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Dott.ssa Patrizia Russo Psicologa Pagina 1 LE SLIDE QUI PRESENTATE SONO STATE REALIZZATE GRAZIE ALLA SEGUENTE BIBLIOGRAFIA: ¾ A.A.V.V. L’assistenza psicologica nelle emergenze. Ed. Erickson ¾ Castelli C., Sbattella F. Psicologia di disastri Ed. Carocci ¾ Cusano M. e Giannantonio M. Lo stress post-traumatico nel personale di soccorso. in Vertici del 17/11/2003 ¾ Pagano D. Tecniche Psicologiche nell’Emergenza. In Vertici del 31/03/2003 ¾ Baranello M. I sintomi del disturbo post traumatico da stress. ¾ DSM IV Manuale diagnostico-statistico dei disturbi mentali. Ed. Masson. ¾ Kubler-Ross E. Domande e Risposte sulla morte e il morire. Ed. L’altra Medicina. ¾ Materiale gentilmente concesso dal Prof. Zuliani A. in un corso di aggiornamento. PATRIZIA RUSSO psicologa

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LE SLIDE QUI PRESENTATE SONO STATE REALIZZATE GRAZIE ALLA SEGUENTE BIBLIOGRAFIA:

A.A.V.V. L’assistenza psicologica nelle emergenze. Ed. Erickson

Castelli C., Sbattella F. Psicologia di disastri Ed. Carocci

Cusano M. e Giannantonio M. Lo stress post-traumatico nel personale di soccorso. in Vertici del 17/11/2003

Pagano D. Tecniche Psicologiche nell’Emergenza. In Vertici del 31/03/2003

Baranello M. I sintomi del disturbo post traumatico da stress.

DSM IV Manuale diagnostico-statistico dei disturbi mentali. Ed. Masson.

Kubler-Ross E. Domande e Risposte sulla morte e il morire. Ed. L’altra Medicina.

Materiale gentilmente concesso dal Prof. Zuliani A. in un corso di aggiornamento.

PATRIZIA RUSSO psicologa

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Psicologia dell’emergenza

Le finalità:

• Preservare innanzitutto l’equilibrio psichico delle vittime, dei parenti e dei soccorritori dagli effetti dannosi degli eventi shock

• Ripristinare tale equilibrio se compromesso • Facilitare processi di recupero a livello più ampio di

comunità Facilitare le comunicazioni nelle emergenze

Destinatari dell’intervento:

- singoli - collettività nel suo complesso

Si parla di emergenza psicologica quando, in seguito a circostanza esterne, avviene un perturbamento dell’equilibrio psico-emotivo dell’individuo che richiede la mobilitazione di risorse e strategie di adattamento non possedute o recuperabili solo con sforzi enormi.

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Psicologia dell’emergenza individuale L’intervento rivolto ai singoli tende a tutelare o ripristinare il modo di sentire, pensare e agire della persona, alterato in seguito ad un evento psicolesivo, ed è volto pertanto al suo assetto psichico globale. Specifico è il fatto che in genere anche se il singolo subisce eventi più o meno devastanti, il contesto di vita e la comunità nel complesso restano sostanzialmente immutati.

Eventi traumatici che possono compromettere l’equilibrio psichico del singolo:

• Gravi eventi esistenziali: • violente aggressioni fisiche e psichiche • stupri • errori giudiziari • sequestri di persona • riduzione in schiavitù • ecc.

• Gravi situazioni cliniche: • venire a conoscenza della morte di una persona

cara • vivere l’imminenza della propria morte • vivere l’esperienza di cure ed interventi ad alto

rischio e con scarse probabilità di successo • ecc.

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Psicologia dell’emergenza collettiva

Ha come specifica finalità la tutela e l’assistenza del singolo e della sua comunità quando vengono travolti da una grave emergenza. In particolare possiamo dire che mira alla prevenzione ed al trattamento dei danni psichici che si determinano nel singolo e nella comunità, per il sopraggiungere di un evento disastroso.

Tali eventi comportano due categorie principali di problematiche:

• Quelle collettive: esodo di massa panico collettivo sindrome da disastro

• Quelle individuali: reazioni iperemotive brevi disturbi nevrotici altri disturbi a livello individuale

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Spazi di lavoro in PdE

1) Formazione: - interventi sugli operatori della emergenza - interventi su cittadini ad elevata esposizione al rischio psicotraumatico. 2) Programmazione: collaborazione con altre figure alla preparazione dei piani di protezione della popolazione ed in particolare alla formulazione di piani dettagliati di assistenza psicologica. 3) Prevenzione: promuovere schemi cognitivi e comportamentali che favoriscano la tutela della salute fisica e psichica propria ed altrui. 4) Clinica: ha come obiettivo generale la prevenzione o la cura dei danni psichici da evento critico individuale o collettivo.

All’interno degli studi sociologici, il termine emergenza è riservato ad una particolare interazione tra dinamiche ambientali e gruppi sociali: l’emergenza è infatti definita come “ un evento determinato da un agente fisico che produce un impatto distruttivo sul territorio in cui si manifesta, la cui entità dipende sia da caratteristiche fisiche e fenomenologiche dell’evento, sia dalla struttura socio-politica preesistente sul territorio di riferimento”.

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E’ possibile determinare alcune dimensioni rispetto alle quali misurare l’entità dell’emergenza ed anche apprestare misure di intervento adeguate. dimensione spaziale e geofisica: essa permette di circoscrivere l’area del problema. l’ampiezza numerica e la tipologia del gruppo sociale coinvolto. Interrogarsi sulla dimensione sociale dell’emergenza significa comprendere se l’evento fisico ha colpito qualche decina o centinaio di persone, coinvolgendo anche le fasce più deboli della popolazione, come bambini o anziani. la dimensione stressogena dell’evento. E’ molto complicato per es. intervenire nelle situazioni in cui è stata attaccata la dimensione quotidiana della vita. la dimensione della imprevedibilità dell’evento. Tanto più l’evento fisico appare imprevedibile, tanto meno è probabile che il sistema sociale disponga delle risorse adeguate per farvi fronte. E non solo dal punto di vista tecnologico e organizzativo, ma anche da quello culturale ed emotivo.

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Per rispondere adeguatamente a un evento fisico devastante è necessario attivare schemi comportamentali idonei, sorretti da saperi e atteggiamento congruenti. Questi ultimi non possono essere evidentemente improvvisati, ma sono il frutto della capacità revisionale che ciascuna cultura ha sviluppato relativamente all’ambiente geofisico che occupa.

Il tema della prevedibilità degli eventi che concorrono a creare contesti di emergenza porta alla necessità di precisare termini e concetti chiave, quali quelli di vulnerabilità, pericolo e rischio.

Il concetto di vulnerabilità sociosistemica si riferisce al possibile danno (in termini di risorse umane, economiche e ambientali), che un evento esterno, che si manifesta in un tempo ristretto, può provocare in un dato sistema sociale. Esso si riferisce anche alla predisposizione al danno che tale sistema presenta in termini di rischio o di scarsa capacità di risposta. Possono essere così individuati sistemi sociali più vulnerabili perché dotati di minori capacità di risposta, o anche perché più ricchi di risorse umane, economiche e ambientali esposte a possibili danni.

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La relazione tra vulnerabilità e rischio è complessa, ma si può considerare che la vulnerabilità della struttura fisica, sociale e istituzionale del territorio, determini il grado di rischio e non viceversa. Il rischio esiste solo nella misura in cui esiste una vulnerabilità.

Il “rischio” è la condizione che si viene a realizzare quando un sistema vulnerabile si trova esposto ad una situazione specificamente pericolosa, laddove intendiamo per pericolo una situazione in grado di indurre un danno nei sistemi coinvolti. L’emergenza può essere così considerata e ridefinita come la manifestazione di vulnerabilità presente in un determinato territorio.

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Che cosa rende vulnerabile un territorio? La vulnerabilità è data da tre sistemi che interagiscono tra loro: il sistema naturale, quello sociale e quello politico-economico (chiamato anche organizzativo).

Ognuno di questi sistemi determina un aspetto della vulnerabilità: vulnerabilità geofisica e ambientale, vulnerabilità sociale (quantità e tipologia di persone che vivono in un determinato territorio), vulnerabilità gestionale ed economica, relativa a come è strutturato e organizzato il gruppo sociale. Il bilancio complessivo della vulnerabilità di ciascun territorio è in grado di descrivere la fase latente dell’emergenza. E’ in questa fase che si può intervenire preventivamente per attenuare il rischio, perché i sistemi potenzialmente pericolosi non hanno ancora sviluppato la propria azione distruttiva.

Le possibilità d’incidere sulla fase latente delle emergenze, riducendo la vulnerabilità dei territori, costituisce la sfida impegnativa per i sistemi di Protezione civile e un grande spazio d’impegno per i professionisti che non vogliono limitarsi al ruolo di soccorritori. In particolare, quest’aspetto coinvolge i professionisti dell’agire sociale, poiché la possibilità di intervento sulle dimensioni della vulnerabilità varia da un minimo di possibilità d’intervento sul sistema naturale a una massima possibilità di azione sul sistema politico-organizzativo.

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Nella fase manifesta invece l’emergenza è un evento concreto che richiede una azione di risposta immediata, attraverso la mobilitazione di risorse e l’attivazione di capacità operative. Da un punto di vista organizzativo, occorre mettere insieme e coordinare le varie forze che intervengono per dare una risposta immediata all’urgenza dell’evento critico.

Il tema dell’emergenza ha coinvolto nel tempo saperi ed esperienze riconducibili ad ambiti assai diversi tra loro, suggerendo la necessità di un sostanziale approccio multidisciplinare ed interdisciplinare. Alle varie figure, architetti, geologi, medici ed educatori, psicologi, militari ecc. è richiesta una aggregazione attorno a compiti specifici, che lasciano poco spazio alla confusione dei ruoli ma che pone comunque un forte problema di coordinamento e di traducibilità dei linguaggi professionali.

L’integrazione tra le diverse logiche professionali e dei relativi modelli teorici rappresenta una sfida impegnativa.

Per svolgere efficacemente le funzioni specifiche della propria professionalità è necessario che ciascuno conosca quali sono i modelli e gli obiettivi operativi di chi interviene sul medesimo territorio e spesso non ha tempo per esplicitare le logiche del proprio operato. E’ necessario inoltre poter mantenere sempre un sintetico sguardo d’insieme, per monitorare i rapidi cambiamenti cui sono soggetti i contesti di emergenza e adattare le proprie prassi alle diverse situazioni di precarietà.

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LE REAZIONI DI STRESS DEI SUPERSTITI

Le reazioni di stress dei superstiti: La gamma dei soggetti coinvolti è molto ampia:

vittime primarie: se toccate direttamente dal disastro vittime secondarie: se denunciano effetti indiretti vittime terziarie: operatori di emergenza vittime di quarto livello: membri della comunità al di fuori dell’area colpita direttamente

E’ importante non partire con il presupposto che una calamità comporti esperienze dello stesso tipo e della stessa intensità per tutte le persone, né che i superstiti subiscano la calamità avendo alle spalle storie simili di traumi passati.

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Ciascun superstite ha conosciuto il disastro in modo personale e unico. Ogni superstite è un individuo unico.

Le differenze personali e culturali durante e dopo la calamità sono essenziali per capire perché i superstiti possono presentare reazioni di stress di tipo diverso a ciò che sembra essere la stessa calamità. Implicazioni per la comprensione e la valutazione delle reazioni dei superstiti:

• tipo di evento: intensità dell’evento, imprevedibilità e probabilità di ripetizione, minaccia di morte, gravità ed estensione dei danni, valore simbolico dei contesti interessati

• variabili della vittima: fattori di rischio sembrano essere bassa autostima, bassa percezione di controllabilità degli eventi, preesistenti disturbi psicopatologici, elevata reattività psicosomatica, preesistenti disturbi di personalità, comportamento antisociale, tendenza a fronteggiare problemi emotivi con strategie di ipercontrollo ed evitamento, sesso femminile, basso livello socio-economico, disfunzionamento relazionale familiare, precedenti esposizioni a traumi specialmente se non superati,

• risposta soggettiva all’evento stressante: risorse interne di cui la persona dispone, capacità di farsi aiutare e di trarre giovamento dagli aiuti offerti

• supporto e risorse sociali : qualità/tempestività degli interventi di aiuto, relazioni sociali che forniscano supporto emotivo, collaborazione della rete sociale nel post-emergenza.

P. Russo

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Fattori associati allo stress da calamità Le persone esposte direttamente ai pericoli e al rischio di morire sono quelle che probabilmente subiranno le conseguenze più gravi.A prescindere dal tipo di stressor, la forza dello stimolo agente è un forte predittore di chi risentirà maggiormente i danni. Quanto più si vedono immagini stressanti, si percepiscono odori, si odono suoni o si subiscono lesioni fisiche, tanto maggiore è la probabilità che si manifesti lo stress post-traumatico. Anche i familiari delle vittime rischiano il cosìdetto trauma vicario.

- Lesioni personali - Decesso o lesioni subite

dalla persona amata, figli, ecc.

- Perdita di beni materiali - Stress persistente - Reazioni di stress di altre

persone significative - Traumi precedenti - Aspettative su di sé - Esperienza precedente in

situazione di calamità - Percezione/interpretazione

delle cause - Livello di sostegno sociale

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IMPATTO

E’ il momento in cui avviene il disastro, che può essere di breve, lunga durata e/o ripetuto

• Dolore per le perdite subite

• Paura che l’evento si ripeta

• Paura di trovarsi al posto delle vittime

• Paura di perdere il controllo dei propri impulsi aggressivi

• Rabbia contro i responsabili, reali o presunti

• Rabbia contro chi non è stato colpito dal disastro

• Sconforto e senso di colpa per provare soddisfazione per i mali degli altri

• Senso di colpa e vergogna per il proprio comportamento

• Senso di colpa per essere sopravvissuto

• Tremori,palpitazioni, ansia

• Smarrimento Stupore • Comportamenti

automatici • Incredulità attonita

Che fare: Rassicurare sul fatto che si tratta di reazioni normali ad un evento patologico e quindi far comprendere l’assoluta normalità di queste reazioni. Coinvolgere nelle attività di soccorso.

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INVENTARIO

Subito dopo l’impatto gli scampati sono impegnati nell’opera di verifica delle conseguenze dell’evento: su se stessi, sui famigliari, sugli amici, sulle cose.

Le reazioni in questa fase sono: I sopravvissuti si muovono senza meta, vagando, temporaneamente disorientati. Altri possono sperimentare sollievo e gratitudine per essere sopravvissuti, fino a giungere ad un senso di euforia

Che fare: si tratta di reazioni normali che non dovrebbero essere ostacolate, proprio perché si tratta di reazioni di adattamento che impediscono alle persone di essere oppresse dall’evento stressante e li aiuta ad adattarsi gradualmente alla realtà

FASE EROICA

Può precedere l’arrivo dei soccorsi. Si manifesta quando i sopravvissuti cominciano ad occuparsi delle vittime.

Le reazioni: le singole persone o i gruppi manifestano una iperattività nei soccorsi alle vittime, senza nessuna attenzione alla propria sicurezza. Durata: da alcune ore ad alcuni giorni.

Che fare: Mettere ordine (organizzare) Rassicurare i sopravvissuti sulle loro reazioni Mettere i sopravvissuti in sicurezza Coinvolgerli nei soccorsi in modo adeguato

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LUNA DI MIELE

Si colloca alla fine della prima emergenza quando il disastro è terminato, e sopravvissuti sono in salvo e i morti sono stati recuperati (dove possibile)

Le reazioni in questa fase durano finchè la comunità sarà al centro dell’attenzione: identificazione euforica con il gruppo ottimismo individuale e collettivo si crede che tutto tornerà come prima

Che fare: non partecipare all’illusione atteggiamento realista aiutare a leggere i fatti come sono Da questi atteggiamenti dipenderà l’esito della fase successiva: disillusione.

P. Russo

DISILLUSIONE E’ il momento del confronto tra le attese, le aspettative e la realtà, è il momento in cui si realizza che le promesse non sono mantenute, diminuisce l’attenzione dei mass media, dei soccorsi e l’interessamento delle autorità.

Le reazioni proprie di questa fase sono:

• sentimento di abbandono

• denuncie di ingiustizie

• giudizi di incompetenza

• diminuzione della speranza

• ritorno dei sintomi da stress

Che fare: Anche il soccorritore è spesso coinvolto in questa fase. E’ necessario in questa fase accompagnare nella elaborazione del lutto.

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RISTABILIZZAZIONE

Le basi condotte nei mesi precedenti cominciano a produrre cambiamenti osservabili. Le richieste formali di aiuti inoltrate iniziano ad essere approvate, le pratiche per la concessione di prestiti avanzano e comincia la ricostruzione. I programmi a lungo termine connessi alla calamità sono stati istituiti e la maggioranza delle persone ritorna al livello di funzionamento precedente. Anche in questa fase esistono delle variabili individuali significative. In generale, alcuni individui riescono a recuperare un equilibrio entro 6 mesi. Per altri possono essere tranquillamente necessari 18-36 mesi. In alcuni casi, il primo anniversario del disastro innesca o aggrava i sintomi dello stress post-traumatico.

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Il DSM IV considera il DPTS come una “normale risposta di un soggetto ad un evento abnorme”. E’ importante pertanto aiutare i superstiti a riconoscere la normalità della maggioranza delle reazioni di stress alla calamità. Benchè le reazioni di stress possano apparire “estreme” e possano provocare sofferenza, generalmente non diventano problemi cronici. La maggioranza delle persone si riprende pienamente da una reazione di stress di intensità moderata in un arco di tempo compreso fra i 6 mesi e 16 mesi.

Il Disturbo Post Traumatico da Stress E’ una reazione di stress post-traumatica protratta. Inoltre può esserci una menomazione della personalità o sociale molto maggiore di quella osservabile nelle normali reazioni di stress che i superstiti sperimentano dopo un disastro. E’ caratterizzato dalla compresenza, per almeno un mese, di sintomi intrusivi, di evitamento e/o ottundimento e di aumentata attivazione fisiologica in seguito all’esposizione ad eventi traumatici di particolare gravità. Per TRAUMA il DSM IV intende un’esperienza caratterizzata da entrambi gli elementi seguenti:

1. un evento o eventi che hanno implicato morte, minaccia di morte o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri.

2. la risposta della persona è stata la presenza di paura intensa, sentimenti di impotenza o orrore.

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I sintomi intrusivi più frequenti sono i seguenti:

1. sogni o ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell’evento, che comprendono immagini, pensieri, o percezioni

2. agire o sentire come se l’evento traumatico si stesse ripresentando

3. disagio psicologico intenso o reattività fisiologica intensa all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico.

I sintomi di evitamento e/o di ottundimento più frequenti sono i seguenti:

1. sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma

2. sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma

3. incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma

4. riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significative

5. sentimenti di distacco e di estraneità verso gli altri

6. affettività ridotta 7. sentimenti di diminuzione delle

prospettive future

I sintomi di iperattivazione maggiormente frequenti sono i seguenti:

1. difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno

2. irritabilità o scoppi di collera 3. difficoltà a concentrarsi 4. ipervigilanza 5. esagerate risposte di allarme

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Disturbo Acuto da Stress

Il DPTS è frequentemente ma non necessariamente preceduto dal Disturbo Acuto da stress. Si tratta di un disturbo essenzialmente simile al DPTS, eccetto per il tempo di esistenza che lo caratterizza (deve manifestarsi entro quattro settimane dall’evento e durare da un minimo di due giorni ad un massimo di quattro settimane dall’evento e durare da un minimo di due giorni ad un massimo di quattro settimane) e per il fatto che deve presentare più sintomi dissociativi. In particolare, i sintomi del ASD più altamente correlati con il successivo sviluppo DPTS sembrano essere l’ottundimento emotivo, l’agitazione psicomotoria, la depersonalizzazione e la sensazione di rivivere l’esperienza traumatica.

Fra i più comuni disturbi dissociativi dell’ASD si segnalano i seguenti:

1. sensazione soggettiva di insensibilità, distacco, o assenza di reattività emozionale

2. riduzione della consapevolezza dell’ambiente circostante

3. derealizzazione 4. depersonalizzazione 5. amnesia dissociativa

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E’ importante la identificazione degli individui a rischio di problemi a lungo termine già durante la prima fase dell’intervento successiva all’impatto, al fine di poter migliorare la prognosi attraverso interventi precoci. Le gravi reazioni di stress che compaiono durante o immediatamente dopo sono segnali di avvertimento essenziali.

Le gravi reazioni di stress che compaiono durante o immediatamente dopo la calamità sono segnali di avvertimento essenziali. In particolare: - superstiti/testimoni di fenomeni di distruzione totale o di

morte (es. manipolazioni di cadaveri, pulizie etniche, torture) sono a rischio di demoralizzazione e menomazione psicosociali post-traumatica

- il lutto non risolto - la perdita della famiglia o della propria comunità - i superstiti che già in passato hanno subito traumi - superstiti sottoposti agli effetti di ulteriori stressor

importanti (es. divorzio, perdita del lavoro o perdite finanziarie)

- superstiti di disastri che hanno implicato una contaminazione da sostanze tossiche, a rischio per la tensione cronica a causa della perdita del fondamentale senso di integrità personale e di fiducia e della concomitante paura di un deterioramento fisico incontrollabile e invisibile.

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Gli interventi di aiuto si comprendono meglio se vengono inquadrati considerando quando, dove e con chi hanno luogo. Il “quando” si declina in tre fasi temporali fase di emergenza:il periodo immediatamente successivo alla calamità; prima fase successiva all’impatto:grosso modo tutto il periodo compreso dal giorno dopo l’inizio della calamità, fino all’ottava-dodicesima settimana successiva; fase di ristabilimento: contraddistinta dalla realizzazione di programmi di recupero a lungo termine, che iniziano in genere a partire dall’ottava-dodicesima settimana successiva all’inizio della calamità. Il “dove” può concretizzarsi, in due siti

sul luogo: (punto zero) dove la distruzione e la devastazione hanno appena colpito; lontano dal luogo: dove si radunano i superstiti.

Il “con chi” può variare a seconda dell’età e del ruolo o della funzione degli individui. Può trattarsi di:

superstiti bambini superstiti adulti superstiti anziani soccorritori comunità organizzazioni

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Interventi sul luogo e lontano dal luogo nella fase di emergenza 1) Proteggere: trovare dei modi per proteggere i superstiti da ulteriori danni e da un’ulteriore esposizione agli stimoli traumatici. Se possibile:

Creare un “riparo” o un “porto sicuro” per loro, anche se è solo simbolico:meno stimoli traumatici vedono, sentono, percepiscono attraverso il tatto, l’olfatto e il gusto, meglio staranno. Proteggere i superstiti dai curiosi e dai media

2) Guidare: una guida gentile e ferma è necessaria e apprezzata. I superstiti possono essere storditi, sotto shock o in stato di parziale dissociazione. Quando è possibile, guidare i superstiti:

lontano dal luogo di distruzione lontano dai superstiti feriti gravemente lontano dai pericoli ancora presenti.

3) Connettere: i superstiti che si incontrano sulla scena hanno appena perso la connessione con il mondo che per loro era familiare. Uno scambio verbale o non verbale empatico, che dia sostegno in modo non giudicante, fra voi e i superstiti, può contribuire a dare l’esperienza di connessione ai valori sociali condivisi dell’altruismo e della bontà. Per quanto lo scambio possa essere breve e per quanto il suo effetto possa essere temporaneo, in definitiva tali relazioni sono elementi importanti del processo di recupero o adattamento. Aiutare i superstiti:

a riunirsi con i loro cari, a trovare informazioni precise e risorse adeguate, a raggiungere i luoghi in cui potranno ricevere altro aiuto.

4) Assistere nella fase acuta: la maggioranza dei superstiti sperimenta normali reazioni di stress. Tuttavia qualcuno può avere bisogno di un intervento di crisi immediato che lo aiuti a gestire intense emozioni di panico o dolore. Alcuni segni di panico sono il tremore, l’agitazione, i discorsi incoerenti, il comportamento disorganizzato. Alcuni segni di forte dolore sono i lamenti intensi, la collera o la catatonia. In questi casi, bisogna stabilire rapidamente un rapporto terapeutico, facendo in modo che il superstite sia in condizioni sicure, riconoscendo e convalidando la sua esperienza e dimostrando empatia. uando è possibile, restare con il superstite che si trova in stato di sofferenza acuta, o trovare qualcun altro che resti con lui o con lei finchè tali stato d’animo non diminuiscono. Consultare un medico o un infermiere e chiedere se è il caso di somministrare un farmaco. Garantire la sicurezza personale del superstite e convalidarne l’esperienza

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Principi basilari dell’assistenza di emergenza

E’ utile ricordare e seguire alcuni “principi basilari” dell’assistenza di emergenza, a cui corrispondono altrettanti obiettivi:

provvedere ai bisogni fondamentali per la sopravvivenza garantire che ci sia una zona libera da intromissioni di altre persone proteggendo lo spazio personal basilare fornire un contatto sociale ordinario senza invadenza affrontare i problemi di salute fisica immediati o gli eventuali aggravamenti di malattie già in corso aiutare a rintracciare le persone amate e gli amici e a verificarne l’incolumità ricongiungere i superstiti con le persone amate, gli amici e le altre persone di fiducia aiutare i superstiti a compiere passi concreti per tornare alla normale vita quotidiana aiutare i superstiti a compiere passi concreti per risolvere i problemi immediati pressanti provocati dal disastro (es. perdita di un veicolo, incapacità di procurarsi buoni di assistenza) aiutare i superstiti a ottenere un sonno tranquillo e riposante facilitare il ritorno ai normali ruoli familiari, comunitari, scolastici e lavorativi fornire opportunità per elaborare i lutti subiti aiutare i superstiti a portare la tensione, l’ansia o l’avvilimento entro livelli gestibili sostenere i soccorritori del luogo fornendo loro consulenza e formazione riguardo alle reazioni di stress e alle tecniche di gestione dello stress.

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La prima fase successiva all’evento

Fase temporale durante la quale le persone che sono intervenute per prime sulla scena vengono sostituite da operatori designati in via ufficiale e si passa agli interventi formali. Questa fase inizia in genere entro 24-48 ore dall’evento. Gli interventi di protezione, guida e connessione vengono integrati con interventi psicoeducativi generali, (vedi qui di fianco)

- si forniscono materiali di informazione molto semplici

- debriefing, defusing e gestione dello stress

- sostegno emozionale per ridurre l’impotenza e facilitare la ripresa

- identificazione delle persone a rischio di problemi psicologici a lungo termine.

Alcune indicazioni per lavorare in luoghi in cui sono radunati molti superstiti:

• correzione delle aspettative • osservare il contesto • organizzare e stabilire contatti con i superstiti.

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Il Defusing Il termine defusing è stato utilizzato per descrivere il processo di aiuto attraverso l’uso di una breve conversazione. Un defusing è di solito breve, può avvenire in una fila, durante un pasto ecc. In termini generali i defusing servono a fornire ai superstiti un’opportunità di sostegno, rassicurazione e informazione. Inoltre, forniscono l’occasione per valutare e indirizzare verso servizi sociali o di salute mentale più intensivi gli individui che potrebbero averne bisogno. Più in particolare, il defusing può aiutare i superstiti a passare da una modalità di funzionamento orientata esclusivamente alla sopravvivenza alla considerazione della sequenza di operazioni concrete da compiere affinché la situazione si ristabilisca. Può anche aiutarli a comprendere meglio i vari pensieri e sentimenti associati alla loro esperienza.

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I sei passi del defusing Domande utili 1) Stabilire il contatto: modo di socializzare informale

- Posso darle qualcosa da bere? Evitare frasi compiacenti o banali: come si sente?

2) Compiere l’assessment: valutazione della capacità e disponibilità della persona alla conversazione. Se sembra preso da preoccupazioni pratiche e non è capace di compiere questo passaggio , porgli domande aperte riguardo a ciò che lo assorbe.

- Come possiamo aiutarla mentre aspetta le informazioni? Seguire il flusso dei pensieri dell’individuo.

3) Cercare di far emergere i fatti: importante per capire chi può trovarsi in una situazione di rischio a causa di esposizione a pericolo di vita. Porre domande.

- Dove si trovava al momento del fatto? -Qual è la prima cosa che ha fatto? E poi? -Dove era la sua famiglia? - In che modo questa esperienza condiziona la sua famiglia?

4) Indagare i pensieri : utilizzare la descrizione dei fatti per produrre domande riguardo ai pensieri associati.

- Quando ha sentito arrivare il disastro qual è stata la prima cosa che ha pensato? - C’è qualcosa in particolare a cui pensa continuamente?

5) Indagare gli stati d’animo: essere molto cauti, evitare di far emergere il senso di vulnerabilità, e depatologizzare le reazioni

- Qual è stato l’aspetto più difficile o duro dell’evento? -Come si sente da quando è avvenuto…? - Come si sente adesso?

6) Sostenere, rassicurare, informare: ciò dovrebbe avvenire in tutto il processo di defusing. Il fatto di offrire un ascolto riflessivo, dare informazioni e di offrire un aiuto pratico può aiutare la persona a far fronte all’isolamento psicologico che spesso accompagna una esperienza traumatica. Valutare la necessità di un intervento specialistico.

- Che cosa l’ha aiutata a far fronte a questa esperienza? - C’è qualcuno con cui lei possa parlare? -Nei periodi particolarmente difficili cosa l’aiuta? - In passato in occasione di stress molto forti, che cosa le è servito?

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Il Debriefing

Interventi più sistematici e strutturati per aiutare i superstiti a dare un senso alle loro esperienze e, magari, a prevenire lo sviluppo di problemi sul periodo più lungo. Debriefing è ormai un termine generico con cui si indica un procedimento strutturato finalizzato ad aiutare i superstiti a comprendere e gestire emozioni intense, a identificare strategie di fronteggiamento efficaci e a ricevere sostegno dai pari. Non c’è un numero di interventi di debriefing ottimale per una persona o per un gruppo, ma è vero che ogni debriefing diventa occasione per valutare, con la guida dei leader, a che punto ci si trova nel processo di dare un senso agli eventi e di gestire le emozioni e gli stressor incontrati. Questo tipo di intervento può essere problematico per alcuni individui se “risveglia” sofferenza emotiva e ricordi traumatici senza fornire un aiuto sufficiente per la riduzione dell’ansia e l’acquisizione di un senso di padroneggiamento personale o di chiusura dell’esperienza.

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Gli otto passi del Debriefing 1) Preparazione:Definire il procedimento, le regole e gli obiettivi. Partecipanti 8-10. Lavorare con un co-debriefer. Locale. No reperibilità. 2) Presentazione: Autopresentazione. Spiegazione dello scopo del d.: opportunità di parlare delle impressioni personali sull’esperienza recente e per approfondire la conoscenza delle reazioni e della gestione dello stress. Chiarire che non si tratta di psicoterapia.

- Chiarire gli aspetti legati alla confidenzialità - Spiegare le regole del gruppo - Facilitare la presentazione reciproca dei partecipanti.

3) Fase dei fatti:Chiedere ai partecipanti di descrivere dal loro punto di vista che cosa è accaduto, dove si trovavano, cosa hanno fatto e cosa hanno percepito. Chiedere di completare il racconto, cercando di cogliere ciò che potrebbe non essere mai stato raccontato prima, perché possono essere stati trascurati episodi carichi di intensi sentimenti di paura, impotenza, colpa, che necessitano di una convalida. Domande utili. 4) Fase di reazione. In questa fase, i partecipanti vengono incoraggiati a discutere le emozioni che hanno provato durante e dopo il disastro. Questa è per i conduttori la fase più difficile. Da un lato, l’espressione verbale di sentimenti dolorosi o spaventosi e la catarsi emozionale sono considerate terapeutiche per alcuni superstiti. Dall’altro le persone che partecipano al debriefing non sono state valutate prima psicologicamente, e pertanto è necessario essere molto prudenti per non creare situazioni difficilmente gestibili. Nel corso delle descrizioni delle emozioni, i conduttori possono intervenire per chiedere agli altri partecipanti se hanno provato stati d’animo simili. Come nella fase dei pensieri, l’intento è quello di normalizzare le reazioni comuni. Quando è stato recuperato un buon equilibrio nella vita delle persone si può anche chiedere di eventuali aspetti positivi emersi con l’esperienza.

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6)Fase dei sintomi. In questa fase, le reazioni di stress vengono esaminate in un contesto temporale (cioè che cosa i superstiti hanno sperimentato mentre il disastro stava avvenendo, quali reazioni di stress sono perdurate e cosa stanno sperimentando attualmente). Aiutare i partecipanti a riconoscere le varie forme di reazione di stress, avendo cura di evitare la terminologia patologica. Alcune reazioni comuni di stress osservate nelle vittime primarie sono:

- reazioni emozionali: shock, collera, incredulità, terrore, colpa, dolore, irritabilità, senso di impotenza, perdita di piacere nelle attività, regressione a una fase evolutiva precedente;

- reazioni cognitive: difficoltà di concentrazione, confusione, distorsioni, autobiasimo, pensieri intrusivi, calo di autostima e autoefficacia;

- reazioni biologiche : fatica, insonnia, incubi, iperattivazione, lamentele somatiche, reazione di trasalimento;

- reazioni psicosociali: alienazione, ritiro sociale, aumento di stress nelle relazioni interpersonali, abuso di sostanze, menomazione lavorativa.

7)Fase di insegnamento. I conduttori devono accertarsi su che cosa i partecipanti sanno e cosa non sanno, ma devono sapere sulle reazioni di stress e sulle strategie di fronteggiamento dello stress. L’insegnamento ha lo scopo di aiutare i partecipanti a comprendere meglio le proprie reazioni e quelle degli altri, anticipare il decorso del normale processo di recupero, comprendere meglio le strategie utili di gestione dello stress e capire dove e quando è necessario un sostegno ulteriore. Fra gli argomenti di insegnamento che possono essere affrontati durante il debriefing ci sono:

- la definizione di stress traumatico - le comuni reazioni di stress. Domande utili. - Risposta di attacco-fuga-congelamento: ogni risposta ha

potenzialmente un valore per la sopravvivenza. Senso di impotenza: spiegare che è normale e realistico durante il trauma, ma che se i superstiti non trovano modi costruttivi per riacquistare un significativo senso di controllo positivo nella vita, l’impotenza può diventare disperazione cronica e depressione. Tranquillizzare sul fatto che la maggioranza delle persone vorrebbero essere immuni al trauma e che tuttavia un trauma è uno shock emozionale che lascia un segno anche nelle persone più forti.

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Disillusione: spesso ci si sente vuoti per aver tradito la fede in Dio e in se stessi. Spiegare che il modo migliore per gestire le reazioni emozionali è di affrontarle con un atteggiamento costruttivo.

- Fattori associati con l’adattamento al trauma - Cura di sé e gestione dello stress:

Relazione fra stress e comportamento Consapevolezza delle proprie esperienze emozionali Disturbi correlati allo stress o esacerbati dallo stress Indicazioni per la cura dei figli Quando e dove cercare un aiuto professionale Preparazione ad eventuali ulteriori calamità

8)Fase di rientro. La fase finale del debriefing viene dedicata ad una discussione degli argomenti rimasti in sospeso e delle reazioni al debriefing stesso. I debriefer rimangono a disposizione per chi richiede un incontro individuale con loro.

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Prevenzione dell’abuso di sostanze: l’uso di sostanze può essere un modo per evitare brutti ricordi, rilassarsi quando c’è tensione emozionale, socializzare nonostante i sentimenti di isolamento o insicurezza, ricavare piacere dalle attività nonostante i sentimenti di insensibilità o vuoto emozionale, dormire senza incubi o problemi di insonnia.

Insegnamento delle tecniche di rilassamento: per aumentare la prontezza, l’energia e la chiarezza nel prendere decisioni e come modalità per caricarsi regolarmente.

Contribuire alla creazione di gruppi di autoaiuto per superstiti: che possono sorgere anche spontaneamente, ma ai quali possono essere garantiti la consulenza e nozioni specialistiche.

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Vediamo ora quali sono quelle situazioni in cui bisognerebbe considerare l’invio immediato al servizio specialistico: Disturbi di memoria significativi Incapacità di svolgere le funzioni quotidiane necessarie Incapacità di occuparsi dei suoi bisogni personali Incapacità di cominciare l’opera di ricostruzione o di

richiedere l’assistenza necessaria Incapacità di prendere semplici decisioni Preoccupazione per un solo pensiero Ripetizione di atti ritualistici Abuso di alcol e droghe Eloquio estremamente concitato Azioni o discorsi che esprimono idee di omicidio o di

suicidio Sintomi psicotici Emozioni eccessivamente appiattite, incapacità di

attivarsi e agire e grave ritiro sociale Comparsa frequente e disturbante di flashback, incubi

eccessivi e pianto eccessivo Regressione ad una fase precedente di sviluppo Collera inadeguata e/o violenza su altre persone Episodi di dissociazione Reazioni inadeguate a eventi scatenanti.

Interventi nella fase di ristabilimento E’ da precisare che sono interventi che vanno effettuati da professionisti del mestiere e che si prefigurano come un intervento psicoterapico, a lunga scadenza, per superstiti e per gli operatori di emergenza che continuano nel tempo a presentare menomazioni psicosociali, quali DPTS, ansia, depressione, problemi connessi all’uso di alcol o altre sostanze. P. Russo

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Popolazioni speciali: I Bambini

I bambini, come gli adulti reagiscono a un trauma con sintomi di ripetizione dell’esperienza dell’evento, ottundimento emozionale, evitamento comportamentale e aumento dell’attivazione fisiologica. Avendo capacità di fronteggiamento meno sviluppate, devono essere considerati fra i gruppi ad alto rischio in seguito ad una calamità. I primi interventi di salute mentale rivolti ai bambini sono simili a quelli per gli adulti, e di carattere principalmente pragmatico

Proteggere. Trovare dei modi per proteggere i bambini da ulteriori danni e da una ulteriore esposizione a stimoli traumatici. Se possibile creare un rifugio o un luogo sicuro per loro, anche se solo simbolico. Meno stimoli traumatici percepiscono con la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto o il tatto, tanto meglio staranno. Proteggeteli dai curiosi e dai media. Guidare. I bambini possono essere storditi, sotto shock o parzialmente dissociati. Quando è possibile, mandate i bambini in grado di camminare lontano dal luogo di distruzione, lontano dai superstiti gravemente feriti e lontano dai luoghi ancora pericolosi. E’ necessario un atteggiamento gentile ma deciso. Guidare. I bambini possono essere storditi, sotto shock o parzialmente dissociati. Quando è possibile, mandate i bambini in grado di camminare lontano dal luogo di distruzione, lontano dai superstiti gravemente feriti e lontano dai luoghi ancora pericolosi. E’ necessario un atteggiamento gentile ma deciso. Reazioni di stress: La maggioranza dei bambini sperimenta normali reazioni di stress. Tuttavia, alcuni possono avere bisogno di interventi di crisi immediati che li aiutino a gestire emozioni intense di panico o dolore. Alcuni segni di panico sono il tremore, l’agitazione, i discorsi incoerenti, il mutismo o il comportamento disorganizzato. Alcuni segni di forte dolore sono il pianto sonoro, la collera o la catatonia. In questi casi bisogna stabilire un rapporto empatico, terapeutico in modo rapido. Restare con i bambini che si trovano in uno stato di sofferenza acuta oppure trovare qualcuno che resti con loro finchè non cominciano a stabilizzarsi.

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Alcune domande che possono aiutare ad individuare situazioni a rischio:

- Ci sono bambini particolarmente chiusi in loro stessi? - Ci sono bambini che litigano spesso con altri bambini? - Ci sono bambini che sembrano mettere in scena il

disastro nei loro giochi? - Ci sono bambini che si lamentano di star male? - Ci sono bambini che sembrano particolarmente tristi? - Ci sono bambini che sembrano particolarmente

ansiosi?

La classe scolastica può dare un contributo importante per aiutare i bambini a riprendersi. Un intervento da parte degli operatori di salute mentale può essere quello di insegnare ai docenti a condurre utili esercizi per tutta la classe e per identificare i bambini che potrebbero avere necessità di un intervento specialistico. Alcuni AA. Hanno identificato i seguenti tipi di intervento:

• Discussione degli eventi connessi alla calamità: disegno, racconto storie,debriefing modificato

• Promozione di abilità positive di fronteggiamento e problem solving: individuare soluzioni di problemi e metodi per gestire l’ansia adeguati alla loro età

• Rafforzamento dell’amicizia e del sostegno dei coetanei.

Naturalmente una componente preziosa di ogni programma di intervento rivolto agli studenti è un incontro con i genitori, per spiegarne gli obiettivi e quale momento per fornire spiegazioni e informazioni non solo riguardo alle ragioni dell’intervento, ma anche alle normali reazioni da stress. Questa può essere anche l’occasione di incontro in cui i genitori possono fare domande a proposito dei loro figli e capire se stanno fronteggiando l’evento in qualità di genitori.

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Gli anziani

Anche gli adulti più anziani (cioè le persone con più di 65 anni) reagiscono al trauma con sintomi di ripetizione dell’esperienza dell’evento, ottundimento, evitamento comportamentale e aumento dell’attivazione fisiologica. Tuttavia, le reazioni di stress possono essere indicate anche da un deterioramento del funzionamento o da un peggioramento di un processo patologico già in atto. Di conseguenza, gli adulti più anziani dovrebbero essere considerati fra i gruppi ad alto rischio in seguito a una calamità.

Fattori associati allo stress negli anziani:

Menomazioni sensoriali Sindrome della risposta ritardata Differenze generazionali Malattie croniche e uso di farmaci Analfabetismo Barriere linguistiche e culturali Menomazioni o limitazioni nella possibilità di movimento Lo stigma della salute mentale La paura della perdita dell’indipendenza Le truffe Il trauma del trasferimento (nuova sistemazione improvvisa e inattesa) Disturbi di memoria Effetti delle perdite multiple Vulnerabilità all’iper- e all’ipotermia.

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Le persone anziane possono avere reazioni particolari al trauma che dipendono in modo specifico dallo stadio del ciclo di vita in cui si trovano. Di fronte alla possibilità di perdere le persone amate e le loro stesse facoltà, gli individui anziani possono sperimentare sentimenti come una maggiore insicurezza già durante la normale vita quotidiana. Possono reagire con un aumento del senso di impotenza dal momento che non sanno se vivranno abbastanza a lungo da avere modo di ricostruire la loro vita. L’impatto può anche risvegliare ricordi di altri traumi contribuendo così alla crescente sensazione di sopraffazione. Molti dei legami col passato, come la casa in cui si è vissuti per molti anni, fotografie, e alcuni ricordi custoditi gelosamente, che rappresentano parti importanti dell’identità personale, possono essere andati persi. La salute cagionevole e l’isolamento sociale non possono che aggravare la situazione. Nel processo di recupero, per le persone anziane è importante riaffermare gli attaccamenti e le relazioni. Se un anziano non ha altre persone significative per lui ancora in vita, è importante che i contatti avvengano tramite modalità di socializzazione che favoriscono l’espressione di sé, come i gruppi di sostegno. E’ importante che gli anziani sentano di appartenere ancora alla comunità. Gli adulti più anziani hanno bisogno di provare un senso di controllo e di predicibilità. La ripresa delle routine e il possesso di un luogo fisso in cui vivere possono contribuire ad aumentare il senso di sicurezza, stabilità e controllo. Le persone anziane hanno anche bisogno di recuperare un senso di fiducia e di autostima. L’autostima può essere migliorata parlando dei successi conseguiti nel passato. La fiducia può essere alimentata aiutando a stabilire obiettivi gestibili. Il bisogno di connessione potrà essere realizzato attraverso semplici azioni, quali per esempio l’ascolto dei loro ricordi, che può essere un punto di partenza che li aiuta a riconnettersi al presente.

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I soccorritori I rischi professionali connessi all’opera di soccorso, e le situazioni e gli stressor personali degli operatori, spiegano la maggioranza delle reazioni di stress. Alcuni rischi professionali riguardano:

• L’esposizione a pericoli fisici imprevedibili • L’incontro con la morte violenta o con resti umani • L’incontro con la sofferenza di altre persone • La percezione negativa dell’assistenza offerta alle vittime • I turni lunghi, il lavoro disorganizzato e la fatica estrema • Le differenze culturali fra gli operatori e la comunità colpita • Le lotte di potere nelle e tra le organizzazioni • L’inefficacia dei mezzi tecnici e la percezione di scarso controllo • La mancanza di sistemazioni adeguate • L’incontro con la morte di massa • L’incontro con la morte di bambini • L’ambiguità del proprio ruolo • La necessità di compiere scelte difficili • Le difficoltà di comunicazione • La scarsità di fondi e risorse • L’eventuale ostilità manifestata dalla comunità colpita • Le condizioni atmosferiche • L’eccessiva identificazione con le vittime • Il senso di fallimento della missione

Fra le situazioni e gli stressor personali figurano:

Le lesioni personali I decessi o le ferite subite dalle persone amate, dagli amici e dai colleghi La perdita di beni materiali Lo stress preesistente Uno scarso livello di preparazione personale o professionale Le reazioni di stress di altre persone che rivestono importanza personale La prossimità rispetto alla scena dell’impatto Le aspettative su di sé L’esperienza avuta in passato con altre calamità La percezione/interpretazione negativa dell’evento Uno scarso livello di sostegno sociale L’esistenza di traumi precedenti.

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Le reazioni di stress negli operatori che intervengono nelle calamità sono normali e vanno messe in conto. Anche gli operatori esperti non si desensibilizzano mai tanto da restare indifferenti a situazioni come le morti violente, soprattutto quando tra le vittime ci sono dei bambini. Le reazioni di stress possono dare luogo a riduzione della reattività psichica e a menomazioni transitorie della memoria, della capacità di risolvere i problemi e della comunicazione. Le reazioni di stress a lungo termine possono comprendere depressione, ansia cronica o sintomi derivanti da traumi vicari (ripetizione dell’esperienza dell’evento, riduzione della reattività psichica/esitamento comportamentale o attivazione fisiologica) e possono provocare o aggravare problemi coniugali, lavorativi o legati al consumo di sostanze. Gli interventi a carico dei servizi di salute mentale, rivolti agli operatori possono essere di consulenza, defusing, debriefing o interventi sulla crisi, e si pongono molteplici obiettivi:

• Fornire consulenze ai responsabili dei team e agli operatori riguardo alle reazioni di stress e alle strategie per gestirle

• Facilitare la coesione di gruppo e di sostegno fra pari • Fornire opportunità di apertura emotiva e ristrutturazione

cognitiva • Identificare e rinforzare gli stili di fronteggiamento positivi • Alleviare le reazioni di stress a lungo termine • Migliorare la preparazione per le operazioni future

Le reazioni degli operatori di soccorso dipendono da diverse variabili. Le circostanze della calamità, la preparazione, gli stress preesistenti nel team, nell’organizzazione o sul piano personale sono tutti fattori chiave. La modalità di reazione varia da persona a persona: c’è chi preferisce la solitudine, chi preferisce parlare con un professionista sconosciuto, chi invece preferisce confidarsi solo con persone del proprio team, di cui ha fiducia.

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Il defusing può essere utile agli esperti della salute mentale anche con i soccorritori. Il defusing fornisce agli operatori di soccorso la possibilità di comprendere meglio le loro reazioni e permette agli operatori di salute mentale di rilevare eventuali indicazioni del rischio di reazioni di stress a lungo termine. A differenza del debriefing che dura 2-4 ore, i defusing possono essere brevi e forniti continuamente nel corso di tutta l’operazione. Le domande utili sono le seguenti:

- Da dove viene? - In quali compiti di soccorso è impegnato? - Qual è l’aspetto di questa situazione che la preoccupa

di più? - Come affronta quello che sta succedendo? - Quali sono le somiglianze e le differenze fra questa

operazione e le altre in cui lei è già stato coinvolto? I principali argomenti possono essere quelli legati ai rischi visti in precedenza. Gli operatori intervenuti sul luogo della calamità si impegnano molto per lavorare a lungo e senza soste, e possono facilmente trascurare il proprio rilassamento. Gli operatori della salute mentale provvedono anche all’insegnamento di tecniche di rilassamento, anche se sicuramente le condizioni per l’apprendimento non sono le migliori. E’ necessario però che i soccorritori mettano in atto le loro strategie di fronteggiamento dello stress.

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Il Debriefing

Interventi più sistematici e strutturati di aiuto per prevenire lo sviluppo di problemi. Debriefing è ormai un termine generico con cui si indica un procedimento strutturato finalizzato ad aiutare i soccorritori a comprendere e gestire emozioni intense, a identificare strategie di fronteggiamento efficaci e a ricevere sostegno adeguato. Non c’è un numero di interventi di debriefing ottimale per una persona o per un gruppo, ma è vero che ogni debriefing diventa occasione per valutare, con la guida dei leader, a che punto ci si trova nel processo di dare un senso agli eventi e di gestire le emozioni e gli stressor incontrati. Questo tipo di intervento può essere problematico per alcuni individui se “risveglia” sofferenza emotiva e ricordi traumatici senza fornire un aiuto sufficiente per la riduzione dell’ansia e l’acquisizione di un senso di padroneggiamento personale o di chiusura dell’esperienza.

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Gli otto passi del Debriefing 1) Preparazione:Definire il procedimento, le regole e gli obiettivi. Partecipanti 8-10. Lavorare con un co-debriefer. Locale. No reperibilità. 2) Presentazione: Autopresentazione. Spiegazione dello scopo del d.: opportunità di parlare delle impressioni personali sull’esperienza recente e per approfondire la conoscenza delle reazioni e della gestione dello stress. Chiarire che non si tratta di psicoterapia.

- Chiarire gli aspetti legati alla confidenzialità - Spiegare le regole del gruppo - Facilitare la presentazione reciproca dei partecipanti.

3) Fase dei fatti:Chiedere ai partecipanti di descrivere dal loro punto di vista che cosa è accaduto, dove si trovavano, cosa hanno fatto e cosa hanno percepito. Chiedere di completare il racconto, cercando di cogliere ciò che potrebbe non essere mai stato raccontato prima, perché possono essere stati trascurati episodi carichi di intensi sentimenti di paura, impotenza, colpa, che necessitano di una convalida. Domande utili. 4) Fase dei pensieri:in questa fase si chiede ai partecipanti di descrivere le reazioni cognitive e i pensieri riguardo alla loro esperienza. Spesso ci sono molti eventi che sono rimasti impressi. Scegliere come bersaglio i pensieri più rilevanti o quelli che dopo l’evento sono stati ignorati. Nel corso delle descrizioni, i debriefer possono intervenire per chiedere se altri partecipanti abbiano avuto pensieri simili. L’intento è di normalizzare le reazioni cognitive comuni. 5) Fase di reazione. In questa fase, i partecipanti vengono incoraggiati a discutere le emozioni che hanno provato durante e dopo il disastro. Questa è per i conduttori la fase più difficile. Da un lato, l’espressione verbale di sentimenti dolorosi o spaventosi e la catarsi emozionale sono considerate terapeutiche per alcuni. Dall’altro le persone che partecipano al debriefing non sono state valutate prima psicologicamente, e pertanto è necessario essere molto prudenti per non creare situazioni difficilmente gestibili. Nel corso delle descrizioni delle emozioni, i conduttori possono intervenire per chiedere agli altri partecipanti se hanno provato stati d’animo simili. Come nella fase dei pensieri, l’intento è quello di normalizzare le reazioni comuni. Quando è stato recuperato un buon equilibrio nella vita delle persone si può anche chiedere di eventuali aspetti positivi emersi con l’esperienza. 6)Fase dei sintomi. In questa fase, le reazioni di stress vengono esaminate in un contesto temporale (cioè che cosa i hanno sperimentato, quali reazioni di stress sono perdurate e cosa stanno

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sperimentando attualmente). Aiutare i partecipanti a riconoscere le varie forme di reazione di stress, avendo cura di evitare la terminologia patologica. 7)Fase di insegnamento. I conduttori devono accertarsi su che cosa i partecipanti sanno e cosa non sanno, ma devono sapere sulle reazioni di stress e sulle strategie di fronteggiamento dello stress. L’insegnamento ha lo scopo di aiutare i partecipanti a comprendere meglio le proprie reazioni e quelle degli altri, anticipare il decorso del normale processo di recupero, comprendere meglio le strategie utili di gestione dello stress e capire dove e quando è necessario un sostegno ulteriore. Fra gli argomenti di insegnamento che possono essere affrontati durante il debriefing ci sono:

- la definizione di stress traumatico - le comuni reazioni di stress. Domande utili. - Risposta di attacco-fuga-congelamento: ogni risposta ha

potenzialmente un valore per la sopravvivenza. Senso di impotenza: spiegare che è normale e realistico durante il trauma, ma che se non si trovano modi costruttivi per riacquistare un significativo senso di controllo positivo, l’impotenza può diventare disperazione cronica e depressione. Tranquillizzare sul fatto che la maggioranza delle persone vorrebbero essere immuni al trauma e che tuttavia un trauma è uno shock emozionale che lascia un segno anche nelle persone più forti.

8)Fase di rientro. La fase finale del debriefing viene dedicata ad una discussione degli argomenti rimasti in sospeso e delle reazioni al debriefing stesso. I debriefer rimangono a disposizione per chi richiede un incontro individuale con loro.

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Per gli interventi in situazioni di calamità è richiesta una inclinazione personale all’avventura, socievolezza e calma, saper fornire un aiuto terapeutico. Inclinazione all’avventura:il lavoro in situazioni di calamità è una continua sfida creativa. Per questo è importante essere inclini alla curiosità e all’apprendimento attraverso l’esperienza nonché la disposizione a sviluppare soluzioni creative a problemi complessi. Chi è abituato a basarsi sulla routine lasciando poco spazio alle incertezze si sentirà facilmente sopraffatto e alla deriva. D’altra parte, l’intervento nei luoghi di calamità richiede di stabilire regolarità e certezze in mezzo ad un grande disordine, quindi un aspetto importante dell’avventura consiste proprio nel creare un’organizzazione lì dove c’è il caos. In questo tipo di lavoro, l’operatore che viaggia su una serie di scariche di adrenalina, andando alla ricerca di attività rischiose o pericoli estremi, potrà avere carisma per un breve periodo ma non sarà in grado di facilitare quel processo di graduale regolarizzazione necessario per dare stabilità ai superstiti della calamità. Socievolezza: Lavorare per tante ore al giorno con persone che possono essere in stato di stress estremo conservando un atteggiamento positivo, di ascolto, di sensibilità e di attenzione richiede non soltanto un impegno professionale verso gli altri ma anche la capacità di apprezzare e scoprire i lati migliori delle altre persone. Calma: l’intervento in situazioni di calamità è un tipo di intervento che mette a dura prova allo stesso modo la serenità di personale esperto e inesperto. Le condizioni di vita, i turni lunghi, l’ambiente rumoroso, disperazione, incertezze, ecc. sono circostanze stressanti che richiedono grande equilibrio. Aiuto terapeutico: un atteggiamento terapeutico, che sia fornito da un professionista della salute mentale o da chiunque altri, deve basarsi sull’empatia, l’autenticità e il rispetto. Queste condizioni “facilitanti” si sono dimostrate essenziali nel creare una relazione positiva fra il superstite e l’operatore che offre il suo aiuto. Empatia: è la capacità di aiutare il superstite a sentirsi capito. L’empatia si può esprimere in molti modi, per esempio:

- esprimendo il desiderio di capire il superstite - parlando di ciò che è importante per il superstite - facendo riferimento ai sentimenti del superstite - interpretando correttamente i suoi sentimenti impliciti.

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Dott.ssa Patrizia Russo Psicologa

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Autenticità: è la capacità di ridurre la distanza emozionale o l’estraneità fra sé e il superstite. I comportamenti autentici sono:

- amichevoli e aperti - spontanei, anzicchè rigidi o eccessivamente formali - azioni congruenti con le intenzioni. -

Considerazione positiva verso il superstite: è la capacità di comunicare rispetto. Ciò può avvenire in vari modi, per esempio:

- arrivando puntualmente agli incontri - facendo affermazioni che esprimono rispetto per il superstite - con un comportamento non verbale di attenzione e interesse - riassumendo accuratamente i messaggi del superstite (creando

contatto oculare e tono di voce appropriati). Capacità di ascolto: la capacità di ascoltare richiede l’uso di una ricca gamma di abilità. Alcuni comportamenti di ascolto importanti sono i seguenti:

- rivolgere domande di chiarimento - parafrasare in modo esatto le affermazioni del superstite - riflettere verbalmente i sentimenti del superstite in modo accurato - rivolgere domande aperte - aiutare il superstite a chiarire i messaggi confusi o incongruenti.