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Legislazione scolastica

Avvertenze generali

D.M.n. 80 21 settembre 2012

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Evoluzione storica della Scuola Italiana

Legislazione Scolastica

Legge Copino

15 luglio 1877

Obbligo di istruzione fino a 9 anni

Legge Orlando

8 luglio 1904

Obbligo di istruzione fino a 12 anni

Legge Gentile

13 dicembre 1923

Obbligo di istruzione fino a 14 anni

Legge Casati

13 novembre 1859

Obbligo di istruzione ai primi due anni

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Evoluzione storica della scuola italiana

• 1 - Legge Casati

Il primo intervento dello Stato in ambito scolastico risale, nel nostro Paese, al periodo rivoluzionario-napoleonico quando ai comuni viene attribuito il compito di provvedere alle strutture educative. Fino a quel momento la scuola era affidata principalmente alle cure del clero. A quel periodo risalgono anche i primi contributi teorici che affermano alcuni dei caratteri peculiari dell'istruzione: pubblicità, gratuità, obbligatorietà. Tuttavia la legislazione napoleonica non diede i risultati sperati, anche a causa dell’onere troppo gravoso imposto ai Comuni che non erano in grado di provvedere a questo compito per obiettivi vincoli di bilancio. Lo Statuto Albertino del 1848, da molti considerato una “Costituzione” per quei tempi molto evoluta, non conteneva alcuna disposizione concernente la scuola e la pubblica istruzione, nonostante la quasi contemporanea istituzione del relativo Ministero .Si dovette attendere il 1859 per avere la prima disciplina organica della materia, con la c.d. legge Casati, dal nome del ministro proponente (l. 13 novembre 1859, n. 3725). Tre i modelli ai quali il legislatore si era ispirato: quello inglese, basato sul riconoscimento di una larga libertà dei privati; quello belga di libera concorrenza tra Stato e privati; quello prussiano che riconosceva allo Stato la suprema direzione del settore della Pubblica Istruzione, pur permettendo l'esistenza di strutture scolastiche private. La legge, presto estesa a tutta l'Italia a seguito delle successive annessioni e della conquista dello stato pontificio, affidava, dunque alla scuola, articolata in tre ordini - primaria, secondaria (comprendente anche quella tecnica) e superiore (o universitaria) - il compito, una volta fatta l'Italia, di formare gli italiani in modo che sapessero "compiere il loro dovere". La trasmissione di un

Legislazione Scolastica

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1 - Legge Casati13 novembre 1859

2 - Legge Coppino15 luglio 1877

3 - Legge Orlando8 luglio 1904

4 - Legge Credaro4 luglio 1911

5 - Legge Gentile13 dicembre 1923

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sapere consolidato aveva, in altri termini, una funzione di socializzazione intorno a un certo nucleo di valori e insieme di selezione ai fini dei diversi ruoli economici, professionali e sociali. Peraltro, l’affidamento del primo grado dell’istruzione primaria ai Comuni che "vi provvedono in proporzione delle loro facoltà e secondo i bisogni dei loro abitanti" fa sì che l’intervento pubblico si riveli più debole proprio là dove il bisogno è maggiore: infatti i Comuni più poveri, localizzati soprattutto nelle regioni meridionali, appaiono da subito destinati ad essere anche quelli a più alto tasso di analfabetismo, a causa della mancanza di risorse finanziarie da utilizzare per il potenziamento, se non addirittura per l'istituzione, delle scuole e per agevolarne la frequenza agli alunni provenienti da famiglie disagiate. Totalmente assente, a livello di scuola elementare, un sistema di assistenza scolastica, mentre per gli altri gradi di istruzione, gli artt. 365 e 366 prevedevano dei sussidi annui da attribuire agli alunni delle scuole normali più meritevoli in sede d'esame di concorso e, a pari merito, ai più bisognosi. All'art.367 si faceva menzione anche di convitti nazionali a spese dello Stato, destinati ad ospitare gratuitamente e semi-gratuitamente detti alunni. L'istruzione tecnica era interamente gratuita (art. 298), almeno fino al 1870.

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• 2 - Legge Coppino

A una riforma della legge, dimostratasi del tutto inefficace per combattere la piaga dell’analfabetismo, si arrivò con la legge 15 luglio 1877, n. 3961 (legge Coppino), che precisava l'obbligo dell'istruzione elementare inferiore e conteneva alcune disposizioni di carattere assistenziale dirette a facilitare l'adempimento dell'obbligo agli alunni bisognosi. L’obbligo scolastico era fino ai nove anni e come deterrente all’evasione dall’obbligo scolastico prevedeva che gli alunni effettuassero un esame di proscioglimento dall’obbligo e ciò costituiva un prerequisito indispensabile per l’iscrizione alle liste elettorali e politiche.

3 – Legge Orlando

La legge n. 407 dell’8 luglio 1904, detta legge Orlando prolunga l’obbligo scolastico a 12 anni, con quattro di scuola elementare seguito da un biennio di scuola media oppure da quello del corso popolare; impone ai Comuni di assistere i più poveri istituendo refezione ed assistenza scolastica. Ciò nonostante, l’analfabetismo non decresceva e diventa sempre più evidente l’idea che non il Comune ma lo Stato dovessero provvedere all’istruzione ed alla formazione del cittadino.

4 – Legge Credaro

Con la Legge n. 487 del 4 giugno 1911, detta Legge Credaro, comincia a trovare una prima timida concretizzazione l’idea di affidare allo Stato il compito della gestione dell’istruzione e della formazione dei futuri cittadini. Venne introdotto il principio che la scuola elementare è un servizio pubblico statale, riorganizzando l’amministrazione in senso più liberale, introducendo anche gli asili, le scuole per gli handicappati e per i carcerati.

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5 – Legge Giovanni Gentile

Gli anni successivi al primo conflitto mondiale vedono lo Stato fermamente impegnato a dare un assetto organico al sistema scolastico, riesaminando le norme in vigore, rimuovendo quanto di improduttivo ed imperfetto esisteva nell’organizzazione della scuola.

La c.d. Riforma Gentile ( Legge 31- 12 – 1923 ) prende il nome del filosofo al quale fu affidato l’incarico di disegnare il nuovo assetto scolastico ispirandosi alle linee guida della filosofia neorealistica e dell’ideologia politica fascista.

La riforma Gentile si sostanzia in una congerie di norme raccolte in un T.U ( R.D. n. 577 del 5 febbraio 1928 ) e nel relativo regolamento di esecuzione ( R.D. 1297 del 26 aprile 1928 ) che interessano le scuole di ogni ordine e grado. Gentile elaborò un ampio progetto organico che prevedeva un’articolazione dell’istruzione elementare in tre gradi: 1. Preparatorio, a carattere facoltativo, per i fanciulli da tre a sei anni;

2. Inferiore, della durata di tre anni;

3. superiore, di due.

Coloro che non accedevano alla scuola media, frequentavano un corso di avviamento professionale della durata di tre anni.

Le scuole secondarie erano a loro volta articolate in una serie di gradi di durata diversa, a seconda della loro tipologia; l’accesso era regolato secondo il criterio

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dell’esame di ammissione e prevedeva per ogni istituto il numero chiuso. Il sistema scolastico conservava la concezione aristocratica della cultura e dell’educazione; la scuola superiore era destinata solo a pochi, ai migliori per censo e per classe sociale. Solo ai diplomati al Liceo Classico era concesso l’accesso all’università.

6 – Carta della scuola

La completa fascistizzazione della scuola fu sancita dalla Carta della scuola del 15 febbraio 1939 del Ministro Bottai. Al termine dei cinque anni della scuola elementare ( obbligatoria e comune a tutti, la scuola media per chi voleva proseguire gli studi dell’ordine superiore e le scuole per il popolo ( artigiana di rango inferiore e tecnico- industriale che rispondeva alle esigenze della nascente industria).

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La scuola nella Carta Costituzionale

Il 27 gennaio 1947 viene promulgata la Costituzione Italiana che entra in vigore il 1°gennaio 1948. Come espressamente citato nell’art.9, il nostro viene definito uno Stato di cultura e quindi, come tale, ampio risvolto trova nella Carta Costituzionale la scuola.

La legislazione scolastica italiana ha il suo fondamento, come già trattato nei capitoli precedenti, in alcuni articoli della Costituzione dello Stato repubblicano. In particolare gli articoli 30, 33, 34 e 38 fissano i principi secondo i quali deve orientarsi l'attività legislativa. Principi fondamentali e inderogabili sono: la libertà di insegnamento; il dovere dello Stato di assicurare una rete di istituzioni scolastiche di ogni tipo e grado aperte a tutti senza distinzioni di alcun tipo; il diritto delle università, accademie e istituzioni di alta cultura di darsi ordinamenti autonomi; il diritto dei privati di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato; il diritto-dovere dei genitori di istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio; il diritto dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi economici, di raggiungere i gradi più alti degli studi, mediante adeguate provvidenze; il diritto all'educazione e all'avviamento professionale degli inabili e dei minorati. L'applicazione dei principi fondamentali della Costituzione ha ispirato tutta la legislazione successiva con particolare attenzione alla scuola obbligatoria, alla formazione degli insegnanti, alla valutazione degli alunni, all'inserimento degli handicappati, all'istruzione professionale.

Legislazione Scolastica

La carta Costituzionale

Art 3Uguaglianza dei

cittadini

Art. 9Stato di cultura

Art. 30Dovere della

famiglia di istruire i figli

Art.33Libertà della

scuola

Art.34La scuola è

aperta a tutti

Art. 38Diritto degli

inabili all'istruzione

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Art. 3 -

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,

limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

L’art.3, tra i primi della Carta, sancisce il criterio di scuola non più intesa come fine proprio ed istituzionale dello Stato, ma come servizio pubblico, destinato a tutti. Compito della Repubblica sarà anche quello di rimuovere gli ostacoli per consentire a tutti l’effettiva fruizione del servizio.

Art. 9 -

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Il primo comma dell’art. 9 Cost. ha consacrato il nostro Paese come Stato di cultura, con il preciso compito di farsi carico della promozione culturale, cioè di fornire le condizioni e i presupposti per il libero sviluppo della cultura , parametro di crescita dell’individuo sotto il profilo professionale e sociale.

Art. 30-

È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,

compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.

L’istruzione oltre ad essere un diritto, è anche un dovere a cui i genitori devono assolvere.

Art. 33 -

L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per

tutti gli ordini e gradi.Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri

per lo Stato.La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la

parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per

la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.

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Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. 

L’art. 33 della Costituzione sancisce la libertà di insegnamento e la libera gestione dell’istruzione.Nella libertà di insegnamento la dottrina appare abbastanza concorde

nell’affermare l'esistenza di due aspetti diversi ma ricompresi tutti nella libertà di insegnamento: un aspetto attivo a beneficio del docente, cioè la libertà di insegnare, un aspetto passivo a beneficio dell'allievo, ossia la libertà di apprendere, collegata alla libertà di scelta della scuola. In sostanza, il contenuto della libertà di insegnamento si riassume, per prima cosa, nella libertà per i docenti di insegnare secondo metodi e criteri che assicurino in ogni caso ai discenti la possibilità - e, dunque, la libertà - di coltivare proprie idee e di sviluppare autonome capacità critiche, senza alcun condizionamento psicologico né ideologico.

La libera gestione dell’istruzione costituisce, in realtà la sintesi di due libertà fondamentali, quella di istituire scuole (statali e non) e quella di scegliere la scuola da frequentare. Per quanto riguarda quest'ultimo principio, si è già sottolineato come si concretizzi nel diritto dei genitori a scegliere fra scuola statale e non, una volta ammessa la loro posizione di priorità e preminenza, sul piano educativo, rispetto alla prole. Diversi autori mettono in evidenza che vi sarebbe anche un diritto imputabile allo stesso alunno, quando fosse giuridicamente capace di farlo, a scegliere quale scuola frequentare in base alle sue personali preferenze e necessità. Certo è che il diritto di scelta non avrebbe senso di esistere se non venisse predisposto dallo Stato un sistema scolastico che garantisca l'effettivo pluralismo e proprio al fine di garantire la libertà dell'istituzione e della gestione degli istituti di istruzione di ogni ordine e grado, facendo venir meno il sostanziale monopolio pubblico dell’istruzione nasce il terzo comma dell'art. 33 Cost.

Art. 34 -

La scuola è aperta a tutti.

L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie

ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Statuendo che "la scuola é aperta a tutti", e con ciò riconoscendo in via generale l'istruzione come diritto di tutti i cittadini, l'art. 34, primo comma, Cost. pone un principio nel quale la basilare garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo "nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità" apprestata dall'art. 2 Cost. trova espressione in riferimento a quella formazione sociale che é la comunità scolastica.

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L'art. 2 poi, si raccorda e si integra con l'altra norma, pure fondamentale, di cui all'art. 3, secondo comma, che richiede il superamento delle sperequazioni di situazioni sia economiche che sociali suscettibili di ostacolare il pieno sviluppo delle persone dei cittadini. Lette alla luce di questi principi fondamentali, le successive disposizioni contenute

nell'art. 34 palesano il significato di garantire il diritto all'istruzione malgrado ogni possibile ostacolo che di fatto impedisca il pieno sviluppo della persona.L'effettività dell'istruzione dell'obbligo é, nel secondo comma, garantita dalla sua

gratuità; quella dell'istruzione superiore é garantita anche a chi, capace e meritevole, sia privo di mezzi, mediante borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze (terzo e quarto comma). In tali disposizioni, l'accento é essenzialmente posto sugli ostacoli di ordine

economico, giacché il Costituente era ben consapevole che é principalmente in queste che trova radice la disuguaglianza delle posizioni di partenza e che era perciò indispensabile dettare al riguardo espresse prescrizioni idonee a garantire l'effettività del principio di cui al primo comma. Ciò però non significa che l'applicazione di questo possa incontrare limiti in ostacoli di

altro ordine, la cui rimozione é postulata in via generale come compito della Repubblica nelle disposizioni di cui agli artt. 2 e 3, secondo comma: sostenere ciò significherebbe sottacere il fatto evidente che l'inserimento nella scuola e l'acquisizione di una compiuta istruzione sono strumento fondamentale per quel "pieno sviluppo della persona umana" che tali disposizioni additano come meta da raggiungere. In particolare, assumere che il riferimento ai "capaci e meritevoli" contenuto nel terzo

comma dell'art. 34 comporti l'esclusione dall'istruzione superiore degli handicappati in quanto "incapaci" equivarrebbe a postulare come dato insormontabile una disuguaglianza di fatto rispetto alla quale é invece doveroso apprestare gli strumenti idonei a rimuoverla, tra i quali é appunto fondamentale - per quanto si é già detto - l'effettivo inserimento di tali soggetti nella scuola. Per costoro, d'altra parte, capacità e merito vanno valutati secondo parametri

peculiari, adeguati alle rispettive situazioni di minorazione, come le stesse circolari ministeriali dianzi citate si sono in certa misura sforzate di prescrivere (cfr. par. 2); ed il precludere ad essi l'inserimento negli istituti d'istruzione superiore in base ad una presunzione di incapacità - soprattutto, senza aver preventivamente predisposto gli strumenti (cioè le "altre provvidenze" di cui all'art. 34, quarto comma) idonei a sopperire all'iniziale posizione di svantaggio - significherebbe non solo assumere come insuperabili ostacoli che é invece doveroso tentare di eliminare, o almeno attenuare, ma dare per dimostrato ciò che va invece concretamente verificato e sperimentato onde assicurare pari opportunità a tutti, e quindi anche ai soggetti in questione. Inoltre, se l'obiettivo é quello di garantire per tutti il pieno sviluppo della persona e

se, dunque, compito della Repubblica é apprestare i mezzi per raggiungerlo, non v'ha dubbio che alle condizioni di minorazione che tale sviluppo ostacolano debba prestarsi speciale attenzione e che in quest'ottica vadano individuati i compiti della scuola quale fondamentale istituzione deputata a tal fine. Di ciò si é mostrato consapevole il legislatore ordinario, che non a caso nelle leggi del

1971 e 1977 dianzi citate ha al riguardo congiuntamente indicato i fini dell'"istruzione" e della "piena formazione della personalità" (ovvero - il che é lo stesso - quelli dell'"apprendimento" e dell'"inserimento"), inquadrando in tale contesto le specifiche disposizioni dettate in favore dei minorati. Che poi ai medesimi compiti sia deputata anche l'istruzione superiore é dimostrato,

prima ancora che da specifiche disposizioni in tal senso (cfr. d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, artt. 1 e 2), dall'ovvia constatazione che essa stessa é strumento di piena formazione della personalità (Corte costituzionale, sent. n. 215 dell'8 giugno 1987).

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Nel determinare il significato del termine "istruzione", nonché il contenuto ed i limiti della corrispondente gratuità, non é da disconoscere la distinzione tra i concetti di insegnamento, di istruzione e di educazione, comprendendo nel primo l'attività del docente diretta ad impartire cognizioni ai discenti nei vari rami del sapere, nel secondo l'effetto intellettivo di tale attività e nel terzo l'effetto finale complessivo e formativo della persona in tutti i suoi aspetti.Ma tale distinzione, pur rispecchiando nel suo aspetto concettuale una posizione di

progressività graduale, procedente da premessa a risultati, non può avere incidenza decisiva nella concreta questione in esame così da pervenire ad assegnare al termine istruzione, quale espresso nella norma costituzionale ed interpretato dalla Corte agli effetti della gratuità della prestazione, un significato diverso e più ampio di quello proprio dell'insegnamento, così da ricomprendere in quest’ultimo, come prestazione d'obbligo ad esso inerente in senso proprio, anche altre prestazioni che si collegano all'insegnamento e lo coadiuvano ma non ne costituiscono i tratti essenziali, come la fornitura di libri di testo, di materiale di cancelleria, nonché di mezzi di trasporto. Invero, queste due ultime voci riguardano prestazioni collaterali d'ordine meramente

materiale e strumentale; mentre, per quanto riguarda i libri di testo, pur avendo questi una qualificazione ben più alta per l'ausilio che offrono a raffermare nella memoria dei discenti la lezione impartita dall'insegnante, non può dirsi che la loro provvista rientri strettamente e propriamente nell'ambito del pubblico servizio scolastico e della correlativa prestazione amministrativa. L'interesse pubblico al soddisfacimento di bisogni individuali di importanza collettiva,

evidentissimo nel caso in cui si tratti di perseguire finalità etico-sociali mediante la cultura del cittadino, importa l'assunzione del servizio da parte dello Stato e la sua organizzazione. É questo l'elemento primario, che caratterizza e domina la prestazione, la concreta,

ed insieme la esaurisce (salvo quanto si dirà in seguito) mediante la messa a disposizione degli ambienti scolastici, del corpo insegnante e di tutto ciò che direttamente inerisce a tali elementi organizzativi. In questa prestazione in cui é predominante e caratteristica la prestazione di attività, mentre la prestazione di beni é poi un mezzo per raggiungere lo scopo, é concentrato tutto quanto richiesto, nel settore, pel razionale adempimento di questo compito dello Stato accanto all'adempimento degli altri molteplici compiti, e che é concentrato su di un oggetto che é o deve essere ben definito nella sua predominante essenzialità (Corte costituzionale, sent. n. 7 del 4 febbraio 1967).  

Art. 38 - Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto

al mantenimento e all'assistenza sociale.I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi, adeguati alle loro

esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento

professionale.Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o

integrati dallo Stato.L'assistenza privata è libera.  

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Ancora una volta viene ribadito il concetto che la scuola è aperta a tutti evidenziando questa volta non già gli svantaggiati socialmente ma fisicamente.

Ulteriori riforme dopo la Costituzione

Legislazione Scolastica

Istituzione Scuola media

L. n. 1859

31 dicembre 1962

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L’ordinamento scolastico, successivamente all’entrata in vigore dell’ordinamento costituzionale, si è innanzi tutto caratterizzato, nel senso dello sviluppo della formazione professionale e dell’accentuazione dei profili ugualitari nella formazione scolastica.

Legislazione Scolastica

Istituzione Scuola Materna Statale

L.n. 444

18 aprile 1968

Istituzione Tempo Pieno

L. n.820

24 settembre 1971

Decreti Delegati

L.n.

31 maggio 1974

Ulte

riori

rifor

me

1962

/199

3

TESTO UNICO

L.n.126

20 aprile 1993

Riforma Scuola Elementare

L.n.148

5 giugno 1990

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Rappresentano infatti risposta alle esigenze del mondo produttivo, nel corso degli anni cinquanta, oltre che le numerose iniziative extrascolastiche del Ministero del Lavoro, l’istituzione degli istituti professionali, della durata di due o tre anni, non abilitanti alla prosecuzione degli studi.Costituisce invece espressione delle tendenze egualitarie, la soppressione delle scuole di avviamento professionale e la discriminazione riconnessa alla impossibilità di accedere dalle stesse a più elevati livelli di istruzione, a favore dell’istituzione della scuola media unica, caratterizzata dal fatto di consentire a tutti la prosecuzione degli studi, oltreché per essere gratuita e obbligatoria (L. 31.12.1962, n. 1859).La scuola media statale, istituita nel 1962, ha ribadito l’obbligatorietà della istruzione secondaria fino al quattordicesimo anno di età, in un corso di studi unico, conferente pari opportunità.Contestualmente è stato abolito il diversificato, sia nei contenuti sia nei possibili sviluppi, sistema preesistente di scuole inferiori, articolato in ginnasio, istituto magistrale, scuole di avviamento professionale, come prefigurato dalla riforma Gentile (TU 5.2.1928, n. 577).È invece del 1968 l’istituzione della scuola materna. La scuola materna statale si rivolge ai bambini in età prescolastica con finalità di integrazione e sviluppo della personalità infantile. L’apertura del sistema scolastico nei confronti della popolazione in età scolare si accentua nel corso degli anni sessanta che, in particolare, vedono l’apertura della ammissione all’università dei diplomati agli istituti tecnici e degli istituti secondari in genere, prima sostanzialmente riservata agli studenti provenienti da liceo (L. 21.7.1961, n. 685 e L. 11.12.1969, n. 910).La Legge n.820 del 24 settembre 1971 istituisce la scuola “a tempo pieno “, riduce a 25 il numero massimo di alunni per classi, avvia la sperimentazione di attività integrative che affiancano le materie curriculari richiedendo un impegno temporale più lungo ed il coinvolgimento di tutti i docenti in lavori integrati e pluridisciplinari.Sono invece i c.d. decreti delegati (31 maggio 1974, nn. da 416 a 420) che aprono gli organi di governo delle scuole, nuovi od esistenti, alla partecipazione di rappresentanti di tutte le componenti della scuola (corpo docente, personale ATA, studenti e genitori). Ampliamento partecipativo che non solo si muove nel senso della distribuzione del potere decisionale dal centro (stato) alle periferie (enti locali ed istituzioni scolastiche e loro componenti) ma anche nel senso della valorizzazione dellacomponente tecnica scolastica nella gestione della scuola stessa, anche a fini della promozione di attività di sperimentazione.Del 1990 (L. 5.6.1990, n. 148) inoltre è la riforma della scuola elementare che dà attuazione alla tanto attesa riforma dell’ordinamento di tale ordine. La scuola elementare concorre alla prima formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dal dettato costituzionale e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità sociali, individuali e culturali : si propone, in altre parole, lo scopo dello sviluppo della personalità del fanciullo promuovendone la prima alfabetizzazione culturale.Nella rinnovata scuola elementare trova posto anche l’insegnamento della lingua straniera in linea con l’intento della continuità educativa con la scuola media.Nell’intento del legislatore del 1991 (L. 10.4.1991, n. 121, poi modificata con legge 20 aprile 1993, n. 126) la complessa disciplina del tema in esame, retto da un numero innumerevole di fonti normative, formatesi per successiva stratificazione, avrebbe dovuto trovare – ed ha poi trovato seppure per un breve periodo di tempo –sistematicità all’interno di un Testo unico in materia.

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Del resto nel settore scolastico vi era già stato un testo unico a conclusione della iforma Gentile, promulgato con Rd.5.2.1928, n. 507.Il testo unico in questione è stato emanato dal Governo con D.lgs. 16 aprile 1994, n. 297.Tale testo unico, tuttavia, seppure costituisce ad oggi il corpo normativo di riferimento, è stato immediatamente integrato da numerose successive disposizioni edinteressato dal processo di riforma introdotto dal L. 59/97, fra l’altro in materia di autonomia.Rispetto a tali disposizioni e riforme il Testo Unico, non ha trovato, tuttavia, in più casi possibilità di coordinamento od integrazione, talché più disposizioni da ultimo succedutesi si sovrappongono, in termini integrativi o abrogativi, con il testo unico in questione.L’esame del TU del 1994 costituisce, tuttavia, il primo necessario passo per l’approccio al diritto scolastico. Al riguardo giova evidenziare che la struttura - si badi bene intesa unicamente come organizzazione dei temi normati - del Testo unico in esame risente evidentemente dello spirito delle riforme dei primi anni settanta e preannuncia la nuova centralità che avrebbero dovuto assumere nella organizzazione e gestione dellascuola le regioni, gli enti locali e le scuole stesse, in luogo della struttura statale centrale.

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