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In caso di mancato recapito restituire a: UFFICIO DI BRESCIA CMP Il mittente si impegna a corrispondere la prevista tariffa Anno XCI - n. 2 - Giugno 2016 - Sped. in A.P. - Art. 2 Comma 20/B Legge 662/96 - Filiale di Brescia - Pubbl. inf. 45% FORMAZIONE PROFESSIONALE PIAMARTINA (pagine 11-21) I ragazzi del Santa Maria di Nazareth, i nostri “gnari”, hanno inventato un cammino comune per capire il valore dell’integrazione, dello stare insieme, del comprendersi e dell’accettarsi. Poi, hanno riscoperto “Piamarta”, un santo da raccontare e da cantare.

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In caso di mancato recapito restituire a: UFFICIO DI BRESCIA CMPIl mittente si impegna a corrispondere la prevista tariffaAnno XCI - n. 2 - Giugno 2016 - Sped. in A.P. - Art. 2 Comma 20/BLegge 662/96 - Filiale di Brescia - Pubbl. inf. 45% FORMAZIONE

PROFESSIONALEPIAMARTINA(pagine 11-21)

I ragazzi del Santa Maria di Nazareth, i nostri “gnari”,hanno inventato un cammino comune per capire il valore dell’integrazione,

dello stare insieme, del comprendersi e dell’accettarsi.Poi, hanno riscoperto “Piamarta”, un santo da raccontare e da cantare.

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Anno XCI - n. 2 - Giugno 2016Sped. in A.P. - Art. 2 Comma 20/B - Legge 662/96Filiale di Brescia - Pubbl. inf. 45%Direzione e Redazione: Via Ferri, 75 - 25123 Brescia - Tel. 0302310450Direttore responsabile: Giancarlo CapriniRedazione: Piergiordano CabraRegistro: Tribunale di Brescia 14.2.1953/N. 65Videoimpaginazione: GraficaCM - Bagnolo Mella (Bs)Stampa: Grafiche Artigianelli - Via Ferri 73 - 25123 BresciaAbbonamento: ordinario € 7,00; sostenitore € 15,00;benefattore € 30,00 - Una copia € 1,80Per cambi di indirizzo, sospensione dell’abbonamento o altre comunicazioniriguardanti l’invio di “La Famiglia di Padre Piamarta”: Tel. 0302306925CCP n. 14959258 intestato a:Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth - 25123 Brescia - Via Ferri, 75

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La informiamo che i suoi dati saranno utilizzati esclusivamente perinviarle: la nostra rivista, informazioni delle nostre attività e ringrazia-mento per ogni eventuale donazione. Essi saranno custoditi presso inostri archivi informatici. Avrà sempre diritto di accedere liberamentealle informazioni che la riguardano per aggiornarle e modificarle rivol-gendosi al responsabile presso la nostra sede. (L. 675/96)

SommarioEDITORIALE

3 Formare e (ri)formareIL PUNTO

5 Il senso della Speranzadi Padre Giancarlo Caprini

PRIMO PIANO6 Che ne facciamo degli altri…?

di Luciano Costa8 Africa chiama Piamarta

di Padre Giancarlo Caprini9 Missionari nel mondo

PAROLE CHIARE11 La formazione chiama in causa noi adulti

di Padre Enzo Turriceni12 Formazione Professionale Piamartina

di Giuseppe Raineri14 Artigianelli-Brescia

di Sergio Caprioli17 Bonsignori-Remedello

di Alberto Scandolara18 Piamarta-Milano

di Marco Giacometti21 Pavoni e Piamarta: i santi bresciani

della formazione professionaledi Padre Pier Giordano Cabra

CRONACHE22 Nonostante le difficoltà il liceo

di Remedello non chiude

RICORDANDO24 Luciano Silveri: un laico conciliare

di Luciano Costa24 Quella volta in Brasile

di Padre Battista Franzoni25 Qualcosa non ancora detto

di Padre Pier Giordano Cabra

EX ALUNNI27 Artigianelli e Bonsignori: uniti e in festa

EVENTI28 Quando i ragazzi insegnano ai grandi

di Luciano Costa29 Un buon esempio di scuola

di Padre Domenico Fidanza

L’ULTIMA31 Il sole

di Padre Pier Giordano Cabra

editoriale

FORMAREE (RI)FORMARE

Padre Piamarta prese per mano quattro ragazzi e dopo averli sfamati li in-dirizzò sui banchi di scuola per cibarsi e appropriarsi di sapere e poi in offi-cina, per imparare un mestiere e avere in tasca la garanzia, anche minima, dipoter diventare protagonisti del proprio futuro. Chi venne dopo di lui prose-guì nella missione ampliando le scuole, moltiplicando i saperi, intensifi-cando l’approccio ai libri e, per fortuna, impedendo che anche un solo tavolodi falegname o di meccanico venisse tolto dalle officine organizzate per dareai ragazzi la certezza di un mestiere. Dopo oltre cent’anni, la storia “piamar-tina” continua a mischiare in modo sorprendentemente utile e attuale, lascuola classica (che offre conoscenza, approfondimento, scoperta, cultura:insomma, tutto ciò che comunemente s’intende per sapere) con quella cheaggiunge l’opportunità di imparare un mestiere.

Secondo l’ultima legge di riforma (approvata dal Parlamento il 13 luglio2015 col titolo “La buona scuola”) l’alternanza scuola-lavoro – o “scuola-of-ficina” secondo le intenzioni di Padre Piamarta – è uno degli obiettivi priori-tari per i quali la scuola può fare richiesta di posti di potenziamento della pro-pria offerta formativa e delle proprie attività progettuali. Luciano Pazzaglia,professore di Storia della scuola e delle istituzioni educative nell’universitàCattolica di Milano, mettendo la riforma tra le cose se non perfette “almenoutili”, auspica che attorno e dentro ad essa cresca “una scuola comunità di cuitutti, nei loro diversi ruoli, si sentono ugualmente partecipi e che, nella speci-ficità della propria proposta, vuole comunque aiutare i giovani non solo a di-ventare persone istruite e cittadini responsabili, ma anche a comprendere e avalutare il significato della loro esperienza umana. Si tratta, in poche parole– aggiunge il professore – di capire quale strada si intende scegliere: se con-tinuare a restare in qualche modo legati, magari senza confessarlo esplicita-mente, a un’autonomia funzionale al soddisfacimento di una domanda for-mativa di carattere utilitaristico-mercantile o se non si debba piuttosto cer-care di mettere in atto un’autonomia che consenta di approfondire la ricercae la pratica di una scuola come bene comune”.

Padre Piamarta, ancora lui, a proposito di scuola e responsabilità di farescuola, provò a dire che “il mondo della formazione, dei giovani, e quindidelle diverse forme di scuola e via discorrendo, chiama in causa... mica i gio-vani! Chiama in causa noi adulti”. I giovani oggi cercano gli adulti, anchequando apparentemente li snobbano, li cercano e pretendono che siano cre-dibili. “E allora – ha detto il card. Scola – siamo chiamati in causa noi: geni-tori, insegnanti, sacerdoti, e via discorrendo. Siamo chiamati in causa noi,noi adulti, che abbiamo questa straordinaria responsabilità e questa straordi-naria grazia di poterci dedicare, ognuno nel proprio modo, alla formazione”.

Ciò che compete oggi a noi, è di “formare” i giovani affinché siano prota-gonisti del loro futuro e di “riformare” le strutture scolastiche e i metodi diinsegnamento affinché siano in grado di assicurare ai giovani un futuro de-gno d’essere vissuto e condiviso. Di questo spirito sono pervase le pagine de-dicate alla realtà dei nostri “centri di formazione professionale”.

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È impossibile essere cristiani, o anchesolo preti o religiosi, senza possederein larga misura il “senso dellaSperanza”, qualcosa che nulla ha daspartire con l’occasionalità dellecose, ma che s’incarna nel modo diessere, di fare, di annunciare, diservire chi ci passa accanto, quelprossimo che forse conosciamo e chemolto più spesso è un perfettosconosciuto. Vivere la Speranza, elasciatemi specificare che intendo laSperanza che viene da Dio e che sirafforza ogni giorno con la fede,significa aiutare il mondo a costruirefuturo. Invece, purtroppo, in unmondo alla rovescia quale è il nostro,vincono i cattivi, predomina ladisperazione, emergono contrasti econflitti prima impensabili, sipropongono sfide camuffandole conla maschera del referendum popolare,espressione di alta democraziaquando ragionato e consapevolmenteaccettato, ma deleterio, una vera epropria cretineria istituzionale,quando risponde soltanto alla logicadella pancia piena, ovviamente di chigià ha provveduto a riempirla di ciboe danaro.

In un mondo appena normale, primadi consentire a pochi di schiacciaretutti gli altri, ci sarebbe unamovimentazione di coscienze tale daimpedire soprusi e angherie. Nelmondo migliore e più giusto, quelloche soprattutto i giovani stannocercando e costruendo mettendopagine di Vangelo in ogni azione, lospazio maggiore è riservato alleparole necessarie per dire la forzadell’amore, il valore del prossimo, leragioni della speranza, la gioia dellamisericordia, la grandezza delperdono, l’immenso cielo che solo lapace e la giustizia possono riempiredi luce e stelle. Per cambiareradicalmente il mondo basterebbepronunciarle queste parole! Subitodopo servirebbe prendere in mano la“speranza” e incominciare asbriciolarla fino a renderla pane pertanti se non per tutti.Sarebbe anche importante considerarela “speranza” un bene dato da Dioagli “uomini di buona volontà” e nonun diritto acquisito. La “speranzacristiana” si rivela agli umili, i qualisanno che essa non è “ottimismo”(anche se uno o mille tra noi è

vecchio come il suo pessimismo egiovane come il suo ottimismo, nonpossiamo confondere l’ottimismo conla speranza cristiana; l’ottimismo sifonda nella natura o sul carattere diuna persona, appartiene al tempo, lasperanza cristiana s’incarna nella fedevissuta); non è “utopia”, che èsoltanto qualcosa di bello e illusorio,ma concretezza, certezza del dono,volontà di vedere il dolore e di porvirimedio; non è “illusione”, cioèqualcosa di impraticabile eimprobabile, ma scelta operosa,impegnata e capace di indurre ascegliere vie faticose, addiritturadrammatiche, ma alla finestraordinariamente appaganti.Papa Francesco, con lucida follia, nonsmette di ripetere che la speranza èuna realtà donata, che solo in GesùCristo vi è la condensazionepersonale delle speranze dell’interacreazione, che sperare significaaccettare la realtà e confidare nellavittoria definitiva, che la speranza èsempre “Pasqua”, che la speranzainduce atteggiamenti rivoluzionari,che la preghiera è scuola disperanza...

Il senso della Speranza

il puntodi Padre GIANCARLO CAPRINI fn

La Speranza è nelle loro mani

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Lo sapevate che il più grandeproduttore di fame e guerre èl’Africa? Qualcuno, magari anchesolo uno di coloro chequotidianamente chiedono di alzare illivello dei controlli e di innalzaremuri alle frontiere, di respingere ibarconi carichi di migranti e dismetterla coi soccorsi pronti eovunque, sa che nel mondo 244milioni di persone vivono, e certonon per diletto, fuori dai confini deiloro Paesi? Secondo voi, è normale,ammissibile e, soprattutto, è civileche sessanta milioni di questepersone siano in fuga da conflitti,violenze, crisi umanitarie, emergenze

naturali? E lo sapete che, di questi,ben il 25 per cento sono cittadinidella grande Africa?L’Africa, perfettamente sconosciuta aipiù, incomincia appena dopo ilcosiddetto “Mare Nostrum” ed ètalmente vicina a noi che da unaqualsiasi altura siciliana, in qualsiasigiornata ventosa e limpida, è possibilevedere le sue coste. L’Africa piùscomoda e urticante è quella cheviaggia sui barconi; l’Africa piùinvadente è quella che abita accantoalla mia e vostra casa, che tende lemani sperando di ottenere un soldo ouna carezza, che trascina l’esistenzaavendo come compagna di viaggio lasperanza; l’Africa che si presenta alleporte della città ha il volto della

migrazione imposta e sofferta. Eppure,lo sapete che quest’Africa non è ilmaggiore “produttore” di migranti eche, anzi, è il Continente con la piùalta percentuale di rifugiati, quello chesoffre maggiormente del fenomenodegli sfollati interni?Secondo dati recenti il 65 per cento diquanti si muovono dall’Africasubsahariana restano all’interno delContinente africano. Solo in SudAfrica, ad esempio, ogni anno entranoalmeno 250.000 migranti; al di sottodel Sahara ci sono quasi 15 milioni disfollati, all’incirca un terzo del totalemondiale. Se interessa, il campoprofughi più affollato al mondo sitrova in Kenya: è il campo di Dadaab,che circonda le città di Hagadera,Dogahaley e Kambios, non lontanodal confine con laSomalia, da cui provengono i disperatiospiti, oltre 400.000, spesso destinati avivere senza alcuna prospettiva difuturo. Tutto questo nonostante siano

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primo piano

di LUCIANO COSTA

Una giovane, in servizio come medico volontarioin un ospedale dell’Africa più povera e malata,

in una lettera accorata e sincera, dice di aver visto“la periferia estrema di una terra che è rotonda

solo nei mappamondi, dove negli ospedali si respira odore di terra,di sangue rappreso, odore di disinfettante, odore di lacrime e sorrisi;

dove sono talmente tante le offese alla dignità umanache diventa difficile riconoscere il volto di Cristo...”

CHE NE FACCIAMODEGLI «ALTRI»,DI QUELLICHE BUSSANOALLA PORTADI CASA NOSTRAE DEI NOSTRI PAESI?

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diminuite le guerre tra Stati. Dunque,meno guerre, ma non ancora menoviolenze e meno migrazioni forzate.Secondo l’Osservatore Romano, ilquotidiano della Santa Sede, oggi inAfrica ciò che scatena odio e cheobbliga interi popoli a migrare versolidi lontani e sconosciuti, sonosoprattutto le disuguaglianzeeconomiche.In ogni caso, non si può dire che inAfrica, o almeno in qualche parte diessa, non ci sia crescita economica.C’è, ma aumenta lo sviluppo e diconseguenza il benessere, solo permeno del 30 per cento dellapopolazione. Squilibri e tendenzaall’urbanizzazione, in qualche casoselvaggia, producono l’esodo verso legrandi città del Continente - Nairobi inKenya, Lagos in Nigeria,Johannesburg in Sud Africa, AddisAbeba in Etiopia, Lusaka in Zambia –e, adesso, verso l’Europa, Dalle costedella Libia, nazione devastata da unaguerra infame, partono ogni giornobarconi, gommoni, barchette e battellicarichi di disperati e di disperazione.E, credetemi, non servono occhiparticolari, grandi e vispi, per vedereche proprio da lì incomincia la finedell’Africa, che proprio su quellecoste va in scena il business deltraffico di esseri umani.Una giovane, in servizio come medicovolontario in un ospedale dell’Africapiù povera e malata, in una letteraaccorata e sincera, dice di aver visto“la periferia estrema di una terra che èrotonda solo nei mappamondi, dovenegli ospedali si respira odore di terra,di sangue rappreso, odore didisinfettante, odore di lacrime e

sorrisi”. Aggiunge che “sono talmentetante le offese alla dignità umana cherisulta perfino difficile riconoscere ilvolto e la presenza di Cristo. Così,verrebbe voglia di urlare, imprecare,maledire. Poi, ogni tanto, un sorriso,una persona un po’ più disponibile,un’attenzione dedicata, ridanno allosguardo la giusta direzione,consentendo di vedere anche il bello,che a volte è semplicemente davantiagli occhi”.Per favore, prima di mettere undisperato alla porta o di rimandareindietro uno straniero in cerca disperanza, prova a pensare e a cantarecon Umberto Tozzi che “gli altrisiamo noi”, che “i muri vanno giù alsoffio di un’idea”, che “fra gli indios egli indù, ragazzi in farmacie che ormainon ce la fanno più, famiglie di operailicenziati dai robot e zingari dell’est inriserve di periferia, siamo tutti vittimee carnefici”, che “tanto prima o poi glialtri siamo noi”; che 2quando sparano,quando sperano, in questo mondopiccolo oramai, gli altri siamo noi”.

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Una storiatante storieUna domenica, tanta gente che siriunisce nelle chiese per pregare,ricordare le vittime dei troppinaufragi, fare memoria di chi,prima ancora di essere, non è più.Storie che appartengono al nostropresente, storie amarissimedi viaggi incominciati e mai finiti,di speranze cancellate, di vitespezzate, di uomini e donne senzafuturo, di bimbi che non potrannomai conoscere la vita.Una domenica per ricordare erimettere al centro il valore dellepersone, chiunque esse siano;una domenica celebrata quie ovunque, perché qui e ovunquesi consuma il dramma della“fuga” come rimedio al “nonesistere”, orrenda prospettivache obbliga a vestire i pannidell’emigrante, ad assumerela fisionomia del rifugiato, aessere mendicante sulle stradedel mondo.In una di queste domenichedi preghiere, dentro la chiesaaffollata, seduto in prima filac’era anche Aboudi, che ha diecianni ed è appena arrivato in Italiadalla Siria.Ha assistito a tutta la preghieradalla sua sedia a rotelle,concentratissimo, accantoa sua mamma Rima che non glitoglieva gli occhi di dossoe che spesso piangeva, soprattuttoquando gli toccava ascoltarei nomi dei bambini morti neiviaggi della speranza,immaginando tra loro potevaesserci anche quello del suobambino. La famiglia di Aboudiè una di quelle arrivate attraversoi “corridoi umanitari” attivati dauomini, donne, comunità e chiesedi buona volontà. «Il Signoreascolta la storia di ognuno di noi— ha detto nell’omelia uno deitanti preti celebranti —, di ognimigrante e di ogni rifugiato e ciinsegna a riconoscerci come partedella famiglia umana, comefratelli e sorelle lungo il sentierodella vita che talvolta affatica eaddolora l’anima e il corpo».

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È stato il mio secondo viaggio in terraafricana. Come sempre, la realtà che siè presentata, al primo impatto èsembrata come la nostra, o qualchepasso indietro. Ma se hai pazienza dipercorrere qualche chilometro al di làdelle strade principali e asfaltate, tiimbatti in una realtà tanto lontana, cheti sembra irreale.No, non è possibile che dei ragazzi edelle ragazze facciano tre ore dicammino a piedi per andare a scuola, ealtrettanti dovranno farne per ritornarea casa dopo le 5 o 6 ore di lezione!No, non è possibile che una famigliaper avere un secchio d’acqua debbafare 10 km o per incontrare unparamedico ne debba fare il doppio!No, non è possibile che lo star male diquesto come di altri ragazzini siadovuto ai crampi allo stomaco per lafame a cui deve o dovrebbe rimediareil «padre» con un pezzo di pane!No, non è possibile che le vie contanto di nome di un quartiere con piùdi 50.000 abitanti diventino un fiumedi scolo delle acque piovane rendendole strade impraticabili per le nostreauto e per i loro passi.No, non è possibile morire a tre oquattro anni, o a dodici o tredici annisemplicemente perché non ci sonomedicine… antibiotici che al massimohanno un valore di due euro.Potremmo continuare… ma servirebbea poco.Certamente, ci sono segni di speranzache nessuno può fermare. Le scuolepiene, una quantità innumerevole dibambini e bambine che per loro naturasono segno di vita, un desiderio diapprendere a coltivare e a fare l’orto

mettono a contatto con un altromondo.Ma, oggi, c’è la scuola e non importase per andarci bisogna alzarsi allequattro del mattino e fare 15 km dicammino a piedi, non importa se sihanno in tasca solo un quaderno, unamatita ed una gomma che la missioneha donato a chi ne era privo, nonimporta se si fa fatica a capire tuttoquanto viene insegnato, tanto che perparecchi sono necessari due anni persuperare una classe… Alla scuola nonsi rinuncia. Apre un futuro diverso.Offre una opportunità nuova. Accendeuna speranza che nessuno puòspegnere.I numeri parlano: a Mocodoene(Mozambico) nel 2015 gli alunni sonostati 863 e 153 gli iscritti nel corsotecnico; nel 2016 sono saliti a 942 glialunni e a 173 quelli del corso tecnico.A Luanda (Angola) c’erano 4.131alunni nel 2015; sono diventati 4.550nel 2016 a cui vanno aggiunti i numeridei partecipanti ai corsi breviprofessionalizzanti. A Lucala(Angola) la scuola è iniziata nel 2015con 315 alunni, quest’anno sono già485. Sono scuole della “missione”(noi diremmo “paritarie”) dove loStato nomina e paga i professori, lacoordinazione didattica e la segreteria.La direzione è invece nominata dallaproprietà, che a tutto deve provvedere.“I ragazzi hanno solo bisogno diqualcuno che creda in loro e offra unareale opportunità”. Questo è quantoPadre Piamarta ci ha consegnato equesto è quanto i Piamartinicontinuano a fare là dove sonopresenti.

primo piano

PROBABILMENTENON LO NOTIAMO,MA L’AFRICACHIAMA PIAMARTA

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di Padre GIANCARLO CAPRINI

che mette insieme una trentina didonne alle prese con filo, picchetti,zappe (chissà perché con il manicocosì corto?), piantine, sementi,concimi, innaffiatoi, iniziative dimicro credito, la nascita di corsitecnici…Allora, appare chiaro che quantoPadre Piamarta ha fatto alla fine delXIX secolo a Brescia prima ed aRemedello poi è più che mai attuale inquesti paesi dove, come in queilontani tempi in Italia, la fame e lapovertà la facevano da padroni.Serve oggi, di nuovo, il coraggio delnostro Santo Fondatore, che non sifermava davanti alle difficoltà e aifallimenti. Credeva nella capacitàdella scuola e della formazioneprofessionale per creare nuoveopportunità e possibilità di vita.Non possiamo lasciare soli questeschiere enormi di ragazzi e ragazze lacui sola sfortuna è di essere nati o natea 100 km dalla civiltà che non hannomai visto perché a casa non c’èl’energia elettrica e quindi nonesistono tutti quei mezzi che ti

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Missionari nel mondoSono circa 10mila i missionari italiani nel mondo. Religiosi, suore ma anche

laici sono in tutti gli angoli della terra per dare il loro aiuto ma soprattutto laloro testimonianza cristiana. Sono in Africa, Asia, America Latina, Oceania,ma anche nella vicina Europa, divenuta anch’essa, soprattutto a causa dellacrisi economica, “terra di missione”. L’età media di chi ha scelto di partire si èalzata con il tempo e oggi è di 63 anni. Tra questa schiera di missionari in giroper il mondo ad annunciare la Buona Novella, ci sono anche più di trenta padrie fratelli della Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth, fondata da San Gio-vanni Battista Piamarta, per questo conosciuti nel mondo col nome di “Pia-martini”. I “nostri”, radicati in Italia ma aperti al mondo, testimoniano il Van-gelo nelle missioni aperte in Brasile, Cile, Angola, Mozambico preoccupan-dosi di formare attraverso la scuola, soprattutto quella che al sapere aggiungela possibilità di apprendere un mestiere, generazioni di giovani in grado di di-ventare protagonisti del loro futuro e del futuro dei loro Paesi d’origine.

A tracciare una radiografia del mondo delle missioni italiane è stata la rivista“Popoli e missione”, nata con le Pontificie Opere Missionarie e oggi divenutaespressione di “Missio”, la fondazione voluta e sostenuta dalla Conferenza Epi-scopale Italiana. Secondo l’analisi della rivista, sono purtroppo pochi i giovaniche si avvicinano all’impegno missionario e, soprattutto, il loro trend di crescitaè in costante calo. Tra i dati complessivi, per esempio, emergono cifre raccapric-cianti. Dal 1990 a oggi le presenza dei missionari italiani nel mondo sono passateda ventimila a diecimila unità. Stando ai dati degli archivi storici, nel 1934 l’Ita-lia aveva 4.013 missionari, nel 1943 erano 7.713, nel 1954 più o meno quanti cene sono oggi, 10.523, fino a toccare i 16.000 negli anni Ottanta, e oltre 20.000 nel1991. A partire da allora il calo è stato impressionante. “Oggi i giovani ci ammi-rano, ci stimano, ma non ci imitano – ha detto un padre missionario –. La solitu-dine, l’incomprensione, il lottare possono anche fare paura”. Ma nel calo gene-rale è la componente dei religiosi e delle religiose che si è assottigliata negli anni,forse anche a causa della generale crisi vocazionale. E’ invece in costante au-mento il numero di laici che vengono inviati dalla Chiesa lontani dalle loro casee anche la loro età media è decisamente più bassa: il 58% è sotto i 40 anni e menodi uno su 4 ha superato la soglia dei 50 anni; quasi il 56% sono donne e il 60% èsposato. Tanti laici partono con il coniuge e con i figli. Il 55,7% dei missionarilaici è in Africa, il 38,6% in America latina.

Tra coloro che partono ci sono anche sacerdoti diocesani, che vengono man-dati all’estero come “fidei donum”, dono della fede, dai propri vescovi a svol-gere il ministero in una missione.

Non è possibile che dei ragazzi e delle ragazzefacciano tre ore di cammino a piedi per andare a scuola,

e altrettanti dovranno farne per ritornare a casadopo le 5 o 6 ore di lezione!

No, non è possibile che una famigliaper avere un secchio d’acqua debba fare 10 km

o per incontrare un paramedico ne debba fare il doppio!No, non è possibile che lo star male di questo

come di altri ragazzini sia dovuto ai crampi allo stomacoper la fame a cui deve o dovrebbe rimediare il «padre»

con un pezzo di pane!

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La formazionechiama

in causa noi adultiForse è la scoperta dell’acqua calda,

ma non mi sembra inutile ricordare,oggi, che educare è un problema cheriguarda noi adulti. Anche nella for-mazione professionale, anzi, forse an-cora di più in questo settore che per noipiamartini è una parte consistente dellanostra attività, non si può pensare dipreparare i giovani soltanto a una pro-fessionalità per quanto adeguata aitempi. Facendo ‘formazione’, special-mente se trattiamo con l’età dell’ado-lescenza, inevitabilmente prepariamo(o non prepariamo) alla vita. Antichis-simo problema della scuola di ogni or-dine e grado, che si presenta in modourgente e drammatico oggi, nel climadi incertezze globali in cui si trovano anavigare i nostri ragazzi.

Preparare alla vita è (sarebbe) ilcompito più serio e importante a cuisiamo chiamati noi adulti, ed è certa-mente un compito arduo e difficile, dalmomento che l’unico modo per farlo è

vivere bene, da persone adulte, la no-stra vita. La vita, infatti, non si insegnaa parole ma, evidentemente, con i fatti.

Il distacco così nuovo e così radicaletra generazioni anche vicine non è datosoltanto dalla rapidità dell’evoluzionetecnologica, ma – forse – molto più dalfatto che questi ragazzi si sentono get-tati (da noi adulti) in una vita senzasenso: nella quale ricevono inviti e al-lettamenti di felicità impossibili, mo-

Preparare alla vita è(sarebbe) il compito più serio

e importante a cui siamochiamati noi adulti,

ed è certamente un compitoarduo e difficile,

dal momento che l’unico modoper farlo è vivere bene,

da persone adulte, la nostra vita.La vita, infatti,

non si insegna a parole ma,evidentemente,

con i fatti.

P A R O L EC H I A R E

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procedure, le tipologie di finanziamentifanno intendere chiaramente che non sitratta di un intervento di sistema, ma diazioni legate alla necessità di reperire ri-sorse per coprire i tagli al sistema dellaFormazione Professionale. Tutto da di-mostrare nel breve-medio periodo, sel’utilizzo dell’apprendistato sarà unostrumento per ridare fiato al sistemadell’IeFP gestito dai Centri di Forma-zione Professionale o l’ennesimo tenta-tivo di abbattere pesantemente i costi”;

In questo inizio di 2016 il dato sto-rico relativo alle modalità, funzioni edarticolazioni del sistema di Forma-zione Professionale in Italia e partico-larmente in Lombardia, va aggiornatoper capire lo scenario e quindi poterorientare le riflessioni in modo oppor-tuno. Il sistema è quello dell’IeFP (cioèstatale e privato accreditato…), “unsettore ad alta capacità di inclusionesociale”, capace di “recuperare e ri-motivare molti studenti che hanno ab-bandonato percorsi scolastici; ingrado di ospitare quote significative diportatori di handicap e anche di acco-gliere un numero crescente di figli diimmigrati (circa il 15% degli utenti alivello nazionale con punte del 30%degli alunni nel Nord-est)”. Il Centro“si fa carico dunque di un’utenza certonon privilegiata”. In più, “facendosiforza dei suoi valori e delle sue specifi-che metodologie didattiche, riesce nonsolo ad essere accogliente (cosa che diper sé sarebbe già un buon risultato)ma anche efficace”.

Tuttavia, l’azione dell’amministra-zione pubblica oggi è indirizzata (permotivi macro-economici) su canali ca-ratterizzati da fattori diversi:1 - più all’aspetto occupazionale chenon a quello dell’inclusione sociale;2 - più a favorire le sue emanazioni di-rette (Istituti professionali statali) chenon un sistema misto (peraltro presentein pochissime regioni).

Una questione incombente su tutto èl’esito della Riforma Costituzionale cheprevedrebbe il trasferimento di compe-tenze gestionali dalle regioni allo statocentrale, tale eventualità potrebbe de-motivare anche regioni come Lombar-dia a mantenere l’attuale flusso di finan-ziamenti (peraltro in calo nella partedell’offerta formativa in obbligo…).

IL SISTEMA DUALE:NUOVO CORSO?

Lo stato attraverso provvedimenti na-zionali (cfr. Legge Buona Scuola eD.lgs 150 sul riordino dei servizi al la-voro) cerca di rilanciare il ruolo dellaIeFP in ottica di promozione all’inseri-mento lavorativo attraverso uno stan-ziamento sperimentale per 2 anni; ancheRegione Lombardia sulla stessa sciacon la legge n. 30 /2015 promuove il“sistema duale” inteso come strumentoper intensificare i rapporti tra mondoformativo e del lavoro: lo strumentoprincipe è il nuovo contratto di appren-distato in qualifica (lo studente è con-temporaneamente anche lavoratore)vincolando il finanziamento delle ul-time annualità (3° e 4° anno) ad una per-centuale minima del 5% di contratti pro-mossi.

Ne conseguono criticità sia generalisia per il nostro mondo “AFGP” (Asso-ciazione Formazione Giovanni Pia-marta). Esse hanno:- orizzonte temporale: “le caratteristi-che del progetto, l’accelerazione delle

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parole chiare

SCENARI, PROSPETTIVE,SUGGESTIONI

FormazioneProfessionalePiamartina

Il Centro Professionale“si fa carico

di un’utenza certonon privilegiata”.

In più, “facendosi forzadei suoi valori

e delle sue specifichemetodologie didattiche,riesce non solo ad essere

accogliente(cosa che di per sé

sarebbe già un buon risultato)ma anche efficace”.

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- confusione e ritardo normative lavoro -apprendistato: la sperimentazione non èstata ancora attivata per ritardi nella se-lezione dei CFP principalmente a causadell’agenzia nazionale che dovrebbesupportare il sistema;- congiuntura macroeconomica: leaziende possono assorbire apprendisti etirocini intensificati se hanno lavoro…la ripresa è labile e settoriale;- gestione personale: col Jobs Act non èpiù possibile fare ricorso a personalenon inquadrato come dipendete, seguirelinee di finanziamento non costanti neltempo porterebbe al problema del di-mensionamento ipertrofico degli Enti;- ruolo della mission principale: la for-mazione iniziale dei ragazzi che neltempo per gli enti (specie per i reli-giosi!) è diventata la modalità “stan-dard” molto vicino alla modalità scola-stica; oggi la formazione al lavoro piùorientata ad apprendistato/presenza inazienda ecc… viene vista come un osta-colo o qualcosa di contrario al carismaoriginario prefigurando una impossibi-lità intervento educativo/pastorale effi-cace;- i destinatari della formazione (e deiservizi) sono oggi connotati da una po-vertà più di spirito che di sostanza emolto spesso non condividono l’espe-rienza etico/morale e religiosa (cfr. stra-nieri provenienti da altre culture oppure“analfabeti” spirituali frutto di famiglieinesistenti o profondamente secolariz-zate); con tale utenza è prevalente ilruolo sociale rispetto a quello pastorale.- riqualificazione/rimotivazione del per-sonale (situazioni delle singole sedi va-riegata): gli operatori laici devono con-dividere con i religiosi la corresponsabi-lità e il senso profondo dell’opera; amaggior ragione in questo momento dicambiamento serve disponibilità e fles-sibilità.

Allo stesso tempo ci potrebbero es-sere anche opportunità da cogliere inquesto frangente:

- momentaneo finanziamento positivo,condizione da sfruttare per creare i pre-supposti di sostenibilità futura non ac-contentandosi di “tappare i buchi” di unmancato finanziamento regionale sosti-tuendolo con uno temporaneo statale;- competenze e storia già acquisite suterritorio, in tutte le sedi il patrimonio direlazioni e di “buon nome” delle opereci può avvantaggiare rispetto ad altrisoggetti di matrice laica/statale;- nuove opportunità di sviluppo, chiara-mente legate alla disponibilità di per-

mente questo prevede la disponibilità dilaici formati in questo senso… o almenol’avvio di questo processo);

All’interno di uno scenario così defi-nito, “liquido” come si usa dire oggi epiù ricco di interrogativi che di certezze,sarebbe comprensibile, da parte del no-stro Ente di formazione pensare a que-stioni tecnico-burocratiche-amministra-tive, in sintesi di sopravvivenza econo-mica e basta. Ma la riflessione finale delCardinal Bagnasco che recentemente èintervenuto in un convegno di ScuolaCentrale di Formazione, apre nuovesperanze. “Il mondo della formazione,dei giovani, e quindi delle diverse formedi scuola e via discorrendo – ha detto ilcardinale – chiama in causa... mica i gio-vani! Chiama in causa noi adulti! Hodetto prima: i giovani oggi cercano gliadulti, anche quando apparentemente lisnobbano, li cercano e pretendono chesiano credibili. E allora siamo chiamatiin causa noi: genitori, insegnanti, sacer-doti, e via discorrendo. Siamo chiamatiin causa noi, noi adulti, che abbiamoquesta straordinaria responsabilità equesta straordinaria grazia di poterci de-dicare, ognuno nel proprio modo, allaformazione.”

In questo pensiero penso si possa ri-trovare in pieno il pensiero, lo spiritocioè il carisma di San Giovanni BattistaPiamarta che rappresenta il motivo prin-cipale per cui nelle nuove forme l’operadebba continuare a procedere.

GIUSEPPE RAINERIDirettore Generale AFGP

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Siamo chiamatiin causa noi:

genitori, insegnanti, sacerdoti,e via discorrendo.

Siamo chiamati in causa noi,noi adulti, che abbiamo

questa straordinariaresponsabilità e questa

straordinaria graziadi poterci dedicare,

ognuno nel proprio modo,alla formazione.

corre nuove vie cercando sempre di te-nere ben presente il senso profondo diquello che si fa; la possibilità di seguiree/o rivisitare modalità di attività diffe-renti (un buon esempio è quello dell’im-presa formativa, che affonda le radicinei primordi dell’opera e che nel tempoè stata più volte ridisegnata e riproposta... potrebbe essere oggi un modo per co-niugare l’apertura richiesta dallo statoverso il mondo del lavoro senza rinun-ciare alla “vicinanza” educativo/pasto-rale ai giovani);- nel momento di cambiamento è impli-cita la possibilità di mutamento delruolo dei religiosi come conduzione ca-rismatica (riducendo la responsabilitàgestionale ad un momento di doverosocontrollo ed indirizzamento);- coinvolgimento dei laici ad un livellodi condivisione più sistematica (ovvia-

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La vita del Centro si è animata findai primi giorni dell’anno. A settem-bre, infatti, ha aperto i battenti il settoreagricolo-florovivaista, grande novitàper l’Istituto Artigianelli. I 25 allieviche, per primi, hanno affrontato questanuova avventura, si sono cimentati, findai primi giorni di lezione, nella cura enella coltivazione degli ampi spaziverdi che l’Istituto offre loro. Con ilpassare dei mesi le strumentazioni e leattrezzature a loro disposizione sonostate ampliate per garantire agli allievidi poter accedere a maggiori compe-tenze. Nei prossimi mesi è previsto unulteriore ampliamento delle strutture:sono già arrivate le prime arnie di api,gli spazi verdi sono in aumento ed èprevista, a breve, l’installazione di unaserra permanente.

L’anno del Centro Artigianelli si se-gnala per una lunga serie di proposterivolte agli allievi, che ha permessoagli allievi di partecipare ad eventi im-portanti e riconosciuti. E quale occa-

sione migliore se non l’evento che piùdi ogni altro ha caratterizzato il 2015dell’Italia? Quale occasione migliorese non partecipare all’Expo di Milano2015? Il 14 ottobre gli allievi delleterze e quarte annualità hanno visitatola grande esposizione universale cheha raccolto l’attenzione di tutto ilmondo. Per una giornata gli allievihanno potuto conoscere e confrontarsicon culture differenti, senza dimenti-care la possibilità di condividere unagiornata di amicizia con i compagni edi formatori.

Come ogni anno, il Centro Artigia-nelli ha confermato la collaborazionecon i ragazzi della Comunità Shalom.Infatti tutti i corsi si sono recati in vi-sita alla comunità sita a Palazzolo;inoltre i ragazzi hanno avuto modo diascoltare e vivere le testimonianze of-ferte dagli utenti della comunità. Que-sto rapporto sinergico è culminato conla proposta di un musical, realizzatodagli stessi ragazzi di Shalom, messoin scena presso l’auditorium Capretti erivolto a tutti gli allievi del Centro Ar-tigianelli che hanno assistito allo spet-tacolo con partecipazione autentica.

Oltre a queste occasioni di uscite econfronto, il Centro non ha dimenti-cato di rivolgere un pensiero costante a

San Giovanni Battista Piamarta. In-fatti, in occasione dell’anniversariodella Sua nascita, il giorno 26 novem-bre, tutti gli studenti e i formatori, gui-dati dai padri, si sono recati presso lachiesa di San Faustino, parrocchia na-tale del Santo, per celebrare la messanel luogo in cui Piamarta ha scoperto evissuto la Sua vocazione. Il lungo ser-pentone formato dagli oltre 550 allievi,dai padri e formatori, ha suscitato l’at-tenzione e la curiosità dei cittadini bre-sciani che lo hanno incontrato. Per tuttiquesta è stata l’occasione di vivere unagiornata nel segno del ricordo e dellapreghiera. Sempre nel ricordo di SanGiovanni Battista Piamarta, il 26 mag-gio si sono chiuse le attività formativecon la tradizionale festa che ha visto gliallievi cimentarsi in tornei e gare, nelsegno dell’amicizia e della condivi-sione, valori che animano la vita delCentro.

Per tutto l’anno formativo sono pro-seguite le attività del Movimento gio-vanile piamartino (MGP). Alcuni al-lievi del Centro si sono incontrati ognisecondo giovedì del mese, per tuttol’anno, al fine di vivere esperienze digioco, ma anche di fede, dato che que-ste giornate culminavano sempre conl’adorazione eucaristica animata dai

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Giugno 2016:un altro anno formativo

volge al termine. Tutti i ragazziche hanno animato le giornatedel Centro, adesso si preparano

a vivere l’estate, consapevoliche quello che si sono lasciati alle

spalle è stato un anno riccodi lavoro, di delusioni

e di soddisfazioni, ma anchecaratterizzato da esperienze

forti e significative.

ARTIGIANELLIBRESCIA

Una presenza vivache si rinnova

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ragazzi della comunità Shalom. L’atti-vità del Movimento è stata caratteriz-zata anche da un pellegrinaggio aRoma, in occasione del Giubileo dellaMisericordia: un gruppo di allievi, ac-compagnato dai padri e da alcuni for-matori, ha avuto l’occasione di viverequesto importante e significativo cam-mino dal 12 al 15 febbraio, per un finesettimana caratterizzato dalla sì rifles-sione, ma anche dal divertimento chederiva dallo stare insieme in amicizia.L’attività di accoglienza ha permesso divivere una giornata educativa con gliallievi delle prime annualità, i qualihanno vissuto una giornata di svago edivertimento a Castellarano, presso iluoghi del beato Rolando Rivi. Dopoaver celebrato la messa nel santuarioche accoglie le spoglie del beato, gli al-lievi più giovani hanno trascorso unagiornata di fraternità.

Un altro anno è ormai trascorso, matutti coloro che hanno vissuto e condi-viso le esperienze proposte, non pos-sono far altro che testimoniare quanto ilCentro Artigianelli offra, non solo perin merito alla preparazione, ma ancheper l’aspetto educativo e relazionale,veri punti di forza dell’azione e del ca-risma dei padre Piamarta, che ancoraanimano la vita del Centro.

Ora è giunto il momento di goderedei piaceri e degli svaghi che l’estate ri-serva, ma la vita del Centro e la mis-sione educativa che esso propone ripar-tiranno a settembre per offrire ai nuovie “vecchi” allievi la possibilità di cre-scere in un ambiente che formi sì buonielettricisti, florovivaisti, grafici e mec-canici, ma che sia anche in grado di for-mare persone buone ed educate chesappiano farsi valere per i valori con iquali San Giovanni Battista Piamartaha avviato, ben 130 anni fa, il suo pro-getto.

SERGIO CAPRIOLIDirettore CFP Artigianelli

FACCIATE CONTINUESERRAMENTI IN ALLUMINIO

PARETI MOBILICURVATURA C/TERZI

FACCIATE CONTINUESERRAMENTI IN ALLUMINIO

PARETI MOBILICURVATURA C/TERZI

Moliser s.n.c. di Molinari A. & L.Via dei Giroli,35

Tel. 0365 371377 - Fax 0365 372528www.moliser.it [email protected]

Moliser s.n.c. di Molinari A. & L.Via dei Giroli,35

Tel. 0365 371377 - Fax 0365 372528www.moliser.it [email protected]

Giovanni Bonissoni Tel. 030.978564Fausto Bonissoni Tel. 030.978438

«B&S»IMPRESA EDILE

s.n.c.

Via IV Novembre, 5225030 LOGRATO (Brescia)

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Quali sono gli Allievi che frequentanoil CFP?

I nostri allievi imparano facendo:della pratica alla teoria, dall’esperienzadi laboratorio alla teorizzazione d’aula,dal “lavoro imparato” alla riflessione esistemazione concettuale. Con questostile educativo, proprio dell’Istruzione eFormazione Professionale, è facilitato ilsuccesso scolastico che trova nella per-sonalizzazione dei percorsi e nella cen-tralità della persona gli assi portanti delsistema. Parlare di centralità della per-sona non è una affermazione di princi-pio ma è una modalità operativa se-condo la quale l’allievo assimila meglioquando si confronta con proposte for-mative che fanno leva sulla motiva-zione, sulla curiosità, sulla attitudinealla collaborazione, in un ambiente incui ci si sente un po’ a casa, un po’ pa-droni e un po’ sovrani, senza per questorinunciare ad essere esigenti, soprattuttoverso se stessi.

Il riconoscimento delle intelligenzemultiple da parte della scienza final-mente sdogana “l’intelligenza dellemani” da quel limbo di arretratezza cul-

turale e sociale in cui venivano relegati icentri di formazione professionale qualiscuole di seconda serie. E’ nella vita ditutti i giorni a contatto con i 650 allieviche sperimentiamo con mani, mente ecuore quelle “pedagogie del successo”che puntualizzano in ottica moderna laformazione professionale d’ispirazionecristiana non nell’immediatezza dei ri-sultati, che pur ci sono, quanto per la fe-deltà alla mission dell’Istituto, nella cer-tezza secondo cui non ci sono allievi diserie A e allievi di serie B, ma ci sonosemplicemente persone che possiedonointelligenze diverse. Compito di ogniscuola è dare valore e visibilità a tutti.

È una sorta di rivincita del “saperfare” e soprattutto del “saper fare bene”.In questi anni di crisi, la valorizzazionedell’intelligenza delle mani, sedimen-tata nel patrimonio culturale e del lavorodei nostri territori, è una strada da per-correre.

In un convegno sulla FormazioneProfessionale, il Provveditore degliStudi di Brescia di allora, prof. Giu-seppe Colosio, affermava che gli allieviche scelgono i CFP rappresentano una

sorta di “aristocrazia di èlite” nel mondostudentesco perché hanno un sogno benpreciso: c’è chi vuole fare il meccanicod’auto, chi l’elettricista, chi l’operatorealle macchine utensili, chi l’agricoltore,chi il tipografo, chi il cuoco, e così via.

E i sogni belli vanno valorizzati; at-traverso il sogno la scuola può costruireprofessionalità, conferire dignità, farcrescere maturità spirituali e umane.

Quali sono le prospettive?Il salto di qualità che i Centri di Istru-

zione e Formazione Professionale do-vranno fare riguarda il modello didat-tico dell’impresa formativa, dellascuola-impresa, dove i compiti di realtàsaranno rappresentati dalle commessereali che gli allievi ricevono da clientireali in modo tale da avvicinarli al risul-tato finale, con l’impegno personale del“metterci la faccia” per garantire un pro-dotto o un servizio eccellente.

Il confronto diretto col compito realemette in moto creatività, autostima, spi-rito di squadra, desiderio di arrivare allameta, stimolo del confronto, condivi-sione di obiettivi.

Il Centro Bonsignori sta già speri-mentando con successo significativeesperienze nell’ambito del “Ristorantedidattico” e dell’ “Officina meccanicadidattica”, “ del servizio di gestioneGruppi acquisti solidali “.

È nostro interesse allargare questeesperienze al settore agricolo attraversola produzione di ortaggi e di materialevivaistico , alla progettazione e alla ma-nutenzione del verde pubblico e privatoe anche alle commesse per il settoreelettrico nell’assemblaggio di compo-nenti e nella quadristica.

Trattasi per ora di simulazioni che siconsolideranno sempre più attraverso ladefinizione della necessaria normativadi riferimento che Regione Lombardiaprodurrà.

ALBERTO SCANDOLARADirettore CFP Bonsignori

Remedello è situato alla confluenza delle province di Brescia, Mantova eCremona ed equidistante in linea d’aria dai tre capoluoghi. Ben servito daitrasporti pubblici sia su strada che ferrovia, rappresenta una delocalizza-zione ottimale rispetto ai centri cittadini e serve un territorio secondo ilcriterio della prossimità. Dal punto di vista storico l’evoluzione e lo svi-luppo dei corsi del CFP Bonsignori ha assecondato e promosso l’econo-mia del territorio. Ai primi corsi avviati nel lontano 1957 nel settore dellameccanica metallurgica si sono susseguiti i corsi del settore Amministra-tivo e poi quelli del settore elettrico, agricolo, motoristico e negli ultimianni quelli della ristorazione. L’economia del territorio, rurale e arti-giana, ha trovato e trova un tandem sinergico con centinaia di allievi delCFP che anno dopo anno, hanno popolato con l’intelligenza delle manil’agricoltura, l’artigianato, le piccole industrie e i Servizi alle imprese deinostri territori. Ne sono prova le indagini occupazionali che la RegioneLombardia richiede e commissiona ai CFP riguardo tutti gli allievi inuscita: 60% è il dato medio degli allievi che dopo sei mesi dall’ottenimentodella qualifica professionale sono collocati nel lavoro.

BONSIGNORIREMEDELLO

Legameindissolubile

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È una realtà formativa presente da ol-tre quarant’anni nel territorio lombardoe milanese. Accreditato in RegioneLombardia per attività di servizi al la-voro e servizi di formazione, il Centro diMilano, impegnato per perseguire unamission di eccellenza, promuove e ge-stisce attività di “educazione, assistenzae promozione sociale, con particolare ri-guardo ai giovani e ai lavoratori, cu-rando la loro crescita umana e l’eleva-zione spirituale”.

Il Centro di Formazione Padre Pia-marta sviluppa la propria attività forma-tiva nei settori dell’elettricità ed elettro-nica, della meccanica d’auto e metallur-gia, dei servizi all’impresa e della risto-razione. Si occupa anche di formazioneed inserimento lavorativo nell’areadella disabilità e del disagio giovanile eadulto. Inoltre, partecipa alla rete “for-mapprendisti”. Il Centro è anche struttu-rato per erogare servizi di orientamento,formazione ed inserimento al lavoro ri-volti ad adulti in difficoltà occupazio-nale e attività di aggiornamento per la-voratori. Complessivamente il Centroeroga oltre 25.000 ore di formazioneall’anno.

UN CENTRODI FORMAZIONE ATTUALE

La situazione sociale attuale conse-gna a quanti si occupano di istruzione eformazione un compito particolarmentecomplesso: agire per promuovere il be-nessere delle persone in un campo di ap-plicazione , il lavoro, attualmente parti-colarmente problematico. I soggetti chesi rivolgono al Centro per avere soste-gno e risposte ai bisogni sono uno spac-cato ed un concentrato esemplificativodelle varie situazioni di disagio presentiin tantissime fasce di popolazione.

La continua riflessione, che nelle va-rie forme di organizzazione cooperativi-stica del Centro, ci poniamo è come po-ter rendere operative e efficaci le logi-

che generali ed i valori che sottendonol’azione. I principi che sosteniamo defi-niscono il lavoro, in particolare il pro-cesso di formazione al lavoro, uno stru-mento privilegiato per agire sui bisognidelle persone e per incidere sulle proble-matiche sociali.

Il lavoro sostiene l’autonomia e l’in-dipendenza delle persone, permette lapossibilità di riscatto, di ricostruzionedell’immagine sociale, d’identità e dipartecipazione alla vita sociale. SanGiovanni Battista Piamarta, fondatoredella Congregazione che gestisce e so-stiene il Centro sosteneva l’importanzadell’educazione dei giovani al lavoro,sottolineando “un senso positivo dellafatica umana, una fiducia nella perfetti-bilità dell’uomo attraverso il riconosci-mento e l’esercizio delle sue capacità”.Il Santo, educava al lavoro; e attraversoil lavoro, sottolineava la convinzioneche il lavoro fosse valorizzazione, fontedi sostentamento, realizzazione perso-nale, miglioramento del mondo e santi-ficazione.

Il Centro Padre Piamarta promuoveinterventi orientati all’autonomia eall’indipendenza delle persone attra-verso progetti individuali soddisfacentie realisticamente percorribili. Strutturale proprie azioni attraverso la cura della

relazione educativa e sostiene un’of-ferta che tende all’eccellenza sia meto-dologica che strutturale. L’eccellenza ènella nostra visione uno strumento in-clusivo e di successo e non uno standardselettivo e marginalizzante. Vuole es-sere elemento di qualificazione ed in al-cuni casi di riscatto sociale.

Il Centro imposta la propria organiz-zazione per:- sostenere “eccellenze” formative,come possibilità di prefigurare percorsie condizioni che rendano il Centropunto di attrazione per giovani, leaziende ed i cittadini in genere;- promuovere azioni finalizzate a soste-nere e flessibilizzare il processo di auto-nomia delle nuove generazioni, a indivi-dualizzare le carriere e le traiettorie divita;- interagire con la comunità locale inparticolare per rendere meno difficili ipercorsi familiari;- sviluppare interventi efficaci per laprevenzione di situazioni di disagio oc-cupazionale degli adulti attraverso l’at-tivazione di servizi di aggiornamento edi sostegno alla mobilità professionale;- partecipare ai processi locali di presain carico e di gestione delle fasce di cit-tadini più deboli attraverso l’attività diformazione.

Il Centro di Formazione Padre Piamartasviluppa la propria attività formativa nei settori

dell’elettricità ed elettronica,della meccanica d’auto e metallurgia,

dei servizi all’impresa e della ristorazione.Si occupa anche di formazione ed inserimento lavorativonell’area della disabilità e del disagio giovanile e adulto.

PIAMARTAMILANOGiovani,

ma sempre forti

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A chi ci rivolgiamo?I destinatari prioritari del piano

dell’offerta annuale sono:- adolescenti studenti in diritto e doveredi istruzione e formazione e di IV e Vanno inseriti nel sistema di istruzione eformazione professionale;- giovani studenti diplomati e/o lau-reati;- giovani qualificati e/o diplomati e/olaureati in cerca di prima occupazione;- giovani assunti con contratto di ap-prendistato (da 15 a 29 anni);- adulti disoccupati, con una particolareattenzione alle fasce deboli;- adulti lavoratori in difficoltà occupa-zionale, quali cassaintegrati, mobilità,ammortizzatori sociali in deroga;- adulti lavoratori occupati, dipendenti,dirigenti, collaboratori professionali, la-voratori autonomi, liberi professionisti.

Cosa facciamo?Il Centro Padre Piamarta propone at-

tività formative individuali e di gruppofinalizzate a promuovere l’acquisizionedi competenze e risorse utili a sosteneree rafforzare il progetto di vita. In talsenso gli obiettivi generali sono:- qualificazione delle competenze pro-fessionali per favorire inserimenti lavo-rativi stabili;- promozione di azioni formative a so-stegno dell’inserimento professionale edella prevenzione del rischio di perditaoccupazionale;- qualificazione e rafforzamento dellecapacità individuali delle persone per lagestione equilibrata di progetti di auto-nomia ed indipendenza;- sostegno e mantenimento di reti e le-gami preventivi e protettivi dalle situa-zioni di disagio.

Gli ambiti formativi in cui si articolal’azione sono:

La formazione dei giovani per l’in-gresso nel mondo del lavoro- Diritto Dovere Istruzione e Forma-

zione (DDIF) Corsi triennali per il con-seguimento della Qualifica professio-nale. Quarto anno per il conseguimentodel Diploma tecnico-professionale- Apprendistato- Istruzione e Formazione Tecnica Su-periore, Formazione post – diploma- Specializzazioni e master post univer-sitari- Formazione professionalizzante – se-rale: Percorsi formativi, gestiti nel qua-dro dei riferimenti normativi e proget-tuali definiti dalla Regione Lombardia,e quindi meritevoli del riconoscimentoistituzionale dei titoli rilasciati- Tirocini curricolari ed extracurricolari

La formazione permanente e conti-nua dei lavoratori- Formazione Permanente: iniziativeformative rivolte a utenti che desideranomigliorare ed arricchire la propria cul-tura professionale- Formazione ad hoc: Corsi privati orga-nizzati ad hoc su richiesta di gruppi diutenti con esigenze di formazione parti-colare.

Servizi per le Imprese e per l’auto-imprenditorialità- Formazione abilitante: azioni atte a so-stenere un esame di abilitazione per losvolgimento della professione- Formazione Continua: destinata

all’aggiornamento professionale dei la-voratori

AFGP, inoltre ha sviluppato un’of-ferta di servizi orientati al sostegno indi-viduale finalizzati all’inserimento lavo-rativo o al reinserimento. Attraverso idispositivi nazionali e regionali (DoteUnica Lavoro e Garanzia Giovani), pro-muove servizi di orientamento, bilancioe certificazione delle competenze, atti-vazione di tirocini extracurriculari, ri-cerca attiva del lavoro.

Oltre alle attività di Formazione Pro-fessionale, sono stati avviati moltepliciservizi a carattere socio-educativo chehanno fatto del Centro Padre Piamartaun importante punto di riferimento per ilterritorio della periferia est di Milano. Sitratta del Centro Aggregazione Giova-nile, del Centro Diurno Disabili (CDD),del Servizio Formativo all’Autonomia(SFA), della Comunità Socio Sanitaria(CSS-disabili) e del Centro Socio-Edu-cativo (CSE).

Il Centro offre inoltre servizi indivi-dualizzati di orientamento formativo escolastico per giovani e di orientamentoed accompagnamento per disabili. Di-spone infine di un servizio di inseri-mento lavorativo nell’area del disagiogiovanile e degli adulti.

MARCO GIACOMETTIDirettore CFP Piamarta/Milano

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25010 ISORELLA (BS) - via Remedello, 1tel. 030 9958192 - fax 030 [email protected]

Per una vera culturadella solidarietà

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Il Fossati, in un testo del l972, cosìpresentava, in forma schematica, il Pa-voni e il Piamarta alle prese con il pro-blema sociale: “Il primo, nobile e ricco,canonico, colto; il secondo plebeo, po-vero, semplice sacerdote, intuitivo. Ilprimo con l’Austria che lo premia ma loostacola: il secondo con l’Italia che loignora ma lo lascia libero. Il primo conuna organizzazione artigianale in statodi immobilità: il secondo in stato dina-mico. Il primo con la vocazione alleclassi disorganizzate della gioventù; ilsecondo con la vocazione alle classi pre-valentemente appartenenti a famiglienormali. Il primo dolce, fine, aristocra-tico e volitivo; il secondo autoritario,popolare e impositivo. Tempi diversi,caratteri diversi, bisogni diversi, mezzidiversi”.

Entrambi santi , entrambi educatori ebenefattori, entrambi dediti anima ecorpo alla gioventù più dimenticata, en-trambi fiduciosi nella forza educativadella religione e nella capacità di futurodella formazione professionale, en-trambi preti esemplari che hanno ono-rato la Chiesa bresciana, contribuendo afarne una Chiesa di popolo.

Pavoni muore quando Piamarta hasette anni, lasciando un esempio incan-cellabile e un vuoto tale che quando Pia-marta si metterà sulla stessa sua via eraovvio pensare ad una rinascitadell’opera del Pavoni, tanto più che i

primissimi collaboratori provenivanodalla disciolta Congregazione pavo-niana.

Se le cose poi andranno diversa-mente, resta la continuità dell’ispira-zione, resta la comune passione educa-tiva attraverso la formazione professio-nale, genialmente iniziata dal Pavoni eaggiornata per le nuove necessità dalPiamarta.

Al Superiore generale dei Figli di Ma-ria, che gli aveva inviato un quadro delFondatore, Piamarta scrive: “Mi tornò

oltremodo gradita l’effigie del granservo di Dio, che sempre profonda-mente venero, sospirando con ansiaquel beato giorno in cui la santa Chiesafarà esauditi i comuni fervidi voti” divederlo glorificato”.

La famiglia piamartina si unisce allagioia della famiglia pavoniana per laglorificazione del loro Fondatore e Pa-dre, riconoscente per il buon seme cheha dato frutti in entrambe le famiglie.

Padre PIER GIORDANO CABRA

“Il primo, nobile e riccocanonico, colto;

semplice sacerdote, intuitivo.Il primo con l’Austria

che lo premia ma lo ostacola;il secondo con l’Italia

che lo ignorama lo lascia libero.

I SANTI BRESCIANIDELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE

Lodovico Pavoni e Giovanni Battista Piamarta

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Il Liceo scientifico Bonsignori offrele componenti essenziali di una propo-sta formativa di avanguardia: la qualitàdell’insegnamento, l’eccellenza dellestrutture, l’accompagnamento perso-nale, la proposta di valori che arricchi-scono la vita di motivazioni e di signifi-cato. Le radici dell’esperienza educa-tiva, che risalgono all’agronomo donGiovanni Bonsignori, garantisconoquella circolarità feconda tra teoria epratica, tra lavoro e spiegazione, traipotesi e verifica, che è alla base di ognivero apprendimento, tanto più nellescienze sperimentali. Il clima relazio-nale risale poi alle intuizioni di SanGiovanni Piamarta che, con assolutascarsità di mezzi, seppe convogliareenergie e risorse in un progetto ricco diumanità e di fede.

Poi, accumulati anni su anni e meritiin abbondanza, si presentano le diffi-coltà, comuni a tante realtà, ma qui ac-centuate dalla dislocazione “perife-rica” della proposta scolastica. Ragionper cui, benché sia vero, inconfutabilee importantissimo il suo ruolo di for-mazione culturale completa e apertaalle grandi scelte universitarie, che si èin presenza di una scuola aperta a tutti eche ciò è una garanzia per il territoriovasto e complesso della Bassa, che lascuola propone percorsi didatticid’avanguardia, che aiuta i ragazzi e igiovani a formarsi e a diventare veri eautentici protagonisti nella società, chesfida spesso le regole del bilancio per-ché alla scuola sia permesso di agire te-nendo fede ai presupposti di “ottimascuola” e che per questo raccoglie con-sensi ampi, addirittura insperati, allafine gli spazi si restringono, diminui-

scono gli iscritti, da parte dell’entepubblico non vi sono aperture o, co-munque, azioni complementari tral’una e l’altra realtà magari finalizzatea compiere percorsi comuni, così che ilterritorio, vasto e complesso, si sentavalorizzato piuttosto che obbligato adaccettare la logica dei “poli scolastici”soltanto pubblici.

Oltre cent’anni fa, sfidando le regoledel sapere riservato a pochi, padre Pia-marta e Padre Bonsignori, due grandi ecoraggiosi educatori, con l’idea di aiu-tare i giovani della campagna a co-struire intorno a loro il sapere necessa-rio per affrontare la vita, un sapere incui cultura, conoscenza, scienza e con-fronti con le diverse discipline fosserogaranzia di crescita per tutti, gettaronole basi per il riscatto di tutta la Bassadimenticata. Incominciarono dalla Co-lonia Agricola, un bene ricevuto dallaProvvidenza, e dentro quella realtà col-

locarono scuole, officine, sperimenta-zioni ardite, laboratori di ricerca e distudio.

Quei “due” Padri, incominciandodal terreno da coltivare, coltivarono so-prattutto intelligenze e aiutaronoun’agricoltura “scalcagnata e dimenti-cata” a diventare un fattore economicodi crescita e di sviluppo in grado di as-sicurare dignità e pari opportunità allepersone. Da quel ceppo, è nata e si èsviluppata nel tempo quella che oggi ègiustamente definita la bella realtà del“Bonsignori”. Una realtà fatta di scuolediverse – dell’obbligo, le professionali,le superiori, quelle di indirizzo agri-colo, il liceo scientifico – ma ognunaimpegnata a garantire agli studentitutto ciò che serve per essere protago-nisti del loro futuro.

Tanti e tanti motivi, per ostinarsi acontinuare, nonostante le difficoltà, afare buona scuola.

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a proposito di...

Nonostante le difficoltàil «liceo» non rinuncia

a fare una «buona scuola»

AIUTIAMO IL “BONSIGNORI”

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Lettera aperta ai genitori

IL MIO “BONSI” E’...... una scuoladavvero specialeCarissimi,

desidero condividere con voi l’espe-rienza, mia e della mia famiglia, nelcontesto educativo della “grande” Fa-miglia Piamartina, nella quale ci sen-tiamo coinvolti e con la quale ci piacecondividere il nostro cammino. L’espe-rienza è incominciata qualche anno fa,quando io e mio marito ci siamo interro-gati sulla opportunità, che era scelta divita, di iscrivere il nostro primogenitoAndrea alla scuola secondaria di primogrado (media) scavalcando l’offertaformativa pur disponibile sul territorio.

Quando abbiamo visitato l’Istitutoparitario Bonsignori di Remedello,oggi per noi niente altro che “Bonsi”,non abbiamo avuto dubbi: quella era lascuola adatta a nostro figlio e le espe-rienze già vissute da altre famiglie dinostra conoscenza erano un rafforza-mento dell’idea che ci animava. Tra lediverse cose che abbiamo apprezzato,c’era sicuramente l’ambiente sereno,utile ad assicurare, insieme alla forma-zione scolastica, un contesto di vita co-munitaria che alle cose normali – uso econdivisione del materiale didattico,dotazione di armadietto personalizzatoper ogni allievo – aggiungeva attivitàsportive in palestra e all’esterno, ampispazi verdi sempre fruibili, attività col-laterali come la scuola di musica, am-bienti per lo studio pomeridiano, con osenza assistenza di personale qualifi-cato, mensa interna, disponibilità deidocenti per colloqui individuali e colle-giali senza i disagi delle file e delle at-tese spesso interminabili, certamentecaratteristiche apprezzabili e non cosìdiffuse e consolidate nelle realtà di no-stra conoscenza.

Quello che per noi genitori ha fatto ladifferenza, è stato il contesto educativoin cui i ragazzi erano collocati. Unacondizione resa possibile grazie alla de-dizione dell’equipe formativa (assicu-rata dai padri che prestavano servizionell’Istituto e dal corpo docente e non

docente) ispirata a un’idea di educa-zione che faceva riferimento a valoricondivisi, ovviamente nel pieno ri-spetto del proprio ruolo. Quello che cistava davanti era un “team” operativoproiettato alla crescita personale dei ra-gazzi, attento alle personali compe-tenze, capace di proposte che compren-devano anche la formazione spirituale.

Io e mio marito, ansiosi di assicurareal figlio la scuola migliore, abbiamotrovato la risposta che cercavamo. Il“Bonsi”, infatti, ci assicurava ungruppo di lavoro capace di far funzio-nare le classi, con insegnanti presenti edorario definitivo dal secondo giornodall’inizio dell’anno scolastico, in cuiragazzi e genitori erano protagonisti neiconsigli di Classe e di Istituto. In più il“Bonsi” proponeva serate di svago per iragazzi, occasioni per fare esperienza disano divertimento e anche di utile e ne-cessario impegno sociale, culturale esolidale. Il tutto postato in bella evi-denza sulla rete con la pagina “Fb” (Fa-miglia Bonsignori) fatta apposta per co-municare eventi e attività.

Interessante fu anche scoprire cheper il “Bonsi” il tempo delle vacanzepoteva trasformarsi in occasione di im-pegno e di ulteriore crescita. La finedell’anno scolastico, infatti, chiudevauna porta e ne spalancava subito un’al-tra: esperienza comunitaria da vivere inun breve soggiorno marittimo; possibi-lità di prendersi cura degli ambientidell’Istituto partecipando a piccoli la-vori di manutenzione (tinteggiatura de-gli spazi comuni, delle classi e della pa-lestra) potendo contare sulla presenzadegli educatori.

Sono passati alcuni anni dal nostroingresso in questa preziosa realtà.Guardando al tempo trascorso pos-siamo soltanto essere fieri per la sceltacompiuta. La bontà dei risultati ci haspinto a provvedere per tempo a inse-rire nostra figlia, la secondogenita,nella lista di attesa per l’accesso alla

scuola, cioè al nostro “Bonsi”. Oggisiamo certi che l’Istituto non smetteràdi proporre ai genitori momenti di for-mazione su temi che riguardano i di-versi ambiti della formazione dei ra-gazzi e occasioni di riflessione spiri-tuale o di preghiera comunitaria. In più,sapere che la segreteria è presente ed ef-ficiente, pronta ad accompagnare le fa-miglie nello svolgimento delle diversepratiche amministrative, puntuale nelricordarci e comunicarci scadenze edeventi, ci spinge a guardare alla scuolacon la massima fiducia.

Dentro questa esperienza, tra noi ge-nitori stanno adesso rafforzandosinuove idee rivolte a sostenere concreta-mente e sistematicamente, pur con mo-dalità nuove, quel percorso disegnatotanti anni fa da un certo Padre GiovanniBattista Piamarta, oggi Santo, per of-frire alla gente del suo tempo un mo-dello di educazione umana e professio-nale dei ragazzi supportato da valori so-ciali e umani, arricchito da ideali in sin-tonia col Vangelo.

L’esperienza vissuta mi autorizza arivolgervi, cari amici, un invito: se ap-pena potete, non perdete l’occasione divisitare il “Bonsi” e di proporre la suaidea di scuola ai vostri ragazzi. Se il de-siderio è sincero, non fermatevi difronte alle difficoltà di tipo economico.Non è questo l’aspetto prioritario. LaCongregazione Piamartina, pur tramille difficoltà, è infatti presente epronta a sostenere con entusiasmo e fi-ducia nella Provvidenza ogni sforzo e acondividere ogni difficoltà.

Infine, se come azienda o come pri-vati desiderate sostenere la scuola, nonponete limiti alla vostra generosità.

Un caro saluto e uno speciale auguriodi buon lavoro a tutti.

BARBARA

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Di Luciano Silveri, morto alla fine dimaggio, è stato il “buon samaritano”che alla vista del viandante indifeso e indifficoltà scendeva da cavallo per pren-dersi cura di lui. Se interessa, Lucianoera nato a Salò ottantanove anni fa esempre sulle rive del lago, nell’oratorioche allora era curato dai padri Piamar-tini, aveva imparato a masticare “pietaset labor” e a mischiare giochi (necessariper crescere) e idee (adatte a colorare dibuon futuro il presente) così da renderli“pane commestibile”, cioè buono pertutti, soprattutto per i tanti che ai sognivolevano aggiungere certezze. Lucianocompletò la formazione in città e si offrìal mondo del lavoro esibendo una lau-rea in ingegneria, che allora significavaavere davanti a sé porte spalancate. Luiattraversò quelle porte, ne aprì dinuove, lasciò la sua impronta immagi-nando e concretizzando progetti a dirpoco avveniristici, non si arrese mai,fece tesoro delle esperienze consumate,ripartì ogni volta con coraggio e deter-minazione verso altre mete. Una di que-ste, importante e sconvolgente, gli fecemisurare la città in lungo e in largo alfine di convincerla dei benefici chel’acqua calda servita casa per casa dal“teleriscaldameto” avrebbe garantito.

Con questi presupposti, Luciano po-teva prendere la bisaccia e partire bensapendo che ovunque fosse arrivato sa-rebbe stato ben accolto. Invece, lui re-stò fedele alla sua Brescia e alle buonecose che negli anni aveva seminato:uno studio di progettazione aperto so-prattutto ai giovani disposti a sognare ingrande; disponibilità a collaborare conchiunque avesse in mente di mettersidalla parte dei più deboli; attenzionespecifica a un mondo giovanile gravatoda messaggi altisonanti e raramente

animato con progetti da realizzare in-sieme per il bene della società; una ge-nerosità senza confini; la convinzioneche era possibile cambiare il mondo fa-cendo leva sulle disponibilità dei sin-goli, quelli che lui chiamò “volontari”;l’idea di una missione che pur mante-nendo radici nel tessuto locale am-pliasse i suoi rami fino ai confini delmondo…

Luciano Silveri è stato mite-umile-misericordioso, cristiano vero, raccon-tatore di storie di vita raccolte per stradae fatte tornare in strada sotto forma diparole buone per condire il resto delviaggio. Dopo aver pubblicato “Cam-mini di liberazione” (un libro che nonha mai smesso di essere attuale), Lu-ciano disse che le parole in esso rac-chiuse erano pensate e donate per essere“d’aiuto a qualcuno”. Senza nascon-dere emozioni e lacrime, adesso chel’Amico è andato avanti, è il caso di leg-gerle e rileggerle quelle parole. Però,senza commentare, “per non appan-narle” e renderle incomprensibili.

LUCIANO COSTA

ricordando

LUCIANO SILVERIUN LAICO«CONCILIARE»

Anno 1945, pochi mesi dal terminedella seconda guerra mondiale, noi se-minaristi piamartini eravamo ospiti aBagolino, nella colonia, sequestrata alregime fascista, a margine della stradadella Valle Dorizzo, verso il Gaver.Ogni giorno vedevo passare tre ra-gazzi, della mia età, più o meno, in di-visa di scout. Scendevano di buon mat-tino per la santa Messa e poi risalivanola valle fino all’accampamento. Uno diquesti era Luciano. Lo ammiravo, conun tantino di invidia.

Per molto tempo non ebbi occasionedi parlargli. Poi, nel 1967, lui seppeche i superiori mi avevano designatocome parroco di São Bento nel nord-est del Brasile a sostituire il confra-tello Padre Giacomo Michelin.

Ci siamo trovati nel Natale 1967,quando io prendevo possesso della par-rocchia e padre Giacomo la lasciavaper andare nelle favelas di Sao Paulo.Da allora, Luciano si è legato alla no-stra missione e ne divenne entusiastasostenitore e animatore di tanti progettiche escogitava con la sua prespicace eimprevisibile creatività. Tanto che, inseguito, São Bento divenne prototipo ditanti progetti che lui ha sparso in variealtre regioni. Comprò una villetta inSão Bento e ne fece la sede della suafondazione, poi donata alla ComunitàPiamartina.

La gente, ormai, lo considerava pia-martino, perché lo si vedeva assaispesso in paese presso i religiosi; per-fino chiedevano se fosse mio fratello

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Luciano è statomite-umile-misericordioso,

cristiano vero,raccontatore di storie di vita

raccolte per strada e fatte tornarein strada sotto forma di parole

buone per condireil resto del viaggio.

Quella voltain Brasile

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La città di Brescia deve molto aquesto uomo geniale, a questo tecnicocompetentissimo. Si pensi solo alteleriscaldamento. Le sue beneme-renze sono state illustrate dallastampa locale, che ha riservato ampiospazio alle sue attività, alle importanticariche mai ricercate e onorate, al suoimpegno nel volontariato.

Qui vorrei dire qualche cosa chenon è stato ancora detto.

Il giovane Luciano è stato plasmatocristianamente da un eroico Padrepiamartino, al quale è sempre rimastolegato con affetto filiale. Padre Mi-chelin era responsabile dell’Oratoriodi Salò, che aveva lasciato per seguirei suoi giovani prima sul fronte greco,poi nei campi di concentramento, daiquali era uscito con un polmone inmeno e la salute compromessa. Piùavanti, chiese e ottenne di essere in-viato in Brasile da dove, nel 1967 “or-dina “a Luciano di andare da lui poi-ché ha urgente bisogno di consigli.

È così che nasce l’impegno di Lu-ciano Silveri per le missioni Piamar-tine, da lui sostenute personalmente(cioè di tasca sua) e generosamente, apartire da Sao Bento, dove sperimentòsul campo la complessa realtà dellacollaborazione internazionale. Daquesto tirocinio nacque la fondazioneSIPEC, con le sue numerose iniziativeinternazionali di sostegno e di volon-tariato. Una fondazione nella quale hainvestito tutto il suo patrimonio.

Luciano è morto la vigilia della fe-sta del Corpus Domini: una pura coin-cidenza, per un cristiano di solidapieta eucaristica, preoccupato, ovun-que andasse, di informarsi sull’orariodelle sante Messe? Non credo. Infatti,sono molti coloro che possono testi-moniare come l’appuntamento prin-cipale della sua giornata fosse quellocon l’eucaristia. Un appuntamentonon sbandierato, ma neppure nasco-sto, fedelmente e tenacemente rispet-tato. È quindi giusto dire che Lucianoè stato un cristiano che si è nutrito del

Corpo del Signore, che lo ha servitonei poveri e nei sofferenti, che è mortopovero, avendo messo a loro disposi-zione tutto quello che aveva, i suoi ta-lenti come i suoi beni.

Ma è morto anche “giovane”, no-nostante i suoi 89 anni, perché si èsempre dedicato ai giovani per condi-videre con loro il loro percorso dellavita, perché fosse un cammino di libe-razione dal facile conformismo, permetterli a contatto con il Signore dellavita. Lo faceva in modo elegante, conargomenti tratti dalla sua esperienzadi tecnico, di rigoroso uomo discienza, di conoscitore dell’animogiovanile. All’inizio, quando ancoraviveva la mamma, li accoglieva anchein casa, li seguiva nella vita, organiz-zava incontri, gite in montagna, mo-menti di riflessione, mai pesanti e maiscontati.

La missione di Silveri tra i giovaninon era marginale nei confronti deisuoi numerosi impegni pubblici. Sipuò dire anzi che era prioritaria. Provane è che era più preoccupato quandodoveva tenere una semplice confe-renza ai giovani, di quando dovevatrattare davanti a un pubblico compe-tente argomenti temi complessi di ca-rattere tecnico operativo, spesso inno-vativo.

Fu legato alla nostra Congrega-zione e a molti dei nostri Padri, deiquali aveva grati ricordi. Fu un “pia-martino anonimo”, al quale va la no-stra riconoscenza per l’esempio di unlaico professionalmente stimato, cri-stianamente integerrimo, apostolodella gioventù, amico carissimo diche scrive, compagno di ideali e dicondivisione di momenti di fede, diimpegno, di gioia di vivere, di spe-ranza per il futuro dei giovani. Chi, fragli ex alunni lo ha conosciuto, lo ri-corda come un uomo sorprendentesemplice e alla mano, nonostante ilprestigio che lo circondava, oltre allasua testimonianza di fede non con-venzionale e convincente.

Qualcosache non è statoancora detto

di Padre PIE IORDANO CABRA

per una certa somiglianza fisica. Io neera fiero; a tutti parlavo della sua gene-rosità. Ricordo quella volta che a SãoBento un ragazzino si avvicinò e senzapreamboli chiese: “Luciano, compramiuna bicicletta. Qui non c’è la scuola, iovorrei imparare a leggere e a scrivere.Con la bicicletta andrei alla scuoladei Padri, in São Bento”. Dopo qualcheattimo di riflessione mi disse: “Lo-renzo, ti manderò i soldi, compragliuna bella bicicletta”. Gli risposi cheuna bicicletta non risolveva il problemae che forse era meglio mettere i soldiper finanziare una piccola scuola. Lu-ciano mi batté la mano sulla spalla ac-cettando la mia proposta. La piccolascuola, con i soldi delle biciclette nonregalate, è diventata la bella ScuolaPiamarta nel villaggio “Conceição”.

Ora che Luciano è andata avanti miresta, vivo e importante, il suo ricordo.

Padre BATTISTA FRANZONI

Luciano Silveri(a destra in basso)con Padre Cabra(a sinistra in basso)insieme ai giovaniin alta montagna.

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Il futuro in buone mani,

le tue!

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Gli ex alunni degli Artiginalli di Brescia e del Bonsignoridi Remedello, che appartengono al medesimo buon cepposcolpito da San Piamarta (e dal suo amico e compagnod’avventura padre Bonsignori), si sono ritrovati in duedomeniche differenti per l’annuale festa: i primi a Brescia,i secondi a Remedello. Ma i trenta chilometri di distanzatra la città e il paese non hanno cambiato la sostanza delloro ritrovarsi insieme: accoglienza, sorrisi, abbracci, ilpiacere di rivedersi, il tempo per rinsaldare le fila e offrireil panorama delle cose fatte insieme e di quelle (tante,tantissime) che si potrebbero fare e che invece restanonell’agenda in attesa di tempi migliori… Poi, la solenne,intima e partecipata celebrazione della Santa Messa, leparole del celebrante dedicate al Vangelo ma anche alsenso della festa che accumuna e spinge a fare memoriadel passato con lo scopo di rinnovare impegni e, sepossibile, assumerne di nuovi, la benedizione per ipresenti e per gli assenti, il finale “andate in pace”, chesignifica “siate cristiani autentici”, ma anche invito apartecipare al pranzo comune, adatto a suggellare erinnovare amicizie e voglia di ritrovarsi ancora, “magari –hanno detto i due presidenti – non fra un anno, ma neiprossimi mesi, così, per riannodare le fila di un discorso evedere insieme che cosa è possibile fare per aumentare ilnumero di ex alunni disposti a condividere il piacere disentirsi associazione”.Padre Giancarlo Caprini, nuovo Superiore Generale dei“Piamartini”, agli amici di Brescia e Remedello ha scrittoe mandato a dire che “la Congregazione ha bisogno disentire vicino, partecipi del suo destino, tutti coloro chesono stati aiutati a essere protagonisti della società”.È probabilmente in questa “necessità di sentire vicino gliex alunni” che è possibile cogliere la speranza nuovadell’intera Congregazione. “Vorremmo essere – haspiegato padre Giancarlo – quella casa comune in cui noie voi progettiamo e costruiamo un futuro degno d’esserevissuto e partecipato”. La strada è aperta. Ora si tratta dipercorrerla.

ARTIGIANELLI - BONSIGNORIEx alunni pieni di energia nuova

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Quel mattino,attorno all’idea

di “integrazione”, i ragazzi delleelementari mettevano in piazza

la loro voglia di viveree il loro modo di intendere

un camminare insieme,senza distinzioni.

Poi, quella sera in cui “Piamarta”è salito sul palcoscenico

con parole, canti e musica.

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ISTITUTO SANTA MARIA DI NAZARETHQUANDO I RAGAZZI

INSEGNANO AI GRANDICOME FARE INTEGRAZIONE

E CAPIRE “PIAMARTA”Non succede spesso, solo qualche

volta. È capitato all’inizio di maggio,quando già incominciava a soffiare ilvento delle vacanze, di vedere la scuola– Santa Maria di Nazareth, una dellenostre scuole –, improvvisamente maprovvidamente, sentirsi orgogliosa diessere un luogo di incontro e di con-fronto fra generazioni, culture, razze,fedi diverse. Quel mattino, attornoall’idea di “integrazione”, cioè di unascuola paritaria non per caso, i ragazzidelle elementari mettevano in piazza laloro voglia di vivere e il loro modo diintendere quel camminare insieme,senza distinzioni, che sta alla base dellapacifica convivenza. Quei ragazzi ave-vano approfondito l’argomento leg-gendo le pagine che raccontavanol’odissea di Nasser, un egiziano fuggitodal suo Paese per cercare altrove la feli-cità e la libertà che gli era negata,pronto a sacrifici enormi e spesso indi-

cibili pur di conquistare una fetta diterra in cui porre radici e ricominciarel’umana avventura. Nasser, oraMimmo per tutti, lasciò l’Egitto per ap-prodare in Albania, prima tappa versola nuova avventura. Fin lì tutto andòcome previsto. Subito dopo, però, ma-laffare e avidità, preso il sopravvento,lo spogliarono di ogni avere e anchedegli elementari documenti, lo carica-rono su un barcone e lo indirizzaronocome merce di scarto vero le coste ita-liane. Mimmo arrivò, vinse la sua bat-taglia contro malaffare e burocrazia, sipiegò a ogni lavoro, anche il più umile,sconvolse il suo modo di vivere fino afarlo diventare pertinente con il Paeseche lo ospitava. Mimmo ce l’ha fatta, èdiventato pizzaiolo, titolare, amico dialtri in cerca di fortuna.

I ragazzi l’hanno applaudito e volen-tieri hanno ragionato con lui e, soprat-tutto, niente meno che col sindaco della

loro città, Emilio Del Bono, che avevaaccettato di passare due ore al SantaMaria di Nazareth per discutere di inte-grazione possibile, di cittadini che in-contrano altri cittadini, di ragazzi cheabbracciano altri ragazzi, non importase di colore o fede diversi. “Grandeesperienza – ha confidato il Sindacoagli amici -, davvero questi ragazzi in-segnano come una città non è di qual-cuno ma di tutti coloro che la abitano ela rispettano”. “Mimmo” Nasser e Lu-ciano Zanardini, il giornalista che haraccolto la sua bella storia, con padreEnzo Turriceni e padre Domenico Fi-danza, i responsabili della scuolahanno collocato la mattinata “tra quelleda ricordare a lungo, da mettere in cor-nice perché tutti possano vedere comesi fa”.

Come se non bastasse, qualche dopo,sempre dalla medesima “nostra”scuola, un’altra piacevolissima sor-

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Un buonesempio

di scuola vivaUn papà dubbioso e una mamma sospet-

tosa, visto ciò che i loro ragazzi erano riu-sciti a fare in fatto di “integrazione” e di“spettacolo”, mi hanno chiesto come erapotuto accadere che “tra quattro mura” na-scessero e si sviluppassero idee così impor-tanti e interessanti. Ho risposto che “unabuona scuola nasce dal cuore: il mio equello di chiunque, che a titolo diverso, par-tecipa alla bella avventura”. Allora ho ri-percorso le fatiche consumate per trovare,come si dice, “il bandolo della matassa”,per coniugare possibilità e realtà delle forzein campo, per passare dalla progettualità alfare e, soprattutto, al fare bene. Ho conclusodicendo, innanzitutto a me stesso, che seb-bene notevole il tanto realizzato era solouna piccola parte del tanto che si potrebbefare, se come e quando tutte le componentidella scuola – educatori, docenti, alunni estudenti, genitori e famiglie e la stessa fami-glia piamartina – saranno pronte a cammi-nare insieme, non occasionalmente, magiorno dopo giorno, ogni giorno.

Se avessi spazio vi racconterei la felicitàprovata. Non avendolo, mi limito a dire chespero, per il bene della scuola, di avere sem-pre maggiori aiuti e valide collaborazioni.Nel frattempo, chi ha orecchie per inten-dere, per favore, intenda.

Padre DOMENICO FIDANZACoordinatore Attività Educative

presa. Le classi quinte, dopo mesi diprove, riprove, ripensamenti, aggiusta-menti e corse alla ricerca di coesione evoglia di stupire, hanno proposto a ge-nitori, nonni, parenti e amici una “sun-tuosa” serata riempita da canti, musichee parole dedicate alla figura e alle operedi san Giovanni Battista Piamarta, fon-datore della Congregazione che ha lostesso nome della scuola: Santa Mariadi Nazareth. Un successo, un modo perrichiamare l’attenzione sull’essere e ildivenire della scuola, l’occasione perrendersi conto del valore delle inse-gnanti e dello staff dirigenziale dellascuola, il principio di un racconto chedeve continuare.

L.C.

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l’ultimadi Padre PIER GIORDANO CABRA

Il soleUna storia strana la mia. La direi per-sino buffa, non dissimile dalla vostra,fatta di alti e bassi, di illusioni e di delu-sioni, di sogni e di duri e necessari ri-chiami alla realtà.

Il periodo iniziale è stato semplice-mente mitico. I primi essere umani, almio sorgere, si inchinavano e, avvintidalla mia maestà e utilità, mi attribui-vano onori divini. Alcuni mi adoravanocome dio, un dio tutto sommato bene-volo e mi ringraziavano per la puntua-lità con la quale svolgevo il mio lavoroe mi offrivano sacrifici perché non mistancassi.

Ma poi venne la Bibbia a demitiz-zarmi, riducendomi al rango di sem-plice luminare del giorno. Fu un belcolpetto, ma fui gratificato dall’essereconsiderato pur sempre la stella piùgrande di ogni altra posta nel cielo.

Poi decisero di rivalutarmi, facen-domi smettere di girare attorno allaterra, che invece cominciò a girare at-torno a me, come un satellite, assiemead altri satelliti che formavano la miacorte di re sole. Parlavano di eliocentri-smo.

Sei solo idrogeno che si trasforma inelio. Tutto qui. Ma mi sei prezioso per-ché sorgi sui buoni e sui cattivi, dive-nendo “significazione” di me, dandoun’idea del mio splendore e della miaProvvidenza che tutti e tutto illumina.Non fare come i miei figli che si esal-tano quando vengono riconosciuti e sideprimono quando si sentono sottova-lutati, come se tutto dipendesse da loro.La tua grandezza sta nel servire, nonnell’essere riverito. La tua gloria stanel fatto che a causa tua sia glorificatoil tuo Creatore. La tua grandezza au-menta, quando induci a pensare allamia grandezza”.

Poi si fermò pensoso e disse: “Tu haitanta energia da risolvere tutti i pro-blemi energetici dei miei figli, i qualistanno trovando come non disperderetanta forza. Ma sanno già come utiliz-zare il tuo idrogeno per distrug-gersi…”. Tu però procedi e riscalda icuori, perché non cada il gelo dellasventura sulla terra desolata”!

Laudato sì, Signore mio, perché mihai fatto bello e radiante con grandesplendore!

Tuttavia non mi lasciarono godereper molto tempo la mia centralità, datoche ben presto mi declassarono, stabi-lendo che il mio regno era una piccolacosa nell’insieme dell’universo, dovec’erano ben altre stelle più consistenti,con cortigiani ben più numerosi e paf-futi, e per di più che era situato in unsettore marginale della mappa co-smica.

Confesso che non avrei immaginatod’essere trattato così dopo tanti anni(solari) di onorato servizio. E comin-ciai a deprimermi.

In un giorno di eclisse, l’Altissimo,che comprende al volo queste cose, miconsolò:

“Di che ti lamenti? Hai ancora cin-que miliardi di anni davanti a te e puoisvolgere ancora a lungo il tuo compitodi rendere possibile la vita dei miei figlisulla terra. Tu sei povero di contenuti.

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