LEONTINOI OGGI (GIUGNO 2012)

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Dipinto di Franco Condorelli Lentini Città del Leone Q uest’anno il “Premio Copertina alla Lentinità” è stato assegnato, meritatamente, al maestro Franco Condorelli, il geniale pittore lentinese che nei suoi dipinti, originali e mordenti, incornicia, senza veli, una Lentinità storico-culturale sempre degna delle glorie del suo grande passato. La tutela della Lentinità immaginata virtuosamente dalle visioni artistiche mai piatte del Condorelli trova, in tal senso, spessore programmatico anche e soprat- tutto nelle linee editoriali di “Leontìnoi oggi”, il perio- dico di attualità civica del giornalista e scrittore Gianni Cannone, che in tal modo ha raggiunto, felicemente, il suo ottavo anno di vita. La testimonianza artistica “condorelliana” a tutela della “Lentinità” tocca vette altissime nella tematica che siede alla destra della testata giornalistica di “Leontìnoi oggi”, dove la storia di Lentini diventa forza espressiva eccelsa per non mettere mai in disparte le vere radici di una identità inalienabile che nessuna classe del potere dominante potrà in nessun modo cancellare. Con la premiazione del pittore Franco Condorelli l’albo d’oro dei vincitori taglia il traguardo della quinta edi- zione legata proprio al 2012, mentre a titolo di cro- naca è imperativo categorico ricordare il novero degli importanti “predecessori”: “Anno 2008, Nello La Fata, giornalista; anno 2009, Luigi Lo Re, fotografo; anno 2010, Enzo Ferraro, attore comico; anno 2011, Ferdinando Leonzio, storico locale”. Alla premiazione del pittore Condorelli, che si è svolta presso il Cine Teatro Comunale “Carlo Lo Presti”, ex Odeon, il 27 aprile 2012, ha fatto seguito ad opera della compagnia del “Nuovo Teatro Leontino”, diretta dal Maestro Enzo Ferraro, la rappresentazione della popolare commedia brillante in tre atti, adattata in ver- nacolo siciliano da Fuccio Conti e da Graziella Terranova, dal titolo sorridente “U medìcu de’ pazzi” del mitico autore napoletano Eduardo Scarpetta. Il Sindaco della Città di Lentini, Alfio Mangiameli, che è stato chiamato sul palcoscenico per consegnare al vincitore della quinta edizione, Franco Condorelli, il rinomato “Premio Copertina alla Lentinità”, è stato anche l’autore, a sorpresa, di un’altra testimonianza di evidente spessore culturale: a Gianni Cannone, giornalista e scrittore lentinese, direttore respon- sabile del nostro trimestrale, che il 21 marzo 2012, a Palermo, è stato insignito di medaglia d’oro per i 50 anni di apprezzata attività giornalistica, è stato consegnato da parte del Primo Cittadino, in nome e per conto della cittadinanza, un atte- stato-encomio vero, impregnato di splendida Lentinità (un magnifico esemplare di tetra- dramma in argento, ricostruito a regola d’arte da artigiani locali, dell’antica Leontìnoi). Questa la significativa motivazione: “CITTÀ DI LENTINI, al giornalista scrittore Gianni Cannone, già Sindaco di Lentini; LA CITTA’ AD UN SUO FIGLIO ILLUSTRE PER LA SUA LENTI- NITÀ; medaglia d’oro del giornalismo. Lentini, 27 aprile 2012. Il Sindaco: Alfio MANGIAMELI”. Comprensibile, naturalmente, l’emozione del direttore del nostro giornale per un “fuori pro- gramma”così gratificante. Benvenuto, “Scarpetta” di Enzo Ferraro, nella quinta edizione nazionale del “Premio Copertina alla Lentinità” assegnato al pittore Franco Condorelli Lentini tra storia, attualità e cultura al Teatro Comunale “Carlo Lo Presti” CULTURA - POLITICA - STORIA LOCALE - ATTUALITÀ - SPORT - Copia Omaggio Anno VIII - n. 2 Giugno 2012 All’INTERNO Rubrica di indovinelli siciliani Il linguaggio fotografico della Festa di S. Giuseppe Eccezionale grandinata a Lentini “Prometeo e Peppino Impastato” con gli studenti del Gorgia pagina 2 Enzo Ferraro e il “Nuovo Teatro Leontino” al Teatro Comunale “Carlo Lo Presti” con Eduardo De Filippo in siciliano pagina 3 SPECIALE: un francobollo per il Notaro Jacopo da Lentini pagine 5-9 L’Archeoclub di Lentini in Giordania e a Gerusalemme pagina 10 Il 10 maggio leontino, si chiama sant’Alfio La Lentini di Santo Militti pagina 4 pagina 9 Il successo al “Carlo Lo Presti” di Calogero Maurici “Premiazione Condorelli” con il sindaco Mangiameli Foto di Luigi Lo Re Attestato encomio della Città di Lentini a Gianni Cannone Giornalismo siracusano d’oro: educativi momenti di sintesi Palermo 31 marzo 2012. Pippo Di Silvestro e Gianni Cannone ripresi a colloquiare alcuni attimi prima della consegna della medaglia d’oro per i 50 anni di esemplare esercizio giornalistico. Tra i premiati del Siracusano con la medaglia d’oro era presente anche il collega Adriano Paolo Sudano.

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TRIMESTRALE CULTURALE DI LENTINI - FONDATO E DIRETTO DA GIANNI CANNONE

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Dipinto di Franco Condorelli

Lentini

Città del Leone

Quest’anno il “Premio Copertina alla Lentinità”è stato assegnato, meritatamente, al maestro

Franco Condorelli, il geniale pittore lentinese chenei suoi dipinti, originali e mordenti, incornicia, senzaveli, una Lentinità storico-culturale sempre degna delleglorie del suo grande passato.

La tutela della Lentinità immaginata virtuosamentedalle visioni artistiche mai piatte del Condorelli trova,in tal senso, spessore programmatico anche e soprat-tutto nelle linee editoriali di “Leontìnoi oggi”, il perio-dico di attualità civica del giornalista e scrittore GianniCannone, che in tal modo ha raggiunto, felicemente,il suo ottavo anno di vita.

La testimonianza artistica “condorelliana” a tutela della“Lentinità” tocca vette altissime nella tematica che siedealla destra della testata giornalistica di “Leontìnoi oggi”,dove la storia di Lentini diventa forza espressiva eccelsaper non mettere mai in disparte le vere radici di unaidentità inalienabile che nessuna classe del poteredominante potrà in nessun modo cancellare.

Con la premiazione del pittore Franco Condorelli l’albod’oro dei vincitori taglia il traguardo della quinta edi-zione legata proprio al 2012, mentre a titolo di cro-naca è imperativo categorico ricordare il novero degliimportanti “predecessori”: “Anno 2008, Nello La Fata,giornalista; anno 2009, Luigi Lo Re, fotografo; anno2010, Enzo Ferraro, attore comico; anno 2011,Ferdinando Leonzio, storico locale”.

Alla premiazione del pittore Condorelli, che si èsvolta presso il Cine Teatro Comunale “Carlo Lo Presti”,ex Odeon, il 27 aprile 2012, ha fatto seguito ad operadella compagnia del “Nuovo Teatro Leontino”, direttadal Maestro Enzo Ferraro, la rappresentazione dellapopolare commedia brillante in tre atti, adattata in ver-nacolo siciliano da Fuccio Conti e da Graziella Terranova,dal titolo sorridente “U medìcu de’ pazzi” del miticoautore napoletano Eduardo Scarpetta.

Il Sindaco della Città di Lentini, Alfio Mangiameli,che è stato chiamato sul palcoscenico per consegnareal vincitore della quinta edizione, Franco Condorelli,il rinomato “Premio Copertina alla Lentinità”, è statoanche l’autore, a sorpresa, di un’altra testimonianza di

evidente spessore culturale: a Gianni Cannone,giornalista e scrittore lentinese, direttore respon-sabile del nostro trimestrale, che il 21 marzo 2012,a Palermo, è stato insignito di medaglia d’oroper i 50 anni di apprezzata attività giornalistica,è stato consegnato da parte del Primo Cit tadino,in nome e per conto della cittadinanza, un atte-stato-encomio vero, impregnato di splendidaLentinità (un magnifico esemplare di te tra-dramma in ar gento, ricostruito a regola d’arteda artigiani locali, dell’antica Leontìnoi).

Questa la significativa motivazione: “CITTÀDI LENTINI, al giornalista scrittore GianniCannone, già Sindaco di Lentini; LA CITTA’ ADUN SUO FIGLIO ILLUSTRE PER LA SUA LENTI-NITÀ; medaglia d’oro del giornalismo. Lentini,27 aprile 2012. Il Sindaco: Alfio MANGIAMELI”.Com prensibile, naturalmente, l’emozione deldiretto re del nostro giornale per un “fuori pro-gram ma”così gratificante.

Benvenuto, “Scarpetta” di Enzo Ferraro, nella quinta edizione nazionale del “Premio Copertina alla Lentinità” assegnato al pittore Franco Condorelli

Lentini tra storia, attualità e culturaal Teatro Comunale “Carlo Lo Presti”

CULTURA - POLITICA - STORIA LOCALE - ATTUALITÀ - SPORT - Copia Omaggio Anno VIII - n. 2 Giugno 2012

All’INTERNORubrica di indovinelli sicilianiIl linguaggio fotografico della Festa di S. GiuseppeEccezionale grandinata a Lentini“Prometeo e Peppino Impastato” con gli studenti del Gorgia

pagina 2Enzo Ferraro e il “Nuovo Teatro Leontino” al Teatro Comunale “Carlo Lo Presti” con Eduardo De Filippo in siciliano

pagina 3

SPECIALE: un francobolloper il Notaro Jacop o da Lentini pagine 5-9

L’Archeoclub di Lentini in Giordaniae a Gerusalemme pagina 10

Il 10 maggio leontino, si chiama sant’AlfioLa Lentini di Santo Militti

pagina 4

pagina 9Il successo al “Carlo Lo Presti”di Calogero Maurici

“Premiazione Condorelli”con il sindaco Mangiameli

Foto di Luigi Lo Re

Attestatoencomiodella Città di Lentinia Gianni Cannone

Giornalismo siracusano d’oro:educativi momenti di sintesi

Palermo 31 marzo 2012.Pippo Di Silvestro e Gianni Cannone ripresi a colloquiare alcuniattimi prima dellaconsegna della medagliad’oro per i 50 anni di esemplare eserciziogiornalistico. Tra i premiati delSiracusano con lamedaglia d’oro erapresente anche il collegaAdriano Paolo Sudano.

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Al comunale “Carlo Lo Presti” di Lentini (ex Odeon), di scena gli studenti del Liceo Classico “Gorgia”

Rappresentato con successo nel segno della santa legalità “Prometeo e Peppino Impastato”La soddisfazione di Maria Ada Mangiafico (Gorgia)e di Filadelfo Scamporrino (Guglielmo Marconi).

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Questo è il titolo dello spettacoloche è andato in scena il 3 aprile al

cine teatro Odeon-Carlo Lo Presti di Lentini.Protagonisti gli studenti del Liceo ClassicoGorgia di Lentini. Il progetto, che rientranel Piano Operativo Regionale di Educazionealla Legalità, è stato realizzato grazie all’im-pegno della scuola, della dirigente MariaAda Mangiafico dell’istituto Gorgia conun progetto in rete con il comprensivo G.Marconi del preside Filadelfo Samporrino.

Referenti per i due Istituti sono statirispettivamente il professore Silvio Pellicoe la prof.ssa Silvana Andronico. Lo spettacoloha rappresentato il momento conclusivodel progetto. In scena 15 ragazzi raccon-tano la storia di Prometeo e di PeppinoImpastato entrambi traditori verso i padri,il primo perché donò il fuoco agli uominie subì una punizione tremenda da parte

di Zeus: incatenato su un monte, un’a-quila di giorno gli mangiava il fegato chedi notte gli ricresceva, così tutti i giorni:

Il secondo perché si schierò contro lamafia pur essendo figlio di un mafioso epagò questa rottura “culturale” con lagogna mediatica seguita alla sua morteper mano della mafia, ma per molti annidefinito un terrorista suicida durante unattentato.

Il linguaggio usato è stato quello deipupazzi, la tragedia greca e la spregiudi-catezza drammatica del teatro contem-poraneo in una miscela innovativa, diver-tente ed efficace per veicolare messaggi ecoinvolgere ragazzi. A guidare il lavoroAlessio Di Modica che ha curato la regiae la scrittura dello spettacolo e Carlo Puglisiche ha curato la parte della scenografiafacendo costruire ai ragazzi pupazzi, dicui alcuni giganti, con materiale di riciclosolido. Gli studenti dunque si sono mossitra i toni drammatici della tragedia grecae quelli ironici e grotteschi dei pupazzi, inuna messa in scena corale tra danza e l’e-spressività fisica teatrale personale diognuno: gli Dei come i padrini lottanoper il potere, le Oceanine corrono sul

monte in aiuto diProme teo con gliamici di PeppinoImpastato sul luogodell’omicidio, infinela voglia di sognare,di guardare in altoe di volare univer-sale nei tempi liberatutti: pupazzi inca-tenati, attori mascherati, corpi unifor mi.

Emerge l’originale modalità di fare einsegnare teatro a misura di studente, chefa del teatro un viaggio di scoperta personale.Il Liceo classico Gorgia vanta il primatodi essere stata la prima scuola in Italia adavere realizzato uno spettacolo su questedue figure una che proviene dal teatroantico e ci propone il tema dell’eroismoe l’altro che viene dall’impegno civile e cipropone il tema della lotta alla mafia. Glistudenti in scena sono Alfio Brunno,Adriana Brunno, Ludovica Brunno, GiuliaCatania, Alessia Commendatore, ElenaCentamore, Naomi Del Popolo, GiusyDettori, Giovanni Gibilisco, Ylenia Ippolito,Giorgio Pistritto, Roberto Ristuccia, FedericaSapienza, Giordana Sicura, Alberto Vasile.

a cura di Lina Campagna

Rubrica di indovinelli siciliani a cura di Liliana Failla

Se le radici di un po -polo non muoiono

tanto facilmente è soltantoperché ogni gesto, ogni parola, ogniazione, ogni momento di vita, nellagioia e nel dolore, tutte queste cose,insomma, messe insieme, si ripetono,vuoi o non vuoi, nel rispetto degliinsegnamenti e dei racconti dei piùvecchi. E allora, anche se il più dellevolte nulla è scritto, le tradizioni, icostumi, le usanze, le credenze, i sen-tito dire, sopravvivono miracolosa-mente al tempo e alle mode.

La pentolaSupra ‘n ponti,

cci sta Filippa Abbanti,ccu lu cappeddu ‘n frunti,

si taliava l’anchi

La pastaTrasi dura,

ma nesci modda.

La candelaCuu ‘nu spicchiu di mennula,

jnchiu ‘na casa.

Il pozzo neroTorli supra torli,

acqua caura e fumulzzu,li jettu di dda supra,

tirrituppiti ‘nto cannizzu.

‘NNIMINAGGHIA ‘NNIMINAGGHIA

La città di Lentini tra passato e presente

Il linguaggio fotografico della festa di San Giuseppe

il momento di trasmettere, attraverso illinguaggio ardente della fotografia seg-menti di fede leontina in circolazione trapassato e presente. Ci sono qui alcune rea-lizzazioni fotografiche oggi quasi sicura-mente introvabili appartenenti al pas-sato, mentre le foto che si riferiscono allafesta di San Giuseppe dell’anno ancorain corso sono dell’artista lentinese LuigiLo Re, “Premio Copertina alla Lentinità”,anno 2009.

Gli “studenti-attori” del “Gorgia” recitano all’insegna della legalità. “Prometeo e Peppino Impastato”

Ifesteggiamenti quest’anno in onoredi San Giuseppe scrivono, ancora

volta, pagine di una sensibilità religiosae laica senza tempo e avvincente. Unatradizione popolare bellissima, legataalla Sacra Famiglia che, fortunatamente,non conosce ancora il mortale mondodell’usurabile.

In un clima di rinnovato amore versola sacralità dell’appuntamento con Gesùbambino, Giuseppe e Maria che si ripete,puntualmente, nel rispetto di una catto-licità mai tiepida di cui Lentini è pervasasin dalle origini del cristianesimo, è ora

L’anno 2012 sarò ricordato aLentini per una inusitata

grandinata che, a parte la bellezzaestetica registrata magistralmentenella foto del maestro Luigi Lo Re,potrebbe essa provocare, al tempostesso, nelle campagne del Lentinesedanni meno belli soprattutto perquanto concerne le colture aran-cicole. E, infine, giunge a propo-sito sull’argomento la segnala-zione di Armando Anzaldo, miticoprofessore di inglese, che con la sco-perta dell’immagine spettacolaredi Piazza Duomo consegna allaLentinità un messaggio mai con-traddittorio: non un fatto di sem-plice cronaca, bensì una sintesiperfetta di assoluta verità storica.

Cose mai viste!

“Tavolata della tradizione” con le famose 33 portate come cibo per San Giuseppe

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valorizzazione, partendo dal basso, delteatro come esempio di arricchimentosano all’interno del vivere civile; il man-tenimento, in chiave di lettura pretta-mente siciliana, intesa come sicilianità,di un servizio sociale ad ampio respiroche se fosse stato fermo alla sola “dialet-talità napoletana” non avrebbe mai potutoavere in ogni contrada dell’essere pub-blico o privato questa eterna giovinezza.Lo spettacolo ha avuto un prologo assaivistoso grazie al Sindaco Alfio Mangiameliche ha consegnato prima al pittore FrancoCondorelli il “Premio Copertina allaLentinità”, anno 2012, e poi, a sorpresa,ha chiamato sul proscenio il giornalista scrit-tore Gianni Cannone, direttore del nostroperiodico, oggi medaglia d’oro in gior-nalismo, per un riconoscimento assaiemblematico della Città di Lentini. Aquesto punto il maestro Enzo Ferraro,nume tutelare del patrimonio teatrale invernacolo siciliano a Lentini e anche oltre,non ha perduto l’occasione per gridare,e la serata era proprio quella ideale, difronte ad una sala strapiena di pubblicoe di autorità, ivi compresa la Stampa, cheormai il Teatro di un volta, divenuto pro-prietà del Comune, non esisteva più come“Odeon”, bensì ora come Teatro Comunale“Carlo Lo Presti” per volontà sovrana delconsiglio comunale tutto. Era presentein sala ad ascoltare in silenzio RosinaPisano, moglie del compianto comme-diografo lentinese Carlo Lo Presti.

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Scarpetta non è noto soltanto per ilcinematografo firmato addirittura

dal principe della risata, cioè Antonio DeCurtis, in arte Totò, ma anche e soprattuttosia per la bontà delle sue numerose com-medie arcibrillanti, che per le trame far-sesche portate sulle scene teatrali e desti-nate a destare continuamente emozioni,curiosità, risate e, strano a dirsi, anchedibattiti elevati.

Chi è che non ricorda il film “Miseriae Nobiltà” e l’altro dal titolo “Il medico deipazzi”, resi famosi in tutto il mondo permerito del grande Totò con un regista inentrambi i documentari del calibro diMario Mattòli? Si è vero che per il cinemail discorso in celluloide appartiene a unaltro pianeta, ma è altrettanto vero che ilcosmo scarpettiano trova entusiasmisempre nuovi attraverso le compagnie diattori estimatori nazionali che nella cosecomiche dell’illustre artista napoletanovedono realtà dolci e amare dentro i pro-blemi di una società che resta comunquelo specchio dei tempi. E tra queste com-pagni che diffondono in Sicilia, a livellodi alta professionalità, il linguaggio scar-pettiano vi è, senza dubbio alcuno, quelladel “Nuovo Teatro Leontino”, diretta magi-stralmente dall’attore comico Enzo Ferraro,la quale il 27 aprile 2002, presso il cineteatro comunale “Carlo Lo Presti”, ha por-tato alla ribalta la popolarissima e, al

tempo stesso, faticosissimacommedia in tre atti del-l’immenso Scarpetta “Ilmedico dei pazzi”, che adat-tata in siciliano dai bravis-simi esponenti del cast arti-stico, Fuccio Conti e GraziellaTerranova, vuol dire “Umedicu de’ pazzi”.

Bisogna, peraltro, aggiun-gere che il “Nuovo TeatroLeontino” non è la primavolta che affronta con fortepassione il teatro scarpet-tiano. Già nel 2007 era statala volta di “Miseria e nobiltà” dove ini-ziava pure un processo culturale a largorespiro grazie alle fatiche intellettuali delduo “Conto-Terranova” che erano stati icuratori magnifici di una intelligente “sici-lianizzazione” della “napoletanità”. Datol’enorme successo di critica e di pubblicoriscosso, relativamente alle suddette com-medie, non è difficile sostenere che l’o-perazione etico paradigmatica sia del tuttoriuscita.

Ma passiamo ad elencare i protago-nisti e gli interpreti, che sotto la regiasplendida di Enzo Ferraro, che è statoanche un superbo e straripante FeliceSciosciammocca, hanno meritato, per lapositività mostrata nel non facile impegno,applausi convinti dall’inizio fino alla fine:

il maestro Enzo Ferraro(Felice Sciosciam moc -ca); Alfio Vasile (Cic -cillo); Fuccio Conti

(Erricu); Ciccio Sferruz zo (Maggiore inpen-sione); Andrea Inserra (Luigi); Cirino LaRosa (Michelinu); Delfo Cavaleri (DonCarlo); Simone Costanzo (Peppino);Tanella Ferraro (Amalia); Graziella Terranova(Concetta); Erika Camerata (Rosina);Valentina Camerata (Margherita); MarikaLanza (Cecilia); Annamaria Cattano (DonnaCarmela); Maria Rosa Cardillo (Bettina).Inoltre alcune citazioni speciali sono dove-rose: Delfo Cavalieri, Pippo Caponetto, eSanto Militti (Scene); Graziella Terranova(Costumi); Fuccio Conti (Ricerche musi-cali); Franco Vacanti (Luci); Enza Vinci(Suggeritrice).

Un’operazione culturale, insomma,che è andata nel segno della giustezzapiù profonda per un duplice aspetto: la

Applausi scroscianti per il “Nuovo Teatro Leontino”che porta sulle scene del Teatro “Carlo Lo Presti”la nota commedia di Scarpetta “U Medicu De’ Pazzi”

L’incipit...

“Miseria e Nobiltà”: note critiche.(Da “Leontìnoi oggi” del giugno 2007): data della rappre-

sentazione, 30 aprile 2007. Al Comunale “Carlo Lo Presti”“Miseria e Nobiltà” conquista tutto il teatro. Signore del pal-coscenico della risata è stato naturalmente Enzo Fer raro cheha messo a disposizionedel testo scarpettiano,presentato in versionesiciliana, tutto il suotalentodi attore comicoineguagliabile.

Foto Servizio di Luigi Lo Re

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Giugno 20124

Porta la data del 12 novembre 2006 la lirica “Lentini”, inserita nella interessante pubblicazione diSanto Militti col titolo “Leontini e dintorni…” dello stesso anno, che oggi il nostro giornale con

enorme sensibilità leontina pubblica integralmente.Di Santo Militti, laureato nel 1971 alla facoltà di Lettere dell’Università “La Sapienza” di Roma, len-

tinese puro sangue, non più sessantenne ma pensionato senza rimpianti, si conoscono altri lavori,tutti altamente significativi, come “Cinema Roma”, “Empedocle, Scienza e Poesia”, “Socrate all’Alba”,“Federico di Sicilia e di Svevia”, “Il Vecchio che credeva di essere Shakespeare” e, di recente “Giardinodell’Eden”, mentre dopo le fatiche scolastiche romane, sempre apprezzate sono state le sue parteci-pazioni consegnate alla cultura della “Lentinità” nella rivistella “Leontìnoi oggi” di Gianni Cannone.Attualmente il professore, scrittore e poeta, Santo Militti, cura con successo nella “Notizia on line” diNello La Fata la rubrica “Apposta per te”, giunta felicemente in questo momento alla nona puntata. Ecco,dunque, per il piacere e la curiosità dei lettori, la poesia dell’artista Santino Militti, “LENTINI”, di grandeimpegno storico, letterario, sociale e civile:

“Terra dei nostri padri col tascapane

pane e olive

e arance a colazione

faticoso frutto di campagne assetate

una terra scivolata a valle

dalla memoria antica

dei colli del Tirone

e Metapiccola

verso un presente anonimo

dove saltano i ricordi

vengono a scaldare il cuore

le terre del verde fumante d’una volta

i vicoli segnati dall’infanzia

e il ricordo delle glorie passate

Gorgia che istruisce ancora giovani al Liceo

il tempio di Apollo della Luce

e Jacopo

il Notaro ch’è ancora la sorgente

della nostra ormai amara poesia.

Ma se non si può vivere

del non-essere più qualcuno

Lentini allora

dovrà fare un duro cammino

andare a ritroso nel tempo

per riprendere in mano

coi ricordi il proprio destino.

Fare un passo indietro

lavorare duro

per prendere lo slancio verso il futuro”.

La Lentini di Santo Militti

Testo di Mons. Salvatore Moschitto(musica del sacerdote maestro Liggeri)

(Strofa) A Lentini di zagara adorna,nella luce dei santi più bella, il tuo sangue, cadendo, risorsein fulgore di splendida stella.

(Ritornello) O martire sant’Alfio,dammi l’ardente bramadel cielo e dell’amore,dammi la forza indomitadi confessar da fé.

Testo e musica di Giovanni Maria D’Asta(già arcidiacono parroco di chiesa madre)

(Strofa) O sant’Alfio gloriosidal tuo trono eccelso in cielvolgi il guardo tuo pietososul tuo popolo fedel.

(Ritornello) Tutti noi concittadinit’invochiamo con amoro sant’Alfio su Lentinile tue grazie spargi ognor.

LENTINI La festa del 10 Maggionei testi di Salvatore Moschittoe di Giovanni Maria D’AstaPubblichiamo stralci di due inni dedicatial santo patrono di Lentini, Sant’Alfio

Lentini vista dalla Valle Ruccia

Foto Alfio Coco (da Leontini e dintorni...)

di Santo Militti

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Proposta emissione francobollo

specialeper il Notaro

Jacopo da Lentini

SPECIALE / Francobollo Notaro Jacopo da Lentini

Il Notaro Jacopo da Lentinicapo della Scuola poetica siciliana

inventore del sonettopadre della lingua

italiana delle originidi Gianni Cannone

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rime, di dantesca autorità, ha un riscontroeternamente significativo grazie pro-prio alla Scuola Poetica Siciliana diJacopo da Lentini. È in tal senso cheviene percepita l’ultima stanza dellafamosa canzone tutta lentiniana, Mera -vigliosamente, dentro la quale le nuoverime “Canzonetta novella/ và cantanova cosa” diventano, implicitamente,punto di riferimento obbligatorio ancheper due grossi campioni della grande cul-tura siciliana: il poeta Salvatore Qua -simodo, già “Premio Nobel” per la let-teratura italiana e lo scrittore di Sant’Agatadi Militello, Vincenzo Consolo, que-st’ultimo ancora vivente. Meraviglio -samente, dunque, è un inno alla donnaamata e, al tempo stesso, un atto d’amoredel Notaro nei confronti della sua cittànatale, Lentini:

“Canzonetta novella,và canta nova cosa,levati da maitinodavanti a la più bella, fiore d’ogni amorosa,bionda più c’auro fino.Lo vostro amor, ch’è caro,donatelo al Notaroch’è nato da Lentino”.

Per il Notaro Jacopo, pertanto, si avverte,giorno dopo giorno, il riconoscimentodi una missione speciale che lo porta adessere il simbolo perfetto di una “ScuolaPoetica” capace di concepire l’esistenzae l’essenza dello “Stato Federiciano” pro-teso, attraverso la fantastica Corte, cosmo-polita e quasi sempre itinerante, versola prima sintesi linguistica, politica e ter-ritoriale d’Italia.

Jacopo da Lentini e Dante Alighieri

Un francobollo per Jacopo da Lentini è possibile averlo? E perchè?Apriamo allora l’uscio della Divina Commedia ed entriamo, piano piano, con curio-

sità viva, nel Purgatorio: capitolo ventiquattresimo, versi 55-56-57.Vediamoli insieme:

“O frate, issa vegg’io, diss’elli, il nodoche il Notaro e Guittone e me ritennedi qua dal dolce stil novo, ch’i’ odo”.

Questi tre versi sono la rappresentazione storica della genesi della letteraturaitaliana.

Il primo della lista purgatoriale è Jacopo da Lentini, detto il Notaro per anto-nomasia, che viene messo davanti agli altri e come capo della Scuola PoeticaSiciliana e come costruttore del pensiero linguistico nazionale già trasparentesotto il regno di Federico Secondo di Svevia.

Subito dopo arriva il nome di Frate Guittone d’Arezzo, visto come leader diprimo piano della Scuola Siculo - Toscana o di transizione.

Infine, per la prima volta nella storia della lingua italiana, appare il trittico“Dolce, Stil, Novo” che nel bolognese Guido Guinizzelli ha il suo iniziatore e lasua guida.

Il personaggio che interloquisce con Dante sulle “Nuove Rime” è MaestroBonagiunta Orbicciani da Lucca conosciuto dapprima quale impenitente imita-tore della poesia lentiniana e poi come un piccolo opportunista al servizio della“linea della transizione” dell’Aretino il quale, alla fine, verrà clamorosamente con-dannato nel De Vulgari Eloquentia dall’Alighieri per non aver mirato al volgareillustre. Va precisato, tuttavia, che detto incontro con colui che fore trasse le nuove segue a pag. 6

“O frate, issa vegg’io, diss’elli, il nodoche il Notaro e Guittone e me ritennedi qua dal dolce stil novo, ch’i’ odo”.

Modello B

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SPECIALE / Francobollo Notaro Jacopo da Lentini

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Jacopo da Lentinianelava ilParadiso ma Dante lo colloca

nel Purgatorio.L’edificazione di una comunità nazio-

nale laica fu, in realtà, il tormentato per-corso intrapreso, con indomabile fede, dallapolitica culturale federiciana illuminatasempre, devotamente, dall’Uomo diLentini. Se, però, c’è una cosa che risultachiara e tonda sin dall’inizio essa è laseguente:

Dante Alighieri colloca Jacopo daLentini nel Purgatorio, nella cornice deigolosi.

Ora il punto è uno e uno solo: siamodavvero sicuri che erano proprio questele aspirazioni vere dell’artista-funzio-nario lentinese Notaro Jacopo?

Sentiamo cosa dice lo stesso Notaro nellaprima quartina di un celebre sonetto, daltitolo Io m’aggio posto in core a Dio ser-vire, che tanto intrigò persino BenedettoCroce:

“Io m’aggio posto in core a Dio servirecom’io potesse gire in Paradisoal santo loco c’aggio audito direu’ si mantien sollazzo, gioco e riso”.

Dunque il nostro Notaro, contraria-mente alla collocazione dantesca, ane-lava ardentemente andare in Paradiso,“al santo loco c’aggio audito dire/ u’ simantien sollazzo, gioco e riso”.

Ma poteva il Capo della Scuola PoeticaSiciliana, notaio imperiale nella Corteghibellina di Federico II di Svevia, laicoe non cattolico, andare a finire in Paradiso?

Assolutamente “no”. E allora? E alloraper il Notaro Jacopo da Lentini si applica,di proposito, lo stratagemma del dirot-tamento programmato consapevolmen -te: non il Paradiso come desiderava ilLen tinese, ma ovviamente neppure l’In -ferno.

Quale, perciò, la soluzione da trovareper il Capo della Scuola Siciliana?

A questo punto l’Alighieri nei con-fronti di Jacopo da Lentini istituziona-lizza, responsabilmente, un seggio pur-gatoriale sicuro, tra i golosi, da dove partesolenne e forte, forte e solenne, in primaassoluta, l’annuncio ufficiale della nascitadel Dolce Stil Novo.

La questione, in effetti, non finisce quiperchè è sulla Scuola Siculo-Toscana esu Guittone che, adesso, si abbattono,inesorabilmente, gli strali danteschi.

E se da un lato a carico della poesia della“transizione” pende, verosimilmente, lascomunica da parte del Grande Fiorentino,dall’altro è addirittura irreversibile anchel’anatèma dell’Alighieri per Guittone (cioèper il capo corrente) accusato aperta-mente di fare proselitismo in disaccordostrategico con le “Nuove Rime”.

Un Trecento letterario che presenta, secosì si può dire, le seguenti peculiarità:

a) declassamento della Scuola Siculo-Toscana per non aver mirato al volgareillustre (De Vulgari Eloquentia);

b) biasimo per Guittone e per iGuittoniani perché rimasti, colpevol-mente, di qua dal Dolce Stil Novo (DivinaCommedia).

Scattano ora anche due verità storico-letterarie all’interno di un’unica chiave dilettura che riconosce irrinunciabile l’ereditàdella Scuola Poetica Siciliana di Jacopo daLentini.

La “prima verità” è quella individuatain questo scritto come novità assoluta senzaremore: in tale fascia poetica ecco sve-lato, una volta per tutte, il mistero delposto nel Purgatorio, tra i golosi, delNotaro Jacopo da Lentini.

La “seconda verità” è quella intesacome navigazione non più silente enon più aderente ciecamente alla rottadelle interpretazioni arcaiche: in questacircostanza ecco denudata la proble-matica legata al “nodo” da sciogliere,considerato che, ormai, si capiscebene che non poteva essere che ilNotaro, in nome e per conto della“Scuola Poetica Siciliana”, e non altri,

colui il quale “ritenne di qua dal DolceStil Novo” e Guittone e Bonagiunta.

Il Notarosecondo Dante

a Petrarca Ma qual era e qual è il giudizio di Dante

Alighieri sui Siciliani?Ed ecco qual era e qual è il giudizio

dell’Alighieri sui Siciliani nell’opera latinail De Vulgari Eloquantia: “ Et quia regalesolium erat Sicilia…E poiché il soglioregale era la Sicilia, è avvenuto che tuttociò che i nostri predecessori hanno com-posto in volgare si chiami Siciliano equesto noi teniamo fermo; né i nostriposteri potranno cambiarlo”.

E Francesco Petrarca, l’altra voce illu-stre del Trecento letterario italiano?

Ed ecco il giudizio del Petrarca suiSiciliani di Jacopo da Lentini attraversoalcuni versi del Trionfo d’Amore:

“Così, or quinci or quindi rimirandovidi gente ir per una verde piaggiapur d’amor volgarmente ragionando…”.

E l’autore del Canzoniere, dopo averpassato in rassegna i nomi di tanti illustripredecessori, così conclude senza esita-zione alcuna: “…e i Ciciliani/ che furgià primi…”.

In ordine alla primogenitura sicilianadella lingua italiana, possiamo dire, fran-camente, oggi come oggi, stando così lecose, che su questo svolgimento non c’èpiù partita, così come non c’è più par-tita sulla riconoscibilità di padre dellalingua italiana.

Vale la pena riportare, sulla base distudi molto rigorosi e non più ricondu-cibili ad alcun taglio campanilistico, ilprofilo critico di Bruno Migliorini il qualenella sua pregiatissima Storia della linguaitaliana ( Sansoni editore, Firenze, 1984)si muove, senza offesa per nessuno, inquesta ineguagliabile direzione: “È vera,e in un certo senso, l’espressione vul-gata che chiama Dante ‘padre dellalingua italiana’ o l’altra, un po’ menoforte ma meno onorevole per cui ilPetrarca lo chiamò (Sen., V,2) dux nostrieloquii vulgaris? Se è vero che da Giacomo

SPECIALE / Francobollo Notaro Jacopo da Lentini

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SPECIALE / Francobollo Notaro Jacopo da Lentini

SPECIALE / Francobollo Notaro Jacopo da Lentini

da Lentini prende le mosse la lirica fede-riciana, perché questi titoli non dovreb-bero spettare, invece, a lui?”.

Perché questi titoli non dovrebberospettare a Lui, dice il Migliorini?

Cioè al Notaro Jacopo? Cioè al NotaroJacopo da Lentini, a cui va riconosciuto,ormai, senza alcuna possibilità di dub-biezza, il titolo di padre della lingua ita-liana delle origini.

Nella Magna Curia, dunque, il lenti-nese Jacopo, accreditato, oggi, con estremacorrettezza, padre della lingua italianadelle origini, viveva la “vita federiciana”in quanto Capo della Scuola PoeticaSiciliana, in quanto creatore del sonetto,in quanto funzionario dalla caratura inter-nazionale con le mansioni di notaio impe-riale. Inoltre, è giusto osservare che lacitazione per eleganza di linguaggio fattada Dante nel De Vulgari Eloquentia conla canzone Madonna di vi vogliodenota,marcatamente, un attestato di palesemeritocrazia che la dice lunga sul ruolodi assoluta grandezza del NostroConcittadino dentro la Magna Curia.Quante volte Dante parla del Notaro?

Scopriamo ordinatamente la sequenzadi che trattasi.

Primo: nella Divina Commedia in cuiJacopo è, per tutti, il Notaro e basta.

Secondo: nel De Vulgari Eloquentiadove il Notaro, dopo essere stato messoin bella mostra ad esempio di chi tra iPugliesi si dipartì dal linguaggio delvolgo, viene citato semplicemente tra-mite il titolo della sua canzone Madonnadir vi voglio.

Terzo: nella Vita Nova allorquando ilNotaro Jacopo da Lentini è esclusiva-mente lo primo che cominciò a dire disi come poeta volgare. Il nome di Jacopo,in pratica, non compare mai.

Per tre volte c’è l’anonimato e per trevolte la persona di Jacopo viene rappre-sentata senza il nominativo identitario. SeJacopo era nativo di Lentini, perchél’Alighieri lo inserisce tra i pugliesi?

Una situazione analoga, comunque,non veniva raccontata per lo stesso FedericoImperatore che, benché nato a Jesi, nonlo si intercettava anche come l’Apulo?

Giugno 2012 7

Evidentemente l’uso rappresentativo,

a certi livelli, della “seconda patria” era

da considerarsi allora più che un valore

aggiunto.

Come sono arrivate

fino a noi le poesie

del Notaro Jacopoda Lentinie quelle

dei Siciliani?Con la fine del potere svevo, entrano

nel governo dell’Isola con l’aiuto del

Papato gli Angioini di Francia che, suc-

cessivamente, vengono cacciati dalla

Sicilia nell’ora del Vespro, mentre la poesia

dei Siciliani finisce ma non muore.

Ora la domanda è una e una sola: comesono pervenute fino a noi le poesie deiSiciliani?

Le poesie dei Siciliani sono arrivatefino a noi per mezzo di speciali codicidi sicura provenienza toscana di finesecolo tredicesimo, dopo Cristo natu-ralmente.

I più conosciuti e, nello stesso tempo,i più quotati sono esattamente tre: IlCodice Vaticano Latino 3793, il CodicePalatino 418, il Codice LaurenzianoRediano 9.

Il Vaticano Latino, che comprende poesieche vanno dai Siciliani ai Siculo-Toscani,si compone di 24 fascicoli ed è diviso in2 sezioni: nella prima parte abbiamo lecanzoni nella seconda i sonetti.

Qui Jacopo da Lentini viene collocatoal primo posto come nella Divina Commedia.

L’altro Codice, vale a dire il Palatino,che è l’unico che contiene illustrazionicon miniature di scuola fiorentina e chebrilla in fatto di eleganza rispetto agli altri,ha nel suo seno canzoni, ballate e sonetti,dai Siciliani agli Stilnovisti.

Il suddetto codice custodisce una cosatanto rara quanto preziosa, dalla finezzaartistica unica, ossia la miniatura del NotaroJacopo.

Miniatura che viene qui riprodottaopportunamente con allegato il suo par-ticolare.

Per quanto riguarda il LaurenzianoRediamno 9, c’è da rilevare che esso èdedicato in maggior misura alla poesia diGuittone d’Arezzo.

Nella Corte di Federico II il Lentineseera, come funzionario il “notaio impe-riale”, e come poeta il “Capo della ScuolaPoetica Siciliana”.

Del rimatore di Lentini si annoveranoben 40 componimenti conosciuti e certi.

Del “notaio imperiale” Jacopo da Lentini,e questo lo ricorda bene il Panvini (Poetiitaliani della Corte di Federico II, CUEM,Catania I989), esistono due privilegi “scrittidi pugno” da parte dello stesso lentinese:quello di Policoro del marzo1233 e quellodi Catania del giugno del medesimo anno.Ma andiamo avanti: 5 maggio 1240.

Jacopo da Lentini (Miniatura fine XIII sec. d.C. Codice Palatino418, f. 18 - particolare -BibliotecaNazionale Firenze).

segue a pag. 8

Modello A

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La datazione sopra detta, quella ap -punto del 5 maggio 1240, ha come fermoposta Messina.

Sempre nel Panvini, all’interno dellagià citata opera Poeti italiani della Cortedi Federico II , è attiva la notizia moltobella dell’eccezionale testimonianza docu-mentale, un transunto dal greco in latino,con la firma autografa del Lentinese.

Una scrittura, di certo, dal valore asso-luto che ora in questa sede ha una stanzadefinitiva.

Jacopo da Lentini è in fondo quel-l’immagine vivificante di intellettuale,

antico e moderno, che riempie d’attua-

lità e di dottrina, in ogni tempo e in ogni

dove, l’odissea della letteratura italiana.

E bisogna credere, regolarmente, anche

a Vincenzo Di Giovanni (Filologia e let-

teratura siciliana, Forni, Bologna,1968)

quando notifica a vantaggio dei posteri,

con massima saggezza critica, studi e

ricerche di qualità superiori: “Le con-

quiste della Scuola Poetica Siciliana,

che recano il sigillo del Notaro Jacopo

da Lentini, consegnate definitivamente

alla storia della letteratura italiana,

oltre al sonetto, sono la dialogata amo-rosa e la tenzone”.

Si può arrivare a dire che la vita del“primo poeta nazionale”, cioè di Jacopoda Lentini, è la storia stessa dell’Italia cul-turale e politica del passato, del presentee del futuro, e può sempre dare fruttiabbondanti se opportunamente curatidentro il cuore di una sincera e democraticaproposta cittadina in ordine alla emis-sione speciale di un francobollo cele-brativo.

Resta chiarissimo che il ritorno ai versipurgatoriali dell’Alighieri non è un’af-fermazione casuale ma appartiene, comeassioma sine qua non, all’incipit dellalingua italiana delle origini.

Il Notaro Jacopoda Lentini,

primo poeta in Italia

in lingua volgare,aspetta ancora

il suo francobolloJacopo da Lentini è quel poeta che,

lasciato il latino nelle mani ormai malfer -me del potere e della cultura di marca cle-ricale dell’età medioevale, canta per primo,in volgare, a una società italica e laica in viadi formazione, la natura dell’amore:

“Amor è un desio che ven da coreper abundanza di gran piacimentoe li occhi in prima generan l’Amoree lo core li dà nutrigamento”.

Questa è la prima quartina del sonetto“lentiniano” più famoso al mondo, ches’intitola Amor è un desìo che ven dacore, e che nell’ultimo verso della seconda

terzina semina soprattutto parole di pace:“e questo Amore regna fra la gente”.

Il Poeta lentinese, ministro della poli-tica culturale federiciana, fu dell’Amoreil massimo teologo.

Al Notaro va ascritto il merito dell’in-venzione prestigiosa del sonetto che ilCarducci nella sua creaturina “Al sonetto”osò definire acutamente: “Questo brevee amplissimo carme...”.

Onorare il sonetto con un altro sonettodiventa, alla lunga, un’esercitazione all’i-taliana storicamente qualificante. E GuidoGozzano, infatti, con il suo Elogio al sonetto,tesse, anche lui, fra gli altri, tramite un altrosonetto, una tela lentiniana singolare:

Lodate, o Padri, che per le Madonneamate nel platonico supplizio,edificaste il nobile edifizio,eretto su quattordici colonne.Nulla è più dolce del vivere fittiziodi te, compenso della notte insonnenon la capellatura delle donnenon metri novi in gallico artifizio.Nessuna forma dà questa che daial sognatore ebbrezza non dicibilequand’egli con sagacia ti prepari!O forma esatta più che ogn’atra maiprodigio di parole indistruttibilicome i vecchi gioielli ereditari!

Sonetto sarebbe praticamente sino-nimo di suono dalle dimensioni ridotte.

Ma a Jacopo da Lentini si deve, piùche il nome, la caratteristica strutturalemetrica del sonetto: due quartine e dueterzine, meravigliosamente domiciliatedentro le mura di quattordici versi, can-tano e continuano a cantare, nel bene enel male, “e questo Amore regna fra lagente”.

Il sonetto, grazie al Notaro Jacopo,nasce in Sicilia, a Lentini, nella terra dovefioriscono le arance, mentre l’elenco deipoeti che ha usato il “carme” del Lentinesesia in Sicilia, sia in Italia, sia in Europache nel Mondo è interminabile.

E Lentini, città delle arance, patria delsofista Gorgia, risulta essere, alle fine,per mezzo di Jacopo, e capitale d’Italiadella lingua italiana delle origini e terrauniversale del sonetto “lentiniano”.

SPECIALE / Francobollo Notaro Jacopo da Lentini

SPECIALE / Francobollo Notaro Jacopo da Lentini

Jacopo da LentiniCapo della Scuola Poetica Siciliana(XIII sec. d.C.).Particolare del bassorilievo fine sec. XIX (Palazzo Comunale di Lentini).

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Sul francobollospeciale

al Notaro Jacopo,l’attenzione

del Sindaco dellaCittà di Lentini,

della Giunta e del Consiglio

ComunaleNel quadro del lavoro veramente esem-

plare prodotto, appunto, in questi ultimianni, proprio sulla “Divina Commedia”,tramite la “Filatelia Tematica”, da parte delCIFT (Centro Italiano di Filatelia Te -matica) si è notato subito che non è statotenuto in debito conto nel “ProgettoDante” il Notaro Jacopo da Lentini. Ilpiano dell’opera, sensibilizzato dalla PosteItaliane, settore filatelia, propone i 3 cantidella Divina Commedia ( Inferno - Pur -gatorio- Paradiso) narrati dentro vicissi-tudini letterarie appartenenti alla storiadel francobollo nazionale e anche oltre.

Dei tre volumi programmati si aspettaora il “Paradiso” che è ininfluente nel

nostro caso perché in quel libro la posi-zione del Notaro è inesistente.

Il poeta lentinese, sulla scorta delletematiche dantesche mirate, non potevaessere “menzionato” né nell’ “Inferno” equindi nemmeno nel “Paradiso”, mentreavrebbe dovuto avere “vita partecipativafondamentale” nel “Purgatorio”, dove iversi purgatoriali del capitolo XXIVdell’Alighieri, trasmettono continuamenteil punto nodale della storia della lette-ratura italiana.

Nei riguardi dell’inventore del sonetto,è stato del tutto assente quel riscontro con-sequenziale, avvenuto, di certo, in buonafede, che portasse il Capo della ScuolaPoetica Siciliana verso la via di una meri-tatissima emissione di filatelia tematica dalvalore internazionale immenso.

È stata, purtroppo, per il pianeta cul-turale non solo italiano, un’occasionemancata, ma non per fortuna definitiva-mente perduta. Da qui la proposta demo-cratica e virtuosa di “Leontìnoi oggi”, affi-data alle cure dell’amministrazione comu-nale della città Lentini, patria del NotaroJacopo, avente come oggetto “un fran-cobollo per il Notaro”. La “progettazione”in onore del Notaro, pubblicata su“Leontìnoi oggi”, in data 31/3/2012, vieneconsegnata, pertanto, al Sindaco dellaCittà di Lentini, Alfio Mangiameli, e peril parere del Consiglio Comunale e della

Giunta, e per il successivo svolgimentodell’iter corrispondente da veicolare achi di competenza nel segno di una com-piuta e coerente sintesi.

Annotazioni di rilievo:

• foto di Jacopo da Lentini con lascritta (Jacopo da Lentini, Capo dellaScuola Poetica Siciliana, XIII sec. d. C., par-ticolare del bassorilievo fine sec. XIX,Lentini, Palazzo di Città);

• foto di Jacopo da Lentini con lascritta (Jacopo da Lentini, miniaturafine XIII sec. d.C., Codice Palatino 418,f. 18, Biblioteca Nazionale Firenze);[Modello a]

• foto di Jacopo da Lentini con lascritta (Jacopo da Lentini, miniaturafine XIII sec. d.C. Codice Palatino 418, f.18, Biblioteca Nazionale Firenze, parti-colare). [Modello b]

• firma autografa del Notaro Jacopoda Lentini con la scritta in latino (Ego

Jacobus de Lentino domini imperatorisnotarius): eccezionale documento diMessina, datato 5 maggio 1240. Cfr.“Jacopo da Lentini, il Siciliano cheinventò il sonetto”, Leontìnoi oggi,2005; “Manuale della letteratura italiana”,Sansoni, Firenze, MCMXVII (1917).

• copia primo numero del giornalescolastici dell’Istituto “ Notaro Jacopo”della città di Lentini con il logo delgrande poeta lentinese estratto dallacopertina del libro dello scrittore GianniCannone dal titolo “Il Notaro Jacopo daLentini, il Siciliano che inventò ilsonetto”, anno 2005.

Note finali:Al termine di un attento riporto sto-

rico-letterario, il modello a) e quellob) potrebbero avere tutte le caratte-ristiche positive circa la creazionesul Notaro Jacopo di una più cheavvertita emissione filatelica straor-dinaria. Sullo sfondo le arance diLentini come ipotesi di suggerimento.

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SPECIALE / Francobollo Notaro Jacopo da Lentini

(Ego Jacobus de Lentino domini imperatoris notarius)Firma autografa del Notaro che porta la data del 5 maggio 1240

Èstata una rappresentazione coi fiocchi che ha visto, alla fine, il suo autore, Calogero Maurici, felice ecompiaciuto per l’esibizione artistica prodotta dalla Compagnia Teatrale Dance Harmony sotto il

segno di un impegno degno di essere sottolineato senza riserva alcuna.È stato, inoltre, un successo di pubblico chiaro e tondo che va al di là della pur eccezionale meritocrazia

organizzativa. La commedia “A famigghia …difittusa”, uno spaccato paradossale di vita familiare tra il veroe il verosimile, è stata portata al successo presso il cine-teatro comunale “Carlo Lo Presti” (ex Odeon), permerito di tutti i protagonisti che, occorre riconoscerlo, stanno crescendo in maturità di giorno in giorno.Era presente il sindaco della città di Lentini, Alfio Mangiameli, che ha premiato nel corso dellamanifestazione, in nome e per conto di “Mi piaci”, Angela Pagano (regista) e Pinuccia Greco (aiuto regista).La serata teatrale (sabato 9 giugno 2005) si è svolta con il patrocinio del Comune di Lentini e della ProvinciaRegionale di Siracusa.

Apprezzamenti meritati per la commedia brillante“A famigghia… difittusa” di Calogero Maurici

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Autorizzazione del Tribunale di Siracusan. 19 dell’11 novembre 2005

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L’Archeoclub di Lentini in Giordania e a Gerusalemme

L ’Archeoclub di Lentini ha visitatodal 16 al 23 aprile la Giordania.

Una visita dalla forte valenza culturale, pro-prio per quel patrimonio archeologico,artistico e paesaggistico di cui la Giordania,in modo particolare, è depositaria, ma –nello stesso tempo – un approccio conuna realtà socio-politica intricata e con-traddittoria.

La Giordania nasce, come altri statidel vicino oriente, dalla dissoluzione del-l’impero ottomano, alla fine della primaguerra mondiale, nel 1918, prima comeEmirato della Transgiordania, sotto il pro-tettorato britannico fino al 1946, e poicome Monarchia con Abdullah Hussein,

la cui dinastia regna, tra varie vicissitudini,fino ad oggi. La sua storia, però, è lungae articolata. Abitata fin dal paleolitico, hasubito nel corso dei secoli invasioni chel’hanno fortemente segnata. Dagli Edomiti(XII sec. a.C.) ai Nabatei (IV sec. a.C.),dai Macedoni (III sec. a.C.) ai Tolomei(nel periodo ellenistico). Conquistatadai romani nel I sec. a.C., diventa poiparte integrante dell’impero bizantinoquando Bisanzio si stacca da Roma.Sottomessa, inoltre, successivamente,dagli arabi nel VII sec. d.C. (Omayyadi,Abassadi, Selgiuchidi), si islamizza eacquista connotati politico-religiosi cheresistono fino ad oggi. Agli arabi suben-trano, nel 1516, dopo una breve paren-tesi mamelucca, i turchi ottomani, chela mantengono fino al 1918.

In base alla Costituzione del 1952, laGiordania è una monarchia costituzio-nale; di fatto, però, il sovrano detiene

poteri assai rilevanti, che ne fanno una pseu-dodemocrazia. Tuttavia essa ha ricopertoe ricopre un ruolo importante nel diffi-cile e complicato scacchiere medio-orien-tale. Paese arabo di rito sunnita, purappartenendo alla Lega Araba, ha assuntoposizioni di fatto neutrali nei confrontidi Israele, seppure ridimensionata dal-l’occupazione della Cisgiordania e dallaperdita di Gerusalemme Est (a seguitodella Guerra dei sei giorni del 1967), nelcorso degli anni ottanta si è schierata peruna soluzione pacifica e condivisa delproblema palestinese. Paradossalmente,la sua politica filo-americana, accorta e misu-rata, da un lato non la contrappone a

Israele, dall’altro le assegna il ruolo dicerniera diplomatica rispetto ai paesiarabi. La sua immagine nel mondo apparepositiva proprio, infatti, per il ruolo dimediazione costruttiva che riesce a svol-gere nell’ambito del conflitto israelo-palestinese, pur restando la sua realtàinterna, sotto il profilo socio-politico,ancora controversa.

Amman, con lo sfarzo delle aree resi-denziali della borghesia del potere e del-l’economia e la miseria dei quartieri popo-lari, con i mille volti della povertà, diventail simbolo stesso del Paese. Da una parte,un benessere che interessa una sparutaminoranza, dall’altra, un paese povero,con poche risorse, una consistente pre-senza di profughi palestinesi (con il rischioche domani si aggiungano anche quellisiriani), alloggiati in campi visibilmentemolto precari, e di nomadi beduini, parteintegrante del tessuto sociale giordano,

che con le loro tende e i loro greggi, unicafonte di sostentamento, si spostano trail deserto siriano e quello arabico allaricerca di condizioni di vita accettabili.

Eppure il suo patrimonio archeolo-gico è imponente. Prima tra tutte Petra,la “città rosa”, dalle mille sfumature, inca-stonata nella roccia, capitale del Regnodei Nabatei. Centro commerciale nevral-gico, lungo le rotte carovaniere tra ilMediterraneo e il Mar Arabico, è anche,dal III sec. a.C. al I sec. d.C., punto diincontro di culture e costumi diversi.Conquistata da Traiano, nel 106 d.C.,vide gradualmente perdere la propriaimportanza. Dopo il ritrovamento delle

sue rovine (1812), gli scaviarcheologici del primo nove-cento hanno portato alla lucei resti di maestose tomberupestri, palazzi, teatri, colon-nati e sculture che ne testi-moniano l’antica floridezza.Dal 1985 è stata proclamatadall’Unesco Patrimoniodell’Umanità ed è uno deisiti archeologici più visitatial mondo.

Poi Jarash, l’antica Gerasa,fondata da Alessandro Magnonel 332 a.C., in una feliceposizione geografica e riccadi acqua, divenne indipen-dente nel 63 a.C., all’arrivodei romani. Iniziò così il suoperiodo aureo, durante ilquale si arricchì di templi,

teatri, fori e palazzi tipici delle città greco-romane. Già florida, vide un ulteriorearricchimento di edifici monumentali altempo di Adriano (II sec. d.C.), e soloquando le rotte commerciali si sposta-rono verso il mare iniziò la sua lenta deca-denza.

Venuta alla luce a seguito degli scaviiniziati nel 1925 e soprannominata laPompei d’Oriente, presenta una strut-tura urbanistica elegante e solenne eun’abbondanza di reperti non ancora deltutto recuperati.

La Giordania, possiamo dire, se stu-pisce per il suo straordinario patrimonioarcheologico, affascina anche per la suanatura varia e suggestiva.

Il Monte Nebo, dalla cui cima Mosè,dopo quarant’anni di marcia dall’Egitto,poté osservare, senza poterla raggiun-gere, la terra promessa; il deserto delWadi Rum, con il suo paesaggio lunare,

che fece da sfondo alle gesta di Lawrenced’Arabia; i castelli degli Omayyadi(palazzine di caccia, luoghi di riposo,avamposti militari), originale testimo-nianza dell’antica architettura islamica, alconfine orientale del deserto siriano; ilMar Morto (a oltre 400 metri circa sottoil livello del mare, dove il fiume Giordanoconclude dopo 350 km. la sua corsa), lecui acque, nove volte più salate della nor-male acqua marina, sono inadatte a qual-siasi vita animale e vegetale. Citato dallaBibbia, è oggi confine tra Giordania eIsraele: vietata la navigazione, control-lato a vista, ci ricorda una questione poli-tica e territoriale irrisolta.

E poi Gerusalemme, in Israele. Unacittà dove tutto è incominciato e dove, piùche altrove, si vede e si tocca con le maniil dramma di un popolo (proveniente dauna lunga diaspora durata duemila annie dalla tragica pagina dell’olocausto) cheha ritrovato la sua terra e quello di unaltro che ancora la rivendica. Quattromilioni di palestinesi – costretti a vivere,in condizioni di grande disagio e diffi-coltà, e in aree circoscritte (Gaza eCisgiordania), considerate oggi territorioccupati - che ambiscono da tempo ad averelegittimamente una propria autonomiastatale.

L’intransigenza dello Stato di Israele,la politica terroristica della frangia fon-damentalista di Hamas e l’incapacità delladiplomazia internazionale hanno bloc-cato, purtroppo, fino ad oggi, al di làdelle buone o cattive intenzioni degli unio degli altri, ogni tentativo di risoluzionedel conflitto, alimentando un persistentee forte stato di tensione. Lo stesso murorecentemente eretto da Israele, a prote-zione della propria sicurezza, e da noiattraversato per visitare Betlemme, in ter-ritorio palestinese, a pochi chilometri daGerusalemme, costituisce una manife-stazione evidente della incapacità o impos-sibilità di trovare una soluzione pacificae condivisa alla problematica e difficile con-vivenza tra israeliani e palestinesi.

di Marisa Cardillo

Foto di gruppo