LE RIVISTE DEDICATE AI LAVORI FEMMINILI DAL...

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1 LE RIVISTE DEDICATE AI LAVORI FEMMINILI DAL 1925 AD OGGI 1. UNA INTRODUZIONE Nella categoria del rotocalco illustrato che, come modello di pubblicazione periodica, nasce nel XX sec. grazie all’introduzione di una serie di innovazioni tecnologiche in ambito editoriale, le pubblicazioni dirette alle donne rappresentano certo uno degli aspetti più interessanti. La stampa femminile 1 , che aveva i suoi precedenti in alcune riviste tra cui il «Giornale delle dame e delle mode di Francia» (pubblicato a Milano tra il 1786 e il 1794), il «Giornale delle nuove mode di Francia e d'Inghilterra» (1786-1794) 2 e successivamente il «Corriere delle dame» (1804-1874) 3 , si sviluppò soprattutto dopo l’Unità d’Italia. Tra il 1861 ed il 1920 infatti nacquero ben 116 nuove testate nel campo del periodico femminile: trattandosi di un settore molto remunerativo, al nuovo 1 Sull'argomento, cfr. REGIONE LOMBARDIA. SETTORE CULTURA E INFORMAZIONE. SERVIZIO BIBLIOTECHE E BENI LIBRARI E DOCUMENTARI, Bibliografia dei periodici femminili lombardi, 1786-1945, a cura di RITA CARRARINI e MICHELE GIORDANO, Milano, Editrice bibliografica, 1993, pp. XXXIV, 475 (Fonti e strumenti, 22). Il volume è stato recensito da Giulia Barrera in «Rassegna degli archivi di Stato», LIII (1993), pp. 431-433. 2 Dal luglio 1793 «Giornale delle mode principali d'Europa dedicato alle Donne Italiane»; dal luglio 1794 «Giornale delle mode principali d'Europa coll'aggiunta delle mode dedicate alle Donne Italiane» 3 Rivista fondata a Milano da Carolina Lattanzi, moglie del giornalista romano Giuseppe Lattanzi. pubblico femminile fecero riferimento un po’ tutti gli editori, compresi quelli che solitamente trattavano altri generi 4 . Il 65% delle testate in questione veniva pubblicato a Milano, che a partire proprio dalla seconda metà dell’800 si affermò definitivamente come capitale dell’editoria di consumo e di intrattenimento. Questo primato del capoluogo lombardo è tuttora vigente: ai nostri giorni gran parte delle riviste dedicate alle donne si pubblica ancora a Milano. Nel periodo tra le due guerre le riviste femminili assunsero caratteristiche formali e di contenuti abbastanza simili a quelli odierni ed in particolare la tipologia editoriale si differenziò in rotocalchi popolari 5 , riviste di alta moda 6 e guide ai lavori femminili (cucito, ricamo e 4 E’ il caso dell’editore Hoepli, specializzato in manualistica, che a inizio '900 pubblicò 4 “giornali di mode”: «La stagione», «La mode pratique», «Il figurino dei bambini», «Il giornale illustrato della biancheria». 5 Si ricordano i rotocalchi popolari «Annabella» e «Gioia», editi da Rizzoli, «Grazia», stampata da Mondatori, e «Amica», che nacque nel 1962 come rivista di servizio, supplemento al «Corriere della Sera». 6 Tra le testate più note si ricordano «Lidel», fondata nel 1919 da Lidia De Liguoro, «Fantasie d’Italia» (1925-1932), «Bellezza» (1941-1970), e «Novità», nata per iniziativa di Emilia Rosselli Custer. Tutte queste riviste erano rivolte ad un pubblico alto borghese e aristocratico.

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LE RIVISTE DEDICATE AI LAVORI

FEMMINILI

DAL 1925 AD OGGI 1. UNA INTRODUZIONE

Nella categoria del rotocalco illustrato

che, come modello di pubblicazione periodica,

nasce nel XX sec. grazie all’introduzione di una

serie di innovazioni tecnologiche in ambito

editoriale, le pubblicazioni dirette alle donne

rappresentano certo uno degli aspetti più

interessanti. La stampa femminile1, che aveva i

suoi precedenti in alcune riviste tra cui il

«Giornale delle dame e delle mode di Francia»

(pubblicato a Milano tra il 1786 e il 1794), il

«Giornale delle nuove mode di Francia e

d'Inghilterra» (1786-1794)2 e successivamente il

«Corriere delle dame» (1804-1874)3, si sviluppò

soprattutto dopo l’Unità d’Italia. Tra il 1861 ed

il 1920 infatti nacquero ben 116 nuove testate

nel campo del periodico femminile: trattandosi

di un settore molto remunerativo, al nuovo

1 Sull'argomento, cfr. REGIONE LOMBARDIA.

SETTORE CULTURA E INFORMAZIONE. SERVIZIO

BIBLIOTECHE E BENI LIBRARI E DOCUMENTARI, Bibliografia dei periodici femminili lombardi, 1786-1945, a cura di RITA CARRARINI e MICHELE GIORDANO, Milano, Editrice bibliografica, 1993, pp. XXXIV, 475 (Fonti e strumenti, 22). Il volume è stato recensito da Giulia Barrera in «Rassegna degli archivi di Stato», LIII (1993), pp. 431-433. 2 Dal luglio 1793 «Giornale delle mode principali d'Europa dedicato alle Donne Italiane»; dal luglio 1794 «Giornale delle mode principali d'Europa coll'aggiunta delle mode dedicate alle Donne Italiane» 3 Rivista fondata a Milano da Carolina Lattanzi, moglie del giornalista romano Giuseppe Lattanzi.

pubblico femminile fecero riferimento un po’

tutti gli editori, compresi quelli che solitamente

trattavano altri generi4. Il 65% delle testate in

questione veniva pubblicato a Milano, che a

partire proprio dalla seconda metà dell’800 si

affermò definitivamente come capitale

dell’editoria di consumo e di intrattenimento.

Questo primato del capoluogo lombardo è

tuttora vigente: ai nostri giorni gran parte delle

riviste dedicate alle donne si pubblica ancora a

Milano.

Nel periodo tra le due guerre le riviste

femminili assunsero caratteristiche formali e di

contenuti abbastanza simili a quelli odierni ed in

particolare la tipologia editoriale si differenziò

in rotocalchi popolari5, riviste di alta moda6 e

guide ai lavori femminili (cucito, ricamo e

4 E’ il caso dell’editore Hoepli, specializzato in manualistica, che a inizio '900 pubblicò 4 “giornali di mode”: «La stagione», «La mode pratique», «Il figurino dei bambini», «Il giornale illustrato della biancheria». 5 Si ricordano i rotocalchi popolari «Annabella» e «Gioia», editi da Rizzoli, «Grazia», stampata da Mondatori, e «Amica», che nacque nel 1962 come rivista di servizio, supplemento al «Corriere della Sera». 6 Tra le testate più note si ricordano «Lidel», fondata nel 1919 da Lidia De Liguoro, «Fantasie d’Italia» (1925-1932), «Bellezza» (1941-1970), e «Novità», nata per iniziativa di Emilia Rosselli Custer. Tutte queste riviste erano rivolte ad un pubblico alto borghese e aristocratico.

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maglieria)7. Quest’ultimo filone subì una grande

espansione proprio nel ventennio 1918-1938,

quando si cominciò a dare molta importanza

all’abbigliamento fai da te, e le stesse case

produttrici di macchine per maglieria, macchine

per cucire e altro materiale da lavoro

pubblicarono molte testate8.

2. LA MANI DI FATA S.R.L. -

CANETTA S.R.L. E LE SUE 4 RIVISTE

Questa ricerca si sofferma proprio sulle

riviste dedicate al “fai da te”, in particolare su

quelle pubblicate dalla casa editrice milanese

Mani di Fata, di cui era ed è proprietaria l’antica

ditta Eredi Canetta, specializzata non a caso in

lavori femminili. La casa, tuttora esistente, fu

fondata nel 1881 a Milano, ed ha sedi anche a

Roma, Napoli, Genova, Trieste e Torino. Da

117 anni si occupa, oltre che della vendita di

stoffe, cotoni, tele disegnate, articoli di merceria

e capi realizzati a mano, anche di pubblicazioni

per lavori femminili, sempre per le edizioni

Mani di Fata (fig.23). La casa editrice Mani di

Fata cominciò a pubblicare tra il 1925 e il 1935

ben quattro riviste dedicate all’abbigliamento fai

da te e non solo, intitolate rispettivamente:

«Mani di fata», «La donna, la casa, il bambino»,

«Eleganze e novità» e «Piccola Fata». Erano

pubblicazioni ricche di lavori, studiati con cura

7 Tra le testate più longeve vanno citate almeno

«Rakam» (1930 - in corso) e «Mani di fata» (1925 - in corso). 8 Anche alcune case editoriali molto prestigiose, come l’editoriale Domus, specializzata per l’architettura e il design, pubblicò delle riviste di moda e maglieria.

per la loro esatta riproduzione, piene di articoli

di arte e varietà e corredate di tutte quelle

nozioni ritenute “utilissime alla donna

moderna”. Le riviste godevano di larga

diffusione e favore nel mondo femminile e si

acquistavano nelle librerie, nelle rivendite di

giornali o si potevano ordinare alla Ditta

Canetta, servendosi dei vaglia annessi alle

riviste stesse. Spesso, per fidelizzare le lettrici,

la casa editrice offriva alle abbonate in dono

elementi di corredo e di biancheria.

3. MANI DI FATA

La rivista più antica è «Mani di fata»,

che nacque nel 1925, terzo anno dell’era

fascista, come “pubblicazione mensile di lavori

femminili”, rivolta alle donne della classe

media. La rivista, pubblicizzata come “moderna,

pratica, indispensabile alla donna”, era corredata

di ricche illustrazioni di modelli, figurini

rigorosamente italiani9 (figg.5, 6), fotografie di

lavori in bianco e nero e a colori (figg.3, 4). Ad

ogni numero venivano allegate due grandi

tavole con disegni a grandezza naturale, una

tavola decalcabile disegnata (fig.19) ed un

modello tagliato per abiti o biancheria. Il costo

era di 1 lira, l’abbonamento annuale ammontava

a 16 lire, e con ogni uscita era possibile

usufruire di un buono di 1 lira, in modo da

permettere un rimborso totale della spesa di

9 Il regime fascista, durante il Ventennio, costituì enti appositi per incentivare la moda italiana, tra cui l’Ente Nazionale della Moda, e la censura proibì la pubblicazione sulle riviste di moda italiana di figurini francesi, che fino ad allora erano andati per la maggiore.

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abbonamento stesso. Questo espediente,

assieme ad altri tra cui la pubblicazione di un

almanacco annuale consegnato gratuitamente

alle lettrici, contribuì a creare un fortissimo

numero di abbonate sparse in tutta Italia e anche

all’estero. Il cav. Vittorio Canetta era il direttore

responsabile della rivista, stampata con i tipi

delle Arti Grafiche F.lli Magnani di Milano,

mentre la S.A. Diffusione Pubblicazioni

Periodiche di Roma fungeva da concessionaria

per la vendita il Italia e nelle colonie. Il mensile

annoverava 28 o 32 pagine di testo, in formato

tabloid (43 cm di altezza). La copertina recava

in alto la testata, campeggiata dal disegno di una

fata intenta a lavorare al telaio (figg.1, 2), al di

sotto della quale c’era solitamente una

fotografia col particolare di uno dei ricami

illustrati all’interno della rivista, mentre in

quarta di copertina si trovava una immagine di

lavori il cui disegno decalcabile era annesso alla

rivista o, in alternativa, la raffigurazione di altri

modelli. All’interno della rivista si

distinguevano la parte lavori e la parte testuale.

La prima, nettamente preponderante ma non

separata dalla seconda né graficamente né dal

punto di vista della collocazione nel rotocalco,

era dedicata ai lavori (cucito, ricamo, ma anche

pittura e pirografia) e alla loro descrizione e si

articolava in Pagina delle biancheria, Pagina

della moda e Abitini e completi per bimbi. La

parte testuale comprendeva la rubrica consigli

pratici, una rubrica di ricette (In cucina), articoli

di varietà “interessanti la donna”, la rubrica

Corrispondenza delle abbonate (chiamata poi

Mani di fata risponde) e dal 1930 la rubrica

Consigli della dottoressa, con suggerimenti di

bellezza e salute, tenuta della dottoressa Emma

Modena Camporini, “specialista nelle malattie

delle donne e dei bambini”. Non mancavano

inoltre una Pagina lieta, una rubrica con

annunci di nascite, un’altra con annunci di

matrimoni, e una Pagina triste, dedicata ai lutti.

A volte comparivano anche dei rebus, per lo più

di matematica, con doni in palio per le lettrici in

grado di risolverli. Inoltre «Mani di fata» era

una rivista ricchissima di pubblicità “diretta”

che costava “lire sette per ogni millimetro di

altezza su una colonna” e spaziava dalla

propaganda di prodotti alimentari e dietetici, a

quella di negozi di materiale radiofonico, di

ditte e industrie di filati, macchine per cucire e

pelliccerie, alle pubblicità di corsi di taglio e

cucito per signore, di prodotti di

automedicazione, e persino di mobilifici con

pagamenti a rate e gioiellerie (figg.7, 8, 9, 10).

Assai pubblicizzati erano poi la collezione di

album illustrativi di lavori e ricami d’arte,

realizzati dalle edizioni Mani di fata, e i prodotti

della Ditta Canetta. Tratto caratteristico di

queste riviste dedicate ai lavori femminili,

rispetto a quelle del XIX sec, fu la formazione

di una serie di professionalità tra cui

disegnatori10, fotografi e soprattutto giornaliste

donne. Tra le scrittrici più attive della rivista

10 Quasi tutti i figurini pubblicati su «Mani di fata» nel corso degli anni trenta recano la firma dell’illustratore Antonino Salemme (1893-1942).

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«Mani di fata» nel corso del ventennio troviamo

Laura Dianti, Mirella Doni e in particolare

Vanna Piccinni che, dopo Lucia Petrali Castaldi,

fu curatrice della rubrica Per voi donne gentili,

dagli anni trenta ribattezzata Conversiamo tra

noi. In questa rubrica venivano esaltate le virtù

fondamentali della donna, propagandate dal

regime fascista, prime tra tutte fede e lavoro. La

Piccinni fu peraltro autrice di diversi testi tra cui

Il libro dell’amore, edito nel 1932 e Nuove

usanze per tutti - Galateo del ‘900 stampato nel

1941. La lettura di questi testi, pubblicizzati in

alcuni trafiletti sulla stessa rivista «Mani di

fata», era fortemente caldeggiata. In occasione

della visita di Mussolini a Milano, nel novembre

del 1934, Vanna Piccinni scrisse un articolo

entusiastico per la rivista e sullo stesso numero,

tra i lavori, furono proposte creazioni in tessuto

a rete con motivi nazionali, compresa la

realizzazione di tendine col fascio littorio. Quei

modelli erano accompagnati dalle frase del

Duce: “Dia la donna la sua opera gentile per

abbellire le aule dove si svolge la sua opera di

italianità”, e nel ventennio furono frequenti altri

articoli in cui si inneggiava alla donna “voluta

da Mussolini”, che doveva essere madre e sposa

esemplare. Non si può quindi negare che la

rivista «Mani di fata» rispecchiasse pienamente

lo spirito del tempo, anche attraverso alcune

interessanti iniziative, che potremmo definire

“culturali”: la testata, che nel giugno del 1931

aveva riscosso un enorme successo alla V Fiera

del libro di Milano, nell’ottobre del 1933 offrì

gratuitamente a tutte le sue fedeli lettrici

milanesi uno spettacolo cinematografico dal

titolo volutamente eloquente Mani che creano.

La proiezione si tenne presso il cine-teatro

Odeon di Milano l’8 ottobre di quell’anno. La

pellicola veniva così pubblicizzata:

Due ore di godimento per la donna che assiste in un

succedersi di affascinanti quadri - legati ad una

originale vicenda - al magico potere che esercita il

lavoro nella vita femminile.

Vittorio Canetta, direttore della rivista,

nel decennale della testata, la definì “la più utile

ed interessante rassegna di lavori e di ricami”.

Fondata per il pubblico femminile e

caratterizzata dall’imponente tiratura,

rispecchiava, attraverso tavole illustrate, modelli

ed articoli, tutte le innovazioni che si andavano

affermando in ogni ambito del “lavoro muliebre

e delle arti affini”.

4. LA DONNA, LA CASA, IL

BAMBINO

Intanto nel 1929 era nata la testata «La

donna, la casa, il bambino», rivista mensile di

ricamo, moda, biancheria (figg.11, 12, 17, 18).

Si trattava di una rivista molto simile a «Mani di

fata», in simultaneità con la quale venivano

spesso banditi concorsi per le lettrici, con premi

in denaro fino a 15.000 lire (fig.14). Il formato

però era più piccolo e maneggevole (l’altezza fu

dapprima di 34 cm e poi si ridusse a 32,5 cm) ed

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il numero di pagine variava dalle 26 alle 32.

Perfino il costo era identico a «Mani di fata», e

aumentò da 60 centesimi del 1932 a una lira la

copia nel 1933. La testata, pubblicizzata come

“la rivista ideale di tutte le mamme”, usciva il

15 di ogni mese, ed ogni numero conteneva

modelli in lana per bambini e per signora,

ricami di facile esecuzione, novità e modelli di

biancheria per piccoli (fig.13) e per donna

(fig.21), ed eleganti figurini (fig.16).

Immancabili gli allegati: solitamente un disegno

decalcabile e una tavola con disegni a grandezza

naturale. La rivista era tutta in bianco e nero e

solo il foglio centrale si presentava a colori. Tra

le rubriche vanno citate: la corrispondenza con

le lettrici (La corrispondenza di Annetta), una

rubrica con consigli per mantenersi belle e per

realizzare cure facili ed alimenti semplici (Le

cose che fanno piacere), una rubrica di cucina

(fig.20), e dal 1960 anche una rubrica

astrologica dedicata alle mamme. Elemento

caratteristico della testata «La donna, la casa, il

bambino» erano i consigli per arredare la casa,

che assunsero maggior peso soprattutto grazie al

boom economico degli anni ’60, quando sulle

tavole allegate alla rivista nacque una sorta di

rubrica a sé stante, intitolata Qualche idea per la

vostra casa (fig.22). Poi c’era la parte letteraria

con novelle e racconti di autrici quali : Anna

Fumagalli, Adriana Nazzari, Tina Manzo e Olga

Maria Ceretti. La rivista riservava anche molto

spazio alla pubblicità, soprattutto a quella delle

edizioni Mani di Fata: albums, disegni

decalcabili ed anche libri, primo tra tutti la

«Nuova enciclopedia dei lavori femminili», che

nel 1961 era alla sua terza edizione.

Quest’ultima pubblicazione , “il prezioso libro

che non dovrebbe mancare in ogni casa”, era

corredata da molto materiale che illustrava, con

l’ausilio di chiare immagini, l’ esecuzione di

lavori di cucito, maglieria, ricamo, pizzi, filet .

«La donna, la casa, il bambino» regalava anche

dei buoni da scontarsi sull’acquisto di merci

presso i negozi Canetta.

Nel secondo dopoguerra Vittorio Canetta

fu il responsabile della testata, che fino a tutti

gli anni 40 veniva stampata dai fratelli Magnani

di Milano. In seguito «La donna la casa il

bambino» fu stampata presso l’Istituto grafico

Vanzetti e Vanoletti. Nel 1960 la proprietà e

direzione della testata passarono ad Alfredo

Canetta e dal 1965 furono utilizzati i tipi della

ditta Barigozzi, mentre il prezzo della rivista

arrivò a 150 lire.

«La donna la casa il bambino» in

sostanza proponeva ancora una volta al ceto

femminile medio – borghese una idea di donna

che doveva essere prima di tutto “donna di

casa” sorridente, soddisfatta del proprio destino

e attiva consumatrice, un po’ secondo quella

“mistica della femminilità”11 che esplose nel

dopoguerra, dapprima in USA e poi in Italia. La

11 Sulla “Mistica della femminilità”, cfr. Laura LILLI, La stampa femminile, in La stampa italiana del neocapitalismo, Roma-Bari, Laterza, 2001, pp.283-284.

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rivista proseguì le pubblicazioni fino al 1967,

per poi fondersi con «Mani di fata».

5. PICCOLA FATA

Il primo numero della rivista «Piccola

Fata», sempre della casa editrice Mani di fata,

uscì nel 1933. Prima di tale anno, Piccola fata

era un supplemento letterario alla testata «Mani

di fata» che, peraltro, fino al 1932 aveva

pubblicato delle novelle riportandole ai margini

delle tavole allegate ad ogni numero. Fu una

rivista quindicinale “moderna”, che si occupava

della vita “pratica ed intellettuale” del tempo,

ricca di novelle e varietà per la donna e che

perciò non doveva mai mancare “nel salotto di

nessuna signora intelligente e fine”. Solitamente

comprendeva 20 o 36 pagine illustrate e la sua

caratteristica era, appunto, il gran numero di

romanzi e novelle pubblicati in ogni uscita (da 8

a 10). Poi conteneva articoli di moda, rubriche

interessanti, soggetti di sport, pagine di attualità

cinematografica riccamente illustrate e le

Pagine azzurre, con il “convegno delle lettrici”

a cui partecipavano donne da tutta Italia. Ogni

numero bandiva concorsi a premi e aveva in

allegato un modello disegnato ed una pagina di

lavori. Tra gli scrittori più attivi che redassero

articoli e scrissero novelle per «Piccola fata»

troviamo Francesco Scarpelli e Dino Bonardi.

La pubblicazione della rivista durò fino al 1947.

6. ELEGANZE E NOVITÀ

La quarta rivista delle edizioni Mani di

fata era «Eleganze e novità», diretta questa volta

ad un pubblico per lo più alto borghese. Si

trattava di una rassegna prestigiosa che

riassumeva il panorama vasto della moda in tutti

i suoi vari settori e costava esattamente il

doppio della rivista «Mani di fata» : il prezzo di

una copia era di due lire nel 1935 e nel 1938 il

prezzo salì a tre. La rivista si componeva di

quaranta pagine riccamente illustrate con

immagini in bianco e nero e a colori, con la

descrizione di 130 modelli ed un cartamodello

ad ogni numero. Non mancavano modelli

sportivi ed accessori per l’eleganza femminile,

“rispondenti all’ultimo grido della moda”. La

rivista fu pubblicata per un decennio, dal 1933

al 1944.

7. ULTIMI SVILUPPI DAL 1970 AI

NOSTRI GIORNI

Nel 1975, anno in cui Laura Lilli

pubblicò il suo saggio La stampa femminile12,

nell’elenco delle testate correnti dedicate alla

“maglia,uncinetto, cucito, ricamo, moda da fare

in casa”13, non comparivano più «Piccola fata»,

«Eleganze e novità» e «La donna, la casa, il

bambino», mentre risultava essere alla sua

cinquantesima annata la rivista «Mani di fata»,

la più longeva delle quattro succitate testate, che

12 Laura LILLI, La stampa femminile, in La stampa italiana del neocapitalismo, Roma-Bari, Laterza, 2001, pp.253-318. 13 Ivi, p.309.

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già dalla fine degli anni '40 era andata man

mano riducendo il suo formato passando da

quello tabloid a una misura di 22 x 30 cm. Da

qualche tempo inoltre «Mani di fata» si era fusa

con la rivista «La donna, la casa, il bambino».

La neonata testata aveva assunto così il nome di

«Mani di fata per la donna, la casa, il bambino»

(figg.24, 25) adattandosi alla impostazione e

alla grafica della rivista cessata. Non fu però

mantenuta la tradizionale pubblicazione di

novelle e romanzi, la cui funzione di

intrattenimento era stata ormai spiazzata dalla

diffusione dei nuovi media, primi tra tutti radio

e televisione.

Nel 1981 su 74 pagine di testo 36 erano

interamente a colori e nel 1989 la tiratura

ammontava a 290.000 copie. Con una tiratura di

160.000 esemplari e una media di una ottantina

di pagine, «Mani di fata» è ancora oggi una

rivista abbastanza diffusa e distribuita anche

all’estero in numerosi paesi.

La casa editrice Mani di fata srl ha

mantenuto la gestione del mensile, diretto

sempre da Alfredo Canetta. Negli anni '80 i tipi

erano quelli di Amilcare Pizzi s.p.a. di Cinisello

Balsamo. Oggi se ne occupano gli stabilimenti

Elcograf di Beverate di Brivio. Come già detto

l’impostazione è rimasta pressoché immutata

nel tempo e il rotocalco, interamente a colori e

del costo di 4.20 euro, ad ogni uscita affianca

alle molteplici proposte di ricamo, maglia,

uncinetto, offerte speciali per i tre canali che

sono la donna, la casa, il bambino, anche

numerose pagine da sfogliare ricche di rubriche

(la pagina di Frate Indovino), consigli utili,

ricette di cucina ed ha in allegato una tavola

decalcabile. Un certo spazio è come sempre, ma

in misura minore rispetto al passato, dedicato

alla pubblicità dei prodotti della casa editrice

che pubblica la testata. Dal 2005 è disponibile

anche una versione on line della rivista

femminile «Mani di fata» al sito

www.manidifata.it

Enzo Pio Pignatiello

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Figg.1-2 - La testata di «Mani di fata» . In alto anno V - numero 9 del 1 settembre 1929; in basso anno X – numero 1 del 1 gennaio 1935.

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Figg.3-4 - Particolari di alcuni lavori presentati nella rivista «Mani di fata» negli anni ’30.

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Figg.5-6 - Esempi di figurini di moda italiani pubblicati sulla rivista «Mani di fata» negli anni ’20 e ’30, disegnati dall’illustratore Antonino Salemme.

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Figg.7-8 - Pubblicità tratte da alcuni numeri di «Mani di fata» degli anni ’30. Da notare in basso la réclame della rivista «Eleganze e novità».

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Figg.9-10 - Altri esempi di pubblicità anni ’30 con prodotti di cosmesi, sempre da «Mani di fata».

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Fig.11 - Copertina de «La donna, la casa, il bambino», anno IV- numero 2 del febbraio-marzo 1933.

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Fig.12 - Copertina de «La donna, la casa, il bambino», anno XII- numero 5 del maggio-giugno 1941.

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Fig.13 - Particolare di una pagina interna de «La donna, la casa, il bambino» del maggio-giugno 1941.

Fig.14 - Particolare del grande volantino pubblicitario del Primo grande concorso per le abbonate ai giornali Mani di fata e La donna, la casa, il bambino, bandito nell’annata 1932-33.

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Fig.15 - Pubblicità dei filati Canetta del 1933 in un numero della rivista «La donna, la casa, il bambino».

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Fig.16 - Figurini a colori su un numero de «La donna, la casa, il bambino» degli anni ’40.

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Fig.17 - Copertina de «La donna, la casa, il bambino», anno XXXII – numero 3 del marzo 1961.

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Fig.18 - Copertina de «La donna, la casa, il bambino», anno XXXVII – numero 6 del giugno 1965.

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Fig. 19 – Particolare di una tavola decalcabile con ferro caldo, allegata al n.11 di «Mani di fata», del novembre 1932. In alto a destra ne è descritta la modalità d’uso. Fig.20 – La rubrica In cucina, pubblicata su «La donna, la casa, il bambino», tratta da una uscita del 1965.

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Fig.21 - Una pagina interna de «La donna, la casa, il bambino» del marzo 1961.

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Fig. 22 – Un esempio di tavola con la rubrica Qualche idea per la vostra casa, allegata al numero di maggio 1965 de «La donna, la casa, il bambino».

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Fig. 23 – Le innumerevoli pubblicazioni della casa editrice Mani di fata, illustrate in un volantino degli anni ’50.

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Fig.24 – Il numero di «Mani di fata per la donna, la casa, il bambino» dell’agosto 1981.

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Fig.25 – La copertina di «Mani di fata per la donna, la casa, il bambino» del febbraio 1989.

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nota
Il volume è stato recensito da Giulia Barrera in «Rassegna degli archivi di Stato», LIII (1993), pp. 431-433.
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