L'Errore e la conquista della conoscenza
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L’ERRORE e la conquista della conoscenza
ANNAMARIA MAZZACUVA
1
INTRODUZIONE
A lungo considerato solo mero ostacolo all’apprendimento da eliminare, l’errore è andato incontro
solo negli ultimi decenni del secolo scorso ad un vero e proprio processo di riabilitazione che
allontanando dalla sua immagine gli aspetti più deteriori ha visto i pedagogisti iniziare a reputarlo
perno e fonte dell’apprendimento. Un processo, questo, in cui un ruolo determinante è stato svolto
dall’epistemologia e dai suoi più eminenti esponenti, che, meditando sul ruolo e sulla funzione
dell’errore, hanno tracciato la strada maestra per il suo sfruttamento sul piano pedagogico.
POPPER E IL METODO PER PROVE ED ERRORI
Tra di essi uno dei più noti e il cui contributo è stato più rilevante, soprattutto tramite le
conseguenze pedagogiche del suo pensiero messe in luce da Perkinson1 fu il filosofo Popper.
Per Popper la scienza non poggia su un solido strato di roccia, ma solo su palafitte le cui
fondamenta e il cui terreno sono stati scelti da noi, vale dire essa non fornisce verità assolute, in
quanto non è infallibile ed è continuamente soggetta a modificazioni.
Se la scienza è costruita su teorie “fallibili” che possono continuamente essere smentite o
“falsificate”, è dunque rende necessaria la ricerca di un metodo che stabilisca entro quali limiti la
conoscenza scientifica risulti “certa”, che individuò nel criterio di falsificabilità.
Secondo questo criterio una teoria è scientifica nella misura in cui essa può venire smentita in linea
di principio dall’esperienza, vale a dire se essa può essere falsificata almeno da una asserzione-base
che entri logicamente in conflitto con essa2. Più numerose sono le possibili esperienze falsificanti di
una teoria, i cosiddetti “falsificatori potenziali”, più appare ricco il suo contenuto scientifico e
dunque la conoscenza che è in grado di fornire.
Ma se Popper ritiene che le teorie non possono essere verificate, ma solo eventualmente falsificate,
al tempo stesso reputa che essa debbano essere “corroborate”, superando il confronto con
un’esperienza potenzialmente falsificante. E’ a questo punto che interviene il metodo per congetture
e confutazioni che Popper stesso spiega: «Tutta la mia concezione del metodo scientifico si può
riassumere dicendo che esso consiste di questi tre passi: 1) inciampiamo in qualche problema; 2)
tentiamo di risolverlo, per esempio proponendo qualche nuova teoria; 3) impariamo dai nostri
errori, in particolare da quelli su cui ci richiama la discussione critica dei nostri tentativi di
soluzione, una discussione che tende a condurci a nuovi problemi. O per dirla in altre parole:
problemi-teorie-critica3». Un metodo, questo per prove ed errori, che è alla base dell’evoluzione e
1 Cfr. H. J. Perkinson, Didattica dell’errore. Aspetti pedagogici del pensiero di K.R. Popper, Roma, Armando, 1983.
2 Cfr. G. Fornero e S. Tassinari, Le filosofie del Novecento, vol. 2, Milano, Bruno Mondadori, 2002, pp. 1059-1060. 3 K. Popper, Il mito della cornice: difesa della razionalità e della scienza, Bologna, Il Mulino, 1995, p. 138.
2
del processo di conservazione della specie, a tal punto che tra Einstein e l’ameba non vi è alcuna
differenza nella risoluzione dei problemi, tranne una: il primo a differenza del dogmatismo
dell’ameba dimostra un atteggiamento critico e costruttivo di fronte agli errori, cercandone
coscientemente l’eliminazione; e così mentre l’ameba muore per i suoi errori, Einstein sopravvive
proprio grazie ad essi: «L’accrescimento della conoscenza, e specialmente della conoscenza
scientifica, consiste nell’imparare dagli errori che abbiamo commesso. Quello che possiamo
chiamare il metodo della scienza consiste nell’imparare sistematicamente dai nostri errori; in primo
luogo, osando commetterli – cioè, proponendo arditamente teorie nuove, - e, in secondo luogo,
andando sistematicamente alla ricerca degli errori che abbiamo commesso: andando alla ricerca,
cioè, mediante la discussione critica e l’esame critico delle nostre teorie4». Per Popper, dunque, fare
scienza significa in concreto errare e imparare dai propri errori.
L’ERRORE COME ELEMENTO MOTORE DELLA CONOSCENZA
Ma nel processo di rivalutazione dell’errore determinante è stato anche il pensiero di un altro
epistemologo, Bachelard.
Appurato che non esiste la scienza, ma le scienze, vale a dire una pluralità irriducibile di sapere e di
tecniche specifiche, ovvero un razionalismo applicato, Bachelard ritiene che, lungi dal
caratterizzarsi come un processo lineare e continuo, la conoscenza scientifica avviene attraverso
delle autentiche rotture epistemologiche, delle continue “rettificazioni”5: « lo spirito scientifico, è
essenzialmente una rettificazione del sapere, un ampliamento degli schemi della conoscenza. Esso
giudica il suo passato storico condannandolo. La sua struttura è la coscienza dei suoi errori storici.
Dal punto di vista scientifico, il vero è pensato come rettificazione storica d’un lungo errore,
l’esperienza come rettificazione dell’illusione comune e primitiva». Ogni scoperta è infatti il frutto
di una radicale messa in discussione delle categorie e degli schemi teorici del passato, ed è in questo
modo che essa si approssima alla verità: « Una verità ha il suo pieno senso solo al termine di una
polemica. Non esiste una verità prima. Ci sono solo primi errori»6.
«Una verità sullo sfondo di un errore», questa è la forma del pensiero scientifico, il cui metodo « è
un metodo che cerca il rischio». «Paradossalmente», sottolinea Bachelard, «sembra che lo spirito
scientifico viva nella strana speranza lo stesso metodo si imbatta in uno scacco vitale. Ciò perché
uno scacco ha come conseguenza il fatto nuovo e l’idea nuova».
L’errore non si configura, quindi, come l’opposto speculare della verità, non rappresenta un vuoto
nel tessuto della conoscenza, ma qualcosa da ascrivere all’attivo del soggetto la cui esperienza sarà
4 Cfr. K. Popper, Scienza e Filosofia, trad. it., Torino, Einaudi, 1969.
5 G. Fornero e S. Tassinari, Le filosofie del Novecento, vol. 1, Milano, Bruno Mondadori, 2002, pp. 394-395.
6 F. Bonicalzi, Leggere Bachelard: le ragioni del sapere, Milano Jaca Book, 2007, pp. 60-68.
3
tanto più ricca quanto più complesso sarà stato l’errore. Affinché vi sia progresso l’errore è, in altre
parole, necessario, perché « non c’è verità senza errore rettificato», laddove, anzi, la stessa prima
forma della conoscenza oggettiva è un primo errore.
Ma nell’ambito della propria speculazione Bachelard si spinge anche oltre, individuando
nell’inconscio prescientifico la fonte degli errori della conoscenza, mettendo in atto una “teoria
dell’interferenza” tra epistemologia e psicologia, che può essere letta come un’alternativa
metodologica al falsificazionismo popperiano7. Per pervenire non alla mera conoscenza sensibile,
non oggettiva, ma a quella oggettiva e scientifica, occorre infatti “purificare” l’attività razionale
dagli “ostacoli epistemologici”, quelle pulsioni inconsce che proibiscono e bloccano altre idee,
come abitudini intellettuali incallite, inerzia, teorie scientifiche insegnate come dogmi e dogmi
ideologici che dominano le diverse scienze. Ostacoli che si rintracciano, dunque, tanto nello
sviluppo storico del pensiero quanto nella pratica educativa.
Compito dell’insegnante, sottolinea Bachelard, è non di fare « acquisire una cultura sperimentale,
ma di cambiare cultura sperimentale» e aiutare l’alunno a «rovesciare gli ostacoli che ha già
accumulato nella vita quotidiana», quelle «conoscenze empiriche che condizioneranno il suo
apprendimento»; ma che, inevitabilmente, condizionano spesso anche il docente, che, vittima del
“Complesso di Cassandra”, si pone come unico depositari della verità, laddove invece finisce
coll’offrire solo «conoscenze effimere e disordinate segnate dal marchio nefasto dell’autorità»: « Di
conseguenza, non guidano i loro allievi verso la conoscenza dell’oggetto. Piuttosto che insegnare,
giudicano! E non fanno nulla per guarire dall’ansia ancestrale che coglie qualsiasi spirito di fronte
alla necessità di correggere il proprio pensiero e di uscire da se stesso per trovare la verità
oggettiva».
Ciò che occorre è invece un insegnamento socialmente attivo, che realizzi il principio di reciprocità
pedagogica secondo il quale colui a cui si insegna deve insegnare, in cui l’errore come vero motore
di conoscenza, sia rettificato per permettere al discente di arrivare a comprendere meglio i
fenomeni: Come «l’uomo consacrato alla cultura scientifica è un eterno scolaro», così il segreto
desiderio di ogni maestro deve essere quello di «restare uno scolaro»8.
ERRORE E PROBLEMI
Come opportunamente sottolineato da Baldini, occorre tuttavia discernere tra errore e sbaglio: «Una
siffatta dicotomia fu avanzata già da Wiener negli anni venti, secondo il cui avviso si possono
distinguere nel senso che l’errore si basa sull’ignoranza di certi fatti essenziali per l’esatto
7 G. Bachelard, La formazione dello spirito scientifico. Contributo a una psicoanalisi della conoscenza oggettiva, ed. it. a
cura di Enrico Castelli Gattinara, Milano, Cortina, 1995, pp.301-318. 8 M. Baldini in Pedagogia, epistemologia e didattica dell'errore, Catanzaro, Rubbettino, 2001, p. 9.
4
riconoscimento, mentre lo sbaglio risulta dalla difettosa attività delle tre funzioni [attenzione,
memoria e pensiero] che presiedono al compimento di ogni lavoro. Mentre dunque l’errore ha una
base oggettiva, lo sbaglio è essenzialmente un fatto soggettivo9». Se quindi lo sbaglio nasce dalla
non corretta applicazione di una teoria che si dovrebbe conoscere, l’errore nasce invece dal
tentativo di creare una nuova teoria. «La scuola migliore sarà allora quella in cui si commetteranno
più errori che sbagli», in cui i problemi saranno presenti in numero maggiore rispetto agli esercizi.
Se infatti un problema si può considerare come «una domanda che, per essere soddisfatta, richiede
una teoria nuova (o una teoria non ancora conosciuta da chi si pone il problema)», l’esercizio è
piuttosto «è una domanda che presuppone già una teoria risolutiva»10
.
Il compito dell’insegnante sarà allora quello di «catturare i problemi degli allievi, esplorarne i
presupposti cognitivi, e in base a questi far inciampare gli allievi in ulteriori problemi»; non
fornendo la soluzione da mandare a memoria, ma guidando gli allievi in una ricerca che porti a
verifica quelle ipotesi, anche se sa sbagliate, cosicché la scienza sia non solo raccontata ma ri-
costruita sotto lo stimolo dei problemi11
, e che l’errore è inevitabile, ma che «proprio in
considerazione della sua soggettività, può essere continuamente verificato, negato e confermato,
diventando così il perno dell’educazione». Allontanando così dall’allievo il timore dell’errore.
«Sin dai primi anni della scuola ci si dovrà abituare a non aver paura dei propri errori. Triste non è
sbagliare, perché nessuno di noi è infallibile; la cosa triste è quella di non sfruttare i nostri errori,
non correggendoci e non migliorandoci»12
.
9 L. Binanti (a cura di), Pedagogia, epistemologia e didattica dell'errore, Catanzaro, Rubbettino, 2001, p. 10.
10 Cfr. D. Antiseri, Insegnare per problemi, in «Riforma della scuola», n. 2, 1985
11 D. Antiseri, Teoria e pratica della ricerca nella scuola di base: domande pedagogiche, risposte epistemologiche,
Brescia, La scuola, 1985, p. 190. 12
D. Antiseri, Introduzione alla metodologia della ricerca, Catanzaro, Rubbettino, 2005, pp. 31-32.
5
Bibliografia
D. Antiseri, Introduzione alla metodologia della ricerca, Catanzaro, Rubbettino, 2005
D. Antiseri, Insegnare per problemi, in «Riforma della scuola», n. 2, 1985
D. Antiseri, Teoria e pratica della ricerca nella scuola di base: domande pedagogiche, risposte
epistemologiche, Brescia, La scuola, 1985
G. Bachelard, La formazione dello spirito scientifico. Contributo a una psicoanalisi della
conoscenza oggettiva, ed. it. a cura di Enrico Castelli Gattinara, Milano, Cortina, 1995
L. Binanti, Sbagliando s'impara. Una rivalutazione dell'errore, Roma, Armando, 2005
L. Binanti (a cura di), Pedagogia, epistemologia e didattica dell'errore, Catanzaro, Rubbettino,
2001
F. Bonicalzi, Leggere Bachelard: le ragioni del sapere, Milano Jaca Book, 2007
G. Fornero e S. Tassinari, Le filosofie del Novecento, vol. 2, Milano, Bruno Mondadori, 2002
L. Guasti(a cura di), Apprendimento e insegnamento. Saggi sul metodo, Milano, Vita & Pensiero
Università, 2002
G. Manca, Le possibilità pedagogiche dell’errore , in “Pedagogia e vita”, serie 54, n. 2, marzo-
aprile 1995, pp. 60-83
H. J. Perkinson, Didattica dell’errore. Aspetti pedagogici del pensiero di K.R. Popper, Roma,
Armando, 1983
K. Popper, Il mito della cornice: difesa della razionalità e della scienza, Bologna, Il Mulino, 1995
K. Popper, Scienza e Filosofia, trad. it., Torino, Einaudi, 1969.
6
Sommario
INTRODUZIONE ..................................................................................................................................................... 1
POPPER E IL METODO PER PROVE ED ERRORI ........................................................................................................... 1
L’ERRORE COME ELEMENTO MOTORE DELLA CONOSCENZA ....................................................................................... 2
ERRORE E PROBLEMI .............................................................................................................................................. 3
BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................................................................... 5