Le radici nel futuro

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P A TT LE RADICI NEL FUTURO TESI CONGRESSUALE marzo 2016 MAURO OTTOBRE

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PATT

LE RADICI NEL FUTURO

TESI CONGRESSUALE marzo 2016

MAURO OTTOBRE

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P.A.T.T.:

dalla sua storia al governo di oggi

Nel corso degli anni la società trentina ha subito cambiamenti importanti

che l’hanno portata da una centralità del suo carattere rurale ad un

recupero del ruolo di comunità articolata su più settori parimenti

importanti. La tipicità contadina che fu di alcune nostre zone oggi permane

molto meno marcata. La comunità cittadina, dei centri maggiori, è oggi

fortemente contaminata dalla presenza e dalla influenza di culture diverse,

da collettività esterne mobili quali quella universitaria, o semplicemente

da realtà che in città ci vivono ed insistono in forma asettica, anche solo

per motivo di lavoro. Ma poi la complessità di una famiglia che sempre più

non appartiene al modello tradizionale cui eravamo abituati e richiede una

maggiore modulazione d’intervento. Ecco che quindi non è solo il modello di partito ad essere cambiato, ma quello stesso di società.

Mai come in questo ultimo decennio la società si è trovata quasi

d’improvviso, o comunque con tempi molto stretti, a dover confrontarsi

con un mondo che è diventato un macro cosmo, con una globalizzazione

non solo rivolta a Nord ma a 360 gradi, con un’economia sempre più

delegata e meno controllabile in sede locale.

In questo quadro un Partito che sappia rispondere in tempo e con efficacia

alle esigenze deve risultare elastico, permeabile, garantito da una

struttura solida ma rapida nel suo adattarsi alla velocità del cambiamento.

Dal 1993 gli Autonomisti sono al governo della Provincia di Trento,

ed ancora qualcuno adombra stili da partito di opposizione, non

considerando che dallo splendido autonomismo di opposizione, ci si è nel

frattempo catapultati con ruoli di responsabilità all’interno dell’intera rete

amministrativa comunale, attraverso azioni di governo locale riconosciute

valide, qualificate ed affidabili. Vale dunque la pena scegliere la via di un

consolidamento autonomista, quale polo politico di riferimento, stabile,

all’interno del contesto di governo del nuovo corso autonomistico del Terzo

Statuto, o lavorare per un partito che punti ad una più facile

deresponsabilizzazione, attraverso la ricerca di un consenso nel

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desertificato territorio del qualunquismo demagogico? Io questa seconda

opzione la rispetto, ma non la considero. In questo senso è minimalista, e

da retroguardia, ritenere esaustivo il compito del Patt in una sorta di

impegno politico unicamente rivolto al recupero elettorale di quell’area

centrista, ex democristiana che, scusate il mio indomabile ottimismo, non

credo abbia altra strada se non un naturale approdo nell’area autonomista.

Struttura di partito e modernità

Anche il Trentino è pervaso da un’evidente crisi dei Partiti intesi quale

struttura organizzata secondo i criteri storici, classici. Appare evidente la forbice tra comunicazione veloce e sintetica, che trova la propria naturale coniugazione in strumenti quali i social network come facebook e twitter e una macchina ormai lenta e

rimaneggiabile rappresentata dal Partito in senso tecnico. La rapidità di

una notizia da una parte, e forme di aggregazione politica pletoriche e

fintamente rappresentative dall’altra, sono sotto gli occhi di tutti quanto a

contraddittorietà.

Il Partito rimane il fulcro insostituibile di una dinamica democratica che

funge da diaframma naturale tra il politico e le istanze della popolazione.

Ma non è forse giunto il momento di dimagrire una struttura che, per il

fatto di essere ingrassata, appare però più ingessata e meno capace di

adattarsi con efficacia ai mutati contesti?

Quella del Patt è una natura popolare, direttamente legata alla gente che,

nel tempo, ha resistito costituendo modello di riferimento anche per altri

soggetti. Non si tratta certamente di mettere in discussione il legame che

il Partito ha col territorio, ma di domandarsi, piuttosto, se non sia più

efficace asciugare la nomenclatura attuale di Partito, per renderla

maggiormente performante, onde andare nella direzione di una classe

dirigente che possa essere, davvero, messa nelle condizioni di incidere

sulle scelte politiche, e non fungere da operazione di copertura per

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decisioni pensate ed assunte altrove. E' dunque sufficiente ed esaustivo il

ruolo di Segretario organizzativo di Partito, o non è forse giunto il momento

che il Patt ambisca a recuperare il ruolo politico, di attore protagonista,

della scena politica? Già, la preparazione ed il contatto con le sezioni è di

per sé una funzione imprescindibile, e questo ruolo l'attuale segreteria

politica l'ha, impropriamente, ma ben ricoperto. Adesso, non è forse giunta

l'ora di rimodulare il ruolo di segretario politico, riaggiornandolo alle

esigenze odierne, di un partito cresciuto.

Di più: al di là dell'aspetto etico, è forse tollerabile il tentativo di riconferma

personale, attraverso un controllo che super parte non può essere, delle

regole congressuali, per chi attraverso queste punta ad una propria

riconferma? Un Partito autorevole e credibile, può accettare una ennesima

deroga statutaria al mandato di Segretario, o non certifica in questo modo

uno stato implicito di crisi se costretto al ricorso di atteggiamenti

emergenziale come l'istituto appunto della deroga? O il procrastinare

continuo dei congressi? Domande che nulla hanno di personale perché un

Congresso sceglie una linea, un pensiero, un futuro, e solo dopo individua

il soggetto adatto alla loro declinazione politica; ma domande cui è

necessario dare delle risposte ed in base a queste maturare scelte

conseguenti, senza infingimenti, con pacatezza ed in estrema pulizia di

pensiero. Il Congresso non è una resa dei conti e da temere è invece il

silenzio dei manovratori, l'ipocrisia dell'opportunista, non certo la

chiarezza di chi, comunque vada, c'era, c'è e ci sarà sempre a prescindere

dal risultato. Perché un'idea va sostenuta se è giusta e non se è opportuno

appoggiarla. Questa è la politica che mi rappresenta.

Il Segretario politico all'interno di un'azienda-partito costituita tra il resto

da Presidente della Giunta, Assessori, centinaia di amministratori, un

Senatore, un Deputato, un Parlamentare europeo, quasi un quarto dei

Consiglieri del Consiglio provinciale, numerose qualificate rappresentanze

in consigli di amministrazione a diversi livelli, deve essere nelle condizioni di dettare, con puntualità, l’agenda politica.

Deve coordinare politicamente il Partito, deve da questo essere chiaramente riconosciuto e non temuto, deve nei confronti dello

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stesso avere rapporti di svincolo di mandato e non ricoprire incarichi che ne inficiano per evidenti motivi di conflitto di interessi la

propria indipendenza, occorre che abbia un pensiero che se necessario

metta in discussione il presente, per garantire un futuro migliore. Non deve superare i due mandati.

Guida di governo e governo della provincia

La messa in sicurezza del Governo provinciale attuale, ma in generale di

ogni governo, che abbia a capo un uomo espressione del Partito

Autonomista, passa attraverso una rivisitazione del rapporto tra Partito del

Presidente e Presidente stesso. L’attuale architettura politica,

relativamente alla nuova legge elettorale, che vuole il Presidente, non

più espressione di una trattativa post elezioni, tra le forze di una

coalizione, che andava un tempo a formarsi dopo l’espressione del voto

popolare, ha rivoluzionato nella sostanza il ruolo stesso del Governatore.

Questo è oggi votato e scelto direttamente dall’elettore, e ciò

conferisce allo stesso poteri immensi, di scelta giuntale e

scioglimento consiliare, che non possono essere sottaciuti. Questa è

un’opzione, un’offerta in più fornita dalla legge al Governatore: non può

però tradursi in strumento consuetudinario atto a ricondurre ad una sorta

di pensiero unico; è dunque un’opportunità, un supplemento di poteri rispetto al passato che non deve tramutarsi in obbligo ad esercitare una

sorta di potere, di veto nei confronti sia dell’Assemblea consiliare, come

anche dei Partiti che lo hanno condotto all’incarico, appoggiandolo nella

consultazione elettorale.

Va dunque recuperata, da parte del Partito, la capacità di incidere in maniera importante ed ascoltata sulle decisioni del Presidente,

almeno per quanto riguarda le opzioni strategiche portanti e le riforme di

maggiore incidenza. Pensare, in buona sostanza che, rispetto ad esempio

alla Valdastico, le Sezioni del Partito, il Gruppo consiliare, le commissioni

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tecniche interne allo stesso, i singoli amministratori sul territorio, debbano

venir interessati dalle scelte del governo provinciale attraverso

un’intervista al giornale, salvo, poi, dover in prima persona sul territorio

metterci la faccia a giustificare assunzioni di posizione sulle quali non sono

stati minimamente coinvolti, non è la maniera migliore di approcciare la

problematica. Ciò non significa mettere in alcun modo in discussione la autonomia del Presidente e della sua Giunta, ma

consentire di qualificare ulteriormente il suo operato e di rinforzarlo con il

contributo politico di un Partito che a questo non funge più da taxi politico,

mero mezzo di accompagnamento a lidi più ambiti, ma affianca veramente

il Presidente nel suo percorso di governo, in maniera che non vada a

sbattere, preservandolo oltremodo e garantendolo da sbandate o

pericolosi frontali.

Per fare ciò il Partito deve dotarsi di una struttura idonea ed adatta ai

tempi. Confondere la qualità della partecipazione alle decisioni del Partito,

con la quantità di bandierine sul territorio è un errore che non possiamo

permetterci. Oggi i tempi sono maturi per richiamare tutti ad un ordine

delle cose che preveda uno snellimento di organi borbonici che non

possiamo più permetterci. Il nostro Consiglio del Partito è più del doppio

del Consiglio provinciale di Trento, la nostra Giunta Esecutiva il triplo della

Giunta provinciale; non solo, la nostra Giunta esecutiva possiede più

membri di diritto che elettivi. Gli indirizzi politici della Giunta sono

condizionati in maniera determinante dalla presenza di attori politici qui

presenti col duplice e confliggente mandato elettorale che deriva dal ruolo

istituzionale ricoperto e da quello maturato di diritto. Va prevista una

compensazione all’interno della quale sia garantita la presenza di un

rappresentante del Gruppo consiliare ed un parlamentare in maniera

molto chiara. L’obiettivo deve essere quello di fissare una demarcazione forte tra gli organi del Partito e la componente amministrativa impegnata a governare, proprio per permettere a questa di essere meglio assistita e guidata dal Partito nel proprio agire. Oggi possiamo pensare a questo. Oggi dobbiamo pensare a questo

in virtù di uno stato di salute del Partito che ci consente di avere struttura,

risorse e soprattutto centralità politica senza le quali non sarebbe

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ipotizzabile ragionare in questi termini. E’ questo cioè il momento di creare

le precondizioni politiche prima, quelle tecnico logistiche poi, per puntare

alla creazione davvero di quel partito territoriale che si richiami ad un

popolarismo diffuso, senza prescindere dai valori fondanti e strutturali, che

non hanno età, e rispetto ai quali non vogliamo abdicare magari per un

semplice e minimale scopo elettoralistico di breve e precaria durata. Non

può essere l’alchimia politica di un’estemporanea alleanza, piuttosto che

di un’altra, a gettare basi solide per una scommessa che duri nel tempo e

sia forte nel tempo. Abbiamo bisogno di un’apertura a mondi nuovi, a

soggetti vicini anche se non esperti, a sapori nuovi ma leali, a

contaminazioni lontane da rimasticature politiche ostili alla cultura

autonomista, anche e soprattutto se non formatesi alla scuola di chi

l’Autonomia l’ha sopportata e non condivisa, salvo poi usarla non

riuscendo a distruggerla. Attenzione, veramente, ad evitare di fare del

Partito una sorta di rifugio, di zona grigia, all’interno della quale

parcheggiare personaggi o semplici galleggiatori di un mondo della politica

superato dalla storia. Non è vero che il partito deve avere quale punto di

arrivo la vittoria elettorale: questa funge unicamente da mezzo,

indispensabile ma non unico strumento per avere maggiore forza e

rappresentatività nell’affermare le proprie ragioni. La qualità degli

arruolamenti al Partito non può, e non deve, passare attraverso logiche

improvvisatorie di interesse contingente.

Con un Partito attento alla propria qualità interna, va da se che anche la

conseguente confezione del prodotto politico sarà di assoluto livello.

Dimensione, coalizione e centralità del PROGETTO AU TONOMISTA

L’esperienza di governo di questi anni ha portato gli Autonomisti a

costituire il baricentro imprescindibile di coalizione. Il centro sinistra

autonomista indica, oggi, una strada che è quella del governo di una

Provincia che deve fare molto con molto meno, in termini di risorse. E’

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questa una scommessa alta, che ha bisogno del contributo sensibile di

tutte le forze attente al bene del Trentino. Il nostro Presidente Rossi è

stato eletto all’interno di questo contenitore politico, quello appunto del

centro sinistra autonomista, ma è il Presidente di tutti i Trentini. Tale

passaggio è forse il caso di rilevarlo in quanto, troppo spesso, qualcuno confonde la matrice autonomista del Presidente con l’obbligo dello stesso a declinare il proprio operare politico verso il solo popolo autonomista. Egli è invece il rappresentante di tutti i Trentini, di

chi lo ha votato, di chi non lo ha votato e di chi lo ha combattuto. Queste

sono le regole della democrazia. Tutto ciò atteso, non vi è alcun dubbio che

le aspettative, le risposte di indirizzo generale alle sfide aperte, sono da

parte del popolo autonomista cariche di ambizioni e speranze.

All’interno degli attuali assetti coalizionali ritengo doveroso impegnare il

Patt ad un supplemento di richiamo verso i valori del popolarismo più

autentico, e se vogliamo anche meno salottiero. Mi riferisco, in particolare,

a quelle tematiche cui non mi pare alcune frange interne all’attuale

maggioranza stiano dedicando particolari sforzi di soluzione.

BUROCRAZIA: il modello Asburgico

Oggi il modello di sviluppo amministrativo deve passare attraverso la

crescita di un rapporto nuovo tra cittadino ed amministrazione.

L’imbarbarimento dei rapporti tra questi due attori, uno singolo e l’altro

amministrativo, è un po’ quello tra il questuante e il dispensatore di favori.

Tale è almeno la percezione dell’utente, sia esso singolo o pubblico, sia

esso la singola persona o l’azienda che si raffrontano con la macchina

burocratica. Tale immaginario collettivo completamente reale che sia o

meno è il percepito dalla gente. Va totalmente sradicato!

Il modello nostro deve essere quello asburgico, debitamente riadattato,

per carità, riorientato e rimodulato naturalmente, ma assolutamente

ricondiviso per quanto attiene al concetto base che ne informava il suo

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esistere, quello secondo cui la pubblica amministrazione applica la legge alleggerendone il carico di complicazione interpretativa, per

tutelare gli interessi generali del cittadino e porre lo stesso in una

condizione di assoluta parità, nei confronti della norma, a prescindere dal

ruolo ricoperto. Basti pensare in questo senso all’ illuminato sistema

catastale di asburgica memoria cui ancora oggi attingiamo, che seppur

complesso, mai è sconfinato nella complicazione.

Il sistema marchettaro nazionale, invece, che mette al centro il burocrate

quale figura autoreferenziale, spesso tappo di un sistema, anziché agile

cinghia di trasmissione, non rende oltremodo giustizia al buon burocrate,

all’ottimo burocrate di cui la nostra pubblica amministrazione è piena. E’

insomma il modello borbonico che non può passare, quello parzialmente

inefficiente, e reso totalmente inefficiente dalla scuola amministrativa

savoiarda, dalla quale anche la nostra provincia è stata purtroppo

fortemente contaminata. Il funzionario deve sbrigare la pratica in tempi e modalità certe, non per fare un piacere all'utente, ma perché

questo è tenuto professionalmente a compiere.

TURISMO E IMPRESA:

volano di una economia di base

Pensare un Trentino competitivo e all’interno di una dimensione

adatta alle sue peculiarità significa investire in una sinergia fatta di turismo, agricoltura, impresa.

Se pensiamo alla crisi del comparto edilizio, è giusto contestualizzare il

problema all’interno certamente di una crisi generale del settore che

oltrepassa sicuramente i confini provinciali. Ma, per questo come per

problematiche di pari rilevanza, ciò non può costituire pretesto

all’indolenza. Gli oltre 3000 lavoratori persi, in edilizia, negli ultimi anni,

sono ben oltre una spia, costituiscono un preallarme rispetto al quale la

politica potrebbe rispondere con un’azione robusta, e diffusa, di recupero

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dell’enorme patrimonio di edifici fatiscenti. E’ anche in questo modo che il

Pil può rialzare simbolicamente la testa e andare incontro ad un cambio di

tendenza.

La tassa di soggiorno ha garantito una base solida di finanziamento e

promozione che, al di là dell’importante significato di cassa, ha introdotto

politicamente l’idea forte della compartecipazione del turista all’impresa

turistica stessa. Non è un messaggio da sottovalutare. Ora, non vi è dubbio

però, che una riforma forte, ad hoc, vada sostenuta con vigore. Il pensiero

qui corre alla dinamica di rete, come dicevo sopra, attraverso la quale

disegnare un turismo di sistema di gamma alta laddove possibile, e ad

integrazione di reddito laddove questo incontra, per esempio, un

agriturismo diffuso.

Il Trentino che noi Autonomisti immaginiamo è quello il cui sviluppo viaggia in equilibrio con una delle sue ricchezze principali: l’ambiente. I primi difensori dell’ambiente dobbiamo essere

noi. L’ambiente non richiede fondamentalismi. Il fondamentalismo

ambientalista è il peggiore nemico del nostro ambiente perché impedisce

di fatto la valutazione attenta di scelte ponderate fuori da schemi

ideologici fissi. Se il Sudtirolo può godere di quella fama internazionale,

che in campo turistico lo rende tra le zone maggiormente richieste ed in

ogni stagione dell’anno, ciò va anche ascritto a quella politica di tutela

attenta dell’ambiente che negli anni ’60 l’allora assessore Alfons

Benedikter, in forma molto illuminata, guidò all’interno della S.V.P. Tutto si

raccoglie nel tempo, se programmato, attraverso letture politiche attente

e lungimiranti: il solo pensiero tecnico in questo senso riduce il tutto a

derive di corto respiro.

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Cooperazione e senso etico del credito

Don Guetti per il Trentino della cooperazione e della solidarietà funge da

esempio, un riferimento che anche fuori dai confini regionali richiama

rispetto e simbolo di serietà.

Cosa è rimasto, oggi, nel mondo della globalizzazione e del credito,

divorato quest'ultimo dall'assalto corsaro degli appetiti bancari dei grandi

potentati bancari, nazionali ed internazionali?

Le nostre Casse rurali stanno facendo il possibile, ma il possibile non è

sufficiente. Le nostre aziende chiedono alle Casse rurali di dimostrare, se

sono ancora in grado, di richiamarsi a quel senso etico della mutualità, che

le hanno rese elemento indispensabile negli anni passati, ed oggi, nella

migliore delle ipotesi, fotografano un pallido ricordo di quanto furono.

Il Patt deve chiedere un supplemento di intervento, un colpo d'ala

a questo che era il fiore all'occhiello del credito locale. E' chiaro che i tempi

sono cambiati, e che anche al potere politico locale va chiesto un colpo

d'ingegno, di coraggio, un impegno più efficace in questo senso. Dalle

Casse rurali devono passare importanti segmenti della società

trentina, sicuri di essere valorizzati, settori come i giovani, o un certo

tipo di impresa; formule quale il micro credito non possono, forse, andare

incontro alle nostre intelligenze che partoriscono idee buone, e mancano

magari di quei piccoli sostegni coi quali poi poter camminare da sole?

Dobbiamo pensare a forme di compensazione che consentano alle nostre

imprese, di trovare all'interno di questo mondo cooperativistico quella

fiducia che i grandi istituti non sono in grado di assicurare.

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A ROMA PER CONTARE

Il lavoro del parlamentare a Roma rappresenta per il Partito una forte

opportunità di contare anche lì, in quella sede che tanto distante appare,

quanto importante. Non sono solo i numeri, per quanto fondamentali, a

rendere completamente il senso della presenza autonomista in quel di

Roma. In una fase come quella attuale, nella quale il governo Renzi certo

non ha nei numeri una criticità, assume invece ruolo strutturale, da un

punto di vista politico, l'apporto della nostra Regione a tenere alta l'attenzione e la tensione dello Stato italiano nei confronti delle Autonomie speciali e della nostra soprattutto.

LAVORO: attenzione permanente

La situazione generale, nonostante i continui tentativi di rendere

apparentemente roseo il quadro, non è rassicurante ma preoccupante. I

recenti dati della Camera di Commercio confermano per il 2015 una lieve

ripresa, ma indicano un aumento delle ore di ricorso alla Cassa

integrazione, un calo degli ordinativi, una stagnazione delle esportazioni,

ed in questa ultima pesano le sanzioni in atto nei confronti della Russia,

mentre è in crescita la domanda interna. Timidi sono i dati positivi

nell'artigianato a conferma di una cosiddetta ripresa che ancora non può

essere definita tale.

Appare evidente che la scommessa lavoro è quella da collocare nelle priorità assolute, in quanto da questa dipende davvero la capacità, del

mercato, di rialzare la testa ed all'economia di tagliare le unghie alla crisi.

Urgono assolutamente anche da noi incentivi alla creazione di nuovi posti

di lavoro, e una qualificazione dei servizi per l'impiego, con continui

strumenti di assistenza per garantire lavoro a inoccupati, disoccupati e

sottoccupati. E qui un ordine di priorità è davvero arduo individuarlo, ma

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certamente l'occupazione femminile e quella giovanile vanno ricondotte a livello di urgenze massime.

È chiaro che l'intervento tampone, quello a garanzia del minimo vitale è da parte dell'ente pubblico solo una parte dell'azione richiesta. La politica deve cercare di andare oltre la gestione dell'emergenza, e questo si fa riattivando il settore dell'impresa privata che ha bisogno di atti concreti, capaci di distribuire ottimismo vero e giustificato, non fondato su slogan. Già, perché se da una parte

l'attore d'impresa privato trentino è sostanzialmente sano, ed ha

dimostrato nella stragrande maggioranza dei casi di sapersi rimboccare le

maniche, dall'altra è anche vero che, da troppo tempo, non intravvede una

volontà sufficientemente forte da parte della politica di rassicurarlo

concretamente. Vanno in questo senso assolutamente sostenuti gli

investimenti qualificati, assicurando del credito fortemente agevolato alle

imprese coraggiose e serie, garantite da piani aziendali rigorosi, tutelati

ovviamente da una sempre più necessaria attenzione alla regolarità e

trasparenza negli appalti. A questo intervento va affiancata una rigenerata

ricerca pubblica e privata, dalla quale i risultati applicativi si

raccoglieranno nel tempo, ma vanno preordinati oggi per allora.

Insomma anche il nostro Trentino riuscirà ad attenuare la morsa della crisi aumentando, secondo quanto gli Usa insegnano, la disponibilità, la liquidità nelle tasche della gente; si aumenta il Pil

dell'orgoglio a fare contraendo l'austerità, e promuovendo gli investimenti.

I VALORI DEI DIRITTI CONQUISTATI:

la loro dignità rimane attuale

La tentazione, nei momenti di forte tensione sociale e di difficoltà, ad

intervenire, più o meno surrettiziamente, alla riduzione dei diritti

conquistati con fatica immensa e tramite battaglie storiche, a tutela del

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lavoro e dei lavoratori, è tipico delle democrazie in crisi. Ciò impone una

vigilanza assoluta. Solo ad un lavoratore garantito nei suoi diritti sarà possibile chiedere un supplemento di sacrificio. Non funziona

se da una parte si pretende uno sforzo importante, e dall'altra si priva lo

stesso soggetto lavoratore di una piattaforma di garanzia di diritti

sacrosanti democraticamente e faticosamente raggiunti. Va dunque

recuperato un forte senso etico del lavoro, attraverso la valorizzazione del

dato motivazionale e del concetto di ruolo collettivo e responsabilità

singola. Il comportamento del singolo è la prima base su cui investire, e

dal quale partire, per far sentire il lavoratore parte attiva e soggetto

protagonista di un'avventura, di un sogno di ripresa dal quale partire per

fare in modo che l'azienda venga vista più come alleata che controparte.

Essere autonomisti significa anche e proprio questo: recuperare la dimensione del singolo per declinarla in chiave collettiva.

Nei mesi scorsi ho avuto modo di spiegare la mia posizione su alcuni temi

concreti che sono stati posti all’ordine del giorno: l’articolo 18, la

liquidazione, i provvedimenti sulla riforma del mercato del lavoro. Ho detto

apertamente che una legge che non tutela un lavoratore, allontanato per

motivi discriminatori, rappresenta un passo indietro e ritenere di

compensare un torto dichiarato e riconosciuto, con dei risarcimenti

economici, è un atto umiliante e di inciviltà. In ogni caso l’articolo 18 nulla c'entra con le ragioni della crisi ed il freno allo sviluppo.

Pensare di eliminare questa norma per creare nuovi posti di lavoro è

semplicemente ridicolo. Anche sull’anticipo del Tfr, a Roma ho espressamente indicato come inaccettabile la sua tassazione,

maggiorata con l’applicazione dell’aliquota marginale ordinaria Irpef,

invece dell’attuale aliquota agevolata, da sommare al carico delle

addizionali locali, che non sarebbero state applicate in regime di

tassazione separata, e comporterà la diminuzione della detrazione

spettante al lavoro dipendente. Nel concreto, da un lato si offre la

possibilità di anticipare il Tfr in busta paga aumentando la tassazione,

dall’altro si aumenta la pressione fiscale sulle attuali forme di impiego del

Tfr in azienda e nella previdenza complementare.

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Alla Camera dei Deputati ho negato il mio voto a norme che impoveriscono e rendono più precarie le condizioni dei lavoratori dipendenti.

Qualche esempio, per mostrare come il mio vivere la politica a Roma

rispecchi nel profondo lo spirito, la storia, l’animus autonomista: quello che

uno deve mantenere sempre a prescindere dalle latitudini geografiche e

politiche. Mi sono sempre rifiutato di appoggiare e votare peggioramenti

alle condizioni di lavoro. Socialità, solidarietà, mutualità sono valori

fondamentali; oggi come ieri vanno perseguiti e difesi a Trento e così a

Roma.

L'ascolto delle Comunità come metodo di confronto vale anche quando

queste, coinvolte in un progetto da loro richiesto, domandano che sia

sostenuto con maggiore forza e convinzione dal Partito; mi riferisco in

particolare alle istanze di aggregazione alla Regione Trentino Alto

Adige/Sudtirol dei Comuni di Valvestino, Magasa, Casotto e Pedemonte. Si

tratta di Comunità con le quali anche di recente ho avuto modo nelle sedi

istituzionali opportune, e nella figura della Ministra competente, di ribadire

le ragioni di un impegno che per gli Autonomisti in particolare è tutt’altro

che residuale.

TERZO STATUTO DI AUTONOMIA:

l’urgenza di una condivisione

L’Idea del Terzo Statuto di Autonomia era parte integrante del mio

manifesto lanciato nel luglio del 2011 e sostenuto da un folto numero di

sostenitori.

Oggi praticamente nessuno, neanche le forze storicamente più centraliste

e nazionaliste, mettono in discussione l’urgenza di un intervento in questo

senso. Mi fa piacere.

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Occorre però vigilare affinché non si corra il rischio di delegare fintamente

ai tecnici la ricerca di soluzioni cervellotiche, per giungere poi ad una sorta

di decisione di pochi e magari non condivisa dalla gente. La fine ad

esempio del termine “Provincia”, con quello probabile di “Comunità

autonoma”, di per sé non mi preoccupa. Mi allarma piuttosto quello che ciò può andare a sottendere. Il popolo, la gente, non devono venire a conoscenza del prodotto finito, senza essere messi nelle condizioni di apprendere, non certo i tecnicismi, ma gli obiettivi e i dettagli cui i provvedimenti tendono.

Per il Patt, quello del Terzo Statuto è un esame di maturità del

quale sarà chiamato a rispondere da parte delle generazioni future.

Attenzione dunque, molta attenzione, a condividere con tutta la

popolazione un atto politico che, per la nostra Regione, è paragonabile ad

una sorta di carta costituzionale. Non potrà e non dovrà essere il frutto di una sommatoria di voti, ma il frutto di un vero confronto, del quale l’intera Comunità, a prescindere dagli schieramenti, dovrà andarne fiera.

EUREGIO

Il tema dell’Euregio rappresenta per il Trentino la garanzia di una speranza che è di tutti i Trentini.

Il Patt su questo deve provvedere al più presto alla creazione di una

commissione permanente con pieni poteri, e guidata direttamente

dal Segretario politico, con lo scopo di mantenere alta l’attenzione politica

anche sul fronte dei rapporti con i partner coalizionali, che non sempre si

sono mostrati e appaiono particolarmente sensibili al tema.

Il Patt non può accettare che, sulla questione dell’Euroregione, la pratica possa essere liquidata da un paio di riunioni annuali, tra i

vari Consigli provinciali, nelle quali al netto del viaggio dei singoli

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consiglieri, rimane nella migliore delle ipotesi qualche vuota risoluzione di

intenti. Le difficoltà capisco che siano molte ma nell’agenda del Patt

occorre che alla voce Euregio la evidenza sia massima.

SCHŰTZEN E QUESTIONE TIROLESE

Quando in Piana Rotaliana, agli inizi degli anni ’80, si costituì in Trentino la

prima Compagnia Schützen, l’allora unico referente politico attento

all'evento, nonché sostenitore e promotore fu il P.P.T.T.-U.E, mentre il resto

del mondo politico trentino ridusse il fenomeno a poco più di uno

spettacolo da baraccone, osteggiandolo, riducendolo ad una macchietta,

a poco più che una caricatura. Il tutto dettato da un atteggiamento di

supponenza e superiorità del mondo culturale ed intellettuale che, salvo

sporadici casi, nulla sapeva del contesto storico di riferimento, emetteva

condanne preventive, e poco o niente faceva per porre rimedio al vuoto

pneumatico in cui la intelligentia di allora viveva.

Oggi le Compagnie sono cresciute per numero e per qualità; incarnano

valori riconosciuti da una comunità sociale, storica, civile e religiosa che

complessivamente valuta con attenzione e altre volte critica. Sono solo i

pavidi che rifuggono dalla critica magari per timore di perdere qualche

consenso nell’area cosiddetta moderata. Proprio la critica, e qualche

confronto sconfinato in scontro culturale, ha indotto infatti qualcheduno

ad indietreggiare rispetto al dato fondamentale che mai va dimenticato.

Si tratta del fatto che le Compagnie non costituiscono patrimonio

programmatico del Partito in quanto non fanno politica, ma

rappresentano un importante patrimonio valoriale, di cui il Partito

non solo, non deve vergognarsi, ma del quale deve andare assolutamente orgoglioso. Il fondamentalismo laico è assolutamente

peggiore della libera coerenza; nessuna sconfessione da parte del Partito

dunque può essere accettata se questa viene pregiudizialmente rivolta

contro questo patrimonio valoriale che gli Schützen rappresentano. Solo

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gli eventuali eccessi oltranzisti, o improbabili sconfinamenti polemici, ma

questo vale per ogni comparto della vita civile, possono giustificare al

massimo qualche irrigidimento da parte del Partito, nulla più. A Roma, la nostra identità passa attraverso la nostra storia, che è diversa

dall’Italia, cosi come simbolicamente rappresentata dagli Schützen,

portatori di una millenaria storia invidiateci dai vicini. Tirolo, inteso come

terra di convivenza e di cultura, risalente ai tempi in cui l’Italia era poco

più che un entità fisica. Ecco la chiave, le ragioni profonde della nostra

autonomia. Fingere che in Trentino non esistano le minoranze linguistiche come afferma l’on Biancofiore, significa certificare la morte dell’intero impianto autonomistico.

IL PATT A DIMENSIONE REGIONALE

Il Patt deve mantenere una forte attenzione nei confronti delle dinamiche

politiche che lo circondano, anche all'interno del contesto regionale.

La S.V.P. continua a mantenere una leadership importante nel panorama

sudtirolese, quella guida autorevole di riferimento con la quale pure in

occasione delle ultime consultazioni elettorali, ha dovuto fare i conti in

termini di valutazione critica. Anche per i cugini, gli amici di Bolzano, è

giunto il momento, in buona sostanza, di misurarsi con la evidente

difficoltà ad interpretare fino in fondo le esigenze di quella fetta di

elettorato italiano, non sempre capace di confluire, come un tempo, nel

partito di raccolta stellato. La Stella alpina rimane un marchio di

riferimento, potremmo dire un brand garantito, al quale il Patt può offrire

un sostegno significativo.

Le premesse politiche per una presenza del Patt in Sudtirolo stanno nella

evidente necessità, oggi, per il Patt, di maturare una concreta rappresentanza consiliare nel Consiglio provinciale di Bolzano,

utile anche in chiave regionalista. Ma è altrettanto evidente come il Patt

può, in questo senso, fungere da ammortizzatore politico e contenere

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pericolose fughe verso sigle italiane non affini alla S.V.P., andando a

recuperare consenso italiano sfuggito alla Stella alpina. In questa direzione

gli stessi cugini autonomisti di Bolzano godrebbero di un indubbio ritorno

politico. Quella che il Patt potrebbe, su questa direttrice, produrre, è una

forza additiva e non certo sottrattiva. Inoltre non andrebbe a creare

distorsioni alcune fungendo da elemento complementare alla S.V.P. e non

certo concorrente.

Su questo il Patt credo debba pacatamente incominciare a ragionare senza

complessi ed in forma molto specchiata.

CONCLUSIONI

La complessità della situazione, come si può vedere, richiede risposte articolate e mirate. Per fare questo è indispensabile individuare, accanto al Segretario politico, una squadra che lo sappia sostenere e guidare.

Io conto molto su scelte future giovani e coraggiose, capaci come si

suol dire, di sovvertire, qualora necessario, gli schemi. Scelte giovani non

vuol dire per forza di cose fatte solo da giovani, ma anche da chi, a

prescindere dall'età, abbia semplicemente una giovane voglia, un nuovo

desiderio, una motivata capacità, un vivace spirito, in buona sostanza la convinzione della necessità di mettersi in gioco attraverso una

prerogativa, uno dei valori più cari che la persona possiede: la propria

persona, la propria credibilità. Perché, come diceva il giovane giudice

Livatino, ucciso in Sicilia dalla mafia negli anni '90, la cosa più importante non è credere, ma essere credibile.

Oggi più che mai il modello di Partito, di cui ha bisogno il Trentino, non può

prescindere da una guida che ne conosca il passato, sappia gestire con

innovazione il presente, per capirne il futuro e governarlo con sapienza.

Se saremmo in grado di consolidare il pensiero autonomista tra i

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trentini, sarà assicurata la guida del governo provinciale non solo

per i due limiti di mandato secondo la legge, ma per sempre. Perdere la presidenza della Provincia per darla a un partito nazionale significherebbe poi cedere ai ricatti romani. La Presidenza Rossi per

gli autonomisti deve rappresentare un ciclo, e questo a blindatura del’

assetto autonomistico come patrimonio del l’intera comunità trentina. Le

utili Segreterie organizzative vanno sicuramente ringraziate, ma per quelle

politiche il Congresso offre una ghiotta occasione di riscatto alla Politica,

quella appunto con la “P” maiuscola.

Lavoriamo per recuperare il pensiero alto che il Trentino merita, e

scegliamo affinché la deriva autonomista sia prima di tutto di qualità,

perché di lungo respiro lo sarà di conseguenza.

Grazie, viva il Trentino, viva l’Autonomia, viva questo grande Popolo trentino che merita un grande futuro. Viva noi

Autonomisti, e tutti coloro che vogliono portare le nostre radici nel futuro!

Mauro Ottobre

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LE RADICI NEL FUTURO

Mauro Ottobre

www.mauroottobre.it