Leon Battista Alberti

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Vittoria BasileIV°E2004/2005

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Page 1: Leon Battista Alberti

Leon Battista Alberti(1404-1472)

Realizzato da: Basile Vittoria

Liceo Scientifico Charles DarwinIV E

Anno scolastico 2004/2005BIBLIOGRAFIA

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•Nasce a Genova il 18 febbraio 1404 da una ricca famiglia fiorentina in esilio.

•Inizia i suoi studi a Padova e in seguito si trasferisce a Bologna dove prende la laurea in Diritto canonico nel 1428.

•In seguito alla morte del padre si trova in ristrettezze economiche che lo spingono ad intraprendere la carriera ecclesiastica. Nel 1432 si reca a Roma e prende gli ordini minori.

•1438-1439 risiede a Firenze a seguito della Curia per partecipare al”Concilio dei Greci”, che avrebbe dovuto stabilire la riunificazione della Chiesa d’Occidente con quella d’Oriente. Questo periodo è molto importante per la sua formazione artistica in quanto ha modo di frequentare artisti come Donatello e Filippo Brunelleschi.

•1443 torna definitivamente a Roma dove muore nell’aprile del 1472.

Biografia

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È comunemente definito “modello dell’Umanista” del Quattrocento in quanto fu:

•profondo ammiratore delle opere classiche nei confronti delle quali non si mostrò mai servile né puro imitatore, ma se ne servì per andare oltre e per ampliare le conoscenze umane;

•sostenitore del valore dell’esperienza acquisita non solo sui libri, ma anche con la frequentazione degli uomini e della società. Non considerò mai lo studio e l’erudizione fini a se stessi, ma sempre come mezzi per arricchire e migliorare la vita umana, sia negli aspetti morali che in quelli pratici;

•rappresentante del nuovo intellettuale laico e del nuovo uomo rinascimentale che, desideroso di godersi la vita, considera la religione non più come continua rinuncia e ascesi mistica, ma come arte di "ben vivere, umanamente vivere questa vita che è pur dono di Dio, in questo mondo che è pur tempio di Dio“.

Biografia

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Viene definito “uomo universale” del Rinascimento in quanto:

•compì studi letterari, ma anche matematici e scientifici (durante il periodo padovano), che gli permisero di farsi portatore delle «due culture», quella umanistica e quella scientifica;

•rivolse i suoi interessi a tutti i campi del sapere del tempo, acquistando una conoscenza veramente enciclopedica. Fu infatti architetto, pittore, letterato, filosofo, musico, fisico, chimico, pedagogo e matematico, anticipando la figura di Leonardo da Vinci.

Biografia

CURIOSITA’

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Dettato a Roma, domenica 19 aprile 1472

Io, Leon Battista, del fu Lorenzo Alberti, di anni 68, reso infermo da lunga malattia, ma preservato nel pieno delle mie facoltà mentali, invoco la Vergine

Maria e tutti i Santi affinchè intercedano presso l'Altissimo per la remissione dei miei peccati e la salvezza etema.

Dispongo che le mie spoglie mortali abbiano tumulazione definitiva in Padova, al Santo, nella tomba di mio padre, al quale devo gratitudine per l'istruzione e

l'amorose cure che mi hanno reso un valent'uomo. Agli eredi della mia famiglia, la quale costantemente venerai benché mi fosse

ostile, lascio le mie possessioni fiorentine e bolognesi, disponendo che in caso di estinzione della linea mascolina Alberti le proprietà vadano allo Spedale

fiorentino di Santa Maria Nuova per la cura degli infermi. Per l'infinito amore del sapere di cui mi sono potuto nutrire e il desiderio che gli Alberti continuino a mantenersi meritevoli della pubblica stima e a primeggiare sui concittadini con la cultura intellettuale, affido agli esecutori testamentari la somma di mille fiorini d'oro affinchè acquistino in Bologna delle proprietà per alloggiarvi in perpetuo e mantenere agli studi presso quella università due

giovani discendenti dai maschi, ovvero dalle femmine Alberti andate a marito. Nel caso in cui nella parentela nessuno si trovasse in grado di profittare del

lascito, dispongo di designare ad usufruirne due scolari poveri già iscritti alle lezioni dello studio bolognese, qualunque sia la loro origine.

Testo tratto dal testamento di Leon Battista Alberti

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Per godere di questa liberalità i prescelti debbono laurearsi in una qualsiasi delle

discipline insegnate in quell'ateneo dove io stesso, giovane studente, conobbi le difficoltà

di chi si trova ad affrontare gli studi nelle ristrettezze economiche.

Per l'infinito amore che mi lega all'architettura, alla quale dedicai il fiore dei

miei studi, dispongo che venga messa a carico dell'eredità, senza limite di spesa, la somma

necessaria a completare i lavori, già avviati su mio progetto, nella pieve di Gangalandi presso

Firenze, della quale sono stato rettore per lunghi anni.

Investo il mio stimato cugino ed erede universale Bemardo Antonio Alberti del

compito di fare imprimere a stampa l'opera mia più reputata, frutto delle mie amate

speculazioni architettoniche: il trattato "De rè aedefìcatoria". Affido alle sue cure, perché

rimanga nella biblioteca di famiglia, il manoscritto mio più prezioso: la Historia

naturalis" di Plinto. Dettato a Roma nella dimora del testatare, il giorno stesso della sua morte, alla presenza dei testimoni ed esecutori Cardinal Niccolo

Forteguerri, messer Antonio Grassi e messer Mattia Palmieri

Testo elaborato dal prof. G. Daminato

Leon Battista Alberti. Galleria degli Uffizi. Firenze.

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Molto vasta e di grande importanza è la produzione letteraria di Leon Battista Alberti. Scrisse molte opere in latino, tra cui i dialoghi Intercoenales, che costituiscono la prima imitazione europea delle satire del greco Luciano, il Momus, la commedia Philodoxeos (1424), e gli Apologi (1437), una sorta di breviario della sua filosofia di vita. Fra i trattati particolarmente significativi sono il De pictura, il De re aedificatoria, il De statua e il Descriptio urbis Romae.

Ma egli difese anche con forza il valore del volgare sostenendo la sua potenzialità di esprimere qualunque contenuto e di rivolgersi ad un numero più ampio di persone . Perché acquisti dignità è sufficiente, che i letterati comincino ad utilizzarlo rimediando alle sue mancanze sintattiche e lessicali tramite il latino. Per promuoverne l’utilizzo organizzò nel 1441 a Firenze con l’aiuto di Piero de’ Medici un concorso poetico, il «Certame coronario», in volgare, sul tema dell’amicizia.

Tra i dialoghi in volgare i più importanti sono i Libri della famiglia e i Della tranquillità dell’anima, il Deiphira, in cui, probabilmente a seguito di una delusione amorosa personale, spiega come fuggire da un amore iniziato male, e il Ecatonfilea.

Scrive anche un’autobiografia, nella quale tuttavia egli parla di se stesso in terza persona, e per questo è stata per molto tempo ritenuta anonima. Quest’opera fornisce molte importanti informazioni sulla sua vita, ma purtroppo non va oltre il 1438.

Leon Battista Alberti il letterato

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Descriptio Urbis Romae

QUANDO ? L’opera fu composta intorno al 1434, due anni dopo l’arrivo a Roma come “abbreviatore apostolico.

COME ? Trattato in lingua latina.

COSA ? In quest’opera l’Alberti realizza il primo studio sistematico per una ricostruzione della città romana. Partendo dall'arte dell'antichità elabora la teoria per cui la bellezza è armonia, esprimibile matematicamente, fra il tutto e le sue parti: nel "proporzionamento" degli edifici romani sta la base della progettazione architettonica. Questa visione armonica è presente in tutte le sue opere. In seguito, quando arriva a Firenze, ritrova nell'arte di Brunelleschi, Masaccio e Donatello l'affermazione dei suoi stessi principi. Sempre in quest’opera elabora un metodo di eccezionale importanza per la cartografia basato sull'uso delle coordinate polari.

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De statuaQUANDO ? Probabilmente l’opera fu composta intorno al 1450, ma non si conosce la data esatta.

COME ? Trattato in lingua latina.

COSA ? In quest’opera l’Alberti definisce le misure proporzionali del corpo umano utilizzando il “finitorium", uno strumento inventato da lui simile all'orizzonte graduato, costituito da un disco da porre sul capo con un regolo sporgente e un filo a piombo appeso, per fornire allo scultore i punti di riferimento di un ideale cilindro da cui ricavare la statua.

Sappiamo che mise anche in pratica le sue conoscenze riguardo la scultura, e quasi certamente è di sua mano la testa di Lodovico Gonzaga (Berlino), come pure la propria effige su medaglia (Washington), se non anche quella di Parigi, tutte e tre in bronzo.

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Autoritratto in bronzo, c. 1435; (National Gallery of Art, Washington, D.C., Samuel H. Kress Collection)

Questo bronzo è stato probabilmente fuso da un modello di cera ispirato ad un antico cammeo romano.

Il fazzoletto ripiegato intorno al collo richiama il drappeggio classico.

La capigliatura, tagliata cortissima, può essere associata sia ai Romani che alla moda in auge nella metà del XV secolo. I ciuffi lanuginosi richiamano l’omonimo dell’Alberti, ovvero il leone.

La linea continua e pulita, la testa piegata orgogliosamente e lo sguardo distante conferiscono alla figura dell’Alberti un aspetto nobile ed idealizzato.

Sotto il mento è rappresentato il suo stemma personale, un occhio alato. Secondo Alberti l’occhio è la parte più potente, veloce e importante del corpo umano, che ci ricorda di essere sempre vigili nel perseguire il bene. L’emblema simboleggia anche l’occhio di Dio che tutto vede.

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De re aedificatoria

QUANDO ? L’opera fu composta intorno al 1452, dopo il ritorno definitivo dell’artista a Roma

COME ? Il trattato è diviso in 10 libri ed è composto sul modello classico di Vitruvio.

COSA ? Vi si discorre del disegno, dei materiali da costruzione, dei procedimenti costruttivi, dell’organizzazione delle città e delle acque, dell’ordinamento e degli ordini architettonici. In relazione a quest’ultimo argomento Alberti afferma le sue idee differenti dal Brunelleschi, affermando che la colonna debba essere sovrastata dalla trabeazione, mentre l’arco debba essere costruito al di sopra dei pilastri.

Infine vengono trattate per la prima volta le cause delle rotture dei muri e le opere di prevenzione e di restauro degli edifici.

Di fondamentale importanza per l’Alberti sono i canoni di armonia, bellezza e proporzione per i quali egli si rifà ai principi pitagorico-platonici inerenti all’ordine della Natura.

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De picturaQUANDO ? Viene composto tra il 1434 e il 1443, durante il soggiorno della curia a Firenze

COME ? Il trattato è diviso in due libri ed è composto sul modello classico di Vitruvio. Ne realizzò due versioni, la prima in latino e la seconda in volgare, dedicata al Brunelleschi e accompagnata da una lettera piena di lodi per la realizzazione della nuova cupola del duomo e per il risveglio artistico di Firenze.

COSA ? Nel primo libro vengono esposti i principi della prospettiva, mentre nel secondo si tratta dell’importanza della composizione, delle relazioni tra luce e colore e viene data la definizione di disegno. Questo trattato risulta molto importante per l’applicazione della matematica alla rappresentazione «reale», prospettica della natura, e per l’alto concetto dell’artista non come fabbro ma «quasi un altro iddio», cioè osservatore e ricreatore dell’universo.

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Alberti concretizza le sue idee sulla pittura in due dipinti su tavola:

Natività della Vergine, ca 1443Presentazione della Vergine al tempio, ca 1443

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Le solenni prospettive architettoniche, con la corretta individuazione delle zone in luce e di quelle in ombra, si rifanno all’antico e ricordano gli edifici realizzati,o anche solo descritti, dall’Alberti.

Caratterizzante è l’elevato numero di persone, animali, cose, che rispecchia proprio quanto l’Alberti prescrive:

“Quello che prima da voluttà nella istoria viene dalla copia e voluttà delle cose[…]. Dirò io quella istoria essere copiosissima in quale a’ suo luogo sieno permìsti vecchi, giovani, fanciulli, donne, fanciulle, polli, catellìni, uccellini, cavalli, pecore, edifici, province, e tutte simili cose: e loderò io qualunque copia quale s’apartenga a quella istoria”(De pictura, II,40, 14-22).

Persino l’esecuzione del cielo, quasi bianco in basso per l’addensarsi delle nuvole, quasi azzurro in alto per il loro farsi più rade, segue le osservazioni albertiane:

“simile in aere circa all’orizzone non raro essere vapore bianchiccio, e poco a poco seguìrsi perdendo”(De pictura, I, 9, 6-7).

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Leon Battista Alberti fu anche un grande matematico. Riguardo questa materia scrisse un opuscolo intitolato Ludi rerum mathematicarum (prima del 1452) che dedicò a Meliaduso d’Este.

In esso elaborò una serie di esercizi di matematica:

•dal I al VII troviamo problemi di misurazione indiretta attraverso un traguardo ottico;

•nell'VIII e nel IX troviamo descritti strumenti per la misurazione della profondità del mare e la fontana di Erone;

•i rimanenti riguardano astrolabi, quadranti, bilance, anemometri, ecc.In particolare, il XVI illustra il metodo per misurare "il sito e ambito di una terra e li sue vie e case", da collegare con la Descriptio urbis Romae.

Inoltre scrisse, forse nel 1467, un’opera in latino, il De componendis cifris, basata sui suoi studi matematici e linguistici e sull’esperienza della curia, che può essere considerata il primo trattato moderno di criptografia. In esso discorre sulla crittografia e propone un suo sistema originale per la scrittura segreta, meritandosi un posto significativo nella storia di questa materia.

Leon Battista Alberti il matematico

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L’Alberti, studiando crittografia, scoprì che le frequenze delle lettere nei testi seguono certe regole. Lavorando su testi latini scoprì ad esempio che su 300 vocali si hanno 400 consonanti, oppure che se una parola finisce con una consonante, l'ultima lettera deve essere per forza una c,s,t o x. Osservò se in un testo si incontravano più di 20 simboli diversi, si doveva essere in presenza di crittografia che utilizzava codici privi di significato utilizzati come disturbo, oppure si stava usando crittografia omofona, ovvero  un sistema crittografico che associa alla stessa lettera più simboli.In base alle sue deduzioni e scoperte sui punti deboli della crittografia dell'epoca, inventò forse il primo sistema polialfabetico.Non esistendo i computers, si servì di un disco di 2 dischi di rame, uno più piccolo dell'altro, collegati al centro e liberi di ruotare indipendentemente.Sul disco più esterno erano riportate tutte le lettere dell'alfabeto ad esclusione di H,Y e K. Erano invece aggiunte le cifre 1, 2, 3 e 4 (per ragioni particolari che vedremo in seguito).Sul disco interno erano invece presenti tutte le lettere dell'alfabeto più "et", in ordine casuale.

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•Mittente e destinatario avevano entrambi la stessa macchinetta.•Entrambi concordavano una lettera che sarebbe stata la chiave di partenza. •Per crittare il messaggio, il mittente iniziava ruotando il disco interno in maniera casuale. Iniziava quindi a scrivere il testo cifrato, riportando per prima cosa la lettera sul disco piccolo in corrispondenza della chiave concordata sul disco grande. •Passava quindi ad eseguire la sostituzione del testo prelevando i caratteri sul disco più piccolo in corrispondenza dei caratteri da cifrare sul disco più grande. •Terminata la prima parola, ruotava di nuovo in maniera casuale il disco interno ed iniziava a scrivere la nuova parola riportando nel cifrato la lettera sul disco piccolo in corrispondenza della chiave concordata sul disco grande, seguita dalla parola le cui lettere venivano ancora sostituite dalla corrispondenza tra disco grande e disco piccolo. In questo modo, ogni parola utilizzava un proprio alfabeto di sostituzione e con tale dispositivo ne erano a disposizione 24 (ecco perchè questo sistema è classificato tra i polialfabetici). In questo modo, Leon Battista riusciva ad impedire l'analisi statistica basata sulla frequenza delle lettere da lui stesso studiata.Interessante notare come tale dispositivo venisse utilizzato anche come piccolo nomenclatore: Leon Battista aveva stabilito un codice formato da 336 valori, combinando 1,2,3,4 in gruppi di 2, 3 e 4 cifre (11, 12, 13, 14, 21...111,112...1111,1112...). Grazie alle quattro cifre riportate nel disco più grande, era possibile cifrare il codice, rendendolo più sicuro, sebbene avesse già di per sé una certa sicurezza per l'epoca. Per cifrare tali numeri si utilizzava la stessa tecnica vista in precedenza.

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Esempio d'uso.   Mettiamo di dover cifrare la frase "Messaggio da Leon". Iniziamo convenendo una lettera che fa da riferimento, diciamo la C. Ruotiamo a caso il disco interno e supponiamo di trovarci in questa situazone di riposo, con il disco interno posizionato come in figura qua sotto.Dato che il riferimento è la lettera C, iniziamo a scriver il messaggio indicando al destinatario come deve ruotare il suo disco interno. Per farlo iniziamo la parola cifrata con Y, e ne deriva: Messaggio = YXHTTETSSRV

Nuova rotazione casuale e cifratura della seconda parola: Da = CETQ Questa volta la prima lettera sarà C, essendo in corrispondenza di C sul disco grande, cioè la lettera di riferimemnto.

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Nuova rotazione e cifratura: Leon = DGZNF   Messaggio da Leon = YXHTTETSSRV CETQ DGZNF   Niente male come metodo, specie per quei tempi. L'unico neo consiste nel fatto che la sicurezza è affidata ad una chiave di cifratura di un solo carattere: possedendo un disco di Leon, sarebbe semplicissimo decifrare il messaggio anche senza sapere che la prima lettera di ogni parola è la chiave di cifratura, basterebbe provare per ogni parola le 24 posizioni del disco.

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Leon Battista Alberti fu un grande architetto ma, per disposizione mentale, era portato allo studio dei documenti e dei princìpi dell’architettura più che alla tecnica edificatoria e riteneva che il lavoro dell’architetto dovesse essere puramente teorico, perciò affidò sempre ad altri la direzione dei suoi lavori.

TEMPIO MALATESTIANO

PALAZZO RUCELLAI

SANTA MARIA NOVELLA

SAN SEBASTIANO

SANT’ANDREA

SANTISSIMA ANNUNZIATA

TEMPIETTO DEL SANTO SEPOLCRO

SAN MARTINO A GANGALANDI

Leon Battista Alberti l’architetto

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I lavori di rifacimento della chiesa gotica di San Francesco a Rimini, nota anche come Tempio Malatestiano,iniziarono nel 1447, con il restauro della Cappella degli Angeli e della Cappella di San Sigismondo. Si rese però evidente la necessità di una ristrutturazione completa dell’edificio, che ne rinnovasse anche l’aspetto esterno secondo il gusto rinascimentale dell’epoca. È allora, intorno al 1450, che interviene l’Alberti. A lui venne affidato il progetto dell’esterno, ma è probabile che controllò anche i lavori dell’interno. Tuttavia il suo progetto non fu mai portato a termine a causa della cattiva sorte economica del committente, il Signor Sigismondo.

Tempio Malatestiano

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Questa medaglia, coniata attorno al 1453, offre una testimonianza di come avrebbe dovuto essere il tempio secondo il progetto completo.

La parte superiore della facciata avrebbe dovuto essere coronata da un fastigio nella porzione centrale, raccordato con la cornice sottostante da semitimpani ad andamento curvilineo.

Una grande cupola emisferica, a somiglianza di quella del Pantheon, avrebbe completato l’edificio, divenendone l’elemento unificante.

La medaglia non consente però di capire quale forma avrebbero dovuto avere la cupola e il tamburo.

Progetto originale dell’Alberti Realizzazione

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Internamente la chiesa è costituita da un’unica navata affiancata da cappelle introdotte da grandi arcate a sesto acuto. Questi sono inquadrati da un doppio ordine di paraste dove il secondo ordine, su mensole, corona le pareti.

Tale decorazione aiuta l’interno gotico ad avvicinarsi allo stile innovativo che caratterizza l’esterno. Infatti l’Alberti, senza curarsi molto di quanto già esisteva, incapsula l’edificio in un moderno involucro in pietra d’Istria.

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Pur essendo molto moderno, l’Alberti, per l’esterno, si rifà all’antichità romana.

Nei fianchi le grandi arcate a tutto sesto sorrette da pilastri, derivano dalle arcate interne del Colosseo e da quelle della porzione inferiore del Mausoleo di Teodorico a Ravenna.

La facciata invece è ispirata all’Arco di trionfo di Augusto. Nella porzione inferiore è divisa in tre parti da semicolonne dai capitelli compositi, con teste di cherubino. La parte centrale ospita il portale che si trova all’interno di un’ampia e profonda arcata. Anche le laterali ripropongono il motivo delle arcate.

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Ornamento della base della semicolonna affianco al portale.

Portale.

Ingrandimento dell’arcata centrale.

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Palazzo Rucellai venne ristrutturato nell’interno tra il 1446 e il 1452 e subito dopo l’architetto Bernardo Rossellino iniziò, su disegno di Leon Battista Alberti, i lavori per la facciata.

Il progetto presenta un fronte di cinque campate, poi esteso a sette in seguito di ampliamenti. Le campate sono tutte uguali, ad eccezione di quelle, più grandi, corrispondenti agli ingressi.

Si distingue da altri palazzi fiorentini quattrocenteschi per l’assimilazione di certe caratteristiche architettoniche romane all’esterno e all’interno, come i tre ordini di pilastri decorativi presenti sulla facciata, di cui l’inferiore è dorico e i superiori misti. Di ispirazione romana sono anche le finestre bifore dei piani superiori sormontate da archi a tutto sesto decorati da rilievi tondi e semitondi e l’ampio cornicione in cima alla facciata e, nell’interno, l’ampio cortile con un portico intorno sostenuto da colonne corinzie.

Palazzo Rucellai

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Colonne piano inferiore. Stile dorico.

Colonna secondo piano. Stile misto.

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Finestra del secondo piano. Finestra del terzo piano.

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Cornicione superiore.

Particolare.

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L’Alberti realizzò il progetto della chiesa di San Sebastiano su commissione di Ludovico Gonzaga. I lavori vennero cominciati nel 1460 ma, a causa di problemi nel terreno e una perdita di interesse da parte dl committente, non furono mai portati a termine.

San Sebastiano

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Per la Chiesa di San Sebastiano l’Alberti progetta una pianta a croce greca preceduta, in uno solo dei bracci, da un pronao con cinque aperture in facciata. Quella centrale è sormontata da un ornato architrave. Inoltre la facciata è solcata da quattro alte e snelle lesene sormontate da un’alta e massiccia cornice che sorregge un frontone spezzato con incluso un arco. Le due rampe di scale d’accesso frontali sono state realizzato solo nel 1925, ma l’Alberti doveva averle previste laterali.

I quattro bracci della croce sono coperti da volte a botte, mentre lo spazio centrale è coperto da una volta a crociera. Quest’ultima non c’era nel progetto originale che prevedeva invece una cupola emisferica.

La chiesa ha sotto di sé una cripta a cui si accede dall’esterno, al livello del terreno, tramite ampie arcate.

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I disegni originali della chiesa non sono pervenuti fino a noi. Tuttavia l’architetto italiano Antonio Labacco ha lasciato dei disegni, probabilmente copiati da altri disegni o da modelli, che sembrano essere i più vicini al progetto originale di Alberti.

In base a questi disegni si può osservare che la pianta della chiesa descrive un ottagono perfetto. Ciò sembra riprendere le prescrizioni di Vitruvio riguardo la pianta delle città, secondo cui la pianta delle città dovrebbe essere ottagonale, così come otto sono le direzioni dei venti.

Per Vitruvio molto importanti sono anche le proporzioni e l’Alberti vi pone grande attenzione durante la realizzazione di questo progetto. Infatti tutte le misure della pianta di San Sebastiano corrispondono ai numeri della serie matematica di Pell.

La pianta centrale inoltre presenta un spazio ampio, quadrato, inscritto in un quadrato di area doppia ruotato di 45° determinante la profondità delle tre absidi.

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La SS.Annunziata sorge sul preesistente oratorio dei Servi di Maria (1235) nato intorno a un'immagine miracolosa dell'Annunziata, per volontà di sette nobili giovani che qui si diedero a vita monastica rinunciando alla mondanità. Il corpo principale della Chiesa, iniziato (1440) da Michelozzo e Pagno Portigiani. Internamente è suddivisa in tre ambienti: a destra la Cappella dei Pucci o di San Sebastiano, a sinistra il Chiostro dei Morti, ampio e affrescato fra gli altri da Andrea del Sarto (Madonna del Sacco), al centro il Primo Chiostro, o Chiostrino dei Voti, totalmente affrescato dai maestri della pittura fiorentina manierista del primo '500.

All’Alberti si deve la realizzazione della poderosa Tribuna visibile dal lato destro, commissionatagli nel 1455 dal Marchese Ludovico Gonzaga. Egli lavora su un disegno preesistente realizzato, alcuni anni prima, dall’architetto Manetti.

Santissima Annunziata

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Nell'ex chiesa di S. Pancrazio, Alberti, progettò per i Rucellai un complesso sepolcrale, il cui contenente e contenuto (cappella ed edicola del Santo Sepolcro) sono legati da precisi rapporti così da risultare due momenti di un solo organismo architettonico. Il tempietto a pianta rettangolare con piccola abside, s'ispira nelle dimensioni al Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Tempietto del Santo Sepolcro

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L’edicola venne realizzata nel 1467 in marmo bianco con decorazioni geometriche in verde e in rosso. In essa sono presenti sia riferimenti orientaleggianti sia classici. D'ispirazione classica è l'iscrizione del fregio, in lettere lapidarie romane il cui ruolo ornamentale è di particolare importanza. Costituisce infatti uno dei primi esempi rinascimentali del recupero delle lettere romane geometricamente proporzionate secondo il quadrato o il circolo. La scritta è la seguente: "Yhesum queritis nazarenum crucifixum surrexit non est hic. Ecce locus ubi posuerult eum".

"Cercate Gesù nazareno il crocefisso. E' risorto, non è qui, ecco il luogo dove lo deposero".

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Situata a Lastra a Signa, un comune vicino a Firenze, la chiesa ha origini romaniche, ma la sua struttura attuale rispecchia i rifacimenti successivi, risalenti al Tre e Quattrocento.

Gli affreschi della cappella del battistero vennero eseguiti intorno al 1433 da Bicci di Lorenzo e bottega; il fonte battesimale marmoreo è attribuito alla bottega di Lorenzo Ghiberti e risale al 1423; precedente (1346) è la pregevole tavola di Bernardo Daddi raffigurante San Giovanni Battista, collocata sulla parete di fondo della cappella.

A Leon Battista Alberti, che fu rettore della chiesa dal 1432 al 1472, si deve il progetto dell’abside semicircolare. Essa è classicamente scandita da sei lesene, che sorreggono una trabeazione con un'elegante iscrizione e l'arme della famiglia Alberti.

Abside in San Martino

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Al primo altare a destra è collocata la tavola raffigurante le Sante Margherita, Caterina d'Alessandria, Caterina da Siena, Maria Maddalena e Apollonia di Pietro Salvestrini, dei primi del Seicento. Al secondo altare a destra troviamo la Madonna con il Bambino tra San Lorenzo e l'Angelo Custode, opera di Antonio del Ceraiolo (inizio del XVI secolo). Al terzo altare a destra è collocata la Vergine leggente tra i Santi Carlo Borromeo, Bartolomeo, Francesco e un Vescovo (1615) di Matteo Rosselli.

Sulla parete sinistra possiamo vedere la cantoria in pietra, costruita nel 1588. Al primo altare a sinistra è situata l'Annunciazione (1615 circa), di ambito del Passignano. Accanto all'altare Gangalandi è murata la lastra tombale di Agnolo Pandolfini, il famoso umanista che visse alla Torre del Ponte a Signa. Nella controfacciata, sopra un'altare settecentesco troviamo un bel dipinto di Francesco Conti databile al 1734, raffigurante il Transito di San Giuseppe.

Struttura interna

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Chiesa di San Martina a Gangalandi (Lastra a Signa).

Abside.

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La realizzazione della facciata della basilica fiorentina di Santa Maria Novella fu commissionata ad Alberti intorno al 1458 dal Rucellai. In quest’occasione l’architetto si trovò di fronte ad una parziale realizzazione trecentesca. Erano infatti già presenti i portali laterali, i profondi archi acuti con le tombe gotiche e le alte arcate cieche, tutti elementi che l’Alberti dovette mantenere cercando di armonizzare al meglio il <<vecchio>> con il <<nuovo>>.

Santa Maria Novella

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Nella parte inferiore si limita a realizzare il portale, inserito all’interno di un arco a tutto sesto incorniciato da due semicolonne corinzie su alti piedistalli. Le semicolonne vengono riproposte nelle estremità della facciata, dove sono affiancate a paraste d’angolo rivestite con fasce orizzontali di marmo alternativamente bianco e verde, che rimandano al battistero fiorentino di San Giovanni.

L’alto attico segna l’inizio della costruzione completamente quattrocentesca. La porzione superiore della facciata è organizzata come un tempio classico tatrastilo: al centro un rosone e su ciascuno dei due lati una coppia di paraste corinzie. Queste ultime, sempre decorate a fasce orizzontali di marmo, sorreggono una trabeazione al di sopra della quale poggia il timpano.

Le due ampie volute svolgono la duplice funzione di raccordare l’ordine superiore all’attico e di nascondere gli spioventi del tetto delle navate laterali.

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Planimetria

La chiesa presenta una pianta a croce latina, suddivisa in tre navate (quella centrale lunga 100 m). Le navate sono divise tramite pilastri polistili sostenenti archi e volte ogivali a crociera. Tra le cappelle si ricordano la cappella Pura, la cappella Rucellai, la cappella Bardi, la cappella Strozzi (alla testata del braccio sinistro del transetto, della metà del XIV secolo), la cappella Maggiore (al termine della navata centrale), la cappella di Filippo Strozzi e la cappella Gondi.

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In S.Maria Novella l’alberti mette in pratica le sue teorie sulla necessità di proporzione armonica e semplice di cui ha spesso parlato nei suoi trattati. Alberti divide l'intero spazio in modo tale che l'altezza dell'edificio è pari alla sua larghezza, formando così un unico vasto quadrato. La parte inferiore, divisa in due dal portale, forma due quadrati, ciascuno dei quali ha una superficie pari ad un quarto di quella del quadrato grande. Il piano superiore è sormontato da un timpano triangolare classico, ha esattamente le stesse misure dei due quadrati della parte inferiore. Il quadrato che delimita la porzione superiore separato dalla mediana corrisponde al rettangolo delimitante il portale. Inoltre il diametro del rosone è pari alla metà del lato del quadrato stesso.

Schemi proporzionali

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In S.Maria Novella l’alberti mette in pratica le sue teorie sulla necessità di proporzione armonica e semplice di cui ha spesso parlato nei suoi trattati. Alberti divide l'intero spazio in modo tale che l'altezza dell'edificio è pari alla sua larghezza, formando così un unico vasto quadrato. La parte inferiore, divisa in due dal portale, forma due quadrati, ciascuno dei quali ha una superficie pari ad un quarto di quella del quadrato grande. Il piano superiore è sormontato da un timpano triangolare classico, ha esattamente le stesse misure dei due quadrati della parte inferiore. Il quadrato che delimita la porzione superiore separato dalla mediana corrisponde al rettangolo delimitante il portale. Inoltre il diametro del rosone è pari alla metà del lato del quadrato stesso.

Schemi proporzionali

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Chiostri di S.Maria Novella

Annessi alla chiesa si trovano gli edifici del convento, con tre chiostri monumentali:

• il "Chiostrino dei Morti“;• il “Chistro Grande”;• Il “Chiostro Verde”.

Il "Chiostro verde“, costruito dopo il 1350, con gli affreschi di Paolo Uccello "a terra verde" nella prima metà del XV secolo: su tre pareti. Sul lato orientale affreschi con "Storie della Genesi" di Paolo Uccello e la sua cerchia, sul lato meridionale Storie di Abramo, di altri artisti, e sul lato occidentale Storie di Giacobbe.

Restaurato nel 1859, fu danneggiato e nuovamente restaurato dopo l’alluvione del 1966.

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Interno della chiesa

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Struttura della navata centrale

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Porzione superiore e ingrandimento della voluta.

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Porzione superiore con al centro il rosone.

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Portale centrale

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L’arco del portale centrale introduce a una breve volta a botte cassettonata che poggia su superfici murarie scandita da coppie di lesene corinzie scanalate, a imitazione dell’ingresso del Pantheon.

Particolare del portale.

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Portale laterale e archi a sesto acuto con tombe gotiche. Particolare.

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L’Alberti realizza il progetto per la chiesa di Sant’Andrea nel 1470, su commissione di Lodovico Gonzaga.

Nella facciata l’architetto fonde il tema dell’arco di trionfo con quello del frante di un tempio classico. Le tre aperture frontali immettono nel pronao, coperto da un sistema di volte a botte cassettonate. L’apertura centrale, amplissima, è costituita da una grande arcata, le altre due, più piccole, sono architravate. Quattro lesene corinzie, poste su alti piedistalli, sorreggono una bassa trabeazione al di sopra della quale si imposta il timpano.

La pianta della chiesa è longitudinale con transetto. All’interno vi è un’unica navata affiancata da tre grandi cappelle coperte da volte a botte. Fra esse piccole cappelle sono ricavate all’interno dei potenti pilastri che sorreggono la grande volta a botte che copre l’aula centrale.

La struttura dell’interno richiama l’imponenza imperiale degli edifici termali e, in particolare, della Basilica di Massenzio, a cui l’Alberti aveva già fatto riferimento nel suo trattato di architettura chiamandola “etruscum sacrum” (tempio etrusco).

Sant’Andrea

INGRANDISCI

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Pronao con volte a botte cassettonate.

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Navata interna con arcate laterali e, di fronte, apertura di una delle tre cupole.

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Volte a botte che copre l’aula centrale.