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Vela La Vela 1 Anno XI ~ Numero 3 In questi giorni primaverili è rasserenante trovare il tempo per qualche passeggiata: la natura ci parla di vita e speranza con il linguaggio della bellezza. Sui nostri argini sfilano numero- se le persone che passeggiano e sui vicini Colli molti scarpinano. Tutta la Scrittura è solcata da persone in cam- mino e Gesù stesso fu instancabile camminatore. In questo maggio ci è chiesto di riscoprire Maria come donna in cammino: da Nazareth a Betlemme con Giuseppe; verso la casa della cugina Elisabetta; sui passi del figlio Gesù, Messia itinerante, che rifuggiva da ogni sedenta- rietà piccolo-borghese. Il suo cammino la portò sotto la croce, lacerata da una sofferenza indi- cibile; poi i suoi passi seguirono gli apostoli in attesa dello Spirito nel Cenacolo, in letizia. A fine mese avremo due occasioni di essere popolo credente in cammino. Certo non ogni cammino ha lo stesso peso e valore. Il nostro sarà pellegri- naggio, ossia esperienza fraterna di cammino per ricordare che tutta la vita di un credente è andare incontro al Signore, mentre Lui stesso, come ad Emmaus, è accanto a noi! ✧✧✧✧ ✧✧✧✧ ✧✧✧✧ ✧✧✧✧ ✧✧✧✧ ✧✧ 31 MAGGIO: CONCLUSIONE DEL MESE DI MAGGIO Con le parrocchie del comune all’oratorio della Madonna della Salute (lungo via Euganea): partenza a piedi, in processione, alle ore 20.30 dalla nostra chiesa. oppure Alle 21 dalla fine di via Veronese, pres- so il capitello della Madonna di Fatima. L’editoriale di don Raffaele IN CAMMINO CON MARIA La SOMMARIO Editoriale In cammino con Maria Don Raffaele 1 Fede e cultura In quel tempo... Antonio Fiidoro 2-3 Vita di comunità Il vento soffia ancora Don Luigi Turato 4 I confini Paolo Campogalliani 4 Lettera aperta di un uomo ombra a Gesù 5 Un viaggio particolare Gruppo Adozioni a distanza 6 Le nostre tradizioni Durante la guerra Nonno Nene 7 Consiglio Pastorale Giancarlo Moro 8 Accompagnati dalla dolcezza della Madonna.

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VelaParrocchia di San bartolomeo ~ tencarola Mensile di inforMazione, dialogo, proposta ed educazione perManente

La Vela 1 Anno XI ~ Numero 3

MAGGIO 2012

In questi giorni primaverili è rasserenantetrovare il tempo per qualche passeggiata: lanatura ci parla di vita e speranza con il linguaggio della bellezza. Sui nostri argini sfilano numero-se le persone che passeggiano e sui vicini Collimolti scarpinano.Tutta la Scrittura è solcata da persone in cam-mino e Gesù stesso fu instancabile camminatore.In questo maggio ci è chiesto di riscoprireMaria come donna in cammino: da Nazareth a Betlemme con Giuseppe; verso la casa dellacugina Elisabetta; sui passi del figlio Gesù,Messia itinerante, che rifuggiva da ogni sedenta-rietà piccolo-borghese. Il suo cammino la portò sotto la croce, lacerata da una sofferenza indi-cibile; poi i suoi passi seguirono gli apostoli in attesa dello Spirito nel Cenacolo, in letizia.A fine mese avremo due occasioni di essere popolo credente in cammino. Certo non ogni cammino ha lo stesso peso e valore. Il nostro sarà pellegri-naggio, ossia esperienza fraterna di cammino per ricordare che tutta la vita di un credente è andare incontro al Signore, mentre Lui stesso, come ad Emmaus, è accanto a noi!

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31 MAGGIO: CONCLUSIONE DEL MESE DI MAGGIO

Con le parrocchie del comuneall’oratorio della Madonna della Salute (lungo via Euganea): partenza a piedi, in processione, alle ore 20.30 dalla nostra chiesa.

oppure Alle 21 dalla fine di via Veronese, pres-so il capitello della Madonna di Fatima.

L’editoriale di don Raffaele

IN CAMMINO CON MARIA

La

sommarioEditorialeIn cammino con Maria Don Raffaele 1

Fede e culturaIn quel tempo... Antonio Fiidoro 2-3

Vita di comunitàIl vento soffia ancora Don Luigi Turato 4

I confini Paolo Campogalliani 4

Lettera aperta di un uomo ombra a Gesù 5

Un viaggio particolare Gruppo Adozioni a distanza 6

Le nostre tradizioniDurante la guerra Nonno Nene 7

Consiglio Pastorale Giancarlo Moro 8

accompagnati dalladolcezza della madonna.

La Vela2Anno XI ~ Numero 3

In quel tempo...Antonio Filidoro

Gesù, l’uomo di Nazaret, maturato il tempo, senza alcuna cultura si mette ad insegnare con pienezza d’autori-

tà, in nome del Padre che è venuto a rive-lare. Ebbene, una prima nota caratteristica del messaggio relativo alla rivelazione è nel modo della sua conoscenza: è una rivelazio-ne, cioè una conoscenza a noi inizialmente partecipata, che gradualmente si chiarisce sempre di più fino alla sua completa defini-zione. Si tratta, in effetti, di un metodo della Divina Pedagogia che fa sì che la Rivelazio-ne si realizzi con parole ed eventi connes-si tra di loro, chiarendosi a vicenda. In altri termini Dio, tramite Cristo si rivela a noi a tappe, preparandoci a comprendere la mis-sione del Verbo Incarnato. Questa Pedagogia Divina, quindi, comporta che il Vangelo di Gesù, cioè il Nuovo Testamento, vada let-to alla luce dell’Antico Testamento, dove ci sono significativi punti di contatto con quel-la che poi sarà tutta la cristologia del nuovo testamento. Illuminante, a riguardo, risulta questo brano del Vangelo di Matteo, in cui Gesù dice : “ Io ti glorifico, Padre,Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì Padre, perché così piacque al tuo cospetto. Ogni cosa mi è stata rivelata dal Padre mio. E nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Fi-glio voglia rivelarlo“. (11,25-30). In questo brano, infatti, Gesù ci comunica la rivelazio-ne del Padre che è quel Dio che si è ma-nifestato a poco a poco da Abramo fino alla letteratura sapienziale, passando per Mosè e i profeti, è il Dio di Isacco e di Giacobbe, è il Dio dell’Ebraismo, della più antica re-ligione monoteista, il cui nucleo dottrinario centrale è costituito dalla legge sinaica le cui tavole sono state consegnate da Yaheh ( Dio) a Mosè. Peraltro, nel suddetto brano del

Vangelo di Matteo, le reciproche rivelazio-ni, quella del Padre tramite il Figlio e quella del Figlio tramite il Padre, evidenziano due conoscenze che si sommano in una sola facendoci penetrare nel mistero dell’Unige-nito, dove con l’aiuto dello Spirito Santo la nostra fede ci incammina con Cristo sull’iti-nerario della redenzione, che è cammino di santità. Gesù, glorificandolo, rivela il Padre, Signore del cielo e della terra e per quanto riguarda se stesso, Gesù con fine tatto pe-dagogico, si rivela rivelando gradualmente agli apostoli il mistero del Regno di Dio e il mistero della sua Persona di figlio. Infat-ti gli apostoli, attraverso la predicazione e i miracoli di Gesù, man mano si sono resi conto che il loro amato Maestro trascendeva le condizioni di un semplice uomo e quando Gesù chiese loro: “ chi dicono che Io sia ? – e voi chi dite ? “ suscitò la conferma della sua divinità da parte di Pietro che disse: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio Vivente. Pertan-to, il fare e l’agire di Gesù specifica un filo conduttore che va dall’antico testamento alla cristologia del nuovo testamento, cioè lungo quel filo si snoda un movimento progressivo che va dal creazionismo, espresso nella Ge-nesi, a Mosè e a Gesù, il Cristo, l’unto del Signore, il Messia atteso da Israele, che do-veva parlare faccia a faccia con Dio. Gesù è il Mosè più grande che estende l’alleanza da Israele a tutti i popoli della terra, generan-do quel grande movimento religioso che è il Cristianesimo, di cui la nostra Chiesa catto-lica è parte preminente, portatrice di un so-gno universale delineato dalle Scritture e dal Vangelo: quello delle Profezie che le spade diverranno vomeri e che il leone pascolerà con l’agnello, quello della Gerusalemme ce-leste che scende dal cielo e si fa nel mondo

Venite a me, voi tutti che siete affaticati e gravati e io vi ristorerò (Mt.11,25-30)

Fede e cultura

3La Vela Anno XI ~ Numero 3

città della fratellanza universale. Ma, tornan-do al brano del vangelo di Matteo, oltre alle due rivelazioni del Padre e del Figlio, c’è una terza rivelazione fatta ai piccoli e negata ai sa-pienti e agli intellettuali, maestri, professio-nisti della cultura sapienziale che l’Ebraismo esaltava come tutori della legge mosaica. La rivelazione va invece ai piccoli, ai bambini, ai deboli, agli indifesi, categorie umane che nel greco classico sono indicate col vocabo-lo “ nepioi .“ In seguito, dall’interpretazio-ne semantica di questa parola si è sviluppato un percorso esegetico che attraverso i secoli ci ha portato fino al 1947, quando per scavi eseguiti a Qumran in Giordania ( Asia mino-re), vennero alla luce alcuni testi, apprezza-bilmente decorosi nello stile, che presentano molteplici punti di contatto con i contenuti del messaggio cristiano. I testi ritrovati sono opera di una comunità religiosa, una convi-venza di famiglie che vivevano nel deserto della Giudea la loro fede nella legge mosaica e non è da escludere che Giovanni il Battista e forse pure Gesù e la sua famiglia facessero parte di tale comunità. Pertanto, secondo gli scritti di Qumran, il “ nepios “ è il pio che chiede protezione a Dio che dona sapienza ai semplici e concede loro la luce della rivela-zione divina. Ebbene, proprio a loro Gesù ri-vela il cuore del suo messaggio: la corrispon-denza perfetta tra il Padre e il Figlio. Questo annuncio dà al popolo d’Israele la certez-za che il suo Dio è il Dio per eccellenza, e che - Io sono colui che sono- detto a Mosè sul Sinai, non vuol dire altro che – Io sono colui che è, cioè il Signore del cielo e della terra, l’Ente supremo che è Unità e Unicità, come il primo comandamento esprime – “ Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio fuori di me. Così, quando Gesù nel sinedrio dice – Io sono- non esprime altro che la sua unicità. Cioè in Lui è presente in persona il mistero dell’unico Dio. “ Io e il Padre siamo una cosa sola“. Il brano di Matteo termina col chiamare tutti “ affaticati e gravati” al divino ristoro. “ Prendete il mio giogo…. È soave e leggero.” Appunto, ma questo non è facile, perché viviamo in un mondo pieno di

insidie; il giogo cristiano soave e leggero può anche essere imponderabile, ma bisogna “ volerlo“, e questo può avvenire solo facen-do buon uso della nostra libertà, per attuare veramente, al di là di ogni contesto storico, il nostro “esodo“ e uscire fuori dalle nostre incertezze, dalle nostre aporie intellettualoi-di, dalle nostre impennate di orgoglio sfre-nato. Gesù ha detto: “ il mio cibo è fare la volontà del Padre“ e con la sua vita, la sua passione e la sua morte ci ha indicato la stra-da per il nostro esodo, seguiamola, viviamo il suo messaggio d’amore, in fondo al tunnell c’è Lui, l’Unigenito, il Risorto, che ci dice ancora “ imparate da me… Io sono mite e umile di cuore“. Percorriamo la sua strada, è lastricata di paradossi, per cui – chi si in-nalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà in-nalzato- sono i paradossi delle beatitudini da cui emerge il primato degli umili. Con Cristo siamo tutti –tapeinos- siamo tutti umili, mi-seri, poveri di spirito perché Egli, con asso-luto amore e con assoluta umiltà ha scontato sulla croce tutte le nostre colpe per iniziare la nostra nuova generazione dell’umanità re-denta. Ecco l’ultima tappa della rivelazione, non è l’uomo che si umilia, è Cristo che si umilia per noi, indicandoci , umile modello, la strada che ci conduce alla casa del Padre.

Pellegrinaggio Vicarialedi Pentecoste

Venerdì 25 maggio, come vicariato, vivremo un momento di pellegrinaggio, in prossimità della solennità di PENTECOSTE.Appuntamento alle ore 21 presso casaMaria Cristina Cella Mocellin, a Saccolongo, in prossimità della casa dei Frati Minori.Di lì, piccolo pellegrinaggio alla parrocchiale.

Fede e cultura

Per i vostri contributi al giornale: [email protected] vi preghiamo di inviarci entro il 20 di ogni mese. Grazie.

4 La VelaAnno XI ~ Numero 3

In tempi recenti è riemerso prepotente il problema dell’identità, del resto mai scomparso nei secoli. Iden-tità di una futura unione politica europea da costruire,

identità culturale di noi ospitanti di fronte all’immigrazione di persone di altra cultura, identità locali del Nord e del Sud, identità delle minoranze, come degli zingari, degli indio ecc.E’ bene non dimenticare che anche la scienza ha vissuto in modo acuto, attraverso le riflessioni di grandi scienziati e filo-sofi, il problema di come confinare il suo territorio per defini-re rigorosamente la propria identità. Così che fosse assoluta-mente chiaro se un’affermazione era da considerare scientifica oppure no, e scongiurare infiltrazioni estranee al procedere scientifico. Poco meno di un secolo fa, questo divenne un’esi-genza impellente per bandire definitivamente contaminazioni filosofiche e metafisiche che da secoli l’avevano condizionata compromettendone autonomia e purezza. Così si pensavaCome è noto, una volta fissati dei confini rigorosi e precisi, ci si è resi conto che la scienza, quella reale fatta nella storia, da Galileo, da Newton, da Darwin ecc., non risultava rispettare questi confini. La scienza non si riusciva proprio a compri-merla dentro una cittadella murata; in quanto realtà viva, non sopporta delimitazioni così rigide.Si è compreso allora che circoscrivere una realtà per identifi-carla, se questa è una realtà viva, che si trasforma e cresce nel tempo, richiede confini diversi. Confini più flessibili, che non mirano solo a racchiudere l’interno, ma anche a tenere aperti canali con l’esterno.Quindi le scienze della vita hanno evidenziato sempre più come individui di diversa natura sono correlati tra loro e con l’ambiente, e come il confine di un singolo vivente, la cortec-cia di un albero, l’epidermide di un uomo, sia un qualcosa che ad un tempo individua e mette in relazione.I confini, si è così compreso, è come avessero due facce con due diversi compiti: una interna per dare identità e autonomia a una certa realtà, una esterna per garantirne la vita tramite la comunicazione con ciò che sta fuori, gli altri e l’ambiente. Il dentro e il fuori non si contrappongono ma si correlano, si richiamano, sono legati l’uno all’altro nell’esistenza dell’in-sieme, in uno scambio di cui non si può fare una contabilità miope. E questo vale per le nostre tante identità. Usare la trasparenza di questi confini unicamente protesi al vantaggio di ciò che sta dentro, non rispetta questa correla-zione generale, danneggia e inquina il mondo intorno a se, sia esso l’ambiente naturale o quello socioculturale.Tanto individualismo oggi dilagante nelle nostre relazioni quotidiane, non è sintomo così solamente di una preoccupan-te povertà etica, ma anche di un grave deficit di razionalità.

Don Luigi Turato

Vita di comunità

Il ventosoffia ancora

Carissimi bambini, ragazzi, giovani, famiglie, anziani e parrocchiani tutti di Tencarola,Sono molto felice di poter assistere al vento che sof-

fia ancora su questa vela e che da un decennio la spinge nel-le vostre case e nelle vie della parrocchia, come una brezza che mantiene l’unità nelle sue varie forme e carismi. Il vento somiglia proprio a quello Spirito che, con la sua forza e la sua presenza misteriosa, ci accompagna nel tempo di Pasqua. Abbiamo bisogno qualche volta di fermarci a far memoria del passato, per tessere i pezzi della storia che ci è stata affidata e così rinsaldare i fili della vela. Ricordo con simpatia e affetto i tanti momenti vissuti assieme che per me coincidevano con i primi anni della vita da prete. Ricordo soprattutto l’entu-siasmo con cui lo Spirito (ora mi viene da leggerlo così) ha animato gli incontri, le liturgie, le esperienze. Nessuno se ne dia a male se evoco un episodio in particolare. Eravamo in cammino da Gubbio ad Assisi con un gruppetto di giovani, quando ci trovammo sotto la Basilica del santo Francesco e la meraviglia era ben visibile ai nostri occhi per aver raggiunto una meta così attesa (tant’è vero che qualcuno baciò anche terra): il santo aveva già operato in noi il suo miracolo apren-do il nostro cuore a quanti stavamo per incontrare nella cit-tadella. L’entusiasmo ci stava trasformando in persone capaci di accogliere l’annuncio preparato per noi.È proprio vero: lo Spirito continua ad animare e a suscitare il nuovo, la sosta che ci prendiamo a guardare il passato, ci serve per riconoscerlo presente nei fili che tengono unita la vela e la rendono ancor più sicura ed esperta per affrontare il nuovo che avanza.

I ConfiniPaolo Campogalliani

Buon Vento

La Vela Anno XI ~ Numero 35

Credo che la pena dovrebbe essere amore e non pena (Un uomo Ombra).

Gesù, sono ancora io, il Senza Dio, quello dell’altra volta, scusa se ti rompo le palle anche per la Pasqua di quest’anno, ma non so con chi parlare.E a volte bisogna provare a fare qualcosa, qualsiasi cosa, anche quello di parlare con un Dio che non credi che esista.

Gesù, con la pena dell’ergastolo ostativo questa socie-tà dimostra di essere peggiore del criminale che con-danna e sotto un certo punto di vista lo giustifica del male che ha fatto, perché come si può pretendere di migliorare una persona che sa che non uscirà più dal carcere?

Gesù, a forza di dire che gli ergastolani ostativi sono uomini ombra, oggi per tutto il giorno mi sono sentito un’ombra in una cella ed ho pensato che l’infelicità è l’unica cosa che mi è rimasta.

Gesù, devi sapere che il nostro è il mondo più triste e noioso dell’universo perché questa non è vita vera, ci assomiglia, ma non lo è, perché vivi senza esiste-re e pensi che tutto quello che un uomo ombra fa non sia reale.

Gesù, lo sai anche tu, il bene e il male convivono nell’uomo, sta alla società tirare fuori uno o l’al-tro, per questo molti criminali si sentono più buoni delle persone perbene.

Gesù, diventare “buoni” è bello, ma fa male, e non ti nascondo che ero più felice quando ero “catti-vo”.

Gesù, non è giusto farci soprav-vivere senza ammazzarci, non è questa la maniera di fare giustizia e, se i buoni sono così cattivi che preferiscono tenerci in vita murati vivi, pensaci tu a farci morire.

Gesù, se ho sbagliato perché mi hanno messo in car-cere in un posto dove gli altri sbagliano più di me?Gesù, sorrido spesso all’Assassino dei Sogni, il carcere come lo chiamo io, per farlo arrabbiare, ma soprattut-to per nascondere le mie lacrime e per convincerlo a lasciare un po’ di sogni al mio cuore.

Gesù, qui all’inferno le giornate passano veloci, ma le notti non trascorrono mai e adesso ti lascio perché tu devi resuscitare mentre io sono condannato a conti-nuare a morire rimanendo vivo.

Gesù, il mio cuore ti abbraccia, anche se non te lo meriti per avere creato degli uomini così “buoni” che ci uccidono senza avere la compassione di ammaz-zarci.

Gesù, ci sentiamo la prossima Pasqua, io non so dove tu sarai fra un anno, spero che non sarai più in croce, ma io invece ti assicuro che sarò dove sono adesso.Sarò sempre qui, in questa cella, per il resto dei miei giorni, la cella numero 154.

Carmelo MusumeciCarcere di Spoleto, aprile 2012

Vita di comunità

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera che giunge da un carcere e porta tutta la drammati-cità della vita reclusa e confinata. Spesso in questi tempi è stata posta all’attenzione pubblica la gravissima situazione delle carceri: se non tutto possiamo condividere di questo scritto, esso apre uno squarcio sulle sofferenze di numerose persone.

La Vela6Anno XI ~ Numero 3

Vita di comunità

Un viaggio particolareGruppo Adozioni a distanza

Ogni anno il CIAI organizza un “viaggio della co-noscenza” per far sì che si possa andare a vedere la situazione di bambini e/o progetti sostenuti anche con il nostro contributo. Dell’ultimo di questi, che si è svolto in Etiopia, vi riportiamo le sensazioni di Ma-riacristina nel suo...

Viaggio dei sensi

In etiopia i nostri sensi sono stati accesi, satura-ti, provocati, soddisfatti. I sapori di questa terra africana, che hanno sollecitato, e a volte violen-

temente cimentato le nostre papille gustative, assuefat-te a sfumature acquerello, si depositeranno, insieme agli odori che un po’ ci hanno seguito, impregnando i nostri vestiti e i nostri bagagli, nella profondità di qual-che anfratto della nostra mente, pronti a riemergere non appena evocati dalla somiglianza di un qualche nuovo incontro, chissà dove, chissà quando, comun-que incontro. Le migliaia di fotogrammi scattati, infi-nitesimali frammenti di un mondo diverso, che con la sua diversità provoca turbamento e risveglia domanda, forse più su noi stessi che su di esso, ci aiuteranno ad ancorare i ricordi, aggregando, con la magia di un ma-gnete, i sapori, gli odori, i suoni, i contatti vissuti, e che vogliamo fortemente trattenere. Ma nessun click fotografico riuscirà a restituire la delicatezza di centina-ia di manine, sventolate prima in una sete traboccante di saluti, poi protese a stringere (mai troppo forte, alla maniera africana ) le nostre, alla ricerca di un contatto nuovo e di un dialogo primordiale, seppur breve. Nè restituirà la ruvidezza delle mani adulte, in quei brevi scambi di reverenza che il nostro passaggio frettoloso e afasico concedeva. Non parlerà del piacere di conosce-re ed usare un nuovo saluto “spalla contro spalla”, che i giovani agiscono alla maniera scanzonata dell’Hip Hop, mentre gli anziani ripropongono con la saggezza lenta dell’abbraccio. Così come non racconterà dell’amore trasmesso da una carezza, o una parola sfiorata, nel ti-more di ferire e nella voglia di dividere un sentimento difficile, di una storia incontrata e per poco toccata. I suoni, poi, sono più volatili e sembrano fuggire via più leggeri, più difficili da ancorare. Scriverne aiuta a riac-chiapparli e a trattenerli al filo sottile e teso delle corde della memoria. Uno fra tanti fa ancora vibrare le viscere nostre, mentre dalle viscere della terra sembrava prove-

nire e in superficie risalire, insieme a quell’acqua, fon-te di vita, così preziosa e rara. Un ritmo cadenzato, un mantra ipnotico e potente che ripartiva la forza e misu-rava la tenacia: i “pozzi cantanti”, un parto dell’acqua. Ma più dei suoni, forse, possono i silenzi, che a volte si impongono e talora turbano, a volte si fanno strada a fatica tra i rumori sovrastanti e prepotenti e...parlano. Voce di Dio nella brezza leggera... .I silenzi d’Etiopia ri-suonano quasi assordanti alle mie orecchie, più ancora dei mille colori sonori che, a ben vedere, li hanno resi possibili. Il silenzio dell’alba sui laghi Abaya e Chamo, scandito dal canto del muezzin e dalle grida di grandi corvi neri che sembrano voler provare il volo lancian-dosi dalla rupe che si innalza sopra la foresta con le 40 sorgenti (Arba Minch). Il silenzio del gruppo, di ritorno dalla gita in barca sul lago Chamo. Lì, dopo il primo en-tusiastico approccio, ciarliero e vociante, come di sco-lari in gita, il silenzio desertico e rispettoso della natura che ci si offriva, ci penetrava, contagiandoci, in una sor-ta di leggera e terapeutica ipnosi collettiva. Il silenzio delle corse lontane di bimbi, sfrenate e veloci per non perdere un saluto straniero e strano, al nostro passag-gio. Il silenzio di sguardi critici e severi di adulti poco convinti della bontà dei nostri intenti curiosi nell’in-vadere i loro spazi privati. Il silenzio e la fermezza di orizzonti di una bellezza naturale da incanto. Il silenzio delle orecchie di una madre che non sente nemmeno la voce della sua bambina (creatura d’oro, è il suo nome tradotto), ma parla con lei un linguaggio di sguardi, di tenerezze, di tocchi veloci e di gesti contenuti e scarni, che tutto dicono. E il silenzio della bimba, intimidita dalla presenza di questi “sponsor”, strani e bianchi. Il silenzio orgoglioso degli operatori CIAI, quando vedono i loro sforzi tradursi in realtà, migliore di prima. Il silen-zio che segue le nostre domande: perchè tanta povertà? Come essere d’aiuto, senza distruggere una cultura che è ancora capace di indicare a noi quei valori fondamen-tali che la nostra civiltà possedeva, ma che nel tempo ha lasciato sbiadire, fino a dimenticarsene? E il silen-zio della nostra vergogna. Il silenzio di un sorriso da lontano, o di un bacio per dire...l’indicibile. Il silenzio di occhi di mamme, dietro lacrime trattenute e quello contegnoso di padri. Per sempre. Sensi per dar senso alla nostra vita.

La Vela Anno XI ~ Numero 37

allievo; da adulto aprì un laboratorio in centro sotto le... guglie del Duomo (all’inizio di Via Bonporti): lì passò la sua vita. Fu uno degli ultimi grandi artigiani... sfrattati dalla città! Tornando al maestro Sardena, insieme a lui c’erano la moglie e due figli. Il più grande era Gigi ed il se-condo, che si chiamava Ivone, era mio coetaneo e diverrà mio grande amico. Ivone frequentava l’Istituto Pietro Sel-vatico per diventare maestro d’arte e più tardi si laureerà in architettura! Mi ricordo il suo primo disegno, quando aveva diciannove anni: il progettino per il Capitello della Madonna in Via Padova. Quando si è adolescenti è facile legare, con lui poi ancora di più perché aveva preso molto dell’estro del papà. Suonava la fisarmonica e cantava: “A l’ombra dea Specoea... ea luna... in barca... sul canal...” Gli dissi che anch’io ero innamorato del fiume. Fu allora che mi propose: “Nene, perché non costruiamo una bar-ca? Tu sei falegname, io... me la cavo bene col disegno.

Ti posso fare tutti i pezzi in... scala reale! Per andare alla Rari Nantes non ho proble-mi.” Concludemmo con un “Urrah!” Poi però tornammo coi piedi per terra: come avremmo fatto con i materiali? Il legname soprattutto: in quel periodo di guerra non era facile reperirlo. Ma anche se l’avessi-mo trovato... e i soldi? Due quattordicen-ni mica li possedevano. Fu allora che mi venne un’idea. Io frequentavo la “masseria” della famiglia Zuccante, dove la mia mam-ma andava a lavorare. Lì dietro, di fronte al letamaio, c’erano due enormi capanno-ni della ditta Puricelli rientrata dall’Africa, pieni zeppi di legnami e materiali vari. Pen-sai che per il mio amico Clito non fosse un problema avere del legno, tanto era quasi un… bottino di guerra. Fu proprio così. A ridurre in pezzi e spessori i tavoloni pensa-

rono i fratelli Pioea, Virginio e Frediano. Così aprii... il cantiere nella casa vicina, dove era ospitato il mio caro amico Ivone. Quando la barca fu terminata, la perplessità fu per darle un nome al suo battesimo. Chi aveva procu-rato il legname poteva decidere? O il futuro architetto? Io proposi tutti e due, perciò fu chiamata Sarzucca, dai loro cognomi mozzi. Cari bambini, voi direte: “E il nonno Nene che l’aveva costruita?” Io mi accontentai di usarla quando volevo! Tornando alla guerra: un pomeriggio, mentre stavamo la-vorando alla barca, sbucarono due aereoplani, così a bassa quota da sfiorarci, per sganciare bombe sul ponte, ma non riuscirono a colpirlo!Un altro giorno mio nonno Romolo andò fino alla casa ac-canto per attingere acqua al pozzo ed una bomba gli cadde vicinissima. Per fortuna non esplose, però lo spostamento d’aria lo lanciò lontano di qualche metro coprendolo di terra. Fortunatamente ne uscì illeso!Cari bambini, tutto questo a proposito di… bombe!

Le nostre tradizioni

Cari bambini, venerdì sei aprile “Il Gazzettino” ha pubblicato una notizia particolare: durante i lavori di consolidamento degli argini del fiu-

me Bacchiglione i sommozzatori del Genio Civile hanno individuato presso il ponte di Tencarola due bombe, una delle quali di ben quattro quintali, che rappresentano un pericolo costante perché ancora inesplose. Ora spetta agli artificieri il compito di renderle innocue. Il mio ricordo è andato a settant’anni fa, quando la guerra la si “viveva” senza essere al fronte, con gli allarmi notturni, il fuggi fuggi nei campi ed il ripararsi sul fondo dei fossi quando erano asciutti! Se si valicava l’argine si-nistro era facile imbattersi in un folto gruppo di persone dalle età più dispara-te. Si poteva essere certi che lì in mez-zo ci fosse don Angelo, con la coperta sulle spalle, là con il suo gregge. Gli mancava solo il vincastro! Spesso suc-cedeva che suonasse la sirena del ces-sato allarme senza sentire il rumore di aerei. Qualche volta, invece, si trattava di Pippo, un ricognitore che si diceva fotografasse il territorio. Cari bambini, c’erano volte in cui si sentiva un rumore sordo, provocato ad alta quota da stor-mi di fortezze volanti pronte a scaricare sulle città i loro ordigni micidiali. Allo-ra sì che ci prendeva il panico! Ma noi che abitavamo vicino al paese eravamo terrorizzati anche da velivoli più legge-ri, che a bassissima quota quasi ci... sfioravano, sfreccian-do per andare a sganciare le bombe sul ponte del fiume! Cari bambini, non vi voglio rattristare oltre, ma solo dirvi che da quella situazione era nata molta solidarietà. Molti abitanti della città si rifugiarono nel nostro paese, soprat-tutto nell’attuale Via Don Bosco. Li chiamavamo gli “sfol-lati”! Molte famiglie si strinsero, concedendo loro una stanza, magari condividendo la cucina. Questa solidarietà in qualche caso divenne amicizia, terminando in... matri-moni. Dopo un decennio, quando Tencarola si sviluppò, qualcuno ci ritornò per stabilirvisi definitivamente. Vicino a casa mia sfollò una famiglia; il papà era il famoso inta-gliatore in legno Sardena, artista noto anche per la sua... stravaganza! Installò subito una casetta in legno come suo laboratorio. Albino Menin fu un suo allievo; anche se più tardi sarà assunto all’A.C.A.P. (ora A.P.S.), manterrà sem-pre la sua grande passione per l’intaglio, conservando ben allineati i suoi scalpelli sul banco, per tenerli in mano fino alla sua recente scomparsa! Anche Renato Peruzzo fu suo

Durante la guerra

La Vela8Anno XI ~ Numero 3

Convegno Ecclesiale del Nordest – Aquileia 2 13-15 aprile 2012Letto il messaggio conclusivo inviato dai Vescovi delle Chiese del Triveneto alle loro Comunità. Alcuni passaggi. ….“Ci siamo ritrovati per attingere alla sorgente comune della fede ecclesiale una nuova linfa e per impegnarci per una nuova evan-gelizzazione del nostro territorio e consegnare alle generazioni future l’eredità preziosa della fede cristiana.” …. “Ci siamo sen-titi spronati a non essere una chiesa passiva o in posizione difen-siva, ma propositiva e creativa, cercando nuove vie dell’annun-cio del Vangelo, in dialogo rispettoso con le culture del nostro tempo.” …..” Come comunità cristiana solidale con le popola-zioni che abitano il Nordest, avvertiamo la complessità e l’incer-tezza di un’epoca che ha visto prodursi trasformazioni struttu-

rali in vari ambiti della vita personale e delle relazioni familiari e sociali. Abbiamo considerato seriamente le difficoltà e gli ostacoli a compren-dere e vivere la fede cristiana e le sue esigenze spirituali ed etiche, ma abbiamo anche visto segni e germo-gli di novità suscitati dallo Spirito”. …. “Ripartiamo da Aquileia animati non da un ottimismo ingenuo, ma da

quella speranza che non delude, perché fondata su Gesù Cristo Risorto e la potenza del suo Spirito.”

Sara e Silvia, collaboratrici pastorali assegnate alla nostra Par-rocchia, Sono due giovani assegnate per un anno alla nostra Comunità, dove saranno presenti il sabato e la domenica per dare un aiuto e maturare una nuova esperienza. Stanno seguen-do un cammino di formazione per divenire un domani “colla-boratrici apostoliche diocesane”, ma nel contempo proseguono i loro studi universitari e svolgono varie attività (per esempio, Sara collabora col Seminario Minore). Benvenute e un grazie anticipato!

Per una miglior conoscenza della nostra Scuola MaternaQuesto il senso dell’invito fatto dal nostro Consiglio e accolto dalle Suore di “Madame Clair”. Presenti la Superiora Generale Suor Concetta (per tanti anni ha operato a Tencarola), Suor M. Grazia, Suor Amabile, Suor Kalà. Suor Concetta sottolinea i “fondamentali” della scuola: dare una testimonianza cristiana, promuovere l’educazione umana e cristiana dei bimbi, coinvol-gere i genitori attraverso un’ attenzione particolare anche a loro. A suo tempo, alcune componenti del Consiglio sono state allie-ve di Suor Concetta (e anche introdotte ad essere catechiste): tutte esprimono il loro sincero ringraziamento.Da tre anni la nostra scuola ha una coordinatrice laica, Manuela (che, peraltro, vi opera già da oltre 20 anni). Ci dà molte notizie. Attualmente i bimbi sono 130 (di cui circa il 30% straniero) sud-divisi in 5 sezioni. Si nota un calo d’iscrizioni, per le difficoltà economiche delle famiglie (mamme che perdono il lavoro, ecc.) e per un certo calo demografico.

Consiglio Pastorale Parrocchiale

Riunionedel

8/5/2012Giancarlo Moro

La scuola materna è il primo servizio che la famiglia incontra; importante quindi che si senta ben accolta. La “comunità par-rocchiale” del futuro parte da qui. Nostro compito è quello di educare i bambini, ma, attraverso i figli, anche i genitori. Non s’impone niente, ma si afferma sempre la nostra fede: quindi segno della croce, preghiere, canti e tanti altri momenti signifi-cativi (per es., durante il mese di maggio i bimbi portano a casa, a turno, una statuina della Madonna e un rosario). Nessuna contestazione da parte dei genitori non cristiani.C’è anche un problema economico: i costi di funzionamento sono notevoli, mentre le rette sono contenute. Del resto, da sempre l’Istituto si è data una regola: il bimbo non può essere lasciato a casa anche se la famiglia non può sostenere la retta. La “provvidenza” non manca e… il Signore c’è sempre. Un importante aiuto sta venendo dal nostro Comune: la messa a disposizione per 100 ore di “mediatori culturali e linguistici”, nell’arco dell’anno scolastico; oltre al pagamento di qualche ret-ta. Indispensabile presenza, specie per la funzione di interpreti con genitori e figli che non conoscono bene la nostra lingua. Se si trova bene il bimbo straniero, si trova bene anche quello italiano.Per parte sua, Don Raffaele sottolinea l’importanza di una sem-pre più stretta collaborazione – che è già attiva - tra Parroc-chia e Scuola Materna: scambiarsi informazioni, riflettere in-sieme, svolgere anche un’azione propositiva con il Comune: in quest’ultimo operano ben 4 scuole materne cattoliche.Conclude Suor Concetta: l’Istituto di Madame Clair è presente a Tencarola con la sua scuola da ben 92 anni. E’ un valore che non può venire meno!

Iniziazione cristiana e percorso in preparazione almatrimonioAnche quest’anno si è tenuta quest’iniziativa interpar-rocchiale. Del gravoso impegno si sono fatte carico 4 coppie gui-da, Claudio ed Emanuela, Luca e Michela, Cristiana e Lorenzo, Nicoletta e Roberto.Vi hanno partecipato 17 coppie provenienti da Tencarola, Sac-colongo, Selvazzano, Creola. Sono stati fatti 10 incontri tra i mesi di gennaio e marzo 2012, ognuno con un tema; per esem-pio: “Esci dalla tua terra: prepariamo insieme la valigia”, “Io, Tu: due storie che s’incontrano…due doni che si scambiano”, “Il dialogo, “ossigeno” per la coppia”, “Il nostro corpo e la mera-vigliosa avventura della vita che nasce”. E per la prima volta “Serata San Valentino “Il bosco incantato” – Cena e serata musicale vicariale”, presenti ben 30 coppie! Si è puntato su relazioni meno “specializzate”, ma su una mag-gior cura del dialogo, sull’approfondimento dei problemi di tut-ti i giorni. La fede accompagna tutto l’itinerario: c’è quasi una gioia nello scoprirsi con gli altri, di discutere in libertà. E anche il momento conviviale è stato particolarmente utile per cono-scersi.Domenica 18 marzo si è svolto l’incontro conclusivo presso Casa Sacro Cuore di Torreglia: “Insieme con gioia , nel lungo viaggio della vita – Confronto di coppia e considerazioni finali”.