracoli corne interventi particolari di Dio nella natura; chapp. XIe XII, pp. 264-279, sui passi scritturistici che contraddicono la tesi seconda la quale la causa universale non agisce secon-
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no, che subordina la potenza di Dio alla sua saggezza 81 ; sull'empietà dell'attribuzione all'uomo Gesù dell'elezione dei predestinati 82 ; sulla contraddittoria oscillazione di Malebran-
do volontà particolari; gli importanti chapp. XIII-XIV, pp. 279-303, sui concetto della Provvidenza e sulla fede in essa corne contraddittori con la tesi di Malebranche). 3) Afferma sistematicamente la gratuità indebita della creazione, opera che Dio compie non per proprio vantaggio ed onore, ovvero per amore dell'ordine inscritto nella sua Ragione (cf. ad es. Liv. II, chapp. II-III, pp. 428-440, con importanti riferimenti ad Agostino, con il quale si sottolinea corne l'unico fondamento della creazione sia la volontà ininvestigabile di Dio). 4) Respinge a maggior ragione la tesi secondo la quale nell'ordine della grazia Dio agisca soltanto secondo volontà generali e universali, assolutamente semplici: cf. la significativa opposizione stabilita tra le tesi sulla grazia estratte dall' opera di Malebranche (Liv. Il, chap. VI, pp. 451-463) e quelle affermate da Paolo, Agostino e gli altri Padri (chap. VII, pp. 463-468; chap. XVII-XIX, pp. 528-545); cf. più in generale Liv II, chap. XXIII, pp. 567-577. Risulta quindi contraddittorio affermare al tempo stesso che Dio abbia voluto agire secondo volontà unicamente generali e semplici e che abbia voluto salvare tutti gli uomini (cf. Liv. Il, chap. XXVI, pp. 590-602; e Liv. III, chap. XVIII, pp. 818-825): Io stesso Malebranche riconosce infatti il piccolo numero dei salvati, si che la stessa restrizione della volontà di Dio alla necessità economica delle sole volontà generali produce una chiesa persino più ristretta di quella radunata dalla grazia operante di Agostino e dei gümsenisti. In Liv. Il, chap. XXVI, p. 600, con grande chiarezza Arnauld identifica la contraddizione della teologia della grazia e della teodicea di Malebranche: la subordinazione l) dell'obbligo divino di produrre l'opera più perfetta, a 2) la regola razionale economica che impone a Dio di seguire le vie più semplici; Arnauld obietta che sarebbe molto più saggio «produire un ouvrage beaucoup plus parfait par des voies moins simples, qu'un beaucoup moins parfait par des voies plus simples». Cf. Liv. Il, chapp. XXVIII-XXIX, pp. 608-618.
81 «L'Auteur du Système ... ne prétend justifier la bonté de Dieu, et le rendre plus aimable aux hommes, qu'en le dépouillant de sa puissance. Il ne le dissimule pas. Il dit que "sa sagesse Je rend impuissant", en ce que suivant ses conseils, il ne lui est pas libre d'agir par des volontés particulieres» (Liv. Il, chap. XXX, p. 619). Al contrario per Arnauld: «C'est la volonté divine qui se détermine elle-même, librement et indifférement, vers toutes les choses auxquelles elle n'a pas un rapport nécessaire; c'est-à-dire, vers tout ce qui n'est pas Dieu» (Liv. II, chap. XXXIX, p. 599).
82 Tra l' altro, Arnauld accusa a ragione Malebranche di nestorianesimo, cioè di divisismo cristologico (cf. la polemica gianseniana contro la cristologia origeniana, tutta fondata sulla "pelagiana" apologia del libero arbitrio ), contrapponendogli la cristologia profondamente unitaria (e predestinazionista) di Agostino e della tradizione della chiesa, per i quali Verbo e Gesù sono un'unica persona: «Il n'ajamaisfait assez de réflexion, que, non seulement les deux natures en Jesus Christ sont tellement distinctes qu'elles
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che tra il fatalismo stoico (nel quale la stessa volontà di Dio è inghiottita) e il semi-pelagianesimo 83• Più in generale, Arnauld comprende perfettamente corne il rischio teologicamente mortale della metafisica razionalistica dell' oratoriano sia proprio quello di subordinare Dio ad un'idea umana di razio-
ne sont jamais séparées; mais qu'outre cette inséparabilité, la divine est tellement la dominante, que l'humaine ne fait rien que par sa direction et par sa conduite. Qu 'il rentre donc en lui-même, et qu'il considere sérieusement, que prétendre, comme il fait, que l'ame de Notre Seigneur ait une infinité de desirs et de volontés indépendamment du Verbe, et auxquelles le Verbe n'a point de part, c'est la faire agir comme l'ame d'un pur homme, et non comme une ame qui n'est point à soi; mais que le Verbe a rendu sienne par un noeud plus étroit, et qui l'assujettit infiniment davantage à cette personne divine, que notre corps ne l'est à notre ame» (Liv. III, chap. VI, p. 700; cf. chap. VII, pp. 703-712). Sull'anima umana di Gesù, contraddittoriamente l) condizionante la stessa processione delle volontà generali di Dio, e 2) causa occasionale comunque fallibile della grazia, cf. Liv. III, chapp. II-VI, pp. 664-702. Contro la tesi malebrancheiana dell'ignoranza che l'anima di Gesù ha dei cuori degli uomini, nell'attribuire loro la grazia, cf. Liv. III, chap. XVI-XVII, pp. 798-818.
83 In Liv. Il, chapp. XIII-XV, pp. 500-521, Arnauld riconosce che Malebranche afferma apertamente di opporsi alla teologia della grazia pelagiana (cf. pp. 500-501), ma Io accusa di farlo incoerentemente, tomando ad identificare pelagianamente predestinazione e prescienza, quindi approdando ad una teologia né pelagiana, né cattolica (= agostiniana). Il rapporto tra Dio e le sue creature finisce infatti per essere un rapporto o inesistente, o impersonale e quindi del tutto casuale: Dio cioè elegge soltanto se stesso, disinteressandosi e dei salvati e dei dannati; infatti la predestinazione malebrancheana «n'est point un acte éternel de Dieu, en faveur de certaines personnes préférablement à d'autres (qui est ce que les Théologiens entendent par le mot de prédestination) mais un certain ordre formé par la suite de ces voies simples, qui s'est trouvé favorable à ceux qui se sauvent, sans que Dieu, lorsqu'il a choisi ces voies simples, ait eu aucune bonne volonté particuliere pour eux, plut6t que pour ceux qui ne seront point sauvés» (p. 515). Alle pp. 506-507, Arnauld offre un'ulteriore prova della sua grande lucidità storica, precisando la corretta interpretazione di un passo tratto da Ad Simplicianum l,2,6, chiamato in causa da Malebranche per difendere la sua tesi della riduzione della predestinazione a prescienza: per Arnauld, infatti, il passo agostiniano non riveta affatto una presa di posizione teologica (la quale dovrebbe essere allora contraddittoria con tutto il resto dell'opera), ma rivela soltanto un'incertezza terminologica (Agostino è restio ad usare il termine biblico electio per designare l'atto divino predestinante), successivamente del tutto risolta. Sul recupero malebrancheano del pelagianesimo a livello cristologico (Gesù Cristo, uomo non onnisciente, dona una grazia - comunque non irresitibile - agli uomini, considerandone i meriti), cf. Liv. III, chapp. XI-XIII, pp. 750-776.
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nalità e di ordine, ad un sapere assoluto che divinizza la creatura e immanentizza Dio all'interno della ragione finita 84: del tutto empiamente, ereticamente, il filosofo, privo dell'illuminazione della grazia, pretende di imporre il suo preteso ordine incontrovertibile e la sua pretesa razionalità universalmente efficiente a Dio, degradando ad antropomorfismo da allegorizzare qualsiasi affermazione scritturistica e patristica relativa all'esaltazione della volontà onnipotente di Dio 85 •
È illuminante in proposito richiamare la polemica arnauldiana contro la dottrina della visione delle idee e di tutte le realtà create (comprese quelle sensibili) in Dio, ovvero contro
84 Di grande interesse la precisazione di Arnauld in I.iv. Il, chap. XXVI, pp. 598-599: «Il est bon de remarquer le peu de liberté et d'indifférence que l'Auteur laisse à Dieu, à l'égard de ce qu'il fait au dehors»; Arnauld intende distinguere nettamente la scolastica libertà intratrinitaria, «liberté sans indifférence et sans contingence», con la quale Dio ama necessariamente se stesso, il Figlio da lui generato, e Io Spirito da loro proceduto, dalla libertà d' «indifférence» che Dio ha nei confronti delle creature; risulta evidente la deriva panteistica (e spinoziana) malebrancheana, che, eccezion fatta per la decisione divina di creare un mondo, finisce per assolutizzare la creazione, rendendola necessaria e sottratta, nelle sue determinazioni, alla stessa volontà onnipotente di Dio: «Il n'y a donc de libre à l'égard de Dieu, que d'avoir voulu créer quelque chose; mais tout le resta été l'effet d'une fatalité plus que Stoïcienne» (p. 599); chiaramente, per Arnauld affermare che il derivato è pura emanazione necessaria, sottratta alla volontà di Dio, si che la stessa grazia deriva da una ragione economica che impedisce a Dio l'elezione particolare, significa confondere pura necessità con pura casualità: «Car Dieu ne donne point la grace, comme on l'a cru jusques ici, à qui il veut, quand il veut, et en la maniere qu'il le veut, mais par une espece de fatalité ou de hasard» ( l.iv. Il, chap. XXXIII, p. 638).
85 «L'Auteur du Système ... veut qu'on ne se "rendre qu'à l'évidence". Or que peuvent faire de plus téméraire et de plus présomptueux, des hommes aveugles, pleins de ténebres, et si peu capables de découvrir d'eux-mêmes ce qui est caché en Dieu, que d'entreprendre de juger certainement par la seule idée de l'être parfait, sans l'aide d'aucune révélation divine, ce qui est plus digne ou moins digne de sa sagesse? Où en serions-nous, si Dieu avait remis ce jugement à la raison humaine, aussi faible qu'elle est devenue depuis le péché pour pénétrer les secrets de Dieu? Chaque Métaphysicien se mêlerait de réformer la conduite de Dieu sur ses méditations. Dès qu'une certaine conduite lui paroîtroit plus digne de sa sagesse infinie, il assurerait hardiment, qu'il est nécessaire que ce soit celle-là qu'il ait suivie. Et il ne s'emba"asseroit pas des passages de !'Ecriture qu'on lui pourrait opposer. Il croirait en être quitte pour dire, qu'elle est pleine d'anthropologies, et que ce qu'on lui objecte en est une>> (Liv. II, chap. XXVI, p. 595).
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l'affermazione dell'univocità tra conoscenza divina e conoscenza umana. facendo riferimento a due opere del 1693, generalmente trascurate, eppure di grande rilevanza per la storia della filosofia 86 e per la stessa storia dell'ermeneutica giansenista di Agostino; in esse infatti Arnauld approda ad un'inaudita. sistematica e conclamata posizione antiagostiniana. La prima è la Dissertatio bipartita 87, scritta contra il teologo lovaniense e filogiansenista Gumare Huygens (1631-1702), che fondandosi sulla dottrina agostiniana e gianseniana della visione intellettuale delle idee nello stesso Verbo di Dio, finisce per riconoscere ai giusti pagani la stessa visione di Dio, in quanta contemplando l'idea di virtù pur imperfettamente perseguita. in qualche modo contemplavano e onoravano Dio stesso. Seguono le Regles du bon sens 88, con le quali Arnauld polemizza contra un' opera del benedettino François Lamy, chiamato in soccorso dal prudente Nicole, letteralmente sbigottito 89 dalla lettura della Dissertatio,
86 Cf. il notevole saggio di J.-L. SOLÈRE, Antoine Arnauld ou la controverse dans les règles, in A. Le Boulluec (ed.), La controverse religieuse, pp. 319-372; e D. MOREAU, Arnauld, les idées et les vérités éternelles, in «Les Études philosophiques», 1996, l-2=Descartes, pp. 131-156; Deux cartésiens, pp. 158-181; Moreau, analizzando le opere del 1693, ha il grande merito di evidenziarvi non solo il rapporto tra Arnauld e Cartesio, ma anche l'originalità del giansenista nei confronti dell'intera tradizione metafisica modema, da Malebranche a Leibniz, a Spinoza; ritengo comunque che Moreau non riesca a dimostrare I'effettiva presenza in Arnauld della teoria cartesiana della creazione delle verità eteme, malgrado la sua «accumulation "d'indices"» (Deux cartésiens, p. 176).
87 Il titolo completo è Dissertatio bipartita. An veritas propositionum, quae necessario et immutabiliter verae sunt, videatur a nobis in prima et increata veritate, quae Deus est? Et an qui amat castitatem, vel quamlibet aliam virtutem moralem, eo ipso amet aeternam, quae in Deo est, rationem castitatis?, in A. ARNAULD, Oeuvres, XL, pp. 117-152.
88 Il titolo completo è Regles du bon sens pour bien juger des écrits polémiques dans des matieres de science, appliquées à une dispute entre deux théologiens touchant cette question métaphysique: si nous ne pouvons voir les vérités nécessaires et immuables que dans la vérité souveraine et incréée?, in A. ARNAULD, Oeuvres XL, pp. 153-260.
89 <<.le vous avoue que la lecture de cet écrit m'a embarassé. Car d'une part j'avoue que je n'y saurais répondre ... Mais il faut avouer qu'il fait en même temps de grands ravages dans les sentiments de saint Augustin. Tout ce que dit Jansénius dans les chapitres 4, 5, 6, 7, 8, 9, JO du premier livre De statu purae naturae est renversé de fond en comble; et dans le cinquième livre De gratia Christi, les chapitres 23, 24, 25, et plusieurs autres»
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e dall'inattesa presa di posizione del suo intimo amico Arnauld, del tutto netto ed esplicito nella decisione temeraria di «infringere Augustini auctoritatem» (Dissertatio, p. 125), pur se solo relativamente a questioni di pura metafisica, non riguardanti la teologia della grazia predestinata 90!
Ma perché Arnauld deve affermare: «je abandonne saint Augustin» (Regles, p. 154)? Huygens e Lamy ripropongono in sostanza la dottrina malebrancheana della visione delle idee necessarie e immutabili in Dio, evidenziandone entrambi l' indubbia origine agostiniana. Arnauld replica in primo luogo minimizzando la portata della dottrina dell'illuminazione (assolutamente centrale in Malebranche, corne abbiamo visto!) all'intemo del sistema agostiniano, quindi accusando Agostino di essere stato abbagliato da Platone, pur riconoscendo che la sua infelice dottrina dell'illuminazione era comunque finalizzata ail' esaltazione della Verità divina91 ! E si noti che l' errore rim-
(P. NICOLE, Lettera a P. Quesnel, 13 gennaio 1693, in Nouvelle lettres de Monsieur Nicole, Liège 1767, 241-242).
90 Che la questione sia filosofica, metafisica, e non teologica, che quindi essa sia da sottoporre ad argomenti puramente razionali e non all'identificazione dell'autorità rivelata per dedume le conseguenze dogmatiche, è esplicitamente affermato da Arnauld in apertura delle Regles du bon sens, addirittura corne 1 regola del buon senso necessaria ad un corretto argomentare: cf. art. I, pp. 153-154; e art. IX, p. 212: «C'est mal réfuter une bonne réponse dans une matiere philosophique, que de se jetter sur l'autorité, lorsqu'il s'agit de raison». Stessa posizione è affermata nella 1 lettera del 1694 scritta contro Malebranche, in Oeuvres XL, p. 72, ove Arnauld ribadisce che è possibile abbandonare le tesi filosofiche di Agostino a favore di quelle di Cartesio, se queste paiono meglio fondate alla ragione; l'autorità infatti non è decisiva in questioni di pura filosofia. Dunque è l' Agostino filosofo o metafisico, e certo non l' Agostino teologo ad essere qui in discussione. lnoltre, ivi Arnauld sottolinea corne Tommaso stesso, l' autorità filosofica preferita ad Agostino, sia si in disaccordo con l'Ipponate, ma corne comunque sia del tutto capace di cogliere l'intenzionalità profonda (il «sens») della sua argomentazione; in più, Tommaso ricorre proprio ad un passo agostiniano per confermare la sua teoria "filosofica".
91 «Il n'est pas vrai que S. Augustin ait été si attaché à ce sentiment ... ll l'avoit pris de la Philosophie de Platon, et comme il a d'abord quelque chose d'éblouissant, en ce qu'il semble nous élever beaucoup à Dieu, en nous le faisant considérer comme la lumiere de nos esprits, ce qui est trèsvrai en un certain sens, ce Saint en a été frappé» (Regles du bon sens, art. /, application, pp. 154-155). Netta comunque da parte di Arnauld la presa di
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proverato alla suprema, anzi divina autorità giansenista è relativo ad un punto teologicamente centralissimo: il rapporto tra Dio e la conoscenza dell'uomo che conosce le verità eteme. Lo stesso Giansenio, l'ispirato interprete del divino Agostino, è esplicitamente tacciato di errore platonizzante da Arnauld.
Per sostenere il suo eversivo distaccarsi dalla suprema e intoccabile auctoritas cattolica, Arnauld ha bisogno di un'altra autorità, certo inferiore, eppure indubbiamente prestigiosa: quella di Tommaso d' Aquino 92, sl che la Dissertatio bipartita 93 è concepita corne un commentario di Arnauld ad alcuni passi della Summa theologica (sotto la rivelativa forma geometrica di corollari dedotti da principi). Facendo appello a Tommaso, e accentuandone fortemente l' oggettiva presa di distanza rispetto alla dottrina agostiniana della visione delle idee in Dio, Arnauld interpreta il vedere le idee in Dio non «tamquam in objecto cognito», ma soltanto «tamquam per causam efficientem» 94 ; soltanto in un intelletto etemo (nel
posizione antiplatonica: «Il faut nécessairement que cette Philosophie platonicienne ne soit qu'une illusion» (Regles du bon sens, art. 2, I, p. 156).
92 «Quid ergo sibi vult S. Thomas in hoc loco tam obscuro et perplexo? Nihil aliud quam infringere auctoritatem Augustini doctinae suae oppositam, quam pro sua in Augustinum osservantia, perrumpere nec audebat, nec volebat>> (Dissertatio bipartita, art. Ill, p. 125); <<.l'abandonne S. Augustin pour suivre S. Thomas, préférant ainsi le sentiment du Disciple à celui du Maître» (Regles du bon sens, art. I, p. 154); « .. .le sentiment de S. Augustin, qu'il (Lamy) trouve bien étrange que j'aie osé abandonner» (Regles du bon sens, art. Il, p. 156; cf. pp. 157; 159).
93 La Dissertatio è definita bipartita perché prima confuta la tesi della visione delle idee in Dio, quindi confuta la tesi della visione di Dio da parte dei giusti pagani, che contemplando un'idea di virtù avrebbero per Huygens contemplato e amato Dio stesso. L'interesse metafisico è quindi comunque finalizzato alla difesa della rigida teologia della grazia agostiniana, si che Arnauld puo polemizzare con la stessa teoria della grazia generale (universalmente donata da Dio alla creatura razionale) di Nicole.
94 Mi limito a rimandare alla Dissertatio bipartita, art. N, pp. 131-133; e alla sintetica definizione delle Regles: «Car S. Thomas a expressément déclaré qu'il demeure d'accord de ce qu'a dit S. Augustin de la vue de certaines vérités en Dieu, pourvu qu'on ne prétende pas qu'on les voie en Dieu, tamquam in objecto cognito; mais seulement causaliter, parce que Dieu est la cause efficiente de la connaissance que nous avons de ces vérités; la lumiere naturelle de notre esprit, par la quelle nous les connaissons, étant une participation de la lumiere incréée» (Reg/es du bon sens, art. Il, application, p. 159).
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Verbo) la verità è davvero etema 95, mentre in quello umano ogni verità è vera analogicamente, ma non univocamente, non attinge cioè una diretta partecipazione all' etemo Verbo di Dio. Avvicinandosi alla rivoluzionaria teoria cartesiana della creazione della verità eteme 96, Arnauld afferma che le verità asso-
95 «Solus intellectus divinus est aetemus. ln ipso solo veritas aetemitatem habet» (TOMMASO, Summa theologica, cit. in Dissertatio bipartita, art. li, corollarium VI, p. 122).
96 A.-R. NDIAYE, La philosophie d'Antoine Arnauld, in «Revue internationale de philosophie» 190, 1994, pp. 391-419, afferma che Arnauld tace della tesi cartesiana della creazione delle verità eterne, anzi la evita accuratamente (soprattutto in occasione dell'esplicita richiesta di presa di posizione da parte di Leibniz), non condividendola: cf. in part. pp. 392-404; ma cf. anche il volume dello stesso A.-R. NDIAYE, La philosophie d'Antoine Arnauld, Paris 1991, parte III, l'intero capitolo 4; e l'articolo Le statut des vérités éternelles dans la philosophie d'Antoine Arnauld: cartésianisme ou augustinisme?, in «Chroniques de Port-Royal» 44, 1995, pp. 283-296. In realtà, proprio J'estremo riserbo di Arnauld in proposito non puo essere affatto interpretato corne avversione (niente impediva ad Arnauld di respingere un'ipotesi filosofica autoritativamente non vincolante), ma al contrario corne forte attrazione per una dottrina che (essendo una radicale esaltazione dell'onnipotenza della volontà di Dio) Io seduceva irresistibilmente, ma che d'altra parte Io rendeva esitante, e perché contraria aile tesi platonizzanti di Agostino (e dell'intera tradizione teologica cattolica, eccezion fatta per la scuola francescana), e perché oggettivamente problematica a livello trinitario; infatti Arnauld non puèJ certo negare che il Dio-Trinità cristiano comprenda un Verbo eterno ove risiedono Je eterne verità che sono i principi stessi della creazione. La simpatia e l'attrazione (mai tradotte in completa ed aperta adesione) per la rivoluzionaria dottrina cartesiana sono comunque teologiche, e non metafisiche o speculative: Arnauld è cioè interessato ad evidenziare I'eccedenza dell'onnipotente, Jibera, creatrice volontà di Dio rispetto a qualsiasi ordine veritativo razionalmente deterrninante, non pretendendo di dire alcunché sulle inaccessibili verità interne al Verbo divino, né sulla relazione tra i modelli eterni e le verità delle menti create. Ricordo che già le Conclusiones philosophicae (tesi relative ai corsi tenuti da Arnauld alla Sorbona dal 1639 al 1641, per ottenere la Jicenza in filosofia), si opponevano apertamente all'assolutizzazione delle idee - «Reales extra Deum ab aetemo essentiae, somnia vigilantium» -, ribadendo che ogni realtà dipende esclusivamente dalla volontà di Dio: «Possibilitas rerum non aliunde quam immensa Dei virtute repetenda»; il che comunque non intendeva affatto affermare che anche le idee del Verbo sono creature. Sull' «occamisme pré-cartésien, ou cartésianisable» (p. 273) di queste prime tesi filosofiche, cf. V. CARRAUD, Arnauld: de l'occasionisme au cartésianisme, in «Chroniques de PortRoyal» 44, 1995, pp. 259-282, in part. 269-274. Sulla prossimità di Arnauld alla dottrina cartesiana della creazione delle verità eterne, pure mai aperta-
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lute che l'uomo scopre nella sua ragione, pur se umanamente certe e immutabili, sono esse stesse creature, e non possono affatto essere identificate con le umanamente inattingibili verità eterne, oggetto esclusivo dell'eterna conoscenza del Verbo:
«Ergo veritas creata ea dicitur; quae est in intellectu creato: quae aliud esse non potest quam judicium intellectus creati, quatenus conforme est cum re de qua judicat. Quod evidens est non posse esse aetemum proprie et absolute, sicut Deus aetemus est, sed tantum improprie, quomodo universalia sunt aetema. .. Non igitur concedit absolute rationem circuli et hanc veritatem duo et tria sunt quinque, esse aliquid aeternum; sed tantum quatenus considerantur ut sunt in mente divina. Quatenus vero sunt in mente nostra, sunt veritates creatae, quae non sunt aeteme nisi improprie» 97•
mente approvata, cf. A. DEL NOCE, Riforma cattolica, pp. 39-40, e Il problema Pascal, cit. infra, p. 452. D'altra parte Io stesso cattolico Cartesio, che con la sua rivoluzionaria interpretazione della definizione di Dio corne causa sui pure tende a pensare un Dio che è eterna volontà che pone se stessa, è costretto a fare i conti con il dogma teologico; cf. la risposta ail' obiezione di Mersenne nella Jettera del 6 maggio 1630 (ed. Adam-Tannery: I, p. 147): la dottrina della creazione delle verità eterne non contraddice il dogma della generazione del Verbo increato. Insomma, Io stesso Cartesio vuole antiplatonicamente affermare che cio che la mente finita dell'uomo non puo che considerare corne immutabile e necessario, è in realtà creazione contingente dell'assolutamente libera potenza creatrice di Dio, che conserva nascoste nel suo Verbo la totalità delle ragioni eterne ed assolute (cf. infra, nota 102). Nel suo negare che Arnauld abbia mai condiviso la dottrina cartesiana della creazione delle idee eterne, Ndiaje dipende in realtà da un capitolo di H. GouHIER non del tutto convincente: "Un cartésianisme sans création des vérités éternelles", in Cartésianisme et augustinisme, pp. 156-164; né Ndiaje, né Gouhier citano comunque le tarde opere di Arnauld analizzate da Solère e da Moreau; neanche S. LANDUCCI, La teodicea nell'età cartesiana, pp. 92-97 (sui carteggio Arnauld-Leibniz) fa riferimento ai tardi scritti arnauldiani in questione, affermando che Arnauld non si pronuncia sulla teoria cartesiana della creazione delle essenze.
91 Dissertatio bipartita, corollarium VI, pp. 121-122; cf. art. VIII, p. 152; cf. infine il preambolo aile Reg/es du bon sens, ove ironicamente lo stesso argomentare filosofico arnauldiano viene ovviamente collocato a livello di verità intellettuale e non certo di intuizione della stessa eterna verità del Verbo: «Car, quelque justes que ces Regles me paroissent, je ne prétends point les avoir vues dans la vérité souveraine et incréée; je les trouve seulement dans mon esprit; mais je me flatte que beaucoup de gens les trouveront aussi dans le leur» (p. 153).
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Arnauld è quindi disposto a considerare erronea la dottrina agostiniana del Maestro interiore 98 corne atto divino immanente, illuminante le verità eteme all'intemo di ogni coscienza razionale; dottrina appunto accusata di cedimento al platonismo e di incapacità di comprendere l'equivocità 99 tra conoscenza umana e conoscenza divina, ovvero l'infinita distanza tra l' assoluta trascendenza della Verità creatrice e la finita limitatezza dell'intelletto creaturale, all'intemo del quale si danno verità soltanto impropriamente eteme ux>, che man-
911 Cf. Dissertatio bipartita, art. V, pp. 136-137; e art. III, p. 128. Ricordo che proprio il primo, filosofico Agostino era stato segnalato da Arnauld a Cartesio - nelle Objectiones quartae -, con citazioni dal De libero arbitrio, dal De quantitate animae, dai Soliloquia e dal De utilitate credendi.
99 Cf. Dissertatio bipartita, art. II, pp. 118-122; e art. III, pp. 123-130, ove appunto si sottolinea corne Tommaso evidenzi l'equivocità del termine veritas, da una parte indicante Io stesso creatore Verbo di Dio, dall'altra le creaturali conoscenze certe, ovvero le idee chiare e distinte dell'intelletto umano. Cf. in part. la sintesi della gnoseologia tomista accettata da Arnauld, ove si insiste sulla totale dipendenza della conoscenza umana dall'atto illuminante di Dio («prima virtutis nostrae cognoscitivae causa»), ma si sottolinea con forza la creaturale distanza della luce intellettuale dell'uomo dalla Luce assoluta, dell'immagine dal modello: «Lumen intellectuale quod in nobis est, nihil esse aliud quam quamdam participatam similitudinem luminis increati, in quo continentur rationes aetemae» (p. 130). In Regles du bon sens, art. II-III, pp. 155-160, dopo aver distinto un «sens propre» e un «sens moins propre» dell'espressione «voir les vérités immuables dans la vérité incréée» ( 156), Arnauld rinvia a Tommaso, per mezzo del quale specifica e corregge Io stesso Agostino: cf. supra, nota 94.
100 Arnauld stesso parla espressamente di «équivoque» in riferimento al termine «aetema»: «Car il y a deux sortes d'éternité. L'une qui convient à un être subsistant, qui a en soi-même d'être toujours sans commencement ni fin; et il n'y a que Dieu qui soit éternel en cette maniere. L'autre est une éternité improprement dite; ce qu'on entend par ces mots latins, secundum quid. Or on appelle éternelles, en cette maniere, beaucoup de choses qui ne sont que dans notre esprit, et qui ne sont point des êtres subsistants, à cause seulement qu'elles ne sont attachées à aucun temps. Ce que signifient les termes généraux, l'homme en général, le cercle en général, un nombre quarré en général, sont des choses éternelles en cette maniere impropre» (Regles du bon sens, art. XI, quatrieme vérité, p. 228); in tal senso, è vero che tutte le idee umane di perfezione ontologica e morale, tutti i principi veritativi e le regole matematiche sono in Dio, ma in modo talmente eminente da essere umanamente se non incomprensibile, comunque del tutto trascendente, secondo «une idée tellement confuse qu'il nous est impossible de distinguer» (ivi). Sulle idee corne contenuti del cogito finito, e sull'uti-
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tengono in relazione alla suprema Verità di Dio un rapporta soltanto analogico 101 • Ma Arnauld, pur se soltanto di passaggio, sembra spingersi ad assumere la stessa radicalità della tesi cartesiana della contingenza delle verità eteme rispetto all'unico assoluto necessario, Dio etemo e onnipotente: non soltanto le idee che sono nel nostro intelletto, ma le idee, le essenze, le verità in loro stesse sono dotate di un'etemità inferiore (e quindi dipendente) rispetto a quella di Dio, dipendendo dal suo stesso atto creatore:
«Alia est aeternitas rei subsistentis quae revera soli Deo competit ... alia quam rationibus et essentiis rerum tribuunt Philosophi» (Dissertatio bipartita, art. VIII, p. 151).
Arnauld comunque non vuole certo affermare che in Dio non ci siano verità assolute (Dio è Verità, Verbo), ma sottolineare che esse, proprio perché assolute, sono umanamente inattingibili, e che le nostre stesse idee o verità di ragione (ideali, matematiche, morali) sono astrazioni o rappresentazioni; sono quindi criteri di verità umanamente invariabili, innati e divinamente garantiti, ma essi stessi creati, contingenti possibilità ontologiche, che derivano dall' atto creatore di Dio la loro esistenza e la loro stessa verità e validità conoscitiva 102
lizzazione della filosofia cartesiana contro la metafisica di Malebranche, cf. Regles du bon sens, art. IX, pp. 211-213.
im Cf. Dissertatio bipartita, art. II, pp. 118-122. Sulla distinzione tra la «veritas increata» di Dio e «veritas creata, quae in intellecto nostro est», cf. Dissertatio bipartita, art. V, responsio ail' objectio IV, pp. 139-140. In generale, sulla sistematica insistenza arnauldiana sull'equivocità dell'essere, cf. l'interessante contributo di D. MOREAU, Antoine Arnauld et l'univocité de l'être: élements pour une étrange affaire, in J.-R. Annogathe, J. Lesaulnier e D. Moreau, Antoine Arnauld. Trois études, La Rochelle 1994, pp. 49-68. Sull'abbandono da parte di Arnauld della tesi occamistica dell'univocità logica dell'essere di Dio e dell'essere creaturale, cf. V. CARRAUD, Arnauld: de l'occamisme au cartésianisme, pp. 270-271.
102 <<.!am professus sum me non negare quin rationes rerum creatarum, quae sunt in Deo, sint omnino distinctae a rationibus rerum creatarum, prout sunt extra Deum. Sed gratis assumitur priores illas aeternas dici non posse, sed tantum posteriores. Essentiae enim rerum materialium, ut essentia circuli, vel trianguli, sunt suo modo aetemae, quia attributa essentialia attribuuntur subjectis independenter ab omni tempore; sed longe alio modo aeternae sunt,
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
quam Deus; non solum quia Deus est subsistens, nihil autem subsistens praeter Deum est quod sit aetemum, sed praesertim quia Deus ideo est aetemus, quia cum sit a se, habet necessariam existentiam, et a sua essentia nullatenus diversam. Essentiae autem rerum creatarum aetemae tantum dicuntur quatenus considerantur ut possibiles, non ut existentes. lmplicat autem contradictionem aliquid possibile considerari ut aetemum ea aetemitate quae soli Deo competit, quia esse a se, et esse possibile adversa inter se fronte pugnant. Cum ergo sint duplicis generis rationes aetemae: Aliae humanae ut de numeris, vel de quibuslibet aliis disciplinis, qualis est disciplina morum: quae quidem rationes aetemae dicuntur, non proprie, sicut Deus, sed eo modo quo universalia dicuntur aetemae; Aliae autem divinae illis respondentes, quae sunt in mente creatoris et aetemae sunt ut Deus: quia quidquid in Deo est, Deus est>> (Dissertatio bipartita, art. VI, p. 142). Chiaramente Arnauld distingue quindi le verità "eteme" umane (comunque immutabili e necessarie nell'ambito della creazione: cf. Dissertatio, art. N, pp. 132-133) dalle verità eteme divine; le prime sono soltanto possibili e contingenti, in quanto derivano dall'atto creatore di Dio che le ha volute trarre all'essere; le seconde sole sono necessarie ed esse stesse assolutamente divine (si identificano agostinianamente con il Verbo stesso). L'identificazione tra verità eteme "urnane" e possibilia, allude quindi alla trascendente cornplessità del Verbo divino, che in sé ha - corne Agostino stesso notava nel De Trinitate e nel De civitate Dei - un'infinita possibilità di creazione, di traduzione di possibilità creative nell'essere. Arnauld, insomma, cerca anche in sede metafisica di mediare Agostino con Cartesio (ricordo che Cartesio stesso, nella sua celebre lettera a Mersenne del 6 maggio 1630, insisteva sull'identificazione delle verità eteme ''umane" con dei <<possibilia», con alcune contingenti possibilità creative di Dio, che Dio ha voluto tradurre in atto). Si noti inoltre corne il ragionamento di Arnauld presupponga corne valida anche per Dio una verità di ragione, il principio logico di identità e di non contraddizione; Io stesso Cartesio (malgrado, nella lettera a Mesland del 1644, egli arrivi ad affermare che Dio onnipotente avrebbe anche potuto creare violando il principio di identità e di non contraddizione, eleggendo una logica assolutamente paradossale) cornunque era costretto ad ammettere che Dio non poteva contraddire la sua assolutezza, la sua bontà, la sua verità; solo questa coerenza di Dio con se stesso, la sua assoluta veracità, è la garanzia dell'immutabilità e della certezza delle verità eteme ''umane", tali cornunque perché l'invariabile decreto di Dio le ha volute creare tali; dunque, se Dio puo tutto, in quanto potentia ordinata Dio non puô contraddire la sua natura, quindi srnentire la verità di ciô che ha voluto istituire corne "etemamente" valido per gli uomini (cf. la prima pagina della VI delle Meditationes, ed. Adam-Tannery p. 71). Ricordo infine che la lettera a Mesland si conclude proprio con una citazione da Agostino, Confessiones Xlli,38,~3, per affermare l'assoluta identità in Dio tra «videre et velle», nel senso della (antirnalebrancheiana ante litteram) dipendenza del videre di Dio (costitutivo della verità e dell'essere) dal suo posse. Sull'ambigua coesistenza in Cartesio di 1) arbitrarisrno teologico e 2) fondante ontologia dell'ordine, garantita dal Dio buono e non ingannevole, cf. A. DEL NOCE, Riforma cattolica, pp. 379-382 e 611-616.
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Ne deriva un'essenziale precisazione teologica, che riveta corne l' intera indagine metafisica sia in sostanza finalizzata ad un interessantissimo, radicalissimo ribadimento della teologia della grazia predestinata. Chi ama le verità intellettuali, ad esempio quelle geometriche, non ama necessariamente Dio, ma deve invece - secondo la dialettica agostiniana deIl'uti-frui - orientare l'amore per un bene creato e inferiore, all' amore assoluto per Dio, fonte di ogni bene. Lo stesso ragionamento è applicato in riferimento alle virtù, che sono la messa in pratica delle idee create di virtù presenti nell'intelletto umano 103• Agostinianamente e giansenisticamente, cio permette di dimostrare che né le virtù pratiche né la conoscenza intellettuale sono in grado di amare veramente Dio, se privi della caritas, cioè della grazia.
«Fieri non potest ut quis attendat ad rationem, naturam, essentiam trianguli, circuli, pulchritudinis corporeae, virtutis alicujus, ut castitatis, quin eo ipso mentem convertat ad aeternas rerum illarum rationes quae in Deo sunt» (Dissertatio bipartita, art. VIII, p. 149);
ove la contemplazione di Dio corne fine assoluto dell'intelletto è chiaramente considerata corne supremo dono della grazia, della caritas104• lnsomma, il passaggio meramente naturale dalla conoscenza delle verità dell'intelletto alla conoscen-
103 Cf. Dissertatio bipartita, articuli V, 139-140 e VII, pp. 143-148; Regles du bon sens, art. XIV, pp. 241-248, ove Arnauld sottolinea corne soltanto la fede donata dalla grazia vede realrnente Dio, rnentre l'intelletto naturale ha nozioni generiche delle virtù che né riesce a realizzare, né gli rivelano davvero la luce di Dio. Del tutto coerenternente, quindi, Arnauld sottolinea corne, analogamente al concetto di verità, Io stesso concetto di virtù è equivoco: in senso proprio, la castità assoluta è eminenternente soltanto in Dio; in senso irnproprio, essa puô essere tutt'al più confusamente rappresentata nell'intelletto dell'uorno: «Or nous n'avons point l'idée distincte de ce qui n 'est en Dieu qu 'éminemment; mais une idée tellement confuse qu'il nous est impossible de distinguer, ce qui répond en Dieu à la vertu de chasteté, de ce qui y répond à /.a vertu d'obéissance et de l'humilité» (Regles du bon sens, art. XI, p. 228).
104 «Finis enim ille est Deus propter se dilectus, qui est objectum caritatis» (Dissertatio bipartita, art. VII, p. 148).
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za-amore di Dio è quindi impossibile 105; soltanto ai cristiani predestinati è donata la conoscenza amante di Dio, e quindi la sua vera contemplazione:
«Ut ut sit, sive in hac vita, sive tantum in altera, rationes aeternas videri posse censuerit Augustinus, pro certo saltem habuit non ab omnibus passim hominibus, imo nec ab omnibus Christianis, et vera religione imbutis illas videri; sed a paucis solum animabus puris, et sanctis, in tantum ab illo Lumine intellegibili peifusis, et illustratis, in quantum ei caritate cohaerent» (Dissertatio bipartita, art. VIII, p. 150).
Malgrado le apparenze, quindi, Arnauld non smentisce affatto il suo agostinismo, ma paradossalmente cerca di renderlo più coerente, avvertito dal pericolo del razionalismo post-cartesiano ormai montante. Il vecchio Arnauld rivela infatti una grande lucidità nell'intuire la deriva di alcune prospettive filosofiche (oltre a Malebranche si pensi a Leibniz, altro corrispondente di Arnauld, e a Spinoza), tendenzialmente orientate a identificare, idealisticamente, l' atto della coscienza con l'etemo atto di Dio, quindi - inavvertitamente, ma inesorabilmente - spinte a mettere in crisi verità metafisiche per Arnauld assolutamente evidenti: la creaturalità dell'uomo, e l'assoluta trascendenza di Dio. La confessione dello scarto incolmabile tra la soprannaturale visione di Dio increato in Dio (la suprema realizzazione conoscitiva di cui si deve frui) e la naturale visione intellettuale delle create verità di ragione (la relati va realizzazione conoscitiva di cui si deve soltanto uti) permette ad Arnauld di ribadire la dottrina della grazia corne unico possibile, reale accesso alla verità. La dottrina gnoseologica dell'illuminazione di Agostino viene quindi genialmente - e del tutto fedelmente ad Agostino! - recuperata corne dottrina dell' illuminazione della grazia.
'°' 1 pagani, quindi, né vedono davvero Dio, né Io amano esercitando le loro virtù, pur realizzando la naturale subordinazione della loro esistenza aile verità ideali che rifulgono nel Ioro intelletto: cf. Dissertatio bipartita, art. VIII, pp. 150-151, punti 3 e 4. Infatti, «cet amour de la justice ne se peut avoir que par une vraie et surnaturelle grace de Dieu, qui n'est point commune à tous les hommes, et qui certainement ne se trouve point dans les infideles et dans les impies» (Regles du bon sens, p. 245).
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Pertanto, l'abbandono dell' Agostino rnetafisico dell'illurninazione non significa affatto, per Arnauld, rinunciare all' Agostino giansenista per tutta una vita tenacernente difeso: tutte le Réflexions sono appunto finalizzate a ribadire l' assoluta libertà e onnipotenza della grazia di Dio contro qualsiasi razionalistica sua riduzione aile leggi universali della natura o ad una generica Provvidenza uniformernente operante 106• Inoltre, corne abbiamo visto, l' abbandono della platonizzante dottrina agostiniana dell'illuminazione, a favore di un prudente recupero della stessa dottrina cartesiana della creazione divina delle idee, ubbidisce cornunque all'intenzione fondamentale dell' autentico agostinisrno. Coerenternente, esaltare in arnbito rnetafisico l' onnipotente Volontà di Dio, creatore trascendente delle stesse verità rnentali universali e necessarie, significa per Arnauld salvaguardare la confessione di Dio corne abissale e ininvestigabile Volontà, corne novissima libertà che trascende qualsiasi regola a Lui preesistente 101• lnfatti, persino
106 Cf. A. ARNAULD, Réflexions philosophiques et théologiques, in Oeuvres XXXVIII, p. 175: corne Dio creando le singole anime degli uomini agisce con volontà particolari, pur in confonnità con leggi naturali, cosi con la sua grazia Dio puè> eleggere alcuni uomini, con volontà particolare, separandoli dagli uomini creati con volontà generale.
107 Nota con grande acutezza L. GOLDMANN, Le dieu caché. Etude sur la vision tragique dans les "Pensées" de Pascal et dans le théâtre de Racine, Paris 1959(2), tr. it. Il Dio nascosto. La visione tragica in Pascale Racine, Bari 1971: «Le thème du Dieu caché, la tendance fondamentale du jansénisme à maintenir la distance entre Dieu et l'homme, se manifeste chez Arnauld de manière implicite dans sa polémique contre les deux théories de la vision en Dieu de Malebranche et du Père Lamy et contre la théorie de la Grâce générale de Nicole. Nous ne voyons rien en Dieu et Dieu ne nous éclaire pas toujours» (p. 180; tr. it. p. 238); non concordo perè> con il «de manière implicite». Opportunamente D. MOREAU, Arnauld, les idées et les vérités etemelles, 155, nota 5, rimanda a CARTESIO, Quatrième méditation, ove Arnauld leggeva che il suo maestro filosofico faceva appello, con Paolo, agli impenetrabili misteri di Dio: <<.lamque videre videor aliquam viam per quam ab ista contemplatione veri Dei, in quo nempe sunt omnes thesauri scientiarum et sapientiae absconditi ... ». La metafisica di Malebranche era invece rivolta a neutralizzare qualsiasi anarchia, quella cartesiana della trascendenza della potenza creatrice di Dio rispetto all'ordine delle verità eteme, corne quella giansenista della razionalmente in-fondabile volontà di elezione; assolutizzando l'idea di ordine razionale, affermando l'univocità - fondata nello stesso Verbo incamato di Dio - della conoscenza umana e di quella di-
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l'interiorità metafisica puo divenire il luogo idolatrico capace di pervertire la stessa visione delle verità divine in mezzo di esaltazione della propria concupiscenza, ove l'agostiniana, sistematica identificazione tra pelagianesimo e platonismo 108
vina, Malebranche subordina del tutto l'attributo della potenza di Dio a quello della sua sapienza: cf. in prop. il limpido volume di J.-C. BAROOUT, Malebranche et la métaphysique, Paris 1999, in part. pp. 239-265. Arnauld reintroduce contro Malebranche l'anarchia della grazia corne principio meta-sistematico e meta-razionale, confessando la extra-ordinaria eccedenza dell'ininvestigabile libertà di Dio, la cui potenza trascende infinitamente qualsiasi potere della ragione umana: cf. D. MOREAU, Deux cartésiens, pp. 268-301; sull'irriducibile trascendenza, su «l'opacité du Dieu caché» amauldiano, opposta alla trasparenza del Dio malebrancheano, oggetto della «transascendance» dell'ego alla ricerca del sapere assoluto, cf. ivi, pp. 211-214. La dottrina cartesiana della creazione delle verità eteme è stata coraggiosamente reinterpretata corne riflessione filosofica sui tema, già teologico, dell'analogia (contro l'univocità della conoscenza divina e umana) da J.-L. MARION, Sur la théologie blanche de Descartes: cf. in part. pp. 13-17; 70-109; 264-312; 427-444. La metafisica cartesiana è per Marion erede di un processo teologicometafisico di riduzione dell'analogia teologica all'univocità metafisica: Cartesio subordinerebbe onto-teo-Iogicamente e "modemamente" Dio stesso al principio di causalità; Dio è appunto definito corne causa sui, paradosso di un'infinita potenza ridotta a fondamento causale (e causato!) della certezza razionale e dell'autarchia etica dell'uomo. Ne deriva il sistematico schivare il problema dell'analogia autentica, pervertendolo, approdando quindi ad una riduzione di Dio al rango di fondamento-fondato dal vero principio "divino", univoco (l'univocità intende negare l'irriducibilità dell'infinito al finito) e metafisicamente del tutto efficiente, quello che regge la ragione umana: causa sive ratio; con la conseguente messa tra parentesi di Dio-infinito, principio assolutamente e liberamente efficiente, creatore (cf. pp. 432-433, ove Marion fa un interessantissimo riferimento proprio ad un'obiezione di Arnauld aile Meditationes cartesiane). D'altra parte, per Marion il residuo autenticamente analogico (rifiuto dell'univocità tra infinito e finito), capace di correggere la metafisica onto-teo-logica cartesiana, sarebbe appunto la paradossale dottrina della creazione delle idee (fortezza marginale e ambigua della théologie blanche, appunto invisibile, corne sparita, cancellata), continuamente riaffiorante in Cartesio, fedele riconoscimento dell'assoluta trascendenza e resistenza dell'lnfinito, del mistero divino (della libertà e volontà di Dio corne incomprehensibilis potentia che instaura il finito e le sue stesse regole logico-metafisiche) rispetto alla onto-teo-logizzazione operatane dalla ragione: cf. pp. 444-456. Per utilizzare l' espressione di Marion, potrei quindi concludere che la teologia metafisica di Arnauld identificherebbe perfettamente la théologie blanche di Cartesio, assolutizzatandola (liberandola dalla sua ambigua coesistenza con I'onto-teo-logia), riscrivendola quindi per accordarla coerentemente con la teologia agostiniana della grazia predestinata.
108 Cf. in prop. G. LETIIERI, L'altro Agostino, capitolo IX.
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trova un'interessantissima conferma. Al contrario, quando Malebranche afferma corne increate le verità eteme, le stesse intimità di Dio disponibili allo sguardo interiore dell'intelligenza creata, subordina l' anarchica, onnipotente volontà del Dio giansenista all'assoluta uniformità della sua Ragione, universale e contemplabile garanzia dell'ordine del creato, quindi Ordine assoluto e incontrovertibile: «L'ordre est la règle essentiale et nécessaire de la volonté de Dieu» 109•
Dunque, in fondo Arnauld confuta apertamente Agostino per rendere più coerente il vero Agostino, rimanendo per di più del tutto fedele aile sue regole dell' ermeneutica agostiniana (si pensi alle quattro regole della Seconde Apologie). Vi è in proposito un passo delle Regles du bon sens davvero impressionante per lucidità storico-critica, perfetta esemplificazione del metodo ermeneutico amauldiano:
«Il n'est pas vrai que S. Augustin ait été si attaché à ce sentiment (la tesi della dottrina dell' illuminazione e del Verbo corne Maestro interiore) ... Il en a beaucoup parlé dans ses premiers ouvrages et dans ses Sermons, pour donner à son peuple des idées spirituelles de Dieu; mais lorsqu'il l'a approfondi dans ses ouvrages dogmatiques, il l'a tellement limité, en restreignant l'usage de ces sentiments platoniciens aux
109 N. MALEBRANCHE, De la recherche de la vérité, Xe éclaircissement, in Oeuvres I, p. 907. «Dieu veut l'ordre dans ses ouvrages: Ce que nous concevons clairement être conforme à l'ordre, Dieu le veut; et ce que nous concevons clairement être contraire à l'ordre, Dieu ne le veut pas» (Ville éclaircissement, p. 847). Cf. la fondamentale confutazione della Ire objection alla tesi sopra citata, ivi, pp. 858-861, ove del tutto significativarnente, difendendo la sua dottrina di un Dio di grazia universale operante soltanto «par les voies les plus simples» (p. 860), Malebranche attacca per il suo arbitrarismo assoluto la dottrina cartesiana della creazione delle verità eteme ( viene citato un brano della risposta aile seste obiezioni delle Meditationes) e, quindi, l'arbitrarismo assoluto della teologia della predestinazione giansenista, colpevole di proporre «un Dieu injuste, cruel, pécheur, pour le faire souverainement puissant... Car il ne faut juger des choses que par des idées claires. Alors le Dieu qu'ils adoreront ne sera point semblable ... à celui de quelques chrétiens, qui pour le faire aussi puissant que le pécheur souhaite d'être, lui donnent le pouvoir absolu d'agir contre tout ordre, de laisser le péché impuni, et de condamner à des peines éternelles, des personnes quelque justes et quelque innocentes qu'elles puissent être» (p. 861). Cf. in tal senso il Xe éclaircissement, Sur la nature des idées, pp. 900-916 (in part. pp. 904-905).
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ames pieuses, qu'il en a renversé le fondement .... Mais, ce qui est bien considérable, est que ce S. Docteur n'a fait aucun usage de cette Philosophie platonicienne, dans tous ses Livres de la Grace, et lors même qu'il en avoit une fort grande occasion, comme dans la célebre dispute qu'il eut avec Julien, touchant les vraies et les fausses vertus... On a montré ailleurs, que, bien loin qu'il soit avantageux pour soutenir les points les plus importants de la doctrine de S. Augustin, de s'attacher à cette pensée philosophique de ses premiers livres, c'est au contraire ce qui ne peut que les affoiblir et les ébranler. Car c'est par-là qu'on prétend trouver la connaissance de Dieu dans ceux que S. Augustin aussi-bien que /'Ecriture, areconnu en être destitués; de bonnes oeuvres avant la foi; des graces surnaturelles données généralement à tous les hommes; etc.» (Regles du bon sens, art. /, application, pp. 154-155).
Il vero «sens» o «sentiment>> di Agostino non risiede affatto nella sua dottrina dell'illuminazione, la quale comunque non ha un fine dogmatico, asseverativo, ma soltanto un fine simbolico, quindi strumentale: sottolineare la totale dipendenza di qualsiasi atto spirituale della creatura dal dono divino. Con grande sensibilità storica, Arnauld sottolinea corne la dottrina platonizzante del Maestro interiore sia assolutamente centrale soltanto nelle opere anteriori all'episcopato 110 (cf. regola 1 della Seconde Apologie) 111 • All'intemo della teologia
110 Non a caso, i testi-chiave che Malebranche assume corne prova del puro agostinismo della sua dottrina della visione delle verità in Dio sono De LXXXIII quaestionibus, XLVI, 1-2; De magistro 11,38 e 14,45; De libero arbitrio 11,12,33; cf. in prop. N. MALEBRANCHE, Entretiens sur lamétaphysique, pp. 654-661, ove i riferimenti che ricorrono al De civitate Dei, al De Trinitate, alle Confessiones, sono certo assai meno fondanti nel tentativo di rintracciare in Agostino un'autorità concorde con la propria filosofia delle idee. Si noti in De la recherche de la verité, Xe éclaircissement, pp. 916-919, il significativo ricorso al De magistro agostiniano per illustrare la dottrina malebrancheiana di Dio corne «Verité éternelle, ordre immuable, lumière intelligible» (919).
111 «Personne n'ignore que S. Augustin, qui avoit fort étudié la Philosophie de Platon, n'ait dit en plusieurs endroits, et principalement dans ses premiers ouvrages, qu'on ne pouvoit voir les vérités nécessaires et immuables, que dans la vérité éternelle, qui est Dieu» (A. ARNAULD, l Lettre au pere Malebranche, 1694, in Oeuvres, IL, p. 72). Ritroviamo questa tesi in P. BAYLE, République des lettres, in Oeuvres diverses, La Haye 1727, tomo
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matura di Agostino, dunque, la dottrina dell'illuminazione perde il suo ruolo decisivo, divenendo del tutto dipendente dalla stessa teologia della grazia predestinata: la possibilità di riscoprire nascosta e comunque immanente in sé la verità di Dio non è più affidata alla libertà dell'uomo, ma unicamente alla grazia, che illumina, immanentizza nell'eletto la comprensione di Dio. Si puo quindi tranquillamente abbandonare un punto poco chiaro, marginale e specifico (cf. regola III della Seconde Apologie), e comunque recessivo nell'evoluzione del pensiero di Agostino, proprio per ribadirne, anzi rafforzarne la coerenza dottrinale, deducibile dalla sistematica insistenza dell' autore su certi terni (cf. regole IIe IV della Seconde Apologie). Ebbene, negli scritti maturi di Agostino, e in particolare nelle sue opere sulla grazia, indubbiamente la dottrina dell'illuminazione tende se non a decadere, certo a regredire; ma cio che è più interessante è che per Arnauld questa parabola è niente affatto casuale, in quanto sistematizzare quella dottrina significherebbe indebolire e minare il sistema di Agostino, ammettendo una disponibilità passiva, naturale e universale di Dio all'interno di ogni coscienza razionale; proprio quest'immanentismo implicitamente pelagiano è intollerabile per il giansenista.
Di grande rilievo in proposito le pagine nelle quali Arnauld oppone chiaramente all'illuminazione metafisico-gnoseologica del primo Agostino (e dei malebrancheisti) l'illuminazione della grazia dell' Agostino maturo (e dei giansenisti). Con uno slittamento rivelativo, Arnauld attribuisce l'illuminazione agli uomini che sono stati
IV: «Malebranche appuie beaucoup sur ces paroles de saint Augustin: "Ne dites pas que vous soyez à vous-même votre lumière", et sur quelques autres passages de même saint, qui semblent prouver que Dieu est la lumière immédiate de tous les esprits. On ne sait que dire après cela de saint Augustin; il semble qu'il y ait deux hommes en lui. Sa philosophie sur certaines choses est la plus petite du monde, mais en d'autres, elle s'élève jusqu'aux plus hautes spéculations» (p. 26). Bayle sembra quindi approdare, proprio contro Malebranche e assai probabilmente guidato dallo stesso Arnauld, alla stessa soluzione amauldiana: vi sono due uomini in Agostino, e quello più debole è certo quello platonizzante che tanto è amato da Malebranche. Quello che manca a Bayle, è il senso storico di Arnauld, che insiste sulla successione dei "due uomini", appartenenti appunto a due epoche diverse dell'evoluzione teologica ed esistenziale di Agostino.
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«éclairés de Dieu par une Grace actuelle, intérieure et surnaturelle, qui ait rendu leur volonté proportionnée à l'accomplissement des commandements» (Reg/es du bon sens, art. V. application 5, p. 180).
Cosi nel Des vraies et des fausses idées, cap. XIX, dopo aver ben distinto (cf. p. 282, punto 1) l'illuminazione della grazia dall'illuminazione intellettuale112, oppone la pietà della prima alla vanità (relativamente alla salvezza) della seconda, e riferendosi alla metafisica di Malebranche afferma:
«Il n'y auroit donc rien en cela qui nous dût être fort considérable; nous avons tant d'autres sujets de reconnoissance envers Dieu, infiniment plus importants, qui regardent notre salut et l'état de grace et de gloire auquel il nous appelle par son infinie miséricorde, que notre esprit étant borné, et ne pouvant s'appliquer beaucoup à un objet, qu'il ne soit moins capable de s'appliquer fortement à d'autres, pourquoi se mettre si fort en peine d'apprendre à des Chrétiens à être reconnoissants envers Dieu, pour ces lumieres humaines, qui ont été la part de ces Philosophes et des autres enfants du siecle, en qui Dieu n'a agi que comme auteur de la nature; au lieu de considérer qu'il importe peu aux enfants de la Jerusalem céleste, de savoir au vrai ce qu'il fait en eux en cette maniere, pourvu qu'ils n'ignorent pas combien ils lui sont redevables, pour les illuminations vraiment divines dont il éclaire leurs pas, a.fin de les faire marcher dans sa voie, et pour tout le bien qu'il opere dans leur coeur, par la secrete opération de son esprit; qui en a rompu la dureté, et de coeurs de pierre, en a fait des coeurs de chair» (Des vraies et des fausses idées, p. 285).
112 Significativamente, già nella Prefazione dell'opera, Arnauld invita Malebranche «à chercher plutfJt l'intelligence des mysteres de la Grace dans la lumiere des Saints, que dans ses propres pensées» (p. 180). Per un'interessante analisi del metodo amauldiano del confronto dialogico -persino polemico - con l "'altro", culminante nel culto per la tradizione, opposto al pericolo della deriva soggettivistica, egologica del solitario meditare malebrancheiano, cf. D. MOREAU, Arnauld contre Malebranche: le polémiste et le méditatif, in «Chroniques de Port-Royal» 44, 1995, pp. 335-350; e Deux cartésiens, pp. 29-84.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
L' opposizione tra la prospettiva metafisica e quella teologica non potrebbe essere più netta: non soltanto essa rinvia alla stessa opposizione tra le due civitates agostiniane, ma rivela due modalità del tutto irriducibili nell'atto divino di illuminazione. Alle «lumieres humaines» donate da Dio ad ogni uomo, in cui «Dieu n'a agi que comme auteur de la nature», Arnauld contrappone le «les illuminations vraiment divines» della grazia, di Dio Spiritus che opera irresistibilmente nel cuore dell'eletto, convertendolo e guidandolo alla salvezza. La metafisica quindi è vana, il preoccuparsi del rapporto ontologico tra Dio e la ragione umana (l'asse del pensiero di Malebranche, reinterpretazione del molto dei Soliloquia agostiniani) è errore pelagiano, che tende a rendere omogenee le due incommensurabili realtà spirituali, dimenticando che Io stesso Agostino maturo ha interpretato l'illuminazione intellettuale soltanto corne segno o figura dell'illuminazione della grazia.
Concludendo, mi pare della più grande importanza sottolineare corne le antitetiche interpretazioni agostiniane di Malebranche e Arnauld convergano nel realizzare un'essenziale dissociazione tra l' Agostino metafisico e l' Agostino teologo della grazia: mentre l'oratoriano ricostruisce una teologia della grazia antigiansenista (e, pur se contraddittoriamente, semi-pelagiana) per mantenersi fedele alla metafisica platonizzante dell'lpponate (in particolare a quella delle opere anteriori all' episcopato ), il giansenista abbandona la metafisica dell'illuminazione agostiniana (riallacciandosi comunque alla metafisica di Tommaso e di Cartesio ), per ribadire la sua incrollabile fede nella teologia della grazia predestinata, unico vero totale senso dell'opera agostiniana. Ma soltanto Pascal radicalizzerà e compirà questa rivelativa opera di decostruzione, operando una netta dissociazione tra il vero Agostino e l' Agostino caduco, ovvero tra l' Agostino della grazia e l' Agostino metafisico.
APPENDICE 1 - IL METODO NELLA LOGIQlf_E DE PORT-ROYAL
L' interesse logico-sistematico, la definizione di un metodo scientifico e delle sue regole, la stessa decisiva influenza del metodo cartesiano trovano la loro massima realizzazione
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
ne La logique ou l'art de penser (1 ed. 1662; V ed ultima ed. 1683), scritta da ARNAULD in collaborazione con PIERRE NICOLE (riprodotta in Oeuvres, XLI, n. 3, ma qui citata nell'edizione di A. Fouillée, Paris 1878). Mi limito a riportare alcuni brani che possono essere utili per valutare quanto consapevole e profonda sia 1' influenza del metodo cartesiano sull' ermeneutica di Arnauld:
«Mais, parce que l'esprit se laisse quelquefois abuser par de fausses lueurs, lorsqu'il n'y apporte pas l'attention nécessaire, et qu'il y a bien des choses que l'on ne connaît que par un Long et difficile examen, il est certain qu'il serait utile d'avoir des règles pour s'y conduire de telle sorte, que la recherche de la vérité en fût et plus facile et plus sûre; et ces règles, sans doute, ne sont pas impossibles: car, puisque les hommes se trompent quelquefois dans leurs jugements, et que quelquefois aussi ils ne se trompent pas ... ils peuvent remarquer, en faisant des réflexions sur leurs pensées, quelle méthode ils ont suivie lorsqu'ils ont bien raisonné et quelle a été la cause de leur erreur Lorqu 'ils se sont trompés, et former ainsi des règles sur ces réflexions, pour éviter à l'avenir d'être surpris» (Premier discours, pp. 11-12); dunque «la logique est l'art de bien conduire sa raison dans la connaissance des choses, tant pour s'instruire soi-même que pour en instruire les autres. Cet art consiste dans Les réflexions que les hommes ont faites sur Les quatre principales opérations de leur esprit, concevoir, juger, raisonner et ordonner. On appelle concevoir la simple vue que nous avons de choses qui se présentent à notre esprit ... , sans en former aucun jugement exprès; et la forme par laquelle nous nous représentons ces chosés s'appelle idée. On appelle juger L'action de notre esprit par Laquelle, joignant ensemble diverses idées, il affirme de l'une qu'elle est l'autre, ou nie de l'une qu'elle soit L'autre... On appelle raisonner l'action de notre esprit par laquelle il forme un jugement de plusieurs autres; comme Lorsqu 'ayant jugé que La véritable vertu doit être rapportée à Dieu, et que la vertu des païens ne lui était pas rapportée, il en conclut que la vertu des païens n'était pas une véritable vertu. On appelle ici ordonner l'action de l'esprit par laquelle, ayant sur un même sujet, comme sur Le corps humain, diverses idées, divers jugements et divers raisonnements, il les dispose en la manière la plus propre pour faire connaître ce sujet. C'est ce qu'on appelle encore méthode» (Première partie, p. 27).
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
Alla definizione del metodo, è dedicata l' intera quatrieme partie della Logique:
«On peut appeler généralement méthode l'art de bien disposer une suite de plusieurs pensées, ou pour découvrir la vérité quand nous l'ignorons, ou pour la prouver aux autres quand nous la connaissons déjà. Ainsi, il y a deux sortes de méthodes: l'une pour découvrir la vérité, qu'on appelle analyse ou méthode de résolution, et qu'on peut aussi appeler méthode d'invention; et l'autre pour la faire entendre aux autres, quand on l'a trouvée, qu'on appelle synthèse ou méthode de composition et qu'on peut aussi appeler méthode de doctrine» (IV, 2, 308-309).
Cf. inoltre IV,11,345-347, ove vengono definite le otto regole del metodo, che in sostanza si limitano a riassumere le pascaliane regole del metodo geometrico (cf. B. PASCAL, De l'esprit géomètrique [1655], in Oeuvres complètes, III, pp. 390-428, in particolare pp. 419-421; cf. l' esplicita citazione dello scritto pascaliano in Premier Discours, p.11). Sull'intuizione delle verità «claires et évidentes» corne assiomatico fondamento dell'ordine metodicamente dedotto, cf. la terza regola (<<pour les axiomes») del metodo arnauldiano (del tutto coincidente con la «règle necessaire pour les axiomes» di Pascal, op. cit., p. 420): <<Ne demander en axiomes que des choses parfaitement évidentes» (IV,3,319 e 11,346); cf. soprattutto IV,6,328-335. Sulla deduzione sistematica, cf. la settima regola (la prima specifica <<pour la méthode»):
«Traiter les choses, autant qu'il se peut, dans leur ordre naturel, en commençant par les plus générales et les plus simples, et expliquant tout ce qui appartient à la nature du genre avant que de passer aux espèces particulières» (IV,11,346).
Ancora sui metodo, cf. le regole e gli assiomi fissati in A. ARNAULD, Traité des vraies et fausses Idées, pp. 181-201. Per quanto riguarda il rapporto di Arnauld con Cartesio, pare superfluo ricordare le celeberrime Quarte obiezioni (ove immediatamente è posto il problema della tendenziale concordia tra Cartesio e Agostino) del non ancora trentenne Arnauld alle Meditationes de prima philosophia (1641); nelle sue Risposte
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
aile quarte obiezioni, CARTESIO afferma: «Non avrei potuto desiderare un più perspicace e insieme più scrupoloso esaminatore del mio scritto». Ricordo infine che, tramite Clerselier, Arnauld e i port-royalisti vennero in possesso di un manoscritto delle cartesiane Regulae ad directionem ingenii (pubblicate soltanto nel 1701).
APPENDICE Il - SUL RAPPORTO TRA RAGIONE E AUTORITÀ IN AMBITO TEOLOGICO
In Logique IV, 12,348, viene definita scolasticamente «science... toute connaissance d'un objet tiré de l'objet même» (sulla definizione di «science» in relazione alla definizione di «intelligence» - l'immediata «evidence» capace di attingere «les premiers principes» -, di «autorité» (e «foi») e «raison» ( e «opinion»), cf. Logique IV, 1,296-298); Giansenio possiede allora una «science véritable» di Agostino in quanto determina la sua dottrina unicamente a partire dal proprio oggetto, dalle stesse opere agostiniane, quindi prescindendo da autorità o mediazioni esterne:
«Il ne s'agit donc point de savoir, si ces opinions (lavera dottrina agostiniana delucidata da Giansenio) sont condamnées par la Bulle contre Baïus ou par le Concile de Trente... mais simplement si elles sont de S. Augustin: ce qui ne se peut et ne se doit vérifier que par S. Augustin même» (li Apologie 11,2,87).
Già in questa connessione tra rigore scientifico e ermeneutica agostiniana si dà implicitamente la distinzione tra "questione di diritto" e "questione di fatto": se solo l'autorità ecclesiastica puô decidere della prima, solo la ragione puo decidere della seconda attraverso il metodo scientifico: «Quod scimus, debemus rationi; quod credimus, auctoritati», afferma La logique IV,12,348 citando il De utilitate credendi di Agostino. Pertanto se la chiesa ha già con la sua autorità definito ortodossa la dottrina sulla grazia di Agostino, è fatto della ragione umana analizzare la logica interna a quest'oggetto e la coerenza o contraddittorietà di eventuali singole affermazioni
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
o deduzioni rispetto al tutto del sistema teologico cui queste vengono riferite:
«tout cela n'est que une question de fait, qui ne regarde point la foi et qui, étant de la nature des choses qui se connoissent par les sens et par l'intelligence des termes d'un Auteur particulier, qui dépend de l'avoir bien lu et bien examiné sans prévention et sans passion» (A. ARNAULD, Cas proposé, pp. 6-7);
quindi riguardo alla questione di fatto, Arnauld puo affermare: <<juger n'est pas seulement prononcer, mais c'est prononcer après un examen raisonnable» (Réponse a quelques raisons, par lesquelles on prétend montrer, que ceux qui sont persuadés, que les V Propositions ne sont pas dans Jansénius, doivent néanmoins signer la nouvelle Bulle d'Alexandre VII, qui déclare qu'elles y sont, in Oeuvres XXI, p. 53).
Sulla questione «si l'on peut être obligé de croire un point de fait, contre sa propre lumiere?», cf. le interessantissime considerazioni di ARNAULD, Réflexions d'un docteur de Sorbonne sur l'Avis donné par M. l'Evêque d'Alet sur le Cas proposé, Paris 1657, in Oeuvres XXI, pp. 19-25: ritorna la citazione del De utilitate credendi e la distinzione tra «raison» (quindi «science») e «autorité» (quindi <ifoi» ); ma le questioni di fatto riguardano autorità e fede umane, non divinamente rivelate (pp. 21-22); dunque non solo in materia il papa stesso è fallibile (p. 23), ma pretendere corne dogma di fede che qualcuno neghi «la vérité d'un fait» chiaro e evidente alla sua ragione significa
«vouloir qu'il abusât de sa raison contre l'ordre de Dieu même, puisqu'il n'a donné la raison à l'homme que pour discerner le vrai d'avec le faux, afin de pouvoir préférer ce qu'il juge être vrai, à ce qu'il juge être faux» (p. 25).
Il De la signature du formulaire, Paris 1661(2), in Oeuvres XXI, sviluppa ampiamente queste tesi: cf. in particolare 11,278-279; 292-293; 111,315-316. Sulle disastrose conseguenze che la firma sui fatto, priva di precisazioni, produrrebbe anche a livello di questione di diritto o di fede dogmatica, cf. Ill,321-326: condannare l'interpretazione giansenista di Agostino significherebbe accettare corne degno di fede «un S. Au-
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
gustin chimérique et de nom» (322), quale quello dei gesuiti, quindi piegarsi a rifiutare "modernisticamente" l' ortodossa dottrina della grazia efficace (324). Cosi, ancora nella Logique (III, Des faux raisonnements qui naissent des objets même 6,286-289), ARNAULD e NICOLE denunciano il ricorso acritico e spesso strumentale all' autorità in materia storico-teologica parlando di «sophisme de l'autorité»; alla fatica della conoscenza della verità (per l'uomo decaduto sempre nascosta e difficile da attingere) viene preferita l'immediata, facile e fallace evidenza sensibile e esteriore:
«Mais il n'y a point de faux raisonnements plus fréquents parmi les hommes que ceux où l'on tombe, ou en jugeant témérairement de la vérité des choses par une autorité qui n'est pas suffisante pour nous en assurer, ou en décidant le fond par la manière. Nous appellerons l'un le sophisme de l'autorité et l'autre le sophisme de la manière. Pour comprendre combien ils sont ordinaires, il ne faut que considérer que la plupart des hommes ne se détenninent point à croire un sentiment plutôt qu'un autre par des raisons solides et essentielles qui en feraient connaître la vérité, mais par certaines marques extérieures et étrangères qui sont plus convenables ... La raison en est que la vérité intérieure des choses est souvent assez cachée; que les esprits des hommes sont ordinairement faibles et obscurs ... , au lieu que ces marques extérieures sont claires et sensibles; de sorte que, comme les hommes se portent aisément à ce qui leur est plus facile, ils se rangent presque toujours du côté où ils voient ces marques extérieures qu'ils discernent facilement. Elles peuvent se réduire à deux principales: l'autorité de celui qui propose la chose, et la manière dont elle est proposée; et ces deux voies de persuader sont si puissantes, quelles emportent presque tous les esprits» (pp. 286-287).
Se dunque in materia di fede «l'autorité de l'Église universelle» è certo l 'unica «règle certaine de la vérité» (p. 287), si che cade in errore chiunque pretenda di deviare dai suoi dogmi divinamente rivelati, non tutto puo esserle sottomesso:
«Mais dans les choses dont la connaissance n'est pas absolument nécessaire, et que Dieu a laissées davantage au discernement de la raison de chacun en particulier, l'autorité et la manière ne sont pas si considérables, et elles servent souvent
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Gaetano Lettieri - Il metodo della gruzia
à engager plusieurs personnes à des jugements contraires à la vérité ... Il y a une infinité de choses qui ne dépendent que d'une lumière humaine, d'une expérience humaine, d'une pénétration humaine, et dans ces choses ceux qui ont l'avantage de l'esprit et de l'étude méritent plus de créance que les autres. Cependant il arrive souvent le contraire» (pp. 287-289).
È evidente l' ardita rivendicazione di piena autonomia scientifica in relazione aile questioni di fatto; il metodo cartesiano, nel suo movimento dall'opinione autoritativamente postulata ma razionalmente non verificata, all'evidenza intellettuale della verità prima interiormente intuita e quindi metodicamente dimostrata, puè> infatti trovare applicazione anche in campo teologico. Da notare in Logique IIl,7,289-292, la condanna della pretesa romana ad un' autorità assoluta, stigmatizzata corne troppo umana rivendicazione di grandezze meramente esteriori: questa mondana «tromperie» è infatti il prodotto dell'universale «corruption du coeur des hommes» (290). Sul rivoluzionario rifiuto port-royalista di accordare autorità vincolante al giudizio della Chiesa nell'ambito delle questioni di fatto, e in particolare in quello della critica e dell' interpretazione dei testi patristici, cf. T. SHIOKAWA, la raison et l'autorité dans les études patristiques: le cas de Pascal et de la Logique de Port-Royal, in Bury-Meunier (edd.), Les Pères ... au XVII siècle, pp. 405-415.
APPENDICE III - PORT-ROYALE 1 SUOI FRONT! INTERNI
È divenuta classica la tesi, pure troppo schematica, di GOLDMANN; il giansenismo si costituirebbe tra due estremi:
1) Arnauld e Nicole, ovvero l'estremo della lotta nel mondo e dell'impegno (sempre aperto al confronto, alla dimostrazione razionale e ad un pur minimo compromesso) mondano, culturale, ecclesiale, politico persino.
2) Barcos, ovvero l' estremo del radicale, tragico e ammutolito rifiuto del mondo e di tutte le sue vane mediazioni (cf. l'introduzione di L. GOLDMANN alla Correspondance de Martin de Barcos, abbé de Saint-Cyran, avec les abbesses de Port-Royal, Paris 1956, pp. 1-62, in part. pp. 17-18).
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
Pascal ( capace di trasformare «le refus unilatéral du monde de Barcos en refus paradoxal et intramondain du monde»: Le Dieu caché, p. 176, tr. it. 233) si sposterebbe dal primo estremo (l' «intellectualisme centriste» delle Provinciales, polemicamente impegnate nel mondo ), verso il secondo estremo (l' «extrémisme tragique» delle Pensées, con il loro radicalissimo scetticismo nei confronti di qualsiasi ordine metafisico e politico-mondano). lnverso invece sarebbe (cosa sulla quale non sono affatto d'accordo) il percorso di Racine, in movimento «de l'extrémisme au centrisme, de la tragédie au drame» (p. 165, tr. it. pp. 222-223); cf. cap. VII: «Jansénisme et vision tragique», pp. 157-182 (tr. it. pp. 213-246) e in part. pp. 176-179 (tr. it. 233-236), ove Goldmann contrappone il razionalismo cartesiano di Arnauld e Nicole ( e delle Provinciales) allo scetticismo di Barcos.
Il limite di questa interpretazione di Goldmann è quello di minimizzare la dialettica coesistenza delle due prospettive (già operanti nella stessa teologia agostiniana), coesistenza evidente in Arnauld (il sistema razionale· illustra l'operazione di una grazia comunque indisponibile alla ragione), corne nello stesso Pascal (autore di un'Apologie, di una razionale dimostrazione della verità del cristianesimo, che comunque rimanda alla predestinazione corne suo unico efficace fondamento ); cf. J. MESNARD, Martin de Barcos et les disputes internes de Port-Royal, in La culture du XVIIe siècle, enquêtes et synthèses, Paris 1992, pp. 274-291, in part. pp. 288-291, ove si avvicina Pascal più al fronte Arnauld-Nicole che al solitario Barcos. È comunque innegabile che Pascal, soprattutto nel momento decisivo della firma del Formulario nel 1661, rivelerà un'intransigenza radicale (pari a quella della sorella Jacqueline), opponendosi non solo alla firma, ma anche esplicitamente al costante tentativo arnauldiano di mediazione e di possibile conciliazione con Roma; cf. inoltre alcune violentissime Pensées immediatamente successive alla messa all'indice delle Provinciales nel 1657:
«Le pape hait et craint les savants qui ne lui sont pas soumis par voeu» (677 = 556 = 873); «Toutes les fois que les Jésuites surprendront le pape, on rendra toute la Chrétienté parjure. Le pape est très aisé à être surpris à cause de ses affaires et
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
de la créance qu'il a aux Jésuites, et les Jésuites sont très capables de surprendre à cause de la calomnie» (914=744= 882); «Le silence est la plus grande persécution; jamais les saints ne se sont tus. li est vrai qu'il faut vocation, mais ce n'est pas des arrêts du Conseil qu'il faut apprendre si on est appelé, c'est de la nécessité de parler. Or après que Rome a parlé et qu'on pense qu'il a condamné la vérité, et qu'ils l'ont écrit, et que les livres qui ont dit le contraire sont censurés, il faut crier d'autant plus haut qu'on est censuré plus injustement et qu'on veut étouffer la parole plus violemment, jusqu'à ce qu'il vienne un pape qui écoute les deux parties, et qui consulte l'antiquité pour faire justice. Aussi les bons papes trouveront encore l'Eglise en clameurs. L'Jnquisition et la Société, les deux fléaux de la vérité ... Si mes Lettres sont condamnées à Rome, ce que j'y condamne est condamné dans le ciel ... Tant /'Inquisition est corrompue ou ignorante. li est meilleur d'obéir à Dieu qu'aux hommes ... Je ne crains pas même vos censures, pailles si elles ne sont fondées sur celles de la tradition» (916=746=920). Cf. in prop. SAINTE-BEUVE, Port-Royal, Il,IIl,8,93-113.
Per Io studio del fronte giansenista intramondano (caratterizzato da una «théologie de la défaite», tradotta in strenua lotta contra le grandezze del mondo, e dal conseguente rifiuto della firma dei vari formulari, e quindi dello stesso escamotage amauldiano della distinzione tra fatto e diritto ), ben distinto dal fronte centrista amauldiano (sempre in cerca di mediazioni), interessante il volume del goldmanniano G. NAMER, L'abbé Le Roy et ses amis. Essai sur le jansénisme extrémiste intramondain, Paris 1964 (cf. in part. le pp. 97-104, sulla profonda influenza di Guillaume Le Roy sulle giovani monache di Port-Royal, Jacqueline Pascal in testa, e sui loro confessore Sainte-Marthe; e le pp. 149-161, dedicate alle tragedie sacre di Racine); tendenzialmente, si ripropone la convergenza ideale tra Barcos e Pascal.
Invece, per un deciso e a mio parere eccessivo ridimensionamento dello spessore e della centralità di Barcos all'interno di Port-Royal, cf. il saggio di R. POMMIER, Barcos: le janséniste par excellence?, in «XVIIe siècle» 164, 1989, pp. 331-357; se l'esito dello scontro interna sol formulario nel 1661 (per Barcos e Singlin il formulario doveva essere firmato sen-
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za alcuna precisazione relativa al fatto e al diritto, corne invece pretesero e alla fine ottennero Arnauld e Nicole) e le vicende relative all'"affaire de Sourdis" proverebbero la fondatezza delle tesi di Pommier (cf. infra, Cronologia, anno 1659), il rapporta indissolubile tra Singlin e Barcos, quindi l' ascendente di quest'ultimo sulle suore di Port-Royal e di tutto il movimento giansenista mi paiono indiscutibili; cf. l'equilibrato bilancio di J. MESNARD, Martin de Barcos et les disputes internes de Port-Royal: Barcos non è stato l' estremista eroico di Goldmann, ma un conservatore, apologeta della retraite, contrario «à la violence, à la révolte, à la simple polémique» (p. 291), per amore della pace, dell'umiltà, del silenzio.
Che il giansenismo del prudente Nicole, definibile corne il Melantone di Port-Royal, fosse sostanzialmente bilanciato da una profonda vocazione umanistica è testimoniato dal suo sempre più sistematico passaggio dalla teologia dogmatica alla teologia morale; Io stesso postumo Traité de la grâce générale tenta di mediare, tramite farraginose e ambigue acrobazie teologiche, la sua fedeltà giansenista con l'ormai dogmatizzato semipelagianesimo cattolico. Ciè> non impedisce a Nicole di presentare nei suoi Essais de morale una limpida trattazione del paradosso agostiniano, giansenista e pascaliano della conciliabilità tra dottrina della grazia predestinata e apologetica del libero arbitrio; pensa ad esempio al fondamentale Essai intitolato Des diverses manières dont on tente Dieu, corrispondente alla VII Lettre visionnaire, scritta nel 1666 contro 1' entusiasta illuminato Desmarets de Saint-Sorlin, quindi ripubblicato con poche variazioni nella prima edizione degli Essais nel 1675, ora in P. NICOLE, Essais de morale (choix), Paris 1999, pp. 417-440; afferma Nicole:
«Tout dépend de Dieu, donc il ne faut point travailler, disaient certains hérétiques. Il faut travailler, donc la vertu ne dépend point de la grâce, disent les pélagiens. Mais la doctrine catholique consiste à unir ces vérités et à rejeter ces fausses conclusions. Il faut travailler, dit-elle, et néanmoins tout dépend de Dieu. Le travail est un effet de la grâce, et le moyen ordinaire d'obtenir la grâce. Croire que le travail et les vertus ne sont pas des dons de Dieu, c'est une présomption pélagienne. Mépriser les moyens dont Dieu se sert ordinairement pour communiquer sa grâce aux hommes, c'est tenter Dieu en vou-
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
lant renverser l'ordre de la sagesse divine. Ainsi la piété véritable consiste à pratiquer ces moyens, et à reconnaître que c'est Dieu qui nous les fait pratiquer» (p. 432);
si noti che Nicole non puo affatto escludere, agostinianamente e giansenisticamente, che Dio possa eleggere e convertire anche un uomo del tutto immorale, eticamente "disordinato" (cf. pp. 426-427, cit. infra, capitolo quinto, nota 116), ma certo il libertino non puo tentare Dio, pretendendo la grazia pur operando il male; l'umile sottomissione all'ordine morale è quindi una forma di ascesi ambigua, che solo Dio puo rendere salvifica, ma che comunque pascalianamente abitua il soggetto all'ordinario, quindi alla nascosta umiltà dell'ubbidienza. Per un'introduzione a Nicole, cf. H. BREMOND, Histoire littéraire du sentiment religieux en France, IV, cc. X (Pierre Nicole ou le jansénisme malgré lui) e XI (Pierre Nicole ou l'anti-mystique), pp. 418-588; E.D. JAMES, Pierre Nicole, Jansenist and Humanist, Den Haag 1972; J. MESNARD, Pierre Nicole, ou le janséniste malgré lui, in «Chroniques de Port-Royal» 45, 1996, pp. 229-257; e L. THIROUIN, Introduction a P. Nicole, Essais de morale (choix), Paris 1999, pp. 1-26.
APPENDICE IV - L'ERMENEUTICA BIBLICA A PORT-ROYAL
L'ermeneutica port-royalista del testo biblico è un'ermeneutica (del tutto agostiniana) dello Spirito corne unico, vero assoluto Interprete della Scrittura. Rivelativo un passo di Isaac LE MAÎTRE DE SACY, il grande direttore della edizione port-royalista della Bibbia (cf. infra, Cronologia, anni 1665; 1667; 1673), il quale, introducendo la sua traduzione francese commentata dei Salmi (1673), afferma:
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«On a mis d'abord séparément la traduction de chaque chapitre, afin qu'on la puisse lire toute seule sans y écouter que Dieu qui nous parle. Car les âmes humbles ... pourront quelquefois s'édifier davantage en méditant ainsi la parole de Dieu en elle-même, sans en attendre l'éclaircissement que de son Esprit» (cit. in H. SAVON, Le figurisme et la "Tradition des Pères", in J.-R. Armogathe (ed.), Le Grand Siècle et la Bible ... , pp. 757-785, in part. pp. 757-758).
Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
La parola umana è si mediazione, ma anche schermo, dell'unico vero interprete della Scrittura: lo Spirito di grazia, che solo accende la luce della comprensione spirituale del testo. Particolarmente significativa quest'affermazione perché sotto la penna di un grande biblista e filologo, e non di un mistico irrazionalista.
La dialettica tra metodo scientifico di comprensione e assoluta libertà dell' atto di grazia tornano nella concezione saint-cyraniana dell'ermeneutica biblica: se certo essa è più mistica ed affettiva rispetto a quella di de Sacy, comunque si salva dall'irrazionalismo tramite il ricorso decisivo - anch' esso del tutto giansenista - alla tradizione patristica. Predicare persuasivamente, interpretare spiritualmente la Scrittura, comporre un trattato davvero edificante, tutto cio dipende unicamente dallo Spirito di grazia, ris petto al quale l' uomo è sempre in relazione di passiva dipendenza; cio non significa, pero, abbandonarsi ad un irrazionalismo delirante, in quanto il contenuto della rivelazione interiore dev'essere sempre verificato sulla tradizione dei Padri, principio ermeneutico metaindividuale, esso stesso rivelato e storicamente costituito dalla grazia, quindi assolutamente trascendente i meandri del-1' amor sui. Rimando, in proposito, ancora alla finissima analisi di H. SAVON, che trattando dell'ermeneutica saint-cyraniana, cita alcuni passi davvero rivelativi. Saint-Cyran risponde ad alcuni fedeli che gli chiedevano di mettere per iscritto una sua predica:
«Quand j'ai été ici de retour, j'ai voulu moi-même en mettre quelque chose sur le papier et ne l'ai pu. L'Esprit de Dieu est quelquefois "vadens et non rediens" (Ps 77,39). Il a ses heures, ou pour mieux dire ses moments. C'est à nous à l'adorer et à le suivre quand il se présente» (in C. LANCELOT, Mémoires touchant la vie de M. de S. Cyran, Colonia 1738, t. Il, p. 498); e ancora: «M. de S. Cyran ... disait que la meilleure manière de lire ['Ecriture Sainte était de le faire fort simplement... et que Dieu savait bien élever l'âme selon qu'il lui était utile, et lui faire voir toutes les vérités et les plus grandes instructions dont elle pouvait avoir besoin» (C. LANCELOT, Mémoires, passo tagliato nell'edizione a stampa sovra citata, e rintracciabile nei manoscritti: cf. H. SAVON, Le figurisme, p. 763).
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Ma la confessione dello Spirito di grazia corne unico, assoluto creatore della propria interpretazione della Scrittura, dev'essere, corne si diceva, verificata sulla tradizione dei Padri, la cui interpretazione, comunque, è essa stessa guidata dallo Spirito: <<Il écrivait d'ordinaire les pensées que Dieu lui donnait de la sorte, mais jamais il ne les employait que Dieu ne lui eût fait trouver quelques passages dans les Pères pour les appuyer; tant il avait peur de rien avancer de lui-même» (C. LANCELOT, Mémoires, t. II, p. 88). Rivelativo in ta1 senso un passo di una lettera di Saint-Cyran ad Antoine Arnauld sull'interpretazione della Scrittura, ove Duvergier de Hauranne porta ad esempio S. Bernardo, il quale confessava «que quoi qu'il eût reçu toute l'interprétation de l 'Ecriture par une illumination secrète, néanmoins il faisait profession de ne rien dire qu'il n'eût lu et appris dans la Tradition des Pères» (in C. LANCELOT, Mémoires, t. II, p. 88). E infine in una lettera del 1628, riferendosi a dei suoi sermoni, afferma che Dio gli aveva fatto «connaître qu'il est maître de nos langues par nos coeurs et qu'il nous fait dire ce que nous n'avons jamais pensé, lorsqu'il réside en nous comme une autre âme» (Lettre L, in Oeuvres de 1679, t. 1, p. 386, cit. in J. ÜRCIBAL, Jean Duvergier de Hauranne abbé de Saint-Cyran et son temps (1581-1638), Paris 1947, p. 602, nota 1).
L' ermeneutica giansenista della Scrittura e dei Padri vive quindi di questa dialettica tra la confessio dell'azione gratuita e illuminante dello Spirito interprete, e l'esigenza di verifica metodica, filologica sulla tradizione patristica, che assicuri che l'illuminazione soggettiva non sia delirio concupiscente, illusione dell' amor sui. Di grande interesse l' analisi della teoria retorica di Saint-Cyran in M. FuMAROLI, L'âge de l'eloquence. Rhétorique et "res literaria" de la Renaissance au seuil de l'époque classique, Genève 1980, Paris 1994(2), in part. pp. 632-646; Fumaroli pero tende ad appiattire la teoria retorica agostiniana di Saint-Cyran su quella agostiniana di Erasmo, mentre a mio parere, con il suo «pneumatisme» (p. 644), Saint-Cyran rappresenta perfettamente, rispetto ad Erasmo, l"'altro versante" della retorica agostiniana cattolica (quella dell' Agostino della grazia predestinata e del IV libro del De doctrina christiana ), che appunto confessa lo Spirito corne unico vero Oratore, Verbo irresistibile di grazia al cospetto del quale la retorica umana o è impotente vaniloquio, o strumento occasionale.
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Capitolo terzo - Arnauld: Augustinus more cartesiano demonstratus
Di grande interesse è inoltre la polemica tra Barcos (rifiuto della traduzione elegante e razionalmente comprensibile ed esigenza dell'oscurità del mistero rivelato e inesauribile) e de Sacy (esigenza della resa trasparente del vero senso del testo) sulla liceità delle traduzioni del testo sacro, ove entrano consapevolmente in conflitto due diverse ermeneutiche della grazia predestinata. lndubbiamente l'insistenza di Barcos sulla intraducibilità dell' anarchico, metarazionale dinamismo della grazia nell' ordine razionale e fisso del testo, e sulla umanamente insuperabile «coupure» tra lettera e senso spirituale (nella Bibbia, «Dieu marche comme sur la mer, sans laisser de traces»: cf. Correspondance de Martin de Barcos, p. 372), richiama l'ermeneutica paradossale della grazia pascaliana assai più del metodo ermeneutico cartesiano di Arnauld: cf. in proposito L. MARIN, La critique de la représentation classique: la traduction de la Bible à Port-Royal (1976), ora in Pascal et Port-Royal, pp. 169-196.
Sulla questione, strategicamente decisiva (già per Giansenio e Saint-Cyran, quindi per tutti i Messieurs di PortRoyal) della traduzione della Bibbia in francese, cf. gli illuminanti studi di B. CHÉDOZEAU, Aux sources de la publication de la Bible catholique en français: C. Jansénius, L. Froidmont, Saint-Cyran (l'Ancien), in E.J.M. van Eijl (ed.), L'image de C. Jansénius ... , pp. 93-104; e soprattutto Les grandes étapes de la publication de la Bible catholique en français du concile de Trente au XVIIIe siècle, in J.-R. Armogathe (ed.), Le Grand Siècle et la Bible, Paris 1989, pp. 341-360.
Prezioso, inoltre, il saggio di M. DE CERTEAU, L'idée de traduction de la Bible au XVIIe siècle: Sacy et Simon, in «Recherches de science religieuse» 66, 1978, pp. 73-92, che sintetizza mirabilmente la concezione agostiniana della ScritturaSoggetto propria di de Sacy e di gran parte di Port-Royal: «À la base de la conception que Le Maître de Sacy se fait de la traduction, il y a une option qui d'emblée le distingue de Richard Simon: l'un cherche comment être le témoin d'un Livre-Sujet; 1' autre, comment traiter un livre-objet. Sacy vise le "sens" de l'Auteur, c'est-à-dire l'Esprit de Dieu; Simon, le sens du texte, c'est-à-dire une organisation littéraire et sémantique. À la même époque, le même livre donne lieu à deux pratiques divergentes. Ces positions... se réfèrent à des géographies différentes de la foi qui, chez l'un, est investie dans le rapport à 1' Ecriture sainte
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et, pour l'autre, est gardée par la tradition orale et prophétique de l'institution ecclésiale» (p. 80). La stessa concezione che de Sacy ha del testo sacro - di cui si tenta di restituire con chiarezza il senso letterale, comunque inseparabile da un'insuperabile oscurità -, rimanda ail' atto libero dello Spirito corne unico vero illuminatore del testo, sempre esteriore rispetto alla stessa lettera che Io comunica: «La lettre est une combinaison de prédicats et d'attributs divins où s'insinue, entourant de nuit ces signifiants révélés, l'impensable Sujet qui leur sert de suppôt. Il n'y a donc rien d'autre à penser que ce qu'énonce la swface du texte (seul vaut le sens "littéral"), mais elle est trouée de "ténèbres", zeôrée de "désordres", ponctuée d'incorrections, de "mauvais mots" et de "mauvaises phrases" [le espressioni sono dello stesso de Sacy, riportate da N. FONTAINE, Mémoires touchant la vie de M. de Saint-Cyran, t. IV, pp. 325 e 331] par où l'Extériorité du locuteur remonte dans son énoncé même et y fait nuit. Traduire, ce sera maintenir ce rapport, naviguer entre les lumières et les ténèbres, travailler à la transparence du message mais sans effacer les traces obscures de son auteur» (p. 83).
1 più razionalisti Arnauld e Nicole diffidano di un'ermeneutica scritturistica affidata alla pretesa di attingere una interiore, privata illuminazione divina; questa pretesa puo essere nient'altro che delirante amour propre. Come già aveva affermato il certo più mistico Saint-Cyran, soltanto la conformità della propria interpretazione con la Tradizione secolare della chiesa puo garantire la veridicità della propria esegesi scritturistica, e puo quindi permettere di confessare che essa dipende da un dono dello Spirito di grazia: <<Nous ne devons point interpréter /'Ecriture sainte à notre fantaisie, mais en prendre le sens dans la tradition perpétuelle de l'Eglise par laquelle nous avons reçu /'Ecriture même» (A. ARNAULD, Remarques sur les principales Erreurs d'un livre intitulé L' Ancienne Noveauté de l'Ecriture sainte ou l'Eglise triomphante en terre, Paris 1665). Sulle numerose opere di Arnauld dedicate a difendere la lettura diretta della Scrittura e a definime i criteri oggettivi d'interpretazione, comunque utili soltanto se vivificati dalla grazia donata dallo Spirito, cf. D. LEDUC-FAYETIE, Lire ['Écriture sainte: un "droit"?, in «Chroniques de Port-Royal» 44, 1995, pp. 97-112. Nicole ribadirà la posizione di Arnauld, soprattutto ne Les Visionnaires, ou Seconde partie des Lettres sur ['Hérésie ima-
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ginaire (1667): alcuni interpreti invasati spacciano l'allegoria forzata di alcuni testi biblici per senso nascosto della Scrittura, direttarnente e privatarnente rivelato dallo Spirito Santo. Soltanto il metodo di interpretare la Scrittura con la Scrittura, e la Scrittura con la tradizione, permette pertanto di non ''divinizzare" le proprie superbe immaginazioni. Per un'intelligente analisi della complessità dell'approccio port-royalista alla Bibbia, cf. ancora di B. CHÉDOZEAU, La lecture de la Bible par et chez les catholiques. Lecture de croyance et/ou lecture de savoir?, in «XVIIe siècle» 194, 1997, pp. 9-17: la prospettiva più storica di Lancelot, corne quella morale di Quesnel, sono distinte da quella più tradizionale (patristica) e spirituale di de Sacy (l'atto di interpretazione presuppone l'atto di fede); la stessa esegesi letterale e antitradizionale di Simon viene quindi inquadrata in relazione all'evoluzione dell'ermeneutica biblica port-royalista.
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CAPITOLO QUARTO
L'ÉCRIT À TROIS COLONNES: L'EQUIVOCITÀ DELLE CINQUE PROPOSIZIONI
Dinanzi alla decisione romana di condannare le cinque proposizioni, additate dagli antigiansenisti corne oggettive testimonianze dell'eretica teologia di Giansenio, i «discepoli di sant' Agostino» sono costretti da una parte a piegarsi alla loro condanna, dall' altra a difendere l' autentica dottrina della grazia agostiniana che, malgrado le loro forzature 1, quelle proposizioni comunque difendono, condannando con assoluta nettezza qualsiasi interpretazione molinista o semi-pelagiana della dottrina della giustificazione. 1 giansenisti riescono cosl nell'acrobazia enneneutica di condannare le cinque proposizioni (e con esse l'interpretazione protestante o calvinista, vero e proprio capro espiatorio della strategia difensiva giansenista), ma al tempo stesso di difenderle corne possibili testimonianze dei dogmi fondamentali della grazia agostiniana; e cio grazie alla messa in luce della equivocità (per i giansenisti intenzionalmente capziosa) di ciascuna delle proposizioni, interpretabili in due modi opposti, quindi pericolosamente esposte al rischio di condannare con l' errore calvinista la stessa verità agostiniana. Chiara testimonianza di questo prodigioso sforzo dialettico, emblematico non solo della strategia difensi-
1 Sullo scarto tra le cinque proposizioni e le affennazioni dell'Augustinus, cf. L. CEYSSENS, L'authenticité des Cinq Propositions condamnées de Jansénius, in «Antonianum» 55, 1980, pp. 368-424.
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va, ma della stessa sistematica ermeneutica giansenista 2, è l' Écrit à trois colonnes, probabilrnente redatto, dietro istruzione di Arnauld e Nicole, dall'abbé Lalane 3, inutilrnente letto nel maggio del 1653 a Innocenzo X per scongiurare l'identificazione tra l' agostinisrno giansenista e le cinque proposizioni ormai destinate ad una sicura censura, ovvero per ottenere dal papa il riconoscirnento della legittirnità di alrneno un senso (appunto quello agostiniano-giansenista) delle proposizioni.
L' Écrit, per sottolineare irnmediatamente l'arnbiguità della lettera delle proposizioni, distingue, anche graficamente in tre colonne affiancate, il mediano «sensus legitimus» (agostiniano autentico) dal «sensus alienus» o «haereticus» (luterano e calvinista), corne dalla semipelagiana contraddizione rnolinista (p. 469). Se interpretate legittirnamente, quindi, le cinque proposizioni possono essere assunte corne fedeli postulati della dottrina agostiniana della grazia efficace, corne conseguenze assolutarnente evidenti derivanti dal principio chiave della teologia agostiniana e cattolica:
«Sancti Augustini doctrinae potissima pars et quasi summa est gratia ex se efficax, cum qua praedictae propositiones inviolabili insolubilique nexu conjunctae sunt» (p. 4 73) 4•
Secondo l' Écrit, la 1 proposizione ( <<Aliqua Dei praecepta hominibus justis volentibus et conantibus secundum praesentes quas habent vires sunt impossibilia. Deest quoque iis gratia qua possibilia fiant>>: cf. p. 470) è agostinianarnente legittima se interpretata: 1) contro i protestanti ( che, pur riconoscendo l'irnrnanenza della grazia efficace, affermano che <<justis omnibus ... deest semper et quamdiu vivunt gratia qua possint vel unum ex mandatis Dei sine peccato adimplere» ), corne
2 Lo scritto, che presuppone ovviamente la strategia enneneutica del-1' Augustinus e delle Apologies amauldiane, fu certamente conosciuto dallo stesso Pascal: cf. J. MESNARD, lntroduzione agli Écrits sur la grâce, in B. Pascal, Oeuvres complètes, III, Paris 1991, pp. 570-571.
3 Lo scritto è integralmente riportato nell'originale Iatino e in traduzione francese in L. GoRIN DE SAINT AMOUR, Journal de ce qui s'est fait à Rome dans ['Affaire des Cinq Propositions, Paris 1662, pp. 469-479.
4 Cf. la traduzione francese a p. 478, ove significativamente il termine «summa» è tradotto con «le summaire et la substance».
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Capitolo quarto - L'equivocità delle cinque proposizioni
cattolico riconoscimento che non a tutti gli eletti, ma solo «aliquibus justis volentibus et conantibus invalide et impeifecte» (essendo stata loro sottratta la grazia efficace), «praecepta Dei... impossibilia sunt proxime et complete seu ab iis adimpleri proxime non possunt>>; 2) contro i molinisti (per i quali i comandamenti divini sono <<justis volentibus et conantibus ... semper possibilia per gratiam eorum libero arbitrio subjectam, nec unquam ipsis deest gratia... proxime necessaria» ), corne cattolico ribadimento che solo la «gratia efficax>> rende <<proxime possibilia» i comandamenti divini e dona «speciale illud auxilium», l' «adiutorium quo» perseverare nel bene.
La II proposizione ( «lnteriori gratiae in statu naturae lapsae numquam resistitur>>: cf. p. 471) è per i giansenisti legittima se cosl intepretata: «Gratiae Christi ad singulos pietatis actus proxime necessariae numquam resistitur, hoc est, numquam illa frustratur eo effectu ad quem a Deo proxime datur>>; viene quindi respinta la sua interpretazione protestante (secondo la quale l'uomo riceve «mere passive et velut inanime» la grazia efficace, si che «nihil omnino agit, nec cooperatur nec libere assentitur>> ), incapace tra l' altro di considerare i modi diversi nei quali la grazia puo essere <<proxime» concessa da Dio (essa puo essere soltanto «suasiva», e quindi resistibile, corne <<parva» e meramente provvisoria); viene comunque nettamente respinta la tesi meramente contraddittoria sostenuta dai molinisti ( «aliquando resistitur>> ).
La III proposizione («Ad merendum et demerendum in statu naturae lapsae non requiritur in homine libertas a necessitate, sed sufficit libertas a coactione»: cf. p. 471) è per i giansenisti agostinianamente legittima se interpretata 1) contro i protestanti (che accettano per la libertà una non coattiva o violenta eppure deterministica «necessitas naturalis, qualis etiam reperitur in motibus indeliberatis» ), corne cattolico riconoscimento della «essentia libertatis et meriti» e quindi della possibilità che l'uomo perda la grazia, in quanto è ineliminabile dalla sua libertà la «indijferentia potentiae», la possibilità del volere altrimenti; e 2) contro i molinisti (che negano qualsiasi necessità, affermando corne necessaria soltanto una «indijferentia proxima agendi et non agendi», sempre autonomamente disponibile al libero arbitrio dell'uomo), corne cattolico riconoscimento che comunque, operando la grazia
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
efficace «actuellement>> (p. 476), questa possibilità o potenzialità di resistere alla grazia rimane necessariamente (seconda una «necessitas infallibilitatis») puramente astratta e inattuabile, si che «semper reperiatur indifferentia potentiae qua voluntas etiam sub gratia proxime necessaria et ex se efficace potest non velle, non tamen ut umquam simul cum eadem gratia non velit>> (p. 471); cf. la distinzione gianseniana tra «sensus compositus» e «sensus divisus».
Pertanto la IV proposizione ( «Semipelagiani admittebant praevenientis gratiae interioris necessitatem ad singulos actus etiam ad initium fidei. Et in hoc erant haeretici, quod vellent eam gratiam talem esse cui posset humana voluntas resistere vel obtemperare») è certamente agostiniana e ortodossa se riferita all'irresistibilità della «gratia ex se efficax» contro i molinisti (per i quali la grazia divina «ex se efficax non est>>, essendo subordinata al libero consenso dell'uomo, «pro nutu suo» ), comunque affermando contra i luterani (per i quali la grazia è sempre soltanto efficace, operando sempre in modo che il giusto «non possit dissentire si velit») che la libertà puô comunque rifiutare questa grazia preveniente, in quanto essa puô anche essere donata da Dio non efficacemente, irresistibilmente o durevolmente (cf. p. 472).
La stessa V proposizione ( «Semipelagianum est dicere, Christum pro omnibus omnino hominibus mortuum esse aut sanguinem fudisse») rettamente intesa, pur opposta alla troppo brutale interpretazione protestante (Cristo è morto per i soli predestinati), è sostanzialmente difesa contro i molinisti (per i quali il valore salvifico della morte di Cristo si identifica con la stessa grazia sufficiente universalmente donata, <<proxime necessaria ad operandum», che pero esclude il ricorso ad un'ulteriore grazia efficace): agostinianamente, soltanto la grazia efficace rende salvifica la morte di Cristo, pur universalmente offerta ad ogni uomo (cf. p. 472).
Riguardo all' interpretazione giansenista delle cinque proposizioni, di notevole interesse è inoltre la Preface dell' Information touchant la grace efficace par elle mesme ou prédeterminante, proposta ancora a Innocenzo X5; cf. in particolare
s Anch'essa è riportata nel Journal di DE SAINT AMOUR, pp. 479-485.
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Capitolo quarto - L'equivocità delle cinque proposizioni
l'accusa agli antiagostiniani di a ver escogitato volutamente delle proposizioni «équivoques», per poter «détruire» l'intera dottrina agostiniana della grazia efficace, in quanto
«il n'y a pas une des cinq propositions dont ils ont proposé l'examen, qui n'ait une liaison toute manifeste avec la grace efficace» (p. 479) 6
Del tutto antitetica la posizione del molinista ALBIZZI, personaggio decisivo per la storia dell'intera controversia giansenista, perfettamente capace di individuare il punto chiave dell'apologia agostiniana dei giansenisti:
«Per condannare un articolo di fede basta che egli abbia un solo senso falso che possa indurre in errore gli incauti» 7•
Viene infatti messa in questione l'intera strategia ermeneutica giansenistica, da Giansenio ad Arnauld, dall' Écrit à trois colonnes agli Écrits sur la grâce di Pascal. Essa è infatti totalmente impemiata sull' identificazione di una teoria dell' equi vocità, volta a sottolineare già in Agostino, quindi in tutta la tradizione ecclesiastica e negli stessi pronunciamenti papali, la strutturale ambiguità di alcune affermazioni teologiche (ad esempio: il giusto non puô realizzare i comandamenti divini) e quindi la distinzione tra un loro senso ortodosso (agostiniano, difeso da Trento) e un loro senso eretico (luterano, condannato a Trento ).
6 Seconda questa prospettiva, si comprenderà l'intransigente posizione di PASCAL: «Il n'y a point de différence entre condamner la doctrine de Jansénius sur les cinq propositions, et condamner la grâce efficace, saint Augustin, saint Paul» (Ecrit sur le formulaire [1661], in Oeuvres complètes, IV, pp. 1204-1207, in part. p. 1204); infatti, «les 5 propositions étaient équivoques, elles ne le sont plus» (Pensées 880=596=83 l). Si vedano in tal senso già i frammenti preparatori della XIX Provinciale (in part. p. 469), e l' affermazione: «On attaque la plus grande de vertus chrétiennes, qui est l'amour de la vérité»; Pascal afferma il dovere cristiano dell'onestà intellettuale, quindi l'obbligo di «expliquer» tutto cià che è equivoco: cf. Pensées 979=747=945.
7 Citato in B. NEVEU, L'erreur, 552-553.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
Lo stesso tormentatissimo esame delle cinque proposizioni presso il Santo Uffizio nel 1653 8 testimonia, attraverso il fluttuante e comunque mai unanime valutare e schierarsi dei vari membri, l' ambiguità delle proposizioni stesse, interpretate ora corne eretiche e condannabili, ora corne erronee ma non esplicitamente eretiche, ora corne indiscutibili e da sottoscrivere (cf. ad esempio la posizione del francescano Wadding o del generale agostiniano Visconti). Soltanto l' ostinazione dell' Albizzi, il suo alterare senza scrupoli la stessa composizione del Santo Uffizio, permise la finale condanna teologica delle cinque proposizioni, realizzando cosl gli auspici dello stesso Innocenzo X. Malgrado l'intenzione del partito antigiansenista (ricordo che l' Albizzi parlava di <<feccia» riferendosi all' Agostino antipelagiano 9) fosse quindi ostile non solo a Giansenio, ma allo stesso Agostino, la rassicurazione che il papa avrebbe fomito alla delegazione giansenista è non solo del tutto degna di fede, ma persino assolutamente onesta: «0 questo è certo», avrebbe affermato Innocenzo X, negando di aver voluto minimamente condannare, tramite la censura delle cinque proposizioni, la grazia efficace di Agostino 10• Roma, infatti, non voleva affatto condannare Agostino, ma soltanto accantonarlo, o meglio "reinterpretarlo" (antiagostinianamente)! Le acrobazie gianseniste intomo alla cinque proposizioni (accettare la loro condanna, ma evidenziando che esse non erano davvero gianseniste, ovvero agostiniane) erano quindi implicitamente imposte dall'atteggiamento intenzionalmente equivoco di Roma.
Chiaramente i più spregiudicati polemisti antigiansenisti erano assai più espliciti, anzi univoci, nell'identificazione dell' errore teologico agostiniano. In tal senso, è di notevole interesse l'opera di un personaggio chiave della controversia, il
8 Per una mirabile ricostruzione dei lavori del Santo Uffizio nel 1653, rimando ancora a L. CEYSSENS, Les cinq propositions de Jansénius à Rome.
9 Cf. DE SAINT-AMOUR, Journal, p. 221; Albizzi poteva cosl affermare che sarebbe stato meglio sopprimere Agostino, piuttosto che rinunciare a condannare i giansenisti: cf. L. CEYSSENS, Le Cardinal François Albizzi, p. 146.
1° Cf. A. ARNAULD, Relation abrégée sur le sujet des cinq propositions [1653], in Oeuvres XIX, 78.
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gesuita e confessore di Luigi XIV FRANçms ANNAT, La Conduitte de l'Eglise et du Roy iusti.fiée dans la condamnation de l 'heresie des Iansenistes, par la refatation des faux pretextes de la Question de Faict et de Droit: Et de la pretenduë Conformité de leur Doctrine avec celle des Thomistes; Et par la preuve de leur veritable conformité avec les Calvinistes, Paris 1664. In particolare, nella Premiere partie sur la question du fait, contro l'affermazione arnauldiana del fatto che nell 'Augustinus non sono presenti le cinque proposizioni almeno nel loro senso eretico e condannabile, Annat riconduce le cinque proposizioni a numerosi passi dell 'Augustinus (cf. capp. VI-X, pp. 30-85), per sottolineare la piena identità tra il senso eretico condannato dalla chiesa e il senso gianseniano, univocamente interpretato e sistematicamente identificato con l'eresia calvinista; non è pertanto ammessa alcuna interpretazione ambigua delle cinque proposizioni:
«Les cinq Propositions et les textes cités ont une si paifaite correspondance, que les cinq Propositions dans leur sens propre et naturel, ne sont autre chose qu'une expression fidele et racourcie du sens des textes: et les textes une expression estenduë du sens des cinq Propositions» (XI,86).
Pertanto il senso delle proposizioni è immediatamente naturale, univoco, e quindi indiscutibilmente eretico:
«le sens propre et naturel qu'elles ont, est le sens de lansenius... et le sens propre et naturel de ces Propositions est Heretique» (XII,107).
Significativamente Agostino passa in secondo piano rispetto a Tommaso (cf. XI,87) e soprattutto all' autorità di Roma: cf. II,8-111,15, ove riguardo alla questione di fatto, agli occhi eretici degli studiosi giansenisti vengono contrapposti gli occhi infallibili della Chiesa. Cf. XIV, 117, ove Annat afferma significativamente: «Le Pape n'est pas plus infaillible en approuvant Saint Augustin, qu'en reprouvant Iansenius»: non è il papa a doversi attenere ad una dottrina autonomamente valida, ma è il valore della dottrina teologica a dipendere dal pronunciamento dell' autorità romana. Se dunque il
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papa condanna le dottrine di Giansenio, esse non possono più essere identificate dai giansenisti con quelle di Agostino, approvate dal papa (cf. XIV, 118). Il senso non è quindi svelato dall'indagine storico-critica o teologica, ma soltanto dall'autorità dogmaticamente vincolante. Ancora di F. ANNAT, sono in tal senso significativi i Cavilli Janseniarum, Paris 1654, e in particolare il cap. III, pp. 26-30, ove si nega la corrispondenza tra la dottrina di Giansenio (identificata con le cinque proposizioni condannate dal papa) e quella di Agostino:
«Nul/am esse certiorem viam ad cognoscendam Augustini sententiam quam Ecclesiae interpretationem. Non licere nobis Augustinum interrogare de dubiis quae circa eius scripta suboriri possunt, adire autem Ecclesiam licere. Quid igitur tutius quam ut praesentem et loquentem Ecclesiam interrogemus de sententia sancti Augustini tacentis et absentis. Esto, scripto loquatur Augustinus, non posse tamen scripto dubia solvere quae circa scriptum ipsum nascuntur. Si veram putamus eius sententiam, cum sit certius verum etiam esse Summi Pontificis, certo concludendum non intelligi Augustinum ab iis a quibus trahitur in sententiam Pontifici contrariam».
La vantata ermeneutica scientifica giansenista viene sistematicamente contraddetta: 1) contro la pretesa giansenista di rivelare la perfetta chiarezza e coerenza dei testi teologici agostiniani, questi vengono qui presupposti corne strutturalmente ambigui, poco chiari, se non contraddittori; 2) con grande finezza, si accusano implicitamente i giansenisti di interpretazione materiale e non ispirata, priva di grazia: la radicale svalutazione dello scritto - della lettera - rispetto alla sua retta interpretazione spirituale (aprioristicamente postulata corne coincidente con la vera sententia o intenzione dell'Ipponate) viene finalizzata a sottrarre al mero esame storico-filologico la possibilità di identificare la vera dottrina di Agostino, che è postulata corne coincidente con quella del papa, suprema autorità ermeneutica. 3) Nel caso comunque si riconoscessero delle affermazioni agostiniane indubitabili ed ecclesialmente inaccettabili, si ribadisce che l'autorità del papa supera comunque quella stessa di Agostino, implicitamente dichiarato corne mero interprete umano, quindi non divinamente ispirato e non infallibile:
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«Si deinde convincentur id quod definitum est contrarium esse quibusdam aliis eiusdem Sancti Augustini pronuntiatis, deserendam potius Augustini sententiam, quam sententiam Summi Pontificis» 11•
11 Rivelativa della spregiudicatezza di ANNAT, una sua affermazione nell'Augustinus a Baianis vindicatus (1652): «En condamnant les cinq propositions, le pape ne s'est pas mis en peine de savoir s'il condamnait ou non saint Augustin». Le tesi di Neveu possono quindi essere reinterpretate corne una riproposizione della singolare enneneutica teologica di Annat, certo assai più intelligentemente e dottamente sistematizzata.
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CAPITOLO QUINTO
PASCAL: ERMENEUTICA E RETORICA DEL PARADOSSO
«Tout est fait et conduit par un même maître; la racine, les branches, les fruits; les principes, les conséquences»
«Tout ce qui ne va point à la charité est figure» 1
Già in Giansenio e in Arnauld, la questione della retta interpretazione dei testi agostiniani e conciliari sulla grazia si identifica con la ricostruzione del sistema da essi rivelato: le regole ermeneutiche che guidano l'interpretazione di Agostino non possono non riflettere i supremi principi del sistema cattolico della grazia, si che la logica dialettica del «maître» umano rinvia alla logica dialettica del «Maître» divino che lo muove, la retorica del Padre umano dipende dall' eterna retorica del Padre divino che Io ispira. Analogamente, le Pensées di Pascal, i frammenti di quell'incompiuta Apologie della logica divina rivelata dal cristianesimo, sono la paradossale realizzazione sistematica delle linee teologiche già messe a punto negli abbozzi dei disorganici, ripetitivi eppure illuminanti
1 Pensées 698=577=119 e 270=301=670. Questo capitolo rielabora e approfondisce il mio saggio Pascal interprete di Agostino. La dialettica ermeneutica, la retorica della grazia e il paradosso del metodo, in B. Bocchini Camaiani e A. Scattigno (edd.), Anima e paura, pp. 201-242.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
Écrits sur la grâce 2, dedicati a definire compiutamente la dottrina della grazia divina tramite l'identificazione di un metodo enneneutico capace di ricostruire sistematicamente la logica dell'opera agostiniana e dell'intera tradizione cattolica 3•
1. LA DIALEITICA ERMENEUTICA: GLI ÉCRITS SUR LA GRÂCE
COME STRUITURA DELLE PENSÉES
Per gli Écrits sur la grâce, corne per le Pensées, è necessario distinguere, nella dialettica cattolica o agostiniana
2 Il contributo decisivo allo studio dell'opera è l'introduzione di J. MESNARD agli Écrits sur la grâce, in B. Pascal, Oeuvres complètes, III, Paris 1991, pp. 487-641; ma cf. ancora J. MIEL, Pascal and the Theology, Baltimora-London 1969, in part. pp. 64-107 e 195-211; e il magistrale volume di PH. SELLIER, Pascal et saint Augustin, Paris 1970, che per primo ha ampiamente dimostrato la sistematica conoscenza che Pascal aveva di Agostino; cf. in part. pp. 229-357 (pur se talvolta viziate da un'ottica spiritualizzante e estetizzante, ben esemplificata dalla deludente conclusione aile pp. 355-357). MESNARD colloca gli Écrits tra l'autunno del 1655 e l'invemo del 1656 (cf. pp. 586-591), dunque anteriormente all'avvio della stesura delle prime Pensées (primavera del 1656): ricordo che le grandi linee della progettata Apologie furono esposte a Port-Royal soltanto nella primavera del 1658. Per quanto riguarda il rapporto con Arnauld, significativamente Mesnard identifica nella Premiere Apologie d' Arnauld «une source manifeste» e decisiva degli Écrits (pp. 549-550), accanto alla Sanctorum Patrum de gratia Christi et libero arbitrio dimicantium Trias (1648) di PAUL ERYNACH, pseudonimo di JEAN S!NNICH (cf. pp. 551-554).
3 Postulato fondamentale (e in realtà storicamente infondato) dell'impresa storico-teologica giansenista è l'invariata continuità del dogma cattolicoagostiniano da Cristo e dalla Scrittura, sino alla controversia De auxiliis e, ovviamente, a Giansenio: «la règle que nous prendrons pour cet effet sera la tradition successive de cette doctrine [della grazia] depuis Jésus-Christ jusqu'à nous. Nous montrerons que nous l'avons apprise de nos pères, eux de ceux qui les ont précédés, ceux-là des autres, ceux des anciens Pères, qui l'ont tenue des apôtres, qui l'ont reçue immédiatement de Jésus-Christ même qui est la vérité» (Écrits sur la grâce, Traité de la prédestination [=T]l,14,169=1,958). Afferma significativamente Sellier: «Comme les Pères, Pascal voit dans la Tradition le seul commentaire infaillible de !'Écriture. Il étudie les conciles, la liturgie, les oeuvres patristiques - en particulier celle de saint Augustin, dont il possède et étudie sans cesse les Opera omnia. Mais toute la Révélation se trouve enclose dans la Bible. C'est au fond la version catholique du principe Scriptura Sola» (PH. SELLIER, La Bible de Pascal, in J.-R. Annogathe (ed.), Le Grand Siècle et la Bible, pp. 701-719, in part. p. 703).
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della giustificazione, diverse dimensioni teo-logiche, capaci di generare, se misconosciute o confuse, fatali fraintendimenti, sino a suggerire una assoluta contraddittorietà della fede cristiana e conseguentemente una sua assunzione soltanto parziale ovvero eretica:
«Nous ne laisserons pas de répondre aux passages de /'Écriture (corne a quelli agostiniani o conciliari) que les uns et les autres errants expliquent suivant leur sens, et qui semblent les favoriser 4•••• Et enfin nous ferons voir combien cette doctrine (quella agostiniana della grazia predestinata) est conforme au sens commun même» 5•
La logica umana, l'applicazione sistematica del metodo dialettico possono quindi rendere chiara e evidente allo stesso senso comune la perfetta coerenza della più ardua e paradossale delle dottrine teologiche: le eresie infatti nascono da un'insufficiente comprensione dialettica, dall'incapacità di distinguere e quindi di assumere, connettere nel giusto e illuminante ordine sistematico cause, piani, stati ontologici, sensi teologici diversi 6• La verità cattolica, al contrario, identifica e connette, concatena la complessa tensione di distinti attraverso la quale si articola la dottrina della giustificazione agostiniana, riconoscendo, nel loro richiamarsi e passare l'una nell'altra, diverse relazioni dialettiche:
- una dialettica spirituale e metafisica: quella asimmetrica tra causa volontaria prima («dominante») e causa volontaria seconda («suivante»), tra irresistibile potenza redentrice della grazia divina e consenso spontaneo della libertà umana;
- una dialettica ontologico-dogmatica: quella tra natura creata e lapsa (in Adamo) e natura redenta (in Gesù Cristo);
4 Cf. Pensées 775=639=899. 5 TJ,18,769-770=1,958. Cf. Pensées 769=634=903. 6 Cf. in prop. infra, Appendice 1: l 'ermeneutica teologica come disci
plina scientifica.
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- una dialettica intrateologica: quella tra grazia sufficiente (l' adiutorium sine quo non, la volontà «conditionnelle» di salvezza, il soccorso generale originariamente donato da Dio creatore) e grazia efficace (l'adiutorium quo, la volontà «absolue» di salvezza, il soccorso particolare donato da Dio redentore);
- una dialettica antropologica: quella tra il per sé dell' eteronomo o soprannaturale, irresistibile desiderio della caritas e l' in sé dell' autonomo o naturale, irresistibile desiderio della concupiscentia;
- una dialettica storico-ecclesiale: ovvero quella cattolica tra antimanicheismo e antipelagianesimo7, riattua-
7 Con la parziale eccezione di V. CARRAUD (cf. Pascal et la philosophie, pp. 157-164 e 173-184), non mi pare sia mai stato davvero dimostrato corne la dialettica tra eresie giunga al giansenismo e a Pascal ancora attraverso la mediazione di Agostino; mi limita a rinviare unicamente ad alcuni testi di Agostino (accusato da Giuliano di manicheismo) relativi alla definizione della verità cattolica corne giusto mezzo tra l'errore manicheo e 1' errore pelagiano, avvertendo comunque che Agostino utilizza sistematicamente la stessa dialettica dell'eresia anche in ambito trinitario (la verità cattolica corne giusto mezzo tra l'errore sabelliano e l'errore ariano). «Catholica utrosque redarguit ... His morbis inter se contrariis Manichaei Pelagianique confligunt, dissimili voluntate, simili vanitate; separati opinione diversa, sed propinqui mente perversa... Possunt enim duo errores inter se esse contrarii, sed ambo sunt detestandi, quia sunt ambo contrarii veritati ... Sed absit, ut catholica mater propter alterorum odium alteros eligat amare, cum monente atque adiuvante Domino debeat utrosque vitare et cupiat utrosque sanare» (Contra duas epistulas Pelagianorum 11,2,2-4); cf. De nuptiis et concupiscentia II,3,9; 23,38 (ove ricorre anche il riferimento alla dialettica eretica sabelliani-ariani); 29,50; Contra duas epistulas Pelagianorum III,9,25; IV,3,3-4,4; 4,6; 6,12; 7,18; Contra lulianum Vl,57; Opus imperfectum contra lulianum I,115; II,97; III,160; III,177; IV,1; V,25 (ove ritoma anche il riferimento al cattolicesimo corne giusto mezzo tra sabellianesimo e arianesimo). Che questa concezione dell'ortodossia corne «milieu», corne perfetta mediazione dialettica degli opposti estremi delle eresie sia quindi già gianseniana e giansenista, è del tutto chiaramente confermato da questo importante brano di A. ARNAULD, Seconde Apologie: Agostino «ayant eu à combattre sur ce sujet des hérésies toutes opposées, savoir celle des Manichéens, et celle des Pélagiens, dont les uns décriaient /'Ancienne Loi comme mauvaise, et les autres voulaient qu'elle donnât la force de bien vivre, et ne pouvaient souffrir que l'on dit qu'elle augmentait le péché se fondant tous deux sur le même principe, qui est que si la Loi opère la mort et le péché, elle est mauvaise; d'où les Manichéens concluaient qu'elle était mau-
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lizzata dalla dialettica tra antiluteranesimo (o anticalvinismo) e antimolinismo;
- una dialettica cristologica, per Pascal teologicamente fondante e quindi ermeneuticamente decisiva: quella tra l'onnipotente natura divina e l'impotente natura umana di Cristo.
A queste diverse prospettive della dialettica (nel senso tecnico platonico) strutturale o dogmatica del cristianesimo, Pascal affianca
- una raffinatissima dialettica (nel senso tecnico aristotelico) anfibologica, attraverso la quale evidenziare la frequentissima equivocità dei termini teologici, per chiarirla e specificarla escludendone interpretazioni ereticamente false e contraddittorie 8; ad esempio, un unico termine equivoco designa sensi irriducibili: il potere corne possibilità potenziale o astratta e il potere corne possibilità attuale o efficace; il volere corne irre-
vaise, parce qu'elle opérait la morte et le péché; et les Pélagiens, au contraire, qu'elle n 'operait pas la mort et le péché, parce qu'elle n'était pas mauvaise; il (Agostino) est toujours demeuré ferme dans la même doctrine, et l'opposition de ces adversaires, si différents, ne l'a jamais fait pencher plus d'une côté que l'autre, ni donner plus à la Loi, en disputant contre les Manichéens, qui ne lui donnaient rien du tout, qu'en disputant contre les Pélagiens qui lui donnaient trop... Gardant toujours le milieu de la vérité entre ces deux erreurs opposées... Ce que nous disons, que la Loi sainte, juste et bonne, a été donnée pour être violée, non pour justifier les pécheurs, mais pour convaincre les superbes, est en même temps contraire aux Manichéens parce que nous donnons à la Loi les louanges qu'elle mérite selon /'Apôtre, et contraire aux Pélagiens, parce que nous reconnaissons, avec l 'Apôtre, que personne n'est justifiée par la Loi» (11,4, pp. 102 e 105).
8 Gli eretici sono appunto «ceux qui abusent des passages équivoques de saint Augustin, au lieu de les expliquer par les univoques» (Écrits pour la grâce, Lettre sur la possibilité des commandements [=L] 4,l,677=III,980). Cf. in prop. J. PLAINEMAISON, la 'méthode géométrique' contre la 'doctrine des équivoques' dans les Provinciales, in J. Mesnard e altri (edd.), Méthodes chez Pascal. Actes du Colloque tenu à Clermont-Ferrand 10-13 juin 1976, Paris 1979, pp. 223-239; V. CARRAUD, Pascal et la philosophie, pp. 149-157; D. DESCOTES, L'argumentation chez Pascal, Paris 1993, in part. i notevoli cap. VI: «La méthode d'intérpretation», pp. 231-265, e cap. VIII: «Argumentation critique: confirmation et réfutation», pp. 333-372; P. CARIOU, Pascal et la casuistique, Paris 1993, in part. il cap. IV, «De l'interpretation», 87-109.
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sistibile spontaneo consenso e il volere corne autonoma iniziativa del libero arbitrio; analogamente, l'uso contraddittorio di uno stesso termine fa apparire corne contraddittori e inconciliabili sensi teologici del tutto differenti e quindi in realtà compatibili: la (predestinante) «grazia precedente o operante» e la (presciente) «grazia conseguente o cooperante», o viceversa la (assolutamente antecedente) «precedenza dell' abbandono divino» e la (comunque conseguente) «precedenza dell' abbandono umano».
L' ermeneutica pascaliana del dogma è quindi un sistematico dare ragione della selva di contraddizioni nella quale sembra risolversi e smarrirsi il cristianesimo. Questa ineliminabile concentrazione dialettica del dogma cattolico-agostiniano è da Pascal illustrata confrontandosi con i documenti tridentini sulla giustificazione: in particolare il concilio di Trento aveva negato che «Dei praecepta homini iustificato ad observandum esse impossibilia» 9; questa proposizione dogmatica - non a caso chiamata in causa contro Giansenio nella prima delle cinque proposizioni - sottintende le questioni decisive della dottrina agostiniana e giansenista della grazia. Pascal intende 1) dimostrare l'ambiguità o l'equivocità della littera conciliare (che comunque riprende, corne sottolinea Pascal seguendo Giansenio, espressioni agostiniane e quindi non puè> non presupporre corne normativo il vero «sens» teologico di Agostino 10), inequivocabilmente anti-luterana, e quindi apparentemente semi-pelagiana, per poi 2) affermare corne vero senso di questa littera soltanto quello autenticamente agostiniano, anti-semipelagiano 11 • Pertanto:
9 Cap. XI della VI sessione tridentina; «Nam Deus impossibilia non iubet» (ivi), passo citato e commentato in L3,10-11,668=IIl,990.
10 «Ces paroles: "les commandements ne sont pas impossibles aux justes", étant prises de saint Augustin, qui est cité à la marge du Concile, on ne doit pas penser qu'elles y aient été employées dans un sens contraire à celui de saint Augustin; car il n'a rapporté ses paroles que pour rapporter son sens, puisque, autrement, ce serait agir de mauvaise foi» (L2,22,653=IIl,975).
11 «.Mais comme cette proposition est équivoque, vous ne trouverez pas étrange qu'on puisse l'accorder en un sens et la nier en l'autre»
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«L'objet de ce discours 12 est de montrer quel est le véritable sens des saints Pères et du Concile de Trente dans ces paroles: "Les commandements ne sont pas impossibles aux justes"13•
Lequel de ces deux sens est le véritable: le 1: Qu'il n'est pas impossible que les justes accomplissent les commandements. Le 2: Que les commandements sont toujours possibles à tous les justes, de ce plein et dernier pouvoir auquel il ne manque rien de la parte de Dieu pour agir»14•
Per Pascal soltanto il primo senso è quello affermato dal concilia tridentino, che al tempo stesso intende affermare che: 1) i comandamenti non sono impossibili ai giusti (contra Lutera, per il quale si dà «une impossibilité invincible»15); 2) i comandamenti non sono sempre possibili ai giusti (contra i pelagiani, per i quali i giusti hanno «toujours le pouvoir entier>> di realizzarli 16). Al contrario, difendere l'interpretazione pelagiana del pronunciamento tridentino
«c'est corrompre le sens de cette proposition, non seulement contre les règles de la grammaire, mais encore contre l'inten-
(L2,7,649=IIl,972). Cf. supra, capitolo quarto - L'Écrit à trois colonnes: l 'equivocità delle cinque proposizioni.
12 Si tratta dell'incompiuto Discours sur la possibilité des commandements [=D]=lV degli Écrits sur la grâce dell'ed. Chevalier.
13 Con una certa imprecisione, seguendo la prima delle cinque proposizioni, Pascal traduce il tridentino «homo iustificatus» (=l'uomo già visitato dalla grazia divina) con «le juste»: si tenga sempre presente questa equivalenza.
14 D5,l-2,748=1V,l012; cf. DJ,4,718=1V,l037. 15 D5,18,75l=IV,l015. Di grande interesse l'identificazione tra lutera
ni e manichei (fatta salva la fondamentale distinzione che i primi imputano il male ad una corruzione invincibile della natura, originariamente creata buona da Dio, mentre i secondi la imputavano ad una natura già originariamente malvagia e incorreggibile: D5,77,763=1V,l023): «Les Manichéens étaient les Luthériens de leur temps, comme les Luthériens sont les Manichéens du nôtre» (ivi); i luterani infatti negano l'esistenza del libero arbitrio, affermando quindi «une impossibilité absolue (a adempiere ai comandamenti) et une nécessité inévitable qui forçait les hommes à pécher. .. Or qui ne sait que c'est un des chefs de l'erreur des Manichéens, et que laméchante nature qu'ils soutenaient ne fût telle qu'il n'y eût aucune puissance capable de vaincre sa malice, non pas méme celle de Dieu?» (D5,65,760-67,76l=IV,1022).
16 D5,20,752=1V,l015.
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tion du Concile, et contre l'explication qu'il en fait au même lieu d'où les paroles sont prises» 17 •
1) Grammaticalmente, il rifiuto tridentino dell'affermazione «i comandamenti sono impossibili ai giusti» non equivale ad affermare (semipelagianamente) che i comandamenti sono sempre18 possibili ai giusti; 2) l'intenzione specifica della formula tridentina è quella di evidenziare l'irriducibilità della dottrina cattolica all'eresia luterana, corne l'intenzione di alcuni passi di Agostino era quella di difendersi dalle accuse pelagiane, evidenziando l'irriducibilità della propria teologia a quella manichea; il che non significa appiattire Agostino e Trento sull'eresia pelagiana, non essendo questa l'unica possibile altemativa all'errore manicheo-luterano; 3) il riferimento al contesto dell' intera opera agostiniana, corne a quello degli altri capitoli e canoni tridentini, dimostra con assoluta evidenza che la lettera equivoca della proposizione non puo essere interpretata nel senso pelagiano, rifiutato da numerosissimi passi assolutamente univoci; Agostino stesso nelle sue Retractationes ha infatti chiarito espressioni ambigue o equivoche, magari formulate en passant, a partire dai principi assolutamente evidenti e sistematicamente ribaditi della sua dottrina matura della giustificazione:
«Par où l'on voit en passant que, quand il est échappé à saint Augustin des expressions de cette sorte, en des occasions où il n'était pas nécessaire de les expliquer, combien il est ridicule de détourner ces termes équivoques aux sens tout contraires à ses principes» 19 •
L' apertamente antiluterano XI capitolo 20 del documento della VI sessione tridentina deve quindi essere anche inter-
17 Dl,2,717=1V,1037; cf. D5,2-3,748=1V,1012-1013. 18 Sulla strategica, ma blasfema inserzione molinista dell'avverbio
«toujours» nella proposizione tridentina, cf. D5,13-15,750=IV,1014. 19 IA,7,679-680=III,982. 20 Ma cf. anche i canoni XXV e XVIII, citati da Pascal in L2,18-
20,652=IIl,974, e il canone XXII, citato e discusso in L2,24-29,654-656=IIl,975-976.
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pretato nel suo senso anti-pelagiano 21 , si da ribadire la logica dialettica della dottrina agostiniana della grazia, giusto mezzo tra l'errore semipelagiano (il giusto, aiutato dalla grazia sufficiente, ha sempre il potere prossimo 22 di determinare la propria perseveranza nella giustizia) e l' errore luterano (il giusto, pur mosso da una grazia irresistibilmente efficace, è sempre in sé incapace di mettere in pratica i comandamenti divini, quindi di divenire giusto 23), ovvero tra una possibilità assoluta o non dialettica e un'impossibilità assoluta o non dialettica. Con Agostino, al contrario, Pascal afferma contro i semipelagiani il rifiuto del potere prossimo (se considerato indipendente dalla grazia efficace e dalla carità che essa dona) e quindi l'impossibilità di perseverare sempre e autonomamente nella giustizia, contro i luterani la possibilità di perseverare nella giustizia, pur se soltanto a condizione che e fintantoché si dia l' azione efficace della grazia che dona la carità, ovvero:
21 Cosi l'XI cap. del documento tridentino non puô essere contraddittorio con il XIII cap., De perseverantiae munere, per Pascal apertamente anti-semipelagiano, corne i canoni XVI e XXII: cf. L2,10-ll,650=III, 972.
22 Per potere prossimo si intende la piena capacità di detenninare liberamente ogni istante prossimo, futuro del proprio volere e del proprio agire: cf. Les Provinciales l, pp. 371-375, in part. 373-375, ove tomano le definizioni degli Écrits sur la grâce (cf. ad es. D2,60-67,734-736=IV, 1033-1035): «"Avoir le pouvoir prochain de faire quelque chose" ... c'est avoir tout ce qui est nécessaire pour la faire, de telle sorte qu'il ne manque rien pour agir», si che avere «le pouvoir prochain d'observer les commendements» significa avere «toujours toute la grâce nécessaire pour les accomplir; en sorte qu'il ne leur manque rien de la part de Dieu» (Les Provinciales, 1, pp. 373-374). Sulla polemica contro la riduzione molinista della grazia agostiniana a grazia sufficiente, cf. la celebre II lettera de Les Provinciales, pp. 375-378.
23 «Les Luthériens soutenaient formellement que les actions des justes, même faites par la charité (cioè operate dalla grazia divina), sont nécessairement toujours des péchés, et que la concupiscence, qui règne toujours en cette vie, ruine si fort l'effet de la charité que, quelque justes que soient les hommes et par quelques mouvements de la charité qu'ils agissent, la convoitise y a toujours tant de part, que non seulement ils n 'accomplissent pas les précepts, mais qu'ils les violent, et qu'ainsi ils sont absolument incapables de les observer, de quelque grllce qu'ils soient secourus» (L2,5,649=IIl,971).
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«Les commandements ne sont pas impossibles à la charité et ils sont impossibles sans la charité» 24•
Si danno pertanto due distinti soccorsi divini al credente, «le secours pour prier>> (dipendente unicamente dalla grazia operante) e «le secours pour les oeuvres» (dipendente dalla grazia cooperante con il libero desiderio dell'uomo), ovvero la perseveranza nella preghiera ( cioè nel dono gratuito della delectatio di Dio) e la perseveranza nelle opere (cioè nella volontà di tradurre in pratica questa delectatio ). Distinguendo questi due diversi soccorsi, è possibile affermare insieme verità apparentemente contraddittorie, comprendendo facilmente la dottrina del «double délaissement, l'un dans lequel Dieu commence, et l'autre dans lequel Dieu suit>> 25 :
1) è vero, contro i semi-pelagiani, che talvolta Dio per primo abbandona l'uomo giusto che non l'abbandona 26; 2) ma è altrettanto vero, contro i luterani e i calvinisti, che Dio non abbandona mai per primo l'uomo giusto che non l'abbandona 27, ma che lo prega e Io invoca con tutto il suo desiderio
24 L2,23,653=IIl,975; «Saint Augustin et les Pères qui l'ont suivi n'ont jamais parlé des commandements qu'en disant qu'ils ne sont pas impossibles à la charité, et qu'ils ne nous sont faits que pour nous faire sentir le besoin que nous avons de la charité qui seule les accomplit» (LI, l ,642=IV, 1041 ).
25 LA, 13,682=111,984-985: «Le premier délaissement consiste en ce que Dieu ne retient pas, ensuite de quoi l'homme quitte, et donne lieu au second délaissement par lequel Dieu le quitte. Et un de ces délaissements Dieu suit, et il ne s'y trouve aucun mystère; car il n'y a rien d'étrange en ce que Dieu quitte des hommes qui le quittent. Mais le premier délaissement est tout mystérieux et incompréhensible», in quanto dipendente unicamente dall'ininvestigabile predestinata volontà divina. Sul «double délaissement>>, cf. in LJ,15,670=III.991 la citazione di Agostino, De correptione et gratia 13,42: «Gratiam Dei suscipiunt, sed temporales sunt, nec perseverant; deserunt et deseruntur. Dimissi enim sunt libero arbitrio, non accepto perseverantiae dono, iudicio Dei iusto et occulto».
26 «Un juste ne cesse point de prier qu'après que Dieu l'a destitué de la grâce efficace et prochainement suffisante pour la prière» (L6,22,699=IIl,999).
27 «Il faut prendre pour fondement et pour avoué que Dieu ne laisse jamais ceux qui le prient; et qu'au contraire il leur accorde toujours les moyens nécessaires à leur salut, s'ils les lui demandent sincèrement. Il n'est donc pas question de savoir si Dieu cesse de donner ses secours à
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comunque donato dalla grazia irresistibile 28 ; e cià perché: 1) Dio talvolta sottrae per primo ad alcuni giusti (soltanto temporaneamente, se questi sono predestinati alla salvezza 29} la delectatio spirituale 30, il soccorso operante la perseveranza nella fede e nella preghiera; 2) mai invece Dio rifiuta il soccorso che sostiene e compie gli sforzi di quella libera delecta-
ceux qui persévèrent à les demander, car cela n'a jamais été pensé» (L6,6-1 ,694=IIl,995).
28 Cf. L2,24-29,654-656=1Il,976-977. 29 Agostinianamente, Dio abbandona momentaneamente i suoi eletti
soltanto per insegnare loro a non confidare nelle proprie forze, ma a rimettere a Dio tutto il merito della propria salvezza: cf. L3,13,669=IIl,991; L7,16-17,713=IIl,IOIO-IOl I.
30 A proposito della delectatio, Pascal evidenzia «la maxime» che AGOSTINO ha stabilito «pour fondement de la manière dont la volonté agit: "quod amplius delectat, secundum id operemur necesse est" (Epistulae ad Galatas Expositio 49,6). C'est une nécessité que nous opérions selon ce qui nous délecte davantage ... Voilà de quelle sorte l'homme étant aujourd'hui esclave de la délectation, il suit infailliblement celle de la chair ou celle de l'esprit, et il n'est délivré d'une de ces dominations que par l'autre» (L6,37-38,704-705=IIl,1003). Una limpida definizione della concordia tra grazia irresistibile e libero, innamorato consenso dell'uomo, infallibilmente mosso dalla delectatio celeste, è in Les Provinciales XVIII, p. 462: «Quand il plaît à Dieu de le (l'eletto) toucher par sa miséricorde, il lui fait faire ce qu'il veut et en la manière qu'il le veut, sans que cette infaillibilité de l'opération de Dieu détruise en aucune sorte la liberté naturelle de l'homme, par les secrètes et admirables manières dont Dieu opère ce changement, que saint Augustin a si excellemment expliquées, et qui dissipent toutes les contradictions imaginaires que les ennemis de la grâce efficace se figurent entre le pouvoir souverain de la grâce sur le libre arbitre et la puissance qu'a le libre arbitre de résister à la grllce. Car, selon ce grand saint, que les papes et l'Église ont donné pour règle en cette matière, Dieu change le coeur de l'homme par une douceur céleste qu'il y répand, qui, surmontant la délectation de la chair, fait que l'homme sentant d'une côté sa mortalité et son néant, et découvrant de l'autre la grandeur et l'éternité de Dieu, conçoit du dégoût pour les délices du péché, qui le séparent du bien incorruptible; et trouvant sa plus grande joie dans le Dieu qui le charme, il s'y porte infailliblement de lui-même par un mouvement tout libre, tout volontaire, tout amoureux; de sorte que ce lui serait une peine et un supplice de s'en séparer». Il carattere irresistibile delle due delectationes (paragonate in L6,41-45,705-707=IIl,1004-1005 a vere e proprie «chaînes») è necessitato dalla perdita della condizione adamitica della libertà d'indifferenza, che i semipelagiani pretendono di conservare all'uomo lapso: cf. L6,32-48, 703-707=IIl, l 002-1006 e soprattutto T3, 7-17 ,793-796=11,965-967. Sulla delectatio pascaliana, cf. H. GoUHIER, Blaise Pascal. Conversion et apologétique, Paris 1986, pp. 71-81.
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tio, comunque donata dalla grazia efficace divina. Dio piuttosto rifiuta giustamente il suo «secours pour les oeuvres» soltanto se la libertà del giusto non prova più piacere nel compiere il bene, abbandonando per prima Dio e tomando prigioniera della propria concupiscenza; d'altra parte, la volontà dell'uomo puo voler resistere e rifiutare la grazia divina irresistibile, meritando quindi il conseguente rifiuto divino del dono della perseveranza nelle opere, soltanto se la delectatio della grazia efficace l'ha già, per prima, abbandonata31 • Dunque, sempre la grazia di Dio è praecedens la libertà del giusto, ma d'altra parte sempre è subsequens alla sua libertà: infatti 1) la grazia di Dio precede la libertà dell'uomo, operando irresistibilmente la sua conversione 32; 2) la grazia di Dio
31 <<.le prétends donc vous faire voir par saint Augustin que le juste ne quitterait jamais Dieu, si Dieu ne le quittait en ne lui donnant pas toute la grâce nécessaire pour persévérer à prier; et que non seulement c'est un point de la théologie de ce Père, mais que l'on ne peut nier sans détruire tous les principes et tous les fondements de sa doctrine» (IA, 17 ,683=1Il,985); cf. il già citato L.6,22,699=III,999; «C'est ainsi qu'il (Augustin) ne se contredit pas lorsque, ayant établi par tous ces principes que la grâce est tellement efficace (et nécessaire) que l'homme ne quitte jamais Dieu, si Dieu ne le laisse auparavant sans ce secours, puisque, tant qu'il lui plaît de le retenir, l'homme ne s'en sépare jamais, il ne laisse pas de dire en quelques endroits que Dieu ne quitte point le juste que le juste ne l'ait quitté, parce que ces deux choses subsistent ensemble, à cause de leur différent sens. Car Dieu ne cesse point de donner ses secours à ceux qui ne cessent point de les demander. Mais aussi l'homme ne cesserait jamais de les demander, si Dieu ne cessait de lui donner la grâce (efficace) de les demander: de sorte qu'en cette double cessation, il arrive qu'en Dieu commence l'une toujours, et qu'il ne commence jamais l'autre» (IA,12,681-682=III,984); cf. Pensées %9=803=514.
32 Pascal condivide totalmente la dottrina agostiniana dell'assoluta dipendenza dell' initium fidei e dell' intera dinamica della conversione dalla grazia irresistibile e perseverante di Dio, operante in una volontà naturalmente del tutto rinchiusa nel suo solipsistico, perverso amor sui; cio è confermato indubitabilmente dalla Prière pour le bon usage des maladies [1660], in Oeuvres complètes, IV, Paris 1992, pp. 998-1012 (cf. l'ottima introduzione di J. MESNARD, pp. 964-996); in part.: «Mais je reconnais, mon Dieu, que mon coeur est tellement endurci et plein des idées, des soins, des inquiétudes et des attachements du monde, que la maladie non plus que la santé, ni les discours, ni les livres, ni vos Écritures sacrées, ni votre Évangile, ni vos mystères les plus saints, ni les aumônes, ni les jeûnes, ni les mortifications, ni les miracles, ni l'usage des sacrements, ni le sacrifice de votre corps, ni tous mes efforts, ni ceux de tout le monde ensemble, ne peu-
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segue la libertà dell'uomo, cooperando con il suo libero desiderio; comunque: 2) dipende da 1), Dio premia una volontà che Dio stesso ha ricreato, agostinianamente Dio coopera con la libertà nella quale ha gratuitamente operato, premiando quei meriti che egli stesso ha originati 33• Il potere prossimo della volontà a perseverare nel bene è quindi del tutto identificato con il dono della perseveranza dipendente dalla predestinata grazia efficace, dunque del tutto sottratto, contro i molinisti, all' autonoma potestas del libero arbitrio decaduto 34
vent rien du tout pour commencer ma conversion, si vous n'accompagnez toutes ces choses d'une assistance tout extraordinaire de votre grâce ... Oh! qu 'heureux sont ceux qui, avec une liberté entière et une pente invincible de leur volonté, et avec des charmes qui les entraînent, aiment parfaitement et librement ce qu'ils sont obligés d'aimer nécessairement ... 0 mon Dieu, achevez Les bons mouvements que vous me donnez. Soyez-en la fin comme vous en êtes le principe. Couronnez vos propres dons; car je reconnais que ce sont vos dons. Oui, mon Dieu; et, bien loin de prétendre que mes prières aient des mérites ... je vous rends donc grâces, mon Dieu, des bons mouvements que vous me donnez, et de celui même que vous me donnez de vous en rendre grâces» (4-6, pp. 1001-1004). Si noti la precisazione, perfettamente agostiniana, che senza la grazia irresistibilmente persuasiva di Dio nessuna esortazione alla conversione, nessuna suasio cristiana (ad es. la lettura delle Scritture), nessun atto di carità, né la partecipazione alla vita sacramentale possono essere minimamente efficaci. Agostinianamente, la stessa preghiera di invocazione di grazia a Dio è quindi un movimento di carità donato all'uomo dalla grazia stessa, che nel realizzare la preghiera del fedele non fa che coronare i suoi meriti. Del tutto evidente risulta la sistematica influenza delle Confessiones agostiniane.
33 In LJ,6,666=IIl,989, Pascal cita questo decisivo brano di Agostino: «Quoniam ipse (Deus) ut velimus operatur incipiens, qui volentibus cooperatur perficiens... Ut ergo velimus, sine nobis operatur; cum autem volumus, et sic volumus ut faciamus, nobiscum cooperatur» (De gratia et libero arbitrio 17,33). Conseguentemente: «Dieu ne donne que suivant ses promesses. Il a promis d'accorder la justice aux prières; jamais il n'a promis les prières qu'aux enfants de la promesse» (Pensées 930=757=513), ovvero ai predestinati.
34 «Concluons que, puisque jamais la grâce n'est reçue ni désirée que quand elle opère elle-même cet effet, il n'est pas vrai que les justes aient ce pouvoir prochain par lequel leur libéral arbitre pourrait opérer cet effet>> (LJ,24,674=III,994); cf. Les Provinciales 1, pp. 374-375. Dipendendo dall'indisponibile, perché predestinata, grazia divina, «la qualité essentielle de (le pouvoir) prochain est telle qu'elle met l'homme dans une incertitude absolue de la réduction à l'acte» (L6,24,700=IIl,1000). Come esemplificazione della radicalità con la quale i giansenisti vivevano l'assoluta trascendenza
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Conseguentemente si daranno due modi di intendere la preghiera e la perseveranza dell'uomo: 1) contro i semipelagiani si afferma l' impossibilità umana di concepire autonomamente il pur minimo desiderio di invocare l'aiuto di Dio, corne quello di perseverare autonomamente nel desiderio del bene donatoci da Dio 35 ; 2) contro i luterani si afferma la possibilità da
della propria stessa perseveranza ne! bene, si pensi alla straordinaria descrizione della morte della Mère Angélique ad opera di J. RACINE, Abrégé de l'histoire de Port-Royal (I ed. postuma 1743; ora in Oeuvres complètes, II (ed. R. Picard), Paris1966, 114-116: essa è esemplata sulla stessa morte di Agostino, cosi corne Possidio ce la descrive nella sua biografia; corne Agostino, la madre di Port-Royal ha paura dell'ultimo giudizio divino e recita i Salmi invocando la grazia di Dio; rifiuta di essere considerata corne modello d'umiltà, parla solo per tacere di se stessa, mira al suo «anéantissement» (115): «Elle était si pénétrée de la sainteté infinie de Dieu, et de sa propre indignité, qu'elle ne pouvait penser sans frayeur au moment terrible où elle comparaîtrait devant lui. La sante confiance qu'elle avait en sa miséricorde gagna enfin le dessus» (114 ). Sulla descrizione raciniana della morte di Mère Angelique, pagine impressionanti ha scritto L. MARIN, Le tombeau de la répresentation tragique: notes sur Racine historien du roi et de Port-Royal, in Pascal et Port-Royal, Paris 1997, 376-387, in part. 383-387. Sull'intera esistenza cristiana agostinianarnente vissuta corne conversione inesausta del tutto dipendente dalla grazia divina, ancora in riferirnento a Mère Angélique cf. L. GOLDMANN, Le dieu caché: la conversione «se place en dehors du temps et de toute préparation psychique et temporelle, elle est l'effet du choix intellegible ou de la grâce divine, mais en tout cas entièrement étrangère au caractère empirique et à la volonté de l'individu. Il suffit de lire les lettres de la Mère Angélique pour comprendre que pour elle la conversion n'est pas un istant localisé dans le temps; aux dates les plus différentes nous la voyons demander à ses diverses correspondants de "prier pour sa conversion'', qui apparaît ainsi comme un événement qu'on a sans doute vécu, mais qu'on doit néanmoins toujours chercher, toujours demander à Dieu, puisqu'il peut toujours être remis en question par lui et perdu par l'homme» (p. 73, tr. it. p. 95). Tutto questo è autentico agostinismo! Certo, se Goldmann si fosse dedicato a studiare più a fondo l' agostinismo dei giansenisti, moite delle sue tesi marxiste sui rapporto tra struttura economico-politica e ideologia religiosa sarebbero dovute cadere.
' 5 Cf. l.6,9-10,695-696=996-997; L6,22-26,699-702=III,999- IOO l; L7,11-12,711-712=III,I008-1009. «Nos prières et nos vertus sont abominables devant Dieu, si elles ne sont les prières et les vertus de Jésus-Christ» (Pensées 948=769=668). «le bénis tous les jours de ma vie mon Rédempteur qui ... d'un homme plein de faiblesse, de misère, de concupiscence, d'orgueil et d'ambition, a fait un homme exempt de tous ces maux par la force de sa grâce, à laquelle toute la gloire en est due, n'ayant de moi que la misère et l'erreur>> (931=759=550).
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parte dell'uomo di invocare Dio e di voler perseverare nel bene con il proprio libero desiderio, già liberato e quindi acceso dalla grazia efficace 36, si che l'uomo ha il potere prossimo della perseveranza, ma solo se donato dalla grazia divina:
«Nous concluons donc que, suivant le Concile, les commandements sont toujours possibles aux justes en un sens; et qu'en un autre sens, les commandements sont quelquefois impossibles aux justes; que Dieu ne laisse jamais le juste, s'il ne le quitte, et qu'en un autre sens, Dieu laisse quelquefois le juste le premier; et qu'il faut être ou bien aveugle ou bien peu sincère, pour trouver de la contradiction dans ces propositions qui subsistent si facilement ensemble... Les propositions qui sont contradictoires dans les paroles, ne le sont pas toujours dans le sens ... Et parce que ... l'on voit aujourd'hui un nombre de personnes assez téméraires pour avancer qu'il y a de la contradiction dans les sentiments de saint Augustin, je ne puis refuser une occasion si commode de vous ouvrir amplement les principes qui accordent si solidement toutes ces propositions contradictoires en apparence, mais en effet liées ensemble par un enchaînement admirable»31 •
La retta comprensione dell'agostiniana dottrina della grazia è dunque possibile per Pascal applicando il metodo -già agostiniano, gianseniano, arnauldiano - di ridurre proposizioni equivoche all'univoco senso di cui esse si illuminano se riconnesse ai principi primi dai quali dipendono, cosi che l'apparentemente contraddittoria varietà delle affermazioni bibliche e patristiche viene ricompresa nella perfetta coerenza del sistema, nel logico «enchaînement admirable» di tutte le proposizioni secondo il giusto, coerentissimo ordine dialetti-
36 «Ainsi la manière dont nous cherchons Dieu faiblement, quand il nous donne les premiers souhaits de sortir de nos engagements, est bien différente de la manière dont nous Le cherchons, quand, après qu'il a rompu nos liens, nous marchons vers lui en courant dans la voie de ses préceptes ... Il y a deux manières dont l'homme persévère. La persévérance à prier et à demander simplement les forces dont on se sent dépourvu est bien différente de la persévérance dans l'usage de ces mêmes forces et dans la pratique des mêmes vertus» (L2,33-35,657=IIl,978).
37 L2,29-30,656=IIl,977. Scrive Pascal nelle Pensées: nel cristianesimo <<je trouve cet enchaînement ... » (793=646=737).
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co, capace di distinguere i differenti sensi propri di ciascuna affermazione e la loro reciproca compatibilità:
«L'intelligence de ces différences éclaircit toutes les difficultés et toutes ces contradictions apparentes, et qui ne les sont pas en effet, parce que des deux propositions qui semblent opposées, l'une appartient à l'une de ces manières (ad es. la prospettiva totalizzante della grazia, causa prima o assoluta), et l'autre à l'autre (ad es. la prospettiva particolare delle libertà create, cause seconde o relative). Car, comme on peut considérer la justification de deux manières, l'une dans ses effets particuliers, et l'autre dans tous ses effets en commun, on en peut aussi parler de deux manières différentes» 38•
38 L2,37-38,657-658=1II,978. «Pour entendre le sens d'un auteur, il faut accorder tous les passages contraires. Ainsi, pour entendre ['Écriture, il faut avoir un sens dans lequel tous les passages contraires s'accordent. Il ne suffit pas d'en avoir un qui convienne à plusieurs passages accordants, mais d'en avoir un qui accorde les passages même contraires. Tout auteur a un sens auquel tous les passages contraires s'accordent, ou il n'a point de sens du tout. On ne peut pas dire cela de /'Écriture et des prophètes; ils avaient assurément trop de bon sens. Il faut donc en chercher un qui accorde toutes les contrariétés ... Mais en Jésus-Christ toutes les contradictions sont accordées» (Pensées 257=289=684). In prop., di grande interesse le tesi di McKENNA (cf. De Pascal à Voltaire. 1, pp. 137-139 e 152-154; e Pascal et le corps humain, in «XVIIe siècle» 177, 1992, pp. 481-494, in part. pp. 491-494; cf. inoltre T. SHIOKAWA, Pascal et les miracles, Paris 1977); per McKenna, si darebbe una profonda analogia tra metodo ermeneutico e metodo scientifico in Pascal, in proposito più seguace di Gassendi che di Cartesio; sia nella scienza sperimentale che nella fede relativa a fatti storici (confessati corne salvifici), ci si deve appoggiare sulla testimonianza riferita ad avvenimenti contingenti, si che la scienza in questo ambito coïncide con la moltiplicazione delle testimonianze o dei punti di vista e con la capacità di concordarli razionalmente: «En science expérimentale il s'agit du témoignage des sens: il faut multiplier les 'points de vue' et construire une explication cohérente des différents témoignages. La même conception s'applique en histoire, car elle se fonde sur lattestation des témoins contemporains... Dans l'examen des faits historiques, il s'agit donc de n'exclure aucun témoignage et de trouver une explication cohérente des différents points de vue. C'est cette philosoph!e du témoignage qui engage Pascal dans l'interprétation figurative de !'Ecriture, qui est en somme une recherche de cohérence» (McKENNA, De Pascal à Voltaire, 1, pp. 137-138); «Dans l'examen de cette histoire, il s'agit donc ... de n'exclure aucun témoignage et de trouver une explication cohérente des différents "points de vue"» (McKENNA, Pascal et le corps humain, p. 492).
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Il dissipamento dell'equivocità è quindi realizzato attraverso il superamento dialettico delle contraddizioni nel supremo principio del grande mistero, nell' atto sintetico della predestinazione divina, ovvero attraverso la subordinazione del piano delle cause seconde al piano della causa assoluta della grazia efficace 39: infatti ogni affermazione riguardànte la relazione giustificante tra Dio e uomo è veritiera soltanto se ricollegabile alla confessione della «prédestination gratuite»; ma questa
«on la peut considérer, ou en un commun, ou dans ses effets particuliers, et en parler ainsi en deux manières contraires; en la considérant dans ses effets, on peut leur alléguer des causes; les premiers (ad es. le buone azioni) étant les causes
39 «Mais en ce que, tous étant également coupables, il a voulu sauver ceux-ci et non pas ceux-là, c'est en cela proprement qu'est la grandeur du mystère. Et partant, si le mystère est grand en ce que, de deux également coupables, il sauve celui-ci, et non pas celui-là, sans aucune vue de leurs oeuvres, certainement saint Augustin a raison de dire que le mystère est encore plus étonnant pourquoi, de deux justes, il donne la persévérance à l'un et non pas à l'autre» (L7,12,712=111,1009); la predestinazione divina e «le double délaissement» si rivelano quindi «chose ... claire et d'une nécessité absolue dans leur principe. Car qui ne sait que c'est un principe indubitable dans la doctrine de saint Augustin que la raison pour laquelle, de deux justes, l'un persévère et l'autre ne persévère pas, est un secret absolument incompréhensible? D'où il se voit que tous les justes n'ont pas le moyen prochain de persévérer, puisque, si le différent usage que leur libéral arbitre ferait de ce pouvoir était la cause de leur discernement, il n'y aurait point de mystère» (L3,18,671=111,992). «La question principale dont il s'agit est de savoir si Dieu a une volonté générale de sauver tous les hommes ... ou, ce qui est la même chose, si la prédestination est un effet de la volonté absolue de Dieu, qui veut sauver l'un et non pas l'autre. C'est pourquoi il faut faire voir par la suite de la tradition que tous les Docteurs en tous les temps ont établi comme une vérité constante que Dieu ne veut pas sauver tous les hommes ou que Dieu ne donne pas à tous les hommes des grâces suffisantes pour leur salut, ou que la prédestination est sans la prévision des oeuvres» (Tl,19-20,770=1,958-959). Cf. in T/,23-32,771-781=1,959-963 l'interessantissimo dossier riguardante le censure antimoliniste pronunciate dalle facoltà di Lovanio e di Douai nel 1587-1588 e nel 1613, oltre a quelle della facoltà di Parigi: vi si riportano numerose e chiarissime auctoritates di Tommaso e di Pietro Lombardo a favore della predestinazione ante praevisa merita. Sulla complessa, certo ambigua, ma alla fine sostanziale fedeltà di Tommaso alla dottrina agostiniana della predestinazione, cf. la convincente analisi di L. KoLAKOWSKI, Dieu ne nous doit rien, pp. 57-61.
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méritoires des seconds (ad es. le ricompense celesti) et les seconds la cause finale des premiers; mais qu'en les considérant tous en commun (nella connessione della totalità delle cause, dipendenti da una causa assoluta e da un fine supremo ), ils n'ont aucune cause que la volonté divine ... Ainsi, si nous considérons la vie chrétienne, qui n'est autre chose qu'un saint désir, selon saint Augustin, nous trouverons, et que Dieu prévient l'homme et que l'homme prévient Dieu; que Dieu donne sans qu'on demande, et que Dieu donne ce qu'on demande; que Dieu opère sans que l'homme coopère, et que l'homme coopère avec Dieu; que la gloire est une grâce et une récompense; que Dieu quitte le premier, et que l'homme quitte le premier; que Dieu ne peut sauver l'homme sans l'homme, et que ce n'est nullement de l'homme qui veut et qui court, mais seulement de Dieu qui fait miséricorde» 40•
Pertanto, mentre la prospettiva semipelagiana è relativamente vera, essa è falsa secondo la dialettica, totalizzante prospettiva agostiniana:
• 0 L2,39-40,658-659=111,979. «Les effets "in communi" et "in particulari". Les semi-pélagiens errent en disant de "in communi" ce qui n'est vrai que "in particulari"; et les calvinistes en disant "in particulari", ce qui est vrai "in communi"» (Pensées 791=645=777): in particulari, in se stessa, la libertà umana fa cio che vuole, in communi, ovvero in relazione alla grazia divina che la muove, la libertà umana è del tutto determinata dall'alterità indisponibile dello Spirito divino. 1 pelagiani pretendono di mantenere l' autodeterminazione della libertà anche in relazione all'assolutamente determinante causalità della grazia divina, i calvinisti pretendono di negare qualsiasi causalità alla libertà umana, persino nel-1' ambito fenomenico ( ovvero comunque secondario e in communi dipendente da! noumeno della grazia) del dispiegarsi del suo intimo volere e quindi del suo agire responsabile. Cio considerato, sorprende quanto è af-. fermato nella Pensée 786=645=865: «S'il y a jamais un temps auquel on doive faire profession des deux contraires c'est quand on reproche qu'on en omet un; donc les Jésuites et les Jansénistes ont tort en les celant, mais les jansénistes plus, car les Jésuites en ont mieux fait profession des deux». Come nota felicemente PH. SELLIER nella sua edizione, p. 439, nota 18, in questa Pensée Pascal evidenzia unicamente la superiorità retorica dei gesuiti, niente affatto la loro impostazione teologica, ferocemente combattuta da Pascal. L'intera produzione letteraria di Pascal vuole appunto essere la realizzazione di quella retorica persuasiva, di quella apologetica che ancora mancava nel campo dei veri interpreti della teologia cattolica e agostiniana.
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«Par un merveilleux avantage pour sa doctrine, les expressions semi-pélagiennes sont aussi augustiniennes, mais non pas au contraire» 41 •
Le affermazioni scritturistiche o patristiche, in particolar modo agostiniane, sono quindi univoche, particolari, specifiche quindi indiscutibili nella loro evidenza, quando affermano chiaramente la dottrina della predestinazione e della grazia irresistibile; sono invece equivoche, comuni, generiche, quindi da specificare o chiarificare, quando affermano il decisivo ruolo della responsabile libertà dell'uomo (espressioni colpevolmente trascurate o minimizzate dai calvinisti): infatti questo ruolo puo essere interpretato o erratamente in senso pelagiano (il riconoscimento di questa libertà prescinde dalla causa prima che la accende) o correttamente in senso agostiniano, comprendendone quindi la connessione di dipendenza rispetto alle affermazioni univoche che si riferiscono alla causa prima e assoluta:
41 L2,45,662=IIl,980; «Vous ne pouvez pas douter qu'il n'y ait aucune proposition semi-pélagienne qui ne soit aussi augustinienne» (IA, 10, 681=111, 983). «Toutes les expressions suivantes sont communes à saint Augustin et à ses adversaires: les commandements sont toujours possibles aux justes; Dieu ne nous sauve point sans notre coopération; nous garderons les commandements si nous voulons; il est en notre pouvoir de garder les commandements; il est en notre pouvoir de changer notre volonté en mieux; la gloire est donné aux mérites; demandez et vous recevrez; j'ai attendu le Seigneur; j'ai prévenu le Seigneur; tous les hommes ne sont pas sauvés, parce qu'ils ne le veulent pas; Dieu ne quitte point, s'il n'est quitté; Dieu veut que tous les hommes soient sauvés, etc. Tous le discours de cette sorte sont communs aux deux parties, saint Augustin l'eût dit aussi bien que ses ennemis. Et comment ne le ferait-il pas, vu que la plupart sont de ['Écriture sainte? Mais les expressions contraires sont particulières à saint Augustin et à ses disciples, comme: le salut ne dépend que de Dieu; la gloire est gratuite; ce n'est ni de celui qui veut ni de celui qui court, mais de Dieu qui fait miséricorde; ce n'est point par les oeuvres (que nous sommes sauvés), mais par la vocation; c'est Dieu qui opère le vouloir et l'action suivant son bon plaisir; les commandements ne sont pas toujours possibles; la grâce n'est pas donnée à tous; tous les hommes ne sont pas sauvés, non parce qu'ils ne le veulent pas, mais parce que Dieu ne veut pas; chaque action que nous faison en Dieu est faite en nous par Dieu même» (L2,41-44,659-661 =IIl,979-980).
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«C'est ainsi que saint Augustin n'est pas contraire à lui-même»42. Infatti, «la véritable cause de toutes ces différentes expressions est que toutes nos bonnes actions ont deux sources: l'une, notre volonté, l'autre, la volonté de Dieu»43•
Ora, il riconoscimento cattolico e tomistico 44 (ma anche baneziano!) del necessario concorso di due volontà o cause libere è rettamente interpretato soltanto riconoscendo l' assoluta asimmetria di questa relazione: infatti la graiia divina, causa prima, è l'unica vera causa della salvezza in quanto toglie, ha in se stessa, determinandola, la libertà umana convertita, anch' essa causa volontaria, ma causa comunque seconda, che quindi non puo avere in se stessa il principio assoluto ovvero la potestas del proprio operare nel bene, facoltà questa per di più depotenziata dal peccato, quindi ormai assolutamente dipendente dalla causa prima divina 45 • Il non distinguere chiara-
42 LA,11,68l=III,983. 43 LA,3,678=IIl,981. Di grande interesse è la citazione e l'analisi in
L3,8-9,667-668=1II,989-990 di due brani delle Retractationes (1,10 e 22), che pennettono di dimostrare corne il metodo della dialettica connessione tra univocità dell'esaltazione della grazia efficace e equivocità dell'apologia della libertà umana, sia già del tutto chiaro e operante in Agostino. Sulla agostiniana differenziazione dei due livelli di causalità (la grazia irresistibile e la libertà che vi consente non costretta) corne «règle» (462), chiave grazie alla quale «s'accordent» tutti i passaggi della Scrittura che «semblent les plus opposés», e in generale tutte le «contrariétés apparentes» (463) della dottrina agostiniana e cattolica, cf. Provinciales XVIII, pp. 462-464; cf. a p. 464 le citazioni esplicative da G!ANSENIO, Augustinus IIl,VIIl,20-21 e 4.
44 Sul ricorso alla distinzione delle cause per chiarire il mistero della grazia predestinata, cf. l'esplicito riferimento a Tommaso in L2, 39, 658 = III, 979.
45 «Ceux qui sont sauvés ont voulu l'être et Dieu aussi l'a voulu; car si Dieu ne l'eût pas voulu, ils ne l'eussent pas été, et s'ils ne l'eussent pas aussi voulu eux-mêmes, ils ne l'eussent pas été. Celui qui nous a faits sans nous ne peut pas nous sauver sans nous. Il est aussi véritable que ceux qui sont damnés ont bien voulu faire les péchés qui ont mérité leur damnation, et que Dieu aussi a bien voulu les condamner. Il est donc évident que la volonté de Dieu et celle de l'homme concourent au salut et à la damnation de ceux qui sont sauvés ou damnés. Et il n'y a point de question en toutes ces choses. Si donc on demande pourquoi les hommes sont sauvés ou damnés, on peut en un sens dire que c'est parce que Dieu le veut et en un sens dire que c'est parce que les hommes le veulent. Mais il est question de savoir laquelle des deux volontés, savoir de la volonté de Dieu ou de la volonté de l'homme, est
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mente la netta differenza e la reciproca subordinazione, ma anche la vitale connessione tra queste due azioni causali, puo generare fatali fraintendimenti dottrinali, favoriti dall' ambiguità del termine libertà, al tempo stesso indicante il consenso volontario e non forzato ad una sollecitazione al desiderare o al-1' agire, corne l' autonomo determinarsi della volontà dinanzi a possibilità di desiderio o di azione indifferenti, non cogenti o irresistibili. Nell'analisi del processo di giustificazione, sempre e necessariamente considerato corne concorso di due cause volontarie, Pascal afferma quindi una vera e propria Aujhebung del relativo della libertà umana, del fenomeno della causa seconda, nell'assoluto della grazia divina, nel noumeno della causa prima, si che la coincidenza di opposti è assolutamente paradossale in apparenza, in realtà sistematicamente armonizzata a partire dalla riassunzione della prospettiva relativa nella prospettiva assoluta, del superamento della fittizia fissità autonoma del finito nel dinamismo dell'infinito che nel finito stesso avviene 46, si che agostinianamente la stessa incarnazione di
la maîtresse, la dominante, la soun:e, le principe et la cause de l'autre ... Et celle qui sera dominante et maîtresse de l'autre sera considérée comme unique en quelque sorte: non pas qu'elle le soit, mais pan:e qu'elle enferme le concours de la volonté suivante. Et l'action sera rapportée à cette volonté première et non à l'autre ... Il y a un (grand) nombre d'exemples dans les Ecritures de ces manières de parler qui nous font voir que, quand deux volontés concourent à un effet, si l'une est dominante, maîtresse et cause infaillible de l'autre, l'action peut être attribuée et ôtée à la volonté suivante et peut être attribuée à la dominante, et ne peut pas ne lui pas être attribuée. Nous considérons donc la volonté dominante comme unique, quoiqu'elle ne le soit pas, pan:e qu'elle est l'unique à qui on puisse tout ensemble attribuer l'action et à qui on ne puisse pas la refu.ser>> (T2,l-16,781-784:;;1,948-950); cf. D2,18-19,725=1V,1026-1027. Per un'utilizzazione consolatoria della dottrina della grazia dominante, cf. la Lettre de Monsieur Pascal a Monsieur Périer, son beau-frèr au sujet de la mort de M. Pascal, son père [ 1651 ], in Oeuvres complètes, II, Paris 1970, 851-863. Il rapporto tra causa prima e causa seconda puô quindi essere paragonato al rapporto del tutto sproporzionato tra infinito e finito: «L'unité jointe à l'infini ne l'augmente de rien, non plus qu'un pied à une mesure infinie. Le fini s'anéantit en présence de l'infini, et devient un pur néant. Ainsi notre esprit devant Dieu; ainsi notre justice devant la justice divine. Il n'y a pas si grande disproportion entre notre justice et celle de Dieu, qu'entre l'unité et l'infini» (Pensées 418=680=233).
46 «Mais encore que ces deux causes aient concouru à cet effet, il y a pourtant bien de la différence entre leur concours, la volonté de l'homme
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Cristo è rivelata corne il fondamento teo-logico e la chiave ermeneutica della dialettica cristiana della grazia:
«Voilà l'origine de toutes ces contrariétés apparentes, que l'Incarnation du Verbe, qui a joint Dieu à l'homme et la puissance à l'infirmité, a mises dans les ouvrages de la grâce»47•
La contaddittorietà è appunto soltanto apparente, in quanto al cospetto dell'infinita potenza divina il finito della libertà creaturale non puo vantare alcuna autonomia, che non sia quella che Dio stesso le dona vivificandola, unificandosi, incarnandosi spiritualmente in quella stessa libertà finita, impotente, mortale:
«Et ces deux vérités subsistent ensemble, parce que sa vie, quoiqu'elle lui (a Paolo) soit propre, ne vient pas originellement de lui. Il n'est vivant que par Jésus-Christ; la vie de Jésus-Christ est la source de sa vie. Ainsi il est vrai en un sens qu'il est vivant, puisqu'il a la vie; il est vrai aussi en un sens qu'il n'est pas vivant, puisqu'il ne l'est que de la vie d'un autre» 48•
La fede cattolica puo quindi confessare l' assoluta impotenza della libertà umana e al tempo stesso la sua redimibilità, il suo poter liberamente ubbidire ai comandamenti divini. Ma cio significa che «il n'y a pas une relation nécessaire entre la possibilité et le pouvoir>> 49; infatti gli uomini hanno
n'étant pas la cause de la volonté de Dieu, au lieu que la volonté de Dieu est la cause et la source et le principe de la volonté de l'homme, et qui opère en lui cette volonté. De telle sorte, qu'encore qu'on puisse attribuer les actions ou à la volonté de l'homme, ou à la volonté de Dieu, et qu'en cela ces deux causes semblent y concourir également, néanmoins, il y a cette entière différence qu'on peut attribuer l'action à la seule volonté de Dieu, à l'exclusion de la volonté de l'homme, au lieu qu'elle ne peut jamais être attribuée à la seule volonté de l'homme à l'exclusion de celle de Dieu. Car, quand on dit que l'action vient de notre volonté, on considère la volonté humaine comme cause seconde, mais non pas comme première cause; mais quand on cherche la première cause, on l'attribue à la seule volonté de Dieu, et on en exclut la volonté de l'homme» (1A,3-4,678=IIl,981).
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47 1A,5,679=IIl,982. 48 L2,9,783=1,949. Cf. Gal 2,20 e Efes 2,5. 49 D2,723=1V,1024.
Capitolo quinto - Pascal: ermeneutica e retorica del paradosso
sempre la possibilità eventuale (che comunque accade e si attua indipendentemente dalla loro autonoma volontà) di operare il bene, ma non ne hanno sempre il potere attivo: «Toutes les choses qu'il est possible qui arrivent à un sujet ne sont pas toujours au pouvoir de ce sujet» 50• Questa netta distinzione tra possibilità eventuale e potere attivo, concettualmente del tutto evidente, puè> nondimeno essere espressa tramite espressioni equivoche, ambigue (appunto gli stessi termini potere, possibilità, potenzialità, o impossibilità, impotenza etc. 51 ), perché riferite a sensi del tutto diversi, pur se alla Jettera identiche, pertanto esposte a radicali fraintendimenti, ad assurde contraddizioni:
«Il n'y a point de répugnance nécessaire et convaincante par la seule force des paroles à dire que les commandements soient possibles aux hommes; et que néanmoins les hommes
50 D2,l,723=1V,1024. 51 Sull'ambiguità dei tennini pouvoir, puissance, potestas-posse, ov
vero del termine potere, cf. IA,9,680-681=IIl,983 e D2,53-67,732-736 = IV,1032-1035: non basta la possibilità astratta del potere, comunque inerente al soggetto, per poter attribuire al soggetto stesso il potere efficace; il che non vuol dire escludere che tale potere efficace possa mai inerire al soggetto in questione. Per chiarire l'ambiguità del termine possibilità, Pascal ricorre alla nozione di incompossibile: se in relazione ad un identico soggetto sono logicamente compossibili varie supposizioni anche contraddittorie, esse non possono comunque essergli riferite simultaneamente e nello stesso senso (ove tra l'altro risulta evidente il tratto polernico contro il luterano essere simul giusto e peccatore): «C'est ce que saint Thomas exprime par le mot d'"incompossible", lorsqu'il dit qu'encore qu'il soit possible qu'un homme pèche mortellement, qu'il soit aussi possible qu'il soit élu, et qu'il soit encore possible qu'il soit tué à chaque instant de sa vie, il est néanmoins absolument, et en quelque temps que ce soit, incompossible à toutes ces suppositions qu'il soit ensemble élu en péché mortel, et tué en cet état» (D2,24,726=IV,1027-1028); un prigioniero puo correre via (se slegato da un altro ), ma non puô correre via (perché di per sé legato), corne il giusto puô essere salvo (se liberato dalla grazia), ma non puo essere salvo (perché in sé servo del peccato), puo avere in suo potere l'adempimento dei precetti (se mosso dalla grazia efficace), ma non puo avere in suo potere l'adempimento dei precetti (perché di per sé privo della grazia efficace): il primo è un potere ipotetico, una possibilità condizionata, il secondo è un potere categorico o effettivo, una possibilità assoluta, indipendente da condizioni esterne. Del tutto evidente l'influenza gianseniana tra «sensus divisus» e «sensus compositus».
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
n'aient pas toujours le pouvoir de les accomplir, puisque la grdce par laquelle ils sont rendus possibles n'est pas toujours et nécessairement dans chacun des hommes»52•
Per chiarire l' ambiguità di queste espressioni, è quindi necessario partire da una regola ermeneutica generale o fondamentale:
«Règle pour discerner en quelles circonstances il y a relation de la possibilité au pouvoir... Toutes le fois que la cause par laquelle un effet est possible est présente et soumise au sujet où il doit être produit, il y a relation de la possibilité au pouvoir; c'est-à-dire que l'effet est au pouvoir de ce sujet, et non pas autrement» 53 •
L'ambiguità di questa formula viene esplicitamente analizzata: essa puo sia 1) voler dire che l' osservanza dei precetti è «au pouvoir de tous les hommes», sia 2) che essa «n'est pas toujours au pouvoir des hommes» 54 ; questa apparente contraddizione puè> essere ancora una volta risolta distinguendo i due atti nettamente irriducibili, eppure cooperanti nel retto agire: 1) «la cause immédiate» da cui di pende l' osservanza dei precetti è la stessa libera volontà dell'uomo; 2) «il y a néanmoins une autre cause et une prèmiere dominante, maîtresse et cause elle-même de la volonté de l'homme, qui est la grâce et le secours actuel de Dieu»55 • La causa immediata dei precetti rimane, per il desiderio inevitabilmente perverso dell'uomo decaduto, una possibilità astratta, una potenzialità del tutto indeterminata; l' altra causa è invece l' atto effettivo, il potere efficace e irresistibile attribuito da Dio agli eletti. Dunque i comandamenti a) sono in potere dell'uomo, perché l'uo-
s2 D2,9-9bis,723-724=IV,1025. «Voilà comment on peut être Catholique et Pélagien en disant qu'il est en notre pouvoir de changer notre volonté en mieux, mais on est Pélagien en croyant que cette puissance est de nous, et Catholique en croyant qu'elle est de Dieu, et qu'une même chose nous est possible lors seulement que Dieu nous départ une volonté forte et puissante, et impossible lorsqu'il ne le fait pas» (13, 10,668=IIl,990).
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SJ D2,ll-13,724=1V,1025-1026. 54 D2, 15-17,724-725=1V,1026. SS D2,18,725=1V,1026-1027.
Capitolo quinto - Pascal: ermeneutica e retorica del paradosso
mo puo sempre poter volere il loro compimento; b) non sono in potere dell'uomo, perché l'uomo non vuole compierli se non è operato dalla causa dominante e umanamente indeterminabile della grazia, che traduce in atto operante quel vuoto poter volere proprio della libertà umana56• ln tal senso il Concilio di Trento si è pronunciato contro l' assoluta impotenza della natura umana, quindi contro l'impossibilità assoluta (sostenuta dai luterani) di compiere i precetti57, corne contro la potenza assoluta della natura umana quindi contro la possibilità assoluta (sostenuta dai molinisti) di compiere i precetti58 :
«Apprenons par cette doctrine si pure (quella cattolica ovvero agostiniana) à défendre tout ensemble la puissance de la nature contre les Luthériens, et l'impuissance de la nature contre les Pélagiens; la force de la grâce contre les Luthériens, et la nécessité de la grâce contre les Pélagiens, sans ruiner le libre arbitre par la grâce, comme les Luthériens, et sans ruiner la grâce par le libre arbitre, comme les Pélagiens. Et ne pensons pas qu'il suffise de fuir une de ces erreurs pour être dans la vérité» 59•
Seguendo Giansenio e Arnauld, Pascal ripropone corne chiave decisiva della verità cattolica il riconoscimento dialettico della netta diff erenza agostiniana (perf ettamente sintetizzata nel De correptione et gratia) tra i due stati dell'umanità (quello dell' Adamo edenico e quello dell'uomo lapso) e della netta differenza tra i due soccorsi divini ad essi corrispondenti (l 'adiutorium sine quo non ovvero la grazia sufficiente e condizionata donata ad Adamo, e l' adiutorium quo ovvero la grazia efficace e incondizionata donata da Cristo ai soli eletti):
56 Cf. D2,1 l-2l,724-725=IV,1026-1027. «La loi obligeait à ce qu'elle ne donnait pas. La grâce donne ce à quoi elle oblige» (Pensées 824=665=522).
57 «Saint Augustin et les Pères qui l'ont suivi n'ont jamais parlé des commandements qu'en disant qu'ils ne sont pas impossibles à la charité, et qu'ils ne nous sont faits que pour nous faire sentir le besoin que nous avons de la charité qui seule les accomplit» (Ll, l ,642=1V, l 041).
58 Cf. D2,54-58, 732-733=1V, 1032-1033. 59 DJ,24-25,722=1V,l044; cf. D2,51,732=1V,1032.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
«Saint Augustin distingue le deux états des hommes devant et après le péché et a deux sentiments convenables à ces deux états» 60,
ove l'unica chiave della connessione tra i due stati e le due grazie è quella dell'incamazione di Dio in Gesù Cristo. Infatti la dottrina cristiana fondamentale, che confessa il paradossale coincidere della natura divina e della natura umana nell'unica persona di Cristo, è essa stessa figura, certo ipostatica e divina, del rapporto tra la grazia divina e la libertà dell'uomo, dunque di quell' «ordre admirable» in cui convergono realtà o atti che «semblent répugnantes» 61 • Agostinianamente, in Cristo, il predestinante, etemo Dio redentore è uno con il predestinato, temporale uomo redento 62 • Ma, nel nascondimento della più profonda umiliazione che il Dio redentore assume nella sua incamazione, nell'infinito paradosso del suo sacrificio, si intravede l' altro polo nascosto della verità cristiana: il nodo di un peccato assolutamente radicale 63, quindi una nuo-
60 T3,l,792=11,964. «(Il cristianesimo) nous apprend que, par un homme, tout a été perdu, et la liaison rompue entre Dieu et nous, et que, par un homme, la liaison est réparée. Nous naissons si contraires à cet amour de Dieu, et il est si nécessaire, qu'il faut que nous naissions coupables, ou Dieu serait injuste» (Pensées 205=237=489).
61 «La foi embrasse plusieurs vérités qui semblent se contredire ... La source en est l'union des deux natures en Jésus-Christ. Et aussi les deux mondes. La création d'un nouveau ciel et nouvelle terre. Nouvelle vie, nouvelle mort. Toutes choses doublées, et les mêmes noms demeurant. Et en.fin les deux hommes qui sont dans les justes. Car ils sont les deux mondes, et un membre et image de Jésus-Christ. Et ainsi tous les noms leur conviennent, de justes pécheurs, mort vivant, vivant mort, élu réprouvé, etc. Il y a donc un grand nombre de vérités, et de foi et de morale, qui semblent répugnantes, et qui subsistent toutes dans un ordre admirable» (733=614=862).
62 Soltanto ne! senso della scissione tra eletti e abbandonati, rivelata dalla predestinazione di Cristo, è da interpretare l'affermazione di R. BooEI, Geometria delle passioni. Paura, speranza. felicità: filosofia e uso politico, Milano 1991: «Più che nelle vesti di mediatore e conciliatore, Cristo gli (a Pascal) si presenta quale Iinea di strappo che lacera il mondo e gli animi degli uomini» (252).
63 «Nous avons une idée du bonheur, et ne pouvons y arriver; nous sentons une image de la vérité, et ne possédons que le mensonge: incapables d'ignorer absolument et de savoir certainement, tant il est manifeste que nous avons été dans un degré de perfection dont nous sommes malheu-
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Capitolo quinto - Pascal: ermeneutica e retorica del paradosso
va opposizione, quella tra la grandezza dell' Adamo originario, creato buono da Dio, e la miseria dell' Adamo decaduto, bisognoso della redenzione di Cristo, e ancora quella tra la grazia donata dalla carità di Cristo, e la concupiscenza, il naturale amor sui"64 ereditato dal peccato di Adamo:
reusement déchus ... Il est sans doute qu'il n'y a rien qui choque plus notre raison que de dire que le péché du premier homme ait rendu coupables ceux qui, étant si éloignés de cette source, semblent incapables d'y participer. Cet écoulement ne nous paraît pas seulement impossible, il nous semble même très injuste; car qu'y a-t-il de plus contraire aux règles de notre misérable justice que de damner éternellement un enfant incapable de volonté, pour un péché où il paraît avoir si peu de part, qu'il est commis six mille ans avant qu'il fût en être. Certainement rien ne nous heurte plus rudement que cette doctrine; et cependant, sans ce mystère, le plus incompréhensible de tous, nous sommes incompréhensibles à nous-mêmes. Le noeud de notre condition prend ses replis et ses tours dans cet abîme; de sorte que l'homme est plus inconcevable sans ce mystère que ce mystère n'est inconcevable à l'homme» (131=164=434); cf. 208=240=435; 695=574=445;471=708=441; 149=182=430.
64 «Le moi» pascaliano spesso incarna l' «amor sui» agostiniano: <<Le moi est haïssable ... En un mot, le moi a deux qualités: il est injuste en soi, en ce qu'il se fait centre de tout; il est incommode aux autres, en ce qu'il les veut asservir: car chaque moi est l'ennemi et voudrait être le tyran de tous les autres» (597=494=455); cf. 64=98=295; 668=547=457; 362=394=472; 617=510=492; il desolato 978=743=100, pari per pessimismo antropologico soltanto alle opere agostiniane contra Giuliano. Scrivono ARNAULD e NICOLE ne La logique: «L'esprit des hommes n'est pas seulement naturellement amoureux de lui-même, mais il est aussi naturellement jaloux, envieux et malin à l'égard des autres ... Pascal, qui savait autant de véritable rhétorique que personne en ait jamais su, portait cette règle (di tacere di sé per cercare di combattere l' amor sui) jusqu'à prétendre qu'un honnête homme devait éviter de se nommer, et même de se servir des mots de je et de moi; et il avait accoutumé de dire sur ce sujet que la piété chrétienne anéantit le moi humain, et que la civilité humaine le cache et le supprime» (IIl,20,6,266-267). Cf. in prop. l'interessante intervento (e la discussione seguitane) di CH. MEURII..LON, Un concept problématique dans les Pensées: "le moi", in Méthodes chez Pascal, pp. 269-283. Agostinianamente e giansenisticamente, la concupiscenza è divenuta, dopa il peccato adamitico, una seconda natura, ed è quindi naturalmente inestirpabile; la dignità dell'uomo è soltanto una labile traccia pervertita: «Voilà l'état où les hommes sont aujourd'hui. Il leur reste quelque instinct impuissant du bonheur de leur première nature, et ils sont plongés dans les misères de leur aveuglement et de leur concupiscence qui est devenue leur seconde nature» (Pensées 149=182=430). «L'homme n'est qu'un sujet plein d'erreur naturelle et ineffaçable sans la griice. Rien ne lui montre la vérité. Tout l'abuse» (45=78=83). Cf. la mondanamente onniperva-
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
«Toute la foi consiste en Jésus-Christ et en Adam et toute la morale en la concupiscence et en la grâce» 65; «Il suffit de dire qu'il a fallu, pour l'expier. qu'un Dieu se soit incarné et qu'il ait souffert jusqu'à la mort pour faire entendre la grandeur du mal en le mesurant à la grandeur du remède» 66•
siva triplice concupiscenza, idolo disperato di Dio, in 545=460=458; 933=761=460; cf. in prop. il prezioso saggio di M. PÉCHARMAN, L'ordre dans les trois ordres et l'ordre des trois ordres chez Pascal, in «Revue de Métaphysique et de morale» 1997,l=Les "trois ordres" de Pascal, pp. 19-40; e V. CARRAUD, Des concupiscences aux ordres de choses, ivi, pp. 41-66; entrambi affiancano l'analisi dei frammenti sui tre ordini della concupiscenza al frammento 308=339=793 sui tre ordini incomunicabili dei corpi, delle intelligenze, della carità (=la grazia), sottolineando l'omogeneità traitre ordini della concupiscenza e l' assoluta, incolmabile, infinitamente crescente sproporzione tra gli altri tre ordini.
65 Pensées 226=258=523; cf. 1'2,24-36,787-789=1,952-954 e TJ,1-17, 792-796=11,964-967.
66 Tl ,6,767=1,956. «Source des contrariétés. Un Dieu humilié, et jusqu'à la mort de la croix; un Messie triomphant de la mort par sa mort. Deux natures en Jésus-Christ, deux avènements, deux états de la nature de l'homme» (Pensées 241=273=765); «La misère persuade le désespoir; l'orgueil persuade la présomption. L'Incarnation montre à l'homme la grandeur de sa misère, par la grandeur du remède qu'il a fallu» (352=384=526). «.La religion chrétienne consiste proprement au mystère du Rédempteur; qui, unissant en lui les deux natures, humaine et divine, a retiré les hommes de la corruption et du péché pour les réconcilier à Dieu en sa personne divine. Elle enseigne donc ensemble aux hommes ces deux vérités: et qu'il y a un Dieu, dont les hommes sont capables, et qu'il y a une corruption dans la nature, qui les en rend indignes. Il importe également aux hommes de connaître l'un et l'autre de ces points; et il est également dangereux à l'homme de connaître Dieu sans connaître sa misère, et de connaître sa misère sans connaître le Rédempteur qui l'en peut guérir. Une seule de ces connaissances fait, ou la superbe des philosophes, qui ont connu Dieu et non leur misère, ou le désespoir des athées, qui connaissent leur misère sans Rédempteur... Ceux qui s'égarent ne s'égarent que manque de voir une de ces deux choses. On peut donc bien connaître Dieu sans sa misère, et sa misère sans Dieu; mais on ne peut connaître Jésus-Christ sans connaître tout ensemble et Dieu et sa misère» (449=690=556). <<Non seulement nous ne connaissons Dieu que par Jésus-Christ, mais nous ne nous connaissons nous-mêmes que par Jésus-Christ ... Hors de Jésus-Christ nous ne savons ce que c'est ni que notre vie, ni que notre mort, ni que Dieu, ni que nous-mêmes. Ainsi, sans l' Écriture, qui n'a que Jésus-Christ pour objet, nous ne connaissons rien, et ne voyons qu 'obscurité et confusion dans la nature de Dieu et dans la propre nature» (417=36=548); cf. 351=383=537; 192=225=527; 189=221=547. Sull'eucarestia corne rinnovamento del paradosso cristologico, cf. Provinciales XVI, p. 450: «L'Eucharistie est parfaitement proportionnée à notre état de foi, parce
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Capitolo quinto - Pascal: enneneutica e retorica del paradosso
Il fondamento cristologico della dialettica della grazia spiega quindi la stessa logica contraddittoria della storia del cristianesimo, ove il giusto mezzo tra eresie contrapposte si identifica con l' ortodossia della chiesa, che non solo «tient le milieu», ma che
«n'a quasi jamais été sans ce double combat. Et, comme elle a éprouvé cette contrariété en la personne de Jésus-Christ, son chef, que les uns ont voulu faire homme seulement, et les autres Dieu seulement, elle en a senti presque en tous les autres points de sa créance. Mais, en imitant aussi son chef, elle tend les bras aux uns et aux autres pour les appeler tous et les embrasser ensuite ensemble pour former une heureuse union» 67 •
Il cattolicesimo agostiniano è dunque esaltato corne giusto mezzo tra gli estremi parziali del supralapsarismo calvinista (cripto-docetista) e dell'antilapsarismo molinista (criptoebionita): il supralapsarismo calvinista, che confessa un'unica grazia interpretata corne «volonté absolue», che prescinde del tutto dall'assenso e dal concorso della libertà umana, è il sistema della divina necessità assoluta che, affermando la doppia predestinazione corne atto indipendente dalla prescienza del peccato di Adamo e di quelli degli uomini lapsi, finisce per attribuire empiamente a Dio stesso l' operazione e la responsabilità del peccato, rendendo quindi del tutto ingiusto il
qu'elle enferme véritablement Jésus-Christ, mais voilé»; cf. in tal senso Pensées 733=614=862.
67 72,43,791=1,955-956. «Il y a donc un grand nombre de vérités, et de foi et de morale, qui semblent répugnantes, et qui subsistent toutes dans un ordre admirable. La source de toutes les hérésies est l'exclusion de quelques-unes de ces vérités. Et la source de toutes les objections que nous font les hérétiques est l'ignorance de quelques-unes de nos vérités. Et d'ordinaire il arrive que, ne pouvant concevoir le rapport de deux vérités opposées, et croyant que l'aveu de l'une enferme l'exclusion de l'autre, ils s'attachent à l'une, ils excluent l'autre, et pensent que nous, au contraire» (Pensées 733=614=862). <<Les deux raisons contraires. Il faut commencer par là: sans cela, on n'entend rien, et tout est hérétique; et même, à la fin de chaque vérité, il faut ajouter qu'on se souvient de la vérité opposée» (576=479=567). Sulla dialettica tra le eresie e l'ortodossia corne giusto mezzo, cf. D. LEDUC-FAYETIE, La catégorie pascalienne de l'hérésie, in «Revue philosophique» 2, 1995, pp. 211-228; e supra, nota 7.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
giudizio di condanna di un uomo irresponsabile, misconoscendo nel processo di giustificazione qualsiasi concorso della volontà umana (cui è quindi negato il suo ineliminabile ruolo di causa seconda) 68 • L'antilapsarismo molinista, che confessa un'unica grazia interpretata corne «volonté conditionnelle» che dipende del tutto dall'assenso efficace della libertà creaturale, è il sistema dell'umana arbitrarietà assoluta, che conservando alla libertà lapsa l'integrità del suo potere di determinarsi tra possibilità indiff erenti, la considera capace di condizionare del tutto la grazia, «égale, générale», universalmente disponibile, giudice passivo del libero audoterminarsi dell'uomo; si che si assolutizza la volontà seconda, considerandola corne volontà prima o assoluta 69• Temperando amore
68 «Voilà l'opinion épouvantable de ces hérétiques, injurieuse à Dieu et insupportable aux hommes. Voilà les impudents blasphèmes par lesquels ils établissent en Dieu une volonté absolue et sans aucune prévision de mérite ou de péché pour damner ou pour sauver ses créatures» (T2,20,786=1,951). Calvino sostiene «que Dieu ... n'a pas permis, mais décrété et ordonné le péché d'Adam. Qu'Adam ayant péché nécessairement par le décret de Dieu, il a été digne de la mort éternelle. Qu'il a perdu son libre arbitre. Qu 'il n'a plus eu aucune flexibilité au bien, même avec la grâce efficacissime» (TJ,26,798=11,969); «la grâce de Jésus-Christ, laquelle ils ne perdent jamais depuis qu'ils l'ont reçue, qui porte leur volonté au bien (non pas qui fait que la volonté s'y porte, mais qui l'y porte malgré sa répugnance) comme une pierre, comme une scie, comme une matière morte en son action et sans capacité aucune de se mouvoir avec la grâce et d'y coopérer, parce que le libre arbitre est perdu et mort entièrement. De sorte que la grâce opère seule... De sorte que les hommes sont sauvés ou damnés, suivant qu'il a plu à Dieu de les choisir dans Adam au point de leur création, et qu'il a plu à Dieu de les incliner ou au bien ou au mal pour sa gloire. Tous les hommes étant également innocents de leur part, lorsque Dieu les a discernés» (T3,29-32,798-799=11,970).
m <<Les hommes sont sauvés ou damnés suivant qu'il plaît aux hommes de rendre vaine ou efficace cette grâce suffisante donnée à tous les hommes pour croire ou pour prier, Dieu ayant une volonté égale de les sauver tous, de sa part» (T3,23,797=11,969). «C'est que Dieu a une volonté conditionnelle de sauver généralement tous les hommes ... n'ayant pas eu de sa part de volonté absolue ni de sauver, ni de damner aucun des hommes. Cette opinion, contraire à celle des Calvinistes, produit un effet tout contraire. Elle flatte le sens commun que l'autre blesse. Elle le flatte et, le rendant maître de son salut ou de sa perte, elle exclut de Dieu toute volonté absolue, et fait que le salut et la damnation procèdent de la volonté humaine, au lieu que dans celle de Calvin l'un et l'autre procèdent de la volonté divine» (T2,21-22,786=1,952).
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e timore, bellezza e maestà 70, la dialettica verità cattolica 71 si
70 «Comme les vérités chrétiennes sont dignes d'amour et de respect, les erreurs qui leur sont contraires sont dignes de mépris et de haine, parce qu'il y a deux choses dans les vérités de notre religion, une beauté divine qui les rend aimables, et une sainte majesté qui les rend vénérables; et qu'il y a aussi deux choses dans les erreurs: l'impiété qui les rend horribles, et l'impertinence qui les rend ridicules. Et c'est pourquoi, comme les saints ont toujours pour la vérité ces deux sentiments d'amour et de crainte, et que leur sagesse est toute comprise entre la crainte qui en est le principe, et l'amour qui en est la.fin, les saints ont aussi pour l'erreur ces deux sentiments de haine et de mépris» (Les Provinciales XI, p. 419).
71 <<Ils (i discepoli di Agostino) considèrent deux états dans la nature humaine: l'un est celui auquel elle a été créée dans Adam, saine, sans tache ... ; l'autre est l'état auquel elle a été réduite par le péché ... Ils (i discepoli di Agostino) prétendent que, dans l'état d'innocence, c'est à dire au jour de la Création, Dieu a eu une volonté générale et conditionnelle de sauver tous les hommes, pourvu qu'ils le voulussent moyennant les grâces suffisantes qu'il leur donnerait pour leur salut, mais qui ne les déterminaient pas infailliblement à persévérer dans le bien»; ma in seguito al peccato adamitico e al costituirsi della massa peccatorum, «Dieu en a voulu sauver une partie par une volonté absolue fondée sur sa seule miséricorde toute pure et gratuite» (T2,24-28,787-788=1,952-953; cf. T3,I-17,792-796=11,964-967), ove agostinianamente Dio prevede senza predestinare, senza operare i peccati dei reietti, ma Dio prevede predestinando, operando la conversione degli eletti: «Voilà leur sentiment, suivant lequel il se voit que Dieu a une volonté absolue de sauver ceux qui sont sauvés, et une volonté conditionnelle et par prévision de damner les damnés: et que le salut provient de la volonté de Dieu, et la damnation de la volonté de l'homme» (T2,37,790=1,954); dunque «elle (la chiesa) reconnatt en Dieu une volonté égale, générale et conditionnelle pour le salut des hommes en leur création. Mais elle reconnatt en Dieu une volonté absolue d'en sauver quelques-uns infailliblement après le péché, et d'en laisser quelques autres après le même péché, sans vouloir les sauver. Et le manque de discerner ces deux états est la source des erreurs des uns et des autres ... Ainsi les Molinistes et nous sommes conformes en la créance de la volonté de Dieu pour le salut des hommes en leur création, sans aucune différence, mais nous différons en la volonté de Dieu après la chute d'Adam Et les Calvinistes diffèrent horriblement de nous en la volonté de Dieu en la création de l'homme, et nous sommes conformes de paroles en la volonté absolue de Dieu en la rédemption, mais différents en sens, en ce que nous entendons que le décret de Dieu est postérieur à la prévision du péché d'Adam et donné sur les hommes criminels, et eux prétendent que ce décret est non seulement prieur, mais cause du péché d'Adam et donné sur les hommes encore innocents. Ainsi, les Molinistes prétendent que la prédestination et la réprobation sont par la prévision des mérites et des péchés des hommes. Les Calvinistes prétendent que la prédestination et la réprobation sont par la volonté absolue
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
oppone cosl all'orribile e disperante 72 prospettiva calvinista di un Dio arbitrariamente crudele, corne si oppone alla <<flatteuse» 13 e superba prospettiva di un Dio impotente e privo di mistero.
L' ermeneutica della dottrina agostiniana della grazia si concretizza pertanto nell'identificazione di una (apparente-
de Dieu. Et l'Église prétend que la prédestination vient de la volonté absolue de Dieu et la réprobation de la prévision du péché. Ainsi les Molinistes posent la volonté des hommes pour source du salut et de la damnation. Ainsi les Calvinistes posent la volonté de Dieu pour source du salut et de la damnation. Ainsi l'Église pose que la volonté de Dieu est la source du salut, et que la volonté des hommes est la source de la damnation» (Tl,7-12,767-768=1,956-957); cf. 72,37,790=1,954.
72 «(L'opinion) des Calvinistes est si horrible, et frappe d'abord l'esprit avec tant de force par la vue de la cruauté de Dieu envers ses créatures, qu'elle est insupportable» (TJ,4,767=1,956). All'errore teologico calvinista si aggiunge quindi un errore retorico e protrettico: cf. infra, Appendice Ill: sulla retorica giansenista.
73 «(L'opinion) des Molinistes est si douce, si conforme au sens commun, qu'elle est très agréable et très charmante» (Tl ,4,767=1,956). «Le monde veut naturellement une religion, mais douce» (Pensées 952= 789=956; cf. 692=571=915). Non a caso «un des plus grands principes» dei gesuiti è appunto quello de «les adoucissements de la corifession, qui sont assurément le meilleur moyen que ces Pères aient trouvé pour attirer tout le monde et ne rebuter personne» (Les Provinciales X, p. 413); cf. IX, p. 413 e X, p. 418. Contro questo proselitismo !assista, frequente è il ribadimento giansenista dell'opportunità del ricorso alla durezza delle affermazioni teologiche e delle stesse strategie polemiche: sulle regole e il metodo retorico di Arnauld e dello stesso Pascal, e sui loro essere patristicamente giustificati, cf. D. DESCOIBS, Force et violence dans le discours chez Antoine Arnauld, in J.-C. Pariente (ed.), Antoine Arnauld. Philosophie du langage et de la connaissance, Paris 1995, pp. 33-64: malgrado si rilevi il ruolo decisivo del IV libro del De doctrina christiana, non si dedica alcuna attenzione alla causa assoluta della durezza teologica, cioè al decisivo rapporto tra tentativo violento di persuasio umana e azione irresistibile della grazia divina. In prop., cf. l'XI delle Provinciales, e in part. pp. 419-422: contro gli eretici, la confutazione veemente o la stessa «moquerie» è tentativo esteriore di persuasione, ma solo Dio opera interiormente e irresistibilmente la loro conversione. 1 Padri stessi offrono quindi vere e proprie regole retoriche (1: parlare comunque della verità; 2: saper parlare sia con veemenza che con discrezione; 3: ironizzare solo sugli errori, senza mai personalizzare la controversia), per una polemica comunque animata da spirito di carità e finalizzata alla conversione dell'avversario (p. 422). Sull'ironia corne strategia retorica, cf. i contributi di D. JAYMES, la méthode d'ironie dans les Provinciales; e di J. MOREL, Pascal et la doctrine du rire grave. Onzième provinciale, entrambi in Méthodes chez Pascal, rispettivamente pp. 203-211 e 213-222.
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mente) paradossale dialettica teologica, ontologica e storica74:
il cattolicesimo agostiniano non solo è il punto medio tra pelagianesimo e manicheismo, molinismo e calvinismo, ma anche tra platonismo (o stoicismo) e pirronismo (o epicureismo), cartesianesimo e libertinismo, deismo e ateismo; la dialettica della grazia viene infatti assunta non soltanto corne criterio di interpretazione dell'intera storia del dogma cristiano, ma anche corne chiave di interpretazione dell'intera storia della filosofia75 :
«L'histoire de l'Église doit être proprement appelée l'histoire de la vérité» 76•
La dialettica tra molinismo ( che superbamente afferma la grandezza dell'uomo, la potenza della sua libertà, negando la corruzione della natura) e calvinismo (che disperatamente afferma l' assoluta miseria dell' uomo, l' impotenza insuperabile
74 «la religion chrétienne ... doit être tellement l'objet et le centre où toutes choses tendent, que qui en saura les principes puisse rendre raison et de toute la nature de l'homme en particulier, et de toute la conduite du monde en général... Jésus-Christ est l'objet de tout, et le centre où tout tend. Qui le connaît, connaît la raison de toutes choses» (Pensées 449=690=556).
n Il rnodello è ancora di derivazione patristica e più in part. agostiniana: basti pensare aile Confessiones, al dialettico fluttuare dell' Agostino giovane tra il disperante scetticismo accademico e il superbo dogmatismo prima rnanicheo e poi platonico; o alla valutazione della storia della filosofia pagana nel XIX libro del De civitate Dei. Il metodo della verità corne teologica unità dialettica degli opposti è quindi applicato alla storia della filosofia: «Tous leurs principes sont vrais, des pyrrhoniens, des stoïques, des athées, etc. Mais leurs conclusions sont fausses, parce que les principes opposés sont vrais aussi» (619=512=394); cf. 165=197=210. Sull'agostinismo corne giusto mezzo tra dogmatismo e scetticismo, cf. l' Entretien avec M. de Saci sur Épictète et Montaigne [1655], in Oeuvres complètes, III, pp. 124-147; sui ruolo centrale di M. de Sacy a Port-Royal, cf. SAINrE-BEUVE, PortRoyal I,11,17,762-18,807. Sul ruolo decisivo delle Confessiones a PortRoyal, cf. P. COURCELLE, Les Confessions de saint Augustin dans la tradition littéraire, pp. 398-434; e R. ARNAULD o' ANDILLY, Avis au lecteur, in Les Confessions de S. Augustin, Paris 1949, 1680 (2), da lui tradotte (pp. IV); sull'Entretien avec M. de Saci, cf. P. COURCELLE, L'Entretien de Pascal et Sacy. Ses sources et ses énigmes, Paris 1960.
76 Pensées 776=641=858.
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della sua libertà, negando la possibilità di intrinseca redenzione della natura) riproducono nella storia del cristianesimo l'oscillare non dialettico, irrisolto e erroneo proprio dell'intera storia della filosofia:
«Ne voyant pas la vérité entière, ils (les hommes) n'ont pu arriver à une parfaite vertu. Les uns considérant la nature comme incorrompue, les autres comme irréparable, ils n'ont pu fuir ou l'orgueil ou la paresse, qui sont les deux sources de tous les vices ... De là viennent les diverses sectes des stoïques et des épicuriens, des dogmatistes et des académiciens etc.» 71 •
L'assoluto, disperato pessimismo calvinista e l'assoluto, superbo ottimismo molinista rivivono nella stessa filosofia modema nell'opposizione tra il coerente approdo ateo, meccanicista, libertino dello "scetticismo" calvinista, e il presupposto neo-pelagiano ( ovvero neo-platonico o neo-stoico) del dogmatismo cartesiano:
1) Il Dio calvinista, creatore dello stesso peccato, è un Dio talmente orribile e contraddittorio da essere a ragione considerato non credibile, respinto dall'opzione atea del relativismo libertino (che proprio nella messa in discussione della teodicea divina radica la sua forza); analogamente la calvinistica negazione della intrinseca redimibilità della natura, ridotta a morto burattino nelle mani di un Dio crudele e ingiu-
77 Pensées 208=240=435. «Tous ceux qui cherchent Dieu hors de Jésus-Christ, et qui s'arrêtent dans la nature, ou ils ne trouvent aucune lumière qui les satisfasse, ou ils arrivent à se former un moyen de connaître Dieu et de le servir sans médiateur; et par là ils tombent, ou dans l'athéisme, ou dans le déisme, qui sont deux choses que la religion chrétienne abhorre presque également» (449=690=556). Sulla teologia corne sintesi vera delle opinioni paniali e quindi false della filosofia, cf. Entretien avec M. de Sacy, pp. 124-157; in part. si noti la conclusione: «la théologie ... est le centre de toutes les vérités; ce qui paraît ici parfaitement, puisqu'elle enferme si visiblement toutes celles qui se trouvent dans ces opinions» (p. 154). Sul Vangelo corne unica possibile unità di verità morali e antropologi-che contrarie, soltanto panialmente e contraddittoriamente comprese dalla filosofia, cf. CH. LAZZERI, Force et justice dans la politique de Pascal, Paris 1993, pp. 174-182; per una lucida analisi della dialettica teologica tra molinismo e calvinismo, parziali e quindi insufficienti interpretazioni del paradosso della grazia cattolica, agostiniana e giansenista, cf. pp. 182-188.
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sto che muove la stessa libertà umana corne un corpo senza vita, senza desiderio e senza amore, concorda con il materialismo meccanicistico e con la sua riduzione dell'uomo a passività corporea mossa del tutto estrinsecamente (si pensi ad Hobbes). L'esito della teologia calvinista è quindi l'assolutizzazione del peccato, della miseria, dell' alienazione disperata dell' uomo da Dio 78•
2) Il Dio molinista, creatore di una natura che permane del tutto integra malgrado il peccato dell'uomo, è un Dio impotente e inefficace nel suo essere mera grazia sufficiente universalmente donata; pelagianamente, platonicamente, stoicamente, Dio non è altro che la suprema verità oggettiva, culmine di un ordine disponibile all'ascesi della ragione. Mero esattore o spettatore del processo di giustificazione, puo quindi essere deisticamente e cartesianamente identificato con la
78 Sul nichilismo libertino e il suo rapporto con la cosmologia meccanicistica e l' ipotesi di un Dio del tutto impenetrabile e implacabile, cf. il fondamentale frammento 427=681=194 delle Pensées: in part.: «"Je ne vois que des infinités de toutes parts, qui m'enfennent comme un atome et comme une ombre qui ne dure qu'un instant sans retour. Tout ce que je connais est que je dois bientôt mourir, mais ce que j'ignore le plus est cette mort même que je ne saurais éviter. Comme je ne sais d'où je viens, aussi je ne sais où je vais; et je sais seulement qu'en sortant de ce monde je tombe pour jamais ou dans le néant, ou dans les mains d'un Dieu irrité, sans savoir à laquelle de ces deux conditions je dois être éternellement en partage. Voilà mon état, plein de faiblesse et d'incertitude. Et de tout cela, je conclus que je dois donc passer tous les jours de ma vie sans songer à chercher ce qui doit m'arriver. Peut-être que je pourrais trouver quelque éclaircissement dans mes doutes; mais je n'en veux pas prendre la peine, ni faire un pas pour le chercher, et après, en traitant avec mépris ceux qui se travailleront de ce soin, je veux aller, sans prévoyance et sans crainte, tenter un si grand événement, et me laisser mollement conduire à la mort, dans l'incertitude de l'éternité de ma condition future". Qui souhaiterait d'avoir pour ami un homme qui discourt de cette manière? ... En vérité, il est glorieux à la religion d'avoir pour ennemis des hommes si déraisonnables - quelque certitude qu'ils en eussent, c'est un sujet de désespoir, plutôt que de vanité -; et leur opposition lui est si peu dangereuse, qu'elle sert au contraire à l'établissement de ses vérités. Car la foi chrétienne ne va presque qu'à établir ces deux choses: la corruption de la nature, et la Rédemption de Jésus-Christ. Or je soutiens que, s'ils ne servent pas à montrer la vérité de la Rédemption par la sainteté de leurs moeurs, ils servent au moins admirablement à montrer la corruption de la nature par des sentiments si dénaturés»; cf. 428=682=195.
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suprema causa e garanzia di un ordine ontologico e cosmologico universalmente prevedibile perché privo di grazia79, con la regola etica oggettiva (la legge) che la sola libertà dell'uomo è autonomamente capace di adeguare 80• Il rifiuto di riconoscere la radicalità dell'esito del peccato coïncide quindi con
79 <<.le ne puis pardonner à Descartes; il aurait bien voulu, dans toute sa philosophie, pouvoir se passer de Dieu; mais il n'a pu s'empêcher de lui faire donner une chiquenaude, pour mettre le monde en mouvement; après cela, il n'a plus que faire de Dieu» (1001=?=77); il ruolo di Dio nell'ontologia di «Descartes inutile et incertain» (887=445=78) è del tutto simile al ruolo di Dio nella dottrina della giustificazione pelagiana: creatore e non redentore, supremo e immoto fondamento dell'ordine e non operante, vivente e vivificante atto di grazia. «Et c'est pourquoi je n'entreprendrai pas ici de prouver par des raisons naturelles, ou l'existence de Dieu, ou la Trinité, ou l'immortalité de l'âme, ni aucune des choses de cette nature; non seulement parce que je ne me sentirais pas assez fort pour trouver dans la nature de quoi convaincre des athées endurcis, mais encore parce que cette connaissance, sans Jésus-Christ, est inutile et stérile. Quand un homme serait persuadé que les proportions des nombres sont des vérités immatérielles, éternelles, et dépendantes d'une première vérité en qui elles subsistent, et qu'on appelle Dieu, je ne le trouverais pas beaucoup avancé pour son salut. Le Dieu des chrétiens ne consiste pas en un Dieu simplement auteur des vérités géométriques et de l'ordre des éléments: c'est la part des païens et des épicuriens ... Mais le Dieu d'Abraham, le Dieu d'Isaac, le Dieu de Jacob, le Dieu des chrétiens, est un Dieu d'amour et de consolation; c'est un Dieu qui remplit l'âme et le coeur de ceux qu'il possède; c'est un Dieu qui leur fait sentir intérieurement leur misère, et sa miséricorde infinie; qui s'unit au fond de leur âme; qui la remplit d'humilité, de joie, de con.fiance, d'amour; qui les rend incapables d'autre fin que de lui-même» (449=690=556); sull'impossibilità di accedere al «Dieu caché» per via metafisica, oltre ai decisivi Mémorial e Pensées 190=223=543; 781=644=242; 642=529bis=448 e 205=237=489, cf. G. PASCAL PÉRIER, Vie de Pascal (II versione), in B. Pascal, Oeuvres complètes, 1, Paris 1964, pp. 603-642, in part. 42-51, pp. 619-622; cf. in prop. V. CARRAUD, Pascal et /a philosophie, pp. 347-392. Per il rapporto analogo di Pascal con la fisica, progressivamente riconosciuta corne divertissement inutile e incerto, cf. le interessanti osservazioni di S. MAZAURic, Gassendi, Pascal et la querelle du vide, Paris 1998, 113-124; più in generale cf. P. GUENANCIA, Du vide a Dieu. Essai sur la physique de Pascal, Paris 1976, in part. 297-334. Lo stesso il giudizio relativo alla geometria, corne testimonia la Lettre a Fermat (agosto 1660), ove PASCAL afferma: «Car pour vous parler franchement de la géométrie, je la trouve le plus haut exercice de l'esprit; mais en même temps je la connais pour si inutile que je fais peu de différence entre un homme qui n'est que géomètre et un habile artisan» (in Oeuvres complètes, IV, p. 923).
80 Cf. infra, Appendice Ill - Cartesianesimo e pelagianesimo.
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la superba affennazione di una grandezza onnai fittizia del-1' anima, di una pienezza metafisica per Pascal onnai presente soltanto corne perduta o escatologicamente donata, ma in quest' esistenza identificabile soltanto corne «marque et trace toute vide» 81 •
Mentre il calvinismo assolutizza la finitezza alienata della creatura decaduta, sino al suo annullamento totale al cospetto di Dio, il molinismo ripropone la pelagiana autonoma infinitizzazione della finitezza, e volatilizzando il peccato, afferma l'assolutizzazione autonoma dell'immagine razionale, capace di identificare creatura e Dio, superbamente degradato a idolo 82 del proprio desiderio di conoscenza e di azione.
Quindi i celeberrimi paradossi pascaliani sulla contraddittoria natura dell'uomo, «roi dépossédé» 83, «roseau pensant» 84, «monstre incompréhensible» 85, non sono soltanto
81 Pensées 148=181=425. si «On se fait une idole de la vérité même; car la vérité hors de la
charité n'est pas Dieu, et est son image et une idole, qu'il ne faut point aimer, ni adorer» (926=755=582); questo commento dell'agostiniano Contra Faustum 32, 18 («non intratur in veritatem, nisi per caritatem») diviene del tutto chiaro soltanto considerando l'identificazione agostiniana e giansenista tra carità e grazia operante o efficace. La mera conoscenza metafisica di Dio, infatti, se priva di grazia, è il superbo dilatarsi dell'immaginazione perversa dell'uomo, nel suo solipsismo naturalmente incapace di riconoscere Dio corne alterità assoluta, del tutto disomogenea alla propria intelligenza: «L'imagination grossit les petits objets jusqu'à en remplir notre âme par une estimation fantastique, et par une insolence téméraire elle amoindrit les grandes jusqu'à sa mesure, comme en parlant de Dieu» (551=461=84). Il molinismo si identifica con questa immaginaria, chimerica e perversa defonnazione idolatrica: cf. G. FERREYROLLES, L'imagination en procès, in «XVIIe siècle», 177, 1992, pp. 469-479, in part. pp. 476-479.
83 Cf. Pensées 117=149=409 e 116=148=398. 84 200=231=347 e 113=145=348; cf. 122=155=416. 85 «S'il se vante, je l'abaisse; s'il s'abaisse, je le vante; et le contredis
toujours, jusqu'à ce qu'il comprenne qu'il est un monstre incompréhensible» (130=163=420); cf. 119=151=423; 464=703=419; 121=153 e 154=418; 678=557=358. «Raison des effets. Renversement continuel du pour au contre» (93=127=328); cf. 122=155=416; 27=61=354; 771=636=355. «Quelle chimère est-ce donc que l'homme? Quelle nouveauté, quel monstre, quel chaos, quel sujet de contradiction, quel prodige! Juge de toutes choses, imbécile ver de terre, dépositaire du vrai, cloaque d'incenitude et d'erreur, gloire et rebut de l'univers. Qui démêlera cet embrouillement? ... Connaissez donc, superbe, quel paradoxe vous êtes à vous-même. Humiliez-vous, raison im-
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immagini letterarie rivelative di una mera contraddizione psicologica, ma determinazioni di una ben precisa dialettica teologica, che è quella agostiniana:
«Il y a deux vérités de foi également constantes: l'une, que l'homme, dans l'état de la création, ou dans celui de la grâce, est élevé au-dessus de toute la nature, rendu comme semblable à Dieu, et participant de la divinité; l'autre qu 'en l'état de la corruption et du péché, il est déchu de cet état et rendu semblable aux bêtes. Ces deux propositions sont également fermes et certaines. L'Écriture nous les déclare manifestement ... Par où il paraît clairement que l'homme, par la grâce, est rendu comme semblable à Dieu et participant de sa divinité, et que, sans la grâce, il est censé semblable aux bêtes brutes»86•
Con assoluta chiarezza, si ribadisce in questa Pensée corne la paradossale dialettica 87 tra grandezza (la razionale spi-
puissante! Taisez-vous, nature imbécile, apprenez que l'homme passe infiniment l'homme et entendez de votre Maître votre condition véritable que vous ignorez. Écoutez Dieu» (131=164=434). Non solo la dialettica teologica, ma gli stessi tennini "monstre", "embrouillement", "noeud' sono di origine agostiniana: cf. ad esempio Confessiones VIIl,9,21: «Unde hoc monstrum? Et quare istuc?»; 11,10,18: «Quis exaperit islam tortuosissimam et implicatissimam nodositatem?». Sulla dialettica del paradosso, cf. C. CrANCIO, Paradossi pascaliani, in «Annuario filosofico» 7, 1991, pp. 289-334, ove risulta comunque scarsissima l'attenzione al problema specificatamente teologico, quindi evidente l'incapacità di ricollegare la dialettica pascaliana alla decisiva dialettica agostiniana della grazia e della predestinazione.
86 Pensées 131=164=434. Sull'etica agostiniana di Pascal, profondamente anti-umanista (impossibilità di fondare una morale non teologica) e al tempo stesso autenticamente umana (capace di rivelare le reali contraddizioni dell'uomo, armonizzandole nella fede in Cristo), cf. J. MESNARD, Pascal et le problème moral, in La cultura du XVIIe siècle, pp. 355-362.
87 L. GOLDMANN ha definito il pensiero di Pascal corne «essentiellement statique, tragique et paradoxal: statique, parce qu'affirmant la valeur unique et exclusive de la synthèse (vérité vraie, justice juste etc.), elle nie toute possibilité, non seulement de la réaliser, mais encore de l'approcher; aussi n'y a-t-il pour la pensée de Pascal aucun espoir de progrès à l'intérieur du temps humain; paradoxale, parce qu'elle conçoit toute réalité comme heurt et opposition des contraires, d'une thèse et d'une antithèse en même temps opposées et inséparables et dont aucun espoir intramondain ne permet d'atténuer l'irréductibilité; tragique, parce que l'homme ne peut ni éviter ni accepter le paradoxe, parce qu'il n'est homme que dans la mesure où, affir-
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ritualità dell'immagine creata e la superbia che ne deriva) e miseria (il peccato e la disperazione che ne deriva) sia comprensibile soltanto se riportata alla dialettica della grazia agostiniana, quindi al principio-chiave di tutte le Pensées, alla mediazione spirituale tra peccato e misericordia, accecamento e illuminazione, Adamo e Cristo, dunque a quei principi ai quali l'intero sistema teologico cristiano è ricondotto 88:
mant la possibilité réelle de la synthèse, il en fait l'axe de son existence, tout en restant en permanence conscient que cette affirmation même ne saurait échapper au paradoxe, que la certitude la plus absolue, la plus forte, qu'il lui soit donné d'atteindre, n'est ni de l'ordre de la raison ni de celui de l'intuition directe et immédiate; elle est une certitude incertaine, pratique (Kant), une certitude du coeur, un postulat, un pari. Au demeurant, dans la mesure où l'homme veut, dès cette vie, dire des choses valables sur lui, sur le monde, et même sur Dieu, il ne peut éviter le paradoxe, qui reste la seule et unique forme de vérité qui soit à sa portée» (Le dieu caché, p. 219, tr. it. pp. 293-294).
88 PH. SELLIER ha mirabilmente sintetizzato la struttura giansenista e predestinazionista della Pensées: cf. Introduction a B. Pascal, Pensées, Paris 1991, pp. 48-52. Del tutto superficiale e fuorviante il saggio di H. MICHON, Deus absconditus, in «XVIIe siècle» 177, 1992, pp. 495-506: le Pensées di Pascal vengono interpretati corne appello al libero arbitrio, corne semipelagiana esortazione alla conversione meritoria, che esclude qualsiasi dottrina della grazia predestinata (cf. in part. pp. 501-506)! Per una totale e sistematica svalutazione della centralità teologica della grazia predestinata in Pascal, presunto errore indotto del demone giansenista della polemica teologica, e per questo errore comunque evitabile, cf. R. GUARDINI, Christliches Bewufltsein. Versuche über Pascal, München 1950, tr. it. Pascal, Brescia 1992(4): indicativi i deludentissimi capp. N, «Il Dio occulto e il cuore», pp. 151-183, e VI, «La lotta di Pascal», pp. 233-304. Pur se condizionato da un analogo, tradizionale antigiansenismo, risulta storicamente molto più obiettivo, e proprio per questo più profondo e fecondo il bilancio di H.U. VON BALTHASAR, Herrlich/œit. Ill: Fiicher der Stile: Laikale Stile, Einsiedeln 1962, tr. it. Gloria. Ill: Stili laicali, Milano 1976, pp. 159-218; cf. inoltre, sempre di H.U. VON BALIBASAR, Les yeux de Pascal, in AaVv, Pascal et Pon-Royal, Paris 1962, pp. 58-66. Del tutto deludente è invece il saggio di M.F. SctACCA, Pascal, Milano 1972(7), volto a risalire ad un Pascal «spogliato dagli elementi giansenistici che non gli sono intrinseci e da alcune intemperanze polemiche contingenti» (p. 195), si che, almeno dopo l'interruzione delle Provinciales, «Pascal è l'antitesi del giansenismo; giansenista all'inizio, approda a dottrine radicalmente opposte ... Per il giansenismo, niente I'uomo puô fare per la sua salvezza: è la grazia efficace che opera e soggioga la volontà; si salva chi è predestinato ad esserlo. Pascal respinge questa tesi: la salvezza è opera della grazia soprannaturale, ma l'uomo collabora all'azione divina>> (p. 110). Esplicita e piuttosto pedissequa la dipendendenza dell'inattendibile Pascal semipelagiano di Sciacca dallo storicamente inaccettabile articolo di BLONDEL, Le jansénisme et l'anti-jansénisme de
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«Il n'y a point de doctrine plus propre à l'homme que celle-là, qui l'instruit de sa double capacité de recevoir et de perdre la
Pascal (1923), cit.: Blondel oppone sistematicamente l'anima agostiniana e antigiansenista (sic!) di Pascal alla sua superficiale apparenza giansenista, «fibroma aderente ... peso micidiale ... fardello del tetro e opaco giansenismo» (p. 147), ridotto a ruera interpretazione intellettualistica e nozionale del cristianesimo (cf. p. 121). Il giansenismo di Pascal sarebbe quindi soltanto «superficiale, apparente, occasionale, equivoco ... Il suo antigiansenismo, incosciente da principio e per lungo tempo, è profondo, personale» (p. 145); sarebbe quindi possibile liberare Pascal dai suoi superficiali tratti giansenisti, senza comprometterne l'intima e sempre vitale ispirazione, identificata con un vago, tradizionalmente cattolico e antitragico spiritualismo, cui Io stesso Agostino viene costretto (cf. pp. 119-120). Blondel dipende pressocché totalmente dal capolavoro di H. BREMOND, Histoire littéraire du sentiment religieux en France, tomo IV, La Conquête mystique. L'École de Port-Royal, capitolo IX, "La prière de Pascal" pp. 318-417; cf. in part. pp. 407-416, ove, pur se capace di affermare che soltanto la morte avrebbe impedito a Pascal di dare ragione agli antigiansenisti sulla questione della grazia e della predestinazione, Bremond non puo comunque fare a meno di contrapporre il suo fantomatico Pascal cripto-semipelagiano alle «inhumaines spéculations de l'auteur des Écrits sur la grâce» (416); «Dans une âme vraiment vivante, la vie elle-même, complète, corrige et déborde les formules trop étroites sur lesquelles on avait cru la régler>>; in analogia con l'interpretazione di Blondel, l'antiteologico misticismo di Bremond fa quindi svaporare nell'indistinto vivente del mistico la specificità cristiana di Pascal. Per un prudente, e comunque niente affatto convincente tentativo di differenziare le Pensées dalla teologia giansenista, cf. da ultimo L. KoLAKOWSKI, Dieu ne nous doit rien, pp. 151-259, in part. pp. 254-255: «Rien dans cette oeuvre ne va à l'encontre des principes fondamentaux de la théologie janséniste ... Le coeur des Pensées n'est pas clairement janséniste». Su questa linea, cf. il poco convincente volume di P. MAGNARD, Pascal, cit. infra, pp. 241-254: pur se con grande raffinatezza, si cerca ancora, bremondianamente, di differenziare il "naturalismo" della grazia del metafisico Giansenio, dallo "spiritualismo" della grazia di Pascal. Per una recentissima, ambigua e scadente riproposizione dell'interpretazione mistica di Bremond, cf. C. TRICOT e R. ZAMBELU, Blaise Pascal et Thérèse de Lisieux. Deux mystiques français, Paris 1999, in part. pp. 95-123. Per una sistematica confutazione delle tesi di Bremond, rimane esemplare l'interpretazione di J. LAPoRTE, Le coeur et la raison selon Pascal (1927), Paris 1950, in part. pp. 14 e 164-167; Pascal et la doctrine de Port-Royal (1923), quindi in Études d'histoire et de philosophie du XVII siècle, Paris 1951, pp. 119-178, in part. p. 120: «Beaucoup de "pascalisants" éminents, il est vrai ... se sont plus à soutenir ce paradoxe, qu'une Apologie conçue à Port-Royal, dont Port-Royal a connu, applaudi, encouragé le projet initial, et édité les fragments, serait dans son "inspiration fondamentale" ... en opposition avec la théologie de Port-Royal»; sui retroterra giansenista della totalità delle Pensées pascaliane, cf. p. 140. Per la rivendicazione dell'autentico strutturante agostinismo giansenista e per una lucida critica delle faziose tesi di
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grâce, à cause du double péril où il est toujours exposé, de désespoir ou d'orgueil»89•
La confessione della grazia predestinata (preservata dall'interpretazione disperante del calvinismo) e la polemica antipelagiana sono quindi il senso unico e fondante delle Pensées, apologia paradossale di una verità mondanamente misconosciuta e contraffatta:
«Des pécheurs purifiés sans pénitence, des justes sanctifiés sans charité, tous les chrétiens sans la grâce de Jésus-Christ, Dieu sans pouvoir sur la volonté des hommes, une prédestination sans mystère. Un rédempteur sans certitude» (864=439=884).
È quindi opportuno portare alcuni esempi della perfetta continuità dottrinale tra gli Écrits sur la grâce e le Pensées:
«Opérez votre salut avec crainte. Pauvres de la grâce. Petenti dabitur. Donc il est en notre pouvoir de demander? Au contraire; donc il n'y est pas, parce que l'obtention y est, le prier n'y est pas. Car puisque le salut n'y est pas, et que l'obtention y est, la prière n'y est pas. Le juste ne devrait donc plus espérer en Dieu, car il ne doit pas espérer, mais s'efforcer d'obtenir ce qu'il demande. Concluons donc que puisque l'homme est incapable maintenant d'user de ce pouvoir prochain et que Dieu ne veut pas que ce soit par là qu'il ne s'éloigne pas de lui, ce n'est que par un pouvoir efficace qu'il ne s'éloigne pas... Donc ceux qui, ayant persévéré quelque temps dans la prière par ce pouvoir efficace, cessent de prier, manquent de ce pouvoir efficace. Et partant Dieu quitte le premier en ce sens» (969=803=514).
Bremond e di Blondel, cf. inoltre J. MESNARD, Les Pensées de Pascal, Paris 1993(3), pp. 138-143.
89 Pensées 354=386=524; «Les philosophes ne prescrivaient point des sentiments proportionnés aux deux états. Ils inspiraient des mouvements de grandeur pure, et ce n'est pas l'état de l'homme. Ils inspiraient des mouvements de bassesse pure, et ce n'est pas l'état de l'homme. Il faut des mouvements de bassesse, non de nature, mais de pénitence, non pour y demeurer, mais pour aller à la grandeur. Il faut des mouvements de grandeur, non de mérite, mais de grâce, et après avoir passé par la bassesse» (398=17=525); cf. 208=240=435.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
Tutto dipende dalla grazia di Dio, e l'espressione «pauvres de la grâce» è equivoca: se Dio non concede il dono della grazia, coloro che ne sono privi, i poveri della grazia, ottengono la condanna proprio perché non hanno invocato, né chiesto la salvezza; ma cio non significa affatto che la preghiera, quindi l'ottenimento della salvezza, dipenda esclusivamente dal chiedere dell'uomo; è vero cioè che sarà dato soltanto a chi chiede, ma è la grazia che agostinianamente concede la stessa preghiera, l' invocazione a Dio. Dunque, chi ha la grazia è davvero povero della grazia, non la determina ma la riceve corne colui che non ha in sé nessun merito. Il giusto, comunque, proprio avendo la grazia della preghiera, già è mosso da essa, deve quindi sforzarsi di realizzare cio che nella sua stessa preghiera la grazia gli ha già concesso di desiderare e quindi di compiere. Ma la grazia non si limita ad ispirare il desiderio, per poi verificare gli sforzi dell'uomo, la sua eventuale capacità di cooperare con il dono della grazia; l'uomo non ha alcun potere prossimo di mantenersi nella grazia, quindi di meritare alcunché; la stessa realizzazione di cio che l'uomo chiede nella sua preghiera, è soltanto dono della grazia efficace, e il potere efficace di realizzazione degli atti giusti è quindi esclusivamente di Dio. Soltanto questo potere efficace della grazia consente di mantenersi nella preghiera e nella realizzazione di ciO che la preghiera richiede; chi non persevera nella preghiera e nella virtù, è stato quindi abbandonato dalla grazia efficace, ricadendo nel suo desiderio autonomo, insufficiente e perverso.
Un'altra Pensée ci conferma perfettamente la struttura agostiniano-giansenista dell' opera:
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«Pourquoi Dieu a établi la prière? 1. Pour communiquer à ses créatures la dignité de la causalité. 2. Pour nous apprendre de qui nous tenons la vertu. 3. Pour nous faire mériter les autres vertus par travail. Mais pour se conserver la primauté il donne la prière à qui il lui plaît. Object: mais on croira qu'on tient la prière de soi. Cela est absurde, car puisque ayant la foi on ne peut avoir les vertus. Comment aurait-on la foi? Y a(-t-)il pas plus de distance de l'infidelité à la foi que de la foi à la vertu? Mérite, ce mot est ambigu ... Dieu ne donne que suivant ses promesses. Il a promis d'accorder la justice
Capitolo quinto - Pascal: ermeneutica e retorica del paradosso
aux prières. Jamais il n'a promis les prières, qu'aux enfants de la promesse» (930=757=513).
Agostinianamente, la promessa è Io stesso decreto di predestinazione di Dio, causalità assoluta e incondizionata di cui la preghiera non è che il fenomeno; Dio infatti dona la grazia della preghiera a chi vuoled::ome dona le virtù - la realizzazione di ciè> che la preghiera_domanda - a chi vuole. Ma la preghiera dipende dal dono agostinianamente del tutto indebito e gratuito della fede; la realizzazione della virtù, oggetto della preghiera, è quindi già inscritta in una dinamica di grazia, mentre il salto dalla mancanza di fede alla fede è un vero salto ontologico, il salto - soltanto divinamente possibile - tra due ordini ontologico-spirituali irriducibili, appunto quello della natura e quello della grazia. Quindi è verissimo che la parola "merito" è ambigua: pelagianamente, puè> essere interpetata corne atto autonomo dell'uomo; giansenisticamente, dev'essere interpretata corne la capacità che l'uomo ha di realizzare con la sua volontà cià che la grazia gli consente, ovvero cià che la grazia stessa comunque opera efficacemente in lui. Se quindi io prego perché riesca ad operare giustamente, io merito il dono della grazia che mi permette efficacemente di operare giustamente; ma la stessa preghiera che mi ha meritato la grazia efficace è dono indebito, del tutto immeritato, della grazia efficace, della predestinata promessa divina. In tal senso solo la grazia, la capacità soprannaturale (ovvero sottratta alla libertà dell'uomo priva di grazia) di passare dall'ordine della natura a quello della grazia, rende possibile scorgere la logica della gratuità divina:
«Les hommes, n'ayant pas accoutumé de former le mérite, mais seulement de le récompenser où ils le trouvent formé, jugent de Dieu par eux-mêmes» (935=762=490).
Bisogna quindi ribadire con forza corne le Pensées siano del tutto incomprensibili senza l'identificazione della teologia della grazia agostiniano-giansenista che le sorregge. Le Pensées si basana su una sistematica intenzionale dialettica del-1' ambiguità (appunto quella stessa degli Écrits sur la grâ-
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
ce) 90, che permette di invitare allo sforzo e riconoscere i meriti, corne di confessare l' assoluta gratuità della grazia. Senza questa lucidissima teoria dell'equivoco teologico, si è costretti a perdere uno dei due poli dell'apologia pascaliana, trasformandola inaccettabilmente o in una mera protrettica semi-pelagiana, pur se genialmente argomentata, o in un determinismo meccanicistico della grazia, che nessuno spazio consente alla dinamica della libertà e della persuasione. Certo, la natura stessa dell'apologia rende prevalenti i materiali apparentemente semi-pelagiani: l'apologia infatti fa leva sullo sforzo di conversione di chi è lontano dalla fede, di chi quindi - non avendo il dono - non puo ancora riconoscere 1' assoluta gratuità della sua elezione. Diventa quindi controproducente, da un punto di vista apologetico, ribadire sistematicamente la dottrina della grazia predestinata, che deve certo essere confessata, ma in maniera appunto cifrata, comprensibile soltanto allo sguardo dell'eletto, capace di riconoscere quella grazia che illumina il suo sguardo.
Sulla necessità di dedurre la dottrina della grazia indebita, donata e tolta indipendentemente dai meriti dell'uomo, ma sulla non necessità di doverlo ribadire sistematicamente, Pascal afferma del tutto chiaramente:
«Saint Augustin a dit formellement que les forces seront ôtées au juste. Mais c'est par hasard qu'il l'a dit, car il pouvait arri-
90 Cf. in prop. le lucide considerazioni sulla teoria pascaliana della costituiva ambiguità del discorso teologico in V. CARRAUD, Pascal et la philosophie, Paris 1992, pp. 149-173. Limpido il volume di J. MESNARD, Les Pensées de Pascal, in part. pp. 138-178, ove i nodi teologici delle Pensées vengono tutti spiegati tramite il ricorso agli Écrits sur la grâce: cf. in part. 160-161, ove si distingue giustamente livello psicologico (fenomenico) e livello teologico (assoluto e detenninante): «Pour bien saisir la portée de l'augustinisme, il importe de ne pas confondre le langage théologique avec un langage psychologique. Nous avons montré que si le second est vrai d'une vérité partielle, le premier seul est vrai d'une vérité totale. Mais il faut se garder de confondre les deux plans. Ce que celle-ci perçoit, c'est le libre jeu d'une volonté dont l'homme doit user comme si tout dépendait d'elle seule, tout en reconnaissant par la foi et dans l'humilité qu'aucun bien ne peut provenir que de Dieu» (pp. 160-161). Sull'apologia corne strumento eventuale di Dio, che solo opera la conversione, donando la fede tramite la sua grazia efficace che rende significativi i segni universalmente rivelati, cf. pp. 167-176 e 358-360.
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Capitolo quinto - Pascal: ermeneutica e retorica del paradosso
ver que l'occasion de le dire ne s'offrît pas. Mais ses principes font voir que, l'occasion s'en présentant, il était impossible qu'il ne le dît pas ou qu'il dît rien de contraire. C'est donc plus d'être forcé à le dire, l'occasion s'en offrant, que de l'avoir dit, l'occasion s'en étant offerte. L'un étant de nécessité, l'autre de hasard. Mais les deux sont tout ce qu'on peut demander» (930=757=513).
La naturalmente, umanamente scandalosa affermazione che Dio puà togliere ai giusti la grazia efficace - pensiamo alla 1 delle cinque proposizioni - è qui confessata corne affermata apertamente, formalmente da Agostino; essa infatti è per Io stesso Pascal verità dogmaticamente vincolante, necessario oggetto di fede. Ma, proprio per la sua durezza, questa affermazione non deve essere ribadita in maniera sistematica e senza prudenza (corne Agostino stesso avvertiva}9'; se comunque il caso, la contingenza impone che la si affermi, essa - in quanta vera confessione della grazia - non puo certo essere taciuta; ma, protretticamente, non vi è necessità di chiamarla sistematicamente in causa. E comunque, conta teologicamente assai di più la necessità intrinseca di confessarla, che la casualità delle circostanze che impongono di proclamarla corne verità.
Ma siamo ormai passati, con queste considerazioni, dal-1' ambito della dialettica a quello della retorica della grazia.
2. LA RETORICA DELLA GRAZIA E IL PARADOSSO DEL METODO:
IL GIANSENISMO DELLE PENSÉES
Ma se solo la dottrina della grazia è capace di rendere ragione del paradosso dell'esistenza umana, si impongono alcune ineludibili questioni: la dottrina cristiana puo essere considerata soltanto corne integrazione rivelata di una verità metafisica comunque universalmente accessibile? Se Dio vuole rivelarsi, perché si riveta ambiguamente? Quai è dunque la
91 «Quae (la predestinazione) tamen non ita populis praedicanda est, ut apud imperitam vel tardioris intellegentiae multitudinem redargui quodammodo ipsa sua praedicatione videatur» (De dono perseverantiae 22,57).
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
connessione tra l'ambiguità dei testi sacri e cattolici, e la dialettica della logica divina, e quindi tra l'ermeneutica della logica del testo sacro e quella della teo-logica? È l'errore esegetico ed ermeneutico soltanto un errore di interpretazione umana, sanabile attraverso l' applicazione di un metodo teologico adeguato? 0 forse dietro l'ambigua lettera della Scrittura si nasconde non solo il mistero oggettivo, la veritas della grazia predestinata, ma Io stesso mistero soggettivo assoluto, l' atto ermeneutico che la svela, la caritas della grazia predestinata? Ma allora che senso ha postulare un metodo ermeneutico della Scrittura o di Agostino, che senso ha la stessa identificazione della dialettica dottrina di Dio, che senso ha il progetto di un'Apologie del cristianesimo?
Sono queste le grandi questioni che attraversano le Pensées, opera essa stessa sfuggente e ambigua, cifra delle cifre cristiane, ove per Pascal la cifra è un segno che rimane del tutto indecifrabile in assenza dell'atto divino, essendo qualsiasi allegoria spiritualmente efficace soltanto se svelata dalla grazia divina92• In Pascal, il problema ermeneutico si rivela pertanto del tutto dipendente dal problema della grazia, ovvero la dialettica della logica divina è svelabile soltanto a partire dalla dialettica della retorica di vina (l' operante tacere o parlare, il silenzio di Dio o il suo Verbo), dalla descrizione dell'azione persuasiva di Dio nell'uomo. Cosi qualsiasi filosofia è incapace di attingere la totalità del vero, se non con-
92 Sulla connessione tra problema ermeneutico e teologia della grazia, cf. l'importante contributo di Y. C. ZARKA, Pascal et le problème de l'interprétation de la nature, in G. Canziani e Y.C. Zarka (edd.), L'interpretazione nei secoli XVI e XVII, Milano 1993, pp. 339-358 e soprattutto il paragrafo 3.3, pp. 357-358, intitolato Limite de l'interprétation: «Cette doctrine de la grâce affecte l'herméneutique ... L'herméneutique du caché et du découvert doit ainsi s'entendre par rapport à la théologie de la grâce». Più fumoso in prop. P. MAGNARD, Pascal. La clé du chiffre, Paris 1991 (=Il edizione del volume Nature et histoire dans l'apologétique de Pascal, Paris 1975): cf. la terza parte dell'opera: «De l'apologétique à l'herméneutique», pp. 275-368, e in part. il capitolo «Le secret de Dieu», pp. 325-338. Sulla piena consapevolezza giansenistica della paradossalità di un'apologetica (non a caso esplicitamente respinta da! rigorista Barcos) della grazia predestinante, cf. L. GOLDMANN, Le dieu caché, pp. 322-327 (tr. it. pp. 436-443); PH. SELLIER, L'ouverture de l'apologie pascalienne, in «XVIIe siècle» 177, 1992, pp. 437-449, in part. pp. 445-447.
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Capitolo quinto - Pascal: ermeneutica e retorica del paradosso
vertendosi in teologia (intesa corne scienza generata dalla grazia e significante soltanto tramite l'atto di grazia divino), in quanto la mediazione dialettica tra gli estremi del paradosso (soltanto teologicamente, anzi cristologicamente assumibile) è unicamente divina. Ma allora quai è la connessione tra il sistema della verità, l' ordine dialettico ricostituito attraverso la penetrazione ermeneutica della Scrittura e dei Padri, e l'efficacia della conoscenza teologica? Quale verità è svelata <lai metodo dell' ordine sistematico?
In proposito Pascal dimostra nei confronti di Arnauld un'innegabile analogia, ma al tempo stesso una profonda differenza (accentuatasi con le Pensées) 93: se con Arnauld, Pascal condivide l' esigenza cartesiana del metodo teologico e della dialettica sistematica, d'altra parte contro Arnauld comprende la necessità di superare un metodo del tutto inadeguato non solo teologicamente, ma anche retoricamente, corne strumento di umana persuasione. Viene alla luce in Pascal una strutturale, inevitabile ambiguità del cristianesimo giansenista, corne dello stesso cristianesimo agostiniano 94 : 1) Ubbidire all'esigenza di identificare e di definire la teo-logica, culminante nella paradossale dialettica divina della grazia, ma quindi comunque razionalmente comunicabile e sistematizzabile, dimostrabile nella sua assolutamente stringente coerenza, nella sua infallibile deduzione delle conseguenze <lai principi presupposti 95 • 2) Eppure riconoscere corne la grazia sia un
93 Sul rapporto non sempre facile tra i due giansenisti, cf. M. LE GUERN, Arnauld et Pascal, in «Revue internationale de philosophie» 190, 1994, pp. 463-480.
94 Cf. in tal senso G. LETIIERI, L'altro Agostino. 95 Sulla grande importanza annessa da Pascal alla organizzazione or
dinata e sistematica di una verità razionale, è sufficiente rinviare, oltre che agli Écrits sur la grace, al noto De l'esprit géométrique (del 1658; in Oeuvres complètes, III, pp. 390-428; cf. in part. la II sezione, De l'art de persuader, pp. 413-428), non a caso in buona parte ripreso dalla Logique di Port-Royal. lnsolito e interessante in prop. è un confronta tra l'intuizione del cogito propria di Agostino e il suo approfondimento sistematico operato da Cartesio: «Croira-t-on, en vérité, que deux personnes qui ont lu et appris par coeur le même livre le sachent également, si l'un le comprend en sorte qu'il en sache tous les principes, la force des conséquences, les réponses aux objections qu'on y peut faire, et toute l'économie de l'ouvrage; au lieu qu'en l'autre ce seraient des paroles mortes, et des semences qui,
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principio del tutto anarchico: l' ordine è esso stesso dipendente da presupposti non universalmente evidenti, la teologia non puè> essere una mera metafisica, ma deve dire Dio altrimenti, soltanto allusivamente, figurativamente, si che la teologia diviene un'ermeneutica dell'ambiguità, per la quale fraintendimento significa accecamento, comprensione significa illuminazione di Dio. In tal senso, persino nel rapporto tra Arnauld e Pascal (pur del tutto convergenti nel riconoscimento della grazia corne unico atto illuminante e salvifico) si riflette il conflitto secolare tra agostinismo chiaro («la tradition lumineuse") e agostinismo oscuro ("la tradition ombreuse"), tra conciliabilità e inconciliabilità del cristianesimo con l'umanesimo modemo (in particolare nella sua variante metafisica cartesiana), dunque tra ottimistico umanesimo metafisicodogmatico e pessimistico antiumanesimo teologico-scettico. Per questo, rispetto all'ingenua coesistenza amauldiana tra rigoroso sistema metafisico-ermeneutico e dottrina ( comunque ombreuse) della grazia predestinata 96, ben altra è la lucidità
quoique pareilles à celles qui ont produit des arbres si fertiles, sont demeurées sèches, et infructueuses dans l'esprit stérile qui les a reçues en vain?». Il cogito di Cartesio è già in nuce Agostino, ma nel primo è analizzato e sviluppato sino a diventare sistema, nell'altro è detto «à l'aventure ... en passant», si che il rapporto tra le due filosofie su questo punto specifico è corne quello tra un «homme plein de vie et de force d'avec un homme mort» (De l'art de persuader IIl,21,422-23,424). Sull'influenza del metodo cartesiano su quest'opera di Pascal, cf. J.-L. MARION, Sur le prisme métaphysique de Descartes. Constitution et limites de l'onto-théo-logie dans la pensée cartésienne, Paris 1986, pp. 297-300.
96 Come abbiamo visto supra, capitolo terza, paragrafo li, l'ambiguità della posizione di Arnauld sarà destinata a manifestarsi pienamente tra il 1680 e il 1690, nell'accesa polemica contro la riduzione dell'agostinismo a sistema metafisico operata da Malebranche, e nel carteggio su grazia, natura, predestinazione e peccato originale tenuto con (il cripto-origeniano) Leibniz. Arnauld intuisce perfettamente il pericolo di identificare l' eterna volontà divina con un eterno e necessario ordine razionale, all'interno del quale non trova alcun ruolo la dottrina agostiniana della assolutamente libera e predestinata elezione (non universale) della grazia divina. Malebranche e Leibniz tendono infatti alla piena risoluzione dell'ordine della grazia nell'ordine della natura: cf. in prop. SAINTE-BEUVE, Port-Royal, III,Vl,5,319-6,404. Sul conflitto tra Malebranche e giansenismo sulla predestinazione, cf., malgrado la sua parzialità, J. LAPORTE, Les vérités de la grace, il cap. «La distribution de la grace vue a parte Dei», pp. 232-341; sui rapporto Ar-
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di Pascal, straordinariamente capace di rivelare il grado massimo di comprensione delle tensioni più profonde del pensiero agostiniano, proprio nel riconoscimento della contraddittorietà o meglio ancora della paradossalità del metodo dialettico ed ermeneutico al cospetto dell'onnipotente assolutezza della grazia di vina 97 •
Con grande coraggio, il giansenista Pascal arriva persino a sottolineare i limiti, persino la non perfetta coerenza della teologia di Agostino!
«S'il ne fallait rien faire que pour le certain, on ne devrait rien faire pour la religion, car elle n'est pas certaine... Or quand on travaille pour demain et pour l'incertain, on agit avec raison, car on doit travailler pour l'incertain par la règle des partis, qui est démontrée. Saint Augustin a vu qu'on travaille pour l'incertain: sur mer; en bataille, etc. - mais il n'a pas vu la règle des partis qui démontre qu'on le doit ... Toutes ces personnes ont vu les effets, mais ils n'ont pas vu les causes» (577=480=234).
L' Agostino teologo della grazia, organo di Dio, non è certo messo qui in discussione; penso quindi che questa difficilissima Pensée stigmatizzi la mancanza, in Agostino filosofo, del pieno riconoscimento dell'assoluta relativizzazione di qualsiasi asserzione metafisica (la conoscenza razionale di Dio corne certezza assoluta), imposta dalla sua stessa teologia della grazia. L' assoluta anarchia della grazia del Deus absconditus, la «religion» appunto, deve invece, per Pascal, tradursi in un sistema del tutto paradossale, ove probabilità, scommessa, contingenza, assoluta mancanza di certezza razionale regnano sovrane; insomma, in quanto filosofo, Agostino non ha fino in fondo compreso «la règle des partis», il paralizzante impasse della ragione che cerca di dimostrare il
nauld-Leibniz, cf. S. LANDUCCI, Sul carteggio Leibniz-Arnauld, in La teodicea nell 'età cartesiana, pp. 92-97.
97 Mi pare questo il punto di irriducibilità tra la posizione razionalista di Arnauld e Nicole e quella metarazionalista di Pascal. Sui fronti interni di Port-Royal, cf. supra, capitolo terzo, Appendice li/, Port-Royal e i suoi fronti intemi.
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paradosso della religione. Agostino filosofo, quindi, difetterebbe di scetticisrno ed eccederebbe in dogrnatisrno rnetafisico 98, non riuscendo comunque a realizzare quel cortocircuito tra le due filosofie che, solo, libera il campo per l' apologia della razionale plausibilità della fede cristiana 99•
Il paradosso giansenista ( e già agostiniano) approda infatti con Pascal al suo massimo grado di consapevolezza: la teologia corne sisterna della grazia si identifica con la paradossale ricerca di un ordine e di un rnetodo dell'anarchico. Cosl, se Arnauld e Io stesso Pascal degli Écrits sur la grâce concepivano la coerenza del sisterna della grazia corne illurninata rnetafisica evidenza della verità divina, per alcuni aspetti persino cornpatibile con I' apologia cartesiana della rnetafisica cattolica, il Pascal delle Pensées dichiara la fenornenicità, la vanità persino di qualsiasi ordine rnetafisico evidente o geornetrico 100, si che il vero ordine teologico è quello urnana-
98 Cf. L. GOLDMANN, Le dieu caché, pp. 321-322, tr. it. pp. 434-436. 99 Ritengo comunque che in Agostino il rapporto tra teologia della
grazia e metafisica, ovvero la consapevolezza dell'assoluta irriducibilità della prima alla seconda, sia più lucido di quanto qui Pascal non sembri supporre: cf. G. LETIIERI, L'altro Agostino, in part. cap. V.
100 Notevole il bilancio di J. RussIER, La foi selon Pascal. Il: Tradition et originalité dans la théorie pascalienne de la foi: «Il semble donc bien ... que les premiers commentateurs de Pascal (cioè gli stessi Arnauld e Nicole) n'aient pas saisi le véritable sentiment de ce dernier, relativement aux preuves de l'existence de Dieu. Et cette incompréhension est tout à fait caractéristique de la différence entre des esprits rigoureux sans doute, mais prudents, et une intelligence géniale, dégageant intrépidement et jusqu'au bout les conséquences des principes reçus. Car ce que Port-Royal n'a pas compris et n'a pas voulu comprendre chez Pascal, à moins toutefois qu'il l'ait compris et dissimulé, mais c'est peu vraisemblable, est l'aboutissement même des notions que Port-Royal lui avait inculquées, mais dont Pascal seul apercevait toute la portée» (p. 409). Giustamente comunque la Russier evidenzia corne la netta svalutazione delle prove metafisiche dell'esistenza di Dio, e l' equiparazione agli atei di coloro che conoscono Dio tramite la sola ragione e senza la grazia, è essa stessa tradizionale agostiniana e giansenista; rivelativo in prop. un brano di Barcos: «Ne connaît-on pas Dieu sans la foi, par la lumière naturelle? Oui, mais cette connaissance est si peu considérable pour le salut, qu'elle n'empêche pas que /'Écriture sainte ne dise que ceux qui n'en ont point d'autre ne connaissent pas Dieu, et sont même athées» (M. DE BARCOS, De la foi, de l'ésperance et de la charité, t. 1, pp. 2-3). Cf. inoltre A. ARNAULD, De la necessité de la foi en Jésus-Christ: «La connaissance que les Païens avaient de la divinité, était si
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mente del tutto occulta e incerta che nessun metodo metafisico, ma solo la grazia è capace di illuminare nell'interiorità umanamente inattingibile del cuore101 • La stessa ricerca pasca-
imparfaite, si confuse, dans le peuple, mais aussi dans les Philosophes les plus élevés, qui ont eu de Dieu des pensées qui détruisaient son être véritable et infini, qu'on pouvait dire sans difficulté qu'ils ignoraient Dieu, aussi bien que les Athées, et que leur connaissance même était une espèce d'athéisme» (X, 7, 1908). Ricordo che per Agostino platonici, giudei e pelagiani condividono una conoscenza meramente idolatrica e dannatrice di Dio; conoscono cioè soltanto !' esistenza di Dio, o la sua littera esteriore, ma non la sua grazia, il suo Spiritus, la sua intima volontà d'amore; cf. ad es. De Spiritu et littera e G. LE1TIERI, L'altro Agostino, cap. IX.
101 Sul recupero della dottrina agostiniana dell'accecamento dei reietti corne tragica pascaliana violazione del rifiuto cartesiano di ammettere un «Dieu trompeur», cf. J. BRUN, La philosophie de Pascal, Paris 1992, pp. 118-121. Pascal stesso riflette proprio sulla possibilità (certo antimanicheisticamente rifiutata) di affermare che Dio (o per lui un demone) induca in errore (cf. 850=431=821 e 131=164=434): la sua distinzione tra tentazione e inganno è comunque debole, in quanto la tentazione dei non predestinati alla salvezza equivale al loro accecamento. Sul rapporto in Pascal tra teoria del gioco (ovvero del rischio al cospetto di possibilità apparentemente tutte equivalenti e contingenti) e dottrina della grazia predestinata (l'occulta e trascendente, naturalmente inattingibile regola o soluzione necessaria del gioco stesso), cf. L. THIROUIN, Le hasard et les règles. Le modèle du jeu dans la pensée de Pascal, Paris 1991; il volume si conclude con questa definizione rivelativa: «Les Pensées sont une apologie que la Providence a transformé en jeu» (p. 215); cf. cosl, ne! cap. VII, «Le plan divin», il par. 2, «Le jeu de Dieu», pp. 199-209: «Dieu est présenté en quelque sorte comme le Stratège Suprême ... La providence divine se manifeste donc dans les Pensées sous un jour original, comme une systématique parfaite que l'apologiste invite à contempler» (p. 209). Analoga la tesi di G. FERREYROLLES, Pascal et la raison du politique, Paris 1984: «La Providence est la dialectique de toutes les dialectiques» (p. 275), ovvero è l'assoluta e occulta armonia che gioca con tutti gli orizzonti di senso umanamente costruiti o ipotizzati, operando una dialettica dei contrari finalizzata all'esaltazione della grazia divina. Cf. in ta! senso il cap. VI, «Politique et histoire», pp. 249-275: la provvidenza divina è agostinianamente capace di "giocare" il male della storia umana (che nel "politico" trova la sua più gloriosa incarnazione e al tempo stesso la regola del suo stesso gioco perverso) finalizzandolo al bene degli eletti, alla civitas Dei predestinata; il rapporto tra cristianesimo e politica mondana è quindi dialetticamente analogico (cf. in part. p. 281). Cf. inoltre cap. III: «La concupiscence collective» e in part. il par. 4: «La concupiscence de l'ordre», pp. 131-146: la concupiscenza ha bisogno di un certo ordine sociale, della realtà politica corne imitazione perversa di un armonia sociale assolutamente trascendente, in quanto ha bisogno dell'altro, di un soggetto meramente relativo da sedurre, conquistare o tiranneggiare, di cui uti per poter frui del
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liana di un ordine assolutamente nuovo, di un sistema apologetico per certi aspetti anarchico e frammentario 102 - si che la
proprio assoluto moi. Sul fondamento agostiniano di questa paradossale analogia antitetica tra civitas Dei e civitas terrena, cf. G. LE'ITIERI, Il senso della storia in Agostino d'lppona. Il "saeculum" e la gloria nel De civitate Dei, Roma 1988. Il grave limite del pur interessante volume di CH. LAZZERI, Force et justice dans la politique de Pascal, risiede proprio nella marginalità del confronto tra le teorie politiche pascaliane e quelle agostiniane. L'importante saggio di 1. ADINOLA BEITIOLO, L'etica dell'obbedienza. Saggio sui pensiero politico e sociale di Pascal nelle Pensées, in «Humanitas» 1999, pp. 171-209, se propone una fine interpretazione dei frammenti politici di Pascal, risulta non convincente nella tesi (sistematizzatrice di singole affermazioni di Mesnard) che la respublica cristiana del frammento 369=401=611, ovvero il corpo mistico che unifica la totalità delle membra pensanti, sia per Pascal un ideale effettivamente politico, in qualche misura realizzabile corne ordine giusto di una storica repubblica cristiana (cf. pp. 204-209); quest'ipotesi contrasta con la tesi chiave del giansenista Pascal, per il quale nel mondo la regina dei rapporti sociali rimane la peccaminosa concupiscenza (che è forza universale e necessitante, e non soltanto «pericolosa inclinazione verso sé»: p. 204), e per il quale la grazia, che sola incorpora in Cristo, non è né universalmente donata, né storicamente traducibile in ordine politico (né religioso: agostinianamente, la stessa chiesa visibile rimane un corpus permixtum). Parlare dunque genericamente di amore corne un kantiano principio di conversione all'amore della legge, a «l'ordine ragionevole dell'essere universale» (p. 205; cf. p. 208), risulta ambiguo: il vero amore è, per l'agostiniano e giansenista Pascal, soltanto Io Spiritus, la grazia irresistibile donata gratuitamente da Dio; è solo questo dono quello che rende l'uomo capace di amare la legge di Dio, quindi di amare ordinatamente (si pensi al De Spiritu et littera agostiniano). D'altra parte, Io stesso J. MESNARD afferma che la «societé idéale» descritta da Pascal «est irréalisable ... La cité idéale ne peut être conçue que dans une perspective eschatologique: c'est la Cité de Dieu de l'au-delà» (Pascal et la contestation, in La culture du XVIe siècle, pp. 393-404, in part. pp. 400-401). La valutazione pascaliana della politica è quindi, del tutto agostinianamente, agli antipodi della "teologia politica" di Cartesio, magistralmente schizzata da V. CARRAUD, Descartes et la Bible, in J.-R. Armogathe (ed.), Le Grand Siècle et la Bible ... , pp. 277-291, e in part. pp. 288-291.
102 «Ordre. Pourquoi prendrai-je plutôt à diviser ma morale en quatre qu'en six? ... Mais voilà, direz-vous, tout renfermé en un mot. Oui, mais cela est inutile, si on ne l'explique; et quand on vient à l'expliquer, dès qu'on ouvre ce précepte qui contient tous les autres, ils en sortent en la première confusion que vous vouliez éviter: Ainsi, quand ils sont tous renfermés en un, ils y sont cachés et inutiles, comme en un coffre, et ne paraissent jamais qu'en leur confusion naturelle. La nature les a tous établis, sans renfermer l'un en l'autre» (Pensées 683=562=20); cf. infra, nota 127. Sul frammento corne unica forma espressiva del paradosso metafisico, cf. L. GOLDMANN, Le
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dieu caché, pp. 216-227 (tr. it. pp. 291-307); pur sottovalutando la costante esigenza metodico-sistematica di Pascal, ampiamente testimoniata dagli Écrits sur la grâce corne dalle stesse Pensées, Goldmann identifica perfettamente la priorità dell'esigenza antimetodica delle Pensées pascaliane: «Chercher le "vrai" plan des Pensées nous paraît ainsi une entreprise antipascalienne par excellence, 1,1ne entreprise qui va à l'encontre de la cohérence du texte, et méconnaît implicitement ce qui constitue aussi bien son contenu intellectuel que l'essence de sa valeur littéraire. Il peut y avoir un plan logique pour un écrit rationaliste, un ordre de la persuasion pour un écrit spirituel; il n'y a, pour une oeuvre tragique, qu'une seule forme d'ordre valable, celui du fragment, qui est recherche d'ordre, mais recherche qui n'a pas réussi, et ne peut pas réussir, à l'approcher»; le Pensées sono pertanto «un chef-d'oeuvre paradoxal, achevé de par son inachèvement» (p. 220; tr. it. p. 295). Contra la sopravvalutazione di questa lettura frammentaristica delle Pensées e per un tentativo di sistematizzare i frammenti in un ordine compositivo ben preciso, cf. il notevole lavoro filologico e ermeneutico di L. THIROUIN, Les premières liasses des Pensées: architecture et signification, in «XVIIe siècle» 177, 1992, 451-468, e la recente edizione delle Pensées di E. MARTINEAU, Discours sur la religion et sur quelques autres sujets, Paris 1992, tentativo temerario, spesso arbitrario, ma prezioso per cercare di ricostruire il disegno complessivo dell'opera; cf. ancora l'interessante saggio di E. MARTINEAU, Deux clés de la chronologie des discours pascaliens, in «XVIIe siècle» 185, 1994, pp. 695-729. Per una critica valutazione dell'edizione di Martineau, cf. J. MESNARD, Les Pensées de Pascal, pp. 396-404 (=appendice V: «Fragment et discours. L'enjeu de la reconstitution d'Emmanuel Martineau»). Della stesso MESNARD, cf. inoltre il problematico Pourquoi les Pensées de Pascal se présentent-elles sous fonne de fragments?, in La culture du XVIIe siècle, 363-370. D'altra parte, per un riesame delle tesi di Goldmann e per una profonda riflessione sulla natura frammentaria delle Pensées (cf. infra, nota 127), segno cifrato della inesauribilità del compito di significare il paradosso di una verità che è irrappresentabile perché grazia indisponibile, perché evento del tutto anarchico rispetto ail' ordine delle verità umane e filosofiche, cf. i notevoli saggi di L. MARIN, "Pascal": du texte au livre (1977), e L'écriture fragmentaire et l'ordre des Pensées de Pascal (1989), ora raccolti in Pascal et Pon-Royal, pp. 11-70. Infine, devo confessare un profondo scetticismo nei confronti della pretesa di scoperte sensazionali dischiuse daI riordinamento cronologico delle Pensées, spesso finalizzato a postulare una fantomatica evoluzione di Pascal dal giansenismo all'antigiansenismo. A mio parere, cercare di individuare nelle Pensées un progressivo distaccarsi pascaliano dalle originarie posizioni gianseniste significa: 1) dimenticare che l'afferrnazione pascaliana più spinta di ortodossia giansenista, l'Écrit sur le fonnulaire, è del novembre del 1661, e che ne! febbraio del 1662 Pascal scrisse un seconda grande scritto sui formulario (oggi perduto) altrettanto radicale; 2) che moite delle Pensées più radicalmente gianseniste sono databili tra le ultime, corne è constatabile dalla recente edizione cronologica di Sellier; 3) che per Io stesso teorizzato metodo teologico pascaliano - la compatibilità dell'apologetica con la dottrina della predestinazione, ov-
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contingente incompiutezza dell'Apologie sembra esseme lo stesso perfetto compimento -, sempre oscillante tra estremi mai del tutto componibili, in bilico sull'assolutamente instabile fondamento dell'azzardo tra il nulla e l'infinito 103, esprime
vero la compatibilità asimmetrica delle cause seconde con le cause prime - è fallimentare pretendere di identificare Pensées che attesterebbero il latitare di una dottrina giansenista della grazia; 4) che se i rapporti tra Pascal e i messieurs de Port-Royal si raffreddarono, cio fu perché Pascal rimproverava loro di non rimanere fino in fonda fedeli a Giansenio, per desiderio di compromesso, anziché confessare la verità anche a costo di rompere con il papa e con i vescovi; 5) che la stessa famiglia di Pascal confutô l'ipotesi di un distaccarsi di Pascal dal giansenismo, e che Io stesso curato Beurrier, confessore di Pascal durante la sua malattia, confermô la presa di posizione della famiglia Pascal-Périer, ritrattando le sue prime dichiarazioni (cf. la documentazione raccolta da J. Mesnard in Pascal, Oeuvres complètes, 1,1057-1073); 6) che durante la sua malattia, con profondo affetto Pascal ricevette le numerose visite da Arnauld, Nicole, e altri messieurs, tra i quali Claude de SainteMarthe, confessore di Port-Royal che continuo a vederlo e a confessarlo. Insomma, la disillusione (si pensi allo svenimento di Pascal dopa la decisione dei messieurs di accettare la firma condizionata propugnata da Arnauld e Nicole) non comportô affatto una rottura teologica: non a casa, proprio ad Arnauld e a Nicole, Gilberte affidô l'edizione delle Pensées, da lei considerate corne vere e proprie reliquie del fratello! Riguardo all'affare Beurrier, ricordo infine che il curato non riferl affatto di una confessione antigiansenista di Pascal, ma interpretô un'affermazione che si spiega perfettamente a partire dai contrasti relativi alla firma del formulario: Pascal infatti avrebbe soltanto affermato « ... qu'il avait eu quelque différend avec ces Messieurs sur le sujet des matières du temps et qu'il n'était pas entièrement de leur sentiment». Comunque il distacco ideologico dell'ultimissimo Pascal da Port-Royal sarebbe durato i pochissimi mesi che separano Io scritto sui Formulario dalla morte! Ora, è del tutto insostenibile pensare che Pascal abbia potuto in cosi poco tempo, minato dalla malattia, ripensato integralmente la struttura di un'opera in gran parte già scritta! E quali sarebbero poi le prove di questa metamorfosi? Sul tentativo confessionale cattolico di separare Pascal da Port-Royal, condivido il lapidario giudizio di P. BÉNICHOU, Morales du grand siècle, Paris 1948, tr. it. Morali del "Grand Siècle". Cultura e società nel Seicento francese, Bologna 1990, p. 93, nota l. Come deteriore esempio di questo tentativo, cf. J. STEINMANN, Pascal, Paris 1954, 1962(2), pp. 190-197; e 332-333, ove si afferma fantasticamente e aprioristicamente, senza nessuna base testuale o testimoniale, che Pascal sarebbe arrivato a chiedersi, negli ultimi suoi mesi di vita: «C'est peut-être que Jansenius était dans l'erreur quand il prétendait avoir exactement résumé saint Augustin?».
103 «Ordre par dialogues. "Que dois-je faire? Je ne vois partout qu'obscurités. Croirai-je que je ne suis rien? Croirai-je que je suis Dieu?"» (2=38=227). «Car enfin qu'est-ce que l'homme dans la nature? Un néant à l'égard de l'infini, un tout à l'égard du néant, un milieu entre rien et tout.
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proprio il paradosso di un discorso su quel <<point» di visuale che la ragione non puo realmente attingere 104, l'agostiniana
Infiniment éloigné de comprendre les extrêmes, la fin des choses et leur principe sont pour lui invinciblement cachés dans un secret impénétrable, également incapable de voir le néant d'où il est tiré, et l'infini où il est englouti. Que fera-t-il donc, sinon d'apercevoir quelque apparence du milieu des choses, dans un désespoir éternel de connaître ni leur principe ni leur fin? ... L'auteur de ces merveilles les comprend. Tout autre ne le peut faire ... Bornés en tout genre, cet état qui tient le milieu entre deux extrêmes se trouve en toutes nos puissances. Nos sens n'aperçoivent rien d'extrême ... Enfin les choses extrêmes sont pour nous comme si elles n'étaient point, et nous ne sommes point à leur égard: elle nous échappent, ou nous à elles. Voilà notre état véritable: c'est ce qui nous rend incapables de savoir certainement et d'ignorer absolument. Nous voguons sur un milieu vaste, toujours incertains et flottans, poussés d'un bout vers l'autre. Quelque terme où nous pensions nous attacher et nous affermir, il branle et nous quitte; et si nous le suivons, il échappe à nos prises, il glisse et fuit d'une fuite éternelle. Rien ne s'arrête pour nous. C'est l'état qui nous est naturel, et toutefois le plus contraire à notre inclination; nous brûlons du désir de trouver une assiette ferme, et une dernière base constante pour y édifier une tour qui s'élève à l'infini; mais tout notre fondement craque, et la terre s'ouvre jusqu'aux abîmes. Ne cherchons donc point d'assurance et de fermeté» (Pensées 199=230=72). Dalla non mediabile ambiguità ontologica tra infinito e nulla, nasce l'inevitabile deriva filosofica, il fluttuare e oscillare senza fine: «Ils se sont portés les uns sur les autres par un cercle sans fin» ( 122= 155=4 l 6). Sulle Pensées qui citate, cf. P. MAGNARD, Pascal. La clé du chiffre, pp. 39-51; J. BRODY, Lire Pascal: approche philologique du fragment des deux infinis, in «XVIIe siècle» 180, 1993, pp. 519-535, in part. pp. 529-534; S. GIVONE, Storia del nulla, Roma-Bari 1995, pp. 73-82. Per una messa a fuoco di Pascal corne pensatore eminentemente cristologico e quindi corne pensatore tragico, cf. L. PAREYSON, Ontologia della libertà. Il male e la sofferenza, Torino 1995, pp. 220-233, dedicate appunto al Dio sofferente e al rapporto tra nichilismo e cristianesimo tragico.
104 «Il n'y a qu'un point indivisible qui soit le véritable lieu ... La perspective l'assigne dans l'art de la peinture. Mais, dans la vérité et dans la morale qui l'assignera?» (Pensées 21=55=381). Su quest'unico punto di prospettiva sulla verità e la morale, corne luogo umanamente inattingibile perché infinito, ovvero fuori-luogo, eterogeneo allo spazio, del tutto "altro", soprannaturale, cf. i due saggi di L. MARIN, De l'interprétation du langage ordinaire: une parabole de Pascal (1979) e Usage pragmatique et valeur théorique du terme "presque" dans le discours pascalien sur les sciences de l'homme (1988), ora in Pascal et Port-Royal, pp. 71-91 e 144-155. La retorica della grazia è quindi finalizzata a «mettre en déplacement incessant» (ivi, p. 100) il centro perverso del moi, quel luogo naturale che si spaccia per assoluto; e cio alludendo ad un centro veramente assoluto e quindi infinito e mai localizzabile, mai razionalmente definibile: «Une per-
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sonne non-dite» (ivi, p. 155). Ancora di L. MARIN, cf. in prop. il notevole volume La critique du discours. Sur la "Logique de Port-Royal" et les "Pensées" de Pascal, Paris 1975, il XII e ultimo capitolo: «Pascal et la théorie du discours», pp. 365-419, e soprattutto pp. 418-419. Umanamente, è impossibile intuire e dimostrare (i due atti fondamentali del metodo cartesiano) I' evidenza necessaria delle verità morali e quindi religiose, per Pascal accessibili soltanto tramite il «sentiment» acceso dalla grazia; è questo il fondamentale, irriducibile contrasto con Cartesio. Agostinianamente, per Pascal la ragione è nella sua autonomia impotente a determinare il rapporto religioso e morale tra l'uomo e la verità divina: «Tout notre raisonnement se réduit à céder au sentiment. Mais la fantaisie est semblable et contraire au sentiment; de sorte qu'on ne peut distinguer entre ces contraires. L'un dit que mon sentiment est fantaisie, l'autre que sa fantaisie est sentiment. Il faudrait avoir une règle. La raison s'offre, mais elle est ployable à tous sens. Et ainsi il n'y en a point" (530=455=274); «Les hommes prennent souvent leur imagination pour leur coeur; et ils croient être convertis dès qu'ils pensent à se convertir» (975=739=275). L'uomo non puè> distinguere tra il sentimento verace della verità o dell'azione morale e la vanità fallace della propria fantasia o immaginazione: la ragione stessa, del tutto dominata dalla passione e incapace di dominarla, non puè> dimostrare con il «raisonnement>> la necessità di una prospettiva esistenziale o morale rispetto ad un'altra (cf. 539=458=99; cf. inoltre l'interessantissima Pensée 534=457=5, ove la «règle», l'orologio che permette di giudicare delle fantasie soggettive degli uomini, non puè> essere comunque umanamente trovata e quindi universalmente mostrata). «Et ainsi il n'en a point>>, umanamente non vi è alcuna regola o prospettiva razionalmente evidente e necessitante. L'ambito delle stesse scelte religiose è allora l'ambito della contingenza, della probabilità, del verosimile, quindi del <<pari», del rischio che soltanto il singolare, non universale «sentiment>> è capace di vivere e di assumere: cf. i testi citati supra, alla nota precedente. Ricardo che CARTESJO, nel Discours sur la méthode afferma perentoriamente: «.le réputais pour faux tout ce qui n'était que vraisemblable» (ed. Adam-Tannery, p. 8, ma cf. anche pp. 10 e 12); cosi la II delle Regulae ad directionem ingenii affermava la possibilità di attingere conoscenze certe e indubitabili, rigettando «toutes les connaissances qui ne sont que probables». Veramente allora il pensiero pascaliano è un pensiero antimetafisico, radicalmente esistenziale, in quanta consapevole dell'impossibilità di fondare la propria scelta esistenziale sulla conoscenza oggettiva e universale di un'essenza metafisica necessaria, intuita corne evidente e incontrovertibile. In questa direzione, Io stesso Agostino è da Pascal considerato corne pensatore ancora troppo metafisico, ancora restio ad affidare unicamente alla probabilità contingente, ail' «incertain» e quindi al rischio (che pure Agostino ha intuiti) l'unica possibilità di «sentiment» della grazia: cf. 577=480=234. Il pirronismo (su cui cf. la fondamentale Pensée 131=164=434) è pertanto più forte di qualsiasi metafisica idealistica, rimettendo alla libertà contingente il rischio della scelta (tutt'al più verosimile e non razionalmente evidente), al dono della grazia la sua efficacia redentiva (non a caso la Pensée del «pari» si conclude con un'invocazione alla grazia
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confessio di un'esperienza singolarissima e quindi umanamente incomunicabile, se non invocando il singolarissimo e già operante Mediatore, l' unico capace di accenderla e crearla nel prossimo.
Se infatti fosse sufficiente fare appello alla libertà e alla perseveranza dell'uomo, dopo aver proclamato il messaggio di redenzione di Cristo, perché definire automatici e meccanici i movimenti ai quali si invita il prossimo? Perché definire l'uomo indotto suasivamente alle preghiere e alla virtù, corne macchina? Mi riferisco alla serie di Pensées dedicati alla definizione dell'uomo corne «automate», «machine» esteriormente condizionata, in maniera umanamente irresistibile, dall' abitudine, dalla «coutume»105 :
«Nous sommes automate autant qu'esprit. Et de là vient que l'instrument par lequel la persuasion se fait n'est pas la seule démonstration. Combien y a(-t-)il peu de choses démontrées!
divina, perché operi nell'interlocutore corne ha operato in colui che gli chiede di scommettere); è questo il senso nascosto, la stultitia sapiente del cristianesimo, incapace di dimostrare razionalmente la stessa esistenza di Dio: «Qui blâmera donc les chrétiens de ne pouvoir rendre raison de leur créance, eux qui professent une religion dont ils ne peuvent rendre raison? Ils déclarent, en l'exposant au monde, que c'est une sottise, "stultitiam"; et puis, vous vous plaignez de ce qu'ils ne la prouvent pas! S'ils la prouvaient, ils ne tiendraient pas parole: c'est en manquant de preuve qu'ils ne manquent pas de sens ... 'Dieu est, ou il n'est pas'. Mais de quel côté pencherons-nous? La raison n'y peut rien déterminer: il y a un chaos infini qui nous sépare. Il se joue un jeu, à l'extrémité de cette distance infinie, où il arrivera croix ou pile» (418=680=233). Cf. in prop. A. McKENNA, De Pascal à Voltaire, 1, pp. 22-23 e 144-151; V. CARRAUD, Pascal et la philosophie, 347-392; P. LoNNING, Cet effrayant pari: une "pensée" pascalienne et ses critiques, Paris 1980.
105 Sulla consuetudine corne seconda natura, quindi sulla modificabiIità di alcuni (e si badi bene non di tutti gli) aspetti apparentemente naturaIi, ma in realtà consuetudinari, cf. 125=158=92; per una reinterpretazione sociologica del nesso pascaliano tra potere politico, ideologie dell'immaginazione, abitudine e automa sociale, cf. P. BOURDIEU, Méditations pascaliennes, Paris 1997, tr. it. Meditazioni pascaliane, Milano 1998, pp. 176-180. Sul tema dell'immaginazione e del costume, cf. G. FERREYROLLES, Les Reines du monde. L'imagination et la coutume chez Pascal, Paris 1995: con grande finezza l'autore riesce a dimostrare la conversione dell'immaginazione e del costume da potenze dell'errore a mezzi salvifici: cf. pp. 65-119, e in part. pp. 109-l14; e pp. 269-295.
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Les preuves ne convainquent que l'esprit. La coutume fait nous preuves les plus fortes et les plus crues; elle incline l'automate, qui entraîne l'esprit sans qu'il y pense ... "Inclina cor meum, Deus"» (821=661=252).
La citazione di Ps 118,36 mostra con assoluta evidenza corne la stessa antirazionalistica apologia dell'abitudine, la riduzione dello stesso spirito a macchina, automa condizionato o inclinato più dalle abitudini esteme che da decisioni interiori (cf. 944=767=250), trova il suo vero senso soltanto nella confessione della grazia corne forza altra e irresistibile 106 che vivifica interiormente, anima cio che l'uomo da parte sua non puo che ripetere meccanicamente, tutt'al più abituarsi a fare per predisporsi al dono della grazia. La macchina è la definizione del'uomo messa a punto mediante prove, dimostrata razionalmente; ricostruire la struttura della macchina umana, identificare e dimostrare la dottrina dell'uomo, significa nient'altro che mettere a punto uno strumento autonomamente inanimato, una vera e propria marionetta, che solo la grazia puo, se vuole, animare:
106 Cf. in prop. P. CARIOU, Pascal et la casuistique, pp. 184-188; V. CARRAUD, Pascal et la philosophie, pp. 250-252, nota 2 (ove giustamente si identifica 1' «automate» con la «marionnette» nelle mani di Dio). Si pensi inoltre allo straordinario - e non a caso censurato dall'edizione di PortRoyal - «vous abêtira», scandalosamente identificato con il «vous fera croire», fine del processo di educazione "meccanica" alla fede (cf. 418=680=233): disporsi a credere è divenire corne un docile animale, folle figura dell' eletto mosso dalla paradossale grazia di Dio. La più intelligente interpretazione delle Pensées pascaliane sui!' «automate» corne demolizione e umiliazione del «moi», in attesa dell'anarchica Alterità della grazia, è quella di J.-M. VAYSSE, L'inconscient des modernes. Essai sur l'origine métaphysique de la psychanalyse, Paris 1999, 122-124; con i suoi frammenti sull'«automate», Pascal intende procedere contro la volontà oil libero arbitrio dell'uomo, «Contre la volonté partiale, (contrapponendole) une machine non désirante et indifférente, afin de subvertir l'ordre naturel, allant de l'entendement vers la volonté, par un ordre surnaturel, allant du coeur vers la charité»; Pascal mirerebbe quindi alla «destitution» dell' ego, «car lego de la métaphysique n'est qu'une métamorphose de l'amour-propre, la charité renvoyant à l'automate, à la machine passive» (pp. 123-124); il capitolo IV: "Les Métamorphoses de l'intériorité" (pp. 105-172), contiene illuminanti analisi del teatro di Racine (pp. 116-120), di Pascal appunto (pp. 121-129), di Malebranche (138-149).
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«Lettre qui marque l'utilité des preuves, par la machine. La foi est différente de la preuve: l'une est humaine, l'autre est un don de Dieu. "Justus ex fide vivit". C'est de cette foi que Dieu lui-même met dans le coeur, dont la preuve est souvent l'instrument, ''fides ex auditu"; mais cette foi est dans le coeur, et fait dire non "scio'', mais "credo"» (7=41=248). «Ordre. Une lettre d'exhortation à un ami, pour le porter à chercher. Et il répondra: "Mais à quoi me servira de chercher? Rien ne paraît". Et lui répondre: "Ne désespérez pas". Et il répondrait qu'il serait heureux de trouver quelque lumière, mais que, selon cette religion même, quand il croirait ainsi, cela ne lui servirait de rien, et qu'ainsi il aime autant ne point chercher. Et à cela lui répondre: la machine» (5=39=247).
Dunque sia il termine preuve, che il termine machine, rirnandano alla filosofia, alla stessa struttura apologetica delle Pensées. La «raison des effets» è la logica della contraddizione esistenziale (grandezza-miseria, dogrnatisrno-scetticisrno, peccato-Dio, «quelque lumière»-«rien ne paraît») sisternaticamente evidenziata (il «renversement continuel du pour au contre»: 93=127=328) 107, per essere confessata corne solo cristologicamente rnediabile. L'apologia sembra essere vana - e Pascal all'amico non puo che rivelare la necessaria rneccanica dell'oscillazione -, ma umanarnente essa è l'unica possibilità di relazione di carità con il prossirno, la preparazione all'eventuale avvento (comunque indebito, indeterminabile) della grazia nell'amico. Ora il frammento 100=133=467 è della massirna irnportanza in quanto connette esplicitamente la «raison des effets» al terna della grazia, affermando che Epitteto non ha compreso che il cuore è del tutto sottratto al potere dell'uomo: «Il n'est pas en notre pouvoir de régler le coeur» 108•
Questo significa che la stessa logica cristiana dell'apologia, che lo stesso «mouvement perpétuel» (56=164=181), l'inesausto «renversement», condotto sino alla postulazione della verità teologica di Cristo corne unica possibile rnediazione, sono
107 Cf. P. MAGNARD, Pascal dialecticien, in P. Viallaneix (ed altri), Pascal présent. 1662-1962, Paris 1962, pp. 259-289.
108 Scrive giustamente H. GouHIER: «Toutes les preuves ne sont efficacement persuasives que si Dieu incline le coeur à les croire» (Blaise Pascal, p. 95). Cf. Pensées 808=655=245.
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insufficienti per la salvezza. Il naturale infinito oscillare evidenziato dal «renversement>>, quindi la postulazione della naturale infondabilità dell'uomo, persino la confessione che solo in Cristo il punto paradossale di appoggio è trovato, non permettono affatto di «régler le coeur», di acquietarlo nel dinamismo della conversione. La filosofia cristiana puo essere tutt' al più mezzo strumentale dell 'eventuale, indebito avvento della grazia, l' unica soprannaturale forza capace di inclinare il cuore109• Priva dell'azione singolare della grazia, la stessa filosofia o apologetica cristiana rimane paradossalmente inutile, vana, incerta 110, corne la filosofia cartesiana:
109 «Ne vous étonnez pas de voir des personnes simples croire sans raisonnement. Dieu leur donne l'amour de soi et la haine d'eux-mêmes. Il incline leur coeur à croire. On ne croira jamais, d'une créance utile et de foi, si Dieu n'incline le coeur; et on croira dès qu'il l'inclinera. Et c'est ce que David connaissait bien: "Inclina cor meum Deus in (testimonia tua)"» (380=412=284); «Ils (i cristiani privi di cultura teologica) en jugent par le coeur, comme les autres en jugent par l'esprit. C'est Dieu lui-même qui les incline à croire; et ainsi ils sont très efficacement persuadés» (382=414=287); «"Eorum qui amant". Dieu incline le coeur de ceux qu'il aime. "Deus inclinai corda eorum". Celui qui L'aime. Celui qu'il aime» (382=?=287); cf. 381=413=286.
110 Non è quindi scientificamente corretto ipostatizzare l' apologetica pascaliana, identificandola con la filosofia pascaliana tout court, senza evidenziare con forza che essa è comunque del tutto dipendente dalla teologia agostiniano-giansenista della grazia predestinata. Cf. ad es. J.-E. D'ANGERS, L'apologétique en France de 1580 à 1670. Pascal et ses précurseurs, Paris 1954, ove si cerca di minimizzare la dipendenza di Pascal da Giansenio e da Port-Royal, per avvicinarlo, sulla scia di Bremond, addirittura all'umanesimo devoto e a Francesco di Sales (che apprezzava, Io ricordo, la teologia della grazia di Lessio!): cf. in part. le pp. 157-166 e 215-231. Analogamente, R.E. LACOMBE, L'apologétique de Pascal. Étude critique, Paris 1958, in paricolare pp. 202-218, restituisce un'interpretazione semipelagiana de "le Dieu caché", il cui riconoscimento dipenderebbe unicamente dalle «dispositions du coeur>>, cioè «de la volonté» (209). Ben più profonda l'interpretazione di J. RussIER, La foi selon Pascal. Il: Tradition et originalité, cf. in part. le preziosissime pp. 381-430: pur rilevando l'originalità e la sistematica coerenza dell'apologetica pascaliana, si dimostra corne il fondamento teologico che la sorregge rimanga del tutto agostiniano-giansenista; cf. ad es. la reinterpretazione pascaliana dell'antichità pagana (interpretata arnauldianamente) e della stessa «comoedia» (per utilizzare l'espressione gianseniana) giudaica corne segni perversi e inconsapevoli della verità del cristianesimo, che solo la grazia illumina e rende significativi (cf. p. 383). Insomma, Pascal «n'a pas adopté d'autres principes que ceux de Jansénius
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«Descartes. Il faut dire en gros: "cela se fait par figure et mouvement". Car cela est vrai, mais de dire quelles et composer la machine, cela est ridicule. Car cela est inutile et incertain et pénible. Et quand cela serait vrai, nous n'estimons pas que toute la philosophie vaille une heure de peine» (84=118=79).
Cartesio ricostruisce davvero la natura e le leggi della macchina del corpo umano, ma cià è del tutto vano, perché la teoria cartesiana non fa muovere quel corpo. Ma dalla fisica di Cartesio il discorso si allarga all'intera filosofia; di per sé nemmeno la filosofia di Pascal vale un'ora di pena, perché senza la grazia non puà convertire nessuno. Tutto cio che si riferisce all' ordine, alla preparazione della macchina, alla dimostrazione tramite la ragione della credibilità del cristianesimo 111 rientra quindi nella dottrina della verità, che l'intelligenza ormai naturalmente perversa non puà più assolutamente riconoscere senza il dono soprannaturale della grazia: la carità 112•
et de Port-Royal, ... ; il a seulement fait servir les principes mêmes de portRoyal à une fin étrangère aux préoccupations ordinaires de Port-Royal» (p. 390). A proposito del giudaismo corne economia santa, prefigurazione della verità spirituale di Cristo, ma del tutto inefficace dal punto di vista della salvezza (cf. pp. 394-395), mi pare opportuno rinviare al De Spiritu et littera di Agostino, dottrina delle economie di salvezza finalizzata all'apologia della grazia predestinata; cf. G. LETIIERI, L'altro Agostino, Capitolo IX.
m «Ordre. Après la lettre "qu'on doit chercher Dieu", faire la lettre "d'ôter les obstacles", qui est le discours de la "machine", de préparer la machine, de chercher par raison» (l 1=45=246). Sull' «ordre» corne dimostrazione dialettica della credibilità del cristianesimo, cf. 12=46=187; si noti che comunque la religione puè> essere resa «aimable», dimostrata persino corne «Vera», ma certo non davvero amata: questo è opera della grazia, e certo non di un'umana apologia; rispetto alla doctrina e alla suasio umane, l'irresistibile persuasio della grazia è agostinianamente sempre trascendente.
112 Del tutto evidenti divengono in tal senso alcune delle più celebri Pensées: «La foi est un don de Dieu. Ne croyez pas que nous disions que c'est un don de raisonnement. Les autres religions ne disent pas cela de leur foi; elles ne donnaient que le raisonnement pour y arriver; qui n'y mène pas néanmoins» (588=487=279). «Qu 'il y a loin de la connaissance de Dieu à l'aimer>> (377=409=280). «La charité considère cela comme une privation de l'esprit de Dieu; et ses actions mauvaises, à cause de laparenthèse ou interruption de l'esprit de Dieu en lui» (947=?=504); cf. 460=699=544.
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La stessa dottrina dei tre ordini diventa quindi evidente: corne vi è un rapporto di assoluto dualisrno tra la rnacchina cartesiana (il corpo) e l'intelligenza che viene ad anirnarlo (l'anima, il cogito inesteso), cosl vi è un rapporto di assoluto, infinitarnente più irriducibile dualisrno tra l'ordine dell'intelligenza e l' ordine della carità, tra la rnorta rnacchina (la volontà concupiscente dell'uorno), pur predisposta all'accoglirnento di una vita del tutto eterogenea (abituata al cristianesirno rnediante l'ordine dell'apologia), e lavera vita (la grazia) che puà irrornpere ad anirnarla 113•
L'interiore ragione naturale, pur convinta rnediante prove della ragionevolezza del cristianesirno, non riuscirà mai a convertire il cuore; pertanto la suasiva apologetica cristiana, incapace di inclinare il cuore, potrà tutt'al più essere strurnento utile, ma certo non necessario, dell' eventuale intervento della grazia divina, l'unica che puà donare Spirito al corpo, fede alla rnacchina. Se persino la rneccanica abitudine puà più delle argornentazioni dirnostrative della ragione, quanto più potrà l'irresistibile e spirituale grazia di Dio, capace di operare nelle anime corne opera sui corpi 114?
«Les miracles prouvent le pouvoir que Dieu a sur les coeurs, par celui qu'il exerce sur les corps» (903=450=851). «Les deux fondements, l'un intérieur; l'autre extérieur: la grâce, les miracles; tous deux surnaturels» (861=805=439).
In realtà per Pascal l'uorno non puà accendere alcuno spirito, produrre alcuna vita, neanche stirnolare o esortare in
113 Convincente la tesi di J. RussIER, La foi selon Pascal. II: Tradition et originalité, pp. 428-430, la quale sostiene che la perfetta coerenza tra il Pascal teologo e il Pascal scienziato stia nel suo attenersi non all'evidenza di una ragione astratta, ma alla fede nel fatto, I' evento della grazia nel primo caso, l'evento sperimentale nell'altro.
11• Sullo statuto del corpo nell'epistemologia anticartesiana (e filogassendiana) di Pascal, cf. A. McKENNA, Pascal et le corps humain: «Le corps est dépourvu de raison ... le règne du corps est le règne de l'arbitraire» (p. 482); «dans la psychologie pascalienne ... la raison est détrônée, elle est dominée par l'imagination, par le corps. La psychologie cartésienne est ainsi décapitée» (p. 489); discutibile mi pare tuttavia la riduzione del «sentiment» e del «coeur» all'ambito corporeo, con la conseguente svalutazione del problema del rapporto tra grazia e volontà.
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profondità l'azione del prossimo, del tutto dipendente dall'intervento gratuito della grazia, dell'unico vero Spirito della macchina umana (=il corpo cartesiano); puo invece soltanto predisporre una «suite de moyens», il sistema delle condizioni esteriori che possono fungere da cause seconde, qualora la grazia avesse scelto di servirsene 115:
«Pour ceux qui vivent sans le (Dieu) connaître et sans le chercher. .. , cette religion nous oblige de les regarder toujours, tant qu'ils seront en cette vie, comme capables de la grâce qui peut les éclairer, et de croire qu'ils peuvent être dans peu de temps plus remplis de foi que nous ne sommes, et que nous pouvons au contraire tomber dans l'aveuglement où il sont, il faut faire pour eux ce que nous voudrions qu'on fit pour nous si nous étions à leur place, et les appeler à avoir pitié d'euxmêmes, et à faire au moins quelques pas pour tenter s'ils ne trouveront pas de lumières» (427=681=194)116•
115 Semplici ma lucidissime le affermazioni in prop. di P. BÉNICHOU, Morali del "Grand Siècle": «Il passaggio verso Dio puô avvenire solo attraverso un brusco cambiamento di ordine che dipende solo da Lui. L'apologetica di Pascal tende solo a preparare il terreno per quest'operazione, facendo si che la miseria sia sentita corne tale, con tutto il disgusto che questa consapevolezza comporta; vuole indurre a scommettere per Dio e ad agire esteriormente in modo cristiano aspettando la grazia. Pascal fa un vuoto, propone un simulacro e aspetta che tutto improvvisamente scaturisca da! nulla in virtù di un atto gratuito ne! quale l'uomo non ha parte. Allora, miracolosamente, tutta la concupiscenza si risolve in carità e l'oscurità della conoscenza si trasforma in una prova del "Dio nascosto"» (pp. 91-92). Afferma in ta! senso PH. SELLIER, Introduction: «Toute Apologie n'est qu'un instrument. Il appartient à Dieu seul de vivifier les preuves, où et quand Il veut, ou même d'éclairer par un "sentiment" immédiat» (p. 51). Cf. infine J. MESNARD, Au coeur de l'apologétique pascalienne: "Dieu par Jésus-Christ", in La culture du XV/le siècle, 414-425.
116 Pensées 427=681=194. Cf. J. MESNARD, Les Pensées de Pascal, Paris 1976, 158-159. A proposito del rapporto pascaliano tra l'ordine della macchina, le regole dell' abitudine e dell' automatico (la «suite de rrwyens» intesa corne la totalità delle esortazioni apologetiche, degli argomenti protrettici, della stessa partecipazione ai sacramenti e aile funzioni ecclesiastiche, dei singoli atti di virtù, di carità, di preghiera) e l'intervento indebito della grazia divina, puô essere illuminante citare un passo di NICOLE che si esprime, pur se in maniera più prolissa, negli stessi terrnini, perfettamente agostiniani: «C'est sur cet ordre de la Grâce, et sur cette suite de moyens, sous lesquels Dieu cache ses opérations surnaturelles, que sont établis tou-
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Non a caso questo carattere paradossale dell'apologetica pascaliana117, pronunciata nella consapevolezza di poter essere
tes les règles et tous les avis spirituels que les saints inspirés de Dieu ont donnés à ceux qu'ils ont conduits dans ses voies. Ces grands saints n'ignoraient pas que c'est de lui qu'ilfaut attendre toutes les venus, et qu'il est la cause de toutes les bonnes actions des chrétiens. Ils étaient persuadés qu'il est le maître des coeurs, et qu'il opère en eux tout ce qu'il veut, par une force invincible et toute-puissante. Cependant ils nous prescrivent des règles et des pratiques, comme pou"aient faire des philosophes qui prétendraient acquérir la venu par leur propres forces. Ils veulent que nous tenions toujours notre esprit occupé de saintes pensées; que nous nous appliquions sans cesse à la lecture et à la méditation de la parole de Dieu; que nous vivions dans l'éloignement du monde; que nous réduisions notre corps en servitude, par le travail et la monification; que nous évitions tout ce qui nous peut af faiblir et tout ce qui nous peut être une occasion de chute; que nous fassions un effon continuel pour résister à nos passions; que nous menions une vie uniforme, réglée, occupée, en passant par la suite d'actions que l'on nous aura prescrites, comme étant les plus conformes à notre état et à nos devoirs. Ce n'est pas qu'ils ne sussent parfaitement que Dieu nous peut donner ses plus grandes grâces sans nous faire passer par ces exercises, mais il savaient en même temps que l'ordre commun de la Providence est de ne nous les accorder qu'ensuite de ces exercises, et par ces exercises mêmes; qu'ainsi il fait premièrement aux âmes la grâce de les pratiquer, pour leur faire ensuite celle de parvenir aux venus où il désire de les élever, étant aussi bien l'auteur des actions qu'il leur fait faire pour acquérir les vertus, que des venus, qu'elles acquièrent par ces actions» (P. NICOLE, Essais de morale, Des diverses manières dont on tente Dieu, pp. 426-427); e ancora: «Il faut prier comme si tout dépendait de Dieu, et agir comme si tout dépendait de nous» (M. FEYDEAU, Catechisme de la grace, Paris 1650, art. 44, ora in A. ARNAULD, Oeuvres, XVII, pp. 837-848, in part. p. 845); cf. in prop. le limpide analisi di J. LAPORTE, Les vérités de la grace, pp. 450-456. Dio quindi dona la grazia indipendentemente dalle azioni regolate dell'uomo; ma la realizzazione da parte della libertà, esortata dal "santo", di lutte le azioni regolate è solitamente il segno che la grazia di Dio ha operato e opera in quella libertà; ma non solo Dio puo donare la grazia indipendentemente dalle azioni regolate della libertà esortata (si pensi a S. Paolo persecutore dei cristiani), ma puo anche non vivificare una serie di azioni regolate che in tal senso rimangono puramente meccaniche, esteriori, prive appunto di Spirito.
117 Sulla «situation paradoxale» (p. 105), sulla «dramatique contradiction de l'apologétique selon Pascal» (p. 96), cf. le lucidissime considerazioni di H. GoUHIER, Blaise Pascal, pp. 95-111: l' apologetica è concepita da Pascal corne semplice «instrument>> nelle mani della grazia di Dio (cf. in part. p. 99), si sottolinea la totale continuità in prop. tra Pascale il giansenismo port-royalista; cf. inoltre alla p. 98 la notazione che nel 1 degli Écrits sur la grâce Pascal passa del tutto coerentemente dall'apologia della predestinazione agostiniana all'affermazione che ogni uomo deve considerare se
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soltanto un' eventuale causa strumentale degli etemi decreti divini, si riflette perfettamente nella sua concezione della retorica, dell' «art de persuader>> 118: intuendo perfettamente il cuore della questione della retorica agostiniana, Pascal afferma al tempo stesso la vanità della retorica umana, incapace di persuadere alla fede, e insieme l'umana indispensabilità della retorica, a seconda che essa si intenda a livello di causa prima e autonoma, oppure di causa seconda, mossa dalla predestinata azione dell' unico vero Retore:
«la vraie éloquence se moque de l'éloquence» 119, ovvero soltanto «Dieu parle bien de Dieu» 120•
stesso e il suo prossimo corne uno degli eletti, pena la dannazione etema. Chiaramente, il primo è un piano noumenico, storicamente inaccessibile, il secondo un piano fenomenico, ove l'uomo ha I'obbligo di muoversi e di operare per la propria e l'altrui salvezza, pur confessando che l'esito del suo sforzo diJ?Cnde esclusivamente dalla grazia di Dio.
118 Cf. É. MOROT-SIR, La métaphysique de Pascal, Paris 1973, pp. 15-43; e La raison et la grâce selon Pascal, Paris 1996, in part. pp. 26-32; 187-224, ove si insiste giustamente sui carattere retorico-persuasivo delle Pensées pascaliane; non è perô sufficientemente rilevata la grazia predestinata corne unica causa dell'efficacia della retorica apologetica umana. Cf. inoltre l'interessante bilancio di G. DECLERCQ, La rhétorique classique entre évidence et sublime (1650-1675), in M. Fumaroli (ed.), Histoire de la rhétorique dans l'Europe moderne (1450-1950), Paris 1999, pp. 629-706, in part. su Pascal pp. 646-654.
119 513=24=4. PH. SELLIER, Pascal et saint Augustin, dedica un intero e deludente capitolo («Rhétorique et présentation de la foi», pp. 554-572) al rapporto tra retorica agostiniana e pascaliana (cf. in part. il par. «Pascal, lecteur de "La doctrine chrétienne"», pp. 558-566): purtroppo l'attenzione è volta quasi esclusivamente al problema tecnico-retorico, alla maggiore o minore freschezza dello stile, e non al fondamento teologico della retorica (analizzato da Agostino proprio nei decisivi capitoli 15,32-16,33 di quel IV libro del De doctrina christiana, stigmatizzato da Sellier corne mero manuale di «recettes»), al fatto cioè che chi deve parlare all'altro è l'invisibile parola dello Spirito divino, di cui la parola umana non è che causa seconda o segno esteriore, figura. Lo stesso limite rivelano P. ToPLrss, The Rhetoric of Pascal: a Study of His Art of Persuasion in the Provinciales and in the Pensées, Leicester 1966, e A. MICHEL, Saint Augustin et la rhétorique pascalienne: la raison et la beauté dans l'Apologie de la religion chrétienne, in Le siècle de saint Augustin=«XVIIe siècle», 135, 1982, pp. 133-148. Più convincente invece D. DESCOTES, L'argumentation chez Pascal, cap. 1: «L'art de persuader>>, pp. 17-44.
120 Pensées 303::;334=799.
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In tal senso, la stessa visibile mediazione della chiesa (la retorica fattasi storia) non puo essere di per sé persuasiva, essendo la traduzione temporale a livello di segni, di doctrina, di suasio, di miracoli persino, dell'etemamente predestinata azione redentiva della grazia 121 ; l' ordine puo convincere l'e-
121 «L'Église enseigne et Dieu inspire, l'un et l'autre infailliblement. L'opération de l'Église ne sert qu'à préparer à la grâce, ou à la condamnation. Ce qu'elle fait suffit pour condamner, non pour inspirer>> (874=440=881). «Il est impossibile que ceux qui aiment Dieu de tout leur coeur méconnaissent l'Église, tant elle est évidente. Il est impossible que ceux qui n'aiment pas Dieu soient convaincus de l'Église» (881=443=850). <<Notre religion est sage et folle: sage, parce qu'elle est la plus savante, et la plus fondée en miracles, prophéties, etc.; folle, parce que ce n'est point tout cela qui fait qu'on en est» (842=427=588). Su questa sostanziale relativizzazione del ruolo della mediazione ecclesiastica, al cospetto dell'onnipotente azione della grazia divina, cf. J. PLAINEMAISON, Pourquoi "Les Provinciales": «À quels motifs, en effet, avaient obéi les papes en condamnant Jansénius? ... Ne faut-il pas plutôt admettre que, historiquement, la condamnation de Jansénius a été le moyen détourné de condamner ce qui, dans la doctrine de saint Augustin, heurtait les idées modernes? ... Elaborée dans des conditions historiques très différentes, la doctrine de saint Augustin ne pouvait plus être acceptée telle quelle par l'Église du XVIIe si~cle et, particulièrement, par ses responsables. En tant qu'institution, l'Eglise devait mettre l'accent, plus que sur une mystérieuse adhésion à la personne du Christ, seule source de salut, sur le nécessaire canal de l'obéissance à l'Église visible, dépositaire de la foi, sur le respect de ses commandements et de ses dogmes, autrement dit sur les oeuvres et sur la liberté de l'homme» (p. 87); in prop., cf. dello stesso J. PLAINEMAISON, Qu'est-ce le jansénisme, in «Revue historique» 109, 1985, pp. 117-130, e in part. pp. 128-130. Cf. inoltre B. CHÉDOZEAU, Port-Royal et le jansénisme: la revendication d'une autre forme du tridentinisme?, in «XVIIe siècle» 171, 1991, pp. 119-125: il giansenismo si identificherebbe con «une revendication en faveur d'une autre mise en oeuvre du concile de Trente; le mouvement serait alors la longue affirmation de la légitimité d'une interprétation différente d'un même corps de doctrine. En d'autres termes, Port-Royal et ses amis affirment qu'on peut être tridentin sans être ultramontain et, en general, sans être baroque» (p. 119). L'ottica ecclesiastico-politica di Chédozeau dev'essere teologicamente precisata: indubbiamente, l'interpretazione barocca del cattolicesimo tridentino è sostanzialmente molinista, semipelagiana, antigiansenista proprio ne! porre la gerarchica autorità ecclesiastica e l'ordine etico che essa proclama corne le uniche legittime mediazioni tra la grazia sufficiente di Dio e il fedele; la stessa raffinatissima retorica barocca della persuasione alla fede è confessione della salvifica mediazione mondana della chiesa, che chiama la libertà degli uomini alla conversione. La tesi di Chédozeau dipende comunque da L. CEYSSENS, Le jansénisme. Considérations histori-
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letto che ne scorge il principio scoprendolo operante in se stesso, ma non il reietto che ne conosce soltanto l' esteriore, mondana vanità 122• La vera chiesa è quindi sempre nascosta.
ques préliminares à sa notion, in part. p. 28: «Je considère le jansénisme comme un mouvement de réforme, théorique et pratique, issu de la ContreRéforme septentrionale (dont par ailleurs il fait partie), réactionnaire vis-àvis de l'antijansénisme, lequel m'apparâit comme un mouvement semblable, mais progressif, né plutôt de l'humanisme méridional»; cf. ancora J. ÜRCIBAL, Qu'est-ce que le jansénisme?, in «Cahiers de I' Association internationale des études françaises» 3-5, 1953, pp. 39-53; e M. DE CERTEAU, De Saint-Cyran au jansénisme, tr. it. in Politica e mistica, p. 165. Sull'opposizione pascaliana e giansenista contro il cattolicesimo barocco gesuitico, accusato di deresponsabilizzare l'individuo, propugnando una religione ridotta a rito collettivo, cf. L. CHATELLIER, L'Europe des dévots, Paris 1987, pp. 171-17 4; sulla «solidarietà tra gesuismo e barocco» e sui carattere antibarocco e razionalista delle Provinciales, cf. infine F. ORLANDO, Illuminismo e retorica freudiana, Torino 1982, pp. 93-96 e in part. p. 95, nota 1. Per una valutazione più complessa del rapporto di Pascal con il barocco, da una parte respinto corne retoricamente ingannevole perché artificioso, dall' altra recuperato nel metodo del paradosso, volto a choquer il senso comune e a rovesciare sorprendentemente le certezze della ragione, cf. J. MESNARD, Baroque, science et religion chez Pascal, in La culture du XVI/e siècle, pp. 327-345.
122 Scrive Pascal nel De l'art de persuader: «Je ne parle pas ici des vérités divines, que je n'aurais garde de faire tomber sous l'art de persuader, car elles sont infiniment au-dessus de la nature: Dieu seul peut les mettre dans l'âme, et par la manière qu'il lui plaît. Je sais qu'il a voulu qu'elles entrent du coeur dans l'esprit, et non pas de l'esprit dans le coeur, pour humilier cette superbe puissance du raisonnement, qui prétend devoir être juge des choses que la volonté choisit, et pour guérir cette volonté infirme, qui s'est toute corrompue par ses sales attachements. Et de là vient qu'au lieu qu'en parlant des choses humaines on dit qu'ilfaut les connaître avant que de les aimer, ce qui a passé en proverbe, les saints au contraire disent en parlant des choses divines qu'il faut les aimer pour les connaître, et qu'on n'entre dans la vérité que par la charité, dont ils ont fait une de leurs plus utiles sentences. En quoi il paraît que Dieu a établi cet ordre surnaturel, et tout contraire à l'ordre qui devait être naturel aux hommes dans les choses naturelles» (IIl,3,413-414); ma cf. 1-4,413-414; Pensées 721 =598=917. Sull' inefficacia della retorica e della protrettica meramente umane, cioè non vivificate dall'intervento operante della grazia, cf. G. PASCAL PÉRIER, Vie de Pascal (II versione), in B. Pascal, Oeuvres complètes, 1,603-642, in part. 622,52-623,53. Per un interessante tentativo di ricostruzione della complessa strategia retorica delle Pensées (anonima comunicazione indiretta delle verità cristiane, messa in scena teatrale del dramma di un uomo concupiscente convertito dalla grazia divina), cf. T. SHIOKAWA, Persuasion et conversion: essai sur la signification de la rhétorique chez
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Vi è in proposito una pensée davvero enigmatica, cifrata, ma interpretabile corne radicale attestazione del predestinazionismo dell' ecclesiologia port-royalista:
«Si saint Augustin venait aujourd'hui et qu'ilfût aussi peu autorisé que ses défenseurs, il ne ferait rien. Dieu conduit bien son Église de l'avoir envoyé devant avec autorité» 123•
Non solo qui Pascal afferma che l'autorità suprema della chiesa rimane Agostino, confessato soltanto dai suoi pochi discepoli (=i giansenisti) perseguitati dalla stessa chiesa di Roma, ma implicitamente allude a qualcosa di assai più terribile: Io stesso mistero dell'accecamento dei più, e dell'illuminazione di un esiguo resto perseguitato, rimanda al mistero della grazia predestinata, che dona la luce ad alcuni, ma è accecante per gli altri, nei riguardi dei quali Dio ( e gli stessi suoi strumenti storici, quale Agostino redivivo) non fa niente, rimane muto e remoto. Lo stesso decadere della testimonianza (dei
Pascal, in Y.-M. Bercé e altri (edd.), Destins et enjeux du XVIIe siècle, Paris 1985, pp. 311-321. Sul necessario e paradossale compiersi della retorica della grazia nel proprio fallimento, ovvero nella confessione della propria impossibilità, cf. infine i notevoli saggi di L. MARIN, Secret, dissimulation et art de persuader chez Pascal, (1981); e Une rhétorique "fin-de-siècle": Pascal, De I' Art de persuader, (1992), ora in Pascal et Port-Royal, pp. 92-116 e 155-168.
123 517=452=869; «Si l'ancienne Église était dans l'erreur, l'Église est tombée. Quand elle y serait aujourd'hui, ce n'est pas de même, car elle a toujours la maxime supérieure de la tradition de la créance de l'ancienne Église. Et ainsi cette soumission et cette confonnité à l'ancienne Église prévaut et corrige tout. Mais l'ancienne Église ne supposait pas l'Église future et ne la regardait pas, comme nous supposons et regardons l'ancienne» (285=317=867). Il frammento mi pare più complesso di quanto non appaia: si deve cioè considerare che la verità della dottrina antica della chiesa è appunto quella della grazia predestinata, che non viene certo ad essere messa in crisi dalle oscillazioni (comunque provvisorie: la correzione della tradizione non puè> che imporsi, per Pascal) della chiesa cattolica moderna; insomma, nella stessa dottrina della predestinazione, fondamento di fede della chiesa antica, è anticipata la dialettica tra illuminazione (antichità) e accecamento (modernità) che regge l'intera storia della chiesa. La chiesa moderna, quindi, deve riconoscere la verità anticamente rivelata, e conformarsi ad essa, mentre la verità della chiesa antica non puè> essere reinterpretata a partire dall'errore professato dalla chiesa moderna.
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vcrtici) della chiesa cattolica a irrazionale autorità, ovvero a forza priva di verità e di giustizia, illumina moite delle Pen.\'ées dedicate al rapporto tra l' inganno dell' immaginazione (la facoltà privilegiata della concupiscenza, del desiderio privo di grazia) e la genesi della politica dall'ingiustizia e dall'errore, politica non soltanto agostinianamente considerata corne dimensione privilegiata della concupiscentia, ma anche rivelata corne logica di una civitas terrena ormai penetrata nella stessa civitas Dei; ma, ancora una volta rivelando il metodo del paradosso pascaliano, proprio la dialettica illuminazione/accecamento intemo alla chiesa cattolica rivela corne vane siano le mediazioni umane e corne soltanto la grazia di Dio sia la «cause dominante» della redenzione:
«Bel état de l'Église, quand elle n'est plus soutenue que de Dieu» (845=427=861).
Soltanto a partire dalla dialettica illuminazione/accecamento, è inoltre possibile comprendere la celebre e spesso fraintesa distinzione pascaliana tra ragione e cuore, due modalità irriducibili del rapporto dell'intelligenza con la verità: la ragione è la facoltà sistematica, metodicamente ordinatrice, mediatamente capace di procedere con coerenza deduttivo-argomentativa; il cuore è la facoltà trascendentale, immediatamente capace di attingere i principi, di intuire del tutto semplicemente i fondamenti di qualsiasi sistema razionale, di quello matematico corne di quello teologico. La ragione dimostra, pro va coerentemente l' evidenza con la quale le conseguenze derivano o concludono da determinati principi, il cuore attinge questi stessi principi vivendoli, essendone sentimentalmente, istintivamente persuaso, del tutto incapace quindi di fomire prove o dimostrazioni della sua interiore evidenza 124. Ora, la distinzione tra questi due piani è prospettata per
124 «Nous connaissons la vérité, non seulement par la raison, mais encore par le coeur; c'est de cette dernière sorte que nous connaissons les premiers principes, et c'est en vain que le raisonnement, qui n 'y a point de part, essaie de les combattre... Car la connaissance des premiers principes, comme qu'il y a espace, temps, mouvement, nombres, [est] aussi ferme qu'aucune de celles que nos raisonnements nous donnent. Et c'est sur ces
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mostrare l'irriducibilità del piano della grazia predestinante e della carità predestinata al piano della conoscenza deduttiva e della verità sistematica, per affermare quindi la necessaria subordinazione della facoltà "impotente" della costruzione dell'ordine, alla facoltà (divinamente delectata e infallibilmente persuasa) dell'intuizione del fondamento 125:
«Cette impuissance ne doit donc servir qu'à humilier la raison, qui voudrait juger de tout, mais non pas à combattre notre certitude, comme s'il n'y avait que la raison capable de nous instruire. Plût à Dieu que nous n'en eussions au contraire jamais besoin, et que nous connussions toutes choses par instinct et par sentiment! Mais la nature nous a refasé ce bien:
connaissances du coeur et de l'instinct qu'ilfaut que la raison s'appuie, et qu'elle y fonde tout son discours ... Les principes se sentent, les propositions se concluent, et le tout avec certitude, quoique par différentes voies. Et il est aussi inutile et aussi ridicule que la raison demande au coeur des preuves de ses premiers principes, pour vouloir y consentir, qu'il serait ridicule que le coeur demandât à la raison un sentiment de toutes les propositions qu'elle démontre, pour vouloir les recevoir» (Pensées 11<>= 142=282). Sul sentimento corne capacità di intuire la totalità, e la ragione corne capacità di ricostruire il concatenarsi della totalità dai principi, cf. 751=622=3.
125 «Soumission et usage de la raison, en quoi consiste le vrai christianisme» (167=Titolo XIV=269); «Il n'y a rien de si conforme à la raison que ce désaveu de la raison» (182=213=272). Queste note affermazioni antirazionalistiche sono in realtà finalizzate all'esaltazione della soprannaturale grazia divina, dei suoi doni, del suo organo interiore («le coeur»), del suo metodo persuasivo del tutto inattingibile tramite un metodo razionalmente (o eticamente) dominabile: <<La dernière démarche de la raison est de reconnaître qu'il y a une infinité de choses qui la surpassent; elle n'est que faible, si elle ne va jusqu'à connaître cela. Que si les choses naturelles la surpassent, que dira-t-on des surnaturelles?» (188=220=267). Sulla dimensione eminentemente teologica (nel senso agostiniano-giansenista), e solo secondariamente gnoseologica, psicologica o intimistica del «coeur>> pascaliano, cf. P. SERIN!, Pascal, Torino 1942, pp. 237-244 e 324-330; A. DEL NocE, Riforma cattolica, pp. 58-68 e soprattutto H. GouHIER, Blaise Pascal, pp. 54-70 e il magistrale saggio di J. RussIER, La foi selon Pascal. 1: Dieu sensible au coeur, Paris 1949 (cf. in part. le pp. 205-227); in prop. risultano invece deludenti le pp. 117-139 di PH. SELLIER, Pascal et Saint Augustin, corne le pp. 350-359 di P. MAGNARD, Pascal. La clé du chiffre. Del tutto superficiale C.M. GARRONE, Ce que croyait Pascal, Tours 1969, in part. pp. 161-163: l'agostinismo di Pascal viene, sulla scia di alcune discutibili affermazioni di Gilson, ricondotto ad una mera istintiva intuizione del cuore, ad una carità del tutto sentimentalmente interpretata.
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elle ne nous a au contraire donné que très peu de connaissances de cette sorte; toutes les autres ne peuvent être acquises que par raisonnement. Et c'est pourquoi ceux à qui Dieu a donné la religion par sentiment de coeur sont bien heureux et bien légitimement persuadés. Mais ceux qui ne l'ont pas, nous ne pouvons la [leur] donner que par raisonnement, en attendant que Dieu la leur donne par sentiment du coeur, sans quoi la foi n'est qu'humaine et inutile pour le salut» 126•
L'ordine della ragione è quindi equivoco, dev'essere interpretato da una volontà che la ragione non puo persuadere. Cio che la ragione dimostra puo infatti o essere del tutto vano, o davvero rivelativo nel caso irrompa l'indebita persuasione divina. L'ordine del cuore è quindi assolutamente anarchico, perché dipendente dal sentire un amore che non puo essere dimostrato o universalmente trasmesso, perché donato e operato soltanto dalla anarchica grazia di un Dio nascosto per i reietti e rivelato per gli eletti. L'ordine delle Pensées è quindi lo stesso della Bibbia: non del tutto evidente, non del tutto nascosto127• Esso è svelato ai predestinati, i soli resi ca-
126 110=142=282. «Coeur, instinct, principes» (155=187=281); «Le coeur a ses raisons, que la raison ne connaît point; on le sait en mille choses. Je dis que le coeur aime l'être universel naturellement, et soi-même naturellement, selon qu'il s'y adonne; et il se durcit contre l'un ou l'autre, à son choix. Vous avez rejeté l'un et conservé l'autre; est-ce par raison que vous vous aimez?» (423=680=277). «C'est le coeur qui sent Dieu, et non la raison. Voilà ce que c'est que la foi: Dieu sensible au coeur, non à la raison» (424=680=278). «La raison agit avec lenteur, et avec tant de vues, sur tant de principes, lesquels il faut qu'ils soient toujours présents, qu'à toute heure elle s'assoupit ou s'égare, manque d'avoir tous ses principes présents. Le sentiment n'agit pas ainsi: il agit en un istant, et toujours est prêt à agir. Il faut donc mettre notre foi dans le sentiment; autrement elle sera toujours vacillante» (821=661=252).
127 «Qu'on ne dise pas que je n'ai rien dit de nouveau: la disposition des matières est nouvelle; quand on joue à la paume, c'est une même balle dont joue l'un et l'autre, mais l'un la place mieux» (696=575=22). Cf. in prop. l'interessante articolo di P. FORCE, Invention, disposition et mémoire dans les Pensées de Pascal, in «XVIIe siècle» 181, 1993, pp. 757-772: l'inventio (la stessa creatività retorica) è da Pascal risolta nella dispositio, si che interpretare la Scrittura significa riconosceme le regole combinatorie, risalire al sens, alla intentio di una voluntas che ordina la pluralità apparentemente sparsa e contraddittoria dei segni, delle litterae. Ne deriva che cogliendo
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
le regole di combinazione di un testo, è possibile illuminare i brani equivoci tramite i brani univoci: «La confrontation de l'équivoque et de l'univoque détruit l'équivoque» (p. 765). Essere autore significa allora per Pascal essere un interprete, «un déchiffreur d'énigmes» (770), in cerca della verità, unico vero fine e compimento della inventio. In prop., giustamente Force rileva corne il non dire nulla di nuovo sia richiesto dalla stessa teologia, scienza della tradizione e dell'autorità, ove soltanto la Bibbia e i Padri (Agostino) sono veri autori (cf. pp. 766-767); l'ars combinatoria, l'inventio ovvero la creatività umana di Pascal sta allora proprio nella sua attività retorica e apologetica, nella capacità di dire cose nuove in modo diverso (in part. combinando paradossalmente ma coerentemente testi o esperienze del tutto disparate: cf. P. FORCE, Le Problème herméneutique chez Pascal, Paris 1989, pp. 63-84), più convincente, persuasivo, fermo restando che per Pascal solo la grazia rende effettivamente la sua strategia retorica efficace. Proprio questa assoluta centralità della grazia all'interno dell'atto ermeneutico e retorico manca nella pur avvincente analisi di Force; aggiungerei che proprio l' occulta predestinazione della grazia è la causa del suo rivelarsi in maniera cifrata, non universalmente svelabile. «Ordre par dialogues. "Que dois-je faire? Je ne vois partout qu'obscurités. Croirai-je que je ne suis rien? Croiraije que je suis Dieu?"» (2=38=227). «L'ordre n'y serait pas gardé. Je sais un peu ce que c'est, et combien peu de gens l'entendent. Nulle science humaine ne le peut garder. Saint Thomas ne l'a pas gardé. La mathématique le garde, mais elle est inutile en sa profondeur» (694=573=61). «Pyrrhonisme. J'écrirai ici mes pensées sans ordre, et non pas peut-être dans une confusion sans dessein; c'est le véritable ordre, et qui marquera toujours mon objet par le désordre même. Je ferais trop d'honneur à mon sujet, si je le traitais avec ordre, puisque je veux montrer qu'il en est incapable» (532=457=373). «L'ordre. Contre l'objection que /'Ecriture n'a pas d'ordre. Le coeur a son ordre; l'esprit a le sien, qui est par principe et démostration, le coeur en a un autre. On ne prouve pas qu'on doit être aimé, en exposant d'ordre les causes de l'amour; cela serait ridicule. Jésus-Christ, saint Paul ont l'ordre de la charité, non de l'esprit; car ils voulaient échauffer, non instruire. Saint Augustin de même. Cet ordre consiste principalement à la digression sur chaque point qui a rapport à la fin, pour la montrer toujours» (298=329=283). Sull'ordine del cuore corne digressivo e infinitamente approssimativo, cf. le considerazioni di D. DESCOTES, L'argumentation chez Pascal, pp. 97-103, e in part. pp. 98-100: «Du point de vue rhétorique, alors que l'ordre géométrique est extraverti, allant des principes aux conséquences, l'ordre du coeur est centripète: la fin dernière, racine des fins adjuvantes, fixe leur place dans une hiérarchie, selon qu'elles aident à l'atteindre. L'argumentation part donc des réalités éloignées, des figures dégradées qui, comme un faisceau, orientent l'esprit vers un point focal en le montrant toujours. L'esprit entame donc à partir des fins auxiliares un mouvement ascendant vers la réalité qui est leur modèle... Contrairement à la géométrie qui exclut les redondances, le rapport de la figure avec la réalité consiste en une ressemblance analogique saisie immédiatement; mais comme les figures sont plus ou moins déformées, l'ordre passe d'une figure qui
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Capitolo quinto - Pascal: ermeneutica e retorica del paradosso
paci di scorgere la grazia che opera in loro Io stesso ordine, ma del tutto velato, occulto per i reietti 128, abbandonati alla loro vanità di creature spiritualmente camali perché prive della soprannaturale, indisponibile caritas dello Spiritus:
«La distance infinie des corps aux esprits figure la distance infiniment plus infinie des esprits à la charité; car elle est surnaturelle»1'l9.
Soltanto l' avvento della grazia soprannaturale è quindi capace di colmare l'infinita distanza tra Dio e «les esprits», le intelligenze degli uomini, infatti:
«Tout est fait et conduit par un même maître; la racine, les branches, les fruits; les principes, les conséquences»;
montre la fin dans une certaine confusion (l'idolo stesso, ad esempio) à une autre qui la montre plus nettement»; comunque rimane unicamente di Dio il potere di rendere efficace I' ordine infinitamente anagogico della carità: in ogni singolo eletto, solo la grazia rende visibile, persuasiva, attuale e anagogica la gerarchia del cuore.
128 Cf. infra, Appendice IV- Aveugler, éclaircir. 129 308=339=793; ancora una volta, la fonte di questa celeberrima Pen
sée di Pascal è agostiniana: cf. Ad Simplicianum 1,2,22 e Confessiones XII e XIII, ove la creazione, nel suo bipartito distinguersi in creazione materiale e creazione intellettuale, è considerata simbolo dell'azione divina di grazia, che differenzia gli eletti dai reprobi (cf. in prop. G. LETIIERI, La Genesi nel libro XII delle Confessiones. Ermeneutica, creazione, predestinazione, in AaVv, La Genesi nelle Confessioni, Roma 1996, pp. 57-79). Pascal stesso ribadisce il rapporto di analogia tra azione di Dio nel regno della natura e azione di Dio nel regno della grazia in Pensée 275=306=643; ovviamente, I'analogia non è tale da consentire alcun passaggio naturale dall'uno all'altro regno: «Tous les corps ensemble, et tous les esprits ensemble, et toutes leurs productions, ne valent pas le moindre mouvement de charité. Cela est d'un ordre infiniment plus élevé. De tous les corps ensemble, on ne saurait en faire réussir une petite pensée: cela est impossible, et d'un autre ordre. De tous les corps et esprits, on n'en saurait tirer un mouvement de vraie charité: cela est impossible et d'un autre ordre, surnaturel» (308=339=793). Quindi, priva della grazia sovrannaturale ovvero della carità anarchica (in quanto di un ordine del tutto diverso, di cui I'uomo non puô disporre), la ragione è, malgrado la sua naturale spiritualità ontologica, in se stessa materiale o camale: «Par où il paraît clairement que l'homme, par la grâce, est rendu comme semblable à Dieu et participant de sa divinité, et que, sans la grâce, il est censé semblable aux bêtes brutes» (131=164=434).
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ove se evidente è l'allusione al metodo filosofico cartesiano130,
bisogna perà comprendere il totale rovesciamento operatone da Pascal. Paradossalmente, solo la grazia sovrarazionale del-1' indisponibile Maestro rende possibile la ricostruzione di un vero ordine razionale del reale, solo la teologia del peccato e della grazia («les principes») rivelata da Agostino (il maestro), rende possibile una filosofia non illusoria, vana, incerta.
L' agostiniano Pascal ripropone cosl il perfetto circolo ermeneutico agostiniano, gianseniano, giansenista. La carità diviene infatti l'unico vero oggetto delle Scritture solo a condizione che ne sia anche l'unico Soggetto, l'unico Interprete131 :
«Tout ce qui ne va point à la charité est.figure» 132•
Esegeticamente, l'equivoca cifra,jigura o littera 133 dell' AT trova il suo senso occulto soltanto togliendosi, rimandando al
13° Cf. in prop. M. LE GUERN, Pascal et Descartes, Paris 1971, l'intera prima parte; J.-L. MARION, Sur le prisme métaphysique de Descartes, pp. 300-301, ove vengono riportati i testi cartesiani in prop. più significativi. Sulla recezione e il sovvertimento pascaliani della filosofia cartesiana, cf. V. CARRAUD, Pascal et la philosophie, pp. 217-392.
131 Sull'enneneutica dello Spirito unico Interprete della Scrittura, cf. supra, capitolo terzo, Appendice IV - L'ermeneutica biblica a Port-Royal.
132 «Tout ce qui ne va point à la charité est figure. L'unique objet de /'Écriture est la charité. Tout ce qui ne va point à l'unique bien en est la figure. Car. puisqu'il n'y a qu'un but, tout ce qui n'y va point en mots propres est figure. Dieu diversifie ainsi cet unique précepte de charité pour satisfaire notre curiosité, qui recherche la diversité, par cette diversité qui nous mène toujours à notre unique nécessaire. Car une seule chose est nécessaire, et nous aimons la diversité; et Dieu satisfait à l'un et à l'autre par ces diversités, qui ·mènent à ce seul nécessaire» (270=301=670). Per un'interpretazione dell'enneneutica biblica agostiniana (esplicitamente richiamata da Pascal: cf. De doctrina christiana 111,10,15) corne enneneutica dello Spirito, operante atto di grazia, cf. G. LETIIERI, L'altro Agostino.
133 Sulla cifra corne ambigua littera, «figure», espressione dell'ambigua intenzionalità divina di rivelarsi agli eletti (in tal caso la cifra rinvia al senso chiaro, ma occultissimo della grazia) e di nascondersi ai reietti (in ta! caso la cifra rimane del tutto oscura in quanto autoevidente, autoreferenziale e quindi dannatrice), scrive Pascal: «Figure porte absence et présence, plaisir et déplaisir. Chiffre a double sens: un clair et où il est dit que le sens est caché» (265=296=677); « ... en figures, afin que ceux qui aimaient les choses figurantes s'y arrêtassent, et que ceux qui aimaient les figurées les y vissent» (270=301=670).
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Capitolo quinto - Pascal: ermeneutica e retorica del paradosso
NT; cosl nel NT ogni affermazione è nuova cifra o equivoca littera che si illumina soltanto rimandando alla paradossale e dialettica identità in Cristo di umano e divino. Ma il senso significato, il fine della stessa chenosi di Dio incarnatosi in segno, che il Verbo della Scrittura rivela, è soltanto l'univoca verità del-1' onnipotente e occultissima caritas divina, della grazia predestinata, sl che ogni veritas morale, religiosa, metafisica dello stesso NT è morta e univoca littera, trappola134 per i reietti se non illuminata dalla grazia, che sola toglie la ambiguità della littera rimandando ail' occulta, incondizionata e irresistibile azione dello Spiritus, unica attiva chiave delle Scritture e delle sue cifre:
«Vertu apéritive d'une clé, attractive d'un croc» 135•
' 34 Cf. in tal senso X. TILLIETIE, Filosofi davanti a Cristo, Brescia 1989, pp. 33-38, su Pascal): «Le figure stesse, pure depositarie delle profezie, possono contribuire a rafforzare Io smarrimento e a sventare la saggezza ... 1 figurativi, corne delle carte segnate, diventano delle trappole ... , delle ratières» (p. 37); ma questa acuta osservazione del gesuita Tillette è poi vanificata dalla sua interpretazione semipelagiana di Pascal, non a caso ispirata a Bremond (cf. p. 33). Al contrario PH. SELLIER restituisce con grande efficacia i terribili presupposti agostiniani dell'ermeneutica pascaliana: «L'existence du double sens de l'Écriture apparaît comme un dispositif inventé par Dieu, maître du Texte, comme un piège parfait où tombent les réprouvés ... L'impeccable mécanique s'est refermée spectaculairement sur la majorité des Juifs, dont l'histoire consitue pour les élus le livre d'images de la damnation» (Pascal et la Bible, p. 709; cf., alle pp. 713-715, il sintetico quanto prezioso esame delle citazioni bibliche pascaliane); si impone il rinvio al terribile frammento 337=369=753: «Pour faire qu'en voyant ils ne voient point, et qu'en entendant ils n'entendent point, rien ne pouvait être mieux fait»; o al terribile frammento 503=738=675, ove il Vangelo, «testament fait pour aveugler les uns et éclairer les autres, marquait, en ceux-memês qu'il aveuglait, la verité qui devait être connue des autres». In proposito, piuttosto deludente il volume di A. GoUNELLE, La Bible selon Pascal, Paris 1970.
m 907=451=55. «Voilà donc quelle a été la conduite de Dieu. Ce sens (spirituel) est couvert d'un autre (temporel) en une infinité d'endroits, et découvert en quelques-uns rarement, mais en telle sorte néanmoins que les lieux où il est caché sont équivoques et peuvent convenir aux deux; au lieu que les lieux où il est découvert sont univoques, et ne peuvent convenir qu'au sens spirituel ... Et ce sens spirituel est si clairement expliqué en quelques endroits, qu'il fallait un aveuglement pareil à celui que la chair jette dans l'esprit quand il lui est assujetti, pour ne le pas reconnaître» (502=738=571). È la stessa croce di Cristo l'affermazione dialettica del nascondimento di Dio nella littera e della rivelazione di Dio nella caritas che sola ne apre la comprensione: «Figures. Jésus-Christ leur ouvrit l'esprit
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Nella relazione tra libertà e grazia abbiamo ritrovato il fondamento stesso di questo processo ermeneutico: cio che pare fissato in se stesso, trapassa nell' altro, si che la dialettica pascaliana tra grazia e libertà è, corne quella agostiniana, non staticamente immobilizzata nella coesistenza tra due opposti, ma dinamicamente finalizzata allo sciogliersi della contraddizione, al risolversi della libertà (causa secunda) nella grazia (causa prima et absoluta, incondizionata), del segno temporale nell'etema verità dell'atto che Io riveta, della littera nello Spiritus 136•
E si badi che la sistematica confutazione della capacità di salvezza della Legge - condotta nelle Pensées sottolinean-
pour entendre les Écritures. Deux grandes ouvertures sont celles-là. 1: toutes choses leur arrivaient en.figures. "Vere Israelitae" [Gv. 1,47: "Gesù vide venire a sé Natanaele e disse di lui: 'Ecco davvero un lsraelita ove non c'è finzione'"], "vere liberi" [Gv. 8,36: "Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete realmente liberi"; su questo versetto, cf. Pensées 807=654=519], vrai pain du ciel. 2: un Dieu humilié jusqu'à la croix>> (253=285=679). «Combient doit-on donc estimer ceux qui nous découvrent le chiffre et nous apprennent à connaître le sens caché, et principalement quand les principes qu'ils en prennent sont tout à fait naturels et clairs! C'est ce qu'a fait Jésus-Christ, et les apôtres. lis ont levé le sceau, il a rompu le voile et a découvert l'esprit» (260=291=678). «Pour donner la certitude entière des matières les plus incompréhensibles à la raison, il suffit de les faire voir dans les livres sacrés, comme, pour montrer l'incertitude des choses les plus vraisemblables, il faut seulement faire voir qu'elles n'y sont pas comprises; parce que ses principes sont au-dessus de la nature et de la raison, et que, l'esprit de l'homme étant trop faible pour y arriver par ses propres efforts, il ne peut parvenir à ces hautes intelligences s'il n'y est porté par une force toutepuissante et surnaturelle» (Préface sur le traité du vide, II, 778-779 ). Sulla profondità delle Scritture e sulla grazia predestinata corne unico accesso al Ioro segreto spirituale, cf. le illuminanti pagine di PH. SELLIER, Pascal et saint Augustin, pp. 382-421 e 465-513; cf. inoltre Y.C. ZARKA, Philosophie et politique à l'âge classique, Paris 1998, parte 11: «La nature entre herméneutique et théologie. Pascal, Leibniz», il cap. 3: «L'interprétation de la nature», 63-84, in part. 79-84.
136 Sull'ermeneutica port-royalista, cf. il profondo saggio di M. PÉCHARMAN, Interprétation et traduction: Pascal et Port-Royal, in G. Canziani e Y.C. Zarka (edd.), L'interpretazione nei secoli XVI e XVII, Milano 1993, pp. 661-687; ma cf. anche le illuminanti pp. 613-637 di J. MESNARD, intr. cit. agli Écrits sur la grâce. Deludenti invece le considerazioni dedicate all'ermeneutica pascaliana da H. GoUHIER, Blaise Pascal. Commentaires, Paris 1966, pp. 187-243: vi si minimizza l'ispirazione giansenista.
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do corne i Giudei abbiano avuto soltanto la figura di Cristo, ma non la sua grazia - è in realtà una sistematica polemica antimolinista: non soltanto perché i gesuiti pretendevano che anche gli ebrei avessero avuto, tramite la sola obbedienza alla Legge, la possibilità di compiere opere buone e quindi di salvarsi, ma perché la loro stessa interpretazione moralistica del cattolicesimo Io degradava a giudaismo, a religione della littera e della prassi umana, appunto a Legge 137 •
La stessa distinzione tra ortodossia cattolica ed eresia pelagiano-molinista riveta quindi corne solo l'atto di grazia sia la chiave di corretta interpretazione delle verità dogmatiche:
«La grâce sera toujours dans le monde - et aussi la nature - de sorte qu'elle est en quelque sorte naturelle. Et ainsi, toujours il y aura des pélagiens, et toujours des catholiques, et toujours combat; parce que la première naissance fait les uns, et la grâce de la seconde naissance fait les autres» (662=544=521).
La dialettica tra natura e grazia non è soltanto l'oggetto della inevitabile polemica tra pelagiani e cattolici (significativamente identificati con coloro che giansenisticamente confessano l'assolutezza della grazia), ma la condizione del costituirsi delle due parti, si che la stessa lotta tra le due è divinamente predestinata. lnfatti è il dono dello Spiritus che permette di rinascere, di accedere alla seconda natura, quindi di comprendere la stessa verità della dottrina della grazia predestinata e indebita; chi non riceve da Dio questo dono, rimane prigioniero della littera della prima natura e della sua falsa assolutezza. Ma cosa vuol dire che la stessa grazia è nel mondo, in un certo quai modo, naturale? Evidentemente che la stessa grazia è una seconda natura, rappresenta una pura creazione di Dio che, agostinianamente, gli uomini non possono creare, né in alcun modo condizionare.
Priva di questa grazia, l'ermeneutica naturale, meramente umana, è cieca, riproduce in se stessa la vanità del disperato
137 Mi limito a rimandare aile Pensées 501=737=659; 275=306=643; 502=738=571; 503=738=675. Cf. J. RussIER, La foi selon Pascal. Il: Tradition et originalité, pp. 394-399.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
idealismo cartesiano, in cui l'io, alla ricerca del fondamento e pur abitato dall'idea di infinito, non puo uscire realmente da se stesso, in cui il cogito che si possiede nella propria certezza non è che l'ultimo solipsistico fenomeno dell'agostiniano amor sui. Contro una troppo superficiale distinzione tra agostinismo chiaro e agostinismo oscuro, è questo pascaliano l'unico vero agostinismo, per il quale la stessa ansia metafisica di platonici e pelagiani, di cartesiani e gesuiti rimane «philosophia huius saeculi», logica dell'immanenza disperata e alienante, sl che solo l'assoluta esteriorità della grazia138 è capace di ricondurre «le moi» alla confessione di essere in sé soltanto una <<figure» della carità, anziché l'idolo di una morta littera, incapace di vita e di senso perché incapace dell'Altro. Con Pascal quindi il cartesiano sistema dell'identificazione del potere del cogito, e della certezza della sua conoscenza, si rovescia nel sistema dell' alterità assolutamente indisponibile della grazia divina e della insuperabile insecuritas della condizione umana. L' onto-teo-logia cartesiana, volta ad esorcizzare il dubbio e a fondare la luminosa evidenza della propria identità spirituale, si rovescia in una filosofia della contingenza e della probabilità 139 e quindi dell'insuperabilità del dubbio, del rischio, del <<pari»; il soggetto certo di Sè, autoevidente, si ro-
138 Non mi pare un caso che il capolavoro di E. LEVINAS, Autrement qu'être ou au-dela de l'essence, Paris 1974, porti in epigrafe, accanto a due citazioni di Ezechiele e ad un passo tratto da un commentario del profeta, proprio due pensées di Pascal: 64=98=295; 210=243=45 l. Fatte salve le evidenti irriducibili differenze, sarebbe affascinante approfondire le sotterranee consonanze tra due pensieri fortemente condizionati dal rapporto con il testo rivelato, l'agostinismo pascaliano, appunto, e il pensiero dell'esteriorità levinasiano.
139 Cf. supra, i rimandi a A. McKENNA, De Pascal à Voltaire; cf. inoltre l'interessante saggio di C. CHEVALLEY, Pascal. Contingence et probabilités, Paris 1995, in part. pp. 44-49; 76-81 e 108-112. Per una messa a fuoco dell'anticartesianesimo cosciente e sistematico di Pascal, in riferimento al frammento 308=339=793, cf. H. BoucHILLOUX, La portée anticartésienne du fragment des trois ordres, in «Revue de Métaphysique et de morale» 1997,l=Les "trois ordres" de Pascal, pp. 67-83 (mi pare comunque eccessiva la presa di distanza da Marion). Sui fraintendimenti nell'età dei lumi dell 'oscura apologetica pascaliana della grazia, cf. l' interessante saggio di B. PAPASOGLI, Letture settecentesche di Pascal, in «Rivista di storia e letteratura religiosa» 30, 1994, pp. 479-497.
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vescia in un soggetto opaco 140, agostinianamente del tutto incapace di autofondarsi, nella sua stessa interiorità del tutto esteriore a se stesso, del tutto s-fondato dalla grazia 141 •
Di straordinario interesse in proposito le Pensées implicitamente anticartesiane, che insistono sulla radicale incapacità del pensiero di attingere una reale certezza di sé: 1) la presunta assolutezza del cogito (nel suo stesso rapporto di reciprocità con l'idea di infinito che ospita nella sua finitezza) è ironicamente fatta dipendere dalla contingenza della salute della madre dell'uomo che pensa 142; 2) la pensée, l'atto stesso della coscienza che attinge la chiarezza di se stessa e cerca di tradurla in scrittura, è agostinianamente sempre un residuo strappato dall' oblio, si che la stessa pensée della mancanza di memoria della propria pensée rappresenta insuperabilmente l'incerto statuto dell'autocoscienza pascaliana, si che la vera conoscenza filosofica di sé non puo che tradursi in un movi-
140 In tal senso, mi pare assai felice il raffronto tra Bayle e Pascal (relativamente al problema dell'assoluta inconoscibilità dell'elezione, confessata corne dipendente da una predestinazione del tutto impenetrabile) condotto da P. RANSON, Le "dépaysement" de l'augustinisme politique, pp. 801-804; non concordo affatto, pero, con la tesi secondo la quale per Agostino il fedele avrebbe una qualche certezza della propria elezione.
141 «Le bonheur n'est ni hors de nous ni dans nous; il est en Dieu et hors et dans nous» (407=26=465); cf. 564=471=485. Evidenziare la natura anticartesiana della teologia di Pascal non impedisce di riconoscere con J. LAPORTE, A. DEL NOCE, con E. LEVINAS (di cui cf. ad esempio Totalité et Infini. Essai sur l'extériorité, La Haye 1961, 1971(4), pp. 40-41 e 93-94; Dieu, la mort et le temps, Paris 1993, pp. 246-251, ovvero la lezione: «Hors l'expérience: l'idée cartésienne de l'infini»), con J.-L. MARION (di cui cf. L'exactitude de l"ego", in Destins et enjeux du XVIIe siècle, pp. 53-59; e soprattutto Sur la théologie blanche de Descartes, il cap. 16: «La performance du cogito», pp. 370-396), la complessità della filosofia cartesiana, il suo voler essere comunque pensiero dell'infinita trascendenza di Dio. Sulla cartesiana dissonanza, solo debolmente armonizzata, tra i due registri dell'autosufficiente certezza del cogito e della sempre trascendente infinità di Dio, e sui rapporto di Pascal con essa, cf. le considerazioni di P. RooANO, L'irrequieta certezza. Saggio su Cartesio, Napoli 1995, pp. 310-317.
142 «le sens que je puis n'avoir point été; car le moi consiste dans ma pensée; donc moi qui pense n'aurais point été, si ma mère eût été tuée avant que j'eusse été animé; donc je ne suis pas un être nécessaire. Je ne suis pas aussi éternel, ni infini» (135=167=469).
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
mento inarrestabile verso il proprio «néant>> 143; 3) il sonno, nella sua sospensione del pieno autodominio della coscienza e nel suo essere consegnato all'apparenza dei sogni, è non solo più rivelativo della reale precarietà e contingenza della coscienza, dell'illusorietà della sua autotrasparenza 144, ma persi-
143 «En écrivant ma pensée, elle m'échappe quelquefois; mais cela me fait souvenir de ma faiblesse, que j'oublie à toute heure; ce qui m'instruit autant que ma pensée oubliée, car je ne tiens qu'à connaître mon néant» (656=540=372); in tal senso, l'assoluta vanità del più insignificante rumore, persino il ronzio di una mosca sono, nella loro capacità di distrarre il pensiero e la volontà, più potenti de «l'esprit de ce souverain juge du monde... Le plaisant dieu, que voilà. 0 ridicolosissimo heroe!» (48=81=366); cf. 22=56=367; 756=626=365. In tal senso, Io scetticismo, malgrado la sua parzialità che gli fa dimenticare la grandezza della natura umana, è filosofia naturalmente (cioè indipendentemente dalla rivelazione cristiana) conseguente, in quanto decostruisce, demolisce inarrestabilmente qualsiasi realtà che appaia consistente, corne qualsiasi pretesa di attingere la verità totale: «Le pyrrhonisme est le vrai. Car, après tout, les hommes, avant Jésus-Christ, ne savaient où ils en étaient, ni s'ils étaient grands ou petits. Et ceux qui ont dit l'un ou l'autre n'en savaient rien, et devinaient sans raison et par hasard; et même ils erraient toujours, en excluant l'un ou l'autre. "Quod ergo ignorantes quaeritis, religio annuntiat vobis" (Atti 17,23)» (691=570=432). Lo stesso «ordre» delle Pensées presuppone pertanto il perfezionamento dello stesso relativismo scettico, la dimostrazione de «la vanité des vies communes, et puis la vanité des vies philosophiques, pyrrhoniennes, stoïques» (694=573=61); cf. 619=512=394; 208=240=435; 165=197=210. Cf. H. BoucHILLOUX, Pascal critique de la constitution cartésienne de l'individualité, in AaVv, L'individu dans la pensée moderne (XVJ-XVlll siècle), Pisa 1995, I, 189-202.
144 «Si nous rêvions toutes les nuits la même chose, elle nous affecterait autant que les objets que nous voyons tous les jours... Mais parce que les songes sont tous différents et que l'un même se diversifie, ce qu'on y voit affecte bien moins que ce qu'on voit en veillant, à cause de la continuité qui n'est pourtant pas si continue et égale qu'elle ne change aussi, mais moins brusquement, si ce n 'est rarement, comme quand on voyage et alors on dit: il me semble que je rêve. Car la vie est un songe un peu moins inconstant» (803=653=386); cf. Io straordinario frammento 131=164=434. Le analisi pascaliane di scomposizione ail' infinito della realtà ubbidiscono alla volontà di rivelare l'aspetto onirico, cangiante, inconsistente, in-fondabile del reale, puro provvisorio punto di avvio di un'inarrestabile volatilizzazione. Reinterpretando l' agostiniana decostruzione della temporalità in Confessiones XI, Pascal sottolinea l'assoluta inconsistenza dell'esistenza, trasferita o in un passato ormai inesistente e rimpianto, o in un futuro progettato, ma in realtà indisponibile e assolutamente contingente. Insomma, l'unica realtà - quella del presente - è l'unico punto
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no immagine della vera vita, dell' abbandono del sé, della sua trasfonnazione in «moi», in soggetto realmente passivo 145; 4) l'unico salvifico pensiero, l'unico vero punto di vista, umanamente inabitabile, immemorabile, inattingibile, se non nel paradosso soprannaturale della fede, ovvero nel dono della grazia, è «la pensée de derrière la tête» 146, che solo l'uomo del paradosso, che unisce gli estremi dell'esistenza 147, è capace di scorgere. Infatti:
«On ne montre pas sa grandeur pour être à une extrémité, mais bien en touchant les deux à la fois, et remplissant tout l'entre-deux. Mais peut-être que ce n'est qu'un soudain mouvement de l'âme de l'un à l'autre de ces extrêmes et qu'elle n'est jamais en effet qu'en un point, comme le tison de feu.
di vista possibile, eppure, proprio perché assolutamente sfuggente, esso è del tutto inassumibile: «C'est que le présent, d'ordinaire, nous blesse. Nous le cachons à notre vue parce qu'il nous afflige; et, s'il nous est agréable, nous regrettons de le voir échapper» (47=80=172). Sulla volatilizzazione del proprio assetto spaziale e del proprio punto temporale, inghiottiti nel-1' infinità dell'universo, cf. 68=102=205; 194=227=208; sulla dissoluzione dello stesso «moi» in una pluralità di qualità volatili, cf. l'importante 688=567=323; sui mutamento incessante corne vera dimensione dell'esistenza, cf. l'agostiniana Pensée 757=626=212: «L'écoulement. C'est une chose horrible de sentir s'écouler tout ce qu'on possède»; cf. infine 520=453=375.
1" «Le sommeil est l'image de la mort, dites-vous; et moi je dis qu'il est plutôt l'image de la vie» (VI inedito, ed. Mesnard 1962, Martineau p. 137; Sellier n.775).
146 «Raison des effets. Il faut avoir une pensée de derrière, et juger de tout par là, en parlant cependant comme le peuple ... Renversement continuel du pour au contre» (91=125=336 e 93=127=328).
147 Cf. 745=618=18, vera e propria teoria del metodo delle Pensées, costruito intomo ad aforismi che prendono spunto dall' esistenza concreta, per rivelarne la portata universale: «La manière d'écrire d'Épictète, de Montaigne et de Salomon de Tultie est la plus d'usage, qui s'insinue le mieux, qui demeure plus dans la mémoire et qui se fait le plus citer, parce qu'elle est toute composée de pensées nées sur les entretiens ordinaires de la vie»; ora, se allo stoico Epitteto è affiancato Io scettico Montaigne, Salomone de Tultie - su cui tomerè> infra - è la sintesi paradossale delle due contraddittorie prospettive filosofiche (ed esistenziali), capace sempre di mostrare «la pensée de l'autre côté» (ivi). Salomone de Tultie è il vero autore dell'apologia, quindi Pascal stesso, portavoce della stessa verità cristiana, ovvero figura dello stesso mistero cristologico di grazia.
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Soit; mais au moins cela marque l'agilité de l'âme, si cela n'en marque l'étendue» 148•
L'agilità è quindi la capacità della creatura razionale di mantenersi nei due estremi, ovvero di spostarsi dall'uno all' altro con una velocità tale da sembrare ferma corne in un punto. Se naturalmente questa capacità è del tutto paradossale, ovvero innaturale (lo stesso tizzone di fuoco in realtà si sposta occupando soltanto un punto "alla volta"), per il «pari» 149 della fede soprannaturale essa diviene possibile; solo il movimento davvero infinito di Dio è capace di essere ovunque e in nessun luogo 150, di toccare le due estremità contraendole nel centro personale di Cristo stesso, nel punto
148 681=560=353; cf. 518=452=378. 149 È importante rilevare che il celeberrimo discorso sui «pari» della
fede (Pensée 418=680=233) si apre con una lunga riflessione sulla dialettica, razionalmente non mediabile, tra incomprensibile infinità di Dio e finitezza dell'uomo, ovvero tra infinito e nulla. La mediazione paradossale della fede nell'esistenza di Dio, razionalmente del tutto stulta, presuppone -corne si è notato supra - la fede nella grazia. Per un'intelligente analisi del frammento, caratterizzato da! continuo e inquietante rovesciamento di prospettiva, finalizzato alla dimostrazione della necessità dello slittamento dalla ragione alla fede (preparata dall'abitudine), cf. C. CHEVALLEY, Pascal. Contingence et probabilités, pp. 100-107; il «pari» s-fonda quindi qualsiasi pretesa razionale di trovare un assetto al cospetto dell'infinito, imponendo la necessità della scelta per Dio corne relazione del tutto asimmetrica tra l'equivalenza delle contingenti prospettive umane e l'assolutamente trascendente divina prospettiva, che comunque traluce attraverso di esse. Cf. L. Tu!ROUIN, Raison des effets. Essai d'explication d'un concept pascalien, in «XVIIe siècle» 134, 1982, pp. 31-50.
150 Matematica e teologia convergono, cusanianamente, ad indicare che la ragione è paradossalmente trascesa dall'infinito: «Mouvement in.fini. Le mouvement in.fini, le point qui remplit tout, le mouvement en repos. ln.fini sans quantité, indivisible et infini» (682=561=232); «Croyez-vous qu'il soit impossibile que Dieu soit in.fini, sans parties? - Oui. - Je vous veux donc faire voir une chose infinie et indivisible: c'est un point se mouvant partout d'une vitesse infinie; car il est un en tous lieux et est tout entier en chaque endroit. Que cet effet de nature, qui vous semblait impossible auparavant, vous fasse connaître qu'il peut y en avoir d'autres que vous ne connaissez pas encore. Ne tirez pas cette conséquence de votre apprentissage, qu'il ne vous reste rien à savoir; mais qu'il vous reste infiniment à savoir>> ( 420=680=23 l ); ricordo che la formula neoplatonica di Dio corne tutto in ciascun luogo è mediata da Agostino; cf. in 199=230=72 la formula applicata all'universo infinito.
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assolutamente paradossale in cui l'intera creazione trova la sua vera soprannaturale «assiette» 151 • Solo nell'assoluto dinamismo dello Spirito, nella dilatazione e nel dinamismo soprannaturali operati dalla grazia, l'anima umana puo davvero divenire un «tison de feu», confessando in sé l'evento di quel paradossale miracolo, di cui l' apologetica pascaliana cerca di essere la traduzione razionale e protrettica:
«Jésus-Christ est l'objet de tout et le centre où tout tend. Qui le connaît, connaît la raison de toutes choses» (449=690=556).
Comprendiamo allora corne Salomon de Tultie, anagramma di Louis de Montalte (l"'autore" delle Provinciales) e di
151 Sul rapporto tra riposo e inquietudine cristiana, tra ritiro dal mondo e lotta nel mondo, cf. B. BEUGNOT, Le discours de la retraite au XV/le siècle. Loin du monde et du bruit, Paris 1996, pp. 235-253, dedicate a PortRoyal; su Pascal in part., cf. pp. 244-248, ove a ragione si sottolinea corne «le repos» sia per Pascal soltanto quello trascendente di Dio, umanamente del tutto inattingibile; «au principe de la retraite et de la solitude se lit aisément la même attitude: la distance imposée ou conquise permet au moi défait, disloqué dans la succession de ses déguisements, de se reconstruire» (p. 10). In realtà, per i giansenisti «la retraite» è più il luogo simbolico del-1 'esilio, della consapevolezza della propria disfatta, del peregrinare in cerca di una grazia trascendente e indisponibile, che il luogo della ricostruzione del sé; Port-Royal è quindi una vera e propria metafora di questa pace guerreggiata, di questa quiete inquieta. In tal senso va interpretato il tema pascaliano dell'incapacità dell'uomo di vivere se non nell'inquietudine, nel movimento stordente del divertissement (cf. ad es. 641=529bis=l29; 24=58=127; 79=114=128; 622=515=131;. 386=5=203; 136=168=139; 36=70=164; 414=33=171), tenendo quindi presente corne il tema sia anch'esso gianseniano (cf. supra, capitolo secondo, paragrafo primo, nota 14) e giansenista (cf. M. DE BARCOS, Correspondance avec les abbesses de Port-Royal, (ed. L. Goldmann) Paris 1956, pp. 98-99). Sul tema dell'uscita dal mondo e della capacità di vivere, almeno parzialmente, in quiete e in silenzio corne segno (comunque non univoco) della grazia, cf. L. COGNET, Le mépris du monde à Port-Royal et dans le jansénisme, in «Revue d'ascétique et de mystique» 163, 1965, 387-402. Sul «divertissement» pascaliano, cf. il notevole contributo di V. CARRAUD, Évidence, jouissance et répresentation de la mort. Remarques sur l'anthropologie pascalienne du divertissement, in «XVIIe siècle» 175, 1992, pp. 141-156; l'unico limite del saggio è quello di non identificare, al di là di un pur importante riferimento a De vera religione 21,41, le numerose fonti agostiniane (si pensi aile Confessiones) ispiratrici del «divertissement» pascaliano, e dell'impensabilità e inabitabilità della morte (si pensi al XIII libro del De civitate Dei).
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Amos de Dettonville (l'"autore'', dal nome profetico, di alcuni scritti sui calcolo infinitesimale), sia figura non soltanto dell'autore delle Pensées, ma di Cristo stesso, Salomone di (S-)tultitia, paradosso vivente del re folle, del saggio scettico, della sapienza della croce, del Dio crocifisso, della Vita morta, divina identità di sapienza e miseria, di Salomone e Giobbe 152, di redenzione e peccato m, unico segreto punto di vista ove tutto si tiene e tutto si mostra 154• Infatti, corne si puo umanamente fondare cio che si rivela infinitamente sfuggente? Se la stessa interiorità dell'uomo è un abisso vertiginoso e inattingibile, corne puo egli pretendere di trovare in sé, nella sua coscienza o nel suo libero arbitrio, un punto fermo, un assetto 155? Se da ogni prospettiva, tutto si inabissa, l'unico punto di salvezza è quello puramente passivo dell'essere personalmente guardato
152 «Misère. Salomon et Job ont le mieux connu et le mieux parlé de la misère de l'homme, l'un le plus heureux, et l'autre le plus malheureux; l'un connaissant la vanité des plaisirs par expérience, l'autre la réalité des maux» (403=22=174).
153 Sul peccato originale corne nodo che è assoluta follia per la ragione, cf. 695=574=445; 131 (alla fine)=l64=434.
154 Su Salomon de Tultie, sui «travail destructeur» de «la pensée de derrière la tête», sui paradosso del punto inattingibile, sull'infinitizzazione del punto di vista corne corrosione di qualsiasi autoreferenzialità, corne disappropriazione e pluralizzazione del sé, «ironie infinie dissolvant tout lieu de repos de pensée» (331), davvero illuminante è il saggio di L. MARIN, Le lieu du point? Pascal, in Lectures traversières, Paris 1992, 319-338; cf. anche Pascal et Port-Royal, ll6-l44. Cf. in tal senso anche il suggestivo lavoro di G. BRAS e J.-P. CLÉRO, Pascal. Figures de l'imagination, Paris 1994, in part. 70-120; giustamente, gli autori insistono sulla figuralità della mediazione di Gesù Cristo, che non risolve concettualmente la contraddizione, ma «est une tâche incessante destinée d'abord à nous détourner de la course vers la gloire. La pensée par figures ne nous situe pas en pleine lumière; loin de là. Aveugle ou symbolique, elle est sans évidence» (91-92; cf. ll8-120), essendo infatti accessibile solo per fede, per grazia. Sul rapporto pascaliano tra apologetica e paradossale "matematica" del "punto cristologico", cf. M. SERRES, Le système de Leibniz et ses modèles mathématiques, Paris 1982 (2), pp. 673-712.
m <<Je ne souffrirai point qu'il repose en l'un, ni en l'autre, afin qu'étant sans assiette et sans repos ... » (464=703=419). Sull'inabissamento dell'uomo nell'infinito, cf. 199=230=72, ove l'uomo, «milieu entre rien et tout>>, non puo trovare appunto alcuna «assiette», non puo affatto dominare - se non illusoriamente, babelicamente - una contraddizione dominata e unificata soltanto da Dio: «Ces extrémités (il tutto e il nulla) se touchent et se réunissent à force de s'être éloignées, et se retrouvent en Dieu, et en Dieu seulement>>.
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dalla grazia. <<l...a pensée de derriere la tête» è lo stesso sguardo della grazia di Cristo, sguardo che è sempre de derriere perché umanamente sempre nascosto, razionalmente inguardabile. Teoria dell'infinito, decostruzione della filosofia cartesiana e teologia agostiniano-giansenista della grazia si fondono quindi inseparabilmente: solo lo sguardo personale, efficace, del tutto indebito, gratuito, indimostrabile e inindicabile (se non attraverso la carità che ne è il suo segno paradossale), puo salvare dall'infinito inabissarsi, puo cioè rivelare lo stesso infinito non corne spazio vuoto e muto, ma corne origine, fine e salvezza dell'uomo; solo in Cristo, quindi, l'infinito puà allora rivelarsi corne sguardo di Dio, fuoco dello Spirito, fuoco di grazia e quindi fuoco del tutto trascendente dello sguardo umano.
Tomiamo all'unico paradossale punto di vista teologico della dialettica filosofica pascaliana: soltanto Cristo puo essere il vero teologo, la soprannaturale - quindi umanamente inattingibile - mediazione del mostro di contraddizione che è l'uomo; soltanto la folle156 teologia agostiniana (e giansenista) della grazia puo quindi rivelare, nel dono indebito e incomprensibile della grazia, l'unico possibile e salvifico s-fondamento, l'unica efficace dis-locazione del soggetto 157• Espro-
156 L'affermazione radicale della follia della croce, inaccessibile alla ragione naturale, è finalizzata all'esaltazione dell'azione indebita della grazia; non si puo meritare una salvezza che si rivela corne del tutto incomprensibile e inaccettabile; cf. 291=323=587; 842=427=588.
157 Cf. in prop. il cap. «La place du moi» in J. DARRIULAT, L'arithmétique de la grâce, pp. 100-116. Anche V. CARRAUD, Pascal et la philosophie, ha dedicato il capitolo IV «La destruction de l'égologie», pp. 287-345, al tema della de-costruzione pascaliana della centralità dell'ego cogitans cartesiano; cf. in part. il mirabile par. 21, "Le moi introuvable", pp. 315-327, ove si analizza la Pensée 688=567=323, interpretata corne confutazione della res cogitans cartesiana e corne affermazione della necessità del passaggio dall'astratta sostanza del je, all'esistenziale passività del moi, oggetto d'amore. Carraud ha pienamente ragione nel sottolineare corne il pensiero pascaliano si costituisca negativamente rispetto alla filosofia («le théologie peut-elle se dire autrement que comme puissance de destitution de la metaphysique?»: p. 457); il suo concludere pero affermando la latitanza nelle Pensées di una teologia dell'amore («l'ordre de la charité brille par son absence»: p. 457; ma cf. l'intero capitolo «Pascal et la théologie», pp. 451-457), mi pare l) infondato; infatti la teologia della grazia predestinata presuppone comunque una meta.fisica della grazia (si pensi alla dialettica causa
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priato dall'imprevedibile e indisponibile follia della carità, il «moi» si scopre esistenzialmente del tutto esposto, consegnato all 'Altro, al prossimo, e quindi a Dio, unica «cause dominante», nascosto motore del paradosso di un «moi» sovrannaturale, felicemente passivo e smemorato di sé, reso cioè capace dell' impossibile, di rinunciare totalmente al suo naturale amor sui per amore dell'Altro 158• Decisive in proposito le Pensées sui tre ordini, ed il principio - del tutto agostinianogiansenista - che ne regge l' articolazione:
dominante - causa seconda negli Écrits, dialettica presupposta dalle stesse Pensées), pur nel suo stesso costituirsi negativamente, corne rovesciamento della filosofia, della metafisica naturale; 2) non sufficientemente consapevole del paradosso che le stesse espressioni "ordine della carità", "teologia dell'amore" comportano: quella di un ordine dell'anarchico, dell'indisponibile, di un'inattingibile identificazione dell'assoluta Alterità. Insomma, a mio parere, è del tutto coerente che nelle Pensées la carità sia presente più corne trascendente disordinamento di un ordine, corne traccia dell'Ineffabile, che corne ordine o sistema teologico; proprio questa è la peculiarità pascaliana (con la sua componente scettica) rispetto alla dogmatica metafisica della grazia di Arnauld. Lamento infine, nell'opera pur ammirevole e profonda di Carraud, una assolutizzazione della prospettiva filosofica, che Io spinge a minimizzare sistematicamente la dipendenza pascaliana da Agostino. Se quindi è indubitabile la sistematica (e certo filosofica!) decostruzione della filosofia ontoteologica cartesiana, e se certo essa comporta una decostruzione dello stesso patrimonio (onto)teologico cristiano, comunque la finalità della ricerca pascaliana è quella di confessare la grazia agostiniana corne evento meta-ontoteologico, dunque soltanto indirettamente, frammentariamente, ambiguamente dicibile. Insomma, in un'opera di filosofia cristiana è inevitabile confessare quello che, provocatoriamente, Carraud nota: «L'ordre de la charité brille par son absence» (457); esso è infatti di un altro ordine, soprannaturale, non puo essere quindi in alcun modo ricostruito, esibito, provato, se non obliquamente, corne traccia possibile di una indisponibile grazia illuminante. Scrive acutamente J. RussIER, La foi selon Pascal. Il: Tradition et originalité, p. 430: l' essenza del cristianesimo è per Pascal «la remise de soi, consciente, lucide et raisonnée, mais totale, à la conduite d'un autre». Mi pare allora che V. CARRAUD, Les deux infinis moraux et le bon usage des passions. Pascal et les Passions de l'âme, in «XVIIe siècle» 185, 1994, pp. 669-694, non riconosca a sufficienza (nella sua pur finissima analisi del soggetto pascaliano che, contrariamente a quello cartesiano, rinuncia a se stesso, al proprio amor sui, per accogliere la «pensée de la charité» sottomettendosi a Dio) questa dominante irruzione dell' Altro, che solo è capace di liberare l'uomo dalla sue inestirpabili passioni.
158 Cf. la bellissima Pensée 546=460=515: «Les élus ignoreront leurs vertus», in riferimento a Matteo 25,37.
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«Tous les corps ensemble, et tous les esprits ensemble, et toutes leurs productions, ne valent pas le moindre mouvement de charité. Cela est d'un ordre infiniment plus élevé. De tous les corps ensemble, on ne saurait en faire réussir une petite pensée: cela est impossible, et d'un autre ordre. De tous les corps et esprits, on n'en saurait tirer un mouvement de vraie charité: cela est impossible et d'un autre ordre, surnaturel» 159•
Ho già rilevato corne in proposito Pascal reinterpreti un terna-chiave agostiniano: la dialettica naturale tra creazione corporea e creazione spirituale è immagine della dialettica di grazia tra intelligenze (o spiriti) naturali e intelligenze (o spiriti) spirituali, cioè ripieni di grazia; corne la creatura rnateriale trova il suo ordine e la sua collocazione predestinata nella sua irriducibile differenza dalla creatura intelligente, cosi la creatura intelligente non eletta è creata da Dio corne predestinata ad un'irriducibile differenza rispetto alla creatura intelligente eletta 160• Pascal precisa da parte sua che la differenza
159 Pensées 308=339=793; cf. 564=471=485; 460=699=544; 924=753=498.
160 Cf. I' agostiniano Ad Simplicianum 1,2,22, ove la predestinazione degli eletti distinti dai reprobi è esemplata sulla differenza tra creazione materiale e creazione spirituale; l'irriducibilità tra i due ordini della creazione è figura dell'irriducibilità tra i due ordini della grazia (le due civitates): «Certe ita occulta est haec electio, ut in eadem conspersione nobis prorsus apparere non possit; aut si apparet quibusdam, ego in hac re infirmitatem meam fateor. .. Et tamen quid dicemus? "Numquid iniquitas est apud Deum", exigentem a quo placet, donantem cui placet? Qui nequaquam exigit indebitum, nequaquam donat alienum. "Numquid iniquitas est apud Deum? Absit" (Rom. 9,14). Quare tamen huic ista, et huic non ista? "O homo, tu quis es?" (Rom. 9,14). Debitum si non reddis, habes quod gratuleris; si reddis, non habes quod quaeraris. Credamus tantum, etsi capere non valeamus, quoniam qui universam creaturam et spiritualem et corporalem fecit et condidit, "omnia in numero et pondere et mensura disponit" (Sap. 11,21). Sed "inscrutabilia sunt iudicia eius, et investigabiles viae eius" (Rom. 11,33). Dicamus Alleluia, et collaudemus canticum, et non dicamus: Quid hoc? vel quid hoc? "Omnia enim in tempore suo creata sunt" (Eccli 39,26)»; la parafrasi del passo della Sap sottolinea l'assoluta dipendenza della differenza tra i vari ordini della creazione dall'incondizionato etemo decreto di Dio, che nulla deve aile sue creature; cf. in tal senso Confessiones XIII. E corne per Agostino (di cui cf. l'intero De Spiritu et littera), cosi per Pascal, non solo la creazione naturale, ma la stessa economia dell' AT non è che la cifra dell'economia della grazia: «Dieu, voulant faire
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tra l'ambito della carità (cioè dell'azione della grazia nell'eletto) e l'ambito dell'intelligenza è infinitamente più distante di quello che separa i corpi dagli spiriti; infatti, mentre corpi e spiriti intelligenti, malgrado la loro reciproca irriducibilità, si muovono sui comune piano della creazione, sono cioè nature, il piano della carità è quello del soprannaturale, della grazia appunto, che comporta il dono dell'amore di Dio, che la creazione non puo certo né produrre da se stessa, né in alcun modo condizionare. Ritengo pertanto che il tema della grazia indebita e predestinata sia l'unica chiave di possibile interpretazione delle Pensées pascaliane sui tre ordini161 ; esse sono finalizzate a sottolineare l'assoluta esteriorità della grazia rispetto alla natura creata.
E questa inoltre la prospettiva secondo la quale interpretare la straordinaria serie di Pensées dedicate alla carità e al-1' eteronomia del corpo mistico 162: solo nella grazia di Cristo, nello Spirito che anima il corpo donandogli vita, il «moi» riesce a trascendere il suo naturale concupiscente egoismo, schiudendosi ad un'"esteriorità" salvifica; il «moi» si smemo-
paraître qu'il pouvait former un peuple saint d'une sainteté invisible et le remplir d'une gloire éternelle, a fait des choses visibles. Comme la nature est une image de la grâce, il a/ait dans les biens de la nature ce qu'il devait faire dans ceux de la grâce, afin qu'on jugeât qu'il pouvait faire l'invisible puisqu'il faisait bien le visible. Il a donc sauvé le peuple du déluge; il l'a fait naître d'Abraham, il l'a racheté d'entre ses ennemis et l'a mis dans le repos. L'objet de Dieu n'était pas de sauver du déluge, et de faire naître tout un peuple d'Abraham pour n'introduire que dans une terre grasse ... Dieu a donc montré le pouvoir qu'il a de donner les biens invisibles par celui qu'il a montré qu'il avait sur les visibles» (275=306=643).
161 Mi pare pertanto poco convincente il pur suggestivo saggio di P. MAGNARD, Les "trois ordres" selon Pascal, in «Revue de métaphysique et de morale» 1997,l=Les "trois ordres" de Pascal, pp. 3-17; non mi pare cioè sufficiente reinterpretare i frammenti sui tre ordini da un punto di vista semplicemente cristologico, pur sottolineando giustamente la peculiarità della mediazione cristologica pascaliana all'interno di un rapporto di assoluta sproporzione e incommensurabilità tra gli ordini, che impedisce una cristologia della mediazione gerarchico-proporzionale; bisogna infatti specificare che la cristologia dell'incommensurabilità di Pascal è comunque una cristologia della grazia indebita e predestinata. Stesso appunto dev'essere mosso al volume di P. MAGNARD, Pascal.
162 Cf. 371=403=473; 360=392=482; 374=406=475; 373=405=476; 370=402=480;360=392=482;372=404=483.
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ra di sé, diviene parte del tutto, una delle membra di un corpo felicemente abbandonato alla vita dello Spirito. Avere fuori di sé il proprio centro di vita, essere espropriato dalla carità, significa quindi fruire della grazia dell'alterità, essere davvero quella macchina, quella puramente passiva corporeità che riceve rniracolosamente la sua anima, la sua libertà, la sua vita spirituale dalla indebita rnisericordia di Dio 163•
E non è forse proprio questa la straordinaria, inattuale attualità di Agostino nel '600 francese 164, secolo in bilico tra dogmatismo metafisico e scetticismo libertino 165, tra riduzione del cristianesimo a sistema razionale e ateismo meccanicistico? Non è paradossalmente proprio l' Agostino antipelagiano l'eversiva e irriducibile protesta contro il soggetto assoluto, prigioniero del sistema generato dalla propria stessa ragione, contro l' incontrovertibile solipsismo dell' amor sui, contro la securitas di un ordine dal quale l'inaudito, il rischio e la grazia dell' Altro sono banditi? Non è il soggetto di Pascal il soggetto del tutto s-fondato 166 da questa grazia dell' Altro,
163 Sulla guerra interiore tra grazia, unica forza redentiva, e resistenza del servo arbitrio e della concupiscenza, cf. 924=753=498.
164 Sull'inattuale attualità, sull' «inquiétante étrangeté» (p. 336) di Pascal, cf. PH. SELLIER, Port-Royal, ou le 'génie' du christianisme, e G. FERREYROLLES, Activitè de Pascal, entrambi in Destins et enjeux du XVIIe siècle, rispettivamente pp. 333-338 e 301-310.
165 Sul dialogo pascaliano con il libertino, suggestivo il saggio di R. P!NTARD, Pascal et les libertins, in P. Viallaneix (ed altri), Pascal présent, pp. 105-130.
166 Di «déconstruction pascalienne de l'ego ... , destitution du sujet», parla J.-M. VAYSSE, L'inconscient des modernes, p. 129. Analogamente, J.-L. MARION, Sur le prisme métaphysique de Descartes, pp. 293-378 e in part. pp. 343-369, parla di «décentrement du moi», corrispondente alla «destitution» pascaliana della metafisica cartesiana - e di ogni possibile metafisica - in direzione di una riflessione sull'ordine incommensurabile della carità, che perô mai viene da Marion teologicamente riconosciuto corne ordine anarchico della grazia predestinata, per Pascal unica dimensione agostinianamente sottratta alla potestas del soggetto, all'egocentrismo della sua libertà. Se quindi a ragione Marion sottolinea la pascaliana altemativa tra la metafisica evidenza dell' ego sum del cogito cartesiano e la "caritatevole", non onto-teo-logica centralità del "Sono Io" del Cristo giovanneo (cf. p. 354), insufficiente sembra essere il riconoscimento dell'assoluta esteriorità e indisponibilità della grazia in Pascal, piuttosto riproposta corne etica dell'universale, kantiano esemplarsi su Cristo corne unico esempio di amore, di moi non egoistico. Stesso limite mi pare ri-
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
dalla soprannaturalità di un dono creatore capace di liberare dalla securitas della stessa metafisica, aprendo all' insecuritas salvifica dell'evento, al miracolo 167 della grazia che è libertà del soggetto proprio perché è soggezione indisponibile?
APPENDICE l - L'ERMENEUTICA TEOLOGICA COME DISCIPLINA
SCIENTIFICA
Nella Préface sur le Traité du Vide [1651] 168, Pascal ribadisce la distinzione gianseniana tra teologia e scienze mondane e la subordinazione teologica della ragione alla memoria dell' autorità:
velare il saggio di J.-L. MARION, L'obscure évidence de la volonté. Pascal audelà de la "regula generalis" de Descartes, in «XVIIe siècle» 185, 1994, pp. 639-656: risulta infatti troppo marginalizzato il ruolo della grazia gratuita e predestinata in relazione al tema della volontà irriducibile ail' ordine della ragione. Cf. J. MEsNARD, Universalité de Pascal, in Méthodes chez Pascal, pp. 335-356, e in part. il par. IV, «La réflexion sur l'universel», pp. 351-355.
167 Sulla peculiarità pascaliana del miracolo, eversiva rispetto aile stesse coordinate della Logique di Arnauld e Nicole, cf. il bel saggio di R. RIGHI, L'eccezione normale. l miracoli di Pascal, in B. Bocchini Camaiani e A. Scattigno (edd.), Anima e paura, pp. 109-116: il miracolo è - cristologicamente - il prolungamento dell'incamazione, I'evento della verità nella contingenza, del fondamento divino nel fatto storico; del rniracolo non possono quindi darsi prove (corne pretendono Arnauld e Nicole), esso è assolutamente autoevidente e operante. Il limite del saggio di Righi è quello di non mostrare corne la dottrina pascaliana del miracolo, del segno assolutamente evidente che opera la fede, sia anch'esso un'esplicazione della sua teologia della grazia anarchica. La stessa relazione tra evento del rniracolo e «il lavoro di collegamento», del «discernement des temps» (114), che esso impone, riflette la dialettica tra evento di grazia e suo discernimento razionale (che ovviamente non puô essere prova o dimostrazione). La stessa affermazione «soggetto del riconoscimento è il soggetto che si disfa e si rifà ... , è il soggetto che si converte» (116) è feconda, ma corre il rischio di suggerire un mero processo di autocostituzione o autocostruzione del soggetto: «La verità si dà a chi se la prende. Anzi, la verità si dà a chi si organizza per prendersela. Si dà a chi si trasforma, a chi si converte» (116). Direi piuttosto agostinianamente al passivo: il soggetto che è disfatto e rifatto è il soggetto che si converte; la verità si dà a chi è preso e trasformato, convertito dalla grazia; per Pascal, il miracolo è l'evento di questa passività, segno umile e ambiguo, rivelativo per gli eletti, accecante per gli altri.
168 Cf. Oeuvres complètes, Il, pp. 777-785, in part. pp. 777-780.
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«L'éclaircissement de cette différence (tra autorità e ragione negli ambiti rispettivi della teologia e della scienza) nous doit faire plaindre l'aveuglement de ceux qui rapportent la seule autorité pour preuve dans les matières physiques, au lieu du raisonnement ou des expériences, et nous donner de l'horreur pour la malice des autres (di quei teologi), qui emploient le raisonnement seul dans la théologie au lieu de l'autorité de !'Écriture et des Pères. Il faut ... confondre l'insolence de ces téméraires qui produisent des nouveautés en théologie. Cependant le malheur du siècle est tel qu'on voit beaucoup d'opinions nouvelles en théologie, inconnues à toute l'antiquité, soutenues avec obstination et reçues avec applaudissement» (Oeuvres, Il, pp. 779-780).
Ciè> non significa affatto negare anche a «le raisonnement» un ruolo comunque decisivo in teologia, che è quello di intendere il sistema delle verità deducibile dai quei principi assunti per fede corne rivelati. La teologia è quindi atto ermeneutico, razionale chiarificazione di «ce que les auteurs (dei livres sacrés) ont écrit» (778); le verità teologiche sono quindi «bornées» all'intemo dei libri che le rivelano:
«d'où il est évident que l'on peut en avoir la connaissance entière, et qu'il n'est pas possible d'y rien ajouter» (ivi);
esse, quindi, devono poter essere riordinate in un sistema: «L'autorité se manifeste par des écrits, par un langage. À tout langage, même exprimant des vérités surnaturelles inaccessibles aux moyens humains, la raison a lieu de s'appliquer, pour en dégager le sens et la portée. Dans les Écrits sur la Grâce, elle procède à cet égard de deux manières. Elle interprète ce langage lorsque son sens ne ressort pas immédiatement. Elle le transpose en un langage plus rigoureux, conforme aux exigences de !'"esprit géométrique" et autorisant des déductions sûres. Ainsi la raison remplit d'abord une fonction d'interprétation» (J. MESNARD, Introduction agli Écrits sur la grâce, p. 614).
La razionale ermeneutica dei testi sacri, il lavoro di connessione tra le loro affermazioni per trame un senso unitario e coerente è quindi questione di fatto, di senso oggettivo del testo, e non di diritto (cioè di fede, soggetta a pronunciamenti dogmatici dell'autorità ecclesiastica): cf. in proposito Les Provinciales
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XVII, pp. 457-458: il fatto, «touchant l'intelligence du sens d'un auteur» (p. 458), dev'essere valutato soltanto «par les sens et par la raison, qui en sont naturellement les juges» (p. 457); lo stesso gesuita Bellannino viene citato a sostegno della netta separazione tra ambito dogmatico-autoritativo e ambito del fatto testuale (p. 458). Cf. inoltre le importanti e dense precisazioni in Les Provinciales xvm, pp. 466-467. In particolare:
«Ce n'est que l'examen d'un livre qui peut faire savoir que des paroles y sont. Les choses de fait ne se prouvent que par le sens» (p. 467);
Pascal, rifacendosi all' ermeneutica di Agostino e Tommaso, enuncia in proposito una «règle générale» (pp. 466-467): in qualsiasi testo, il singolo «sens littéral», di per sé equivoco, è soltanto una «vérité sensible» che dev' essere prima constatata e poi razionalmente valutata; l'univoco senso complessivo del testo («le rapport des sens est unique») deriva quindi dal razionale «interpréter>>, dal ricondurre tramite la «raison» il «sens littéral» di un singolo passo agli altri «sens» dello stesso testo, si da <<prendre pour la véritable interprétation de l'Écriture celle qui convient au rapport fidèle des sens», identificando quindi il «sens véritable» (cioè quello coerente o compatibile con tutti gli altri) e evitando pertanto di assolutizzare un senso letterale accolto nella sua immediatezza, astraendolo cosi dal contesto che eventualmente Io contraddice e rispetto al quale esso non è che «un sens apparent>> (898). Cf. in proposito Pensées 567=473=874, ove l'intera tradizione cattolica è il contesto in cui solo si illuminano singole espressioni teologiche, apparentemente fuorvianti se isolate e assolutizzate. È evidente la dipendendenza di queste pagine da Arnauld e dalla sua fondamentale distinzione tra fatto e diritto; cf. in proposito T. SKIOKAWA, La raison et l'autorité dans les études patristiques: le cas de Pascal et de la Logique de Port-Royal, in E. Bury e B. Meunier (edd.), Les Pères ... au XV/le siècle, pp. 405-415.
Ancora sulla distinzione tra fatto e diritto, di grande significato è l'affermazione di Mère ANGÉLIQUE de Saint-JEAN n'ANDil.LY, terza badessa di Port-Royale donna di grande erudizione scritturistica e patristica; nel corso di alcuni colloqui tenuti da prigioniera durante la grande persecuzione, per difendere la le-
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gittimità della distinzione port-royalista tra fatto e diritto, ella si richiama ad una lettera di Girolamo a Giovanni di Gerusalemme, nella quale si propone la seguente alternativa: o condannare Origene per i suoi errori, o condannare gli errori rimproveratigli, ma salvando Origene, nell'ipotesi che egli non li avesse sostenuti (cf. la Relation de la Captivité de la M. Angélique de St.Jean, pubblicata solo nel 1711). Con tutta evidenza, si offre qui un fondamento patristico alla distinzione tra fatto e diritto; il che prova l'alto livello culturale dell'élite delle monache, dimostrando corne infondata la tesi che esse non si curassero della controversia teologica, limitandosi a professare una pietà mistica. Per la storia del monastero di Port-Royal, e la messa a fuoco delle tre grandi Arnauld (le due sorelle Mère Angélique e Mère Agnès; la nipote Mère Angélique de Saint-Jean), cf. il documentato studio di F.E. WEAVER, The Evolution of the Reform of Port-Royal. From the Rule of Cîteaux to Jansenism, Paris 1978; P. MAGNARD, La spiritualité de la Mère Angélique, in «Chroniques de Port-Royal» 41, 1992, pp. 195-209; e Y. ASAHINA, Les deux Angélique de Port-Royal, ivi, pp. 157-170. Su Jacqueline Pascal, cf. P. MAGNARD, La spiritualité de Jacqueline Pascal, in «Chroniques de Port-Royal», 31, 1982, pp. 137-152.
APPENDICE Il - SULLA RETORICA GIANSENISTA
Scrive Nicole di Pascal:
«Quoiqu'il fût la personne du monde le plus roide et le plus inflexible pour les dogmes de la grâce efficace, il disait néanmoins que s'il avait eu à traiter cette matière, il espérait de réussir à rendre cette doctrine si plausible, et de la dépouiller tellement d'un certain air farouche qu'on lui donne, qu'elle serait proportionnée au goat de toutes sortes d'esprits» 169•
Malgrado la tremenda dottrina della predestinazione rimanga il centro teologico del cristianesimo, il cristiano ha il dovere per Pascal di tentare di persuadere ( o meglio di con-
169 P. NICOLE, Prefazione al Traité de la Grâce générale (1715), passo riportata da Mesnard in B. Pascal, Oeuvres complètes, 1, p. 1002.
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correre corne causa seconda con l'eventuale irresistibile persuadere di Dio, causa prima) il prossimo, presentandogli in tutta la sua delectatio la verità rivelata110• Sulla strategia retorica giansenista, di grande rilievo sono le considerazioni di ARNAULD e NICOLE nella Logique:
«Mais comme il est raisonnable d'être sur ses gardes, pour ne pas conclure qu'une chose est vraie ou fausse parce qu'elle est proposée de telle ou telle façon, il est juste aussi que ceux qui désirent persuader les autres de quelque vérité qu'ils ont reconnue s'étudient à la revêtir des manières favorables qui sont propres à la faire approuver, et à éviter les manières odieuses qui ne sont capables que d'en éloigner les hommes ... S'ils honorent sérieusement la vérité, ils ne doivent pas la déshonorer, en la couvrant des marques de la fausseté et du mensonge; et, s'ils l'aiment sincèrement, ils ne doivent pas attirer sur elle la haine et l'aversion des hommes par la manière choquante dont ils la proposent. C'est le plus grand précepte de la rhétorique, qui est d'autant plus utile, qu'il sert à régler l'âme aussi bien que les paroles... Ce qui est si vrai, que saint Augustin l'étend même aux vérités de la religion, ayant donné cette excellente règle à tous ceux qui sont obligés d'instruire les autres: "Voici de quelle sorte, dit-il, les catholiques sages et religieux enseignent ce qu'ils doivent enseigner aux autres. Si ce sont des choses communes et autorisées, ils les proposent d'une manière pleine d'assurance et qui ne témoigne aucun doute, en l'accompagnant de toute la douceur qui leur est possible; mais si ce sont des choses extraordinaires, quoiqu'ils en reconnaissent très-clairement la vérité, ils les proposent plutôt comme des doutes et comme des questions à examiner, que comme des dogmes et des décisions arrêtées, pour s'accomoder en cela à la faiblesse de ceux qui les écoutent". Que si une vérité est si haute qu'elle surpasse les forces de ceux à qui l'on parle, ils aiment mieux la retenir pour quelque temps, pour leur donner lieu de croître et de s'en rendre capables, que de la leur découvrir en cet état de faiblesse, où elle ne ferait que les accabler» (III, 8, pp. 293-295);
110 Sulla retorica pascaliana nelle Provinciales, cf. G. FERREYROLLES, Blaise Pascal. Les provinciales. Études littéraires, Paris 1984, 43-72.
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Lo stile retorico appassionato e sublime dei Padri, finalizzato alla persuasio, alla mozione dei sentimenti, è preferito a quello secco e nudo, meramente logico-dottrinale, quindi respingente della scolastica:
«Ainsi les vérités divines n'étant pas proposées simplement pour être connues, mais beaucoup plus pour être aimées, révérées et adorées par les hommes, il est sans doute que la manière noble, élevée et figurée dont les Saints Pères les ont traitées leur est bien plus proportionnée qu'un style simple et sans figure, comme celui des scolastiques, puisqu'elle ne nous enseigne pas seulement ces vérités, mais qu'elle nous représente aussi les sentiments d'amour et de référence avec lesquels les Pères en ont parlé» (Logique 1,14, p. 100).
Sul problema degli stili retorici a Port-Royal, cf. S. LAUMAILLÉ, Le sublime au XVIIe siècle: de l'éthique à la rhétorique, in «XVIIe siècle» 188, 1995, pp. 381-388, che comunque non nota quanto i port-royalisti dipendano dalla reinterpretazione agostiniana della gerarchia degli stili ciceroniani in De doctrina christiana IV: Io stile alto della persuasio, efficace soltanto se strumento della persuasio irrestibile della grazia (Caritas che dona la caritas, l'amore capace di convertire e di muovere i sentimenti), è sovraordinato allo stile basso, oggettivo, finalizzato al docere (che dimostra Dio corne suprema Veritas); Io stile persuasivo - immagine e veicolo dell'azione della grazia - è infatti l'unico veramente capace di convertire, di muovere gli animi; cf. in proposito G. LETIIERI, L'altro Agostino, capitolo XII. Sul conflitto tra retorica della mozione degli affetti (del persuadere) e retorica della pura manifestazione della verità (del docere) - che ribadisco sono i poli della retorica di De doctrina christiana IV -, cf. A. BAIRD, Port-Royal et la littérature (Il). Les idées contradictoires de Jean Domat sur l'éloquence du barreau, in «XVIIe siècle» 150, 1986, pp. 61-72: persino nella retorica secolare i condizionamenti port-royalisti sono evidenti e forti. Sull'assoluta centralità del IV libro del De doctrina christiana nella teoria retorica di Arnauld, cf. PH.-J. SALAZAR, Arnauld rhéteur, in «Chroniques de Port-Royal» 44, 1995, pp. 163-172. Sulla peculiarità della concezione dell'eloquenza di Nicole, che rifugge dall'arte retorica, dichiarandosi piuttosto favore-
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vole ad un'eloquenza spontanea, cf. TH. M. CARR, "Prêcher raisonnablement": rhétorique et prédication chez Nicole, in «Chroniques de Port-Royal» 45, 1996, pp. 63-74.
Tomando a Pascal e alla Logique, se la dottrina della predestinazione non dev' essere proposta calvinisticamente in maniera «choquante», ma persuasivamente, la stessa retorica antigiansenista, e in particolare gesuitica, viene allusivamente chiamata in causa e stigmatizzata (malgrado la sua apparente dolcezza: cf. supra, la nota 73) corne tirannica e superbamente eversiva, perché volta a postulare corne verità cattoliche dottrine non fondate teologicamente e contrarie alla tradizione ecclesiastica:
«L'air du discours, étant ainsi séparé des preuves, ne marque que l'autorité que celui qui parle s'attribue; de sorte que s'il est aigre et impérieux, il rebute nécessairement l'esprit des autres, parce qu'il paraît qu'on veut emporter par autorité, et par une espèce de tyrannie, ce qu'on ne doit obtenir que par la persuasion et par la raison. Cette injustice est encore plus grande, s'il arrive qu'on emploie ces manières choquantes pour combattre des opinions communes et reçues; car la raison d'un particulier peut bien être préférée à celle de plusieurs, lorsqu'elle est plus vraie; mais un particulier ne doit jamais prétendre que son autorité doive prévaloir à celle de tous les autres. Ainsi non-seulement la modestie et la prudence, mais la justice même oblige de prendre un air rabaissé quand on combat des opinions communes ou une autorité affermie, parce qu'autrement on ne peut éviter cette injustice, d'opposer l'autorité d'un particulier à une autorité, ou publique, ou plus grande et plus établie» (Logique, III, 8, pp. 294-295).
Voler imporre pertanto corne autoritativa la propria parziale opinione, considerata aprioristicamente corne verità non bisognosa di argomentazione razionale, è chiara manifestazione di basso interesse personale e, più profondamente, di perverso amor sui. Il rapporto tra minoranza illuminata e maggioranza ottenebrata, che comunque non dev'essere scandalizzata, va comunque interpretato alla luce della dottrina agostiniana della predestinazione, secondo la quale moiti sono i chiamati, ma soltanto pochi gli eletti. La prudenza e la dolcezza nell'esposizione della verità sono quindi modalità tecni-
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che finalizzate alla persuasione dell' eletto che si nasconde ancora nella massa, e certo non possono essere affatto interpretate corne subordinazione dell'opinione dei pochi all'opinione dei più. Soltanto la continua verifica razionale, la capacità di portare prove convincenti, l'umile disponibilità ad offrime sempre di nuove, possono quindi distinguere l'opinione, che superbamente pretende di essere illuminata e quindi universalmente imposta corne autorità, dalla verità, comunque conosciuta e difesa da pochi, capaci di confessare la propria sapienza corne dono della grazia, e non corne privato possesso:
«Le défaut de ces personnes ne vient que de ce que l'opinion avantageuse qu'elles ont de leurs lumières leur fait prendre toutes leurs pensées pour tellement claires et évidentes, qu'elles s'imaginent qu'il suffit de les proposer pour obliger tout le monde à s'y soumettre; et c'est pourquoi elles se mettent peu en peine d'en apporter des preuves; elles écoutent peu les raisons des autres, elles veulent tout emporter par autorité, parce qu'elles ne distinguent jamais leur autorité de la raison; elles traitent de téméraires tous ceux qui ne sont pas de leur sentiment, sans considérer que si les autres ne sont pas de leur sentiment, elles ne sont pas aussi du sentiment des autres, et qu'il n'est pas juste de supposer sans preuve que nous avons raison, lorsqu'il s'agit de convaincre des personnes qui ne sont d'une autre opinion que nous que parce qu'elles sont persuadées que nous n'avons pas raison» (IIl,20,3,263-264); gli amanti della verità pertanto «aimeront mieux se réduire à cette règle si équitable de saint Augustin: "Omittamus ista communia, quae dici ex utraque parte possunt, licet vere dici ex utraque parte non possint"; et ils se contenteront de défendre la vérité par les armes qui lui sont propres et que le mensonge ne peut emprunter, qui sont les raisons claires et solides» (III, 20, 5, p. 265).
Sullo spirito di disputa corne ulteriore prodotto del perverso amor sui, cf. ancora Logique IIl,20,7-9, pp. 271-275.
APPENDICE Ill - CARTESIANESIMO E PELAGIANESIMO
Nel 1647, all'università di Leida, Cartesio viene accusato da teologi calvinisti di pelagianesimo (accusa che lo stesso Arnauld condivideva, corne trapela dal suo epistolario: cf. la
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
lettera CCXLIII del 18 ottobre 1669, Oeuvres I, p. 671). Scrive A. McKENNA della gnoseologia cartesiana: «La définition de l'évidence et de la certitude des intuitions intellectuelles dépend, dans la philosophie cartésienne, de la liberté de la volonté, qui peut toujours suspendre le jugement et ne pas embrasser les idées obscures ou confuses. De même, dans le traité des Passions de l'âme, cette liberté de la volonté par rapport aux perceptions confuses des passions fonde notre capacité de contrôler les passions, et fonde donc aussi la morale de la générosité. Les perceptions des passions sont obscures et confuses: devant une telle obscurité et une telle confusion, le libre arbitre peut toujours et doit toujours suspendre le jugement, car il est toujours et absolument en notre pouvoir» (De Pascal à Voltaire, I, p. 22).
Analogamente, già A. DEL NOCE, Il problema Pascal e l'ateismo contemporaneo (1964)=11 problema dell'ateismo, Bologna 1990(4), pp. 377-511, rifacendosi ad alcune pagine di Laporte, definisce la cartesiana «dottrina del metodo corne strumento dell'attenzione verso una verità non posta da noi, ma già data da Dio»; «il metodo è per Cartesio un insieme di abitudini dell' attenzione, e attenzione per lui significa volontà, o, il che è lo stesso, libertà»; si che si puo considerare «la sua filosofia corne una concezione metafisica della persona umana, definita corne essere ragionevole, suscettibile di partecipare per il suo solo merito attentivo all'universalità della ragione di vina» (p. 422; cf. Riforma cattolica, pp. 76-77 e 87-96; J.-L. MARION, Sur la théologie blanche de Descartes, il cap. 17: «L'infini de la volonté», pp. 396-426). Pertanto, quando DEL NOCE afferma che Cartesio (in sé ambiguamente diviso tra esigenza metafisica ed esigenza mondana, nonché tra antiumanesimo ed umanesimo) «mantiene del-1' agostinismo l' accento della filosofia della conversione» (Il problema Pascal, p. 438), contraddittoriamente, ma inevitabilmente, deve qualificare questa filosofia non solo corne molinista (cf. Riforma cattolica, pp. 214-238; 362-363; 376-382; 592-593; 630-635; 695-698), ma persino corne pelagiana (cf. Il problema Pascal, pp. 436-449), «non contenendo la minima riflessione sol peccato e sull'incarnazione» (p. 439; cf. Riforma cattolica, pp. 420-427), presupponendo quindi un uomo capace di risalire autonomamente, oltre Io stato "infan-
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tile" e l'errore in cui è risolto il peccato, alla pura natura del-1' Adamo prelapsario, alla sua scienza che è la visione di Dio in sé, finalizzando quindi Io stesso metodo della conoscenza ad un'utilità pratico-mondana, eudaimonistica: al dominio del mondo fisico, nuovo Eden divinamente garantito.
Ma la singolare peculiarità del molinista Cartesio starebbe nell'essere costretto a recuperare proprio l'opposto agostiniano, realizzando il paradossale «incontro simultaneo di agostinismo e di pelagianesimo» (Riforma cattolica, p. 592-593; cf. pp. 386-387; 678-679), ma si badi bene di «un agostinismo separato dal platonismo, la filosofia dell'interiorità separata dal tema delle verità eterne» (p. 628); l'incontro con l'agostinismo sarebbe infatti caratterizzato dal rifiuto antitradizionalista della metafisica classica (cf. Riflessioni sull 'opzione ateistica (1961)=/l problema dell'ateismo, pp. 354-355) e tomista, e dalla conseguente decisione di una radicale conversione all'interiorità, finalizzata a rifondare l'intera scienza del reale a partire dalla soggettiva coscienza pensante, dall' evidenza del cogito, in cui Io stesso Dio creatore si rivela corne immanente. Reagendo contro il tomismo e la metafisica tradizionale tramite la sua rivoluzionaria dottrina della creazione delle stesse eterne verità essenziali, Cartesio approderebbe al misconoscimento dell'analogia e della partecipazione dell'uomoimmagine all'Essere di Dio, finendo per affermare un'assoluta separazione tra la trascendenza ininvestigabile di Dio e la finitezza dell'uomo (cf. Riforma cattolica, pp. 48-54; 426-429; 482-488). Cartesio quindi cadrebbe nel pericolo dell'agostinismo puro, antitomista (cf. pp. 380-382; 499-501; 677-679), ridotto a fideismo interioristico, ad una teologia implicitamente antimetafisica ed arbitraristica - «Dio non è appreso da Cartesio corne Ordine, ma anzitutto corne Potenza» (p. 385; cf. p. 486) -, finendo per recuperare la metafisica ontologica soltanto a partire da un'esperienza soggettiva (quindi cripto-protestante), arbitraria perché priva del pieno, prioritario riconoscimento ontologico delle verità eteme, degradate a creature di Dio e a rappresentazioni del cogito (cf. pp. 514-515).
Donde l' esito antiumanista ( «anistorico», antitradizionalista nel suo rifiutare qualsiasi presupposto storico extrasoggettivo) della filosofia cartesiana, ambigua perché tendenzialmente irreligiosa, pure se intenzionalmente fondata corne
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apologia antilibertina (e filoratoriana: cf. Riforma cattolica pp. 3-7; 618-619) del cattolicesimo. Del Noce identifica infatti - certo piuttosto arditamente - la religiosità "in sé" esclusivamente con quella propugnata dalla "Riforma cattolica", e questa con la «difesa ... (e la) riscoperta dell'umanesimo» (p. 623), in polemica contro il dilagante machiavellismo politico (per il quale la storia è scetticamente, "libertinamente" autonoma rispetto alla Provvidenza di Dio: cf. 433-461) e contro il determinismo antiumanistico della Riforma protestante. CiO sarebbe provato dai punti fermi della teologia cattolica (cf. pp. 623-625): 1) l'apologia di Dio corne supremo garante della gerarchia metafisica e dell' ordine delle essenze ( donde la fedeltà alla tradizione medievale scolastica e alle sue anticipazioni metafisiche platonico-aristoteliche); 2) il provvidenzialismo storico, comunque specificato corne netto antiarbitrarismo teologico; 3) l'apologia del libero arbitrio dell'uomo, responsabile dei suoi meriti. Ne deriva che, in sostanza, i gesuiti Suarez (interprete di Tommaso) e Molina (distinto da Pelagio, e interpretato corne il continuatore dell'ottimismo tomistico nei confronti della realtà naturale, quindi corne il più coerente avversario della teologia della grazia riformata: cf. p. 624) rappresenterebbero i modelli supremi di ortodossia cattolica, rispetto ai quali il molinista Cartesio devia con la sua antitomista, antigesuita ed antiumanistica dottrina della creazione delle verità eteme (si che il «Cartesianesimo è agostinismo dissociato da platonismo»: p. 631), e i giansenisti deviano con la loro criptoprotestante, arbitraristica apologia del determinismo agostiniano (cf. pp. 36-43).
Riassumendo: la filosofia di Cartesio sarebbe quindi un (non del tutto cosciente: cf. pp. 353-355; 678) agostinismo antitomista ( quindi ontologicamente indebolito) e anistorico (decurtato, cioè, della teologia della storia agostiniana); con la conseguenza che, contrapposto alla coerente metafisica del tomismo, l' agostinismo si vede costretto nel suo as petto meramente interioristico, tendenzialmente immanentistico, d' altra parte esposto (corne la sua stessa radice platonica, antimondana e antinaturalistica, a differenza dell'aristotelismo recuperato dal tomismo: cf. pp. 497-499; 677-679) al rischio scettico (implicitamente ateo), in prospettiva vincente in quanto non confutato da un soddisfacente ontologismo metafisico. Ne de-
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riva appunto l'insuperabile ambiguità religiosa della filosofia cartesiana (cf. Il problema Pascal, p. 442), al tempo stesso orientata verso un' antilibertina apologia della religione cristiana, e d' altra parte in sé del tutto autonoma rispetto ad essa; umanistica esaltazione della libertà umana e antiumanistica esaltazione dell'assoluta libertà divina (cf. Riforma cattolica, pp. 376-388).
La precoce crisi filosofica della Riforrna cattolica, con il conseguente fallimento dell' opzione umanistica, emergerebbe dall' esplosione dell' ambiguità cartesiana, in realtà interpretabile corne esplosione dell'ambiguità agostiniana: «La vicenda dell' agostinismo entra "l' orizzonte" cartesiano non si presenta esattamente corne la grande crisi dell' agostinismo, in quanto rottura tra l'agostinismo della Grazia e l'agostinismo dell'Illuminazione?» (Riforma cattolica, p. 494; cf. pp. 355; 650-651 ). Pascal erediterebbe da Cartesio l' aspetto agostiniano-fideista, mostrandone, nel suo estremismo, tutto il presupposto antifilosofico ed antimetafisico, condannandosi quindi alla deriva scettica, il cui esito ateo e materialista sarebbe rappresentato da Hume (e poi storicamente perfezionato dal marxismo); Malebranche (acerrimo avversario della dottrina della creazione delle verità eteme ), contro i giansenisti e Pascal, pur nel positivo tentativo di recuperare l'ontoteologia agostiniana, erediterebbe comunque da Cartesio il razionalismo teologico, l'immanentismo razionalistico implicito nell'interiorizzazione soggettivistica di Dio, non sufficientemente garantito nella sua oggettiva trascendenza ontologica (cf. pp. 645-652). Soltanto Vico (agostiniano teologo della storia, ma neoumanista, erede e perfezionatore dell' ontologismo imperfetto di Malebranche) e i suoi continuatori cattolici italiani avrebbero assicurato un'autentica rifondazione eminentemente cattolica della filosofia modema (cf. pp. 652-657).
Malgrado il fazioso schematismo di questa ricostruzione filosofica della storia della filosofia modema, risulta comunque coerente e suggestiva, pur se forzata, l'interpretazione delnociana di Pascal: in primo luogo, Pascal è considerato corne la «forma estrema dell' antiumanesimo cristiano... punta estrema del portorealismo e in cià il momento massimo di crisi della Riforma cattolica» (Riforma cattolica, p. 644), «l' esempio forse unico di un pensiero soltanto biblico» (p.
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328), quindi ben distinto dal portoyalismo moderato, perché ancora metafisicamente mediato, di Arnauld e di Nicole (cf. pp. 208-209); il pari pascaliano testimonierebbe infatti 1' «eclisse dell'aspetto ontologistico della tradizione agostiniana» (Il problema Pascal, p. 382), approdo estremo del giansenismo, nel confessare corne nascosta non soltanto la volontà di grazia di Dio, ma la sua stessa esistenza (cf. pp. 386-388); si che l'intera portata filosofica del pensiero pascaliano è interpretata corne l'affermazione dell' «impossibilità del passaggio dal Dio filosofico al Dio religioso» (Riforma cattolica, p. 243; cf. Rijlessioni sull'opzione ateistica, pp. 366-368). Portando a piena coerenza il soggettivismo di Cartesio, ma eliminandone il presupposto molinista (cf. pp. 644-645), Pascal ne radicalizzerebbe religiosamente l'esigenza: approdare, attraverso il dubbio, alla certezza interiore assolutamente evidente, certezza divenuta pero l'assoluta (filosoficamente e metafisicamente inverificabile) esperienza della grazia. Pascal pertanto supererebbe in radicalità la stessa antiumanistica dottrina cartesiana dell'infinità di Dio creatore e arbitre delle verità di ragione (rispetto alla quale - tramite una deduzione logicoideale, e non storica - il fideismo antifilosofico pascaliano è comunque interpretato in rapporte di necessaria continuità: cf. Il problema Pascal, pp. 452-465; Riforma cattolica, pp. 62-68; 642-645), approdando ad un agostinismo parziale e fuorviante, perché ridotto a mero empirismo fideistico, antiontologico, antiumanistico (dunque antistorico e antipolitico), irrazionalistico, quindi necessariamente esposto al rovesciamento scettico, nichilistico e ateistico, compiutosi nella filosofia di Hume (cf. Il problema Pascal, pp. 382-388; 449-474; Riflessioni sull'opzione ateistica, pp. 370-374; Il concetto di ateismo e la storia della filosofia come problema (1964 )=Introduzione a Il problema dell' ateismo, pp. 92-96; Riforma cattolica, pp. 58-68; 636-645); Io stesso Laporte, con il suo muoversi dallo studio di Port-Royal e di Cartesio, sino a quello di Hume, testimonierebbe storiograficamente la coerenza di questa deriva (cf. Riforma cattolica, pp. 3-258).
Strategica, pur se mai sufficientemente tematizzata, risulta pertanto la valutazione delnociana dell'agostinismo, certamente poco amato: riconosciutane infatti - con profonda intelligenza - la (a mio parere) dominante componente arbitraristi-
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ca, implicitamente antimetafisica, scettica, Del Noce finisce per propugnare una necessaria cattolica neutralizzazione dell' agostinismo, tramite la sua subordinazione al tomismo (cf. Riforma cattolica, pp. 491-501). L'agostinismo integrale immaginato da Del Noce è quindi ridotto ad un agostinismo adulterato, snaturato, che privilegia unilateralmente l' opzione metafisica, ontologica, rispetto a quella eminentemente teologica (certo arbitraristica) della grazia operante. Insomma, la prospettiva teologica dominante di Agostino (pure perfettamente identificata da Del Noce), capace di relativizzare e di subordinare la stessa prospettiva ontoteologica, metafisica -cf. il mio volume L'altro Agostino-, finirebbe per essere, secondo l'ottica di Del Noce, criptoscettica, quindi criptoateistica, dunque teologicamente autodistruttiva; non a caso afferma Del Noce: «Negare l'oltrepassamento tomista dell'agostinismo non equivale insieme a negare l'agostinismo?» (p. 501). L'unica possibilità di "salvare" cattolicamente l'agostinismo sarebbe quella di restituirlo (sull'esempio di Malebranche, assai più che su quello di Pascal) corne ontologismo (in cui è assorbito lo stesso pessimismo antropologico e sociale agostiniano ), ridotto ad una del tutto vaga metafisica platonica della trascendenza e dell'interiorità (sl che, malebrancheanamente, l'elemento specificatamente agostiniano sarebbe esclusivamente quello platonico del "redi in teipsum", non a caso pelagianamente deformabile). Con l'esito coerente, quindi, di identificare quest'agostinismo censurato con un sostanziale semi-pelagianesimo molinistico, tomisticamente garantito (cf. Il problema Pascal, pp. 441-442; 472-473 e soprattutto 382; Riflessioni sull'opzione ateistica, pp. 354-356), via media cattolica tra la deriva pelagiana, immanentistica di Cartesio, e l'agostinismo puro (arbitraristico e tendenzialmente scettico) dei giansenisti, convergente con il criptoagostiniano, potenziale arbitrarismo cartesiano della creazione delle essenze eterne (pur distinto dall'arbitrarismo puro di Lutero e Calvino).
La stessa filosofia della storia filosofica occidentale proposta da Del Noce dipende da questa troppo rigida e semplicistica opposizione tra i due poli a) dello scetticismo, del libertinismo e dell'ateismo, cui persino l'intera storia dell'agostinismo non tomista e quella dell' intero protestantesimo sono tendenzialmente ricondotte; e b) dell' ontologismo platonico-
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aristotelico, del teismo, garantito esclusivamente dal tomismo e dalla sua apologia operata prima dalla teologia gesuita, quindi (pur se contraddittoriamente) dalla filosofia della riforma cattolica (cf., ad es., Riforma cattolica, pp. 433-435). Evidente è quindi il rigido pregiudizio confessionale che governa l'identificazione tra umanesimo, molinismo, ontologismo e teismo, si che qualsiasi interpretazione irriducibilmente esistenziale, tragica o persino metaontologica del cristianesimo ne risulta demonizzata. Se l'intera filosofia moderna nasce quindi dall'ambiguità religiosa della filosofia cartesiana, divenendo vera e propria storia dell' ateismo, dell' errore e della parzialità, scettica e relativistica, o dogmatica e immanentistica, l'autentica filosofia cattolica è infatti, per il puro e coerente controriformista Del Noce (non a caso censore e correttore, relati vizzatore di Agostino), niente più che l' onto-teo-logia tradizionalistica, unita allo snaturato residuo agostiniano: una teologia della storia che al tempo stesso riconosce la bontà della creazione, pur confessando il peccato originale e la caduta (cf. Riforma cattolica, p. 274), la finitezza corne colpa ontologica (cf. Il concetto di ateismo (1964 )=lntroduzione a Il problema dell'ateismo, pp. 27; 203), comunque non assolutizzata, ma umanisticamente superata nella semipelagiana ( o molinistica) conversione dell'interiorità all'Essere trascendente. Insomma, mero platonismo, specificato corne cristiano dalla confessione religiosa della provvidenza divina e della bontà della creazione. Stupisce in proposito la superficialità del pure onnideterminante concetto delnociano di peccato: lo status naturae lapsae è identificato con la (comunque umanamente trascendibile) mera concupiscentia dei beni materiali, cioè con la mancanza di attenzione spirituale, di desiderio e di riconoscimento dell'Essere metafisico; del tutto inoperante è invece l'analisi dell'agostiniano amor sui, che proprio nello spirituale desiderio metafisico e persino religioso trova la sua più alta e perversa espressione.
In tal senso, il costante anticartesianesimo teologico di Pascal si rivela, proprio agostinianamente, assai più lucido del compromesso arnauldiano tra agostinismo teologico e metafisica razionale: dove Arnauld pretende di scorgere un alleato spiritualista, Pascal vede perfettamente un pensatore che, nel suo ottimismo metafisico, nella sua ansia di evidenza raziona-
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le, di dominio di sé e del mondo, è del tutto irriducibile alla teologia tragica agostiniana.
Per valutare quanto sia comunque complessa la questione del presunto pelagianesimo di Cartesio (i cui testi sembrano talvolta effettivamente molinisti, talaltra compatibili proprio con la teologia della grazia agostiniana). rimando a V. CARRAUD, Pascal et la philosophie, p. 172, nota 1, e soprattutto alla preziosa trattazione di M.E. ScRIBANO, Da Descartes a Spinoza. Percorsi della teologia razionale del Seicento, Milano 1988, il cap. 1, "La questione del libero arbitrio". pp. 13-82, ove si analizza la complessa storia delle accuse di pelagianesimo rivolte contro Cartesio dai gomaristi olandesi e le risposte dei cartesiani calvinisti, intenti a provare, tramite un' esegesi dei testi del filosofo, la loro perfetta compatibilità con la teologia della grazia determinante e predestinata. Il pelagianesimo di Cartesio risultava comunque evidente ad un molinista corne Mersenne (in una lettera a Rivet del 1642 si dichiarerà d'accordo con il gesuita Petau, pur riconoscendone apertamente la prospettiva antiagostiniana: «Il traite de libero arbitrio et réfate Jansenius, et peut-être aussi saint Augustin, car il est difficile de réfater l'un sans l'autre»). preoccupato delle accuse di pelagianesimo che prevedeva sarebbero state mosse all' amico: cf. H. GoumER, Cartésianisme et augustinisme, pp. 15-31 (il cap. "Le dialogue avec Mersenne"), e in part. pp. 21-27.
APPENDICE IV - AVEUGLER, ÉCLAIRCIR
Numerosissime sono le Pensées dedicate alla dialettica divina illuminazione-rischiaramento:
«On n'entend rien aux ouvrages de Dieu, si on ne prend pour principe qu'il a voulu aveugler les uns, et éclaircir les autres» (232=264=566); «1.-C. est venu aveugler ceux qui voient clair, et donner la vue aux aveugles» (235=267=771); «Aveuglement surnaturel» (964=799=953). «Aveugler. Éclaircir. Il y assez de clarté pour éclairer les élus et assez d'obscurité pour les humilier. Il y a assez d'obscurité pour aveugler les réprouvés et assez de clarté pour les condamner et les rendre inexcusables.
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Saint Augustin, Montaigne» (236=268=578); sulla dialettica divina «aveugler-éclairer», cf. 503=738=675; 502=738=571.
Sulla rivelazione cristiana corne volutamente ambigua e non universalmente convincente, in quanto subordinata alla non universale grazia efficace del «Deus absconditus», cf. 427=681=194; 237=269=795; 149=182=430 e 255=287=758.
Il «Deus absconditus», «le Dieu caché» di Pascal (cf. già gli Extraits de quelques lettres à Mlle de Roannez [1656-1657], in Oeuvres complètes III, 1029-1047, in particolare gli estratti dalla lettera del 29 ottobre 1656, pp. 1035-1037) è infatti il Dio che acceca, è il terribile volto non salvifico del Dio della doppia predestinazione, che Gesù Cristo stesso rivela nella paradossalità della sua rivelazione:
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«Que disent les prophètes de Jésus-Christ? Qu'il sera évidemment Dieu? Non; mais qu'il est un Dieu véritablement caché; qu'il sera méconnu; qu'on ne pensera point que ce soit lui; qu'il sera une pierre d'achoppement, à laquelle plusieurs heurteront, etc. Qu'on ne nous reproche donc plus le manque de clarté, puisque nous en faisons profession. Mais, dit-on, il y a des obscurités. Et sans cela, on ne serait pas aheurté à Jésus-Christ. Et c'est un des desseins formels des prophètes: "Excaeca" (ls. 6,10)» (228=260=751). «Les miracles ne servent pas à convertir, mais à condamner» (379=411=825); «Les prophéties citées dans l'Évangile, vous croyez qu'elles sont rapportées pour vous faire croire? Non, c'est pour vous éloigner de croire» (763=629=568). «Il y a de l'évidence et de l'obscurité, pour éclairer les uns et obscurcir les autres. Mais l'évidence est telle, qu'elle surpasse, ou égale pour le moins, l'évidence du contraire; de sorte que ce n'est pas la raison qui puisse déterminer à ne la pas suivre; et ainsi ce ne peut être que la concupiscence et la malice du coeur. Et par ce moyen il y assez d'évidence pour condamner et non assez pour convaincre; afin qu'il paraisse qu'en ceux qui la suivent, c'est la grâce, et non la raison, qui fait suivre; et qu'en ceux qui la fuient, c'est la concupiscence, et non la raison qui fait fuir» (835=423=564). «Tout tourne en bien pour les élus, jusqu'aux obscurités de !'Écriture; car ils les honorent, à cause des clartés divines. Et tout tourne en mal pour les autres, jusqu'aux clartés; car ils les blasphèment, à cause des obscurités qu'ils n'entendent pas» (566=472=575).
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L' opzione teologica per un agostinismo giansenista. radl• cale e sistematico, è indubitabile; Cristo stesso «déclare '°" dessein et d'aveugler et d'éclaircir et ... mêle des obscurit'' parmi des choses claires qui arrivent» (344=376=756); la teoria pascaliana della cifra ubbidisce non certo ad un'erme· neutica della libertà stimolata dall'oscurità del rivelato, ma ad un'ermeneutica della grazia predestinata, che nasconde ad alcuni quello che rende del tutto evidente ad al tri. L' oscurità, infatti, non ha mai un valore positivo in questi testi di Pascal, ma al contrario è sempre riferita all'atto dell'accecare, del vo .. Ier tenere nascosto e inaccessibile. Ancora una volta, siamo qui rimandati alla grazia corne atto discriminante che distingue un senso spirituale e davvero rivelativo, da un senso opaco e meramente letterale della parola di Dio o della stessa creazione. «Figures. La lettre tue; tout arrivait en figures» (268=299=683). La lettera non è Io scarto oil punto d'arresto del processo interpretativo umano che non vuole risalire ad un senso spirituale universalmente disponibile; ovvero lo è secondariamente, ma soltanto perché in primo luogo la lettera è il sigillo inamovibile che il Dio nascosto ha voluto chiudere sulla sua rivelazione e sul suo Spirito, inaccessibili ai non eletti; cf. 910=451=781, ove alle figure bibliche della totalità (relative ad un Dio universale creatore e rivelatore) vengono contrapposte le figure bibliche dell' elezione (relative ad un Dio non universalmente misericordioso) che esclude e separa. Anzi, toma, nel più ortodosso agostinismo, persino la terribile dottrina della finalizzazione dell' accecamento dei reprobi al-1' edificazione degli eletti: «Dieu a fait servir l'aveuglement de ce peuple (l'ebraico) au bien des élus» (469=706=577). La traccia di Dio non vuole quindi essere universalmente significativa, rivelativa:
«"Et quoi, ne dites-vous pas vous-même que le ciel et les oiseaux prouvent Dieu?". Non. "Et votre religion ne le dit-elle pas?". Non. Car encore que cela est vrai en un sens, pour quelques âmes à qui Dieu donna cette lumière, néanmoins cela est faux à l'égard de la plupart» (3=38=244). Infatti nel mondo «ce qui y paraît ne marque ni une exclusion totale, ni une présence manifeste de divinité, mais la présence d'un Dieu qui se cache. Tout porte ce caractère» (449=690=556).
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L'intera apologia recupera quindi a livello di dottrina della grazia predestinata la dialettica positivo-negativo, grandezza-miseria, teismo-ateismo: Dio è luminosa presenza per alcuni, inesistenza per altri; il cristianesimo non è una religione della piena rivelazione, ma di una rivelazione ambigua, si che «le monde subsiste pour exercer miséricorde et jugement>> (461=700=584). La stessa creazione non è capace di rivelare corne amabile il proprio creatore, senza il dono soprannaturale dello Spirito (ricordo che nelle Confessiones solo Io Spirito di grazia permetteva all' eletto di non essere sordo alla Iode che l' intera creazione rivolge a Dio; cf. IX,4,10-11; X,3,3 e soprattutto 6,9,10). L'affermazione del Dio che si nasconde dev'essere riconosciuta in tutta la sua pregnanza: non basta dire che Dio è platonicamente nascosto corne segreto della creazione, origine ontologicamente trascendente e non esauribile nel derivato, ove comunque traluce. Dio si vuole nascondere, rivela quindi un'intenzionalità di nascondimento che è un giudizio di condanna del peccato universalmente condiviso dagli eredi di Adamo. Ritoma la terribile domanda di Agostino: in effetti, se Dio onnipotente avesse voluto davvero essere riconosciuto da tutti, perché si è ri-velato in modo cosi enigmatico, non universale, non eclatante?
«S'il eût voulu surmonter l'obstination des plus endurcis, il l'eût pu, en se découvrant si manifestement à eux qu'ils n'eussent pu douter de la vérité de son essence, comme il paraîtra au dernier jour avec un tel éclat de foudres et un tel renversement de la nature que les morts ressuscités et les plus aveugles le verront» (149= 182=430).
E la stessa naturale obiezione che Dio si nasconde soltanto ai più induriti, cioè soltanto a coloro che non Io cercano affatto, viene - ancora agostinianamente - del tutto spenta dalla precisazione di Pascal:
«Dieu refu.se à quelques-uns, à cause de leur endurcissement, ce qu'il accorde aux autres par une miséricorde qui ne leur est pas due» (ivi).
L' indurimento è l' abbandono degli empi alla loro naturale, ormai necessitata empietà, giustamente condannata da Dio;
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l'indurimento non è allora una peculiarità dei reprobi, ma l'universale destino degli uomini, dal quale solo la non universale, indebita misericordia di Dio puo salvare. Non a caso toma in Pascal, corne in tutti i giansenisti, la più terribile dottrina di Agostino: confessare un Dio capace di «damner éternellement un enfant incapable de volonté, pour un péché où il paraît avoir si peu de part>> (131=164=434). Pertanto nemmeno il desiderio o la ricerca naturali di Dio sarebbero sufficienti a testimoniare negli eletti un atto autonomo (il minore indurimento) che meritasse loro la grazia (non condivido pertanto l'interpretazione di L. PAREYSON, L' etica di Pascal, 1966, ora in Kierkegaard e Pascal, Milano 1998, pp. 243-250: pur riconoscendo che l' orizzonte del tema del Deus absconditus rimane giansenista (cf. p. 245), finisce pero per riconoscere semipelagianamente «il merito» dell'uomo «per aver saputo vedere il barlume nel buio» (p. 247), donde l'approdo alla definizione di un'etica pascaliana! In realtà questo riconoscimento puo essere un atto meritorio soltanto in quanto creato dalla stessa grazia irresistibilmente illuminante di Dio).
Infatti, se la ragione puo naturalmente riconoscere l'esistenza di un creatore, «cette connaissance, sans Jésus-Christ, est inutile et stérile» (449=690=556); di nuovo la dialettica della vanità, inseparabile dalla ragione umana, ripropone la sua implacabile e dannatrice oscillazione: ateismo o deismo, modalità equivalenti del silenzio di Dio, della sua accecante condanna. Senza Cristo, ovvero senza la grazia del suo Spirito, gli uomini necessariamente
«tombent, ou dans l'athéisme, ou dans le déisme, qui sont deux choses que la religion chrétienne abhorre presque également» (ivi).
Diviene forse meglio comprensibile, allora, un frammento celeberrimo: «Le silence éternel de ces espaces infinis m'effraie» (Pensées 201=233=206); il silenzio dell'infinità materiale terrorizza perché rappresenta il tacere di Dio, il suo non rivelarsi corne grazia, abbandonando l'uomo alla sua miseria fisica e spirituale, alla sua irredenta finitezza. Il sublime pascaliano, rivelazione della sproporzione insuperabile tra la misera finitezza dell'uomo e l"'orrenda", indominabile rap-
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presentazione dell'infinità che comunque fa irruzione nel suo pensiero (cf. 199=230=72, ove dialetticamente l'idea di infinito e l'idea di nulla si rivelano opposte ma inseparabili), trova senso soltanto all' intemo della dialettica teologica tra miseria peccaminosa e immagine divina: soltanto la grazia, che dona la fede in Cristo e la conoscenza confessante del proprio peccato, riesce davvero a rendere la sproporzione del sublime segno rivelativo del rapporto tra uomo e Dio. In un altro fondamentale frammento, esplicita è la connessione tra l' opzione teologica e l'insostenibile, disperante constatazione dell'accecamento dell'uomo e del silenzio di Dio nell'universo:
«En voyant l'aveuglement et la misère de l'homme, en regardant tout l'univers muet, et l'homme sans lumière, abandonné à lui-même, et comme égaré dans ce recoin de l'univers, sans savoir qui l'y a mis, ce qu'il y est venu faire, ce qu'il deviendra en mourant, incapable de toute connaissance, j'entre en effroi, comme un homme qu'on aurait porté endormi dans une île déserte et effroyable, et qui s'éveillerait sans connaître et sans moyen d'en sortir. Et, sur cela, j'admire comment on n'entre point en désespoir d'un si misérable état ... Je vois plusieurs religions contraires, et partant toutes fausses, excepté une» (198=229=693).
È interessante notare il ritomare dell'immagine dell'uomo che si risveglia su un'isola nel I dei Discours sur la condition des grands, in Oeuvres complètes IV, 1029-1034, e la definizione di quest'uomo-simbolo, arbitrariamente scambiato per il re dell'isola, corne «roi de concupiscence» (III discorso, 1034), opposto a Dio, unico «roi de la charité»; ancora una volta, la sbigottita trasparenza della vana contingenza delle realtà umane è immediatamente restituita in termini teologici. Sulla peculiarità del sublime pascaliano, cf. H. BoucHILLOUX,
Du beau et du sublime chez Pascal, in «Revue philosophique» 2, 1995, 191-210. Specificherei comunque che ogni riferimento pascaliano all'abisso dell'universo e al suo silenzio, al suo vuoto, alla sua vanità è da interpretarsi sempre teologicamente corne segno di (possibile) reiezione.
Penso inoltre alla testimonianza dell'abbé BOILEAU (riportata da Mesnard in Pascal, Oeuvres complètes, I, 969): «Ce grand esprit croyait toujours voir un abîme à son côté gauche,
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et y faisait mettre une chaise pour se rassurer>>. Questa valenza teologica dell'infinito corne abisso naturalmente negativo differenzia nettamente Pascal da Cartesio, per il quale l'idea di infinito rassicura l'uomo dell'esistenza di Dio e della sua universale provvidenzialità, garantendo quindi, dal dubbio iperbolico dell'inganno demoniaco, la sicurezza della conoscenza e della realtà oggettiva. La stessa obiezione, che spesso Pascal stesso sottolinea la grandezza del pensiero dell' uomo che scopre in sé l'idea di infinito (cf. ad es. 200=264=347), non smentisce, anzi rivela ancora più chiaramente la differenza rispetto a Cartesio: agostinianamente, per Pascal solo il nodo di un peccato umanamente invincibile spiega la sproporzione assoluta tra la grandezza della ragione umana e il suo essere colpevolmente accecata, incapace di scorgere e di ascoltare il Verbo del Deus absconditus; cf. le notevoli considerazioni di F. JESI, Che cosa ha veramente detto Pascal, Roma 1974, 64-66, sulla ragione corne scoria del fuoco della grazia, traccia di un' assenza, simbolo velato, «constatazione di una condanna, ma anche di una consapevolezza indispensabile». Ricordo, infine, che Agostino stesso, nelle Confessiones, nel De Trinitate, nel De civitate Dei, sottolinea la grandezza metafisica della memoria dell'uomo, nella quale giace nascosto Dio stesso; ma solo la grazia gratuita puo permettere all'uomo l'effettiva confessante riammemorazione della propria immagine. Troppo spesso, infatti, si dimentica corne l "'elemento cartesiano" in Pascal sia spesso, in realtà, un elemento agostiniano! Sulla dialettica grandezza-miseria corne costitutiva dell'intera teologia di Ag., cf. G. LETIIERI, Il senso della storia in Agostino d'Ippona; la dialettica del tempo nelle Confessiones di Agostino, in «Doctor seraphicus» 39, 1992, 13-63.
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CRONOLOGIA
AGOSTINISMO E GIANSENISMO DAL CONCILIO Dl TRENTO
ALLA DISTRUZIONE DI PORT-ROYAL1
1547 Un anno dopo la morte di Lutero, la VI sessione del Concilio di Trento (1545-1563) promulga il Decretum de iustificatione, che corregge in profondità le bozze di Girolamo Seripando, superiore degli agostiniani e agostiniano radicale, di cui vengono respinti anche alcuni emendamenti. Nel Decretum, domina un'intenzionale ambiguità tra una lettera fedelmente agostiniana e uno spirito assai mena radicale, sostanzialmente antiluterano e anticalvinista. Il libero arbitrio è inclinato al male dal peccato d' Adamo, e non radicalmente corrotto; il battesimo rigenera intimamente la creatura, e la concupiscenza permane in lei soltanto corne contrastabile inclinazione al peccato; la predestinazione è prudentemente confessata, ma marginalizzata, venendo proclamata corne mistero del tutto inesplorabile; se si ribadisce con forza la necessaria dipendenza della volontà buona (che comunque «se vuole puo dissentire») dalla grazia ( «che sempre precede, accompagna e segue le opere buone» ), pure si condanna la passività o la negazione della libertà umana nel suo cooperare con la grazia; si afferma che Dio vuole la salvezza di tutti gli uomini, ma si specifica agostinianamente che Dio vuole che i loro meriti siano suoi doni; si evita qualsiasi pronunciamento sulla
1 Questa Cronologia è niente più che uno strumento per meglio contestualizzare le questioni di storia del cristianesimo sopra trattate. Per I' ampiezza cronologica e tematica, è stato inevitabile rassegnarsi ad approssimazioni ed omissioni.
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predestinazione della grazia indebita, ma si anatematizza la dottrina della predestinazione al male. La definizione dogmatica tridentina rovescia la strategia politico-teologica promossa presso la Dieta di Ratisbona (1541) dal cardinale Gasparo Contarini, coadiuvato da Giovanni Morone (nominato cardinale ne] 1542) e capo di quel fronte cattolico riformatore ed imperiale - sostenuto da Carlo V -capace di proporre ai protestanti una bozza di conciliazione dottrinale che, sulla questione della giustificazione per fede, si avvicinava all'impostazione luterana (agostiniana radicale), recependone «il fundamento verissimo»; il disaccordo sulla transustanziazione e sulla struttura ecclesiastica fece naufragare il compromesso, malgrado la firma melantoniana del documento sulla giustificazione (comunque giudicato negativamente dallo stesso Lutero, e non sottoscritto da Calvino, presente a Ratisbona), che fu poi respinto dalla curia romana perché troppo filoluterano, mentre non fu appoggiato, perché troppo moderato, dall'altro grande cardinale riformatore, l'inglese Reginald Pole, ormai nettamente schieratosi a favore dello spiritualismo valdesiano. Dopo il fallimento della mediazione di Contarini (morto nel 1542), Morone - contro il quale comincio a muoversi Io stesso Ignazio di Loyola - si converti aile istanze "spirituali" valdesiane, in ltalia nicodemiticamente sostenute dall' &'Clesia viterbiensis, guidata proprio da Pole e da Marcantonio Flaminio (uno degli autori del manifesto del valdesianesimo italiano, il Beneficio di Christo ( 1542-1543), che verrà letto e ufficialmente condannato a Trento nel 1546), e della quale era seguace Vittoria Colonna. Se quindi inizialmente Pole e Morone interpretarono il Concilio di Trento - di cui presiedettero la prima, fallita riunione convocata da Paolo III (Farnese: 1534-1549) nel 1542-1543 - corne necessaria svolta riformistica e "spirituale" della chiesa cattolica, preludio alla riconciliazione dottrinale coi protestanti, proprio il prevalervi di un orientamento apertamente antiprotestante e implicitamente semipelagiano, quindi relativizzatore della teologia della grazia agostiniana, deterrnino nel 1546, in vista della promulgazione del Decretum de iustificatione, il clamoroso abbandono del Concilio da parte di Pole; anche Morone lamento privatamente la debolezza teologica e l'equivocità del Decretum; il Concilio viene comunque interrotto. Muoiono Enrico VIII di Inghilterra e Francesco 1 di Francia; Carlo V sconfigge la luterana lega di Smalcalda nella battaglia di Mühlberg: la successiva dieta di Augusta emana l' Interim e la Formula reformationis imperiale del 1548, volti ad un accordo con i prote-
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stanti, comunque boicottato da Roma; Filippo Melantone e i luterani rispondono con l' Interim di Lipsia, che, pur precisando punti di disaccordo, accetta la formula di compromesso sulla giustificazione e su punti secondari (gli adiafora) in ambito sacramentale e liturgico; Mattia Vlaçic (=Flacio Illirico: 1520-1575) insorge contro il moderato Melantone e i suoi discepoli (i «filippisti», tra i quali G. Major; J. Menius), accusandoli di rinnegare Lutero e la Riforma, professando un sinergismo semipelagiano: Flacio abbandona Wittenberg ritirandosi a Magdeburgo, «la cancelleria di nostro Signore Jddio», centro della resistenza antipapista, ove si forma il gruppo radicale degli «gnesioluterani» (gli autentici discepoli di Lutero, tra i quali N. Amsdorf, N. Gallus). Constantino Ponce de la Fuente, grande erudito, compagno di studi di Ignacio de Loyola e di Juan de Valdéz, quindi predicatore della cattedrale di Siviglia, pubblica la Confesi6n de un pecador, Iode della grazia di Dio improntata al-1' autobiografia agostiniana. Chiamato a corte da Carlo V, seguirà l'educazione religiosa di Filippo II, ma, tornato a Siviglia, verrà accusato di luteranesimo dall'Inquisizione e messo al rogo nel 1559.
1551 Il domenicano Pietro de Soto, confessore di Carlo V, scrive a Ruard Tapper, cancelliere dell'università di Lovanio (nelle Fiandre, allora possedimento spagnolo) e futuro avversario di Baio, per lamentare Io smarrimento della dottrina agostiniana e tomista della grazia e della predestinazione presso numerosi teologi (Pighio, Eck, Catarino, Domenico Soto), esclusivamente preoccupati di difendere contro i protestanti il libero arbitrio. Pietro de Soto afferma che la libertà umana è incompatibile con la coazione, ma non con la necessità. Tapper risponde identificando la grazia agostiniana con la suasio alla salvezza, ribadendo con il De Spiritu et littera che «il consentirvi o il dissentirvi dipende dalla volontà», cioè dalla libertà umana; la predestinazione eterna della grazia di Dio è ricondotta alla prescienza divina, quindi fatta dipendere dai futuri meriti dell'uomo eternamente preconosciuti da Dio. Soto replica sottolineando l' assoluta impotenza della volontà umana decaduta e la necessità della grazia efficace, persuasio irresistibile e predestinante, che non trova, bensi crea i meriti della volontà umana. A Lovanio, il professore Josse Ravesteyn detto Tiletanus accusa Tapper di far dipendere l'efficacia della grazia divina dalla libertà umana.
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1555 Bartolomeo Gravi us pubblica l' edizione in due volumi degli scritti antipelagiani di Agostino, probabilmente con la collaborazione di Baia. Quest'edizione delle sole opere sulla grazia avrà una grande fortuna: ancora nel 1621 Giansenio ne invierà 22 esemplari a Saint-Cyran. Alla morte di Giulio III (de' Ciocchi del Monte: 1550-1555), e dopa il brevissimo pontificato di Marcello Il (Cervini: 1555), viene eletto papa l'anziano Gian Pietro Carafa, Paolo IV (1555-1559), in gioventù corrispondente di Erasmo, quindi fondatore con Gaetano da Thiene dei teatini e propugnatore di un cristianesimo ascetico e rigoroso, infine sempre più ossessionato dalla latta contra l'eresia: proprio il Carafa convinse Paolo III ad istituire nel 1542 la Congregazione cardinalizia del Sant'Uffizio, l'Inquisizione romana, formidabile apparato politico-religioso che egli stesso guido sino all'elezione pontificia, rendendola suprema garante dell'ortodossia e quindi centro decisivo - sottratto persino al controllo del pontefice - del potere ecclesiastico controriformista. Paolo IV determina quindi una svolta nella storia del cattolicesimo moderno, inaugurando la vera e propria controriforma, dopo i contraddittori tentativi di riforma cattolica operati da Paolo III e da Giulio III, la cui elezione a sorpresa impedl quella quasi scontata di Pole, ostacolata dalla documentazione presentata nel conclave dal cardinale inquisitore Carafa, nei confronti del quale comunque Giulio III nutrl una crescente avversione; con Paolo IV si afferma invece la strategia di guerra aperta e sistematica contra qualsiasi conciliante irenismo, contra il minima cedimento dottrinale e politico ai protestanti: «Li heretici si voleno trattare da heretici». Atto emblematico dell'inflessibile strategia assolutista e integralista di Paolo IV è la persecuzione con l'accusa di eresia dei due più grandi esponenti della riforma cattolica "alumbrada", i cardinali "imperiali" Pole ( cui viene ritirata la legazione in Inghilterra, ove dal 1554 tenta va di reintrodurre il cattolicesimo corne consigliere della regina Maria la Cattolica) e Morane: questi - che entrato corne grande favorito nel conclave che elesse Carafa, vi si vide apertamente accusato di eresia - viene dal nuovo papa arrestato, rinchiuso a Castel Sant' Angelo e processato (1557-1559: sarà liberato e riabilitato dopa soli tre giomi dalla morte di Paolo IV); soltanto il suo risidere in lnghilterra, e quindi la morte salvarono il cardinale Pole dalla stesso destina. Con la pace di Augusta, in Germania si riconosce definitivamente l'esistenza separata della chiesa e degli stati lutera-
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ni; si impone il principio territoriale «cuis regio, eius religio»: la confessione cristiana dei sudditi dipende da quella del sovrano.
1556 Abdicazione di Carlo V (1500-1558): il suo immenso dominio viene diviso in regno di Spagna e Paesi Bassi (la corona passa al figlio Filippo Il) e in impero asburgico (il successore è il fratello di Carlo V, Ferdinando). Muore Ignazio di Loyola.
1558 Muore senza eredi Maria la cattolica, moglie di Filippo II sin dal 1554; la sorelJastra Elisabetta sale sui trono di Inghilterra e vi ristabilisce immediatamente Io scisma da Roma. Muore in lnghilterra Reginald Pole.
1559 A Lovanio i gesuiti aprono il primo Joro seminario teologico nell' Europa settentrionale. Roberto Bellarmino (1542-1621) è inviato a Lovanio per perfezionare i suoi studi teologici e per predicare. Numerosi libri di Juan de Valdés, morto ne! 1541 esule a Napoli, vengono messi alJ'indice: il loro fervente agostinismo, il loro richiamo ad una fede interiore ed esperienziale dono gratuito e progressivo dell'illuminazione dello Spirito, la loro dottrina della giustificazione agostiniana radicale li rendeva un vero proprio cuneo "riformatore" ne] cattolicesimo italiano. Atto conclusivo e decisivo del pontificato reazionario di Paolo IV è la promulgazione nel 1559 del primo, estesissimo Indice papale dei libri proibiti, eccezionalmente redatto dalla stessa lnquisizione: vi sono prescritte tutte le traduzioni delJa Bibbia in volgare e tutte le opere di Erasmo, a testimonianza della definitiva rottura delJa controriforma con l'umanesimo cristiano. La morte del Carafa permette la parentesi riformista del pontificato di Pio IV (Medici: 1559-1565), che riabilita il Morane, dietro suo consiglio nomina cardinale l' agostiniano Seripando (sospettato di eresia da Paolo IV), infine decide -dopo un'interruzione di dieci anni - la riapertura del Concilie di Trento, conclusosi sotto la presidenza e grazie all' abilissima mediazione del Morone (1562-1563). Il luterano Flacio Illirico avvia e dirige il grandiose progetto delle Centurie di Magdeburgo, incompiuta storia della chiesa interpretata corne progressiva degenerazione della ri velazione cristiana, pura soltanto sino all' età apostolica, quindi progressivamente corrotta ad opera dell'influenza della filosofia pagana, della mondanizzazione della chiesa ad opera della
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svolta costantiniana, della crescente decadenza della chiesa medievale, caratterizzata dall'affermazione del papismo romano, l' Anticristo che corrompe definitivamente la dottrina e la morale cristiana; il provvidenziale avvento della Riforma luterana rappresenta la miracolosa conversione della cristianità alla purezza perduta e umanamente irrecuperabile delle origini; }'opera verrà interrotta nel 1574, fermandosi alla fine del XII secolo. L'oratoriano Cesare Baronio (1538-1607) risponderà con i dodici libri degli Annales ecclesiastici, ove - contro i novatores scismatici ed eretici - la storia della chiesa è interpretata corne tradizione e fedele conservazione, processo di costante e graduale approfondimento dell'unica, identica rivelazione che cresce con la storia della chiesa stessa, guidata dalla Spirito, garantita nella sua fede dal primato romano e dalla continuità dei vescovi successori degli apostoli. Giovanni Calvino termina la nuova, definitiva edizione latina della sua summa dogmatica, la Christianae religionis Institutio, che tradurrà in francese nell'anno seguente; l'agostinismo dell'opera è radicale e sistematico: «Siamo cosi giunti al cuore del problema (della grazia predestinata) ... affinché nessuno possa affermare che travisiamo la Scrittura, mostriamo che la verità da noi sostenuta è stata insegnata anche da una persona santa, intendo dire sant'Agostino ... Tutti gli antichi Padri, eccetto sant'Agostino, sono cosi incostanti in questa materia e si esprimono in modo cosi impreciso e oscuro che non si puo ricavare dai loro scritti una dottrina chiara e precisa»; empia concupiscenza, servo arbitrio, assoluta ignoranza e impotenza nel bene caratterizzano la natura dell'uomo decaduto, «nulla assoluto» capace di desiderare e di operare soltanto il male; del tutto indebita, predestinata è la grazia: <<È l' elezione di Dio a discriminare gli uomini ... Dio, senza riguardo ad alcuna opera, sceglie coloro che ha decretato in sé»; gli eletti sono mossi irresistibilmente dalla Spirito: «Dio con il suo Spirito dirige, piega e modera il nostro cuore e vi regna come in un suo possesso... Paolo esprime la necessità che i credenti operino passivamente ... vale a dire agiscano in quanto sono spinti, e la facoltà è data loro dal cielo». Calvino afferma apertamente che il peccato di Adamo è stato voluto da Dio stesso ( <<Ammetto che è stato per volere di Dio che tutti i fig li di Adamo sono caduti in quella miseria in cui si trovano ora ad essere detenuti») e difende la dottrina della doppia predestinazione: i reprobi sono tali perché Dio li ha predestinati a non essere eletti, abbandonandoli misteriosamente alla loro perversione: <<Malgrado
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il perdere e il mandare in rovina quelli che gli pare, sia cosa che si addice meglio alla crudeltà di un tiranno che alla dirittura di un giudice .. ., la volontà di Dio è a tal punto regola suprema e sovrana di giustizia, che tutto quello che egli vuole, bisogna considerarlo giusto per il fatto che egli lo vuole». Pace di Cateau-Cambrésis: la Francia riconosce definitivamente l'egemonia spagnola in Italia, ma strappa alcune città all'Impero e Calais agli inglesi.
1560 A Wittenberg muore Melantone. La Sorbona condanna alcune proposizioni di Baio.
1563 A Lovanio, nel contesto di una polemica anticalvinista, Michele Baio (1513-1589) pubblica tre brevi trattati nei quali attacca la filosofia scolastica e il determinismo "manicheo" della grazia protestante, in nome di un ritomo ail' Agostino antipelagiano: di particolare importanza il De libero hominis arbitrio et eius potestate e il De iustitia et iustificatione. Malgrado le polemiche, Baio e il suo amico Hessels sono inviati alle riunioni conclusive del Concilio di Trento corne delegati del re di Spagna.
1564 Morte di Calvino e di Michelangelo. Baio (che alla fine della sua vita avrà letto nove volte tutto Agostino e settanta volte tutte le sue opere antipelagiane) pubblica altri quattro brevi trattati, tra i quali il De meritis operum e il De prima hominis iustitia et virtutibus impiorum. Ma proprio il Tiletanus, l' antico censore di Tapper, denuncia Baio e chiede al re di Spagna di consultare le università di Alcala e Salamanca; la maggioranza della Facoltà teologica di Lovanio si schiera con Baio. Filippo Neri fonda la Congregazione dell'Oratorio, che verrà approvata dal papa nel 1575. Pio IV, accogliendo i pronunciamenti del Concilio di Trento, promulga l 'Indice tridentino, che pur contando mille titoli, riduce notevolmente l' Indice promulgato da Paolo IV nel 1559.
1565 Le università di Alcalà e di Salamanca condannano alcune proposizioni baiane.
1566 Baio pubblica una seconda edizione dei suoi opuscoli e aggiunge il De peccato originis e il De charitate. Per Baio è soprannaturale un dono indebito, corne la grazia che risolleva la natura de-
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caduta. Creato per unirsi a Dio, Adamo gode invece di una condizione ontologica del tutto naturale, non bisognosa di una grazia soprannaturale; infatti il divinizzarsi di Adamo era inscritto nel suo stesso essere creato ad immagine, pur se agostinianamente il suo progredire era comunque sostenuto dal dono dello Spirito Santo. Analogamente, la beatitudine angelica è il compimento della natura angelica stessa, la ricompensa del suo aver bene operato e meritato, e non puà a rigore essere interpretata corne un dono della grazia. Ma quanto più perfetta era la condizione originaria, tanto più rovinosa risulta essere la condizione decaduta, si che Baio sarà ripetutamente accusato di essere pelagiano e luterano (o calvinista) al tempo stesso. Comunque per Baio la natura umana infralapsaria non puà, a causa della sua imperfezione, essere considerata l 'originaria creazione di Dio. Solo la carità, donata dalla irresistibile e gratuita grazia divina, è infatti capace di restaurare o risollevare la natura decaduta; senza la carità della grazia, le buone opere sono impossibili all'uomo decaduto, dunque a tutti gli infedeli. Pertanto, alla libertas a necessitate, la libertà di volere o di non volere una cosa, propria soltanto dell' Adamo prelapsario (abilitato a scegliere la realizzazione della legge divina e della sua stessa natura), è contrapposta la libertas a servitute donata dalla grazia, la sola a liberare l'uomo dalla necessitante servitù del peccato; la libertà della creatura è quindi incompatibile con una coazione estrinseca, ma non con l'azione intrinsecamente e irresistibilmente necessitante della grazia. Baio polemizza contro la dottrina della giustificazione protestante (certo semplificata e deformata): la giustizia dell'uomo non viene fatta coincidere con la mera remissione estrinseca dei peccati o con una giustizia imputata, ma è la piena abilitazione, certo restaurata dalla grazia soprannaturale, al compimento perfetto delle buone opere comandate dalla legge; la libertà graziata puà quindi superare la concupiscenza ereditata dal peccato adamitico, universalmente e irresistibilmente operante corne ignoranza, malizia e libidine non dominabile razionalmente. Baio non tratta mai sistematicamente della predestinazione divina. Il disegno di intransigente controriforma di Paolo IV - provvisoriamente interrotto dal pontificato riformista di Pio IV - viene ripreso e compiuto da Pio V (Ghisleri: 1566-1572), l'oscuro domenicano che proprio il Carafa aveva nominato cardinale e capo del Sant'Uffizio; questi riesce ad essere eletto papa bloccando nuovamente, nel conclave del 1566, l'elezione del favoritissimo Morone, esibendo l'incartamento inquisitoriale
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raccolto da Paolo IV, quindi da lui stesso tenuto per anni «nella sacchozza»; Io spietato Grande Inquisitore divenuto papa (e che verrà persino santificato dall' antigiansenista Clemente XI nel 1712!) pubblica il Catechismus romanus, summa elementare della dottrina e dei precetti cattolici, che finisce per sostituire la Scrittura corne "libro sacro" controriformista, unica rivelazione garantita e necessaria per il popolo cattolico, che si vuole «bambino», passivo ed acritico recettore dei dogmi salvifici; deciso ad imporre il ripristino dell'indice di Paolo IV, Pio V stabilisce nel 1571 la Congregazione dell'lndice. La controriforma cattolica sarà portata avanti da Gregorio XIII (Boncompagni: 1572-1585), grande protettore della Compagnia di Gesù, e da Sisto V (Peretti: 1585-1590), che nel 1588 riformerà la curia ponendo al vertice delle congregazioni cardinalizie proprio quella del Sant'Uffizio.
1567 In seguito alla denuncia del Tiletanus, e dopo una nuova condanna dell'università di Salamanca di alcune proposizioni baiane, riprendendo in buona parte le proposizioni censurate dalle università spagnole, Pio V condanna 76 ( o 79) proposizioni (in gran parte tratte dalle opere di Baio, che non viene comunque nominato) con la bolla Ex omnibus afflictionibus, che vieta, pena scomunica, di tornare a polemizzare sulla materia; ci si astiene comunque da una confutazione puntuale delle varie proposizioni, che vengono respinte in blocco, ma tramite l'accumulazione di diversi aggettivi, più o meno negativi. La mancanza di segni di punteggiatura, propria di tutti i documenti ufficiali romani, genererà la controversia detta del comma pianum: a seconda della collocazione di una virgola, l' ambigua espressione della condanna mutava completamente senso. Infatti è possibile interpretare la condanna romana o 1) in sensu propositionum ut iacent, o 2) in sensu auctoris. 1) È questa l'effettiva intenzione del documento; la bolla intende condannare la lettera di alcune proposizioni (ut iacent) considerate inadeguate, ma non intende condannare l'interpretazione che Baio - illustre consulente dello stesso concilio di Trento - dava loro. 2) È questa la forzata interpretazione del documento che, immediatamente proposta dagli avversari di Baio e quindi a partire dal 1618 formalizzata dai gesuiti, progressivamente si imporrà, malgrado le proteste dei seguaci di Baio e dei giansenisti: la bolla avrebbe inteso condannare il sensus, l'interpretazione baiana di alcune proposizioni, pur letteralmente ammissibili. Interpretando a ragione il documento pontifi-
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cio nel primo senso, rassicurati da lettere e affermazioni del cardinale Granvelle, arcivescovo di Malines, e da nunzi romani, Baio (le cui opere non vengono comunque messe all'Indice) e Lovanio si sottomettono. Comunque, corne affermerà nel 1700 Gerberon, dando voce all'intera tradizione giansenista: <<Non vi è teologo che non si rammarichi che la dottrina di S. Agostino, lodata dalla Santa Se de, abbia ricevuto una f erita incurabile dalla costituzione di S. Pio V». Pio V proclama Tommaso d' Aquino dottore della chiesa. A causa della sanguinosa repressione del duca d' Alba, gli interi Paesi Bassi insorgono contro il dominio spagnolo; le province calviniste riconoscono corne loro capo Guglielmo d'Orange.
1568-1569 Baio invia un'Apologia a Pio V, ove, lamentando di non aver ricevuto copia ufficiale della balla, riconosce corne proprie soltanto una trentina delle proposizioni condannate: la condanna gli pare comunque ingiusta, essendo queste proposizioni tratte dalla Scrittura, dai Padri, e in particolare da Agostino. Baio ribadisce quindi la bontà del suo metodo di preferire alle dottrine scolastiche l'assoluta autorità dei Padri. Seconda apologia di Baio indirizzata al cardinale Simonetta. Breve di Pio V a Lovanio che conforma la balla.
1570 La bolla di condanna delle tesi baiane è promulgata, per ordine di Filippo II, nella Facoltà teologica di Lovanio, ove Bellarmino è incaricato dell'insegnamento di Tommaso (che manterrà sino al 1576): Bellarmino attacca le tesi (da lui considerate criptoluterane) di Baio con grande finezza, ma senza mai chiamarlo direttamente in causa, il che gli permette di mantenere rapporti cordiali con l'intera Facoltà e con Baio stesso. Bellarmino compone un'opera sulla grazia e la predestinazione (di orientamento congruista), comunque fondata su un'attenta analisi delle opere antipelagiane di Agostino, armonizzate con gli insegnamenti della Summa tomistica.
1571 Lovanio è costretta a ribadire ufficialmente la condanna delle proposizioni; Baio stesso accetta la condanna, il che gli permette di raggiungere le massime cariche accademiche a Lovanio. La flotta cristiana batte i turchi a Lepanto.
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1572 In Olanda il sinodo calvinista di Emden adotta corne regola di fede la confessio belgica, assumendo corne normativo il catechismo di Heidelberg, che prevedeva corne dogmatica la dottrina della riprovazione predestinata dei dannati. G. Coolhaes (1536-1615) e D.V. Coomhert (1522-1590) rifiutano la loro adesione; Arminio verrà incaricato nel 1589 dal concistoro di Amsterdam di polemizzare proprio contra Coomhert. Massacra della natte di San Bartolomeo ( 4 agosto), promosso dalla regina madre Caterina de' Medici e da Enrico di Guisa, capo del partita cattolico francese: migliaia di ugonotti, convenuti a Parigi per le nozze tra l'ugonotto Enrico di Navarra e Margherita di Valois, sorella del re Carlo IX, vengono sterminati dai cattolici; presto le stragi si estendono nel resta della Francia.
1575 Baio afferma che i vescovi derivano il loro potere da Dio e non dal papa, che è dottrinalmente fallibile.
1576 La Facoltà teologica di Lovanio si pronuncia ufficialmente contra gli errori teologici attribuiti dalla balla di Pio V a Baio.
1577 Viene pubblicata a Lovanio una nuova edizione completa delle opere di Agostino, dopo un accurato lavoro di collazione di 200 manoscritti trascurati da Erasmo, avviato nel 1570 e condotto da un'équipe di circa sessanta membri, diretta prima da Thomas Gozaeus e da Jean Molanus (professori di teologia a Lovanio, si occupano in particolare dell'epistolario agostiniano), e quindi da Henri Gravius (avversario di Baio, si occuperà del VII tomo, ovvero delle opere antidonatiste e antipelagiane, comunque incomplete): con il suo vasto apparato critico, la nuova edizione migliora nettamente le edizioni basilensi di Amerbach (1506) e di Erasmo (1528-1529).
1578 In Olanda il sinodo di Dordrecht conforma le decisioni del sinodo di Emden del 1571.
1579 Per il Sant'Uffizio, Bellarmino compone una memoria antibaiana, che influirà sulla stesura della bolla Provisionis nostrae. Viene proclamata l' Unione di Utrecht delle sette Province Unite settentrionali calviniste dei Paesi Bassi olandesi, che si distaccano dalla corona spagnola e dalle province meridionali cattoliche, con
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l' Unione di Arras rimaste fedeli a Filippo IL Inizia la guerra degli ottant' anni tra spagnoli e olandesi.
1580 Gregorio XIII promulga la bolla Provisionis nostrae, ove vengono riprodotte e nuovamente condannate le proposizioni combattute dalla bolla di Pio V; viene inoltre ribadito il divieto di occuparsi delle questioni relative alla grazia. Baio, dopo ripetuti colloqui con il gesuita François Tolet, confessore e inviato del papa, ammette la patemità di un gran numero delle proposizioni condannate dalla bolla e si dichiara del tutto convinto della giustezza della condanna. Tolet sentenzia: «Nihil Baio doctius, nihil Baio humilius». Ma Baio oralmente ritoma su alcune delle tesi condannate. Jakob Andrea, cancelliere dell'università di Tübingen e leader di una commissione di teologi, pubblica il Konkordienbuch, documento normativo dell'ortodossia luterana, derivante dall'accordo tra i vari fronti teologici luterani. Evidente vi risulta l' attenuazione dell' agostinismo radicale di Lutero, sulla linea di Melantone, che sempre più aveva sinergisticamente respinto la dottrina luterana del servo arbitrio e aveva messo in secondo piano il concetto di predestinazione; non a caso Flacio Illirico, paladino dell'ortodossia luterana predestinazionista, era stato combattutto dal fronte "filippiano" di Wittenberg e da quello "pelagiano" di Iena, da dove fu espulso corne eretico "manicheo". La Formula di concordia del 1580 definisce l' ortodossia luterana corne dottrina della grazia agostiniana moderata, di fatto prossima a quella del Decretum de iustificatione tridentino: l' articolo II riconosce la cooperazione della libertà rigenerata dalla grazia con l' azione interiore dello Spirito; l' articolo IV sottolinea corne sia dovere del rigenerato compiere opere buone, anche se solo la grazia, e non queste, determinano la salvezza; soprattutto l'anticalvinista articolo XI respinge la dottrina di una predestinazione divina alla dannazione e condanna chi assolutizza con durezza la dottrina dell' elezione predestinata; infatti, «Cristo chiama tutti i peccatori», sl che la dannazione dipende dalla volontaria resistenza della libertà alla chiamata. Ormai in campo protestante è solo il calvinismo a confessare un agostinismo integrale, radicalmente predestinazionista.
1581 Nasce Jean Ambroise Duvergier de Hauranne, futuro abate di Saint-Cyran.
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1582 Muore Teresa d'Avila, la cui spiritualità era stata fortemente segnata dall'incontro con Agostino: si pensi all'influenza delle Confessiones sulla sua autobiografia, il Libro de la vida (1562-1565). Il domenicano Domingo Banez (1528-1604), già direttore spirituale di S. Teresa, insegna all'università di Salamanca, scontrandosi con i Gesuiti che in funzione antiprotestante attribuiscono peso eccessivo alla libertà umana: contra i Gesuiti, e alcuni insigni teologi domenicani, Banez esige un ritomo al vero Tommaso, da liberare dal filtra di Duns Scoto. Nei suai Commentaria alla Summa tomistica, Bafiez elabora la teoria della predeterminazione fisica, naturale della libertà umana ad opera della etema volontà divina, del concorso necessario della volontà umana (causa seconda) con la causa prima e assoluta, necessariamente e irresistibilmente efficiente di Dio: Io stesso modo contingente degli atti umani dipende quindi dalla predestinazione divina, che vuole persino che alcune libertà non si convertano per glorificare la sua giustizia; Dio infatti punisce il non eletto, abbandonato alla colpa del suo stesso atto malvagio. Tutti i futuri contingenti sono quindi conosciuti da Dio in quanta da lui causati.
1584 L'Inquisizione impone il silenzio ad alcune tesi gesuitiche denunciate da Bafiez, pur non condannandole. A Londa, Giordano Bruno pubblica Io Spaccio de la bestia trionfante, cifrata confutazione del De servo arbitrio di Lutera e feroce satira dell'asineria e della pedanteria paolina e agostiniano-riformata: a partire dalla profezia ermetica (confutata da Agostino in De civitate Dei VIII) del ritomo degli antichi dèi egizi, Bruno profetizza l'inarrestabile decadenza delle tenebre della religione ebraico-cristiana (incentrata su un irrazionale concetto di grazia, quindi insuperabilmente dualistica, antiumanistica, antieroica) e il ritomo dell'antica (pagana) religione razionale della natura, che rivela la luminosa continuità tra Dio e monda, libertà e valori umani.
1585 Ad Ackoy, in Olanda, nasce da genitori cattolici Cornelius Jansen (Giansenio).
1587 La facoltà teologica di Lovanio - sotto la guida del mai rassegnato Baia, di Jansonius e di Henri Gravius (fino ad allora nemico di Baia e arnica di Lessio) - censura ufficialmente 31 proposi-
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zioni "antiagostiniane" e semipelagiane tratte dalle lezioni del gesuita Hamelius e soprattutto del gesuita Leonardo Lessio (1554-1623), già allievo di Bellarmino a Roma e professore al Collegio gesuita di Lovanio, contrario alla grazia efficace e alla predestinazione radicalmente intesa. Lessio risponde con una richiesta (respinta) di un dibattito e con 34 proposizioni di chiarimento, che vengono ugualmente condannate. La controversia tra Lovanio e i Gesuiti viene portata a Roma. Lessio scrive al suo maestro Bellarmino e gli invia le 34 proposizioni, ricevendo una risposta favorevole; Lessio invia inoltre 22 proposizioni tratte dai corsi universitari di Jansonius, accusandole di eterodossia; Bellarmino risponde affermando di trovare eretiche soltanto alcune proposizioni. Lessio campane una Responsio ad censuram Facultatis S. Theologiae Lovaniensis: corne autorità patristiche, vengono significativamente riportati, tra gli altri, Clemente Alessandrino, Origene, Cipriano, Gregorio di Nissa, Ambrogio, Crisostomo, Girolamo; Lessio si fa forte, inoltre, della stessa tradizione teologica lovaniense, di Driedo e Tapper in particolare. In una Jettera a Bellarmino, con la quale richiede ancora un intervento romano, Lessio lamenta l' assolutizzazione che Lovanio opera nei confronti dell' autorità di Agostino a detrimento di quella di tutti gli altri Padri; comunque Lessio stesso pretende di essere in accorda con Agostino. Aquaviva, dopa aver consultato i teologi della Compagnia, comunica a Lovanio il proprio apprezzamento per la Responsio di Lessio. Jansonius tiene a Lovanio un corso sulla grazia e la predestinazione, in cui combatte le posizioni di Lessio. 1 gesuiti lovaniensi e i professori della Facoltà teologica si differenziano anche per il diverso rapporta con la tradizione teologica: mentre per questi l'autorità dei Padri, e sopra tutti di Agostino, è il fondamento positiva della teologia, per i gesuiti i Padri sono autorità chiamate in causa per confermare una struttura teologica scolastica.
1588 Dietro le pressioni di Baia e di Gravius, l'università di Douai riprende e aggrava la censura lovaniense delle 31 proposizioni dei gesuiti; la Sorbona, invece, si astiene dalla condanna. Lessio campane un'ampia Responsio contra la condanna di Douai, e delle Antitheses ove ribadisce la sua teologia della grazia, dichiarandola del tutto compatibile con la tradizione patristica, conciliare e lovaniense. Il nunzio papale a Colonia, Frangipani, interviene perché le due parti rinuncino a polemizzare. Sisto V assolve Lessio, ma non
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condanna la Censura di Lovanio, rivendicando comunque alla cattedra di Pietro l'esclusiva autorità di decidere dell'ortodossia di una dottrina: Frangipani, inviato a Lovanio, con un decreto vieta agli agostinisti e ai gesuiti di condannarsi reciprocamente; promette quindi un prossimo risolutivo pronunciamento del papa, che non verrà mai. Sia l' agostinismo che le dottrine di Lessio potevano essere quindi liberamente professate, ma si minacciava la scomunica per chi a vesse accusato l' altro fronte di eresia. Il gesuita Louis Molina (1535-1600) pubblica a Lisbona il De concordia liberi arbitrii cum divinae gratiae donis, divina praescientia, providentia, praedestinatione et reprobatione, con un'appendice in cui risponde ad alcune obiezioni di Bâfiez, con le quali il domenicano aveva tentato di impedime la pubblicazione. Molina rifiuta la predestinazione, risolta nella prescienza divina dei meriti acquisiti dal libero determinarsi delle cause seconde; gli scritti antipelagiani di Agostino vengono definiti estremistici e dogmaticamente pericolosi. La libertà è tale soltanto se dipende da una conoscenza indifferente, non determinata, si che di un atto sia sempre possibile ed eleggibile il contrario. Celebre la concezione molinista (già anticipata dal gesuita Fonseca nel 1565) della divina scientia media (intermedia tra la scienza naturale e la scienza Zibera di Dio), previsione dei futuribili (già pelagiana e respinta nettamente da Agostino), cioè delle azioni che ciascuna volontà creata realizzerà; pur non avendole determinate, Dio preconosce le azioni degli uomini, e a partire da esse decide la varietà dei doni di grazia, conseguenti ai preconosciuti diversi meriti delle creature (post praevisa merita). È comunque il consenso libero dell'uomo che trasforma la grazia sufficiente in grazia efficace, si che causalità divina e umana sono concepite corne concretamente simultanee: il generale, indifferente, mai discriminante atto divino è specificato dalla libertà dell'atto umano. Distruzione dell'Invincibile Armata spagnola nella spedizione antiinglese.
1589 Morte di Baio a Lovanio. Il suo discepolo e fedelissimo amico Jacques Jansonius Io sostituisce a capo della Facoltà teologica: temperamento mistico, poco tagliato per la teologia, si occuperà più di Sacra Scrittura che di teologia della grazia. Da Lovanio, Henri Gravius viene chiamato a Roma per una nuova edizione integrale di Agostino. Viene assassinato Enrico m, che aveva designato corne suo successore il cognato, l'ugonotto Enrico di Borbone, che sconfiggerà in battaglia gli spagnoli e la Lega cattolica francese.
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1591 Da Antoine Arnauld e Catherine Marion, entrambi discendenti da ricche famiglie dell'alta borghesia provinciale trasferitasi a Parigi, nasce Jacqueline (la futura Mère Angélique). Antoine Arnauld, il più stimato e influente avvocato di Parigi, aveva frequentato la carte ricevendone notevoli benefici; la regina Caterina de' Medici aveva nominato Arnauld proprio avvocato generale, proponendogli persino la carica di segretario di stato. Muore san Giovanni della Croce.
1592 Muore Michel de Montaigne; i suai Essais (1582-1588), capolavoro di introspezione, saranno la vera e propria "Bibbia laica" di Blaise Pascal, condizionando in maniera decisiva l'elemento scettico delle Pensées. Scrive Montaigne: «Io non dipingo l'essere, io dipingo il passaggio ... Se la mia anima potesse prender piede, io non mi "saggerei" più, mi risolverei; essa è sempre in apprendistato e in prova».
1593 Si conclude la pubblicazione (avviata nel 1586) del capolavoro teologico del Bellarmino: le Disputationes de controversiis christianae fidei adversus huius temporis haereticos, il cui ultimo libro è il De gratia primi hominis, sistematica confutazione del baianesimo; la summa antiprotestante del gesuita culmina nell'identificazione della civitas Dei con la chiesa visibile e gerarchica, fondata su Cristo - <<fundamentum primum» della fede - e vivificata dalla Spirito Santo, il cui carisma si assomma nel papa di Roma, <1undamentum secundarium» della cattolicità: la chiesa cattolicaromana è quindi il luogo esclusivo della verità cristiana, soltanto la totale ubbidienza alla sua autorità e alla sua gerarchia illuminata dalla Spirito permette un uso salvifico della libertà e la certezza della redenzione. Il papa è quindi l'unico interprete divinamente ispirato del vero (in ambito dogmatico, ermeneutico, scientifico). In un suo corso lovaniense dedicato alla grazia e alla predestinazione, Jansonius non riesce ad identificare un'efficace via media tra la concezione molinista e la concezione bAfieziana della grazia.
1594 La Spagna chiede l'intervento di Roma per risolvere la polemica tra Domenicani (seguaci di BAfiez) e Gesuiti riguardo al De concordia di Molina; Roma impone ai due ordini il silenzio sulla controversia della grazia efficace. Antoine Arnauld il vecchio difen-
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de con grande vigore e prestigio la Sorbona di Parigi contro i Gesuiti. A vent'anni dalla sua stesura, Fausto Sozzini (1539-1604) pubblica in Polonia il De Iesu Christo servatore: con lo zio Lelio Sozzini (1525-1562), Fausto rappresenta l'estrema ala sinistra della Riforma, emigrata prima in Svizzera (a Basilea muore Lelio), quindi costretta a rifugiarsi nella lontana Polonia, ove nel 1579 si trasferisce Fausto: i Sozzini, eredi radicali dell'umanesimo valliano ed erasmiano (si pensi al loro moralismo umanistico e al loro letteralismo esegetico), non solo propongono un cristianesimo razionalizzato, antidogmatico ed antiagostiniano, ma arrivano ad opporsi radicalmente alla stessa dottrina della giustificazione per fede di Paolo ( quindi agostiniana, luterana e calvinista), negando non solo la Trinità, ma la stessa divinità del Figlio, la cui morte non ha alcun valore espiatorio; vengono quindi respinte l' assolutizzazione agostiniana e riformata del peccato originale, la conseguente negazione del libero arbitrio, la dottrina della predestinazione, persino la dottrina della prescienza divina delle libere scelte delle creature (il cui futuro determinarsi, se davvero libero, è del tutto contingente, quindi per Dio stesso conoscibile soltanto a posteriori). 1 Sozzini recuperano e radicalizzano Pelagio: Adamo ha danneggiato soltanto se stesso e l'uomo è stato creato da Dio naturalmente mortale; per Fausto, Gesù Cristo è salvatore soltanto in quanto è l'uomo storico che rivela la nuova legge divina, di cui è suprema e impareggiabile realizzazione: l'imitazione dell'esempio morale di Cristo è quindi la via che conduce l'uomo alla salvezza e all'immortalità. A partire dal XVII secolo, i sociniani verranno progressivamente cacciati dalla Polonia, spostandosi soprattutto in Olanda e in Inghilterra, ove, legandosi agli ambienti arminiani e latitudinari, diffonderanno le loro idee di cristianesimo razionale e antidogmatico, di radicale pacifismo e di tolleranza religiosa.
1595 Molina pubblica ad Anversa un'edizione aumentata e ritoccata del De concordia. Dopo anni di guerre, Enrico di Borbone, decisa la conversione politica al cattolicesimo, entra in Parigi e viene riconosciuto re di Francia (Enrico IV). Muore San Filippo Neri.
1596 A Lovanio, Filippo II introduce l'obbligo dello studio della Summa tomistica, che sostituisce le Sententiae di Pier Lombardo corne testo fondamentale di formazione teologica. Viene promulgato l' Indice clementino, che proibisce più di duemila libri.
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1598 L' opera di Molina viene condannata, per due volte, da una commissione romana. Clemente VIII (Aldobrandini: 1592-1605), papa-teologo favorevole ad Agostino, decide quindi di aprire la congregazione De auxiliis divinae gratiae, che opererà sino al 1607: al centro della sala, su un tavolo, è posta l'edizione lovaniense delle opere di Agostino, da consultare corne unica, suprema autorità in materia di grazia. Le delicate posizioni teologiche dei gesuiti vengono difese tramite uno scritto del grande teologo della Compagnia Francisco Suarez, congruista (la grazia redentrice di Dio si fa congrua, si adatta quanto più possibile ad ogni libertà per convertirla, ma non la opera efficacemente e irresistibilmente) e sostanzialmente molinista; le posizioni agostiniano-tomiste, nella loro reinterpretazione bâfieziana, vengono difese nella congregazione dal domenicano spagnolo Tommaso de Lemos. 1 gesuiti sono comunque costretti alla difensiva, sotto accusa: significativo in proposito il metodo di discussione stabilito nella Congregazione, ove la tesi veniva prima esposta dai teologi gesuiti, e quindi confutata da quelli domenicani. 1 dieci membri della congregazione, corne lo stesso pontefice, si riveleranno fortemente ostili a Molina e fedeli all' autorità di Agostino. Lo stesso Bellarmino, pur contrario al predeterminismo fisico, concorda sulla condanna di Molina. Clemente VIII fa pubblicare una nuova edizione della traduzione geronimiana della Scrittura, nota corne Vulgata Clementina. Con la pace di Vervins, Filippo II è costretto a rinunciare alle sue mire espansionistiche in Francia; muore qualche mese più tardi. Editto di Nantes: Enrico IV concede libertà di culto e un centinaio di piazzeforti agli ugonotti francesi, che possono accedere ad uffici pubblici; a Parigi, invece, viene vietato il culto protestante.
1599 Jacqueline Arnauld diviene coadiutrice del convento femminile cistercense di Port-Royal des Champs, nei pressi di Parigi. Presto manifesterà il desiderio di abbandonare il monastero e di sposarsi. Bellarmino è nominato cardinale.
1600 La sorellina di Jacqueline, Jeanne-Catherine Agnès Arnauld (la futura Mère Agnès), entra nel convento di Saint-Cyr; presto lo lascerà per entrare anch'ella a Port-Royal. A Roma, Giordano Bruno è messo al rogo.
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1601 Solenne proclama di Clemente VIII presso la congregazione De auxiliis: «Nessuno di voi ignora che la dottrina di sant'Agostino è anche la dottrina della chiesa».
1602 In un suo importante discorso, probabilmente redatto dall'oratoriano Cesare Baronio, Clemente VIII conforma la censura di Molina, difende la grazia efficace e ribadisce che l'ortodossia cattolica coïncide con l'attenersi alla regola della dottrina agostiniana della grazia («alla mente di sant'Agostino» ); le recenti messe in questione della grazia efficace vengono definite corne pelagianesimo o semipelagianesimo redivivo, già confutati dallo stesso Agostino. Nominandolo arcivescovo di Capua, Clemente VIII allontana Bellarmino dalla curia, a causa delle sue propensioni moliniste. Giansenio studia a Lovanio presso i gesuiti. L'avvocato Arnauld rivolge ad Enrico IV Le franc et véritable Discours, petizione che si opponeva al richiamo di alcuni gesuiti esiliati durante le guerre di religione. A soli undici anni, Jacqueline Arnauld è eletta (irregolarmente) badessa di Port-Royal.
1603 Muore Elisabetta d'Inghilterra; la corona passa a Giacomo I Stuart, figlio della regina cattolica di Scozia, Maria.
1604 Dopo alcune esitazioni, Giansenio decide di non entrare nella Compagnia di Gesù; si iscrive invece alla Facoltà teologica del College du pape di Lovanio, guidato da Jansonius, discepolo di Baio. Duvergier de Hauranne, in passato allievo del gesuita Lessio a Lovanio, entra in contatto con Giansenio.
1605 Muore Clemente VIII, prima di poter concludere la congregazione con una solenne proclamazione dell' agostinismo teologico; in proposito il papa aveva redatto quindici proposizioni con le quali riassumeva mirabilmente la dottrina agostiniana della predestinata e indebita grazia efficace, dogmaticamente vincolante. Prima del nuovo conclave, ogni cardinale è tenuto a giurare di impegnarsi, se eletto papa, a risolvere rapidamente la controversia De auxiliis. Viene eletto papa Paolo V (Borghese: 1605-1621), poco propenso all'agostinismo, che inizialmente decide di prolungare le Congregationes de auxiliis; significativamente, perà, il nuovo papa inverte l' ordine di discussione delle tesi: prima il domenicano espone una
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tesi sui predeterminismo fisico della grazia, quindi il gesuita la confuta. Bellarmino ritorna in curia.
1606 Malgrado i gesuiti denuncino ripetutamente alla congregazione la predeterminazione fisica dei domenicani, accusandola di calvinismo, questa dottrina viene dichiarata per ben quattro volte ortodossa; la congregazione condanna invece Molina.
1607 Il 28 agosto Paolo V conclude i lavori della congregazione De auxiliis difendendo i domenicani dall'accusa di calvinismo e i gesuiti dall'accusa di pelagianesimo; rifiutandosi di condannare espressamente Molina, proibisce quindi (citando l' Indiculus pseudo-celestino) di riaprire le dispute troppo «sottili e complesse» relative alla grazia e alla predestinazione; Io stesso Tommaso de Lemos scrive in una sua lettera: «è certissimo che niente sia stato definito da Sua Santità». Paolo V decide quindi di accantonare la bolla Gregis dominici, preparata dalla congregazione e radicalmente agostiniana.
1608 Dopo la predica di un frate cappuccino di passaggio, Jacqueline Arnauld, badessa di Port-Royal, vive la sua "conversione" interiore ad un cristianesimo più profondo e radicale.
1609 Giansenio ottiene il baccalaureato a Lovanio, e decide di dedicarsi allo studio della teologia positiva; iniziano i viaggi in Francia, finalizzati ad approfondire la sua conoscenza della patristica. Jacqueline Arnauld riforma la regola del convento, imponendo radicale povertà e comunità di beni, silenzio, solitudine, fortissimo legame di reciproca carità e rigidissima clausura. Nella "journée du guichet" (25 settembre ), appunto tramite un finestrino, Mère Angélique comunica alla sua famiglia, inizialmente ostile, la sua scelta di clausura e di ascesi radicali, impedendo al padre l' accesso al monastero. Malgrado le reazioni adirate del padre e dei fratelli, Mère Angélique non cede: diviene cosi l'incontrastata signora dell'abbazia. La sua stessa madre Catherine, cinque delle sue sorelle e sei delle sue nipoti entreranno a Port-Royal.
1610 Lessio pubblica il De gratia efficaci, decretis divinis, libertate arbitrii et praescientia Dei conditionata, sperando che Roma
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riapra le controversie De auxiliis. Lo stesso Bellarmino, in un'importante lettera a Lessio, gli comunica di averlo prima frainteso e gli rimprovera di allontanarsi da Agostino, da Tommaso e dalla tradizione teologica della stessa Compagnia: per Bellarmino, infatti, non si puô interpretare, pelagianamente o semipelagianamente, la predestinazione della grazia infallibilmente efficace corne mera prescienza divina dei meriti futuri dell'uomo. Il generale dei Gesuiti Aquaviva, temendo l'isolamento politico e teologico della Compagnia, accusa Lessio di grave disobbedienza. Quarantasei pastori calvinisti di tendenza moderata sottoscrivono una Remonstrantia agli Stati di Olanda e di Frisia, per reclamare la pace religiosa; contro i rimostranti reagiscono i gomaristi o controrimostranti. Contro il supralapsarismo (il decreto divino di dannazione dei reprobi è fissato indipendentemente dalla prescienza del peccato adamitico) di F. Gomar (1565-1641) e contro Io stesso più moderato e diffuso infralapsarismo (il decreto di dannazione dei reprobi è la giusta conseguenza della previsione del peccato adamitico), Arminio (G. Armenszoon, 1560-1609), favorevole alla tolleranza religiosa, aveva in senso anticalvinista affermato la predestinazione condizionata (ovvero identificata con l'etema prescienza del futuro libero determinarsi della creatura) e la volontà universalmente salvifica di Dio; pur rimanendo indispensabile il dono rigenerativo dello Spirito Santo, il peccato adamitico non ha del tutto corrotto il libero arbitrio, si che la grazia è necessaria ma non irresistibile. Enrico IV viene assassinato. Muore Matteo Ricci, il grande missionario gesuita in Cina, prosecutore dell'opera di evangelizzazione dell'Oriente, sistematicamente avviata dal gesuita Francesco Saverio. Costante sarà l' avversione dei giansenisti contro il proselitismo dei gesuiti, accusati di corrompere la purezza del cristianesimo, adattandolo ai riti pagani.
1611 Dietro ordine di Paolo V, l'Inquisizione ribadisce il divieto di discutere De auxiliis e proibisce le pubblicazioni in materia; ci si astiene comunque dalla condanna di Molina. Del divieto si terrà generalmente poco conto. Continuano i soggiomi di Giansenio in Francia ( che si ripeteranno fino al 1617), ospite di Duvergier de Hauranne presso Bayonne: entrambi si dedicano ad uno studio sistematico e meticoloso dei Padri; vengono soprattutto studiate le opere di Agostino (Giansenio leggerà dieci volte tutto Agostino, e trenta volte i suoi scritti sulla grazia), dalle quali si traggono estrat-
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ti schedati per argomento, in vista della stesura di una vera e propria summa organica. Comune ai due l'esigenza di riforma della chiesa, realizzabile soltanto tramite un radicale ritorno al modello della chiesa primitiva; Agostino è per entrambi la suprema autorità spirituale. La peculiarità di Duvergier de Hauranne sarà perô quella di uscire dall'ambito accademico delle dispute storico-teologiche, per proporre un modello concreto di esistenza cristiana, di severa ascesi interiore e di consapevole partecipazione alla vita sacramentale. Edmond Richer pubblica il De ecclesiastica et politica potestate, ove propone una democraticizzazione della chiesa francese, nella quale vescovi e sacerdoti si sarebbero dovuti distinguere soltanto per funzioni; il concilio, e non il papa, è il potere divinamente ispirato che guida la chiesa: l'opera, che avrà un grande successo nel XVIII secolo, influenzerà l' ecclesiologia delle Réflexions morales di Quesnel.
1612 Nasce a Parigi Antoine (Il Grande) Arnauld (1612-1694), ultimo dei venti figli del grande avvocato Antoine Arnauld e fratello di Mère Angélique.
1613 Bellarmino e Aquaviva condannano Lessio, con l'approvazione di Paolo V; Aquaviva redige una lettera ufficiale, De observanda ratione studiorum, deque doctrina S. Thomae sequenda, ove definisce in senso antilessiano la dottrina sulla grazia della Compagnia. L'università di Lovanio ribadisce all'unanimità la condanna di Lessio, rifacendosi alla Censura del 1587.
1614 Per combattere il molinismo all'interno della Compagnia del Gesù, Aquaviva impone l'insegnamento del tomismo nei collegi gesuiti. Il filoarminiano Grozio redige un'ordinanza degli Stati di Olanda e di Frisia che cerca di imporre, senza successo, agli arminiani e ai gomaristi la tolleranza reciproca.
1615 Galileo Galilei, accusato di eresia per il suo copernicanesimo sin dal 1612, compone la Lettera a Cristina di Lorena, ove distingue nettamente la verità rivelativo-salvifica della Scrittura, dalla verità della scienza fisica (non necessaria per la salvezza), capace di leggere matematicamente il grande libro della Natura in cui Dio si rivela corne creatore. Agostino viene sistematicamente chiamato
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in causa corne nemico di un' interpretazione fissista e meramente letteralista della Scrittura (la lettera scritturistica afferma talvolta il falso in ambito scientifico, ma vere sono le molteplici, inesauribili interpretazioni spirituali - religiose e morali - che quella lettera media), e contrario all'indebita confusione tra ambito dogmatico-fideistico ed ambito scientifico, da fondare, per Galileo, su sensate esperienze matematicamente interpretate; la verità scientifica è quindi autonoma dalla verità religiosa e teologica, scienza suprema in quanto salvifica rivelazione di verità trascendenti, inaccessibili alla ragione naturale, ma non in quanto criterio assoluto di giudizio di ogni ambito scientifico, razionalmente verificabile: «l'intenzione della Spirito Santo è d'insegnarci come si vadia al cielo, e non came vadia il cielo».
1616 François de Sales (1567-1622), dal 1602 vescovo controriformista di Ginevra (con sede ad Annecy), pubblica il Traité de l'amour de Dieu, rivoluzionario trattato mistico: il fondo dell'anima eckhartiano e renano-fiammingo diviene da realtà ontologica, realtà psicologica; il culmine mistico è quindi psicologizzato, viene riferito ad un'attività dell'anima razionale. La svolta sarà decisiva per la mistica di Fénelon. François de Sales è inoltre la figura più eminente dell'umanesimo cristiano; pur se personalmente legato a Duvergier de Hauranne, e, corne vedremo, agli Arnauld e a Mère Angélique, si felicita con Lessio per la sua teologia della grazia: teologicamente, infatti, de Sales rifiuta la dottrina della predestinazione, afferma la redenzione universale rivelata in Cristo, e sottolinea corne nel cuore di ogni uomo sia naturalmente inscritto un impulso a ritomare a Dio, «una santa inclinazione naturale»; la grazia soprannaturale ha la capacità di compiere e attuare salvificamente la libera conversione del desiderio a Dio. Tommaso Campanella (1568-1639), prigioniero dell'Inquisizione dal 1594 al 1597, del Vicerè di Napoli dal 1599 al 1626, ancora dell'Inquisizione dal 1626 al 1629, compone in carcere l'Apologia pro Galileo, ove -fondandosi sistematicamente sui Padri (Agostino in particolare) e su Tommaso - cerca di scongiurare la condanna inquisitoriale delle tesi copemicane e galileiane: Agostino avrebbe ammesso una scienza umana della creazione, essa stessa finalizzata all'esaltazione di Dio creatore, ma progressiva ed inesauribile; i cristiani non sono quindi vincolati da Aristotele, l'autorità pagana su cui si fon-
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da il geocentrismo. Galileo e l' eliocentrismo copemicano vengono condannati dal Sant'Uffizio.
1617 Dopo otto anni di formazione in Francia, Giansenio, chiamato ad insegnare in un collegio di nuova fondazione, toma a Lovanio, accompagnato da Martin Barcos, nipote di Duvergier de Hauranne. Inizia una fitta corrispondenza tra Giansenio e Duvergier de Hauranne. Il nuovo generale dei gesuiti Vitelleschi rimprovera ancora Lessio. Muore a Lisbona Francisco Suarez, il più grande teologo e metafisico della Compagnia di Gesù.
1618 1 gesuiti di Lovanio, che pretendono di insegnare teologia in ordine ad gradus, rilanciano l'interpretazione surrettizia della balla Ex omnibus afjlictionibus: lo spostamento della virgola attribuisce a Pio V l'intenzione di condannare l'interpretazione (agostiniana radicale) che delle proposizioni condannate fomiva Baio; i gesuiti chiedono quindi l' approvazione della loro interpretazione della balla a Roma. A Lovanio, Jansonius difende pubblicamente l'interpretazione corretta della balla e quindi la memoria di Baio, suo maestro: la virgola in questione non esiste in un esemplare della balla mostrato da Jansonius ai presenti, tra i quali Giansenio, che riporta l'episodio nell'Augustinus. Si apre il sinodo calvinista di Dordrecht, in Olanda. Lessio cerca di pubblicare un suo trattato sulla grazia, ma Paolo V glielo vieta. Ad Angélique Arnauld è affidata dal superiore dei cistercensi la riforma del convento di Maubuisson, da cui viene espulsa con le armi la priora renitente alla riforma. Inizia la guerra dei Trent'anni.
1619 Roma delude i gesuiti di Lovanio, rifiutandosi di condannare l'interpretazione che Jansonius proponeva della balla antibaiana. Viene riconosciuta la congregazione dei benedettini riformati di Saint-Maur, che, in ottimi rapporti con Port-Royal, alla fine del secolo proporranno una nuova, aggiomata edizione completa di Agostino. Si chiude il sinodo calvinista di Dordrecht con il ribadimento dell'ortodossia calvinista tramite la condanna degli arminiani, sostenuti dall'Oldenbarneveldt, e la vittoria degli infralapsarii, sostenuti da Maurizio di Nassau. Cinque gli articoli dogmatici: 1) la predestinazione dipende da un decreto assoluto di Dio, è quindi indipendente da qualsiasi merito; 2) Gesù non è morto per tutti; 3) la grazia ef-
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ficace è irresistibile; 4) la grazia sufficiente non è più capace di salvezza nello stato lapso; 5) Dio puà decidere di sottrarre unilateralmente la sua grazia al fedele, comunque giustamente condannato perché partecipe della colpa ereditaria; Oldenbameveldt viene decapitato, U go Grozio viene condannato all' ergastolo e imprigionato. A Lovanio Jansonius Ioda pubblicamente il metodo teologico di Baio e il suo ricorso ai Padri. Giansenio vive la sua decisiva illuminazione teologica (il cuore della teologia della grazia è il rapporto tra la grazia di Adamo e la grazia di Cristo), che lo spinge a confessare che prima di allora aveva «letto Agostino senza occhi e Io aveva udito senza intendere»; dinanzi alla condanna di Baio, nasce il problema della concordia tra le decisioni infallibili di Roma e la fedeltà del lovaniense all'autentico Agostino (nell'Augustinus Giansenio confesserà imprudentemente di esitare dinanzi alla condanna romana di Baio). Giansenio inoltre outre interesse, e persino un certo consenso, per le decisioni del sinodo calvinista di Dordrecht. Mère Angélique conosce François de Sales, che diventa il suo principale punto di riferimento spirituale; François de Sales frequenta anche la casa di Antoine e Catherine Arnauld, benedicendone i figli. Morte di Antoine Arnauld, il padre del Grande Arnauld. Cartesio ha la rivelazione del metodo e della «scienza meravigliosa».
1620 Duvergier de Hauranne ottiene dal re l'abbazia di Saint-Cyran-en-Brenne. Robert Arnauld d' Andilly, fratello maggiore di Angélique, conosce Saint-Cyran. 1 rapporti con la famiglia Arnauld si fanno subito assai stretti, in particolare con Catherine, la madre di Mère Angélique.
1621 Con l'intenzione di favorire una riapertura delle congregazioni De auxiliis e di assicurare il definitivo trionfo dell'agostinismo, Giansenio progetta di comporre un sistema della grazia a partire dalle tesi antipelagiane di Agostino. Soggiorno di Saint-Cyran a Lovanio, presso Giansenio; inizia la corrispondenza cifrata relativa alla composizione del Pilmot (=!'Augustinus). Nelle sue lettere Giansenio si rivela cosciente della portata esplosiva, epocale dell'opera; è parimenti consapevole del pericolo di una reazione negativa di Roma. Secondo una del tutto tendenziosa e assai più tarda notizia (1654), sette personaggi misteriosi si sarebbero riuniti presso la Chartreuse di Bourgfontaine per tramare a favore del deismo, contro la confessione
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e l'eucarestia; tra di essi, Giansenio, Saint-Cyran, Arnauld d'Andilly. Pascal ridicolizzerà questa malevola leggenda nella sedicesima Provinciale. Henri Arnauld, fratello di Antoine e futuro vescovo di Angers, diviene segretario del Cardinale Bentivoglio, nunzio apostolico in Francia; Io seguirà quindi a Roma. Muore Bellarmino.
1622. Saint-Cyran conosce Pierre de Bérulle (1575-1629), dotto polemista antiprotestante, campione dell'ortodossia, ammiratore di Agostino, mistico della nullità della creatura al cospetto di Cristo, fondatore dell'Oratorio in Francia, direttore spirituale di San Vincent de Paul; perde Bérulle, l'esperienza mistica è unicamente cristocentrica, si identifica paolinamente con l' «aderenza» ai misteri del Cristo incarnato, e in particolare a quello della passione: aderirvi significa conformarsi all'umiliazione e all'annientamento di Cristo, annientando nell'uomo la natura peccaminosa, aprendosi cosi all'azione e alla vita santificante di Cristo, che rigenera tutto cio che Adamo aveva corrotto (in sé l'uomo è «un niente ... prigioniero del diavolo, schiavo del peccato, erede dell'inferno, ostia immolata alla morte eterna»); corne l'anima di Gesù è stata privata della propria sussistenza nell'essere stata assunta dalla persona del Cristo incarnato, cosi l'anima deve rinunciare alla propria sussistenza, divenendo puro sostrato per l'azione deificante di Cristo: «Anima santa e deificata di Gesù, degnatevi di prendere possesso di me e di rendermi vostro schiavo, net modo che non conosco e che voi conoscete». A Parigi i contatti tra Saint-Cyran e de Bérulle sono quotidiani e approfonditi. Pur considerando l'infaticabile opera di scavo di Giansenio, il centro spirituale più attivo ed espansivo dell'agostinismo si sposta da Lovanio a Parigi. Muore François de Sales, che alla riflessione mistica affiancava un'instancabile opera di proselitismo, nel tentativo di convertire gli ugonotti al cattolicesimo. Mediatore tra Luigi XIIIe la madre Maria de' Medici, Armand Jean du Plessis de Richelieu, vescovo di Luçon, è nominato cardinale.
1623 A Clermont-Ferrand nasce Blaise Pascal, da una famiglia appartenente alla noblesse de robe; il padre Étienne è alto magistrato, ha ambizioni scientifiche ed educa personalmente i figli; Blaise ha due sorelle, la maggiore Gilberte, che andrà in sposa a Florin Périer, e Jacqueline, che diverrà monaca a Port-Royal. Mère Angélique toma da Maubuisson a Port-Royal.
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1624 Ascesa al potere di Richelieu. Mère Angélique decide di trasferire il monastero a Parigi. Vincent de Paul (1581-1660) conosce Saint-Cyran tramite Bérulle: nutre una profonda ammirazione per l'intensa religiosità e il carisma di de Hauranne, il cui agostinismo febbrile si rivela nella profondità dell'esperienza della radicale opposizione tra grazia divina e nullità umana: «Ùl prima cosa che la carità opera nell'anima è una profonda umiltà. Infatti la stessa considerazione di Dio, della sua santità, della sua grandezza e giustizia, la porta a riflettere su se stessa, sui suo nulla, sui suoi peccati, sulla sua estrema miseria... In questo stato incominciamo ad essere illuminati, vedendo i profondi abissi delle nostre tenebre, del nostro nulla e della nostra corruzione. In opposizione alla grandezza immensa e incomprensibile di Dio, scopriamo, come in una nube attraversata da qualche lampa che passa velocemente, quello che siamo e quello che Dio è; e che siamo quasi altrettanto incomprensibili nel nostro doppio nulla di quanta Io sia Dio nella sua grandezza e gloria». Marin Mersenne (1588-1648), frate dell'ordine dei minimi, pubblica L'impieté des Déistes, Athées et Libertins de ce temps: Mersenne sarà l'interlocutore privilegiato di Cartesio, che difenderà dalle accuse di empia innovazione, sottolineando il valore apologetico, antiscettico ed antilibertino della sua metafisica, che per primo cercherà di ricondurre all'autorità indiscutibile della teologia di Agostino. Edward Herbert of Cherbury, corrispondente di Mersenne e ambasciatore inglese a Parigi, vi pubblica il De veritate, ove - riallacciandosi al razionalismo cristiano dei Sozzini e anticipando alcuni temi-chiave del deismo - sostiene l'esistenza di principi innati, verità religiose universalmente evidenti e moralmente vincolanti, che permettono il riconoscimento di un'universale religione razionale, presupposta da tutte le religioni rivelate e riconducibile a pochi e semplici principi: esiste un unico Dio, provvidente e giudice, che dev'essere onorato attraverso la pietà ed una vita morale; esiste un'anima responsabile dei suoi atti al di là di questa esistenza. A Roma, Cartesio incontra il cardinale de Bérulle, che incoraggia la sua "missione" scientifica.
1625 Nuovo decreto romano che ribadisce il divieto della pubblicazione di opere dedicate alla grazia e alla predestinazione; esso non viene comunque ufficialmente notificato all'università di Lovanio. Morte di Jansonius. Vincent de Paul fonda la Congregazione della missione, finalizzata alla rievangelizzazione e all'assistenza
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materiale delle masse rurali e dei poveri. Muore Giacomo 1 d'Inghilterra; sale al trono Carlo 1, filocattolico.
1626 Sotto la guida del vescovo di Langres, Sébastien Zamet, Mère Angélique ottiene finalmente il permesso di trasferire il convento da Port-Royal des Champs a Parigi, alla periferia del sobborgo di Saint-Jacques, passando dalla dipendenza dall'ordine benedettino cistercense a quella diretta dall'arcivescovo di Parigi, preparandosi quindi a costituire un nuovo ordine con una nuova regola; provvisoriamente Zamet assume il ruolo di vescovo-superiore del convento. Il convento di Port-Royal des Champs viene abbandonato dalle monache sino al 1648. Saint-Cyran avvia la stesura dei quattro tomi della Somme des fautes et faussetez principales contennues dans la Somme théologique du P. Garasse, contro un gesuita che aveva intrapreso inopportune crociate non solo contro i libertini, ma soprattutto contro i nemici interni della chiesa, identificati con gli oratoriani e gli agostiniani radicali; Saint-Cyran, facendosi paladino di Agostino, replica con una costante polemica contro la filosofia, la cultura classica e in generale l'umanesimo, responsabile della moderna corruzione dei costumi all'interno della chiesa; accesa e sistematica la polemica antigesuita. Ma l'elemento certo più originale e significativo dell'opera è l'apologia dello scetticismo di Charron, più utile al cristianesimo della metafisica razionale vantata da Garasse corne confutazione dell'ateismo. Proprio la confessione della propria impotenza e vanità pub essere preparazione all'avvento della grazia, «la quale il più delle volte capovolge quanta concepiamo di Dio in forza della semplice ragione». Anche la facoltà teologica della Sorbona condannerà Garasse. Giansenio è inviato a Madrid, presso il re di Spagna, corne delegato della Facoltà di teologia di Lovanio (il Belgio era possedimento spagnolo), per difendere il privilegio esclusivo dell'università di insegnare filosofia, contro i gesuiti che avevano cominciato ad insegnare filosofia nel proprio collegio di Lovanio; il generale degli agostiniani gli scriverà per esprimergli stima e promettergli aiuto incondizionato. L' agostiniano Nicolo de Gracchis pubblica a Roma la Gemma sententiarum S.P. Augustini de auxiliis, selectarum ex omnibus tamis et libris ipsius P. Augustini.
1627 Ritornato da Madrid, Giansenio avvia, dopo quasi vent' anni di preparazione, la redazione dell'Augustinus, opera di teologia po-
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sitiva e non scolastica, nella convinzione di venire incontro alle esigenze della stessa sede romana, bisognosa, contro le empie innovazioni moliniste, di uno strumento storico di confutazione dell'eresia pelagiana; la sistematica e indubitabile prova storica sulla «vera mens Sancti Augustini», capace di far riaprire e decidere la sospesa Congregatio de auxiliis, sarà quindi finalmente disponibile. L'università di Salamanca giura solennemente fedeltà ad Agostino e a Tommaso. Il grande giusnaturalista U go Grozio, imprigionato per il suo arminianesimo, riuscito a fuggire di prigione nel 1621 e rifugiatosi a Parigi - ove dal 1634 al 1645 sarà ambasciatore di Cristina di Svezia -, pubblica il De veritate religionis christianae, traduzione e ampliamento di un suo poema in olandese, pubblicato nel 1622: vi ribadisce l'erasmiana interpretazione del cristianesimo corne legge morale divinamente rivelata, razionalmente ed universalmente suasiva, in accordo con le più alte verità della filosofia pagana; la sua teorizzazione della relatività delle definizioni dogmatiche e la sua battaglia per la tolleranza religiosa gli procureranno accuse di pelagianesimo, di deismo e di socinianesimo.
1628 In un'abbazia benedettina, Giansenio pronuncia l'Oratio de interioris hominis reformatione, sintesi della sua teologia agostiniana, ove esalta l'antichità e la semplicità dell'ortodossia contro le novità teologicamente distruttive; solo la caritas, l'azione interiore della grazia efficace, puo restaurare l'immagine divina dell'uomo decaduto (altrimenti irresistibilmente dominato dalla concupiscenza), che vanamente cerca di compensare con i beni del mondo il vuoto incolmabile di Dio. Immediatamente stampata, l'Oratio ha un grandissimo successo, e sarà il principale titolo di merito che determinerà la nomina di Giansenio a vescovo. Richelieu, dopo un anno di assedio, distrugge La Rochelle, una delle principali roccaforti ugonotte.
1629 Catherine Marion Arnauld pronuncia i suoi voti a Port-Royal; sua figlia Jacqueline, Mère Angélique, diviene sua superiora e madre. Antoine Arnauld, diciassettenne, viene affidato alla sorella Catherine. Muore de Bérulle; Charles de Condren (1588-1641), che gli succede alla guida dell'Oratorio, accentua la teologia dell'annientamento. Il gesuita Étienne Binet pubblica il trattato Du Salut d'Origene, ove si pronuncia a favore della salvezza finale di Origene.
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1630 Giomata degli inganni: Richelieu riesce a conservare il potere. Mère Angélique rinuncia ad essere la badessa di Port-Royal, per dedicarsi, con la collaborazione di Zamet, alla fondazione di un nuovo ordine. Giansenio entra in polemica con i calvinisti di una cittadina olandese, Bois-le Duc, e scrive l'Alexipharmacum ovvero I' Antidote contre les Poisons: I' opera ha un grande successo, persino ad Amsterdam in ambienti calvinisti. Appare, dedicato al papa Urbano VIII (Barberini: 1623-1644), il De libertate Dei et creaturae dell'oratoriano Gibieuf, intima di Bérulle e arnica di Cartesio: !'opera è rivolta contra la libertà d'indifferenza molinista. Inizialmente Giansenio riconosce all'opera grandi meriti, e pensa che essa passa rendere inutile la pubblicazione dell'Augustinus; poi perô ne sottolinea i difetti, quali il misticismo platonizzante, l'eccessivo filtra scolastico e la scarsa sistematicità e profondità nella ricostruzione della teologia agostiniana della grazia; Gibieuf diverrà progressivamente sempre più critico nei confronti del giansenismo. Giansenio è nominato professore di Sacra Scrittura a Lovanio: pubblicherà un Commentario al Pentateuco ed un Commentario al Tetrateuco, ovvero ai quattro vangeli; il metodo ermeneutico è quello "spirituale" agostiniano, che verrà apertamente accusato da Richard Simon di arbitrarismo teologico, sistematicamente deformante la lettera del testa scritturistico. Richelieu conosce il giovane Giulio Mazarino, ambiziosissimo diplomatico italiano.
1631 Giansenio pubblica la Notarum Spongia, con una prefazione di Saint-Cyran: !'opera è diretta contra il calvinista Gisbert Voet ed esalta corne garanzia di ortodossia la successione cattolica dei vescovi, i riti romani, l'infallibilità e l'indivisibilità della chiesa (frequente in proposito il ricorso all'autorità dell' Agostino antidonatista), infine viene lodata la politica antiugonotta di Richelieu; si noti che comunque, contra i calvinisti, manca del tutto una polemica relativa alla questione della grazia. Saint-Cyran pubblica il De ierarchia ecclesiastica: violenta attacco contra i gesuiti (e gli altri ordini regolari), in nome della libertà dei vescovi e dei parroci francesi. Grande successo dell'opera pressa l'episcopato francese. Si estende il successo di Saint-Cyran pressa l'aristocrazia e l'alta borghesia parigina. Perla sua influenza spirituale su un'ampia cerchia di personaggi politici, Richelieu, che pure Io aveva stimato, "corteggiato" e pubblicamente definito «l'uomo più sapiente d'Europa», Io definisce ara «più pericoloso di sei annate».
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1632 Con la collaborazione del nipote Martin de Barcos, SaintCyran pubblica il primo dei quattro volumi del Petrus Aurelius, all'intemo del quale viene inserito Io stesso De ierarchia ecclesiastica. Se Petrus fa riferimento all'autorità romana, e vuole quindi sottolineare la battaglia per l'ortodossia dell'autore, Aurelius è il prenome tradizionalmente attribuito ad Agostino; 1' opera, pertanto, è concepita corne 1' anticipazione pratica ed ecclesiologica del prossimo Augustinus di Giansenio. Il calvinista Jean Daillé, nel suo Traicté de l'employ des saincts Pères, sistematizza e radicalizza la tesi protestante della necessaria relativizzazione di ogni autorità patristica. Galileo pubblica il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, ove prudentemente ribadisce l'eliocentrismo; !'opera, fortemente avversata dai Gesuiti, viene comunque denunciata all'Inquisizione, che nel 1633 imporrà a Galileo una seconda condanna e 1' abiura di tutte le sue dottrine eretiche, condannandolo al carcere (quindi al domicilio coatto).
1633 Mère Angélique fonda, con l'autorizzazione del papa e del re, un nuovo ordine: 1' Institut du Saint-Sacrement, che stabilisce la sua sede nei pressi del Louvre; 1' arcivescovo di Parigi la nomina superiora, ma i rapporti con Zamet peggiorano notevolmente. Dopo due anni di frequenti contatti, Saint-Cyran, già amico di Arnauld d' Andilly, diviene direttore spirituale e confessore di Mère Angélique e di tutte le suore del monastero di Port-Royal, ove predica regolarmente. Introduce la pratica del "rinnovamento", periodo di radicale purificazione spirituale, che prevede un allontanamento dalla stessa eucarestia e una confessione generale. «/ cristiani non debbono vivere che nella penitenza», bisogna ritirarsi dalla commedia del mondo per essere capaci di ascoltare, nella propria silente interiori tà, «i moti dell'intimo, gli intimi segreti» in cui Dio puo, se vuole, rivelarsi. Il ritiro dal mondo coïncide inoltre con un ritomo alla purezza del cristianesimo delle origini: «Io tremo per chiunque si contenti di seguire la pratica in uso, senza voler risalire all'origine e seguire il percorso della tradizione apostolica, che è l'unico modo di conoscere la verità nella chiesa». A contatto con l'intimismo e il rigorismo di Saint-Cyran, che rapidamente provoca la messa in secondo piano di Zamet, si accentua l'intenzione di Mère Angélique di ritomare alla radicalità e alla semplicità della fede delle origini cristiane: cosl ella discute dei Padri con il direttore spirituale, con le monache, con le stesse donne che vengono a visi-
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tare l' abbazia. Malgrado le monache seguano un voto di assoluta povertà, il rigore è grande, ma non fanatico; affermava in proposito Saint-Cyran: «Un certo tipo di povertà perfetta è simile a certe virtù sublimi e sovraeminenti, che sono per la loro stessa eccellenza soggette a degenerare e a far pendere più da una parte che dall 'altra, se la grazia di Dio non le mantiene in una certa misura é non le contrappesa con i pesi che sono naturali per ciascuna virtù. Bisogna dire spesso ad un povero cosi eccellente: non desiderare di essere troppo povero, came il saggio dice al giusto eccellente: non desiderare di essere troppo giusto». Agostinianamente, la confessione del proprio peccato, e della propria incapacità di superarlo, è invocazione a Dio, unico protagonista della redenzione dell'uomo: «Bisogna essere disposti a vedere in noi i più grandi difetti e i più grandi eccessi senza pena e addirittura con piacere e con la gioia di conoscere quello che siamo, avendo sempre dinanzi agli occhi motivi per rovinare la superbia del nostro spirito, che non vuol mai apparire troppo imperfetto e troppo difforme». Si diffonde il trattato spirituale Le chapelet secret di Mère Agnès (Arnauld), profondamente influenzato dalla mistica berulliana e dalla teologia dell'annientamento di Condren; accusato di pessimismo antropologico e di allontanare dalla pratica dell'eucarestia, condannato da otto dottori della Sorbona (tra i quali Cornet), viene difeso e lodato da Giansenio e da Saint-Cyran, che pubblica ]'Apologie du chapelet. Voet risponde alla Notarum Spongia di Giansenio con la Desperata causa Papatus: accusa di ignoranza Giansenio, e oppone all'autorità di Roma la democrazia delle chiese riformate. Giansenio non si impegna più nella polemica, dedicandosi esclusivamente all'Augustinus. La madre di Arnauld, monaca a Port-Royal, dietro consiglio di Saint-Cyran confessore del monastero, convince il figlio Antoine a dedicarsi alla teologia piuttosto che al diritto. Arnauld si iscrive alla Sorbona, ove ascolta le lezioni sulla grazia tenute dal professor Lescot, confessore di Richelieu e volgarizzatore della teologia scolastica del gesuita Vasquez; consideratele difformi dall'insegnamento di Paolo, pofondamente deluso, Arnauld accetta il consiglio di Saint-Cyran e si dedica ad uno studio diretto e sistematico di Agostino. Saint-Cyran muove un attacco frontale al gesuita Jacques Sirmond e alla sua concezione storica, antifissista di tradizione; Sirmond (che nella sua edizione del 1629 dei Concilia antiqua Galliae correggeva filologicamente il testo del secondo canone del Concilio di Orange) è accusato di avere surrettiziamente
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deformato il dogma cattolico stabilito dalla chiesa antica; nuoce a Sirmond l'aver sostenuto che san Dionigi, apostolo delle Gallie e primo vescovo di Parigi, non poteva essere identificato con (Pseudo )Dionigi l' Aereopagita. Più in generale, i gesuiti vengono accusati da Sain-Cyran di essere dei novatori che disprezzano la tradizione per imporre la loro deformante e modernistica interpretazione del cristianesimo.
1634 Sirmond attacca Saint-Cyran in due violenti pamphlets, Antirrheticus le li (ai quali Saint-Cyran risponde con l'Anaereticus e con l'Orthodoxus): in primo luogo, il gesuita difende le sue opzioni filologiche, quindi sottolinea corne la tradizione non possa essere interpretata corne qualcosa di fisso e invariabile, ma divenga attraverso la storia; il tempo non corrompe la verità cristiana delle origini, ma la fa crescere. La tradizionale dottrina della coerenza e dello sviluppo dell'ortodossia dell'antiagostiniano Vincenzo di Lerino viene quindi utilizzata contro l' agostinismo radicale e fissista di Saint-Cyran. Richelieu fonda l'Académie de France.
1635 Saint-Cyran pubblica il quarto e ultimo volume del Petrus Aurelius: manifesto del gallicanesimo, concepisce la chiesa corne govemata da un'aristocrazia di vescovi; continua la polemica contro i gesuiti. La Francia entra direttamente nella guerra dei trent'anni, ma contro le potenze cattoliche: sotto pseudonimo, Giansenio pubblica il Mars gallicus seu de justitia armorum et foederum regis Galliae, feroce polemica contro la sanguinaria politica imperialista francese, contro le empie alleanze intemazionali (con la luterana Svezia, la calvinista Olanda, i principi luterani tedeschi, con~o l'Impero asburgico e la Spagna cattolici) intessute da Luigi XIII e Richelieu, e contro l'ecclesiologia gallicana; si ironizza sugli stessi presunti poteri taumaturgici dei re di Francia. Giansenio diviene agli occhi di Richelieu un nemico giurato, ultramontanista (paladino della sottomissione all'autorità di Roma e contrario alle libertà della chiesa gallicana) ed antifrancese. Saint-Cyran, del quale l'amicizia con Giansenio era nota, ne farà le spese. L' apparizione del-1' Augustinus permetterà infine di accusare Giansenio non più soltanto di ultramontanismo (accusa paradossale per un cattolico), ma di eresia teologica. Inoltre, con la crociata per l' ortodossia, Richelieu potrà non solo rafforzare il suo assolutismo religioso, ma persi-
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no riscattare agli occhi di Roma l' ecclesiologia gallicana professata dal regno di Francia, e la propria disinvolta politica estera filoprotestante. La lotta contro Saint-Cyran e il giansenismo diviene precocemente un mero strumento di interessi politico-ecclesiastici. Antoine Arnauld sostiene alla Sorbona la tesi di baccalaureato, presentando un Tentative ove propugna il ritorno ad Agostino corne unica autorità in materia di teologia della grazia; l' opera provoca reazioni contrastanti. La profonda conoscenza arnauldiana di Agostino è quindi indipendente dalla lettura dell'Augustinus di Giansenio, non ancora terminato.
1636 Considerato un campione del cattolicesimo e un fedele suddito della Spagna perla pubblicazione del Mars gallicus, fortemente sostenuto dal governatore di Bruxelles, Giansenio viene nominato rettore dell'università di Lovanio e vescovo di Ypres; l'ambasciatore di Spagna a Roma preme perché sia nominato cardinale. Fortissimo il risentimento di Richelieu, che ormai vede nella cerchia giansenista un pericoloso fronte politico nemico. Mère Angélique ritorna con alcune sue monache dall'Institut du Saint-Sacrement a Port-Royal de Paris, che ormai conta quasi cento monache; Mère Agnès è eletta badessa.
1637 Realizzando un progetto di Saint-Cyran, i primi solitaires si ritirano a Port-Royal des Champs, occupando le dépendances del convento ormai abbandonato dalle monache: l'esperienza della grazia si traduce in retraite, abbandono del mondo. Il primo è Antoine Le Maître (nipote di Mère Angélique e del grande Arnauld, figlio della loro sorella Catherine): a soli ventotto anni è già l'avvocato più ammirato di Parigi, consigliere di stato e uomo cui lo stesso Richelieu prospetta una gloriosa carriera politica; dopo uno studio approfondito dei Padri e dell'ebraico, si ritira dal mondo, ma da laico, senza entrare in alcun ordine sacerdotale e senza prendere l' abito religioso; grande è lo scalpore nella società parigina. 1 solitari di Port-Royal saranno quindi sempre considerati corne dei santi rivoluzionari, pii anarchici, semplici e radicali cristiani al di fuori di qualsiasi inquadramento istituzionale: ne derivano, inevitabilmente, ammirazione e diffidenza. Lo segue subito suo fratello sacerdote, Simon Le Maître; seguiranno quindi Robert Arnauld d' Andilly (intimo di Saint-Cyran, fratello maggiore di Antoine e padre
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di 1) Mère Angélique de Saint-Jean; 2) di Henri, che lo seguirà tra i solitaires; e 3) di Simon, futuro segretario di stato di Luigi XIV); Claude Lancelot, segretario e biografo di Saint-Cyran, storico e grammatico, autore delle Méthodes de Port-Royal (grammatiche di greco, latino, italiano e spagnolo); l'abbé Antoine Singlin, amico di de Paul e già confessore di Saint-Cyran; Pierre Nicole; il terzo fratello Le Maître, Isaac de Sacy, il grande biblista di Port-Royal, protagonista del celebre Entretien con Pascal; il medico Jean Hamon, fine latinista, che umilmente confessava di essere «nel bagaglio dell'armata». Privi di voti, di abito, di regola, di disciplina particolare, di obbligo di dimora, i Messieurs sono amici liberamente votati alla preghiera, alla meditazione, alla carità, guidati unicamente dal Vangelo; corne afferma Antoine Le Maître: <<Non è che un luogo di ritiro del tutto volontario e del tutto libero, ove nessuno viene se non vi è stato condotto dallo Spirito e nessuno vi rimane se non perché Io Spirito Io tiene». I solitari saranno non più di quindici tra il 1637 e il 1660, mai più di dodici simultaneamente, non più di venticinque in totale. Le prescritte implorazioni quotidiane erano un vero e proprio concentrato di teologia agostiniano-giansenista: «Fatemi la grazia, o mio Dio, di essere nel piccolo numero dei vostri eletti! Fatemi la grazia di cooperare aile vostre sante grazie! Fatemi la grazia di vivere e di morire penitente!». Costante l'applicazione ai lavori manuali, in primo luogo alla coltivazione della terra. Per iniziativa di Saint-Cyran, vengono aperte le Piccole Scuole di Port-Royal (l'orfano Racine ne sarà allievo), che vengono affidate alla direzione di Antoine Singlin. Cartesio pubblica il Discours de la Méthode; tra le obiezioni all'opera figurano quelle, notevoli, del lovaniense Libert Froidmont, prossimo editore del!' Augustinus. Giansenio conclude !'Augustinus con un Epilogus omnium, ove esalta insieme l'autorità delle dottrine di Agostino e quella del pontefice romano.
1638 Avendo criticato l'alleanza francese con l'Olanda protestante, il 14 maggio, per ordine di Richelieu, Saint-Cyran viene arrestato ed imprigionato a Vincennes: porterà in prigione solo le Confessiones di Agostino; gli sono confiscate le lettere di Giansenio, alcune delle quali saranno pubblicate dagli antigiansenisti nel 1654. Richelieu gli rimprovera anche la condanna dell'attrizione: fantasma scolastico, che identificava nel timore del castigo divino un movente legittimo dell'azione buona, della stessa effettiva conversione a Dio.
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Per Saint-Cyran, infatti, priva di profonda contrizione, l'attrizione ( che era al centro del Catechismo di Luçon, redatto proprio dal vescovo Richelieu) non rivela affatto un'interiore conversione a Dio, quindi non puô meritare l'assoluzione. Richelieu accusa Saint-Cyran di a ver collaborato con l' oratoriano Séguenot alla stesura del De la sainte Verginité, scritto violentemente antiattrizionista. Anche i rapporti di Saint-Cyran con de Paul si incrinano, mentre Zamet accusa de Hauranne di allontanare i fedeli dalla comunione e dalla confessione. Colpendo Duvergier, Richelieu intende stroncare il "partito devoto" (nel quale si schierava la stessa regina Anna d' Austria), contrario alla sua spregiudicata politica filoprotestante ed antispagnola, quindi anticattolica. Stremato dal massacrante lavoro di edizione dell'Augustinus (terminato il quale soleva affermare di aver realizzato il compito per il quale Dio lo aveva creato ), e dagli impegni ufficiali sempre più gravosi, Giansenio muore, probabilmente di peste: aveva appena composto una lettera dedicatoria dell'opera, rivolgendola ad Urbano VIII, cui chiedeva la protezione papale sull'Augustinus scritto per servire ai desideri di Clemente VIII e dei suoi successori, decisi a chiudere la controversia De auxiliis; si ritrova perô la lettera troppo tardi, sl che l' edizione dell' opera ne è sprovvista. Sul letto di morte Giansenio scrive comunque un codicillo, che apre l' edizione a stampa dell' opera, con il quale ribadisce che sarebbe stato assai difficile ritrattare le tesi affermate, ma che qualora la sede romana avesse voluto mutare qualcosa, egli sarebbe stato pronto a sottomettersi umilmente, da figlio ubbidiente, al suo giudizio. Tutte le monache dell' Institut du Saint-Sacrement ritomano a Port-Royal de Paris; l'Istituto viene soppresso. Nasce Luigi XIV: Mazarino, divenuto il braccio destro di Richelieu, nel 1643 sarà il padrino di battesimo del delfino, che crescerà in un ambiente antigiansenista: gli si insegnerà a diffidare del nuovo "movimento", politicamente pericoloso e sospetto di eresia. William Chillingworth, esponente di punta del circolo laudiano, anticalvinista e "arminiano", pubblica ad Oxford The Religion of Protestants. A Safe Way to Salvation, ove radicalizza le tesi di Daillé, identificando nella sola rivelazione scritturistica l'unico messaggio salvifico razionalmente evidente, contrastante con la contraddittoria tradizione teologicodogmatica successiva: «La Bibbia, affermo, soltanto la Bibbia è la religione dei protestanti. .. Constato con i miei stessi occhi che evidentemente vi sono papi contro papi, concili conto concili, alcuni Padri contro altri Padri, gli stessi Padri contro loro stessi, un con-
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senso di Padri contro un altro consenso di Padri di un' altra epoca, la chie sa di un' epoca contro la chiesa di un' altra epoca».
1639 A Lovanio viene pubblicato il commentario ai Vangeli di Giansenio, il Tetrateuchus. La giovanissima Jacqueline Pascal, già autrice di poesie religiose, recita a carte dinanzi a Richelieu; la famiglia Pascal è ricevuta dal cardinale, che nomina Étienne Pascal commissario fiscale del re a Rouen, in Normandia. Nasce Jean Racine. Ambendo al titolo di <<patriarca delle Gallie», e quindi di «.patriarca dell'Occidente», Richelieu - non più spalleggiato dall'«eminenza grigia», il cappuccino Père Joseph (François Le Clerc du Tremblay), morto nel 1638 - rivela il sua ambiziosissimo progetto politico-ecclesiastico, quello di realizzare un vero e proprio potere assoluto sulla chiesa di Francia, e in prospettiva sull'intero Occidente: del tutto motivata, quindi, l'accusa di «voler diventare papa in Francia». Richelieu vuole infatti sottrarre la chiesa gallicana alla giurisdizione romana, rendendola una vera e propria chiesa autocefala; orchestra cosi una campagna di libelli gallicani: si pensi alle Dissertationes de concordia sacerdotii et imperii, seu de libertatibus Ecclesiae gallicanae di Pierre de Marca, pubblicato nel 1641.
1640 A Lovanio viene pubblicato postumo l'incompiuto Augustinus di Giansenio; i due editori sono Libert Froidmont ed Henri Calénus; malgrado i tentativi di bloccame l'edizione da parte del nunzio pontificio a Bruxelles, l'Augustinus esce con l'approvazione di Ferdinando di Spagna, govematore dei Paesi Bassi e dedicatario dell'opera: il 1 toma è dedicato alla storia e all'analisi dell'eresia pelagiana; il II all' analisi della grazia di cui godeva Adamo prima della caduta e a quella della stato di peccato e di pena proprio della creatura decaduta; il III alla grazia redentrice donata da Cristo. Rivelativo il De ratione et auctoritate in rebus theologicis. Liber prooemialis, in quo limites humanae rationis in rebus Theologicis indagantur; et auctoritas S. Augustini in tradendo mysterio Praedestinationis et gratiae declaratur (toma II, 1-70): violenta polemica contra la teologia scolastica in nome della teologia positiva, capace di riscoprire le fonti dimenticate del cristianesimo patristico. Agostino è non solo il più grande dei Padri, ma (corne Paolo) la vivente incarnazione della rivelazione divina riguardo alla grazia, cuore della dottrina cristiana. Giansenio è convinto che tutti i papi
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abbiano accettato le dottrine radicali dell' Agostino antipelagiano; la loro assoluta evidenza puà essere riconosciuta soltanto da un cuore mosso dalla caritas, operato dalla grazia divina e quindi capace di custodire (tramite la teologia) la memoria del deposito tradizionale, e di resistere al vano delirio della concupiscenza, propria di una ragione (e della filosofia) che vuole tutto dimostrare e deformare. Saint-Cyran, che pur rimpiange di non aver potuto revisionare l'opera prima della stampa e che ne lamenta la mancanza di dolcezza persuasiva, ne rimane comunque entusiasta: «Questo libro dev'essere il libro di devozione dei tempi nuovi». 1 gesuiti di Lovanio riescono ad impadronirsi di alcuni fogli dell'opera in corso di stampa, e cercano di impedime la pubblicazione; immediatamente i gesuiti organizzano una rete antigiansenista intemazionale, a capo della quale viene nominato un procuratore speciale per gli affari giansenisti; tra i più attivi antigiansenisti, Jean Bollandus. Lo scettico François de La Mothe Le Vayer, che, favorito da Richelieu, nel 1651 diverrà persino precettore di Luigi XIV, pubblica La, Défense de la vertu des païens, ove non solo - in evidente polemica con Agostino - difende il pieno valore morale del paganesimo, ma arriva persino a considerarlo eticamente superiore al cristianesimo: un ateo pagano, che si limita a seguire il retto uso della ragione naturale, è uomo compiutamente morale; inoltre, il dilagare del male nel mondo rivela corne la Provvidenza cristiana sia soltanto un'illusoria chimera.
1641 1 Gesuiti di Lovanio estraggono alcune tesi dogmatiche dal-1' Augustinus, per discuterle nel loro collegio e confutarle corne eretiche, rinnovatrici dell'errore luterano e calvinista; !'Augustinus è accusato di baianesimo redivivo e di calvinismo: i gesuiti rivelano una scarsa conoscenza di Agostino; a Giansenio vengono contrapposte, considerate corne autentici brani agostiniani, alcune citazioni che Agostino traeva dalle opere di Pelagio per confutarle. 1 gesuiti inviano le loro tesi a Roma per l'approvazione, ribadendo che l'ortodossia cattolica non puà identificarsi con dottrine agostiniane non ben definite, corne lo stesso Indiculus (pseudo-)celestino dichiara; citando la bolla di Pio V contro Baio, inseriscono la virgola che impone l'interpretazione relativa alla condanna dell'intera teologia agostiniana del lovaniense. Edizione parigina dell'Augustinus, che riceve l' approvazione della Sorbona. Il cardinale Barberini, onnipotente nipote di Urbano VIII, fa condannare dal Sant'Uffizio, di cui
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Francesco Albizzi è assessore, sia !'Augustinus (ricollegato ad alcune tesi baiane già condannate), sia le tesi dei gesuiti, per aver trasgredito i divieti di pubblicazione e pubblicità intomo alle questioni della grazia; l' unico interesse di Roma è imporre il silenzio alla controversia. Per la sua licenza in filosofia alla Sorbonna, Arnauld campane alcune tesi, pervenuteci con il titolo di Conclusiones philosophicae: vi domina una metafisica occamistica (anti-tomistica), armai orientata alla recezione della metafisica cartesiana. Arnauld risponde ad una richiesta di Cartesio inviandogli alcune osservazioni sulle ancora inedite Meditationes metaphysicae; considerate da Cartesio corne le osservazioni più profonde rivoltegli, esse verranno pubblicate, con relative risposte, corne Obiectiones quartae in appendice alle Meditationes. Arnauld interpreta la filosofia cartesiana corne paladina di uno spiritualismo antiscolastico, e la riporta -soprattutto per quanta riguarda l' autoevidenza del cogito - al modello agostiniano; l'innata capacità della coscienza di cogliere se stessa corne evidenza spirituale rende quindi compatibile la nuova filosofia con lo spiritualismo intimista di Saint-Cyran. Arnauld diviene dottore alla Sorbona e viene ordinato prete: «Dio ha gridato al mio cuore, e al tempo stesso mi ha donato le orecchie per ascoltarlo»; seguendo il modello di assoluta povertà propugnato da Saint-Cyran, lascia tutti i suai beni al monastero di Port-Royal. Contra la Défense di de la Mothe le Vayer, Arnauld campane il De la necessité de la Foi en Jésus-Christ pour être sauvé (l'opera verrà pubblicata postuma, nel 1701), ove ribadisce la dottrina agostiniana della totale vanità delle comunque superbe virtù dei pagani. Il discepolo di Giansenio, Libert Froidmont, uno dei due editori dell'Augustinus, pubblica un trattato teologicamente assai moderato, l'Anatomia libertatis, che gli stessi gesuiti definiranno ironicamente Palinodia janseniana. L'oratoriano Jean François Senault pubblica De l'usage des passions. Ispirato da Richelieu, il gesuita Antoine Sirmond pubblica la Défense de la vertu, vero e proprio sistema di morale antiagostiniana, di orientamento attrizionista: il peccato ha ferito, ma non ha distrutto la libertà della creatura; la carità si identifica con l' osservanza del decalogo; le stesse virtù dei pagani non possono essere moralmente subordinate alle virtù cristiane. Arnauld pubblica un opuscolo di confutazione dell'opera di Sirmond, l' Extrait de quelques erreurs et impiétez. Cartesio pubblica le Meditationes de prima philosophia in qua Dei existentia et animae immortalitas demonstratur (evidente l'implicito riferimento
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alla nota affermazione dei Soliloquia agostiniani: "Desidero conoscere Dio e l'anima, e nient'altro"). Dietro indicazione francese, Mazarino è nominato cardinale.
1642 Sotta Urbano VIII, !'Augustinus, responsabile di aver violato 1' obbligo di silenzio prescritto dal De auxiliis e di contenere tesi già censurate (in Baia), viene condannato con la balla In eminenti, redatta dall'assessore del Santo Uffizio e futuro cardinale Francesco Albizzi, feroce avversario dell'agostinismo ed intima arnica di Mazarino (entrambi furono educati dai gesuiti pressa il Collegio romano); la pubblicazione della balla è comunque rinviata. Robert Arnauld d' Andilly traduce 1' Oratio de interioris hominis reformatione di Giansenio in francese. Richelieu incarica il teologale di Parigi Habert di predicare contra Giansenio a Notre-Dame: Habert si serve delle tesi antigianseniane dei gesuiti. Dopa aver consigliato Luigi XIII di designare Mazarino corne suo successore, Richelieu muore. Mazarino continua la politica del tutto laica (assolutamente disinvolta nei confronti della fedeltà politica al cattolicesimo) di Richelieu, ereditandone anche l'antigiansenismo politico, assai più che teologico; anzi, bisognoso di consolidare una posizione certo più debole di quella di Richelieu, e di accreditare la sua scarsa autorità religiosa, Mazarino accentua le pressioni su Roma per la condanna del giansenismo. Thomas Hobbes pubblica il De cive.
1643 Morte di Luigi XIII; malgrado il trionfo militare francese a Rocroi, che segna il crollo della potenza continentale spagnola, la reggenza di Anna d' Austria, guidata da Mazarino (per moiti amante della regina), non puà impedire il caos politico e sociale. A Parigi viene pubblicato 1' Extrait de quelques propositions de Jansénius et de ses sectateurs condamnées par le concile de Trente et par les papes Pie V et Grégoire XIII, ove vengono riproposte le tesi gesuitiche antigianseniane del 1641. La Sorbona accetta la nomina di Arnauld a Socius, nomina prima ostacolata dalla stesso Richelieu a causa delle arnicizie tra Arnauld e Saint-Cyran. Poco dopa la sua liberazione dal carcere (avvenuta in seguito alla morte di Richelieu), incaricato il giovane Arnauld di assumere la difesa di Giansenio con la lettera Tempus tacendi, tempus loquendi, Saint-Cyran muore. Antoine Singlin lo sostituisce corne confessore delle monache di Port-Royal, divenendo, grazie alla sua limpida carità, l'auto-
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rità spirituale dei port-royalisti. In giugno la bolla In eminenti viene pubblicata a Roma, ma non è ufficializzata in Belgio né in Francia: l'arcivescovo di Parigi vieta comunque pubblicazioni e predicazioni relative alla questione della grazia. Roma ristampa la bolla di Pio V, ma senza la virgola dei gesuiti; nelle Fiandre, invece, i gesuiti fanno diffondere una versione della bolla con la virgola. Fallimentare deputazione di teologi di Lovanio (Sinnich e de Paepe) a Roma per chiarire il valore della bolla In eminenti e eventualmente correggerne il tenore antigianseniano e antiagostiniano. Albizzi risponde: «Agostino era un grande dottore, ma Giansenio non avrebbe dovuto equipararlo alla Sede apostolica». Urbano VIII avrebbe comunque confessato verbalmente a Sinnich di aver ordinato che Giansenio non fosse chiamato in causa nella bolla. Arnauld pubblica in francese (!) il trattato teologico De la Fréquente Communion, où les sentiments des Pères, des papes et des conciles, touchant l'usage des sacraments de pénitence et d'eucharistie sont fidèlement exposés (ultimato sin dal 1641): appoggiandosi sull'autorità dei Padri (di Agostino in particolare), polemizzando contro il lassismo dei gesuiti, interpretando il cristianesimo corne intima e totale conversione dall'uomo vecchio all'uomo nuovo, operata dalla grazia, l'erede di Saint-Cyran afferma la necessità che ci si avvicini alla comunione soltanto dopo un autoesame ed una penitenza lunghi e rigorosi: <<Non c'è niente che passa tanto scandalizzare la Chiesa, e dare tanto vantaggio agli eretici su di essa, che rigettare una dottrina stabilita da tutti i Padri e da tutti i Concilii; che togliere ai peccatori "le lacrime della penitenza", per usare le parole di Cipriano, rendendo loro odioso il rimedio che deve guarirli; che spingerli indiscretamente verso i terribili a/tari del Figlio di Dio, per ricevervi, come ha detto in altra occasione la Chiesa di Roma, "il veleno di una comunione precipitosa"»; il cristianesimo contemporaneo viene interpretato corne ormai decadente, proprio «de l'Église finissante», e contrapposto al modello irraggiungibile della chiesa dei Padri, che Dio stesso rendeva forte nelle persecuzioni e austera nel ritiro dal mondo. L' opera, che riscuote immediatamente un enorme successo, viene attaccata dal gesuita Jacques Nouet, che pubblica un Avertissement ove arriva a sostenere che, tra le righe, Arnauld nella Fréquente Communion negava la presenza reale di Cristo nell'eucarestia; Nouet definisce Arnauld eresiarca pari a Lutero e a Calvino, sovvertitore della chiesa romana e dello stato. Gli opuscoli e le prediche dei gesuiti si moltiplicano, ma Ma-
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zarino, in buoni rapporti con Arnauld d' Andilly, si oppone alla reclusione alla Bastiglia di Arnauld. Vincent de Paul è ostile alla Fréquente Communion, considerandola nociva all'evangelizzazione delle masse, propensa invece ad identificare il cristianesimo con una morale rigoristica per iniziati. L'opera è infine denunciata all'inquisione romana; malgrado la difesa della Sorbona, storicamente avversa ai gesuiti che ne erano esclusi, e quella dello stesso Parlamento, preoccupato delle ingerenze romane nelle vicende ecclesiastiche gallicane, Arnauld decide di entrare in clandestinità: vi resterà per venticinque anni. Pubblica inoltre un violento attacco contro i gesuiti, La Théologie morale des Jésuites (<<Non c'è quasi più niente che i gesuiti non permettano ai cristiani» ), e alcune Observations sur la Bulle "In eminenti", ove si sostiene la non autenticità della bolla, non ancora ufficialmente pubblicata in Francia. Blaise Pascal e sua sorella Jacqueline si trasferiscono a Parigi: Pascal incontra Cartesio. Octave de Bellegarde, arcivescovo di Sens, pubblica il Sanctus Augustinus per seipsum docens catholicos et vincens pelagianos. Viene nominato cardinale il gesuita Juan de Lugo, figura intellettuale dominante tra i professori del Collegio romano dal 1622 al 1642: in accordo con la tradizione dell'ordine, la sua teologia della grazia è congruista. Sirmond pubblica due importanti opere contro !'Augustinus di Giansenio: l'edizione del Praedestinatus, scritto anonimo della metà del V secolo, oggi attribuito ad Amobio, che opponeva all'eresia pelagiana l'eresia predestinazionista, formalmente distinta, in realtà identificabile proprio con le dottrine radicali dell'ultimo Agostino; l'abile strategia polemica del Praedestinatus (combattere la teologia della grazia di Agostino, distinguendola dall' autorità di Agostino) è attualizzata dall' Historia Praedestiniana, opera nella quale Sirmond si sforza appunto di ricostruire la storia dell' eresia predestinazionistica, culminante appunto nel giansenismo, e ribadendo che la sola via media tra le eresie è l'interpretazione cattolica (in effetti semipelagiana) di Agostino. Un antico allievo di Sirmond, il grande gesuita Denis Petau (1583-1652), pubblica il De libero arbitrio e il De Pelagianorum et Semipelagianorum haeresi, ove polemizza contro !'Augustinus (Arnauld polemizzerà apertamente contro Petau nella Seconde Apologie); Petau redige quindi il 1 tomo del suo capolavoro, i Dogmata theologica, ove nei libri IX e X, pur sottolineando, con grande scrupolo storico, l'effettivo predestinazionismo dell'ultimo Agostino, non solo Io distingue nettamente (e forzatamente) dall'interpre-
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tazione giansenista e calvinista, ma ne contesta comunque l'assolutizzazione, recuperando l'interpretazione relativizzante dell' Indiculus pseudo-celestino; Petau avvia inoltre la stesura del De la pénitence publique et de la préparation à la communion (1644) ove contesta le tesi rigoriste di Arnauld, colpevoli di sottrarre all' autorità vivente della chiesa cattolica, infallibilmente guidata dalla Spirito, il potere spirituale di determinare con il suo magistero la salvifica prassi ortodossa. Arnauld replicherà con la Tradition de l'Église sur le sujet de la pénitence et de la communion.
1644 Morte del filofrancese Urbano VIII e elezione del filospagnolo Innocenzo X (Pamphili: 1644-1655). Decreto del Sant'Uffizio che conforma la condanna dell'Augustinus. Roma ristampa la balla di Pio V con la virgola dei gesuiti. Arnauld traduce in francese il De correptione et gratia di Agostino, opera chiave per la definizione della dottrina della grazia predestinata; pubblica inoltre !'Apologie de l'abbé de Saint Cyran (redatta già nel 1639 con la collaborazione di Antoine Le Maître) e la Premiere Apologie de Jansénius (composta già nel 1643), scritta contra la condanna dell'Augustinus pronunciata in tre sermoni dal padre Habert, e il quale aveva rimproverato a Giansenio e a Saint-Cyran: l'esaltazione di Agostino a scapito di tutti gli altri Padri; la negazione dell'universalità della redenzione; la negazione della grazia sufficiente; la pretesa di una contrizione perfetta per ricevere un'assoluzione valida; la volontà di allontanare i fedeli dall'eucarestia. Mère Angélique scrive comunque al fratello: « Vi supplico di ricordarvi di tutte le pratiche di devozione che il nostro buon Padre (Saint-Cyran) aveva nella sua prigione. Infatti, benché io sia molto contenta che lavoriate molto, temo sempre che non preghiate abbastanza». Singlin campane il Récit de la conduite et des exercises des pénitens solitaires de Port-Royal des Champs, regolamento di vita dei Messieurs: notevole l'influenza dell'esempio cistercense e certosino. Senault pubblica L'homme criminel, trattato che influenzerà lo stesso Pascal: l'opera, che si ispira a Paolo e ad Agostino, ed ha notevoli debiti nei confronti della stesso Giansenio, riprende la dottrina del conflitto tra carità soprannaturale e concupiscenza naturale, pur conservando alla libertà la capacità naturale di compiere opere buone; non a casa Senault assumerà posizioni apertamente antigianseniste. Il vescovo di Lavaur, Abra de Raconis, pubblica l' Examen et jugement du livre De la fréquente communion: Saint-Cyran e Ar-
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nauld vengono accusati di essere dei razionalisti alumbrados. Il gesuita spagnolo Antonio de Escobar y Mendoza pubblica il Liber theologiae moralis, riedizione latina del fortunatissimo Examen y practica de confessores y penitentes (1627) e vero e proprio manifesta del casuismo: questo verrà implacabilmente stigmatizzato da Pascal nelle Provinciales, perché, anziché confessare l'impotenza e la perversione radicali della natura decaduta invocando la grazia di Dio, si impegna a rimuoverle tramite aleatorie pratiche umane, tecniche di penitenza meramente esteriori, appunto affidate al giudizio della ragione corrotta e allo sforzo della volontà concupiscente: <<l casuisti sottopongono la decisione alla ragione corrotta e la scelta delle decisioni alla volontà corrotta, affinché tutto cià che vi è di corrotto nella natura dell'uomo condizioni la sua condotta».
1645 Mazarino consolida il suo potere. In risposta alla Défense de la Foi de l'Eglise di Habert, che accusa di eresia tutti i giansenisti, Arnauld pubblica l'imponente Seconde Apologie pour Jansénius, opera fondamentale per la definizione di «chiare e evidenti "regles"» giansenistiche di interpretazione dell'opera agostiniana: le dottrine antipelagiane non sono tarde estremizzazioni o radicalizzazioni poco prudenti, in quanta Agostino ha sistematicamente trattato della grazia sin dall'Ad Simplicianum; le Retractationes sono decisive per ricostruire l'evoluzione e il senso della sua teologia; è scorretto isolare singole affermazioni agostiniane, per opporle alla sua coerente e costantemente ribadita teologia della grazia; l'opposizione tra i due amores, tra caritas donata dalla grazia e concupiscentia ereditata dal peccato, è la chiave dell'intera opera agostiniana, Confessiones comprese: stabilite le «massime fondamentali», tutto ne deriva seconda una perfetta «concatenazione», seconda «conseguenze evidenti e infallibili». Arnauld inoltre rifiuta l'esistenza di una setta giansenista, definita da Habert «calvinismo in abito lungo». Infine Arnauld confuta l'interpretazione delle otto Propositiones excerptae ex Augustino Reverendissimi Domini Comelii Jansenii, che Habert, riprendendole da quelle denunciate dai gesuiti nel 1641, cercava di dimostrare eretiche, e pretendeva di trovare appunto nell'Augustinus. Robert Arnauld d' Andilly comincia a pubblicare estratti dalle lettere di Saint-Cyran. Il cappuccino Yves de Paris, esponente di punta dell'umanesimo devoto, pubblica Les Miséricordes de Dieu en la conduite de l'homme, ove attacca la Fréquente Communion di Arnauld per il suo cristianesi-
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mo rigorista e pessimista. Luisa Maria Gonzaga, figlia di Carlo I duca di Nevers e di Mantova, frequentatrice assidua di Port-Royal e devota di Mère Angélique, sposa Ladislao IV di Polonia; Mère Angélique continuerà ad esercitare la sua direzione spirituale sulla regina di Polonia tramite una fitta corrispondenza. De Paul redige il Regolamento delle figlie della carità.
1646 Il papa e il Sant'Uffizio si rifiutano di condannare il De la Fréquente Communion di Arnauld; ci si limita a censurare una frase dell'Introduzione scritta da Barcos, ove significativamente l'autorità di Paolo veniva equiparata a quella di Pietro,· sl da essere considerati corne i due capi della chiesa che ne formano uno solo. Prima conversione di Pascal, sotto l'influenza dei fratelli Deschamps, discepoli di Saint-Cyran, medici trasferitisi per tre mesi a casa Pascal a Rouen per curare Étienne, il padre di Blaise; per due anni i Pascal eleggeranno corne loro guida spirituale il prete giansenista Guillebert. Lancelot, Nicole, Wallon de Beaupuis, Coustel, Guyot organizzano minuziosamente le Petites écoles, finalizzate ad ampliare la diffusione della cultura per favorire l' accesso diretto alla Scrittura. In particolare Claude Lancelot si dedicherà all'insegnamento della grammatica e delle lingue classiche e moderne presso la Petite école alle Granges, presso Port-Royal: tra i suoi alunni il piccolo Jean Racine, cui Lancelot vieterà (inutilmente) di dedicarsi alla letteratura greca profana. Altre Petites écoles vengono aperte a Parigi, a Versailles, a Troux. Ogni maestro non aveva più di cinque o sei allievi, e li sorvegliava per tutto il giorno, per cercare di impedire loro qualsiasi tentazione.
1647 Pascal attacca violentemente la Conduite du jugement naturel dell'ex cappuccino Jacques Forton signore di Saint-Ange, il quale sostiene la possibilità di dimostrare razionalmente la verità dei misteri rivelati; Forton è costretto a ritrattare dinanzi alle autorità ecclesiastiche. A Leida, presso il Collegio teologico calvinista, vengono mosse accuse di pelagianesimo contro Cartesio, che reagisce sdegnato per la «calunnia». A Parigi, nel mese di settembre, Cartesio e Pascal si incontrano due volte. Comincia il periodo mondano di Pascal, protagonista di accese polemiche scientifiche. Arnauld pubblica la traduzione francese del De vera religione di Agostino. Jacques Boonen, vescovo di Malines (e quindi di Lova-
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nio ), difende Baio e Giansenio, e rifiuta di accettare gli esemplari gesuitici della bolla di Pio V, fornita di "virgola". A Parigi viene pubblicata la traduzione francese delle Meditationes cartesiane. Robert Arnauld d' Andilly conclude la pubblicazione delle Lettres chrétiennes et spirituelles di Saint-Cyran, che a Port-Royal diventeranno uno dei testi principali di meditazione spirituale.
1648 Grande vittoria del principe di Condé a Lens, e fine della guerra dei trent' anni. Pace di Westfalia: la Germania accentua la sua divisione politica e religiosa; con il trattato di Münster, si riconosce la fine dell'egemonia spagnola e viene riconosciuta l'indipendenza alle Province Unite olandesi, alleate della Francia. Alcune monache ritomano a Port-Royal des Champs; l'ordine prende la denominazione di Port-Royal du Saint-Sacrement. 1 solitaires si spostano pertanto nella collina prospiciente il monastero, presso i granai: (le Granges). Vengono approvate le Constitutions de PortRoyal: ad esse avevano a lungo lavorato prima Mère Angélique, quindi la sorella, Mère Agnès. Primi contatti di Jacqueline e di Blaise Pascal con Port-Royal: rapidamente Jacqueline matura la sua vocazione religiosa, malgrado le forti resistenze del padre e le perplessità del fratello. Scrive Jacqueline: «Non si tesaurizza nel-1 'ordine della carità, non si accumulano i meriti, non si conserva nulla nei confronti di sé, non si rimane a lungo in un qualche guadagno. Ogni stasi è cattiva, ogni arresto è una caduta e "si pub evitare di cadere soltanto salendo più in alto"». Arnauld traduce in francese l' Enchiridion di Agostino, vero e proprio manuale catechetico della fede predestinazionista. Il gesuita Martfnez de Ripalda pubblica la prima sistematica, seria confutazione teologica del giansenismo, il trattato Adversus Baium et Baianos: affermando che Baio è pelagiano in riferimento allo stato di natura pura, Ripalda si sforza comunque di riconoscere alla stessa natura decaduta il desiderio e la capacità di giungere alla contemplazione di Dio. Inizia la prima Fronda, quella parlamentare, volta a sottrarre al potere regio il controllo delle finanze: dopo un'inutile resistenza, Mazarino è costretto a cedere. In alcune sue lettere, Vincent de Paul si dichiara convinto dell'eterodossia dell'Augustinus, in quanto negatore della universale volontà salvifica di Dio, del libero arbitrio e della grazia sufficiente. Senault pubblica L'homme chrestien: i credenti partecipano della stessa vita di Cristo, sacerdote e vittima. Dal 1648 al 1652, il gesuita Annat è assistente generale di Francia a
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Roma: collaborerà strettamente con l' Albizzi per approdare alla condanna del giansenismo. Il teologo lovaniense Jean Sinnich pubblica, sotto Io pseudonimo di Paul Erynach, la Sanctorum Patrum de gratia Christi et libero arbitrio dimicantium Trias, sistematica serie di estratti da Agostino, Prospero e Fulgenzio di Ruspe confutatori di Pelagio, Cassiano e Fausto di Riez; questa summa della dottrina agostiniana della grazia sarà una fonte essenziale per Io stesso Pascal. Nell'ambito della sistematica campagna della Compagnia volta a relativizzare l'autorità patristica esclusiva di Agostino, il gesuita Pierre Halloix pubblica l' Origenes defensus, che verrà messo all'indice nel 1655: Origene è esaltato corne santo e dottore pienamente ortodosso, mentre al II Concilio di Costantinopoli, che lo condanno, viene negata validità. Un semplice sermone dedicato ad Agostino, tenuto da Singlin a Port-Royal, scatena i gesuiti contro il monastero, accusato di disubbedienza al papa per non a ver rispettato l' obbligo del silenzio in materia di grazia.
1649 Dietro pressioni di Mazarino e dei gesuiti, Nicolas Cornet, il sindaco della facoltà teologica della Sorbona, sottopone sette proposizioni considerate di dubbia ortodossia all'esame della facoltà teologica: esse riassumono, pur se ambiguamente, le fondamentali tesi gianseniste. Cinque di esse determineranno tutta la storia del giansenismo: I- «Alcuni comandamenti di Dio sono impossibili per i giusti, anche se vogliono e si sforzano di obbedirvi, in proporzione alle forze che hanno in quel momento, e manca loro la grazia che li renda possibili»; II- «Nello stato di natura corrotta non si resiste mai alla grazia interiore»; III- «Per meritare e demeritare nello stato di natura corrotta, non è richiesta nell'uomo la libertà che esclude la necessità, ma è sufficiente la libertà che esclude la coazione»; IV- «/ semipelagiani ammettevano la necessità della grazia interiore preveniente per ogni atto in particolare, anche per l'inizio della fede, ed erano eretici in quanto pretendevano che questa grazia fosse tale che la volontà umana potesse resisterle o obbedirle»; V- «Dire che Gesù Cristo è morto o ha sparso il sangue per tutti gli uomini in generale è convinzione semipelagiana». Arnauld compone immediatamente le Considérations sur l'entreprise faite par Maître Nicolas Cornet, ove sostiene che le proposizioni non sono contenute nell' Augustinus e che esse sono comunque ambigue, possono cioè essere interpretate e in senso eretico e in senso autenticamente agostiniano, quindi del tutto ortodosso: «I
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nemici di Agostino hanno espresso tutte le proposizioni in termini ambigui e confusi, cosicché, essendo esse vere in un senso e false in un altro, essi potessero giustificarsi dinanzi ai dotti, dicendo che avevano voluto condannare soltanto cià che in esse vi era di malvagio, senza avere alcuna intenzione di ferire sant'Agostino». Il gesuita Charles Paulin diviene il confessore del giovane delfino di Francia: continua la demonizzazione del movimento di Port-Royal, che verrà accusato di essere uno dei maggiori responsabili della Fronda. Robert Arnauld d' Andilly traduce in francese le Confessiones di Agostino. Il cappuccino Jacques d' Autun, esponente dell'umanesimo devoto, pubblica, contra la teologia pessimistica e contra la prassi rigoristica dei giansenisti, Les Justes espérances de notre salut opposées au désespoir du siècle. Henri Arnauld si ritira a Port-Royal; viene quindi nominato vescovo di Angers. Petau, pubblica l'importante De Concilii Tridentini interpretatione et Sancti Augustini doctrina dissertatio, ove polemizza contra l' Augustinus di Giansenio: Petau considera illegittimo ridurre un pensiero complesso e vivente corne quello di Agostino, spesso costretto dalle controversie dottrinali ad estremizzare le sue posizioni, ad una sistematica «Catena», o «connexio augustiniana»; comunque, la stessa autorità di Agostino dev'essere interpretata e mediata dal magistero vivente della chiesa, che, massa dalla Spirito, fa crescere e sviluppare i «semina» spirituali della stessa antichità patristica, adattandoli alle esigenze della comunità cristiana moderna. Cartesio pubblica a Parigi le Passions de l'âme. Dopa la sconfitta ad opera delle forze rivoluzionarie, Carlo I d'Inghilterra è giustiziato: la repubblica inglese puritana, guidata da Oliver Cromwell, diviene uno spettro per le monarchie di tutta Europa. In seguito al protrarsi della fronda parlamentare, e a sempre più gravi disordini sociali, Anna d' Austria, Mazarino e il piccolo Luigi XIV sono costretti a fuggire da Parigi; riescono a prevalere grazie all'intervento dell'esercito del principe di Condé. Con la pace di Rueil, il Parlamento rinuncia alla volontà di esercitare un potere politico autonomo. Il giansenista abbé de Bourzéis pubblica un'altra replica all'iniziativa di Cornet: la Lettre d'un Abbé à un Président sur la conformité de saint Augustin avec le Concile de Trente touchant la manière dont les justes peuvent délaisser Dieu et être ensuite délaissés de lui: vi si insiste sull'equivocità della prima proporzione.
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1650 Arnauld pubblica l'importante Apologie pour les Saints Peres, Défenseurs de la Grace. Barcos pubblica anonimo il trattato Quae sit S. Augustini et doctrinae ejus auctoritas in Ecclesia, che ripropone la concezione gianseniana e amauldiana di Agostino corne tradizionale architrave dell' ortodossia cattolica: la sua autorità trascende quella degli stessi pontefici. Viene pubblicata dai Messieurs di Port-Royal la prima edizione de L'Office de l'Église en latin et en français, ovvero le Heures de Port-Royal; da notare che vi vengono tradotti una sessantina di Salmi direttamente dall'originale ebraico, ignorando il testo della Vulgata, canonico per il concilio di Trento. A Parigi, il giansenista Matthieu Feydeau, dottore alla Sorbonna, pubblica anonimo il Catechisme de la grace, sintesi mirabile della dottrina agostiniana, restituita con semplicità e chiarezza in tutta la sua radicale coerenza. Il gesuita Vavasseur pubblica il libello Cornelius Iansenius lprensis Suspectus, ove identifica apertamente /anseniani e Calviniani. Morte di Cartesio a Stoccolma. A Parigi, inizia la seconda Fronda (quella aristocratica), che durerà sino al 1652 e sarà domata soltanto grazie alla fedeltà dell'esercito. Il gomarista Jacques de Reves (Revius), che aveva promosso all'università di Leiden la censura di Cartesio per pelagianesimo, pubblica la Statera philosophiae Cartesianae, ove documenta le sue accuse di molinismo e persino di socinianesimo, provate dal-1' assenza totale nelle opere cartesiane del riconoscimento della corruzione derivata dal peccato originale, e quindi dall'attribuzione della libertà d'indifferenza alla libertà umana, empiamente equiparata a quella divina. Nell'anno successivo Ciriacus Lentulus pubblica, sulla stessa linea, la Nova Des Cartes sapientia, ove sottolinea corne Cartesio attribuisca pelagianamente alla volontà umana un'attività autonoma e meritoria nell'elezione del bene e del vero. Ne seguirà una decennale polemica tra gomaristi anticartesiani e cartesiani calvinisti, intenti a dimostrare la perfetta corrispondenza tra la nuova filosofia e la teologia della grazia predestinata: si pensi all'apologia di Cartesio intrapresa da Johannes Clauberg e soprattutto dal calvinista Cristoph Wittich, che - dal 1653 sino al Consensus veritatis revelatae cum veritate philosophica a Cartesio detecta del 1690 - si sforza di accordare (analogamente ai giansenisti) libero consenso della volontà umana e determinante, infallibile azione della grazia divina, che produce la cartesiana attenzione dell'intelletto nei confronti del vero, e quindi la conversione irresistibile della volontà. L'insistenza di questi apologeti di Cartesio sull'assoluta,
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onnideterminante potenza di Dio sarà cosi sistematica che essi stessi finiranno paradossalmente per dover difendere Cartesio dall'accusa contraria (avanzata, tra gli altri, da Leibniz): aver aperto la strada al determinismo spinozistico, negando non solo la libertà umana, ma la stessa libertà di Dio, identificata con una necessità assolutamente fatale, e in ultima analisi impersonale.
1651 Isaac Habert, divenuto vescovo di Vabres, invia a Innocenzo X le prime cinque proposizioni di Cornet chiedendone la condanna; per iniziativa dei gesuiti, guidati da Annat e da Dinet, e fiancheggiati da de Paul, dall'ambiguo François Hallier (successore di Cornet alla Sorbona ed ex collaboratore di Arnauld) e da Jean-Jacques Olier (parroco della popolosa parrocchia parigina di Saint-Sulpice, che confessa va di non avere mai letto Agostino), la lettera viene fatta firmare da 60 vescovi francesi, che chiedono al papa la condanna delle cinque proposizioni; il vescovo di Aleth, Pavillon, e quello di Pamiers, Caulet, rifiutano di firmare, preferendo ad una condanna dottrinale il ribadimento papale del divieto di discussione sulla teologia della grazia; per de Paul, invece, differire la condanna significa «diffondere il veleno». Arnauld risponde con la Mémoire sur le dessein qu'ont les jésuites de faire retomber la censure des cinq propositions sur la véritable doctrine de saint Augustin. Nonostante i contrasti, dinanzi ai disastri delle guerre e della Fronda, Port-Royal versa alla Congregazione della missione di de Paul notevoli cifre di denaro per opere di carità; lo stesso convento diviene un importante centra di assistenza ai poveri. Tra il 1650 e il 1655 vengono pubblicate da Port-Royal le Relations, bollettino della povertà e delle reti assistenziali, che non solo invita alla carità, ma cerca anche di organizzarla; cio che sembra caratterizzare Io slancio caritativo a Port-Royal è la rinuncia ad inquadrare l'attività assistenziale all'interno di un processo di rievangelizzazione. Di grande rilievo, in quest'opera di razionalizzazione delle opere di carità, il ruolo di famiglie borghesi gianseniste, corne quella dei ricchi Hamelin, veri e propri consulenti economici del movimento. Non viene ovviamente trascurata la riflessione teologica sulla carità, verificata sulla tradizione patristica: Antoine Le Maître decide di pubblicare un lavoro inedito di Saint-Cyran, L'Aumône chrétienne ou la tradition de l'Église envers les pauvres. Giunge a Roma la deputazione giansenista: vi rimarrà fino al 1653, anno di pubblicazione della Cum occasione; ne fanno parte Noël Lalane e il dottore
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della Sorbona Louis Gorin de Saint-Amour, autore di un prezioso Journal della rnissione romana, ove verrà riportato anche l'importante Écrit à trois colonnes. Il giovanissimo Luigi XIV, dichiarato maggiorenne, invia a Roma una richiesta di condanna del giansenismo ispirata da Mazarino, il quale, sotto le pressioni della Fronda aristocratica, guidata dallo stesso principe di Condé, viene comunque bandito da Parigi. Muore Étienne Pascal, il padre di Blaise, che sempre più si dedica alla ricerca scientifica, pur non trascurando la vita mondana: cornincia a lavorare al Traité du vide. L'Office de l'Église port-royalista viene condannato. Il gesuita Jean de Brisacier pubblica Le jansénisme confondu: le monache di Port-Royal vengono presentate corne «donne impenitenti, disperate, prive di sacramenti, aliene dalla comunione ... per la loro stessa costituzione è un bene morire senza sacramenti, per imitare la disperazione di Cristo sulla croce». Sébastien Joseph du Cambout abbé de Pontchâteau, sotto la guida di Singlin, vive la sua conversione. Entrerà nell'entourage di Port-Royal, di cui sarà l'ambasciatore segreto a Roma in frangenti assai delicati (1677-1680). Il gesuita Sirmond pubblica l' Historia Poenitentiae publicae, esplicito attacco contro il mito giansenista di una «severitas antiqua» e in particolare contro la tesi rigorista di Arnauld relativa alla generalizzazione della penitenza pubblica: Sirmond evidenzia corne la chiesa antica assumesse in proposito prassi non univoche e comunque meno radicali. Hobbes pubblica il Leviathan. La Corte si trasferisce a Poitiers e richiama Mazarino.
1652 Malgrado l'iniziale opposizione di Blaise (che in un primo tempo si rifiuta di versare al convento la somma per la "dote" della nuova suora), Jacqueline Pascal entra a Port-Royal, assumendo il nome di soeur Jacqueline de Sainte-Euphéme. Innocenzo X ribadisce la fedeltà della chiesa all'insegnamento di Agostino, ma sottolinea l'esagerazione di alcune sue espressioni, non equiparabili comunque alle parole della Scrittura. Mazarino e il giovane re sconfiggono l'esercito della Fronda aristocratica e rientrano trionfalmente a Parigi. Luigi XIV fa arrestare l' arcivescovo designato di Parigi, Jean-François de Gondi, il cardinale di Retz, che era stato uno dei capi della Fronda. Il clero francese reagisce per difendere l'immunità ecclesiastica; Roma si rifiuta di designare un nuovo successore all'episcopato parigino. Vincent de Paul ritratta pubblicamente la sua antica arnicizia con Saint-Cyran, definendolo un
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eretico ostinato, alla pari di Lutero e Calvino; de Paul finanzia inoltre la deputazione antigiansenista a Roma: essa è guidata da Hallier, da Jérôme Lagault e dal gesuita Annat, che sarà uno stretto collaboratore di Albizzi, e cercherà di colpire insieme giansenisti e tomisti. Incaricata di formare le collezioni canoniche del monastero, Mère Angélique de Saint-Jean comincia la sua attività di storiografa di Port-Royal; di lei dirà Nicole: «Aveva più intelligenza dello stesso Monsieur Arnauld»! Il gesuita Brisacier pubblica un pamphlet dal titolo eloquente: Les jansénistes reconnus calvinistes. Annat pubblica }'Augustinus a Baianis vindicatus: «Condannando le cinque proposizioni, il papa non si è preoccupato di sapere se condannava o no sant'Agostino». Arnauld d' Andilly pubblica le Vies des Pères du désert e le Vies de plusieurs Saints.
1653 Cedendo aile pressioni di Luigi XIV e di Mazarino e alle insistenze di Albizzi (che osa persino dichiarare che «Gli scritti antipelagiani sono la feccia di Agostino»), ansioso di imporre la sua autorità dogmatica sulla stessa chiesa gallicana, Innocenzo X condanna le Cinque proposizioni con la bolla Cum occasione, pur assicurando di rimanere del tutto fedele alla vera mens, al verus sensus Augustini (avrebbe dichiarato alla deputazione giansenista: «0 questo è certo», negando categoricamente di aver voluto mettere in discussione l'autorità di cui Agostino godeva nella tradizione della chiesa). In verità, nella bolla, redatta dall' Albizzi e dal cardinale Chigi, futuro papa, si condannano soltanto le cinque proposizioni, che non vengono esplicitamente attribuite a Giansenio, ma soltanto considerate corne nate in occasione di controversie relative all'Augustinus (opera citata due volte nel documento, ma non apertamente condannata). Inutilmente la deputazione giansenista aveva presentato al papa l'importante Écrit à trois colonnes (composto presso il convento domenicano di S. Maria sopra Minerva), ove il senso agostiniano delle cinque proposizioni era dimostrato corne verità equidistante dal calvinismo e dal molinismo. Roma è comunque più interessata al ribadimento e al rafforzamento del proprio primato (il fatto giuridico) che al definitivo chiarimento della questione teologica (il diritto dogmatico). Henri Ottius, ministro calvinista, pubblica un discorso De causa janseniana: «Giansenio è dalla nostra parte». Pascal stringe amicizia con il duca de Roannez, con il cavaliere di Méré (teorico dell'honnête homme e seguace dell'indifferenza religiosa), con Mitton, scettico e dedito alla vita mondana;
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inizia a frequentare la carte, si dedica al gioco (nascono i primi studi sulla roulette e il calcolo delle probabilità). D'altra parte, comincia a sorgere un senso di disgusto per il monda; le visite a Jacqueline a Port-Royal si fanno sempre più frequenti. Port-Royal pubblica l' Historia et Concordia evangelica (diretta da Arnauld): l'opera si inscrive all'intemo del grande lavoro di analisi e di traduzione del Nuovo Testamento, avviato dalla stesso Saint-Cyran e che approderà all'edizione di Mons. L'oratoriano André Martin, fortemente influenzato dai giansenisti, compone il Sanctus Augustinus, de existentia et veritate Dei, che costituirà il primo volume della Philosophia christiana (terminata nel 1671 e pubblicata sotto lo pseudonimo di Ambrosius Victor), antologia in sei volumi del pensiero di Agostino, interpretato alla luce della filosofia cartesiana. Senault, una volta divenuto superiore degli oratoriani, accuserà apertamente Martin di giansenismo, minacciandolo di espellerlo dall'ordine. Al contrario, Arnauld considererà l'opera di Ambrosius Victor corne un'antologia agostiniana non sorvegliata criticamente e fuorviante, perché troppo superficiale in relazione alla teologia della grazia. Il gesuita lovaniense François Pintherau - già autore del trattato polemico Les Reliques de Saint-Cyran (1640) - pubblica, con tagli e forzature, Divers pacquets de lettres de lansenius à l'abbé de Saint-Cyran; compone inoltre un'opera storica tendenziosa ma assai documentata, La naissance du jansénisme découverte.
1654 L' Assemblea del clero francese, govemata da Mazarino, radicalizza l'ambigua condanna di Roma e propane l'attribuzione formale delle cinque proposizioni allo stesso Giansenio; decide quindi di far sottoscrivere la condanna papale delle cinque proposizioni a tutti gli ecclesiastici di Francia, al Parlamento e alla Sorbona. Malgrado le resistenze del Parlamento, trionfa l'antigiansenismo. Anche Lovanio si arrende: la resistenza è armai soltanto quella di Port-Royal. Il gesuita Annat diviene confessore di Luigi XIV (lo sarà sino alla morte, nel 1670); nei suai Cavilli Jansenianorum contra latam in ipsos a Sede apostolica sententiam, insinua che la condanna pronunciata dalla balla Cum occasione non riguardasse soltanto Giansenio, ma anche alcune dottrine di Agostino: «Se la risoluzione pontificale fosse contraria a una qualche affermazione di Agostino, bisognerebbe abbandonare l'affermazione di Agostino ... E non vi è metodo più certo dell'interpretazione stessa della chiesa per conoscere il pensiero di Agostino ... Che cosa di più si-
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euro che interrogare la chiesa presente e docente sui pensiero di Agostino silenzioso e assente ?». Violenta reazione di Arnauld: Réponse au P. Annat et contre ses Cavilli Jansenianorum. In settembre, breve con la quale Roma ribadisce che le Cinque proposizioni sono contenute nell'Augustinus. A Parigi, viene pubblicata, con grandissimo successo, un'incisione dal titolo La déroute et la confusion des jansénistes: il papa Innocenzo X, ispirato dallo Spirito, folgora il giansenismo e si rivolge al giovane Luigi XIV, che con il suo scettro bastona Giansenio, raffigurato con ali diaboliche e pronto a rifugiarsi pressa Calvino. Pullulano opuscoli antigiansenisti, che sottolineano il pericolo politico del movimento. Léonard de Marandé pubblica gli Inconvénients d'Etat procédants du jansénisme, avec réfutation du Mars français de Jansénius; nell'opera, viene riportato un falso, La lettre circulaire de Port-Royal, che verrà ristampato e tradotto in tutte le lingue europee per più di due secoli: si tratta del preteso statuto ufficiale della setta clandestina dei giansenisti, ove vengono riportate le strategie per far trionfare con tutti i mezzi, leciti e illeciti, anche a costo di congiure politiche, la dottrina della predestinazione. Grande rumore produce l'opera del consigliere del re Jean Filleau, Relation juridique de ce qui s'est passé à Poitiers touchant la nouvelle doctrine des jansénistes, anch'essa ristampata per secoli: vi si teorizza il fantastico complotto di Bourgfontaine, accusando il movimento giansenista di cospirare contra la chiesa cattolica e il regno di Francia. Il gesuita Étienne Dechamps pubblica il De haeresi janseniana ab apostolica sede merito proscripta: l'autorità della sede romana è superiore a quella di Agostino, di cui Giansenio ha comunque offerto una caricatura eretica; si respinge la dogmatizzazione delle tesi antipelagiane di Agostino. Notte del 23 novembre, seconda conversione di Pascal, che esperisce la sconvolgente délectation della grazia e scrive il Mémorial, testo che da quella notte in poi porterà sempre con sé, cucito negli abiti: «Dalle ore dieci e mezza circa di sera fino a circa mezzanotte e mezza. FUOCO. Dio di Abramo, Dio d'Isacco, Dio di Giacobbe, non dei Filosofi e dei sapienti. Certezza, Certezza. Sentimento, Gioia, Pace. Dio di Gesù Cristo ... Oblio del mondo e di tutto tranne Dio. Lo si trova solo per le vie insegnate nel Vangelo. Grandezza dell'anima umana. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto. Gioia, Gioia, Gioia, lacrime di gioia. Io me ne sono separato... Dio mio, mi lascerete? Che io non ne sia separato eternamente ... Rinuncia totale e dolce». Pascal
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sceglie corne suo padre spirituale Singlin, che aveva sostituito Saint-Cyran corne guida spirituale e confessore delle monache di Port-Royal. In seguito alla morte dello zio, suo predecessore, il cardinale di Retz, ancora prigioniero di Luigi XIV, prende possesso della piena dignità episcopale. Albizzi è nominato cardinale. Il cardinale di Retz riesce a fuggire dalla sua prigione parigina e si rifugia prima in Spagna, quindi a Roma, presso la casa della missione di de Paul; Retz è accusato da Mazarino (che Io vuole sostituire con il fidato Pierre de Marca) di filogiansenismo per le sue amicizie con gli Arnauld; i gesuiti riescono ad accreditare l'immagine di un giansenismo frondista, criptorepubblicano. Lettera del cardinale di Retz da Roma, con la quale la direzione della chiesa parigina è, senza neanche consultare il re, affidata a due vicari generali. Pascal termina i Traités de l'équilibre des liqueurs et de la pesanteur de la masse de l'air; lascia incompiuto il Traité des coniques; si conclude la corrispondenza con Fermat, nella quale Pascal teorizza il calcolo delle probabilità. Mère Angélique abbandona la carica di badessa di Port-Royal, cedendola a Mère Marie des Anges. Ad un Almanach antigiansenista diffuso dai gesuiti, de Sacy risponde con una satira in mille versi, le Enluminures du fameux Almanach des Jésuites.
1655 Il prete parigino Picoté rifiuta l'assoluzione al duca di Liancourt per le sue simpatie gianseniste. Arnauld risponde con la Lettre à une personne de condition e quindi con la fondamentale Seconde lettre à un duc et pair (indirizzata al duca Louis-Charles d'Albert de Luynes, potente sostenitore di Port-Royal), ove sintetizza la dottrina della grazia giansenista, si dichiara d' accordo con la condanna delle cinque proposizioni effettivamente eretiche (questione di diritto ), ma aggiunge di non ritenere che esse siano presenti nell'Augustinus (questione di fatto). L'applicazione della distinzione tra diritto e fatto, escogitata da Nicole e Arnauld, diviene la strategia difensiva fondamentale del giansenismo, disperato tentativo di concordare due fedeltà divenute ormai tragicamente impossibili: quella all'autorità di Agostino e quella all'autorità del Papa, cui un cattolico deve assoluta ubbidienza per quanto egli afferma di diritto (donde la condanna delle cinque proposizioni è la condanna della perversa interpretazione calvinista dell'ortodossia agostiniana), con il quale perô puô dissentire per questioni relative al fatto (il Papa o, meglio i suoi cattivi interpreti cadono in un
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umano errore di interpretazione quando pretendono di identificare nell'Augustinus le proposizioni calviniste giustamente condannate); i giansenisti si riservano quindi di accettare in "ossequioso silenzio" (quindi comunque con tacito dissenso) la condanna di Giansenio decisa da Roma. Muore Innocenzo X: elezione di Alessandro VII (Chigi: 1655-1667). Primo soggiorno di Blaise Pascal a PortRoyal, ove rimane per tre settimane. Pierre de Marca, arcivescovo di Tolosa, e Annat redigono un Formulario da sottoscrivere corne prova di ortodossia: vi si condannano le cinque proposizioni, le si attribuiscono esplicitamente a Giansenio (il cui sensus teologico è formalmente condannato ), respingendo quindi la distinzione arnauldiana tra diritto e fatto e affermando la discordanza tra Giansenio e Agostino. Pascal passa sotto la direzione spirituale di Isaac Le Maître de Sacy. Entretien avec M. de Saci, resoconto di un colloquio sul rapporto tra filosofia e cristianesimo tenutosi tra questi e Pascal, redatto dal collaboratore di de Sacy, Nicolas Fontaine: viene abbozzato lo schema delle Pensées, ove - in corrispondenza con la tesi del giansenismo corne ortodossa e salvifica via media tra molinismo e calvinismo - il cristianesimo risulta essere la vera via media tra stoicismo (Epitteto) e scetticismo (Montaigne), tra orgoglio e disperazione. Pascal scrive l' Esprit géométrique e l' Art de persuader. Il papa nomina Guidi di Bagno nunzio a Parigi, per imporre al re il cardinale di Retz, e per ricondurre alla piena sottomissione al papa la chiesa di Francia. Pressato dall' episcopato francese, Luigi XIV accetta la nomina di Retz, che pero non potrà mai prendere possesso effettivo della sua sede, amministrata dai suoi due vicari. Il salesiano François Bonal, umanista devoto, pubblica Le Chrétien du temps: il giansenismo viene accusato di ridurre il cristianesimo ad una metafisica astratta e ad una scolastica deteriore; si invita il cristiano a passare, piuttosto, dai libri degli uomini alla luminosa semplicità dei Vangeli, alla loro fiducia nell'uomo, nella sua libertà, nella sua capacità di mettere in pratica l' esempio di Cristo. Per Bonal, lo stesso Agostino, maestro incomparabile, ha talvolta errato: non tutto cio che egli ha affermato è quindi verità di fede. Si stigmatizza infine la pretesa giansenista di interpretare il cristianesimo corne testimonianza straordinaria di un evento sovrannaturale di grazia, riconoscibile solo se eroicamente, persino tragicamente vissuto: «Non vi è niente di virtuoso, che non sia eroico; niente di cristiano, che non sia miracoloso; niente di tollerabile, se non è inimitabile... Vi sono dei temperamenti ta/mente
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squisiti e delicati che, nell 'accontentarsi della ragione, soffrono più di quanto non dovrebbero ... La mediocrità è per la loro sensibilità un vizio; cià che non è all 'eccesso è in difetto; cià che non è singolare è troppo triviale ... Gli spiriti moderati e sinceri cercano un cristianesimo più calmo e più pacifico, che assicura e consola il cuore, e non una religione febbrile e agitata».
1656 Inizia la «grande persecuzione» dei giansenisti. Dietro pressioni dell' Albizzi, Alessandro VII promulga la balla Ad Sanctam Beati Petri Sedem, che specifica corne la balla Cum occasione, condannando le cinque proposizioni, aveva voluto condannare lo stesso Augustinus, quindi la stessa intenzione teologica di Giansenio: «Dichiariamo e definiamo che sono state condannate quelle cinque proposizioni tratte dal libro intitolato Augustinus di Cornelio Giansenio vescovo di Ypres, net senso inteso dallo stesso Cornelio Giansenio». La maggioranza dei dottori della Sorbona, precedentemente roccaforte degli Arnauld, ma armai controllata dal potere politico, dopo un esame della Seconde lettre, processa Antoine Arnauld e, malgrado la resistenza di una minoranza irriducibile, lo condanna sul "fatto" (per l' affermazione che le cinque proposizioni non sono nell'Augustinus) e sul "diritto" (si accusa Arnauld di difendere egli stesso la prima proposizione). La conseguente espulsione di Arnauld (e dei quasi cento dottori resistenti) è un vero e proprio choc: egli abbandona Port-Royal e comincia a vivere nella clandestinità. Arnauld viene sostenuto da Nicole, provvisto di una solida preparazione tomista, decisiva per rafforzare l'assolutizzazione di Agostino tramite la teologia cattolica tradizionalmente dominante. Sollecitato da Arnauld, il 23 gennaio, sotto Io pseudonimo di Louis de Montalte [anagramma degli pseudonimi Amos de Dettonville, "autore" di alcuni scritti sul calcolo infinitesimale, e di Salomon de Tultie, misterioso pseudonimo che tornerà nelle Pensées, e che fa allusione a Cristo, re sapiente (=Salomone) di (s)tultitia], Pascal pubblica, con un clamoroso successo, la prima di diciotto lettere: Lettre écrite à un Provincial par un de ses amis, sur le sujet des disputes présentes de la Sorbonne; nel capolavoro letterario della controversia giansenista, Pascal prende le difese di Arnauld e dell'agostinismo giansenista (in particolare nelle prime tre lettere), attaccando quindi sistematicamente i gesuiti e il loro lassismo morale; notevolissima la diciottesima (pubblicata nel 1657), nella quale ripropone l'identificazione tra il senso di Agostino,
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quello di Tommaso e quello di Giansenio; nella diciassettesima e nella diciottesima, si ammette l' infallibilità della chiesa nelle questioni di diritto, ma si insiste sulla sua fallibilità nelle questioni di fatto. Cià che perà rende inimitabili e irresistibili le Provinciales è la loro capacità di rendere attraenti, tramite una raffinatissima arte persuasiva, astratte controversie teologiche e spirituali. Vi si mescolano gioco e assoluta serietà, scintillante ironia e pathos per la verità; scriverà Racine: «la gaiezza di Pascal è stata più utile al partito giansenista di tutta la seriosità di Arnauld». 24 marzo: miracolo della Santa Spina a Port-Royal; la giovane educanda Marguerite Périer, nipote di Blaise, suo padrino di battesimo, grazie al semplice contatto con la reliquia, viene istantaneamente guarita da un'incurabile fistola lacrimale; malgrado Io scetticismo e l'avversione dei gesuiti, il miracolo è, dopo un'indagine, riconosciuto dallo stesso arcivescovo di Parigi. Viene pubblicato I'opuscolo Rabatjoie des jansénistes, attribuito ad Anriat: cerca di svalutare il miracolo, unamimente interpretato da Port-Royal corne un segno del sostegno celeste alla battaglia giansenista. Pascal, in qualità di guida spirituale, scrive nove lettere alla giovane Charlotte de Roannez, sorella del duca, sulla rinuncia al mondo e l' abbandono alla grazia del Deus absconditus, del tutto occulta nella natura e rivelatosi ancora più nascostamente nell'incamazione di Gesù Cristo, per poi ritirarsi nell'eucarestia, il più oscuro e paradossale dei misteri teologici: «Egli era molto più riconoscibile quando era invisibile, che quando si è reso visibile». Pascal comincia a comporre i fondamentali Écrits sur la grâce, ove, recuperando la tradizionale teoria agostiniana e giansenista dell'equivocità di alcune affermazioni teologiche, presenta l' agostinismo radicale corne l' ortodossia intermedia tra calvinismo e molinismo, nella sua capacità di accordare grazia efficace e libero consenso, responsabilità morale dell'uomo: «Se noi consideriamo la vita cristiana che non è altro che un santo desiderio, secondo sant'Agostino, troveremo e che Dio previene l'uomo e che l'uomo previene Dio, che Dio dona senza che glielo si chieda e che Dio dona cio che gli si chiede, che Dio opera senza che l'uomo cooperi e che l'uomo coopera con Dio, che la gloria è una grazia e una ricompensa, che Dio abbandona per primo e che l'uomo abbandona per primo, che Dio non puo salvare l'uomo senza l'uomo e che non dipende in nessun modo dall'uomo se vuole e se corre, ma solamente da Dio che fa misericordia... Le espressioni semipelagiane sono anche agostiniane ma non è vero il
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contrario, donde si vede quanto è ingiusto pretendere che i passaggi della Scrittura che sembrano favorire i semipelagiani rovinino le idee di Agostino, in quanto tutti i passaggi possono avere due sensi (sono equivoci), mentre quelli che stabiliscono la dottrina di sant 'Agostino rovinano necessariamente i semipelagiani, perché sono univoci». ln seguito al miracolo della Santa Spina, Pascal comincia a prendere appunti per alcune Lettres sur les miracles, primo nucleo dell'Apologie sur la vérité de la religion chrétienne, ovvero delle Pensées, ove verrà ribadita l'assoluta fedeltà teologica all'agostinismo radicale: «Non si comprende nul/a delle opere di Dio se non si prende per principio che egli ha voluto accecare gli uni e illuminare gli a/tri». Il gesuita Rapin pubblica il De nova doctrina dissertatio seu Evangelium jansenistarum; avvia inoltre la composizione di due fondamentali, pur se prevenute, opere storiche sui giansenismo: L'histoire du jansénisme, in 10 libri, che ricostruisce la storia del movimento fino alla morte di Saint-Cyran e al pontificato di Urbano VIII (1664), e le Mémoires sur l'Église, la société, la cour, la ville et le jansénisme, in 20 libri, che giunge sino alla pace clementina del 1669; le opere saranno pubblicate soltanto nella seconda metà dell'800. Singlin è nominato dall'arcivescovo di Parigi superiore di Port-Royal. Thomas Hobbes conclude la sua decennale polemica contro il vescovo di tendenza arminiana Bramhall, pubblicando The Questions concerning Liberty, Necessity and Chance: riaffennandovi la sua radicale fedeltà all'ortodossia calvinista, Hobbes definisce la dottrina del libero arbitrio assurda, razionalmente inconsistente, contrastante con la Scrittura, Paolo, Agostino e i grandi rifonnatori, Lutero e Calvino; invece tutti gli altri Padri, la scolastica, l' origenismo di Erasmo, il pelagianesimo dei gesuiti e degli arminiani contraddicono l' autentica tradizione cristiana, per sostenere un indeterminismo cripto-epicureo, che, volendo conservare la libertà della creatura, nega la Provvidenza onnisciente e onnipotente di Dio. L'assolutismo teologico hobbesiano viene invece accordato al suo (neostoico)" determinismo meccanicistico: la libertà della creatura non è un vero potere, non si autodetennina, non è autonoma dall' assoluta potenza onnideterminante di Dio. Il gesuita Bernard Meynier pubblica un violento scritto antigiansenista: Port-Royal et Genève d'intelligence contre le TrèsSaint Sacrement de /'Autel: i "discepoli di Agostino'', teologicamente del tutto equiparati ai calvinisti, vengono falsamente accusati di negare la presenza reale .di Cristo nell'eucarestia.
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Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
1657 Pasquier Quesnel (1634-1719), laureando alla Sorbona e prossimo ad entrare tra gli oratoriani, accetta di firmare la censura contro Arnauld, nel timore di compromettere i suoi studi: ne proverà rimorso per tutta la vita. Mazarino impone tramite l' assemblea del clero di Francia un Formulario di adesione esplicita alla bolla Ad Sanctam. Arnauld compone, probabilmente con la collaborazione di Pascal, il Cas proposé par un docteur touchant la signature de la Constitution dernière du Pape Alexandre VII. Et du Formulaire, arrêté en l'Assemblée générale du Clergé le 17 mars 1657: cosa fare se si è convinti dell'errore papale riguardo alla presenza di fatto nell'Augustinus delle cinque proposizioni condannate corne eretiche? Bisogna scegliere Agostino, organo della grazia divina, o l'obbedienza alla condanna papale che contraddice la stessa tradizione cattolica? Pur se drammaticamente lacerato, Arnauld rivendica i diritti della libertà di coscienza individuale e della chiesa gallicana nei confronti di Roma. Nicolas Pavillon, vescovo di Aleth, futuro difensore dei giansenisti, afferma il dovere di firmare per obbligo di carità e obbedienza all'autorità della chiesa. Arnauld smonta le argomentazioni di Pavillon con il trattato Réflexions d'un docteur de Sorbonne sur l'Avis de ce Prélat e afferma, in termini agostiniani: «Il nostro spirito non pub mai attaccarsi che a cio che gli sembra vero ed è impossibile che abbracci cià che gli sembra falso, quando potrebbe essere vero. Se noi vediamo che il nostro spirito è già determinato verso un sentimento, è impossibile che egli lo muti, se non gli sopravviene qualche Luce, vera o falsa, che abbia maggiore forza per tenerlo attaccato al sentimento contrario, rispetto a que/la forza che lo teneva attaccato al primo sentimento»; confessando l'infallibilità della chiesa in materia di diritto dogmatico, Arnauld ribadisce che «la chiesa puo errare nelle questioni di fatto, corne tutti i cattolici riconoscono». Arnauld presenta quindi quattro Memorie alle autorità parigine per protestare contro la bolla di Alessandro VII, che impediva la libertà di coscienza individuale e fninacciava la stessa libertà della chiesa gallicana; vi si paventa l'instaurazione dell'Inquisizione in Francia. Mentre a Parigi esce la prima raccolta di tutte le Provinciales, a Roma esse vengono messe all'Indice. Pascal scrive: «/ santi non hanno mai taciuto ... Bisogna gridare tanto più forte quanto più ingiustamente si è censurati e quanto maggiore è la violenza con la quale si vuole soffocare la parola, sino a quando verrà un Papa che ascolti i due partiti e che consulti l'antichità per fare giustizia.
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Cosi i buoni papi troveranno ancora la chiesa in clamore». Pascal redige gli Eléments de géométrie, destinati agli allievi delle Piccole scuole. Charlotte de Roannez si fa monaca a Port-Royal, malgrado la netta contrarietà dei genitori, che alla fine dell' anno la portatano via con la forza. Il gesuita Pirot pubblica l'Apologie pour les Casuistes, in aperta polemica contro le Provinciales.
1658 Sotto Io pseudonimo di Wendrock, Nicole pubblica le Provinciales in traduzione latina, fomite di un commentario; aggiunge alla XVIII lettera un Dialogo, ove si ribadisce la possibilità di accordare giansenismo e tomismo. L' opera verrà bruciata a Parigi nel 1660. I.: Apologie pour les Casuistes viene condannata dall' Assemblea dei curati di Parigi; i gesuiti chiedono che a questa condanna sia almeno accompagnata una nuova condanna delle Provinciales. Scritti dei curati di Parigi, redatti in buona parte da Pascal, contro l'Apologie pour les Casuistes, che viene condannata anche dalla Sorbona e, l'anno seguente, dal Santo Uffizio. In autunno, conferenza di Pascal a Port-Royal ove vengono eposte le linee fondamentali dell'Apologia; grande il consenso presso l'entourage giansenista. Atteggiamento poco favorevole nei confronti di Cartesio: «Non posso perdonare a Descartes. Avrebbe pur voluto, in tutta la sua filosofia, poter fare a meno di Dio; ma non ha potuto esimersi dal fargli dare un colpetto per mettere in movimento il mondo: dopo di che, non sa che farsi di lui»; Pascal nega che le prove dell' esistenza di Dio fomiscano una dimostrazione necessaria ed efficace, convincente: il pari è inevitabile. Comunque, il rischio della fede, cui l' apologia vuole spingere ogni uomo, è vinto soltanto se Dio interviene attivamente nel gioco; l' apologia, la protrettica, razionale dimostrazione della plausibilità del cristianesimo, la messa a punto di una dialettica e di una retorica della grazia, sono efficaci soltanto se rese tali dalla grazia efficace di Dio: «Bisogna pregare come se tutto dipendesse da Dio, e agire come se tutto dipendesse da noi». Arnauld compone La Conduite Canonique de l'Église pour la réception des filles dans les monastères (pubblicata soltanto nel 1668, con approvazione episcopale): le Constitutions de Port-Royal vi vengono additate corne raro esempio modemo di fedeltà al modello puro della Chiesa delle origini, esemplato tramite numerose citazioni di Agostino, Girolamo, Gregorio Magno, e l'analisi delle più importanti regole monastiche medievali. Nicole scrive l'importante Traité de la Comédie (ed. 1667), vera e propria
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teoria rovesciata della grazia: la rappresentazione teatrale è il veicolo di forze indominabili e inconsce, che sfuggono del tutto al dominio razionale, quindi irresistibile fomite di concupiscenza, indipendentemente dalla maggiore o minore moralità degli eventi rappresentati, o dalle razionali intenzioni edificanti degli autori; Io spettatore, godendo della rappresentazione, è trascinato dalle passioni rappresentate, "idealizzate" e potenziate, proprio perché sulla scena prive di ostacolo o censura reali; depositata quasi impercettibilmente nell'anima tramite una rappresentazione apparentemente inoffensiva, la passione cresce, risvegliando nascostamente, inconsciamente, ma irresistibilmente la concupiscenza naturale di ogni uomo. L'unica vera rappresentazione edificante è quella che ha il Figlio corne attore, lo Spirito Santo corne autore e il cristiano perfetto - secondo Cristo - corne spettatore mosso dalla grazia. Alcuni vescovi francesi, tra i quali Pavillon di Aleth e de Caulet di Pamiers, e quindi Arnauld di Angers e de Buzanval di Beauvais, condannano !'Apologie pour les Casuistes. Antoine Le Maître muore a Port-Royal des Champs.
1659 Prima "guerra civile di Port-Royal" in occasione dell"'affare del marchese de Sourdis": dopo un incontro casuale con Singlin, de Sourdis aveva composta un breve scritto con il quale intendeva dimostrare corne le cinque proposizioni fossero davvero contenute nell 'Augustinus di Giansenio. La risposta di Nicole, approvata da Arnauld, è condannata, perché troppo poco agostiniana e troppo scolastica, da Barcos e da Singlin, che considerano 1' Augustinus corne opera dottrinalmente del tutto impeccabile, vera e propria esposizione letterale della dottrina di Agostino. Barcos si incarica quindi di redigere personalmente lo scritto di risposta a de Sourdis, ma la sua lettura provoca una reazione negativa di Arnauld e Nicole: il paradossale, antirazionale agostinismo di Barcos avrebbe esposto Io stesso Augustinus ad accuse di eresia. Arnauld risponde con due scritti, nei quali spiega i punti deboli dell'esposizione di Barcos: l' Examen des deux méthodes e le Difficultés sur une Réponse de M. de Barcos. Singlin condanna questi scritti di Arnauld (che identificavano ben quarantanove errori nelle tesi di Barcos), difendendo 1' autorità e la dottrina del ni pote di Saint-Cyran. Nicole viene considerato dal fronte Barcos-Singlin, e dalla stessa Mère Angélique, corne il vero e proprio corruttore teologico di Arnauld, responsabile della sua involuzione scolastica e razionalistica. Si de-
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cide comunque di non pubblicare nessuno degli scritti, sperando di spegnere il contrasto. Questo si riaccende pero in seguito alla importante decisione di Madame de Longueville di mettersi sotto la direzione spirituale di Singlin; avendo la duchessa chiesto delle precisazioni sulla questione del "fatto" di Giansenio, Singlin chiede a Barcos (e non ad Arnauld e a Nicole) di rispondere con uno scritto esplicativo; Barcos compone cosl un grosso scritto, nel quale ribadisce che Giansenio non aveva proposto alcuna affennazione dogmatica (quindi neanche le cinque proposizioni), ma aveva invece soltanto voluto illustrare Agostino tramite Agostino. Pascal legge e demolisce lo scritto di Barcos presso Singlin, il quale si rivolge allora ad Arnauld che compone un nuovo imponente scritto contro Barcos; anche questo scritto non verrà mostrato al nipote di Saint-Cyran; viene infatti incaricato Nicole di sintetizzare Io scritto di Arnauld in quattro pagine, che verranno lette e confutate da Barcos; Arnauld e Nicole, onnai convinti della rozza superficialità di Barcos, desistono dal rispondere. Jacqueline Pascal si sposta dal monastero di Parigi a Port-Royal des Champs. Guillaume Le Roy, abate giansenista di Hautefontaine, compone il trattato La solitude chrétienne, ove proclama un distacco intramondano dal mondo: ci si distacca dalle ricchezze non fuggendole o rinunciandovi, ma possedendole con assoluto distacco, senza alcun amore; proprio per questo, malgrado le sollecitazioni di Arnauld, mai Le Roy, ascetico e ricchissirno al tempo stesso, si privo di parte delle sue ricchezze.
1660 Breve di Alessandro VII alla facoltà teologica di Lovanio, ove la dottrina di Agostino e Tommaso viene dichiarata «inconcussa et tutissima», ma identica a quella stabilita dalla tradizione cattolica custodita da Roma, escludendone quindi l'interpretazione giansenista. Luigi XIV comunica alla Assemblea del clero di voler «sterminare definitivamente il giansenismo, e cio per rispetto alla mia coscienza, al mio onore, al bene dello Stato». A. Arnauld e C. Lancelot pubblicano la Grammaire générale et raisonnée. Vengono chiuse le Petites écoles: il numero totale degli allievi è stato minimo, non più di cinquanta in tutto. Jacqueline Pascal è nominata sotto-priora e direttrice delle novizie a Port-Royal des Champs: compone il rigidissimo Règlement des enfants per le novizie del convento. Dopo alcuni anni di esilio in Francia ed alcuni contatti con lo stesso Port-Royal, in seguito alla morte di Cromwell (1658) e alla caduta del figlio di questi Richard (1659), Carlo II è restau-
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rata re d'lnghilterra: tenterà di riconvertirla al cattolicesimo, in stretta alleanza con Luigi XIV.
1661 Morte di Mazarino. Timoroso di una nuova fronda giansenista, preoccupato di tenere unito e assoggettato l'episcopato, il 23 aprile Luigi XIV impone la firma del Formulario del 1657 corne segno di accettazione della bolla Ad sacram. Arnauld accetta la firma, ma a patto di allegarvi una dichiarazione che ribadisca la distinzione tra questione di diritto e di fatto. In tal senso, in giugno i due vicari dell'arcivescovo di Parigi pubblicano, con la collaborazione di Pascal, un'ordinanza (primo mandement) ove, accettando le richieste di Arnauld, dichiarano esplicitamente che ciascun firmatario interpreterà seconda coscienza la condanna delle cinque proposizioni; Arnauld saluta il documenta corne «un miracolo». La «guerra civile» di Port-Royal raggiunge il sua culmine: nelle sue lettere Martin de Barcos, seguito da Singlin e inizialmente dalla stessa Mère Angélique, attacca il fronte Arnauld-Nicole e afferma l'obbligo di firmare senza alcuna clausola aggiuntiva, accettandolo corne mero segno esteriore e mondano, del tutto privo di senso per la fede interiore. Quello di Barcos è il supremo, paradossale rifiuto della logica del mondo perverso, essendo la chiesa persecutoria nient' altro che forza mondana e anticristiana; il segno dell' elezione divina è al contrario proprio la capacità di supremo abbandono, che accetta con gioia le persecuzioni e le penitenze; persino l'impegno per difendere le proprie ragioni, la latta per opporsi alla violenza ingiusta del mondo, sono perverse affermazioni della libido dominandi, volontà di successo e di potere mondani: «Ho sempre ritenuto e ritengo ancora fermamente che nei cattivi tempi in cui viviamo non possiamo fare nulla di meglio che difenderci con l'umiliazione, la pazienza, il controllo e il silenzio; le regole della vera prudenza divina ci obbligano a questo. Constatiamo che tutto cio che si è fatto in senso contrario è mal riuscito e, invece di spegnere il fuoco, lo ha reso più violento. Capiterà ugualmente in futuro e tutti i nostri sforzi non serviranno che ad animare di più i nostri nemici, che non rimarranno mai colpiti dalle parole, avendo in mano la potenza e l' autorità, con le quali sbalordiscono gli altri e se stessi, e aile quali non possiamo opporre nulla di simile». Nicolas Pavillon, vescovo di Aleth, veneratissimo per la sua autorità spirituale, si convince delle ragioni gianseniste, pur essendo del tutto estraneo all'ambiente di Port-Royal; il 22 maggio, in una lettera presto resa
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pubblica, si dichiara contrario alla finna del Formulario. Inizia la grande persecuzione. Contro la finna, e contro Io stesso Arnauld, oltre a Nicolas Perrault si schierano Le Roy e Claude Duvivier de Sainte-Marthe, confessore delle monache di Port-Royal des Champs; Le Roy pubblica una Lettre sur la constance et le courage qu'on doit avoir pour la vérité, «monumento dello spirito di ri volta», centone di citazioni patristiche sui dovere cristiano di confessare la verità a qualsiasi costo, dinanzi al potere idolatra corne a quello cristiano. Strenua la resistenza da parte di alcune delle monache di Port-Royal, e in particolare di quelle di Port-Royal des Champs, prime tra tutte Angélique de Saint-Jean Arnauld d' Andilly (1644-1684), nipote di Mère Angélique e di Antoine Arnauld, e Jacqueline Pascal, Soeur de Sainte-Euphémie e sottopriora a Port-Royal des Champs. Jacqueline, dopo aver lamentato la scarsa considerazione avuta dai Messieurs nei confronti delle monache, con il fine di scuotere Arnauld e lo stesso fratello Blaise, ormai schierati per il compromesso, scrive una lettera aile monache di Port-Royal de Paris, invitandole a resistere: «Quando i vescovi hanno il coraggio delle fanciulle, allora le fanciulle devono avere il coraggio dei vescovi. Ma non spetta a noi difendere la verità; noi per la verità dobbiamo morire»; finnare significherebbe accettare di «incensare un idolo con la scusa di avere una croce nascosta nella manica», immagine che Blaise aveva usato contro i gesuiti nella V Provinciale, dunque implicita accusa di ipocrita gesuitismo. Comunque, tra il 23 e il 25 giugno le monache firmano, secondo le indicazioni dei Messieurs, il Formulario, con allegata la dichiarazione relativa alla distinzione tra diritto e fatto. Pochi giorni dopo, pero, l' Assemblea del clero di Francia rimprovera ai due vicari le concessioni ai giansenisti; malgrado una lettera al re di Henri Arnauld, vescovo di Angers, che difende i due vicari, si giunge alla revoca del primo mendement. In agosto, muore Mère Angélique; della sua agonia scrive Racine: «La sua estrema umiltà la rendeva bene attenta a non dire niente e a non fare niente di troppo significativo, niente che desse occasione di celebrarla dopo la sua morte ... lnfine, tutte le sue sofferenze terminarono in una specie di letargia, durante la quale ella si addormento del sonno dei giusti». Il 4 ottobre Jacqueline Pascal muore per l'angoscia della persecuzione: Blaise si limita ad affermare: <<Dio ci faccia la grazia di morire cosi bene». Sotto le pressioni del re e di Roma, in ottobre i vicari dell'arcivescovo di Parigi emettono un secondo mandement, con il quale ritrattano la conces-
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sione del primo, esigendo da tutti i port-royalisti la firma incondizionata del Formulario. Blaise Pascal decide, contro Arnauld e Nicole (che propongono di aggiungere alla firma una breve precisazione a mano), di opporsi alla firma e compone il durissimo Écrit sur la signature du formulaire: firmare la condanna delle cinque proposizioni significherebbe condannare l' Augustinus di Giansenio, e con esso «condannare la grazia efficace, sant'Agostino, san Paolo», distruggendo i fondamenti e l'intera tradizione religiosa del cattolicesimo; l' appellarsi ad una riserva di coscienza sulla questione di diritto e di fatto, non apertamente indicata dall'ultimo Formulario e nota soltanto a pochi dotti, è ormai considerata un'ipocrisia, un tradimento della verità dinanzi ail' opinione pubblica. A fianco di Pascal si schierano Soeur Angélique de Saint-Jean, che scrive due lettere ad Arnauld; gli intimi Jean Domat, autore egli stesso di uno scritto sul Formulario, e il duca de Roannez. Quando in una riunione dei Messieurs emerge il prevalere della posizione di Arnauld e Nicole, Pascal sviene; rinvenuto dichiara alla sorella Gilberte: «Quando ho visto tutte quelle persone, che io consideravo essere coloro ai quali Dio aveva fatto conoscere la verità e che dovevano esserne i difensori, tremare e sembrare abbandonarla, vi confessa che sono stato talmente assalito dal dolore che non ho potuto sostenerlo, e non ho potuto fare a meno di svenire»; malgrado il rigorismo di Pascal, ed un'indubbia disillusione nei confronti di Arnauld e Nicole, i rapporti con i Messieurs rimangono intimi. Il 28 e il 29 novembre, le religiose di Port-Royal firmano, secondo le indicazioni dei Messieurs, il Formulario, privo delle esplicite concessioni del primo mandement, ma con l' aggiunta di una dichiarazione autografa che ribadisce la distinzione tra fatto e diritto. Alcune monache ne rimangono sconvolte: Flavie Passart, arnica della famiglia Pascal, ostile all'escamotage della distinzione tra fatto e diritto, e intenzionata a difendere apertamente le cinque proposizioni, una volta costretta a firmare il Formulario, si astiene dall'eucarestia per un mese. Barcos e Singlin accusano di insubordinazione le monache, non conformatesi ail' ordine del loro superiore Singlin, che richiedeva, ispirato da Barcos, una firma incondizionata del Formulario, con una dichiarazione di semplice ignoranza di questioni teologiche. Dinanzi aile resistenze e quindi aile proteste delle monache, lo stesso Arnauld le richiama duramente ad un'umile e silenziosa ubbidienza. Ormai tutti i Messieurs vivono in clandestinità.
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1662 De Gondi, il cardinale di Retz, si riappacifica con Luigi XIV: rinuncia alla carica di arcivescovo di Parigi, e viene nominato abate di Saint-Denis. Gli succede in febbraio l'arcivescovo di Tolosa, Pierre de Marca, che perô muore già in giugno; Hardouin de Péréfixe è allora nominato da Luigi XIV nuovo arcivescovo di Parigi: prenderà possesso della sede solo nel 1664. 1 vicari generali di Parigi ordinano la firma pura e semplice del Formulario. Arnauld e Nicole pubblicano La logique ou l'art de penser, più nota corne La logique de Port-Royal. Pascal, che in febbraio scrive dietro richiesta di Flavie Passart un nuovo grande scritto (oggi perduto) sui Formulario, fonda con il de Roannez una società per i trasporti pubblici; con il ricavato, mantiene alcuni poveri. Pascal cade gravemente ammalato; ospita nella propria casa una famiglia povera, e quando il bambino è colpito dal vaiolo, Blaise preferisce spostarsi dalla sorella Gilberte Périer. Viene ripetutamente visitato da Arnauld, Nicole e da alcuni Messieurs di Port-Royal; invocata la comunione, che non gli viene immediatamente somministrata perché non considerato in immediato pericolo di vita, afferma: «Poiché non mi si vuol accordare questa grazia ... poichè non posso comunicarmi col Capo, vorrei comunicarmi nelle membra; e per questo ho pensato d'aver qui in casa un povero ammalato al quale si rendano gli stessi servizi che a me; che si prenda un apposito infermiere ed insomma non ci sia alcuna differenza tra lui e me»; il padre Paul Beurrier ne raccoglie la confessione, quindi Io comunica. La mattina del 19 agosto, tra le braccia di Claude de SainteMarthe, intimo amico di Arnauld e tra i più accesi difensori di Port-Royal, Pascal muore pronunciando le parole: «Che Dio non mi abbandoni mai». Claude Lancelot pubblica una Biblia sacra, corredata da una Chronologia sacra e da una Geographia sacra, capolavori di erudizione storica; de Sacy pubblica, sotto pseudonimo, la traduzione francese del classico della devozione cattolica: De l'imitation de Jésus-Christ. La sorella di Pascal, Gilberte Périer, scrive la Vie de M. Pascal, ed avvia la copiatura delle Pensées: si trascrivono due copie, non del tutto coincidenti tra loro, che tendono a riprodurre l' ordine originale dei frammenti, in gran parte ordinati in ventisette fascicoli tematici (liasses) da Pascal stesso.
1663 Le opere di Cartesio vengono messe all'Indice, <<donec corrigantur>>; i gesuiti si servono della condanna per attaccare Arnauld, noto cartesiano. Morte di Cornet, esaltato da Bossuet nell'o-
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razione funebre corne esponente della retta via media tra giansenismo e molinismo. Claude Lancelot, antico collaboratore di SaintCyran, avvia la stesura delle Mémoires touchant la vie de M. de S. Cyran, che terminerà nel 1670, ma che saranno pubblicate postume nel 1738. Decisivo il sostegno data a Port-Royal da Anne-Geneviève de Bourbon-Condé, duchessa di Longueville, sorella del glorioso generale Luigi II principe di Borbone-Condé, trionfatore della guerra dei trent' anni, e per questo perdonato da Luigi XIV nel 1658, malgrado la sua avversione al Mazarino e la sua adesione alla Fronda. La bella duchessa di Longueville, dopa una vita dissipata (fu amante di La Rochefoucauld dal 1646 al 1651, e da lui ebbe un figlio), si converte al cristianesimo rigorista di Port-Royale sceglie Singlin corne suo confessore. Senault diventa il Superiore generale dell'Oratorio: si sforzerà di separare sempre più nettamente i destini del suo ordine da quelli del giansenismo.
1664 Muore Antoine Singlin; de Sacy diviene direttore spirituale della duchessa di Longueville. Alessandro VII pubblica la balla Regiminis apostolici e impone un ulteriore Formulario antigiansenista, ove si prescrive anche "il fatto", cioè si impone il riconoscimento che le cinque proposizioni sono nell'Augustinus. II vescovo Péréfixe pubblica una pastorale che ingiunge la firrna del Formulario, riconoscendo quindi alla chiesa il diritto di esigere la fede divina nel diritto e la fede umana nel fatto; Io stesso Bossuet scrive aile monache di Port-Royal perché condannino senza condizioni le cinque proposizioni, fedelmente estratte dall'Augustinus. II Parlamento ratifica la bolla, e la firrna del Formulario diviene legge del regno. 1 giansenisti concedono comunque soltanto un «rispettoso silenzio» sulla questione di fatto. Arnauld e Nicole compongono la piccola Perpétuité de la Foi, apologia anticalvinista dell'eucarestia cattolica. Malgrado Péréfixe si rechi personalmente al convento di Parigi dal 9 al 14 giugno, e incontri separatamente ogni suora, le monache di Port-Royal non accettano di firmare; tutte le monache vengono scomunicate (fino al 1669!). Péréfixe afferma: «Sono pure corne angeli e orgogliose corne demoni». Nicole scrive contra Péréfixe la prima delle dieci Lettres sur l'hérésie imaginaire. Péréfixe toma al convento con una scorta armata, arresta le monache più influenti e le più accese, che vengono confinate o in altri conventi, o fuori Parigi, a Port-Royal des Champs. In una situazione generale assai critica, provvidenziale per Port-Royal arriva l'inattesa presa
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di posizione di Nicolas Pavillon: dinanzi aile ripetute iniziative regie, volte ad una generalizzata firma del Formulario, rispettosamente, ma fermamente Pavillon indirizza una pubblica Déclaration al re, ove si contesta che l' autorità politica possa prendere iniziative in campo dogmatico ed ecclesiastico. Con Pavillon, divenuto il vero paladino dei giansenisti perseguitati, si schierano ancora i tre vescovi: Henri Arnauld (vescovo di Angers), Nicolas de Buzanval (vescovo di Beauvais) e Étienne François de Caulet (vescovo di Pamiers). Sottoposto aile pressioni di Péréfixe, il padre Beurrier dichiara che, in prossimità della morte, Pascal si sarebbe distaccato dai giansenisti, sottomettendosi totalmente al papa e alla chiesa cattolica; dopo una massiccia strumentalizzazione dei gesuiti, e la violenta reazione della famiglia Pascal, Beurrier ritratta pubblicamente, ammettendo di aver frainteso alcune parole di Pascal, allontanatosi piuttosto "verso sinistra" rispetto ad Arnauld e Nicole, giudicati troppo disposti al compromesso. Mabillon giunge al convento maurino di Saint-Germain. Louis-Henri de Loménie, conte di Brienne, dopo una folgorante ma breve carriera politica, che Io aveva condotto sino alla carica di segretario di stato (1658-1662), viene esautorato da Luigi XIV e si ritira dal mondo, entrando nell'Oratorio: nemico dei giansenisti da politico, sotto l'influenza della duchessa di Longueville diviene ora filogiansenista.
1665 Pavillon pubblica un Mandement, con il quale ribadisce la sua opposizione al Formulario: Io scalpore è grande, e il sostegno ai giansenisti si rafforza. Roma si prepara a prendere radicali provvedimenti contro i quattro vescovi "giansenisti". Arnauld e Nicole scrivono l' Apologie pour les religieuses de Port-Royal, ove rendono pubblica la persecuzione delle monache; a Port-Royal de Paris, viene imposta una badessa estema, Madame de Chateau-Renaud, che designa corne sotto-priora Flavie Passart, considerata dalle resistenti corne la traditrice di Port-Royal, in realtà ella stessa sostenitrice di una scelta tragica e radicale, ma a favore dell'ubbidienza cieca al magistero vivente della chiesa. Le monache non firmatarie vengono confinate a Port-Royal des Champs. Primo decreto del Sant'Uffizio contro proposizioni }assiste. Vengono pubblicate, dopo la revisione di Arnauld, le Constitutions de Port-Royal. Terminata la traduzione del Nuovo Testamento, De Sacy pubblica, senza imprimatur, ignorando tutta una serie di prescrizioni romane e tridentine (per Trento solo la Vulgata è traduzione autentica della Scrittu-
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ra; sono quindi vietate nuove traduzioni dei testi originali), due traduzioni francesi del Salterio, una del testo ebraico, l' altra della traduzione latina della Vulgata. Viene pubblicata l'opera dell'oratoriano Charles Guillard d' Arcy, Règles de la discipline ecclésiastique recueillies des conciles, des synodes de France et de S.S. Pères de l'Eglise touchant l'état et les moeurs du clergé, con un'importante prefazione di Quesnel, che raccomanda la lettura delle citazioni dei Padri corne esempio cui rifarsi per riportare la chiesa moralmente decaduta allo splendore delle origini: grande successo dell'opera. Mère Agnès compone le Occupations intérieurs, riflessioni sulla preghiera e la meditazione spirituale. Il duca François de La Rochefoucauld pubblica la prima edizione delle Réflexions ou Sentences et Maximes morales (l'ultima verrà pubblicata nel 1678), ove elabora la sua antropologia radicalmente pessimistica e dichiaratamente agostiniana, spietata analisi di ogni moto dell'animo, del tutto dominato da un naturale, universalmente inestirpabile amor proprio: «Qualunque scoperta si sia fatta nel paese dell 'amor proprio, restano ancora molte terre sconosciute»; ogni virtù è in effetti un egoismo mascherato, si che all'uomo pare preclusa qualsiasi possibilità di redenzione: «Le virtù si perdono nell'interesse corne i fiumi nel mare».
1666 Nicole aggiunge alle dieci lettere su L'Hérésie imaginaire altre otto lettere, intitolate le Visionnaires, contro l'antigiansenista Desmarets de Saint-Sorlin (autore teatrale, ma anche mistico "entusiasta" e pre-quietista, già intimo di Richelieu), la prima delle quali rivolge una violenta polemica contra letterati e autori teatrali, definiti corne <<pubblici avvelenatori ... , colpevoli di un 'infinità di omicidi spirituali». Racine pubblica in risposta l'ironica Lettre à /'Auteur des Hérésies imaginaires, contro Nicole e le sue accuse contro il teatro: il teatro non nuoce, proprio perché innocente divertissement, paragonato alla caccia o «al gioco della trottola». Dopo due dure lettere port-royaliste (di Goibaud du Bois e di Barbier d' Aucourt), pubblicate in difesa di Nicole e contro Racine, questi ne scrive una seconda, che, per consiglio di Boileau e soprattutto per il brusco ordine del suo antico maestro Lancelot, non rende pubblica (sarà edita postuma nel 1722). Appena ultimata la prefazione al Noveau Testament, de Sacy viene arrestato con il suo fedele collaboratore Fontaine: vengono rinchiusi alla Bastiglia (sino alla fine del 1668). La potentissima duchessa di Longueville ospita nelle sue
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abitazioni parigine, inaccessibili allo stesso re, Arnauld e Nicole. Secondo decreto del Santo Uffizio contro proposizioni }assiste. Barcos compone i Sentiments de l'abbé Philérème sur l'oraison mentale, scritto rivolto contro le Occupations intérieurs di Mère Agnès, e pubblicato postumo nel 1696. Barcos difende una preghiera affettiva e libera, propria di un'anima semplice, umile, fedele e non sapiente, contro l'intellettualismo mentale di una preghiera ordinatamente regolata: «/ metodi e le regole sono in questa materia pericolosi più che in qualsiasi altra, perché essi derivano tutti dalla ragione umana, e sembrano voler assoggettare lo Spirito Santo, insegnandogli ad agire nelle anime»; per il secondo SaintCyran, è Dio che prega nell'uomo e il fedele non pub, di suo, nutrire la propria preghiera. Nicole risponderà all'opera di Barcos soltanto dopo la sua morte, nel 1679, con il Traité de l'oraison, ove approfondisce la posizione di Mère Agnès. Molière mette in scena Le Misanthrope: l'amore inflessibile perla verità e il radicale rifiuto dell' art de plaire e delle convenzioni mondane non possono che spingere tragicamente alla solitaria e "ridicola" retraite dal mondo.
1667 Viene pubblicato, senza imprimatur e privo di commento, il Nouveau Testament de Notre Seigneur Jésus-Christ, traduit en français selon l'édition vulgate, avec les différences du grec, detto Le nouveau Testament de Mons; alla traduzione di de Sacy hanno collaborato Nicole, Arnauld, Lancelot, e persino il duca de Luynes. Port-Royal ha cosi ultimato la traduzione dei testi-chiave della religione, della devozione e della spiritualità cristiana; alla fine del secolo si aggiungerà la traduzione del Messale (le traduzioni verranno quindi raccolte, all'inizio del XVIII secolo, in un unico volume, dal titolo Le Manuel du chrétien): l'intenzione è quella di diffondere presso i laici l'accesso diretto alla Scrittura ed una partecipazione più diretta alla liturgia, privilegiando Io studio metodico e la meditazione della Bibbia, rispetto ad un'irrazionale mistica affettiva. Nella Prefazione all'opera, de Sacy paragona, seguendo alcune indicazioni agostiniane, la Parola scritturistica al sacramento eucaristico; leggere direttamente la Scrittura, meditarla incessantemente, significa passare dal velo esteriore (le umili parole sensibili) al mistero di Cristo, ovvero essere capaci di accedere, tramite le specie visibili, al Corpo spirituale. La lettura diretta e la meditazione della Scrittura sono quindi propedeutiche alla recezione dell' eucarestia, dunque dovere di ogni cristiano. Scrive Arnauld: «La Chiesa ha
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due tipi di pane da distribuire ai suoi piccoli. Il pane della parola di Dio e il pane dell'Eucarestia». Proprio a partire dall'esigenza di rendere possibile ad ogni cristiano la lettura diretta delle Scritture, è da interpretare la stessa centralità dell'attività pedagogica delle petites écoles di Port-Royal, e della scuola delle novizie del monastero. L'ardita iniziativa di promuovere la lettura diretta e universale della Scrittura pare ovviamente cripto-protestante: il vescovo Péréfixe ne vieta l'utilizzazione, fedele alla tradizione tridentina, che radica il rapporto con la Scrittura nell' ascolto diretto della Parola, trasmessa oralmente e liturgicamente, mediata dal Catechismo romano, e non attingibile tramite la lettura individuale. Arnauld e Nicole pubblicano una Défense de la traduction du N.T. imprimée à Mons, ove rispondono alle critiche portate (in particolare da Annat e dai gesuiti) contro de Sacy per la sua coraggiosa iniziativa. Arnauld pubblica i Nouveaux éléments de Géométrie, che organizzano e sviluppano alcuni appunti di Pascal. Nicole ristampa la raccolta delle Imaginaires, aggiungendovi, oltre alle due lettere di du Boise d' Aucour, un Avertissement contro la lettera di Racine, e soprattutto il Traité de la comédie. La morte di Alessandro VII, acerrimo antigiansenista, salva i quattro vescovi filogiansenisti. Malgrado il sostegno di Luigi XIV e dei gesuiti, il cardinale Albizzi non riesce a farsi eleggere papa. Il nuovo pontefice, Clemente IX (Rospigliosi: 1667-1669), si rivela subito assai moderato. Il conte di Brienne, oratoriano, spalleggiato dalla duchessa di Longueville, avvia negoziazioni con rappresentanti del papa. Pierre-Daniel Huet pubblica gli Origenis commentaria in sacram Scripturam, introdotti da un' acuta disamina del sistema teologico dell' Alessandrino, gli Origeniana. Inizia la "guerra di devoluzione": Luigi XIV invade la Franca Contea e parte delle Fiandre, possedimenti spagnoli. Jean Filleau de La Chaise, segretario del duca de Roannez, compone un Discours sur les Pensées di Pascal, ove sintetizza il contenuto della conferenza a Port-Royal del 1658, e la stessa struttura dell'Apologie, a partire dall'ordine delle liasses. La sua speranza di pubblicare questo Discours corne prefazione alla prima edizione delle Pensées andrà delusa.
1668 I monasteri di Port-Royal des Champs e di Port-Royal di Parigi vengono separati da Luigi XIV: a Port-Royal di Parigi, che ormai viene del tutto sottratto al movimento giansenista, è imposta una badessa di nomina regia. Decisa la reazione di Mère Agnès,
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sorella di Mère Angélique e guida del monastero, che in una lettera al re rivendica corne proprio delle monache il diritto di elezione della badessa a Port-Royal des Champs. Il Santo Uffizio vieta le polemiche su contrizione e attrizione. Malgrado le forti opposizioni dell' Albizzi, continuano le negoziazioni (guidate dal nunzio papale Bargellini) per arrivare ad un accomodamento tra Roma e i giansenisti. Luigi XIV si ammorbidisce. Si stabilisce un compromesso: vengono condannate le cinque proposizioni, si ribadisce l' indiscussa autorità di Agostino, sulla questione di "fatto" è ammesso il rispettoso silenzio. 1 quattro vescovi firmano il Formulario, pur se aggiungendovi alcune specificazioni. Il 28 settembre, Clemente IX comunica al re la riabilitazione del partito giansenista: è ammesso il diritto di coscienza, fatta salva l'obbedienza pubblica all'autorità della chiesa; il 23 ottobre un decreto reale proclama la pace della chiesa. Arnauld viene ricevuto con grandi onori prima dal nunzio apostolico Bargellini (che Io Ioda corne <<penna d'oro al servizio della chie sa»), quindi dallo stesso Luigi XIV, che Io invita a prodigarsi per l'unità della chiesa cattolica. De Sacy viene liberato dalla Bastiglia e si riconcilia con il vescovo Péréfixe. Si progetta una revisione della traduzione del Nouveau Testament di Mons, cui partecipa anche Bossuet. Pace di Aquisgrana: alla Francia sono riconosciute alcune delle conquiste fiamminghe (Lille e Douai).
1669 Inizia il decennio della "pace della chiesa" ovvero della "pace clementina" (1669-1679); con il successo della linea di Arnauld e Nicole, morti ormai Singlin e Mère Angélique, Barcos è ormai emarginato all'interno dello stesso Port-Royal. Soeur Angélique de Saint-Jean, capofila delle monache irriducibili e schierata sulle posizioni dei Pascal, è nominata priora di Port-Royal des Champs, cui non viene comunque riunito il convento di Parigi; anche le monache irriducibili, pur se con molte esitazioni, firmano una dichiarazione di totale sottomissione alla chiesa. lnizia la fase del secondo Giansenismo, «ristretto» (Sainte-Beuve), meno radicale e più moderato: Nicole ne diviene l'interprete più emblematico. Il nuovo papa Clemente X (Altieri: 1670-1676) continua la politica di conciliazione del suo predecessore. Arnauld e Nicole si dedicano soprattutto alla polemica anticalvinista e pubblicano il primo dei tre volumi de La grande Perpétuité de la Foi sur ['Eucharistie (il terzo verrà pubblicato nel 1674), sistematica polemica (in massima parte redatta da Nicole) contro l'interpretazione calvinista dell'eu-
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carestia, apologia della dottrina tomista e cattolica della transustanziazione; l' opera riceverà il plauso del papa. Sotto la direzione di de Sacy, l'équipe di Port-Royal pubblica l' Histoire du Vieux et du Nouveau Testament (ovvero Bible de Royaumont, o anche le Figures de la Bible), opera di alta divulgazione di storia sacra. De Pontchâteau pubblica il primo volume della Morale pratique de Jésuites, ove tra l'altro si polemizza contro la sete di potere della Compagnia e l'ardito proselitismo sincretistico delle missioni gesuitiche in Cina. Molière mette in scena il Tartuffe.
1670 Dopo un lavoro preparatorio di più di tre anni, prima pubblicazione parziale delle Pensées di Pascal: edizione di Port-Royal (a cura di Gilberte e di suo figlio Étienne Périer, del duca de Roannez, di Arnauld e di Nicole), con censure e arbitrario riordinamento del materiale sparso dei frammenti. Scrive Étienne Périer, nipote di Pascal, nella prefazione: «Tra questo gran numero di pensieri, sono stati presi soltanto quelli che sono parsi i più chiari e i più compiuti ... Li si sono messi in un qualche ordine e sorw stati ricondotti sotto gli stessi titoli quelli che erano dello stesso argomento; sono stati soppressi tutti gli altri che erarw troppo oscuri o troppo impeifetti». Pertanto, i criteri di chiarezza e di compiutezza razionale dei Messieurs de Port-Royal condizionano profondamente la fisionomia del-1' opera, riducendone la portata antimetafisica e anticartesiana. Spinoza pubblica il Tractatus theologico-politicus: identificate le motivazioni storico-politiche sottese alla redazione della Scrittura, il sensus veramente religioso della Bibbia rimane quello etico-veritativo, quindi la sua migliore espressione è, al di là delle ambiguità materiali della lettera scritturistica, quella del discorso speculativo: l' Etica appunto, e il suo amor intellectualis Dei. Francesco Albizzi pubblica la Risposta all'historia della Sacra lnquisitione, apologia del Sant'Uffizio - supremo garante della purezza della fede, esaltato per il carisma derivatogli dallo Spirito -, che polemizza contro l' Historia della Sacra lnquisitione (1638), opera postuma del servita filocalvinista Paolo Sarpi (1552-1623); questi - in linea con il suo ruolo di teologo ufficiale nella difesa di Venezia dall'interdetto papale (1605-1607) e con la sua polemica lstoria del concilio tridentino (1619) - aveva interpretato l'intera storia della controriforma e al suo intemo l'instaurazione del Sant'Uffizio corne finalizzati ad un progetto di totalitaria egemonia politica sull'ltalia e di strumentale conformismo religioso, svalutandone quindi radicalmente e unilateralmente l'autentica ispira-
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zione spirituale. Il giansenista Godefroy Hermant, letto il manoscritto dell'opera antigiansenista di Rapin, avvia la stesura delle Mémoires sur l'histoire ecclésiastique du XV/le siècle (1630-1663), vera e propria apologia antigesuita di Port-Royal.
1671 Il marchese di Pomponne, Simon Arnauld d' Andilly (fratello di Angélique de Saint-Jean e nipote del grande Arnauld), viene nominato da Luigi XIV segretario di stato. Nicole pubblica sotto pseudonimo il primo dei tredici volumi degli Essais de Morale, che susciteranno la grande ammirazione di Bayle e dello stesso Voltaire. L'ottantaduenne Robert Arnauld d' Andilly pubblica le Instructions chrétiennes, raccolta di estratti dalle lettere di Saint-Cyran; l' opera è approvata da 17 vescovi francesi. Alla morte di Péréfixe, il colto e politicamente accorto Harlay de Champvallon viene nominato arcivescovo di Parigi (1671-1695). Bossuet pubblica l'anticalvinista Exposition de la doctrine de l'Église catholique, opera cui collabora Io stesso Arnauld.
1672 A Parigi Quesnel pubblica l'Abrégé de la Morale de l'Evangile ... imprimé par ordre de Mgr l'evêque et comte de Châlons, raccolta di citazioni neotestamentarie accompagnate da un commenta spirituale, la cui stesura viene seguita con particolare partecipazione dal vescovo di Châlons, de Noailles, che Io definisce «opera eccellente donata dalla Provvidenza di Dio» e Io Ioda per la sua preoccupazione di diffondere la lettura del Vangelo, necessaria per ogni cristiano; è il primo nucleo del Nouveau Testament ... avec des réflexions morales del 1692, e riscuoterà un immediato successo editoriale. L' arcivescovo Harlay non riesce ad imporre corne nuovo generale degli oratoriani il suo candidato; viene invece eletto il Padre di Sainte-Marthe, intimo di Quesnel; iniziano i contrasti tra Harlay e Quesnel. Il giovane Leibniz giunge a Parigi: vi si tratterrà sino al 1676, e prenderà contatti con Arnauld e Malebranche. Luigi XIV, alleatosi con l'Inghilterra, muove guerra alle Province Unite olandesi: solo tramite la rottura delle dighe, gli olandesi riescono ad arrestare l'avanzata. L'Olanda si affida alla guida di Guglielmo III d'Orange.
1673 Conflitto tra Luigi XIV e Roma riguardo al diritto di regalia sulle sedi vescovili vacanti (il re pretende di amministrarle econo-
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micamente in attesa della nomina di un nuovo vescovo): solo ivescovi filogiansenisti Caulet e Pavillon si oppongono alle pretese reali; Arnauld si astiene dall'assumere posizione. L'agostiniano Enrico Noris riapre accese polemiche su Agostino, pubblicando a Padova, dopo l'imprimatur del Santo Uffizio, l' Historia pelagiana (et dissertatio de synodo V oecumenica in qua Originis ac Theodori Mopsuesteni pelagiani erroris auctorum justa damnatio ... describitur), con in appendice le Vindiciae augustinianae quibus s. doctoris scripta adversus pelagianos et semipelagianos a recentiorum censuris asseruntur (elenco delle principali affermazioni antiagostiniane, soprattutto moliniste, seguito dalla loro sistematica confutazione); pur riproponendo prudentemente Agostino corne via media tra gli errori del giansenismo (significativamente identificato con il calvinismo) e del pelagianesimo (generato dagli errori teologici di Origene e Teodoro di Mopsuestia), l'opera è comunque un'apologia della dottrina della grazia predestinata, che riscuote l' apprezzamento dello stesso Arnauld; nell'ambito dell'assolutizzazione del-1' autorità dogmatica di Agostino, un ruolo strategico assume la confutazione delle tesi dell' Origenes defensus di Halloix, donde la difesa della piena validità del II Concilio di Costantinopoli, che aveva sancito la condanna teologica di Origine e di Teodoro; soltanto la nomina a cardinale di Noris nel 1695 metterà fine aile polemiche intorno al suo libro. Sotto la direzione di de Sacy, PortRoyal avvia con i Proverbi la pubblicazione (che si concluderà soltanto nel 1693) della cosiddetta Bible de Sacy, edizione del testo latino della Vulgata (senza rimandi al testo ebraico, ma spesso corretta tramite il ricorso alla traduzione greca dei Settanta), traduzione francese e introduzione dei libri dell' Antico Testamento; ogni capitolo è accompagnato da un commento letterale (prevalentemente morale) e da un commento spirituale (tipologico, quindi sistematicamente cristologico ), che tengono presenti le esegesi dei Padri e la tradizione cattolica: l'opera è quindi pubblicata secondo i dettami tridentini. La Bible de Sacy (comunque non completa: mancano, tra gli altri, Ezechiele, Geremia, Il Cantico dei Cantici) avrà un immediato successo editoriale (5000 esemplari venduti in sei mesi), sostituendo quindi l'unica arcaica traduzione francese della Bibbia, la cosiddetta Bible de Louvain, pubblicata per la prima volta nel 1578. Quesnel ritratta per iscritto, pur se non pubblicamente, la sua firma alla censura di Arnauld e ai fonnulari di condanna di Giansenio relativamente al fatto: «Confesso che con la mia sottoscrizione
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ho commesso una colpa assai grave contro la sincerità cristiana, contro l'obbligo che hanno soprattutto i preti di rendere testimonianza alla verità e alla giustizia, e contro la fedeltà che in questa circostanza dovevo a Dio. Per questo io ritratto e revoco, per quanto mi riguarda, questa sottoscrizione relativa al fatto».
1674 L'oratoriano Nicolas Malebranche (1638-1715), che I'anno prima aveva ritrattato la sua firma al Formulario antigiansenista, pubblica i primi tre libri del De la Recherche de la vérité (gli altri verranno pubblicati nel 1675), suo capolavoro metafisico, sistematico tentativo di accordare agostinismo e cartesianesimo: idea-chiave dell'opera è la dottrina della visione intellettuale delle verità necessarie ed immutabili nello stesso illuminante atto del Verbo di Dio, maestro interiore; ogni conoscenza umana è quindi illuminazione di Dio e visione in Dio; le stesse conoscenze sensibili non sono altro che le idee che rappresentano i corpi nell'intelletto, gli etemi modelli della realtà sensibile che, corne estensione e materia intellegibili, vediamo nella stessa verità divina. Si vieta la pubblicazione in Francia dell'Historia pelagiana di Noris. I "quattro vescovi giansenisti" indirizzano una rimostranza al re per protestare contro le calunnie diffuse dagli antigiansenisti, finalizzate ad infrangere la pace della chiesa.
1675 Fontaine pubblica I' Explication de saint Augustin et des autres Pères latines sur le Noveau Testament. Clemente X condanna l'Abrégé de la Morale de l'Evangile di Quesnel. Esce il secondo tomo delle opere di Leone Magno, a cura di Quesnel, il quale vi inserisce alcune Dissertationes pseudo-leonine, ove si sottolineava la dipendenza del papa dall'imperatore: gli ultramontanisti attaccano l'iniziativa. L'oratoriano Bernard Lamy, professore all'università di Angers, viene denunciato dai gesuiti per aver insegnato nello spirito di Cartesio, anziché in quello di Aristotele: il Parlamento di Parigi difende Lamy, ma un decreto reale Io condanna e Io esilia. Malebranche conclude la pubblicazione del De la Recherche de la vérité.
1676 Il nuovo papa Innocenzo XI (Odescalchi: 1676-1689), ascetico e ammiratore di Agostino, è eletto con I' appoggio francese, malgrado le profonde iniziali riserve di Luigi XIV. Innocenzo XI si riveta ben presto filogiansenista; avrebbe dichiarato: <<Io non sono
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affatto giansenista, infatti non ne esistono affatto. Coloro ai quali è stato dato questo nome, sono giansenisti come io sono calvinista. Questo non è che un nome e un pretesto di cui ci si serve per perseguitare la brava gente». Il consigliere onnipotente del papa è Agostino Favoriti, antigesuita, amico dell'Oratorio, ma più interessato al ribadimento del primato romano, che a questioni teologiche. L' Historia pelagiana di Noris è denunciata al Santo Uffizio con l'accusa di rinnovare gli errori di Baio e di Giansenio sulla grazia. Roma mette all'Indice il secondo tomo delle opere di Leone Magno edite da Quesnel. Arnauld invia una lettera di felicitazioni al nuovo papa, che, tramite il cardinale Cibo, gli comunica il suo favore, invitandolo a rifugiarsi a Roma ed esortandolo ad impegnarsi nella lotta contro il lassismo morale dilagante nella chiesa. Le Nain de Tillemont si ritira a Port-Royal des Champs. Episodio "du Camp de Ninove": Luigi XIV firma in Belgio un decreto con il quale precisa, e in realtà corregge, il decreto della pace della chiesa, prescrivendo un nuovo giuramento antigiansenista.
1677 Tramite il cardinale d'Estrées, fratello dell'ambasciatore francese a Roma, Innocenzo XI fa giungere la sua benedizione ad Arnauld, paladino della chiesa cattolica. In risposta ad uno scritto di Charles Mallet, Examen de quelques passages de la traduction française du NT imprimée à Mons, ove si tornava ad attaccare la traduzione di de Sacy, Arnauld pubblica una Nouvelle défense de la traduction du NT, contre le livre de M. Mallet. Jean Racine mette in scena e quindi pubblica il suo capolavoro, la Phèdre. Secondo le Memoires del figlio Louis, Racine decide di riconciliarsi con les Messieurs di Port-Royal: grazie alla mediazione di Boileau, incontra Arnauld e gli lascia la Phèdre. La reazione di Arnauld è finalmente positiva: «Non vi è nulla da rimproverare al carattere della sua Fedra lnfatti essa ci offre questa grande lezione: che quando, come punizione di colpe precedenti, Dio ci abbandona a noi stessi e alla perversione del nostro cuore, non vi è punto di eccesso ove noi non possiamo spingerci, anche detestandolo. Ma perché ha rappresentato Ippolito innamorato?». Racine si getta ai piedi di Arnauld, impegnandosi a non ricadere nei peccati passati: i due si giurano eterna amicizia. Il supremo tragico francese rientra nel movimento di Port-Royal, decidendo il suo radicale ritiro dal mondo, che si traduce in una rinuncia al teatro: Racine scriverà soltanto tragedie sacre, dedicandosi quindi unicamente ad opere di storio-
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grafia (tra cui l'Abrégé de l'histoire de Port-Royal) e a poesie spirituali; sposa «una donna che non sa cosa sia un verso». Muore Pavillon. Grande successo di Port-Royal presso l'aristocrazia francese; Pontchâteau si lamenta di questo «salon religiewe>>: «Sono un po' annoiato da tutte queste carroz.ze a Port-Royal». Le Toumeux, moderato e razionalista, diviene il principale confessore di PortRoyal. L'università di Lovanio e alcuni vescovi filogiansenisti si appellano ad Innocenzo XI contro alcuni casuisti lassisti, e riescono a convincere Nicole a tradurre in latino la lettera di accusa. Deputazione lovaniense (Chrétien Lupus, Martin Steyaert) a Roma per sollecitare pronunciamenti antilassisti. Luigi XIV, che giudica l'iniziativa sediziosa, si convince che sia partita proprio da Port-Royal; fa quindi giungere, tramite il suo ministro Arnauld de Pomponne, le sue lamentele ad Arnauld, accusando i giansenisti di disturbare la pace religiosa del regno. Inizia l' attività segreta di Pontchâteau, che, facendo anche leva sulla sua perfetta conoscenza dell' italiano, tesse relazioni con la curia romana, e con Favoriti in particolare; si reca quindi a Roma per difendere il giansenismo francese. Muore Baruch Spinoza; vengono pubblicate postume le sue opere, tra le quali l' Ethica more geometrico demonstrata.
1678 Morte di Barcos a Saint-Cyran, ove viene nominato corne successore l' antigiansenista Thomas de Mouchu. Bossuet fa sequestrare, prima della pubblicazione, l' opera già in stampa di Richard Simon Histoire critique du Vieux Testament, ove il nuovo metodo storico-critico viene opposto ail' arbitraria ermeneutica teologica e spirituale dei Padri (il cui metodo, derivato dall'esegesi rabbinica, è considerato non originale, né divinamente ispirato), e di Agostino in particolare: «Pare che la maggior parte dei primi Padri non si siano applicati a interpretare la Scrittura secondo il rigore del senso letterale»; ma gli stessi Apostoli, interpretando cristologicamente i Profeti e numerosi Salmi, ne hanno forzato il senso: «I Padri hanno in questo preso gli Apostoli corne modello». L' assemblea generale della congregazione dell'Oratorio è costretta dal re, (quindi dai gesuiti) e dall'arcivescovo di Parigi de Harlay, a condannare formalmente Baio, Giansenio e la filosofia cartesiana. Le resistenze di moiti oratoriani fanno adirare Luigi XIV, che si proclama deciso a debellare il giansenismo, essendo in proposito «più gesuita dei gesuiti». Ralph Cudworth pubblica The True /ntellectual System of the Universe: è l' opera più sistematica della scuola platonica di Cam-
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bridge, che, in accesa polemica contro il puritanesimo e implicitamente contro il suo radicale agostinismo teologico, si dedica ad una sistematica riscoperta di Origene e del cristianesimo alessandrino, riducendo sistematicamente Io stesso Agostino aile sue prospettive giovanili, fortemente platonizzanti. La pace di Nimega pone fine alla guerra di Luigi XIV e di Carlo II d'Inghilterra contro l'Olanda, che mantiene la sua indipendenza. Il Re Sole si annette comunque la Franca Contea dalla Spagna e si espande ulteriormente nelle Fiandre spagnole (Cambrai), stabilendo l'egemonia francese sull'Europa. Malebranche pubblica la terza edizione del De la Recherche de la vérité, aggiungendo alcuni fondamentali Éclaircissements, che registrano una decisiva svolta anticartesiana: Malebranche attacca apertamente l' arbitrarismo teologico di Cartesio (Dio corne creatore delle stesse verità eteme ), gettando al contempo le fondamenta della sua rivoluzionaria teodicea e della sua antigiansenista dottrina della grazia. Seconda edizione port-royalista delle Pensées pascaliane, aumentate di una quarantina di frammenti inediti.
1679 Innocenzo XI fa condannare dal Santo Uffizio 65 proposizioni lassiste, e al tempo stesso si rifiuta di condannare alcune proposizioni gianseniste; grande il rammarico di Luigi XIV: questo grande successo giansenista aumenta il risentimento dei nemici. Arnauld e Malebranche si incontrano: emergono i primi contrasti sulla dottrina della grazia. Charles Mallet, acceso antigiansenista, pubblica il De la lecture de !'Écriture sainte, ove polemizza nuovamente contro la sistematica opera di traduzione port-royalista. Arnauld risponde con un trattato omonimo, affermando, contro Mallet, il diritto per ogni cristiano di leggere direttamente la Scrittura, la cui interpretazione fedele è sempre ispirata dallo Spirito Santo. Ormai egemone in Europa, Luigi XIV riapre le ostilità contro Port-Royale il movimento giansenista, visto corne centro ideologico e politico non riducibile alla sua politica assolutistica. Il marchese di Pomponne cade in disgrazia; inoltre muore la grande protrettrice di Port-Royal, la duchessa di Longueville. L'arcivescovo di Parigi de Harlay espelle da Port-Royal alcune novizie ed educande, proibendo nuove ammissioni; i solitaires sono costretti a lasciare definitivamente Port-Royal des Champs. Venuto a conoscenza della sempre più accesa ostilità di Luigi XIV, Arnauld decide di recarsi in esilio in Belgio; fino alla morte, si sposterà tra Bruxelles e l'Olanda (tra Delft ed Utrecht). Importante sarà il sostegno dell'oratoriano
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olandese Jean de Neercassel, vescovo di Castorie; a Delft, Arnauld e i giansenisti potranno persino aprire una casa ove formare studenti in teologia. Nicole stesso fugge dalla Francia, raggiunge a Bruxelles Arnauld, ma poi, dopo aver inviato una Jettera all'arcivescovo di Parigi de Harlay, ove si impegna a «non fare rumore», riesce a tomare in patria, ritirandosi nella natia Chartres. Alcuni giansenisti accusano Nicole di tradimento: questi si difende sostenendo che dinanzi ad un pericolo soltanto politico, la prudenza e il silenzio sono l'atteggiamento più opportuno perla causa giansenista. Arnauld difende Nicole. Huet pubblica la Demonstratio evangelica, apologia antimetafisica del cristianesimo, condotta su basi puramente storiche: Io scetticismo gassendiano di Huet nei confronti della ragione astratta e del metodo geometrico si accompagna al suo fideismo nell'evidenza morale e storica (assai più probante dell'evidenza matematica), si che la superiore verità del cristianesimo è provata dai miracoli, dalle profezie, dal consenso universale loro concesso. Nella sua opera, paradossalmente costruita secondo un rigoroso metodo geometrico deduttivo, Huet si richiama apertamente ad Agostino, alla sua esaltazione della fede corne fondamento di qualsiasi opzione pratica, al paolino «ridurre in cattività l'intelletto umano in ossequio a Cristo». Arnauld giudicherà avventata, se non libertina, la prospettiva pirroniana e fideista di Huet, in realtà profondamente influenzato da Pascal. Ispirato dalla lettura della Demonstratio evangelica, Jean Filleau de la Chaise compone il Traité qu'il y a des démonstrations d'une autre espèce, et aussi certaines que celles de la géométrie, et qu'on en peut donner de telles pour la religion chrétienne, che nel 1678 sarà pubblicato anonimo in appendice ad un'edizione delle Pensées di Pascal: riformulando le tesi di Huet e tentando di sistematizzare I' argomento del pari, vi si afferma che l' accumulazione di prove morali o storiche, soltanto probabili o verosimili, attinge un' evidenza superiore a quella delle verità geometiche. Il giansenista Pierre Thomas du Fossé pubblica I' Histoire de Tertullien et d'Origène, reagendo contro I' esaltazione dell'Origene teologo intrapresa da Halloix. 1 maurini presentano "in anteprima" al papa Innocenzo XI i primi due volumi della nuova edizione delle opere di Agostino, che sarà conclusa solo nel 1700. Immediatamente si levano accuse gratuite di una filologia asservita al partito giansenista. Nicole pubblica il suo Traité de l'oraison, ove polemizza contro un trattato sulla preghiera dell'ormai scomparso Barcos: Nicole afferma la necessità che si segua un metodo
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razionale di preghiera (la ragione deve sempre sorvegliare e contenere i moti irrazionali dell'amor proprio), ma ribadendo che Io Spirito è l'unico operatore irresistibile di grazia, che sola dona la retta preghiera al fedele. Muore Thomas Hobbes. Il carmelitano tomista Antonio Marinari pubblica il terzo e ultimo libro del Verus Augustinus (gli altri due libri erano stati pubblicati nel 1669 e nel 1677), ove il giansenismo è accusato di .deformare ereticamente Agostino. Nel 1682 il Marinari pubblicherà un opuscolo diretto contro Arnauld e Nicole, ove ribadirà la distinzione tra la vera mens Augustini e il sistema giansenista, e respingerà corne escamotage eretico la stessa distinzione tra fatto e diritto.
1680 Prima edizione del Traité de la nature et de la grâce di Malebranche, rivolto contro quei filosofi «che per fare un Dio potente e sovrano, Lo rendono ingiusto, crudele e biz,zarro»; l'orientamento dell'opera è razionalistico (Dio agisce per vie generali e universali) e apertamente antigiansenista. Arnauld giudica molto negativamente !'opera, che suscita la reazione dello stesso Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704): discepolo di Agostino, ma avverso ai giansenisti, seguace di Cartesio e ammiratore dell'antichità classica, ma antirazionalista, nel suo Traité du libre arbitre Bossuet sostiene la via media tra agostinismo giansenista e molinismo, ricadendo comunque in un sostanziale semi-pelagianesimo; netto il rifiuto della delectatio irresistibile agostiniano-giansenista. Il calvinista Pierre Jurieu (1637-1713) pubblica ad Amsterdam il violento La Politique du Clergé de France ou Entretiens curieux sur les moyens pour détruire la religion prostestante: vi si sostiene una congiura cattolica europea, accusata di tramare per restaurare il cattolicesimo in lnghilterra; si accusa poi il giansenismo di tenere al cartesianesimo quanto al cattolicesimo. L'opera indigna Arnauld, che comincia a redarre un'ampia Apologie pour les catholiques, ove sottolinea la fedeltà dei cattolici ai loro sovrani, e respinge le accuse relative alla congiura cattolica in lnghilterra. Inizia l'espansionismo "pacifico" di Luigi XIV in Alsazia: sarà comprata e annessa al regno la stessa Strasburgo.
1681 Bossuet, divenuto vescovo di Maux, pubblica il Discours sur l'histoire universelle, reinterpretazione del De civitate Dei: l'ottimistico e antiscettico provvidenzialismo dell' opera, la teodicea estetica (armonica dissonanza tra città dei fedeli e città degli empi,
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liberamente responsabili del male commesso), è bene attenta ad eludere le componenti più aspre del tragico dualismo agostiniano. Quesnel rifiuta di sottoscrivere una confessione dottrinale filomolinista imposta da Harlay all'ordine oratoriano; viene percio allontanati da Parigi. Pontchâteau diviene uno dei più stretti collaboratori di Arnauld, e lo spinge a dedicarsi alla continuazione della Morale pratique des Jésuites. Nuovo scritto di Jurieu: il Préservatif contre le changement de religion, ou idée juste et véritable de la Religion Catholique et Romaine, redatto contro l' Exposition de la doctrine catholique di Bossuet. Louis-Paul Du Vaucel, già segretario di Nicolas Pavillon e sostenitore dei giansenisti, entra nella cerchia ristretta dei collaboratori di Arnauld: ostile al razionalismo cartesiano, invia ad Arnauld le Observations sur la philosophie de Descartes, ove definisce la dottrina della creazione delle verità eterne <1alsa, temeraria e pericolosa»; in seguito, collaborerà alla stesura di alcune opere di Arnauld, e svolgerà importanti missioni diplomatiche, in particolare a Roma, ove avrà le funzioni di "ambasciatore" giansenista sino al 1703. Si forma la Lega di Augusta, che unisce tutte le principali potenze europee contro Luigi XIV. Il cappuccino Père Charles Joseph pubblica l' edizione e il commento degli ultimi quattro trattati predestinazionistici di Agostino, accompagnati da un trattato sulla predestinazione congruista, quindi apertamente antigiansenista.
1682 Arnauld compone le Réflexions sur le préservatif, ove difende Bossuet contro Jurieu. Assemblea straordinaria del clero gallicano convocata da Luigi XIV, in contrasto con Innocenzo XI per la questione della "régale", che riconosceva al re la possibilità di amministrare provvisoriamente le sedi vescovili vacanti. L' assemblea proclama la Déclaration des Quatres articles, vero e proprio manifesto gallicano: redatti da Bossuet, precettore del delfino di Francia, i quattro articoli affermano l'indipendenza del re in materia temporale; la superiorità dei concili ecumenici sui papa; l' obbligo per i sudditi cattolici di osservare "le regole, i costumi, e le costituzioni ammesse nel regno". Alcuni giansenisti francesi e i giansenisti di Lovanio si oppongono alla Déclaration e attaccano la morale lassista. Fénelon Salignac de la Mothe (1651-1715), precettore del delfino di Francia, quindi vescovo di Cambrai, compone una Réfutation de Malebranche, ove assume comunque posizioni semipelagiane; cio non gli impedisce di essere un fervente ammira-
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tore di Agostino, ma soprattutto della sua metafisica: «Certo preferisco di molto Agostino a Cartesio nelle stesse materie di pura filosofia. Cè in questo Padre una ben più grande manifestazione di genio su tutte le verità della metafisica, benché egli non le abbia trattate che occasionalmente e senza ordine». Il benedettino giansenista Gabriel Gerberon sfugge ad un tentativo di arresto, e si rifugia prima in Olanda, quindi in Belgio pressa Arnauld. Muore Favoriti: grande preoccupazione di Arnauld e dei giansenisti. Gli succede comunque Lorenzo Casoni, che ne continua la politica religiosa; proseguono gli amichevoli contatti della curia romana con Pontchâteau. Arnauld e Pontchâteau pubblicano il seconda volume della Morale pratique des Jésuites, che contiene anche Io scritto di Arnauld, Rémarques sur diverses choses importantes que les Jésuites racontent d'eux-mêmes en rapportant les histoires de leur missions. Jurieu pubblica Le Jansénisme convaincu de vaine sophistiquerie ou Examen des réflexions de M. Arnauld sur le Préservatif. Luigi XIV si trasferisce a Versailles, a pochi chilometri da Port-Royal des Champs. L' oratoriano Jean Le Porcq pubblica Les Sentiments de saint Augustin sur la grâce, opposés à ceux de Jansénius (una seconda edizione ampliata apparirà nel 1700): la grazia agostiniana non opererebbe irresistibilmente il consenso della libertà, e non sarebbe quindi sempre efficace; )'opera, apprezzatissima da Malebranche, verrà considerata tendenziosa e superficiale da Arnauld.
1683 Ritorno a Parigi di Nicole, sempre più moralista e sempre meno teologo polemicamente impegnato. Arnauld pubblica il Traité des vraies et fausses idées. Contre ce qu'enseigne l'Auteur de la Recherche de la vérité, ovvero contra Malebranche. Malebranche replica nello stesso anno con la Réponse de l'Auteur de la Recherche de la Vérité au livre de M. Arnauld, Des vraies et des fausses idées. Malebranche pubblica inoltre le sue Méditations chrétiennes et métaphysiques, dialogo tra il Verbo eterno e l'anima, ad imitazione dei Soliloquia agostiniani. Esce la quinta e definitiva edizione della Logique de Port-Royal. Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716), in dialogo con Arnauld, compone le Meditationes de cognitione, veritate, ideis.
1684 Muoiono a breve distanza Mère Angélique de saint Jean e de Sacy. Viene pubblicato a Deventer L'Esprit de M. Arnauld, vio-
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lento attacco di Jurieu contro il giansenismo, accusato di contraddittoria ipocrisia: se teologia della grazia agostiniana e giansenista effettivamente si identificano, esse comunque coincidono del tutto con quella calvinista, che Roma e Port-Royal entrambe condannano; le vane acrobazie giuridico-teologiche gianseniste rivelano quindi soltanto una vile mancanza di libertà di spirito, che impedisce ai giansenisti di aderire alla Riforma e impone loro di sottomersi ad un papa che, avendo condannato le cinque proposizioni, ha ormai osato condannare corne eretico Io stesso Agostino, riveIando apertamente l' eresia novatrice del cattolicesimo controriformista. Malebranche pubblica un'edizione notevolmente aumentata del Traité de la nature et de la grâce, ampliata con Addizioni e importanti Chiarimenti; Malebranche inserisce inoltre alcune auctoritates agostiniane (in gran parte tratte dalle opere giovanili), tutte finalizzate alla dimostrazione che la dottrina della predestinazione agostiniana dev'essere interpretata da un punto di vista delle cause generali, e non di quelle particolari. Ad Amsterdam viene pubblicata la Vie de M. Pascal di Gilberte Périer. Cosimo Brunetti traduce in italiano le Provinciales di Pascal.
1685 Quesnel, ancora perseguitato da Harlay, si decide a raggiungere il vecchio Arnauld esule a Bruxelles. Quesnel organizza un vero e proprio partita giansenista, con forti agganci nella classe dirigente: per lui giansenismo e gallicanesimo antiromano procedono di pari passo. Luigi XIV revoca l'editto di Nantes e avvia persecuzioni antiugonotte: la libertà di coscienza in materia religiosa è quindi bandita dal regno; gli stessi giansenisti sono ormai soltanto ostinati ribelli da perseguire e da abbattere. Ciononostante, nel tentativo di dissociare il destina dei protestanti da quello del cattolico movimento giansenista, Goibaud du Bois pubblica, con un'importante prefazione dell'arcivescovo de Harlay, la Conformité de la conduite de l'Église de France, pour ramener les protestants, avec celle de l'Église d'Affrique, pour ramener les donatistes à l'Église catholique, ove vengono tradotte le lettere di Agostino ai vescovi donatisti, nelle quali è giustificata la liceità della coercizione religiosa; nel 1687, nella terza parte del suo cripto-sociniano Commentaire philosophique, Bayle, difendendo l'intangibile valore della libertà di coscienza, reagirà contra Goibaud du Bois e si scaglierà violentemente contra Agostino, «il grande patriarca dei persecutori cristiani». Il Re Sole pretende di mettere in questione la stessa
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piena ortodossia di Innocenzo XI, la cui cerchia viene accusata di simpatie quietiste. Dopo un'accesa polemica con i gesuiti, a Roma viene cosl arrestato Miguel Molinos, prete spagnolo che nel 1675 aveva pubblicato la Gu{a espiritual, vero e proprio manifesta del quietismo, appena condannato dall'Inquisizione spagnola. Arnauld replica alla Réponse di Malebranche con la Défense de M. Arnauld, docteur de Sorbonne, contre la Réponse au livre Des vraies et des fausses idées. In seguito alla revoca dell'editto di Nantes, il clero francese decide di consegnare agli ugonotti, forzatamente convertiti, più di un milione di esemplari del Nuovo Testamento tradotto in francese (ma non nella traduzione di de Sacy, ma in quella dell'antigiansenista Amelote). L'oratoriano Jacques-Joseph Duguet si rifuta di firmare il Formulario imposto da Luigi XIV agli oratoriani (nei riguardi dei quali il re manifestà costante avversione), e preferisce rifugiarsi a Bruxelles pressa Arnauld. Alla morte di Carlo Il, il fratello Giacomo II, educato in giovinezza in Francia e convertitosi al cattolicesimo, sale al trono di Inghilterra.
1686 Arnauld pubblica il Phantôme du jansénisme: il giansenismo è un' ossessione dei nemici di Agostino, e niente affatto un partita interna alla chiesa; si afferma che nessuno più difende le cinque proposizioni, ribadendo comunque la fallibilità della autorità di Roma nella definizione delle questioni di fatto. Arnauld pubblica inoltre i tre libri delle Réflexions philosophiques et théologiques, sur le Noveau Système de la nature et de la grâce, ancora in polemica con Malebranche e il sua Traité: l' oratoriano vi afferma va la sostanziale coincidenza tra regno della natura e regno della grazia, operando Dio in entrambi seconda volontà o leggi generali; Arnauld rifiuta con forza questa identificazione: Dio agisce con volontà universali, coincidenti con le leggi naturali, e con volontà particolari, liberamente assunte; Dio puà quindi anche volere case straordinarie, corne il libero amore di grazia per una creatura particolare; sempre più sistematico il ricorso di Arnauld a Tommaso, talvolta utilizzato per correggere la gnoseologia della stesso Agostino. Per inviarlo ad Arnauld corne base per la loro corrispondenza (1686-1690), Leibniz campane il Discours de Métaphysique, prima compiuta forma del sistema monadologico: nei parr. 30-31 Leibniz si definisce seguace di Agostino, accettando la predestinazione e la grazia efficace, ma in direzione dell'esaltazione dell'universale provvidenza divina capace di creare un cosmo ordinato di infinite
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monadi, ovvero il migliore dei mondi razionalmente possibile, necessariamente creato dalla sommamente buona volontà divina; Arnauld, ribadendo l'assoluta libertà della grazia divina, sospetta Leibniz di razionalismo, e reagisce con freddezza alla sua opera. Muore Jean de Neercassel, il vescovo di Castorie, in Olanda, amico e protettore di Arnauld e dei giansenisti; gli succede Pierre Codde, acceso giansenista, che sospeso da Roma, raccoglierà intomo al capitolo di Utrecht la chiesa cattolica giansenista d'Olanda, destinata allo scisma del 1723. Jurieu pubblica il Jugement sur les méthodes rigides et relâchées d'expliquer la Providence et la Grâce, apologia della teologia predestinata di Agostino e dell' ortodossia calvinista, contro arminiani, luterani (melantoniani), molinisti, sociniani e rationaux: Dio creatore non deve nulla a nessuno e, non dovendo rispondere alla ragione dell'uomo, opera cio che vuole, dannando ed eleggendo del tutto gratuitamente; pertanto «non si dà alcun punto mediano assumibile tra il Dio di Agostino e quello di Epicuro o di Aristotele». Bayle definirà apertamente il predestinazionismo calvinista (da lui identificato con quello agostiniano), cosl rigidamente eppure oggettivamente restituito da Jurieu, corne la più mostruosa, orrenda ed empia delle dourine teologiche, capace di contraddire i fondamentali attributi cristiani di Dio - la bontà, l'amore - e quindi responsabile di favorire Io stesso ateismo.
1687 Dopo anni di lavoro e una lunga collaborazione con Nicole, Duguet e Boileau, Quesnel pubblica !'Abrégé de la Morale des Actes des Apostres, des Epistres de Saint Paul, des Epistres canoniques et de /'Apocalypse, ou Pensées chrétiennes sur le texte de ces livres sacrés; è la seconda parte di quelle che diverranno le Réflexions morales. Quesnel pubblica inoltre la Tradition de l'Église romaine sur la prédestination des saints et sur la grâce efficace, ove, pur rimanendo fedele alla dottrina agostiniana della non universalità della grazia efficace, cerca di sfumare alcune espressioni; forte l'influenza della spiritualità berulliana: si esalta la grazia in riferimento all'incamazione di Cristo. Con la bolla Coelestis pastor, Innocenzo XI condanna 68 proposizioni quietiste; Molinos viene condannato al carcere a vita. Numerose opere stampate in Francia vengono inoltre messe all'Indice: implicita l'accusa a Luigi XIV di non sorvegliare a sufficienza l' ortodossia teologica nel suo regno. Contro la Morale pratique, Le Tellier pubblica la Défense des noveaux chrétiens et des missionaires de la Chine, du Japon et des
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Indes. Il cardinale Brancati di Lauria pubblica Opuscula tria de Deo quoad opera praedestinationis, reprobationis et gratiae actualis, con i quali ribadisce l'autorità indiscutibile di Agostino in materia di grazia.
1688 Con l'accusa di quietismo, Luigi XIV fa arrestare alcuni simpatizzanti ultramontani; tra di essi, Madame Guyon de la Motte (1648-1717), che identificava il culmine mistico con l' "amor puro": interiore atto continuo di contemplazione dell'amore di Dio, fede oscura, assoluto abbandono di qualsiasi attività e volontà umana, smemoramento della stessa distinzione tra salvezza e peccato, attingimento dell'impeccabilità e dell'indifferenza morale, quindi assoluta passività all'azione d'amore di Dio, con il quale l'anima, totalmente svuotata di desideri, toma ad identificarsi; qualsiasi "pensiero distinto" (persino se relativo aile verità dogmatiche o agli stessi doveri di carità) viene a cessare. 1 quietisti paiono recuperare, pur se a livello mistico e interioristico, e senza alcun riferimento alla dottrina agostiniana della grazia predestinata, alcuni terni giansenisti; non a caso i gesuiti li accusano di negazione del libero arbitrio, quindi di cripto-libertinismo. D'altra parte, il giansenista du Vaucel pubblica le Breves considerationes in doctrinam M. Molinos, accusando I' esponente quietista di molinismo. Madame Guyon viene rinchiusa per un anno in un convento; liberata, si conquista l' ammirazione di Fénelon. Malebranche pubblica gli Entretiens sur la Métaphysique, sur la Religion et sur la Mort, summa delle sue dottrine e confutazione delle varie critiche che esse avevano suscitato. Bossuet pubblica l' Histoire des variations, ove dimostra corne il continuo mutamento dottrinale e istituzionale della Riforma protestante sia la fondamentale prova del suo errore. Il port-royalista Nicolas Le Toumeux pubblica la traduzione francese del Bréviaire romain. Gloriosa rivoluzione in lnghilterra e definitiva sconfitta dei tentativi di restaurazione cattolica: Giacomo II viene deposto e la corona è affidata alla figlia Maria e al marito Guglielmo III d'Orange, calvinista. Luigi XIV invade la Germania: inizia una guerra sanguinosa che si protrarrà sino al 1697. Con il Traité de l'unité de l'Église, Jurieu conclude la lunga controversia con Nicole, avviata dal Vrai système de l'Église (1686), composto contro i Prétendus réformés (1684) di Nicole, che aveva replicato con il De l'unité de l'Église (1687): contestando l'idea cattolica, difesa da Nicole, di infallibilità dogmatica e di integra invariabilità della tradizione cat-
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tolica, Jurieu ribadisce l'identificazione protestante della verità della tradizione con la sola età apostolica, e la conseguente svalutazione dell' autorità dei Padri (con l' eccezione di Agostino) e della stessa fallibile e variabile tradizione romana.
1689 Letti alcuni scritti inediti di Nicole sulla grazia, primo nucleo del Traité de la Grâce générale, Arnauld compone una ferma confutazione, l' Écrit géométrique sur la grâce générale; il dibattito privato prosegue con le repliche di Nicole, progressivi ampliamenti del suo Traité, e le controrepliche di Arnauld, prima la Défense de l 'Écrit géométrique (1690), quindi l' Écrit du pouvoir physique (1691). Moralista ed umanista, Nicole, pur rimanendole pienamente fedele, vuole temperare apologeticamente la tremenda dottrina della grazia agostiniano-giansenista: afferma quindi l'esistenza, accanto alla grazia efficace e indebita dei predestinati, di una grazia generale, di un aiuto soprannaturale che restituisce ad ogni uomo il potere fisico, la capacità naturale di compiere il bene; pur non essendone consapevole, ogni uomo è interiormente spinto da Dio verso il bene, tramite sentimenti e pensieri impercettibili. Comunque, la natura degli uomini <J.ecaduti, corrotta dal peccato e priva della grazia efficace, contrasta e vince la grazia generale di Dio: la teodicea è salva, tutti gli infedeli sono giustamente condannati, avendo inconsapevolmente, ma liberamente respinto la grazia di Dio. Contro questo precario tentativo di compromesso tra agostinismo radicale e teodicea razionale, che vuole riconoscere umanisticamente agli stessi pagani una pur insufficience capacità di progredire - stimolati dalla grazia generale - nella moralità, Arnauld replica ribadendo corne non vi sia via mediana tra grazia efficace agostiniana e grazia sufficiente molinista. Le sottili e fumose distinzioni di Nicole, o sono teologicamente errate perché moliniste, o dannose, perché complicano inutilmente l' evidenza razionale della necessaria dipendenza di qualsiasi vera virtù dalla predestinazione di Dio: o la grazia generale è la mera grazia sufficiente, divenuta insufficiente dopo la caduta e bisognosa dell'ulteriore grazia efficace, o essa è l'aborrita grazia semipelagiana dei gesuiti. Arnauld continua a ricevere attestati di stima da papa Innocenzo XI. Ma il 12 agosto il papa muore. Gli succede l'antigiansenista Alessandro VIII (Ottoboni: 1689-1691). Presso Saint-Cyr, Jean Racine fa recitare alle educande del convento la tragedia sacra Esther. L' acerrimo antigiansenista Humbert-Guillaume de Précipiano è nominato vescovo di Malines, e av-
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via una crociata antigiansenista nelle Fiandre. Il vescovo di Avranches, Huet, editore di Origene, compone la Censura philosophiae cartesianae e il Traité de la foiblesse de l'esprit humain: in polemica contro l' astrazione della metafisica cartesiana, afferma la necessaria relazione tra scetticismo gassendiano e apologetica cristiana. In Olanda, viene pubblicata anonima l' Epistula de tolerantia di John Locke (ne seguiranno aitre due): vi si afferma la laicità dello stato e la libertà della fede religiosa. interiore ed intangibile; si ammette quindi la liceità di ogni confessione religiosa (eresie comprese), eccezion fatta per cattolicesimo ed islamismo (intolleranti ed illiberali); Io stesso ateismo, socialmente e moralmente pericoloso, dev' essere bandito dalla società liberale.
1690 Nuova condanna romana dei giansenisti lovaniensi: Alessandro VIII condanna 31 proposizioni rigoriste, e tra esse una perfetta sintesi della teologia e della morale tragica giansenista: «Ogni atto umano deliberato è o amore di Dio o amore del mondo; nel primo caso, è la carità del Padre, nel secondo, è il desiderio della carne, quindi il male»; e un'affermazione tratta dalla Dissertatio theologica de auctoritate Patrum, praesertim S . .Augustini (1677) del giansenista Havermans, che riprende la tesi dello scritto di Barcos del 1650: «Qualora qualcuno trovasse in Agostino una dottrina chiaramente fondata, questi la puo assumere ed insegnare senza consultare alcuna bol/a pontificia». Vengono inoltre condannate tre proposizioni riassuntive delle tesi della Fréquente Communion di Arnauld. Esce il IX tomo dell'edizione maurina di Agostino: il De correptione et gratia è introdotto ed analizzato da Arnauld; successivamente verrà imposta la soppressione dell'introduzione amauldiana. Fénelon reagirà ail' edizione dei maurini cercando di ottenere dai gesuiti un'edizione "meno tendenziosa", ovvero "non giansenista" di Agostino! Arnauld pubblica, con la stretta collaborazione di Quesnel, il terzo e il quarto volume (il quinto verrà edito nel 1693; il sesto, significativamente intitolato De la calomnie, uscirà postumo nel 1695) de La Morale pratique des Jésuites: si rinnovano gli attacchi contro il gesuita Le Tellier. Il Santo Uffizio mette all'Indice le due edizioni del Traité de la nature et de la grâce di Malebranche, e alcune sue lettere contro Arnauld; vengono esaminate al tempo stesso le Réflexions philosophiques et théologiques di Arnauld, che non vengono considerate meritevoli di censura. Morte di Pontchâteau.
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1691 Presso il convento di Saint-Cyr, davanti ad un pubblico assai ristretto, senza scenografia e senza costumi, Jean Racine mette in scena la sua ultima opera teatrale, la tragedia sacra Athalie, recitata dalle educande. Innocenzo XII (Pignatelli: 1691-1700), succeduto ad Alessandro VIII, ritorna ad una politica conciliante nei confronti dei giansenisti. Nel suo Traité des études monastiques, Mabillon riafferma le fondamentali regole giansenistiche per la determinazione dell'autorità patristica: «La miglior regola che si possa osservare ne/la scelta dei Padri, è di preferire que/li che Dio ha applicato specificatamente a chiarire le questioni particolari, rispetto a que/li che ne hanno trattato di passaggio e occasionalmente, e in un periodo in cui la questione non era stata né sollevata né decisa dalla chiesa; ed inoltre di preferire le opere di un Padre che tratta di un punto particolare a singole affermazioni che Io stesso Padre ha formulato di passaggio; è in base a questa regola che la chiesa ha sempre preferito Agostino a tutti gli a/tri Padri ne/le questioni relative alla grazia, preferendo inoltre le opere che ha composta contro i Pelagiani».
1692 Quesnel pubblica Le Nouveau Testament en Français avec des Réflexions morales sur chaque verset, che amplia notevolmente le prime edizioni delle due parti dell'opera. Inizia la decennale corrispondenza tra Bossuet e Leibniz, in vista di una riunione tra protestanti e cattolici. Ad Angers muore Henri Arnauld. L'antigiansenista arcivescovo di Malines, de Précipiano, toma ad imporre nelle Fiandre il Formulario del 1665.
1693 Richard Simon pubblica l' Histoire critique des principaux commentateurs du Noveau Testament, depuis le commencement du Christianisme jusques à nôtre temps, ove lancia un attacco radicale contro Agostino: pur se si riconosce la validità dell'ermeneutica giansenista di Agostino, questi viene perô considerato un innovatore arbitrario e cripto-manicheo, troppo condizionato dal platonismo e poco rispettoso della tradizione esegetica e teologica pressocché unanime della chiesa precedente (in particolare greca); quindi Agostino non puo certo essere considerato corne il campione dell'ortodossia e della tradizione cattolica. Erede dell'umanesimo erasmiano, e ostile all' esegesi teologica lovaniense, Simon critica Giansenio per la sua interpretazione non filologico-scientifica della Serit-
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tura, del tutto filtrata dall'a priori teologico agostiniano. L'opera di Simon viene immediatamente messa all'Indice. Bossuet polemizzerà contro Simon con la Défense de la tradition et des saint Pères (pubblicata postuma soltanto nel 1743), ove afferma il pieno accordo di Agostino (considerato non predestinazionista) con l'intera tradizione cattolica occidentale, cui è subordinata l'intera tradizione orientale; inoltre l' opinione ufficiale della chiesa moderna è postulata corne in accordo con quella della chiesa antica, si che la seconda è l'unica, vera interprete della prima; Simon è accusato di essere - corne il suo maestro Grozio - semipelagiano e sociniano. Arnauld scrive la Dissertatio bipartita e le Regles du bon sens, polemizzando contro Huygens e Lamy, quest'ultimo chiamato in causa dallo stesso Nicole in difesa di Agostino! Arnauld infatti afferma che sia Agostino che Giansenio hanno errato nel ritenere che l'uomo possa conoscere nel Verbo stesso, maestro interiore, le verità eterne; queste, invece, sono conoscenze immanenti ed omogenee allo stesso intelletto creato; all' autorità di Agostino, Arnauld contrappone quindi l'autorità di Tommaso e (pur prudentemente) reinterpreta la dottrina cartesiana della creazione delle verità eterne. Le Nain de Tillemont pubblica il 1 tomo del suo capolavoro, le Mémoires pour servir à l'histoire ecclésiastique des six premiers siècles; soltanto dopo la morte dell'autore tutti i quindici tomi dell'opera saranno pero pubblicati. Tillemont (che da giovane si era rifiutato di leggere una recensione laudativa del suo primo lavoro per non inorgoglirsi) non solo si rifiuta di firmare le sue opere, ma preferisce cedere ad altri i vari profili dei Padri da lui composti, perché li pubblichino con i loro nomi. Nel caso della pubblicazione delle Mémoires, contro la sua volontà i suoi conoscenti riescono ad imporre le iniziali D.T. a quest'ostinato nemico del "moi". Per quanto riguarda le controversie teologiche, l' erudito asceta, impegnato a resistuire unicamente la realtà dei fatti, afferma nelle Mémoires: «L'autore non ha creduto necessario doversi sojfermare a combattere i dogmi degli eretici, essendo persuaso che gli sarebbe bastato di riportarli come egli li trovava stigmatizzati dai Padri, quindi condannati dalla chiesa, portando cos'i la loro stessa confutazione». L'ortodossia giansenista è quindi affermata corne portato della tradizione: l'evidenza dei fatti (ciè> che i Padri, e Agostino in particolare, hanno affermato) condanna gli eretici (i molinisti). Luigi XIV accetta un compromesso con il papa: dichiara che i vescovi sono in primo luogo sottomessi al papa, ma conserva di fatto il di-
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ritto di regalia. Il re sospende l'insegnamento degli articoli gallicani, che comurique non vengono condannati. Il pastore calvinista berlinese Isaac de Beausobre pubblica la Défense de la doctrine des Réformez sur la Providence, sur la Prédestination, sur la Grâce, ove - nel tentativo di approdare ad una concordia teologica tra luterani e calvinisti - sottolinea corne non si dia soluzione razionalmente convincente dell'alternativa teologica tra l'esaltazione della giustizia di Dio e quella della sua potenza assoluta, comunque cristianamente vincolante.
1694 Laurent Le Brun pubblica la Disputatio de Jansenii vita et morte. Philippe Goibaut du Bois pubblica una traduzione di alcuni Sermones di Agostino, introdotti da un Avertissement, ove si schiera contro qualsiasi retorica cristiana, a favore di una predicazione semplice e spontanea; nel 1695 verrà pubblicata postuma la replica di Arnauld, Réflexions sur l'éloquence des prédicateurs, che - ribadendo la compatibilità tra cultura classica e teologia della grazia predestinata - afferma la liceità di una retorica cristiana, sistematicamente definita da Agostino stesso nel IV libro del De doctrina christiana. Antoine Arnauld muore esule a Bruxelles; il suo cuore viene portato a Port-Royal des Champs. Jean Opstraet traduce in latino le Réflexions morales di Quesnel. Il papa Innocenzo XII, pur ribadendo la condanna delle cinque proposizioni, ingiunge ai vescovi fiamminghi la cessazione della persecuzione antigiansenista nei Paesi Bassi; censura inoltre il vescovo antigiansenista di Malines, Précipiano, denunciato da Hennebel (rappresentante a Roma della Facoltà teologica di Lovanio) per aver aggiunto arbitrariamente ulteriori clausole antigianseniste al Formulario di Alessandro VII. Innocenzo XII invita i vescovi a non indagare la coscienza, sulla quale la chiesa non puè> giudicare: è l'implicito ribadimento della distinzione tra "fatto" e "diritto", e dell'accettazione del "rispettoso silenzio". Nicole, contro i quietisti, rifiuta sistematicamente l'identificazione tra pensieri interiori e preghiera. L'arcivescovo di Parigi Harlay condanna le opere di Madame Guyon.
1695 Ormai intimo di Nicole, Jean Racine avvia la stesura dell'Abrégé de l'histoire de Port-Royal; in una sua lettera al figlio, gli proibisce di frequentare i teatri. Quesnel compone l' Histoire abrégé de la vie et des ouvrages de M. Arnauld, per difenderne la memo-
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ria. Nicole, legatosi sempre più a Bossuet, muore a Parigi dopo aver polemizzato contro il metodo critico di Richard Simon, e redatto la Réfutation des principales erreurs des quiétistes, contro Madame Guyon. Dopo due anni di esame, una commissione di quattro vescovi (tra i quali Bossuet e Fénelon), chiamata ad esarninare gli scritti di Madame Guyon, riassume in 34 articoli la dottrina sull"'amor puro": Bossuet (antiquietista) e Fénelon (filoquietista) ne danno comunque un'interpretazione del tutto diversa. Fénelon, precettore dei figli di Luigi XIV, viene nominato vescovo di Cambrai, seconda diocesi delle Fiandre: inizialmente, per il suo rigorismo antilassista, e per aver cercato di comporre Io scontro tra la Facoltà teologica di Lovanio e l'arcivescovo di Malines, viene considerato filo-giansenista. Noris è nominato cardinale. Il vescovo di Châlons de Noailles, futuro arcivescovo di Parigi, scrive un Mandement di approvazione e di raccomandazione per la nuova edizione de Le Nouveau Testament di Quesnel, che verrà pubblicata nel 1696. Morto il cardinale de Harlay, malgrado l' opposizione dei gesuiti, Madame de Maintenon, sposa segreta di Luigi XIV, riesce a far nominare arcivescovo di Parigi proprio de Noailles, corne Bossuet esponente del "terzo partito", né giansenista, né antigiansenista: rifacendosi al recente breve di Innocenzo XII, de Noailles afferma che dev'essere condannato soltanto chi professa apertamente una delle cinque proposizioni; ammette quindi il silenzio rispettoso sulla questione di "fatto". Il latitudinario John Locke pubblica l' Essay on the Reasonableness of Christianity as Delivered in the Scriptures, propugnando, contro calvinisti e cattolici, un cristianesimo senza dogmi, suprema religione razionale e morale.
1696 Port-Royal avvia la pubblicazione dell'intero Nuovo Testamento: i testi scritturistici, riportati nella traduzione della Vulgata e in traduzione francese, sono accompagnati da una prefazione, da un commento letterale e da un commento spirituale; completata nel 1708, concluderà la Bible de Port-Royal, avviata da de Sacy con la pubblicazione (parziale) dell' Antico Testamento; con Quesnel, i giansenisti affermano: «La Sacra Scrittura è per tutti» (formula che sarà condannata dalla bolla Unigenitus). Reazioni romane e dell'episcopato francese. I gesuiti pubblicano una loro traduzione francese del Nuovo Testamento. Malgrado il parere contrario di Quesnel, i giansenisti e il benedettino Gerberon pubblicano postuma l' Exposition de la foi catholique touchant la grâce et la préde-
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stination di Barcos; l' opera viene perà condannata dal nuovo arcivescovo di Parigi de Noailles. Gerberon pubblica l'edizione dell'opera completa di Baio, presentato corne l' autentico interprete di Agostino, ingiustamente condannato. Innocenzo XII condanna il lovaniense Hennebel, dando questa volta ragione al vescovo di Malines. Viene pubblicata la prima edizione del Dictionnaire historique et critique di Pierre Bayle (1647-1706): riconoscendo la terribile coerenza della dottrina agostiniana della grazia efficace, nondimeno il manicheismo viene paradossalmente e provocatoriamente dichiarato più razionale della teologia agostiniana (e calvinista) della grazia; l'esistenza del male in un mondo govemato da un Dio buono e onnipotente, irresistibilmente operante negli eletti, è del tutto contraddittoria e inspiegabile; comunque «È certo che l'impegno che la chiesa romana si è preso di rispettare il sistema di Sant'Agostino, la mette in un imbarazzo che è davvero ridicolo. È cosi evidente a chiunque esamini le cose senza pregiudizio, e con le cognizioni necessarie, che la dottrina di S. Agostino e quella di Giansenio, vescovo di Ypres, sono una sola, identica dottrina. E non si puo vedere senza indignazione che il Tribunale di Roma si sia vantato d'aver condannato Giansenio e di aver conservato a S. Agostino tutta la sua autorità e la sua gloria ... l dottori (della chiesa) si rivelano dei grandi commedianti». 11 latitudinario filoarminiano John Toland pubblica anonimo a Londra Christianity not Mysterious, a Treatise showing that there is Nothing in the Gospel Contrary to Reason, nor above it, and that no Christian Doctrine can be Properly call'd a Mystery (in un primo momento attribuito a Locke), che, malgrado le sue intenzioni di apologia della rivelazione cristiana, puà essere considerato corne l'opera madre del deismo inglese; le violente reazioni suscitate spingeranno il Toland su posizioni sempre più illuministiche e panteistiche, corne dimostra l' evoluzione dalle Letters to Serena (1704) al Pantheisticon (1720).
1697 L'ultramontanista Fénelon chiede ad Innocenzo XII di pronunciarsi circa l' ortodossia della propria opera Explication des Maximes des saints, redatta in difesa di Madame Guyon; Bossuet pubblica un trattato di senso del tutto opposto, l'antiquietista Instruction sur les états d'oraison. Fénelon cerca l'appoggio della Facoltà teologica lovaniense, di tendenza giansenista, e l'insistenza di Fénelon sull'amore puro e disinteressato corne amore di Dio facilita l'equivoca alleanza; non a caso lo stesso giansenista radicale
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Gerberon si schiera dalla parte di Fénelon, pur non accettandone il concetto di natura pura e di amore naturale. Costretto alla pace di Rijswijk, Luigi XIV deve abbandonare le sue ulteriori mire espansionistiche.
1698 Viene pubblicato lo scritto Problème ecclésiastique proposé à M. Boileau de l'archevêché: à qui on doit croir à Messire de Noailles évêque de Châlons en 1695, ou à Messire de Noailles archevêque de Paris en 1696?: l'opera mette in parallelo passi delle Réflexions morales di Quesnel, con passi dell' Exposition di Barcos, per dimostrame la perfetta corrispondenza; si mette quindi in dubbio l'ortodossia di de Noailles, contro il quale inizia la campagna dei gesuiti (e in particolare di La Chaise, confessore del re) e dello stesso Luigi XIV. Muore Le Nain de Tillemont. La figlia di Racine si ritira in convento, ma non potendo ritirarsi a Port-Royal, cui è vietato di accogliere nuove monache, è costretta a recarsi a Melun.
1699 Muore Jean Racine, che viene sepolto a Port-Royal des Champs. Con il breve Cum alias, Innocenzo XII condanna 23 proposizioni semiquietiste di Fénelon, che, coerentemente con la sua concezione dell'amore puro e del tutto abbandonato, si sottomette all'autorità infallibile della chiesa di Roma: «L'essenziale della religione consiste nel sacrificio dello spirito e della volontà». La sottomissione di Fénelon frustra le speranze dei giansenisti lovaniensi, che avrebbero voluto vedere un vescovo fiammingo accomunato nella resistenza contro i soprusi romani, e magari pronto ad applicare al proprio caso la distinzione tra diritto e fatto; Fénelon, al contario, accetta il fatto, la condanna del proprio libro corne formalmente inadeguato, ma - per quanto riguarda il diritto - è convinto di poter confessare la propria dottrina spirituale corne perfettamente tradizionale, cattolica. Inizia l'attività episcopale e teologica antigiansenista e antilovaniense di Fénelon; teologicamente, questi si schiera a favore della risoluzione della predestinazione divina in prescienza, e della capacità umana di resistere alla chiamata della grazia, contro la negazione giansenista della libertà umana, e contro la riduzione giansenista della grazia a piacere, delectatio: i giansenisti possono quindi essere polemicamente accusati di epicureismo teologico. Nuova edizione delle Réflexions morales di Quesnel, che accolgono alcune correzioni suggerite da de Noailles; lo
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stesso Bossuet redige un Avertissement, che avrebbe dovuto precedere l'opera per Iodarne la perfetta consonanza con i Padri; la prefazione, fatta cadere per motivi di opportunità, verrà pubblicata nel 1710. Quesnel pubblica inoltre un'apologia di Arnauld, la Causa Arnaldina seu Antonius Arnaldus Vindicatus, ove si dimostra la perfetta consonanza teologica tra agostinismo, tomismo e giansenismo. Il gesuita Souâtre pubblica il Système de la Grfi.ce générale, una sintesi dell'ancora inedito Traité di Nicole; questa sintesi verrà ristampata nel 1703 con il significativo titolo Testament spirituel de M. Nicole. Le tesi anomale di Nicole, già aspramente combattute da Arnauld, vengono quindi pubblicizzate corne prova della clamorosa crisi teologica interna del giansenismo, corne tarda e segreta, ma autorevolissima retractatio di un' interpretazione irrazionale di Agostino. L' arminiano Jean Le Clerc, acceso antiagostiniano, pubblica il primo dei due volumi dei Parrhasiana, ove difende Origene dalle obiezioni "manichee" rivoltegli da Bayle, che denunciava la debolezza razionale della teodicea antidualistica, dell'apologia del libero arbitrio, dell'apocatastasi dell' Alessandrino; contra il cripto-manicheo predestinazionismo agostiniano e calvinista, Le Clerc riafferma le sue convinzioni sulla finitezza storica del male e sull'escalogica salvezza universale.
1700 L' antigiansenista abbé Dumas pubblica l' Histoire des cinq Propositions de Jansénius, sistematica apologia dei gesuiti contra le Provinciales, accusate di disonestà. L' assemblea del clero francese condanna contemporaneamente giansenisti (si dichiara che è scandaloso e scismatico affermare, corne Arnauld e Nicole, che il giansenismo sia solo un fantasma) e casuisti. Si conclude l' edizione maurina di Agostino: Mabillon pubblica la prefazione generale alle opere di Agostino, provocando numerose polemiche. I gesuiti denunciano al Santo Uffizio 63 proposizioni tratte dalle Réflexions morales di Quesnel; esse vengono pero dichiarate del tutto ortodosse. Gerberon pubblica l' Histoire générale du jansénisme. Iniziano le insurrezioni degli ugonotti. Filippo di Borbone, nipote di Luigi XIV, viene indicato da Carlo Il, l'ultimo Asburgo spagnolo privo di eredi maschi, corne suo successore alla corona di Spagna: sembra giunto il culmine del trionfo politico del Re Sole. Morto Innocenzo XII, il filofrancese e filogesuita Clemente XI (Albani: 1700-1721) viene eletto papa.
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1701 Esplode il Cas de conscience: un parroco di Clermont chiede se si possa concedere, in tutta tranquillità di coscienza, l'estrema unzione ad un ecclesiastico (l'abbé Louis Périer, nipote di Pascal) che condanna le cinque proposizioni, ma afferma di mantenere il "silenzio rispettoso" relativamente alla condanna di Giansenio, riproponendo quindi la distinzione tra questione di diritto e questione di fatto. Il Cas de conscience viene sottoposto ad un gruppo di dottori della Sorbona, che ammette il "silenzio rispettoso". Luigi XIV, Bossuet e Roma reagiscono. L'arcivescovo di Parigi, de Noailles, aprendo un acceso contrasto con Luigi XIV, rivendica la libertà di giudizio dell'episcopato francese, finendo per difendere i giansenisti. La facoltà teologica di Lovanio cede sulla questione del comma pianum, piegandosi all'interpretazione gesuitica della bolla antibaiana di Pio V. Morte di Carlo II: Filippo di Borbone diviene re di Spagna (Filippo V).
1702 Viene pubblicata la seconda edizione, notevolmente accresciuta, del Dictionnaire di Bayle. Richard Simon pubblica la sua traduzione francese del Nuovo Testamento. Viene pubblicato postumo il tomo XIII delle Mémoires di Tillemont, contenente un'importante vita di Agostino. Inizia la guerra di successione spagnola.
1703 Dietro ordine del re di Spagna Filippo V, e per intervento del vescovo di Malines, l' irriducibile antigiansenista Précipiano, Quesnel viene arrestato a Bruxelles: vengono sequestrate le carte lasciategli da Arnauld, setacciate dai gesuiti. Quesnel riesce comunque a fuggire e si rifugia ad Amsterdam, ormai scomunicato dal vescovo di Malines. Gerberon invece, arrestato anch'egli da Précipiano, viene trasferito in Francia, ove rimarrà detenuto sino al 1710. Roma condanna il documento della Sorbona che ammetteva il rispettoso silenzio. Il cardinale de Noailles pubblica anch'egli una censura. La stessa Sorbona sarà costretta a ritrattare. Bossuet pubblica la Dissertation sur Grotius, ove attacca il metodo esegetico "sociniano" di Simon, che viene accusato, a causa del suo antiallegorismo biblico (che riprende quello della scuola antiochena), di essere un giudaizzante (le profezie dell' AT sono relative alla storia di lsraele, e non all'avvento di Cristo) e al tempo stesso un marcionita, che separa nettamente AT e NT, disprezzando la tradizione dei Padri. Le Clerc avvia l'edizione delle opere complete di
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Erasmo ( 1703-1706); Le Clerc pubblica inoltre, sotto lo pseudonimo di Johannes Phereponus, le Notae sive Animadversiones in Opera S. Augustini: Agostino, responsabile di numerosi e notevoli errori teologici, è accusato di esser stato il primo scolastico, avendo platonizzato la rivelazione cristiana; in questo suo ruolo di corruttore platonizzante, è accomunato a Cartesio.
1704 Viene pubblicata dai gesuiti la Causa Quesnelliana, ove un gran numero di documenti sequestrati all 'oratoriano, definito «cane rabbioso e più che rabbioso», vengono manipolati per provare la congiura giansenista ai danni della chiesa cattolica, dei gesuiti e della Francia. Clemente XI vieta tutti i «riti cinesi», quelle pratiche tradizionali - cinesi, indiane, giapponesi - che i missionari cattolici, soprattutto gesuiti, accettavano per adattarsi alla cultura locale e favorire cosi il loro proselitismo. La condanna verrà ribadita nel 1710 e nel 1715, provocando l'inizio delle persecuzioni del cattolicesimo in Cina.
1705 In risposta ad un'esplicita richiesta di presa di posizione da parte di Luigi XIV, con la bolla Vineam Domini, redatta dall'onnipotente segretario Fabroni (antigiansenista, ma soprattutto ultramontano), Clemente XI non solo ribadisce che le cinque proposizioni, contenute nell'Augustinus, sono eretiche, ma impone di condannarle «con la bocca e con il cuore», e proclama che il rispettoso silenzio non è sufficiente corne sottomissione all'autorità di Roma; si prescrive la firma di un nuovo Formulario. Comunque, gli antigiansenisti sono scontenti: il papa non ha proclamato l'infallibilità pontificia anche nelle questioni di fatto, né esige un atto di fede connesso alla firma del Formulario. L' Assemblea del clero francese, presieduta da de Noailles, accetta con riserva la bolla, ribadendo che in Francia i decreti dei papi sono obbligatori soltanto se ratificati dai vescovi. Comunque De Noailles, vista la resistenza delle monache di Port-Royal dinanzi ai nuovi pronunciamenti antigiansenisti della chiesa, le scomunica. Fénelon termina il Traité de l 'existence et des attributs de Dieu (sarà pubblicato nel 1712): il Maestro interiore agostiniano viene reinterpretato attraverso l'idea cartesiana di Infinito immanente nella coscienza di un uomo finito e imperfetto, prova dell'esistenza di Dio; analogamente a Malebranche, in Dio e nelle sue idee vediamo tutte le cose.
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1706 A Rotterdam, muore Pierre Bayle.
1707 Le monache di Port-Royal des Champs vengono spogliate di tutti i loro beni, trasferiti a Port-Royal de Paris. 1 gesuiti Lallemant e Le Tellier pubblicano Le Père Quesnel séditieux et hérétique dans ses Réflexions sur le Noveau Testament: l'oratoriano viene accusato di luteranesimo; indirettamente Io scritto è rivolto contro Io stesso de Noailles. Fabroni riceve la porpora cardinalizia e proclama l'inizio delle ostilità contro l'episcopato francese; egli avrebbe affermato: «si troverà qualcosa nelle Réflexions morales per cui punire il cardinale de Noailles».
1708 Si intensifica la lotta contro de Noailles. Con un breve, Clemente XI, guidato ancora dal cardinale Fabroni, censura violentemente le Réflexions di Quesnel, accusate di contenere proposizioni eretiche perché gianseniste, ed attacca le pretese gallicane della chiesa di Francia. 1 gesuiti accusano pubblicamente Malebranche di spinozismo.
1709 In accordo con Luigi XIV, Clemente XI decreta la soppressione dell'abbazia di Port-Royal, rea di non aver accettato la bolla Vineam Domini. Le religiose di Port-Royal (poco più di venti e quasi tutte anziane e malate) vengono disperse in vari conventi: esse si rifiutano comunque di firmare il nuovo Formulario antigiansenista. Luigi XIV chiama corne suo confessore, al posto del gesuita La Chaise, l' abilissimo gesuita Michel le Tellier, acerrimo antigiansenista, più volte attaccato da Arnauld e Quesnel. Diviene notevole anche il ruolo di Fénelon nella lotta antigiansenista. Gravi sconfitte militari di Luigi XIV: «Vinto dall'Europa, Luigi XIV si rialzo trionfante nella teologia» !
1710 Ad Amsterdam, contro r arbitrarismo teologico di Cartesio, il determinismo panteista di Spinoza e Io scetticismo di Bayle, Leibniz, ammiratore dei gesuiti Suarez e Molina, pubblica gli Essais de Théodicée, sur la bonté de Dieu, la liberté de l'homme et l'origine du mal: la conclamata fedeltà ad Agostino è inquadrata in un razionalismo ottimistico, capace di recuperare le più ardite ipotesi teologiche origeniane; la libertà umana non è trascesa in direzione della confessione della misteriosa volontà di elezione di Dio,
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ma in quella di un onnipotente, universale dinamismo provvidenzialistico. Quesnel pubblica l'Avertissement che Bossuet aveva redatto nel 1699, vera e propria apologia delle Réflexions morales: il clamore è notevolissimo, perché un campione dell'ortodossia, che certo mai aveva mostrato simpatie gianseniste, difende ed esalta un'opera che Roma e il re definiscono eretica. Fénelon, già acerrimo avversario di Bossuet, pubblica due Lettres contro Quesnel, che replica con una Réponse, ove ribadisce la sua totale ubbidienza a Roma e alla chiesa cattolica. Vinte le resistenze di de Noailles, Luigi XIV fa radere al suolo Port-Royal; continuano pero riunioni all'aperto degli amici di Port-Royal, prima presso le rovine del monastero, quindi presso il cimitero. L'archivio dell'abbazia, confiscato dal luogotenente del re, verrà donato alla filogiansenista madame Françoise de Joncoux, che nel 1715 lo affiderà all'abbazia di SaintGermain-des-Prés.
1711 Per evitare che l'antico cimitero dell'abbazia divenga un luogo di pellegrinaggio, persino i corpi sepoltivi vengono esumati e, in gran parte, gettati in una fossa comune: ogni memoria del convento deve essere cancellata. Numerosi giansenisti parigini vengono arrestati e rinchiusi alla Bastiglia. Quesnel pubblica la Relation de captivité d'Angélique de Saint-Jean, racconto delle persecuzioni patite dalle monache di Port-Royal negli anni '60. Cresce il favore intomo al movimento giansenista. Dietro la regia di le Tellier, e con la collaborazione teologica di Fénelon, due oscuri vescovi francesi (di Luçon e La Rochelle) pubblicano un vero e proprio trattato antigiansenista: Ordonnance et instruction pastorale, che accusa di eresia le Réflexions di Qùesnel, accusando quindi implicitamente de Noailles, che le aveva approvate, di filogiansenismo. De Noailles reagisce condannando il volume; inoltre revoca ai gesuiti il permesso di predicare e confessare a Parigi. 1 due vescovi ricorrono al re contro de Noailles, cui Luigi XIV ordina di ritrattare il consenso dato aile Réflexions; de Noailles rifiuta. Il re interdisce l'arcivescovo di Parigi e si appella a Roma: è ormai deciso a deporre de Noailles. Quesnel pubblica la sua Explication apologétique. Viene pubblicato La vie et l'esprit de M. de 1illemont, volume che raccoglie una Vie composta dal suo segretario Tronchai, e le notevoli Réflexions morales de M. Le Nain de 1illemont sur divers sujets de morale, vere e proprie confessioni del grande erudito. Louis Périer ordina il Recueil original des Pensées di Pascal, con
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gli autografi e le testimonianze dei segretari. Il gesuita italiano Gian Lorenzo Lucchesini pubblica la Polemica historia Jansenismi, violenta e stereotipata condanna di Giansenio, della tradizione lovaniense e port-royalista.
1712 Si moltiplicano i lutti nella famiglia di Luigi XIV, che perde in breve tempo tre delfini; il re attribuisce la sventura alla punizione divina per non essere stato abbastanza deciso nella persecuzione del giansenismo. Aumentano le pressioni su Roma perché si pronunci con una condanna solenne del giansenismo. L'inglese Samuel Clarke, seguace di Newton, compone The Scripture Doctrine of Trinity, ove contro il dogma niceno e contro Atanasio e Agostino, ripropone la superiorità razionale e morale del subordinazionismo origeniano.
1713 Pace di Utrecht, cui seguirà l'anno successivo quella di Rastadt: Filippo V Borbone rimane re di Spagna; le Fiandre e i possedimenti spagnoli in ltalia passano pero agli austriaci. Dopo le continue pressioni di Luigi XIV, incalzato dallo stesso cardinale Fabroni, Clemente XI pubblica finalmente la bolla Unigenitus Dei Filius, contro le Réflexions morales di Quesnel: 101 citazioni testuali dell'opera (si rendeva quindi impossibile una nuova distinzione tra fatto e diritto) vengono esplicitamente condannate in globo (senza che si precisasse quale fosse Io specifico errore teologico di ciascuna) perché ripropongono tesi sostenute da Baio e Giansenio, già precedentemente condannate: 43 proposizioni vertono sulla grazia predestinata e irresistibile e sui 'servo arbitrio dell'uomo decaduto; in realtà, l'intera teologia della grazia predestinata di Agostino (si confrontino in particolare le prime 59 proposizioni) è condannata. Roma è ormai apertamente molinista; in cambio, ha la possibilità di imporre la sua autorità dogmatica sui clero gallicano. 1 giansenisti replicano mettendo ora direttamente in questione Io stesso "diritto", cioè la legittimità del papa di decidere, contro l'autorità somma di Agostino, in materia di fede: il papa è quindi fallibile anche in materia dogmatica. La tanto sospirata bolla, salutata da Luigi XIV con più gioia di qualsiasi suo trionfo militare, si arenerà pero nel labirinto burocratico-ecclesiastico francese. Dai 1713 al 1731 vengono pubblicate più di mille opere contro la bolla Unigenitus; l'episcopato (de Noailles in testa, il quale verrà scomunicato
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nel 1718) non vuole, in maggioranza, ricevere la bolla. La resistenza giansenista diviene sempre più un fatto politico e culturale, sicché giansenismo e gallicanesimo tendono sempre più ad identificarsi; si diffondono, pur se minoritarie, persino posizioni repubblicane. La propaganda giansenista troverà nella rivista clandestina Nouvelles ecclésiastiques (stampata dal 1728 al 1803) il suo organo più efficace e settario, la cui influenza sarà rilevante persino durante la Rivoluzione francese. Rivelativa 1' lstoria della Costituzione Unigenitus, redatta dal nunzio papale in Francia Cornelio Bentivoglio, che relativamente agli anni 1713-1715 offre un'interpretazione già tutta politica del giansenismo, nemico della chiesa e dello stato. Il gesuita Lallemant pubblica le Réflexions morales sul Nuovo Testamento, sistematica polemica contro l' omonima opera di Quesnel.
1714 Fénelon pubblica L'instruction pastorale en forme de dialogue, sur le système de Jansénius, vero e proprio trattato sulla grazia di orientamento congruista, apologia della libertà umana e della imparziale giustizia divina; si ripropone l'identificazione tra Giansenio e Calvino, mentre contro di loro si afferma l'ortodossa concordia tra Agostino e Tommaso; dopo un esame tendenzioso delle opere di Agostino, viene condannata la pemiciosa novitas dottrinale del giansenismo. De Noailles, che gode dell'aperto sostegno di altri otto vescovi di Corte e della regione parigina, promulga un'ordinanza che vieta al clero parigino l'accettazione della bolla Unigenitus. La stessa Sorbona, chiamata in causa dal re, si rifiuta di ratificare la bolla senza previa (e interminabile) discussione; il re dovrà intervenire espellendo i numerosi oppositori. Contro l'alleanza tra il papa e il re, il gallicanesimo viene ora identificato con la difesa dell'autonomia dell'episcopato francese, quindi con la stessa difesa del giansenismo: persino i vertici del Parlamento di Parigi rifiutano al re la ratifica della bolla. Viene pubblicato anonimo lo scritto giansenista Quatrième Gémissement d'une Ame vivement touchée de la Constitution de N.S.P. le Pape Clément XI du 8 septembre 1713, redatto dall' Abbé d'Etemare e dall'oratoriano Pierre Boyer (i primi tre Gémissements erano apparsi tra il 1710 e il 1713, e si riferivano alla scandalosa distruzione di Port-Royal): 1' Unigenitus decreta la persecuzione della chiesa dei santi (=Port-Royal), che riattualizza la passione di Gesù Cristo e la persecuzione della comunità primitiva. Mère Angélique è la nuova Maria, che genera la Verità nel mondo; Molina è Barabba, preferito dagli empi giudei (il
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cattolicesimo romano) a Cristo (l'agostinismo giansenista); scegliendo Barabba, ovvero il Molinismo, i Gentili (l'intera cristianità occidentale) hanno scelto il giudaismo, realizzando quindi la terribile minaccia paolina (Rom 11), che non escludeva la possibilità che le genti potessero essere escatologicamente tagliate via dall'albero della salvezza. Soltanto la prossima conversione degli Ebrei alla rivelazione della grazia di Cristo realizzerà il compimento dei tempi: Port-Royal e gli appellanti della bolla, il resto della chiesa, riunificandosi con l'lsraele spirituale, raffigurano cosi la stessa Verità perseguitata, crocifissa e prossimamente risorta. Ludovico Antonio Muratori pubblica a Parigi il De moderatione ingeniorum in materia religionis, ove difende Agostino contro le critiche rivoltegli dalle Notae di Leclerc.
1715 Luigi XIV, prostrato dalle sempre più numerose e gravi insubordinazioni, progetta un concilio nazionale sotto la sua presidenza per deporre il cardinale di Parigi de Noailles e debellare definitivamente il giansenismo: prepara pertanto una Dichiarazione preliminare; ma, dinanzi allo spettro conciliare, il clero francese resiste, Roma si oppone tenacemente. Sopraggiunge, quindi, la morte di Luigi XIV, che, prima di spirare, dichiara ai suoi consiglieri antigiansenisti di essere del tutto ignorante in teologia, di avere la coscienza pulita, di essersi affidato a loro ciecamente, facendo quello che avevano voluto: essi ne erano responsabili dinanzi a Dio. Vengono composte le Règles pour l'intelligence des Saintes Ecritures, scritto a due mani redatto dai giansenisti Duguet e dall' Abbè d' Asfeld: si difende l' autorità dei Padri corne criterio fondamentale dell'ermeneutica scritturistica e si attaccano gli eccessi dell'esegesi "figurale" ed "entusiasta" proposta dal Quatrième Gémissement. Duguet, egli stesso teorico del figurismo, sistematizzazione dell'esegesi tipologica, e autore di un Traité sur la prière publique (1707), compone la Réfutation du système de M. Nicole sur la grâce universelle, schierandosi sulle posizioni di Arnauld; redige inoltre il Traité des scrupules, capolavoro giansenista della direzione di coscienza, ove la definizione di <<principi chiari e distinti» che permettono di identificare spietatemente le malattie dell'anima, i suoi naturali moti di superbia e i suoi paralizzanti scrupoli, si accompagna alla confessione della grazia di Dio corne unica interiore forza liberatrice, fonte di fiduciosa speranza e di umile timore: «Non c 'è che Dio che dà l'intelligenza e l'amore della verità; non c'è che
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lui che rende efficaci i migliori consigli; e quando non ristabilisce la pace nei cuori, invano tutti gli uomini si sforzano di offrire consolazioni». Muore Malebranche. Escono postumi i due volumi del Traité de la grâce générale di Nicole, che moltiplicano le distinzioni e le sfumature, ma non risolvono il nodo teologico della grazia, rifugiandosi nell'ambiguità della formulazione. Significativa in proposito la confessione di Nicole in una Jettera a Quesnel: «Per favore, lasciamo armai da parte tutte queste sottigliezze speculative; io posso sbagliarmi, corne potete sbagliarvi voi. Queste sono questioni da lasciare al giudizio di Dio»!
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CONCLUSIONE
L'EQUIVOCO AGOSTINO
L' obiettivo fondamentale di questo volume è stato quello di ricostruire il metodo ermeneutico giansenista della teologia della grazia di Agostino, rnetodo storico-critico scientificarnente inappuntabile e ancora oggi esernplare, fondato su regole interpretative capaci di rnettere in luce la logica interna, le strutture dialettiche e retoriche dei testi agostiniani, il loro reciproco rapporto (di evoluzione o di continuità), le circostanze letterarie, storiche, polerniche che li specificano; rnetodo cornunque finalizzato all'identificazione di un senso cornplessivo di quei testi, quindi alla restituzione dell'intenzione chiave del pensiero di Agostino e della lucida consequenzialità che la traduce in sisterna coerente, non equivoco, razionalrnente sensato, non contraddittorio.
D'altra parte, si è riconosciuto corne quest'enneneutica rigorosamente scientifica, proprio in quanto metodo della grazia, faccia agostinianamente dipendere la sua efficacia dal dono indebito dello Spirito. La ricostruzione giansenista del sistema agostiniano è allora sia operazione storico-critica, metodo scientifico-razionale, sia confessione di un evento di grazia, Metodo carismatico-spirituale, che ne opera l'illuminata cornprensione e l'interiore, urnile recezione: la grazia oggetto dell'enneneutica si rivela corne suo indisponibile Soggetto, unico vero principio ordinatore del sisterna agostiniano
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storicamente ricostruito, e quindi della stessa coerenza della tradizione cattolica.
Il sistema ermeneuticamente restituito (l'identità spirituale, teologica, storico-letteraria di Agostino) è infatti per i giansenisti il fondamento incrollabile dell'identità dogmatica del cattolicesimo: Agostino (ripetutamente riconosciuto dalla chiesa romana corne doctor gratiae, supremo interprete di Paolo) incarna quel supremo principio di razionalità capace di un'assunzione sintetica dell'apparente contraddizione della tradizione cattolica, fenomenicamente scissa tra esaltazione della grazia indebita e apologia del libero arbitrio, tra confessione del Dono corne evento fondante della fede e riconoscimento antideterministico della responsabilità dell'uomo. Unica teologia veramente dialettica, I' agostinismo puo assumere in sé l'apparente pelagianesimo di molteplici passi biblici e di gran parte della tradizione (si pensi alla patristica greca), rivelandone comunque la parzialità: l'apologia del libero arbitrio diviene cosi solo un momento della dialettica tra grazia e libertà, culminante nel riconoscimento della grazia corne causa irresistibile, assolutamente determinante Io spontaneo consenso della libertà convertita alla salvezza e alle buone opere.
Quello della coerenza del dogma cristiano, e della tradizione ecclesiastica che Io conserva, è un problema eminentemente storico-critico, eversivamente sollevato dalla Riforma e soprattutto dalle sue indagini di storia della chiesa (Flacio, Daillé, Chillingworth, Jurieu); l'impresa storico-teologica giansenista è quindi eminentemente antiprotestante, apologia della perfetta concordia (certo dialettica) tra Scritture e Scritture, tra Padri e Padri, quindi della concordia tra Scritture, Padri e ininterrotta tradizione cattolica. Quest' apologetica si rivela eminentemente cattolica proprio nel voler fomire una storia del cattolicesimo razionalmente coerente, oggettivamente vera, fondata sull'evidenza della storia e non sull'arbitraria, soggettivistica pretesa protestante di un inverificabile privilegio dello Spirito, che per i cattolici giansenisti non puo certo rivelarsi generatore di scismi, né delle derive ulteriormente settarie ed entusiaste nelle quali essi si consumano.
Peri giansenisti, il neomanicheismo dell'eresia luteranocalvinista e il neopelagianesimo dell'eresia molinista (criptoprotestantesimo, modemismo giudaizzante) non rappresentano
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che una recezione inintelligente della tradizione, eretica perché parziale, incapace di assurgere alla mediazione degli opposti. Abbandonare Agostino ( e con lui Paolo) significherebbe quindi dichiarare la bancarotta della tradizione, la casualità del dogma cattolico, l'incoerenza della Scrittura, la vanità della pretesa della chiesa di essere indefettibilmente guidata dalla grazia: la parte si contrapporrebbe al tutto, la relativizzazione dei pronunciamenti dogmatici contraddirebbe l'unitaria, coerentissima rivelazione dello Spirito.
Ma persino da un punto di vista filosofico, la chiave agostiniana risulta per i giansenisti assolutamente decisiva nel recuperare teologicamente la contraddittoria storia della modemità, sempre più distante dalle sue radici cristiane: la crisi del mondo modemo (ormai dilacerato tra scetticismo ateo-libertino ed assolutismo razionalistico) viene tolta, assunta e superata all'intemo della rivelazione cattolico-agostiniana, superiore sintesi dialettica, inconsapevolmente confermata dalla parziale vanità delle diverse filosofie che si disputano il primato della verità. Riproposizione secolarizzata dell'oscillazione eretica tra manicheismo e pelagianesimo, riattualizzata dalla scissione tra protestantesimo e molinismo, la modemità priva di fede è condannata ail' opposizione tra l' assoluta autonomia della libertà umana, l'umanistica rivendicazione del suo (astratto) potere storico-pratico, e l'affermazione dell'assoluta antiumanistica eteronomia del meccanicismo teologico (in cui la coerenza incontrovertibile dell'ordine consuma la libera personalità di Dio), naturale, sociale e politico. La geniale applicazione pascaliana delle categorie agostiniane alle figure (filosofiche, politiche, teologiche, della cultura e del costume in generale) della modemità è un inveramento della dialettica teologica giansenista, pur nell'originale accentuazione dell'aspetto critico, antidogmatico, e nell'abbandono radicale di quello metafisico. Il pensiero di Pascal si è infatti rivelato integralmente, strutturalmente giansenista: le Pensées rappresenta!1o la traduzione apologetica del giansenismo radicale degli Ecrits sur la grâce, del tutto concordi con la dialettica teologica dell'Augustinus e delle Apologies amauldiane.
Ma perché Roma ha condannato il giansenismo, se la sua interpretazione di Agostino - programmaticamente antiprotestante - si rivelava ermeneuticamente inappuntabile e, da un
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punto di vista teologico-ecclesiale e filosofico, cosl feconda? In realtà, malgrado la difensiva (e intenzionalmente provvisoria, in attesa di un papa "illuminato") distinzione arnauldiana tra fatto e diritto, Roma vede bene: il metodo scientifico, storico-critico applicato ai testi di Agostino non puo (e in realtà non vuole) non influire sull'interpretazione e sulla definizione dell'identità dogmatica del cattolicesimo postridentino. lnfatti, la controversia giansenista investe in profondità il rapporto tra ragione e carisma, potere e carisma: non a caso, alla sostanziale relativizzazione cattolica dell'autorità dogmatica di Agostino, corrisponde una sempre più totalizzante affermazione dell' autorità di Roma, del potere dogmatico del papa.
Suo malgrado, allora, il giansenismo rivela una scandalosa verità della storia e della stessa strategia controriformista della chiesa cattolica: la teologia (della grazia) di Agostino è equivoca, autoritativamente indiscutibile, ma cattolicamente ( e direi in generale ecclesialmente, corne la stessa storia della Riforma testimonia) inassumibile (la contraddittoria evoluzione di Nicole lo conforma). Emerge cosi una crisi profonda e decisiva, e comunque inevitabile, del cattolicesimo modemo, che vede il fallimento ideologico del progetto controriformista della rivendicazione di un'innovazione tradizionalista, di uno sviluppo organico e di un adattamento "naturale" del dogma rivelato aile nuove esigenze della modemità.
Già dinanzi alla crisi della Riforma, la Chiesa cattolica aveva scelto di definire un'identità teologica, autoritativa e pratica certo più compatta e ristretta rispetto all'indeterminato, confuso ma ricco pluralismo precedente, ove l'esaltazione di Agostino poteva coesistere con l'umanistica riscoperta di Origene e della tradizione teologica greca, Tommaso e Gregorio da Rimini potevano convivere con Cusano ed Erasmo. Con la condanna del giansenismo, poi, la chiesa cattolica compie il suo progetto di autodefinizione dogmatica: Trento e la sua dogmatizzata interpretazione antigiansenista condannano e abbandonano il vero Agostino alla Riforma, conservandone soltanto l'autorità esteriore, formale, al punto che il molinismo gesuita appare, in tutta la sua giovanile ed ufficialmente deprecata imprudenza, corne liberante e storicamente onesto. Con l' Unigenitus, insomma, la chiesa cattolica-romana si rivela, suo malgrado, al tempo stesso soltanto surretti-
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ziamente tradizionalista, in realtà teologicamente modemista e comunque autoritativamente reazionaria.
Contrariamente a quanto sinceramente sostenuto da Giansenio e da "i discepoli di sant' Agostino" l' epocale innovazione teologica della chiesa romana è paradossalmente tradizionale, in quanto, con poche e transitorie eccezioni (in particolare Clemente VIII ed Innocenzo XI), l' opera di fittizia recezione e di sostanziale relativizzazione (in direzione semipelagiana) dell'autentico Agostino è precocissima, coerente e costante (si pensi aile esitanti e quindi forzate reazioni di Zosimo ai pronunciamenti antipelagiani della chiesa africana; ail' lndiculus pseudo-celestino; alle ambigue formulazioni di Trento, agostiniane soltanto litteraliter; al sistematico antiagostinismo dell' Unigenitus), si che la denuncia protestante della progressiva deformazione "cattolica" della teologia paolinoagostiniana della grazia appare storicamente fondata.
Ora, da un punto di vista teologico e storico-dogmatico, il riconoscimento del cattolico "tradimento" di Agostino (doctor gratiae, cui Io stesso Tommaso si era dovuto piegare) è indubbiamente scandaloso. In primo luogo, respingere apertamente la teologia carismatica di Agostino significherebbe per la chiesa cattolica fare professione di pelagianesimo (rispetto al quale il semipelagianesimo non è, apponta, che una variante debole ), esponendosi al pericolo di una radicale naturalizzazione della rivelazione (nel coerente senso sociniano), riducendola tutt'al più ad un legalismo "giudaizzante", tanto più pericoloso, quanto più evidente e imponente si rivela il processo modemo di immanentizzazione deistico-prassistica del cristianesimo. D'altra parte, se anche l'evoluzione della controriforma procede ormai nella direzione di una religione legalistica, per la quale la fede è garantita unicamente dalla meritoria obbedienza ad un' autorità religiosa dogmaticamente assoluta, comunque quest'autorità viene agostinianamente confessata corne soprannaturale, carismaticamente ispirata, esclusivo organo della grazia, unica tradizionale incamazione storica della civitas Dei.
Lo scarto cattolico rispetto al doctor gratiae non puo quindi essere confessato, soprattutto dinanzi aile aspre critiche di pelagianesimo e di modemismo teologico che la Riforma lancia contra la chiesa di Roma. Conveniva, con i gesuiti,
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difendere fonnalmente Agostino, trasfonnandolo cornunque in teologo sernipelagiano, per affidare esclusivamente alla rnediazione ecclesiastica il dono del carisrna, della grazia soprannaturale. 1 giansenisti si rivelano ostili a quest'acrobazia cornprornissoria, che giudicano distruttiva dell'identità dogrnatica e carisrnatica cattolica. L' assolutizzazione giansenista di Agostino non è certo riducibile ad un'idolatria fanatica, né ad un'unilaterale assolutizzazione di un singolo Padre a discapito dell'intera tradizione cattolica; contro l'innovazione protestante, "i giansenisti" intendono salvare la coerenza della tradizione cattolica, che, riconoscendo Agostino corne indiscussa autorità, non puo - in quanto illuminata dallo Spirito -né fraintendeme il rnessaggio, l' effettiva portata teologicodogrnatica (appunto il fatto scientificarnente, filologicamente accertabile e quindi storicamente indubitabile che Agostino è stato un teologo della grazia indebita e predestinata), né, a rnaggior ragione, lodarla soltanto ipocritarnente per contrastarla surrettiziarnente.
Se d'altra parte la chiesa cattolica ammettesse di essere stata tradizionalrnente coerente, avendo da secoli fatto a rneno del vero Agostino (corne polernicamente evidenziava Simon, sottolineando l'unanime antiagostinisrno della chiesa antica, pre- e post-agostiniana), dinanzi all'evidenza dei suoi - pur se fonnali, letterali - ripetuti riconoscimenti dell'autorità indiscutibile di Agostino, sarebbe costretta a confessare la propria secolare doppiezza, denunciandosi corne mera istituzione umana, non ispirata dalla Spirito Santo. Né ha senso parlare di una legittima, parziale recezione cattolica di Agostino, autorità che l'infallibile magistero romano avrebbe il diritto e il dovere di rnediare con aitre autorità patristiche: la dottrina agostiniana della grazia è a tal punto compatta e sistematica, che respingeme una parte significa snaturarla irrirnediabilrnente, oltre al fatto che "la parte" storicamente respinta si identifica in realtà con "il tutto", con Io specifico della dottrina della giustificazione agostiniana (irresistibilrnente generatrice della fede e delle opere, la grazia è assolutamente efficace e del tutto indebita, immeritatamente predestinata). L'impasse antigiansenista sernbra essere davvero insuperabile.
Si deve ribadire che comunque il cattolicesimo controriformista rimane, almeno in parte, profondamente fedele ad
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Agostino, accogliendo ed assolutizzando l' Agostino antidonatista, il teologo che affermava l' esclusiva localizzazione della grazia all'intemo dei confini della chiesa cattolica, indefettibilmente guidata dalla Spirito Santo: extra ecclesiam nulla sa/us. Ma - a differenza di Agostino, che subordinava la sua assolutizzazione ecclesiologica all' eccedenza imperscrutabile della grazia predestinata - nell'ideologia controriformista (decisa da Carafa e sistematizzata da Bellarmin a) l' azione dello Spirito non trascende più la chiesa nella quale si rivela, ma vi viene risolta, immanentizzata, quasi inghiottita: il carisma salvifico è del tutto visibile e disponibile, a patto di un'umile, totalizzante e comunque rassicurante ubbidienza ad un inverificabile a priori dogmatico, fissato e difeso dalla gerarchia ecclesiastica, culminante nel primato papale. Insomma, all' Agostino integrale dei giansenisti (illuminato interprete della grazia e apologeta dell'unica chiesa cattolica) Roma oppone un Augustinus dimidiatus (altrettanto aveva fatto la Riforma, recependo l' Agostino antipelagiano, ma smarrendo l'eredità dell' Agostino antidonatista), tanto più violentemente autoritario e legalistico, quanta più privato del fondamento teologico della grazia indebita, secolarmente indisponibile, equivoca, capace di relativizzare l' assolutizzazione dell' ordine ecclesiastico tramite la confessione dell'irriducibile, inquietante anarchia della Spirito che opera al suo intemo.
La chiesa controriforrnista non poteva - a ragione - riconoscere questa radicalissima teologia della grazia, che, pur collocandosi esclusivamente all'intemo della tradizione cattolica, comunque sottraeva equivocamente l'attingimento della salvezza alla verificabile opera di mediazione ecclesiastica. lnoltre Roma è decisa a negare, contro i protestanti, qualsiasi riconoscimento dell' autonomia dell' indagine critica, del tutto sacrificata ad un a priori fideistico soltanto autoritativamente - e non anche criticamente - assumibile. Se quindi la crisi giansenista pane in questione proprio la relazione tra metodo scientifico-teologico e autorità spirituale-dogmatica, tra fatto razionalmente accertabile e diritto fideisticamente vincolante, certo Roma non intende riconoscere alcuna validità alle indagini di fatto, volte ad identificare un ambito distinto dalla fede, sottratto al magistero autoritativo.
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Non è certo un caso, allora, che si dia una profonda analogia tra la condanna inquisitoriale delle tesi copemicane di Galileo e la condanna del giansenismo, entrambi illusoriamente fiduciosi della possibile concordia tra cattolicesimo controriformista e autonomia dell'ambito scientifico: in realtà, l'assolutismo carismatico-autoritario non tollera alcuna altra autonomia, il potere cattolico controriformista si rifiuta di riconoscere un ambito scientifico (fisico o storico-teologico che sia) sottratto alla sua giurisdizione, sl che la stessa verità (naturale o ermeneutica) non sussiste indipendentemente dalla parola di autorità che, identificatasi con lo stesso Spirito di Dio, ne ricrea la realtà oggettiva. Nel caso giansenista, quanto più si rivela storicamente inassumibile la tesi di un Agostino semipelagiano, tanto più violenta diventa la condanna di coloro che - ostinatamente - ne rivendicano la reale portata storico-teologica, e tanto più rigidamente dogmatica risulta la nuda autorità corne unico criterio cattolico di giudizio teologico. Esito clamoroso della coerente evoluzione del cattolicesimo controriformista, la condanna del giansenismo attesta il totale accentramento dogmatico-autoritativo del potere romano culminante nel Giudice papale - per Bellarmino, secondo per autorità soltanto a Cristo -, unico detentore e dispensatore dello Spirito, unico creatore di senso teologico razionale. Mentre per i giansenisti il papa è ispirato soltanto se si attiene alla tradizione (agostiniana) del dogma, per l'ideologia antigiansenista il papa è assoluto e vivente carisma, l'unica e suprema autorità dogmatizzante, capace di reinterpretare la tradizione; Neveu, il più recente apologeta del magistero romano, ha dimostrato con eccezionale chiarezza il presupposto autoritario, dogmaticamente ri-creativo con il quale Roma ha relati vizzato l' autorità di Agostino.
Come osserva acutamente Bayle, ad un'analisi storicocritica non fa certo problema l'evidente, sostanziale divorzio della chiesa romana dall' Agostino predestinazionista, ma risulta drammaticamente «ridicola», suscitando al tempo stesso «indignazione», quest' ostinazione a voler dichiarare autentica e assoluta, dogmaticamente vincolante un'interpretazione ermeneuticamente, storicamente insostenibile dell' equi voco Agostino, rimosso eppure al tempo stesso esaltato corne il supremo autore cattolico. Con la condanna del giansenismo (e
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del vero Agostino), distinto autoritativamente dall' Agostino della controriforma (fittizio, perché semipelagianizzato), si afferma quindi il divorzio antimoderno tra il dogma di fede e la sua verità storico-oggettiva, ovvero tra il dogma che I'autorità impone e la sua verificabilità storico-critica ad opera della ragione umana; il che non vuole affatto dire che il giansenismo affermasse una razionalizzazione del dogma, bensi che pretendeva che esso fosse restituito in tutta la sua oggettiva realtà, nella sua veritativa coerenza, logicamente ricostruibile, ma al tempo stesso razionalmente paradossale, assumibile soltanto per fede.
ln tal senso, la storiografica stigmatizzazione del giansenismo corne agostinismo cartesianizzato è del tutto equivoca, perché indubitabile (almeno a partire da Arnauld), ma d'altra parte insinuante l'accusa di una deformazione dell'autentico, vivente agostinismo ad opera di elementi estranei, razionalistici, che lo impoverirebbero e lo irrigidirebbero in sistema astratto (mentre si dimentica che proprio Agostino ha sempre ambito alla sistematizzazione del suo pensiero, corne le Retractationes testimoniano inequivocabilmente). In realtà, le regole del metodo giansenista-cartesiano (sempre ribadite corne semplici regole del buon senso) non sono che le condizioni di coerenza logica, "relativa" del dato dogmatico con se stesso, e non quelle di una coerenza logica "assoluta", cioè della dimostrazione della razionalità incontrovertibile del dato dogmatico. lnfatti, le regole del metodo cartesiano servono ad ordinare, a dare chiarezza e coerenza interna ad un'idea teologica (la grazia predestinata che salva indebitamente gli eletti dalla massa derivata dal peccato originale) che la ragione è costretta a riconoscere - secondo quanto sostenevano Pascal e Bayle, e, malgrado le sue ambiguità, Io stesso Arnauld contro l' ordine razionalista del sistema della grazia di Malebranche -corne paradossale, contraddittoria sino ai limiti dell'inaccettabilità. Insomma, il metodo cartesiano giansenista vuole dimostrare la coerenza e l'intellegibilità del dogma della grazia, ma non la sua universale efficacia razionale, si che la ricostruzione razionale del dogma di fede assolutizza e non dissolve la sua paradossalità teologica. Pascal conforma pienamente corne la scientifica utilizzazione del metodo geometrico, sistematizzato da Cartesio, coesista con la radicale scon-
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fessione dell'assolutizzazione cartesiana della ragione e della sua autonomia sistematizzatrice.
Certo, la storia del giansenismo è un atto decisivo del dramma di una tradizione secolare costretta a rivoluzionare le sue coordinate storico-teologiche, per adattarsi alle esigenze moderne di un cristianesimo umanistico, razionale e moralmente accettabile; i gesuiti sono senza dubbio più aperti, rispetto ai loro storici nemici "interni" cattolici (in effetti da loro del tutto equiparati a quelli "estemi" protestanti), alla complessità del mondo e al compito di un cristianesimo storicamente incamato (si pensi allo straordinario dinamismo delle missioni gesuite extraeuropee ), si che, in confronto, nel suo anti-umanesimo, nel suo (disumano) predestinazionismo, nel suo fissismo tradizionalista (spinto sino alla vera e propria idolatria di Agostino), il giansenismo appare senza dubbio corne angusto fenomeno di retroguardia, ostinatamente esposto al rischio del delirio settario, alla fine esauritosi in un'eroica ma sterile testimonianza di impossibile coerenza. Al punto che la stessa equivoca condanna cattolico-romana del vero Agostino puo davvero essere interpretata corne una paradossale, autoritaria confessione di umanesimo: pur nel suo dogmatismo razionalmente inverificabile, comunque l' ortodossia romana sembra essere più razionale e moralmente accettabile della logica coerenza del tremendo, antiumanistico dogma agostiniano-giansenista. Non è inoltre più coerente il dogmatismo assoluto e persino acritico imposto dalla chiesa romana, rispetto al dogmatismo critico giansenista, non consequenziale perché arrestatosi dinanzi all'implacabile progressione critico-speculativa, che solo un razionalismo assoluto parrebbe inverare?
Eppure, Giansenio contro la scolastica, Arnauld contro Malebranche, Pascal contra Cartesio e la prospettiva di una metafisica razionale cristiana, si rivelano critici acutissimi dell'assolutismo moderno, nemici spietati del suo dogmatismo ipercritico. L' agostinismo si ri vela del tutto consapevole del pericolo di riduzionismo razionalistico, moralistico, prassistico, ecclesiastico della rivelazione cristiana (donde l'antigesuitismo ), progressivamente fagocitata dall' autoreferenzialità del mondo moderno: nella sua resistenza tradizionalista, nel suo stesso dogmatismo agostiniano, il giansenismo rappresenta pertanto una straordinaria risorsa critica della teolo-
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gia cattolica, la possibilità di un'interpretazione della fede capace di mettere in scacco qualsiasi idolo storico-mondano, aprendo ail' inquietudo del dono inesauribile, liberando il desiderio dell' Altro.
Analogamente alla Riforma, il giansenismo fa esplodere l' ambiguità teologica di Agostino: ne libera sempre più, sino al culmine antimetafisico pascaliano, l' aspetto arbitraristico, implicitamente scettico, elemento anarchico certo ancora coesistente, in Agostino (e nello stesso cartesiano Arnauld), con una compatta platonizzante metafisica dell'ordine, comunque capace di relativizzarla e di subordinarla alla confessione dell'assoluta trascendenza e libertà della grazia onnipotente di Dio.
ln particolare, Pascal attinge la piena consapevolezza dell'insuperabile equivocità di Agostino, sprigionandone tutta l' eversiva anarchia; nessuna univoca certezza, nessun ordine razionale puo assicurare il gratuito: 1) da un punto di vista metafisico, la teologia agostiniana della grazia assolutizza una teologia dell'incerto, capace di dubitare della "spiritualità" dell'interiorità razionale, dell'intimismo mistico, della prassi religiosa, corne di relativizzare le prove razionali dell'esistenza di Dio, tutti idoli perversi se privi dell' amor donato indebitamente dallo Spirito: la ragione, capace di ricostruire la gerarchia onto-teo-logica e di rivelarla alla volontà e al cuore corne compito religioso, non è capace di determinare la grazia, rivelandosi pertanto corne del tutto inutile, vana. Il dogmatismo fideistico di Pascal - che arresta l' oscillazione perpetua e disperante del dubbio razionale, paralizzato tra grandezza e miseria, verità ed errore, infinito e finito, essere e nulla -non puo infatti essere attinto da alcun atto autonomo di interiorizzazione metafisica (il cogito cartesiano), ma soltanto da un Atto del tutto eteronomo, esteriore, pur se interiormente operante: l' evidenza assoluta della carità nel cuore, operata dalla grazia che dona la fede. 2) Da un punto di vista ecclesiologico, la teologia agostiniana della grazia è eversiva nel suo sottrarre alla chiesa stessa il potere di mediare efficacemente la salvezza, affidata esclusivamente all'imperscrutabile ed indeterminabile decreto di Dio. Solo la grazia, irriducibilmente altra ed umanamente insicura, illumina nascostamente nell'interiorità dell'eletto la verifica extra-soggettiva della fede, donando la soprannaturale capacità di riconoscere e con-
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fessare la Verità oggettiva testimoniata dalla tradizione cattolica: il superamento della tentazione del delirio soggettivistico, la fruizione dell'ordine salvifico, l'effettiva partecipazione al mistero di redenzione della chiesa, sono comunque subordinati all'indisponibile atto di grazia, non universalmente operante nell'oggettività storico-mondana della chiesa cattolica (agostinianamente, civitas permixta in hoc saeculo ). Lo Spirito salvifico di Dio rimane quindi del tutto trascendente rispetto alla conoscenza della gerarchia onto-teo-logica, allo stesso luogo storico-religioso (interiore ed ecclesiale) nel quale esclusivamente si rivela. Ogni realtà, ogni atto spirituale (il cuore, la ragione spirituale, la chiesa visibile, la cultura teologica, le buone opere, gli atti di carità, persino i sacramenti, etc ... ) è quindi equivoco, ambigua lettera, sospesa tra idolatria (amor sui) e carità (amor Dei), in quanto soltanto la presenza assolutamente indisponibile dello Spirito di Dio puo qualificarla corne retta, operando nell'uomo graziato lavera fede.
Se l' agostinismo (giansenista) relativizza la stessa mediazione della chiesa cattolica, pure confessata corne realtà divinamente stabilita, assolutamente necessaria per la salvezza, a maggior ragione esso non puo che rappresentare una forza equivoca agli occhi dello stato secolare. Il potere politico assoluto "cristiano" - comunque del tutto autoreferenziale, perché modernamente autonomo rispetto all'opzione religiosa, corne la politica religiosa di Richelieu, Mazarino e Luigi XIV testimoniano - non puo tollerare alcuna storica sospensione della sua autorità: le rivendicazioni gallicane (volte a liberarsi della tutela romana), pure in alcuni frangenti intrecciatesi con la "resistenza" giansenista, non potevano comunque riconoscere alcuna essenziale autonomia ad un movimento spirituale fondamentalista, tradizionalista ed ( originariamente almeno) ultramontano, ma soprattutto teologicamente "anarchico", dunque storicamente irriducibile.
Nel suo antimodernismo, allora, il giansenismo cerca di testimoniare una profonda fedeltà alla tradizione agostiniana e biblica: la rivelazione cristiana è sempre eccedente, confessione di un evento di Grazia, dell'irruzione indisponibile dell' Altro, irriducibile a qualsiasi sistema speculativo o morale, politico, sociale, religioso ed ecclesiastico, persino. Solo l'avvento anarchico (perché umanamente non determinabile, né
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ordinabile) dello Spirito puô vivificare quelle strutture della salvezza (dalla Scrittura ai sacramenti, dalla tradizione dogmatica al magistero romano, dall'apologetica e retorica religiose alla stessa definizione di un'identità cattolica) altrimenti puramente estrinseche ed inefficaci. Nel conflitto tra agostinismo e gesuitismo, tra giansenismo ed autorità romana - figure di una polarità indissolubile - rivive quindi l'inesauribile, periodicamente ricorrente dialettica storica, specificatamente cristiana, tra legge ed evento, istituzione e profezia, ordine ed anarchia, definizione dell'identità ed irruzione dell' Alterità, morale razionale e fede carismatica, umanesimo e assolutismo teologico.
Se comunque il giansenismo mira ad un vero e proprio metodo e sistema della grazia, Io fa del tutto consapevole della paradossalità della sua impresa: la ragione ricostruisce la logica divina corne culminante in un principio assolutamente anarchico, eccedente, non sistematizzabile; il desiderio di carità è un sovrannaturale mistero di grazia; l'effettiva uscita dell'uomo dallo stato di minorità, tramite l'esercizio della ragione, non è in direzione dell'affermazione di un'autonomia astratta, solipsistica, ma nella radicale confessione che tutto è assolutamente Dono. L'inesorabile consequenzialità teologica, l'ossessiva polemica e l'implacabile resistenza giansenista nella confessione del dogma agostiniano, la stessa terribile e razionalmente inaccettabile affermazione della predestinazione, si spiegano in sostanza corne tentativi radicali di ribadire quest'assoluta fedeltà alla rivelazione cristiana corne annuncio di un Dono assoluto e incondizionato, che impone il radicale svuotamento di qualsiasi pretesa umana di possesso, al punto che la stessa sottomissione ail' autorità cattolica indurita nel suo errore puo divenire confessione di indisponibilità della verità che si annuncia. Senza il riconoscimento del mistero della grazia indebita non si dà comunque né cristianesimo, né salvifica tradizione cattolica, ma soltanto littera occidens, legge, potere, morta autorità, inganno, intolleranza, violenza, o confusione, contraddizione, scandalosa incoerenza, in prospettiva, quindi, Io smarrimento dell'alterità della rivelazione e la sua totale immanentizzazione (ecclesiastica, speculativa, politica, umanistica, moralistica).
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Al contrario, non solo la teologia dialettica pascaliana, ma la stessa luminosa coerenza logico-metafisica arnauldiana confessa, ottenebrandosi, che la Verità personale rimane sempre ulteriore e in ultima analisi nascosta, indisponibile rispetto alla ragione umana che cerca di ricostruime la logica rivelativa o di mediame la retorica redentiva. Di per sé, quindi, l'anarchia della grazia è storicamente inassumibile, non esibibile, inevitabilmente e giustamente condannata al nascondimento: essa puo essere confessata soltanto in quanto non tematizzabile; corne se la più potente ed egemonica teologia della storia del cristianesimo occidentale si inverasse soltanto nel suo necessario, impotente ammutolire.
Ci si puo infine domandare se proprio la sconfitta storica del giansenismo non fosse allora il suo paradossale inveramento, se l' opaco compromesso cattolico-romano non tutelasse davvero meglio del tragico eroismo giansenista l'incomprensibile mistero di carità, l'inesibibile, indebita grazia ostinatamente confessata da Agostino e dai suoi discepoli seicenteschi: la vittima "agostiniana'', inesorabilmente braccata e ingiustamente costretta al silenzio, comunque era ansiosa di riconoscimento, di dogmatica, incontrovertibile assunzione di verità. Se il Dio di Barcos cammina sull' acqua senza lasciare tracce dietro di Sé, allora la chaise (dell'aneddoto pascaliano di Boileau), il punto di appoggio giansenista - il metodo sistematico della grazia, la perfetta coerenza storica e razionale del dogma cattolico, l'inflessibile resistenza all'eclissi di Agostino - non è comunque - ancora equivocamente - un monito chiamato ad ammutolire, un segno predestinato ad inabissarsi, sprofondando nel baratro ininvestigabile della grazia? «Une sentence de Saint Augustin me console fort: que celui-là est trop ambitieux auquel les yeux de Dieu spectateur ne suffisent pas» (MÈRE ANGÉLIQUE, Lettera ad Arnauld d'Andilly, 9 gennaio 1623).
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450
INDICE DEI NOMI *
ABRA (D') DE RACONIS CharlesFrançois, vescovo di Lavaur: 1644
ABRAMO: 224 (79), 276 (160) ADAM Antoine: 32 (33), 423 ADAM Charles: 150 (96), 153 (102),
244 (104 ), 422 ADAMO: 19 (4), 21 (8-9), 26 (21),
27, 27 (24), 29 (26), 64 (26), 84, 111, 126 (49), 128, 131 (61), 138, 213-219, 227, 287, 296, 1547, 1559, 1566, 1594, 1619, 1622, 1640
AoINOLFI BEITIOW Isabella: 16, 240 (101), 423
ADRIAN) Maurilio: 60 (20), 423 AGOSTINO D'IPPONA, santo: passim ALBA ALVAREZ Fernando, duca di
Toledo: 1567 ALBERIGO Giuseppe: 72 (43), 421,
435 ALBIZZI Francesco, cardinale: 17-
18 (2), 35 (42), 41 (53), 44, 183-184, 1641-1642, 1648, 1652-1654, 1656, 1667, 1670, 428
ALESSANDRO DI HALES: 71 ALESSANDRO VII papa (Fabio CHI
GI): 94 (8), 166, 1653, 1655-1657, 1660, 1664, 1667, 1694
ALESSANDRO VIII papa (Pietro ÜT-TOBONI): 1689-1691
ALPHANT Marianne: 423 AMBROGIO Dl MILANO, santo: 1587 AMBROSIASTER: 81 (63) AMBROSIUS VICTOR: cf. MARTIN An-
dré AMERBACH (TROLMANN) Veit: 1577 AMSDORF (VON) Nikolaus: 1547 ANDREÂ Jacob: 1580 ANNA D' AUSTRIA (ASBURGO), figlia
di Filippo III di Spagna, moglie di Luigi XIIl di Francia e madre di Luigi XIV: 1635, 1638, 1642-1643
ANNAT François, gesuita: 35 (42), 43 (57), 112 (32), 185-187, 1648, 1650-1652, 1654-1656, 1667, 421, 428
ANSELMO D' AOSTA, santo: 71 AQUAVIVA Claudio, gesuita: 1587,
1610, 1613-1614, 1618, 437
'Il numero tra parentesi indica la nota; il numero in corsivo indica l'anno della cronologia.
451
Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
ARISTOTELE: 53, 68 (34), 84-87, 1616, 1675, 1686
ARMINIO (Hermann ARMENSZOON 0
HARMENSEN, Jacobus ARMINIUS): 1571-1572, 1610
ARMOGATHE Jean-Robert: 152 (101), 172, 175, 190 (3), 240 (101),423,427,429,441,445-446
ARNAULD Antoine figlio (detto il Grande): 7 (2), 8, 9 (5-6), 11 (8-9), 12 (9-10), 15, 18-19 (2), 26 (21), 28 (25), 38 (46), 45, 50 (3), 59 (18), 62 (25), 68 (34), 71 (41), 79, 89 (82), 91-177, 180, 183, 184 (10), 189, 190 (2), 192 (7), 213, 215 (64), 220 (73), 235-238, 242 (102), 252 (116), 274 (157), 278 (167), 280, 282-285, 290, 1594, 1612, 1619-1621, 1629, 1633, 1635, 1637-1638, 1640-1641, 1643-1673, 1676-1677, 1679-1686, 1688-1690, 1693-1695, 1699-1700, 1703, 1709, 1715, 416-417, 421, 423, 427, 429, 432, 434-435, 437-438, 440-443, 445,447,449
ARNAULD Antoine, padre di Robert Arnauld d' Andilly, di Mère Angélique, di Catherine e del Grande Arnauld: 1591, 1594, 1602, 1619
ARNAULD Jacqueline-Marie-Angélique, sorella del Grande Arnauld: cf. MÈRE ANGÉLIQUE DE SAINTE-MADELEINE
ARNAULD Jeanne-Catherine Agnès: cf. MÈRE AGNÈS DE SAINT-PAUL
ARNAULD D' ANDILLY Angélique, figlia di Robert e nipote del grande Arnauld: cf. MÈRE ANGÉLIQUE DE SAINT-JEAN
ARNAULD D' ANDILLY Charles-Ben-
452
ri, figlio di Robert: 1637 ARNAULD D' ANDILLY Henri, fratel
lo del Grande Arnauld e vescovo di Angers: 1621, 1637, 1649, 1658, 1661, 1664, 1674, 1692,425
ARNAULD D' ANDILLY Robert, fra-· tello del Grande Arnauld: 221 (75), 420, 1620-1621, 1633, 1637, 1642-1643, 1645, 1647, 1649, 1652, 1671, 421, 436
ARNAULD D' ANDILLY Simon, figlio di Robert e marchese DI POMPONNE: 1637, 1671, 1677, 1679
ARNAULD LE MAITRE Catherine, sorella del Grande Arnauld e madre di Antoine Le Maître e di Isaac Le Maître de Sacy: 1629, 1637
ARNAULD MARION Catherine, madre di Robert Arnauld d' Andilly, di Mère Angélique, di Catherine e del Grande Arnauld: 1591, 1609, 1619, 1629, 1633
ARNOBIO: 1643 ASAHINA Yoshimi: 281, 423 ATANASIO D' ALESSANDRIA, Santo:
1712 BACKUS Irena: 37 (44), 38 (45), 52
(6), 424-425, 436, 445 BAIL Louis: 26 (21) BAIO Michele (Michel de BAY,
BAJUS): 8, 9 (5), 21 (9), 22 (Il), 25-26, 29 (27), 33 (35), 38 (45), 165, 1551, 1555, 1560, 1563-1564, 1566-1569, 1570, 1571-1572, 1575-1576, 1580, 1587-1589, 1604, 1618-1619, 1641-1642, 1647-1648, 1676, 1678, 1690, 1696, 1713,425,434-435,437,443,448-449
BAIRD Alexander W.S.: 283, 424 BALDI Marialuisa: 83 (68), 42-;!-, 446 BA!ïœz Domingo, domenicano: 66,
Indice dei nomi
112 (32), 1582-1584, 1588, 1594,424
BARBERINI Francesco, cardinale: 1641
BARBIER D' AUCOURT J.: 1666-1667 BARCOS (DE) DE SAINT-CYRAN Mar
tin, nipote di Duvergier de Hauranne e "secondo" abbé de Saint-Cyran: 37 (45), 168-171, 175, 234 (92), 238 (100), 271 (151), 420, 1617, 1632, 1646, 1650, 1653, 1659, 1661, 1666, 1669, 1678-1679, 1690, 1696, 1698,420-421,434,444
BARDOUT Jean-Christophe: 157 (107), 424
BARENNE Odette: 424 BARGELLINI Michele: 1668 BARONIO Cesare, oratoriano, cardi-
nale: 52 (6), 1559, 1602, 442 BAUDIN Étienne: 11 (8), 424 BAUSOLA Adriano: 424 BAVAUD Georges: 424 BAYLE Pierre: 8, 19-20 (5), 72 (44),
77 (55), 83, 83 (68), 92 (5), 124 (48), 127 (50), 131 (60), 160 (111), 267 (140), 1671, 1685-1686, 1696, 1699, 1702-1703, 1706, 1710, 414-415, 421, 426, 440-441,443, 445,447,450
BEASUSOBRE(de)lsaac: 1693 BEDA (detto) IL VENERABILE: 71 BELLARMINO Roberto, gesuita, car-
dinale e santo: 25 ( 19), 280, 1559, 1570, 1579, 1587, 1593, 1598-1599, 1602, 1605, 1610, 1613, 1621,413-414,425,429, 434
BELLEGARDE (de) Octave, arcive-scovo di Sens: 1643
BELTRÂN DE HEREDIA Vicente: 424 BELVEDERI Raffaele: 424 BÉNICHOU Paul: 242 (102), 251
(115), 424
BENTIVOGLIO Guido, nunzio a Parigi, cardinale: 1621
BENTIVOGLIO Marco Cornelio: 1713, 424
BERCÉ Yves-Marie: 256 (122), 424, 433,440,446
BERGAMO Mino: 425 BERKELEY George: 132 (64), 434 BERNARDO DI CHIARAVALLE, santo:
71, 78 (56), 174 BERTRAND Dominique: 52 (6), 83
(68), 425 BÉRULLE (DE) Pierre, oratoriano: 12
(10), 1622, 1624, 1629-1630 BETTIOLO Paolo: 16 BEUGNOT Bernard: 271 (151), 425 BEURRIER Paul: 242 (102), 1662,
1664 BIDAL Jacques Vincent, abbé D'A
SFELD: 1715 BIERSACK Manfred: 425 BINET Étienne, gesuita: 83 (68),
1629 BLET Pierre, gesuita: 425 BLONDEL Maurice: 26 (20), 42 (54),
227-228 (88), 425 BOCCHINI CAMAIANI Bruna: 60 (20),
189 (1), 278 (167), 423, 425, 438,445
BODEi Remo: 214 (62), 425 BOHLIN Torgny: 81(63),425 BOILEAU Jean-Jacques, abbé: 7, 298,
420,1698 BOILEAU-DESPRÉAUX Nicolas: 1666,
1677, 1687 BOISSARD E.: 425 BoLLANDUS Jean, gesuita: 1640 BoNAL François: 33 (34), 1655 BONAVENTURA DI BAGNOREGIO: 71 BONNOT Isabelle: 425 BooNEN Jacques, arcivescovo di
Malines: 1647 BORGHERO Carlo: 48 (2), 94 (7), 425 BORGHESE Scipione, cardinale: 71
453
Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
(40), 72-73 (44) Bosco Domenico: 425 BOSSUET Jacques Bénigne (vesco
vo di Meaux): 32 (33), 1663-1664, 1668, 1671, 1678, 1680-1682, 1688, 1692-1693, 1695, 1697, 1699, 1701, 1703, 1710, 450
BOUCHILLOUX Hélène: 266 (139), 268 (143), 298, 425-426
BOURDIEU Pierre: 245 (105), 426 BOURZÉIS (DE) Amable, abbé de
Saint-Martin de Cores: 1649 BOYER Pierre: 1714 BRAMHALL John W., vescovo di
Londonderry: 1656 BRANCATI DI LAURIA Lorenzo, car
dinale: 1687 BRAS Gérard.: 272 (154), 426 BREMOND Henri: 33 (34), 172, 228-
229 (88), 248 (110), 261 (134), 426
BRIENNE (conte di) Louis-Henri de LOMÉNIE, segretario di stato di Luigi XIV, quindi oratoriano: 1664, 1667,432
BRISACIER (DE) Jean, gesuita: 1651-1652
BRODY Jules: 243 (103), 426 BROGI Stefano: 83 (68), 426 BRULIN Monique: 426 BRUN Jean: 239 (101), 426 BRUNET Georges: 426 BRUNETTI Cosimo: 1684 BRUNING Bernard: 424, 426 BRUNO Giordano: 1584, 1600 BRUNSCHVICG Léon.: 7 (2), 11 (8),
426 BUGNION-SECRETAN Perle: 426 BUONARROTI Michelangelo: 1564 BURY Emmanuel: 52 (6), 168, 280,
426, 447-448 BUZANVAL (o BUZENVAL) (DE)
CHOART Nicolas, vescovo di
454
Beauvais: 1658, 1664, 1674 CAETANI Antonio: 72 ( 44) CAHNÉ Pierre: 50 (3), 426 CALÉNUS (VAN CALEN) Henri: 1640 CALVINO (CALVIN Jean): 9 (5), 52
(6), 76, 77 (53-55), 217-225, 291, 1559, 1564, 1643, 1652, 1654, 1656, 1714,447
CAMPANELLA Tommaso, domenicano: 1616
CANO Francisco Melchior, domenicano: 33 (38)
CANZIANI Guido: 20 (5), 73 (44), 234 (92), 264 (136), 426, 432, 443,445,450
CARIOU Pierre: 193 (8), 246 (106), 426
CARLO 1, duca di Nevers e di Mantova: 1645
CARLO V (ASBURGO), imperatore e re di Spagna (=CARLO 1): 1547, 1551, 1556
CARLO II (ASBURGO), re di Spagna: 1700-1701
CARLO 1 (STUART), re d'lnghilterra: 1649
CARLO II (STUART), re d'lnghilterra: 1660, 1678, 1685
CARLO IX (VALOIS), re di Francia: 1572
CARR Thomas M.: 284, 426 CARRAUD Vincent: 149 (96), 152
(101), 192 (7), 193 (8), 216 (64), 224 (79), 232 (90), 240 (101), 245 (104), 246 (106), 262 (130), 271 (151), 273-274 (157), 293, 427
CARREYRE Jean: 31 (30), 52 (7), 427 CARTESIO (CARTESIUS, DESCARTES
René): 8, 11 (8-9), 19 (2), 42 (54), 48, 48-49 (2), 50 (3), 91, 93 (6), 109 (28), 132 (64), 133-134, 146 (86), 147 (90), 149; 150 (96), 151 (98), 153 (102),
Indice dei nomi
156-157 (107), 162, 164-165, 204 (38), 224 (79), 235-236 (95), 240 (101), 244 (104), 249, 262 (130), 267 (141), 277 (166), 285-293, 299, 1619, 1624, 1630, 1637, 1641, 1643, 1647, 1649-1650, 1658, 1663, 1675, 1678, 1680-1682, 1703, 1710, 415-416, 422-425, 427, 429, 431-432, 434, 438-440, 445-466
CASONI Lorenzo, cardinale: 1682 CASSIODORO: 120 CATARINO Ambrogio: 1551 CATERINA DE' MEDICI, regina di
Francia: 1572, 1591 CAULET (DE) Étienne François, ve
scovo di Pamiers: 1651, 1658, 1664, 1673-1674
CELESTINO papa: 9 (5), 58, 121 (45), 1641, 411
CELESTIO: 80 (63) CEYSSENS Lucien, francescano: 17-
18 (2), 20 (5), 26 (19), 31, 31 (31), 35 (42), 44, 47 (1), 74 (47), 92 (5), 108 (26), 179 (1), 184 (8-9), 254-255 (121), 421-422, 427-429, 448-449
CHARLES JOSEPH Père, cappuccino: 1681
CHARRON Pierre: 10 (8), 1626 CHATEAU-RENAUD (DE) Madame,
badessa di Port-Royal: 1665 CHATELLIER Louis: 255 (121), 429 CHAUNU Pierre: 9 (5), 71 (40), 91
(2), 429 CHÉDOZEAU Bernard: 9 (5), 175,
177, 254 (121), 429 CHEVALIER Jacques: 7 (2), 195 (12),
422 CHEVALLEY Catherine: 266 (139),
270 (149), 429 CHILLINGWOIUH William: 1638, 408 CIANCIO Claudio: 226 (85), 429
Ciso Alderano, cardinale: 1676 CIPRIANO: 1587 CIRILLO o'ALESSANDRIA: 71 CLARKE Samuel: 1712 CLAUBERG Johannes: 1650 CLEMENTE D' ALESSANDRIA: 1587 CLEMENTE VIII papa (Ippolito AL-
DOBRANDINI): 45 (62), 58, 121, 1596, 1598, 1601-1602, 1605, 1638, 411
CLEMENTE IX papa (Giulio ROSPIGLIOSI): 1667-1668
CLEMENTE X papa (Emilio ALTIER!): 1669, 1675
CLEMENTE XI papa (Gian Francesco ALBANI): 1700, 1704-1705, 1708-1709, 1713-1714
CLÉRO Jean Pierre: 272 (154), 426 CLERSELIER Claude: 165 CODDE Pierre: 1686 COGNET Louis: 269 (151 ), 429-430 COLONNA Vittoria: 1547 CONDÉ (DE), principe: cf. LUIGI II
DI BORBONE-CONDÉ CONDREN (de) Charles, oratoriano:
48 (2), 1629, 1633 CoNGAR Yves: 430 CONTARINI Gasparo, cardinale: 1547 CooLHAES G.: 1571-1572 COORNHERT V OLKERTSZOON Dirck:
1571-1572 CORNET Nicolas: 74, 74 (47), 1633,
1649, 1651, 1663,428 COTTRET Monique: 18 (2), 430 COURCELLE Pierre: 59 (17), 221
(75), 430 COUSTEL Pierre: 1646 CREvoLA Costanzo, gesuita: 45 (62),
430 CRISTINA di Lorena: 8(4),1615, 444 CRISTINA VASA, regina di Svezia:
1627 CROMWELL Oliver: 1649, 1660 CROMWELL Richard: 1660
455
Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
CROQUEITE Bernard: 430 CUDWORTH Ralph: 8, 1678 CusANO Nicola: 410 DA CAMPAGNOLA Stanislao: 430 DAGENS Jean: 8 (3) DAILLÉ Jean: 52 (6), 1632, 1638,
408,448 DAL COVOLO Enrico: 16, 438 DALMAU José Maria: 66 (30), 430 DAMMIG Enrico: 34 (40), 430 DARRIULAT Jacques: 93 (6), 273
(157), 431 DAVIDSON M. Hugh: 431 DE CERTEAU Michel, gesuita: 12
(10), 14 (Il), 33 (34), 48 (1), 175-176, 255 (121), 431
DECHAMPS Étienne, gesuita: 1654 DECLERCQ Gilles: 253 (118), 431 DE COURCELLES Dominique: 27
(22),431,433,442,448 DEDIEU Joseph: 11 (8) DE GHELLINCK Joseph: 431 DE GRACCHIS Nicolo, agostiniano:
1626 DELASSAULT Geneviève: 431 DELFORGE Frédéric: 431 DEL NOCE Augusto: 11 (8-9), 48 (2),
123 (48), 129 (56), 132 (64), 133 (65), 150 (96), 153 (102), 258 (125), 267 (141), 286-292, 431
DE LUBAC Henri: 17 (1), 22 (13), 23 (14), 25-30, 44, 95 (9), 431, 449
DELUMEAU Jean: 432 DE MARIA Amalia: 123 (48), 432 DE MUNTER Silvestre: 422 DE PAUL Vincent (VINCENZO DE'
PAOLI), santo: 1622 1624-1625, 1637-1638, 1643, 1645, 1648, 1651-1652, 1654,441
DE SACY Isaac: cf. LE MAÎTRE DE SACY Isaac
DESCARTES René: cf. CARTESIO DESCHAMPS fratelli: 1646
456
DESCOTES Dominique: 193 (8), 220 (73), 253 ( 119), 260 ( 127), 432
DESGABETS Robert, benedettino: 423 DESMARETS DE SAINT-SORLIN Jean:
171,1666 DEVILLAIRS Laurence: 134 (66), 432 DIEUDONNÉ Philippe: 432 DINET Jacques, gesuita: 1651 DIONIGI L' AEREOPAGITA (pseudo):
1633 DIONIGI, santo: 1633 DOMATJean:283,1661,424 DRIEoo Jean: 51 (5), 1587, 434 DUBÉ Pierre H.: 431 DU CAMBOUT Sébastien Joseph,
abbé de PONTCHÂTEAU: 1651, 1669, 1677, 1681-1682, 1690, 442
DU FOSSÉ Pierre-Thomas: 1679 DuGUET Jacques-Joseph, (ex-)ora-
toriano: 1685, 1687, 1715, 425 DULONG Claude: 432 DUMAS Hilaire: 1700 DUNS Scoro: 71, 1582 DUPRÉ Louis: 432 DUPUY Michel: 423 DUVAUCELLouis-Paul: 1681, 1688 DuVERGIER DE HAURANNE Jean
Ambroise, abbé de SAINT-CYRAN: 10 (8), 12 (10), 14 (Il), 51 (4), 173-176, 255 (121), 1555, 1581, 1604, 1611, 1617-1618, 1620-1622, 1624, 1626, 1631-1635, 1637-1638, 1640-1641, 1643-1647, 1651-1654, 1656, 1659, 1671, 422, 429, 431, 437' 442-443
Du VIVIER Claude DE SAINTEMARTIŒ: 170, 242(102),1661-1662
EcK Johannes: 1551 ELISABETTA (TuDOR), regina d'In
ghilterra: 1558, 1603 ENRICO DI GAND: 71
Indice dei nomi
ENRICO III (VALOIS) re di Francia: 1589
ENRICO IV (BORBONE-NAVARRA) re di Francia: 1572, 1602, 1610
ENRICO VIII (TUDOR), re d'lnghilterra: 1547
EPICURO: 1686, 440 EPIITETO: 221(75),247, 269 (147),
1655 ERASMO DA ROTIERDAM (Deside
rius ERASMUS): 48 (1), 83, 83 (68), 174, 1555, 1559, 1577, 1656, 1703,410,434-435
ERNST Pol: 432 ESCHOLIER Marc: 432 ESCOBAR (DE) y MENDOZA Antonio:
1644 EsTRÉES (D') César, cardinale: 1677 EVAGRIO PONTICO: 80 (63) EZECHIELE: 266 (138), 1673 FABRO Cornelio, 11 (9), 432 FABRONI Carlo Agostino, cardinale:
1705, 1707-1708, 1713 FALLA Claire: 83 (68), 432 FAUSTO di RIEZ: 21 (10), 1648 FAUSTO manicheo: 57, 225 (82) FAVORITI Agostino: 1676-1677,
1682 FELICE II papa: 58 FÉNELON DE SALIGNAC DE LA
MOTHE François, arcivescovo di Cambrai: 1616, 1682, 1688, 1690, 1695, 1697, 1699, 1705, 1709-1711, 1714, 425, 435, 443,450
FERDINANDO di SPAGNA, govematore dei Paesi Bassi: 1640
FERDINANDO 1 (ASBURGO), impera-tore: 1556
FERMAT (DE) Pierre: 224 (79), 1654 FERRARO Domenico: 73 (44), 432 FERREYROLLES Gérard: 225 (82),
239 (101), 245 (105), 277 (164), 282 (170), 432-433
FEYDEAU Matthieu: 252 (116), 1650 FILIPPO (BORBONE), nipote di Luigi
XIV, quindi re di Spagna: cf. FILIPPO V
FILIPPO II (ASBURGO), re di Spagna: 1556, 1558, 1570, 1596
FILIPPO V (BORBONE), re di Spagna: 1700-1701,1703,1713
FILLEAU DE LA CHAISE Nicolas: 1667, 1679
FILLEAU Jean: 1654 FIRPO Massimo: 433 FLAMINIO Marcantonio: 1547 FLASCH Kurt: 27 (22), 431, 433,
442,448 FOISIL Madeleine: 9 (5), 429 FONSECA(DA) Pedro, gesuita: 1588 FONTAINE Nicolas: 175, 1655, 1666,
1675 FONTANA Paolo: 54 (12), 433 FORCE Pierre: 259-260 (127), 433 FORTON DE SAINT-ANGE Jacques:
1647, 434 FOUCAULT Michel: 43 FOUILLÉE Alfred: 163 FRAGNITO Gigliola: 433 FRANCESCO 1, re di Francia: 1547 FRANCESCO SAVERIO, gesuita, san-
to: 1610 FRANÇOIS DE SALES: 248 (110),
1616, 1618-1619, 1622, 425, 430
FRANGIPANI Ottavio Mirto: 1588 FROIDMONT Libert: 48 (2), 175,
163~ 1640, 1641,429 FULGENZIO DI RUSPE: 71, 1648 FUMAROLI Marc: 91 (1), 174, 253
(118), 431, 433 ÜADAMER Hans-Georg: 43 (60) GAETANO (CAIETANUS, CAETANO),
Tommaso DE Vm, domenicano, cardinale: 73 (44)
GAETANO DA THIENE, santo: 1555 GAULE! Galileo: 8, 8 (4), 1615-
457
Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
1616, 1632,444 GALLUS Nikolaus: 1547 GARASSE François, gesuita: 10 (8),
51(4),1626 GARCfA FERNANDEZ Alfonso: 433 GARRONE Gabriel-Marie, cardina
le: 258 (125), 433 GASSENDI (GASSEND) Pierre: 10 (8),
204 (38), 224 (79), 440 GAZIER Augustin: 18 (2), 434 GAZIER Cécile: 434 GÉNÉBRARD Gilbert: 89 (82) GENNADIO 80 (63) GERBERON Gabriël, benedettino:
1567, 1682, 1690, 1696-1697, 1700, 1703, 443
GEREMIA: 1673 GIACOBBE:224(79) GIACOMO 1 (STUART), re di Scozia,
quindi di Inghilterra: 1603 GIACOMO II (STUART), re d'Inghil
terra: 1685, 1688 GIANSENIO (JANSEN Cornelius, JAN
SENIUS, IANSENIUS, JANSÉNIUS), vescovo d'Ypres: 7(2), 8, 9 (5), 12 (9), 14 (12), 15, 17-20, 23-27, 29, 29 (27), 31, 31(30),33 (35-36), 35 (42), 37-38 (45), 39 (49-50), 41-42 (53-54), 45, 47-89, 91 (1), 92-99, 103, 104 (21), 105 (22), 106 (24), 108 (26), 109 (28), IIO-lll, ll3 (36-37), 115, 117-120, 121(45),137, 137 (70), 146 (89), 148, 165, 175, 179, 179 (1), 183-186, 189, 190 (3), 194, 208 (43), 213, 228 (88), 242 (102), 248 (110), 254 (121), 293, 1555, 1585, 1602, 1604, 1609, 1611, 1617-1622, 1626-1628, 1630-1633, 1635-1645, 1647, 1649-1650, 1653-1656, 1659, 1661, 1673, 1676, 1678, 1682, 1693-1694, 1696, 1700-1701, 1713-
458
1714, 411, 416, 422, 427-429, 432-433,435, 442-444,447-449
GIBIEUF Guillaume, oratoriano: 48 (2), 49 (2), 85 (73), 1630, 443
GIELIS Marcel: 434 GILSON Étienne: 133 (65), 258
(125), 434 GINZBURG Lisa: 117 (41), 434 GIOBBE:272,272(152) GIOVANNI CASSIANO: 81(63),1648 GIOVANNI CRISOSTOMO: 97 (10),
1587 GIOVANNI DELLA CROCE, santo: 1591 GIOVANNI DI GERUSALEMME: 281 GIOVANNI evangelista: 58, 58 (16),
103, 114 (38) GIOVANNI II papa: 58 GIOVANNI SCOTO ERIUGENA: 104
(20) GIROLAMO, santo: 83, 119 (44), 281,
1587, 1658 GIULIANO D'ECLANO: 85 (74), 86,
115 (38), 159, 192 (7), 215 (64) GIULIO III papa (Giovanni Maria
DE' CIOCCHI DEL MONTE): 1555 GIVONE Sergio: 241 (103), 434 GLAUSER Richard: 132 (64), 434 GODIN André: 83 ( 68), 434 GomAUD (o GomAUT) DU BOIS Phi-
lippe: 1666-1667, 1685, 1694 GoLDMANN Lucien: 156 (107), 168-
169, 171, 202 (34), 226-227 (87), 234 (92), 238 (98), 240-241 (102), 271 (151), 434
GOMAR François (GoMARUS): 1610 GoNDI (DE) Jean-François Paul, det
to cardinale di RETZ, arcivescovo di Parigi: 1652, 1654-1655, 1662
GOTTESCALCO DI FULDA (GOTTSCHALK): 9 (5), 104 (20)
GOUBERT Pierre: 434 GOUHIER Henri Gaston: 10 (8), 14
Indice dei nomi
(li), 19 (2), 32 (33), 50 (3), 123 (48), 150 (96), 199 (30), 247 (108), 252 (117), 258 (125), 264(136),293,434
GOUNELLE A.: 263 (134), 434 GOZAEUS Thomas: 1577 GRANVELLE (DE) PERRENOT Antoi-
ne, arcivescovo di Malines, cardinale: 1567
GRAVIUS (DE GRAVE) Barthélemy, padre di Henri: 1555
GRAVIUS (DE GRAVE) Henri: 1577, 1587-1589
GREGORIO DA RIMINI: 410 GREGORIO Dl NISSA: 1587 GREGORIO MAGNO papa: 71, 1658 GREGORIO XIII papa (Ugo BoN-
COMPAGNI): 1566, 1580, 1643 GRES-GAYER Jacques M.: 434 GROSSI Vittorino: 25-26 (19), 92 (4),
434-435 GROZIO Ugo (Huig VAN GROOT,
GROTIUS): 1614, 1619, 1627, 1693, 1703
GUARDINI Romano, gesuita: 227 (88), 435
GUELLUY Robert: 48 (1 ), 51-52 (5), 435
GUENANCIA Pierre: 224 (79), 435 GUGLIELMO 1 D'ORANGE (detto il Ta
citurno ), statolder di Olanda: 1567
GUGLIELMO III D'ORANGE, statolder di Olanda, marito di Maria di Inghilterra e quindi re di Inghilterra: 1678, 1688
Gu1m DI BAGNO Giovanni France-sco: 1655
GUILLARD D' ARCY Charles: 1665 GUILLEBERT Jean: 1646 GmsA Enrico, duca Dl LORENA:
1572 GUYON BOUVIER DE LA MOIHE Jean
ne Marie, Madame: 1688,
1694-1695, 1697 GUYOT Thomas: 1646 HABERT Isaac, vescovo di Vabres:
13 (10), 30 (28), 92 (5), 96 (10), 98, 104 (21), 117-119, 1642, 1644-1645, 1651,421,441
HAGEN Kenneth: 435 HALLIER François: 1651-1652 HALLOIX Pierre, gesuita: 83 (68), 89
(82), 1648, 1673, 1679, 432 HAMELIN (famiglia): 1651 HAMELIUS Jean, gesuita: 1587 HAMON Jean: 1637 HARDOUIN Jean, gesuita: 11 (9), 33
(37) HARLAY DE CHAMPVALLON François,
arcivescovo di Parigi: 1671-1672, 1678-1679, 1681, 1685, 1694-1695
HARRINGTON Thomas More: 435 HAVERMANS Macaire: 1690 HAZARD Paul: 91-92 (3), 127 (50),
435 HENNEBELJean-Libert: 1694, 1696 HERBERT Dl CHERBURY Edward:
1624 HERMANT Godefroy: 1670 HESSELS Jean: 1563 HILDESHEIMER Françoise: 435 HILLENAAR Henke: 435 HOBBES Thomas: 223, 1642, 1651,
1656, 1679 HUET Pierre-Daniel: 83, 83 (68),
1667, 1670, 1689, 440 HUME David: 289-290 HUYGENS Gommare: 146-147, 148
(93), 1693 IGNAZIO Dl LOYOLA, santo: 48 (1),
1547, 1556 INCMARO Dl REIMS: 104 (20) INNOCENZO 1 papa: 58 INNOCENZO X papa (Giovanni Bat
tista PAMPHILI): 38 (46), 39 (49), 108 (26), 180, 182, 184,
459
Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
1644-1645, 1651-1655 INNOCENZO XI papa (Benedetto
ÜDESCALCHI): 1676-1677, 1679, 1682, 1685, 168~ 1689, 411, 442
INNOCENZO XII papa (Antonio PIGNATELLI): 1691, 1694-1697, 1699-1700
ISACCO: 224 (79) JACQUES D' AUTUN, cappuccino:
1649 JACQUES Émile: 95 (8), 435 JAMES E.D.: 172, 435 JANSEN Cornelius: cf. GIANSENIO JANSEN François-Xavier: 435 JANSEN Paule: 436 JANSON Jacques (JANSONIUS, GrAN
SONIO ): 1587, 1589, 1593, 1604, 1618-1619, 1625, 429
JAYMES David: 220 (73), 436 JEDIN Hubert: 430, 436, 441 JEMOLO Arturo Carlo: 436 JEsrFurio:299,436 JOANNOU Périklès-Pierre: 72 (43),
421 JoNcoux (DE) Françoise: 1710 JULIEN-EYMARD D'ANGERS (Char
les CHESNEAU): 246 (110), 430 JURIEU Pierre: 1680-1682, 1684,
1686, 1688,408 KANT Immanuel: 227 (87) KEEN Ralph: 38 (45), 436 KELLY John N.D.: 436 KIERKEGAARD Sfüen: 297, 443 KIRSCH U.: 436 KOLAKOWSKI Leszek: 8-9 (5), l 2
(10), 14 (12), 205 (39), 228 (88), 436
KRUMENACKER Yves: 12 (10), 436 LABADIE Jean: 14 (12) LA CHAISE (DE) François, gesuita:
1698, 1709 LACOMBE Roger E.: 248 (110), 436 LADISLAO IV di POLONIA: 1645
460
LAFOND Jean: 57 ( 14 ), 436 LAFUMA Louis: 7 (2), 422, 437 LAGAULT Jérôme: 1652 LALANE (DE) Noël: 180, 1651 LALLEMANT Louis, gesuita: 1707,
1713 LAMBERIGTS Mathijs: 21 (9), 424-
426, 429,434-435,437,444, 449
LAMOTHE (DE) LE VAYER François: 11 (9), 1640-1641
LAMY Bernard, oratoriano: 1675 LAMY François, benedettino: 146-
147, 148 (92), 156 (107), 1693 LANCELOT Claude: 173-174, 177,
1637, 1646, 1660, 1662-1663, 1666-1667,422,430
LANDUCCI Sergio: 124 (48), 125 (49), 133 (65), 150 (96), 237 (96), 437
LAPLANCHE François: 52 (6), 437 LAPORTE Jean: 92 (5), 113 (34), 128,
128 (55), 228 (88), 236 (96), 252 (116), 267 (141), 286, 290, 437
LA ROCHEFOUCAULD (DE) François, duca: 1663, 1665
LATOMUS Jacobus (Jacques): 51 (5), 434
LAUMAILLÉ Sophie: 283, 437 LAZZERI Christian: 222 (77), 240
(101), 437 LE BACHELET Xavier-Marie, gesui
ta: 29 (27), 437 LE BOULLUEC Alain.: 52 (6), 145
(86), 437-438, 447 LE BRUN Jacques: 97 (10), 438 LE BRUN Laurent: 110 (30), 1694 LE CLERC DU TREMBLAY François
(Père Joseph): 1639, 446 LE CLERC Jean: 83 (68), 1699, 1703,
1714, 433 LEDUC-FAYETTE Denise: 176, 217
(67), 438
Indice dei nomi
LEFEBVRE Henri: 438 LE GUERN Michel: 7 (2), 235 (93),
262(130),422,438 LEIBNIZ Gottfried Wilhelm: 8, 32
(33), 125 (49), 133 (65), 134 (66), 146 (86), 149-150 (96), 155, 236-237 (96), 264 (135), 272 (154), 1650, 1672, 1683, 1686, 1692, 1710, 427, 432, 440,442,446
LE MAîTRE Antoine, figlio di Catherine Arnauld figlia, quindi nipote del grande Arnauld: 1637, 1644, 1651, 1658
LE MAîTRE DE SACY Isaac-Louis, figlio di Catherine Arnauld figlia, quindi nipote del grande Arnauld: 172, 175-177, 221 (75), 222 (77), 1637, 1654-1655, 1662, 1664-1669, 1673, 1677, 1684-1685, 1696, 1711, 424, 430-431
LE MAÎTRE Simon DE SÉRICOURT, figlio di Catherine Arnauld figlia e nipote del grande Arnauld: 1637
LEMOS (DE) Tommaso, domenica-no: 1598, 1607
LENTULUS Ciriacus: 1650 LEONARD! Claudio: 72 (43), 421 LEONE MAGNO papa: 9 (5), 1675-
1676 LE PORCQ Jean, oratoriano: 1682 LE Roy Guillaume, abbé de Hau
tefontaine: 170, 1659, 1661, 442
LEROY Maxime: 48 (2) LESAULNIER Jean: 152 (101), 423,
438,441 LESCOT Jacques: 1633 LE SENNE DES MÉNILLES Jean-Bap
tiste, abbé D'ÉTEMARE: 1714 LESSIO (Leonard LEYS, LESSIUS), ge
suita: 66, 248 ( 110), 1587-1588,
1604, 1610, 1613, 1617-1618 LE TOURNEUX Nicolas: 1677, 1688 LETTIERI Gaetano: 30 (28), 83 (68),
89 (81), 157 (108), 189 (1), 235 (94), 238 (99), 239 (100), 240 (101), 249 (110), 261 (129), 262 (132), 283, 291, 299, 438
LEVILLAIN Philippe: 438 LEVINAS Emmanuel: 266 (138), 267
(141), 439 LIANCOURT (DE) DU PLESSIS Roger,
duca:1655 LOCKE John: 1689, 1695-1696 LONGUEVILLE (DE) Anne-Geneviè
ve di BOURBON-CONDÉ, duchessa, sorella del principe di Condé e amante di La Rochefoucauld: 1659, 1663-1664, 1666-1667, 1679, 1711
LONNING Per: 245 (104), 439 LOPETEGUI Leon, gesuita: 73 (44),
439 LUCCHESINI Giovanni Lorenzo, ge
suita: 1711 LuGo (DE) Jean, gesuita, cardinale:
1643 LUIGI Il di BORBONE-CONDÉ, duca
di Enghien e principe, detto il Gran Condé: 1663
LUIGI XIII (BORBONE), re di Francia: 1622, 1635, 1642-1643
LUIGI XIV (BORBONE), re di Francia: 185, 1637-1638, 1640, 1651-1655, 1660-1664, 1667-1668, 1671, 1673, 1676-1679, 1682, 1685, 1687-1688, 1693, 1695, 1698,1701, 1705, 1709-1713, 1715, 418, 423, 425, 428, 434,439,442
LUISA MARIA GONZAGA, regina di Polonia: 1645
LUPUS Chrétien: 1677 LUTERO Martino: 9 (5), 130 (59),
291, 1547, 1580, 1643, 1652,
461
Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
1656,432 LUYNES (DE) Louis-Charles D' AL
BER~ duca: 1655,1667 MABILLON Jean, benedettino: 102
(18), 1664, 1691, 1700 MADEC Goulven: 134 (67), 439 MAGNARD Pierre: 228 (88), 234
(92), 243 (103), 247 (107), 258 (125), 276 (161), 281, 439
MAINTENON (DE) Françoise o' AU-BIGNÉ, marchesa e favorita di Luigi XIV: 1695
MAIRE Catherine: 439 MALEBRANCHE (DE) Nicolas, orato
riano: 8, 11 (8-9), 28 (25), 42 (54), 123-147, 152 (100), 155-162, 236 (96), 244 (106), 289, 291, 1672, 1674-1675, 1678-1680, 1682-1686, 1688, 1690, 1705, 1708, 1715, 415-416, 422, 424-425, 432-434, 439-442, 445, 447
MALLET Charles: 1677, 1679 MANDROU Robert: 439 MARANDÉ (DE) Léonard: 1654 MARCA (DE) Pierre, arcivescovo di
Tolosa, arcivescovo di Parigi: 1639, 1641, 1654-1655, 1662
MARCELLO II papa (Marcello CERVIN!): 1555
MARCOCCHI Massimo: 439 MARGHERITA (VALOIS), regina di
Francia, figlia di Enrico II di Francia e di Caterina de'Medici, prima moglie di Enrico IV: 1572
MARIA (STUART), regina di Scozia: 1603
MARIA DE'MEDICI, seconda moglie di Enrico IV di Francia e madre di Luigi XIII: 1622
MARIAI (TUDOR), regina d'Inghilterra (detta la Cattolica), moglie di Filippo II di Spagna:
462
1555, 1558 MARIA II (STUART), regina d'In
ghilterra: 1688 MARIA MADDALENA: 58 MARIN Louis: 175, 202 (34), 241
(102), 243-244 (104), 256 (122), 272 (154), 439
MARINARI Antonio, carmelitano: 1679
MARION Jean-Luc: 133 (65), 157 (107), 236 (95), 262 (130), 266 (139), 267 (141), 277-278 (166), 286, 439-440
MARTIMORT Aimée-Georges: 440 MARTIN André (pseudonimo: AM
BROSIUS VICTOR), oratoriano: 123 (48), 1653
MARTINEAU Emmanuel: 7 (2), 241 (102), 269 (145), 422, 440
MATHIEU Jean-Marie: 83 (68), 440 MATTEUCCI Benvenuto: 25 ( 19), 440 MAURIZIO D'ORANGE, principe DI
NASSAU, figlio di Guglielmo 1 e statolder di Olanda: 1619
MAYOR Georg: 1547 MAZARINO Giulio Raimondo, car
dinale: 1630, 1638, 1641-1643, 1645, 1649, 1651, 1653-1654, 1657, 1661, 1663, 418, 432, 436
MAZAURIC Simone: 224 (79), 440 McKENNA Antony: 10 (8), 94 (7),
116 (39), 204 (38), 245 (104), 250 (114), 266 (139), 286, 440
MELANTONE Filippo (Philipp SCHWARZERD): 171, 1547, 1560, 1580
MENIUS Justus: 1547 MÉRÉ (DE) GoMBAUDAntoine: 1653 MÈRE AGNÈS DE SAINT-PAUL (Jean-
ne-Catherine Agnès ARNAULD), cistercense, monaca a PortRoyal: 281, 1600, 1633, 1636, 1648, 1665-1666, 1668
Indice dei nomi
MÈRE ANGÉLIQUE DE SAINT JEAN (Angélique ARNAULD D'ANDILLY), cistercense, monaca a Port-Royal: 280-281, 1637, 1652, 1661, 1669, 1671, 1684, 1711, 423, 443
MÈRE ANGÉLIQUE DE SAINTE-MADELEINE (Jacqueline-MarieAngélique ARNAULD), cistercense, monaca a Port-Royal: 202 (34), 281, 420, 1591, 1594, 1599, 1600, 1604, 1608-1609, 1618-1619, 1623-1624, 1626, 1629-1630, 1633, 1636-1637, 1644-1645, 1648, 1654, 1659, 1661, 1668-1669, 1714, 423, 426,430,439,448
MÈRE MARIE DES ANGES (SUYREAU), zia di Nicole), cistercense, monaca a Port-Royal: 1654
MERSENNE Marin, dell' ordine dei minimi: 150 (96), 153 (102), 293,1624
MESLAND Denis, gesuita: 153 (102) MESNARD Jean: 7 (2), 93 (6), 169,
171-172, 180 (2), 190 (2), 193 (8), 200 (32), 226 (86), 229 (88), 232 (90), 240 (101), 241-242 (102), 251(115-116),255 (121), 264 (136), 269 (145), 278 (166), 279, 298, 422, 436, 440-441, 444
MEUNIER Bernard: 52 (6), 168, 280, 426, 447-448
MEURILWN Christian: 215 (64), 441 MEYNIER Bernard, gesuita: 1656 MEZZADRI Luigi: 441 MICHEL Alain: 253 (119), 441 MICHON Hélène: 227 (88), 441 MIEL Jan: 190 (2), 441 MINOIS Georges: 11(9),441 MmoN Damien: 1653 MocHIZUKI Yuka: 12 (10), 102 (18),
441
MOLANUSJean: 1577 MOLIÈRE (Jean-Baptiste POQUELIN):
1666, 1669 MOLINA Louis, gesuita: 20 (5), 66,
70 (36), 71 (40), 217-225, 288, 1588, 1594-1595, 1598, 1602, 1606-1607, 1611, 1710, 1714, 445
MOLINOS Miguel: 1685, 1688 MONACI CASTAGNO Adele: 83 (68),
438 MONTAIGNE (de) EYQUEM Michel:
IO (8), 221 (75), 269 (147), 294,1592, 1655,430,439
MOREAU Denis: 124 (48), 126 (49), 146 (86), 150 (96), 152 ( 101 ), 157 (107), 161 (112), 423, 441
MOREL Jacques: 220 (73), 441 MORI Gianluca: 441 MORONE Giovanni, cardinale: 1547,
1555, 1559, 1566,433 MOROT-SIR Édouard: 253 (118), 441 MosÈ:87 MOTIA Franco: 441 MOUCHU (DE) Thomas: 1678 MURATORI Ludovico Antonio: 1714 NADLER Steven: 125 (49), 127 (50),
442 NAMER Gérard: 170, 442 NDIAYE Aloyse-Raymond: 149-150
(96), 442 NEERCASSEL (de) Jean, vescovo di
Castorie, arcivescovo di Utrecht: 1679, 1686
NERI Filippo, santo: 1564, 1595 NEVEU Bruno: 30-44, 47, 89 (82),
91 (1), 96 (10), 102 (18), 103, 118 (43), 183 (7), 187 (11), 414, 433,442,446
NEWMAN John Henry, cardinale: 36 NEWTON Isaac: 1712 NICOLE Pierre (pseudonimo: Guil
laume Wendrock): 9 (5), 18 (2), 68 (34), 93 (6), 107 (24), 115
463
Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
(39), 146, 146-147 (89), 148 (93), 156 (107), 163, 167-169, 171-172, 176-177, 180, 215 (64), 237 (97), 238 (100), 242 (102), 251-252 (116), 278 (167), 281-284, 290, 1637, 1646, 1652, 1655-1656, 1658-1659, 1661-1662, 1664-1667, 1669-1671, 1679, 1683, 1686-1688, 1694-1695, 1699, 1700, 1715,410,421-423,426,429, 435,440,444,447-448
NOAILLES (DE) Louis Antoine, arcivescovo di Châlons, quindi di Parigi, cardinale: 1672, 1695-1696, 1698-1699, 1701, 1703, 1705, 1707-1708, 1710-17JJ, 1714
NOIRFONTAINE (DE) François: 9 (5), 429
NORELLI Enrico: 52 (6), 442 NoRIS Enrico, cardinale: 1673-1674,
1676, 1695 NOUET Jacques, gesuita: 1643 ÛLDENBARNEVELDT (VAN) Johan:
1619 OLIER Jean-Jacques: 1651 ÛPSTRAET Jean: 1694 ÛRCIBALJean: 9 (5), 18 (2), 33 (34),
37-38 (45), 51 (4), 52 (6), 53 (7), 85 (73), 110 (30), 174, 255 (121)
ÜRIGENE: 55, 56 (13), 79-89, 118, 119 (44), 281, 1587, 1648, 1667, 1673, 1678-1679, 1689, 1699, 1703, 1715, 410, 432, 434, 440, 442-443, 445-446
ÜRLANDO Francesco: 255 (121),443 ÜRMISDA papa: 58 ÜTTIUS Henri: 1653 PAEPE (DE) Corneille, oratoriano:
1643 PAGANINI Gianni: 20 (5), 443 PAOLO III papa (Alessandro FARNE-
464
SE): 1547, 1555 PAOLO IV papa (Gian Pietro CARA
FA): 1555, 1559, 1564, 1566, 413
PAOLO V papa (Camillo BORGHESE): 72 (44), 1605, 1607, 161J, 1613,1618
PAOLO, santo: 51, 58-59, 61-62, 84, 86, 97 (10), 103, 112 (34), 117, 143 (80), 156 (107), 183 (6), 193 (7), 252 (116), 260 (127), 1594, 1640, 1644, 1646, 1656, 1661, 408-409
PAPASOGLI Benedetta: 266 (139), 443
PARDINI Alessandro: 16 PAREYSON Luigi.: 243 (103), 297,
443 PARIENTE Jean-Claude: 220 (73),
432,443 PASCAL Blaise: 7' 7 (2), 8, 8 (3 e 5),
10-14, 19 (2), 20 (5), 35 (42), 39 (51), 42 (54), 45, 79, 89 (82), 93 (6), 94 (7), 102 (18), 106 (23), 116 (39), 122 (46), 129 (56), 150 (96), 156 (107), 162, 164, 168-170, 180 (2), 183, 183 (6), 189-299, 1592, 1621, 1623, 1643-1644, 1646-1648, 1651-1658, 1661, 1664, 1667, 1670, 1679, 1684, 1711, 409, 415-417, 422-427, 429-441, 443-450
PASCAL Blaise (pseudonimi di): Louis de Montalte, Amos de Dettonville, Salomon de Tultie: 269 (147), 271-272
PASCAL Étienne, padre di Blaise: 209 (45), 1623, 1646, 1651
PASCAL Gilberte in PÉRIER, sorella di Blaise: 224 (79), 242 (102), 255 (122), 1623, 1661-1662, 1684,422
PASCAL Jacqueline, sorella di Blai-
Indice del numl
se, SOEUR DE SAINTB·EUPHaMIR, cistercense, monaca a PortRoyal: 169-170, 281, 1623, 1639, 1643, 1648, 1652-1653, 1659, 1661,439
PASSART Flavie, SOEUR CATHERINE DE SAINTE-FLAVIE, cistercense, monaca a Port-Royal: 1661-1662, 1665,443
PAULIN Charles, gesuita: 1649 PAVILLON Nicolas, vescovo di Aleth:
166, 1651, 1657-1658, 1661, 1664-1665, 1673-1674, 1677, 1681
PÉCHARMAN Martine: 216 (64), 264 (136), 443-444
PELAGIO: 26 (21), 64 (26), 79, 81 (63), 86, 87 (77), 97 (10), 104 (20), 119, 130 (59), 288, 1594, 1641, 1648,425
PÉRÉFIXE (DE) DE BEAUMONT Philippe Hardouin, arcivescovo di Rodez, quindi arcivescovo di Parigi: 1662, 1664, 1667-1668, 1671
PÉRIER Étienne, figlio di Gilberte Pascal: 1670
PÉRIER Florin, marito di Gilberte Pascal: 209 ( 45), 1623
PÉRIER Louis, figlio di Gilberte Pascal: 1701, 1711
PÉRIER Marguerite, figlia di Gilber-te Pascal: 1656
PERONE Ugo: 429 PERRAULT Nicolas: 1661 PEsCE Mauro: 8 (4), 444 PETAU Denis, gesuita: 28 (24 ), 48
(1),293,1643, 1649,422 PICARD Raymond: 202 (34) PICO DELLA MIRANDOLA Giovanni:
89 (82) PICOTÉ Charles: 1655 PIEMME Jean-Marie: 444 PIERONI FRANCINI Marta: 435
PIHTMO LOMHARl>O: 71, 20.5 (39), 1596
PIETRO, santo: 33 (36), 58, 1646 PlGHIO (PlOOHE, PIGHIUS) Alberto:
1551 PINTARD René: 11 (9), 277 (165),
444 PINTHERAU François, gesuita: 1653 Plo IV papa (Giovan Angelo MEDI
CI): 1559, 1564, 1566 PIO V (Michele GHISLIERI) papa e
santo: 1566-1567, 1580, 1618, 1641, 1643-1644, 1647, 1701, 448
PIROT Georges, gesuita: 1657 PLAINEMAISON Jacques: 32 (33), 193
(8), 254 (121), 444 PLATONE: 85 (73), 147, 147 (91),
159 (111) POLE Reginald, cardinale: 1547,
1555, 1558 POMMIER René: 170, 444 PONCE DE LA FUENTE Costantino:
1547 PONTCHÂTEAU (DE): cf. DU CAM-
BOUT Sébastien Joseph PORTALIÉ Eugène: 30-31 (29), 444 POSSIDIO: 202 (34) POUTET Yves: 444 PRANGER M.B.: 444 PRÉCIPIANO (DE) Humbert Guillau
me: 1689, 1692, 1694, 1696, 1703
PRÉCLIN Edmond: 444 PRODI Paolo: 72 (43), 421 PRosPERI Adriano: 444 PROSPERO D' AQUITANIA, santo: 9 (5),
71, 71 (41), 1648 QUANTIN Jean-Louis: 37 (44), 40
(52), 48 (1), 444-445 QUESNEL Pasquier, oratoriano: 147
(89), 177, 1611, 1657, 1665, 1672, 1675-1676, 1679, 1681, 1685, 1687, 1690, 1692, 1694-
465
Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
1696, 1698-1699, 1703-1704, 1707-1711, 1713, 1715, 429, 447
RACINE Jean: 13, 156 (107), 169-170, 202 (34), 246 (106), 1637, 1639, 1646, 1656, 1661, 1666-1677, 1689, 1691, 1695, 1698-1699, 1711, 422, 434
RACINE Louis (figlio di Jean): 1677 RANCHETTI Michele: 16, 60 (20),
425 RANSON Patrie: 20 (5), 97 (10), 267
(140), 445 RAPIN René, gesuita: 1656, 1670 RAVESTEYN Josse, detto TILETANUS:
1551, 1564,1569 REVES (de) Jacques (REVIUS): 1650 RICCI Matteo, gesuita: 1610 RICHELIEU DU PLESSIS Armand Jean,
vescovo di Luçon, cardinale: 18 (2), 1622, 1624, 1630-1631, 1635-1639, 1640-1643, 1666, 418
RICHER Edmond 1611: RICOEUR Paul: 43, 43 (57) RIGHI Roberto: 278 (167), 445 RIPALDA (DE) MARTfNEZ Juan, ge-
suita: 26 (21), 1648 RIVERSO Emanuele: 445 RIVET André: 293 RoANNEZ (DE) GoUFFIER Arthus, du
ca: 1653, 1656, 1661-1662, 1667, 1670
ROANNEZ (DE) GOUFFIER Charlotte, sorella del duca: 294, 1656-1657, 431
ROBINET André: 445 RODANO Paola: 267 (141 ), 445 Roms-LEWIS Geneviève: 124 (48),
130 (59), 422 ROMEYER Blaise, gesuita: 445 ROSMINI Antonio: 132 (64), 431 RUFFINI Francesco: 32 (33), 70 (38),
445
466
RUFINO: 80 (63) RUSSIER Jeanne: 238 (100), 248
(110), 250 (113), 258 (125), 265 (137), 274 (157), 445
SAINT-AMOUR (DE) GoRIN Louis: 38 (46), 180-184, 1651, 422
SAINT-CYRAN: cf. DuVERGIER DE HAURANNE Jean Ambroise
SAINTE-BEUVE Charles-Augustin: 11-12 (9), 48 (2), 170, 221 (75), 236 (96), 445
SAINTE-MARTHE (DE): cf. DUVIVIER Claude
SAINTE-MARTHE, oratoriano: 1672 SALAZAR Philippe-Joseph: 281, 445 SALOMONE:272,272(152) SANTORI Irene: 16 SARPI Paolo, servita: 1670 SAUSSURE (DE) Ferdinand: 106 (23),
446 SAVON Hervé: 172-173, 445 SCATTIGNO Anna: 60 (20), 189 (1),
278 (167), 423, 425, 438, 445 SCHÂR Max: 84 (68), 445 SCHNEIDER Gerhard: 11 (9), 445 SCHRAMA Martijn: 47 (1), 67 (33),
91 (1), 428, 432, 448-449 ScIACCA Michele Federico: 227
(88), 445 ScRIBANO Maria Emanuela: 293,
446 SÉGUENOT Claude, oratoriano: 1638 SELLIER Philippe: 7 (2), 8 (3), 10
(8), 34 (41), 190 (2-3), 206 (40), 227 (88), 234 (92), 241 (102), 251 (115), 253 (119), 258 (125), 263 (134), 264 (135), 269 (145), 277 (164), 422,446
SENAULT Jean François, oratoriano: 1641, 1644, 1648, 1653, 1663
SENOFONTE Ciro: 9 (6), 92 (5), 98 (12), 108 (26), 123 (48), 132 (64), 446
Indice dei nomi
SERINI Paolo: 258 ( 125), 446 SERIPANDO Girolamo, agostiniano:
92 (4), 1547, 1559, 435 SERRES Michel: 272 (154), 446 SPAMENI GASPARRO Giulia: 89 (81 ),
446 SHIOKAWA (o SKIOKAWA) Tetsuya:
168, 204 (38), 255 (122), 280, 446-447
SIMON Richard, oratoriano: 96-97 (IO), 175, 177, 1678, 1693, 1695, 1702-1703, 412, 422, 431,445
SIMONE Raffaele: I06 (23), 446 SIMONETIA Luigi, cardinale: 1569 SIMONETII Manlio: 16 SINA Mario: 83 (68), 446 SINGLIN Antoine: 170, 1637, 1643,
1648, 1651, 1656, 1659, 1661, 1663-1664, 1669
SINNICH Jean (pseudonimo: Paul Erinach): 190 (2), 1643, 1648
SIRMOND Antoine, gesuita: 1641 SIRMOND Jacques, gesuita: 1633-
1634, 1643, 1649, 1651 SISTO V (Felice PERETII): 1566,
1588 SMALBRUGGE Matthias A.: 19 (4),
447 SMITS L.: 447 SOLÈRE Jean-Luc: 131 (60), 146
(86), 150 (96), 447 SOTO (DE) Domingo: 1551 Saro (DE) Pedro, domenicano: 1551 SOUÂTRE (DE) DE BONNIÈRES Joseph,
gesuita: 1699 SOURDIS (DE) marchese: 171, 1659 SozzINI Fausto: 1594, 1624 SOZZINI Lelio: 1594, 1624 SPINOZA Baruch: 42 (54), 133 (65),
146 (86), 155, 293, 1670, 1677, 1710,425,440,446
STANKIEWICZ Wladyslaw Jozef: 447 STEINMANN Jean: 242 (I02), 447
STELLA Pietro: IO- Il (8), 34 (38), 37 (45), 447
STEYAERT Martin: 1677 SUAREZ Francisco, gesuita: 66, 66
(30), 133, 133 (65), 288, 1598, 1617, 1710, 430
TANNERY Paul: 150 (96), 153 (I02), 244 (104), 422
TANS Joseph A.G.: 429, 447 TAPPER Ruard: 1551, 1564, 1587 TAVARD Georges: 447 TAVENEAUX René: IO (7), 12 (IO),
447-448 TELLIER (LE) Michel, gesuita: 1687,
1690, 1707, 1709, 1711 TEODORO Dl MOPSUESTIA: 1673 TERESA D' AVILA, santa: 1582 TERESA DI LISIEUX, santa: 228 (88),
448 TERTIJLLIANO: I09 (28), 1679 TESKE Roland J.: 27 (22), 448 THIROUIN Laurent: 172, 239 (IOI),
241(102),270 (149), 422, 448 THOMAS Jacques-François: 448 TILETANUS: CP. RAVESTEYN Josse TILLEMONT (LE NAIN DE) Sébastien:
89 (82), 1698, 1676, 1693, 1698, 1702, 1711,442
TILLIETTE Xavier, gesuita: 263 (134), 448
TOLAND John: 1696 TOLET François, detto TOLEDO, ge
suita, cardinale: 1580 TOMMASO D. AQUINO, domenicano,
santo: 21, 49, 59, 59 (18), 64 (27), 66, 71, 112 (32), 147 (90), 148, 148 (92, 94), 149 (95), 151 (99), 162, 185, 205 (39), 208 (44), 211 (51), 260 (127), 280, 288, 1567, 1570, 1582-1584, 1610, 1613, 1616, 1627, 1656, 1660, 1686, 1693, 1714, 4I0-4ll
TOPLISS Patricia: 253 ( 119), 448
467
Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
TORTOLONE Gian Michele: 448 TRICOT Claude: 228 (88), 448 TRONCHAI Michel: 1711 TROUNCER Margaret: 448 TURCHETTI Mario: 52 (6), 448 TURMEL Joseph: 48 (1), 448 URBANO VIII papa (Maffeo BAR-
BERINI): 1630, 1638, 1641-1644, 1656
VALDÉS (de) Juan: 1547, 1559 VAN BAVEL Tarsicius J.: 47 (1), 67
(33), 91 (1), 428, 432, 448-449 VAN EIJL Edmond J.M.: 18 (2), 95
(8), 175, 428-429, 447' 449 VAN EIJL Édouard J.M.: 448 VAN HOUTEM Jozef: 424, 426 VAN LUUK Bénigne A.L.: 449 VANNESTE Alfred: 17-25, 44, 95 (9),
449 VANSTEENBERGHE Edmont: 449 VASQUEZ Gabriel, gesuita: 64 (27),
133 (62), 1633 VAVASSEUR François, gesuita: 1650 VAYSSE Jean-Marie: 246 (106), 277
(166), 449 V AzQUEZ Isaac:449 VERGA Leonardo: 19 (2), 449 VIALLANEIX Paul: 247 (107), 277
(165),430,439,444 VICO Giovanni Battista: 289 VINCENZO DI LERINO: 36, 96 ( l 0),
1634 VISCONTI Filippo, agostiniano: 184 VISMARA Paola: 449
468
VITELLESCHI Muzio, gesuita: 1617 VmoRINI (Uao E RiccARDO m SAN
VITTORE): 71 VLAÇIC Mattia (FLACIO ILLIRICO):
154~ 1559, 1580,408 VoET Gisbert (VOETIUS): 1631,
1633 VOLTAIRE (François Maris AROUET):
10 (8), 94 (7), 116 (39), 204 (38), 245 (104), 266 (139), 286, 1671,423,432,440
VON BALTHASAR H.U., gesuita: 227 (88), 423
WADDING Luc, francescano: 184 WALGRAVE Jan Hendrik: 67 (33),
449 w ALLON DE BEAUPUIS Charles: 1646 WEAVER F. Ellen: 281, 450 WETZEL David: 450 WHELAN Ruth E.: 450 WILLAERT Léopold, gesuita: 450 WITTICH Christoph: 1650 YVES DE PARIS: 1645 ZAMBELLI Raymond: 228 (88), 448 ZAMET Sébastien: 1626, 1630, 1633,
1638 ZARKA Yves Charles: 20 (5), 73
(44), 234 (92), 264 (135-136), 426,432,443,445,450
ZOSIMO papa: 58, 411 ZovATIO Pietro: 450
INDICE
INTRoouz10NE ............................................................................................... Pag. 7
CAPITOLO PRIMO AGOSTINO: UNA SCOMODA EREDITÀ. PER UN AGGIORNAMENTO BIBLIOGRAFICO ......... » 17
CAPITOLO SECONDO GIANSENIO: DALL' AMBJGUJTÀ DELLA TRADIZJONE AL SISTEMA DELLA GRAZIA............... » 47
I. La concordia della tradizione .......................................... » 47 II. «De concordia gratiae et liberi arbitrij»................. » 65 III. La ragione senza grazia: Giansenio interprete
di Origene ..................................................................................... » 79
CAPITOLO TERZO ARNAULD: AUGUSTINUS MORE CARTESIANO DEMONSTRATUS..................................................................................... » 91
I. JI metodo e le regole dell'ermeneutica agosti-niana: le Apologies.................................................................. » 92
II. «/nfringere auctoritatem Augustini». Arnauld, Malebranche e la visione delle idee in Dio..................................................................................................... » 123
Appendice I - Il metodo nella Logique de Port-Royal ................................................................................................. » 162
469
Gaetano Lettieri - Il metodo della grazia
Ap~ndice. II - Sul .rapporto tra ragione e autorità m amb1to teolog1co ................................................................ .
Appendice III - Port Royal e i suoi fronti interni ........ . Appendice IV - L'enneneutica biblica a Port-Royal .. .
CAPITOLO QUARI'O L'ÉCRIT À TROIS COLONNES: L'EQUIVOCITÀ DELLE CINQUE PROPOSIZIONI ............................................ .
CAPITOLO QUINTO PASCAL: ERMENEUTICA E RETORICA DEL PARADOSSO ............................................................................................ ..
1. La dialettica enneneutica: gli Écrits sur la grâ-ce corne struttura delle Pensées ................................... ..
II. La retorica della grazia e il paradosso del me-todo: il giansenismo delle Pensées ............................. .
Appendice I - L'enneneutica teologica corne disci-plina scientifica ........................................................................ .
Appendice II - Sulla retorica giansenista ........................ . Appendice III - Cartesianesimo e pelagianesimo ...... . Appendice IV - Aveugler, éclaircir ..................................... .
CRONOLOGIA AGOSTINISMO E GIANSENISMO DAL CONCILIO DI TRENTO ALLA DISTRUZIONE DI PORT-ROYAL
CONCLUSIONE - L'EQUIVOCO AGOSTINO ....................................... .
Bibliografia .................................................................................................. ..
Indice dei nomi ........................................................................................... .
470
Pag. 165 » 168 » 172
» 179
» 189
» 190
» 233
» 278 » 281 » 285 » 293
» 301
» 407
» 421
» 451
BOO DOR DTD BIBlDlECA RŒRO-JE TEŒCGO-IE
lntroduzione allo studio della straordinaria c controversa fortuna di Agostino ncl XVII sccolo. il volume ha con1e primo obicttivo la messa in luce del mctodo storico-cri tico e delle rcgolc em1cncutiche e dialcttichc utilizzati da Gianscnio. Arnauld. Pascal. pcr din1ostrare l'evidenza e la coercnza del sistcn1a agostiniano della grazia indebi1a e predes1ina1a. Pcr i giansenis1i. Agostino è la supren1a autorilà dogrnatica. lïntcrprctc clctto dalla grazia per dischiudcre la picna cornprcnsione della rivelazione cristiana. cus1odi1a fcdelmen1c dalla 1radizione cattolica (ritenula invariabilmenle paolino-agostiniana). rccepita con eversiva parzialità dalla Riforma. infine mcssa in discussione dall'empio molinismo gesuita. li 111etodo della grazia (geni1ivo oggettivo). la via storico-scicntifica al dogma cauolico. si compie comunque nella confcssionc del carismatico Metodo della gra:.ia (gcni1ivo soggcttivo): l'oggetto dell'enneneu1ica si rivcla corne suo in1pcrscrutabile Soggctto, incondizionala c non univcrsale Libertlr di elezione c illuminazione.
Le Pensées di Pascal sono r esilo pili radicale cd originale della 1eologia giansenista. del suo pessimismo lragico, an1iun1anista ed anli1nodcmis1a. La loro ''inquie1an1e" apologia del la fcde cris1iana - cerlczza "incerta", perché indisponibile dono gra1ui10. che solo rende ragione del paradosso dell'csistcnza - spinge l'agoslinismo sino all'cslrcma cocrcn1a: assolu1izza la dimensio-ne anùmetatisica della grazia, principio anarchico di un ordine soprannaturale, inaccessibile per via puramenle razionale o morale; non illuminata dalla grazia, la s1essa metafisica è idolatria. Emerge quindi la questione dell 'incootro-scontro tra giansenismo e filosofia modema, cornet~ stimoniano la diversiticata recezione di Cartesio a Pon-Royal, o la violenta polemica tra ragostinismo deila grazia di Arnauld e l'agostinismo platonizzante di Malebranche.
Un rappono altamente problematico con Agostino ha vissu10 la stessa chiesa romana, ambiguamente tesa ad un riconoscimento formale della sua indiscutibile autorilà, ma ad un tacito ri
dimensionamento, sino alla sostan2iale rimozione, della sua teologia della grazia. La controversia sull'esegesi di Agostino si intreccia cosl aile questioni della natura del carisma e dell 'autorilà religiosa, deil'eventuale coerenza della tradizione cattolica, degli spazi di autonomia che la controriforma puo riconoscere alla tradizione patristica, alla ragione storico-critica, all'interiore Libertà di coscienza, alla stessa anarchia dello Spirito.
Accompagna il volume un'accurata cronologia che segue, anno per anno, Ja dram.matica storia dell'agostinismo modemo e del giansenismo, dall'ambiguo documento tridentino sulla giustificazione ( 1547) alla boila papale Unigenitus ( 1713), che condaona infine corne eretico l'agostinismo strenuamente difeso da Pon-Royal.
Gaetano Lettieri (Roma, 1961 ), douore in filosofia, allie~o di Manlio S1moneui e ricercatore di Storia del cristianesimo presso l'Università La Sapienza di Roma, è prof essore di_ Cris10/ogia predogmatica presso l'Università Lateranense di Roma. 'Ha pubblicato saggi su Fîlonc. Io gnosticismo, Origcnc, Mano Viuorino, Prospero d' Aquitania, Cusano, Pascale Agostino, cui ha ded1cato due volumi. Il senso della storia in Agos1i110 d'/ppona. Il "saecu/u111" e la gloria ne/ De civilate Dei, Roma 1988. e l'a/1ro Agos1111c. Ern1eneu1ica e retorica della graz1a dalla cris1 alla 1ne1amorfos1 del De doctn11a chrrstiana. Brescia 2000.
i. 40.000