LE TROIANE - Bruno Civardi | Autore e docente di lettere ......Il coro canta l’addio a Troia ed...

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“Per chi soffre, è grande sollievo POF anno scolastico 2006/2007. con il canto lenire il dolore” Con il contributo dei Comuni di Broni e Stradella. (Euripide) -------------------------------------- LE TROIANE ovvero la voce delle vittime dalla omonima tragedia di EURIPIDE (415 a. C.) Traduzione e adattamento di Bruno Civardi Musiche di Giangiacomo Pinardi Coreografie di Nicoletta Vercesi e Marta Pregnolato Luci e suoni di Antonio Bernini e Andrea Tisato Le scene sono a cura degli studenti del gruppo artistico, guidato da Gabriella Dapiaggi Si ringraziano anche gli studenti del gruppo immagine e del gruppo tecnico e tutti coloro che hanno contribuito a realizzare il laboratorio e lo spettacolo (Lovere, 14 aprile; Broni, 28 aprile; Pavia, 18 maggio 2007; Stradella, 11 giugno) PERSONAGGI: Poseidone Atena Ecuba Cassandra Andromaca Astianatte Elena Menelao Taltibio Guardie greche Coro delle prigioniere troiane La scena è data dal campo antistante le mura di Troia

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“Per chi soffre, è grande sollievo POF anno scolastico 2006/2007. con il canto lenire il dolore” Con il contributo dei Comuni di Broni e Stradella. (Euripide) --------------------------------------

LE TROIANE ovvero la voce delle vittime dalla omonima tragedia di EURIPIDE (415 a. C.) Traduzione e adattamento di Bruno Civardi Musiche di Giangiacomo Pinardi Coreografie di Nicoletta Vercesi e Marta Pregnolato Luci e suoni di Antonio Bernini e Andrea Tisato Le scene sono a cura degli studenti del gruppo artistico, guidato da Gabriella Dapiaggi Si ringraziano anche gli studenti del gruppo immagine e del gruppo tecnico e tutti coloro che hanno contribuito a realizzare il laboratorio e lo spettacolo (Lovere, 14 aprile; Broni, 28 aprile; Pavia, 18 maggio 2007; Stradella, 11 giugno) PERSONAGGI: Poseidone Atena Ecuba Cassandra Andromaca Astianatte Elena Menelao Taltibio Guardie greche Coro delle prigioniere troiane La scena è data dal campo antistante le mura di Troia

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STRUTTURA E SINTESI DEL DRAMMA PROLOGO Il dio Poseidone, che insieme ad Apollo aveva costruito le mura di Troia, è salito dagli abissi del suo regno per dare l’estremo saluto alla città, ormai conquistata e distrutta. La dea Atena, sdegnata per come gli Achei hanno abusato della vittoria, si accorda con lui per colpire i vincitori lungo le rotte del ritorno. Ai loro piedi, curva su se stessa ed immobile, Ecuba, la regina sconfitta, attende l’alba. PARODO ovvero INGRESSO DEL CORO (Troia è spenta) Entrano le prime tre donne: lamentano la fine di Troia e maledicono Elena, il cui adulterio ha causato il rovinoso conflitto. Ecuba si scuote finalmente dalla sua fissità: rimpiange il passato felice ed invita le donne al pianto. PRIMO EPISODIO Altre tre prigioniere escono dalle loro tende, completando il gruppo del coro. Ecuba annuncia che ben presto tutte loro dovranno lasciare la patria per servire come schiave, in terra di Grecia, i nuovi padroni. PRIMO STASIMO (Quali lamenti innalzare) Il coro depreca le umiliazioni che è destinato a subire, e si augura almeno di evitare l’odiosa Sparta, la terra di Elena. SECONDO EPISODIO Giunge Taltibio, araldo dei re di Grecia, ad informare le prigioniere che il sorteggio ha avuto luogo: Cassandra è stata assegnata ad Agamennone, Andromaca a Neottolemo, Ecuba ad Ulisse; mentre della piccola Polissena si dice che risulta consacrata “alla tomba di Achille”: solo più tardi si capirà che è stata sgozzata come animale da sacrificio. Ed ecco Cassandra irrompere sulla scena con una fiaccola in mano. Crede di essere nel tempio e di celebrare il proprio imeneo: perciò invita le donne ad esultare e a danzare con lei. Sua madre vorrebbe placarla, ma Cassandra in realtà è felice perché sa che si appresta a divenire, per Agamennone, “una sposa più nefasta di Elena” … Taltibio e le guardie non danno peso alle sinistre profezie della fanciulla e la portano via. SECONDO STASIMO (Cantami, o Musa) Il coro rievoca l’inganno del cavallo e la notte della caduta di Troia. TERZO EPISODIO Viene avanti Andromaca, con il figlioletto Astianatte per mano. Le ripugna la sorte di concubina di Neottolemo, il figlio di Achille, ma Ecuba stessa la invita a sopportare, per il bene del bambino, unica speranza di Troia. Torna però l’araldo, con l’annuncio che i Greci hanno deciso di ucciderlo, per evitare possibili vendette future. La disperazione di Ecuba, di Andromaca e delle altre donne è indicibile, ma ancora una volta devono piegarsi, impotenti, al destino. TERZO STASIMO (Maledetta, che tu sia maledetta!) Lo strazio si traduce in un forte sfogo corale di esecrazione nei confronti di Elena e successivamente nella dichiarazione che tutte le leggende sui legami d’amore fra Dei ed eroi o eroine di Troia (Zeus e Ganimede, Aurora e Titone, Afrodite e Anchise, ecc.) sono solo “falsi miti lontani”. QUARTO EPISODIO E’ un altro giorno. Il soldato di guardia è stanco e sente nostalgia della patria, ma soprattutto teme una vendetta divina per le eccessive violenze commesse. Un suo compagno, ubriaco, lo deride, affermando che l’unico vero dio è la lancia che egli stesso impugna. Fa quindi la sua comparsa Menelao, che dichiara la propria intenzione di punire la moglie infedele con la morte. Ecuba e le troiane escono dalle loro tende, e la regina, che dubita molto della fermezza di Menelao, leva a Zeus una preghiera, affinché la colpevole non resti impunita. Ed ecco che Elena viene avanti, in apparenza mesta e supplichevole, ma anche seducente e sicura. Espone le sue ragioni con abilità, accusando di tutto Afrodite. Ecuba ribatte con forza e ironia, chiedendo a Menelao di ucciderla. Questi assicura di volerlo fare e conduce Elena con sé … ESODO (Padre del Cielo) Il coro canta l’addio a Troia ed evoca l’immagine di Elena, accolta sulla nave di Menalo, tutta sorridente del proprio trionfo. Terminato il canto, le donne fanno per allontanarsi, ma Ecuba le supplica di restare, per il compianto ad Astianatte. EPILOGO Taltibio annuncia che Neottolemo permetterà la sepoltura del bimbo sullo scudo del padre Ettore, rinunciando al glorioso trofeo. Una guardia ne depone il cadavere ai piedi di Ecuba, che lo onora e lo piange, insieme con il coro. Rimosso il corpicino, torna l’araldo a comandare che tutte le prigioniere si imbarchino. Una dopo l’altra le troiane se ne vanno, mentre le fiamme divorano ciò che rimane della città. Ecuba non riesce ad alzarsi e le sue parole dimostrano che ella è sta scivolando nella follia. Taltibio se ne accorge e ordina di lasciarla a terra

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PROLOGO Scena 1 All’apertura del sipario, si vede Ecuba, immobile e muta, distesa bocconi al suolo. Entra da destra e avanza sul proscenio Poseidòne, il dio del mare. E’l’alba. POSEIDONE Dagli abissi del profondo Egeo sono salito, lasciando le danze leggere delle belle Nereidi. Poseidòne mi chiamano i popoli: sono la potenza divina del mare, su cui i Troiani vollero edificare la loro umana potenza. Fin da quando, con Apollo a compagno, innalzai queste mura (io, docile servo di un re mortale!) rotolando e sovrapponendo pietra su pietra su pietra … ebbene, ho avuto nel cuore questa città. Ma ora essa è cenere e fumo. Non fu Achille a distruggerla, no, bensì un tale del Parnaso, di nome Epeo: ispirato da Ulisse e guidato da Pallade, costui costruì un enorme cavallo e lo condusse tra le mura, pregno di guerrieri, enigma di morte. Ora i sacri recinti sono deserti, i templi grondano sangue, il vecchio re Priamo giace sgozzato ai piedi dell’altare di Zeus, inutile altare … E gli Achei trascinano alle navi carico immenso di oro e ricchezze, aspettando ansiosi il vento favorevole per tornare alle case lontane, alle spose ed ai figli che non ricordano più. Ha vinto l’odio implacabile di Era e di Atena, ed anch’io, sconfitto, lascerò la città, dove ogni culto è cessato e regna soltanto l’orrore. Udite? Il fiume rimanda le grida delle troiane, tratte a sorte per l’uno o l’altro guerriero: ecco, questa è assegnata al principe dei Tèssali, quest’altra ai figli di Teseo, l’ateniese … le donne non ancora sorteggiate se ne stanno per ora in quelle tende, sono il premio riservato ai comandanti supremi … Tra di loro c’è la figlia di Tìndaro, Elena, la spartana fatale, anch’essa, giustamente, prigioniera. Ma se volete sapere che cos’è l’infelicità, guardate! Ecuba, strazio vivente, come puoi ancora sopportare il pianto e l’angoscia? E’ stato trucidato il tuo sposo, sono caduti tutti i tuoi figli. Ma non sai ancora che la piccola Polissèna è morta, offerta quale vittima sulla tomba di Achille; e che l’amata tua Cassandra, la povera vergine preda dei furori di Apollo, sarà condotta tra poco al letto di Agamennone. O mia città! Mie torri, un tempo alte e felici! Senza l’odio di Pallade, sareste ancora il baluardo invitto di Troia! Scena 2 Appare, da sinistra, Atena. ATENA Tu, dio potente del mare, che sei fratello di mio padre e da tutti giustamente onorato, accetti di deporre la discordia e di ascoltare una mia parola? POSEIDONE La tua richiesta è lusinghiera … Ti ascolterò. ATENA Allora lascia che ti esponga un progetto, che penso interessi entrambi noi. POSEIDONE Ti manda Zeus? O qualche altro dio? ATENA Nessuno. Sono qui solo per Troia.

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POSEIDONE Sei sazia di odio e vendetta? E’ tardi per piangere: ormai Troia è distrutta. ATENA Non divagare. Vuoi o non vuoi essere partecipe del mio piano? POSEIDONE Sì, ma devo sapere che cosa intendi fare. Colpirai ancora i Troiani? ATENA No. Li ho molto odiati, è vero, ma ora voglio per loro un po’ di sollievo. E voglio rendere doloroso agli Achei il ritorno. POSEIDONE Il tuo animo muta troppo facilmente: ora ti lasci spingere dall’odio, ora dall’amore. E sempre senza limiti. ATENA Non sai quanto mi hanno offesa, profanando il mio tempio. POSEIDONE Lo so: è quando Aiace ha strappato Cassandra dal tuo altare. ATENA Esatto. E nessuno lo ha biasimato! POSEIDONE Eppure, è stato col tuo aiuto che gli Achei conquistarono Troia. ATENA Proprio per questo ora voglio punirli. E con il tuo aiuto. POSEIDONE Sentiamo, allora: che cosa dovrei fare? ATENA Quando saranno salpati da queste rovine, Zeus radunerà nubi funeste, portatrici di grandine e di tempesta. Inoltre mi concederà la sua folgore, perché io possa colpire e bruciare le navi greche. Tu allora fa’ che le onde si sollevino in vortici di morte contro di loro, così che le sponde dell’Eubea si empiano di miseri corpi annegati. In tal modo impareranno a rispettare i miei templi, a onorare gli Dei!. POSEIDONE Tutto sarà fatto. Sconvolgerò l’Egeo, le rive di Micònos, le rupi di Delo e di Sciro, le vie dell’acqua da Lemno a Capo Caferèo. Dovunque il mare brulicherà di cadaveri! Va’ sull’Olimpo, a ricevere la folgore dalle mani

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del Padre, e sii pronta. E’ follia distruggere i popoli, violarne le tombe ed i templi. Prima o poi la tracotanza si paga. Se ne vanno, ciascuno da una parte. Mentre Ecuba rimane ancora giacente, entra il primo semicoro (tre voci: A, B, C) PARODO VOCE A Troia è spenta, e con essa si spegne la regina di Troia. Alza il capo da terra, o infelice: rassegnarsi alla sorte è la sorte dell’uomo. Non c’è nave che possa avanzare contro opposti marosi. Soltanto seguitare si può la corrente. VOCE B Tutto ciò che io vedo d’intorno mi richiama al dolore ed al pianto, per la patria, i figli, lo sposo. Alta gloria, possanza superba dei miei padri! Ora vedo, sei nulla! Eri nulla, ma io non sapevo. VOCE C Come pesa la carne mia stanca! Quale spasimo lacera il cuore! Ma tacere è peggio del male: per chi soffre, è grande sollievo con il canto lenire il dolore. CORO (insieme) O veloci carene, che solcaste l’Egeo tra melodie di flauti e di zampogne, dirigendo la rotta verso la sacra Pergamo turrita, con le ritorte gòmene legaste le prore al nostro lido, cercando l’orme d’Elena spartana, vergogna dei figli di Zeus, infamia della patria e della stirpe, nuora funesta d’Ecuba e di Priamo! Ecuba si alza, lentamente, e viene sul proscenio.

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ECUBA Sono qui, senza casa, senza sposo, senza più figli, e mi deturpa il lutto, mentre a stento sollevo questo mio vecchio corpo di schiava, destinato al vincitore, in attesa, dinanzi alla sua tenda, di saperne il comando. Spose infelici d’Ilio, senza più nozze, udite! Ci resta dote di infinito pianto: facciamo onore insieme alla pena di vivi e morti! Un canto voglio innalzare a voi, simile a grido di madre alata ai figli suoi, predati dall’avvoltoio: un canto - ahimè - difforme troppo da quelli che intonavo un tempo, ebbra di gioia, nelle danze rituali, alle feste di Troia … PRIMO EPISODIO Scena unica Escono dalle tende, una alla volta, altre prigioniere (E’ il secondo semicoro, anch’esso tre voci, qui parlate: D, E, F). VOCE D Mia regina, perché piangi ancora, così tanto? Il tuo gemito penetra nella tenda: siamo tutte sconvolte dal tuo lamento senza fine. Che cosa accade ancora? Parla! ECUBA Figlie, le navi … stanno per salpare. VOCE D Dunque, ci porteranno via, dalla nostra terra? ECUBA Non so … ma sento che il nuovo giorno porterà nuove sciagure. VOCE D Uscite tutte, o Troiane! Venite a sentire la parola di Ecuba! I Greci si preparano a partire!

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ECUBA Per favore, non fate uscire Cassandra, la mia povera figlia delirante … sapete come i Greci la scherniscono, raddoppiando l’insulto. VOCE E Che hai detto, regina? VOCE F I Greci sono già curvi sui remi? VOCE E E noi? Che faremo? E’ venuto a parlarti l’araldo? ECUBA No … ma io sono qui, fin dall’aurora, ad aspettare, col tremito nel cuore. Credo che presto, figlie, sarete sorteggiate. VOCE F Misere carni di schiave siamo divenute. E tra poco sapremo quale padrone se ne servirà. VOCE D Ci strapperanno per sempre da Troia, a noi così cara, benché distrutta. VOCE E Andremo ad Argo, o a Ftìa … VOCE F O in qualche isola lontana … ECUBA Io, vecchia stanca, inutile, sarò anch’io sorteggiata, io, regina di Troia, dovrò badare ai bimbi del padrone, custodirne la casa … simulacro di vita è Schiavitù!

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PRIMO STASIMO Ecuba si siede in un angolo. VOCE A Quali lamenti innalzare, se troppo crudele è il destino? VOCE B E’ l’ultima volta che vedo le case, le tombe dei padri … VOCE C Mi attendono prove assai dure. VOCE D Peggiore è la sorte, se - giovane donna - ancella diventi. VOCE E Bestemmio quel dio, maledico la notte che mi forzeranno a giacere nel letto di un Greco! VOCE F Quel giorno che andrò per attingere a fonte di Grecia, e a greco telaio da volgere avrò lunga tela … CORO (Insieme) Oh, se almeno io fossi condotta nella illustre città di Tesèo! Se potessi evitare l’Eurota e la terra di Elena odiosa, detestabile terra, ove regna chi la patria e la vita mi tolse! VOCE A (parlato, come le seguenti) Guardate: un araldo si avvicina, con passi veloci. VOCE B Che vorrà da noi?

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VOCE C Di sicuro ci porta qualche ordine, o qualche novità importante. VOCE D Ormai non siamo che schiave … VOCE E Dobbiamo solo ascoltare. VOCE F E ubbidire. SECONDO EPISODIO Scena 1 Giunge l’araldo, con due guardie. Si rivolge a Ecuba, la quale si alza faticosamente. TALTIBIO Ecuba, tu mi conosci. Più volte venni a Troia quale messaggero: sono Taltibio, araldo dei re di Grecia. ECUBA E quale annuncio mi porti, ora? TALTIBIO Il sorteggio. E’ terminato. ECUBA Ahimè, si avvera quello che temevo. Quale città della Tessaglia o della Beozia, dell’Attica o della Laconia sarà mai la nostra? Parla. TALTIBIO Una città e un padrone diverso per ciascuna di voi. ECUBA Non potremo più stare insieme, figlie mie … Dimmi: a chi è stata assegnata la mia povera Cassandra? TALTIBIO L’ha scelta per sé il re supremo, Agamennone. ECUBA E così sarà schiava della signora di Micene, Clitennestra.

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TALTIBIO No. So per certo che sarà sposa segreta del sovrano. ECUBA Ma lei appartiene ad Apollo, chioma d’oro, che destina alla castità le proprie ancelle! TALTIBIO Agamennone è rimasto molto colpito dalla fanciulla invasata. Brucia d’amore per lei! ECUBA Figlia mia, puoi gettare le chiavi del tempio, le bende sacre, le vesti: così hanno custodito il tuo purissimo corpo! TALTIBIO Eppure, dovresti essere contenta. E’ un grande onore, il letto di un sovrano. ECUBA E l’altra mia figlia, Polissèna, che avete condotto via al calare dell’ultima notte, a chi è toccata? TALTIBIO Alla tomba di Achille. ECUBA Infelice anch’essa! Non la misi certo al mondo perché facesse da custode a un sepolcro. Ma quale strano costume è questo vostro? TALTIBIO Non dolertene. Per lei è stato meglio così, credimi. Ora essa è intangibile da qualsiasi male. ECUBA E la sposa del mio Ettore indomito, la mia amata Andromaca? TALTIBIO Se l’è presa Pirro, detto Neottòlemo, il figlio di Achille. ECUBA Misera! Dovrà servire il figlio di chi la rese vedova! TALTIBIO E’ così.

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ECUBA Ed io, che ho bisogno ormai del bastone per camminare, a chi apparterrò? TALTIBIO A Ulisse, re d’Itaca. ECUBA O disgraziata, stràppati i capelli, gràffiati la faccia ! Festeggia così la tua sorte! Sei schiava di un uomo abietto, perfido: lupo in veste di agnello, che non ha leggi, non ascolta scrupoli, e deforma ogni verità con parole ingannevoli, seminando discordia, odio, sospetti … Credetemi, questo è il padrone peggiore di tutti! Scena 2 TALTIBIO Càlmati, vecchia. (Alle guardie) E voi, andate e conducete qui Cassandra. Bisogna consegnarla ad Agamennone. Subito! Più tardi penseremo alle altre … un momento, fermatevi. Che cos’è quel bagliore, che traspare dalla tenda? Le troiane preferiscono forse morire tra le fiamme, piuttosto di essere trascinate in Grecia? Spesso chi è nato libero non si rassegna alla schiavitù … Uscite, maledizione! La morte a voi farà comodo, ma io non intendo pagarne le conseguenze. ECUBA Non è un incendio: è solo mia figlia, Cassandra, che agita una fiaccola … CASSANDRA (Irrompe sulla scena, con una torcia fumante in mano, delirando) Fate largo! Portate luce! Devo onorare questo sacro tempio. Tu, bada che le torce non si spengano. Voi, pregate con me il dio delle nozze. O Imeneo, benedici il mio sposo, e benedici anche me, destinata al talamo di un sovrano! Tu piangi, madre: versi lacrime per la patria, per mio padre … ma io levo in alto la fiaccola, per Imeneo. E per Ecate! Una vergine va a nozze … esultate, e danzate come Baccanti! Guida tu, Febo, questa sacra danza. Madre, fammi contenta: danza anche tu … mentre le vergini frigie, nei loro splendidi pepli, canteranno il nome dello sposo che il dio mi concede! VOCE A Regina, tua figlia delira … VOCE B Fèrmala, prima che giunga nel campo dei Greci danzando! ECUBA (Si avvicina a Cassandra e le toglie di mano delicatamente la torcia) Lascia questa fiaccola, ti prego. Spegnerla, è il meglio. (Al Coro) Riponètela, e ai canti di Cassandra rispondete con il lamento. CASSANDRA Non gioisci dunque, madre? Io vado a nozze regali. Forse ti sembro lenta nell’andare? Spronami! O madre, sappi che, se esiste davvero quel dio che sembra parlare in me, in me Agamennone avrà una sposa più nefasta di Elena! Sì, perché io sarò morte per lui, e vendicherò finalmente i fratelli ed il padre.

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La casa degli Atridi sarà funestata da lutti orrendi, dal sangue del matricidio! Dopo che una bipenne avrà mozzato anche il mio capo … Ma non voglio profetare più nulla. Vi dimostrerò piuttosto che Troia fu meno infelice della Grecia! Riflettete. Per una donna, fuggita dalla casa del marito per suo capriccio, i Greci caddero a migliaia. Il loro sovrano dovette rinunciare a ciò che aveva di più caro: la figlia prediletta, la vergine Ifigenia. E tutti coloro che persero la vita sulle rive di Xanto non hanno avuto sepoltura in patria, né il dolce pianto delle spose avvolte nel peplo nero del lutto. Hanno lasciato la casa senza soccorso, in balìa dei loro nemici. I nostri invece godono la gloria di essere caduti per difendere la patria. Quasi ogni giorno potevano abbracciare le loro amate spose, i figli cari. E chi cadeva in battaglia, tornava a casa sulle spalle degli amici, a riposare nella terra dei padri … Ascolta, madre, ciò che dico di Ettore: egli è morto, ma dopo immense prove di valore, guadagnando fama immortale! Mai il tuo figlio prediletto avrebbe avuto tanta gloria, se l’esercito greco fosse rimasto nella sua terra. Vedi? L’uomo saggio deve evitare la guerra: ma se non può farlo, allora combatte da prode, disposto a morire per una nobile causa! E anche Paride ebbe un merito, io dico: rapì il più bel trofeo del mondo, donna di stirpe divina, cosa per cui tutto il mondo ha parlato di noi. Nessuno si dimenticherà di Troia, o madre. VOCE C Sei resa folle dalle tue sventure, Cassandra. VOCE D Intoni canti che il tuo destino stesso dimostra bugiardi. TALTIBIO Se Apollo non ti avesse privata del senno, pagheresti care le tue parole di malaugurio! Ora mi accorgo di quanto poco saggi siano i potenti: Agamennone impazzisce d’amore per questa giovane furiosa, che io mi guarderei bene dal tenermi in casa. Bah! Al vento le tue profezie, Cassandra! Ora andiamo. Sei un bel giocattolo, questo è vero: e il mio re vuole giocare … (A Ecuba) Quanto a te, vecchia, se Ulisse ti reclama, devi andare. Rassègnati. Sarai serva, ma di una brava donna. Così dicono tutti quelli che hanno conosciuto la regina di Itaca. CASSANDRA Che ne sai tu di Febo? Sei solo un servo, che crede ciecamente nel potere del proprio padrone. Tu dici che mia madre entrerà nella casa di Ulisse … No. Lei deve morire qui, soffocata da ululi di dolore. Ma più sciagurato di lei è Ulisse medesimo, cui tra poco sembrerà prezioso il destino di Troia! Dieci anni di angoscia lo attendono, lungo le vie senza fine del mare: ancora non sa del mostruoso Ciclope, ignora la rupe di Cariddi e non conosce la maliarda Circe, che muterà i suoi uomini in maiali! Vedrà perire tutti quanti gli amici e dovrà scendere, lui vivo, nell’Averno. Finché, tornato a casa, la troverà piena di altre infinite sventure … Ma che ci importa di Ulisse? Sbrighiamoci: Ade mi attende a nozze. (Va, seguita dall’araldo e dalle guardie. Ecuba si lascia di nuovo cadere) Scena 3 VOCE E Guardate! Ecuba, l’infelice, è caduta a terra! VOCE F

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Sollevatela! Non siate insensibili al dolore della vecchia regina. ECUBA (Rifiutando la mano che le si porge) Troppe sono le mie pene. Non mi serve questo aiuto. VOCE A A chi domanderai soccorso? A chi non vuole sentire ? ECUBA Dici bene … eppure trovo qualche sollievo anche nel mio invocare inascoltato, nel ricordare la fiumana delle mie disgrazie. VOCE B Dimentica, invece! VOCE C Incomincia a imparare l’oblio! CORO (insieme) Rendi il cuore insensibile a tutto! Fredda neve invernale ricopra la vita passata. E vi porti silenzio, apatia … ECUBA Fui di sangue regale ed ebbi un re come sposo, che mi rese madre di molti figli valorosi, i migliori di Troia: nessuna altra donna potrà mai vantarne di così belli e forti! Tutti sono caduti sotto le lance dei Greci … quante volte ho sacrificato le mie grigie chiome sulle loro tombe! E ho dovuto piangere anche il padre loro: un lutto, questo, che nessuno venne ad annunciarmi … lo vidi, con questi occhi, scannato davanti a me, sull’altare di Zeus! Intorno, Troia era solo fuoco e fumo … CORO (Insieme) Deponi le orrende memorie! I canti che accendono il lutto tu mùtali in nenie lontane, che invitano al sonno … ECUBA E le mie bambine? Dove sono? Me le hanno strappate dalle braccia, ad una ad una. Io le avevo cresciute con grande amore, destinandole a nozze illustri e felici, non a subire stupri e generare bastardi! Non le rivedrò più, lo so, non posso neppure cercarle … Ora, carica d’anni e d’angosce, dovrò andare in una terra lontana, chissà dove, a svolgere compiti sconvenienti a vecchiezza. Forse starò alla porta di una casa, custodendone le chiavi, o farò il pane, attingerò l’acqua … io, la madre di Ettore! E poi, ricoperta di misere vesti, poserò la mia stanca carcassa sopra il duro terreno, invocando breve quiete notturna … conseguenze, anche queste, di amori colpevoli!

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E intanto tu, Cassandra, hai deposto il candore proprio delle vergini consacrate ad Apollo … e tu, Polissèna, la più piccola, che stai facendo? Di tanti figli e figlie non ho accanto nessuno che mi assista. E voi vorreste sollevarmi! Lasciatemi. Abbandonatemi. Uccidetemi! E non dite di nessuno che è felice, neppure al colmo della sua fortuna: aspettate che concluda di vivere. SECONDO STASIMO VOCE A Cantami, o Musa, il doloroso cantico di morte della mia patria, la città di Troia! VOCE B S’alzi sulle rovine alto il lamento per me, vivo trofeo di guerra iniqua! VOCE C Il possente cavallo, dai Greci abbandonato noi trascinammo entro le porte d’Ilio, gravido il ventre d’armi. VOCE D E nel venire empiva il cielo di fragori ignoti! VOCE E Accorrevano genti alto gridando: CORO (Insieme) “Pace! Pace! E’ il dono della dea!” VOCE F Canti e danze di gioia per le strade, giovani e vecchi scherzavano insieme, traboccava speranza la città. VOCE E I Greci eran partiti nella notte, lasciando in espiazione il monumento, opera gigantesca, arte mirabile! VOCE D A fatica, fu tratto sulla rocca.

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VOCE C E scese l’ombra: e ancora si sentiva l’eco dei flauti, di canzoni e danze. CORO (insieme) Tutti fummo fanciulli in quel tramonto. VOCE B Il sonno ci accolse felici, sotto il chiaro di luna. VOCE A All’improvviso, urli, grida di morte e sangue tra le case, tra gli altari! VOCE D I bimbi impauriti si stringevano al seno delle madri … CORO (Insieme) Io mi recisi, muta, le chiome e le gettai nel fuoco. TERZO EPISODIO Scena 1 Viene avanti Andromaca, tenendo Astianatte per mano. Seguono due guardie, portando le armi di Ettore. VOCE A E’ Andromaca! VOCE B Con il piccolo Astianatte! VOCE C Il nipote della regina … VOCE D Il figlio di Ettore …

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VOCE E E quelle armi? VOCE F Non le riconoscete? Erano quelle di Ettore … ECUBA (Rialzandosi) Andromaca … Dove ti stanno conducendo, insieme con il bambino? ANDROMACA Mi portano dal mio nuovo padrone, il figlio di Achille. Non siamo altro che oggetti predati. ECUBA Come Cassandra, e Polissèna. ANDROMACA Polissèna … è morta, immolata sulla tomba di Achille, offerta a un cadavere! Io l’ho veduta, e ho pianto sulla sua fredda spoglia. ECUBA Ahimè! Ecco che cosa voleva dire l’araldo, con le sue parole oscure. Un altro delitto si aggiunge a questo cumulo di empietà! ANDROMACA Ma lei è fortunata, perché morta. Io no, io vivo. ECUBA Ma tu puoi sperare in qualcosa … ANDROMACA Ascolta, madre. Così ancora io ti chiamo, perché tutto ebbi da te … voglio dirti poche parole, che ti siano di conforto. Essere morti … è come non essere mai nati: questo io penso, madre. E credo che la morte sia preferibile al troppo dolore. Certo, se non prova il male, l’uomo non desidera la morte; ma se dalla fortuna precipita nella miseria, allora il dolore si fa insostenibile. Tua figlia è morta … ebbene, per lei è come non essere mai nata. Ora e per sempre non avrà conoscenza del male. Io invece no. Godevo un tempo della buona fama che una vita onesta giustamente suscita: quando ero sposa di Ettore, fui attenta ad evitare ciò che poteva offendere il suo e il mio onore. Ho rinunciato a molte frivolezze, al cicaleccio di pur care amiche, preferendo a tutto la quiete della mia casa. Quando mio marito ritornava, il mio viso era limpido e sereno; e dolce parlavo con lui, pronta a tacere, ma anche a prevalere, se era giusto. Queste virtù, note anche ai Greci, mi hanno perduta. Il figlio di Achille mi ha preteso per sé, e così sarò serva nella casa dell’assassino di Ettore! Ora, se mi apro un poco al mio nuovo signore, mi sentirò pessima donna. Se lo disprezzo, io e mio figlio saremo in pericolo. Dicono che basti una notte, perché una femmina deponga l’avversione per un uomo … ma mi ripugna colei che dimentica il primo amore e passa al secondo!

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Ettore caro, in te trovai lo sposo che sognavo, forte e saggio. Tu fosti il primo a cogliere, sul nostro letto, la mia verginità … ma ora sei morto, ed io trascinata a forza nella casa di un altro: che posso fare, se non piegarmi al giogo? Vedi, madre, come sia meno triste il fato di Polissèna. Io non posso godere di alcuna pausa nel dolore: per lei tutto è cessato. ECUBA Non sono mai salita su una nave, ma mi hanno raccontato, più volte, che cosa significhi affrontare le onde. I marinai cercano scampo con ogni mezzo, dividendosi i compiti: c’è chi regge il timone, chi governa le vele, chi toglie l’acqua penetrata nello scafo. Ma se il mare si abbandona alla furia estrema, bisogna cedere al destino. Così è la mia sorte: troppe sono le pene che dovrei fronteggiare. Ma tu, figlia mia, cessa di piangere il tuo sposo: io stessa te lo chiedo, benché si tratti di Ettore. Lamento infinito non potrà ridarcelo. Cerca piuttosto di catturare amore, mostrando al tuo padrone qualche dolcezza. Così sarai di aiuto ai tuoi cari, alla tua città, crescendo in pace il figlio di mio figlio. Forse un giorno, da lui, verrà una stirpe in grado di ridare vita alla nostra patria. Scena 2 VOCE A Ecco ancora l’araldo degli Achei. VOCE D Avrà nuovi ordini per noi. TALTIBIO (Entrando, seguito dalle guardie) Sposa di Ettore, il più grande fra i Troiani, non odiarmi se ti porto il comando dei re vittoriosi. ECUBA Questo preambolo mi spaventa … ANDROMACA Parla! Che cosa ancora vogliono i vincitori da noi troiane? TALTIBIO Vogliono che il tuo bambino … oh Dio, come dirtelo? ANDROMACA Avrà un altro padrone, diverso dal mio? Intendono separarci? TALTIBIO Sì … ma non avrà padroni. ANDROMACA Resterà qui forse, unico avanzo di una città distrutta?

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TALTIBIO Donna, tuo figlio … - non capisci ancora? Fa’ che non senta le mie parole, còprigli il capo, se vuoi … - tuo figlio deve morire! ANDROMACA Come? Morire! Non è vero! Non può essere vero. Ecuba … ECUBA Che posso fare? Che possiamo fare? Solo battere il capo, graffiarci il viso, lacerare gli occhi! Ma perché questo? Perché … TALTIBIO Ulisse ha convinto gli altri, dimostrando … CORO (Insieme) … che teme anche la forza di un bambino, chi esercita un potere empio e assoluto! TALTIBIO Ulisse sostiene che il figlio di Ettore può diventare più forte di suo padre e compierne un giorno la vendetta. Perciò sarà gettato dalle mura … ANDROMACA Maledetto! Così avvenga di suo figlio! TALTIBIO Non maledire, non lottare: non serve. La tua patria, il tuo sposo non sono più. Nessuno può darti aiuto e tu non sei che una donna. Puoi solo custodire il tuo decoro. Evitando ogni offesa ai tuoi signori, otterrai da loro, se non altro, una degna sepoltura per tuo figlio. Non fare che resti insepolto, tra i rovi, in pasto agli uccelli. (Si rivolge ad Astianatte) Bambino, andiamo. Lascia la mano di tua madre. Devi salire con me sulla torre alta: là è la meta del tuo viaggio breve. ASTIANATTE Devo andare con quest’uomo, mamma? ANDROMACA Sì, figlio mio. Devi andare … ASTIANATTE (Corre da Ecuba) Nonna … io devo andare. Tu non sai dove? ECUBA No, creatura …

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ASTIANATTE Io lo so. A trovare mio padre! TALTIBIO Il fanciullo ha compreso e mostra di sopportare con fierezza la prova. (Alle guardie) Prendetelo voi. Ordini simili dovrebbero affidarli ad un altro, del tutto ignaro di pietà. (Vanno) Scena 3 CORO (Insieme) Astianatte! Astianatte! Astianatte! ECUBA Addio, bimbo infelice, figlio del mio povero figlio … non abbiamo potuto difenderti: anche per te, solo inutili segni di lutto. Che cosa manca, per completare questa immensa sconfitta? ANDROMACA Figlio adorato, conforto estremo dei miei giorni, devi lasciare sola la tua mamma … tuo padre era uno dei forti, e perciò tu muori. Ad altri la forza del genitore assicura la vita, a te ha decretato morte. Invano mi abbracciavi, stavi come un passerotto sotto le ali materne. Ti getteranno dalle mura, senza pietà, una piccola cosa buttata via … quante volte ti ho stretto al mio seno, accarezzandoti il visino profumato! Quante dolci fatiche ho compiuto per te, con tanta gioia, cullandoti e avvolgendo nelle fasce il tuo tenero corpo. E non facevo che … il nulla! Ma anche così, ti amo e ti benedico … Greci! Belve crudeli, che sapete escogitare supplizi nefandi, degni della barbarie più selvaggia … perché uccidere un bimbo? Sono gli inermi cuccioli la preda dei leoni? E tu, spartana, splendido dèmone, non dire che sei nata da Zeus! Tu sei frutto di semi diversi: del Dolore, dell’Odio, della Morte! Tu sei figlia di tutti i Mali della Terra, e madre di rovine infernali! Maledetta! Che tu sia maledetta! TERZO STASIMO CORO (Insieme) Maledetta! Che tu sia maledetta! Sciagura e sangue sbarcarono a Troia per la lussuria di una sola donna! VOCI A e B Come per i suoi piccoli perduti una rondine piange errando per il cielo, così le iliache donne. Sentite? Alcune ad alta voce chiamano i mariti, altre i figli, i fratelli, altre le madri, i padri.

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VOCI C e D Troia, nido d’amore di uomini e di Dei, terra leggiadra di leggende felici! Dove sono i lavacri del giovane coppiere, che fece innamorare il dio del cielo? Lui conserva sereno il suo bel viso, mentre la città muore. VOCI E e F Eos, dita rosate, bianche ali, che la luce vitale porti a noi ogni alba, come hai potuto sopportar la vista della nostra rovina, avendo al fianco, quale sposo, un figlio di questa terra, che rapisti un giorno scendendo a Troia sul tuo cocchio d’oro? VOCI A, B, C E tu, Afrodite, che hai amato Anchise? VOCI D, E, F E tu, Apollo, che amasti un dì Cassandra? CORO (Insieme) Inutili gli amori dei Celesti! Vani miti, lontani. E Troia muore. Tutte rientrano nelle loro tende. Mentre si chiude il sipario, si sente l’urlo straziante di un fanciullo. Intervallo.

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QUARTO EPISODIO Scena 1 All’aprirsi de sipario, si vede un soldato greco di guardia. Alba. PRIMO SOLDATO (Guarda il cielo) Un’altra aurora. Forse l’ultima qui, nella terra straniera, dove ho consumato i miei giorni uccidendo Troiani. SECONDO SOLDATO (Entrando, con un otre in mano) Salve, compagno! Vuoi bere con me? PRIMO SOLDATO Che cosa festeggi? La vittoria, ormai venuta, o la partenza, che non viene ancora? SECONDO SOLDATO Tutte e due le cose. Bisogna festeggiare tutto, sempre. E poi, stanotte abbiamo sorpreso sette troiani: li abbiamo raggiunti e … siamo in mille ad averli uccisi! PRIMO SOLDATO Per questo ti ubriachi a tutta forza? Io mi aspetto una qualche punizione per le molte empietà che si vanno compiendo, sempre più ciecamente, negli ultimi tempi. Tu, non temi gli Dei? SECONDO SOLDATO Vuoi sapere qual è l’unico, vero, dio in questo mondo? (Scuote la lancia) Questa! Io sono suo servo fedele. La lancia mi ha dato pane e vino … anzi, visto che tu non ne vuoi, mi appoggio alla lancia e me lo bevo! (Esegue, poi va) Scena 2 Entra Menelao e la guardia lo saluta. MENELAO Va’ pure a dormire, o dàtti ai bagordi anche tu, come preferisci. PRIMO SOLDATO Sì, nobile Menelao. (Va) Scena 3 MENELAO Che sole meraviglioso sta sorgendo oggi, a salutare la mia ri-conquista: Elena! Dicono che ho sopportato, e imposto, troppe fatiche per lei … l’ho fatto per castigare il traditore troiano, che mi rapì la moglie dalla casa. Ora lui e la sua città sono polvere. Ma la vendetta non è ancora completa: la sciagurata deve morire! Prima però voglio trascinarla per tutta la Grecia, i biondi capelli stretti nel pugno, le spalle grondanti di sangue, svergognarla … poi deciderò. Me l’hanno consegnata, perché agli occhi di tutti concedessi giusta

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soddisfazione. Devo farlo. (Vede Ecuba uscire, seguita dalle altre prigioniere) Ma chi esce dalla tenda? E’ la vecchia regina, con le altre troiane … Scena 4 ECUBA Tu, che la Terra saldamente reggi ed hai nei cieli altissimi dimora, ignoto a tutti, enigma impenetrato, sia che tu sei la legge di Natura o la Mente dell’uomo, io con l’antico nome di Zeus t’invoco, e ti ringrazio, perché lungo le vie della giustizia tortuose, ma sicure, tu governi e luce dài al caos dei fatti umani! MENELAO Che strana preghiera … ECUBA Menelao! Anche te lodo e ringrazio, perché hai deciso di punire la tua perfida donna. Ma ti prego: non incontrarla! Non cedere alla tentazione di rivederla, di ascoltare le sue parole! MENELAO E perché mai? ECUBA Il suo sguardo … può risvegliare in te l’antico desiderio. Ogni maschio è debole di fronte a lei. Tutti li incanta coi suoi vezzi e così distrugge le case e le stirpi, dà fuoco a città. Lo sappiamo bene tu ed io, lo sanno bene le vittime innumerevoli, cadute al passaggio di questo idolo! Scena 5 Appare Elena. MENELAO Elena! … ELENA Ho sentito tante parole cattive su di me, prive di ogni comprensione e pietà … parole che fanno male e lasciano ferite insanabili, più delle violenze cui sono destinata. L’odio mi circonda, posso capirlo. Dimmi che cosa mi vuoi fare. MENELAO

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Gli Achei sono d’accordo nel lasciare a me l’incarico di punirti. Sono la tua vittima. Dovrai morire, Elena. ELENA Farai come ti sembra giusto, Menelao. Ma ascoltami … MENELAO Non pretenderai di parlare in tua discolpa? ECUBA Non deve parlare! MENELAO Tu taci, vecchia! Sono io che decido. ECUBA Giusto. Ho mutato pensiero: lasciale dire tutto ciò che vuole. Poi però parlo io! Ribatterò le sue ragioni con accuse puntuali e decisive, che da tempo custodisco nel cuore. MENELAO Va bene. Sono curioso di sentirvi … te soprattutto, Elena. Scena 6 ELENA Rispondete a questa domanda, allora. Fui forse io la causa prima di ogni male? O tu piuttosto, regina, che generasti Paride? Il bimbo apparve in sogno a suo padre, come fiamma devastatrice di Troia, incubo orrendo: e venne dato ad un servo, perché lo abbandonasse alle belve, sui monti. Ma quel servo non obbedì, ed è lui il secondo responsabile di tutto. Anni dopo, nel fiore della giovinezza, Paride fu il giudice delle tre dee rivali nella bellezza. Era gli promise, se mai l’avesse scelta, l’impero dell’Asia. Atena - badate bene - la conquista della Grecia, terra della sapienza. Afrodite infine, con solenne giuramento, gli offerse la mia persona, vantandone (certo a dismisura … ) la bellezza. Vedi ora, Menelao, le conseguenze: Paride scelse Afrodite e la Grecia fu salva, non più preda di genti straniere, non più costretta ad inchinarsi ai barbari. Io invece fui oggetto di mercato: venduta da un nume ad un mortale! Un giorno infatti, protetto dalla dea, giunse a Sparta il figlio di costei. Tu dovevi salpare per Creta e lo lasciasti nella nostra casa. Fosti incosciente. Ma no … perdonami. Sono ingiusta. Tu sapevi della mia onestà, irreprensibile fino a quel momento. Mi chiedo sempre che cosa mi prese, quando acconsentii (in un primo istante … ma poi fui costretta!) a fuggire di casa, seguendo quello straniero. E la risposta che mi do è semplice: Afrodite mi travolse la mente, per mantenere la promessa fatta a Paride. Afrodite è colpevole e lei dovremmo punire, se fosse possibile. Io, debole donna, non potevo resistere ad una forza, cui cede lo stesso Zeus. Tu però dirai: quando Paride scese nella tomba, avresti dovuto fuggire, raggiungere le navi greche. Ebbene, io tentai di farlo. Più volte le sentinelle troiane mi sorpresero sulle mura, mentre stavo per calarmi al piano aggrappata a una fune. Deìfobo, il nuovo sposo che mi fu dato, mi faceva sorvegliare. Ogni troiano potrebbe testimoniarlo… Dunque, non è giusto che tu mi faccia morire, a meno che non presumi di essere più forte e sapiente degli stessi Dei! VOCE A

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Regina, rispondi! Confuta le parole di costei, e difenderai la patria ed i tuoi figli. Ella agisce male, ma sa parlare bene. ECUBA Innanzi tutto, parlerò in favore dei numi. Non credo che Era sovrana e Pàllade abbiano mai pensato di svendere Argo ed Atene a noi troiani. Vennero sull’Ida, certo, alla gara di bellezza: ma fu per loro un gioco. Voleva forse la regina del cielo sentirsi giudicare la più bella, ad ogni costo? Eppure non può pretendere un compagno migliore di Zeus! E Atena? Andava forse a caccia di uno sposo, lei che stabilì per sé perenne castità? Hai detto che Afrodite andò con mio figlio alla reggia di Menelao. Ridicolo! Poteva - è dea - starsene quieta in cielo e ugualmente trasportarti a Troia, insieme a tutta Sparta! La verità è che mio figlio era bellissimo (Menelao ha un’espressione di fastidio): tu lo vedesti nelle sue vesti più sfarzose, raggiante d’oro, e perdesti la testa per lui! A ogni follia che commette, il mortale dà il nome di un dio: e la tua la chiami Afrodite … (Ride amaramente) Giunta qui, ti sei abbandonata al più sfrenato lusso, dilapidando ricchezze infinite, di cui Sparta - povera e austera - non disponeva certamente. Ma tu insisti a dire che ti pentisti ben presto e che mio figlio ti rapì a forza. Perché allora non levasti un solo grido? Qualcuno tra gli Spartani avrebbe potuto soccorrerti! Venuti gli Achei ed iniziata, per te, questa guerra, alla notizia delle vittorie di Menelao, ne proclamavi le lodi, per umiliare mio figlio; ma quando la fortuna arrideva alle armi troiane, Menelao non era più nulla. Questo dunque il tuo gioco: seguire l’alternanza delle sorti e stringere in pugno due uomini e due nazioni! Ora inventi che, morto Paride, ti calasti dalle torri, di nascosto, come se fossi stata qui contro tua voglia. Un’altra donna nella tua situazione avrebbe dignitosamente pensato a procurarsi una lama affilata … ma tu aborri la morte, e a Troia stavi bene. Io ti consigliavo di tornare dal tuo primo marito: “Figlia mia, - così ti chiamavo allora - fa’ la cosa più giusta, adesso, lascia questa città. Per i miei figli ci saranno altre nozze, e tu, giunta alle navi, farai cessare il conflitto. Gloria te ne verrà”. Ma l’idea non ti piaceva. Superba come sei, volevi che la città straniera continuasse ad inchinarsi dinnanzi a te! Ed ora ti sei acconciata al meglio per incontrare tuo marito e sedurlo un’altra volta, invece di presentarti umile, in misere vesti, come dovrebbe fare una schiava fuggitiva, che supplichi pietà. Uccidila, Menelao: e muoia così ogni donna che così tradisce! CORO (Insieme) Uccidila! Uccidila! Uccidila! MENELAO Basta! Sulla responsabilità di quanto accaduto … concordo con voi. Afrodite è un pretesto. Lei è la vera colpevole. La punirò … ELENA (Si inginocchia) No! Ti prego, rifletti! Non imputare a me soltanto il male che fu voluto dagli Dei! ECUBA (A Menelao) E tu non dimenticare i tuoi compatrioti, caduti per colpa sua. Se non ti curi di noi e dei nostri cari, almeno ricordati di quelli e dei loro figli! MENELAO Non potrò dimenticare nulla. Andiamo: le navi ci attendono. ECUBA

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Mi raccomando: non imbarcarla sulla tua stessa nave, Menelao! MENELAO Perché dici questo? ECUBA Ho compreso il tuo cuore, Menelao. CORO (Insieme) Chiunque amò una volta, ama … per sempre! MENELAO Affermi di sapere il mio cuore … ma ciascuno conosce a stento il proprio, e spesso ignora se quello che fa è realmente quello che vuole. Tuttavia, sia pure come desideri, Ecuba. Non salirà sulla mia nave, meglio così. Tornata a Sparta, la punizione cui sarà sottoposta costituirà insegnamento per ogni donna infedele. Non è facile, però, per me decretare la sua morte. Lo confesso. (Va, con Elena) ESODO VOCI A, B, C Padre del cielo! Zeus! Tu hai lasciato nelle mani dei Greci i tuoi altari! Nella terra troiana ecco cessàti per sempre danze e riti, tacciono i canti e il plenilunio d’oro mostra solo deserte rovine, entro imperturbabile silenzio. VOCI D, E, F Sposo a me caro, corpo senza tomba, errando va il tuo spirito sdegnoso tra le mura spezzate, sospirando, mentre una nave achea mi porta via. I bambini s’affollano sul lido, gridando, e piange una fanciulla sola: “Mamma! Mamma! La nera nave greca dove ti porta? Quando torni, mamma?” CORO (Insieme) Oh, se fuoco di fòlgore colpisse di Menelao la maledetta nave! Sul ponte ride Elena felice, mirandosi allo specchio. Si è ripreso la fatale sua cagna Menelao, greca vergogna e distruzione nostra! EPILOGO

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Le donne del coro fanno per andarsene, ma Ecuba le trattiene. Scena 1 ECUBA Restate, vi prego, non lasciatemi sola. Abbiamo ancora molto da piangere insieme. Guardate, donne di Troia, il corpo di Astianatte! L’hanno scagliato a forza dalle mura, come si lancia un disco, gara mostruosa. Entra l’araldo con due guardie. Una porta il corpo esanime di Astianatte, l’altra lo scudo di Ettore. TALTIBIO Ecuba, ascolta. Stanno per partire le ultime navi. Il figlio di Achille, terminate le operazioni di carico, tra poche ore, salperà per la Tessaglia, da dove giungono preoccupanti notizie sul conflitto tra Peleo e l’usurpatore Acasto. Andromaca è già sulla nave del suo nuovo signore, e sposo. Ma prima, da Neottòlemo ha ottenuto il dono della sepoltura per il piccolo morto. Anche lo scudo di Ettore, terrore degli Achei in battaglia, non sarà portato nella casa di Achille e appeso alle pareti del talamo: sarebbe cosa insopportabile per Andromaca. Pertanto Neottòlemo concede che il bimbo sia sepolto sullo scudo di suo padre. Ti affido il corpicino, perché tu lo rivesta e lo adorni, meglio che potrai. Io … ti ho alleggerito un poco il funebre compito: venendo qui, ho lavato quelle tenere membra nelle acque dello Scamandro, ho terso le ferite. E ho scavato la fossa. Una guardia posa lo scudo, l’altra lascia il corpo ad Ecuba; quindi i tre greci se ne vanno. Ecuba depone il corpo, delicatamente, sullo scudo stesso, a terra. Scena 2 ECUBA Greci! Maledetti! Andate orgogliosi delle vostre vittorie, ma non potrete più vantarvi sapienti, dopo tali delitti. Di che avevate paura? Che Troia risorgesse davvero ad opera di questo bambino, quando neppure Ettore e mille altri guerrieri valorosi hanno potuto evitarne la fine? Caro piccolo mio, quale scempio hanno fatto di te! Sei morto senza conoscere le poche dolcezze della vita: l’amore, le nozze, il potere che ti spettava, e che illude i mortali di essere pari ai numi. Come sono scomposti i tuoi riccioli, che tua madre pettinava con cura! Ti hanno lavato, ma dalle ossa spezzate affiora il sangue. Le manine non hanno vita e così la tua piccola bocca, già piena di sagge promesse. “Nonna - mi dicevi - mi taglierò questi riccioli solo per l’estremo addio a te, fra tanto tempo, quando verrà quel giorno”. Ahimè, tutto è stato sconvolto: io ho seppellito figli e nipote. Che cosa scriverebbe un poeta sulla tua tomba? Forse … Qui giace un fanciullo ucciso un giorno dagli eroi achei, per paura … Vergognoso epitaffio, per la Grecia! Ma almeno avrai avuto, come bara, lo scudo di tuo padre! (Al coro) Vi prego, cercate qualche ornamento nelle tende. Il destino ha voluto che tu, bambino, ti accontentassi di poco. Le donne tornano subito, con una piccola coperta, che Ecuba depone su Astianatte. La nonna ti offre umili ornamenti, Astianatte, avanzo dei tuoi beni. Non corone, ottenute nelle gare dell’arco o dei cavalli … non le vesti preziose destinate alle tue nozze con qualche principessa dell’Asia … VOCI A, B, C La terra è pronta per accoglierti, o bimbo.

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VOCI D, E, F Intona, madre, il lamento dei morti. ECUBA Le tue piaghe ho fasciato, io, medico maldestro, con bende miserevoli, senz’arte. Vorrei guarirti, ma non so che fare. Ti accoglierà tuo padre tuttavia, laggiù tra i morti, e ti darà conforto. CORO (insieme) Batti, percuoti il capo con colpi ripetuti della mano, come remo di nave batte il mare. VOCI A, B Gli Dei hanno voluto il mio dolore, tutte le nostre pene programmate. VOCI C, D E hanno odiato Troia, più di ogni altra città! VOCI E, F Invano mille vittime immolammo, infinite preghiere alzammo al cielo. ECUBA Ricordate le parole di Cassandra? Se un dio ci avesse sommersi tutti in una vile morte oscura, non avremmo donato materia di canto ai poeti futuri. Ora siamo immortali … Ma seppellite questa povera spoglia, con i suoi semplici ornamenti. Ai morti non importano gli onori: solo i vivi pensano a fasti inutili. Tre donne del coro (Voci A, B, C) escono, solennemente, portando Astianatte e lo scudo. Ecuba si lascia cadere in un angolo. Scena 3 VOCE D Guardate! Fiaccole innumerevoli si agitano sull’acropoli! VOCE E E’ l’ora estrema della nostra patria.

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TALTIBIO (Rientrando, con le guardie) Donne di Troia, ho l’ordine di avvertirvi che la città sarà data alle fiamme. Brucerà tutta, dalla rocca di Pergamo alla bassa pianura. Il fuoco renderà più lieto il viaggio di ritorno: così dicono i re vittoriosi. E voi, quando udirete la tromba squillare, scendete alla spiaggia per imbarcarvi. Anche tu, Ecuba, benché vecchia e più di tutte infelice. ECUBA Si consuma tra le fiamme la città, di cui sono regina. Era bella e gloriosa, e regnava sui popoli, dispensando giustizia e abbondanza. O Dei! Tutto è cenere ormai. Ma quali Dei invocare? Anche prima li invocavo, e non udirono. Allora corriamo, su, gettiamoci nel rogo! Sarà molto meglio morire abbracciando le fiamme, che abbracciano la patria! (Si alza e vorrebbe gettarsi, ma le donne rimaste la trattengono) TALTIBIO Tu deliri, infelice. Troppe sono le tue disgrazie. ECUBA (Si placa e di nuovo si inginocchia, batte il terreno) Terra, che hai nutrito i miei figli … terra troiana, accoglimi! VOCE D Col tuo lamento, richiami i nostri morti. VOCE E Anch’io piego il ginocchio, chiamo lo sposo, i figli. VOCE F Ma ci portano via, tanto lontano … CORO (Insieme) A servire padroni sconosciuti! ECUBA O Priamo, o sposo, che giaci insepolto, tu non conosci queste pene atroci. La nera morte stese il proprio velo e pia t’avvolse l’ombra nel silenzio. VOCE D Torri, cadrete giù, siete già polvere … VOCE E Addio, casa, sei fumo, non esisti …

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Si sente lo squillo di una tromba. VOCE F Troia tutta scompare: andiamo via! CORO (Insieme) Volgiamo il piede ai remi degli Achei. (Escono lente le tre donne) ECUBA Aspettate … le mie vecchie membra verranno anch’esse con voi, se ne reggerete i passi … ma l’anima no, essa rimane, attaccata con le unghie a queste pietre … sono spaccata, vedete: come la mia città, e la mia vita … (Ride) TALTIBIO E’ folle, è sacra agli Dei. Lasciamola qui. Anche i Greci escono. Ecuba si piega su se stessa e resta immobile. Crollano intanto le mura di Troia, tra fragori di terremoto e bagliori di fiamma. Sipario.

FINE

INTERPRETI: Dalla III A:

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• Baldini Cecilia, Ecuba • Canzano Serena, Andromaca • Colombo Alessandra, Cassandra • Della Porta Riccardo, Menelao • Valenti Denis, Taltibio • Pellegrini Sacha, Soldato • Guidolin Jennifer, Coro 1 • Pregaglia Natalia, Coro 2

Dalla V B:

• Achilli Silvia, Atena • Chiesa Nicolò, Poseidone • Salvini Valentina, Elena

• Brega Gianmarco, Soldato

• Compagnoni Eleonora, Coro 3 • Lombardini Susanna, Coro 4 • Morini Federica, Coro 5 • Repossi Roberta, Coro 6

E con il piccolo Edoardo Folino Gallo, nella parte di Astianatte

Presentano Andrea Colombi e Francesca Santimaria.

Le Troiane chiudono il nostro “trittico greco”: una trilogia euripidea, rispettosamente, ma inevitabilmente rivisitata, perché si adeguasse al meglio alle significazioni e alle esigenze comunicative di oggi. Euripide resta comunque ben presente, pur subendo qualcosa di analogo a quello che lui stesso faceva con le storie del suo tempo. La trilogia, ricordiamolo, si era aperta con la rappresentazione della vicenda di Ifigenia (2002/2003), ove si doveva decidere il sacrificio di una ragazza innocente perché la macchina da guerra potesse mettersi in moto. Con le Troiane si salta alla fine del conflitto, ad ascoltare la voce di dolore e di protesta delle vittime. Il testo è ancora così vivo che non abbiamo voluto intervenire particolarmente su di esso: non ce n’era quasi bisogno. La trilogia può considerarsi completata (come si faceva più o meno allora, al tempo dei Greci …) dalle grottesche note del dramma satiresco: in questo caso il Ciclope, già messo in scena nel 2004/2005, con l’interessante tema del confronto fra la civiltà greca e il “diverso”.