L'elegia Feronia di Janus Pannonius composta 555 anni fa

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L’ELEGIA FERONIA DI JANUS PANNONIUS COMPOSTA 555 ANNI FA Nell’ambito dell’Anno Culturale Ungheria–Italia 2013 Cerimonia di inaugurazione lapide commemorativa presso la fonte di Feronia di Narni NARNI, 16 NOVEMBRE 2013 Istituto Balassi–Accademia d’Ungheria in Roma, Comune di Narni ROMA–BUDAPEST 2013 tordelt.qxd 11/5/2013 2:17 PM Page 1

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Narni, 16 novembre 2013

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L’ELEGIA FERONIA DI JANUS PANNONIUS

COMPOSTA 555 ANNI FA

Nell’ambito dell’Anno Culturale Ungheria–Italia 2013 Cerimonia di inaugurazione lapide commemorativa

presso la fonte di Feronia di Narni

NARNI, 16 NOVEMBRE 2013

Istituto Balassi–Accademia d’Ungheria in Roma,Comune di Narni

ROMA–BUDAPEST2013

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PER L’INAUGURAZIONE DELLA LAPIDE COMMEMORATIVA

DEL POETA UNGHERESE JANUS PANNONIUS

L’Italia, sin dall’antichità, non diede vita solo ad un elevato numerodi volumi scritti su pergamena, carta o stampati, ma anche adiscrizioni incise su pietre, create con l’intento di ricordare, com-memorare. Tale esempio viene seguito da quelle nazioni europee,che hanno un comune denominatore, ovvero le tradizioni della cul-tura greco-romana ed il cristianesimo. Nel collocamento delle lapidie delle statue furono all’avanguardia i papi, gli stessi che indisserotra l’altro anche il giubileo, ricorrente ogni quarto di secolo, fornen-do in tal modo anche ai laici un esempio di come commemorare si-mili ricorrenze.

Nascono con rallegrante rapidità quei luoghi di memoria che sonoun prezioso contributo allo sviluppo dei rapporti e della concoscen-za reciproca fra le diverse nazioni. Anche al poeta ungherese JanusPannonius fu dedicata una lapide commemorativa in Italia. Essavenne inaugurata nel 2002 a Ferrara, presso la Biblioteca ComunaleAriostea, luogo che ospitò il poeta durante i suoi studi. A Narni set-tantacinque anni fa fu la Società di Mattia Corvino d’Ungheria a col-locare una targa in onore di Galeotto Marzio, il migliore amico diJanus, su una parete della casa natale del primo. Ora, su iniziativa delComune di Narni e dell’Accademia d’Ungheria in Roma, in occa-sione dell’Anno Culturale Ungheria-Italia 2013, grazie al generososostegno del Fondo Nazionale Culturale di Ungheria, anche il poetaungherese disporrà di un luogo di memoria a Narni; nell’ambiented’ispirazione della sua celebre elegia, ovvero la fonte di Feronia, ilcui contesto 555 anni fa doveva essere pressoché uguale a quelloodierno. L’idea della lapide commemorativa si deve a GézaSzentmártoni Szabó, storico di letteratura, mentre l’esecuzione dellastessa è stata affidata allo scultore Róbert Csíkszentmihályi, di cui siconoscono già diverse targhe collocate in numerosi luoghi di memo-ria ungherese in Italia.

Nell’elegia di Janus Pannonius, in onore alla dea Feronia, partedella struttura e della tematica poetica è la promessa, secondo laquale il poeta intende ritornare ogni anno alla nota sorgente per ren-

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dere omaggio alla dea con voti di sacrificio di animali e fiori, comeprevisto in antichità. Il poeta non riuscì a mantenere tale sua promes-sa, poiché passò il resto della vita nella propria patria. Oggi invece,noi che collochiamo questa lapide, possiamo programmare con mag-gior sicurezza di recarci almeno annualmente a Narni, nei giorniprecedenti al solstizio d’estate, per visitare la fonte elogiata da JanusPannonius, e, allo stesso tempo, per rendere omaggio anche al luogodi nascita di Galeotto Marzio, ritrovando anche i nostri amici italiani.L’antica amicizia di Galeotto Marzio e Janus Pannonius tutt’oggipotrebbe essere un legame che unisce sia i cultori sia i devoti dellacultura italiana ed ungherese.

ANTAL MOLNÁR

Direttore dell’Accademia d’Ungheria in Roma

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P R O G R A M M ANarni, 16 novembre 2013

a12.00 b

Fonte di Feronia: inaugurazione della lapide commemorativa in onore di Janus Pannonius

SALUTI

Prof. ANTAL MOLNÁR, Direttore dell’Accademia d’Ungheria in RomaDott. FRANCESCO DE REBOTTI, Sindaco di Narni

Dott. GIANNI GIOMBOLINI, Assessore alla cultura del Comune di Narni

a13.00 b

Visita alla casa natale di Galeotto Marzio

a16.00 b

In occasione dell’inaugurazione tavola rotonda presso la Salaconferenza del Museo Civico di Narni

Prof. LÁSZLÓ JANKOVITS (Università di Pécs): Elegia Feronia di Janus Pannonius

Prof. AMEDEO DI FRANCESCO (L’Università degli Studi di NapoliL’Orientale): Janus Pannonius nell’umanesimo ungherese

Prof. LÁSZLÓ CSORBA (Museo Nazionale Ungherese di Budapest):Ricordi ungheresi in Italia e la loro memoria

Prof. ROBERTO STOPPONI (Presidente del Centro Studi Storici di Narni): Giovanni Eroli e la sua testimonianza su

Janus Pannonius

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JANUS PANNONIUS ALLA FONTE DI FERONIA

Janus Pannonius (1434–1472) compiuti gli studi di legge all’Uni-versità di Padova, nel maggio del 1458, si recò a Roma per rievocarela sua passione per la letteratura antica. Giunse nella città, all’epocaancora trascurata ed inornata, insieme al suo amico Galeotto Marzio(1427–1497), di origine narnese. Janus, in base alle esperienze iviacquisite, compose il suo epiramma dal titolo Roma ad hospites coninizio “Quisquis es, ignotis huc vecte a sedibus, hospes” (Ospite,chiunque tu sia, dalle tue sedi sconosciute vieni fin qua), in cui lacittà invitava tutti coloro che giungevano, da qualunque parte delmondo e con qualsiasi obiettivo, a percorrere le rovine con la dovu-ta attenzione “Percensere meas, pia sit tibi cura, ruinas”. Dopo lavisita della città, il 23 maggio fu lo stesso papa Callisto III(1455–1458) ad accogliere Janus e Galeotto. Stando agli atti pubbli-cati all’epoca dal Papa, egli esaudì numerose richieste avanzate daJohannes de Chesmicze, preposto di Titel in udienza privata da lui.Giovanni di Csezmice, ovvero Janus Pannonius e Galeotto Marzio(civis Narniensis – originario di Narni), ebbero una grazia partico-lare; fu concesso loro il privilegio dell’altare portatile.

I due amici, all’inizio di giugno, successivamente all’incontro conil papa, ripresero il loro viaggio. Janus a quel punto, dopo il suo viag-gio in Italia, si accinse a rientrare in patria, in Ungheria, su invito disuo zio, il vescovo di Várad e del neo re ungherese Mattia Corvino.Lungo il suo viaggio verso Nord, frastagliato dalle alte catene mon-tuose, raggiunta la valle del fiume Nera dall’acqua sulfurea, si fermòalcuni giorni per visitare Narni, città natale del suo amico GaleottoMarzio, costruita sulla cima di monte.

Il 5 giugno del 1458, che cadde di lunedì, nel torrido clima estivo,Janus si arrampicò fino alla famosa fonte – che scorreva ai piedi delcastello sopra la città con le sue quattro torri –, la quale portava ilnome della ninfa Feronia fin dall’antichità. Presso la sorgente glivenne l’idea di formulare la sua elegia, in lode alla ninfa, divenutacelebre più avanti, composta di 50 versi. Offrì la sua poesia a Feroniain qualità di “devotus hospes”, viaggiatore in arrivo da Roma:

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Naidum Italicorum principi divae Feroniae devotus hospes, IanusPannonius, cecinit in reditu ex Urbe, nonis Iuniis, MCCCCLVIII.(Cantato da Janus Pannonius, ospite devoto in ritorno da Roma, il 5giugno del 1458 alla Dea Feronia, la più importante fra le ninfe dellefonti d’Italia). Il poeta all’inizio della poesia interpella la ninfa comesegue:

Sacri fontis, ave, mater Feronia, cuiusFelix Paeonias Narnia potat aquas!

(Salve, Feronia, madre della fonte sacra le cui acque peonie Narnibeata beve.) Al punto cruciale della poesia, secondo quanto prevede-va la sezione aurea (regola aurea), ovvero ai versi 29–30, il poetatornò a ripetere il saluto, seguito dal suo voto a favore della ninfa:

Salve iterum e Latiis longe celeberrima Nymphis,Hospitis et grati suscipe dona libens!

(Ancora una volta salve, tu che sei di gran lunga la più celebre trale ninfe del Lazio, accogli volentieri i doni di un ospite gradito).Da oggi in poi si potranno leggere questi quattro versi sulla lapidecollocata alla fonte di Feronia, la cui forma ricorda le pietre degliantichi altari dedicati alle ninfe. Il poeta inserì fra i versi della pro-pria poesia, composta 555 anni fa, vocaboli usuali per il voto di sa-crificio, i quali una volta venivano incisi sulle pietre degli altari solocon le iniziali: V[OTUM] S[OLVIT] L[IBENS] M[ERITO], ovvero:Volentieri e giustamente scioglie il voto. Il poeta termina il voto allaninfa nei versi 37–40 come segue:

Debita solventur semper tibi vota quotannis,Dum mea vitalis spiritus ossa reget.

Nec plus Castalias, quam te, venerabimus undas,Musarum et nobis numinis instar eris.

(In tuo onore sempre, ogni anno, saranno compiuti i voti a tedovuti, finché un soffio di vita reggerà le mie ossa. Non onoreremole acque castalie più di te e sarai per noi pari alla potenza divina delleMuse).

La ninfa Feronia era un’antica Dea di origine italica, veneratainnanzitutto dai sabini. Uno dei santuari a lei dedicati era sito neipressi di Capena, nel Latium. Gli schiavi che erano riusciti a liberar-si videro in lei la loro protettrice, per cui il 13 novembre, giorno di

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festa a lei dedicato, le offrivano numerosi doni di voto, tra frutta eprimizie. La Dea in genere veniva raffigurata con cuffia e collana, inparticolare sulle monete della gens Petronia di origine sabina.Secondo l’Eneide di Virgilio, Feronia fu madre di Erilo, ovvero redell’attuale Palestrina. Erilo nacque con tre corpi e tre anime, per cuiquando Evandro, l’aiutante di Enea, dovette ucciderlo, dovetteripetere l’operazione per ben tre volte. Giove ebbe pena dellaFeronia in lutto e mutò Erilo in una piccola sorgente.

Janus Pannonius, datò la sua elogia delicata a Feronia, nell’inte-stazione, seguendo il calendario romano, “nonis Iuniis”, che cor-risponde al 5 giugno. Il calendario giuliano già nel 1458 aveva unritardo di 10 giorni rispetto all’equinozio di primavera, dunque il5 giugno, secondo il calendario gregoriano attualmente in vigore,equivaleva al 15 giugno. Quel giorno quindi era, in realtà, solo di6 giorni in anticipo rispetto al solstizio d’estate: giorno in cui ilsegno zodiacale Cancro costringe il Sole a invertire il suo percorso“crescente”. Janus teneva in particolar modo ai riferimenti astro-nomici. La poesia ci proietta in modo percettivo il paesaggio che cir-conda la fonte, ovvero l’immagine del castello dalle quattro torri. Ilpoeta in cambio dell’acqua dissetante, offre in sacrificio alla fontefiori, animali e del vino, analogamente alle tradizioni dellaFontinalia (festa della fonte) incantata da Orazio, per assicurare chela sorgente continui a garantire acqua preziosa. Infine spiega con sto-rie mitologiche legate a Feronia l’origine del potere terapeutico dellafonte. L’elegia trasporta numerose reminiscenze caratteristiche degliautori antichi.

Janus Pannonius nella sua opera completa cita altre due volte lacittà di Narni. Nella sua elegia composta nel 1454 in onore diGaleotto Marzio, con inizio “Si, Galeotte, meo te collaudavero versu”dopo aver lodato l’Umbria descrive la città con i seguenti versi:

Urbs ibi consurgit praerupti in vertice saxiNobiliumque ducum pontificumque parens,

Cui victrix fortis transcripsit Roma colonos,Nar fluvius nomen mons nitidusque dedit.

Haec tibi sat clarae, genus haud ignobile, stirpisPraebuit, et quantas, exigit usus, opes.

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(Qui, sulla cima di una rupe scoscesa, sorge una città che ha datoi natali a nobili comandanti e pontefici, dove Roma vittoriosa trasferiforti coloni, alla quale diedero il nome il fiume Nera e il montesplendente. Ti bastino queste opere (ricchezze), quante la necessitàha richiesto, che questa stirpe famosa, popolo non ignobile, ha eret-to per te.) Nel secondo verso troviamo dei riferimenti ad Erasmo daNarni, detto il Gattamelata (1370–1443), celebre condottiero origi-nario di Narni, nonché a Berardo Eroli (1409–1479), cardinale diSpoleto e vicario papale.

Janus Pannonius cita la città nel verso 638 del panegirico com-posto su Guarino, in quanto luogo di nascita dell’amico, facendoriferimento al mont sito lungo il fiume Nera: “Martius, undisonoquem Narnia monte creavit.” (Marzio, che Narni fece crescere sulmonte dove risuonano le tue acque.) Sul muro della casa natale diGaleotto Marzio, nel 1938, la Società Mattia Corvino d’Ungheria(Corvin Mátyás Társaság) collocò una lapide commemorativa. Lafamiglia Cesi ha fatto dipingere nel Cinquecento un affresco con unepigramma di sei righe che rappresenta l’illustre umanista, e che dalsuo restauro del 2007 si può ammirare di nuovo al suo vecchio splen-dore al Palazzo Comunale.

Janus Pannonius, nel giugno del 1458, soggiornò solo pochigiorni a Narni, poi proseguì il suo viaggio a Firenze dove non eramai stato prima. Fu allora che incontrò per la prima voltaVespasiano da Bisticci (1421–1498), noto libraio, il quale nel suolibro riscoperto nel XIX secolo illustrò i suoi celebri contemporaneicon brevi biografie. Tra queste figurano tre prelati: János Vitéz,arcivescovo di Esztergom, Janus Pannonius, vescovo di Pécs eGyörgy Handó (?–1480), arcivescovo di Kalocsa. Vespasianoincontrò personalmente ben due volte Janus Pannonius: nel 1458 enel 1464. Vespasiano descrisse in modo molto esplicativo il loroprimo incontro.

“[Messer Giovanni] giunto a Firenze con cavalli e famigli, alprimo uomo a chi egli volle parlare, fu a me, perchè io fussi mezzoa farlo parlare con più uomini dotti. Giunto a me con uno mantellet-to paonazzo indosso d’uno degnissimo aspetto, subito che io lo vidigli dissi: voi siate il bene venuto; voi siete Giano Ungaro? perchè,secondo che m’era disegnato, mi parve conoscere. Dette questeparole, mi si gittò al collo, ed abbracciommi, e disse che io diceva ilvero, colle più gentili e le più destre parole che io vedessi mai”.

Janus nei giorni successivi incontrò diversi studiosi fiorentini, e,successivamente, stando alle descrizioni del libraio, una mattina vi-

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sitò Poggio Bracciolini (1380–1459): “e portogli da quaranta versiche aveva fatti la sera dinnanzi; i quali versi furono molto lodati e damesser Poggio e da tutti quegli che li vidono, ch’era attissimo allaprosa e al verso”.

Tale poesia di quaranta versi non poteva essere un componimen-to improvvisato, poiché l’interesse del poeta era quello di presentar-si al celebre Bracciolini con una poesia ben elaborata e decorosa.Forse non siamo troppo lontani dalla verità se supponiamo che talepoesia non fosse stata altro che l’elegia composta a Narni in lode allafonte di Feronia, che però era composta di cinquanta versi.

Janus passò a trovare anche Cosimo de’ Medici Sen. a Careggi,nei pressi di Firenze, nella sua villa appena costruita. Tale incontro,avvenuto nell’estate del 1458, lo descrisse anche Vespasiano daBisticci nella biografia di Cosimo, dove menzionò il giovane comevescovo di Pécs: “Sendo stato uno vescovo di Cinque Chiese aFerrara più tempo, di nazione ungaro, uomo de grandissima autoritàe dottrina”. Dopo il colloquio “Cosimo disse di poi, essere il da piùoltramontano, a chi egli avesse parlato”.

Janus proseguì da Firenze a Padova dove potrebbe aver incontratonuovamente Galeotto che risiedeva nella vicina Montagnana. Il gio-vane proveniente dalla Pannonia, come già accenato precedente-mente, sapeva del celebre nativo di Narni, ovvero di Gattamelata;inoltre, durante i suoi studi a Padova, avrà certamente visto il famosomonumento equestre a lui dedicato, realizzato da Donatello nel 1453.Nel 1457, in seguito alla morte prematura del figlio del Condottiero,del capitano veneziano Giovanni Antonio (c.1427–1456), fu AndreaMantegna a dipingere sul soffitto del palazzo della famigliaGattamelata a Padova la storia del celebre padre e figlio, corredata daantiche allegorie. La serie di affreschi successivamente andò distrut-ta nell’incendio del 1760. La scena del pianto del giovane, raffigura-ta come Pallade dell’Eneide, fu risparmiata dalle le fiamme. Il com-mittente degli affreschi fu Giacoma della Leonessa, vedova delcondottiero e allo stesso tempo madre del giovane morto. Non moltotempo più avanti, nel 1458, vennero realizzati presso la Basilica diSant’Antonio di Padova i sarcofagi dei Gattamelata. Fu GaleottoMarzio a comporre l’epitaffio in versi sulla tomba del giovane.

L’inaugurazione degli affreschi e dei sarcofagi dei Gattamelataavranno senz’altro contribuito al fatto che Janus ed il suo amico origi-nario di Narni ricevettero un regalo in comune da Mantegna proprionel 1458. Diffati il pittore, all’epoca impegnato negli affreschi dellaLeggenda di San Cristoforo presso la Chiesa degli Eremitani,

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preparò un doppio ritratto su Janus Pannonius e Galeotto Marzio. Ilritratto su tavola non c’è più, ma su esso all’epoca Janus scrisseun’elegia in lode al celebre pittore padovano (Laus AndreaMantegnae pictoris Patavini MCCCCLVIIIo).

Il giovane originario della Pannonia avrà sicuramente raccontatocon entusiasmo ai suoi conoscenti padovani con quanta costanzaaveva vagato a Roma pur di vedere gli antichi monumenti. Il reso-conto di Jannus avrà senz’altro sorpreso i suoi interlocutori, conside-rato che essi continuarono a ricordarlo persino dopo il suo rientro inUngheria e la sua nomina di vescovo di Pécs, avvenuta l’anno suc-cessivo.

Giorgio Vasari (1511–1574), cento anni più tardi, scrisse scher-zosamente che Mantegna, tra i suoi amici raffigurati sull’affresco diSan Cristoforo, dipinse „un certo vescovo d’Ungheria, uomo scioc-co affatto, il quale andava tutto giorno per Roma vagabondo, e poi lanotte si riduceva a dormire come le bestie per le stalle”.

Janus da Padova giunse successivamente a Ferrara, per un eventoalquanto importante, poiché il 13 luglio del 1458 il suo ex profes-sore, Guarino da Verona (1374–1460), terminò dopo diverso tempoproprio allora la sua traduzione in latino de La Geografia diStrabone. La conclusione della traduzione promossa dal papaNiccolò V venne finanziata dal patrizio veneziano Jacopo AntonioMarcello (1398–1464), promotore italico di Janus. Marcello diede laprima copia a Renato d’Angiò (1409–1480), a cui tra l’altro nel 1452Janus Pannonius dedicò un panegirico, commissionato sempre dallostesso Marcello (De laudibus Renati Siciliae regis libri tres). Il testocompleto di tale componimento venne ritrovato solo nel 2009.

Il suocero di Mantegna, Giovanni Bellini (c.1430–1516), dipinsedue miniature per il codice di Strabone, realizzato per Renatod’Angiò e oggi custodito ad Albi. L’immagine della prima paginaraffigura il momento in cui, nell’estate del 1458, il Maestro Guarinoconsegnò a Marcello, in presenza di numerosi personaggi, latraduzione del codice di Strabone. L’immagine dell’altra pagina rap-presenta invece un evento dell’anno successivo, in cui Marcello, inProvenza, sotto una palma, consegna in ginocchio a Renato d’Angiò,seduto sul trono, il manoscritto rilegato in pelle. In quegli anni JanusPannonius scrisse dei lunghi panegirici su tutti i tre protagonisti delledue miniature, su Renato d’Angiò, Marcello e Guarino. Janus seguìcon tale interesse i lavori di traduzione del suo maestro che nei versi732–736 del panegirico su Guarino descrisse che gioia sarebbe statal’ultimazione del libro. Dunque, considerati gli stretti rapporti intrat-

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tenuti coi tre, Janus ebbe un certo interesse ad essere presente allaconsegna ufficiale del volume.

I ritratti del codice di Strabone vennero realizzati in base a raffi-gurazioni autentiche. Sulla seconda miniatura viene raffiguratoRaffaele Zovenzoni (1434–1485), compagno di studi di Janus, sottouna palma a braccia conserte. Lo stesso Zovenzoni aveva compostouna poesia saluto per la traduzione conclusa da Guarino. Marcello,presente su ambedue le minature, venne ritratto invece da Mantegnanel 1453, per l’illustrazione del manoscritto su San Maurizio, santoprotettore dell’Ordine della Luna Crescente istituita da Renatod’Angiò.

Sul lato sinistro della prima immagine, con un cappello elegante intesta e dolman blu pavone, in uso a Firenze, menzionato già daVespasiano, con accanto Galeotto Marzio, Bellini avrà ritratto conmolta probabilità Janus Pannonius, forse proprio sulla traccia dell’im-magine realizzata da Mantegna degli stessi su tableau. Lo scultoreRóbert Csíkszentmihályi, autore della lapide commemorativa da col-locare sul muro della fonte di Feronia a Narni, nel plasmare il volto delpoeta, si è avvalso del minisculo ritratto di questa miniatura.

Considerato quanto sopra, risulta piuttosto evidente che l’anno1458 comportò numerosi vantaggi per Janus Pannonius prima di rien-trare in patria alla fine dell’estate. L’elegia composta a Narni in lodea Feronia col tempo divenne una delle poesie più note del poeta origi-nario della Pannonia. Battista Guarino attorno al 1465 scrisse unadelle sue elogie in lode a Janus Pannonius, in cui citò con chiari riferi-menti le poesie più note dell’amico. Nella lista illustrativa le parolesull’elegia Feronia figurano insieme a quelle relative alla malattia diJanus e a quelle che rievocano l’elegia sugli astri visibili di giorno:

Seu queritur morbos, celebrat seu numina fontis,Seu canit in medio, sidera visa, die.

(Sia che si lamenti per la malattia sia che celebri la divinità dellafonte, sia che canti, a mezzogiorno, gli astri che ha visto.)

L’elegia Feronia venne stampata per la prima volta nell’appendicedi un volume Polybios, pubblicato a Venezia nel 1498. Inoltre il suotesto venne custodito in una serie di codici e volumi stampati. Lapoesia, settant’anni più tardi, venne inserita come opera d’incipitnell’edizione completa delle Elegie (Vienna, 1569) a cura di JánosZsámboki (1531–1584). Nel XVII secolo le poesie di Janus, tra cuil’elegia Feronia, vennero immortalate nell’antologia di Philip Pareus

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(Delitiae poetarum Hungarorum, Frankfurt, 1619.). L’edizione sco-lastica di Janus, curata dallo scolope Norbert Conradi, fu pubblicatanel 1754 a Buda, ex sede del re Mattia Corvino. I posteri inveceebbero modo di conoscere l’elegia grazie all’indispensabile edizionecompleta (Utrecht, 1784), a cura di Sámuel Teleki (1739–1822) eSándor Kovásznai (1730–1792).

L’umanista Lilio Gregorio Giraldi (1479–1552), nativo di Ferrara,nella sua opera sulla mitologia classica (De deis gentium varia etmultiplex historia, Basel, 1558.) citò con disapprovazione i versiiniziali dell’elegia in lode a Feronia di Janus Pannonius, poiché se-condo le testimonianze di Orazio (Satirae, I, 5, 24.) e di Silio Italico(Punica, XII, 84–85.) il vero culto della ninfa non era legato a Narni,bensì a Terracina nel Latium. Antonio degli Effetti (De borghi diRoma, libro primo, Roma, 1675, 10–11.) invece, disapprovandol’osservazione di Giraldi, esaltò l’elegia di Janus: “Mal’ intese ilGiraldi la bella, et erudita elegia di Giano Pannonio sopra il Fonte diFeronia”. Sándor Kovásznai nel suo commento a Janus (rimasto inmanoscritto) smentì con ragionamenti letterari l’opinione sommariadi Giraldi.

La prima traduzione in tedesco dell’elegia Feronia venne realiz-zata e pubblicata da Peter-Alcantara Budik (1792–1858) a Vienna,nel 1828. Circa 400 anni dopo il componimento della poesia inveceuno storico nativo di Narni, Giovanni Ercoli (1813–1904), tradussei versi dell’elegia dal latino in terzine in italiano, arricchendo latraduzione con dei commenti. (Miscellanea Storica Narnese, I.,Narni, 1858):

“Il celebre poeta ungherese Giano Pannonio rese più immortale lanostra fonte, togliendola a soggetto di una elegante e dotta elegialatina, la quale riproduciamo tradotta e commentata per vantaggio diqualche lettore, e per meglio giovare al nostro propositio”.

Sempre dallo stesso autore veniamo a sapere che nel Medioevo ilvino della messa veniva allungato con l’acqua della fonte di Feronia.Eroli nel suo scritto illustrato con incisioni raccontò inoltre in che modoe quante volte venne ristrutturata la fonte di Feronia dopo la visita diJanus. Jenõ Ábel (1858–1889) nel suo Analecta (Bp., 1880) fececonoscere la traduzione italiana di Eroli anche al pubblico ungherese.

I primi tentativi di tradurre in ungherese le poesie di Janus furonoeffettuati alla fine del XIX secolo, da István Hegedûs (1848–1925),professore di filologia classica prima all’Università di Kolozsvár(Cluj Napoca – attuale Romania) successivamente all’Università diBudapest.

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Si dovette invece attendere fino agli anni ’30 per avere ulterioritraduttori, difatti l’eccezionale e fino ad oggi indispensabile mono-grafia Janus Pannonius di József Huszti (1887–1954) contribuì adaccrescere l’interesse e il desiderio di rendere accessibili le poesiepiù importanti della lirica neolatina europea, anche al pubblicoungherese. L’elegia in lode a Feronia venne tradotta per la primavolta in ungherese da István Hegedûs nel 1894. La traduzione diEndre Gáspár (1897–1955) è datata invece metà del XX secolo.L’edizione più completa e selezionata delle opere in linguaungherese di Janus Pannonius è stata pubblicata nel 1972, in occa-sione del cinquecentenario della morte del poeta, a cura di Sándor V.Kovács (1931–1986). L’edizione completata con le ulterioritraduzioni è stata pubblicata nel 1987. In questo volume bilingue,l’elogia composta a Narni, intesa a rievocare il culto romano conerudizione umanista, è consultabile nella traduzione di GyõzõCsorba (1916–1995).

Per quel che sappiamo la prima volta che un noto storico ungheresedi letteratura si recò a Narni, alla fonte incantata da Janus Pannonius,fu nel 1972. József Szauder (1917–1975) rese conto della sua visita aNarni, in compagnia della moglie, sulle pagine della rivista Kortárs,con un bell’essais (1973). Questo suo interessante resoconto, con ladescrizione della propria esperienza e delle vicende della vita diJanus Pannonius, ha reso molto attraente al lettore ungherese questoposto particolare sotto l’ottica letteraria. József Szauder trentacinqueanni fa illustrò l’interno della fonte come segue:

“Il cunicolo della fonte è semplice, si tratta di una costruzione diforma rettangolare, alta più o meno 4–5 metri, lunga circa 8. Ilgrande ingresso – il cui arco ci proietta come dei pilastri i muri late-rali su cui si appoggia il cunicolo – ci introduce in un’area internaleggermente ombrosa, affiancata su ambedue i lati da lunghe pan-chine di pietra. Sullo sfondo, i lineamenti dell’arcata racchiudonouna grande superficie muraria, in cui è incastonata fra diverse formedecorative geometriche una cornice di pietra quadrata, dal cui centrofra due stemmi ed uno scudo di pietra, piatto e a forma di cuore,tramite un tubo di metallo, sgorga l’acqua della sorgente Feronia”.

Quest’anno, 555 anni dopo il componimento dell’elegia Feronia,il giorno successivo della festa romana della ninfa, nell’ambitodell’Anno Culturale Ungheria–Italia 2013, l’Istituto Balassi potràricordare con una lapide commemorativa a Narni, presso la Fonte diFeronia, il luogo del componimento dell’elegia ed il ricordo dellavisita di Janus Pannonius. La fonte della ninfa, oggi dimenticata,

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grazie all’elegia sontuosa del poeta ungherese, divenuto nel tempocelebre, potrà tornare ad essere degnamente conosciuta.

Il testo italiano e ungherese della lapide commemorativa infor-mano coloro che si recheranno alla ricerca dell’acqua e dell’espe-rienza culturale con la seguente frase:

“Janus Pannonius poeta ungherese il 5 giugno 1458, viaggiandoda Roma a Narni, scrisse la sua elegia famosa su questa sorgente inonore della ninfa Feronia. – Janus Pannonius magyar költõ, 1458.június 5-én, Rómából Narniba érkezve, errõl a forrásról szereztehíres elégiáját Feronia nimfa tiszteletére. – Questa lapide fu colloca-ta dall’Accademia d’Ungheria in Roma, in occasione dell’AnnoCulturale Ungheria–Italia 2013”.

Alla fine della cerimonia i presenti potranno salutare, in sensofigurativo, la ninfa che ispirò il poeta e allo stesso tempo rievocare iricordi di Janus Pannonius, Galeotto Marzio o di Giovanni Eroli,nato duecento anni fa, il quale elogiò i primi due, sorseggiando ospargendo alcune gocce d’acqua della sorgente e ripetendo le paroledell’elegia “Tolle sitim!”, ovvero “Dissetami!”.

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BIBLIOGRAFIA

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Balassi Kiadó, Bp., 1998, 134–135, 268. (con le note di LászlóTÖRÖK); László JANKOVITS, Accessus ad Janum. A mûértelmezéshagyományai Janus Pannonius költészetében (Le tradizioni dell’in-terpretazione letteraria nella poetica di Janus Pannonius), Budapest,2002, 168–171; Géza SZENTMÁRTONI SZABÓ, Janus PannoniusFeronia forrásánál. Jegyzetek egy hatodfélszáz esztendeje írottelégiáról a Reneszánsz Év jegyében (Janus Pannonius alla fonte diFeronia. Note sull’elegia composta 550 anni fa all’insegnadell’Anno Rinascimentale) = Napút, settembre 2008, n. 7. 89–92;Zaynab DALLOUL, Kovásznai Sándor, az elfeledett Janus-kommentá-tor, PhD-értekezés kézirata, (Sándor Kovásznai, il commentatoredimenticato di Janus, manoscritto del dottorato PhD) Szeged, 2008;Géza SZENTMÁRTONI SZABÓ, Parthenope veszedelme. Újdonságok aJanus Pannonius-filológia körébõl (Il pericolo della Partenopea.Novità nel campo della filologia relativa a Janus Pannonius) CédrusMûvészeti Alapítvány–Napkút Kiadó, Budapest, 2010, 129–136.(Értekezõk – etûdök, 2); Géza SZENTMÁRTONI SZABÓ, Du péril deParthénope: la découverte de la version intégrale du panégyriquede René d’Anjou par Janus Pannonius. = René d’Anjou (1409–1480)Pouvoirs et gouvernement, sous la direction de Jean-Michel MATZ etNoël-Yves TONNERRE, Presses universitaires de Rennes, 2011,287–312; Ágnes RITOÓKNÉ SZALAY: Kutak. Tanulmányok a XV–XVI.századi magyarországi mûvelõdés körébõl, (Fonti. Studi sulla cul-tura ungherese del XV–XVI secoli) Budapest, 2012, 49–58, 70–92;László JANKOVITS, Nobilis ingenio. Janus Pannonius költészete(Nobilis ingenio. Poetica di Janus Pannonius) a cura di Géza SZÕCS,Magyar Pen Club, Irodalmi Jelen Könyvek, Arad, 2012, 75–76,121–122.

GÉZA SZENTMÁRTONI SZABÓ

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Sacri fontis, ave, mater Feronia, cuiusFelix Paeonias Narnia potat aquas!

Iam prope littorei tetigit Sol brachia Cancri,Sentit et Icarium fervida terra Canem.

Tolle sitim; saevis tulerat Langia Pelasgis,Quae nostra exurit pectora, tolle sitim!

Sic tibi magna parens alimenta aeterna ministret,Sic nunquam vena pauperiore fluas!

En semel, en iterum, quos ferrea fistula fundit,Excipiunt latices guttura sicca tuos.

O quantus rediit membris vigor, o mea quantoViscera divinus liberat igne liquor!

Nec venter quamvis repetito immurmurat haustu,Sudorem subitum nec gravis humor agit.

Ergo operae nobis pretium fuit alta labantisAd iuga clivoso tramite ferre gradus.

Iam libet et pulchram mirari turribus arcem,Quae surgit sanctis proxima gurgitibus,

Audire et strepitum, quem subter valle profundaSpumea sulfurei fluminis unda facit,

Ac totos circumlustrare ex ordine montis,Pura salutiferi quos fovet aura poli.

Ante voluptatem spectacula nulla movebant,Cum premeret torrens ora perusta vapor.

Ocius huc adsit toto grege pinguior haedus,Mutet et effusus vitrea stagna cruor.

Adsint et liquido Bacchi cum munere flores,Nec cesset laudes vox resonare pias:

Salve iterum e Latiis longe celeberrima Nymphis,Hospitis et grati suscipe dona libens!

Tu placidam miseris requiem mortalibus affersCorpora morosis febribus aegra levans.

Nec soli debent homines tibi, debet at aether,Aurea cum pascas roribus astra tuis.

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NAIADUM ITALICARUM PRINCIPI DIVAE FERONIAEDEVOTUS HOSPES

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Phryx puer haud alias miscet cum nectare lymphas,Nec sua Mars alio vulnera fonte lavat.

Debita solventur semper tibi vota quotannis,Dum mea vitalis spiritus ossa reget.

Nec plus Castalias, quam te, venerabimus undas,Musarum et nobis numinis instar eris.

Sed tamen in fessas unde haec medicina medullas,Omnia quae nostis, dicite, quaeso, deae.

Euander ternis Herilum spoliaverat armis,Crudeles genitrix invocat orba deos.

Iupiter est flentem caelo miseratus ab alto,Corpus et in tenues iussit abire lacus,

Nec voluit rivis esse ex vulgaribus unum,Sed superis magno fecit honore parem.

Praecipua hinc levitas, hinc vis contraria morbis,Hinc clarum tota nomen in Ausonia.

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Salve, o diva Feronia, genitriceDel sacro fonte, il cui salubre umoreBeve di Narni il popolo felice.

Già del cancro marin l’astro maggioreToccò quasi le branche, e ’l suol già senteDell’ Icaria canicola l’ardore.

Tomi la sete; e come fu possenteIl Langia pur torla a’Pelasgi feri,Tu a me la tôi che m’arde intensamente.

Deh la terra largisca al tuo mestieriPerenne umor! Deh possi ’n ricca venaScorrer sempre pe’tuoi ciechi sentieri!

Ecco una volta e due con tutta lenaL’arida gola inghiotte le tue acqueChe ferrea doccia a molto sgorgo mena.

Oh nelle membra che vigor rinacque!Oh quanto incendio al tuo divin licoreNelle viscere mie estinguer piacque!

Nè il ventre internamente fa rumore,Perchè dato mi sia più volte a bere,Nè in sudor mi dissolve ’l troppo umore.

Onde fu ben se caddemi ’n pensiereI passi vacillanti ’n cima al monteRecar suso per l’erto aspro sentiere.

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ELEGIA DI GIANO PANNONIO IN LODE DELLA FONTANA DI FEROGNA,

tradotta in volgare ed illustrata,stampata nell’Album di Roma An. XIX. Pag. 25, e segg.

In Eroli, Giovanni Marcii: Miscellanea Storica Narnese, Volume I.,Narni, 1858, 56–58.

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Or mi diletta rimirar di fronteL’antico Forte a belle torri ornatoChe s’estolle vicino al sacro fonte:

Or udir il fragor cupo m’è gratoChe la bianc’ onda del solfureo NeraFa sotto giù nel profondo burrato;

E perlustrar con ordine l’interaFila de’monti, in cui spira soavePer lo salubre ciel aura sincera.

Dianzi che quell’ardor cocente e graveLe fauci m’abbruciava, i’ non sentiaLe maraviglie ch’esto loco s’àve.

Qua qua, presto un cavretto il più che siaGrasso del gregge, e pel suo sangue spantoIl cristallino stagno in rosso dia:

Qua qua, vegnano fiori, e in una il tantoPrezïoso licor di Bacco, e sciogliaIl mio labbro a divote laudi un canto.

Salve, o fra quante Ninfe il Lazio accogliaLa più famosa: a Te l’ospite gratoOffre tai don; deh accèttali con voglia.

Tu all’afflitto mortal, egro straziatoPer lunghe febbri, dài ristoro, e apportiUn riposo soave e desiato.

Nè solo l’uom ti debbe suoi confortiMa l’etra pur; poi ch’alle stelle aurateDel tuo roscido umor pascolo porti.

Il Frigio garzoncel solo le amateTue linfe al nettar mesce, e sol con questeMarte asterse le sue membra piagate.

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Finchè saranno nel mio corpo dèste Le dolci aure di vita, in ciascun annoSciorrò i voti promessi, e farò feste:

Nè in culto le Castalie onde sarannoPiù delle tue, e nel tuo fonte istessoI poeti a svegliar l’estro verranno.

Ma intanto, o Muse, eh via, fateci espresso,Voi che tutto sapete, il ver motivoChè quest’ acqua rinfranca un corpo oppresso.

Delle tre armi e vite Erilo privoPer la mano di Evandro, invoca i DeiL’orbata madre col dolor più vivo.

Giove intesa dal ciel pietà di leiE del suo pianto, le corporce formeVuolle cangiarle in piccoli ruscei.

Nè de’fonti vulgar siegu’ essa l’orme,Chè ’l sommo Padre per solenne onranzaAlli fonti divin la fe’conforme.

Per questo ha pura e assai leve sostanza;Per questo vince ogn’ aspra infermitade;Per questo ha chiara e bella nominanza

In tutte quante l’itale contrade.

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Üdvöz légy, szent forrás anyja, Feronia itt, holGyógyvizedért hálás Narnia városa áll!

Majdnem a Rák karjáig hajlott félre a Nap már,S Nagykutya lángjától szinte parázslik a föld.

Mint ahogy egykor a vad görögöknek Langia, oltsd elBensõm-szikkasztó szomjamat, oltsd hamar el!

Úgy tápláljon anyád, a dicsõ, örökös vizerekkel,S úgy ne fogyatkozzék áradatod soha meg!

Lám, ami egyre bugyog csak a fémcsõbõl, a kiszáradtTorkok mind benyelik föltoluló habodat.

Óh, mily friss kedv ömlik bennem szét, milyen izzóTestbeli máglyától ment meg ez isteni víz!

S gyomrom sem fordul, bár jócskán nyeltem a kortyot,S izzadság se ragyog tõle a homlokomon.

Hát az a fáradság, hogy e csúcsra nehéz kerülõkkelFölmásztam, nem volt mégse hiábavaló.

Megbámulhatom innen a tornyokkal teli várat,Itt nyúlnak föl a szent kút peremén falai,

S elhallgathatom azt a zenét, mit a völgyben a kénesCsermely tajtékzó hab-zuhogása okoz.

Végigpásztázhatja szemem sorjában az ékesHegykoszorút, amelyet balzsamos ég simogat.

Addig nem töltött el e látvány semmi örömmel,Míg a dühödt hõség marta tüzével a szám.

Rajta! A legszebbik hízott gödölyét ide gyorsan!Fesse a víz tükrét gyönge-vörösre a vér!

Hulljon zsenge virág, bõséggel ömöljön a jó bor,Zengje a szó folyton, zengje dicséreteid:

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JANUS PANNONIUSAZ ITÁLIAI FORRÁSNIMFÁK LEGELSÕJÉNEK, FERONIA

ISTENNÕNEK ÉNEKELTEAZ ÁHÍTATOS VENDÉG, JANUS PANNONIUS,

VISSZATÉRÕBEN RÓMÁBÓL, 1458. június 5-én

(Csorba Gyõzõ fordítása,1972)

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„Áldott légy, Latium nimfái között a legelsõ,Vedd kegyesen hálás tiszteletem jeleit!

Könnyû enyhületet bûvölsz a szegény kimerültbe,S meggyógyítod a láz-törte nehéz beteget.

S nemcsak az ember adósod – a lég birodalma is éppúgy:Fénylõ csillagait föl-fölüdíti habod.

Ezt a nedût teszi nektárjába az isteni gyermek,Mars is e vízbõl mer, hogy borogassa sebét.

Évenként megadom néked fogadalmam ezentúl,Míg csak csontjaimat fûti az életerõ.

Nem becsülöm Kasztália habját többre tiédnél,Múzsa helyett múzsám lesz ezután a vized.”

Istennõk, kik mindent tudtok, ugyan milyen ír az,Mondjátok, mely a tört emberi testbe hatol?

Evander Herilustól háromszor veszi lelkét,S kérleli anyja, szegény, a rideg isteneket.

Megsajnálja a síró nõt Jupiter, letekintve,És e kicsiny viz alá rejteti a tetemet.

Ám nem akarja, hogy egy legyen annyi közül csak e csermely,S égi nagyok rangját adja örökre neki.

Innen a könnyûsége, betegség elleni haszna,S végig Olaszhon ezért ismeri, áldja nevét.

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ILLUSTRAZIONI

In prima di copertina: Visuale di Narni, acquarello a colori, originariodel 1663 = Theatrum Civitatum et admirandorum Italiae, Amsterdam,typis Joannis Blaeu, 1663, 229–230.In seconda di copertina: presunta raffigurazione di Janus Pannonius inun ritratto di gruppo. = Codice Strabone, Albi, Médiathèque municipalePierre–Amalric, RES. MS 77, folio 3v. – Il manoscritto su pergamenadella traduzione in latino del codice di Strabone, a cura di GuarinoVeronese, terminata nel 1458, è originario del 1459. La scena dellaminiatura, ivi compresa, realizzata da Giovanni Bellini, raffigura ilmomento in cui Guarino da Verona consegna la traduzione al patrizioveneziano Jacopo Antonio Marcello. Lo scultore Róbert Csíkszent-mihályi, nel modellare il volto del poeta, raffigurato su un particolare aforma di medaglia sulla lapide commemorativa, si è avvalso del ritrattocol cappello e dolman blu pavone collocato sul lato sinistro di questaminiatura.Pag. 2: Progetto della lapide commemorativa = L’opera di RóbertCsíkszentmihályi, scultore premio Kossuth, realizzata presso l’atelier dilavorazione pietre di István Fáskerti e socio, verrà collocata su unaparete interna della fonte di Feronia a Narni, il 16 novembre 2013 nel-l’ambito di una cerimonia di inaugurazione. Pag. 4: Rocca e fontana di Ferogna in Narni (incisione di DomenicoAmici su disegno di Ferdinando Warlet) = Elegia di Giano Pannonio inlode della fontana di Ferogna, in Giovanni Marcii EROLI, MiscellaneaStorica Narnese, Volume I., Narni, 1858, 64–65.Pag. 6: Frammento di altare votivo di Aquileia. = Iscrizione con riferi-mento a Feronia: D(is) M(anibus) S(acrum) Feroniensium aquatorum,ovvero inalzato dal Collegium aquatorum che prende il nome daFeronia. – L’autore nel plasmare la lapide commemorativa si è ispiratoa tale altare votivo.

Denaro d’argento di Augusto del 18 a.C. Sull’efigie è impresso il pro-filo della dea Feronia, sul retro invece un partho inginocchiato nell’attodi consegnare alcuni distintivi bellici romani. Dicitura: TVRPILIANVSIII VIR FERON[IA] / CAESAR AVGVSTVS SIGN[IS] RECEP[TIS].

Tavoletta votiva in bronzo di Edoné, schiava greca, con iscrizionededicata alla ninfa Feronia: HEDONE / M. CRASSI ANCILLA / FE-RONIAE V[otum]S[olvit] L[ibens] M[erito]. (sec. II. d.C. London,British Museum)Pag. 10–11: La prima edizione stampata dell’elegia Feronia. =POLYBIOS, Historiarum libri quinque, Venetiis, 1498, s5b-s6a.Pag. 14: Narni – Rocca ed Antico Fontanile di Ferogna. = Cartolina del1914.

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Raffigurazione di una ninfa della fonte su pavimento antico amosaico = Ila (Hylas) rapito dalle ninfe, Constantine, Algèria (MuséeNational Cirta)

Incisione in rame raffigurante una ninfa addormentata. = Il rilievo sitrovava a Roma nei pressi del passaggio dell’acquedotto dell’AcquaVergine (Aqua Virginis) adiacente alla casa dei Colocci; sotto il rilievovenne inciso l’epigramma spesso citato con inizio “Huius Nympha locisacri custodia fontis” = Jean Jacques BOISSARD, I. pars Romanae urbistopographiae & antiquitatum, qua succincte & breviter describunturomnia quae tam publice quam privatim videntur animadversione digna,Francofurti, 1597, 53.Pag. 19: Narni = disegno di Gyula Háry (1864–1946) pittore, graficoungherese. (József Keszler: Háry Gyula mint rajzoló / Il grafico GyulaHáry , Mûvészet, 1909, 345–353)Pag. 22: Fotografie odierne della fonte di Feronia. (Coordinate geogra-fiche in GPS: 42.512060 N, 12.521300 E)Pag. 24: Composizione floreale a forma di ghirlanda = L’incisione(1850) di Ludwig Grüner (1801–1882) sul bassorilievo di Andrea dalMonte Sansovino (c.1467–1529), realizzato sulla traccia della raffigu-razione dell’antico sarcofago sito presso la Chiesa di Santa Sabina diRoma.Pag. 27: Stemma in pietra della città di Narni sopra l’ingerosso delPalazzo Comunale, già Palazzo del Podestà.Pag. 29: Stemma reale di Mattia Corvino incastonato in una ghirlanda,tratto da una Corvina (Georgius TRAPEZUNTIUS, Rhetorica, Buda, c.1480).In terza di copertina: Affresco raffigurante Galeotto Marzio a Narni,presso il Palazzo Comunale. La foto è stata effettuata da MarcoSantarelli, nativo di Narni. La dicitura sotto l’affresco è danneggiata invarie parti.Il titolo e il tessto originali dell’epigramma erano come segue: Galeotto Martio philosopho, cuius insignem ingenii fecunditatem doc-trinae ac disciplinarum varietatem, et rerum in utraque palestraegregie gestarum gloriam posteritas venerata, effigiem hic publice con-civibus spectandam, quasi virtutis incitamentum, statuit

Eloquio valui, curavi commoda pacis;Praeclarus sophia Martius ipse fui.

Nar natale solum, celebrem me reddidit Hunnus.Pontifici carus, regis amicus eram.

Nunc placeo superis, sunt haec monimenta laboris,Exemplo ut patriae sim locus iste monet.

In quarta di copertina: Modello in gesso del ritratto a forma dimedaglia di Janus Pannonius sulla lapide commemorativa, in corso dipreparazione, opera di Róbert Csíkszentmihályi. – Elegia Feronia,37–40.

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QUESTO VOLUME VIENE PUBBLICATO CON IL CONTRIBUTO ECONOMICO DEL

FONDO NAZIONALE CULTURALE

ISBN 978-963-506-912-5

ISTITUTO BALASSI–ACCADEMIA D’UNGHERIA IN ROMA – BALASSI KIADÓ

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SZENTMÁRTONI SZABÓ GÉZA

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