Leonardo Terzo, "Fotografia: mitografia e demitizzazione" (contents, ch. 2, 3)

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Fotografia mitografia e demitizzazione Leonardo Terzo A RCIPELAGO EDIZIONI

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Intorno alla fotografia, dal momento della sua invenzione nell’Ottocento fino al presente, per esempio da Baudelaire a Susan Sontag, si accresce una letteratura sconfinata, da principio in parte avversa e denigratoria, ma poi sempre più celebrativa ed auto-compiaciuta. Lo scopo delle riflessioni che costituiscono questo libro sarà perciò il tentativo di smitizzare, per quanto possibile, la fotografia dalle esagerazioni e dagli equivoci che incrostano un efficace e comprensibile discorso su di essa. Si può dire che tutti i discorsi sulla fotografia, pur nelle loro varie gradazioni, non possano sfuggire ad una sorta di osmosi argomentativa. Questa comunanza di fondo è persino auspicabile, ma non è difficile individuare in ogni autore un interesse distintivo preminente. Così direi che l’intervento di Benjamin sulla fotografia e la riproducibilità è antesignano della teoria della comunicazione, e ciò ne spiega la grande fortuna fino ai giorni nostri. Quello di Barthes è un itinerario nella continuità indeterminata della divagazione emotiva, indotta dalla fotografia nell’esperienza individuale. Quello di Krauss è un’esplorazione dell’inevitabile, ma non sempre percepita, influenza “tecnica” della fotografia sull’arte e le arti. Quello di Sontag infine esplora principalmente gli effetti sociali della fotografia come “nuova invenzione”, con una sorprendente quantità di sfaccettature.Un libro sulla fotografia di solito è corredato da una certa quantità di immagini. Di fatto proprio per l’interesse che tutte le fotografie suscitano, sarebbe stata riduttiva e contraddittoria qualsiasi scelta, ovvero l’esclusione della grande maggioranza di tutte le immagini che la tecnologia contemporanea mette a disposizione di tutti sul web. Perciò si è deciso di non inserire fotografie, ma solo link in rete relativi a siti e a nomi. Al lettore è anzi consigliato di digitare nei vari motori di ricerca tutti i nomi che incontra nel testo, e questo libro diventerà a sua volta un ipertesto senza confini.

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    Fotografia: mitografia e dem

    itizzazioneLeonardo Terzo Fotografiamitografia e demitizzazione

    Leonardo Terzo

    A RCIPELAGO EDIZIONI

    Leonardo TerzoFotografia: mitografia e demitizzazione

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    15,50[IVA assolta dalleditore]

    In copertina: Jack the PhotographerFoto di Leonardo Terzo, Londra 2010

    Intorno alla fotografia, dal momento della sua invenzione nellOttocento fino al presente, per esempio da Baudelaire a Susan Sontag, si accresce una letteratura sconfinata, da principio in parte avversa e denigratoria, ma poi sempre pi celebrativa ed auto-compiaciuta. Lo scopo delle riflessioni che costituiscono questo libro sar perci il tentativo di smitizzare, per quanto possibile, la fotografia dalle esagerazioni e dagli equivoci che incrostano un efficace e comprensibile discorso su di essa.

    Si pu dire che tutti i discorsi sulla fotografia, pur nelle loro varie gradazioni, non possano sfuggire ad una sorta di osmosi argomentativa. Questa comunanza di fondo persino auspicabile, ma non difficile individuare in ogni autore un interesse distintivo preminente. Cos direi che lintervento di Benjamin sulla fotografia e la riproducibilit antesignano della teoria della comunicazione, e ci ne spiega la grande fortuna fino ai giorni nostri. Quello di Barthes un itinerario nella continuit indeterminata della divagazione emotiva, indotta dalla fotografia nellesperienza individuale. Quello di Krauss unesplorazione dellinevitabile, ma non sempre percepita, influenza tecnica della fotografia sullarte e le arti. Quello di Sontag infine esplora principalmente gli effetti sociali della fotografia come nuova invenzione, con una sorprendente quantit di sfaccettature.

    Un libro sulla fotografia di solito corredato da una certa quantit di immagini. Di fatto proprio per linteresse che tutte le fotografie suscitano, sarebbe stata riduttiva e contraddittoria qualsiasi scelta, ovvero lesclusione della grande maggioranza di tutte le immagini che la tecnologia contemporanea mette a disposizione di tutti sul web. Perci si deciso di non inserire fotografie, ma solo link in rete relativi a siti e a nomi. Al lettore anzi consigliato di digitare nei vari motori di ricerca tutti i nomi che incontra nel testo, e questo libro diventer a sua volta un ipertesto senza confini.

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    Cod. 504 copertina Terzo Fotografia.pdf 1 21/02/2014 19.28.36

  • Fotografia:

    Leonardo Terzo

    mitografia e demitizzazione

  • Edizione a cura diArcipelago Edizioni

    Via G.B. Pergolesi, 1220090 Trezzano sul Naviglio (Milano)

    [email protected]/ArcipelagoEdizioni

    Prima edizione febbraio 2014ISBN 978-88-7695-504-4

    Tutti i diritti riservatiRistampe:7 6 5 4 3 2 1 02020 2019 2018 2017 2016 2015 2014

    vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresala fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

  • INDICE

    Leonardo TerzoPremessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

    1. Cosa fa chi fotografa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111.1 Cosa fa chi fotografa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111.2 Origini e commistioni: fedelt, perfezione,

    arresto del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151.3 Gli equivoci dello specifico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171.4 Linvenzione della macchina e i suoi effetti . . . . . . 201.5 Vista, punto di vista e inquadratura. . . . . . . . . . . . 231.6 Listantaneit: bella e brutta . . . . . . . . . . . . . . . . . . 241.7 Bellezza, documentaria e creativa . . . . . . . . . . . . . 271.8 Ontologia e usi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 301.9 Parola e immagine fotografica . . . . . . . . . . . . . . . . 331.10 Fotografia, intenzione e ideologia . . . . . . . . . . . . . . 351.11 Rappresentazione e informazione . . . . . . . . . . . . . . 371.12 Realt e finzione: arte e deissi, la genesi del valore 381.13 Poetiche artistiche e il pensiero dei fotografi . . . . . 411.14 Quando la bellezza sta nel fallimento di sfuggire

    alla realt . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 451.15 Fotografia e interlocuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . 501.16 Semplificazione tecnica, impegno, attualit

    e identit collettiva. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 511.17 Fotografia e Storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 541.18 Fotografia e antropologia autoriflessiva . . . . . . . . . 561.19 Il reportage e le funzioni della fotografia . . . . . . . 581.20 Il reportage e la necessit del caso . . . . . . . . . . . . 621.21 Il neo-pittorialismo:

    allinseguimento dellarte contemporanea . . . . . . . 641.22 Fotografia e linguistica:

    un matrimonio che non sha da fare . . . . . . . . . . . . 671.23 La fotografia della merce: la moda . . . . . . . . . . . . . 701.24 Ricordare, rivedere, rivivere:

    dalle fotografie di famiglia ai selfie . . . . . . . . . . 731.25 La fotografia manipolata e contraffatta . . . . . . . . . . 75

  • 2. Fotografia e iconologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 792.1 Regimi scopici: storia delle poetiche della visione 792.2 Limmagine: vicissitudini e trasferimenti . . . . . . . . 792.3 Razionalit prospettica, empirismo visivo

    e sublimazione barocca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 842.4 Lipotesi di logocentrismo fotografico . . . . . . . . . . 872.5 La fotografia concettuale e altre poetiche . . . . . . 912.6 La fotografia allestita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 972.7 Poetica e comunicazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1012.8 Parentesi storica: le funzioni dellarte . . . . . . . . . . 1072.9 Creativit e realt: Bazin e Barthes . . . . . . . . . . . . 1112.10 Ritrattistica e creativit: Nadar e Baudelaire . . . . . 1132.11 Il paesaggio urbano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1142.12 Lesteticizzazione della vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121

    3. Charles Baudelaire. Sulla fotografia [Salon 1859] . . . . . . 127

    4. Walter Benjamin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1374.1 La storia della fotografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1374.1.1 Glossario speculativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1474.2 Lopera darte nellepoca

    della sua riproducibilit tecnica . . . . . . . . . . . . . . . 1504.2.1 Walter Benjamin, La Gioconda e Marylin Monroe 1504.2.2 Larte di massa: fotografia e cinema . . . . . . . . . . 1524.2.3 Tra intuizione e imprecisione . . . . . . . . . . . . . . . 1584.2.4 Let della tecnica e la filosofia di Benjamin . . . . 163

    5. Rosalind Krauss. Le Photographique, 1990 . . . . . . . . . . . 1695.1 La storia della fotografia come scarto (deviazione) . 1695.2 Fotografia, Dada e realt . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175

    6. Susan Sontag Sulla fotografia. Realt e immagine nella nostra societ, 1973-1977 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1796.1 Il fotografo come antropologo . . . . . . . . . . . . . . . . . 1796.2 Fotografia americana:

    societ, democrazia e bellezza . . . . . . . . . . . . . . . . 1856.3 Arbus vs. Warhol . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1906.4 Fotografia, malinconia e surrealt:

    lo strano caso della decreazione . . . . . . . . . . . . . 193

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  • 6.5 Fotografia, verit ed entropia . . . . . . . . . . . . . . . . . 2016.6 Cadaveri e cavoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2106.7 La fotografia di Shakespeare . . . . . . . . . . . . . . . . . 2186.8 Ricezione, politica e antropologia . . . . . . . . . . . . . 2226.9 John Berger, Usi della fotografia, 1978,

    in Del guardare, 1980 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226

    7. Roland Barthes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2297.1 La camera chiara. Nota sulla fotografia, 1980 . . . . 229

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  • PREMESSA

    Intorno alla fotografia, dal momento della sua invenzionenellOttocento fino al presente, per esempio da Baudelaire aSusan Sontag, si accresce una letteratura sconfinata, da princi-pio in parte avversa e denigratoria, ma poi sempre pi celebra-tiva ed auto-compiaciuta. Lo scopo delle riflessioni che costi-tuiscono questo libro sar perci il tentativo di smitizzare, perquanto possibile, la fotografia dalle esagerazioni e dagli equi-voci che incrostano un efficace e comprensibile discorso su diessa.

    Si pu dire che tutti i discorsi sulla fotografia, pur nelle lorovarie gradazioni, non possano sfuggire ad una sorta di osmosiargomentativa. Questa comunanza di fondo persino auspica-bile, ma non difficile individuare in ogni autore un interessedistintivo preminente. Cos direi che lintervento di Benjaminsulla fotografia e la riproducibilit antesignano della teoriadella comunicazione, e ci ne spiega la grande fortuna fino aigiorni nostri. Quello di Barthes un itinerario nella continuitindeterminata della divagazione emotiva, indotta dalla fotogra-fia nellesperienza individuale. Quello di Krauss unesplora-zione dellinevitabile, ma non sempre percepita, influenza tec-

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  • nica della fotografia sullarte e le arti. Quello di Sontag infineesplora principalmente gli effetti sociali della fotografia comenuova invenzione, con una sorprendente quantit di sfaccet-tature.

    Un libro sulla fotografia di solito corredato da una certa quan-tit di immagini. Di fatto proprio per linteresse che tutte lefotografie suscitano, sarebbe stata riduttiva e contraddittoriaqualsiasi scelta, ovvero lesclusione della grande maggioranzadi tutte le immagini che la tecnologia contemporanea mette adisposizione di tutti sul web. Perci si deciso di non inserirefotografie, ma solo link in rete relativi a siti e a nomi. Al letto-re anzi consigliato di digitare nei vari motori di ricerca tutti inomi che incontra nel testo, e questo libro diventer a sua voltaun ipertesto senza confini.

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    FOTOGRAFIA E ICONOLOGIA

    2.1 Regimi scopici, ovvero: storia delle poetiche della visione

    La critica e la valutazione della fotografia condivide con la cri-tica e lapprezzamento dellarte le modalit storiche, sociali,arbitrarie e aleatorie del suo svolgersi nel tempo e nello spaziogeografico e culturale. Oltre la condivisione che tutti i fenome-ni culturali problematicamente affrontano alla ricezione, questofatto accentuato dalla comune necessit di regolarsi su ciche il senso della vista percepisce e trasmette alla cognizionedel cervello e alleducazione del gusto. Ci che gli storici del-larte denominano regime scopico, cio la poetica dominantenella visibilit di un determinato periodo della storia dellarte,vale anche per la storia delle poetiche fotografiche.

    2.2 Limmagine: vicissitudini e trasferimenti

    Sul modello della svolta linguistica o linguistic turn, verificata-si nella filosofia occidentale del 900 secondo Richard Rorty,W.J.T. Mitchell, in Pictorial Turn, (1992-2007, trad it. a cura diMichele Cometa, :duepunti edizioni, Palermo, 2008) elabora ilconcetto di svolta visiva. Con essa egli vuole indicare tutte leoccasioni in cui, nella Storia, limmagine diventata e diventapi rilevante della parola come fenomeno di interesse cultura-

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    le. Infatti, ben prima dei mezzi di comunicazione di massa,limmagine ha prevalso, per esempio quando nella Bibbia gliebrei adorano il vitello doro, in luogo di osservare i comanda-menti espressi in parole delle leggi di Mos. Altri esempi sonoladozione della prospettiva, del cavalletto per dipingere alla-perto, e della fotografia. Ci avviene anche nel linguaggio nor-male quando si usano le metafore, che sono appunto immagini,ritenute necessarie o pi efficaci per la comunicazione. Peresempio nella frase di John Donne: No Man Is an Island,descrivere la separatezza individuale delluomo come unisolaci fa capire meglio il concetto, sostituendo il significato socialee psicologico con unimmagine geografica.

    Ma queste svolte visive sono di solito effetto di mutamenti piprofondi: tecnologici, politici o estetici. Perci appaiono mera-vigliosi o minacciosi e idolatri, fino a produrre gli atteggiamen-ti iconoclasti. La paura nasce dallansia che limmagine minac-ci di volta in volta varie cose: dalla parola di Dio allalfabetiz-zazione. La parola associata alla legge, allalfabetizzazione ealle regole delllite; limmagine associata invece alla super-stizione popolare, allanalfabetismo, alla licenziosit. Le svoltevisive di volta in volta derivano da situazioni storiche diverse.

    Secondo Rorty la filosofia occidentale passata da unattenzio-ne alle cose allattenzione alle idee, e nel Novecento allatten-zione al linguaggio, da cui ci che egli ha chiamato linguisticturn. La metafora visiva per Mitchell rivela che la conoscenzanon solo mediata dal linguaggio, ma anche da pratiche di rap-presentazione. Perci una conoscenza e una coscienza iconolo-gica servono oltre che per capire la storia dellarte, anche perla psicologia, le neuroscienze, lepistemologia, letica, le teoriedei media, la politica, formando una sorta di nuova metafisicadellimmagine. Per tenere a bada questa tendenza verso ilvisuale, la filosofia del 900 ricorsa alla semiotica, allo strut-turalismo, al decostruzionismo (contro il logocentrismo), allateoria dei sistemi, e alliconologia critica.

  • Ma un concetto ancora pi importante e chiarificatore laseparazione dellimmagine dal suo supporto fisico, come il qua-dro o la pellicola e lo schermo, o la fotografia cartacea.Limmagine la forma che si vede, distaccata dal supporto sucui la percepiamo, e spostabile altrove o anche solo nellamemoria, nellimmaginazione, nel sogno. Questa idea fonda-mentale era gi stata espressa da Oliver Wendell Holmes in unarticolo sullAtlantic Monthly del 1859 (Trad. it. Il mondo fattoimmagine, Costa e Nolan, Genova 1995), quando scrisse checon la fotografia la forma divorzia dalla materia e ancora: lamateria sempre statica e costosa; la forma economica e tra-sportabile. Limmagine perci pu essere pensata in s, comeentit immateriale e fantasmatica, che viene messa su un sup-porto materiale. Gi lombra che un corpo proietta unimma-gine. Le forme ornamentali come i fregi sono una sorta digrado zero dellimmagine. Essa un segno iconico, cio fon-dato sulla somiglianza con ci che rappresenta. La fotografia la somiglianza di una forma su carta con ci che per un momen-to, il momento dello scatto, stato effettivamente e material-mente davanti allobbiettivo. Questo stare davanti una rela-zione spazio-temporale di cui la fotografia la traccia rimasta.

    Una critica al turismo di massa del secolo scorso ricorreva pro-prio allargomento che le persone non viaggiavano pi pervedere i luoghi lontani ed esperirne le circostanze geografiche,sociali e culturali, ma si limitavano a fotografarli per poi passa-re in fretta ad un altro luogo da fotografare, e solo al ritorno acasa il frutto del viaggio veniva fruito e goduto guardando lefotografie. Il senso di tale comportamento proprio la provadocumentata che chi ha scattato la fotografia stato davvero inquei luoghi, ma appena il tempo istantaneo dello scatto. Lafruizione del viaggio non avveniva nel tempo usuale di unespe-rienza reale abbastanza lunga, sebbene temporanea, ma neltempo istantaneo sufficiente e necessario a scattare la fotogra-fia.

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  • Tuttavia, seguendo come si detto la semiotica di Peirce, lafotografia non sarebbe un segno iconico, bens un indice o indi-zio di un evento reale. La dimensione meccanica e insieme lanaturalezza materiale (luce, chimica, visione) della fotografiaproducono la complessit del fenomeno che apparentemente sipresta invece ad una fruizione semplice e ingenua. Questo per-ch si tratta di qualcosa che si inserisce in una serie moltepli-ce di cornici ovvero di attivit percettive e intellettuali. Essainfatti riguarda il carattere della rappresentazione, dellimma-gine, dellattivit umana che la realizza, della sua classificazio-ne relativamente alle finalit e ai risultati.

    Se esaminiamo fotografia, in prima istanza, come interventoumano, si pu retrocedere provvisoriamente il suo contenuto astrumento, per evidenziare invece lazione come interlocuzionee significazione, non pi della natura (rappresentata), ma del-luomo. Se descriviamo latto del fotografare come selezione diqualcosa da osservare, la selezione fotografata sceglie e ritagliaun punto di vista, ma in primo luogo, con la premessa implici-ta o esplicita a seconda delle poetiche, per affermare la qualitumana dellintervento.

    In questa decisione preliminare non conta ci che si scelto,ma che si fatta una scelta. Il mondo viene ridotto a inquadra-tura e questo, come vuole la semiotica di Peirce, testimoniadellazione in quanto indice. Il progressivo svuotamento delrappresentato, che comune a tutta larte contemporanea(abbiamo fatto lesempio del Quadrato bianco su fondo bian-co di Malevic), traina anche la fotografia, pur a posteriori,verso la produzione della semplice perfomance. Lultimo statu-to ontologico della fotografia la intende perci come esibizionedella traccia: sono stato al Colosseo e infatti lho fotografato.

    Con luso di una terminologia peculiare: traccia, indice, sup-plemento, spaziatura, il fine di questa deriva trasformare lecose in linguaggio. Ogni cosa come (appare) perch par-

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  • lata, anche se solo attraverso la scelta. cio mostrata come sefosse detta, significata con una sintassi ogni volta reinventata epoi in parte stabilizzata. la considerazione dellarte vista nonpi come discorso per i sensi e la sensibilit, ma come pensie-ro. E tuttavia come un pensiero primitivo, appunto perch pre-liminare. Nellessere umano uscito dalla ferinit ed entratonella Storia, la vista infatti preliminare agli altri sensi nellac-costamento e nellidentificazione del mondo, ma lidentificazio-ne del mondo visto vorrebbe diventare, seppure mediatamen-te, discorso linguistico.

    Resta il fatto che la forma un elemento di tanti regimi ontolo-gici: c la forma del Duomo di Milano e la forma dellInfinitodi Leopardi. La fotografia del Duomo di Milano non il Duomodi Milano, ma solo una copia visibile e non esperibile con glialtri sensi. La fotografia ci fa vedere come fatto, ma non pos-siamo entrare nel Duomo di Milano fotografato. Anche questo in parte in via di superamento perch la realt virtuale ci pudare comunque un senso della tridimensionalit. Comunquenon sar mai come entrare nel Duomo, calpestarne il pavimen-to e toccarne la pietra e le statue. Invece ogni copia dellInfinitodi Leopardi esattamente lo stesso unico e solo Infinito diLeopardi, anche se stampato in migliaia di libri diversi o reci-tato da migliaia di persone diverse. Ci in cui consiste la poe-sia di Leopardi la sua forma poetica fatta di parole, col lorosignificato esperibile con la mente e il loro suono ascoltabilecon ludito.

    C poi il concetto di meta-immagine, quando unimmagine necontiene unaltra: per esempio Las Meninas, di Velasquez,1656, o tutte le rappresentazioni di un personaggio che si guar-da allo specchio, per esempio Narciso, che infatti la favoladella problematicit del rapporto tra realt e immagine. Oppurelillusione ottica dellAnatra-Coniglio, inventata dallo psicologoJoseph Jastrow e citata da Wittgenstein, che rappresenta unproblema epistemologico; oppure ancora lallegoria platonica

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  • della caverna. In tutti questi casi limmagine usata perchefficace nella presentazione di concetti complessi. Per esempiola societ organizzata politicamente rappresentata spessocome un corpo umano, per esempio sia nellapologo di MenenioAgrippa sia da Hobbes nel Leviatano, 1660.

    Secondo Mitchell un ulteriore avanzamento nella direzionedella svolta visiva si avuto con la chirurgia plastica e poi conla clonazione, che duplicano o trasformano una forma fisica, equesto si rif allarchetipo delluomo creato a immagine di Dio,nella Bibbia, e ripreso in letteratura da Frankenstein, dalGolem, dai robot, e dalla fantascienza cyborg.

    Con la svolta linguistica il mondo inteso come un testo, lanatura e la scienza sono discorsi, e anche linconscio strut-turato come un linguaggio (Lacan). Limmagine per diventa orimane un problema irrisolto: pu essere trattata come para-digma (Thomas Kuhn) o come anomalia (Adorno etc.). Sullascorta della svolta linguistica, anche la svolta visiva trasferisce,in termini di educazione e pratica dello sguardo come colpodocchio, sorveglianza, piacere visivo, tutti i problemi delladecifrazione, decodificazione e interpretazione dei testi, inrelazione al pensiero religioso, scientifico e politico. Come seun intero periodo storico fosse un soggetto percipiente alleprese con forme simboliche da interpretare. I limiti di questa ealtre ricerche che non facile fare una storia empirica dellaspettatorialit e della visualit come pratica quotidiana del-losservatore caratterizzato da genere, classe o etnia.

    2.3 Razionalit prospettica, empirismo visivo e sublimazionebarocca

    Secondo lo storico Martin Jay in Scopic Regimes ofModernity, (in Lash & Friedman eds., Modernity and Identity,

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  • Blackwell, Oxford, U.K. and Cambridge, USA, 1992), ogniincremento dei mezzi visivi, dalla stampa al telescopio, almicroscopio, rafforza la percezione sensoriale a danno dellariflessione intellettuale, costituendo di volta in volta differentiregimi scopici. In questo senso la modernit sarebbe caratte-rizzata da diverse e conflittuali subculture visive.

    Nella Storia, la prospettiva rinascimentale si pu collegare allafilosofia razionalista di Descartes, che assimila lindaginescientifica e intellettuale della mente al fenomeno naturaledellispezione visiva della retina oculare. Questa scelta appa-rentemente naturale invece considerata da Panofsky a suavolta una scelta in qualche misura arbitraria, influenzata dalli-dea medievale della luce come luce divina, che illumina e for-nisce regolarit matematica alle cose del mondo, perch effettodella volont di Dio. La convenzionalit della prospettiva datainfatti dalla riduzione della visione binoculare a quella mono-culare, dalla tridimensionalit delle cose osservate alla bidi-mensionalit delle immagini rappresentate. Con la visione pro-spettica, il pittore, come poi il fotografo, fissa in un momento lasua osservazione del mondo, in uno spazio geometrizzato chetendenzialmente riduce il coinvolgimento emotivo ed eroticodellosservatore verso un atteggiamento pi distaccato e scien-tifico.

    Losservatore e losservato si distaccano e si allontanano fino alclamoroso ricongiungimento erotico di opere come Le Djeunersur lherbe, e Olympia di Manet. Nella prospettiva anche ilmovimento narrativo delle scene viene meno in qualchemisura, a vantaggio di una certa astratta staticit. Cos intesa sipu dire che la prospettiva, oltre a diminuire la funzione narra-tiva e illustrativa dellarte come Bibbia dei poveri, anche ilprimo passo della lunga strada verso il cubismo. Il mondo rap-presentato non pi il libro di Dio, ma una serie di oggettinaturali da osservare con latteggiamento spassionato delloscienziato. Il quadro a sua volta, come tela trasferibile, diventa

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  • commerciabile sul mercato, e cio separabile sia dallautoreche dal committente, e soprattutto da ogni visione trascenden-te.

    Coeva, ma segno di un diverso regime scopico, sarebbe invecela pittura olandese e nordica in genere, per esempio Vermeer,Drer, filosoficamente riconducibile allempirismo baconianoinvece che al razionalismo cartesiano. Essa privilegia i partico-lari, gli interni, le cose, il frammento, il dettaglio, le luci rifles-se, le superfici, le ombre. Un regime che, per usare la distinzio-ne di Lukcs, si fonda sulla descrizione verista invece che sullanarrazione realistica. In questo senso pi vicina alla fotogra-fia, soprattutto per la ricerca di inquadrature pi arbitrarie, edel fascino della cosalit.

    Ovviamente un ulteriore regime scopico quello del barocco(vedi Christine Buci-Glucksman, La Raison baroque, 1984, tr.it. Costa e Nolan, Genova, 1992). Meno netto e lineare, anzi:irregolare, deformante, bizzarro, variato, multiplo, eccessivo,aperto, il barocco la vera opposizione allo stile prospettico eplanimetrico del Rinascimento. Esso si oppone anche alla chia-ra leggibilit dellarte descrittiva olandese, rifiutando di ridur-re in sintesi lindecifrabilit della realt e degli spazi visivi.Contro le semplificazioni del razionalismo si rif alla retorica,alla mistica della Controriforma, e si contamina con gli effettidella percezione tattile. Poich tenta di rappresentare il nonrappresentabile, ed quindi destinato al fallimento, permea-to di unintrinseca tristezza, che Benjamin attribuisce al baroc-co come forma di malinconia. Lirraggiungibilit della meta loassimila al sublime, mentre lerotismo ritorna nello sguardodesiderante, sebbene sia il desiderio di qualcosa di oscuro.

    Lo sguardo fotografico pu essere o sembrare freddo, oppurecarico di desiderio, ma a dire il vero un capannone industrialeabbandonato suscita meno desiderio che un corpo a sua voltadesiderante. Ma freddezza o desiderio erotico sono associabili

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  • alloggetto fotografato perch in tal modo sono di solito consi-derati nella vita reale delle persone. Tale modo di vedere si tra-sferisce inevitabilmente dallhabitus dei comportamenti realiallesperienza dellosservazione fotografica. Quindi anche inquesto caso non la fotografia a suscitare o meno certi sguardi,ma ci che della realt oggettivamente la fotografia sceglie dirappresentare. Tanto vero che i desideri suscitati da oggettiinusuali sono chiamati perversioni. Di volta in volta chi prefe-risce lordine geometrico cartesiano o chi preferisce il partico-lare empirico baconiano o chi preferisce la mobilit fluida esublimizzante del barocco e del neobarocco postmoderno puaccusare di distorsione o reificazione o perversione gli altriregimi scopici.

    2.4 Lipotesi di logocentrismo fotografico

    Nella fotografia professionale, considerata di alto livello, siadarte sia di documentazione del reale (fotogiornalismo, moda),denominata anche dautore (come i cantautori o il cinemadautore), le immagini hanno un senso specifico, che il con-tenuto della testimonianza. Sintende che essa d il reale senzaaggiungervi altro.

    Si vuole invece da alcuni (per esempio da Viviana Gravano, Peruna nuova estetica fotografica, Mimesis, Milano 1997), unaltrafotografia, non testimone, n documento, bens concettuale,che dovrebbe scoprire ci che invisibile allo sguardo natura-le. Essa sarebbe creativa, come compito dellarte, ma la suaeccezionalit il fatto che essa crea pur essendo un mezzotecnico votato a copiare e rappresentare la realt, duplicandoesattamente ci che davanti allobbiettivo. Come fa? Si trattadi una contraddizione, secondo me insanabile, che i fotografifanno finta di aver superato, con grande spreco di ipotesi inso-stenibili.

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  • La riproduzione per comunque una riduzione, per esem-pio perch rende bidimensionale la realt tridimensionale.(Vedi: Renato De Fusco, La riduzione culturale, in Filosofiadel design, Einaudi, Torino, 2012). Tuttavia la fotografia, perquanto riduzione bidimensionale un perfetto analogo dellog-getto reale. La fedelt al reale la sua caratteristica rilevante,e quindi la sua funzione essenziale. Peraltro anche molta partedella pittura ha avuto lo stesso carattere di documento e la stes-sa funzione riproduttrice. Ma a differenza della pittura, esegui-ta dalluomo, ci che inquieta nella fotografia che, come siripete inevitabilmente, eseguita dalla macchina. Lo stessopregiudizio si trasferisce poi infatti nei confronti dellaComputer-Art. La documentazione appare una funzione esau-stiva in s: non vi aggiunta o trasformazione inventiva. Questo il senso comune e letterale della cosa, ma i cultori della foto-grafia non vi si rassegnano, e cercano di sfuggirvi con una plu-ralit di invenzioni dialettiche.

    E del resto se la funzione documentaria, aggiungere dellaltrosarebbe uno sbaglio o un falso. Poi vedremo infatti come la foto-grafia stata spesso oggetto di falsificazioni sin dal suo nasce-re. Si dovrebbe dire che il contenuto rende invisibile e irrile-vante la forma, perch tutta la sua funzione formale si esauri-sce nel contenuto. Il che diverso dallinscindibilit di signifi-cante e significato nella funzione autoriflessiva dellarte. Delresto ogni cosa ha una forma, anche se non ci interessa dalpunto di vista estetico. Quindi la forma di un messaggio refe-renziale o di una rappresentazione documentaria necessaria eserve a identificare il messaggio o loggetto rappresentato,esaurendo in ci la sua funzione. Non sarebbe nemmeno neces-sario dirlo, se non per il fatto che, quando sentiamo la parolaforma, come per un riflesso condizionato, ci viene in mentela forma estetica, e il suo di pi di ambiguit e connotazionefornitogli dalle teorie moderniste.

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  • Bisogna aggiungere per che se larte stessa, per esempio nellapittura di paesaggio del 700, aveva una funzione documentariae informativa, ma era pur sempre arte, vuol dire che la riprodu-zione, per quanto servile, richiedeva unabilit artistica oartigianale, oggi diremmo da arte applicata, che poi era semprestata la funzione dellarte come utilit per celebrare i contenu-ti, mitologici, religiosi, storici, che larte ha sempre avuto. Soloche non aveva quella speciale aura che larte (per larte) acqui-sisce pur gradualmente a partire appunto dalla nozione diestetica nel 700.

    Noi ora sappiamo anche che ogni linguaggio, per quanto neu-tro, contiene una compromissione con dei valori che ne carat-terizzano comunque lapparente neutralit: il problema dellogocentrismo. La poetica del realismo per esempio miraallesattezza, ma per il fatto di essere una scelta di poeticadiventa una presa di posizione che vuole essere critica rispettoalle poetiche precedenti che ritiene idealizzanti e quindi ingan-nevoli. Il realismo un fatto culturale che vuole essere natura-le. Ci sembra una contraddizione in termini, ma forse soltan-to una logica fuzzy, cio non rigorosa, ma approssimativa. Ilvantaggio dellapprossimazione sta appunto nel poter essereusata anche se non rigorosa, ma solo probabilistica, e giudica-re dai risultati lutilizzo di essa.

    Dobbiamo chiederci se la consapevolezza della non neutralitdegli strumenti volti al realismo vale anche per la fotografia,cio per la macchina. A mio parere no. Vedere anche la ripro-duzione meccanica come immaginativa, se non immaginaria,cosa comporta? una negazione del rigore scientifico? Ma sesi considera la fotografia come mezzo artistico, secondo me ilproblema superato automaticamente, perch questione diattribuzione di un valore interpretativo e propriamente apprez-zativo, dovuto allideologia della ricezione e dei fruitori, i qualigiocano con le loro pulsioni ermeneutiche. Loggettivit sitrasforma cos in un test di Rorschach, cio quel test psicologi-

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  • co per cui si mostrano delle macchie al paziente e lui deve direcosa ci vede, anche se in realt ci sono solo macchie. Ma lafunzione dellarte moderna vuole essere proprio la polisemia,ovvero la capacit di significare una pluralit di significati.Quindi la fotografia, pur oggettiva di necessit, cade comunquenel probabilismo e nellindeterminazione creativa delle poeti-che moderniste, per il mero fatto che gli autori e di seguito ifruitori gliele attribuiscono.

    Occorre dire che, per sua natura, il mezzo fotografico, poich fondato sulle forme visibili, cio produce delle immagini, naturalmente portato al formalismo delle forme. Solo chequeste forme non derivano da un apporto creativo, bens da unascelta che non produce il nuovo, ma produce lofferta di qual-cosa che, pur essendo da sempre disponibile per tutti, non eraancora stata scelta da altri.

    La Storia del resto di per se una serie innumerevole di azioniumane eseguite di volta in volta, e secondo alcuni, gli storici-sti, irripetibili, ma secondo altri, gli scienziati, sebbene scien-ziati sociali, similari, anche in termini di costanti antropologi-che, tanto vero, per esempio, che ci sono numerosissimiscritti sul carattere degli italiani da Dante a Guicciardini aLeopardi, e di recente da Bollati ad Asor Rosa e altri. Tutti gliitaliani hanno lo stesso carattere? Dal medioevo al duemila?Ovviamente no, quindi il carattere degli italiani unappros-simazione dialettica ad una serie di aspetti somiglianti, cheserve ad intendersi per convenzione. Allo stesso modo in este-tica si costruisce lidea di stile, che consiste nel ripetersi dialcune caratteristiche in una serie di opere e quindi anche difotografie. Ma nella creazione artistica gli aspetti che si ripeto-no sono stati inventati dagli autori, nella fotografia ci che siripete sono le scelte di particolari contenuti fra tutti quelli foto-grafabili nel mondo.

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  • 2. 5. La fotografia concettuale e altre poetiche

    La consapevolezza della meccanicit della fotografia produ-ce reazioni di tutti i tipi. Per molti detrattori, la fotografia sareb-be unimmagine diminuita e falsata, perch mancherebbe diuno sguardo umano. Al contrario per altri chi non va al di ldei contenuti non vuol vedere il suo aspetto concettuale,nuovo modo di definire lo stile o un qualsiasi di pi interpre-tativo, attribuito per esclusivamente dallautore e/o fruitore, amio parere, in termini sostanzialmente arbitrari. Lo scatto fissaun momento in cui il rappresentato stato tale di fronte allau-tore dello scatto. La foto documenta due presenze (fotografo ecose fotografate), due modi di esserci, uno di fronte allaltro. Maci insieme tutto il possibile e anche linevitabile. Ci chelautore della foto fa essere l e inquadrare quella porzione direalt. Oltre allesserci e a scegliere linquadratura, non pucreare nulla.

    Tuttavia nel momento in cui la fotografia inalbera la pretesadella creativit, passa immediatamente nellambito dellesteti-ca e subisce e ripete tutte le trasformazioni e contorsioni pro-prie delle poetiche che la storia dellarte annovera, prima edopo la nascita dellestetica stessa. Per esempio VivianaGravano cita due vie di oltrepassamento del dato visivo: lan-nullamento della riconoscibilit, tramite fotografia astratta, olestrema oggettivit, o fotografia fredda. Mentre la prima misembra possibile, nella direzione della pittura informale, laseconda no. Loggettivit sempre oggettiva e non si vede comesi possa raffreddarla.

    Come esempi vengono indicate le foto dei coniugi tedeschiBecher, o quelle di William Klein. I Becher fotografano peresempio edifici industriali abbandonati. Labbandono in uncerto senso li esclude dalla presenza umana, e questo li rende-rebbe freddi. Questo vero, ma la contingenza dello scattonon diversa per un edificio abbandonato che per lo scatto di

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  • Leonard Freed che coglie invece il momento molto movimen-tato, in cui un agente ha presumibilmente appena sparato adun delinquente in fuga che ora giace per terra vicino a lui.Certo la realt catturata da Freed tutta azione, ma, nellafoto davanti allocchio, tutto e rimane immobile come ledifi-cio abbandonato. Entrambi gli scatti sono sempre e comunquecontingenti (cio colgono quel momento) e non possono cheessere tali.

    Poi alledificio abbandonato gli autori attribuiscono un ritmovisivo, che un concetto non del tutto chiaro, ma che comun-que sarebbe sempre anchesso esistente in qualsiasi serie difoto. Ci viene chiamato da Gravano: fotografia concettuale,omologa allarte concettuale. In estetica, larte concettuale quella che mette in scena le cose e le azioni pi varie, per atti-rare lattenzione su qualche aspetto problematico emerso nellacontemporaneit, riguardo al modo di fare o concepire lartestessa e le sue funzioni. Per esempio una problematicit logicadellessere o del mostrare, invece che il piacere estetico dellacontemplazione o altre poetiche tradizionali. Questo solo unaccanimento nella direzione della problematicit gi presa datutte le avanguardie e in particolare dal surrealismo di Magrittee dal Dadaismo. Il termine concettuale in un certo sensoesprime bene cosa cerca di essere, perch sottolinea che que-sto tipo di arte un pensiero concepito e non un opera materia-le. Poich lopera concettuale si esauriva spesso in un compor-tamento, poi chiamato performance, la fotografia e il cinemavi si introducono come mezzo di documentazione dellazionesvolta. Il paradosso che il concettuale non materializzato del-larte si materializza surrettiziamente usufruendo della naturadocumentaria della fotografia, che proprio ci di cui la foto-grafia concettuale vuole liberarsi.

    Ma la concettualit dellarte e della fotografia un passoavanti oltre il processo di semplificazione o impoverimento deicontenuti che, iniziato meritoriamente come accesso democra-

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  • tico allonore della rappresentazione delle classi escluse, haman mano proceduto verso leliminazione della figurazione,dallastrattismo, ancora significativo, verso linsignificanza tra-vestita da neo-sublime, e infine verso la smaterializzazione verae propria. Nellarte concettuale la materialit sostituita dauna descrizione qualsiasi dellintenzionalit pi o meno ovvia opi o meno bizzarra dellautore. Ma la concettualit immateria-le non si vende, e allora si riattiva una materialit da scherzet-to o barzelletta, per esempio in Cattelan, Beecroft, Koons,Serrano e simili.

    Ovviamente c anche chi si accorge di questo e smascheradeplorandolo il fatto che i fotografi della frontiera industria-le/naturale stanno semplicemente e solamente formulando unanuova serie di convenzioni pittoriche riguardanti il paesaggiodellultimo pastoralismo industriale, cio agendo come truppedassalto di una marcia globale di esteticizzazione, trasforman-do ci che dimenticato e disprezzato in neo-pittoresco. LewisBaltz, (Non)simulacri, 1966, cit. in Valtorta, op. cit., p. 203.

    Come sappiamo, laltro merito che si attribuisce alla fotografia che essa fa vedere pi di quanto veda locchio. Ci vale forserispetto alla visione distratta con cui noi vediamo la maggiorparte delle cose che non ci interessano. Ma se abbiamo interes-se, locchio vede gi tutto quello che vuole vedere, magari conlaiuto degli occhiali, del binocolo o del microscopio. Il futuri-smo crea delle immagini irreali, cio non visibili dal vero, perrappresentare il movimento (Vedi per esempio Giacomo Balla).Esso quindi produce sulla tela delle invenzioni formali che nonsono pi iconiche in senso proprio, cio figurativo, e significa-no movimento per convenzione, solo in parte iconico. Infatti ititoli dei quadri futuristi sono spesso didascalie che dicono ciche locchio altrimenti non capirebbe, cio non vedrebbe. Lapretesa della fotografia concettuale adopera un metodo simileper significare ci che locchio di per s non pu vedere e capi-re, perch non visibile. In questi tentativi di risolvere la con-

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  • traddizione, altre volte si orecchiano le poetiche modernistedella letteratura, interessate ai processi di percezione inveceche alle cose descritte o ai fatti narrati.

    Unaltra funzione attribuita alla fotografia fredda consiste nelvalorizzare la fissit dellaspetto delledificio abbandonato, inquellattimo che nel tempo cronologico reale immediatamen-te superato e passato, e perci non c pi gi nellistantesuccessivo, anche se questo pregio si manifesta meglio solo adistanza di anni o decenni, quando vediamo fotografie di stra-de o quartieri cittadini che ora sono stati ricostruiti. Ma il fasci-no di questa conservazione dellaspetto non pi esistente staproprio nella funzione del documento, che la funzione prima-ria della fotografia. Quindi talvolta si fa passare per arte con-cettuale quello che piuttosto archeologia documentaria.

    La fabbrica abbandonata viene, ingenuamente o meno, offertacon vari pretesti: come immagine dellet postindustriale,oppure come documento della rovina della natura da parte del-luomo, oppure come nuovo deserto rimasto per un po pano-rama, o un ex panorama ora desertificato, o per lo meno aliena-to, su cui, anche a prescindere dalla documentazione fotografi-ca, la teoria sociologica inventa a sua volta i famosi non-luoghidi Marc Aug, qui di seguito nel paesaggio urbano, o il nuovopaesaggismo, teorizzato da Gilles Clment, per valorizzare gliinterstizi di erbacce dovunque luomo abbia mancato di curarecampi o strisce di terreno ritenute irrilevanti.

    Oppure si valorizza lubiquit della comunicazione visiva dimassa, che certi critici dei media, da Baudrillard, a Virilio ealtri, vedono come metastasi ontologica, cio il fatto che si esi-ste solo se si rappresentati. Ma la fotografia non il primopasso nella costruzione dellessere come apparire, cio delle-sistenza come rappresentazione e presenza nella comunicazio-ne, perch questa era tradizionalmente anche la funzione cele-brativa delle arti. La quadreria che tramandava nei palazzi ari-

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  • stocratici le sembianze della casata e della sua genealogia eraun lascito del passato che si assicurava cos un esserci storicoper i posteri.

    La fotografia invece diventa, come tutta la sua evoluzione nellacomunicazione visiva, un supporto ontologico del presente, nonper necessit cronologica di rimanere nel futuro, ma semplice-mente per esserci qui ed ora, su cui Benjamin tanto insiste.Questa la lezione sottostante allidea di essere come appari-re. Ma oltre a ci, i fotografi ne intendono subito la qualit red-ditizia, in quanto fonte di guadagno che d senso al loro artigia-nato. Oltre al senso di orgoglio di poter essere in qualchemisura attori dellevento potendolo vedere (Gravano, p. 27),persino magari illudendosi di avere delle potenzialit eversive.

    C anche unaltra circostanza che pu essere indicata comepeculiarmente significativa, che deriva dallesclusione delmondo restante, in contrapposizione alla scelta della porzionedi realt da inquadrare e documentare. Nel momento delle-sclusione del resto, il mondo diventa totale nel particolare. ci che tutta larte e la vita fanno. Noi non viviamo tutte le pos-sibilit che la vita ci pone davanti: la vita solo quel poco cheriusciamo a vivere scegliendo. Cos pure larte vuole significa-re luniversale attraverso un particolare ritenuto significativo.Linquadratura scelta il mondo nel momento e nei limiti delnostro sguardo attraverso la macchina. Allora ci che si vede meno importante del fatto che si vede. Questo il mondo che ci dato vedere, cio vivere hic et nunc, per dirla con Benjamin.Labilit fotografica, tecnica o artistica che la si voglia intende-re, accettare il visibile. La fotografia in questo senso forse lanalogon della filosofia esistenziale. Non sappiamo esatta-mente cosa vedremo e la libert che abbiamo va utilizzata, maalla fine sappiamo che siamo scagliati in questa condizione,senza un a priori di valori da guardare.

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  • In questa consapevolezza si sviluppa una bulimia del fotografa-re, fagocitando tutto il fotografabile. Linvasione di fotografieche si accumulano intorno a noi la nostra fame di vita, quan-do non sappiamo pi discriminare tra ci che meglio e ci che peggio. Si vuole catalogare e conservare limmagine di tuttoperch la necessit della scelta ci ha resi consapevoli che nonsappiamo scegliere. La scelta il metodo supremo della foto-grafia, ma non ci sentiamo pi o non ci sentiamo mai allaltez-za della responsabilit di scegliere. Perci scattiamo compulsi-vamente: finch c scatto c speranza, o c vita.

    Fotografare diventa quindi: vedere e conservare in attesa di unarivelazione di senso. Fotografare scegliere, ma scegliere unadannazione. La fotografia come arte, applicata o meno comelarchitettura, si fonda sulla sua natura di mezzo e sulla suaeconomia espressiva. Tra le tante poetiche fotografiche, canche quella che ricerca lindistinzione, la non drammaticit,la mancanza di pathos, la monotonia totale. Ma questa pretesain realt altrettanto difficile del suo contrario, perch lindi-stinzione pi atona a sua volta non pu esistere se non nelloc-chio stanco di chi guarda. Vedi i tentativi in questo senso diAndreas Gursky, Thomas Ruff e Thomas Struth. Anche i non-luoghi ipotizzati da Marc Aug, che probabilmente ha ispiratoi succitati fotografi, non sono assoluti, ma relativi alla funzionedei fruitori. http://goo.gl/Htd65w.

    La natura del lavoro fotografico tale che anche la ricerca del-lanonimato, e del distacco assoluto, diventa impegno deldisimpegno, denuncia del disinteresse. Le facce delle personediventano denuncia di circostanze sociali che inducono in une-stasi di spersonalizzazione, un vuoto di carattere, una sorta diauto-ipnosi. E, come tutta larte contemporanea, svaluta le sin-gole immagini a vantaggio dello spazio dove le immagini sub-iscono il processo di installazione. Il supporto fisico siamplia, va oltre la carta su cui stampata la fotografia, escedalla cornice, ma riacquista la sua materialit commerciabile

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  • nellambiente, come luogo immaginario della vera invenzio-ne formale.

    2.6 La fotografia allestita

    Unaltra poetica quella della costruzione di ambienti di tipoteatrale, anche se situati nei luoghi pi vari, come le messe inscena da Jeff Wall o Cindy Sherman, influenzati dal cinema edalla televisione, a cui la fotografia in un certo senso vuolerubare la libert inventiva non reperibile nella realt fotografa-bile. Poich questo tipo di fotografia ha rinunciato a vantare ilrealismo della documentazione e ha accettato uno statuto di fal-sit: falso per falso, questi fotografi la realt da copiare se lacostruiscono da soli, come un set cinematografico. Quindi ciche fanno fotografare una scenografia. Questo metodo, a con-fronto coi regimi scopici delliconologia storica, assimilabileallempirismo di interni della tradizione nordica e olandese inparticolare. Ma chiaramente una ripresa postmoderna tipica-mente citazionista, che saccheggia ogni stile del passato senzarispetto, n reverenza, apparentemente per fini di esplicita iro-nia. Questa ironia da un lato aspira a mettere in evidenza chela realt contemporanea proprio quella che ci perviene attra-verso i media, dallaltro forse nasconde solo un esaurimentodella creativit.

    Ma c un altro aspetto interessante che la cosiddetta fotogra-fia allestita di Cindy Sherman, Jeff Wall e altri mette in evi-denza, ed la rivincita che, almeno inizialmente, la fotografiasi prende nei confronti della posizione subordinata che la con-cettualit le assegnava. Larte concettuale consiste prevalente-mente in una performance, che avviene, ma termina e svanisceappena lazione compiuta. Perci ricorre alla fotografia cometraccia superstite dellavvenuto concettuale. Con la fotografiaallestita lartista torna ad essere il fotografo, che si riappropria

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  • della scena, facendo suoi i comportamenti e le scenografie.Lartista concettuale o produttore di istallazioni temporaneecostruiva qualcosa, la cui successiva disinstallazione e spari-zione era attenuata dal reperto fotografico e, quale che fosse le-vento in questione, sebbene esaurito e sparito, era la sua eve-nemenzialit a dare senso e valore a quel tipo di opera, e nonla sua registrazione fotografica. Con la fotografia allestita lope-ra di nuovo la fotografia e non la scenografia approntata tem-poraneamente per essere documentata.

    A questo punto alcuni artisti concettuali, per esempio SandySkoglund, vengono ad un compromesso e mettono sullo stessopiano sia linstallazione sia il documento fotografico, che siintegrano e coesistono almeno per la durata delle mostre. Ilcapostipite di tutte queste presentazioni o rappresentazioni, oregistrazioni, o manifestazioni, esibizioni, ostentazioni ecc. lantico tableau vivant (immagine vivente) che nasce nelSettecento, ma raggiunge il culmine della moda nellOttocentoconiugandosi con la fotografia, il che, a parer mio, equivale allefotografie dei cadaveri perch, fotografato, il tableau non pivivant.

    Forse per la fotografia allestita mira pi che altro allaccumu-lo di pi funzioni: Cindy Sherman si distingue per come si tra-veste e lo scenario in cui si colloca, richiamando di nuovo lat-tenzione sul contenuto, sebbene immaginario. Gli autori di foto-grafie allestite talvolta fanno cose diverse che definiscono conla stessa terminologia, oppure fanno le stesse cose, ma le chia-mano diversamente. Vogliono tornare ad essere fedeli al propriomezzo e nello stesso tempo essere originali; con sandwich diparole mettono insieme verit, immaginazione e religione, perpoi confluire tutti di nuovo nella surrealt. Forse CindySherman vuole esprimere la sua personalit multipla, o forsecerca solo scampo nellaltro da s. Se dovessimo fare una lettu-ra sintomatica degli autori della fotografia allestita, diremmo

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  • che non importante ci che fotografano, che pu essere qual-siasi cosa, ma ci che dicono di ci che hanno fotografato.

    Curiosamente la Skoglund sembra quasi capovolgere i ruoli,quando scrive: C chi pensa, da un punto di vista fotografico,che nel mio lavoro la presenza delle installazioni danneggi lafotografia, nel senso che esse mostrano come stata fatta. Maio penso che questo sia positivo perch allora linstallazioneviene ad avere un valore formativo e contribuisce alla compren-sione della fotografia. Senza linstallazione, si potrebbe credereche essa sia semplicemente fatta al computer. (Cit. in Valtorta,op. cit. p. 215) Quindi non pi la fotografia che testimonia laperformance concettuale, ma linstallazione che testimonia chela fotografia rappresenta qualcosa di concreto e costruito.

    In effetti quella che chiamiamo la paura della macchina, daparte dei pittori e dei poeti, era a suo tempo la paura della mac-china fotografica, che si riteneva disumanizzante rispetto allar-te; ora la stessa paura dei fotografi nei confronti del compu-ter, visto come macchina che toglie a ci che prima era la foto-grafia tutta larte fotografica. A mio parere lutilizzo del compu-ter cambia la tecnica che costruisce le immagini, perci non sipu pi chiamare fotografia, e la fotografia al massimo unabase di partenza, o una fonte di ispirazione, come a suo tempola ritrattistica pittorica lo fu per la fotografia. Limmagine digi-tale sostituisce lindice o la traccia spazio-temporale del pas-saggio delloperatore davanti al soggetto, di cui si vantava lafotografia, con una combinatoria algoritmica che produce ricet-te visive.

    Perci la diversit del computer tale che sta gi elaborando untipo di arte propria che, come indicato da Paola Carbone nellaserie di lezioni sulla storia della letteratura elettronica, e chequi segnalo in rete nel blog Nva100 (http://goo.gl/0CuqRQ), siapre a varie direzioni di ricerca e creativit, in cui, come pro-prio della multimedialit, artistica e oltre, combina le economie

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  • espressive di tutti i mezzi su ununica piattaforma multimedia-le.

    appena il caso di osservare che nel passaggio al digitale ilrinnovo dei mezzi tecnici induce in molti fotografi il tipo diatteggiamento a suo tempo verificatosi nel passaggio dalla pit-tura alla fotografia. Si ritiene cio che il digitale permetter direalizzare qualcosa di pi esatto e completo di quanto potesseil procedimento analogico, anche se non sar pi un adeguarsialla realt, ma un adeguamento alle reali intenzioni dellartista,che poi talvolta sono quelle di far sembrare realt descrivibili everificabili le sue invenzioni e i suoi allestimenti. Ma pur alle-stita, alla maniera di Jeff Wall, oltre alla realt che cosa cimettono? Curiosamente, sovrastati dalla spettacolarit dellacomunicazione di massa, chiamano normalizzazione o raf-freddamento qualcosa che si potrebbe anche definire lovvioambientale o fuga nel passato, al contrario di ritorno al futuro.Come se gli ex fotografi fossero intimiditi dalla nuova inventi-vit degli artisti elettronici e tornassero quindi alle immaginidegli antenati.

    In questa situazione chi vuole continuare ad essere fotografopuro pu farlo, o pu compromettersi con vari gradi e tipi dicontaminazioni elettroniche. Forse una nemesi il fatto cheoggi si teme limmaterialit del digitale e la sua distribuzionesenza barriere, ma soprattutto la creativit inventiva di forme ecolori che non hanno bisogno di alcun legame con il mondoreale, e si costituiscono col computer come prima era possibiledipingere finzioni col pennello. E comunque dal punto di vistadella visibilit finale, il risultato pu essere ottenuto con qual-siasi mezzo e ci che andrebbe giudicato il prodotto a pre-scindere da come lo si ottenuto. Sarebbe comunque opportu-no non chiamare queste immagini fotografie.

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  • 2.7 Poetica e comunicazione

    Come premessa diciamo che la poetica si pu definire come unprogramma operativo, cio quello che un autore intendevafare con la sua opera. Questo per si pu capire correttamentesolo a posteriori. La poetica non ci che lautore intendevafare prima di farlo, ma ci che poi ha veramente fatto, perchdi solito, nel fare stesso, le decisioni operative si modificano divolta in volta.

    Quando si dice che la fotografia unarte, si possono significa-re varie cose. Per esempio che la ritrattistica fotografica sosti-tuisce quella pittorica, e svolge funzioni aggiuntive, come arteapplicata, per esempio la documentazione dellidentit nellefoto tessera. Oppure che, intervenendo con ritocchi o intrusio-ni di vario tipo, o preparando delle scenografie creative, perchcreate, si inventano scenari di qualsiasi tipo, simili a quelli chelarte ha sempre raffigurato. Ma la forma pi pura di arte foto-grafica quella che si intesta la semplice scelta del pezzo direalt che si fotografa.

    In questo senso la poetica specifica della fotografia come arte la consapevolezza dellimportanza di tale scelta. Il suo modusoperandi la spinta a far concentrare lattenzione sulla parte,sottraendo condizioni di dispersione e disattenzione, e favoren-do cos lintensit. Si blocca la metamorfosi intrinseca alla vitae ci si ferma sullistante. La variabilit sostituita dalla ripro-ducibilit e mobilit del medesimo. Warhol copia le fotografiedando loro la parvenza di quadri, ma la commistione tiene insospeso il senso dei rapporti, perch il postmodernismo nonsceglie, tende a cooptare tutte le poetiche.

    Il fatto che la fotografia sia un mezzo visivo secondario in ulti-ma istanza, relativamente al suo essere un mezzo di comunica-zione, quindi di condivisione e conservazione. La comunicazio-ne la fonte di produzione e mantenimento della comunit, e

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  • ogni mezzo ha questo compito generale anche se poi ne svolgealtri settoriali e specifici. Quando si scopre o si inventa unnuovo mezzo ci si concentra sulla sua novit e specificit, erisulta meno visibile la sua partecipazione ai processi generalia cui aggiunge la sua nuova utilit.

    Il fotografo naturalmente accentra nella fotografia tutto il suoessere. Crede che lunico suo compito sia quello di scattare.Perci per esempio pu persino non intervenire per aiutare chi in pericolo, perch per lui pi importante fotografare lasituazione di pericolo. Talvolta la documentazione dellinedito tutto quello che si pu fare, soprattutto da un punto di vistapolitico. Si pu dire che in situazioni pubbliche la documenta-zione la vera azione, mentre in situazioni private il primodovere lazione pratica contingente, cio salvare chi in peri-colo invece di fotografarlo.

    In un libro del 2008, The Civil Contract of Photography, TheMIT Press, Ariella Azoulay sostiene con forza limpegno civilee politico della fotografia nel mondo contemporaneo, ma si puosservare che la fotografia pu prestarsi a questo, come a tuttigli altri compiti che il fotografo gli vuole attribuire, per la suaefficacia come mezzo. Tale efficacia non aumenta n diminui-sce se la causa in cui si impegna democratica o antidemocra-tica. A sua volta Michael Fried, inWhy Photography Matters asArt as Never Before, New Haven: Yale U. P., 2008, rifacendosiallarchetipo del paradosso dellattore di Denis Diderot (pub-blicato postumo, 1830), ritiene pi efficace un minor coinvolgi-mento emotivo, coinvolgimento che egli chiama appunto tea-tralit, e preferisce limpiego di una disciplina e di un rigorepi razionali ai fini dellefficacia, sia politica e civile che este-tica.

    In linea di ragionamento teorico si pu preferire il coinvolgi-mento emotivo o il rigore formale, o il minimalismo pi estre-mo, sennonch cosa sia pi emotivo o pi razionale in termini

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  • visuali non scontato, oltre al fatto che la storia delle poetiche,come quella delle mode, piena di corsi e ricorsi. Oltre al fattoche la freddezza e la commozione sono entrambi sentimenti.Come dice Roger Caillois in Vocabolario estetico, 1948 (tr. it.Bompiani, 1983), lunica certezza della novit che passeg-gera. Ma il fatto che passi non impedisce che resti nella Storia,o anche pi modestamente nella storia sociale. Che si accetti omeno questa storicit o precario relativismo delle poetiche,Fried mette anche in evidenza che le poetiche moderniste ominimaliste sono tendenzialmente introverse e formaliste.Detto in altri termini la fotografia intende impegnare lattenzio-ne del fruitore sui rapporti formali interni alla rappresentazio-ne. Come abbiamo detto: in letteratura si dice che prevale ilmodo inventivo, interessato al mondo interno allopera. Lepoetiche che la letteratura chiama tematiche attirano invecelattenzione sul rapporto col mondo esterno allopera. E si pudire che queste sono le poetiche fotografiche volte a testimonia-re gli eventi politici e sociali, come quelle illustrate da AriellaAzoulay. la riproposizione, applicata al mezzo fotografico,delle discussioni sullimpegno o disimpegno delle poeticheartistiche.

    Un altro uso della fotografia la documentazione dellanorma-le. del brutto, dello strano, del deforme. Sia il bello che il brut-to sono una scelta di poetica o di costume dominante. Un sorri-so diverso da una smorfia, volontaria o involontaria. Vedi lefoto di Diane Arbus: of deviant and marginal people (dwarfs:http://goo.gl/tS0baq, giants: http://goo.gl/NFzOUs, transgenderpeople: http://goo.gl/ssFycy, nudists: http://goo.gl/0LkHx1, cir-cus performers: http://goo.gl/NvBQ7h) or of people whosenormality seems ugly or surreal: http://goo.gl/qf3NFs.http://en.wikipedia.org/wiki/Diane_Arbus.

    In questo senso la fotografia documenta i diversi interessi: ilnormale, lo strano, il bello, il brutto; conferma lovvio, stupisceo indigna, ma semplicemente perch permette di soffermarsi e

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  • riflettere su tutti gli aspetti, confermando la sua strumentalitper ogni scopo. Ci si pu chiedere se ci sono eventi specialmen-te fotografici ed eventi non fotografati per varie ragioni. Anchequeste scelte dipendono da poetiche depoca, come le mode, leegemonie politiche o etiche. Come si gi visto, la lamentelasul mondo dei simulacri (Baudrillard) che la rappresenta-zione prende il posto della realt. Ci viene detto anche dellaStoria, scritta sempre dai vincitori. La conoscenza storico-poli-tica sempre fatta dalla classe dominante, egemone al momen-to. Ma, come dice Gramsci, legemonia va conquistata e rinego-ziata perpetuamente. Tutti i mezzi di comunicazione produconola realt; il simulacro c sempre stato, caso mai oggi c picomunicazione e quindi anche pi rappresentazione.

    C inoltre il fatto che la grande disposizione di materiali a cuila fotografia accede occupa quasi sempre tutti gli interessi delfotografo e dei consumatori, e anche se ci sono quelli chevogliono essere creativi e inventivi a tutti i costi, la loro rilevan-za di fronte alla ricchezza della realt rimane minuscola. Il verouso della fotografia non nei musei e nelle mostre, ma sui gior-nali e poi ora nella rete, anche se alla morte del fotografo le sueopere ricevono lonore della mostra o del museo. Una via dimezzo la documentazione che viene prescelta come esempiodi stile e quindi in sostanza di arte, anche se larte fotograficanon ha il mercato di quella vera e propria.

    Prevalentemente, o originariamente forse, la fotografia legataal passato registrato e documentato. Ma per lo pi non cos,anche se poi ritorna ad essere anche cos. La fotografia, per lasua capacit di mobilitare limmagine, di fatto la diffonde e laproietta nel presente. Il quale presente in realt molto per-meato di futuro, perch il presente vissuto come disposizionead usare la realt immanente per agire, intraprendere, darsi dafare, cio come cronotopo della progettualit che d senso allavita. Come dice Marelli a proposito della comunicazione in reterispetto a quella codificata nei libri (e cio che la rete estro-

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  • versa perch proietta i suoi contenuti dovunque allesterno,mentre il libro introverso, perch contiene entro i confinidelle pagine rilegate il sapere canonico selezionato, per esclu-dere il sapere apocrifo), la fotografia nasce per catturare qual-cosa che viene spostato e diffuso immediatamente nel mondo.Come abbiamo detto anche il quadro su tela diventa commer-ciabile e quindi liberato dal possesso e dal potere dellautore edel committente, ma in tempi ancora relativamente lunghi,mentre la fotografia un passo decisivo verso la comunicazio-ne istantanea, che poi sar denominata in tempo reale. veroper anche un altro effetto, e cio che la proiezione immediatanel mondo riduce la validit del presente, riducendo la duratadella credibilit e il valore della notizia. Per avidit di futurocreiamo un vuoto di presente. proprio qualcosa di affine allafamosa differAnza di Derrid.

    Il fatto che le immagini sostituiscano la realt come diconoBaudrillard, Virilio, Perniola e altri, ci che sempre avve-nuto, nel senso che la realt costituita quasi sempre da ciche viene comunicato e non da ci che viene esperito personal-mente. Solo per i primitivi cos, ma a loro volta i primitivi tra-sfigurano lesperienza in mito. Tutto quello che sappiamo nonlabbiamo capito da soli e tanto meno verificato di persona, per-ch per il 99 per cento ci stato insegnato, cio comunicato, enoi lo crediamo senza un costante o reale controllo della suaveridicit. La realt fatta di notizie. In questo momento (ini-zio luglio 2013) ci dicono che lex presidente del SudafricaNelson Mandela in punto di morte, e noi ci crediamo, ma nonandiamo a verificare di persona se vero. In questo senso larealt sempre iper-realt, cio una rappresentazione e comu-nicazione a cui noi crediamo, e usiamo come se fosse la nostraesperienza della realt. vero invece che spesso svalutiamolesperienza anche quando ci possibile farla (vedi lesempiodel turista fotografo), e crediamo alla nostra stessa vita solo sela vediamo rappresentata in immagini. il principio della por-nografia fai da te. Ma anche il principio della memoria: la

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  • nostra vita fatta di memoria, non solo perch passata, maperch articoliamo il presente e il futuro sul passato fino ad ora.

    Se la fotografia si occupa di tutto e la sua possibile poetica stanella scelta, allora la sua importanza propriamente culturale appunto come documento sociologico che ci dice quali sono gliinteressi dominanti di una comunit, in un determinatomomento e luogo. E ovviamente, come dimostrano i regimiscopici gi menzionati (prospettiva esterna, descrittivit inter-na, pluralit barocca, iperrelat postmoderna), ci dice come gliinteressi e le classi egemoni selezionano la realt da documen-tare. In senso proprio la fotografia ci dice come il momento sto-rico letteralmente vede il mondo. Il dilagare della fotografia una pienezza che deve anche riempire un vuoto di prospettiva.Il fatto che uno strumento sia a disposizione, infatti, non signi-fica che esso venga inevitabilmente usato, in mancanza di moti-vazioni. Leccesso di immagine leffetto parallelo al supera-mento del popolo da parte della massa. La differenza lamancanza di orientamenti e di strutturazioni.

    La realt sempre limmagine che il soggetto apprende, coi varisensi che portano poi al cervello, ma in cui la vista primario,perch, come si detto, quasi sempre preliminare. Vedere larealt in fotografia, o in televisione, quindi solo un leggerospostamento oltre il solito. La realt comunque pi o menomediata, e tende sempre a ci che ora viene scoperto comeiperrealt. Il titolo di Magritte: questa non una pipa, si puapplicare a tutti i tipi di percezione. Per esempio: questo untavolo, o una massa di atomi di carbonio? Dire che luno olaltro implica una mediazione e una scelta tra le categorie pre-senti nella nostra enciclopedia di nozioni e tra gli interessi chepermeano in quel momento la nostra domanda. In inglese lostesso edifico pu essere una house oppure una home, eppure lo stesso edificio.

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  • 2.8 Parentesi storica: le funzioni dellarte

    Naturalmente pi la circolazione delle conoscenze si allarga esi accelera, pi questa condizione esistenziale ci appare sor-prendente. Si sa che il realismo, in letteratura e nelle arti, con-siste nel prestare attenzione a ci che si vedeva anche prima,ma che non era al centro degli interessi: per esempio la vitadegli umili, come nei Promessi sposi. Oppure la quotidianit deiborghesi e non le imprese degli aristocratici. Questa evoluzio-ne delle poetiche diventer il modernismo delle avanguardie,lautoriflessivit della funzione estetica: per esempio le ultimefotografie di Ugo Mulas, che ritraggono semplicemente la pelli-cola fotografica stessa, prima che sia usata per fotografare. Eora con intenti postmoderni la meta-fotografia di altre fotogra-fie, quelle ingenue dei dilettanti. Non il prevalere della sog-gettivit del fotografo sulloggettivit delle cose, ma una ricer-ca teoretica che si inserisce nella temperie estetica e filosoficadella nostra epoca. Vedi oltre in 2.12. Lesteticizzazione dellavita.

    Considerando il problema in una prospettiva molto generale,larte infatti ha svolto finora nella storia tre funzioni: celebrati-va, innovativa, teoretica. La prima stata la funzione rituale ecelebrativa, e consisteva nel rappresentare, in modi e in formeche suscitavano per lo pi lammirazione e il consenso, i conte-nuti relativi ai valori della comunit. Questi contenuti sonostati progressivamente: mitologici, religiosi, neoplatonici, sonostati personaggi ed eventi storici, ritratti borghesi, paesaggi,scene di vita domestica o lavorativa. Questa funzione duratafino allultimo ventennio dellOttocento quando ha cominciatoa trasformarsi nella seconda funzione che quella innovativa,delle avanguardie moderniste. Anche se la funzione celebrati-va, in talune comunit, stata talvolta oggetto di restaurazione,come per esempio nel Realismo Socialista.

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  • La seconda la funzione innovativa, dominante nel Moder -nismo, che si propone loriginalit, e tende ad esplorare lefacolt umane, le capacit percettive e comunicative. Percicerca di documentare il vissuto degli individui e il rapportointerpretativo tra mondo e coscienza. Si va dallimpressionismoallinformale, e comincia poi a sua volta a spostarsi verso laterza funzione, che quella che chiamerei teoretica.

    La funzione teoretica quella che va oltre linnovazione forma-le; non pi interessata al rapporto ermeneutico tra uomo emondo, ma piuttosto a spostare il senso dellarte. A met stra-da tra innovazione e teoresi c il cubismo, ma larte diventapropriamente teoretica col dadaismo, la pop-art e larte concet-tuale. Lo scopo dellarte teoretica di discutere e teorizzare lafunzione stessa dellarte.

    Il passaggio da una funzione allaltra non ha mai impedito ilcoesistere delle precedenti. Solo che queste ultime non eranopi considerate interessanti dai critici e dai filosofi. Questo finoal cosiddetto postmodernismo, che cercava di abolire il sensodella storia, presentificando gli stili di tutte le epoche. La dis-locazione e la coesistenza di ogni poetica del passato nellattua-lit postmoderna non poteva sottrarsi allironia insita nella con-sapevolezza dellanacronismo.

    Ma questa consapevolezza ironica un carattere che va poi tra-dotto in quegli oggetti concreti, sensibili e intelligibili, chesono le opere. Questo il nuovo esame a cui ogni sedicente oaspirante artista contemporaneo deve sottostare. La grandemaggioranza non si dimostra allaltezza, e riduce lironia, chedovrebbe aspirare ad essere socratica, alla sua dimensioneinfantile.

    La pulsione alla giocosit infantile non in se un difetto, einfatti ci sono artisti come Basquiat e Haring che ne fanno unacomponente della loro capacit inventiva. Linfantilismo inve-

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  • ce espressione di mera regressione e inettitudine quando siriduce a scherzetto, barzelletta, o anche volgarit (Koons, Hirst,Cattelan, Beecroft, Serrano, ecc.) Un esempio di grande artistacontemporaneo che sa utilizzare tutti i fattori delle tre funzioni:celebrazione, ironia, concettualismo, uscita dai limiti delle cor-nici e dei luoghi, invenzione inattesa, armonia formale, gioco-sit infantile, felicit socializzante e satira spietata lartista distrada Banksy (Bristol, 1974).

    La fotografia ha subito la trasformazione di queste funzioni (chenon vale per le arti applicate), solo relativamente, e nelle circo-stanze in cui se ne vuole evidenziare la capacit di essere artepura a sua volta. Di fatto la funzione della fotografia sempreprimariamente utilitaria e pratica come mezzo di comunicazio-ne. Una comunicazione che non mai stata elitaria, e confer-ma, ma non ce nera bisogno, che essa riguarda la comunit nelsenso pi vasto e comprensivo: se con la cosiddetta iperreal-t sembra affermarsi il prevalere della tecnica, che nella foto-grafia ha un ruolo che non si pu diminuire, non perch latecnica sopraffa le intenzioni e la libert umana, ma perch sindallinvenzione della ruota i metodi di produzione permeano lecondizioni di esistenza. Il fatto che il mondo sia interpretabilesecondo prospettive molteplici e apparentemente ancora inde-terminate, non significa che sia inesistente, come per esempiosuggerisce Baudrillard (Il delitto perfetto, 1993, trad it. CortinaEditore, Milano, 1996). Ci che non esiste una visione e unsignificato totale. Ma ogni fotografo, come qualsiasi tecnico oscienziato nel suo laboratorio, sa benissimo cosa vuole fare etenta di fare, certo nella prospettiva ridotta e parziale dellim-mediato e del contingente.

    Quando Baudrillard dice che limmagine diventa pi reale delreale, sembra non capire che il reale stesso ha unimmagine dicui non pu liberarsi, anche se la trasferisce su altri supportimateriali. In effetti avere a che fare con la realt implica neces-sariamente avere a che fare anche con la sua immagine, e il pi

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  • delle volte magari solo con limmagine. Soltanto nella realt piprossima ed intima riusciamo ad aver a che fare con le cose ele persone stesse e non con la loro immagine o altri loro sosti-tuti sensoriali, per esempio la voce al telefono, un telegramma,una e-mail. Non per niente ci guardiamo allo specchio prima diuscire e in molte altre occasioni.

    Il regime della riproduzione, simulazione e contraffazione, sempre esistito e, come ci insegna Salvatore Settis, le statuegreche che ammiriamo nei musei sono in gran parte imitazionidi epoca romana. Quando si scopre che un quadro diModigliani un falso, restiamo sorpresi, ma se quellimmagineha potuto ingannarci perch labbiamo accettata come origi-nale e quindi reale. Ma soprattutto labbiamo accettata e ammi-rata in quanto immagine e non in quanto supporto materialedellimmagine originale. E anche dopo la scoperta della sua fal-sit non sapremmo dire in che consiste la differenza dimmagi-ne. E in effetti che cosa cambia? Cosa cambia se compriamouna borsa falsa fatta in Cina invece che a Parigi? Soprattutto seci viene nascosto che anche le borse originali sono in tutto o inparte fatte in Cina. I nostri sensi non se ne sono accorti, e siamosicuri che sia cos? E in fine a che serve distinguere limmagi-ne dalla realt, se della realt usiamo soprattutto limmagine?

    ironico e anche ingenuo che per dimostrare la diversit dellacosa dalla sua immagine (Ceci ce nest pas une pipe) si ricor-ra alla teorizzazione di Magritte, cio di un pittore, e poi la siapplichi alla fotografia, per difendere la sua capacit di allon-tanarsi dalla realt come larte (modernista) si allontana dallapoetica del realismo.

    Se si vuole anche la differenza tra mito e rito: il rito vuoleriprodurre il mito, e fideisticamente il credente dovrebbe cre-dere che lostia sia davvero il corpo di Cristo. La rappresenta-zione la riattualizzazione (seppure per riduzione) e soprattut-to la ritualizzazione delloggetto, come lostia la reincarna-

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  • zione del corpo di Cristo almeno per chi vuole crederci. In unambito scientifico invece il rito ha solo un rapporto simbolicocol mito, cio con ci che sarebbe veramente avvenuto, comeper esempio la resurrezione, o lincarnazione del corpo nello-stia. La semiotica poi sceglie la riattualizzazione, cio una rein-terpretazione adattata ai fini del momento. La fotografia (comeogni rappresentazione) pu essere usata in tutti questi modi.

    In sostanza Magritte vorrebbe trasformare il legame iconico(somiglianza) in semantico, cio in un rapporto arbitrario cheesiste per convenzione, e che egli chiama similitudine

    2.9 Creativit e realt: Bazin e Barthes

    Leggendo Lontologia della fotografia di Andr Bazin, cheviene considerata per lo pi superata, perch difende il rea-lismo del mezzo, trovo un argomento molto convincente a suofavore. E cio che losservatore della fotografia e del film,anche quando percepisce gli effetti della presunta creativit, oaddirittura gli effetti speciali della fantascienza, li considerasempre a confronto con ci che per lui la realt, di cui comun-que ritiene di avere una conoscenza precisa. Lessere umanofonda sempre la sua esperienza su e con una sua nozione direalt.

    Risalendo la storia della rappresentazione, dalla fotografiaallaffresco, al dipinto rupestre, c sempre uno scopo pratico,anche quando era un rito propiziatorio della caccia. Lopinioneora prevalente che la praticit pi profonda sarebbe lasopravvivenza in effige alla morte. Le fotografie dei nonni. Malautentica motivazione di tutti i comportamenti umani lauto-coscienza della propria identit attraverso il riscontro di unaltro essere umano. Oggi questo si chiama comunicazione, einfatti si sopravvive alla morte nella comunit. NellAde le

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  • anime dei morti aspiravano solo ad essere ricordate nellamemoria dei posteri per le imprese compiute in vita.

    La fotografia, come ogni rappresentazione, sostituisce a tempoe luogo la cosa rappresentata. Ma il tempo relativo alla fotogra-fia non solo quello della ripresa o scatto, c anche quello del-luso dellimmagine, a posteriori. Quando si sottolinea il tempodella ripresa, si considera un interesse per il passato e per laforma estetica. Quando si usa la foto per il presente o futuro sisostituisce la cosa o la persona rappresentata ai fini del suoriconoscimento per un fine o unattivit in corso.

    Anche le nostre fotografie sono opere che testimoniano lanostra presenza nel mondo nel passato, nel presente e anchequando non ci saremo pi. Io non credo ad un fine specificodelle immagini come sopravvivenza, le vedo principalmentecome comunicazione di noi e da noi

    Un argomento che i sostenitori della fotografia come creazionedel fotografo in contrapposizione alloggettivit della macchinanel registrare la luce (pur con le eventuali differenziazioni inrealt minime - dovute alle emulsioni o altro), e quindi a ren-dere riconoscibili le cose fotografate, rinvia al fatto che i per-cettori del rappresentato interpretano ci che vedono in modidiversi. Qui giustamente Barthes parla di denotato e connotato.Il denotato ci che tutti vedono e riconoscono; il connotatosono le sfumature semantiche ed emotive delle eventualidescrizioni in parole di ci che si vede.

    Liconologia, inventata da Aby Warburg come identificazionedei significati delle immagini dipinte, basata non sullo stiledella rappresentazione, ma sul loro contenuto referenziale nel-lambito di unenciclopedia culturale, vale anche e a maggiorragione per la fotografia. In pittura un angelo un angelo e unamadonna una madonna, sia dipinta da Raffaello, sia dipintada Bellini o altri, e la raffigurazione aveva ed ha uno scopo pre-

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  • ciso, di solito di culto, ma comunque raccontava una storia notache tutti riconoscevano.

    Allo stesso modo una fotografia rappresenta cose precise, sucui chi guarda pu immaginarsi o vederci le connotazioni pidiverse, che pu ritenere artistiche o no. Ma le reazioni emoti-ve, estetiche, psicologiche o fantastiche dei fruitori derivanotutte dalla medesima e ben identificata immagine fotografata. Ese invece ci che si vede non identificabile perch ci chesi vede non ha forma identificabile come oggetto, oppure per-ch il fruitore non ha la medesima conoscenza del fotografo,oppure la porzione di realt fotografata non di per s ricono-scibile. Alla maniera delloggetto misterioso che dava il titoloalla famosa trasmissione televisiva di Enzo Tortora.

    2.10 Ritrattistica e creativit: Nadar e Baudelaire

    Il primo grande ritrattista fotografico stato Nadar, il qualeprima di essere fotografo era giornalista, disegnatore e carica-turista. Ora la caricatura unarte della deformazione che,modificando i tratti reali, senza per contraddirli, vuole mette-re in evidenza, sebbene il pi delle volte con un fine satirico,aspetti caratteriali realmente presenti nel soggetto. Forse di quiscaturisce quel di pi che i primi ritratti fotografici, seppur conun intento veritativo invece che critico, cercano di rivelare.

    Se guardiamo il ritratto di Baudelaire, fatto da Nadar, eviden-te che il fotografato mostra una certa consapevolezza di s e delmomento, per cui appare inevitabilmente in posa espressiva.Spesso sembra infatti che i personaggi fotografati stiano reci-tando una parte, quella che credono sia il personaggio di sestessi.

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  • Questo aspetto di auto-rappresentazione al giorno doggi si veri-fica sui profili di facebook o di altri social network, dove iritratti si dividono fra quelli degli insicuri, che non mettono lapropria fotografia, o mettono quella del gatto, e coloro che nonsolo mettono correttamente la propria immagine, ma la rinnova-no spesso, forse per stare al passo con levoluzione della pro-pria bellezza. O semplicemente per allegria da prestazione,perch la loro energia giovanile deve manifestarsi anche inqueste forme. E in effetti al giorno doggi lenergia proprio ilrequisito essenziale della bellezza, mentre un tempo era la pro-verbiale bellezza dellasino.

    2.11 Il paesaggio urbano

    Un tema iconologico, che si trasferisce inevitabilmente dallapittura alla fotografia, con meno traumi e maggiori vantaggi, quello del paesaggio, nelle due versioni: paesaggio naturale epaesaggio urbano.

    Il concetto di paesaggio leffetto di unosservazione panorami-ca della realt dal punto di vista umano. Lo stesso paesaggionaturale tale solo quando la natura si costituisce finalistica-mente in oggetto e luomo in soggetto. Il paesaggio ha quindiuna sua funzione in termini di asperit, limitante o protettiva, oviceversa di agibilit demografica, e le sue caratteristiche natu-rali sono osservate nella prospettiva di trasformazioni agrarie,abitative, economiche. Su di esse si innesta infine unintenzio-nalit estetica, che privilegia la fruibilit contemplativa. Maluso estetico a sua volta peculiarmente significativo proprioper le ragioni che intendono il paesaggio come ambiente di vitareale, dove quindi la funzione documentaria della rappresenta-zione resta preminente.

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  • Nel paesaggio urbano il livello della progettualit tecnica siesprime infatti, prima che nella raffigurazione pittorica e foto-grafica, nella realt intrinseca della citt che, al di l della purafunzionalit residenziale e pratica, ha sempre anche unadimensione ostensiva e comunicativa. La grande citt si svilup-pa dal mercato allincrocio delle vie di comunicazione, ma unavolta soddisfatte le esigenze di interazione commerciale, emanauna dimensione civile e politica che, tra le proprie manifesta-zioni simboliche, vede ad esempio le torri storiche e ora i grat-tacieli.

    Leffetto politico degli attentati alle Twin Towers rimbombatoin modo stupefacente nel mondo anche per la carica intrinseca-mente simbolica degli edifici crollati, in relazione alla potenzamondiale degli Stati Uniti. E il cordoglio per le vittime ha tro-vato immediatamente il suo correlativo oggettivo in una modifi-cazione visiva, e precisamente quella della linea detta skyline,che il profilo della citt che si staglia contro il cielo.

    Nellera della comunicazione lo skyline delle citt diventatouna sorta di logo identitario o grafema di riconoscibilit, daSidney a Kuala Lampur, da Chicago a Hong Kong, da Dubai aFrancoforte. Esso la versione moderna del tradizionale pano-rama da cartolina, e anche in una citt come Parigi, che in que-sto senso ha precorso i tempi con la Tour Eiffel, il vecchiomanufatto celebrativo del progresso industriale ottocentesconon pi abbastanza moderno, perci integrato dal nuovoskyline della Dfense o dallinverecondia postmoderna delBeaubourg. Cos le citt esibiscono la loro competitivit econo-mica e politica sulla scena del metropolismo globalizzato tra-sformandosi, per esigenze di spettacolo, da luogo a logo.

    Secondo Kenneth Clark, nella sua opera fondamentale sullar-gomento: Landscape into Art (1949), la pittura di paesaggio haquattro principali motivazioni, che si possono plausibilmenteapplicare anche alla fotografia. Essi sono: un uso simbolico

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  • degli aspetti della natura per significare determinate idee; lacuriosit per i fatti e gli aspetti della natura stessa, ed la visio-ne degli esploratori, dei naturalisti, dei viaggiatori; una trasfi-gurazione della natura per affrontare e dissipare la paura diessa, come nel sublime settecentesco e poi nel sublime roman-tico; e infine il desiderio di fantasticare su ideali di ordine earmonia, come nelle utopie pastorali dellArcadia e dellEtdellOro. Un aggiornamento di questo ideale di ordine e armo-nia pu considerarsi persino il funzionalismo del Bauhaus poidivenuto stile internazionale.

    Come si sa il paesaggio come soggetto autonomo della rappre-sentazione pittorica emerge pienamente nel diciassettesimosecolo, tra la fine del Rinascimento e lEt Barocca, ma ha unalunga gestazione. Anche nel paesaggio pi tradizionale e natu-rale per la forma dello spazio ha nella luce e nel tempo, atmo-sferico e cronologico, i fattori principali di invenzione e trasfi-gurazione. Oltre il cielo, il mare, la pianura e le montagne, ele-menti fondamentali sono infatti le stagioni, le fasi del giorno, letracce e i segni della presenza umana, per quanto minuscoloappaia luomo nella vastit della natura.

    Nel paesaggio urbano spazio e luce vengono invece pi eviden-temente culturalizzati e proiettati in oggetti e su oggetti chesignificano sia le forme percepibili, sia gli stati danimo dellos-servatore, ma soprattutto una stazione nellitinerario del pro-gresso. Il paesaggio urbano un autoritratto della civilt tecni-ca, e attraverso di esso locchio umano riconosce, considera eapprezza la creativit e lo stato della sua cultura materiale. dunque il modo e il luogo dove loggetto etnografico evidenziala sua componente estetica, e dove viceversa questa componen-te si fa a sua volta segno di distinzione sociale e forma distintadi civilt.

    Perci la pittura olandese di paesaggio urbano del 600, pensia-mo per esempio al quadro di Vermeer con la famosa veduta

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  • della sua citt natale Delft, viene di solito connessa allorgogliocelebrativo della ricca borghesia locale dellepoca. E in effettilarchitettura larte applicata che non pu fare a meno diintrattenere rapporti diretti o indiretti col potere istituzionaleed economico. Perci stesso essa ottimistica per dovere,essendo edificazione, e tanto pi prediletta dal potere quantopi tale potere tende allassolutismo. Ne sia esempio in Italialaspirazione recente alla grande opera (il Ponte sullo stretto diMessina), ormai forse definitivamente sventata, o per lo menosostituita dalla indaffarata preparazione dellExpo milanese del2015.

    La citt sinonimo di comunit politicamente organizzata inpolis, ed impiegata in tutti i paradigmi significativi delle con-cezioni del mondo. Apocalittico nei toni e universalistico nel-lispirazione, SantAgostino oppone la Citt di Dio alla Cittdelluomo. Ma dallantichit classica fino ad oggi, gi gi finoalla cultura popolare, (qualcuno ricorder la diatriba canzonet-tistica tra Celentano e Gaber), citt e campagna sono stati i polidi una serie ricorrente di contrapposizioni, come mondanit eambizione contrapposte a vita semplice e innocenza, oppurecome centro del sapere e del progresso contrapposto a ignoran-za e arretratezza. Daltra parte la rivoluzione industriale hainvestito e trasformato la produzione agricola non meno di quel-la manifatturiera, e la citt si a sua volta trasformata e diver-sificata da centro mercantile o militare o industriale, a metro-poli e conurbazione, ma anche a dispersione di sobborghi,quartieri dormitorio, nuclearit frammentata.

    Ai margini dei centri monitorati e delle grandi enclaves dellusso, si ripropongono cos, in nuove configurazioni come lefavelas o le banlieues, le condizioni di vita miserabili e aliena-te gi denunciate nella poesia di Blake (1757-1827) o neiromanzi di Dickens (1812-70). Il romanzo cosiddetto industria-le (Elizabeth Gaskell, 1810-65) diventa addirittura un generespecifico nella letteratura inglese del secondo 800, e nel 900

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  • naturalmente la terra desolata di Eliot la citt, come luogodella morte in vita, una sorta di girone infernale metropolitano.

    Effettivamente tutta larte sperimentale e modernista alla finedell800 e nella prima met del 900 il prodotto delle metro-poli europee e americane: Berlino, Vienna, Mosca, Pietroburgo,Zurigo, Londra, New York, Chicago, Milano e ovviamenteParigi. La citt luogo di incontri, di scambi, di dibattiti, diconflitti, di novit, di tensioni e contraddizioni, cos che la suapresenza nellarte diventa sempre pi una metafora oltre che unluogo vero e proprio. In pittura la mobilit sensoria dellimpres-sionismo si fissa nellimmobilit atemporale della citt metafi-sica di De Chirico. Il funzionalismo del Bauhaus implica lastessa ricerca di una definizione rigorosamente razionale dellospazio che caratterizza Mondrian, oppure trova il suo rovescionellesplorazione psicologica dellinconscio surrealista. Tuttequeste modalit di presentazione e rappresentazione sono facil-mente reperibili anche nella fotografia.

    Il rapporto tra le avanguardie europee e larchitettura peruno scambio in due direzioni. Da un lato larchitettura espres-sionista in Germania e in Austria sembra collaborare col razio-nalismo funzionalista, sia prima sia dopo la Prima GuerraMondiale, ma dallaltro, in quanto poetiche davanguardia,espressionismo, futurismo e surrealismo hanno con la realtdelledificazione cittadina un rapporto fatto di poche realizza-zioni, di solito per centri commerciali e grandi magazzini, emolti progetti, che restano tali e si collocano in una dimensio-ne di citt fantasticate pi che realizzate. Pensiamo alla Cittfutura dellarchitetto italiano SantElia, o alla Citt che saledi Boccioni.

    In tali progetti si possono infatti esprimere impulsi utopici, iquali, oltre che nei pochi quadri e nei molti progetti visionari,trovano sfogo in una nomenclatura definitoria e descrittivasoprattutto di suggestioni. come se, invece che in edifici e

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  • quindi in quadri che li ritraggon