LE RUOTE DENTATE - OROLOGIKO · 2010. 3. 15. · ITIS “G. Marconi” – Bari Corso di Meccanica...

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ITIS “G. Marconi” – Bari Corso di Meccanica Applic. e Macchine a Fluido Ruote dentate - Teoria 5 a serale prof. Ing. Nazzareno Corigliano PAG. 1 LE RUOTE DENTATE GENERALITÀ Abbiamo visto che con le ruote di frizione si hanno dei limiti nella trasmissione di potenze elevate a causa delle proibitive sollecitazioni radiali cui devono essere sottoposte per garantire l’aderenza. A partire da due ruote di frizione ideali, rappresentate dalle circonferenze tratteggiate nella fig. 1, immaginiamo di ricavare sulle loro superfici esterne una serie di denti, alternati a spazi vuoti, che durante il moto si compenetrino facilmente; è evidente come, in tal caso, la trasmissione della potenza non è più affidata all’attrito ma alla spinta che ciascun dente della ruota motrice esercita su quelli della ruota condotta. In tal modo, purché si costruiscano denti sufficientemente robusti, sarà possibile trasmettere potenze anche grandi. Si definisce INGRANAGGIO un meccanismo composto da due ruote dentate una delle quali (motrice) trasmette il moto all’altra (condotta). A seconda dell’andamento dell’asse dei denti, la dentatura può essere diritta (fig. 2a), elicoidale (fig. 2b) o bielicoidale (fig. 2c). Con gli ingranaggi si può trasmettere il moto, oltre che tra due alberi con assi paralleli (con ruote cilindriche a denti diritti e a denti elicoidali), anche tra alberi ad assi concorrenti (fig. 3: utilizzando ruote coniche sia a denti diritti che elicoidali), tra alberi ad assi sghembi (fig. 4a: con Fig. 1 – Principio di funzionamento delle ruote dentate Fig. 2 – Tipi di dentatura Fig. 3 – Ruote coniche

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    PAG. 1

    LE RUOTE DENTATE GENERALITÀ

    Abbiamo visto che con le ruote di frizione si hanno dei limiti nella trasmissione di potenze

    elevate a causa delle proibitive sollecitazioni radiali cui devono essere sottoposte per garantire

    l’aderenza. A partire da due ruote di

    frizione ideali, rappresentate dalle

    circonferenze tratteggiate nella fig. 1,

    immaginiamo di ricavare sulle loro

    superfici esterne una serie di denti,

    alternati a spazi vuoti, che durante il moto

    si compenetrino facilmente; è evidente

    come, in tal caso, la trasmissione della

    potenza non è più affidata all’attrito ma

    alla spinta che ciascun dente della ruota

    motrice esercita su quelli della ruota condotta. In tal modo, purché si costruiscano denti

    sufficientemente robusti, sarà possibile trasmettere

    potenze anche grandi.

    Si definisce INGRANAGGIO un meccanismo

    composto da due ruote dentate una delle quali (motrice)

    trasmette il moto all’altra (condotta).

    A seconda dell’andamento dell’asse dei denti, la

    dentatura può essere diritta (fig. 2a), elicoidale (fig. 2b)

    o bielicoidale

    (fig. 2c).

    Con gli ingranaggi si può trasmettere il moto, oltre che tra

    due alberi con assi paralleli (con ruote cilindriche a denti

    diritti e a denti elicoidali), anche tra alberi ad assi

    concorrenti (fig. 3: utilizzando ruote coniche sia a denti

    diritti che elicoidali), tra alberi ad assi sghembi (fig. 4a: con

    Fig. 1 – Principio di funzionamento delle ruote dentate

    Fig. 2 – Tipi di dentatura

    Fig. 3 – Ruote coniche

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    ruote a denti elicoidali; fig. 4b: con coppie di ingranaggi conici; fig. 4c: con meccanismo vite senza

    fine ruota elicoidale). Inoltre è possibile operare la trasformazione del moto da rotatorio a traslatorio

    con il meccanismo pignone/cremagliera (fig. 5).

    Dato un ingranaggio si definisce pignone la ruota

    dentata di diametro minore e ruota quella di

    diametro maggiore.

    Si definisce interasse (a) la distanza tra gli assi delle

    due ruote.

    Dette 1ω la velocità angolare del pignone ed 2ω la

    velocità angolare della ruota, si definisce rapporto di ingranaggio (u) il rapporto 2

    1

    ωω=u . Il

    rapporto d’ingranaggio coincide con il rapporto di trasmissione quando il pignone è sull’albero

    motore cioè quando abbiamo un riduttore.

    Fig. 4 –Trasmissione tra assi sghembi: a) con ruote a denti elicoidali; b) con coppie di ingranaggi conici;

    c) con meccanismo vite senza fine/ruota elicoidale

    Fig. 5 – Accoppiamento pignone/cremagliera

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    CARATTERISTICHE DELLA DENTATURA

    Con riferimento alla fig. 6, in una ruota dentata, si definisce:

    • diametro primitivo (d), il diametro della ruota di frizione fittizia capace di trasmettere il

    moto con lo stesso rapporto di trasmissione della ruota dentata;

    • testa del dente, la parte di esso

    compresa tra la circonferenza

    primitiva e la circonferenza esterna

    (detta anche di troncatura o di

    testa);

    • piede del dente, la parte di esso

    compresa tra la circonferenza

    interna (detta anche di fondo o di

    base) e la circonferenza primitiva;

    • passo della dentatura (p), la

    distanza fra gli assi di due denti

    consecutivi, misurata in

    corrispondenza della circonferenza primitiva; se indichiamo con “z ” il numero di denti

    della ruota, il passo della dentatura sarà dato da z

    dp

    ⋅= π

    Perché l’ingranamento sia regolare il passo del pignone deve essere uguale al passo della ruota

    2

    2

    1

    121 z

    d

    z

    dpp

    ⋅=⋅⇒= ππ

    ciò implica che 2

    1

    2

    1

    z

    z

    d

    d = e quindi, per il rapporto di ingranaggio valgono tutti i seguenti rapporti:

    1

    2

    1

    2

    2

    1

    2

    1

    z

    z

    d

    d

    n

    nu ====

    ωω

    Tale relazione vale per qualunque tipo di ingranaggio.

    Con riferimento alla seguente fig. 7, detta Ce la circonferenza esterna (di diametro de), Ci la

    circonferenza interna (di diametro di), Cp la circonferenza primitiva (di diametro d), avremo ancora:

    • altezza del dente (h), 2

    ie ddh−= ;

    • addendum (ha), la distanza tra circonferenza primitiva e circonferenza di troncatura esterna;

    Fig. 6 – Caratteristiche della dentatura

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    • dedendum (hd), la distanza tra circonferenza primitiva e circonferenza di troncatura interna;

    • il gioco di testa, ad hhg −= ;

    • lo spessore s ed il vano v, rispettivamente le lunghezze, sulla primitiva, della parte piena del

    dente e della parte vuota tra un dente e l’altro (la loro somma è uguale al passo vsp += ;

    • la larghezza del dente (b), in senso parallelo all’asse;

    • il fianco del dente, corrispondente alla superficie ombreggiata in fig. 7.

    IL MODULO

    Il passo, precedentemente definito, è un elemento caratteristico della dentatura che un tempo

    veniva utilizzato come riferimento per il dimensionamento di tutte le altre parti. Tuttavia il passo

    presenta l’inconveniente di essere un numero con la virgola in quanto affetto dalla irrazionalità del

    π. Allora è stato introdotto il modulo (m) definito come il rapporto tra il diametro primitivo e il

    numero dei denti:

    z

    dm =

    Il calcolo delle ruote dentate si basa sul calcolo del modulo individuato il quale si passa al

    proporzionamento modulare secondo il seguente schema:

    Fig. 7 – Altre caratteristiche della dentatura

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    CARASTTERISTICA FORMULA

    passo mp ⋅= π

    diametro primitivo zmd ⋅=

    diametro esterno )2(2 ±⋅=⋅±= zmmdde

    diametro interno mdhdd eei ⋅±=⋅±= 25,22

    addendum mha =

    dedendum mhd ⋅= 25,1

    altezza del dente mhhh da ⋅=+= 25,2

    spessore e vano 2m

    vs ⋅== π

    larghezza mb ⋅= λ

    gioco 4m

    g =

    interasse 2

    21 zzma±⋅=

    m

    b=λ viene assunto normalmente pari a 10 nelle ruote a denti diritti, mentre può assumere valori

    molto maggiori in caso di denti elicoidali o bielicoidali.

    I segni negativi nelle formule dove compare ± vanno utilizzati nel caso di ingranaggi interni.

    LINEA DI INGRANAMENTO

    Nella fig. 8 viene rappresentato, in tre fasi successive, il periodo in cui due denti D1 e D2

    delle due ruote di un ingranaggio si fanno contatto durante l’ingranamento. Nella fig. 8 a) si vedono

    i due denti nel momento in cui iniziano il contatto nel punto M, che non appartiene a nessuna delle

    due primitive, mentre il punto R, prolungamento del raggio O1M fino alla circonferenza primitiva

    cp1, è proprio il punto sulla primitiva in cui inizia il contatto. Quando la primitiva cp1 avrà ruotato da

    R a C, il punto di contatto si troverà a coincidere con il punto di tangenza tra le due primitive (fig. 8

    b)). Si nota che, nel frattempo, (fig. 8 a)) il punto M immaginato appartenente alla prima ruota si

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    troverà in M´ mentre se lo immaginiamo appartenente alla seconda ruota si troverà in M´´. Ciò vuol

    dire che il punto di contatto sul profilo del dente D1 avrà percorso lo spazio da M´ a C mentre sul

    profilo del dente D2 avrà percorso, nello stesso tempo, lo spazio maggiore da M´´ a C; ossia c’è

    stato strisciamento tra le superfici dei due denti con conseguenti problemi di usura. I due denti si

    faranno l’ultimo contatto nel punto N (fig. 8 c)) mentre sulla circonferenza primitiva cp2, della

    seconda ruota, il corrispondente punto sarà S. Pertanto, durante tutto il periodo dell’ingranameto, i

    punti di contatto si saranno spostati da M ad N sulla linea MCN (fig. 8 c)) detta linea di

    ingranamento, mentre le circonferenze primitive avranno percorso complessivamente (fig. 8 b))

    l’arco RCS detto arco d’azione e, in particolare, l’arco da R a C è detto arco di accesso mentre

    l’arco da C a S è detto arco di recesso.

    Vale la pena sottolineare che, in una coppia di ruote dentate, l’arco d’azione deve essere maggiore

    del passo altrimenti il contatto tra due denti cesserebbe prima dell’inizio del nuovo contatto tra i due

    denti successivi.

    COSTANZA DEL RAPPORTO DI TRASMISSIONE, PROFILO AD EVOLVENTE E FORZE SCAMBIATE TRA I DENTI

    Abbiamo visto come, rispetto alle ruote di frizione, le ruote dentate presentano

    l’inconveniente di un leggero strisciamento tra i fianchi dei denti a contatto.

    Un altro problema si potrebbe presentare pel il rapporto di trasmissione, infatti, mentre nelle

    ruote di frizione il punto di contatto (C) non cambia mai, e quindi il rapporto di trasmissione si

    Fig. 8 – Linea d’ingranamento ed arco d’azione

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    PAG. 7

    mantiene costante durante il moto, nelle ruote dentate il punto di contatto si muove, come abbiamo

    visto, lungo la linea d’ingranamento e quindi, variando continuamente la distanza tra esso ed i centri

    delle due ruote, potrebbe scaturirne la variabilità, durante il moto, del rapporto di trasmissione.

    Per evitare questo inconveniente e far si che anche per le ruote dentate il rapporto di

    trasmissione si mantenga costante è necessario operare una scelta opportuna dei profili dei fianchi

    dei denti ingrananti.

    Si può dimostrare, infatti, che se i profili sono curve capaci di realizzare la condizione che in

    ogni istante dell’ingranamento la normale ad essi nel punto di contatto passi per il punto C di

    tangenza tra le due primitive, allora certamente il rapporto di trasmissione sarà costante.

    Tale condizione di perpendicolarità viene certamente soddisfatta dai profili coniugati che si

    possono ottenere assegnando un profilo arbitrario al dente di una ruota ed ottenendo,

    costruttivamente, quello sul dente dell’altra come inviluppo generato dal primo nel suo moto

    relativo intorno alla seconda ruota.

    In pratica, il metodo dell’inviluppo è il principio di funzionamento su cui si basano le

    moderne dentatrici con cui vengono costruite le ruote dentate, mentre, per semplicità costruttiva e

    per favorire l’intercambiabilità, si è deciso di evitare l’arbitrarietà della scelta utilizzando, per tutte

    le ruote dentate, come

    profilo una curva particolare

    che è l’evolvente di

    cerchio. L’evolvente viene

    generata dalle successive

    posizioni assunte dal punto

    “A” di una retta “a” che

    viene fatta rotolare

    esternamente ad una

    circonferenza (fig. 9b) ed è

    certamente capace di

    soddisfare la condizione di

    perpendicolarità e di

    garantire quindi la costanza

    del rapporto di trasmissione.

    Nella fig. 9a viene

    Fig. 9 – Profilo ad evolvente

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    PAG. 8

    rappresentata la retta “a” generatrice dei profili ad evolvente nel suo moto di rotolamento sulle

    circonferenze di raggio rd1 ed rd2 denominate circonferenze deferenti, si fa notare che tale retta

    risulta inclinata dell’angolo “θ” rispetto alla tangente comune per C alle due circonferenze primitive

    di raggi rp1 ed rp2 pertanto risulterà θcos11 ⋅= pd rr e θcos22 ⋅= pd rr . Dalla figura si vede, inoltre,

    che tale retta contiene il segmento MCN, definito precedentemente linea di ingranamento, luogo di

    tutti i punti di contatto, e quindi sempre perpendicolare ai profili, per cui rappresenta anche la retta a

    cui appartiene la forza che si scambiano i denti e, per questo, viene detta retta d’azione, mentre

    l’angolo “θ” finisce per essere considerato una

    caratteristica della dentatura detto angolo di pressione,

    normalmente pari a 20°. Nella fig. 10 vengono

    rappresentate le due ruote dentate limitatamente alle

    loro circonferenze primitive e si nota come, la forza F

    che si scambiano i denti da luogo a due componenti,

    una tangenziale, FT, ed una radiale, FR. La forza

    tangenziale è quella responsabile del moto rotatorio e,

    oltre ad essere la componente della forza totale, è anche

    il rapporto tra la coppia motrice ed il raggio della ruota

    motrice o tra la coppia resistente ed il raggio della ruota

    condotta:

    21

    cosR

    C

    R

    CFF RmT ==⋅= θ

    La componente radiale, non è responsabile del moto e costituisce una sollecitazione sull’albero su

    cui sono calettate le ruote, è data da:

    θθ tansin ⋅=⋅= TR FFF

    Nella fig. 11 riportiamo le forze radiale e

    tangenziale che insistono sul dente e le

    sollecitazioni che esse provocano sia

    sull’albero che sui supporti.

    Fig. 10 – Forze scambiate tra i denti in presa

    Fig. 11 – Sollecitazioni indotte su albero e supporti

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    PAG. 9

    INTERFERENZA E MINIMO NUMERO DI DENTI

    Nella costruzione delle ruote dentate, non si può scendere sotto un certo numero di denti

    senza comprometterne il corretto funzionamento.

    In primo luogo si evidenzia che per poter avere tutto il profilo del dente ad evolvente occorre

    che la circonferenza deferente sia all’interno della circonferenza di fondo o, al massimo, coincidente

    con essa.

    Realizzando quest’ultima ipotesi dovremmo avere fd RR = dove, ovviamente dR è il

    raggio della deferente e fR quello della circonferenza di fondo, se Rè il raggio della primitiva, m il

    modulo e θ l’angolo di pressione, poiché θcos⋅= RRd e mRRf ⋅−= 25,1 , avremo

    mRR ⋅−=⋅ 25,1cosθ e, sostituendo ad 2Zm

    R⋅= , semplificando e risolvendo rispetto a Z si

    ottiene θcos1

    5,2−

    =Z che, per °= 20θ fornisce il valore 42=Z denti, troppo alto per non avere

    ruote eccessivamente grandi.

    Per questo motivo, considerando che

    la parte di dente in prossimità della base non

    partecipa all’ingranamento, si sposta la

    circonferenza deferente all’esterno di quella di

    fondo e i tratti terminali, vicino alla base, dei

    profili dei denti anziché ad evolvente si

    preferisce farli rettilinei radiali, come

    mostrato nella fig. 12.

    Con questa soluzione, però, bisogna

    comunque limitare il minimo numero di denti per non correre il rischio di far lavorare la testa dei

    denti della ruota maggiore sul tratto rettilineo dei denti della ruota minore, avendo interferenza.

    Perché ciò non accada è indispensabile non scendere sotto un valore minimo per il numero di denti

    del pignone che si dimostra essere funzione del rapporto d’ingranaggio e dell’angolo di pressione

    secondo la seguente relazione:

    uuuZ

    −++=

    θ22min

    sin)21(

    2

    In molti casi minZ si può ricavare da apposite tabelle.

    Fig. 12 – Dente con tratti finali rettilinei radiali

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    PAG. 10

    RUOTE A DENTI ELICOIDALI

    Le ruote a denti diritti, a causa della brusca variazione dei carichi quando si passa da una

    coppia di denti in presa alla successiva, sono fonti di vibrazioni, urti e rumorosità sempre più

    evidenti all’aumentare della velocità. Si può risolvere l’inconveniente facendo in modo che

    l’ingranamento avvenga con maggiore

    gradualità. Ciò si potrebbe avere, ad

    esempio, con ruote a gradini, ottenute a

    partire da una ruota a denti diritti tagliata

    in più parti e riassemblata con un

    opportuno sfasamento tra esse (fig. 13).

    Una simile procedura costruttiva è però

    onerosa, mentre risulta più semplice

    costruire ruote dentate con un numero

    infinito di gradini, come potrebbero

    essere appunto pensate le ruote a denti

    elicoidali (fig. 14) che, oltretutto,

    consentono di ottenere la massima gradualità dell’ingranamento con un sensibile aumento dell’arco

    d’azione ed il conseguente vantaggio della massima silenziosità oltre ad una efficace riduzione del

    numero minimo di denti. Come

    si vede nella fig. 14, il dente

    assume la direzione di un’elica di

    inclinazione α (normalmente

    variabile da 10° a 45°) rispetto

    alla direzione dell’asse della

    ruota. A causa di ciò, delle due

    componenti della forza che si

    scambiano i denti, quella

    tangenziale, che in fig. 14

    abbiamo indicato con “F”, risulta

    perpendicolare all’asse dei denti

    e quindi ulteriormente scomponibile nella componente utile, responsabile della coppia motrice,

    Fig. 13 – Ruota a gradini

    Fig. 14 – Ruota a dentatura elicoidale

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    PAG. 11

    αcos⋅= FFu , e in una componente assiale, che

    finisce per sollecitare sia gli alberi che i

    cuscinetti assialmente, αsin⋅= FFa . Nei casi

    in cui tale componente assiale è grande la si

    equilibra annullandola con l’uso delle ruote

    bielicoidali (fig. 15).

    Passiamo ad esprimere le relazioni che

    esistono tra il passo dell’elica “pe” la sua

    inclinazione “α” e le dimensioni della ruota

    anche facendo riferimento alla fig. 16:

    ααπ

    tantanZpD

    p pe⋅=

    ⋅=

    dove “Dp” è il diametro della circonferenza primitiva e “p” è il passo frontale ossia la distanza tra

    due denti consecutivi misurata

    sulla circonferenza primitiva

    Z

    Dp p

    ⋅=

    π, con “Z” numero

    dei denti.

    Ovviamente, possiamo definire

    (fig. 16) il passo normale,

    come distanza tra due denti

    consecutivi misurata nella

    direzione normale ai denti,

    αcos⋅= ppn e il passo

    assiale, come distanza tra due

    denti consecutivi misurata nella direzione dell’asse della ruota, αtan

    ppa = . Dividendo questi passi

    per “π” avremo altrettanti moduli:

    modulo frontale πp

    m = ; modulo normale π

    nn

    pm = ; modulo assiale

    πa

    a

    pm =

    Il modulo che si prende a riferimento per il proporzionamento è quello normale mn.

    Fig. 15 – Ruota bielicoidale

    Fig. 16 – Passi, nella dentatura elicoidale

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    PAG. 12

    RUOTE CONICHE

    Abbiamo già accennato che per trasmettere il moto tra assi concorrenti con ruote dentate e

    necessario ricorrere alle ruote dentate coniche che sono l’evoluzione delle ruote di frizione coniche.

    Tali ruote poi possono avere dentatura diritta o a denti

    elicoidali secondo le necessità. Con riferimento alla

    fig. 17, in cui abbiamo rappresentato i coni primitivi

    di diametro “dp1” e “dp2” di due ruote coniche i cui

    alberi concorrono nello stesso punto con un angolo

    “γ”, sappiamo che il rapporto di trasmissione lo

    possiamo esprimere con uno dei seguenti rapporti tra

    velocità angolari, numero di giri, numero di denti o

    diametri primitivi:

    1

    2

    1

    2

    2

    1

    2

    1

    p

    p

    d

    d

    Z

    Z

    n

    ni ====

    ωω

    Poiché, con le notazioni della fig. 17, si può scrivere:

    1

    2

    1

    2

    1

    2

    sinsin

    sin2

    sin2γγ

    γγ =

    ⋅⋅⋅⋅=

    MV

    MV

    d

    d

    p

    p e, quindi

    possiamo anche dire che il rapporto di

    trasmissione è pari al rapporto tra i seni degli

    angoli di semiapertura dei due coni primitivi

    1

    2

    sinsin

    γγ=i importante relazione che ci

    consentirà, in fase di progetto, di determinare

    l’angolo al vertice dei coni primitivi delle due

    ruote come vedremo meglio negli appunti di

    calcolo.

    Nella fig. 18 abbiamo riportato un ingranaggio

    conico sezionato da cui si evince che le

    dimensioni dei denti non sono costanti ma

    vano diminuendo verso il vertice dei coni

    primitivi. Per definire le grandezze

    Fig. 17 – Coni primitivi

    Fig. 18 – Caratteristiche delle ruote coniche

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    PAG. 13

    caratteristiche, allora, ci si riferisce alle dimensioni massime. Avremo pertanto il diametro

    primitivo 11 Zmdp ⋅= , l’addendum mha = , il dedendum mhd ⋅= 2,1 , l’altezza totale mh ⋅= 2,2 ,

    il diametro di testa 11 cos2 γ⋅⋅+=′ mdd p , il diametro di base 11 cos4,2 γ⋅⋅−=′′ mdd p .

    Nel caso delle ruote coniche la forza totale che si scambiano due denti in presa, indicata con

    “P” nella fig. 19 a, produce una componente tangenziale θcos⋅= PF (con “θ” angolo di

    pressione), responsabile del moto rotatorio, e una componente θsin⋅= PS che, a sua volta, è

    scomponibile (fig. 19 b) nelle componenti 1sinγ⋅=′ SS e 1cosγ⋅=′′ SS che sono dirette

    parallelamente agli assi delle due ruote. Quindi anche con le ruote coniche, come con quelle

    cilindriche a denti elicoidali, abbiamo una sollecitazione assiale sugli alberi che deve essere

    supportata da cuscinetti reggispinta.

    RENDIMENTO DELLE RUOTE DENTATE

    Per le ruote dentate, la presenza dello strisciamento influenza il rendimento di trasmissione

    che risulta dipendere dal numero di denti oltre che dal coefficiente d’attrito “f”:

    ±⋅⋅+

    =

    21

    111

    1

    ZZf π

    η

    dove il segno meno vale per ingranaggi interni. Normalmente, i valori di rendimento per le ruote

    dentate si attestano tra il 95% e il 98%, 98,095,0 ÷=η .

    Fig. 19 – Forze scambiate tra i denti in un ingranaggio conico

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    ROTISMI

    Con un ingranaggio, ossia una coppia di ruote dentate, non è possibile trasmettere il moto

    con rapporti di trasmissione elevatissimi. Quindi si ricorre a “treni di ingranaggi” ossia ad insiemi di

    ruote dentate ingranati tra loro calettate su più alberi a costituire complessi meccanismi detti

    rotismi . Esistono due tipi di rotismi: rotismi ordinari , in cui tutti gli alberi sono fissi nella loro

    posizione pur potendo ruotare sul proprio asse, e rotismi epicicloidali, in cui almeno uno degli

    alberi è mobile nel senso che oltre a poter ruotare intorno al proprio asse varia la sua posizione nel

    tempo e nello spazio. La fig. 20 mostra un rotismo ordinario costituito dall’albero motore che

    ruota ad n1 giri al minuto, due alberi

    ausiliari intermedi che ruotano ad n2 ed

    n3 giri al minuto e un albero condotto che

    ruota ad n4 giri al minuto; su di essi sono

    calettate le ruote dentate di Z1, Z2, Z3, Z4,

    Z5, e Z6 denti. Per ciascun ingranaggio

    del rotismo si può determinare il rapporto

    di trasmissione:

    1

    2

    2

    11 Z

    Z

    n

    ni ==

    3

    4

    3

    22 Z

    Z

    n

    ni ==

    5

    6

    4

    33 Z

    Z

    n

    ni ==

    mentre il rapporto di trasmissione totale è

    3214

    3

    3

    2

    2

    1

    4

    1 iiin

    n

    n

    n

    n

    n

    n

    ni ⋅⋅=⋅⋅== dato dal

    prodotto dei rapporti parziali. In

    definitiva 531

    642

    ZZZ

    ZZZi

    ⋅⋅⋅⋅= formula

    utilissima per determinare i numeri dei

    denti delle ruote di un rotismo ordinario.

    Ad esempio, supponiamo di dover realizzare, con un rotismo ordinario come quello della fig. 20, un

    rapporto di trasmissione totale i=60; si può fissare, 51 =i , 42 =i e 33 =i visto che

    60345 =⋅⋅ pertanto potremmo adottare le ruote:

    Fig. 20 – Rotismo ordinario

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    20100

    51

    2 ==Z

    Z

    2288

    43

    4 ==Z

    Z

    2472

    35

    6 ==Z

    Z

    Il caso della fig. 21, è un caso particolare di rotismo ordinario costituito da sole tre ruote

    ingrananti. Si nota come il rapporto di

    trasmissione totale è 1

    3

    21

    32

    Z

    Z

    ZZ

    ZZi =

    ⋅⋅= ,

    ossia come se la ruota intermedia non

    ci fosse. In questi casi la ruota

    intermedia non altera il rapporto di

    trasmissione e perciò viene detta ruota

    oziosa, la sua presenza serve solo ad

    invertire il senso di rotazione

    sull’albero condotto rendendolo identico a quello dell’albero motore.

    Per rapporti di trasmissione altissimi si usano rotismi epicicloidali come nell’esempio della

    fig. 22. Vediamo quattro ruote ingrananti

    tra loro due delle quali, “A” e “D”,

    calettate sui propri alberi fissi dette ruote

    planetarie, mentre le altre due, “B” e “C”,

    calettate su un albero mobile che oltre a

    ruotare su se stesso è trascinato in un moto

    di rivoluzione dal braccio “b”, dette ruote

    satelliti; il braccio “b” è detto portatreno.

    Il portatreno ruota a “n0” giri al minuto,

    l’albero della planetaria “A” a “n1” e

    l’albero della planetaria “D” a “n2” giri al minuto.

    Si osserva che se, durante il moto, imprimiamo ad ogni albero un numero di giri 0n− ,

    uguale e contrario a quello del portatreno, il rotismo diverrebbe ordinario poiché il portatreno si

    arresterebbe, infatti il suo numero di giri diverrebbe 000 =− nn , mentre la ruota “A” ruoterebbe a

    01 nn − giri al minuto e la ruota “D” a 02 nn − giri al minuto; con ciò, il rapporto di trasmissione

    sarebbe:

    02

    010 nn

    nni

    −−=

    Fig. 21 – Rotismo ordinario con ruota oziosa

    Fig. 22 – Rotismo epicicloidale

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    Tale relazione, tra le velocità dei tre alberi, detta formula di Willis è molto utile per risolvere i

    problemi relativi ai rotismi epicicloidali e, come abbiamo visto, rappresenta il rapporto di

    trasmissione del rotismo reso ordinario.

    Con i tre alberi di un rotismo epicicloidale si possono realizzare situazioni diverse:

    • due alberi motori e uno condotto;

    • un albero motore e due condotti;

    • un albero motore, uno condotto e uno fisso.

    Proprio nella terza condizione, applicata al

    rotismo della fig. 22, così come evidenziato nella

    fig. 23, in cui abbiamo resa fissa la ruota “D”

    ( 02 =n ) , motore l’albero del portatreno e

    condotta la ruota “A”, dimostreremo come si

    possa ottenere un altissimo rapporto di riduzione.

    In tal caso, il rapporto di trasmissione del rotismo

    è dato da:

    1

    0

    n

    ni =

    mentre la formula di Willis diviene: 0

    010 n

    nni

    −−= da cui, dopo semplici passaggi, si ottiene:

    01

    0

    11in

    n

    −= cioè, in definitiva, avremo

    011i

    i−

    = .

    Ora, per il rotismo reso ordinario si ha CA

    DB

    ZZ

    ZZi

    ⋅⋅=0 e quindi, scelte opportunamente le ruote, ad

    esempio con i seguenti numeri di denti: 30=AZ , 29=BZ , 30=CZ e 31=DZ si avrebbe

    900899

    30303129

    0 =⋅⋅=i e quindi 900

    900899

    1

    1 =−

    =i

    valore veramente alto, ottenuto con solo quattro ruote relativamente di piccole dimensioni,

    impossibile da ottenere con qualsiasi rotismo ordinario.

    Fig. 23 – Riduttore epicicloidale