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1 Le società in house come <<società organo>> alla luce della legge Madia (art. 18 della l. 7-8-2015, n. 124 e bozza del TU in materia di società a partecipazione pubblica). Sommario: 0. Storia delle società in house. 1. Origine giurisprudenziale delle società in house. 2. Intervento del legislatore comunitario sull’istituto dell’in house. 3. La legge Madia in punto in house. 4. Le società miste. 5. I divieti di cui all’art. 13 del decreto Bersani per le società strumentali. 6. Società in house )enti pubblici economici e non), organismi di diritto pubblico, imprese pubbliche. 7. Problemi pratici connessi alle società in house prima della riforma Madia. 8. Le società in house alla luce della legge Madia. 9. Giurisprudenza e dottrina recenti. Appendice 1 (Elenco, non completo, ma esemplificativo, della giurisprudenza comunitaria sulle società ed enti in house). Appendice 2 (Elenco, non esaustivo, di testi normativi sulle società in mano pubblica). Appendice 3 (Elenco dei testi normativi abrogati dalla bozza del TU sulle società a partecipazione pubblica). Appendice 4 (Elenco di articoli, testi normativi e volumi relativi alle società in mano pubblica). - - - - 0. Storia delle società in house. Le società in house possono essere, ad oggi, studiate alla luce di tre momenti storici diversi. 1. Origine giurisprudenziale dell’istituto in house. In primo luogo va detto che l’istituto della società in house è una creazione della giurisprudenza comunitaria e, poi, da noi, della giurisprudenza nazionale. La società in house –si legge nel Parere dell’Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato del 16-3-2016, n. 438 sulla bozza del TU in materia di società a partecipazione pubblica (par. 7)- è un istituto nato nel diritto europeo con la finalità di limitare le ipotesi in cui si può derogare alle

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Le società in house come <<società organo>> alla

luce della legge Madia (art. 18 della l. 7-8-2015,

n. 124 e bozza del TU in materia di società a

partecipazione pubblica).

Sommario: 0. Storia delle società in house. 1. Origine

giurisprudenziale delle società in house. 2.

Intervento del legislatore comunitario sull’istituto

dell’in house. 3. La legge Madia in punto in house. 4.

Le società miste. 5. I divieti di cui all’art. 13 del

decreto Bersani per le società strumentali. 6. Società

in house )enti pubblici economici e non), organismi di

diritto pubblico, imprese pubbliche. 7. Problemi

pratici connessi alle società in house prima della

riforma Madia. 8. Le società in house alla luce della

legge Madia. 9. Giurisprudenza e dottrina recenti.

Appendice 1 (Elenco, non completo, ma esemplificativo,

della giurisprudenza comunitaria sulle società ed enti

in house). Appendice 2 (Elenco, non esaustivo, di

testi normativi sulle società in mano pubblica).

Appendice 3 (Elenco dei testi normativi abrogati dalla

bozza del TU sulle società a partecipazione pubblica).

Appendice 4 (Elenco di articoli, testi normativi e

volumi relativi alle società in mano pubblica).

- - - -

0. Storia delle società in house.

Le società in house possono essere, ad oggi,

studiate alla luce di tre momenti storici diversi.

1. Origine giurisprudenziale dell’istituto in

house.

In primo luogo va detto che l’istituto della

società in house è una creazione della

giurisprudenza comunitaria e, poi, da noi, della

giurisprudenza nazionale.

La società in house –si legge nel Parere

dell’Adunanza della Commissione speciale del

Consiglio di Stato del 16-3-2016, n. 438 sulla

bozza del TU in materia di società a

partecipazione pubblica (par. 7)- è un istituto

nato nel diritto europeo con la finalità di

limitare le ipotesi in cui si può derogare alle

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regole della “concorrenza per il mercato” mediante

il ricorso a forme di affidamenti diretti di

compiti relativi alla realizzazione di opere

pubbliche o alla gestione di servizi pubblici

(Corte di Giustizia, sent. Teckal 18-11-1999, in

causa C-107-98).

1.1. Quindi per disciplinare tale situazione si

pervenne –e per l’Italia- a teorizzare una

specifica società di capitali (per azioni o a

responsabilità limitata: artt. 2325 e segg. e 2462

e segg. cc) che avesse le seguenti

caratteristiche:

(1) il capitale sociale doveva essere totalmente

pubblico;

(2) il controllo della società da parte dei soci

pubblici doveva essere di tipo gerarchico e,

quindi, anche a scavalco di quello degli

amministratori, con deroga a quanto previsto dagli

artt. 2380 bis e 2475 cc: in definitiva il

controllo sulla società doveva essere analogo a

quello che qualsiasi ente pubblico esercitava sui

propri uffici (v.si, specialmente, la sent. SEA

del 10-9-2009, C-573/07);

(3) in caso di più soci pubblici era ammesso il

controllo analogo congiunto: “Quando più autorità

pubbliche, nella loro veste di amministrazioni

aggiudicatrici, istituiscono in comune un’entità

incaricata di adempiere compiti di servizio

pubblico ad esse spettanti, oppure quando

un’entità pubblica aderisce ad una entità

siffatta, la condizione enunziata dalla

giurisprudenza della Corte di Giustizia

dell’Unione europea, secondo cui tali autorità,

per essere dispensate dal loro obbligo di avviare

una procedura di aggiudicazione di appalto

pubblico in conformità alle norme del diritto

dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente

sull’entità in questione un controllo analogo a

quello da esse esercitato sui propri servizi, E’

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SODDISFATTA QUALORA CIASCUNA DELLE AUTORITA’

STESSE PARTECIPI SIA AL CAPITALE SIA AGLI ORGANI

DIRETTIVI DELL’ENTITA’ SUDDETA” (sent. Giustizia

Ue, 13-6-2013, C-386/11; sent. 8-5-2014 C-15/13;

sent. 19-6-2014, (574/12);

(4) la società doveva operare sostanzialmente solo

(per circa l’80%) per gli enti pubblici titolari

del relativo capitale sociale1.

1.2. Ne deriva che: (i) tale tipo di società2

costituiva una sottospecie, una varietà, delle

società a partecipazione pubblica di cui agli

artt. 2449 e segg. cc (v.si “Parere”, par. 7,

10.1, 2.4. ecc.); (ii) per tale società si

utilizzava la locuzione <<società organo>>,

formata da due sostantivi per indicare una sola

“cosa”: una società che godeva, a volte, della

personalità giuridica (in quanto “soggetto con

1 Per un riassunto dei requisiti delle società in house, v.si, altresì, Cons. St., VI,

2660/2015, par. 14 e parere Cons. St., II, 298/2015, par. 2. 2 Il concetto di “tipo di società” è previsto dall’art. 2249 cc per il quale: “Le società che

hanno per oggetto l’esercizio di un’attività commerciale devono costituirsi secondo uno

dei tipi regolati nei capi III e seguenti di questo titolo. Le società che hanno per oggetto

l’esercizio di una attività diversa sono regolate dalle disposizioni sulla società semplice, a

meno che i soci abbiano voluto costituire la società secondo uno degli altri tipi regolati

nei capi III e seguenti di questo titolo. Sono salve le disposizioni riguardanti le società

cooperative e quelle delle leggi speciali che per l’esercizio di particolari categorie di

imprese prescrivono la costituzione della società secondo un determinato tipo”. L’art.

18/1 lett. a) della l. 124/2015 parla di “tipi di società” come segue: “Il decreto legislativo

per il riordino della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle

amministrazioni pubbliche è adottato al fine prioritario di assicurare la chiarezza della

disciplina, la semplificazione normativa e la tutela e promozione della concorrenza, con

particolare riferimento al superamento dei regimi transitori, nel rispetto dei seguenti

principi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli di cui all’art. 16:

a) distinzione tra tipi di società in relazione alle attività svolte, agli interessi pubblici di

riferimento, alla misura e alla qualità della partecipazione e alla sua natura diretta o

indiretta, alla modalità diretta o mediante procedura di evidenza pubblica

dell’affidamento, nonché alla quotazione in borsa o all’emissione di strumenti finanziari

quotati nei mercati regolamentati, e individuazione della relativa disciplina, anche in

base al principio di proporzionalità delle deroghe rispetto alla disciplina privatistica, ivi

compresa quella in materia di organizzazione e crisi di impresa”. L’art. 3 della bozza del

TU sulle società a partecipazione pubblica asserisce che tali società possono essere

“esclusivamente costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità

limitata”. (Sul principio di “tipicità”, v.nsi: F. Galgano, Trattato di diritto civile, IV,

Cedam, 2010, pagg. 3 e segg.; C. Ruperto, La giurisprudenza sul codice civile, sub art.

2249 cc, Giuffrè, 2012, pag. 59 e segg.

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personalità giuridica”: v.nsi artt. 2331 e 2463

cc) e, altre volte, costituiva un semplice

“organo” degli enti titolari del relativo capitale

sociale.

1.3. La giurisprudenza della Corte di giustizia

(che diede luogo a tale tipo di società) è stata,

come già detto, accolta dalla giurisprudenza

nazionale: Cassazione, Consiglio di Stato, Corte

dei Conti (v.si Appendice 1).

1.4. Sul tronco di tale giurisprudenza il

legislatore italiano ha emanato numerosi testi

normativi (v.si Appendice 2). In particolare ha

introdotto l’istituto dell’in house con l’art.

113/5, lett. a) del TU 267/2000, come modificato

dall’art. 4 del d.l. 269/2003, convertito nella l.

326/2003. (Il detto comma 5 è stato, poi, abrogato

dall’art. 12/1 del dpr 168/2010).

2. Intervento del legislatore comunitario

sull’istituto dell’in house.

Il secondo momento è dato dal fatto che il

legislatore comunitario con le tre direttive

2014/23/UE, 2014/24/UE E 2014/25/UE ha definito le

società in house come segue (v.si, come esempio,

l’ art. 12, direttiva 24/UE):

Appalti pubblici tra enti nell’ambito del settore pubblico

1. Un appalto pubblico aggiudicato da un’amministrazione

aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o

di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione

della presente direttiva quando siano soddisfatte tutte le

seguenti condizioni:

a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona

giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa

esercitato sui propri servizi;

b) oltre l’80 % delle attività della persona giuridica

controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad

essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice

controllante o da altre persone giuridiche controllate

dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi; e

c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna

partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di

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forme di partecipazione di capitali privati che non comportano

controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative

nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano

un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

Si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su

una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato

sui propri servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti

un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle

decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale

controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica

diversa, a sua volta controllata allo stesso modo

dall’amministrazione aggiudicatrice.

2. Il paragrafo 1 si applica anche quando una persona giuridica

controllata che è un’amministrazione aggiudicatrice aggiudica

un appalto alla propria amministrazione aggiudicatrice

controllante o ad un altro soggetto giuridico controllato dalla

stessa amministrazione aggiudicatrice, a condizione che nella

persona giuridica alla quale viene aggiudicato l’appalto pubblico

non vi sia alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad

eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non

comportano controllo o potere di veto prescritte dalle

disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che

non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica

controllata.

3. Un’amministrazione aggiudicatrice che non eserciti su

una persona giuridica di diritto privato o pubblico un

controllo ai sensi del paragrafo 1 può nondimeno

aggiudicare un appalto pubblico a tale persona giuridica

senza applicare la presente direttiva quando sono soddisfatte

tutte le seguenti condizioni:

a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con

altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona

giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui

propri servizi;

b) oltre l’80 % delle attività di tale persona giuridica sono

effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle

amministrazioni aggiudicatrici controllanti o da altre persone

giuridiche controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui

trattasi; e

c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna

partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme

di partecipazione di capitali privati che non comportano

controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative

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nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano

un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

Ai fini del primo comma, lettera a), le amministrazioni

aggiudicatrici esercitano su una persona giuridica un controllo

congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

i) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono

composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni

aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono

rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici

partecipanti;

ii) tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare

congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi

strategici e sulle decisioni significative di detta persona

giuridica; e

iii) la persona giuridica controllata non persegue interessi

contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici

controllanti.

4. Un contratto concluso esclusivamente tra due o più

amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell’ambito di

applicazione della presente direttiva, quando sono

soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) il contratto stabilisce o realizza una cooperazione tra le

amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, finalizzata a

garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere

siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che esse

hanno in comune;

b) l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da

considerazioni inerenti all’interesse pubblico; e

c) le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti svolgono sul

mercato aperto meno del 20 % delle attività interessate dalla

cooperazione.

5. Per determinare la percentuale delle attività di cui al

paragrafo 1, primo comma, lettera b), al paragrafo 3, primo

comma, lettera b), e al paragrafo 4, lettera c), si prende in

considerazione il fatturato totale medio, o una idonea misura

alternativa basata sull’attività, quali i costi sostenuti dalla

persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in

questione nei campi dei servizi, delle forniture e dei lavori

per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto.

Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell’attività

della persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in

questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue

attività, il fatturato, o la misura alternativa basata sull’attività,

quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è

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più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a

proiezioni dell’attività, che la misura dell’attività è credibile.

2.1. In ordine a tale normativa, il Consiglio di

Stato ha emanato due pronunce, tra di loro

contrastanti:

(1) un parere (Cons. St., parere II, 30-1-2015, n.

298) e (2) una sentenza (Cons. St., VI,

2660/2015), ambedue sul caso consorzio CINECA.

2.1.1. Comunque –e a parte il contrasto circa la

natura o meno di ente in house in capo al

consorzio CINECA- vi è da rilevare che con il

parere il Consiglio di Stato ha asserito, nei par.

6-8, quanto segue:

A tale proposito va ricordata la disciplina recentemente

introdotta in materia dall’art.12 della Direttiva 2014/24/UE

del 26 febbraio 2014, che abroga la direttiva 2004/18/CE, e che

oltretutto è entrata in vigore successivamente agli avvisi del

MEF e delle AA.II. citt.

Com'è noto, prima di tale novella, l'istituto in questione

aveva ricevuto una disciplina esclusivamente

giurisprudenziale, di cui si è dato cenno nelle premesse e di cui

appunto gli avvisi citati avevano tenuto principalmente conto.

L’art. 12 cit., viceversa, nel definire in rubrica la materia come quella afferente gli “appalti pubblici tra enti nell’ambito

del settore pubblico”, ha in parte recepito tale

giurisprudenza, ma in una parte rilevante ai fini della

soluzione del quesito proposto, ha profondamente innovato,

definendo in modo parzialmente diverso le condizioni di

esclusione dalla direttiva medesima. L’art. 12 cit., infatti, nel

confermare che, nel caso di “in house providing” escluso dalla

direttiva, "l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla

persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da

essa esercitato sui propri servizi" (art.12 cit., 1° par., lett. a), ha

aggiunto una precisa definizione in ordine all’ulteriore requisito

della cosiddetta “parte più importante dell'attività svolta”,

secondo cui “oltre l’80 % delle attività della persona giuridica

controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa

affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da

altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione

aggiudicatrice” (art.12 cit., 1° par., lett. b). Ed alla successiva

lett. c) ha aggiunto la condizione ulteriore e parzialmente

innovativa (rispetto alla giurisprudenza comunitaria e

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nazionale), secondo cui “nella persona giuridica controllata

non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad

eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che

non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle

disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati,

che non esercitano un’influenza determinante sulla persona

giuridica controllata”. Ha poi aggiunto nell'ultima parte del

primo paragrafo cit., a maggiore definizione della nozione

comunitaria di “controllo analogo”, che “si ritiene che

un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona

giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri

servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti

un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che

sulle decisioni significative della persona giuridica

controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da

una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo

stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice”. Quindi

l’art. 12, paragrafo 1 cit. richiede che, ai fini dell'esclusione dei

contratti tra soggetti pubblici dall’applicazione della direttiva,

l’amministrazione aggiudicatrice debba svolgere sull'altro ente

pubblico “un controllo analogo a quello che esercita sui

propri dipartimenti/servizi”; inoltre che più dell’80% delle

prestazioni dell'altro ente pubblico siano effettuate a favore

dell’amministrazione aggiudicatrice o di un altro ente pubblico

controllato dalla prima; infine che l'altro ente pubblico che

riceve l'affidamento dall'amministrazione aggiudicatrice non sia

controllato da capitale privato, a meno che non si tratti di

partecipazione di controllo o di blocco secondo le disposizioni

nazionali; e che in ogni caso tale partecipazione non determini

influenza dominante (la percentuale dell’80% richiama la

stessa quota dettata, per i settori speciali, dagli artt. 218 del

dlg.163/06 e 23 Dir. 17/2004).

7. Com’è noto, la direttiva 2014/24 non è stata ancora recepita,

essendo ancora in corso il termine relativo per l'incombente, e

tuttavia essa appare di carattere sufficientemente dettagliato tale

da presentare pochi dubbi per la sua concreta attuazione.

Non vi è dubbio quindi che nel caso in esame, se non vi è

addirittura un’applicazione immediata del tipo “self-

executing”, non può in ogni caso non tenersi conto di quanto

disposto dal legislatore europeo, secondo una dettagliata

disciplina in materia, introdotta per la prima volta con

diritto scritto e destinata a regolare a brevissimo la

concorrenza nei contratti pubblici di lavori, servizi e

forniture nell’U.E.

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Ebbene, la posizione del CINECA nei confronti del Ministero,

delle Università e degli Enti pubblici di ricerca suoi consorziati

corrisponde perfettamente alla fattispecie cui la direttiva cit.

ricollega l'esclusione dalla propria disciplina, anche per i profili

di cui finora si era dubitato.

Infatti, oltre a soddisfare i requisiti già visti del controllo

analogo e dell'attività prevalente da svolgere a favore delle

amministrazioni consorziate, nella specie non può ammettersi

che il Consorzio possa mai risultare, per qualsiasi evenienza,

controllato da capitale privato, tanto meno in posizione di

influenza dominante ai sensi dell'art. 2359 cc., essendo ciò

viceversa radicalmente escluso dallo stesso assetto consortile,

che vede il Consorzio stabilmente partecipato al 98% da

pubbliche amministrazioni, e soltanto in minima parte da

persone giuridiche private, che oltretutto non hanno certamente

potere di veto o di condizionamento alcuno, ma che svolgono a

loro volta un pubblico servizio nel settore dell'istruzione

superiore e/o della ricerca scientifica.

La possibilità di partecipare a società di capitali o ad altri

consorzi o di affidare a terzi l'esercizio di parte delle attività di

competenza, è certamente ispirata dal lodevole intento di attuare

sinergie quanto mai opportune nelle attività istituzionali del

Consorzio, e non appare in alcun modo idonea ad alterare il

carattere pubblicistico delle attività consortili, che oltretutto si

realizzano dichiaratamente “senza fini di lucro” (art.1, comma

3° dello Statuto). Ed è appena il caso di ricordare che tutte le

attività che il consorzio non intende svolgere direttamente con le

proprie strutture, debbono essere affidate all'esterno attraverso

procedimenti di evidenza pubblica.

8. Il modello accolto è, sostanzialmente, quello, oggi

codificato, della cooperazione pubblico-pubblico

istituzionalizzata di tipo verticale (“in house” secondo il par.

1 dell’art.12 cit.), creato nella giurisprudenza comunitaria,

con taluni caratteri però di quello della cooperazione

pubblico-pubblico non istituzionalizzata di tipo orizzontale

di cui all’art. 12 cit., paragrafo 4.

Ed ancora, la possibilità del Consorzio di svolgere talune attività

“anche con carattere di impresa”, non è affatto ostativa

all’affidamento “in house”, anche alla stregua di quanto

recentissimamente affermato dalla Corte di giustizia U.E.

(Quinta Sezione) con la sentenza del 18 dicembre 2014, causa

C-568/13 (“l’articolo 1, lettera c), della direttiva 92/50 osta a

una normativa nazionale che escluda un’azienda ospedaliera

pubblica, come quella di cui trattasi nel procedimento

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principale, dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione

di appalti pubblici, a causa della sua natura di ente pubblico

economico, se e nei limiti in cui tale azienda è autorizzata a

operare sul mercato conformemente ai suoi obiettivi istituzionali

e statutari”, salva la possibilità, in tale ipotesi, di esclusione

dell’offerta ritenuta anomala in presenza “di un finanziamento

pubblico di cui detta azienda beneficia”).

Deve pertanto definitivamente disattendersi anche il rilievo

secondo cui l’attività d’impresa eventualmente svolta dal

Consorzio dovrebbe condurre a negarne la funzione di

strumento operativo dell’amministrazione, senza che ciò possa

essere di ostacolo all’affidamento.

2.1.2. Con la sentenza, VI, 2660/2015 del 26-5-

2015, il Consiglio di Stato, ha ricostruito i

“tratti essenziali dell’istituto dell’in house”

come segue:

I principi generali affermati con la sentenza Teckal e poi

costantemente ribaditi con le pronunce successive sono così

riassumibili: (i) l’affidamento diretto (senza gara e senza

ricorso a procedure di evidenza pubblica) di appalti e

concessioni è consentito tutte le volte in cui si possa affermare

che l'organismo affidatario (nei casi in questione, una società),

ancorché dotato di autonoma personalità giuridica, presenti

connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione a un

“ufficio interno” dell'amministrazione affidante, poiché in

questo caso non vi sarebbe un rapporto di alterità

sostanziale, ma solo formale, sicché non si tratterebbe, nella

sostanza, di un effettivo “ricorso al mercato” (“outsourcing”),

bensì di una forma di “autoproduzione” o comunque di

erogazione di servizi pubblici “direttamente” ad opera

dell’amministrazione, attraverso strumenti “propri” (“in house

providing”); (ii) detta equiparazione sarebbe predicabile

esclusivamente in presenza di due specifici presupposti,

identificati nel c.d. “controllo analogo”, ovverosia in una

situazione, di fatto e di diritto, nella quale l’ente sia in grado di

esercitare sulla società un controllo analogo a quello che lo

stesso ente esercita sui propri “servizi interni”, e nella necessità

che la società svolga la “parte più importante della propria

attività” con l'amministrazione o le amministrazioni

affidanti.

La Corte di Giustizia UE ha chiarito che il requisito del c.d.

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controllo analogo richiede la necessaria partecipazione

pubblica totalitaria, posto che la partecipazione, pur

minoritaria, di soggetti privati al capitale di una società, alla

quale partecipi anche l’Amministrazione aggiudicatrice, esclude

in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla

medesima un controllo analogo a quello che essa svolge sui

propri servizi (cfr. C. giust. UE 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt

Halle; C. giust. UE 21 luglio 2005, C-231/03, Consorzio

Coname; C. giust. UE, sez. I, 18 gennaio 2007, C-225/05, Jean

Auroux).

La partecipazione pubblica totalitaria rappresenta una

condizione necessaria, ma non ancora sufficiente, dovendosi

ulteriormente verificare la presenza di strumenti di controllo

da parte dell’ente pubblico più incisivi rispetto a quelli

previsti dal diritto civile a favore del socio totalitario.

L’amministrazione aggiudicatrice deve, infatti, essere in grado

di esercitare un’influenza determinante sia sugli obiettivi

strategici che sulle decisioni importanti dell’entità affidataria e il

controllo esercitato deve essere effettivo, strutturale e funzionale

(v., in tal senso, C. giust. UE, sez. III, sentenza 29 novembre

2012, C-182/11 e C-183/11, Econord, punto 27 della

motivazione e giurisprudenza ivi citata).

Inoltre, la Corte di giustizia ha riconosciuto che, a

determinate condizioni, il “controllo analogo” può essere

esercitato congiuntamente da più autorità pubbliche che

possiedono in comune l’entità affidataria (v., in tal senso, la

sentenza Econord, punti da 28 a 31 e giurisprudenza ivi citata).

In base alla giurisprudenza da ultimo richiamata, nel caso in cui

venga fatto ricorso ad un’entità posseduta in comune da più

autorità pubbliche, il “controllo analogo” può essere esercitato

congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che

detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di

esse.

Da ciò consegue che, se un’autorità pubblica diventa socia di

minoranza di una società per azioni a capitale interamente

pubblico al fine di attribuirle la gestione di un servizio pubblico,

il controllo che le autorità pubbliche associate nell’ambito di tale

società esercitano su quest’ultima può essere qualificato come

analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi,

qualora esso venga esercitato congiuntamente dalle autorità

suddette.

Con particolare riferimento alla possibilità di ritenere sussistente

un controllo analogo esercitato in forma congiunta, la Corte di

Giustizia ha ulteriormente chiarito che ove più autorità

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pubbliche facciano ricorso ad un’entità comune ai fini

dell’adempimento di un compito comune di servizio pubblico,

non è indispensabile che ciascuna di esse detenga da sola un

potere di controllo individuale su tale entità; ciononostante, il

controllo esercitato su quest’ultima non può fondarsi soltanto sul

potere di controllo dell’autorità pubblica che detiene una

partecipazione di maggioranza nel capitale dell’entità in

questione, e ciò perché, in caso contrario, verrebbe svuotata di

significato la nozione stessa di controllo congiunto.

Infatti, l’eventualità che un’amministrazione aggiudicatrice

abbia, nell’ambito di un’entità affidataria posseduta in comune,

una posizione inidonea a garantirle la benché minima possibilità

di partecipare al controllo di tale entità aprirebbe la strada ad

un’elusione dell’applicazione delle norme del diritto

dell’Unione in materia di appalti pubblici o di concessioni di

servizi, dal momento che una presenza puramente formale nella

compagine di tale entità o in un organo comune incaricato della

direzione della stessa dispenserebbe detta amministrazione

aggiudicatrice dall’obbligo di avviare una procedura di gara

d’appalto secondo le norme dell’Unione, nonostante essa non

prenda parte in alcun modo all’esercizio del «controllo analogo»

sull’entità in questione (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio

2005, Coname). Ha poi concluso che: (a) il Consorzio CINECA non

aveva le caratteristiche per essere definito un

ente in house; (b) doveva escludersi (par. 23) che

la normativa di cui alle tre direttive UE 23, 24 e

25/2014 potesse, sul punto, qualificarsi self

executing.

Su quest’ultimo problema, il Consiglio di Stato ha

asserito:

In primo luogo, deve escludersi che la nuova direttiva,

nonostante il suo contenuto in alcune parti dettagliato, possa

ritenersi self-executing per la dirimente considerazione che è

ancora in corso il termine previsto per la sua attuazione da parte

dello Stato.

È vero che la giurisprudenza comunitaria riconosce una forma di

rilevanza giuridica alla direttiva anche prima che sia scaduto il

termine per il suo recepimento. Si tratta, però, di una rilevanza

giuridica certamente minore rispetto al c.d. effetto diretto (che

implica l’immediata applicazione della direttiva dettagliata ai

rapporti c.d. verticali), che si traduce semplicemente, in nome

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del principio di leale collaborazione, in un dovere di standstill,

ovvero nel dovere per il legislatore di astenersi dall’adottare, nel

periodo interocorrente tra la pubblicazione della direttiva nella

GUUE e il termine assegnato per il suo recepimento, qualsiasi

misura che possa compromettere il conseguimento del risultato

prescritto (C. giust. 18 dicembre 1997, C-129/96, Inter-

EnvironnementVallonie) e per il giudice di astenersi da qualsiasi

forma di interpretazione o di applicazione del diritto nazionale

da cui possa derivare, dopo la scadenza del termine di

attuazione, la messa in pericolo del risultato voluto dalla

direttiva (C. giust. UE, 15 aprile 2008, C-268/08, Impact).

Non si tratta, quindi, del dovere di immediata applicazione o

dell’obbligo di interpretazione conforme (che operano solo dopo

che è scaduto il termine di recepimento), ma soltanto di un

obbligo negativo, che si sostanzia nel dovere di astenersi

dall’interpretazione difforme potenzialmente pregiudizievole per

i risultati che la direttiva intende conseguire.

Si tratta, in altri termini, di un obbligo attenuato rispetto a quello

di interpretazione conforme in quanto discende da un principio

sì fondamentale del diritto dell’Unione, quale è quello di leale

cooperazione, ma, pur tuttavia, gerarchicamente sotto ordinato a

quello del primato, il cui mancato rispetto mina la stessa essenza

dell’ordinamento dell’Unione.

Come è stato efficacemente evidenziato in dottrina, se l’obbligo

d'interpretazione conforme ha un valore prossimo all’effetto

diretto, lo stesso valore non può riconoscersi all’obbligo di

astensione da un’interpretazione difforme dal diritto dell’Unione

europea che non consente una lettura della norma interna

additiva, dovendosi altrimenti ritenere i due istituti giuridici

sovrapponibili.

La fattispecie in esame si colloca al di fuori dell’ambito di

questa limitata rilevanza giuridica “negativa” che

eccezionalmente può essere riconosciuta alla direttiva prima

della scadenza del termine di recepimento: le regole sull’in

house, di cui si fa applicazione nel presente giudizio, che

potenzialmente potrebbero contrastare con le previsioni della

nuova direttiva, sono, infatti, regole già esistenti

nell’ordinamento nazionale (non introdotte ex novo dal

legislatore nazionale in violazione del dovere di standstill) e

sono, inoltre, regole che trovano la loro fonte proprio

nell’ordinamento dell’Unione Europea, avendo esse origine

dalla sopra richiamata giurisprudenza della Corte di giustizia

che nel corso degli anni ha fissato rigorosi limiti alla operatività

dell’in house.

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Non si può, quindi, ritenere che la mera pubblicazione della

direttiva determini, prima che sia scaduto il termine per il suo

recepimento, il superamento automatico e immediato di una

disciplina preesistente di derivazione comunitaria. E così:

Per ragioni analoghe, non appare corretto ritenere

immediatamente operativa la possibilità di partecipazione di

capitali privati house richiamando il c.d. obbligo di

interpretazione conforme da parte del giudice nazionale.

Nel caso di specie, invero,non risultano sussistenti i presupposti

per la c.d. interpretazione conforme o per il divieto di

interpretazione difforme, secondo quanto già esposto.

A venire in rilievo non è, infatti, una norma nazionale

“ambigua” o “plurivoca”, suscettibile di più interpretazioni, di

cui almeno una conforme al contenuto di una direttiva

comunitaria sopravvenuta.

Viene al contrario in rilievo una nozione di in house di

matrice comunitaria (elaborata da una giurisprudenza

pietrificata, tanto da costituire diritto vivente) che è univoca

nell’escludere la compatibilità dell’istituto con la

partecipazione di soggetti privati.

Ritenere da subito possibili forme di partecipazione di capitali

privati significherebbe, pertanto, disapplicare la fin qui

consolidata giurisprudenza comunitaria sui limiti all’in house,

dando prevalenza ad una nozione meno restrittiva prevista da

una direttiva sopravvenuta ancora in corso di recepimento.

Non si tratterebbe, quindi, di interpretare il diritto nazionale in

maniera conforme al diritto eurounitario sopravvenuto, ma, al

contrario, di disapplicare o correggere l’interpretazione fornita

dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, per assicurarne la

conformità alla direttiva sopravvenuta, la quale, però, (non

essendo scaduto il termine di recepimento) non è ancora cogente

all’interno degli ordinamenti nazionali.

3. La legge Madia in punto in house.

Con la legge Madia (7-8-2015, n. 124), il

legislatore ha provveduto, con l’art. 18, al

“riordino della disciplina delle partecipazioni

societarie delle amministrazioni pubbliche”.

Tale articolo è formulato come segue:

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1. Il decreto legislativo per il riordino della disciplina in

materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni

pubbliche è adottato al fine prioritario di assicurare la

chiarezza della disciplina, la semplificazione normativa e la

tutela e promozione della concorrenza, con particolare

riferimento al superamento dei regimi transitori, nel rispetto

dei seguenti principi e criteri direttivi, che si aggiungono a

quelli di cui all'articolo 16:

a) distinzione tra tipi di società in relazione alle attività svolte,

agli interessi pubblici di riferimento, alla misura e qualità della

partecipazione e alla sua natura diretta o indiretta, alla modalità

diretta o mediante procedura di evidenza pubblica

dell'affidamento, nonché alla quotazione in borsa o all'emissione

di strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati, e

individuazione della relativa disciplina, anche in base al

principio di proporzionalità delle deroghe rispetto alla disciplina

privatistica, ivi compresa quella in materia di organizzazione e

crisi d'impresa;

b) ai fini della razionalizzazione e riduzione delle partecipazioni

pubbliche secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità,

ridefinizione della disciplina, delle condizioni e dei limiti per

la costituzione di società, l'assunzione e il mantenimento di

partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche

entro il perimetro dei compiti istituzionali o di ambiti strategici

per la tutela di interessi pubblici rilevanti, quale la gestione di

servizi di interesse economico generale; applicazione dei

principi della presente lettera anche alle partecipazioni

pubbliche già in essere;

c) precisa definizione del regime delle responsabilità degli

amministratori delle amministrazioni partecipanti nonché dei

dipendenti e degli organi di gestione e di controllo delle società

partecipate;

d) definizione, al fine di assicurare la tutela degli interessi

pubblici, della corretta gestione delle risorse e la salvaguardia

dell'immagine del socio pubblico, dei requisiti e della garanzia

di onorabilità dei candidati e dei componenti degli organi di

amministrazione e controllo delle società, anche al fine di

garantirne l'autonomia rispetto agli enti proprietari;

e) razionalizzazione dei criteri pubblicistici per gli acquisti e

il reclutamento del personale, per i vincoli alle assunzioni e le

politiche retributive, finalizzati al contenimento dei costi,

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16

tenendo conto delle distinzioni di cui alla lettera a) e

introducendo criteri di valutazione oggettivi, rapportati al valore

anche economico dei risultati; previsione che i risultati

economici positivi o negativi ottenuti assumano rilievo ai fini

del compenso economico variabile degli amministratori in

considerazione dell'obiettivo di migliorare la qualità del servizio

offerto ai cittadini e tenuto conto della congruità della tariffa e

del costo del servizio;

f) promozione della trasparenza e dell'efficienza attraverso

l'unificazione, la completezza e la massima intelligibilità dei dati

economico-patrimoniali e dei principali indicatori di efficienza,

nonché la loro pubblicità e accessibilità;

g) attuazione dell'articolo 151, comma 8, del testo unico di

cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di

consolidamento delle partecipazioni nei bilanci degli enti

proprietari;

h) eliminazione di sovrapposizioni tra regole e istituti

pubblicistici e privatistici ispirati alle medesime esigenze di

disciplina e controllo;

i) possibilità di piani di rientro per le società con bilanci in

disavanzo con eventuale commissariamento;

l) regolazione dei flussi finanziari, sotto qualsiasi forma, tra

amministrazione pubblica e società partecipate secondo i criteri

di parità di trattamento tra imprese pubbliche e private e

operatore di mercato;

m) con riferimento alle società partecipate dagli enti locali:

1) per le società che gestiscono servizi strumentali e funzioni

amministrative, definizione di criteri e procedure per la scelta

del modello societario e per l'internalizzazione nonché di

procedure, limiti e condizioni per l'assunzione, la conservazione

e la razionalizzazione di partecipazioni, anche in relazione al

numero dei dipendenti, al fatturato e ai risultati di gestione;

2) per le società che gestiscono servizi pubblici di interesse

economico generale, individuazione di un numero massimo di

esercizi con perdite di bilancio che comportino obblighi di

liquidazione delle società, nonché definizione, in conformità con

la disciplina dell'Unione europea, di criteri e strumenti di

gestione volti ad assicurare il perseguimento dell'interesse

pubblico e ad evitare effetti distorsivi sulla concorrenza, anche

attraverso la disciplina dei contratti di servizio e delle carte dei

diritti degli utenti e attraverso forme di controllo sulla gestione e

sulla qualità dei servizi;

3) rafforzamento delle misure volte a garantire il

raggiungimento di obiettivi di qualità, efficienza, efficacia ed

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economicità, anche attraverso la riduzione dell'entità e del

numero delle partecipazioni e l'incentivazione dei processi di

aggregazione, intervenendo sulla disciplina dei rapporti

finanziari tra ente locale e società partecipate nel rispetto degli

equilibri di finanza pubblica e al fine di una maggior

trasparenza;

4) promozione della trasparenza mediante pubblicazione, nel

sito internet degli enti locali e delle società partecipate

interessati, dei dati economico-patrimoniali e di indicatori di

efficienza, sulla base di modelli generali che consentano il

confronto, anche ai fini del rafforzamento e della

semplificazione dei processi di armonizzazione dei sistemi

contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni

pubbliche partecipanti e delle società partecipate;

5) introduzione di un sistema sanzionatorio per la mancata

attuazione dei principi di razionalizzazione e riduzione di cui

al presente articolo, basato anche sulla riduzione dei

trasferimenti dello Stato alle amministrazioni che non

ottemperano alle disposizioni in materia;

6) introduzione di strumenti, anche contrattuali, volti a

favorire la tutela dei livelli occupazionali nei processi di

ristrutturazione e privatizzazione relativi alle società partecipate;

7) ai fini del rafforzamento del sistema dei controlli interni

previsti dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto

2000, n. 267, revisione degli obblighi di trasparenza e di

rendicontazione delle società partecipate nei confronti degli

enti locali soci, attraverso specifici flussi informativi che

rendano analizzabili e confrontabili i dati economici e industriali

del servizio, gli obblighi di servizio pubblico imposti e gli

standard di qualità, per ciascun servizio o attività svolta dalle

società medesime nell'esecuzione dei compiti affidati, anche

attraverso l'adozione e la predisposizione di appositi schemi di

contabilità separata.

(La grassettarura è dello scrivente).

3.1. Il 20 gennaio 2016 il Consiglio dei Ministri

ha licenziato la bozza del “Testo Unico sulle

società a partecipazione pubblica” con ben 29

articoli.

3.2. Il Consiglio dei Ministri, sulla base

dell’art. 19 della l. 124/20163, ha poi redatto la

3 L’art. 19 della l. 124/2015, è formulato come segue:

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Art. 19. Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di interesse

economico generale 1. Il decreto legislativo per il riordino della disciplina in materia di servizi

pubblici locali di interesse economico generale è adottato, senza nuovi o

maggiori oneri per la finanza pubblica, nel rispetto dei seguenti principi e

criteri direttivi, che si aggiungono a quelli di cui all'articolo 16:

a) riconoscimento, quale funzione fondamentale dei comuni e delle città

metropolitane, da esercitare nel rispetto dei principi e dei criteri dettati dalla

normativa europea e dalla legge statale, dell'individuazione delle attività di

interesse generale il cui svolgimento è necessario al fine di assicurare la

soddisfazione dei bisogni degli appartenenti alle comunità locali, in

condizioni di accessibilità fisica ed economica, di continuità e non

discriminazione, e ai migliori livelli di qualità e sicurezza, così da garantire

l'omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale;

b) soppressione, previa ricognizione, dei regimi di esclusiva, comunque

denominati, non conformi ai principi generali in materia di concorrenza e

comunque non indispensabili per assicurare la qualità e l'efficienza del

servizio;

c) individuazione della disciplina generale in materia di regolazione e

organizzazione dei servizi di interesse economico generale di ambito locale,

compresa la definizione dei criteri per l'attribuzione di diritti speciali o

esclusivi, in base ai principi di adeguatezza, sussidiarietà e proporzionalità e

in conformità alle direttive europee; con particolare riferimento alle società in

partecipazione pubblica operanti nei servizi idrici, risoluzione delle antinomie

normative in base ai principi del diritto dell'Unione europea, tenendo conto

dell'esito del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011;

d) definizione, anche mediante rinvio alle normative di settore e

armonizzazione delle stesse, dei criteri per l'organizzazione territoriale

ottimale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica;

e) individuazione, anche per tutti i casi in cui non sussistano i presupposti

della concorrenza nel mercato, delle modalità di gestione o di conferimento

della gestione dei servizi nel rispetto dei principi dell'ordinamento europeo,

ivi compresi quelli in materia di auto-produzione, e dei principi generali

relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di autonomia

organizzativa, economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata

pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento,

proporzionalità;

f) introduzione, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, di

incentivi e meccanismi di premialità o di riequilibrio economico-finanziario

nei rapporti con i gestori per gli enti locali che favoriscono l'aggregazione

delle attività e delle gestioni secondo criteri di economicità ed efficienza,

ovvero l'eliminazione del controllo pubblico;

g) individuazione dei criteri per la definizione dei regimi tariffari che tengano

conto degli incrementi di produttività al fine di ridurre l'aggravio sui cittadini

e sulle imprese;

h) definizione delle modalità di tutela degli utenti dei servizi pubblici locali;

i) revisione delle discipline settoriali ai fini della loro armonizzazione e

coordinamento con la disciplina generale in materia di modalità di

affidamento dei servizi;

l) previsione di una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e controllo

e le funzioni di gestione dei servizi, anche attraverso la modifica della

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bozza del “Testo Unico sui servizi locali”.

3.3. La Commissione speciale del Consiglio di

Stato, vista la relazione n. 117/16/UL/P del 25-2-

2016 con la quale il Ministro per la

semplificazione e la pubblica amministrazione ha

chiesto il parere del Consiglio di Stato sul Testo

Unico sub 3.1., ha emanato il “Parere” di cui si è

parlato sub 1. e 3.1.

3.4. Siccome detto parere è fortemente critico nei

confronti del T.U. sulle partecipate, diventa

disciplina sulle incompatibilità o sull'inconferibilità di incarichi o cariche;

m) revisione della disciplina dei regimi di proprietà e gestione delle reti, degli

impianti e delle altre dotazioni, nonché di cessione dei beni in caso di

subentro, in base a principi di tutela e valorizzazione della proprietà pubblica,

di efficienza, di promozione della concorrenza, di contenimento dei costi di

gestione, di semplificazione;

n) individuazione e allocazione dei poteri di regolazione e controllo tra i

diversi livelli di governo e le autorità indipendenti, al fine di assicurare la

trasparenza nella gestione e nell'erogazione dei servizi, di garantire

l'eliminazione degli sprechi, di tendere al continuo contenimento dei costi

aumentando nel contempo gli standard qualitativi dei servizi;

o) previsione di adeguati strumenti di tutela non giurisdizionale per gli utenti

dei servizi;

p) introduzione e potenziamento di forme di consultazione dei cittadini e di

partecipazione diretta alla formulazione di direttive alle amministrazioni

pubbliche e alle società di servizi sulla qualità e sui costi degli stessi;

q) promozione di strumenti per supportare gli enti proprietari nelle attività

previste all'articolo 18, per favorire investimenti nel settore dei servizi

pubblici locali e per agevolare i processi di razionalizzazione, riduzione e

miglioramento delle aziende che operano nel settore;

r) previsione di termini e modalità per l'adeguamento degli attuali regimi alla

nuova disciplina;

s) definizione del regime delle sanzioni e degli interventi sostitutivi, in caso

di violazione della disciplina in materia;

t) armonizzazione con la disciplina generale delle disposizioni speciali

vigenti nei servizi pubblici locali, relative alla disciplina giuridica dei rapporti

di lavoro;

u) definizione di strumenti per la trasparenza e la pubblicizzazione dei

contratti di servizio, relativi a servizi pubblici locali di interesse economico

generale, da parte degli enti affidanti anche attraverso la definizione di

contratti di servizio tipo per ciascun servizio pubblico locale di interesse

economico generale;

v) definizione di strumenti di rilevazione, anche attraverso banche dati

nazionali già costituite, dei dati economici e industriali, degli obblighi di

servizio pubblico imposti e degli standard di qualità, nel rispetto dei principi

dettati dalla normativa nazionale in materia di trasparenza.

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forse prematuro un puntuale commento di tale

bozza.

3.5. La Commissione speciale del Consiglio di

Stato, vista la relazione n. 122/16/ULP dell’1-3-

2016, con la quale il Ministro per la

semplificazione e la pubblica amministrazione ha

chiesto il parere del Consiglio di Stato in merito

al TU sui servizi pubblici, ha emanato detto

parere il 3 maggio 2016, n. 1075.

3.6. Volendo, comunque, anticipare qualche

considerazione in merito alle società in house, si

può sinteticamente asserire che: (1) la nuova

normativa comunitaria di cui alle tre direttive

23, 24 e 25/2014 UE delinea un istituto in parte

nuovo perché apre, entro certi limiti, ai capitali

privati; (2)la legge Madia contempla la società in

house come un “tipo” a parte di società (art.

18/1, lett. a) e m), anche se tende, parrebbe, ad

una “privatizzazione” dell’istituto (art. 1, lett.

d) laddove si parla di “autonomia [della società]

rispetto agli enti proprietari”: ma non è detto

che tale prescrizione si riferisca all’istituto

dell’in house, come non è chiaro cosa voglia

significare la “eliminazione di sovrapposizione

tra regole e istituti pubblicistici e privatistici

ispirati alle medesime esigenze di disciplina e di

controllo” di cui all’art. 18, lett. h).

3.6.1. Nella bozza del TU sulle società

partecipate, i riferimenti all’istituto dell’in

house sono poi numerosi: si possono vedere gli

articoli 2 (allorchè vengono definite le locuzioni

di “controllo analogo”, “controllo analogo

congiunto”), 12 (che fa riferimento al “danno

erariale”), 16 (sulle società a controllo pubblico

titolari di affidamenti diretti e di contratti

pubblici che richiama esplicitamente l’art. 12

della direttiva 24/2014/UE) e 29 (che abroga una

serie di testi normativi di cui alcuni, se non la

maggioranza, riferibili alla società in house:

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v.si Appendice 3).

Non solo: la normativa del citato TU va

coordinata: (1) con quella sui servizi pubblici di

interesse economico generale” (la bozza del

relativo TU fa esplicito riferimento

all’affidamento in house all’art. 7, comma 1,

lett. c) e comma 3, ma è prevedibile che tale

forma di gestione rimanga prevalente); (2) con

quella degli appalti pubblici (d.lg. 50/2016)

laddove in presenza di società in house sono

ammessi affidamenti diretti (v.si, in particolare,

l’art. 192 del d.lg. 50/2016).

3.6.2. (i) Comunque, e volendo individuare alcuni punti di tale bozza, si può anticipare che –alla luce dei principi di “chiarezza della disciplina”, “semplificazione normativa” e “tutela e promozione della concorrenza”- il TU dovrebbe superare i “regimi transitori”: le norme di cui agli artt. 23-27 –relative all’arbitrato [23], alla revisione straordinaria delle partecipazioni [25], alle disposizioni transitorie in materia di personale [26], ad altre disposizioni [27]- dovrebbero comportare il superamento dei testi normativi elencati nell’Appendice 2 del presente scritto (e ciò a parte i testi normativi esplicitamente abrogati dall’art. 29). (ii) Non solo: Il TU dovrebbe enucleare diversi “tipi” di società “in relazione alle attività svolte, agli interessi pubblici di riferimento, alla misura e qualità della partecipazione e alla sua natura diretta o indiretta, alla modalità diretta o mediante procedura di evidenza pubblica dell’affidamento, nonché alla quotazione in borsa o all’emissione di strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati, ivi compresa quella di organizzazione e crisi di impresa”: in realtà il TU, al di là dei principi di cui all’art. 1 e alle definizioni di cui all’art. 2, non individua alcun “tipo” di società: rinvia, solo, all’art. 3, a due tipi: quello di “società limitata a controllo pubblico” (per il quale è prevista “la nomina dell’organo di controllo o di un revisore”) e quello della “società per azioni a controllo pubblico” (per il quale “… la revisione legale dei conti non può essere affidata al collegio sindacale”). (iii) L’art. 4 (Finalità perseguibili mediante l’acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche), dopo le limitazioni del comma 1 (per il quale “Le amministrazioni pubbliche non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere, direttamente o indirettamente, partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”) sembra elencare i “tipi” di cui all’art. 18/1, lett. a) della legge delega affermando:

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2. Nei limiti di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento delle attività sotto indicate: a) produzione di un servizio di interesse generale; b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 172 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; c) realizzazione e gestione di un’opera ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale in regime di partenariato con un imprenditore privato, selezionato con le modalità di cui all’articolo 7, comma 5, del presente decreto, in funzione dell’affidamento dell’opera o del servizio; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento; e) servizi di committenza apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. 3. Al solo fine di ottimizzare e valorizzare l’utilizzo di beni immobili facenti parte del proprio patrimonio, le amministrazioni pubbliche possono, altresì, anche in deroga al comma 1, acquisire partecipazioni in società tramite il conferimento di beni immobili allo scopo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato. 4. Le società a controllo pubblico titolari di affidamenti diretti di contratti pubblici hanno come oggetto sociale esclusivo le attività di cui alle lettere a), b), d) ed e) di cui al comma 2. Salvo quanto previsto al successivo articolo 16, tali società operano in via prevalente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti.

(iv) L’art. 5, a sviluppo della norma limitativa del precedente art. 4/1 , esige che: (1) l’atto di costituzione di una società a partecipazione pubblica o quello di acquisto di partecipazioni sia “analiticamente motivato” e rispettoso dei principi del diritto europeo, specie in materia di “aiuti di Stato” di cui all’art. 87 (ex 92) del Trattato; (2) tale atto deliberativo sia sottoposto a “forme di consultazione pubblica” e (3) inviato alla sezione della Corte dei Conti competente. L’art. 7, poi, detta specifiche regole in ordine alle competenze dello Stato, delle Regioni, dei Comuni e di ogni altro ente pubblico, per la costituzione

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di società a partecipazione pubblica. L’art. 8 detta norme analoghe per l’acquisto di partecipazioni in società già costituite. (v) Il TU, all’art. 6, delinea una struttura societaria fortemente limitata quanto a controlli. Detto articolo (I Principi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione delle società a controllo pubblico) è formulato come segue:

1. Le società a controllo pubblico, che svolgano attività economiche protette da diritti speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato, in deroga all’obbligo di separazione societaria previsto dal comma 2-bis dell’articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, adottano sistemi di contabilità separata per le attività oggetto di diritti speciali o esclusivi e per ciascuna attività. 2. Le società a controllo pubblico predispongono specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale e ne informano l’assemblea nell’ambito della relazione di cui al comma 4. 3. Fatte salve le funzioni degli organi di controllo previsti a norma di legge e di statuto, le società a controllo pubblico valutano l’opportunità di integrare, in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche organizzative nonché dell’attività svolta, gli strumenti di governo societario con i seguenti: a) regolamenti interni volti a garantire la conformità dell’attività della società alle norme di tutela della concorrenza, comprese quelle in materia di concorrenza sleale, nonché alle norme di tutela della proprietà industriale o intellettuale; b) un ufficio di controllo interno strutturato secondo criteri di adeguatezza rispetto alla dimensione e alla complessità dell’impresa sociale, che collabora con l’organo di controllo statutario, riscontrando tempestivamente le richieste da questo provenienti, e trasmette periodicamente all’organo di controllo statutario relazioni sulla regolarità e l’efficienza della gestione; c) codici di condotta propri, o adesione a codici di condotta collettivi aventi a oggetto la disciplina dei comportamenti imprenditoriali nei confronti di consumatori, utenti, dipendenti e collaboratori, nonché altri portatori di legittimi interessi coinvolti nell’attività della società; d) programmi di responsabilità sociale d’impresa, in conformità alle raccomandazioni della Commissione dell’Unione europea. 4. Gli strumenti eventualmente adottati ai sensi del comma 3 sono indicati nella relazione sul governo societario che le società controllate predispongono annualmente, a chiusura

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dell’esercizio sociale e pubblicano contestualmente al bilancio d’esercizio. 5. Qualora le società a controllo pubblico non integrino gli strumenti di governo societario con quelli di cui al comma 3, danno conto delle ragioni all’interno della relazione di cui al comma 4.

La normativa dell’art. 6 va coordinata: -con quella dell’art. 15 (Monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica) per il quale:

1. Il Ministro dell’economia e delle finanze individua, nell’ambito della organizzazione e delle risorse disponibili del Ministero a legislazione vigente, la struttura competente per il controllo e il monitoraggio sull’attuazione del presente decreto. 2. Fatte salve le norme di settore e le competenze dalle stesse previste, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente decreto e del decreto legislativo 11 novembre 2003, n. 333, la struttura di cui al comma 1 fornisce orientamenti in materia di applicazione del presente decreto e promuove le migliori pratiche presso le società a partecipazione pubblica, adotta nei confronti delle stesse società le direttive sulla separazione contabile e verifica il loro rispetto, ivi compresa la relativa trasparenza. 3. La struttura di cui al comma 1 tiene un elenco pubblico, accessibile anche in via telematica, di tutte le società a partecipazione pubblica esistenti, utilizzando le informazioni della banca dati di cui all’articolo 17, comma 4, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. 4. Fermo restando quanto disposto dal citato articolo 17, comma 4, del decreto-legge n. 90 del 2014, le amministrazioni pubbliche e le società a partecipazione pubblica inviano alla struttura cui al comma 1, con le modalità e nei termini da essa stabiliti, le segnalazioni periodiche e ogni altro dato o documento richiesto. Esse trasmettono anche i bilanci e gli altri documenti obbligatori, di cui all’articolo 6 del presente decreto, con le modalità e nei termini stabiliti dalla medesima struttura. 5. In relazione agli obblighi previsti dal presente decreto, i poteri ispettivi di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sono esercitati nei confronti di tutte le società a partecipazione pubblica.

-con quella dell’art. 11 (Organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico) per il quale:

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1. Salvi gli ulteriori requisiti previsti dallo statuto, i componenti degli organi amministrativi di società a controllo pubblico devono possedere i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 12 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, e dall'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. 2. L’organo amministrativo delle società a controllo pubblico è costituito, di norma, da un amministratore unico. 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e finanze, di concerto con il Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri in base ai quali, per specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa, l’assemblea della società a controllo pubblico può disporre che la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri, ovvero che sia adottato uno dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo previsti dai paragrafi 5 e 6 della sezione VI-bis del capo V del titolo V del libro V del codice civile. In caso di adozione del sistema dualistico, al consiglio di sorveglianza sono attribuiti i poteri di cui all’articolo 2409-terdecies, primo comma, lettera f-bis), del codice civile. Nel caso in cui sia adottato uno dei sistemi alternativi, il numero complessivo dei componenti degli organi di amministrazione e controllo non può essere superiore a cinque. 4. Qualora la società abbia un organo amministrativo collegiale, lo statuto prevede che la scelta degli amministratori da eleggere sia effettuata in base a un criterio che assicuri l’equilibrio tra i generi. 5. Quando la società a controllo pubblico sia costituita in forma di società a responsabilità limitata, non è consentito, in deroga all’articolo 2475, terzo comma, del codice civile, prevedere che l’amministrazione sia affidata, disgiuntamente o congiuntamente, a due o più soci. 6. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 30 aprile 2016, sentita la Conferenza unificata per i profili di competenza, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per le società in controllo pubblico sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione

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delle suddette società. Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni. Le stesse società verificano il rispetto del limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo dei propri amministratori e dipendenti fissato con il suddetto decreto. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quelli previsti dal decreto di cui al presente comma. Il decreto stabilisce altresì i criteri di determinazione della parte variabile della remunerazione, commisurata ai risultati di bilancio raggiunti dalla società nel corso dell’esercizio precedente. In caso di risultati negativi attribuibili alla responsabilità dell’amministratore, la parte variabile non può essere corrisposta. 7. Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 6 restano in vigore le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 dicembre 2013, n. 166. 8. Gli amministratori delle società in controllo pubblico non possono essere dipendenti di amministrazioni pubbliche. Qualora siano dipendenti della società controllante, in virtù del principio di onnicomprensività della retribuzione, fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 6, essi hanno l'obbligo di riversare i relativi compensi alla società di appartenenza. Dall’applicazione del presente comma non possono derivare aumenti della spesa complessiva per i compensi degli amministratori. 9. Gli statuti delle società a controllo pubblico prevedono altresì: a) l’attribuzione da parte del consiglio di amministrazione di deleghe di gestione a un solo amministratore, salva l’attribuzione di deleghe al presidente ove preventivamente

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autorizzata dall’assemblea; b) l’esclusione della carica di vicepresidente o la previsione che la carica stessa sia attribuita esclusivamente quale modalità di individuazione del sostituto del presidente in caso di assenza o impedimento, senza riconoscimento di compensi aggiuntivi; c) il divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell’attività, o trattamenti di fine mandato, ai componenti degli organi sociali; d) il divieto di istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società. 10. È comunque fatto divieto di corrispondere agli amministratori o ai dirigenti delle società in controllo pubblico indennità o trattamenti di fine mandato diversi o ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva ovvero di stipulare patti o accordi di non concorrenza, anche ai sensi dell’articolo 2125 del codice civile. 11. Nelle società di cui amministrazioni pubbliche detengono il controllo indiretto, non è consentito nominare, nei consigli di amministrazione o di gestione, amministratori della società controllante, a meno che siano attribuite ai medesimi deleghe gestionali a carattere continuativo ovvero che la nomina risponda all’esigenza di rendere disponibili alla società controllata particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori della società controllante o di favorire l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento. 12. Coloro che hanno un rapporto di lavoro con società a controllo pubblico e che sono al tempo stesso componenti degli organi di amministrazione della società con cui è instaurato il rapporto di lavoro, sono collocati in aspettativa non retribuita e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza, salvo che rinuncino ai compensi dovuti a qualunque titolo agli amministratori. 13. Le società a controllo pubblico limitano ai casi previsti dalla legge la costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta. Per il caso di loro costituzione, non può comunque essere riconosciuta ai componenti di tali comitati alcuna remunerazione complessivamente superiore al 30 per cento del compenso deliberato per la carica di componente dell’organo amministrativo e comunque proporzionata alla qualificazione professionale e all’entità dell’impegno richiesto. 14. Restano ferme le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. 15. Agli organi di amministrazione e controllo delle società di

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cui all’articolo 16 si applica il decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444.

-e con quella dell’art. 13 (Controllo finanziario sull’amministrazione di società a controllo pubblico), per il quale:

1. Nelle società a controllo pubblico, in deroga ai limiti minimi di partecipazione previsti dall’articolo 2409 del codice civile, ciascuna amministrazione pubblica socia, indipendentemente dall’entità della partecipazione di cui è titolare, è legittimata a presentare denunzia di gravi irregolarità al tribunale. 2. Il presente articolo si applica anche alle società a controllo pubblico costituite in forma di società a responsabilità limitata.

Non solo: l’art. 20 del TU (Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche), sempre in tema di “controlli”, è così formulata:

1. Fermo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, le amministrazioni pubbliche effettuano annualmente, con proprio provvedimento, un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti di cui al comma 2, un piano di riassetto perla loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17, comma 4, del decreto-legge 24 giugno, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, le amministrazioni che non detengono alcuna partecipazione lo comunicano alla sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell’articolo 5, comma 4, e alla struttura di cui all’articolo 15. 2. I piani di razionalizzazione, corredati di un’apposita relazione tecnica, con specifica indicazione di modalità e tempi di attuazione, sono adottati ove, in sede di analisi di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche rilevino: a) partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all’articolo 4; b) società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; c) partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali; d) partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro; e) partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la

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gestione di un servizio d’interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti; f) necessità di contenimento dei costi di funzionamento; g) necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite all’articolo 4. 3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono adottati entro il 31 dicembre di ogni anno e sono trasmessi con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114 e rese disponibili alla struttura di cui all’articolo 15 e alla sezione di controllo della Corte dei conti competente ai sensi dell’articolo 5, comma 4. 4. In caso di adozione del piano di razionalizzazione, entro il 31 dicembre dell’anno successivo le pubbliche amministrazioni approvano una relazione sull’attuazione del piano, evidenziando i risultati conseguiti, e la trasmettono alla struttura di cui all’articolo 15 e alla sezione di controllo della Corte dei conti competente ai sensi dell’articolo 5, comma 4. 5. I piani di riassetto possono prevedere anche la dismissione o l’assegnazione in virtù di operazioni straordinarie delle partecipazioni societarie acquistate anche per espressa previsione normativa. I relativi atti di scioglimento delle società o di alienazione delle partecipazioni sociali sono disciplinati, salvo quanto diversamente disposto nel presente decreto, dalle disposizioni del codice civile e sono compiuti anche in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l’acquisto della partecipazione. 6. Resta ferma la disposizione dell’articolo 1, comma 568-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. 7. La mancata adozione degli atti di cui ai commi da 1 a 4 comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, comminata dalla competente sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti" . Si applica l’articolo 25, commi 5, 6, 7, 8 e 9. 8. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 29, comma 1-ter, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e dall’articolo 1, commi da 611 a 616, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. 9. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il conservatore del registro delle imprese cancella d’ufficio dal registro delle imprese, con gli effetti previsti

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dall’articolo 2495 del codice civile, le società a controllo pubblico che, per oltre tre anni consecutivi, non abbiano depositato il bilancio d’esercizio ovvero non abbiano compiuto atti di gestione. Prima di procedere alla cancellazione, il conservatore comunica l’avvio del procedimento agli amministratori o ai liquidatori, che possono, entro 60 giorni, presentare formale e motivata domanda di prosecuzione dell’attività, corredata dell’atto deliberativo delle amministrazioni pubbliche socie, adottata nelle forme e con i contenuti previsti dall’articolo 5. In caso di regolare presentazione della domanda, non si dà seguito al procedimento di cancellazione. Unioncamere presenta, entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, alla struttura di cui all’articolo 15, una dettagliata relazione sullo stato di attuazione della presente norma.

(vi) Gli artt. 9 e 10, disciplinano, rispettivamente, la gestione delle partecipazioni pubbliche e l’alienazione di partecipazioni sociali. (vii) L’art. 12 disciplina le responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate ed è formulato come segue:

1. I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salvo il danno erariale. 2. Costituisce danno erariale esclusivamente il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che abbiano con dolo o colpa grave trascurato di esercitare i propri diritti di socio, pregiudicando il valore della partecipazione.

(vii) L’art. 14 (Crisi d’impresa di società a controllo pubblico) –che non pare essere conseguenza ragionevole dell’art. 18/1, lett. a) ed i) della legge delega- sottopone alle procedure fallimentari le “società a controllo pubblico” e quelle “a partecipazione pubblica”. L’articolo è così formulato:

1. Le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi di cui al decreto legislativo 8 luglio, 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni,

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dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39. 2. Qualora emergano, nell’ambito dei programmi di valutazione del rischio di cui all’articolo 6, comma 3, uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento. 3. Quando si determini la situazione di cui al comma 1, la mancata adozione di provvedimenti adeguati, da parte dell’organo amministrativo, costituisce grave irregolarità ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile. 4. Non costituisce provvedimento adeguato, ai sensi dei commi 1 e 2, la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell’amministrazione o delle amministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività svolte, approvato ai sensi del comma 4, anche in deroga al comma 5. 5. Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti alle società di cui al primo periodo a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma.

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6. Nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società, né acquisire o mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita.

L’art. 21 (Norme finanziarie sulle società partecipate dalle amministrazioni locali) è così formulato:

1. Nel caso in cui società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali comprese nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti accantonano nell'anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato di esercizio è quello relativo a tale bilancio. Limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell'articolo 2425 del codice civile. L'importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di partecipazione nel caso in cui l'ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Nel caso in cui i soggetti partecipati ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti l'importo accantonato viene reso disponibile agli enti partecipanti in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione. 2. Gli accantonamenti di cui al comma 1 si applicano a decorrere dall’anno 2015. In sede di prima applicazione, per gli anni 2015, 2016 e 2017: a) l'ente partecipante a società che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio negativo accantona, in proporzione alla quota di partecipazione, una somma pari alla differenza tra il risultato conseguito nell'esercizio precedente e il risultato medio 2011-2013 migliorato, rispettivamente, del 25 per cento per il 2014, del 50 per cento per il 2015 e del 75 per cento per il 2016; qualora il risultato negativo sia peggiore di quello medio registrato nel triennio 2011-2013, l'accantonamento è operato nella misura indicata dalla lettera b); b) l'ente partecipante a società che hanno registrato nel triennio

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2011-2013 un risultato medio non negativo accantona, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, una somma pari al 25 per cento per il 2015, al 50 per cento per il 2016 e al 75 per cento per il 2017 del risultato negativo conseguito nell'esercizio precedente. 3. Le società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80 per cento del valore della produzione, che nei tre esercizi precedenti abbiano conseguito un risultato economico negativo, procedono alla riduzione del 30 per cento del compenso dei componenti degli organi di amministrazione. Il conseguimento di un risultato economico negativo per due anni consecutivi rappresenta giusta causa ai fini della revoca degli amministratori. Quanto previsto dal presente comma non si applica ai soggetti il cui risultato economico, benché negativo, sia coerente con un piano di risanamento preventivamente approvato dall'ente controllante.

(viii) Fondamentale è poi la norma di cui all’art. 27 (Altre disposizioni transitorie) per la quale:

1. Le società a controllo pubblico già costituite all’atto dell’entrata in vigore del presente decreto adeguano i propri statuti alle disposizioni del presente decreto entro il 31 dicembre 2016. 2. In via di prima applicazione, salve le deliberazioni adottate ai sensi dell’articolo 1, comma 6, l’articolo 4 del presente decreto non è applicabile alle società elencate nell’allegato A, nonché alle società che gestiscono fondi europei per conto dello Stato. 3. Le pubbliche amministrazioni possono comunque mantenere le partecipazioni in società quotate detenute al 31 dicembre 2015. 4. Nei diciotto mesi successivi alla sua entrata in vigore, il presente decreto non si applica alle società in partecipazione pubblica che abbiano deliberato la quotazione delle proprie azioni in mercati regolamentati con provvedimento comunicato alla Corte dei conti. Ove entro il suddetto termine la società interessata abbia presentato domanda di ammissione alla quotazione, il presente decreto continua a non applicarsi alla stessa società fino alla conclusione del procedimento di quotazione. 5. Ai fini dell’adozione del decreto di cui all’articolo 11, comma 6, rimane fermo il termine del 30 aprile 2016 previsto

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dall’articolo 1, comma 672, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. 6. Al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 11-quater, comma 1, le parole: “Si definisce” sono sostituite dalle seguenti: “Ai fini dell’elaborazione del bilancio consolidato, si definisce”; b) all’articolo 11-quinquies, comma 1, le parole: “Per società partecipata” sono sostituite dalle seguenti: “Ai fini dell’elaborazione del bilancio consolidato, per società partecipata”. 7. Le società in controllo pubblico si adeguano alle previsioni dell’articolo 11, comma 8, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

(ix) l’art. 29 contiene un elenco di testi normativi abrogati (v. Appendice

3). 4. Le società <<miste>>

Per delineare l’istituto dell’in house occorre

anche tenere conto delle società miste.

Facevano parte delle società di cui agli artt.

2449-2451 cc anche le società miste e cioè quelle

società partecipate da soggetti privati assieme a

soggetti pubblici.

4.1. Tali società erano previste a livello

comunitario (“Libro Verde”; Corte giust.CE, 15-10-

2009, C-196/08, Urb. e App. 2010, 156;

Comunicazione interpretativa della Commissione

sull’aggiudicazione del diritto comunitario degli

appalti pubblici e delle concessioni ai

partenariati pubblico-privati istituzionalizzati

(PPPI), in GUCE, 12 aprile 2008, C/81/4) e a

livello della giurisprudenza italiana (v.si, per

tutte Cons. St, AP 3-3-08, n. 1, in Urb. e App.,

2/2010, 1008; R. Rorigliano, Le società miste

secondo la Plenaria e l’Unione Europea, in Urb. e

App., 2008 1018-1019).

Merita trascrivere la massima della sent. Corte

Giust. CE, III, 15-10-2009, causa C 196/08, per la

quale:

Gli artt. 43, 49 e 86 CE non ostano all’affidamento diretto

di un servizio pubblico che preveda l’esecuzione preventiva

di determinati lavori a una società a capitale misto,

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pubblico e privato, nella quale il socio privato sia

selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica,

previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di

gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche

dell’offerta in considerazione delle prestazioni da fornire, a

condizione che detta procedura di gara rispetti ai principi di

libera concorrenza, di trasparenza e di parità di trattamento

imposti dal Trattato CE per le concessioni

nonché quella della Plenaria n. 1/2008 per la

quale:

Il modello della società a capitale misto pubblico - privato,

che non va confuso con quello dell'in house providing, è visto

con favore a livello comunitario, dal momento che consente

alla pubblica amministrazione di acquisire know how e una

gestione più manageriale. Tuttavia, il ricorso allo strumento

della società mista si può prestare ad abusi, avendo spesso

costituito un espediente per aggirare la regola dell'affidamento

dei servizi sulla base di una procedura competitiva. Tale regola è

espressione dei principi del Trattato dell'U.E.; ossia del principio

di concorrenza e di quelli, che ne rappresentano attuazione e

corollario, di trasparenza, adeguata pubblicità, non

discriminazione e parità di trattamento, tutti principi

direttamente applicabili, a prescindere dalla ricorrenza di

specifiche norme comunitarie o interne e in modo prevalente su

eventuali disposizioni interne di segno contrario. Inoltre, la

messa in concorrenza è attuazione delle stesse regole

costituzionali di buon andamento e imparzialità, le quali, ai sensi

dell'art. 97 della Cost., devono guidare tutta l'azione

dell'amministrazione.

Pur non essendo elaborabile una soluzione univoca o un

modello definitivo, la legittimità dell'affidamento alla società

mista va valutato alla stregua dei principi già affermati dal

Consiglio di Stato in sede consultiva (III, n. 456/07). Applicandoli al caso di specie, l'affidamento del servizio alla

società mista risulta illegittimo perché:

a) i soci sono stati scelti alcuni anni prima dell'affidamento del

servizio alla società mista;

b) né l'originario statuto della società mista né gli atti della gara

preordinata alla scelta dei soci privati hanno previsto la

possibilità di estensione dell'attività della società stessa

nell'ambito dell'ente pubblico affidante;

e) la scelta dei soci è stata effettuata da amministrazione diversa

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da quella che ha dopo affidato il servizio alla società mista,

avendo acquisito una percentuale del capitale della società solo

alcuni anni successivi alla costituzione di quest'ultima;

d) la società mista non è stata appositamente costituita solo per

quella specifica attività in seguito oggetto di affidamento;

e) nella società mista non vi è il socio operativo che concorre

materialmente allo svolgimento del servizio ma tre tipi di soci:

finanziari, del settore sanitario e del settore non sanitario;

f) nella gestione del servizio, di tipo sanitario, affidato alla

società mista sono coinvolti indifferentemente tutti i soci, e

quindi anche quelli non del settore sanitario e quelli finanziari;

g) l'oggetto sociale della società mista è variegato e di ampie

dimensioni.

4.2. La bozza del TU sulle società a

partecipazione pubblica prevede le società miste

agli artt. 4/2, lett. c) e 17. In particolare,

l’art. 17 è formulato come segue:

1. Nelle società costituite per le finalità di cui all’articolo 4,

comma 2, lettera c), del presente decreto, la quota di

partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al

trenta per cento e la procedura di selezione pubblica del

medesimo si svolge nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 7,

comma 5, e ha ad oggetto, al contempo, la sottoscrizione o

l’acquisto della partecipazione societaria da parte del socio

privato e l’affidamento del contratto di appalto o di concessione

oggetto esclusivo dell’attività della società mista.

2. Il socio privato deve possedere i requisiti di qualificazione

previsti da norme legali o regolamentari in relazione alla

prestazione per cui la società è stata costituita. All’avviso

pubblico sono allegati la bozza dello statuto e degli eventuali

accordi parasociali, nonché degli elementi essenziali del

contratto di servizio e dei disciplinari e regolamenti di

esecuzione che ne costituiscono parte integrante. Il bando di

gara deve specificare l’oggetto dell’affidamento, i necessari

requisiti di qualificazione generali e speciali di carattere tecnico

ed economico–finanziario dei concorrenti, nonché il criterio di

aggiudicazione che garantisca una valutazione delle offerte in

condizioni di concorrenza effettiva in modo da individuare un

vantaggio economico complessivo per l’amministrazione

pubblica che ha indetto la procedura. I criteri di aggiudicazione

possono includere, tra l’altro, aspetti qualitativi ambientali,

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sociali connessi all’oggetto dell’affidamento o relativi

all’innovazione.

3. La durata della partecipazione privata alla società, aggiudicata

ai sensi del comma 1 del presente articolo, non può essere

superiore alla durata dell’appalto o della concessione per

l’affidamento e l’esecuzione dei quali essa è costituita. Lo

statuto prevede meccanismi idonei a determinare lo

scioglimento del rapporto societario in caso di risoluzione del

contratto di servizio. Lo statuto dovrà inoltre prevedere la

possibilità di scioglimento del rapporto societario in caso di

trasformazione, fusione o di mutamento della titolarità del

controllo sul soggetto privato partecipante alla società mista, o

di cessione o affitto da parte di questo dell’azienda o del ramo

d’azienda impegnato nell’esecuzione dell’appalto o della

concessione.

4. Nelle società di cui al presente articolo:

a) gli statuti delle società per azioni possono contenere clausole

in deroga delle disposizioni dell’articolo 2380-bis e dell’articolo

2409-novies del codice civile al fine di consentire il controllo

interno del socio pubblico sulla gestione dell’impresa;

b) gli statuti delle società a responsabilità limitata possono

prevedere l’attribuzione all’ente o agli enti pubblici partecipanti

e ai soci privati di particolari diritti, ai sensi dell’articolo 2468,

terzo comma, del codice civile, e derogare all’articolo 2479,

primo comma, del codice civile nel senso di eliminare o limitare

la competenza dei soci;

c) gli statuti delle società per azioni possono prevedere

l’emissione di speciali categorie di azioni e di azioni con

prestazioni accessorie da assegnare al socio privato;

d) i patti parasociali possono avere durata superiore a cinque

anni, in deroga all’articolo 2341-bis, primo comma, del codice

civile, purché entro i limiti di durata del contratto per la cui

esecuzione la società è stata costituita.

5. Nel rispetto delle disposizioni del presente articolo, al fine di

ottimizzare la realizzazione e la gestione di più opere e servizi,

anche non simultaneamente assegnati, la società può emettere

azioni correlate ai sensi dell’articolo 2350, secondo comma, del

codice civile, o costituire patrimoni destinati o essere

assoggettata a direzione e coordinamento da parte di un’altra

società.

5. I divieti di cui all’art. 13 della l. 4 agosto

2006, n. 248 (decreto Bersani). Società ad oggetto

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esclusivo.

5.1. L’art. 13 della l. 248/2006 era formulato

come segue:

1. Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della

concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli

operatori nel territorio nazionale, le società, a capitale

interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle

amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di

beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della

loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei

servizi di committenza o delle centrali di committenza

apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo

di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo

3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a

lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12

aprile 2006, n. 163, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per

lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro

competenza, devono operare con gli enti costituenti o

partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a

favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento

diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre

società o enti aventi sede nel territorio nazionale. Le società

che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal

testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n.

385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o

enti. (comma così modificato dall'articolo 18, comma 4-septies,

legge n. 2 del 2009, poi dall'art. 48 della legge n. 99 del 2009)

2. Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale

esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui

al comma 1.

3. Al fine di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni,

le società di cui al comma 1 cessano entro quarantadue mesi

dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non

consentite. A tale fine possono cedere, nel rispetto delle

procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi

ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società. I

contratti relativi alle attività non cedute o scorporate ai sensi del

periodo precedente perdono efficacia alla scadenza del termine

indicato nel primo periodo del presente comma.

(comma così modificato dall'articolo 1, comma 720, legge n.

296 del 2006, poi dall'articolo 4, comma 7, legge n. 129 del

2008, poi dall'articolo 20, comma I-bis, legge n. 14 del 2009)

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4. I contratti conclusi, dopo la data di entrata in vigore del

presente decreto, in violazione delle prescrizioni dei commi 1 e

2 sono nulli. Restano validi, fatte salve le prescrizioni di cui al

comma 3, i contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore

del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione

bandite prima della predetta data. (comma così modificato

dall'articolo 1, comma 720, legge n. 296 del 2006).

5.2. (i) La normativa Bersani vietava: (a) che le

società in mano pubblica (totalmente o

parzialmente [queste ultime sono le società

<<miste>>], costituite per svolgere servizi propri

delle “amministrazioni pubbliche regionali o

locali” (es.: servizi di riscaldamento degli

edifici regionali o comunali), potessero svolgere

analoghi servizi per altri “. . . soggetti

pubblici o privati che siano”; (b) che analoghe

prestazioni a favore di “. . . soggetti pubblici o

privati” venissero svolte da <<società partecipate

dalle amministrazioni pubbliche regionali e

locali>> e cioè da società pubbliche o miste di

secondo o terzo grado e ciò -si direbbe– per

effetto dell’art. 1344 cc (normativa sui contratti

in frode alla legge); (c) che le società sub (a) e

(b) avessero più oggetti.

(ii) Il divieto non valeva: (a) per le società

nazionali; (b) per le società affidatarie di un

contratto di concessione di servizi a favore della

collettività (artt. 3/12 e 30 del d.lg. 163/2006 e

112 del TU 267/2000); (c) per le società che

svolgevano “. . . servizi di committenza o [per le

società che svolgono il servizio di] centrali di

committenza” (es.: CONSIP e società analoghe sorte

a livello regionale)4.

5.3. La materia delle società strumentali andrà

ristudiata e rivista alla luce della normativa

4 V.nsi S.Mento, Società strumentali e tutela della concorrenza (Cons. St., V, 10-9-2010,

n. 6527), giorn. dir. amm., 4/2011, 412 e segg., nonché M.Macrì, Il nuovo sistema di

acquisti di beni e servizi (Decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni,

dalla legge, 7 agosto 2012, n. 135), giorn. dir. amm. 12/2012, 1167 e segg.

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Madia (v.nsi, in particolare, l’art. 18, comma m),

n. 1 della legge 124/2015 e l’art. 29/1, lett. d)

della bozza del TU in materia di società a

partecipazione pubblica che abroga l’art. 13 di

cui al d.l. 223/2006).

6. Società in house, enti pubblici economici (e

non), organismi di diritto pubblico, imprese

pubbliche

Le società in house si distingevano poi:

(a) dagli enti pubblici non economici (incluso lo

Stato) che svolgono funzioni e servizi non

economici (funzione legislativa, esecutiva,

giudiziaria e servizi tipo quello sanitario, di

difesa, scolastico eccetera) nonché, a livello

locale, i servizi pubblici privi di rilevanza

economica di cui all’art. 113 bis del TU

267/2000)5;

b) dagli enti pubblici economici che svolgono

servizi economici e a rilevanza economica di cui

agli artt. 86/2 del Trattato CE e 113 del TU

267/2000 (es. sono tali le “aziende speciali” di

cui all’art. 114 del testo normativo sopra

citato)6;

(c) dagli “organismi di diritto pubblico”, così

definiti dall’art. 3/1 lett. d) del d.lg. 50/2016:

d) «organismi di diritto pubblico», qualsiasi organismo, anche in

forma societaria il cui elenco non tassativo è contenuto

nell’allegato IV:

1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse

generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

2) dotato di personalità giuridica;

3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato,

dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto

pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di

questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di

direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più

5 Sulla nozione di ente pubblico v.si C.Ruperto, La giurisprudenza sul codice civile,

Giuffrè 2012, sub art. 11 cc, 434 e segg.. 6 V.si, per il diritto giuslavoristico, l’art. 2093 cc.

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della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali

o da altri organismi di diritto pubblico.

(d) dalle “imprese pubbliche”, così definite

dall’art. 3/2, lett. t del d.lg. 50/2016:

t) «imprese pubbliche», le imprese sulle quali le amministrazioni

aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente,

un'influenza dominante o perché ne sono proprietarie, o perché

vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù delle norme

che disciplinano dette imprese. L'influenza dominante è presunta

quando le amministrazioni aggiudicatrici, direttamente o

indirettamente, riguardo all'impresa, alternativamente o

cumulativamente:

1) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto;

2) controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni

emesse dall'impresa;

3) possono designare più della metà dei membri del consiglio di

amministrazione, di direzione o di vigilanza dell'impresa;

(Le società in house sono aziende pubbliche, ma

non tutte le aziende pubbliche sono società in

house).

6.1. Anche qui, a normativa nuova stabilizzata,

questi istituti dovranno essere rivisti.

7. Problemi pratici connessi alle società in house

prima della riforma Madia: (1) obbligazioni

solidali o meno di dette società con gli enti

titolari del relativo capitale sociale; (2)

fallimento o meno di dette società; (3) obbligo

per le società strumentali di cui all’art. 13 del

decreto Bersani dell’oggetto esclusivo; (4)

appalti di cui al d.lg. 163/2006 affidati dalle

società in house; (5) obbligo (o meno) di

ricorrere a società di committenza per gli

acquisti; (6) trasformabilità di società in house

che gestiscono servizi pubblici a rilevanza

economica, in particolare il servizio idrico

integrato (“SII”) di cui agli artt. 147 e segg.

del TU 152/2006, in aziende speciali a sensi

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dell’art. 114 del TU 267/2000; (7) <<231>> e

società in mano pubblica; (8) responsabilità degli

amministratori; (9) criteri per distinguere; (10)

normativa applicabile alle società in house

(società strumentali di cui all’art. 13 del

decreto Bersani e società in house che gestiscono

servizi pubblici per la collettività); (11)

obbligo di ripianare le perdite per gli enti

titolari del capitale sociale delle società in

house.

7.0. Le società in house, per quanto intese come

<<società organo>>, erano pur sempre disciplinate

dal comune diritto societario contenuto nel codice

civile.

Erano, quindi, società di capitali, in tutto e per

tutto disciplinate da detto diritto per quanto

concerneva la loro costituzione, la tenuta della

contabilità e la redazione del bilancio, la loro

estinzione: per conseguenza erano soggette allo

stesso diritto tributario al quale erano soggette

le comuni società di capitali (dpr 917/1986)7.

Detto questo e tenuto conto della ulteriore

restrizione della giurisprudenza comunitaria di

cui alla sentenza della Corte di Giustizia UE,

III, 29-11-2011, cause C-182/11 e C-183/118, vi è

da dire che a dette società normalmente si

applicavano le norme derogatorie di cui

7 V.nsi, comunque: Cass. SS.UU. 26.806/09; SS.UU. 3.890/04; SS.UU. 10.299/13;

SS.UU. 7.374/13; SS.UU. 20.940/11; SS.UU. 20.941/11; SS.UU. 14.655/11; SS.UU.

14.957/11; SS.UU. 16.286/11; SS.UU. 8.429/10, nonché Cass. pen. 21-7-2010, n. 28.699;

Cass. pen. 234/2011. 8 La sentenza, come già detto, asserisce: “Quando più autorità pubbliche, nella loro veste

di amministrazioni aggiudicatrici, istituiscono in comune un’entità incaricata di

adempiere compiti di servizio pubblico ad esse spettanti, oppure quando un’autorità

pubblica aderisce ad un’entità siffatta, la condizione enunciata dalla giurisprudenza della

Corte di Giustizia dell’Unione europea, secondo cui tali autorità, per essere dispensate

dal loro obbligo di avviare una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in

conformità alle norme del diritto dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente

sull’entità in questione un controllo analogo a quello da esse esercitato sui propri

servizi, è soddisfatta qualora ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale sia

agli organi direttivi dell’entità suddetta”. (V.si Urb. e App., 3/2013, 307 e segg. con

commento di F.Leggiadro).

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all’Appendice 2.

In particolare, poi, le deroghe più vistose al

comune diritto societario, erano le seguenti.

7.1. Per dette società pareva venir meno, in

alcuni casi, lo schermo della personalità

giuridica: le società in house e i soggetti

pubblici titolari del relativo capitale sociale

parevano, quindi, dover rispondere in via solidale

delle obbligazioni verso terzi. O, meglio, per

dette società, in tali casi, veniva meno il

requisito della personalità giuridica perché le

stesse si trasformavano in un organo: in pratica

la “soggettività-personalità” compariva e

scompariva a seconda dei casi9.

7.2. Le società in house sarebbero state, secondo

alcuni, escluse dal fallimento perché l’attività

da loro esercitata non avrebbe avuto natura

industriale e commerciale. (Opinione comunque

opinabile se si pensa che i servizi pubblici di

rilevanza economica a sensi degli artt. 86/2 del

Trattato CE e 112-113 del TU 267/2000, pur essendo

connotati da uno scopo pubblico [ragione per la

quale il relativo costo <<può non essere coperto

soltanto dal prezzo di mercato>>: Libro Verde sui

servizi di interesse generale, Bruxelles, 21-5-

2003, COM (2003)270] sono pur sempre

strutturalmente privati [Alessi, Le prestazioni

amministrative rese ai privati, Teoria generale,

II ed. 72] e rientranti tra quelli di cui all’art.

2195 cc, specie se gestiti da concessionari

privati. In ogni caso –e pur dando atto delle

9 Avviene, in tali casi, ciò che capita nel campo della fisica quantistica. Le particelle

elementari, a volte, si comportano come onde, altre volte come corpuscoli. O, secondo

altra tesi, le particelle spariscono e ricompaiono, nei c.d. salti quantici (v.si C.Rovelli, La

realtà non è come appare. La struttura elementare delle cose. Cortina, 2014, 104 e segg.).

Anche nelle società in house, a volte, sparisce il requisito della soggettività-personalità

giuridica per ricomparire in altri “casi”. Stesso discorso si potrebbe fare per il diritto di

proprietà “sotto esproprio” e prima del decreto di esproprio: il proprietario è titolare di un

interesse legittimo verso il soggetto espropriante e di un diritto soggettivo verso tutti gli

altri.

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multiformi opinioni giurisprudenziali sul punto-

la fallibilità delle società in house doveva

essere esclusa alla luce delle sentenze Cass.

SS.UU. 25/11/2013, n. 26.283 [“le dette società .

. . . . costituiscono delle articolazioni della

P.A. da cui promanano e non dei soggetti ad essa

esterni e da essa autonomi”] e Cass. SS.UU. 24-10-

2014, n. 22.609).

7.3. Le dette società, se strumentali (e, quindi,

lecite) a sensi dell’art. 13 del decreto Bersani

non potevano avere più oggetti e cioè esercitare

attività diverse da quelle ammesse dalla legge a

sensi degli artt. 2328/11, n. 3) e 2462/11, n. 3)

cc. In sostanza dette società non potevano gestire

contestualmente servizi pubblici locali verso

collettività più o meno vaste e servizi

strumentali verso gli ee.ll. titolari del relativo

capitale sociale (art. 13 decreto Bersani): v.si

Corte dei Conti, sez. reg. Lombardia, parere n.

517/2011/PAR.

7.4. Le dette società, incluse quelle <<miste>>,

dovevano applicare le procedure di gara per le

relative forniture e per i relativi lavori e

servizi (art. 32/1, lett. c) d.lg. 163/2006).

Per le società <<miste>> era previsto poi che la

<<… la scelta del socio privato avvenisse con

procedure a evidenza pubblica>> (art. 1/2 del

d.lg. 163/2006)10: c.d. gara a doppio oggetto.

7.5. Era dubbio se le società in house fossero

tenute a ricorrere a società di committenza per

10 V.nsi: A.Cianflone-G.Giovannini, L’appalto di opere pubbliche, Giuffrè, 2012 (agg.to

al Decreto “liberalizzazioni”: dl. 1/2012, conv.to con la l. 27/2012 e al Decreto

Semplificazioni”: dl 5/2012, conv.to con la l. 35/2012); AA.VV. a cura di G.Greco, Il

sistema della giustizia amministrativa negli appalti pubblici in Europa, Giuffrè, 2010,

AA.VV. a cura di G.Greco, La giustizia amministrativa negli appalti pubblici in Europa,

Atti del Convegno 20 maggio 2011, Università di Milano, Giuffrè, 2012; O.Cutajar-

A.Massari, Codice dei contratti pubblici commentato con la giurisprudenza. Annotato

con il Regolamento e la Prassi. Maggioli Ed., 2012, R.De Nictolis, Manuale dei contratti

pubblici . . . ., EPC, 2010; AA.VV. (a cura di V.Di Gregorio), L’appalto privato e

pubblico, UTET, 2013.

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acquisti di beni e servizi a sensi degli artt. 1 e

26/3 della l. 488/99, 1/450 della l. 296/2006 (per

il mercato elettronico), 7/2 del dl 52/2012

(Spending Review n. 1), convertito nella l.

94/2012 (sempre per il mercato elettronico di cui

all’art. 338 del dpr 207/2010: nel caso di

adesione a detto mercato non si applicava il

periodo di sospensione di 35 giorni per la stipula

del contratto [standstill sostanziale] di cui

all’art. 11/10 del d.lg. 163/2006), 1 e 13 del dl

95/2012 (Spending Review 2) convertito nella l.

135/2012 e smi11.

7.6. Le società in house sarebbero state

trasformabili in aziende speciali a sensi

dell’art. 114 del TU 267/2000 (Corte dei Conti,

sezione delle autonomie, 21-1-2014, n.

2/SEZAUT/2014/QMIG)12.

7.7. Il d.lg. <<231/2001>> risultava applicabile

alle società in house (incluse quelle <<miste>>).

7.8. Per le società <<miste>> poi e in punto

responsabilità degli amministratori, occorreva

attenersi ai principi di Cass. SS.UU. (ord.) 9-4-

2010, n. 8429 per la quale: “La cognizione delle

controversie relative ad amministratori e

dipendenti di società “in mano pubblica” compete

al Giudice ordinario o al Giudice contabile,

rispettivamente, secondo che il danno oggetto

della domanda sia stato direttamente subito dalla

11 V.si dl 6-7-2012 convertito nella l. 7 agosto 2012, n. 135 e, successivamente,

modificato dall’art. 1/156 della l. 24-12-2012, n. 228 e Circ. Min. Economia del 5-2-2013,

n. 2. (A parere di chi scrive se l’ente pubblico attiva gare che si concludano per un prezzo

più favorevole di quello CONSIP o SCR [società di committenza per la Regione

Piemonte] non sussiste nullità (art. 1/2 dl 25-9-2012, convertito nella l. 135/2012 e

modificato da ultimo dalla l. 228/2012), quanto meno per le categorie merceologiche ivi

previste ed alle condizioni ivi esposte). 12 V.si, dello scrivente in senso contrario: “La trasformabilità (o meno) delle società in

house che gestiscono servizi pubblici di rilevanza economica (in particolare che

gestiscono il servizio idrico integrato) in aziende speciali a sensi dell’art. 114 del TU

267/2000”, (NDS, n. 12/2013, pagg. 7 e segg.). V.si, altresì, in senso contrario:

G.Astegiano, D.Di Russo e A.Miele, Servizi pubblici, difficile passare da società di

capitali ad aziende speciali, Eutekneinfo, 24-6-2013, 7 e segg..

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società o dagli Enti pubblici partecipanti. Nella

specie, compete al Giudice contabile la

giurisdizione in ordine alla domanda di

risarcimento dei danni subiti dagli Enti pubblici

azionisti della s.p.a. Casinò Municipale di

Campione d’Italia, per condotte tenute dal

direttore generale della società nello svolgimento

del suo compito”.

7.8.1. Recentemente la Cassazione, per le società

in house, con la sentenza delle Sezioni Unite del

25-11-2013, n. 26.283, ha asserito che: “La Corte

dei Conti ha giurisdizione sull'azione di

responsabilità esercitata dalla Procura della

Repubblica presso detta Corte allorché tale azione

sia diretta a far valere la responsabilità degli

organi sociali per danni da essi cagionati al

patrimonio di una società in house. In tale senso,

si precisa che per società in house deve

intendersi quella costituita da uno o più enti

pubblici per l'esercizio di pubblici servizi, di

cui esclusivamente tali enti possano essere soci,

che statutariamente esplichi la propria attività

prevalente in favore degli enti partecipanti e la

cui gestione sia per statuto assoggettata a forme

di controllo analoghe a quello espletato dagli

enti pubblici sui propri uffici.” Infatti, “non

essendo possibile configurare un rapporto di

alterità tra l’ente pubblico partecipante e la

società in house che ad esso fa capo, è giocoforza

concludere che anche la distinzione tra il

patrimonio dell’ente e quello della società si può

porre in termini di separazione patrimoniale, ma

non di distinta titolarità. Dal che discende che,

in questo caso, il danno eventualmente inferto al

patrimonio da atti illegittimi degli

amministratori, cui possa aver contribuito un

colpevole difetto di vigilanza imputabile agli

organi di controllo, è arrecato ad un patrimonio

(separato, ma pur sempre) riconducibile all’ente

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pubblico: è quindi un danno erariale che

giustifica l’attribuzione alla Corte dei conti

della giurisdizione sulla relativa azione di

responsabilità”13.

7.9. Importante, ai fini pratici, era poi la

sentenza del Cons. St., VI, 11-1-2013, n. 122 per

la quale: “Nell’ambito delle società pubbliche,

occorre distinguere le società che svolgono

attività di impresa da quelle che esercitano

attività amministrativa. Le prime sono

assoggettate, in linea di principio, allo statuto

privatistico dell’imprenditore, le seconde allo

statuto pubblicistico della pubblica

amministrazione. Per stabilire quando ricorre

l’una o l’altra ipotesi, occorre aver riguardo: 1)

alle modalità di costituzione; 2) alla fase

dell’organizzazione; 3) alla natura dell’attività

svolta; 4) al fine perseguito.”.

7.10. Se le società in house erano “anche” organi

degli enti titolari del relativo capitale sociale,

questi ultimi avrebbero dovuto rispondere non solo

dei debiti (di dette società) verso terzi, ma

altresì provvedere a ripianare le perdite (di

dette soceità) (ex artt. 2615/2 cc [Cass. 16-11-

83, n. 6822]; 31, 112, 113, 114/6, 191-198 bis del

TU 267/2000; 6/19 d.l. 78/2010, conv.to nella l.

30-7-2010, n. 122).

Se si tiene conto della citata natura delle

società in house (tra le quali rientravano i c.c.

“consorzi in house”: v.si il “caso Teckal”), non

erano ragionevolmente comprensibili i pareri

espressi da certe Corti dei Conti che, in forza

dell’art. 6/19 del d.l. 78/201014, sarebbe stato

13 La sentenza è pubblicata sulla rivista “Le Società”, n. 1/2014, pagg. 55 e segg. con

commento di F.Fimmanò (pag. 61 e segg.). 14 L’art.- 6/19 del dl 78/2010, convertito nella l. 122/2010, era (ed è sino alla sua

abrogazione prevista dall’art. 29/1, lett. l. della bozza del TU sulle società partecipate da

enti pubblici) formulato come segue:

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sempre vietato ripianare i debiti delle società

partecipate (v.nsi: 1. Corte dei Conti, sez.

regionale Lombardia 753/2010/PAR; 2. Corte dei

Conti, sez. regionale Piemonte, 61/2010/PAR;

3. Corte dei Conti, sez. regionale Basilicata, del

17-5-2011; 4. Corte dei Conti, sez. regionale

Lombardia, 1081/PA/2010; 5. Corte dei Conti, sez.

regionale Basilicata, 28/2011/PAR; 6. Corte dei

Conti, sez. regionale Lombardia, 636/PAR/2011; 7.

Corte dei Conti, sez. regionale Abruzzo,

354/PAR/2012; 8. Corte dei Conti, sez. regionale

Lombardia, 42/2014/PAR; 9. Corte dei Conti, sez.

regionale Piemonte, 159/2014/PRSE; 10. Corte dei

Conti, sez. regionale Piemonte, 159/14/PRSE. In

sostanza: i Comuni non potevano farsi carico dei

debiti delle società (o consorzi) in house e, al

contempo, dette società non potevano fallire

(Cass. SS.UU. 25-11-2013, n. 26.283 e Corte

Appello Aquila, 3-3-2015, n. 304).

8. Le società in house alla luce della legge

Madia.

8.1. La normativa Madia, non è ancora completa. Infatti la bozza del TU sulle società a partecipazione pubblica presuppone

“Al fine del perseguimento di una maggiore efficienza delle società

pubbliche, tenuto conto dei principi nazionali e comunitari in termini di

economicità e di concorrenza, le amministrazioni di cui all’articolo 1,

comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto

previsto dall’art. 2447 codice civile, effettuare aumenti di capitale,

trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a

favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre

esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve

disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni

caso consentiti i trasferimenti alle società di cui al primo periodo a fronte di

convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di

servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti. Al fine

di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico

interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine

pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con

decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato su proposta del

Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri

competenti e soggetto a registrazione della Corte dei Conti, possono essere

autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma”).

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l’entrata in vigore di 6 altri testi normativi15 di grado subordinato. Non

15 Il citato art. 18 presuppone l’entrata in vigore dei seguenti testi normativi:

1) Il “decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri” che “su proposta

del Ministro dell’Economia e delle finanze o dell’organo di vertice

dell’amministrazione partecipante, motivato con riferimento alla misura e

qualità della partecipazione pubblica, agli interessi pubblici ad essa connessi

e al tipo di attività svolta, anhe al fine di agevolarne la quotazione ai sensi

dell’art. 18, può [deliberare] l’esclusione totale o parziale dell’applicazione

delle disposizioni del persente decreto a singole società a partecipazione

pubblica” (art. 1/6 TUSP);

2) un “decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri” che stablisca “…

i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia” dei “componenti degli

organi amministrativi di società e controllo pubblico” (art. 11/1 TUSP);

3) un “decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del

Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro

delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione”g,

adottato entro sei mesi dall’entrata in vigore del TUSP, conil quale

“….sono definiti i criteri in base ai quali, per specifiche ragioni di

adeguatezza organizzitva, l’assemblea della società a controllo pubblico può

disporre che la soceità sia amministrata da un consiglio di amministrazione

composto da tre o cinque membri, ovvero che sia adotatto uno dei sistemi

alternativi di amministrazione e controllo previsti dai paragrafi 5 e 6 della

sezione VI-bis del capo V del titolo V del libro V del codice civille”; con

l’avvertenza che: “In caso di evoluzione del sistema dualistico, al Consiglio

di sorveglianza sono attribuiti i poteri di cui all’art. 2409-terdecies, comma

f-bis) del codice civile” e con l’ulteriore prescrizione per la quale “nel caso in

cui sia adottato uno dei sistemi alternativi, il numero complessivo dei

componenti degli organi di amministrazione e controllo non può essere

superiore a cinque” (art. 11/3 TUSP) e per la quale, fino alla emanazione di

detto decreto, “… restano invigore le diposizioni di cui all’art. 4, comma 4,

secondo periodo, del d.l. 6-7-2012, n. 95, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135

e successive modifiche e integrazioni, e dal decreto del ministro

dell’Economia del 24-12-2013, n. 166” (art. 11/7 TUSP);

4) un “decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, da emanare

entro il 30 aprile 2016, sentita la conferenza unificata per i profili di

competenza, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti” che, per le società in controllo pubblico definisce “indicatori dimensionali

quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la

classificazione della suddetta società” e ciò al fine di determinare il

compenso per gli “amministratori, ai titolari e componenti degli organi di

controllo, ai dirigenti e ai dipendenti” (art. 11/6 TUSP);

5) un “decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del

Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con gli altri ministri

competenti e soggetto a registrazione della Corte dei Conti” con il quale

possono, per particolari situazioni, essere autorizzati ripianamenti di perdite

di cui all’art. 14/4 TUSP (art. prima citato).

6) un provvedimento del “Ministro dell’economia e delle finanze” che, “…

nell’ambito della propria organizzazione e delle risorse disponibili …

individua la struttura competente e il monitoraggio del … decreto [TUSP]”;

struttura che “… tiene un elenco pubblico, accessibile anche in via

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solo: rinvia, poi, ad altre numerose leggi speciali e a numerose norme del codice civile16 e presuppone l’entrata in vigore del TU sui servizi pubblici locali di interesse economico generale. 8.2. Ad ogni buon conto –e pur prendendosi atto

che le norme delle tre direttive 23, 24 e

telematica, di tutte le società a partecipazione pubblica esistenti” (art. 15/1 e

3 TUSP). 16 2. Infatti, e per quanto riguarda il rinvio a leggi speciali:

2.1. l’art. 4 (del TUSP), al comma 2, richiama (senza menzionarlo esplicitamente) il

decreto Bersani e, poi, il d.lg. 12-4-2006, n. 163 (art. 3, comma 25) (che è stato sostituito

dal nuovo codice degli appalti di cui alla l. 28-1-2016, n. 11 e ciò con d.lg. 50/2016;

2.2. l’art. 11/1 richiama: (i) il d.lg. 8-4-2013, n. 39 (art. 12) e il d.l. 6-7-2012, n. 95

convertito nella l. 7-8-2012, n. 135 (art. 5/9), mentre i successivi commi 7, 17 e 18,

richiamano, rispettivamente:

(a) il d.l. 6-7-2012, n. 95, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135 (art. 4/4) e il d.m. E.F. 24-

12-2013, n. 166;

(b) il d.lg. 8-4-2013, n. 39;

(c) il d.l. 16-5-1994, n. 293, convertito nella l. 15-7-1994, n. 444;

2.3. l’art. 14/1 afferma poi che: “le società a partecipazione pubblica sono soggette alle

disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i

presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese

insolventi di cui al d.lg. 8-7-1999, n. 270 e al d.l. 23-12-2003, n. 347, convertito, con

quantificazioni della l. 18-2-2004, n. 39” (v.si, a conferma del “fallimento” delle società

controllo pubblico, il successivo comma 6;

2.4. l’art. 14/5 richiama l’art. 1, comma 3, della l. 31-12-2009, n. 196;

2.5. l’art. 15/2 richiama il d.lg. 11-11-2003, n. 333;

mentre

2.6. l’art. 15/4 richiama il d.l. 24-6-2014, n. 90, convertito nella l. 11-8-2014, n. 114 (art.

17/4);

e

2.7. l’art. 15/5 richiama il d.l. 2-7-2012, n. 95, convertito nella l.135/2012. (art. 6/3);

2.8. l’art. 16/3 richiama la direttiva 2014/24/UE (art. 12, par. 3);

2.9. l’art. 19/2, richiama il d.lg. 30-3-2001, n. 165 (art. 35/3);

2.10. l’art. 19/3 richiama il d.lg. 33/2013 (artt. 22/4, 46 e 47/2);

2.11. l’art. 19/7 richiama il d.lg. 33/2013 (artt. 46 e 47/2);

2.12. l’art. 19/8 richiama il d.lg. 165/2001 (art. 30)

e infine

2.13. l’art. 19/10 richiama la l. 147/2013 (art. 1, commi da 565 a 568);

2.14. l’art. 20/6 richiama la l. 147/2013 (art. 1/568-bis)

mentre

2.15. l’art. 20/8 richiama il d.l. 6-7-2011, n. 98, convertito nella l. 15-7-2011, n. 111

(art. 79/1 ter) e la l. 23-12-2014, n. 180 (art. 1, commi da 611 a 616)

2.16. l’art. 21/1 richiama la l. 196/2009 (art. 1/3);

2.17. l’art. 23 richiama la normativa sull’arbitrato di cui al codice degli appalti (già art.

241/1 del d.lg. 163/2006 e, oggi, art. 209 del d.lg. 50/2016);

2.18. l’art. 24, per le Province autonome di Trento e Bolzano, richiama la legge

costituzionale 28-10-2001, n. 3;

2.19. l’art. 25/2 richiama la l. 190/2014 (art. 1/611 e 612).

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25/2014/UE aprono in parte al capitale privato-

resta ferma, a parere di chi scrive, la nozione di

<<società organo>>. Quindi la normativa Madia non

sembra mutare le vecchie caratteristiche di tale

istituto, e ciò, anche se l’art. 18 della l.

124/2015 parla di “autonomia [di dette società]

rispetto agli enti proprietari” e di “eliminazione

di sovrapposizione di regole e istituti

pubblicistici e privatistici ispirati alle

medesime esigenze di disciplina e controllo”

(lett. c) e h)) e la bozza del TU rinvia, in via

residuale, alla disciplina del codice civile (art.

1/3) e sottopone a procedure fallimentari le

società a partecipazione pubblica in crisi (art.

14).

Vengono utilizzate diverse denominazioni

(<<”derivazione” o longa manus>>

dell’amministrazione: parere II, Cons. St.,

298/2015; “ufficio interno dell’amministrazione

appaltante”: Cons. St., VI, 2660/2015; “ente

locale in veste societaria” secondo certi autori),

ma la sostanza cambia.

Trattasi certamente di un “tipo” di società che

rientra tra quelli previsti dell’art. 18/1 lett.

a) della l. 124/2015 ma che sfugge alla nozione di

“soggetto privatistico” di cui gli artt. 2249,

2325, 2331 cc (per le società per azioni) e agli

artt. 2462 e 2463 cc (per le società a

responsabilità limitata).

Le società in house continuerebbero, quindi, ad

essere disciplinate da un insieme di norme, di cui

alcune di carattere eccezionale, mentre gli altri

“tipi” di società in mano pubblica sarebbero

disciplinate da un insieme di norme di tipo

speciale; “tipi”, ambedue, soggetti, in parte,

alla normativa pubblicistica di cui alle varie

leggi succedutesi nel tempo a modificazione e

integrazione dell’art. 2449 cc.

(4) Le società in house continuerebbero a

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costituire un’anomalia (più apparente che reale)17

17 Anomalia più apparente che reale perché la dicotomia “soggetto/organo di altro

soggetto” non costituisce una vera e propria contraddizione logica. Tale anomalia sembra

essere parente stretta di quella che si riscontra nel linguaggio descrittivo tipico delle

scienze. Si rammentano, in fisica quantistica, le dualità <<onda-corpuscolo>>, <<gatto

vivo-gatto morto>> (nel c.d. esperimento del gatto di Schrödinger).

Tesi che ha a che vedere con i “molti mondi”che risale a Leibniz. “Prima di tentare di

fornire un elenco, lacunoso in partenza, dei molti mondi possibili –dice Greco (Einstein e

il ciabattino, Ed. Riuniti, 2002, 406-407)- nell’ambito della moderna cosmologia teorica,

fondata sulla relatività di Einstein, conviene ricordare che l’ipotesi dei molti mondi è

stata autorevolmente proposta anche in meccanica quantistica. E la proposta, per quanto

controversa, si salda con molte ipotesi molti mondi, sbocciate nell’ambito della relatività

generale. La proposta è stata avanzata nel 1937 da Hugh Everett III. E consiste, più o

meno, in questo. Come è noto, nella meccanica dei quanti il concetto di realtà è un

po’diverso da quello della meccanica classica e dal concetto di realtà che abbiamo noi,

portatori del senso comune. Nel nostro mondo quotidiano, per esempio, un gatto o è vivo

o è morto. Nella meccanica quantistica, o, almeno, in una delle interpretazioni della

meccanica quantistica, un gatto è vivo e morto fino a quando qualcuno non lo osserva e

non lo trova vivo o morto. In termini più rigorosi si dice che il gatto quantistico, quando

non è osservato, è in una sovrapposizione di stati. O meglio, la funzione d’onda che

descrive il gatto quantistico si trova nella sovrapposizione dei due stati: dello stato vivo e

dello stato morto. Quando, finalmente, qualcuno osserva il gatto, la funzione d’onda

collassa e uno solo dei due stati si realizza. A quel punto il gatto non è più vivo e morto,

ma diventa vivo o morto. Il ruolo dell’osservatore ha sempre suscitato controversie nella

interpretazione del formalismo quantistico, perché sembra introdurre un’alea di

soggettività nel mondo, considerato oggettivo, della fisica. Nel tentativo di superare il

soggettivismo del ruolo dell’osservatore, Hugh Everett propose un’interpretazione capace

di colpire l’immaginazione. Secondo Everett ogni atto di osservazione produce una

moltiplicazione degli universi. Perché con ogni atto di osservazione la funzione d’onda

collassa e ciascuno degli stati quantistici possibili si realizza. Ognuno in un universo

diverso e causalmente sconnesso con gli altri. Quando qualcuno osserva un gatto,

l’universo si sdoppia in due. in uno degli universi neonati il gatto è vivo, propone Everett.

E nell’altro il gatto risulta morto. Naturalmente, poiché gli atti di osservazione sono

infiniti e continui, gli universi sono infiniti e la loro proliferazione è continua La nostra

stessa vita non sarebbe che una linea di connessione nel grappolo, proliferante, dei

molti mondi di Evcrett. In realtà in molti altri universi esistono molte copie di noi stessi

che hanno sposato un’altra donna o un altro uomo, che hanno avuto altri figli o non

hanno avuto figli, che hanno scelto un altro lavoro o hanno avuto un’altra storia

sanitaria. Idea suggestiva, quella di Everett. Ma difficile da provare. Non fosse altro che i

suoi molti mondi sono causalmente e irrimediabilmente sconnessi”. Ovvio il paragone.

Anche nelle società in house si avranno “molti mondi prescrittivi” a seconda del punto di

vista. In un certo mondo tali società sono “soggetti”, in altri sono “organi”. Il richiamo a

concetti scientifici non dovrebbe stupire più di tanto il giurista. Anche F.Galgano

(Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, Contratto e Impresa 1/2000, 189 e

segg) richiama concetti fisici per illustrare la dicotomia “società globale vs/società

nazionali”. Asserisce: “Ciò che sta accadendo nell’organizzazione del mondo in questa

sua fase di trasformazione evoca la formula, suggerita dai fisici, della pari dimensione

dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo. L’infinitamente grande, nel nostro

discorso, è la società globale, che supera i confini nazionali e riduce il pianeta ad unità;

l’infinitamente piccolo è la moltitudine delle società nazionali, organizzate a Stato. E’

possibile cogliere i rapporti che si vanno stabilendo fra le due dimensioni: l’infinitamente

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rispetto alla dicotomia “soggetto giuridico vs/

non soggetto in quanto organo di un altro soggetto

giuridico”; continuerebbero ad essere considerate,

per certi aspetti, come dei soggetti (delle

normali società di capitali) e, come tali,

assoggettate alle norme codicistiche del diritto

societario (v.si Cass. SS.UU., 26806/2009), forse

alle norme sul fallimento18, alle norme tributarie

relative alle società di capitali, e, per altri

aspetti (specie in punto “controllo analogo”),

come degli “organi” degli enti pubblici che ne

detengono il capitale sociale. Da qui, a parere di

chi scrive, la responsabilità solidale di detti

enti con dette società verso i terzi e la

possibilità di derogare alle norme di cui all’art.

2380 bis cc in punto potere degli amministratori.

(In punto “fallimento”, poi, va rilevato che se le

società in house continuano ad essere “anche”

organi degli enti titolari del relativo capitale

sociale, il loro fallimento difficilmente si

giustifica anche perché l’art. 14 della bozza del

TU non trova alcuna base nell’art. 18 della l.

piccolo, a volte inconsapevolmente, si sta trasformando per adeguarsi all’infinitamente

grande” (pag. 201).

V.si, a tale proposito, Appendice 4, lett. a), n. 20). Nell’abstract, F.Capalbo, giustamente

afferma: “Nuova categoria sistematica di società speciali per le quali, ferma restando la

natura di soggetto di diritto privato, rilevano segmenti di disciplina speciale a tutela delle

interessanze pubbliche. Ciò non rappresenta una novità, sia nel panorama ordinamentale

interno (es. diritto di famiglia; legge fallimentare) e sia in quello comunitario, come

testimonia, ad es., la evidenza pubblica per i contratti di appalto quale regime speciale

estensibile agli appalti aggiudicati dagli organismi di diritto pubblico, che per tutto il

resto della rispettiva attività restano, invece, disciplinati dal diritto privato. Il sempre più

intenso intrecciarsi del diritto privato e pubblico ha indotto ad abbandonare approcci

interpretativi “tipologici”, fondati, cioè, sulla rigida ripartizione tra soggetti di diritto

pubblico e privato in favore di un approccio “funzionale”. Si tende, cioè, ad individuare,

di volta in volta, il regime applicabile a tali categorie speciali di soggetti, addivenendosi

ad una convivenza di discipline tipiche del diritto pubblico. Autorevole dottrina (N.Irti)

parla, a tal specifico riguardo, di diritto comune, nel senso cioè di un diritto che non è più

identificabile con il diritto civile, bensì con il diritto ricavabile dalla molteplicità dei

codici.” 18 Trento (cit., pag. 293) asserisce: “La diversità più rilevante tra imprese pubbliche e

private è probabilmente legata al vincolo di bilancio e quindi al rischio del fallimento”.

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124/2015 il quale, anzi, nella lett. a), sembra

parlare di “… deroghe rispetto alla disciplina

privatistica, ivi compresa quella in materia di

organizzazione e crisi di impresa; nella lett. g)

fa riferimento ai bilanci consolidati di cui

all’art. 151 del TU 267/2000, nella lett. l) parla

di “possibilità di piani di rientro per le società

con bilanci in disavanzo con eventuale

commissariamento”. Non solo: non vedesi la ragione

per la quale le aziende speciali di cui all’art.

114 del TUEL non falliscono, mentre invece

sarebbero soggette a fallimento le società per

azioni del successivo art. 115).

8.2.1. Merita, comunque, in ordine alla natura

giuridica di certi istituti, riportare i paragrafi

17 e 18 della citata sentenza del Consiglio di

Stato, VI, 2660/2015. Vi si asserisce:

17. È vero, infatti, che nel corso degli ultimi anni, la nozione di

ente pubblico si è progressivamente “frantumata” e

“relativizzata”. Spesso la giurisprudenza ha riconosciuto, dando

rilievo a dati sostanziali e funzionali, natura pubblicistica a

soggetti formalmente privati, al fine di sottoporli in tutto o in

parte ad un regime di diritto amministrativo. Tale equiparazione

è stata a volte espressamente stabilita anche dal legislatore con

disposizioni che sottopongono soggetti formalmente privati a

regole pubblicistiche: si pensi alla stessa figura dell’organismo

di diritto pubblico o alle più recenti previsioni normative che

hanno in parte “amministrativizzato” l’attività delle società a

partecipazione pubblica (cfr., ad esempio, l’art. 18 d.l. 25 giugno

2008, n. 112, convertito modificazioni dalla legge 6 agosto

2008, n. 133).

Tale fenomeno ha trovato un punto di emersione anche in sede

processuale, tanto che l’art. 7, comma 2, Cod. proc. amm.

espressamente prevede, ai fini del riparto della giurisdizione,

che “Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice,

si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque

tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo”.

È altrettanto vero che, proprio con particolare riferimento alle

Università “private”, la giurisprudenza, in alcune occasioni (in

particolare ai fini del riparto della giurisdizione sulle

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controversie concernenti il rapporto di impiego o della

sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti per le

controversie aventi ad oggetto la responsabilità di

amministratori e dipendenti), ha affermato la loro equiparazione

agli enti pubblici, dando rilevanza gli scopi, alla struttura

organizzativa e ai poteri amministrativi ritenuti del tutto

analoghi a quelli delle Università statali (così testualmente, ad

esempio, Cass. Sez. Un. , 11 marzo 2004, n. 5054 riferita alla

LUISS).

18. Tali tendenze normative e tali arresti giurisprudenziali non

possono, tuttavia, essere invocati per sostenere, sic et

simpliciter, una completa equiparazione, ad ogni fine, tra

Università private ed enti pubblici.

La nozione di ente pubblico nell’attuale assetto ordinamentale

non può, infatti, ritenersi fissa ed immutevole. Non può ritenersi,

in altri termini, che il riconoscimento ad un determinato

soggetto della natura pubblicistica a certi fini, ne implichi

automaticamente e in maniera immutevole la integrale

sottoposizione alla disciplina valevole in generale per la

pubblica amministrazione.

Al contrario, l’ordinamento si è ormai orientato verso una

nozione funzionale e cangiante di ente pubblico. Si ammette

ormai senza difficoltà che uno stesso soggetto possa avere la

natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti, e

possa, invece, non averla ad altri fini, conservando rispetto ad

altri istituti regimi normativi di natura privatistica.

Questa nozione “funzionale” di ente pubblico, che ormai

predomina nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale, ci

insegna, infatti, che il criterio da utilizzare per tracciare il

perimetro del concetto di ente pubblico non è sempre uguale a se

stesso, ma muta a seconda dell’istituto o del regime normativo

che deve essere applicato e della ratio ad esso sottesa. Occorre,

in altri termini, di volta in volta domandarsi quale sia la

funzione di un certo istituto, quale sia la ratio di un determinato

regime “amministrativo” previsto dal legislatore, per poi

verificare, tenendo conto delle caratteristiche sostanziali del

soggetto della cui natura si controverte, se quella funzione o

quella ratio richiedono l’inclusione di quell’ente nel campo di

applicazione della disciplina pubblicistica.

La conseguenza che ne deriva è, come si diceva, che è del tutto

normale, per così dire “fisiologico”, che ciò che a certi fini

costituisce un ente pubblico, possa non esserlo ad altri fini,

rispetto all’applicazione di altri istituti che danno rilievo a

diversi dati funzionali o sostanziali.

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Emblematica, in tal senso, è la figura dell’organismo di diritto

pubblico, che è equiparato sì all’ente pubblico quando aggiudica

contratti (ed è sottoposto alla disciplina amministrativa

dell’evidenza pubblica), rimanendo, però, di regola, nello

svolgimento di altre attività, un soggetto che tendenzialmente

opera secondo il diritto privato. 8.2.2. In sostanza se è vero che il diritto è

linguaggio (tesi patrocinata in Italia da N.Bobbio

e da U.Scarpelli) e che con le parole si fanno

“cose”19 e, ancora, che vi sono parentele tra i

vari tipi di linguaggio (descrittivo [fisica

quantistica, ad esempio] e prescrittivo [etica e

diritto]), allora non costituiscono delle vere

antonomie quelle descrizioni di istituti che,

secondo la logica binaria, sembrano essere tali.

Le figure diritto soggettivo (in caso di

esproprio) e interesse legittimo, organismo di

diritto privato e organismo di diritto pubblico,

soggetto e organo (ma lo stesso Stato viene

concepito, a volte, come soggetto e, a volte, come

organismo) sono portatrici di “stati” diversi

compresenti o sovrapposti: sono “A” e a volte sono

“B”, a seconda dei casi e senza che si possa dire

a priori che sono “A” e non “B” e viceversa.

9. Giurisprudenza e dottrina recenti.

9.1. sent. Corte d’Appello di Napoli del 23-9-2015

(per la quale le società in mano pubblica possono

“fallire”).

(V.nsi nel senso dell’inclusione nell’area della

fallibilità, tra le altre, C.A. Napoli, sent. n.

166/15, C.A. Napoli, sent. n. 346/13, C.A. Napoli,

sent. 57/13, Trib. Reggio Emilia, sent. 18-12-

2014, trib. Palermo, sent. 13-10-2014, Trib.

Pescara, decreto 14-1-2014, Trib. Modena, decreto

10-1-2014, Trib. Nocera Inferiore, sent. 21-11-

2013; nel senso dell’esclusione dell’area della

19 J.L.Austin, Come fare cose con le parole, Marietti, 1987; W.Twining e D. Miers,

Come fare cose con le regole, Giuffrè, 1990; AA.VV. (a cura di P.Amselek), Teoria degli

atti linguistici. Etica e diritto, Giappichelli, 1990.

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fallibilità, tra le altre, C.A. L’Aquila, sent.

304/15, C.A. Torino 15-2-2010, Trib. Napoli Nord,

sent. 6-5-2015, Trib. Teramo, 20-10-2014, Trib.

Nola, Old. 30-1-2014, Trib. Napoli, decreto 9-1-

2014, Trib. Verona, decreto 19-12-2013, Trib. T.

La Spezia, 20-3-2013, Trib. Catania, decreto 26-3-

2010, Trib. S.M.C.V., decreto 9-1-2009, Trib.

S.M.C.V, sent. 52/09).

Secondo le ultime pronunce della Cassazione [es.:

SS.UU. 25-11-2013, n. 26.283], le società in house

non dovrebbero fallire perché: “Le società in

house hanno della società solo la forma esteriore,

in quanto in realtà costituiscono delle

articolazioni delle pubblica amministrazione da

cui promanano e non dei soggetti giuridici ad essa

esterni e da essa autonomi”.

9.2. Oggi l’art. 14 della bozza del TU in materia

di società a partecipazione pubblica ammette le

procedure fallimentari a proposito delle società a

“controllo pubblico”.

9.2.1. Il “Parere” della Commissione speciale del

Consiglio di Stato, sul punto e al part. 12,

osserva:

La norma in esame, nella rubrica, si riferisce soltanto alle

«società a controllo pubblico» mentre nel testo si fa riferimento

alle «società a partecipazione pubblica», sottoponendole alla

disciplina sul fallimento e sul concordato preventivo. E’

necessario, pertanto, adeguare la rubrica al contenuto della

disposizione.

La questione della fallibilità delle società pubbliche è stata da

sempre molto dibattuta.

Tale dibattito nasce dal fatto che l’art. 1 della legge fallimentare

dispone che gli enti pubblici non sono assoggettati alle

disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo.

L’esclusione, nell’impostazione tradizionale, si giustificava in

ragione del fatto che le regole di diritto comune, applicate agli

enti pubblici economici, avrebbero finito per incidere

sull’esistenza stessa dell’ente stesso. La “essenzialità” dell’ente

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imponeva, pertanto, la sua esclusione dall’applicazione delle

procedure concorsuali.

L’estensione di queste regole, secondo l’orientamento

interpretativo prevalente, non poteva operare per le società

pubbliche in quanto queste ultime hanno natura privata. Né

sarebbe possibile, si sottolineava, una interpretazione analogica

della norma in ragione del fatto che, in presenza di una società

pubblica, l’essenzialità non poteva ritenersi riferita al soggetto

ma all’attività svolta che ben potrebbe essere posta in essere

secondo diverse modalità organizzative. In particolare, la Corte

di Cassazione ha affermato che «la scelta del legislatore di

consentire l’esercizio di determinate attività a società di capitali,

e dunque di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo

strumento privatistico, comporta che queste assumano i rischi

connessi alla loro insolvenza, pena la violazione dei principi di

uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano

in rapporto ed attesa la necessità del rispetto delle regole della

concorrenza, che impone parità di trattamento tra quanti operano

all’interno di uno stesso mercato con identiche forme e

medesime modalità» (Cass., sez. un., 27 settembre 2013,

22209).

La Commissione si limita a segnalare come l’art. 18, comma 1,

lettera i) della legge delega preveda la «possibilità di piani di

rientro per le società con bilanci in disavanzo con eventuale

commissariamento». Si potrebbe, pertanto, introdurre un sistema

diversificato per le società a controllo pubblico e soprattutto per

le società in house.

9.3. TAR Liguria, 4-4-2016, n. 333 (la dismissione

di una partecipazione da parte di un ente pubblico

concreta un atto “iure privatorum, compiuto dal

Comune “uti socius” e non “iure imperii”, con la

conseguenza che, in caso di lite sul punto, la

giurisdizione è dell’AGO).

9.4. TAR Puglia Bari, III, 7-4-2016, n. 452 per la

quale:

È inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice

amministrativo, il ricorso per l’annullamento della graduatoria

finale della selezione per l’assunzione di sei operatori ecologici

indetta da una società di capitale interamente pubblico,

assoggettata al controllo analogo secondo il modello delle

società in house, e preposta al servizio di gestione dei rifiuti.

L’art. 63, comma 4, del d.lgs. 165/2001 - che attribuisce al g.a.

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la giurisdizione per "le controversie in materia di procedure

concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle p.a." - va letto

in combinato disposto con l’art. 1, comma 2, d.lgs. 165/2001, a

mente del quale: “Per amministrazioni pubbliche si intendono

tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e

scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le

aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento

autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità

montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni

universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di

commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro

associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali,

regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del

Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza

negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie

di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla

revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di

cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al

CONI”. Le società partecipate – anche in misura totalitaria – da

soggetti pubblici non figurano nel predetto elenco. Riguardo poi

alla possibile incidenza sulla questione del comma 2 dell’art. 18

del d.l. n. 112 del 2008, come modificato dalla legge di

conversione n. 133 del 2008 (“Le altre società a partecipazione

pubblica totale o di controllo adottano, con propri

provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del

personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei

principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza,

pubblicità e imparzialità”), è stato condivisibilmente sostenuto

che tale articolo “non può ritenersi che abbia inciso sull'assetto

delle competenze fissato dal d.lgs. n. 165 del 2001, attribuendo

al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle

controversie che possono sorgere in occasione di procedure di

selezione poste in essere da società a partecipazione pubblica,

ma deve ritenersi che si sia, viceversa, limitata a disporre che

queste ultime debbano adottare criteri e modalità per il

reclutamento del personale nel rispetto dei principi di

derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità ed

imparzialità (Consiglio di Stato, sez. V, 4 dicembre 2012, n.

6178)". 9.5. Deliberazione della Corte dei Conti, sezione

regionale Campania del 29-4-2016, n. 108/2016/PAR

(sulla possibilità o meno di procedere ad

“affidamento diretto” del servizio idrico

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integrato ad un soggetto gestore al cui interno

potrebbe sussistere una partecipazione minoritaria

di capitale privato).

9.6. Fondazione Nazionale dei Commercialisti, Il

fallimento delle società pubbliche. Documento del

15 settembre 2015.

9.7. L’in house providing nelle direttive appalti

2014: norme incondizionate e limiti

dell’interpretazione conforme, di Sergio Foà e

Davide Greco.

9.8. Affidamenti in house: il CdS chiede

chiarimenti alla Corte di Giustizia UE (sul

requisito della <<prevalente attività>> degli

affidamenti in house).

9.9. O. Cagnasso, La Governance delle società a

partecipazione pubblica: statuti e patti

parasociali, in NDS n. 7/2016, pagg. 60 e segg.

Appendice 1

Elenco, non completo, ma esemplificativo, della giurisprudenza

comunitaria sulle società ed enti in house; giurisprudenza per la quale

dette società sono organi degli enti pubblici titolari del relativo capitale

sociale (v.nsi: (1) Teckal del 19-11-99, in causa C-107/99; (2) Teleaustria

del 7-12-2000, C-324/99; (3) Stadt Halle dell’11-1-2005, C-26/03; (4)

Coname del 21-7-2005, C-231/05; (5) Parking Brixen del 31-10-05, C-

458/03; (7) ANAV del 6-4-06, C-410/04; (6) Modling del 10-11-2005, C-

29/04; (8) Carbotermo dell’11-5-2006, C-340/04; (9) Auroux del 18-1-

07, C-220/05; (10) Tragsa del 19-4-07, C-295/05; (11) Correos del 18-12-

07, C-220/06; (12) Frigerio del 18/12/0, C-357/06); (13) Coditel del 13-1-

2008, C-324/07; (14) Sea del 10-9-2009, C-573/07 ecc.)20.

20 Nella sentenza Sea si legge, poi, che: “Nel caso in cui varie autorità pubbliche

detengono una società cui affidano l’adempimento di una delle loro missioni di servizio

pubblico, il controllo che dette autorità hanno sulla società stessa può essere esercitato

congiuntamente.

In ipotesi di affidamento diretto di un appalto pubblico di servizi a una società per azioni

a capitale interamente pubblico –fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio

dell’operatività delle specifiche disposizioni statutarie – il controllo esercitato dagli enti

azionisti sulla detta società può essere considerato analogo a quello svolto sui propri

servizi nel caso in cui: a) l’attività di tale società è limitata al territorio di detti enti, è

esercitata fondamentalmente a beneficio di questi ultimi e si svolge tramite organi

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La giurisprudenza comunitaria è stata seguita da quella nazionale: (1) dalla

Cassazione (SS.UU. 25-11-2013, n. 26.283; SS.UU., 24-10-2014, n.

22.609; SS.UU., 24-3-2015, n. 5848), (2) dal Consiglio di Stato (AP, 3-3-

2008, n. 1 e, tra le altre tante, V, 5079/2014; VI, 2660/2015; VI, 11-12-

2015, n. 5643), (3) dai vari TAR (TAR Piemonte, I, 13-6-2014, n. 1069;

TAR Friuli, 4-12-2014, n. 629), (4) dalla Corte Costituzionale (sent. 20-11-

2009, n. 307; 30-11-2015, n. 7) e (5) da varie sezioni regionali della Corte

dei Conti (sez. Lazio, 2-1-2015, n. 2; Veneto, 19-3-2015, n. 185 ecc.).

Non solo: le società in house sono ora previste, oltre che da varie leggi

nazionali, dalle direttive comunitarie 2014/24/UE, 2014/25/UE e

2014/23/UE del 24-2-2014, rispettivamente agli artt. 12, 28 e 17: v.nsi, sul

punto: Cons. St. parere II, 30-4-2015, n. 298 e Cons. St., VI, 2660/2015.

(iv)(1) Tale indirizzo è, altresì, presente nelle delibere della Corte dei Conti

piemontese. Tra queste, la n. 3 del 19-1-2012, in ordine al riconoscimento

dei debiti delle società in house, asserisce:

Com’è noto, con il termine in house providing viene indicata

l’ipotesi in cui il committente pubblico, invece di procedere

all’affidamento all’esterno di un servizio o di determinate

prestazioni, provvede alla stesse attribuendo l’appalto o il

servizio di cui trattasi ad altra entità giuridica, mediante il

sistema dell’affidamento diretto senza gara.

… omissis …

La giurisprudenza comunitaria e quella nazionale hanno

individuato i presupposti che giustificano l’affidamento in

house e che sono 1) la sussistenza di una partecipazione

statutari composti da rappresentanti di detti enti; b) questi ultimi esercitano un’influenza

determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta società”e

che “L’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti

della società aggiudicataria diretta di un servizio pubblico può essere esercitata tramite

organi statutari composti da rappresentanti degli enti soci quali strutture decisionali

NON ESPLICITAMENTE PRESCRITTE DAL DIRITTO SOCIETARIO” (l’enfasi

grafica è degli scriventi” (v.nsi, altresì, le seguenti decisioni della Corte di Giustizia:

“Quando più autorità pubbliche, nella loro veste di amministrazioni aggiudicatrici,

istituiscono in comune un’entità incaricata di adempiere compiti di servizio pubblico ad

esse spettanti, oppure quando un’autorità pubblica aderisce ad un’entità siffatta, la

condizione enunciata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea,

secondo cui tali autorità, per essere dispensate dal loro obbligo di avviare una

procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in conformità alle norme di diritto

dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente sull’entità in questione un controllo

analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi, E’ SODDISFATTA QUALORA

CIASCUNA DELLE AUTORITA’ STESSE PARTECIPI SIA AL CAPITALE SIA

AGLI ORGANI DIRETTIVI DELL’ENTITA’ SUDDETTA”; sentenza 13-6-2013, C-

386/11; sentenza 8-5-2014, C-+15/13; sentenza 19-6-2014, C-574/12).

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pubblica totalitaria; 2) la sussistenza del cd “controllo

analogo” e 3) la realizzazione a favore dell’ente pubblico

della parte più importante dell’attività del gestore21.

…omissis…

Da ciò consegue che le società in house, pur essendo dotate di

autonoma personalità giuridica e svolgendo le loro funzioni

con la forma privatistica societaria, sono soggetti

sostanzialmente pubblici, per la natura pubblicistica del

capitale di cui sono costituite e per l’influenza dominante che

l’ente locale vi esercita.

Se a ciò si aggiunge che il Comune rimane il titolare del

servizio gestito dalla società, non vi è alcun motivo per

escludere che l’ente locale debba far fronte ai debiti della

propria società in house che non sono stati soddisfatti in

seguito alla liquidazione a causa dell’incapienza del capitale

sociale22.

Questa conclusione, inoltre, risponde anche ad esigenze di

tutela dei creditori sociali che nel dare fiducia alla società

hanno indubbiamente fatto affidamento sulla natura pubblica

della stessa e, conseguentemente, sulla quasi certezza di ottenere

il soddisfacimento integrale del loro credito.

Peraltro, ove si voglia dare prevalenza al dato formale, e

ritenere che, trattandosi di enti che hanno assunto la forma

societaria, opera nei loro confronti la limitazione della

responsabilità al solo patrimonio sociale, in base al principio

sancito per le società di capitali dagli articoli 2325 e 2462 cc,

deve ritenersi applicabile la responsabilità dell’ente pubblico

nei confronti dei creditori sociali, ai sensi dell’art. 2497 cod.

civ., atteso che il controllo analogo determina l’esercizio

dell’attività di direzione lavori e coordinamento

nell’interesse istituzionale dell’ente pubblico e non

nell’interesse esclusivo della società controllata.

Giova precisare, infine, che l’obbligo di pagare i creditori

sociali, riguardando soltanto i debiti non soddisfatti nel

corso della liquidazione della società in house, non si pone in

contrasto con il divieto di ripianamento delle perdite sancito

dall’art. 6, comma 19, del d.l. 78/2010 convertito, con

modificazioni, dalla legge 122/2010, che è stato previsto per

perseguire “una maggiore efficienza delle società pubbliche”.

21 Con le direttive 2014/UE le società in house devono svolgere oltre l’80% della loro

attività a favore degli enti titolari del capitale sociale di tali società. 22 Da qui, parrebbe, la conclusione per la quale i creditori insoddisfatti sono legittimati ad

agire nei confronti degli enti locali consorziati a sensi dell’art. 2495/2 cc (v.si, comunque,

in tal senso: Corte Conti, Piemonte, 159/2014).

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(iv)(2) Con precedente deliberazione n. 61/2010 del 21-10-2010, la Corte

dei Conti piemontese, Sezione Regionale di controllo, con un parere che

tiene conto dell’art. 6/19 del dl 78/2010, convertito nella legge 122/2010,

ha asserito:

A fronte del proliferare di società a partecipazione pubblica

totalitaria, maggioritaria o anche minoritaria, il legislatore negli

ultimi anni ha progressivamente introdotto specifiche regole e

limiti per il ricorso allo strumento societario da parte degli enti

pubblici ed in particolare degli enti territoriali, con lo scopo di

prevenirne un utilizzo distorto finalizzato all'elusione della

disciplina pubblicistica, nonché garantirne una gestione virtuosa,

tenuto conto delle ripercussioni che i risultati economici delle

società a partecipazione pubblica hanno sul bilancio degli enti

pubblici soci. Da ultimo il D.L. 31 maggio 2010, n. 78,

convertito dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122,

ha previsto stringenti vincoli di spesa, introducendo

importanti novità in materia di società partecipate. Fra

queste, viene in rilievo nella richiesta di parere in esame quanto

disposto all'articolo 6, comma 19, secondo cui "Al fine del

perseguimento di una maggiore efficienza delle società

pubbliche, tenuto conto dei principi nazionali e comunitari in

termini di economicità e di concorrenza, le amministrazioni di

cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.

196, non possono, salvo quanto previsto dall'art. 2447 codice

civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari,

aperture di credito, ne' rilasciare garanzie a favore delle società

partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi

consecutivi, perdite di esercizio, ovvero che abbiano utilizzato

riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche

infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti alle

società di cui al primo periodo a fronte di convenzioni, contratti

di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di

pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti. Al

fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di

pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza

pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, su richiesta della

amministrazione interessata, con decreto del Presidente del

Consiglio dei Ministri adottato su proposta del Ministro

dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri

competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti,

possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo

del presente comma"… omissis…

La piena comprensione della ratio di queste nuove

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previsioni, preliminare ad un'operazione ermeneutica volta a

definirne gli ambiti applicativi, presuppone qualche

approfondimento in merito al valore indicativo riconosciuto dal

legislatore alle reiterate perdite rilevate in società partecipate,

nonché sulla interdipendenza fra i bilanci di queste ultime e i

bilanci degli enti soci.

Come noto, la perdita di esercizio, quale risultato del conto

economico, misura la riduzione del patrimonio netto, per effetto

della gestione, prescindendo dai profili esclusivamente

finanziari rilevanti nella contabilità dei soci pubblici. La perdita,

dunque, non rappresenta di per sé un elemento patologico,

potendo coincidere, a date circostanze, anche con ipotesi di sana

gestione (per es.: nelle fasi di start up delle società o a seguito di

investimenti atti a produrre utili negli esercizi successivi).

Tuttavia, la norma fa opportunamente leva sull'inequivocabile

segnale negativo costituito da perdite realizzatesi

consecutivamente per tre esercizi (ancorché coperte in corso

d'anno con riserve disponibili), sintomo di situazioni

cronicizzate, o tese alla cronicizzazione, che impongono una

rigorosa condotta nei rapporti istituzionali fra l'Ente e le sue

partecipate, attesa l'incidenza dei risultati di gestione di

"queste ultime sugli equilibri di bilancio dell'Ente socio”. Su

quest'ultimo aspetto si è pronunciata in più occasioni la

magistratura contabile. Si rinvia alle riflessioni già ampiamente

svolte al riguardo da questa Sezione nel parere n. 14 del 2010

(ove si è ribadito che i risultati economici delle società a

partecipazione pubblica non possono non avere

ripercussioni sul bilancio dell'Ente locale, da considerarsi

alla stregua di un'azienda capogruppo in grado di pervenire,

sulla base della rielaborazione dei dati di bilancio di ciascuna

partecipata, alla redazione di un bilancio consolidato; si è

sottolineata l'esigenza di tener conto dei risultati delle società a

partecipazione pubblica totalitaria o maggioritaria, insieme a

quelli dell'ente locale, per evitare il formarsi di situazioni

occulte di debito destinate a gravare sulla collettività pubblica; si

è infine rimarcata l'esigenza di un monitoraggio sui soggetti

partecipati, funzionale ad un'attenta azione di direzione,

coordinamento e supervisione delle attività delle società

partecipate, da parte dell'Ente locale).

Si ritiene inoltre opportuno ricordare come, proprio in

ragione di questo legame fra Ente locale e sue partecipate, il

legislatore da un lato e la giurisprudenza di questa Corte

dall'altro, in ragione della necessità per l'ente pubblico di

impiegare le proprie risorse secondo principi di efficienza,

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65

efficacia ed economicità, hanno precisato le regole e i

principi cui devono attenersi le società pubbliche nel dar

corso ad operazioni di ripiano delle perdite e di

ricapitalizzazione.

…omissis…

Il legislatore precisa, dunque, che il divieto di cui all'art. 6,

comma 19, del D. L. 78 del 2010, lascia impregiudicata la

disciplina a garanzia dei creditori sociali sopra richiamata.

Pertanto deve concludersi che nelle società pubbliche non

quotate, qualora si verifichi la fattispecie ivi descritta (per tre

esercizi consecutivi perdite di esercizio ovvero utilizzazione di

riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche

infrannuali) e contestualmente la perdita per oltre un terzo

del capitale con riduzione dello stesso al di sotto del limite

legale, i divieti posti dalla nuova disciplina non escludono

l’applicazione obbligatoria della normativa codicistica

…omissis….

(iv)(3) Nella richiamata del. 2-3-2010, n. 14, la Corte dei Conti, Sezione

Regionale per il Piemonte, ribadendo il concetto della unicità sostanziale

del bilancio tra enti locali e loro partecipate, ha asserito:

Al riguardo si segnala, …omissis… come questa

magistratura contabile, avuto riguardo anche ai principi

contabili internazionali (IPSAS n. 6) ed in linea con i nuovi

principi contabili per gli enti locali allo stato elaborati

dall'Osservatorio per la Finanza e la Contabilità degli Enti

Locali (principio n. 4), non abbia mancato di evidenziare

come il bilancio consolidato sia un valido strumento per

conoscere e valutare la situazione finanziaria, oltre che

economica e patrimoniale degli enti che consolidano i

conti (cfr. Sezione Regionale di controllo per il Veneto,

deliberazione n. 4, del 14 febbraio 2008). Parimenti, in altra

sede, si è sottolineata l'esigenza di tener conto, comunque, dei

risultati delle società a partecipazione pubblica totalitaria o

maggioritaria (in termini di ammontare di spese e di debito),

insieme a quelli dell'ente locale, al fine di evitare il formarsi di

situazioni occulte di debito destinate a gravare sulla collettività

pubblica (cfr. Sezione Regionale di controllo per la Lombardia,

deliberazione n. 17, del 13 ottobre 2006).

D’altronde, i risultati economici delle società a

partecipazione pubblica non possono non avere

ripercussioni sul bilancio dell’Ente locale che può essere

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66

considerato anche alla stregua di un’azienda capogruppo

(holding) che, sulla base della rielaborazione dei dati di

bilancio di ciascuna partecipata, è in grado di pervenire alla

redazione del bilancio consolidato (cfr. Sezione Regionale di

controllo per la Puglia, del. n. 15/PAR/2008).

Peraltro, lo stesso articolo 152 del d.lg. 18 agosto 2000, n. 267

(TUEL) stabilisce che il regolamento di contabilità degli enti

locali assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati

globali delle gestioni relative ad enti od organismi costituiti per

l’esercizio di funzioni e servizi, mentre l’articolo 172, comma

1, lettera b), dello stesso testo unico, prevede tra gli allegati

obbligatori del bilancio di previsione dell’Ente locale, anche

le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle aziende

speciali, consorzi, istituzioni, società di capitali, costituite per

l’esercizio di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio

antecedente quello cui il bilancio si riferisce. Si richiama

ancora il successivo articolo 230 del TUEL, ove si legge che il

regolamento di contabilità possa prevedere la compilazione del

conto consolidato patrimoniale per tutte le attività e passività

interne ed esterne.

(v.nsi, altresì: Corte Conti Piemonte, del. 159/2014 e Corte dei Conti

Puglia, 7-3-2012, n. 29, ambedue in ordine all’interpretazione dell’art. 6/19

del d.l. 78/2010).

Appendice 2

Elenco, non esaustivo, di testi normativi sulle società in mano

pubblica.

a. La normativa di carattere generale sulle società pubbliche, va integrata

con quella: (a) sulle cause di ineleggibilità e decadenza di amministratori e

sindaci di società in mano pubblica (artt. 1, comma 734, della l. 27-12-

2006, n. 2963; 3, comma 32 bis, della l. 24-12-2007, n. 244); (b) sulla

revoca con e senza giusta causa e giustificato motivo (art. 17 del d.l. 1-7-

2009, n. 78, convertito nella l. 3-8-2009, n. 102); (c) sulla prorogatio alla

scadenza (artt. 2385, secondo comma, cc; 2400, primo comma, cc; 1-3 del

d.l. 16-5-1994, n. 293, convertito nella l. 15-4-1994, n. 444); (d) sul

numero degli amministratori (artt. 1, comma 729, della l. 27-12-2006, n.

296; 1, comma 12, della l. 24-12-2007, n. 244; DPCM 26-6-2007; art. 4

del d.l. 95/2012, convertito nella l. 135/2012 e successive modifiche); (e)

sulle deleghe e organizzazione del consiglio di amministrazione (art. 1,

comma 12, della l. 24-12-2007, n. 244); (f) sui compensi dei componenti

del consiglio di amministrazione (artt. 1, commi 725-728, della l. 27-12-

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2006, n. 296; 6 del d.l. 31-5-2010, n. 78, convertito nella legge 30-7-2010,

n. 122) e su ulteriori limiti al pagamento di compensi (artt. 3, comma 44,

della l. 24-12-2007; 24, comma 4 bis, d.l. 31-12-2007 n. 248, convertito

nella l. 28-2-2008 n. 31; 1, d.l. 6-7-2011, n. 98, convertito nella l. 15-7-

2011, n. 111; 23-bis del d.l. 6-12-2011, n. 201, convertito nella l. 22-12-

2011, n. 214; 35 del d.l. 9-2-2012, n. 5, convertito nella l. 4-4-2012, n. 35);

(g) sui limiti del trattamento economico per i rapporti di lavoro

dipendente o autonomo (dpr 5-10-2010, n. 195 e art. 4 dl 95/2012, conv.to

nella l. 135/2012 e successive modifiche); (h) sulla limitazione ai poteri di

rappresentanza: atti fuori dall’oggetto sociale (artt. 2332, secondo

comma; 2384, 2384 bis cc e 13 del d.l. 4-7-2006, n. 223, convertito nella l.

4-8-2006, n. 248 [c.d. decreto Bersani]; d.l. 25-6-2008, n. 112, convertito

nella l. 6-8-2008, n. 133); (i) sui doveri in materia di direzione e

coordinamento (art. 2497 e segg. cc); (l) sulla nullità degli atti (artt. 6 del

d.l. 31-5-2010, n. 78, convertito nella l. 30-7-2010, n. 122; 11, d.l. 6-7-

2011, n. 98, convertito nella l. 15-7-2011 n. 111; 1, 4, 5, 6, 9 e 15 del d.l.

6-7-2012, n. 95, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135); (m) sui limiti agli

aumenti di capitale (art. 19 del d.l. 31-5-2010, n. 78, convertito nella l. 30-

7-2010, n. 122); (n) sulle dismissioni di partecipazioni (art. 3, comma 27,

della l. 24-12-2007, n. 244 e altra normativa citata sub 3.); (o) sull’obbligo

di trasparenza delle società in mano pubblica (art. 8 del d.l. 6-7-2011, n.

98, convertito nella l. 15-7-2011, n. 111); (p) sulla razionalizzazione del

processo di approvvigionamento di beni e servizi (artt. 11 del d.l. 6-7-

2011, n. 98 convertito nella l. 15-7-2011, n. 111; 22 del d.l. 6-12-2011, n.

201, convertito nella l. 22-12-2011, n. 214; 1, 5 del d.l. 6-7-2012, n. 95,

convertito nella l. 7-8-2012, n. 135); (q) sulla liquidazione degli enti

dissestati e misure di razionalizzazione dell’attività dei commissari

straordinari (art. 15 del d.l. 6-7-2011, n. 98, convertito nella l. 15-7-2011,

n. 111); (r) sulle società municipalizzate (art. 5 del d.l. 13-8-2011, n. 138,

convertito nella l. 14-9-2011, n. 148); (s) sul patto di stabilità (artt. 14 del

d.l. 78/2010, convertito nella l. 122/2010 e 31 della l. 12-11-2011, n. 183);

(t) su enti e organismi pubblici (art. 22 del d.l. 6-12-2011, n. 201,

convertito nella l. 22-12-2011, n. 214); (u) su tutela e promozione della

concorrenza nelle pubbliche amministrazioni (art. 4 del d.l. 24-1-2012, n.

1, convertito nella l. 24-3-2012, n. 27); (v) su riduzione di spese, messa in

liquidazione e privatizzazione di società pubbliche (artt. 4 e 5 e 6 del d.l.

6-7-2012, n. 95, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135); (z) su

razionalizzazione amministrativa, divieto di istituzione e soppressione di

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enti, agenzie e organismi (art. 9 del d.l. 6-7-2012, n. 95, convertito nella l.

7-8-2012, n. 135); (aa) sul rafforzamento della partecipazione della Corte

dei Conti al controllo sulla gestione finanziaria delle regioni (art. 1 del d.l.

10-10-2012, n. 174, convertito nella l. 7-12-2012, n. 213); (bb) sui

contratti di servizio (art. 243 del d.l. 267/2000); (cc) sulla riduzione dei

costi degli apparati amministrativi (art. 6 del d.l. 31-5-2010, n. 78,

convertito nella l. 30-7-2010, n. 122); (dd) sul controllo delle società

partecipate da parte degli enti pubblici locali (artt. 147-quater e 148 del

TU 267/2000; 16-bis della l. 31/08 e 3 del d.l. 10-10-2012, n. 174,

convertito dalla l. 7-12-2012, n. 213); (ee) sulla inconferibilità e

incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni (d.lg. 8-4-

2013, n. 39); (ff) sul divieto di incarichi a soggetti in quiescenza (art. 6 del

d.l. 24-6-2014, n. 90, convertito nella l. 11-8-2014, n. 114); (gg) sui piani

di razionalizzazione delle holding pubbliche (art. 1/611 l. 190/2014); (hh)

sul patto di stabilità e spending review (v.si par. 3.3).

b. In particolare vanno tenuti presenti i seguenti testi normativi:

[1] artt. 2-5 del d.l. 332/94, convertito nella l. 474/94: [2] artt. 41 bis, 147

quater, 148 bis, 243, del d.lg. 267/2000, quale integrato dal d.l. 174/2012,

convertito nella l. 213/2012; [3] art. 3/16 e 19 della l. 350/2013; [4] art. 13

del decreto Bersani n. 223/2006, convertito nella l. 248/2006; [5] art. 1,

commi 726, 728, 729, 734 della l. 296/2006; [6] art. 71 della l. 69/2009; [7]

art. 3, commi 12-32 ter della l. 69/2009 e smi; [8] artt. 6, 9 e 14 del d.l.

78/2010, convertito nella l. 122/2010; [9] artt. 1, 8, 11 e 15 del d.l.

98/2011, convertito nella l. 111/2011; [10] artt. 3 bis e 5 del d.l. 138/2011,

convertito nella l. 148/2011; [11] art. 31, comma 30, della l. 183/2011; [12]

art. 22 del d.l. 201/2011, convertito nella l. 214/2011; [13] art. 9/6 del d.l.

25/2012, convertito nella l. 135/2012; [14] artt. 1, 4, 5, 6 e 9 del d.l.

95/2012, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135; [15] art. 1, commi 553 e 554

della l. 147/2013; [16] art. 1, commi 6 o 9 della l. 190/2014; [17] art. 1,

commi 611-616 della legge 23-12-2014, n. 190 [legge di stabilità 2015];

[18] artt. 18 e 19 della l. 7/8/2015 n. 124; [19] art. 1, commi 89, 90, 498,

505, 506, 508, 672 della legge 28-12-2015, n. 208 (legge di stabilità 2016).

Appendice 3.

Elenco dei testi normativi abrogati dalla bozza del TU sulle società a

partecipazione pubblica.

Art. 29

(Abrogazioni)

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1. Sono abrogati:

a) gli articoli 116, 122 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

b) l’articolo 14, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269,

convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;

c) l’articolo 1, comma 3, lettera n), della legge 23 agosto 2004, n. 239;

d) l’articolo 13 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con

modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;

e) l'articolo 1, commi 725, 726, 727, 728, 729, 730, 733 e 735 della legge

27 dicembre 2006, n. 296;

f) l’articolo 3, commi 12, 12-bis, 14, 15, 16, 17, 27, 27-bis, 28, 28-bis, 29,

32-bis, 32-tere 44, ottavo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;

g) l'articolo 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con

modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, commi 1, 2 e 3;

h) l’articolo 71 del legge 18 giugno 2009, n. 69;

l) l'articolo 6, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,

convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;

m) l’articolo 3-bis, comma 6, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,

convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148;

n) l’articolo 23-bis, commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies,

del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,

dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;

o) l'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito,

con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, limitatamente al

primo e al terzo periodo;

p) l'articolo 4, comma 5, del citato decreto-legge n. 95 del 2012,

limitatamente al primo periodo e alle parole “e dal terzo” del terzo

periodo;

q) l'articolo 4, comma 13, del citato decreto-legge n. 95 del 2012,

limitatamente al primo, al secondo e al quarto periodo;

r) l’articolo 3, comma 7-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101,

convertito in legge 30 ottobre 2013, n. 125;

s) l'articolo 1, commi 551, limitatamente al secondo periodo, 558 e 562,

limitatamente alla lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147;

t) l'articolo 1, commi da 563 a 568 e da 568-ter a 569-bis, della legge 27

dicembre 2013, n. 147;

u) l’articolo 23 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con

modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89;

v) l’articolo 1, comma 672, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

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Appendice 4

Elenco di articoli, testi normativi e volumi relativi alle società in mano

pubblica

a) Articoli

1) M.Casavecchia, O.Cagnasso e M.Quaranta, Le società in house

(Parte I). Le società in mano pubblica e la nozione di servizio pubblico,

NDS, 11/2008, 40 e segg.;

2) M.Casavecchia, O.Cagnasso e M.Quaranta, Le società di house

(Parte II). Effetti del fenomeno sulla concorrenza ed ambito di

applicazione, NDS, 12/2008; 55 e segg.;

3) B.Sarzotti, Responsabilità degli amministratori di Spa in mano

pubblica: Corte dei Conti e/o giudice ordinario? Un lodo affronta il

problema. NDS, 18/2008, 42 e segg.;

4) O.Cagnasso, La srl a partecipazione pubblica, NDS, 3/2010, 31 e segg.;

5) I.Demuro, Un altro tentativo (“chirurgico” e “distratto”) di

adeguamento all’ordinamento comunitario in materia di esercizio della

golden share: il DPCM 20-5-2010, NDS, 14/2010, 25 e segg.;

6) E.Freni, Golden Share: raggiunta la compatibilità con l’ordinamento

comunitario? Decreto legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito dalla legge

11 maggio 2012, n. 56,in Giorn. amm., 1/2013, 25 e segg..

7) O.Cagnasso e M.Quaranta, Abuso del diritto, società in house e

qualificazione della società in mano pubblica in una interessante pronuncia

del Tribunale di Roma, NDS, 1/2012;

8) O.Cagnasso, La responsabilità degli amministratori di società a

partecipazione pubblica secondo una recente e innovativa sentenza della

Cassazione, NDS, 3/2010, 36;

9) M.Casavecchia, I servizi pubblici locali secondo la riforma di cui

all’art. 15 del dl 25-9-2009, n. 135, convertito nella legge 20-12-2009, n.

166 (Parte I), NDS, 6/2010, 37 e segg.;

10) M.Casavecchia, I servizi pubblici locali secondo la riforma di cui

all’art. 15 del dl 25-9-2009, n. 135, convertito nella legge 20-12-2009, n.

166 (Parte II), NDS, 7/2010, 41 e segg.;

11) M.Casavecchia, Regolamento in materia di servizi pubblici locali,

NDS, 4/2011, 90 e segg.;

12) M.Casavecchia, Il regolamento in materia di servizi pubblici locali

(dpr 7-9-2010, n. 168, emanato a norma dell’art. 23-bis, comma 10, del dl

25-6-2008, n. 112, convertito dalla l. 6-8-2008, n. 133, a sua volta

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modificato dall’art. 15 del dl 25-9-2009, n. 135, convertito nella l. 20-11-

2009, n. 166, pubblicato nella GU del 12-10-2010, n. 239), NDS, 13/2011,

43 e segg.;

13) M.Casavecchia, I servizi pubblici locali di rilevanza economica dopo

il referendum, NDS, 15/2011, 15, 22 e segg.;

14) M.Casavecchia, I servizi pubblici locali dopo il referendum del giugno

2011. Art. 4 del dl 138/2011, convertito nella l. 148/2011, poi ancora

modificato dall’art. 9 della l. 183/2011 e dall’art. 25 del dl 1/2012, NDS,

9/2012, 39 e segg.;

15) G.Sigismondi, Le società pubbliche verso un sistema coerente? Il

contributo interpretativo del giudice amministrativo: Cons. St. Sez. VI,

sent. 20-3-2012, n. 1574, Giorn. amm., 1/2013, 52 e segg.;

16) F.Gualandi, Le società di trasformazione urbana tra “servizi pubblici

locali” e “governo del territorio”, Lex Italia it., 5/2013;

17) G.Guzzo, Nota a sentenza della Corte di Giustizia, Sezione III, del 29-

11-2012 (C-183/11), Lex Italia, it., 12/2012;

18) R.Raponi, Le società pubbliche tra privatizzazioni e liberalizzazioni: il

punto della situazione anche alla luce dei più recenti interventi normativi in

materia, Lex Italia it., 12/2012;

19) A.Fusco e S.Glinianski, Autonomia negoziale della P.A. ed obblighi

di approvvigionamento di beni e servizi mediante CONSIP SPA e centrali

di committenza regionale, Lex Italia it., 2/2013;

20) F.Capalbo, Le società partecipate dagli enti pubblici: un problema di

teoria generale, Lex Italia it., 3/2013;

21) M.Pani e C.Sanna, I limiti all’in house providing nella legislazione

nazionale e regionale, Lex Italia it., 3/2013;

22) Camera Commercio Prato, VADEMECUM delle Società partecipate,

Ed. dicembre 2012;

23) M.Vico, La verifica delle partecipazioni societarie, Il tempo stringe, in

“Diritto dei servizi pubblici”, diretto da avv. C.Tessarolo, 21-5-2013;

24) A.Barbiero, Le società partecipate non possono gestire

contestualmente servizi pubblici locali e servizi strumentali, in “Diritto

Servizi Pubblici”, diretto da avv. C.Tessarolo, 21-5-2013;

25) M.Spagnuolo, Società strumentali e nuove aperture in ordine alle

attività non consentite. Analisi interpretativa dell’art. 13 del dl 223/2006,

7-3-2013, in www.leggi.oggi.it;

26) G.Astegiano e altri, Società pubbliche “in house” escluse dal

fallimento. L’attività esercitata, infatti, non ha natura industriale e

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commerciale, Il Sole-24 Ore, 16-5-2013;

27) M.F.Monterossi, Società partecipate da una pluralità di enti pubblici e

affidamento in house: brevi note in tema di effettività del controllo alla

luce di una recente sentenza del Consiglio di Stato, Amministrazione in

cammino, dir. G.Di Gaspareg, 2013;

28) G.La Greca, La sfuggente nozione di ente pubblico tra legge e indici

sintomatici (Cons. St., VI, 29-6-2012, n. 3820), Il nuovo Dir. Amm.,

1/2003, 34 e segg.;

29) M.Midiri, La Consulta riaccende la discussione sui servizi pubblici

locali, Il nuovo Dir. Amm.,4/2012, 103 e segg.;

30) M.Midiri, Il decreto sviluppo bis: una normativa minima (ma utile)

sui servizi pubblici locali, Il nuovo Dir. Amm., 2/2013, 107 e segg.;

31) C.Vivani e R.Secondo, La nuova disciplina dei servizi pubblici locali

di rilevanza economica: la concorrenza tra liberalizzazioni e diritti di

esclusiva, Urb. e App., 1/2012,39 e segg.;

32) M.Gnes, La nuova disciplina sui ritardi dei pagamenti, Giorn. dir.

amm., 2/2013, 115 e segg.;

33) ANCE, Le misure per il pagamento dei debiti della pubblica

amministrazione. Una prima lettura del decreto-legge n. 35/2013. A cura

della Direzione Affari Economici e Centro Studi-Seminario sul decreto-

legge per il pagamento dei debiti P.A., Roma 11 aprile 2013;

34) J.Bercelli, Servizi pubblici locali e referendum. Corte Cost., sent. 20

luglio 2012, n. 199, Giorn. Amm., 2/2013, 155 e segg.;

35) F.Leggiadro, In house: il controllo analogo congiunto degli enti soci.

Corte UE, sez. III, 29-11-2011, C-182/11 e C-183/2011, Urb. e App.

3/2013, 307 e segg..

36) G.F.Nicodemo, Le Società miste: Il giudice europeo detta le

condizioni per l’affidamento diretto. Corte CE, sez. III, 15-10-2009, causa

C-196/08, Urb. e App., 2/2010, 156;

37) S.Musolino, Per la Corte costituzionale sono legittime le norme

regionali che escludono l’in house, Corte Cost., 20-1-2009, n. 307, Urb. e

App., 4/2010, 409 e segg.;

38) B.Boschetti, I confini della nozione di società mista (Cons. Stato, sez.

V, 15 ottobre 2010, n. 7533), Urb. e App., 12/2011, p. 182;

39) F.Dello Sbarba, L’art. 13 del decreto Bersani e le società di terzo

grado tra servizi strumentali e servizi pubblici locali (Cons. Stato, Ad.

Plen., 4 agosto 2011, n. 17), Urb. e App. 12/2011, p. 1416;

40) G.Cocimano, L’illegittimità costituzionale dei limiti all’in house nei

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73

servizi pubblici locali (Corte cost., 20 luglio 2012, n. 199), Urb. e app.

11/2012, p. 1139 e segg.;

41) C.Vivani e R.Secondo, La nuova disciplina dei servizi pubblici locali

di rilevanza economica: la concorrenza tra liberalizzazioni e diritti di

esclusiva, Urb. e app. 1/2012, p. 39 e segg.;

42) G.Colangelo, Le dismissioni delle società partecipate dai Comuni

minori (Corte Conti Emilia Romagna, sez. controllo, del 13 febbraio 2012,

n. 9), Urb. e app. 7/2012, p. 822 e segg.;

43) B.Giliberti e I.Rizzo, Le società pubbliche nel mercato alla luce

dell’art. 14, comma 32, dl 78 del 2010, Urb. e app. 3/2012, p. 267 e segg.;

44) L.Torchia, Società pubbliche e responsabilità amministrativa: un

nuovo equilibrio, in Giorn. dir. amm. 2012;

45) A.M.Altieri, Il servizio idrico integrato e il regime giuridico delle reti

(Corte costituzionale, 25-11-2011, n. 320), in Giorn. dir. amm. 8-9/2012 p.

835 e segg.;

46) A.M.Altieri, Le modalità di gestione e l’affidamento del servizio

idrico integrato dopo il referendum (Corte costituzionale, sentenza 7 marzo

2012, n. 62), in Giorn. dir. amm. 11/2012 p. 1069 e segg.;

46) L.Saltari, Lo “stato del mercato”, (Decreto legge 24 gennaio 2012, n.

1, convertito con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), in

Giorn. dir. amm. 6/2012 p. 579 e segg.;

47) Osservatorio Cons. Stato, Qualificazione come servizio pubblico

dell’attività di bonifica di sito inquinato di interesse nazionale, in Giorn.

dir. amm. 12/2012, p. 1245 e segg.;

48) Osservatorio Cons. Stato (decisioni). Applicazione della disciplina

civilistica del contratto alle convenzioni di concessione, ex art. 11 della

legge n. 241 del 1990, in Giorn. dir. amm. 3/2011, p. 280 e segg.;

49) Osservatorio Tar, Determinazione delle tariffe per il servizio idrico,

in Giorn. dir. amm. 5/2011, p. 528 e segg.;

50) L.Cuocolo, La Corte costituzionale “salva” la disciplina statale sui

servizi pubblici locali (Corte costituzionale, 17 novembre 2010, n. 325), in

Giorn. dir. amm. 5/2011, p. 484 e segg.;

51) A.M.Altieri, La discrezionalità amministrativa nei bandi di gara per la

distribuzione del gas naturale (Consiglio di Stato, sentenza, sezione V, 4

gennaio 2011, n. 2), in Giorn. dir. amm. 7/2011, p. 750 e segg.;

52) F.Caporale, Legislatore, Consulta, democrazia diretta: i nodi irrisolti

dei servizi idrici, in Giorn. dir. amm. 9/2011, p. 1022 e segg.;

53) B.Gagliardi, Le sociètès publiques locales e l’in house providing alla

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74

francese, in Giorn. dir. amm. 6/2011, p. 692 e segg.;

54) Osservatorio Tar, Passaggio del servizio di trasporto pubblico locale

dal regime concessorio a quello contrattuale, in Giorn. dir. amm. 10/2011,

p. 1130 e segg.;

55) S.Mento, Società strumentali e tutela della concorrenza (Consiglio di

Stato, sez. V, 10 settembre 2010, n. 6527), in Giorn. dir. amm. 4/2011, p.

412 e segg.;

56) A.Guerrieri, L’effettivo affidamento di compiti operativi al socio

privato (Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2012, n. 2348), in Urb. e app.

10/2011 p. 1068 e segg.;

57) H.Bonura, I servizi pubblici locali privi di rilevanza economica e la

potestà organizzatoria degli enti locali, Cons. St., Sez. V, sent. 23-10-2012,

n. 5409, in Giorn. dir. amm. 2013, p. 398;

58) F.Dinelli, La (difficile) individuazione del mercato rilevante nel settore

dei servizi idrici, Cons. St., Sez. VI, sentenza 24-9-2012, n. 5067, in Giorn.

dir. amm. 2013, p. 405;

59) S.Mento, Il controllo analogo sulle società in house pluripartecipate da

enti pubblici, Corte giust. dell’Unine europea, III, sent. 29-11-2012, n. C-

183.11, giorn. amm., 5/2013, 495 e segg.;

60) F.Filpo, La nuova disciplina dell’Unione europea in materia di aiuti di

Stato per la compensazione di oneri di servizio pubblico, contr. e

Impresa/Europa, 1/2013, 102 e segg.;

61) Dipartimento Politiche Europee. Presidenza del Consiglio dei

Ministri. SIEG, adottato nuovo pacchetto di norme. Bruxelles, 20-12-

2011 C(2011) 9404 definitivo, Comunicazione della Commissione

sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di

Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse

economico generale; Bruxelles, 20-12-2011 C(2011) 9406 definitivo,

Comunicazione della Commissione Disciplina dell’Unione europea

relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli

obblighi di servizio pubblico (2011);

62) C.Volpe, La “nuova normativa” sui servizi pubblici locali di rilevanza

economica. Dalle ceneri ad un nuovo effetto “Lazzaro”. Ma è vera

resurrezione?, Il nuovo Dir. Amm., 3/2013, pag. 3 e segg.;

63) M.Pani e C.Sanna, L’in house providing alla luce della

giurisprudenza costituzionale e rapporto con gli artt. 4 e 9 del dl 95/2012,

Lex Italia it. 6/2013.

64) A.Baudino, L’amministrazione delle società a capitale pubblico per la

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75

gestione dei servizi pubblici locali, dopo le novità introdotte dal D.L.

95/2012, in tema di contenimento della spesa pubblica, dal D.lgs. 39/2013

in tema di incompatibilità degli incarichi e dalla Legge di stabilità per il

2014 (di prossima pubblicazione su NDS);

65) D. Di Russo, Le società in mano pubblica sono soggette alle procedure

concorsuali in caso di insolvenza?;

66) M.Pani e C.Sanna, Le società pubbliche e le novità introdotte dalla

legge di stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147), in Lex Italia it.,

1/2014;

67) M.Nico, Holding pubbliche al banco di prova dei piani di

razionalizzazione, in Enti locali e PA, 2015;

68) G. Astegiano, Società pubbliche, insolvenza e responsabilità, Wolters

Kluwer, 2015.

b) Normativa

1) L.Bernabò, M.Casavecchia e G.Redi, Società pubbliche, società di

interesse nazionale, servizi pubblici, privatizzazioni, servizi pubblici locali,

società in house. Elenco di testi normativi. Parte I, NDS, 8/2013, 70 e

segg.;

2) L.Bernabò, M.Casavecchia e G.Redi, Società pubbliche, società di

interesse nazionale, servizi pubblici, privatizzazioni, servizi pubblici locali,

società in house. Elenco di testi normativi. Parte II, NDS, 9/2013, 48 e

segg.;

3) Art. 4 d.l. 13-8-2011, n. 138, conv. nella l. 14-9-2011, n. 148;

4) Sent. Corte Cost. 20-7-2012, n. 199;

5) Art. 9/6 d.l. 6-7-2012, n. 95 conv. nella l. 7-8-2012, n. 135;

6) Art. 114/5-bis del TU 267/2000;

7) Art. 34, commi 20-23, d.l. 18-10-2012, n. 179, conv. nella l. 17-12-

2012, n. 221;

8) d.l. 6-7-2012, n. 95, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135 (con ulteriori

modifiche da: [1] art. 34/27 del dl 18-10-2012, n. 135, convertito dalla l.

17-12-2012, n. 221; [2] art. 1/408 della l. 24-12-2012, n. 228 e altre

disposizioni; [3] art. 1/562 e segg. della l. 27-12-2013, n. 147;

9) d.lg. 8-4-2013, n. 39;

10) AVPC, 18-12-2013, Indicazioni interpretative concernenti le modifiche

apportate alla disciplina dell’arbitrato nei contratti pubblici dalla legge 6

novembre 2012, n. 190, recante disposizioni per la prevenzione e la

repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica

amministrazione. (Determina n. 6). (14A00296), in Lex Italia.it, 1/2014;

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11) DL 24-6-2014, n. 90, convertito nella l. 114/2014 (art. 6);

12) Circolare 6/2014 del 4-12-2014;

13) l. 190/2014 (art. 1/611).

c) Volumi

1) AA.VV., Acquisizioni di società e dì pacchetti azionari di riferimento (a

cura di F.Bonelli e M.De André, Giuffrè, 1990);

2) F.Bonelli, Il Codice delle privatizzazioni

nazionali e locali, Giuffrè, 2001;

3) F.Santonastaso, La società di interesse

nazionale, Giuffrè, 2002;

4) Studio Camozzi e Bonissomi, Le società miste, Maggiori Editore,

2004;

5) Goisis, Contributo allo studio delle società in mano pubblica come

persone giuridiche, Giuffrè 2004;

6) AA.VV., La società europea (a cura di D.Carapi e N.Permazza) ,

Giappichelli, 2011 pubbliche (a cura di Ibba e altri), Giappichelli, 2002;

7) AA.VV. Dai Municipi all'Europa. La trasformazione dei servizi pubblici

locali (a cura di V.Termini), Il Mulino, 2004;

8) E.Ostrom, Governare i beni collettivi, Marsilio, 2006;

9) E.Barucci, F.Pierobon, Stato e mercato nella seconda Repubblica, Il

Mulino, 2008;

10) AA.VV., Pubblico, privato, Comune (a cura di L.Pennacchi), Ediesse,

2010;

11) C.Jamalia-E.Molinari, Salvare l'acqua,

Feltrinelli, 2010;

12) A.Massarutto, Privati dell'acqua?, Il Mulino, 2011;

13) F.Di Dio, Acqua sporca. Il gorgo nero delle privatizzazioni, Ed.

Riuniti, 2011

14) G.Bassi, A.Massari, S.Capacci e F.Moretti, Le società a

partecipazione pubblica locale, Maggioli 2006;

15) G.Bertagna, A.Rinaldi, Gli incarichi esterni nell’Ente Locale e nelle

Società partecipate, Centro Studi Enti Locali Gruppo Euroconference,

2010, II ed.;

16) G.Alpa, A.Carullo, A.Clarizia, Le S.p.a. comunali e la gestione dei

servizi pubblici, Il Sole 24 Ore, Pirola, 1998;

17) M.Nico, Le società partecipate dagli Enti locali dopo il “decreto

liberalizzazioni”, Maggioli, 2012 III ed.;

18) IR Top Studio Camozzi & Bonissoni, Le società miste, Maggioli,

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77

2004;

19) M.Levis, C.Manacorda, E.Gromis di Trana, Le società miste, Il

Sole 24 ore, 2005;

20) D.Di Russo, L.Falduto, Governo, controllo e valutazione delle società

partecipate dagli enti locali, MAP Servizi srl, 2009;

21) C.Ibba, M.C.Malaguti, A.Mazzoni, Le società “pubbliche”,

G.Giappichelli 2000;

22) R.De Nictolis, L.Cameriero, Le società pubbliche in house e miste,

Giuffrè, 2008;

23) AA.VV., Modello organizzativo <<231>> e organismo di vigilanza:

profili sistematici e linee operative (trasmesso per e-mail);

24) G.Rizzo, La concessione di servizi, G.Giappichelli, 2012;

25) AA.VV. (a cura di Fimmanò), Le società pubbliche. Ordinamento,

crisi ed insolvenza, Giuffrè, 2011;

26) G.Bersani, L’applicabilità dello statuto dell’imprenditore commerciale

alla c.d. “società in house”, in “Leggi d’Italia”, 7-4-2015;

27) G.Positano, Il fallimento delle società “private” a partecipazione

pubblica, in “Leggi d’Italia”, 7-4-2015;

28) A.Bartolini, La società in house perde il Corporate veil: un ritorno

all’organo-impresa in “Leggi d’Italia”, 7-4-2015;

29) C.Pecoraro, Pubblico e privato nella governante delle società

partecipate: fermenti e incertezze del quadro di riferimento, in “Leggi

d’Italia”, 7-4-2015;

30) S.Cervelli, Assoggettabilità al fallimento della società in house, in

“Leggi d’Italia”, 7-4-2015;

31) G.Carmellino, Società a partecipazione pubblica e procedure

concorsuali, in “Leggi d’Italia”, 7-4-2015;

32) S.Del Gatto, Le società pubbliche e le norme di diritto privato, in

“Leggi d’Italia”, 7-4-2015;

33) G.Ahorre, La fallibilità delle società in mano pubblica, in “Leggi

d’Italia”, 7-4-2015.

Torino, 19 maggio 2016

(Avv.to Marco Casavecchia)