Letteratura clandestina dell'età dei Lumi, Mc Kenna,,,

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I manoscritti filosofici clandestini dell'Età classica: bilancio e prospettive delle ricerche. La letteratura filosofica clandestina costituisce un oggetto di studi dopo la scoperta nel 1912 da parte di Gustave Lanson di un certo numero di copie manoscritte di testi "filosofici" o anti- cristiani nelle biblioteche municipali di Francia [1]. Lanson ha saputo molto bene interpretare i pochi indizi di cui disponeva: in effetti, aveva appena messo il dito su un aspetto nascosto della vita delle idee dell'Età Classica. Nel 1938, Ira O. Wade ha condotto un'inchiesta sistematica in Francia ed ha saputo utilizzare bene le ricerche condotte da Norman L. Torrey alla biblioteca di Voltaire a San Pietroburgo: Wade propone un inventario di 102 testi filosofici diffusi tra il 1700 ed il 1750 [2]. Nel 1978, Miguel benitez ha rilanciato le ricerche scoprendo un gran numero di copie sconosciute sino ad allora. Nel 1980, un nuovo inventario è stato pubblicato in occasione di una Tavola Rotonda organizzata da Olivier Bloch alla Sorbona: la letteratura clandestina esce dall'ombra ed offre allora

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Saggio di notevole spessore ad opera di uno dei maggiori specialisti mondiali di storia della letteratura clandestina dell'età dei Lumi, tematica nel nostro paese quasi del tutto sconosciuta.

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I manoscritti filosofici clandestini dell'Età classica: bilancio e prospettive delle ricerche.

La letteratura filosofica clandestina costituisce un oggetto di studi dopo la scoperta nel 1912 da parte di Gustave Lanson di un certo

numero di copie manoscritte di testi "filosofici" o anti-cristiani nelle biblioteche municipali di Francia [1]. Lanson ha saputo molto bene interpretare i pochi indizi di cui disponeva: in effetti, aveva appena messo il dito su un aspetto nascosto della vita delle idee dell'Età Classica. Nel 1938, Ira O. Wade ha condotto un'inchiesta sistematica in Francia ed ha saputo utilizzare bene le ricerche condotte da Norman L. Torrey alla biblioteca di Voltaire a San Pietroburgo: Wade propone un inventario di 102 testi filosofici diffusi tra il 1700 ed il 1750 [2].

Nel 1978, Miguel benitez ha rilanciato le ricerche scoprendo un gran numero di copie sconosciute sino ad allora. Nel 1980, un nuovo inventario è stato pubblicato in occasione di una Tavola Rotonda organizzata da Olivier Bloch alla Sorbona: la letteratura clandestina esce dall'ombra ed offre allora 130 titoli ed un aumento sostanziale del numero delle copie. Nuova tappa nel 1988, con un nuovo inventario di Miguel Benitez comprendente 148 titoli,e, nella primavera del 1996, con la pubblicazione di una raccolta dei suoi studi, intitolata La Face cachée des Lumières [La faccia nascosta dei Lumi]. Il nuovo inventario comporta 257 titoli con delle copie da tutta Europa [3].

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Ciò significa che la ricerca prosegue e che la letteratura filosofica clandestina non ha ancora svelato le sue ricchezze. Essa pone delle domande agli specialisti della filosofia e della storia delle idee, della storia della religione, dell'apologetica e della letteratura, così come anche della stampa, della censura e della diffusione dei testi. La scoperta progressiva dei fondi di clandestina è stata accompagnata da un approfondimento degli studi nel campo della storia delle idee. Non ci si può più accontentare dell'immagine tradizionale della filosofia dell'Età classica, ridotta a qualche testo prestigioso: la letteratura clandestina ci obbliga a leggere tra le righe ed a scoprire il vero contesto intellettuale che dia senso alle procedure dei grandi philosophes.

Questa moltiplicazione delle scoperte ha comportato una problematica nuova, I manoscritti clandestini datano del XVI, XVII e XVIII secolo. Ora, che rapporto c'è tra il Colloque entre sept savants [Colloquio tra sette sapienti] attribuito a Jean Bodin e la Histoire critique de Jésus, fils de Marie [Storia critica di Gesù, figlio di Maria] del barone d'Holbach o tra il  Fléo de la foy [Il flagello della fede] di Geoffroy de La Vallée e L'Homme machine [L'Uomo macchina] di La Mettrie? C'è un grande rischio di anacronismo. Bisogna evitare di leggere a posteriori la storia delle idee come una marcia progressiva verso la Rivoluzione, perché l'interpretazione dei testi ne sarebbe evidentemente falsata. Tuttavia, delle "correnti" sono percettibili, dei punti di contatto e dei circuiti da un secolo all'altro: i filosofi clandestini dell'Età classica hanno l'impressione di appoggiarsi su una lunga tradizione critica nei confronti della religione e nei confronti della Chiesa.

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In effetti, il termine "filosofico" non assumerà questo senso che durante il secolo dei Lumi: un testo è qui considerato come "filosofico" nella misura in cui si appoggia, implicitamente o esplicitamente, su dei principi ostili all'ortodossia cristiana. Non considereremo i testi sociniani né i libelli giansenisti come testi "filosofici", ma saremo coscienti che i testi filosofici clandestini si appoggiano su altri che rappresentano tutta la gamma possibile di posizioni nei confronti dell'ortodossia. In questo senso, la frontiera netta tra

ortodossia ed eterodossia sfuma.

I nostri filosofi clandestini sono a volte dei credenti inconsapevoli e adottano delle posizioni che li situano, a loro insaputa, dalla parte dell'eresia e dell'eterodossia. La frammentazione delle Chiese e delle sette riformate ha evidenziato tutte le incertezze e tutte le reticenze. Le recenti ricerche su Spinoza ed i "collegianti" olandesi illustrano l'apporto del pensiero religioso al razionalismo moderno [4]; allo stesso modo, i lavori di Andrew Fairbairn pongono in luce una catena che va dal razionalismo cristiano di Malebranche al protestantesimo liberale di Samuel Werenfels e, infine, sino al razionalismo filosofico di Du Marsais [5]. Inversamente, l'evoluzione dell'apologetica testimonia dell'influenza dei filosofi, nella misura in cui gli apologeti impiegano degli argomenti razionali meglio adatti al "Dio dei filosofi" piuttosto che al "Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe" [6]. "La luce interiore" della coscienza e le Luci filosofiche si rafforzano reciprocamente [7].

La diffusione suscita, da parte sua, dei problemi simmetrici. In effetti, gli Archivi della Bastiglia rivelano molto poco dei filosofi: una dozzina tutt'al più tra il 1653 ed il 1789, ma ci fanno scoprire tutta la gamma dei delitti di opinione e tutto il peso della censura. Le ondate successive di ugonotti (a partire dal 1680) e di giansenisti (sin dal XVII secolo, certo, ma soprattutto dalla pubblicazione della bolla Unigenitus del 8 settembre 1713) sono facili da reperire; Per tutto il XVIII secolo vengono arrestati i trasportatori di notizie scritte

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a mano, gli stampatori di libelli politici, religiosi, erotici o osceni [8]. La diffusione degli scritti filosofici clandestini prende così in prestito le stesse vie di quelle di questi altri scritti clandestini. La critica anti-religiosa si fa conoscere attraverso degli specialisti della diffusione clandestina di libelli politici e, nel campo religioso, di libelli giansenisti, da una parte, e, dall'altra, di scritti marrani e protestanti a partire dal Rifugio inglese e olandese. La storia della diffusione della filosofia clandestina, che è una storia europea, si congiunge così a quella del libro e della censura.

I testi clandestini sono stati oggetto di pubblicazione per tutto il XVIII secolo. Si troverà la lista completa nel nuovo inventario di Miguel Benitez. È importante riconoscere che queste pubblicazioni corrispondono alle peripezie della storia delle idee: la versione stampata non beneficia di uno statuto privilegiato. D'Holbach e Naigeon diventano gli specialisti dell'edizione che radicalizza il pensiero dell'autore. La pubblicazione corrisponde ai bisogni della propaganda del momento: essi fanno così del deista Robert Challe un "Militare Filosofo" ateo e materialista. La traduzione da parte di d'Holbach degli scritti dei deisti inglesi e di estratti delle Prevenciones di Orobio de Castro corrisponde alle stesse esigenze: la fedeltà al testo è subordinata ai bisogni della propaganda filosofica degli editori.

Una lezione capitale della diffusione clandestina degli scritti filosofici deriva dalla coesistenza di versioni manoscritte e stampate di uno stesso testo. Harold Love ha sottolineato le conseguenze della diffusione manoscritta di un gran numero di versioni dei testi- non soltanto nel campo della filosofia, ma anche in quelli della poesia e della musica [9]. Il manoscritto precede, certo, la stampa. Ma il manoscritto sopravvive all'impressione; i manoscritti sono diffusi dopo la pubblicazione del testo- o piuttosto di una versione del testo. I manoscritti permettono così la modifica del testo che

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rischiava di essere fissata dalla stampa; ci permettono di seguire l'evoluzione di un pensiero mutevole, collettivo: è la storia vivente delle idee. Un esempio privilegiato dei rapporti complessi tra opere stampate e manoscritti è fornito da La Parité de la vie et de la mort [La parità della vita e della morte], testo multiplo edito da Olivier Bloch nel 1993, di cui conosciamo due versioni stampate e due versioni manoscritte molto differenti. Altro esempio: le decine di manoscritti noti del Traité des trois imposteurs [Trattato dei tre impostori] sono così riportati a quattro grandi "famiglie" da Françoise Charles-Daubert e questi manoscritti continuano ad essere composti e diffusi dopo la pubblicazione, senza dubbio dalle cure di Jean Rousset de Missy, di una prima versione nel 1719.

L'edizione di Gianluca Mori di  Examen de la religion dont on cherche l'éclaircissement de bonne foi [Esame della religione di cui si cerca il chiarimento in buona fede], che egli attribuisce a César-Chesneau du Marsais, pone in evidenza un fenomeno simile, con la coesistenza di due versioni principali che continuano ad evolvere dopo la prima stampa del 1745. La letteratura clandestina mette così in causa la nostra concezione tradizionale dell'evoluzione dei manoscritti verso la stampa ed esige dunque un nuovo approccio dei problemi sollevati dall'edizione critica. La tecnica moderna dell'ipertesto

informatico, che permette di presentare diversi livelli di testo senza privilegiarne nessuno, corrisponde in qualche modo alal realtà storica della diffusione manoscritta e permette di evidenziare le sue molteplici dimensioni [10].

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La letteratura filosofica clandestina riflette le grandi correnti delle idee e rivela la loro portata anti-cristiana. Così, nel 1659 è costituito il magistrale compendium del pensiero antico che è il Théophrastus Redivivus [Teofrasto redivivo] [11], una vasta raccolta manoscritta che presenta l'eredità classica sotto la forma di frammenti scelti degli autori antichi sui grandi temi: gli dei, il mondo, la religione, l'anima, l'inferno, la morte, la vita secondo la natura. È un'antologia dell'ateismo e del materialismo presa dagli Antichi. Delle influenze moderne si fanno anch'esse sentire. Alla stessa

epoca datano le differenti versioni di L'Autre Monde [L'Altro Mondo] di Cyrano de Bergerac [12] e gli scritti di Isaac La Peyrère, di cui diverse versioni manoscritte sono state scoperte da poco [13]. Diversi manoscritti riflettono i conflitti intorno alle interpretazioni eucaristiche dei discepoli di Descartes [14]; una dozzina di testi intervengono nel dibattito sullo spinozismo e contribuiscono alla diffusione di una versione molto infedele della filosofia di Spinoza [15]. Molti manoscritti portano il segno dell'influenza di Malebranche [16]. La letteratura filosofica clandestina della fine del XVII e del XVIII secolo nasce così dal contesto intellettuale definito dalla rivalità dei grandi sistemi di Decartes, di Gassendi [17], di Hobbes, di Malebranche, di Spinoza, di Locke, presto di Leibniz. Montaigne, la Mothe le Vayer e Pierre Bayle costituiscono delle fonti inesauribili.

Queste influenze moderne permettono di inscrivere il dibattito filosofico clandestino nella prospettiva della storia del conflitto tra il pirronismo di Montaigne ed il razionalismo di Descartes e di Malebranche [18]. Questo conflitto si traduce nell'apologetica

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attraverso la rivalità tra due metodi: la dimostrazione e la prova storica, di cui gli apologeti non si accorgono che raramente che esse si contraddicono. In effetti, sottolineano i razionalisti clandestini, se l'evidenza della ragione umana è una guida sicura,

La Ragione divina deve conformarvisi. Di conseguenza, la storia biblica, storia di un Dio geloso e tirannico, i cui atti sono incompatibili con la nostra convezione della giustizia, della bontà, della saggezza di un Essere infinitamente perfetto, non è che la storia di un popolo primitivo e miserabile [19].

La storia delle religioni è quella di un'impostura politica [20]. Così un testo come l'Examen de la religion [Esame della religione], [21] testimonia della trasformazione del razionalismo cristiano di Malebranche in razionalismo filosofico anti-cristiano, in filosofia dei "Lumi".

Questo stesso razionalismo caratterizza le Difficultés sur la religion proposées au Père Malebranche [Difficoltà sulla religione proposte a Padre Malebranche], [22]: l'autore non crede in Dio, lo "sa"; la fede è "annientata" dalla ragione, che rifiuta ogni religione fondata su dei fatti, ogni religione "fattizia". In questo senso, la filosofia clandestina trae le conclusioni dalla rivalità tra pirroniosmo e razionalismo che definiva la crisi della filosofia cristiana del XVII secolo.

La definizione stessa di questo corpus attraverso la posizione critica nei confronti della religione cristiana implica che si trovi nei clandestina delle critiche sistematiche del testo biblico, dei dogmi e del clero. Attingendo a tutte le fonti, i nostri filosofi denunciano l'errore delle religioni: falsa concezione di Dio, ignoranza del meccanismo della natura, prove imbarazzate e ridicole, astuzie e completi dei preti, e concludono che "la Chiesa non è altra cosa che una associazione di uomini". L'epistemologia razionalista dei filosofi, la loro analisi delle cause psicologiche dell'errore, comporta delle conclusioni radicali. Tra i pochi spiriti illuminati, la filosofia è concepita come la denuncia dell'errore in nome dell'evidenza della ragione: le oscillazioni della coscienza appaiono come altrettanti rifiuti di "vedere chiaro" ed i filosofi rinviano agli apologeti l'accusa di cui sono stati essi stessi il bersaglio per molti secoli: i loro avversari sarebbero "sub cattiva fede".

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Questa conclusione comporta delle conseguenze cruciali sulla questione della tolleranza. In effetti, il fanatismo persecutore dei credenti è una prova supplementare che le religioni non sono di origine divina. Le religioni in generale e la religione cristiana in particolare, dicono i nostri filosofi, si sono instaurate e diffuse grazie alla forza ed alla violenza delle persecuzioni. Hanno in seguito posseduto lo spirito dei popoli. L'impostura delle religioni è fondamentalmente di natura politica: Macchiavelli, Naudé, Hobbes, Vanini sono saccheggiati allo scopo di provare che la religione non deve essere concepita che come uno strumento tra le mani del Principe che gli permette di controllare il popolo ignorante. Il controllo politico della religione permette di evitare dei conflitti che provocherebbero dei disordini

dell'ordine pubblico. Questa massima è interpretata con l'aiuto di Hobbes: non bisogna tollerare diverse religioni in uno stesso stato perché esse entreranno inevitabilmente in conflitto; l'eresia- la devianza religiosa- appare oramai come una fonte di disordine politico: il Principe saggio deve incaricarsi di eliminarla. L'intolleranza religiosa è un dovere politico del Principe che vuole assicurare la pace civile. Così, i filosofi clandestini rifiutano, per un calcolo politico, la tolleranza che è loro rifiutata.

Tuttavia la filosofia clandestina, caratterizzata dal suo modo di diffusione, non è una. Non si saprebbe ridurre quest'insieme di testi ad una filosofia univoca. La complessità e la diversità della filosofia clandestina annunciano inoltre quelle della "filosofia dei Lumi" che attraversano spesso delle

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correnti contraddittorie di razionalismo e di scetticismo, di deismo, di naturalismo, di panteismo, di materialismo...

Durante il XVIII secolo, i primi trattati clandestini corrispondono ai sistemi proposti dai grandi filosofi del XVII secolo. Dei filosofi "dilettanti" si lanciano nell'avventura e costruiscono dei sistemi personali. come, Yves de Vallonne (1666/7-1705), canonico della chiesa di Sainte-Geneviève, convertito alla religione riformata nel 1697 ed esiliato in Olanda, redige alla fine della sua vita La Religion du chrétien [La religione del cristiano], un trattato di panteismo naturalista fortemente influenzato da Spinoza. Il 13 agosto 1715, Jacques Delaube (o

De Laube), cavaliere, signore di Bron, presso Lione, invia a Reiner Leers, il celebre editore olandese del Dictio n nnaire Historique et critique di Bayle, le sue Réflexions morales et métaphysiques sur les religions et sur les connoissances de l'homme (Grenoble ms 329; Rouen ms 1569): si tratta di un esame di coscienza in cui l'autore respinge la dottrina della Caduta, fallace e "legge dei bipedi" e fonda sull'occasionalismo di Malebranche, un panteismo spirituale, in cui Dio è tutto e tutto è spirito. Tra il 1710 ed il 1720, Robert Challe (1659-1721), compone le sue Difficultés sur la religion proposées au Père Malebranche [Difficoltà sulla religione proposte a Padre Malebranche]. Questo trattato clandestino si apre con un "Primo quaderno contenente ciò che mi ha aperto gli occhi", seguito da una violenta requisitoria contro le religioni rivelate, "fattizie", e da un esame sistematico della religione cristiana in particolare e conclude per un "Sistema di religione fondato metafisicamente sulle luci naturali": è il primo trattato sistematico del deismo in Francia [23].

Nelle Ardenne, Jean Meslier (1664-1729), l'oscuro curato di Etrepigny, ricopre di note marginali la sua copia di Démonstration de l'existence de Dieu di Fénelon ed elabora la Memoria dei suoi Pensées et sentiments [Pensieri ed opinioni] [24], che non sarà scoperta che dopo la sua morte: questo testamento filosofico costituisce un potente sistema materialista e "comunista". La prima

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ondata clandestina del XVIII secolo è così costituita da questi trattati di dilettanti spesso oscuri, che conoscono i grandi sistemi e che elaborano la loro filosofia personale: si tratta ogni volta di una specie di "esame di coscienza" filosofica segnata dal modello delle grandi filosofie del XVII secolo. Questi dilettanti provinciali sono gli eredi dell'ambizione filosofica tradizionale.

Alla stessa epoca, ma al centro della vita intellettuale della capitale, è avviata una prima trasformazione della filosofia clandestina. Fontenelle lancia nel mese di gennaio del 1686, in Nouvelles de la république des lettres di Bayle, la sua Relation de l'île de Bornéo [Relazione dell'isola del Borneo], e, sin dallo stesso anno, appaiono i suoi Entretiens sur la pluralité des mondes habités [Dialoghi sulla pluralità dei mondi abitati]; seguirà una serie di piccoli trattati su temi specifici: Du Bonheur, De l'Origine des fables, Histoire des oracles [Della felicità, Dell'origine dei miti, Storia degli oracoli]; circolano sotto il mantello degli esemplari manoscritti di un

Traité de la liberté [Trattato sulla libertà], di un Traité des oracles [Trattato sugli oracoli] e di un Traité des miracles [Trattato sui miracoli] [25];e di Réflexions sur l'argument de M. Pascal et de M. Locke concernant la possibilité d'une autre vie à venir [Riflessioni sull'argomento del Signor Pascal e del Signor Locke concernente la possibilità di una vita futura], critica clandestina di una "scommessa" e affermazione della felicità filosofica riservata ad una elite ristretta, possono essergli attribuiti con grande probabilità; i suoi Fragments de la République [Frammenti sulla Repubblica] anticipano molto probabilmente  La République des philosophes, ou histoire des Ajaoien [La Repubblica dei filosofi o la storia degli Ajaoiani] edita soltanto nel 1768 [26]. Così, Fontenelle modernizza il modello degli Essais [Saggi] di Montaigne e dei Petits traités [Piccoli trattati] di La Mothe le Vayer: il filosofo limita le proprie ambizioni e concentra il suo tiro; evolve ai margini dei grandi sistemi.

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Certo, da parte sua, Boulainviller abbozza un Essai de métaphysique [Saggio di metafisica] e annota accuratamente le sue letture spinoziane; ma segue, anch'egli, l'esempio di La Mothe le Vayer redigendo una Histoire des opinions des Ancien sur la nature de l'âme [Storia delle opinioni degli Antichi sulla natura dell'anima] e quello di Locke scrivendo un rapido Traité sur l'immortalité de l'âme [Trattato sull'immortalità dell'anima]. Soprattutto, la sua Lettre d'Hippocrate à Damagète [Lettera di Ippocrate a Damagete] [27], pubblicata nel 1700, servirà da modello alla generazione successiva. In questa lettera finta, Ippocrate riporta il discorso di Democrito sui misteri della natura, sulle religioni e le sette e sull'esistenza di Dio. "Non potete fare un passo nella ricerca sulla natura senza imbattervi in un miracolo"; L'idea della divinità è troppo astratta per la maggior parte degli uomini e le religioni hanno dovuto "introdurre dei misteri, inventare dei fatti, proporre delle dottrine, imporre delle leggi, fondare una morale...": ad un prezzo, e cioè a prezzo della loro verità, queste religioni sono utili all'ordine sociale...

Intorno all'Académie des Inscriptions, altri giovani filosofi seguono lo stesso movimento. Si tratta ogni volta di brevi trattati, la cui ambizione filosofica si limita alla critica radicale di alcuni dogmi della religione cristiana e di alcuni episodi della storia della sua fondazione. Nicolas Fréret redige la sua Lettre de Thrasybule à Leucippe [Lettera di Trasibulo a Leucippo] [28]; Jean Lévesque de Burigny redige un Examen critique des apologistes de la religion chrétienne [Esame critico degli apologeti della religione cristiana] [29]; collabora con Thémiseul de Saint-Hyacinthe nella composizione di altre opere [30]; tra il 1705 ed il 1710, Du Marsais redige un Examen de la religion dont on cherche l'éclaircissement de bonne foi [Esame della religione di cui si cerca lo schiarimento in buona fede] e questo testo, che conoscerà una molto ampia diffusione, sarà seguito da Réflexions sur l'existence de l'âme et sur

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l'existence de Dieu [Riflessioni sull'esistenza dell'anima e sull'esistenza di Dio] e dal piccolo trattato in cui Du Marsais, appoggiandosi su un testo poco noto di Samuel Wewnfels, propone una definizione del filosofo [31].

Non citeremo qui tutti gli autori dei numerosi brevi trattati comparabili a questi. Numerose attribuzioni rimangono inoltre incerte ed è l'intreccio delle attribuzioni che caratterizza la tappa successiva di questa evoluzione. Infatti, una volta costituito il piccolo corpus di trattati clandestini, diventava facile costituire nuovi trattati attingendo qua e là i passaggi pertinenti. Il plagio era inoltre diventato un modo molto ordinario di composizione; Bayle era una vittima scelta. Conosciamo l'esempio della XIII Lettre philosophique di Voltaire; seguendo questo modello, il marchese d'Argens si rivela un compilatore infaticabile e senza scrupolo: tutte le sue opere sono imbastite di citazioni del filosofo di Rotterdam [32]. Alcuni segretari subalterni del libero pensiero come Dupré de Richemont, la cui documentazione si trova negli Archivi della

Bastiglia, diventano specialisti nel fornire degli estratti di Bayle [33].

Il Traité des trois imposteurs dava esempio dell'abilità di citazione da Vanini, da La Mothe le Vayer, da Naudé, da Hobbes e da Spinoza [34]. Questo è il modo di comporre che caratterizza il testo di L'Ame matérielle [35], costituita dopo il 1724 da un compilatore anonimo: è una raccolta esemplare di citazioni strappate dal loro contesto dalle opere di Malebranche, Bayle, Guillaume

Lamy, Jean Leclerc, La Hontan ed altri. Altro esempio dello stesso fenomeno: i rapporti del manoscritto di L'Ame matérielle con i Sentiments des philosophes sur la nature de l'âme, così come gli Essais sur la recherche de la vérité [36] sono oggetto di ricerche attuali: senza che le filiazioni siano stabilite definitivamente, è sin da ora certo che questi autori si copiano l'un l'altro oppure che sono ricorsi ad una fonte comune. Ci basti il constatare che il plagio è diventato un modo di produzione e che il patchwork caratterizza la filosofia clandestina durante questa fase della sua evoluzione.

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Un manoscritto che è dovuto forse al marchese d'Argens, del periodo in cui collaborava a Rotterdam con Prosper Marchand, costituisce un altro esempio di scelta: sotto il titolo De la Conduite qu'un honnête homme doit garder pendant sa vie [Del Comportamento che un uomo onesto deve avere durante la vita] [37], il compilatore propone un lungo estratto di l'Examen di Du Marsais, seguito da mille brevi citazioni tratte dal Dictionnaire e

dalle Œuvres diverses di Pierre Bayle, cucite insieme in modo da formare un'argomentazione che è un vero tradimento del pensiero del filosofo di Rotterdam, un recupero razionalista del moralismo agostiniano del riformato. La tecnica della citazione è diventata un'arte dello sviamento.

Costituita di citazioni abilmente strappate dal loro contesto, i manoscritti saranno in seguito oggetto di diversi saccheggi: così, l'ultimo capitolo del manoscritto De l'Examen de la religion è incorporato da Lévesque de Burigny nel suo Examen critique des apologistes de la religion chrétienne [38]; l'Analyse de la religion chrétienne sembra costituire una versione ridotta di l'Examen; i Doutes sur les religions révélées [Dubbi sulla religione rivelata], pubblicati nel 1767 e nel 1792, saccheggiano anche l'Examen aggiungendovi due Dialogues entre un Indien et l'Eglise [Dialoghi tra un Indiano e la Chiesa] di origine incerta. Le lezioni di filosofia che punteggiano l'educazione dell'eroina di Thérèse philosophe, sono tratte- molto probabilmente dal marchese d'Argens- direttamente da Examen de la religion [39]; il marchese de Sade ha fatto ricorso ai testi di Fréret [40]. Gli esempi abbondano di tali prestiti diretti ed altri plagi restano da scoprire- soprattutto da una lingua all'altra.

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Una grande confusione regna così nel campo delle attribuzioni e spesso si sostiene che la letteratura clandestina non appartiene a nessuno in particolare ma ad una "consorteria" o ad un gruppo sociale. Ciò è vero in certi casi già citati, ma questi esempi non sono la regola e non potrebbero servire da pretesto all'abbandono della ricerca in questo campo. La scoperta di un autore dà un nuovo senso al testo: gli esempi di Fontenelle, Challe, Meslier, Du Marsais, Boulainvillier, Fréret, Benoît de Maillet, Delaube, Gaultier, dei fratelli Lévesque e di

tanti altri lo dimostrano. Abbiamo a che fare con degli autori molto conosciuti (Fontenelle, Voltaire, Diderot, Boulanger, La Mettrie, d'Holbach); consociuti (Boulainviller, Challe, Du Marsais, Fréret, Lévesque de Burigny, Benoît de Maillet, Mirabaud, Saint-Hyacinthe); e sconosciuti (Lau, Fourcroy, Yves de Vallone, Abraham Gaultier, Jacques Delaube, Raby d'Amérique, Cupis de Camargo): una folla di filosofi dilettanti e mille intermediari anonimi, copisti, librari-tipografi, trasportatori. La letteratura clandestina ci introduce così nei retroscena dell'Età classica.

Una ventina di testi sono direttamente tradotti dai deisti inglesi, i cui dibattiti pubblici ebbero un peso sull'evoluzione del libero pensiero in Francia: John Toland (1670-1722), Anthony Collins (1676-1729), Matthew Tindal (1657-1733), Bernard de Mandeville (1670-1733), Charles Blount (1654-1693), Thomas Middleton (1580-1627), Henry Saint-John Bolingbroke (1678-1751), Thomas Woolston (1669-1731), nutrono anch'essi gli scritti clandestini dei filosofi [41], come anche dei marrani Isaak de Troki e Orobio de Castro [42]. Quali sono o problemi sollevati dalle traduzioni clandestine degli autori inglesi? L'identità del traduttore ci è nota in un certo numero di casi. I più interessanti ci sembrano essere quelli di Locke, tradotto da William Popple e Pierre Coste; di Bernard de Mandeville i cui Pensées libres [Pensieri liberi] sono stati tradotti da Van Effen così che da un anonimo [43]; di William Woolston, la cui traduzione fu pubblicata nel 1729 in Inghilterra e tradotta dall'abate Prévost nel 1744; Le

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Symbole d'un laïque [Il simbolo di un laico] è la traduzione di d'Holbach del Creed of an Independent Whig (1720) di Thomas Gordon.

Alcuni altri traduttori possono essere identificati con certezza: H. Scheurleer e J. Rousset de Missy traducono il Discours sur la liberté de penser [Discorso sul libero pensiero], di Collins (Londra 1714); Pierre Lefèvre deBeauvray traduce i Paradoxes métaphysiques dello stesso autore [1756]; Michel Mattaire traduce Tindal,Saint-Hyacinthe pubblica Chubb, d'Holbach traduce John Toland e Peter Annet. Tuttavia, rimane ancora un vasto settore da esplorare.

Secondo noi, le ricerche devono dirigersi verso il gruppo degli ugonotti rifugiatisi in Inghilterra: tra il 1700 ed il 1745, Pierre Des

Maizeaux conosce tutti, frequenta Anthony Collins, John Toland, Richard Steele, Thomas Gordon ed i membri della Royal Society, corrisponde con tutti i filosofi importanti in Europa; lavora in particolare, con Thomas Birch, futuro segretario della Royal Society (1752-65), John Lockman e Jean-Pierre Bernard alla traduzione del Dictionnaire di Pierre Bayle, pubblicato tra il 1734 ed il 1741. Des Maizeaux non costituisce soltanto l'unica pista, perché frequenta altri ugonotti uomini di lettere ai caffè di Douglas, di Rainbow e di Slaughter in Saint-Martin's Lane a Londra, ma è un personaggio chiave e la sua corrispondenza ci riserva delle sorprese [44].

Ora, l'identità del traduttore cambia tutto. Ci si interesserà a ciò che disse Woolston nel 1726 a Londra, ma ci si interesserà anche, e da molto vicino, a ciò che la Signora Du Châtelet gli fa dire, La Lettre di Conyers Middleton ha il suo senso in Inghilterra nel 1729; del tutto pertinente per noi sarà il senso che Prévost gli dà in Francia nel 1744. William Lyons svolge il suo ruolo nelle polemiche intorno alla tolleranza in Inghilterra, nel contesto specifico della Rivoluzione gloriosa del 1688 e delle misure legislative che ne seguirono; qual è

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il ruolo che gli attribuisce nel contesto francese, segnato fortemente dall'influenza di John Locke? [45]. La polemica del barone d'Holbach contro "l'impostura sacerdotale" nel 1767 non è la semplice ripetizione della lotta dei deisti inglesi contro il "sacerdotismo" (priestcraft) degli anni 20 del XVIII secolo: il contesto sociale ed i tempi sono mutati.

Oltre la semplice questione della fedeltà della traduzione, è questo, ci sembra, un problema capitale a cui bisognerà attenersi: qual è il senso di queste opere quando esse sono tradotte e trasferite in un contesto straniero, olandese o francese? Le idee non sono le stesse da una parte e dall'altra della Manica, non a causa di una qualsiasi magia dei temperamenti, ma perché le condizioni sociali della loro diffusione e della loro ricezione non sono le stesse. Esse hanno dunque un rapporto molto diverso nello spazio pubblico in un contesto ed in un altro. Queste questioni capitali esigerebbero

uno studio comparato, storico, sociale, filosofico.

In questo senso, le traduzioni- dall'inglese, dal latino, dall'ebraico- sollevano un problema che caratterizza tutti i manoscritti clandestini: qual è il loro impatto? Qual è la loro diffusione? Quali sono gli indici della loro ricezione? Manchiamo singolarmente di dati su questi punti. Ora, esse sono delle questioni essenziali e la nostra concezione dello statuto della letteratura clandestina ne dipende. Semplice gioco marginale di oscuri eruditi o testimonianza segreta dell'evoluzione e della diffusione delle idee? L'interesse che abbiamo verso la letteratura clandestina si fonda, sulla convinzione che i manoscritti clandestini hanno svolto un ruolo importante nella messa in questione dei dogmi e delle pratiche della Chiesa, nella critica degli argomenti apologetici, nella diffusione di una filosofia anti-cristiana.

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Da parte nostra, non ci vediamo soltanto una specie di serbatoio di idee per i filosofi prestigiosi. Non giudichiamo dell'interesse della letteratura clandestina secondo i soli prestiti o secondo le allusioni che vi fanno i filosofi conosciuti. Questo sarebbe dare di colpo la priorità ad un solo aspetto della produzione clandestina. Ora, vi sono altri aspetti che possono legittimamente interessarci nella moltiplicazione stessa dei manoscritti clandestini: questa diffusione clandestina ha le sue proprie leggi e la sua propria dinamica, legate certamente a quelle che reggono il mondo del libro. Costituisce

una testimonianza sulla vita sociale delle idee e sui modi di lettura [46].

Vi ritroviamo, infatti, un esempio privilegiato della vita privata delle idee; -"Foris ut mores, intus ut libet"- che si apre non di meno sullo spazio pubblico: "lettura del foro privato", innanzitutto, poi comunicazione tra iniziati, diffusione segreta comportante modificazioni e diverse appropriazioni, che si aprono sull'edizione clandestina nelle sue diverse modalità. Gli intenditori, specialisti della "teologia eterodossa", collezionisti appassionati come l'abate Sépher, falsificano in qualche modo l'evoluzione sociale dei testi che essi accaparrano, ma ce la rivelano anche, nelle loro collezioni rimaste intatte, che costituiscono altrettanti momenti, di strati geologici, nella circolazione clandestina delle idee.

L'evoluzione clandestina dei nostri testi costituisce una testimonianza sulla trasformazione delle idee nello spazio pubblico costituito dall'autore, il copista, il circolo dei suoi amici, i lettori

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occasionali, gli spiriti iniziati in odor di sacrilegio, gli spiriti contestatari avidi di legittimazione filosofica- i librai-tipografi ed i venditori ambulanti infine, agiscono sotto lo sguardo della polizia della censura e sotto il peso delle autorità ecclesiastiche e politiche.

Nel corso di questa emersione del testo nello spazio pubblico, gli equivoci si accumulano: essi non riguardano soltanto le "vere" intenzioni dell'autore, ma vertono anche e soprattutto sul senso del testo per gli altri. La storia delle idee si stacca così dalla storia delle psicologie individuali, per quanto esse possano essere affascinanti, per affrontare i problemi della ricezione. In questo senso, la letteratura clandestina è un aspetto capitale della dinamizzazione dell'opinione, dello spazio pubblico. La letteratura ci incita a rivedere la nostra concezione della letteratura filosofica e della vita delle idee: i piccoli autori secondari sono interessanti, precisamente perché sono piccoli, cioè in quanto testimoni storici.

I manoscritti clandestini non sono dei testi come gli altri. Hanno un rapporto particolare con lo spazio pubblico e costituiscono una testimonianza sulla sostanza della storia delle idee nel suo rapporto con la storia sociale del libro e la nascita dell'opinione pubblica. In questo snso, la clandestinità di questi testi traduce un rapporto particolare tra la vita delle idee e lo spazio pubblico durante l'Età classica.

Antony McKenna

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NOTE

[1] Gustave Lanson, Questions diverses sur l'histoire de l'esprit philosophique en France avant 1750 [Alcune questioni sulla storia dello spirito filosofico in Francia prima del 1750], RHLF 19 (1912), p.1-29, 293-317.

[2] Ira O. Wade, The Clandestine Organisation and Diffusion of philosophic ideas in France from 1700 to 1750, Princeton, Princeton U.P., 1938 (e New York, Octagon, 1967).

[3] Miguel Benítez, Liste et localisation des traités clandestins [Elenchi e ubicazione dei trattati clandestini], in Le Matérialisme du XVIIIe siècle et la littérature clandestine [Il Materialismo del XVIII se-colo e la letteratura clandestina], curatore O. Bloch, Parigi, Vrin, 1982, p. 17-25; e dello stesso autore, Matériaux pour un inventaire des manuscrits philosophiques clandestins des XVIIe et XVIIIe siè-cles [Materiali per un inventario dei manoscritti filosofici clandestini del secoli XVII e XVIII], "Rivista di storia della filosofia", 1988, n° 3, p. 501-531; e La Face cachée des Lumières. Recherches sur les ma-nuscrits philosophiques clandestins de l'Age classique [La faccia nascosta dei Lumi. Ricerche sui manoscritti filosofici clandestini dell'età classica], Oxford, The Voltaire Foundation/ Parigi, Universitas, 1996.

[4] W. Van Bunge, Johannes Bredenburg (1643-1691), Een Rotterdamse collegiant in de ban van Spinoza, Rotterdam, Presses Universitaires de l'Erasmus Universiteit, 1990; A. C. Fix, Prophecy and Reason. The Dutch Collegiants in the early Enlightenment, Princeton, University Press, 1991; R. Popkin, The Third Force in 17th century Philosophy, Leiden, Brill, 1990; A. McKenna, Sur l'hérésie dans la littérature clandestine, XVIIIe siècle, 22, 1990, p. 301-313.

[5] A.W. Fairbairn, L'Idée d'un philosophe: le texte et son auteur, in: La Philosophie clandestine à l'Age classique, Paris, Universitas, 1996.

[6] Vedere i lavori di S. Albertan-Coppola, e, in particolare, il suo ar-ticolo: L'Apologétique catholique française à l'Age des Lumières, "Revue de l'histoire des religions", 205 (1988), p.151-180; è un as-petto dell'apologetica che abbiamo cercato di chiarire nella nostra

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tesi: De Pascal à Voltaire: le rôle des Pensées de Pascal dans l'his-toire des idées entre 1670 et 1734, in Studies on Voltaire and the 18th century, 276-277, Oxford, The Voltaire Foundation, 1990, e nel nostro articolo Deus Absconditus: quelques réflexions sur la crise du rationalisme entre 1670 et 1740, in: Apologétique 1680-1740: sau-vetage ou naufrage de la théologie?, éd. M.C. Pitassi, Genève, Labor et Fides, 1991.

[7] Voir R.L. Colie, Light and Enlightenment: a Study of the Cam-bridge Platonists and Dutch Arminians, Cambridge 1957.

[8] Fr. Ravaisson, Archives de la Bastille, Paris 1866-1904, 19 vol.; Fr. Funck-Brentano, Les lettres de cachet à Paris. Etude suivie d'une liste de prisonniers de la Bastille (1659-1789), Paris 1903.

[9] H. Love, Scribal Publication in Seventeenth-century England, Ox-ford, Clarendon Press, 1993.

[10] J.-L. Lebrave, "La critique génétique: une discipline nouvelle ou un avatar moderne de la philologie?", Genesis 1 (1992), p.33-72.

[11] Theophrastus Redivivus, éd. G. Canziani et G. Pagani, Firenze, Franco Angeli, 1981-82; vedere anche T. Gregory, Theophrastus redivivus. Erudizione e ateismo nel Seicento, Napoli 1979; J. Vercruysse, "Le Theophrastus redivivus au XVIIIe siècle: mythe et réalité", in: Ricerche su letteratura libertina e letteratura clandestina nel Seicento, Firenze, éd. T. Gregory et al., Milano 1981, p. 297-303; G. Canziani, "Une encyclopédie naturaliste de la Renais-sance devant la critique libertine du XVIIème siècle: le Theophras-tus redivivus lecteur de Cardan", XVIIe siècle, 149 (1985), p.379-406, et G. Paganini, "L'anthropologie naturaliste d'un esprit-fort. Thèmes et problèmes pomponaciens dans le Theophrastus redivi-vus", ibid., p.349-377. Une approccio diverso è proposto nella tesi di H. Ostrowiecki, Erudition et combat anti-religieux au XVIIe siècle le cas du Theophrastus redivivus, tesi dattiloscritta sotto la direzione di J. Prévot, Université de Paris X-Nanterre, 1995.

[12] Vedere M. Sankey, Edition diplomatique d'un manuscrit inédit: Cyrano de Bergerac, L'Autre monde ou les empires et estats de la lune (Bibliothèque Fisher, University of Sydney, RB Add. ms 68), Pa-ris, Lettres Modernes, 1995.

[13] E. Quennehen, "A propos des Préadamites: deux manuscrits des Archives Nationales", La Lettre clandestine 3 (1994), p.17-20,

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"Les manuscrits de La Peyrère", in Congrès des Lumières, Münster juillet 1995, apparso negli Studies on Voltaire and the eighteenth century, e "Une nouvelle version des Préadamites", Lettre clandes-tine 4 (1995).

[14] A. Del Prete ha preparato l'edizione del manoscritto Réflexions sur la présence réelle du corps de Jésus-Christ dans l'Eucharistie, che apparirà nella serie Libre pensée et littérature clandestine, Pa-ris, Universitas et Oxford, The Voltaire Foundation.

[15] P. Vernière, Spinoza et la pensée française avant la Révolu-tion, Paris, P.U.F., 1954, rééd. 1982; W. Schröder, Spinoza in der deutschen Frühaufklärung, Würzburg, Königshausen-Neumann, 1987; Overt and Covert Spinozism around 1700, éd. W. Klever et W. Van Bunge, Leiden, Brill, 1996.

[16] È il soggetto della tesi di G. Mori.

[17] Oltre alle traduzioni delle opere di Gassendi da parte di B. Rochot (Parigi, Vrin, 1959, 1962) e le opere classiche di R. Pintard, Le Libertinage érudit dans la première moitié du XVIIe siècle, Paris, 1943, e di J.S. Spink, French Free-thought from Gassendi to Voltaire, London, Athlone P., 1960 (trad. francese: Paris, Editions Sociales, 1966), vedere Th.M. Lennon, The Battle of the Gods and Giants: the Legacies of Descartes and Gassendi, 1655-1715, Princeton U.P; 1993, e la tesi monumentale di S. Taussig, Les Lettres latines de Gassendi. Traduction et annotation, tesi dattiloscritta, sotto la direzione di J. Prévot, Université de Paris X-Nanterre, 1995-96, che costituisce un elemento capitale del tentativo di dare a Gassendi il  suo vero posto nei dibattiti  filosofici del XVII secolo.

[18] R. Popkin, The History of Scepticism from Erasmus to Spinoza, University of California Press 1979 (trad. fr. Paris, PUF, 1994); è anche un aspetto della nostra tesi De Pascal à Voltaire, op.cit. Vedere anche G. Paganini, Scepsi moderna: interpretazioni dello scetticismo da Charron a Hume, Cosenza, Busento, 1991.

[19] Vedere, ad esempio, La Nouvelle Moysade, ms Aix 10.

[20] Vedere il Traité des trois imposteurs, éd. W. Schröder, Ham-burg, Felix Meiner Verlag, 1992; éd. Silvia Berti, Torino, Einaudi, 1994; éd. Fr. Charles-Daubert, Paris, Universitas / Oxford, The Vol-taire Foundation, 1996.

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[21] Examen de la religion dont on cherche l'éclaircissement de bonne foi, éd. G. Mori, Paris, Universitas / Oxford, The Voltaire Foun-dation, 1996.

[22] Difficultés sur la religion proposées au Père Malebranche, ed. R. Mortier, Bruxelles, 1970; e Ed. Fr. Deloffre e M. Menemencioglu, Oxford, 1983.

[23] Sotto l'influenza dinamica di Fr. Deloffre, gli studi si sono moltiplicati su quest'autore: segnaliamo soprattutto la scoperta di una versione più completa del testo da parte di Fr. Moureau, " À l'origine du texte: le manuscrit inconnu des Difficultés sur la religion", RHLF, 92 (1992), p. 92-104, ed il recente colloquio Autour de Robert Challe, Paris, Champion, 1993.

[24] Oeuvres de Jean Meslier, éd. J. Deprun, R. Desné etA. Soboul, Paris 1974-1984; segnaliamo anche l'edizione ottocentesca dell'opera dell'abate Meslier curata all'epoca da Rudolph Charles: Le Testament, Vol. 1; Le Testament, vol. 2; Le Testament, vol. 3.

[25] Questi manoscritti di Fontenelle sono oggetto di un'edizione critica stabilita da A. Niderst, Paris, Universitas / Oxford, The Voltaire Foundation, 1996.

[26] Vedere l'edizione critica stabilita da H.-G. Funke, Paris, Universitas / Oxford, The Voltaire Foundation, 1996.

[27] Henri de Boulainviller, Oeuvres philosophiques, éd. R. Simon, La Haye 1973. Vedere anche gli studi recenti di D. Venturini, Le Ragioni della tradizione. Nobiltà e mondo moderno in Boulainvilliers (1658-1722), Torino, Le Lettere, 1993, e S. Brogi, Il Cerchio dell'universo. Libertismo, spinozismo e filosofia natura in Boulainvilliers, Firenze, Leo S. Olschki, 1993.

[28] Nicolas Fréret, Lettre de Thrasybule à Leucippe, éd. S. Landuc-ci, Firenze 1986.

[29] Examen critique des apologistes de la religion chrétienne, éd. in N. Fréret, Oeuvres complettes, Londres 1775.

[30] A. Niderst, L'Examen critique des apologistes de la religion chrétienne: les frères Lévesque et leur groupe, in O. Bloch (éd.), Le Matérialisme du XVIIIème siècle..., p. 45-66.; abbiamo sollevato il caso dei Pensées secrettes et observations critiques, attribuées à feu M. de Saint-Hyacinthe, testo così vicino agli Additions aux Pen-

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sées philosophiques di Diderot, nel nostro articolo Questions sur l'attribution des Difficultés, in: F. Deloffre (éd.), Autour de Robert Challe, op.cit., p. 243-256.

[31] Le Philosophe, éd. H. Dieckmann, Saint-Louis 1948; vedere anche l'articolo di A. Fairbairn, citato alla nota 5.

[32] Vedere il nostro articolo Le marquis d'Argens et les manuscrits clandestins, in: Le marquis d'Argens [Atti del colloquio del C.A.E.R. 18, Aix-en-Provence, ott. 1988], Aix-en-Provence e Marseille, Uni-versité de Provence, 1990, p. 111-140.

[33] Vedere Arsenal ms 11687, fdeg. 99 (1749), e F. Funck-Brenta-no, Les Lettres de cachet à Paris..., Paris 1903, prigioniero ndeg. 4087.

[34] Fr. Charles-Daubert, Les principales sources de "L'Esprit de Spinosa", "traité libertin et pamphlet politique", In: Lire et traduire Spinoza (Groupe de recherches spinozistes, Travaux et documents, ndeg. 1), Paris, PUPS, 1989, p. 61-107, e l'annotazione della sua edi-zione del Traité des trois imposteurs, Paris 1996.

[35] L'Ame matérielle, éd. A. Niderst, Rouen 1969, e 2e éd. électro-nique, Oxford, The Voltaire Foundation, 1996.

[36] S. Landucci, Essais sur la recherche de la vérité, in: Studi Set-tecenteschi, 6 (1984), p. 23-82.

[37] Vedere la nostra edizione critica di questo testo, Lias, XIV / 2 (1987), e il nostro articolo "Spinoza et les  'athées vertueux' dans un manuscrit clandestin du XVIIIème siècle", in: O. Bloch (éd.), Spi-noza au XVIIIème siècle, Paris, Méridiens-Klincksieck, 1990., p. 85-92.

[38] Vedere l'edizione critica del trattato De l'Examen de la religon, stabilita da S. Landucci, Paris, Universitas / Oxford, The Voltaire Foundation, 1996, dove egli sostiene l'unità iniziale dei tre testi do-vuti, indubbiamenta, a Jean Lévesque de Burigny: De l'Examen de la religon, Examen critique des apologistes de la religion chrétienne e Recherches sur les miracles.

[39] Vedere l'edizione di G. Pigeard de Gurbert, Thérèse philo-sophe, Actes Sud, 1992, ed il commento di R. Darnton, Forbidden Best-sellers of Pre-Revolutionary France, New York, W.W. Norton, 1995.

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[40] J. Deprun, "Quand Sade récrit Fréret, Voltaire et d'Holbach", dans Roman et Lumières au XVIIIe siècle, Paris, Editions Sociales, 1970, p. 331-340.

[41] J. Champion, The Pillars of Priestcraft shaken, Cambridge U.P., 1992; W. Trapnell, "Le manuscrit "Voltaire 8deg. 221" de Saint-Pe-tersbourg", in La Philosophie clandestine à l'Age classique? à paraître Paris, Universitas, 1996, attribuisce la traduzione di Wool-ston a Mme Du Châtelet, ed i lavori recenti di B. E. Schwarzbach tendono a confermare l'attribuzione di l'Examen de la Bible all'am-ica di Voltaire.

[42] J. Kaplan, Kaplan (Y.), From Christianity to Judaism: the story of Isaac Orobio de Castro, Oxford, Oxford University Press, 1989 (traduzione inglese della sua tesi pubblicatain ebraico nel 1982; Ap-pendice G, p. 451-464: "Translations of Orobio's Works in the 18th and 19th Centuries").

[43] B. Mandeville, Pensées libres, éd. Lucien et Paulette Carrive, à paraître Paris, Universitas / Oxford, The Voltaire Foundation, 1996.

[44] Voir J. Almagor, Pierre Des Maizeaux (1673-1745), journalist and English correspondent for Franco-Dutch periodicals, 1700-1720, Amsterdam & Maarssen 1989, che contiene l'inventario della corrispondenza e dei documenti di Des Maizeaux alla British Library.

[45] Vedere il nostro articolo, "William Lyons et le rationalisme philosophique", in: G. Canziani (éd.), Filosofia e religione nella letteratura clandestina. Secoli XVII e XVIII, Milano, 1994, p. 469-475.

[46] Vedere, soprattutto, R. Chartier, Lectures et lecteurs dans la France d'Ancien Régime, Paris, 1982, e Les Origines culturelles de la Révolution française, Paris, Seuil, 1990; H. Merlin, Public et litté-rature en France au XVIIe siècle, Paris, Belles Lettres, 1994; R. Darnton, I: Forbidden Best-sellers of Pre-Revolutionary France, II: Corpus of Clandestine Literature in France, 1769-1789, 2 vol., New York, W.W. Norton, 1995.

Titolo originale:

Les manuscrits philosophiques clandestins de l'Age clas-sique: bilan et perspectives des recherches

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Antony McKenna © 1996

Printed version in XVIIe Siècle, n°192 (1996), pp. 523-535

[Traduzione e cura iconografica di Ario Libert]

LINK al post originale:

Les manuscrits philosophiques clandestins de l'Age classique

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