Lenologia Seconda Parte

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Sommario by S. Nocerino

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Sommario

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La “vinificazione in rosso” Sarebbe più corretto chiamarla vinificazione con

macerazione delle vinacce, poiché si mette a fermentare il mosto intero, comprese bucce, vinaccioli e talvolta anche i graspi, che scaricano nel mosto coloranti e tannini.

Si usa per produrre i vini rossi, soprattutto quelli di pregio da invecchiare a lungo.

Durante la fermentazione aumenta la temperatura e si produce CO2 che sale nel tino e si disperde nell’aria. Essa trascina verso l’alto le vinacce, che formano in superficie uno strato di copertura chiamato “cappello”.

Il cappello deve essere disperso nel liquido almeno 2-3 volte al giorno. Si effettua perciò la “follatura”, usando bastoni adatti (follatori) o il “rimontaggio” (per mezzo di pompe che spillano il liquido dal basso e lo riversano nel tino dall’alto). Si può anche optare per la fermentazione “a cappello sommerso”. Alla fine della fermentazione (dopo 7-15 giorni) mediante un primo travaso detto svinatura si trasferisce nelle botti il vino fiore; le vinacce fermentate sono sottoposte a pressatura o torchiatura per recuperare il vino di cui sono impregnate, ottenendo il 1°, il 2° e il 3° torchiato.

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La “vinificazione in bianco” Si effettua per produrre i vini

bianchi, anche da uve rosse. Si mette a fermentare solo la

parte liquida del mosto, ottenuto con la torchiatura o la pressatura.

Per avere un vino di colore paglierino, limpido e delicato è necessario usare solo il “mosto fiore” ed è opportuno sottoporlo alla sfecciatura mediante filtrazione, chiarificazione, centrifugazione o flottazione.

La temperatura di fermentazione non deve superare i 20° C, perciò la durata del processo fermentativo sarà maggiore (da 10 a 20 giorni).

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La macerazione carbonica Comprende due fasi successive. Nella prima,

l’uva viene messa a macerare, intatta, in un recipiente a chiusura ermetica, riempiendo lo spazio libero di CO2 . La macerazione dura 5-20 giorni. Dopo si passa alla seconda fase, pigiando l’uva macerata e avviando il mosto alla normale fermentazione alcolica, che durerà solo 2-3 giorni.

A volte è l’uva stessa che respirando produce CO2. Si può anche pigiare una piccola parte dell’uva e versare il mosto in fondo al recipiente: la sua fermentazione produrrà la CO2 necessaria.

Con questo metodo si ottiene un vino morbido, fruttato, con tipico profumo di lampone e fragola, subito pronto per il consumo: il “Vino Novello” o “giovane”.

Il vino novello deve essere imbottigliato entro il 31 Dicembre e può essere venduto dal 6 Novembre dell’anno della vendemmia.

Deve essere consumato entro la primavera successiva, perché dopo diventa presto imbevibile. by S. Nocerino

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Il vino rosatoSi può ottenere in tre modi:

utilizzando uve rosse con poco colore o di colore rosa (per esempio di Grignolino);

utilizzando un uvaggio che contenga poche uve rosse e molte uve bianche;

utilizzando uve rosse di qualunque varietà, ma estraendone poco colore. Si comincia con la normale pigiatura dell’uva rossa, seguita dall’inizio della fermentazione nel mosto che contiene anche le vinacce; dopo 4-12 ore, quando è avvenuta una parziale liberazione di sostanze coloranti, si separano le bucce interrompendo la colorazione del mosto al grado d’intensità voluto. La fermentazione prosegue a carico della sola parte liquida. by S. Nocerino

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Il vino dolce Un vino è definito

“dolce” se il contenuto di zucchero residuo è ≥ 45 g/l “amabile” se il contenuto di zucchero residuo va da 12 a

45 g/l “abboccato” se il contenuto di zucchero residuo va da 4 a

12 g/l “secco” se il contenuto di zucchero residuo è ≤ 4 g/l

La produzione dei vini dolci non è difficile, ma non è facile assicurarne la stabilità.

Il grado di dolcezza desiderato si può ottenere con opportune aggiunte di mosto concentrato o filtrato dolce, ma il metodo più usato è quello della filtrazione del mosto originale ripetuta parecchie volte, lasciando che la fermentazione ricominci di volta in volta più lenta e più debole, per poi interromperla quando si sia formata la quantità minima d’alcol richiesta dalla legge, pari ai 3/5 del grado alcolico ottenibile.

Anche l’alcol aggiunto in grandi quantità impedisce la fermentazione dello zucchero nel vino imbottigliato, mantenendone la dolcezza; i vini dolci con gradazione alcolica aumentata in questo modo (e compresa tra 16 e 22 gradi) sono i cosiddetti “vini liquorosi”. Un arresto dei lieviti si può avere anche in un vino con forte gradazione alcolica naturale, che perciò rimarrà naturalmente dolce.

La dolcezza del vino può essere stabilizzata mediante aggiunta d’acido sorbico, che inibisce i lieviti; invece l’anidride solforosa, nelle dosi consentite dalla legge, non è altrettanto efficace.

Malvasia

Zibibbo

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Il vino frizzante L’effervescenza e la formazione di spuma dei

vini frizzanti è dovuta alla CO2 prodotta in modo naturale o introdotta artificialmente.

Nel primo caso si procede all’imbottigliamento quando solo una parte dello zucchero è stata trasformata in alcol, lasciando che il processo fermentativo continui lentamente nel vino imbottigliato: la CO2 prodotta in questa fase rimarrà imprigionata nelle bottiglie.

Un altro sistema consiste nel far rifermentare in autoclave il vino fermo aggiungendovi lieviti e mosto. Il vino va poi imbottigliato senza fargli perdere la CO2 accumulata.

Nel secondo caso, la CO2 viene aggiunta per mezzo di una bombola. In tal caso è obbligatoria la dicitura “addizionato di anidride carbonica” sulle etichette delle bottiglie.

Il vino frizzante deve avere almeno 7° alcolici e una sovrappressione da 1 a 2,5 bar. Se la pressione è di almeno 3 bar il vino è denominato “spumante”, come si vedrà più avanti. by S. Nocerino

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La vinaccia Comprende le parti solide dell’uva (bucce,

vinaccioli, frammenti di raspi) che rimangono dopo la separazione del mosto per spremitura (vinaccia vergine) o dopo la svinatura (vinaccia fermentata).

Con ripetute torchiature dalle vinacce fermentate si estrae vino (primo, secondo e terzo torchiato). Solo il primo torchiato è di buona qualità e si può aggiungere al vino “fiore”.

Le vinacce “esauste”, prive di liquido, sono avviate alla distillazione per ricavarne grappa. Le vinacce fermentate, rapidamente alterabili, devono essere trattate con SO2 e protette con teli impermeabili all’aria.

Dopo la distillazione, dalle vinacce si ricava l’acido tartarico e poi, previa essiccazione, si separano i vinaccioli, dai quali si estrae un ottimo olio.

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Cure al vino Svinatura: consiste nel travasare il vino nuovo dal tino

alle botti di conservazione, quando la fermentazione tumultuosa si arresta. L’aria che entra nelle botti favorisce la fermentazione lenta: è quindi opportuno non riempire completamente le botti.

Colmature: consistono nel versare del vino nelle botti, compensando il calo del vino dovuto all’evaporazione e al freddo invernale, allo scopo di evitare il contatto con l’aria, quando è finita la fermentazione lenta. Vanno fatte con vino solfitato, aggiungendolo lentamente affinché si disponga sopra il vino da proteggere. Fino a primavera si eseguono una o due colmature a settimana; poi sarà sufficiente colmare le botti ogni due settimane. Per poter controllare il livello del vino si usano i tappi colmatori.

Nelle grandi e moderne cantine il contatto del vino con l’aria è impedito mediante un gas inerte, l’azoto.

Travasi: consistono nel trasferire il vino da una botte ad un’altra, con lo scopo di separarlo dalla feccia che si deposita sul fondo alla fine della fermentazione lenta. A seconda del tipo di vino si effettuano 2, 3 o 4 travasi, ogni 2-3 mesi. Il travaso può essere fatto: a contatto con l’aria o aperto, solo quando il vino

presenta odori sgradevoli; fuori del contatto con l’aria o chiuso, soprattutto per i

vini deboli, poco acidi o poco alcolici.

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Correzioni del vinoSe il vino presenta difetti o altre anomalie, è spesso possibile

rimediare. Aumento del grado alcolico: si può ottenere mediante il taglio con

un altro vino più alcolico oppure attraverso la concentrazione a freddo (– 10° C), allontanando la parte dell’acqua che ghiaccia.

Correzione dell’acidità: l’aumento dell’acidità può essere necessario per rientrare nei limiti legali, per migliorare il sapore, ma anche per proteggere il vino dalle infezioni batteriche. L’acidità si può aumentare mediante il taglio con vini più acidi o mediante adeguate aggiunte d’acido tartarico. Qualora sia necessario ridurre l’acidità eccessiva, si esegue un taglio oppure si aggiungono sali che, combinandosi con gli acidi, formano sedimenti facilmente separabili con una filtrazione.

Correzione del colore: per la riduzione si usa il carbone attivo ad uso enologico. Per l’aumento si può ricorrere ad un buon taglio.

Rifermentazione: consiste in una nuova fermentazione che si provoca aggiungendo al vino vinacce fresche, il 10 % di mosto normale o il 3- 4 % di mosto concentrato e lieviti selezionati.

Può essere utile a diversi scopi: completare la trasformazione in alcol di tutto lo zucchero residuo, rendere secco un vino dolce o aumentarne il grado alcolico, ringiovanire i vini troppo vecchi, migliorare le qualità organolettiche del vino.

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Difetti e alterazioni del vino

Intorbidamenti: devono essere eliminati prima dell’imbottigliamento. Si può ricorrere alla filtrazione, alla chiarificazione con bentonite o caseinato di potassio, alla centrifugazione o alla flottazione.

Difetti organolettici: riguardano l’odore e il sapore del vino. I più comuni sono: odore e sapore di anidride solforosa, uova marce, aglio, feccia, fradicio o muffa, secco, tappo, carta, rancido, terra, gomma, metallo, lisciva, topo, ossidazione o maderizzazione.

Per prevenirli bisogna osservare le regole della corretta enologia: SO2 e acqua a volontà!

Alterazioni: sono i vari tipi di casse (ossidasica, ferrica, rameosa ecc.) cioè di rottura del colore e del sapore dovute a metalli o ad enzimi provenienti da uve ammuffite.

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Le malattie del vino Sono provocate dai microrganismi presenti nel vino. I vini più soggetti

sono quelli poco acidi, poco tannici e poco alcolici e quelli con un certo residuo zuccherino. Si possono dividere in aerobiche e anaerobiche.

Si prevengono osservando le regole d’igiene enologica e conservando il vino fuori del contatto con l’aria, in ambiente fresco.

Il vino malato si cura con la pastorizzazione e la rifermentazione, cui si fa seguire una buona solfitazione. Le malattie più comuni sono: Fioretta: causata da un lievito che forma sulla superficie del vino un

sottile strato bianco. Non è grave di per sé, ma rende il vino più sensibile ai batteri acetici.

Spunto e acescenza: si manifesta con un sottile velo viscoso grigiastro (la “madre dell’aceto”) sulla superficie del vino. E’ causato dai batteri acetici che trasformano l’alcol etilico in acido acetico. Se è leggera si parla di spunto; se, invece, è grave si parla d’acescenza, senza rimedio.

Fermentazione mannitica o Agrodolce o Spunto lattico: è causata da batteri che trasformano gli zuccheri in mannite, acido lattico ed acetico. Avviene quando, durante la fermentazione , la temperatura supera i 37° C. Non è curabile.

Girato: si manifesta con la liberazione di CO2, con la formazione d’onde sericee sulla superficie del vino e con l’intorbidamento della massa. Il sapore è un misto d’acido, rancido e putrefatto.

Amarore: è una malattia rara causata da batteri che attaccano la glicerina.

Filante: colpisce talvolta i vini bianchi con un certo residuo zuccherino. Quando il vino è versato nel bicchiere non fa rumore, sembra olio. Si elimina aggiungendo SO2 e agitando violentemente il vino oppure mediante pastorizzazione.

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L’invecchiamento dei vini Durante i mesi invernali, fino alla successiva

primavera, il vino nuovo nelle botti subisce un lento processo di maturazione: diminuisce l’acidità, si forma il colore tipico, ecc.

Dopo tale periodo, tuttavia, solo alcuni vini sono già pronti per l’imbottigliamento e per il consumo, mentre per altri occorreranno ancora mesi o anni di invecchiamento.

Alla fine dell’inverno, in cantina, si ”costruiscono” i vini attraverso tagli studiati dal cantiniere o dall’enologo, da cui nasce un prodotto unico ed irripetibile.

A parte qualche eccezione, i vini bianchi sono pronti nella primavera successiva alla vendemmia, come anche quelli rosati ed alcuni rossi.

Per la maggior parte dei vini rossi è invece utile e vantaggiosa una prolungata permanenza nelle botti, anche per diversi anni; si tratta di vini con almeno 12° alcolici, piuttosto acidi e con un notevole contenuto di tannini.

Un buon invecchiamento dipende da annate climatiche favorevoli, colmature e travasi eseguiti al momento giusto, sistemazione delle botti, di buon legno di rovere, in una cantina fresca, buia e ben aerata.

E’ però necessario interrompere l’invecchiamento al momento giusto per impedire che il vino, dopo aver raggiunto le migliori caratteristiche organolettiche, cominci a perdere le sue qualità particolari.

Da qualche anno i produttori italiani usano, per l’invecchiamento, botti di piccole dimensioni (225-228 l) chiamate barriques, che trasmettono al vino aromi e sapori particolari. by S. Nocerino

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L’imbottigliamento Va fatto con precauzione e secondo regole

precise: Per impedire l’ossidazione del vino, è importante

che nelle bottiglie entri la minima quantità d’aria. Per la maggior parte dei vini, il periodo migliore è il mese di

marzo; i vini invecchiati si possono imbottigliare anche a settembre. Secondo una nota tradizione popolare, conviene imbottigliare il vino durante la fase calante della luna nuova.

E’ indispensabile usare tappi sani, elastici, d’ottimo sughero. Le bottiglie tappate devono essere tenute per 10-15 giorni in posizione verticale, affinché il tappo si adatti al collo della bottiglia, dopodiché vanno messe in posizione orizzontale, in modo da impedire la presenza d’aria tra tappo e vino. In questo modo il tappo, inumidito dal vino, non rinsecchisce e rimane un’ottima barriera tra il vino e l’aria e, inoltre, il vino non assumerà il sapore di tappo.

Nell’ambiente privo d’ossigeno della bottiglia si formano nuovi composti che caratterizzano definitivamente il vino: è questo l’invecchiamento vero e proprio, secondo alcuni autori.

Dopo l’imbottigliamento, per preservare la qualità del vino, si effettua la pastorizzazione.

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Classificazione dei vini Vini da tavola o da pastoVini comuni, con gradazione alcolica minima di 9° ( 7° per i vini frizzanti ); devono essere prodotti con uve di varietà della specie Vitis vinifera ( vite europea ), nello stesso territorio dei vigneti.

Vini da tavola

Vini da tavola con indicazione geografica tipica (I.G.T.)

Vini da tavola con indicazione di vitigno e della zona geografica

Vini di qualità prodotti in regioni determinate (VQPRD)Prima di essere messi in commercio vengono controllati quantitativamente e sono sottoposti ad analisi chimica ed organolettica a cura di apposite commissioni ministeriali.

Vini a denominazione d’origine controllata (D.O.C.)Per ognuno è stato redatto un disciplinare di produzione che indica: zona di produzione, quantità d’uva producibile per ettaro, rendimento della trasformazione in vino, caratteristiche organolettiche e chimico-fisiche.

Vini a denominazione d’origine controllata e garantita (D.O.C.G.) È la massima qualificazione prevista per un vino italiano, attribuibile solo a vini che già hanno la D.O.C. e che, oltre ad avere speciali pregi organolettici, abbiano acquisito particolare fama. In Campania vi sono 17 vini D.O.C. e 3 vini D.O.C.G.: Fiano di Avellino, Greco di Tufo, Taurasi.

Vini speciali Vini spumanti

Vini liquorosiSono ottenuti da un vino base prodotto con uve aromatiche, come Moscato, Malvasia, Aleatico ecc., cui si aggiunge alcol o acquavite di vino oppure mosto concentrato. Tipico vino liquoroso è il Marsala.

MistelleSono vini dolci prodotti senza fermentazione, aggiungendo al mosto acquavite di vino o alcol, diffusi nell’Italia meridionale.

Vini aromatizzatiSono vini arricchiti d’alcol, zucchero ed infusi o estratti d’erbe. Tra essi il più noto è il Vermouth preparato per la prima volta dalla ditta Carpano nel 1786, a Torino; il suo aroma è dato dalleinfiorescenze dell’assenzio, che in lingua tedesca si chiama appunto “vermouth”.

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Vini spumanti Sono i corrispondenti italiani degli Champagne francesi. Sono vini che hanno una sovrappressione in

bottiglia (misurata con un afrometro) di almeno 3 bar. Secondo il contenuto zuccherino sono distinti in sei tipi diversi, dal Brut Nature (meno di 3 g/l) al dolce (più di 50 g/l di zucchero). Esistono quattro tipologie di spumanti e di champagne: Blanc des blancs (bianco da uve bianche); Blanc des noirs (bianco da uve rosse, vinificate in bianco); Rosè (ottenuto da un vino base rosato) Crémant (ottenuto aggiungendo una minore quantità di zuccheri e perciò meno gasato).

Si possono ottenere in tre modi: Col Metodo Classico (o Champenois); Col Metodo Charmat; Con la gassatura artificiale.

Il metodo Champenois prende il nome dalla regione francese della Champagne dove, nel XVII secolo, il monaco Dom Pérignon razionalizzò la trasformazione del normale vino bianco in spumante.

Si parte da un vino “fermo” già maturo, ottenuto di solito da un uvaggio di Pinot nero, Pinot bianco ed altri vitigni o dal taglio di vini diversi. A questo “vino base” si aggiungono sciroppo zuccherino e lieviti selezionati (liqueur de tirage), poi s’imbottiglia e si dispongono le bottiglie in posizione orizzontale in una cantina fresca, a 10-12° C. Nel vino imbottigliato avviene una rifermentazione, detta “presa di spuma” e la CO2 che si produce resta imprigionata nella bottiglia ben tappata. Dopo 2-6 mesi si sarà formata tutta la CO2 necessaria, ma anche un notevole sedimento feccioso. Per separarlo dal vino si dispongono le bottiglie sulle pupitres prima leggermente inclinate e poi inclinate sempre di più, in modo che dopo 1-2 mesi sono quasi verticali, col tappo rivolto verso il basso; nello stesso periodo, ogni 3-5 giorni sono agitate con movimenti oscillatori (rèmuage). In questo modo la feccia si accumula sotto il tappo e si può facilmente eliminare con un’operazione, detta “sboccatura” (dègorgement), che si può eseguire in due modi: al volo (à la volèe), stappando con accortezza la bottiglia, versando il deposito

con un po’ di vino e richiudendo subito per non far uscire la CO2

al ghiaccio (à la glace), congelando il collo della bottiglia per ridurre la perdita di vino e di gas.

Seguono il rabbocco delle bottiglie con aggiunta di liqueur d’expedition e la tappatura definitiva con tappo a fungo e gabbietta metallica.

Il Metodo Charmat (ideato dall’italiano Martinotti ma diffuso dal francese Charmat) differisce dal precedente perché si fa svolgere la rifermentazione , in breve tempo, in grandi recipienti a chiusura ermetica (autoclavi), gli stessi usati per produrre il vino frizzante.

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