Hotel House

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sociologia

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  • Hotel house / Adriano CancellieriISBN 978-88-908130-0-9published under CreativeCommons licence 3.0by professionaldreamers, 2013

    Progetto grafico | MubiImmagine di copertina | Adriano Cancellieri

    Immagini | Adriano Cancellieri

    Revisione dei testi | Mubi

    professionaldreamers un progetto editoriale indipendente che pubblica e promuove richerche sulle tematiche di spazio e societ, privilegiando gli studi urbani, territoriali e la prospettiva etnografica. I progetti di libro e i manoscritti ricevuti sono sottoposti a un processo di peer-review anonima. professionaldreamers si avvale altres della consulenza di un international advisory board.

    www.professionaldreamers.net

  • hotel house

    Adriano Cancellieri

  • 5indice

    IllustrazIonI 7

    tabelle 8

    rIngrazIamentI 9

    prefazIone dI Chantal saInt-blanCat 11

    CapItolo 1. mondomInIo hotel house. storIa, demografIa e urbanIstICa 15La storia, 1967-2012 17

    Larrivo degli immigrati. La nuova demografia 19

    Tra autosufficienza e separazione. Architettura e urbanistica 27

    CapItolo 2. la rICChezza e lambIvalenza del CapItale spazIale. spazI ComunItarI e spazI lImInalI 33

    Il capitale spaziale 34

    Spazi comunitari e spazi liminali 36

    Mi sembra di stare in Senegal. Gli spazi domestici 37

    bello ogni tanto sentirci come una famiglia. Lo spazio comunitario della moschea 46

    I servizi se li sono fatti al piano terra. Gli spazi di incontro 51

    Qui io mi trovo in mezzo alla gente. I luoghi terzi 59

    CapItolo 3. dIfferentI hotel house. usI e sensI del luogo delle mInoranze nella mInoranza 69

    Essere donna 70

    Crescere qui 77

    Essere italiano 80

  • 6CapItolo 4. le battaglIe per Il senso del luogo e glI esternI CostItutIvI 85Una cosa seria diventata! Il comitato multiculturale 86

    Stigma e abbandono. Gli esterni costitutivi 98

    Qualche anno dopo: la caduta verticale 104

    CapItolo 5. ConClusIonI. Cosa Imparare dallhotel house? 113I principali fattori condizionali 115

    appendICe metodologICa 123La forza delletnografia 126

    bIblIografIa 129

    postfazIone dI Ilvo dIamantI 139

  • 71.1. Larrivo allHotel House 14

    1.2. Locandina pubblicitaria dellepoca 20

    1.3. Periodico locale La Tartana, n. 74, luglio-agosto 1976 22

    1.4. La citt di Porto Recanati vista dallHotel House 30

    1.5. LHotel House visto in lontananza 31

    1.6. Hotel House e Porto Recanati: un difficile incontro 32

    2.1. La risignificazione degli spazi domestici (foto di Francesca Pieroni) 40

    2.2. Immagini tradizionali e immagini multimediali (foto di Francesca Pieroni) 41

    2.3. Alcuni degli usi dei balconi dellHotel House 45

    2.4. Il piano terra dellHotel House. Sintesi grafica degli spazi di incontro 56

    2.5. Il campetto da calcio del Garden House e lingresso al parcheggio 57

    2.6. Due piccole amiche nel bar di Mukthar e Rahman 62

    2.7. Vacanzieri e abitanti chiacchierano davanti alla portineria 63

    3.1. Una minoranza nella minoranza: essere donna 71

    3.2. Biciclette e motorini parcheggiati in piazzetta 76

    3.3. Giovani bangladesi giocano a badminton nel campetto di cemento 79

    4.1. La manifestazione del comitato H.H. davanti alla Prefettura (2005) 92

    4.2. La manifestazione 93

    4.3. La chiusura delle attivit commerciali 106

    4.4. Gli ascensori in regime di funzionamento ridotto 107

    4.5. Le attivit della nuova associazione di senegalesi dellHotel House (2009) 109

    illustrazioni

  • 8tabelle

    Tab. 1.1. Abitanti dellHotel House: principali paesi di provenienza (2005-2009) 27

    Tab. 2.1. Percentuale di abitanti allHotel House su totale abitanti di Porto Recanati 47

    Tab. 2.2. Attivit economiche al piano terra dellHotel House 60

    Tab. 3.1. Percentuale di donne sul totale, per gruppo nazionale (2005-2009) 70

    Tab. 3.2. Popolazione minorenne dellHotel House suddivisa per et e genere 78

    Tab. 4.1. Propriet degli appartamenti (per gruppi nazionali) 88

  • 9Questo libro il frutto di un lungo percorso di ricerca e scrittura durante il quale molte persone mi hanno accompagnato e aiutato. I miei genitori e mio fratello, i miei amici e, ovviamente, la mia compagna, Juan, in pri-mo luogo. Queste persone, insieme a tutti i gesti, le situazioni, i luoghi che continuano ad accarezzare i miei sensi e il mio cuore, nutrendo cos la mia curiosit, arricchiscono la mia voglia di vivere, di conoscere e di fare ricerca.

    Ringrazio di cuore Chantal Saint-Blancat per avermi sempre supportato e consigliato in questi anni di ricerca, Andrea Mubi Brighenti per la proposta e la pazienza, i referee anonimi per le critiche e i loro utili suggerimenti. Un ringraziamento sentito va anche ai miei colleghi di dottorato di un ci-clo davvero speciale (Mauro, Mimmo, Paolo, Francesca, Valentina, Chiara e Maria Chiara), ai miei colleghi attuali della Cattedra Unesco di Venezia (Ele-na, Giovanna e Mirko) e a Marcello Balbo e, ovviamente, ai miei colleghi di Tracce urbane (Giuseppe, Carlo, Caterina, Vanni, Ferdinando, Paolo, Andrea): queste persone tutte insieme hanno reso questo lavoro cos instabile unat-tivit per me stabilmente stimolante e piacevole.

    Ma, soprattutto, ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato ad entrare nel condominio, in particolare Giorgio, Giampaolo e gli abitanti dellHotel House, sia i tantissimi che mi hanno fatto sentire subito a casa mia, sia quelli che hanno mal sopportato la mia presenza. Per qualche anno sono entrato nelle loro vite, loro sono entrati nella mia per sempre.

    LHotel House un luogo speciale. Almeno per me. Dalla prima volta che ci sono entrato ho iniziato a legarmi a questo luogo. Un luogo di passaggio per tanti ma un passaggio che lascia traccia. I sentimenti verso questo enorme condominio sono stati nel tempo molteplici: curiosit, attaccamen-to, noia, irritazione, delusione, re-illusione, consapevolezza. In ogni caso, an-che ora che non vi abito pi, posso dire che dallHotel House non sono mai pi uscito.

    Anche per questo posso dire che questo libro per me era necessario. Spero che per voi possa essere almeno utile.

    Buona lettura.

    ringraziamenti

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  • 11

    Il primo pregio di questo raffinato lavoro etnografico su un mondominio chiamato Hotel House il ritorno dellautore sul campo dopo sei anni e il suo saper guardare a distanza il suo oggetto, rimettendo in questione le sue prime ipotesi ed interpretazioni. Questa capacit non data a tutti. visibil-mente una dote di Adriano Cancellieri, che si abbina alla perfezione con il suo talento di saper entrare in un campo, lasciando sulla soglia pregiudizi e rappresentazioni (vedere a questo proposito lesemplare appendice meto-dologica) onde fare tesoro di una paziente e umile capacit di dare ascolto e voce agli attori che studia.

    La narrazione di questo suo viaggio da un continente allaltro solo pren-dendo lascensore, entrando in moschea o sedendosi in un bar, consente al lettore di entrare fisicamente ed emozionalmente in tutti gli spazi dellHotel House, inclusi quelli strettamente privati; grazie anche ad una lingua che restituisce suoni, colori, odori, luci e controluci, aprendo finestre su realt di vita sconosciute ai pi e qui sintetizzate in poche righe lapidarie. Se en-triamo assieme allautore negli appartamenti senegalesi anche per capire che essi sono una sorta di nodi di un territorio circolatorio lungo il quale spostarsi.

    Perch di luoghi, di territori e di spazi che ci sta parlando Adriano Can-cellieri. Lambizione del libro va ben al di l di un caso di studio empirico, per raggiungere quella di un laboratorio paradigmatico, che raccoglie in pieno tutte le contraddizioni e ricchezze, le carenze e potenzialit dellavventura migratoria nel nostro paese, ponendo al centro anche le responsabilit isti-tuzionali delle politiche migratorie, urbane e di inclusione che non hanno saputo (o voluto) promuovere lempowerment delle capacit spaziali degli abitanti qui studiati.

    di fatto uno stimolante interrogativo teorico sullo sguardo socio-an-tropologico dello spazio ci che viene qui proposto, una dmarche meto-dologica in cui letnografia si avventurata solo recentemente. Per il rigore concettuale e per la ricchezza della letteratura analizzata, sia interdiscipli-nare che internazionale, lo stato dellarte sul capitale spaziale che apre il secondo capitolo vale da solo la pena di prendere in mano questo libro. Lautore introduce la potenzialit di analisi di categorie come capitale spa-

    prefazione

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    ziale, attori spaziali, spazi liminali e spazi-tempi, o terzi luoghi di multicultu-ralismo quotidiano.

    Lo spazio il protagonista di questo volume, da riscoprire nelle sue mol-teplici sfaccettature di senso conferito allazione. Se lanalisi prende in pre-stito alle ultime ricerche antropologiche e di geografia umana, non perde di vista dimensioni pi prettamente sociologiche come quelle del conflitto e del potere. Una buona ricerca si legge anche nelluso vigilante di uno sguar-do distanziato. Lautore rimane attento nel far sempre affiorare le ambiva-lenze sia degli spazi sia degli attori, le gerarchie, le costruzioni di frontiere, le emarginazioni interne (donne e giovani), gli esterni devianti, dimostrando che qualsiasi spazio in continuo divenire, come illustra bene questa strana palestra di convivenza.

    Lasciamo al lettore godersi la vitalit dellHotel House, la sua capacit di resistenza e protesta, sottolineando la rilevanza degli otto insegnamenti teorici e metodologici che lautore pone alla conclusione di questo suo se-condo soggiorno allHotel House: in particolare il senso del luogo come campo di battaglia dallesito imprevisto, legato alla forza dellintersezionalit tra etnia, genere, et, lingua e religione e limportanza dellanalisi diacronica per chi studia un territorio.

    Infine, un ultimo tocco personale. Ho imparato molto, anni fa, seguen-do il lavoro sul campo di questo giovane ricercatore e spero che questo suo ritorno allHotel House possa dare a chi lo legge lopportunit di capire perch e come ogni spazio un campo aperto nel quale bisogna per adottare una grammatica spaziale, costruire un sapere per interpretare la relazione tutta speciale tra abitanti e luoghi.

    Chantal Saint-BlancatPadova, febbraio 2013

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  • 1.1. Larrivo allHotel House

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    Passeggio su e gi lungo il corso principale della cittadina di Porto Recanati, per iniziare a prendere un po di confidenza con i volti, i movimenti, i luoghi, le strade. Leggo i messaggi affissi sulle bacheche, osservo i gruppi di persone che si addensa-no allingresso dei negozi, mi fermo davanti alle vetrine e alle pubblicit pi o meno ammiccanti. Basta! ora di andare allHotel House. Non so ancora bene cosa andr a fare, ma quello il luogo che ho deciso di approfondire, di studiare, di analizzare (cfr. Appendice metodologica). Perci torno indietro, ripercorro il corso della citt per raggiungere la mia automobile, quasi in fondo al viale, dove le case, le attivit eco-nomiche e i flussi di persone iniziano pian piano a diradarsi.

    Sono alla macchina, salgo, mi avvio e mi dirigo deciso verso Sud: mi accorgo che se prima mi ero stupito di non trovare quasi nessun immigrato tra le persone incon-trate nel centro della citt, nonostante la pi alta incidenza percentuale di immigrati dellintera regione e una delle pi alte dItalia1, man mano che mi avvicino al grande condominio, lungo la strada, invece, vedo quasi soltanto immigrati. Camminano anche loro diretti allHotel House; sar una semplice suggestione, ma mi sembrano tutti avere uno sguardo triste, fisso sul vuoto, tra lo spento e larrabbiato.

    Arrivo alla rotonda in fondo al viale, ed ecco che scorgo allorizzonte la sagoma isolata e imponente del condominio Hotel House, la Torre di Babele cruciforme che domina la parte meridionale della citt. Procedo a bassa velocit quando nei pres-si di un sottopassaggio sono quasi costretto a fermarmi perch continua il via vai di persone che a piedi se ne tornano al condominio e in quel punto, non essendoci marciapiede, sono costrette ad invadere la carreggiata. Devo ridurre la velocit, mi guardo attorno con prudenza, supero il sottopassaggio e mi ritrovo in mezzo ad una grande rotatoria. La prima uscita a destra porta alla strada statale adriatica, la se-conda, dritta, alla zona industriale. Prendo la terza, a sinistra, che conduce proprio allHotel House e mi ritrovo in una sorta di progressivo imbuto: alla mia destra una fila di alberi mi separa dai campi incolti; alla mia sinistra molti immigrati a piedi; da ambo i lati una fila di macchine parcheggiate che rende la carreggiata sempre pi

    1 La percentuale di stranieri sul totale della popolazione residente della cittadina di Porto Recanati ha raggiunto il 21,9% (dati Istat 31/12/2010). Si tratta della terza incidenza percentuale pi alta tra tutti i comuni italiani (dopo Baranzate e Pioltello, nel milanese, rispettivamente con il 26,5% e il 22,8%).

    capitolo 1Mondominio Hotel House.

    Storia, demografia e urbanistica

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    stretta. Proseguo lentamente e dimprovviso, alla mia destra, si apre un grande parcheg-

    gio tutto disseminato di buche (di cui alcune enormi e colme dacqua); sembra pi un paesaggio lunare che unarea di sosta. Si sta riempiendo ora con le automobili di ritorno dal lavoro, ma ha ancora ampi spazi vuoti. Le auto parcheggiate sono inter-vallate qua e l da cumuli di sporcizia e da alcune carcasse di automobili sulle quali tre o quattro persone sono impegnate a smontare pezzi.

    Cresce in me una leggera sensazione di ansia per essermi buttato con una certa ingenuit in questo strano luogo. Proseguo lentamente quando scopro, con mia grande sorpresa, che la strada davanti a me chiusa. Guardo lo specchietto retrovi-sore e mi accorgo che dietro ho una fila di automobili; a sinistra e a destra sono quasi bloccato da auto e persone a piedi. Tento di entrare nel parcheggio, unica via di fuga, ma per schivare una buca enorme faccio una manovra impacciata: per un attimo ho limpressione di essermi incastrato. In quel momento inizio a sentirmi guardato in modo sospettoso e, dimprovviso, la paura a prevalere. Temo di aver fatto un passo troppo avventato e di venire scambiato per una spia della polizia; ho il timore che la mia macchina possa venire smontata pezzo per pezzo come quelle che ho davanti ai miei occhi; temo di essere considerato un ospite non gradito: la mia fantasia, ormai lanciata, non mi d tregua. Devo ripartire subito! Trattengo il fiato, giro la macchina con decisione, dopo un paio di tentate manovre riesco a dare le spalle al parcheggio e al condominio e a ripartire con un bel colpo di gas liberatorio. Mi avvicino al fondo del viale, allimbocco della rotonda e torno finalmente a respirare!

    Man mano che sento il condominio sempre pi lontano, tornando verso la via principale di Porto Recanati, inizio a pensare pi lentamente. Rifletto su questo primo incontro ravvicinato con lHotel House. Non pensavo di finire in una strada chiusa, cos come non pensavo di ritrovarmi in mezzo a quel paesaggio. Ma in fin dei conti cosho visto? Qualche mucchio di immondizia? Tre o quattro macchine da rottamare? Tanta gente che torna dal lavoro? Decido di tornare subito indietro, ma di farlo stavolta a piedi, sia per arrivare gradualmente e senza il rischio di rimanere bloccato con la macchina, sia per iniziare a condividere i percorsi di una parte degli abitanti del condominio. Fermo la macchina sul corso principale, a circa un chilo-metro dallHotel House e proseguo camminando lentamente sul marciapiede, lungo il ciglio della strada. Davanti a me ci sono un paio di giovani venditori ambulanti senegalesi con la loro merce in mano. Mi guardo attorno, cercando di scrutare con attenzione. Le automobili passano veloci alla mia sinistra, mi sento osservato. Sono lunico non immigrato a percorrere a piedi questa strada. Arrivo presto allinizio del sottopassaggio dove il marciapiede, gi stretto, dimprovviso si interrompe. Ora sono io che devo stare attento a schivare le auto che passano e a dover attraversare la strada velocemente, per evitare brutte sorprese. Uno sguardo a destra e uno a sini-stra e con due balzi sono oltre il sottopassaggio! Alzo lo sguardo e vedo di fronte a me la sagoma del condominio ergersi imperiosa in mezzo ai campi, come un frutto anomalo di una strana semina. Devo attraversare sempre con una certa attenzio-ne, velocemente e contromano, anche la rotonda, per imboccare linizio della strada senza uscita che porta allingresso del condominio. Passano ancora molte macchine, e, intanto, scorgo meglio i volti dei lavoratori che tornano a piedi, i ragazzi che rien-trano dalla scuola, alcuni anziani, dei venditori ambulanti; vedo volti assolutamente

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    non diffidenti n tanto meno ostili. Mi sento molto pi a mio agio stavolta. Non ho neanche pi limpressione di essere osservato. Cerco di non mostrarmi troppo curioso e arrivo presto al luogo che prima mi aveva suscitato tanto timore. I meccanici alle prese con le carcasse delle automobili ne stanno spingendo una che riparte sfrec-ciando verso luscita. Il viavai di persone si fatto ancora pi intenso. E io ne faccio parte.

    Stavolta sono proprio sotto il condominio. Non so se rivolgere lattenzione alla-bitato imponente che si protende verso lalto o al brulichio dellabitare che ha luo-go ai suoi piedi. Mentre rifletto continuo a camminare seguendo il flusso principale di persone e mi ritrovo in una specie di piazzale creato al piano terra dallincrocio dei due grandi parallelepipedi che costituiscono il condominio. Scopro che ci sono moltissimi negozietti che vi si affacciano. Subito alla destra dellingresso c un bar, tuttintorno delle panchine, nella parte sinistra un numero incredibile di motorini e biciclette tutte infilate in maniera ordinatissima negli appositi spazi. Ci sono tanti gruppetti di persone che si scambiano qualche battuta sia intorno alle panchine che davanti gli esercizi commerciali. Il posto non certamente bello ma decisamente vivo e a suo modo inizio a trovarlo accogliente. Arrivo in fondo al piazzale, lancio uno sguardo fugace alle facciate dei negozi e poi decido di tornare indietro. Oggi volevo soltanto fare un primo assaggio e poi tra poco ho un appuntamento allUfficio Ana-grafe per iniziare a studiare la demografia del condominio; giro le spalle alledificio e mi incammino verso luscita. Mi sembra di sentire fischiare verso la mia direzione, aspetto qualche secondo e poi mi giro un istante, il tempo di notare in fondo alla piazzetta due ragazzi che, in effetti, sembrano guardarmi. Riprendo il cammino e sento un altro fischio; forse si tratta di due piccoli spacciatori che hanno visto un pos-sibile nuovo acquirente? Non lo so e, per ora, non mi va di saperlo. Per la mia prima giornata allHotel House va bene cos. Inizio a pensare che lidea di fare ricerca in que-sto luogo possa essere stimolante. Mi accorgo di essere qui con tutti i miei pregiudizi (tanti, soprattutto inconsci) finalmente a nudo, con tutte le mie paure, tutta la mia curiosit, tutta la mia voglia di comprendere; con tutti i miei stereotipi, vecchi e nuovi in continua (de)costruzione. [diario di campo, 21 ottobre 2004]

    La storia, 1967-2012

    LHotel House un grande condominio di architettura razionalista compo-sto da 480 appartamenti distribuiti in diciassette piani, situato nella parte Sud della cittadina di Porto Recanati (MC), nel Sud delle Marche. Ledificio si presenta nettamente separato dal resto della citt: circondato soltanto da barriere naturali principalmente campi e da grandi infrastrutture auto-strada, strada statale e ferrovia (Img. 1.1).

    Questo enorme condominio, con una bella vista sul mare e sulle colline azzurre cantate da Giacomo Leopardi, stato progettato alla fine degli anni Sessanta2 come luogo di villeggiatura estiva per turisti, in un periodo nel

    2 La posa della prima pietra avvenuta il 22 luglio del 1967 alla presenza del Mini-stro Lorenzo Natali e degli onorevoli locali Arnaldo Forlani e Ferdinando Tambroni. Lautorizzazione allabitabilit stata rilasciata dal Comune di Porto Recanati il 10 settembre del 1970.

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    quale, grazie al boom economico, al diffondersi del modello automobili-stico di mobilit sul territorio e alla costruzione di grandi infrastrutture (in primis lA14, lAutostrada Adriatica), la vacanza stava diventando un bene di largo consumo. LHotel House stato uno dei segni tangibili e quantomai visibili della trasformazione della costa adriatica in territorio di turismo di massa. Questo sistema costiero divenuto, infatti, fin dagli anni Sessanta lambito preferenziale di una progressiva crescita edificatoria, caratterizzata da forti interventi speculativi per soddisfare la domanda di abitazioni e la richiesta di nuovi impianti da parte del settore turistico, in forte espansione (Lanzani e Vitali 2003).

    Secondo il progetto iniziale, lHotel House avrebbe dovuto occupare unarea di circa 40.000 metri quadri di terreno, di cui soltanto il 15%, ossia circa 6.000 metri quadri, per il complesso abitativo. Nel progetto erano pre-visti campi da minigolf e da tennis, negozi, un parco-giochi per bambini, un distributore di benzina, un numero considerevole di parcheggi e persino un laghetto artificiale. Inoltre al residence si sarebbe dovuto affiancare un altro stabile molto pi basso, detto il corpo avanzato, che avrebbe dovuto ospi-tare un auditorium, una boutique, un ristorante, una discoteca e una sauna.

    In realt, si trattato di un grande progetto di speculazione edilizia, av-viato non a caso negli ultimi mesi in cui il Comune di Porto Recanati era sprovvisto di piano regolatore. Il progetto fu subito visto con stupore e dif-fidenza da parte degli abitanti di Porto Recanati, che allora era soprattutto un borgo di pescatori. Allo stesso tempo, la costruzione del condominio fu loro presentata come una grande occasione di sviluppo economico e come unidea pilota nel campo dellindustria nazionale del turismo (Img. 1.2). Non a caso, la pergamena che sanc la fine dei lavori di costruzione del condomi-nio recava la scritta: Per il progresso delle civili genti marchigiane. E il ministro democristiano dellepoca, Lorenzo Natali, che presiedette allinaugurazione sintetizz in modo esplicito: LHotel House unopera che fa onore alla riviera3 (Img. 1.3).

    Gli appartamenti del grande palazzo vennero acquistati da persone di ceto medio-alto e da una piccola borghesia desiderosa di migliorare il pro-prio status. Tra questi vi era anche unimportante famiglia della zona che aveva acquistato ben sedici appartamenti (lintero primo piano), per un certo periodo utilizzati per ospitare turisti austriaci. Alcuni residenti ancora ricordano come i primi abitanti-turisti venivano trasportati dal condominio al mare con un pittoresco pullman a forma di barca. Nei primi anni il luogo era persino diventato destate un punto di riferimento per i giovani della citt, come ricorda lattuale Assessore allo Sport della citt:

    3 Per una ricostruzione storica pi dettagliata possibile sfogliare le pagine del pe-riodico portorecanatese La Tartana (pubblicato dal 1965 al 1968) che ha dedicato al progetto ed alla realizzazione delledificio ampi e dettagliati servizi (alcuni estratti sono consultabili al sito: http://www.portorecanatesi.it/POLIT_SOCIETA/HH/I40an-niHotelHouse.htm).

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    Quando hanno costruito lHotel House avevo 13-14 anni. Quando eri ragazzino se volevi fare un torneo carino andavi allHotel House perch era un posto dove andavano tutti i turisti. Era uno dei posti migliori di Porto Recanati. Cerano i pri-mi campi di pallavolo allaperto, i primi campi di calcetto. Cera una pizzeria che era la maggiore di Porto Recanati, cerano dei negozi. E di fianco allHotel House cera uno dei locali che andava per la maggiore! Assessore allo Sport, Comune di Porto Recanati

    Il residence si rivelato, per, sin dai primissimi anni una grande occa-sione mancata: il condominio, infatti, accoglieva un brulicante numero di persone durante i mesi estivi, ma dinverno era un grande contenitore quasi vuoto con solo 60-70 appartamenti occupati. Lenorme caldaia centralizzata che riscaldava contemporaneamente tutti e 480 gli appartamenti rappre-senta un po il simbolo del fallimento. Gli stessi esercizi pubblici che erano stati realizzati al piano terra del residence (una pizzeria, un ristorante, una macelleria, un bar, una parrucchieria, un alimentari, un fruttivendolo, una pescheria, una lavanderia e un negozio di elettrodomestici) non potevano sopravvivere al lungo periodo di letargo invernale.

    Un punto di svolta decisivo si ebbe nel giugno del 1973: la ditta che co-stru lopera, nel frattempo impegnata anche in altri grandi investimenti non andati a buon fine, dichiar il fallimento e il suo titolare, Antonio Sperimenti, poco dopo, si suicid. Con il fallimento della ditta costruttrice, lHotel House si smembr: il cosiddetto corpo avanzato fu terminato in fretta e venduto finendo per trasformarsi, da struttura di servizio, a residence a s stante, se-parato dallHotel House da una recinzione. Larea destinata al parcheggio venne ceduta e, per diritto di prelazione, acquistata da alcuni condomini che da allora la gestiscono attraverso una cooperativa privata chiamata Gar-den House. Soprattutto, gran parte dei previsti servizi esterni non furono mai realizzati, rendendo cos la citt-verticale una sorta di cattedrale nel de-serto. Le luci del condominio-resort si sono spente, cos, bruscamente.

    Larrivo degli immigrati. La nuova demografia

    La storia dellHotel House stata sin dallinizio molto complessa e in costan-te evoluzione. Il luogo sempre stato una sorta di parziale vuoto urbano ri-empito nel tempo da popolazioni molto eterogenee tra loro, unite solo dal-la provvisoriet del loro insediamento4: gli sfollati del terremoto di Ancona del 1972-1973, alcuni ufficiali dellaeronautica che lavoravano al radar della vicina Potenza Picena, alcuni collaboratori di giustizia inseriti nei programmi di domicilio coatto e, a partire dalla fine degli anni Ottanta, le ballerine dei tanti night clubs della zona.

    Lintroduzione silenziosa quanto evidente di questa nuova eterogenea popolazione port i cittadini di Porto Recanati a considerare lHotel House come un luogo sempre pi estraneo al territorio locale. La sua autoreferen-

    4 Vanno segnalati anche alcuni componenti delle Brigate Rosse che, secondo i rac-conti di molti degli storici residenti dellHotel House, si sarebbero nascosti per un certo periodo proprio in uno degli appartamenti del condominio.

  • 1.2. Locandina pubblicitaria dellepoca

  • 1.3 (pagina successiva). Periodico locale La Tartana, n. 74, luglio-agosto 1976

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    zialit sbandierata, unita alla sua conformazione, cos ben protetta, ha gene-rato nellimmaginario collettivo dei porto recanatesi la rappresentazione di un luogo di passaggio, dove non si sa cosa succede, n chi ci passa. LHotel House diventato dunque per Porto Recanati un luogo altro.

    Dopo ventanni di cambiamenti carsici e graduali della vita condomi-niale, a partire dai primi anni Novanta lHotel House si trasforma in maniera impetuosa a causa dellarrivo di crescenti flussi di immigrati da altri Paesi. Una trasformazione fortemente favorita dal successo economico della co-siddetta economia diffusa della Terza Italia, cio da quel modello fondato su distretti industriali di piccole imprese, soprattutto in realt urbane di di-mensioni contenute, di cui Porto Recanati fa parte. Infatti, nel giro di po-chi chilometri, si trovano il distretto calzaturiero di Fermo e di Macerata, il distretto plurisettoriale Recanati-Osimo-Castelfidardo e il distretto di pelli, cuoio e calzature di Civitanova Marche. Il travolgente sviluppo economico del territorio si tradotto in una crescente richiesta di manodopera non qualificata, tipica di uneconomia post-fordista, a cui si presto aggiunta quella del sempre pi fiorente settore dei servizi, specialmente nel turismo.

    Di fronte a questa domanda di manodopera e a flussi via via pi con-siderevoli di immigrati, mancata qualsiasi politica nazionale e locale per la casa. Le dinamiche di insediamento abitativo sono state lasciate quasi esclusivamente alleconomia di mercato e alle capacit interstiziali degli im-migrati. Il (parziale) vuoto urbano, come si presentava lHotel House, diven-t inevitabilmente un territorio di naturale destinazione di queste nuove popolazioni. Nella stessa zona adriatica anche altri ex-residence estivi hanno avuto una storia simile: si pensi per esempio, a Fermo, agli edifici noti come Casa Bianca e Lido Tre Archi (Lanzani e Vitali 2003).

    AllHotel House i flussi di immigrati sono diventati consistenti proprio quando una parte dei vacanzieri di lunga data presenti stavano deciden-do di affittare o vendere i propri appartamenti, perch stanchi del solito luogo di villeggiatura. Graduale abbandono degli italiani e progressivo in-sediamento degli immigrati, come accade spesso, si sono cos rafforzati a vicenda. In particolare linizio dellavvicendamento si avuto quando alcuni vacanzieri hanno dato in gestione ai portieri del condominio i propri ap-partamenti per affittarli. Anche con la complicit delle agenzie immobiliari, questi ultimi hanno intercettato limponente flusso di immigrati in arrivo. Dalle parole di un testimone privilegiato, un avvocato che lavora vicino allHotel House e che ha per clienti molti degli abitanti del condominio, si possono ben intuire le dinamiche di questi processi:

    A poco a poco la gente ha cominciato a vendere. C stato un po il disamore per la zona, perch tutti i centri balneari hanno subto una grossa botta per la concorrenza dellestero. Per esempio della Croazia e poi perch dopo anni del-la stessa localit, serena, ma un po noiosa, la gente comincia a dire: io l al mare non ci voglio pi andare e via di seguito. I proprietari, che erano soprat-tutto del Nord e che non usavano le case dinverno, durante il periodo invernale le lasciavano agli stranieri. Poi pian piano gli stranieri sono aumentati. Hanno cominciato magari alcuni del Nord, non venivano e continuavano a mantenere la propriet dellimmobile, lhanno affittato tutto lanno e quindi cominciata

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    cos lescalation. Poi addirittura sono stati venduti perch ormai ovviamente non potendo pi venire in vacanza l perch considerata zona rossa, pericolosa, no? Quindi non venire in vacanza l, tenersi un appartamento che comunque non usi ovviamente lo vendi! Avvocato, f, italiana, non residente

    Il turnover di popolazione tra italiani e immigrati, che per la Scuola di Chicago un naturale meccanismo di ecologia urbana di invasione e suc-cessione (Park 1950), ha ben poco di naturale. La distribuzione abitativa dei gruppi sociali non infatti determinata solamente dalla libera competizione tra gli attori sociali ma anche e soprattutto il risultato di pratiche e poli-tiche che favoriscono la concentrazione residenziale di alcuni gruppi. Nel caso dellHotel House, essa stata incentivata e accelerata dalle agenzie im-mobiliari che hanno tratto consistenti guadagni dalla creazione di un mer-cato delle case specifico per gli immigrati. Larrivo degli immigrati coinciso infatti con il tracollo dei prezzi degli immobili causato dallampliarsi della forbice tra domanda e offerta: molti dei residenti hanno cercato di vendere e pochissimi erano disposti a comprare (praticamente solo speculatori, per-ch allepoca per gli immigrati era impensabile e addirittura impossibile per legge acquistare un appartamento). Il risultato stato che, secondo una ricerca del 2005, il prezzo al metro quadro aveva raggiunto i 2.500-4.000 euro in centro citt e anche in periferia oscillava tra i 1.200 e i 1.700 euro, mentre allHotel House andava da un minimo di 550 ad un massimo di 800 euro al metro quadro. Questo significa che appartamenti dellHotel House di circa 60 metri quadri, vicini al mare, sono stati venduti anche a poco pi di 30.000 euro (Rocchi 2005).

    Il meccanismo per creare guadagni dal mercato duale dei valori immo-biliari abbastanza semplice. Si tratta del cosiddetto block busting (Orser 1994, Sugrue 1996): prima si favorisce la vendita di appartamenti provo-cando paure etniche nei proprietari e negli affittuari, per avvantaggiarsi della caduta dei prezzi; in un secondo momento si affittano o si vendono gli appartamenti agli immigrati a prezzi pi elevati. Questa dinamica stata confermata, nella mia ricerca, da diversi testimoni privilegiati:

    Ci sono dietro investitori, chi ha dieci appartamenti, chi ha venti appartamenti, italiani che hanno acquistato perch il prezzo molto basso, magari allasta. Quindi hanno fatto un buon investimento. Amministratore del condominio dal 2003 al 2007, m, italiano, non residente

    Invitando i migranti a dirigersi in unarea gi popolata da altri migranti, ed evitando pi o meno direttamente che prendano in affitto case in altre aree (meccanismo noto come steering, Gotham 2002), si rafforza la costru-zione di un mercato duale:

    Qui la disponibilit di un alloggio c: diciamo per la persona pi emarginata allHotel House, per la persona pi altolocata al centro. Responsabile dei Ser-vizi sociali del Comune di Porto Recanati

    Dunque la concentrazione degli immigrati allHotel House riflette prima di tutto le difficolt che gli immigrati incontrano nel trovare altre sistemazio-ni. Secondo un residente, ad esempio:

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    LHotel House la salvezza degli extracomunitari se no qui un problema. In que-sta zona qui il lavoro c tanto, ma le abitazioni una cosa proprio fondamen-tale e se non ci fosse lHotel House! Il 60-70% dei lavoratori qui intorno sono gente che abita qui allHotel House. Nader5, m, 1965, tunisino, residente

    Con questa trasformazione demografica, lHotel House diventato un condominio abitato da quasi 2.000 persone, con pochissimi appartamenti rimasti vuoti. I dati pi attendibili sulla popolazione dellHotel House sono stati raccolti in maniera capillare dalla portineria del condominio fino alle-state del 2009. Al 30 giugno 2009, la popolazione residente ammontava a 1.562 unit. A questi vanno aggiunti coloro che non sono registrati in quan-to non in regola con i documenti o perch ospitati da parenti o amici per un periodo pi o meno limitato di tempo. Inoltre destate vanno sommati un centinaio di senegalesi che arrivano allHotel House per lavorare come venditori ambulanti nelle spiagge affollate di turisti.

    Se prendiamo le ultime statistiche attendibili disponibili sul totale degli abitanti del condominio, notiamo che nel 94,5% dei casi si tratta di perso-ne immigrate o di origine immigrata, provenienti principalmente da cinque Paesi: Senegal, Bangladesh, Pakistan, Tunisia e Nigeria (Tab. 1.1). Se osser-viamo i cambiamenti demografici intercorsi a partire dai miei primi mesi di presenza allHotel House (2005), emerge in modo evidente il peso crescente di bangladesi e pakistani e il ridimensionamento numerico di italiani e ma-rocchini.

    In generale, per, lHotel House diventato un luogo caratterizzato dalleterogeneit delle provenienze (pi di quaranta nazionalit) , tanto che nessun gruppo nazionale supera il 25% del totale delle presenze. Il dato in linea con ci che avviene generalmente in Europa nei contesti di concen-trazione residenziale di minoranze (si veda ad esempio Blokland 2008 per il caso olandese). Questa tendenza in Italia appare particolarmente accentua-ta dal fatto che i principali flussi migratori non sono collegati a precedenti rapporti privilegiati di tipo post-coloniale, come invece avviene in molti altri Paesi europei. Peraltro anche negli Usa, nonostante Wacquant (2007) ab-bia messo in evidenza la forte omogeneit etnica di alcuni contesti di con-centrazione di minoranze, i nuovi quartieri etnici non sono cos omogenei (Small 2008); inoltre, anche in passato alcuni di questi quartieri, come per esempio il Lower East Side di New York, erano caratterizzati da un intreccio di gruppi nazionali (Maffi 1992).

    Oltre a essere un contesto eterogeneo da un punto di vista demogra-fico, lHotel House anche un territorio ad alta densit demografica e un luogo caratterizzato da unaccentuata mobilit, in quanto abitato prevalen-temente da popolazioni migranti. Questo territorio ha, dunque, le tre carat-teristiche (eterogeneit, densit e mobilit) che, riprendendo la rivisitazio-ne che il geografo Pile (1996) fa della classica definizione di urbanit data da Wirth (1938), contraddistinguerebbero uno spazio urbano (Cancellieri 2012a). Ci pu apparire paradossale dato che lHotel House parte del-

    5 Com consueto in questo tipo di lavori, tutti i nomi indicati nel testo sono stati modificati per proteggere lanonimato degli abitanti.

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    la piccola cittadina di Porto Recanati (Macerata), di appena 12.155 abitanti (dati Istat, 31/12/2010), tradizionalmente contraddistinta da bassa densit, bassa eterogeneit e bassa mobilit. Siamo dunque di fronte ad una sorta di citt verticale: unedifi-citt decisamente fuori scala rispetto al contesto.

    Tra autosufficienza e separazione. Architettura e urbanistica

    LHotel House una struttura composta da due enormi parallelepipedi che si intrecciano tra loro. Come sottolineato da Ciorra (2010) ledificio non manca di ambizione architettonica, con una bella pianta cruciforme deriva-ta dai grattacieli disegnati da Le Corbusier per il Plan Voisin (1925) di Parigi.

    Il grande condominio si sviluppa su diciassette piani: un pianterreno adibito ad esercizi commerciali (vedi Cap. 2) e sedici ad uso abitazione. Cia-scuno dei sedici piani superiori si dirama in quattro corridoi, due corti e due lunghi, sui quali si affacciano rispettivamente cinque e dieci appartamenti, per un totale di trenta appartamenti per ciascun piano. Gli alloggi sono tra loro tutti uguali o, comunque, speculari, di circa sessanta metri quadri di superficie.

    Il condominio alveare Hotel House molto originale e insolito rispetto allimmaginario collettivo della casa di vacanza italiana e decisamente fuo-ri scala se rapportato alle caratteristiche del cosiddetto sprawl della costa

    Tab. 1.1. Abitanti dellHotel House: principali paesi di provenienza (2005-2009)

    Provenienza2005

    N. %2009

    N. %2005-2009

    (%)

    Senegal 311 26,1 371 23,8 +19,3

    Bangladesh 156 13,1 358 22,9 +129,5

    Pakistan 79 6,6 225 14,4 +184,8

    Tunisia 129 10,8 165 10,6 +27,9

    Nigeria 82 6,9 97 6,2 +18,3

    Italia 132 11,1 86 5,5 -34,8

    Cina 53 4,4 55 3,5 +3,8

    Macedonia 35 2,9 50 3,2 +42,9

    Marocco 70 5,9 46 2,9 -34,3

    Altri Africa 29 2,4 50 3,2 +72,4

    Altri Asia 27 2,3 28 1,8 +3,7

    Centro e Sud America 23 1,9 19 1,2 -17,4

    Altri Europa Orientale 62 5,2 12 0,8 -80,6

    Altri Occidentali 4 0,3 0 0 -100,0

    Totale 1.192 100 1.562 100 +31,0

    Fonte: dati portineria dellHotel House (04.01.2005; 06.07.2009)

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    adriatica e, pi nello specifico, agli altri edifici che compongono la piccola cittadina di Porto Recanati. Larea adriatica di cui fa parte infatti costituita da una serie di centri urbani, sviluppati attorno a piccoli borghi marinari, che seguono nel loro processo di crescita la linea longitudinale della statale 16, configurandosi in alcuni tratti come una vera e propria conurbazione.

    Leccentricit dellHotel House rispetto al contesto era parte del proget-to originario, ispirato esplicitamente alla Unit dHabitation di Le Corbusier. Lidea del costruttore era quella di dare vita ad un condominio verticale, autosufficiente: una casa (House) con tutti i servizi e i comfort di un albergo (Hotel). Per riprendere le parole del suo costruttore, Antonio Sperimenti, un grattacielo come lHotel House stato pensato per attuare quella che una delle condizioni ideali per labitazione delluomo del nostro tempo, e cio la solitudine nella comunit. Nel suo interno ogni gruppo familiare fruisce senza impedimenti della propria libert e nello stesso tempo si sente pro-tetto, rassicurato, dal calore delle molte esistenze che si svolgono attorno e accanto ad esso (in La Tartana, n. 7-8, 1968).

    La separazione urbanistica cos evidente del condominio dal resto del-la citt il frutto di unespressa volont del suo ideatore. Il progetto Ho-tel House nasceva con lidea di dare vita a unenclave turistico-residenziale autosufficiente:Vivere tra mura domestiche con i servizi di un grande al-bergo era uno degli slogan pubblicitari utilizzati per promuovere la vendi-ta degli appartamenti del condominio. LHotel House stato una di quelle grandi costruzioni utopiche frutto di unarchitettura disciplinare, razionale e olistica che si proponeva di risolvere ogni tensione urbana, sociale e spazia-le attraverso un unico gesto creativo (Senaldi 2006): insomma una di quelle macchine per abitare, monumentali e unitarie, architettate senza lidea di un collegamento con il tessuto urbano e senza passato. Progettato per esse-re isolato. Tutto questo ben testimoniato dalle parole di uno dei residenti:

    Se potessimo fare una foto aerea, lHotel House lo vedremmo un po distaccato, da un punto di vista proprio delle distanze metrico-lineari. fuori, eccentrico. Gli altri edifici sono tutti pi o meno addensati sulla nazionale ma sono pi nu-cleati. Noi siamo enucleati dal punto di vista proprio topografico. Antonio, m, 1940, italiano, residente

    A questa storica separazione si aggiunge il fatto che a Porto Recana-ti non esiste un servizio di trasporto pubblico urbano. Il tratto tra lHotel House e il resto della citt resta persino privo di un collegamento pedonale sicuro. Gli spostamenti pedonali dei condomini sono cos effettuati attraver-sando la carreggiata stradale in un tratto in prossimit dellentrata Sud della strada statale 16, dove il traffico alquanto intenso, come lamentato da un mediatore culturale che lavora allHotel House:

    Il problema che qui lHotel House un po appartato rispetto alla popolazione di Porto Recanati. Appartato nel senso che non c questo collegamento con il centro. C un problema di mezzi di trasporto, una cosa molto sentita, perch qui non che tutti hanno le macchine. Ci sono tante macchine fuori, per non tutti hanno la macchina. Cos per andare in centro devi camminare, si vede un grande passeggio a piedi delle persone che arrivano a Porto Recanati. Questa una situazione antipatica, c questo problema. Diop, m, senegalese, mediato-re culturale non residente

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    Il risultato che lHotel House si trova in una posizione di isolamento urbanistico, nettamente separato dal resto della citt (Img. 1.4). Se si parte dal centro di Porto Recanati, una volta superato il ponte sulla foce del fiume Potenza, si ha limpressione di uscire dalla citt. A Sud c il lungomare do-minato dalla pineta, a Est prevalgono i campi e la strada statale. Allorizzonte si nota, ben distinta, la caratteristica forma a croce e limponente edificio dellHotel House che domina lo sky-line dando lidea di una fortezza pro-tetta e, allo stesso tempo, minacciosa. Per arrivarci necessario procedere dal centro in direzione della strada statale ma, invece di imboccarla, occor-re svoltare a sinistra e immettersi in una stradina secondaria senza uscita. Questo lunico accesso verso il condominio. Si tratta di un breve rettilineo alberato che si conclude con una curva a novanta gradi che porta ai piedi del gigantesco edificio (Img. 1.5).

    Per rappresentare in modo semplice ma eloquente, il distacco socio-spaziale tra la citt e il condominio si potrebbe utilizzare il cartello stradale che si trova al centro della rotonda che porta al residence (Img. 1.6): da un lato Porto Recanati, dal lato opposto lHotel House. Ovviamente, le ca-ratteristiche ecologiche e, pi in generale, la separazione spaziale incidono sullisolamento sociale (Small 2004). Uno dei compiti dei paragrafi successivi sar proprio quello di approfondire come per ci non avvenga in modo deterministico e come siano molti i fattori intervenienti da considerare.

  • 1.4. La citt di Porto Recanati vista dallHotel House

  • 1.5. LHotel House visto in lontananza

  • 1.6. Hotel House e Porto Recanati: un difficile incontro

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    Spazio spazio, io voglio, tanto spazio per dolcissima muovermi ferita: voglio spazio per cantare crescere errare e saltare il fosso della divina sapienza. Spazio datemi spazio chio lanci un urlo inumano, quellur-lo di silenzio negli anni che ho toccato con mano.

    Alda Merini

    I grands ensembles densamente abitati come lHotel House sono sempre stati oggetto di dibattito per la loro presunta incapacit di favorire relazioni sociali e per la carenza di spazi pubblici adeguati. In Francia si addirittura coniato il termine sarcellite che deriva da Sarcelles, tipica citt dormitorio della periferia parigina, uno dei primissimi esempi di unurbanizzazione ba-sata su edifici imponenti. Con tale espressione i mass media francesi negli anni Sessanta denunciavano la malattia del gigantismo urbanistico e lano-mia sociale che caratterizzava questi grandi agglomerati. Anche la letteratu-ra ha descritto i rischi che sarebbero insiti in questo tipo di strutture verticali (Ballard 2003).

    Ci che salta agli occhi sin dai primi momenti di permanenza allHotel House molto lontano da questimmagine di anomia e svuotamento socia-le. Come avviene anche in contesti che sono espressione di un modernismo persino pi radicale, come per esempio il Corviale a Roma (Gennari Santori e Pietromarchi, a cura di, 2006) o, per altri versi, il quartiere Zen a Palermo (Fava 2008), nonostante il paesaggio grigio e la scarsa manutenzione di queste scatole di cemento questi territori sono caratterizzati da una discreta orga-nizzazione sociale e da quotidiani processi di addomesticamento e risigni-ficazione degli spazi. Anzi, una parte importante dellinteresse per questo tipo di luoghi sta proprio in questo apparente paradosso tra le linee ret-te, prevedibili e grigie dellabitato da un lato, e la variet e limprevedibilit dellabitare dallaltro.

    Gli attori sociali sono sempre immersi nello spazio e lo subiscono e, al tempo stesso, lo usano, cercando costantemente di riconfigurarlo material-mente e simbolicamente per accrescere il proprio capitale spaziale. I sogget-

    capitolo 2La ricchezza e lambivalenza del capitale

    spaziale. Spazi comunitari e spazi liminali

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    ti individuali o collettivi sono, cio, degli attori spaziali (Gotham 2003).In questo capitolo ci addentriamo nellanalisi etnografica del condo-

    minio Hotel House mettendo al centro della nostra attenzione la dialettica socio-spaziale e in particolare i processi quotidiani di costruzione del capi-tale spaziale.

    Il capitale spaziale

    Il concetto di capitale stato utilizzato nelle scienze sociali in maniera cre-scente e poliedrica negli ultimi anni. A partire da Bourdieu (1986) stato sottolineato come oltre al capitale economico, altri capitali giochino un ruolo fondamentale nello strutturare lazione umana: il capitale sociale, cio le relazioni, il capitale culturale, vale a dire la cultura e il capitale simbolico, ossia prestigio e distinzione. Tutti capitali che, seppur intrecciati tra di loro, hanno una propria autonomia.

    Pur non inserendosi direttamente nel filone bourdiesiano, questo lavoro intende estendere questa categoria introducendo in maniera esplicita lu-tilizzo di un ulteriore tipo di capitale, il capitale spaziale, concetto sotteso a molti studi urbani e non solo, ma ancora fortemente marginale nel dibattito internazionale.

    Il primo ad applicare il concetto di capitale allo spazio stato proba-bilmente Lvy (1994), partendo dallosservazione simmeliana sulla finitezza dello spazio che diventerebbe, proprio per questo aspetto, soggetto a com-petizione. Il capitale spaziale sarebbe dunque costituito da tutte le risorse accumulate da un attore che gli permettono di beneficiare, secondo le pro-prie strategie, delluso della dimensione spaziale della societ (Lvy 2003: 124). Questa prospettiva sottintende unantropologia in cui lazione sociale degli attori (spaziali) sempre strategica e volontarista. Anche per Centner (2008) il capitale spaziale esprime labilit di mercificare lo spazio, controllar-lo, dominarlo, trasformarlo (in particolare da parte dei cosiddetti gentrifica-tori). Il capitale sociale, per Centner, una forma di capitale simbolico in un campo dove lo spazio la posta in palio. Lo spazio , cio, loggetto finito di un gioco a somma zero.

    Questa visione essenzialista dello spazio lascia per trapelare unagency spaziale riduttiva e tradisce unidea di spazio come mero valore di scambio. In tal modo lo spazio viene reso astratto, oggettivo, quantitativo. Ma da anni gli sviluppi del cosiddetto spatial turn ci hanno insegnato tutta la ric-chezza del valore duso dello spazio, esperito attraverso i sensi uno spazio qualitativo, concreto e soggettivo. Con lespressione spatial turn si fa riferi-mento a unondata di lavori interdisciplinari che mira a decostruire, criticare e ricostruire il discorso sullo spazio. Si va dal pionieristico lavoro di Gregory e Urry (1985), ai lavori di Soja (1989), Massey (1994), Friedland e Boden (1994), Harvey (1996), Low e Lawrence-Zuniga (2003), passando per alcuni fonda-mentali contributi pi teorico-filosofici come Casey (1997), Malpas (1999), Whatmore (2002), Cresswell (2004) e Massey (2005). Un vero e proprio rina-

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    scimento dellimmaginazione geografica1.Uno dei pionieri di questo nuovo modo di intendere lo spazio un mar-

    xista anomalo come Henri Lefebvre (1974: 62) che ha messo in luce come lo spazio sia qualcosa di situazionale e relazionale, essenzialmente qualitativo, fluido e dinamizzato.

    I migliori recenti contributi degli studi urbani sono stati proprio quelli che hanno portato al centro gli spazi intesi in tutta la loro multi-sensorialit (Bondi, Davidson e Smith 2005; Pink 2009), cio i paesaggi visuali, sonori, ol-fattivi, gli spazi-corpi (per esempio come alcuni corpi siano considerati fuori posto o fuori luogo o come il corpo possa essere strumento di rottura del dato per scontato) e gli spazi-tempi (per esempio le memorie di un luogo, le idee di futuro legate ad un luogo). Come ha sottolineato Bagnasco (1994) parlando di fatti sociali formati nello spazio, la stessa esistenza della socio-logia urbana anche una critica alla scarsa considerazione da parte della so-ciologia della materialit e della multisensorialit della vita quotidiana (e del mondo empirico), della radicale appartenenza mondana del soggetto. Ci si traduce anche in una critica allabitudine di usare il mondo empirico per convalidare teorie piuttosto che riferirsi in prima e ultima istanza al mondo materiale (Blumer 2008) e acquisire familiarit con esso come metodo di ricerca (Jacobs 1993; Lees 2003). Come ci ricorda la fenomenologia, lespe-rienza umana non eterea ma essere-nel-mondo (Merleau-Ponty 1945).

    Il concetto di capitale spaziale si inserisce in questo filone di pensiero che sottolinea il ruolo dello spazio al di l delle dicotomie in cui era stato fino a poco tempo fa rinchiuso. Adottare unontologia spazializzata (Soja 1989) significa riconoscere che lo spazio diventa protagonista non solo come setting da costruire, come oggetto di contesa, ma anche come attore, come mediatore, come un vettore abilitante e disabilitante, come risorsa e come vincolo, per dirla con Gibson (1979) come affordance. Lo spazio un testo che ci dice costantemente cosa e come guardare, cosa e come fare. La dialettica socio-spaziale implica che mentre noi diamo forma allo spa-zio, lo spazio ci in-forma incessantemente, stimolando o meno parti di noi altrimenti inerti. Tale prospettiva n deterministica n romanticizzante, n strutturalista n particolaristica, si inserisce nel pi ampio emotional, senso-rial e relational turn (Ingold 2001; Howes 2003; Massey 2005; Murdoch 2006).

    Il capitale spaziale perci qui considerato come quellinsieme di pra-tiche e di rappresentazioni spaziali che permettono di procurarsi risorse simboliche e/o materiali; risorse, e questo fondamentale, che non sono necessariamente a somma zero. Lo spazio infatti un campo di conflitti dove spesso si innescano giochi a somma superiore di zero (guadagnano quasi tutti, come per esempio nella trasformazione di un territorio in spa-zio pubblico) o a somma minore di zero (perdono quasi tutti, per esempio quando, al contrario, uno spazio perde le sue caratteristiche di publicness

    1 Rinascimento che, peraltro, in Italia ha coinciso con una crescente marginalizza-zione proprio della disciplina geografica. Un segnale emblematico rappresenta-to dallabolizione, prevista dalla cosiddetta Riforma Gelmini (Legge n. 169/2008), dellinsegnamento obbligatorio della geografia nelle Scuole superiori.

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    come nel caso delle cosiddette politiche revansciste, cfr. Atkinson 2003; Mitchell 2003). Il concetto di capitale spaziale sia individuale che di grup-po, riferibile sia ad attori che a territori. Un luogo come lHotel House, come vedremo, ha un capitale spaziale elevato perch composto da un nume-ro di luoghi che favoriscono pratiche e rappresentazioni spaziali (cio usi e sensi del luogo) capaci di fornire risorse (simboliche e/o materiali): luoghi in cui possibile affermare alcuni diritti spaziali, come li ha definiti Lynch (1981: 205207): il diritto di presenza, di uso e di azione, di appropriazione, di modificazione; un territorio in cui possibile aggiungere qualcosa di s, cio ap-propriarsi del luogo.

    Spazi comunitari e spazi liminali

    Lo spazio il medium dellazione sociale e gioca un ruolo fondamentale nella costruzione di identit e nella possibilit di rafforzare confini sociali. AllHotel House alcuni spazi sono diventati strumento per la creazione di comunit, degli spazi comunitari pi o meno porosi rispetto allesterno. Pi precisamente, pi che di spazi si tratta di spazi-tempi, vale a dire luoghi in cui in determinati momenti della giornata e/o della settimana, prevalgono quelle relazioni che Lofland (1998), riprendendo Hunter (1985), ha definito parochial, vale a dire quei legami tra conoscenti, parenti, amici caratterizzati da un senso di con-divisione e comunit. Come sottolinea Gans (2008), in-dipendentemente dalla volontariet o meno dellinsediamento, i luoghi di concentrazione residenziale in cui si ritrovano a coabitare famiglie, amici e pi in generale persone che condividono background culturali o percorsi di vita simili (come lHotel House) contribuiscono a dare vita a molteplici spazi comunitari (Small 2004). Territori come lHotel House garantiscono, infatti, quella massa critica sufficiente per affermare la propria identit nazionale e/o culturale e/o religiosa, o meglio di riscoprirla e ridefinirla, inventando una propria tradizione (Lanzani 2003: 338).

    Nel corso di questo capitolo andremo ad analizzare in particolare alcuni spazi utilizzati per ri-produrre relazioni comunitarie da parte di alcune fa-miglie senegalesi, oltre a uno spazio di preghiera islamica che permette la riproduzione di un pi ampio noi musulmano. Come vedremo, tali spazi sono capaci di mobilitare fondamentali risorse, sia materiali che simboliche, ma anche di causare rischi di auto-chiusura sociale.

    AllHotel House lo spazio gioca un ruolo fondamentale, anche nel ren-dere pi fluidi i confini e i ruoli sociali nel creare, cio, occasioni di incon-tro. In questo caso si pu parlare della liminalit favorita da alcuni spazi. stato lantropologo culturale Victor Turner (1967), rifacendosi alla divisione fra sacro e profano di Eliade (1973) e alle fasi del rito di passaggio analizza-te da Van Gennep (1909), a introdurre il concetto di spazio liminale, inteso come spazio di trasformazione, ambiguo e transitorio. Tale concetto stato poi ripreso da alcuni studiosi post-coloniali come Bhabha (1994). Questul-timo in particolare ha utilizzato il concetto per indicare che esistono degli spazi in-between, caratterizzati dal superamento di identificazioni fisse e da una particolare rilevanza delle dinamiche di ibridazione. AllHotel House

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    non abbiamo tanto spazi in-between nellaccezione post-coloniale, quanto molteplici spazi di incontro che traggono la propria specificit dallessere prevalentemente luoghi di confine tra differenze. Si tratta soprattutto de-gli spazi di incontro semi-pubblici, cio alcuni esercizi commerciali dove si incontrano quotidianamente quelli che Lofland (1998) chiama gli stranieri biografici, vale a dire soggetti sconosciuti. Questi luoghi rappresentano del-le vetrine in cui mettere in scena la propria identit, spazi di confronto, di contaminazione, di scoperta, di negoziazione e, perch no, di malinteso e anche di scontro.

    Lambivalenza degli spazi comunitari e degli spazi liminali ruota intorno alla dialettica, evidenziata da Seamon (1979), tra volont-desiderio-bisogno di radicarsi, centrarsi e trovare una casa e quella di esplorare, di scavalcare i confini e muoversi in direzione di luoghi e persone sconosciuti. A questo proposito Aug (1992) parla della coppia Hestia/Hermes: la prima simbo-leggia il focolare circolare al centro della casa, lo spazio chiuso del gruppo ripiegato su se stesso, mentre il secondo (dio della soglia e della porta, ma anche dei crocevia e degli ingressi delle citt) rappresenta il movimento e la relazione verso gli altri.

    Lo spazio sempre aperto e plurale e, come vedremo, uno stesso spa-zio in certi casi e per certe persone pu essere territorio di incontro, per altri territorio comunitario o viceversa un luogo di esclusione sociale. Luso quotidiano dello spazio va inteso perci come arena della riproduzione dei rapporti di potere ma anche della soggettivit, del mutamento sociale e della resistenza (Heller 1975; Lefebvre 1974). Noi siamo limitati dallo spazio ma questi stessi vincoli rivelano le effettive potenzialit delle nostre azio-ni (Simmel 1903). Anzi si pu sostenere che inteso cos lo spazio appare il terreno ideale per tenere insieme, da un punto di vista analitico, sia le costrizioni spaziali che le possibilit da esso offerte allazione. Per usare le parole di Merrifield (2000: 170-171) ci che ne esce una riconciliazione tra lo spazio fisico (natura), lo spazio mentale (le formali astrazioni relative allo spazio) e lo spazio sociale (lo spazio dellazione e del conflitto umano e dei fenomeni sensoriali).

    Mi sembra di stare in Senegal. Gli spazi domestici

    Lascio alle mie spalle il corridoio buio e grigio per entrare nellappartamento di Ma-madou e Fatou. Mi ritrovo di colpo immerso in unatmosfera densa e multisenso-riale: gli odori forti della cucina, le musiche mbalax travolgenti dei canali satellitari senegalesi, in sottofondo le preghiere islamiche che provengono dalla camera di Malick. Sulle pareti tante fotografie di parenti e di leader religiosi. Spiccano soprat-tutto quelle enormi di Cheikh Ahmadou Bamba, il profeta fondatore del muridismo2,

    2 Il muridismo, o confraternita della Muridiyya, nato e si sviluppato attorno agli anni Ottanta del XIX secolo grazie alla predicazione del mistico senegalese Cheikh Ahmadu Bamba (1853-1927), di lingua wolof e appartenente al clan Mbacke. Duran-te loccupazione coloniale egli divenne lelemento catalizzatore della societ sene-galese (Schmidt di Friedberg 1994) e per questo venne anche esiliato per due volte

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    la principale confraternita dellIslam senegalese in Italia. Si tratta di immagini che rappresentano le vicende della vita di Ahmadou Bamba, sempre raffigurato in base alla sola foto che si ha di lui, vestito di bianco, un paio di sandali ai piedi, e con il viso parzialmente coperto da un velo. Anche i corpi sono addobbati con treccine e vestiti tradizionali dai colori sgargianti. E quando arriva il cibo, come sempre buonis-simo di Fatou, sapori, odori, colori e suoni si uniscono tra loro per dare luogo ad una sinestesia africana!

    Oramai mi diverto a passare da un continente allaltro semplicemente cammi-nando pochi metri e, perci, questa volta trovo una scusa per non fermarmi a pranzo e lascio il Senegal per andare in Pakistan. Pochi passi lungo il corridoio e provo a bussare a casa di Abbas. Mi apre poco dopo e subito sento le musiche indiane che si intrecciano allodore del chapati in cottura. La stanza invasa dai suoi quadri, molti sono ritratti, molti altri sono paesaggi del Pakistan o dellItalia. Abbas, infatti, un bravissimo pittore e arrotonda il suo stipendio da aiuto cuoco vendendo qualche quadro. Qui si vede che una stanza di primomigranti, che non c una famiglia che si occupa della casa. C pi disordine e lappartamento meno curato ma ciono-nostante latmosfera che si ricreata allinterno dello spazio domestico anche in questo caso fortemente identitaria. Le musiche e le danze dei film di Bollywood si mischiano agli odori, ai colori e alle pratiche quotidiane che mi fanno immergere in un paesaggio sensoriale che rimanda al Pakistan.

    Mi fermo poco perch ho voglia di finire il tour con un giro in Tunisia: di solito a questora Nader dovrebbe essere rientrato dal lavoro. Prendo lascensore e dopo po-chi istanti mi ritrovo davanti alla porta della sua casa. Non faccio in tempo a salutar-lo che gi sento allorizzonte la lingua araba della tv tunisina e lodore della carne per il cous cous in cottura. Alle pareti e sugli scaffali foto e oggetti che scandiscono la sua biografia e la sua voglia di rimanere legato al suo Paese di origine. [diario di campo, 7 marzo 2006]

    Gli spazi domestici sono tradizionalmente luoghi in cui attraverso oggetti e pratiche quotidiane si d forma e spazio alla propria memoria, alla pro-pria appartenenza e a frammenti della propria identit (Mandich e Rampaz-zi 2009). Questo vale ancora di pi per popolazioni come quelle migranti che si trovano fisicamente lontane dai propri territori di origine. Gli spazi domestici vengono addobbati, ricoperti e marcati per ricostruire e rivivere i paesaggi sensoriali dei territori di origine: i canali satellitari riaccendono i suoni, limport-export inarrestabile di cibi fa rivivere gli odori, i profumi, i sapori. Tutto questo permette di creare un habitat simbolicamente pi confortevole, capace di richiamare e dare continuit al proprio background socio-culturale, a volte anche idealizzando, una madrepatria e un passato mai esistiti, perlomeno in quella forma, come ricorda Appadurai (1996).

    Attraverso questi atti di scrittura dello spazio, si cerca di ritrovare un ordi-ne, una continuit, in una situazione di rottura e disordine simbolico (Basco, Boccagni e Brighenti, a cura di, 2012). Riprendendo De Martino (1977) si pu dire che sia un atto ontologico, una sorta di centratura di s nellambiente.

    dallamministrazione francese. Cheikh Ahmadu Bamba e i suoi discendenti sono tuttoggi venerati da molti cittadini senegalesi.

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    Infatti attraverso la relazione con il proprio spazio domestico il soggetto si radica nel mondo (lo abita) e in qualche misura lo fonda, nel senso che se ne appropria interiorizzandolo e nello stesso tempo lo colonizza proiettandovi una parte di s (Pasquinelli 2004). (Img. 2.1, 2.2)

    Ho iniziato la mia presenza allHotel House come ospite di una signo-ra senegalese (Diara) e ho trascorso una parte importante dei primi mesi passando dal suo appartamento a quello di altri senegalesi, in particolare, lappartamento di Mamadou e Fatou (vedi Appendice metodologica). In questo periodo ho potuto vedere come allHotel House alcuni apparta-menti di cittadini senegalesi rappresentino forse lesempio pi compiuto di come lo spazio domestico possa essere usato per costruire e condividere processi identitari, per ricostruire e rafforzare reti sociali comunitarie e come questo avvenga con modalit privilegiate in contesti di concentrazione re-sidenziale di minoranze. Infatti alcuni gruppi di senegalesi utilizzano alcuni appartamenti dellenorme condominio come luoghi di pratiche comunita-rie come i pasti e le preghiere collettive e, pi in generale, come una sorta di luoghi sempre aperti, in cui entrare, incontrare amici o parenti, fare due chiacchiere e uscire.

    Ogni volta che sono allHotel House mi basta varcare la soglia dellappar-tamento di Fatou o di Diara per rendermene conto:

    Dovrei essere ormai abituato ma questi corridoi sono sempre una sorta di labi-rinto: 15A, lato corto, lato lungo, gira a destra, gira a sinistra, alcuni corridoi sono bui, negli altri comunque la luce sempre un po soffusa, viavai di persone tra lascensore e gli appartamenti. Ed eccomi, finalmente, di fronte allappartamento di Fatou e Ma-madou. Suono il campanello e dopo pochi secondi si affaccia Bamba che saluto con piacere. Anche lui sembra felice di vedermi. Sento subito il sottofondo di musica sene-galese con i suoi ritmi forsennati mischiati a musica dance. Come sempre mi invita a mettermi sul divano e iniziamo a parlare e a guardare la tv. Dopo pochi minuti dalla stanza esce Aliou con il suo cappellino da rapper e la maglietta del Milan. Anchegli prima saluta e poi si mette a sedere con noi e a chiacchierare. Passano dieci minuti circa ed la volta di Fatou, che arriva in casa insieme ad unaltra signora senegalese che non avevo mai visto prima. Fatou, sempre gentilissima con me, mi chiede come sto io e come sta mia madre (me lo chiede sempre, pur non avendola mai incon-trata). Se ne va prima in camera e subito dopo in cucina. Lamica, invece, si mette con noi sul divano e inizia a parlare con Bamba in wolof. Passano pochi minuti ed ecco arrivare anche Mamadou insieme ad altre due persone; entra con merci di vario tipo, lui un venditore ambulante. Saluta con i suoi modi pi freddi ma comunque cordiali e anche loro si mettono a sedere e a parlare un po. Lamica di Fatou intanto se ne va. Proprio mentre dalla cucina inizia a diffondersi lodore della carne speziata in cottura. Fatou al lavoro. Si avvicina lora della cena e altri senegalesi arrivano. Siamo ormai una decina. Bamba prepara il giornale a terra e in breve tempo ci ri-troviamo tutti a mangiare insieme, sullo stesso grande piatto. Ma continua il viavai. Alcuni finiscono in breve tempo di mangiare e ripartono.

    [diario di campo, 27 aprile 2006]

    Alcuni gruppi amicali e parentali di senegalesi trascorrono una parte

  • 2.1. La risignificazione degli spazi domestici (foto di Francesca Pieroni)

  • 2.2. Immagini tradizionali e immagini multimediali (foto di Francesca Pieroni)

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    preponderante del proprio tempo libero insieme nei loro appartamenti: gente che continuamente arriva, si ferma per pochi minuti per un saluto veloce o per chiacchierare per ore. C sempre un appartamento disponibile per prendere un t alla menta, bere un toufam (un mix di yogurt e acqua zuccherata molto amato in Senegal), vedere un nuovo film senegalese o per ascoltare discorsi politici, in particolare del presidente alla tv satellitare, per fare o farsi fare acconciature in stile africano, per vedere videocassette su matrimoni, battesimi o altre feste.

    In queste occasioni la comunicazione faccia a faccia, cos intensa e viva, pu protrarsi anche per molto tempo, permettendo la (ri)produzione di una cultura e il rafforzamento di relazioni sociali. Gli appartamenti sono nodi di un territorio circolatorio lungo il quale spostarsi. Non a caso spesso le porte degli appartamenti rimangono aperte, com tradizione in Senegal, e molti non salutano neppure nel momento in cui vanno via.

    Una delle principali passioni sicuramente guardare dvd o programmi televisivi della tv senegalese che proiettano video musicali, al punto che questi costituiscono lo sfondo quasi costante delle chiacchierate quotidia-ne. Il genere musicale che li fa letteralmente impazzire chiamato mbalax. Si tratta di una fusione di musica popolare occidentale (dance, jazz e soul) e di sabar, la musica tradizionale senegalese, caratterizzata da forti accompa-gnamenti ritmici (percussioni), chiamati appunto mbalax. I video di questo genere musicale sono caratterizzati spesso da danze scatenate, ritmate a suon di tamburi, conghe e jamb. Lidolo di questo genere musicale Yous-sou NDour, chiamato non a caso il Re del Mbalax3.

    Negli spazi domestici i senegalesi si ritrovano anche per celebrare i ritua-li della confraternita religiosa della muridiyya, a cui appartiene la maggioran-za di coloro che sono immigrati in Italia. Il forte orientamento comunitario della confraternita e la rete di solidariet e di mutuo soccorso dei muridi costituisce, un sistema di assicurazione sociale per i migranti, in quanto in grado di organizzare e fornire ospitalit, sostegno economico, avviamento al lavoro, trasferimenti di denaro, logistica di viaggi e spostamenti (Schmidt di Friedberg 1994).

    Gli spazi domestici sono luoghi di preghiera anche nei momenti pi or-dinari della vita quotidiana. Anche nelle situazioni pi affollate e in mezzo alle discussioni pi animate, pu accadere che alcuni vadano a prendere il proprio tappetino e inizino a pregare in mezzo alla stanza, appena defilati in un angolo:

    Ero seduto sul divano nella parte vicina allentrata quando vedo Mamadou che parla con Babacar, appena arrivato da Brescia. Gli passa il tappetino per pregare, entrambi hanno un po di indecisione su dove collocarlo a terra. Ecco, deciso! Il tap-peto sar messo allingresso tra il divano dove sono seduto io e il tavolino, quindi praticamente al mio fianco. La cosa interessante che nella stanza eravamo in 4-5 persone, compresa una ragazza chiassosissima. Babacar inizia a pregare e gli altri

    3 Youssou N Dour, nellaprile 2012, diventato Ministro della cultura e del turismo nel nuovo governo di Abdoul Mbaye.

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    (tranne me), facevano veramente tutto come se niente fosse: urlavano, telefonava-no, giocavano con il cellulare. Daltra parte, anche Babacar sembrava assorto nella preghiera come se in quel momento si trovasse da solo in un deserto. Pregava in certi momenti anche a voce piuttosto alta, compiendo tutti i gesti rituali, gli inchini, gli inginocchiamenti, mentre gli sguardi degli altri presenti sembravano quasi passare attraverso la sua figura, come se fosse trasparente. [diario di campo, 18 luglio 2006]

    Gli appartamenti dellHotel House non sono di pessima qualit e di ri-dotte dimensioni come spesso accade ai luoghi dove si ritrovano a con-centrarsi gli immigrati. Non si tratta cio di case di immigrazione come le chiamano Granata e Novak (1999). Come detto (Cap. 1), lHotel era stato progettato per ceti medi, e di conseguenza gli appartamenti sono pi che dignitosi: 60 metri quadri ciascuno, distribuiti in ingresso, camera da letto matrimoniale, seconda camera pi piccola, soggiorno-pranzo di discrete di-mensioni, cucina stretta ma lunga, servizi igienici completi di bagno e doc-cia. Inoltre unampia terrazza di 13 metri quadri fronteggia ciascun appar-tamento. La divisione degli spazi estremamente razionale: sono eliminati i corridoi e tutti gli spazi cosiddetti inutili e di disimpegno. La funzionalit degli appartamenti dellHotel House riconosciuta dalla quasi totalit dei suoi residenti. Essi rappresentano, dunque, un territorio particolarmente fer-tile per dare spazio a queste reti sociali.

    Uno dei momenti pi significativi durante il quale si afferma lo spirito comunitario di questi gruppi di senegalesi e attraverso il quale gli spazi do-mestici diventano spazi comunitari capaci di richiamare soggetti da diversi appartamenti il rituale del pasto collettivo (Img. 2.3). Il pasto consiste ge-neralmente in riso (ma non mancano grandi spaghettate) accompagnato da carne (di bue o pollo) o da pesce e qualche verdura. Il significato del pasto collettivo simbolicamente forte: mangiare con le mani stando tut-ti seduti a terra intorno ad un grande piatto unico. Questa la mia prima esperienza da co-protagonista del rituale:

    Iniziamo a toglierci le scarpe, un ragazzo che non conosco mette i giornali sulla moquette a mo di tovaglia, nello spazio largo tra i divani. Anchio mi inginocchio come tutti e questo crea un pizzico di sorpresa. Non a caso Diara mi ha chiesto subi-to: tu vuoi fare lafricano?. Quando ecco arrivare il piatto grande con insalata, pollo, patatine e salse varie. Siamo una decina seduti a terra sui giornali e scalzi, disposti tuttintorno allenorme piatto. Durante il pasto c unincredibile disciplina nel man-giare tutti allo stesso piatto; molti prendono il riso e il condimento con il cucchiaio, mentre altri tra cui Diara e Fatou prendono il cibo con la mano e lo lavorano un po per farne una sorta di pallina, di polpetta. Hanno dei movimenti velocissimi, quasi affascinanti per quanto sono armonici e liberi, sembra quasi una danza delle dita con la mano che funge da palco. A volte prendono anche la carne e la suddividono in pezzi pi piccoli e la distribuiscono un po in tutto il piatto e quindi a tutti i commen-sali, con un occhio di riguardo per gli ospiti, come me. Fatou, soprattutto, attenta e scrupolosa nel far arrivare i pezzetti di carne lavorata dalla parte del piatto a me riservata. Nel momento in cui finisco di mangiare e sto per alzarmi, mi accorgo di

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    avere un po di riso maldestramente attaccato sul ginocchio dei pantaloni. Me lo fa notare qualcuno e allora rispondo: Non sono ancora africano! e sorridiamo un po tutti. [diario di campo, 7 novembre 2004]

    Il pasto collettivo un rito comunitario che si rivela anche un esercizio continuo di autocontrollo e di rispetto reciproco; esso costringe, infatti, ad essere sempre attenti a non invadere la porzione di piatto di chi sta al pro-prio fianco. Se vero che i pasti sono un momento comunitario, per altrettanto vero che nel corso di essi si parla poco (il che si nota ancora di pi dato che negli altri momenti i senegalesi chiacchierano tantissimo tra di loro); inoltre se linizio sincronizzato, la fine molto pi individualistica. Alcuni lasciano il pasto anche molto presto, dopo aver appena spizzicato qualcosa, perch considerato doveroso assaggiare il cibo, in segno di ami-cizia, rispetto e gradimento. Inoltre buona norma non lasciare mai una persona a mangiare da sola e cos c sempre qualcuno che fa in modo di rallentare per fare compagnia fino alla fine al pi vorace (cio spesso a me, specie nelle occasioni in cui il riso particolarmente buono).

    Va ricordato comunque che, se vero che una parte di senegalesi ha saputo ricreare allHotel House una rete di sostegno e degli spazi comunitari significativi, anche vero che questo reticolo denso di relazioni sociali impli-ca anche forti vincoli. Sostegno e controllo, ricevere e dare, rappresentano, infatti, sovente due aspetti della stessa medaglia in conflitto dialettico tra loro. Non a caso non sono pochi i senegalesi che mi hanno confessato di sentirsi un po bloccati in questa rete:

    Stare qua come essere in Senegal difficile anche imparare la lingua italia-na! Modou, m, 1976, senegalese, residente

    La stessa Diara che mi ha ospitato i primi tempi mi ha raccontato:

    A me inizia a darmi fastidio ora che tutti entrano e escono senza neanche bussa-re. Quando vado in Africa, mi dicono che sono diventata bianca! Per esempio hai visto prima Fatou entrata con il telefono in mano, senza salutare ed andata in bagno. A te far ridere ma se era europea non faceva cos. una questione di civilizzazione perch uno poteva anche stare facendo qualcosa! Diara, f, 1964, senegalese, residente

    AllHotel House sono innanzitutto i giovani senegalesi a sentirsi troppo vincolati da legami comunitari cos forti, tanto da aver scelto, in certi casi, di lasciare il condominio proprio per questo motivo, come ha fatto Bunama:

    Io allHotel House non ci stavo bene. Ti giudicano sempre, ti guardano sempre male! Io sono andato via anche per questo. Bunama, m, 1982, senegalese, ex-residente

    Le reti sociali cos dense, infatti, possono esercitare un controllo molto forte sul comportamento individuale, scoraggiare i comportamenti inno-vatori e favorire pratiche e rappresentazioni conservatrici. Il mantenimento di un forte comunitarismo pu anche diventare una questione di mante-nimento del proprio sistema di privilegi da parte di chi si trova in posizioni

  • 2.3. Alcuni degli usi dei balconi dellHotel House

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    gerarchicamente superiori. Questo il cosiddetto downside (lato negativo) o addirittura dark side (lato oscuro) del capitale sociale.

    Le reti dense sono particolarmente efficaci nel preservare risorse. Al con-trario, quando lo scopo ottenere nuove risorse, sono spesso pi utili reti ampie e a maglia larga e aperte (Granovetter 1973). Le relazioni che forma-no il capitale sociale andrebbero perci sempre analizzate in merito alla loro natura simmetrica o asimmetrica, orizzontale o verticale.

    Non va dimenticato, comunque, che lesperienza migratoria rende pos-sibile anche la fuga dal controllo sociale della comunit. Due storie che esemplificano questa dinamica mi sono state raccontate da Diara:

    Awa di una zona in cui si sposano a 13 anni: lei fuggita la prima volta per-ch non voleva sposarsi. Poi lhanno ritrovata, si sono sposati, suo marito lha portata in Spagna, l ha visto, ha capito ed fuggita. Ha conosciuto uno e gli ha chiesto se la poteva portare in Italia. Questo signore mi ha chiamata e mi ha chiesto se potevo tenerla, lei amica della mia nipote. Ieri ti ho detto che la mia nipote anche perch lei mi chiama zia. Lei ha perso tutti i parenti, loro sono tutti in Spagna. Ma soprattutto ha perso la figlia di pochi anni; due anni che non la vede! Gli manda sempre i soldi, ma non lo sanno dov lei!

    Poi continua con unaltra storia:

    Quando ero piccola mia madre mi ha raccontato di una ragazza che non voleva sposarsi con un tipo. Allora era fuggita e i suoi amici e parenti quando lhanno trovata lhanno messa sopra una tavola e lhanno picchiata. Lei dopo 15 gior-ni ancora non camminava dal dolore. Dopo fuggita nuovamente e stavolta andata in Francia; dopo qualche anno tornata sposata con un francese. Ha messo su un bar a Dakar e ha assunto come dipendenti i suoi familiari. Quando la vedevamo arrivare noi bambini, tutti dicevano che lei era la puttana. Ma noi gli andavamo sempre incontro perch ci dava le cose, era molto brava. Anche mia madre me lo diceva che era brava! Diara, f, 1964, senegalese, residente

    Lesito dei reticoli densi e comunitari, come quelli che si stanno riprodu-cendo allHotel House, non scontato: non cio in s positivo o negativo, quanto piuttosto ambivalente. Fondamentale interrogarsi perci su come questo capitale sociale viene utilizzato.

    bello ogni tanto sentirci come una famiglia. Lo spazio comunitario della moschea

    Un ampio spazio scarno, semplice, senza decorazioni particolari se non qualche oggetto appeso e una piccola bacheca allingresso. La grande distesa di tappeti a coprire il pavimento. La grande sala piena, tutti scalzi a ripetere gli stessi gesti, come un solo corpo a eseguire i rituali sacri della preghiera. Tutte le differenze dellHotel House, senegalesi, tunisini, bangladesi, pakistani gli uni accanto agli altri. Anzi, non tutte le differenze del condominio, dato che non ci sono donne. Finita la preghiera inizia il discorso dellimam in arabo, lingua conosciuta solo da una ristretta mino-ranza dei fedeli; infatti una volta terminato, inizia la traduzione in italiano. Ma non si presta grande attenzione n al sermone n alla sua traduzione; solo le persone nelle prime file sono attente e restano sedute intonando preghiere e canti rituali mentre la

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    maggior parte delle persone sbadiglia, parla o si guarda attorno. [diario di campo, 10 gennaio 2006]

    Si pu stimare che circa l80% degli abitanti dellHotel House proviene da Paesi a larghissima maggioranza di religione musulmana, caratteristica questa che contraddistingue fortemente gli immigrati che si sono insediati nel condominio rispetto a quelli che sono presenti nelle altre parti della citt (Tab. 2.1). Infatti se prendiamo i primi dieci gruppi nazionali immigrati presenti a Porto Recanati notiamo che sono proprio quelli di religione mu-sulmana ad essere fortemente concentrati allHotel House mentre i gruppi nazionali dove la componente musulmana minoritaria (Albania) o pres-soch assente (Romania), solo in pochissimi casi hanno scelto di insediarsi nel grande condominio. Questo processo di selezione su base religiosa avvenuto anche in altri contesti di concentrazione residenziale di immigrati (Barberis e Cancellieri 2012).

    La sala di preghiera-moschea un grande polo identitario e di socia-lit, come stato sottolineato da uno dei protagonisti delle attivit della moschea, nonch muratore-tuttofare per lamministrazione condominiale, il quale ne ha messo in evidenza la natura di terzo luogo (Oldenburg 1989), oltre gli spazi domestici e lavorativi un luogo in cui ricaricare le batterie, trovare senso e riconoscimento:

    Ogni tanto facciamo il cous cous e lo portiamo gi in moschea. Piace a tutti; tut-te le nazionalit lo mangiano. Mangiamo sui tappeti, bello ogni tanto sentirci

    Tab. 2.1. Percentuale di abitanti allHotel House su totale abitanti di Porto Recanati

    Provenienza Porto Recanati (1) Hotel House (2) % (2)/(1)Bangladesh 345 358 103,8*

    Senegal 377 371 98,4 Nigeria 99 97 98,0Pakistan 236 225 95,3Tunisia 271 165 60,9Marocco 129 46 35,7Macedonia 160 50 31,3Romania 188 7 3,7Italia 12155 86 0,7Albania 240 0 0,0

    Fonte: dati Istat al 31.12.2009 per la citt di Porto Recanati e dati della portineria al 01.07.2009 per lHotel House

    * Come sopra ricordato, i dati della portineria sono quelli pi fedeli in quanto permet-tono di includere anche presenze non formalmente registrate allanagrafe. La diversit delle fonti utilizzate in tabella rende per possibile che la percentuale di concentrazio-ne nel condominio risulti addirittura superiore al 100%, come nel caso dei bangladesi. Nonostante questi limiti, la comparazione resta comunque indicativa per considera-zioni di carattere generale.

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    un po come una famiglia. Non voglio dire questo perch siamo musulmani ma siamo tutti uguali, siamo tutti lavoratori, siamo tutti lontani dai nostri paesi. Se no, casa-lavoro, casa-lavoro, uno fa una fossa e si butta l dentro! Saber, m, 1963, tunisino, residente

    Considerata limportanza dellidentit islamica, lesigenza di uno spazio materiale, di un luogo in cui professare insieme il culto islamico, emersa sin dai primi anni di insediamento di migranti allHotel House. Ma solo nel 2002 che tale desiderio si potuto materializzare attraverso lacquisto da parte di un signore egiziano con cittadinanza italiana di tre negozi di 35 me-tri quadri luno al piano terra. Questi sono stati unificati in un unico spazio di 105 metri quadri arredato come sala di preghiera islamica: un ampio salone con un pavimento interamente ricoperto da tappeti, una stanzettina con le docce dove fare le abluzioni e una parete con unampia scaffalatura dove si trovano oggetti dorati e copie del Corano in diverse lingue. La struttura si presenta pulita e in un certo senso elegante, come stato notato anche dai residenti italiani del condominio:

    Io non sto sempre a sficcanasare per unaltra cosa interessantissima che olfat-tivamente la moschea come se fosse un salone a Parigi! Odora che una bel-lezza! Perch loro fra laltro vendono al mercato le candele, e con queste candele si ha la sensazione di igiene e di profumo. un posto gradevole, addirittura ho sentito un effluvio fuori: Ma che sono impazziti? Nel sacro sta anche il fatto che sia pulito. Non poco questa cosa, quindi quello un dato positivo. Antonio, m, 1940, italiano, residente

    Lapertura della moschea ha certamente rappresentato un momento di svolta e di accelerazione del processo di islamizzazione del condominio e ha portato alla prima materializzazione e delimitazione di uno spazio sacro che irradia la sua influenza anche sul territorio circostante. E per la religione, in particolare per quella islamica, il confine tra sacro e profano, tra lecito (halal) e illecito (haram) centrale nella vita quotidiana. Se prima la religione sacralizzava alcuni tempi, il venerd o alcune feste come la festa del monto-ne o il ramadan, ora sacralizza anche un territorio, un luogo.

    Sono molti gli episodi che hanno messo in luce lesistenza di una sorta di campo magnetico che circonderebbe il locale adibito a moschea e che comporta una sorta di moralizzazione degli spazi:

    stata importante lapertura della moschea. Ecco per esempio quello [indica la zona davanti alla moschea] prima era un postaccio. Io abito sopra e prima non potevi andare sul balcone, anche mia moglie perch cera gentaccia. Da quando stata aperta la moschea, tranquillo. Per esempio ci sta qualche musulma-no che beve, ma con la bottiglia non ci passa pi davanti la moschea perch si vergogna. Perch questo un luogo sacro, un posto proprio pulito per andare almeno un attimino in pace con quello che ti ha creato. Saber, m, 1963, tuni-sino, residente

    Con la moschea sono cambiate anche tante cose. La gente ha cominciato a vi-vere in modo diverso. Per esempio io conosco un tunisino che viveva come un musulmano non dovrebbe vivere: ubriaco, veniva a casa, menava moglie e figli!

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    Per quando nata la moschea, lui ha cambiato tutto. E cos sono tanti, tanti perch sempre una cosa sensibile la moschea. Ali, m, 1969, bangladese, re-sidente

    Un aspetto interessante dato dal fatto che da un punto di vista visivo limportanza dellIslam e della dimensione religiosa appare poco accentuata allHotel House. La stessa moschea presente al piano terra della struttura non caratterizzata allesterno da alcun segno o simbolo. La platealit di questassenza non pu che rivelare una volontariet di non esporre alle-sterno questo spazio sacro, di non metterlo in scena. Allo stesso tempo, per, se vero che lIslam non viene ostentato nello spazio pubblico del condominio, altrettanto vero che lHotel House vissuto pi o meno esplicitamente da molti dei residenti musulmani come una zona dove si pretende di non essere esposti alle pressioni da parte della religione cat-tolica dominante. Questo apparso chiaramente in occasione di un Natale quando la presenza di un presepe in portineria aveva incontrato molteplici resistenze e, ancor di pi, in seguito al goffo tentativo di alcune associazioni di volontariato di stampo cattolico di arredare la sala comunale al piano ter-ra del condominio destinata, tra le altre attivit anche ai corsi di arabo, con molteplici marcatori cattolici come, per esempio crocefissi e altre immagini religiose. Anche in questultimo caso la reazione di una parte di residenti stata fortemente polemica.

    La moschea diventa un grande polo di attrazione soprattutto il venerd, giorno sacro per lIslam, durante la preghiera del tramonto e in occasione di alcune ricorrenze religiose come lAyd al Fitr, cio la festa del montone o la rottura del digiuno nel mese di Ramadan: in tutti questi casi lHotel House attira anche numerosi fedeli non residenti. In quei momenti, passeggiando nella piazzetta antistante lingresso, facile ritrovarsi in mezzo a un viavai ininterrotto di fedeli che, spesso indossando gli abiti da festa, escono dal condominio per andare a pregare. Lo spazio frequentato soprattutto da bangladesi e pakistani ma anche da un buon numero di tunisini e pi in generale di maghrebini. I senegalesi, che sono il gruppo nazionale pi nu-meroso presente allHotel House, sono proporzionalmente pochi, perch professano generalmente un tipo di Islam eterodosso, quello cio della con-fraternita mistica della muridiyya e tendono di conseguenza a ritrovarsi pi facilmente negli appartamenti che, come abbiamo gi sottolineato, sono i loro principali spazi di incontro, anche religioso (in particolare in uno di questi dedicato alla lettura del Corano e alla preghiera collettiva, oltre che sede della locale associazione senegalese).

    Leterogeneit nazionale dei fedeli che frequentano la moschea la rende anche uno spazio di multiculturalismo quotidiano (Colombo e Semi 2007). La costruzione di questa piccola ummah , infatti, un formidabile momento di messa in secondo piano dei legami nazionali e di ricostruzione e rafforza-mento di legami sopranazionali fondati sulla comune appartenenza religio-sa (Barberis e Cancellieri 2012). La comune identit islamica della maggior parte degli abitanti del condominio fa dellIslam una delle dimensioni che maggiormente caratterizzano la vita quotidiana del residence. Tale pre-

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    senza crescente si evince per esempio dal semplice cont